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L'intensità applicata alla scienza dell'esercizion

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INDICE PENSIERO LIBERO PER MANTENERE UNA MENTE APERTA ________________________ 3

PREFAZIONE ___________________________ 5

INTRODUZIONE ________________________ 7

PREMESSA ____________________________ 13

CAPITOLO PRIMO_______________ 16

TEORIA PER LA GIUSTA COMPRENSIONE DELLA SCIENZA DEL BODY BUILDING ______________ 16 PREMESSE PER LA COSTRUZIONE DI UNA CORRETTA TEORIA _______________________ 17 CHE COSA È UNA TEORIA __________________ 19 DEFINIRE UNA TEORIA ____________________ 21 TIPI DI TEORIE___________________________ 23 COME POSSIAMO DEFINIRE L’ “ESERCIZIO”? __ 25 COME SVILUPPARE UN PIANO DI LAVORO CORRETTO ______________________________ 27 PRINCIPIO DELL’INTENSITÀ________________ 29 L'ATTIVITÀ AEROBICA ____________________ 31 LUNGHEZZA DELL'ATTIVITÀ FISICA = INTENSITÀ? _____________________________ 32 ANALISI DEI SISTEMI ENERGETICI: ANAEROBICO VS AEROBICO ________________ 35 ATTIVITÀ AEROBICHE E ANAEROBICHE IN RELAZIONE ALL'INTENSITA’ DELL’ESERCIZIO _ 37 ANAEROBICO NON SIGNIFICA SEMPRE BREVE ED INTENSO ________________________________ 40

LA NATURA DELL’ INTENSITÀ_______________ 41 PROBLEMI RISCONTRABILI DURANTE L’ATTUAZIONE DI PROGRAMMI DI LAVORO AD ALTA INTENSITÀ _________________________ 44 COME INTERPRETARE I DIVERSI FATTORI IN RELAZIONE ALLE CAPACITÀ INDIVIDUALI_____ 46 ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL PRINCIPIO DI ADATTAMENTO __________________________ 48 DEFINIZIONE DEL PRINCIPIO DI VOLUME _____ 50 RECUPERO DOPO UN ALLENAMENTO_________ 52 TIPI DI FIBRE MUSCOLARI E LORO PECULIARITÀ53 ALCUNE ALTRE CONSIDERAZIONI RELATIVE ALLA FISIOLOGIA DELLE FIBRE MUSCOLARI___ 56 PRINCIPIO DEL SOVRACCARICO _____________ 57 ESERCITARE LA VOLONTÀ _________________ 60 QUANDO I CARICHI INCOMINCIANO AD ESSERE TROPPO PESANTI _________________________ 61 SOVRACCARICO E NUMERO DI SERIE _________ 63 AUMENTO DEI CARICHI IN RELAZIONE ALL'INTENSITÀ DELLO SFORZO _____________ 65

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CAPITOLO SECONDO_________ 67

METTERE IN PRATICA LA TEORIA ___________ 67 NOTA DELL’AUTORE ______________________ 68 INTRODUZIONE ALL’ALLENAMENTO RAZIONALE _____________________________ 70 QUANTE RIPETIZIONI? ____________________ 73 ALTRE INFORMAZIONI SULLA MODALITÀ DI QUANTIFICAZIONE DEL VOLUME ____________ 75 DEFINIAMO LA FREQUENZA ________________ 77 ALTRI FATTORI NECESSARI PER DETERMINARE LA GIUSTA FREQUENZA____________________ 80 RIASSUNTO PER LA DETERMINAZIONE DELLA GIUSTA FREQUENZA DI ALLENAMENTO _______ 81 PRECAUZIONI NELL'INCREMENTO DEI CARICHI 82 EVOLUZIONE DEGLI ALLENAMENTI AD ALTA INTENSITÀ E LORO ATTUABILITÀ NEL TEMPO__ 84 RIGUARDO L'UNICITÀ DEL SINGOLO _________ 86 COME RACCOGLIERE I DATI________________ 88 COME ESEGUIRE SERIE E RIPETIZIONI _______ 89 ESEMPIO DI ALLENAMENTO IN STILE HEAVY DUTY __________________________________ 92 SCHEDA DI ALLENAMENTO CONDIZIONANTE PER UN NEOFITA _________________________ 95

SCHEDA BASE PER ALLENAMENTO INTERMEDIO/AVANZATO IN STILE HEAVY DUTY 98 COME AUMENTARE L’INTENSITÀ DEL NOSTRO WORK OUT_____________________________ 101 APPENDICI _____________________________ 109 NOTA DELL’AUTORE _____________________ 110 ULTERIORI CONSIDERAZIONI SULLA G.A.S THEORY APPLICATA AL CAMBIAMENTO DELLA COMPOSIZIONE CORPOREA________________ 112 PERCHÉ TANTI DIVERSI APPROCCI?_________ 120 OROLOGI BIOLOGICI_____________________ 122 CARATTERISTICHE DI UN RITMO ___________ 124 ALCUNE CONSIDERAZIONI SU QUANDO ALLENARSI _____________________________ 126 RITMI BIOLOGICI E ADATTAMENTO ALL'ESERCIZIO _________________________ 130 SISTEMI AD ALTO VOLUME VS SISTEMI AD ALTA INTENSITÀ ________________________ 132 EFFETTO DEGLI STILI DI VITA SULLE PRODUZIONI ORMONALI E CONSEGUENTE RIMODELLAMENTO CORPOREO ____________ 138 MITI DA SFATARE IN RELAZIONE AD ALLENAMENTO E DIETA __________________ 145 FREQUENZA, SERIE E RIPETIZIONI NELL’ALLENAMENTO PRODUTTIVO _________ 160 RISPOSTE METABOLICHE ALLE DIFFERENTI FONTI CALORICHE _______________________ 163

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Pensiero libero per mantenere una mente aperta

Il pensatore libero è, per dirla come Popper, un fallibilista, un razionalista critico. Egli, cioè, concepisce la verità come un ideale regolativo e l'uomo come un creatore e non come un possessore di verità. Già ciò che Tocqueville a proposito della verità aveva osservato: "ho finito col persuadermi che la ricerca di una verità assoluta dimostrabile, al pari della felicità perfetta, fosse uno sforzo verso l'impossibile. Ciò non significa che non vi siano delle verità che meritano una convinzione totale dell'uomo. Ma sicuramente sono pochissime. Per l'immensa maggioranza di ciò che c'importa di conoscere non abbiamo che delle verosimiglianze e dei pressappoco. E il disperarsi del fatto che sia così, significa disperarsi del fatto di essere uomini. Perché questa è una delle più inflessibili leggi della nostra natura”. E Mises da parte sua scrive: "non v'è perfezione nella conoscenza e nelle conquiste umane. l'onniscienza è negata all'uomo. La teoria più elaborata che sembra soddisfare completamente la nostra sete di sapere può essere un giorno emendata e soppiantata da una nuova teoria. La scienza non ci dà una certezza assoluta e definitiva”. Sulla scia di Tocqueville e di Mises, Popper, ha affermato che tutta la conoscenza scientifica e ipotetica e congetturale, che la verità è un ideale regolativo e che sebbene non vi siano regole generali per riconoscerla esistono tuttavia dei criteri per progredire verso di essa. Il pensatore libero non crede che la verità sia manifesta o che solo pochi abbiano occhi per vederla. La Teoria che la verità è manifesta visibile a tutti, solo che lo vogliano, è alla base, afferma Popper, di quasi ogni formato di fanatismo. Infatti solo la più depravata malvagità può rifiutarsi di vedere la verità manifesta; solo coloro che hanno ragione di temere la verità possono cospirare per sopprimerla. Ma la teoria che la verità è manifesta non solo educa fanatici, cioè uomini convinti che tutti coloro che non vedono la verità manifesta devono essere posseduti dal diavolo, ma può anche condurre, sebbene forse in modo meno diretto di quanto non possa fare un' epistemologia pessimistica, all'autoritarismo. Il pensatore libero e un avversario della teoria delle élites e di ogni concezione che preveda "scelte avanzate”, "illuminati”. Il pensatore libero prova disgusto a tenere gli uomini sotto tutela e soggiogati all'autorità, egli, infatti, odia la violenza e ritiene che questa possa essere limitata e posta sotto il controllo della ragione. Il pensatore libero è una persona a cui importa più di imparare che di avere ragione e che, quindi, è pronto ad imparare dagli altri, soprattutto dalle critiche che gli altri rivolgono alle sue proposte. In altre parole, Il pensatore libero è un uomo che ha fatto proprio un atteggiamento di disponibilità a prestare ascolto ad argomenti critici e ad imparare dall'esperienza, in sostanza, l'atteggiamento di chi è disposto ad ammettere che io posso aver torto e tu puoi aver ragione, ma per mezzo di uno sforzo comune possiamo avvicinarci alla verità. Il pensatore libero , come ogni razionalista critico, sarà sempre consapevole di quanto poco sa, e del semplice fatto che, qualsiasi facoltà critica o ragione possegga, egli ne è debitore ai rapporti intellettuali con gli altri. Sarà dunque portato a giudicare gli uomini fondamentalmente uguali, e a vedere nella ragione umana un legame che riunisce. La ragione per lui è esattamente il contrario di uno strumento di potere e di violenza: egli vede in essa un mezzo con cui sottomettere il potere e la violenza. Il pensatore libero dunque, ha fiducia nella ragione, ma non crede nell'onnipotenza della ragione. Il pensatore libero non solo tollera la critica, ma la sollecita, la favorisce. Egli sa che il segreto dell'eccellenza intellettuale è lo spirito di critica, è l'indipendenza intellettuale, sa che l'approccio critico va considerato un dovere, sa che non esistono critiche distruttive e critiche costruttive, le

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critiche sono sempre costruttive. Esse, infatti, ci aiutano a scoprire gli errori che, essendo fallibili, possiamo aver commesso, esse ci fanno acquisire una miglior conoscenza del problema che stiamo cercando di risolvere. Il pensatore libero sa che la nostra conoscenza si accresce nella misura in cui impariamo dagli errori. Nella scienza come nella vita nella politica come nel mercato vige il metodo di apprendimento dagli errori. Il totalitarismo ha scritto Luigi Einaudi vive col monopolio; la libertà vive perché vuole la discussione fra la libertà e l'errore. La possibilità di tentare e sbagliare, libertà di critica e di opposizione; ecco le caratteristiche dei pensatori liberi.

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Prefazione

Il mio incontro con Enrico Dell’olio è avvenuto per una serie di circostanze fortuite e casuali, sullo sfondo di tre elementi che ci accomunano: il metodo Heavy Duty ovviamente, la passione per i viaggi, ed un libro… Naturalmente, prima di conoscere Enrico di persona ne avevo da sempre apprezzato la preparazione tecnica e la proprietà di linguaggio, avendo letto moltissimi suoi interessanti ed esaustivi articoli sulle varie riviste del settore. A questo punto ed in questo contesto, spendere parole d’elogio per Enrico Dell’olio sarebbe cosa sin troppo facile, visto il suo enorme background tecnico e culturale, ed io non aggiungerei nulla di nuovo per chi lo conosce già. Per chi non lo conosce posso dire soltanto che, pochissime volte nell’ambiente del body building si ha la fortuna di incontrare un professionista del suo calibro; sempre chiaro, esaustivo, scientifico e pragmatico nell’approccio alle cose e soprattutto, sempre onesto nelle risposte. Questo libro a mio avviso, è un espressione chiara ed eloquente di tutto ciò. Troppe volte, fino alla nausea, ci è stato detto che il body building non è una scienza esatta, che ciò che funzionerà su una persona non funzionerà per un'altra, che per ottenere risultati con il body building occorrono 25 serie per i gruppi grandi, 15 per i più piccoli, oppure 20 per i primi e 10 per i secondi, che bisogna allenarsi almeno 4 volte alla settimana, oppure 5, o ancora 5 volte ma per due volte al giorno per ottimizzare i risultati e tanto, tanto altro…, con la conseguenza di generare nei neofiti, ma anche nei più esperti, sempre più confusione. Basta sfogliare qualche rivista del settore per rendersi conto che l’una propone e decanta un metodo di allenamento, mentre l’altra dice l’esatto contrario. Dove sta la verità delle cose? Quale filosofia allenante bisogna seguire? Chi ha ragione? Per dare una risposta chiara a questi quesiti, occorre demolire, con argomenti chiari e scientifici, il più grande luogo comune del body building: ovvero che questo non sia una scienza esatta. Con questo libro Enrico Dell’olio prima affronta e demolisce ad uno ad uno i luoghi comuni ancora troppo radicati nella testa di molti frequentatori di palestre (dal semplice praticante del fitness, all’atleta più avanzato), e lo fa con argomentazioni e dati alla mano che non lasciano spazio ad altre interpretazioni. Successivamente illustra la scientificità di una efficace e produttiva strutturazione di un programma di allenamento, anche qui con argomentazioni chiare e dettagliate, che non lasciano spazio ad ulteriori dubbi. Un volume questo, che dovrebbe far parte della libreria personale di ogni preparatore atletico, personal trainer, istruttore di palestra, ma anche e soprattutto di ogni appassionato del settore che cerca risposte chiare ed esaurienti, che non diano spazio a quella perversa confusione che l’ha fatta da padrone per troppo tempo.

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Dopo aver trovato una direzione indicataci da quel grande campione e uomo che fu Mike Mentzer (l’inventore del metodo H. D.) e dal grande teorico Arthur Jones, finalmente un libro sull’argomento scritto da un autore italiano, che contribuisce in modo chiaro, diretto ed efficace, a dissipare quella nebbia intellettuale sulla quale, neofiti confusi, allenatori e tecnici improvvisati si sono crogiolati per troppo tempo. Un libro scritto da una grande persona, prima ancora che da un professionista di altissimo livello, del quale sono fiero ed onorato di ritenermi amico. Massimiliano Ratta, personal trainer.

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Introduzione

Esiste una scienza del Body Building? Una domanda ovvia, almeno all’ apparenza, ma che definisce un reale approccio, filosofico/scientifico, al problema. Per rispondere alla domanda, dobbiamo prima fare un salto indietro e compiere un’ escursione all’ interno del mondo delle riviste del settore. Poiché le riviste oggi, sono l’ unica fonte di notizie in relazione al Body Building, automaticamente sono diventate per la maggior parte dei praticanti delle vere e proprie bibbie; basta che vi appaia un articolo, perché questo venga automaticamente legittimato e investito di quella sacralità che “indubbiamente” dovrebbe meritare. Fino a qui tutto bene, se non fosse per il fatto, che spesso ci dimentichiamo che le riviste non sono altro che grandi cataloghi pensati principalmente per pubblicizzare integratori o attrezzature sportive. Vi siete mai accorti che spesso nella stessa rivista leggete un articolo e, qualche pagina dopo ne leggete un altro che asserisce esattamente il contrario del primo? Oppure, avete mai letto un articolo che parli delle presunte qualità miracolose di un integratore, e, alla fine dello stesso per qualche fortuita circostanza trovate una bella pubblicità dell’integratore di cui stavate leggendo….?? E’ vero che la vita è piena di coincidenze, ma queste, non vi sembrano essere veramente troppe? I falsi guru dei nostri tempi ci dicono che non esistono “principi universali” di allenamento; che essendo noi tutti differenti non possiamo e non dobbiamo allenarci tutti nello stesso modo. Poi, iniziano ad enunciarci i loro “principi” dicendoci che dobbiamo allenare i muscoli grossi con 12/20 serie e quelli piccoli con 8/10, che le ripetizioni debbono essere 10/12, ma non ci avevano detto che non esistono “principi universali” a tutti applicabili??? Alcuni ci dicono che dobbiamo allenarci 4 giorni la settimana, altri 6, altri ancora 2 volte al giorno. A questo punto credo si possa dire tutto ed il contrario di tutto. Perché allora fermarsi a 12/20 ripetizioni e non farne 40/60/100? Perché fare 12/20 serie quando magari 40/50 sono meglio. Credo che incominciate a rendervi conto di quanto poco sia logico e scientifico quello che spesso troviamo sui giornali.

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Per capire meglio perché i muscoli crescono, devo introdurvi a quella che viene chiamata la G.A.S. Theory, o meglio ancora in italiano, la teoria della SINDROME DI ADATTAMENTO GENERALE. Il primo ad enunciarne i principi e a definirla fu un fisiologo di origine austriaca chiamato Hans Selye circa alla metà del secolo passato. Lo studio che Selye realizzò non era di certo indirizzato alla spiegazione della crescita muscolare, ma molto più generico, e, proprio per questo applicabile ad ogni tipo di sollecitazione e relativa risposta a cui un organismo nel corso della sua esistenza si trova ad essere sottoposto. Riporto testualmente la sua definizione di STRESS tratta dal suo libro: “THE STRESS OF LIFE”. “Lo STRESS è il comune denominatore di tutte le reazioni di adattamento nel corpo”; continuando Selye specifica meglio il concetto: “Lo STRESS è la manifestazione di una specifica sindrome che consiste in tutti i cambiamenti non specifici indotti all’interno di un sistema biologico”. Più semplicemente lo Stress ha specifiche caratteristiche e composizione, ma non una causa particolare. Da ciò si evince che il nostro organismo qualsiasi sia la causa esterna (STRESS) che lo colpisce, mette in atto sempre lo stesso schema di risposte biologiche. Selye definì tale schema attraverso tre passaggi:

• Fase di ALLARME. • Fase di RESISTENZA e ADATTAMENTO. • Fase di ESAURIMENTO.

Perché vi ho parlato della G.A.S. e che cosa centra con il Body Building? Se ragioniamo in termini scientifici, possiamo definire la crescita muscolare come una sorta di adattamento dell’ organismo ad uno Sress imposto. In sostanza i muscoli crescono perché quando ci alleniamo imponiamo al nostro organismo un super lavoro, che termina spesso con la lacerazione delle fibre muscolari, l’ accumulo di radicali liberi e acido lattico al loro interno (da cui, almeno in parte, il dolore che avvertiamo i giorni seguenti ad un allenamento intenso). Il nostro corpo per poter meglio sopportare un futuro evento simile si “difende” aumentando la sua capacità di produrre lavoro; come? Sviluppando più massa muscolare. Fino a qui il ragionamento non fa una piega e tutto scorre logico e fluido come dovrebbe. Applichiamo ora a quanto detto i principi della G.A.S.; 1° fase: ALLARME. Si verifica quando ci alleniamo; un nuovo evento, “STRESSORIO”, si sta palesando ed il corpo dovrà reagire per mantenere costanti i suoi parametri vitali all’ interno di un range fisiologico ben definito (omeostasi). 2° Fase RESISTENZA e ADATTAMENTO.

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Il corpo mette in atto una cascata di eventi tra cui: aumentate produzioni ormonali come TESTOSTERONE e GH per stimolare una maggiore sintesi proteica che servirà per la riparazione e la costruzione di nuovo tessuto muscolare, ricostruzione delle scorte energetiche sotto forma di ATP e GLICOGENO muscolare, etc… A questo punto interviene l’ ADATTAMENTO, che delle 3 fasi, è in assoluto la più lunga, in tale circostanza i muscoli continuano a crescere fino ad esprimere il loro massimo potenziale genetico. La 3° Fase, L’ ESAURIMENTO, se lasciato tempo sufficiente all’ organismo per adattarsi non dovrebbe mai intervenire. L’entrata in questa fase porta nel nostro esempio al super-allenamento, e se trascurata, nel tempo potrebbe portare, nei casi più gravi, fino alla morte. Torniamo ora alla nostra domanda iniziale: Esiste una scienza del Body Building? Per rispondere dovrò a questo punto introdurvi un altro principio: “IL PRINCIPIO DI IDENTITA’ ”. Aristotele più di duemila anni or sono dichiarò: “A=A”, ossia ogni cosa nel creato ha una sua specificità e tale specificità ne condiziona le caratteristiche fisiche. Per questo motivo un sasso non può volare, un uccello non può concettualizzare ed una pianta non può camminare. Se accettiamo che la realtà esiste e che ogni cosa che ci circonda è quello che è, possiamo capire il perché di quanto sopraccitato. In sostanza, la legge di identità ci dice che quello che vediamo intorno a noi esiste ed è ciò che è da cui il suo corollario, ossia la legge della CAUSALITA’, cioè che ogni cosa non può comportarsi in maniera differente da ciò che è. Questi due principi sono alla base della scienza moderna, e, se applicati correttamente ci permettono di mandare un uomo sulla luna e successivamente riportarlo sano e salvo indietro sulla terra….In sostanza tutte le scienze producono innovazioni e risultati perché si basano sull’universalità e la definibilità di ciò che esiste. Ogni cosa, fino a che è tale, si comporterà sempre nello stesso modo perché soggetta a leggi fisiche ben definite e definibili. Arriviamo ora a rispondere alla nostra domanda: esiste una scienza che studia i muscoli? La risposta è affermativa e tale scienza è una branca della medicina. Il B.B., può essere inserito tra le discipline MEDICO/BIOLOGICHE, dove la fisiologia muscolare fa da padrona. Già all’inizio del XX secolo vennero fatti importanti studi sull’ ipertrofia e la risposta muscolare. Nel 1917 uno studio condotto da Roux-Lange evidenziò: “Quando un muscolo è soggetto a massima prestazione, cioè, deve vincere una grande resistenza in una data unità di tempo, solo allora interviene la crescita” e ancora: “L’ ipertrofia si riscontra solo nei muscoli soggetti a grandi carichi di lavoro in una data unità di tempo” (Lange, Ueber, funktionelle anpassung usw, Berlin, Julius sprinter, 1917). Altre ricerche condotte da Petow & Siebert specificano meglio il concetto di intensità: “Si ha ipertrofia come conseguenza dell’ aumento nell’ intensità del lavoro eseguito, mentre la quantità totale del lavoro eseguito non ha nessuna

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importanza” (W.Siebert & H. Petow, studien uber arbeitshypertrophie des muskels, Z.Klin held,102, 427-433, 1925). Altre ricerche condotte da Arthur H. Steinhaus evidenziarono che: “solo quando l’ intensità aumenta l’ ipertrofia segue” (A. Steinhaus, the journal of the association for physical and mental rehabilitation, vol. 9, No. 5, sep-oct. 1955, 147-150). Da questi studi è facile trarne le dovute conclusioni. Pare che nello sviluppo dei muscoli, ciò che più sia importante non è la quantità di lavoro svolto, ma l’ intensità applicata in un dato momento. Torniamo ora ai muscoli ed al principio del TUTTO O NULLA che ne caratterizza la contrazione. Supponiamo (per semplificare, in realtà la cosa è un po’ più complessa) che il nostro bicipite sia formato da 100 fibre muscolari, suddivise in 10 unità motorie, ognuna delle quali risulti quindi composta da 10 fibre muscolari. Ogni unità motoria è innervata da un moto-neurone che la controlla. Quando dobbiamo flettere l’ avambraccio per sollevare una matita parte un segnale elettro-chimico dal nostro cervello che “recluta” un certo numero di unità motorie per compiere il lavoro. Poiché la matita è molto leggera, probabilmente, verrà attivata solo una delle dieci unità motorie presenti nel nostro bicipite (ricordatevi che l’energia per gli organismi viventi è un bene scarso e quindi da preservare). La cosa interessante è che una volta attivata un’unità motoria le dieci fibre che la costituiscono si contraggono tutte, ossia non è possibile attivarne solo una parte (principio del tutto o nulla). Ne va da sé che per attivare più fibre muscolari dovrò utilizzare un carico maggiore. Appoggiamo ora la nostra matita sul tavolo e raccogliamo un bilanciere per eseguire un Curl con un carico teorico che ci permetta di realizzare al massimo dieci ripetizioni. Le prime saranno facili, ma mano a mano che ci avviciniamo alla decima ripetizione sempre più fibre (e quindi unità motorie) vengono reclutate, fino ad arrivare alla decima ripetizione, dove per completarla dobbiamo fare uno sforzo massimo. Qui, e solo qui, tutte le dieci unità motorie, e quindi le 100 fibre muscolari saranno reclutate. Avremo allora e solo allora raggiunto quello che viene chiamato il “MOMENTANEO CEDIMENTO MUSCOLARE”. L’ intensità nell’ unità di tempo, sarà stata tale, da giungere al cosiddetto BREAK EVEN POINT, ossia il punto raggiunto il quale siamo sicuri di avere stimolato la crescita e sotto il quale la crescita non avverrà. Se ritorniamo per un momento al nostro caro Dr. Selye vediamo che avendo raggiunto la massima intensità (massimo Stress) siamo entrati nella fase di ALLARME, ora se lasciamo abbastanza tempo il corpo entrerà nella seconda fase: RESISTENZA e ADATTAMENTO. Un concetto che molti Body Builder hanno sempre sottovalutato o poco compreso è quello del riposo.

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E’ durante il recupero che il corpo si adatta e super-compensa (cresce). Qui sorge il primo problema: i tempi per il recupero sono molto più lunghi di quello che ci hanno sempre detto. Se il ragionamento che fino a qui ho portato avanti è stato chiaro e logico, converrete con me quando vi dico che la crescita muscolare dovrebbe essere un processo continuo e costante fino al momento in cui il nostro organismo si sarà completamente adattato agli schemi di lavoro utilizzati. L’adattamento risulterà essere un processo più o meno lungo a seconda delle capacità, impegno e risultati raggiunti dal praticante. Questo vuol dire che se ci siamo allenati con la massima intensità, abbiamo lasciato passare abbastanza tempo e il nostro corpo non si è ancora adattato al genere di Stress derivante dal nostro programma di lavoro, ogni volta che ritorniamo in palestra dovremmo essere in grado di fare: o più ripetizioni con lo stesso peso della volta precedente o utilizzare carichi maggiori, ossia, dovremo in sostanza essere in grado di misurare i nostri progressi. Poiché i muscoli crescono in proporzione alla forza che sviluppano (la forza che un gruppo muscolare sviluppa almeno per il 50% deriva dalle dimensioni dello stesso), se stiamo diventando più forti stiamo anche sviluppando più massa muscolare (vi ricordate l’ ADATTAMENTO di Selye?). Quindi, traendo le logiche conclusioni dalle premesse discusse, essendo la crescita muscolare un processo di adattamento, se applichiamo la giusta intensità e lasciamo poi passare sufficiente tempo perché i processi di super-compensazione abbiano luogo, continueremo a crescere fino a quando il nostro organismo non si sarà completamente adattato, momento in cui si renderà necessario un cambiamento. In questo modo i muscoli continueranno a crescere in un processo virtualmente continuo fino al raggiungimento del nostro massimo potenziale genetico. Ma, quanto tempo dovrà passare tra un allenamento ed il successivo? Siamo tutti portati a credere, che più diventiamo grossi e forti e più possiamo e dobbiamo allenarci per continuare ad avere risultati. E’ invece vero il contrario. A mano a mano che i nostri muscoli crescono, sviluppano sempre più forza; molti di voi negli anni avranno notato che la forza aumenta molto, anche del 300/400% rispetto a quella che riuscivamo ad esprimere all’inizio. Anche le nostre capacità di adattamento migliorano, ma non così tanto, pare solo di un 50%. Questo significa che quando ci alleniamo l’intensità, e quindi lo stress che produciamo, è di gran lunga più alto di quello che producevamo all’inizio della nostra carriera, ma le nostre capacità di risposta e adattamento sono pressoché quasi invariate. La conclusione logica a quanto sopraesposto, è che, se vogliamo continuare a crescere la nostra frequenza (intervallo di tempo tra un allenamento ed il successivo) così come il volume di allenamento (il numero totale di serie) dovrà progressivamente rarefarsi.

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In sostanza, questo, naturalmente in maniera più approfondita, è ciò di cui mi accingo a trattare in questo manuale. Il mio obiettivo, attraverso questo manuale, non è quello di propinarvi l'ennesima metodica onnicomprensiva da accettare in maniera incondizionata, quasi fosse un vangelo, ma piuttosto di stimolarvi a ragionare, e, far crescere in voi, una sensibilità tale che vi permetta di organizzare autonomamente i vostri allenamenti o quelli dei vostri clienti. Brescia, 10/03/2008 “La natura, per essere comandata, deve prima essere obbedita”. - Ayn Rand -

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Come sviluppare un piano di lavoro corretto

Da quanto asserito finora possiamo dire che può esistere solo una teoria dell'esercizio considerabile valida. Comunque, dal momento che è ovvio che ci sia più di un metodo per fare esercizio, si potrebbe cadere nell'errore di pensare che ci siano più teorie che portino ai medesimi risultati. Tuttavia, ogni metodo, per essere produttivo, deve alla fine seguire gli stessi principi di fisiologia. In altre parole, un individuo sia che si eserciti con una serie o con 20 serie:

• compirà uno sforzo (intensità). • farà una certa quantità di attività (volume). • utilizzerà una data ripetitività (frequenza). • imporrà un carico crescente ai muscoli, e quindi… • produrrà un adattamento, in conseguenza di ciò che ho fatto.

In effetti, questi principi generali costituiscono la “teoria dell'esercizio”, mentre la loro applicazione in relazione alle varie parti costituenti, determinano il metodo o lo stile di esercizio. Quanto sopraccitato, indica cosa deve esistere per definire un'attività esercizio. Comunque, per far sì che l'esercizio sia personalizzato e produca quanti più risultati possibili, dobbiamo prendere in considerazione le caratteristiche di unicità che stanno alla base di ogni singolo individuo (gli obiettivi di una persona, le sue necessità, le sue capacità e le sue limitazioni).continuando su questa strada, è chiaro che per ottenere i massimi risultati sia necessario prescrivere e individuare la quantità ideale di esercizio applicabile ad ogni singolo individuo manipolando di volta in volta i principi generali che ho definito precedentemente. Cercherò ora di chiarire il concetto: la misura dei progressi, mantenimento o peggioramento delle funzioni fisiche o della composizione corporea è strettamente connessa alla quantità di carichi utilizzati in relazione all'intensità, volume e frequenza all'interno di un programma di allenamento, tali fattori, sono inversamente proporzionali uno all'altro e ciò va tenuto in debita considerazione se vogliamo ottimizzare le risposte fisiche. La teoria dell'esercizio riconosce che ogni stress derivante da attività fisica rappresenta un fattore negativo, in altre parole, ogni esercizio effettuato causa una momentanea riduzione delle capacità di recupero fisico/organico. Ne consegue, che la

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Principio dell’Intensità Possiamo definire “intensità”, la massima percentuale di sforzo muscolare fatto in una data unità di tempo. In altre parole, con intensità ci riferiamo alla misura dello sforzo generato durante ogni particolare momento dell’esercizio. La validità di questa affermazione ci permette di utilizzarla come definizione guida, ossia, un'affermazione che identifichi la natura di un concetto, cioè, la caratteristica essenziale senza la quale il concetto non sarebbe ciò che è. Quando parliamo di raggiungere il momentaneo cedimento muscolare, parliamo in generale di un evento da circoscrivere nella scala del tempo e della fatica (100% dello sforzo), e non ci riferiamo a ciò che l'ha causato, quanto tempo c'è voluto, o ad ogni altro fattore associabile. Quanto detto, non è molto differente dal parlare in via generale del concetto di tavolo, anche in questo caso non abbiamo bisogno di descrivere il numero di gambe, la forma, il materiale di cui è fatto, in altre parole, tutte queste cose sono inessenziali per definire il concetto di tavolo. Uno sforzo è la conseguenza di una nostra “azione” mentale, ed in quanto tale l'espressione di una nostra volontà. I muscoli scheletrici sono volontari, ciò significa che si muovono quando la nostra mente gli comanda di farlo. Anche la quantità di forza che i muscoli genereranno è espressione diretta della nostra mente. Per esempio, non generiamo una grande forza quando dobbiamo sollevare un mazzo di chiavi, ma solo abbastanza forza in relazione al peso dell'oggetto. Inoltre, la misura dello sforzo fisico e mentale si modifica da un momento al successivo. Di conseguenza, per poter pensare all'intensità come ad un concetto, è necessario poterla collocare all'interno di uno specifico momento temporale in relazione alla percentuale di sforzo possibile in quel dato momento. Una persona che si allena potrebbe non considerare la prima ripetizione molto intensa, mentre la quarta la potrebbe definire come abbastanza intensa e quella finale molto intensa. Sebbene una tale misura sia soggettiva, la qualità delle esperienze durante l'esercizio in termini di difficoltà e fatica sono soggettive per definizione. Non è quindi possibile definire l'intensità separandola dal tempo in quanto è un concetto dinamico. Ogni momento di uno sforzo, così, risulta essere governato o influenzato dai momenti precedenti, con tutti i momenti che compongono un continuo flusso in un dato periodo di tempo delimitato da quella che chiamiamo serie. Durante gli allenamenti di potenza o nel body-building, questa influenza è ovvia, mano a mano che lo sforzo diventa sempre più estremo da un secondo o da una ripetizione alla successiva. Il 20% di reclutamento di tutte le risorse fisiche e mentali disponibili in un dato momento può essere tutto ciò che è richiesto per completare la prima ripetizione, poi il 35% per la seconda ripetizione, il 50% per la terza ripetizione, eccetera. La

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Analisi dei sistemi energetici: anaerobico Vs aerobico

Il metabolismo energetico dipende dalla disponibilità di cibo. I prodotti di scarto del metabolismo energetico includono: anidride carbonica, acqua, e calore. Il calore è il risultato della produzione di energia, e la caloria (cal.) è l'unità di misura dell'energia. La caloria è la quantità di calore necessario per alzare di 1° Celsius 1 g di acqua. Dal momento che la caloria e una quantità molto piccola, la kilocaloria (Kcal = 1000 cal.) è l'unità di misura che generalmente viene preferita. In altre parole, quando una persona dice di mangiare 3000 calorie al giorno, in realtà vuole dire 3000 Kilocalorie. Il principale tipo di energia formata dai vari substrati energetici è l’ ATP, acronimo che sta per adenosina trifosfato. Dalla rottura di ognuno dei tre legami di fosfato costituenti la molecola di ATP si ricava una considerevole quantità di energia (la molecola di adenosina è legata a tre molecole di fosfato) . L’ATP non viene sintetizzato solo in una parte del corpo e poi trasportato dove ce n'è più bisogno. Tutte le cellule (incluse le cellule muscolari) sono in grado di sintetizzare e usare l’ATP quando necessitano di energia. Comunque c'è un limite al quantitativo di ATP disponibile in ogni cellula e la ri-sintesi dello stesso si consegue attraverso altre vie metaboliche. L’ADP (adenosina di-fosfato) nelle cellule è la molecola base da cui viene ri-sintetizzato l’ ATP. La creatina fosfato è la molecola che viene richiesta per la ri-sintesi dell’ ATP attraverso la donazione di un suo gruppo fosfato. Anche questo sistema non è in grado di produrre grosse quantità di ATP, e questa è la ragione per cui è possibile sollevare grossi carichi solo per brevi intervalli di tempo. Per ottemperare a tutte le funzioni fisiologiche all'interno del corpo umano si richiede energia. Dal momento che ci muoviamo, i nostri sistemi convertono l'energia chimica derivante dagli alimenti, come ad esempio il glicogeno, in energia meccanica: cibo-di gestione-molecole-respirazione cellulare (in presenza di ossigeno)-energia-sintesi di ATP-rottura dei legami facenti capo alla molecola di ATP-energia-contrazione muscolare

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Attività aerobiche e anaerobiche in relazione

all'intensità di esercizio

I termini aerobico e anaerobico si riferiscono ai sistemi energetici coinvolti. Generalmente, più grande è lo sforzo, e più l'attività che ne deriva attinge dal sistema anaerobico, dal momento che in queste condizioni lo sforzo può essere sostenuto solo per brevi periodi di tempo. Questo non vuol dire che l'ossigeno non sia coinvolto nella produzione di energia durante le attività anaerobiche, ma semplicemente che la quantità di ATP prodotto in presenza di ossigeno è irrilevante per il conseguimento di una performance anaerobica massimale. Al contrario, minore l’intensità è più alta sarà la produzione di energia attraverso i sistemi aerobici, ossia, in presenza di ossigeno, questo avviene in conseguenza del fatto che il nostro organismo dovrà sostenere una data attività per un lungo periodo di tempo. Sotto troverete due grafici che vi permetteranno di meglio comprendere questa relazione. Aerobico (Attività a Bassa intensità) Anaerobico ( Attività a Alta Intensità)

0% Intensita’ dello sforzo 100%

Tempo < 2 minuti > 2 minuti Anaerobico Aerobico Tuttavia, la spiegazione che ho dato dei sistemi energetici è quella più tradizionale ed in qualche modo semplificativa, in cui aerobico = bassa intensità, mentre anaerobico = alta intensità. C'è da dire, per chiarire meglio il concetto, che questi sistemi non risultano essere completamente distinti tra loro, sarebbe per esempio scorretto affermare che un alto livello di intensità non possa essere sperimentato in un

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ambiente aerobico, o che l'alta intensità possa essere espressa solo in ambiente anaerobico. È possibile allenarsi al momentaneo cedimento muscolare (esprimendo un alto livello di intensità durante l'ultima ripetizione o il secondo finale di una serie) alla fine di 3 min di attività di tipo aerobico. Il problema in questo caso non è il non aver raggiunto il momentaneo cedimento muscolare, ma dopo quanto è stato raggiunto. Per esempio, se il nostro obiettivo è massimizzare i guadagni in forza e massa muscolare, utilizzare durante il nostro allenamento una serie di 3 min comporterebbe l'utilizzo di un carico di lavoro non sufficiente a far insorgere un'adeguata richiesta organico/adattativa. Possiamo così affermare che per raggiungere i risultati di massimo sviluppo di forza e massa muscolare sia necessario lavorare con la massima intensità, e quindi, in un ambiente anaerobico. In questo modo possiamo affermare, che l'esercizio debba essere limitato in relazione alla capacità individuale di tollerabilità dello stesso, questo si rende necessario per evitare uno stimolo eccessivo. Evidentemente, attività di tipo anaerobico e attività di tipo aerobico risultano essere diametralmente opposte (non consideriamo in questo caso l'intensità d'uno sforzo, la cui importanza è determinata da altri fattori come ad esempio il tempo di durata della serie, dal carico utilizzato, eccetera… come già chiarito precedentemente). Quindi, se il nostro obiettivo è massimizzare la crescita muscolare, quanto segue può essere presunto con assoluta certezza in base alle prove empiriche accumulate nei miei tanti anni di allenamento personale e di centinaia di clienti:

• Se un intensità che andasse da bassa a moderata durante un esercizio fosse sufficiente a sviluppare incredibili livelli di forza e massa muscolare, i corridori di lunghe distanze, gli istruttori di aerobica e i muratori, sarebbero tutti estremamente forti e con grandi masse muscolari. Questo naturalmente non riflette la realtà.

• se le attività di tipo aerobico sviluppassero incredibili livelli di forza e massa muscolare, gli individui di cui sopra sarebbero in assoluto i più forti e i più sviluppati. Questo non è certamente il caso.

• Di conseguenza, e al contrario, uno sforzo ad alta intensità in un ambiente anaerobico deve per forza di cose essere il fattore chiave nella stimolazione della massima risposta organica relativa agli aumenti di forza e massa muscolare. Ne segue logicamente che il tempo di esposizione ad un tale fattore stressorio debba essere breve, in modo da ridurre al minimo le richieste sistemiche imposte alle nostre capacità di adattamento, che come ben sappiamo risultano essere limitate, e nello stesso tempo atto ad ottimizzare le risorse organiche destinate alla super compensazione, cioè, alla magnificazione dei sistemi di adattamento organico. Ogni lavoro superiore o inferiore alla quantità idealmente necessaria a produrre una risposta ottimale in termini adattativi equivale ad essere una super stimolazione, che può quindi aumentare il rischio di sovrallenamento o produrre risultati sub-ottimali.

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Definizione del principio di volume Con la parola volume ci si riferisce alla quantità di esercizio eseguito durante un allenamento. Parlando specificatamente di allenamento con i pesi, possiamo definire il volume come il numero di ripetizioni, i tempi di esecuzione e il numero di serie eseguite durante un allenamento. Maggiore sarà stato il numero delle serie effettuate durante il nostro allenamento e meno frequente ed intenso quest'ultimo dovrà essere per bilanciare l'equazione che sta alla base della scienza dell'esercizio. Per esempio, se poniamo come obiettivo la massimizzazione di forza e massa muscolare, l'intensità (corrispondente al carico) dovrà essere mantenuta alta, in modo da mantenerci in un ambiente prettamente anaerobico durante la nostra seduta di allenamento; quindi, la quantità di serie ed il volume che ne deriva dovrà essere appropriatamente bilanciato con gli altri fattori, in modo da evitare una super stimolazione. A mano a mano che riduciamo l'intensità, il volume può crescere, sebbene questa direzione non sia ideale se i nostri obiettivi sono l'aumento di forza e l’ ipertrofia, questo tipo di allenamento dovrebbe essere limitato a tutti coloro che hanno come obiettivo principale il miglioramento della prestazione in termini di resistenza e capacità cardiovascolari. Inoltre, il volume dovrebbe essere bilanciato con la frequenza considerando che più lungo sarà stato il nostro allenamento e meno frequentemente potrà essere tollerato. È importante notare che “abbastanza” volume è essenziale e necessario per raggiungere un qualsivoglia obiettivo. Alcuni puristi delle tecniche ad alta intensità commettono secondo me un errore nell'estremizzazione di questo concetto. Essi considerano che, se l'intensità dello sforzo è massima o al 100%, allora ne deriva che il volume dovrà essere il minimo possibile, ossia, un'unica serie. Il problema secondo me sta non nel portare la teoria alle sue massime conseguenze, ma nell’identificare il numero, minimo possibile, di serie che possa produrre la maggiore risposta. basandoci sulle specifiche capacità individuali (così come Mentzer già aveva sottolineato). Una volta inteso il concetto che l’alta intensità (allenarsi fino al momentaneo cedimento muscolare) sia il solo fattore responsabile della crescita muscolare, la domanda logica che ne consegue è: ma quante serie sarà necessario fare? Ed è precisamente su questo punto che il dibattito è maggiormente acceso e molti body builders si equivocano. Ogni esercizio fatto in aggiunta al quantitativo minimo richiesto per stimolare la massima crescita muscolare non è solamente uno spreco di forze, ma è effettivamente controproducente.

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Sovraccarico e numero di serie Il numero di serie è direttamente in relazione all'impatto metabolico che ogni serie aggiuntiva produce sul muscolo allenato, ossia, più serie facciamo, più affaticato diventa il nostro muscolo e quindi meno capace di produrre lavoro. È tuttavia possibile che un “ragionevole” temporaneo incremento di serie, oltre ciò che riteniamo ideale, possa avere effetti positivi sulle capacità contrattili e adattative dei muscoli allenati. Tuttavia, l'aumento del numero di serie deve essere fatto tenendo in considerazione due questioni:

1. Di quante serie dovremo incrementare il nostro allenamento?

2. Per quanto tempo l'incremento dovrà essere mantenuto? Prima di rispondere a questa domanda, è importante definire cosa sia ideale basandoci su valori temporali. Ideale deve essere interpretato come tollerabile e ottimo in relazione alle capacità, ai bisogni, alle limitazioni e agli obiettivi individuali. Ciò che può essere tollerato su tempi lunghi, per molti mesi o anni, è molto differente da ciò che può essere tollerato durante periodi brevi, relativamente ad alcuni allenamenti o settimane. Per esempio, 1'atleta potrebbe essere in grado di sopportare 10 serie per un dato gruppo muscolare se ciò viene protratto solo per alcune settimane, la stessa cosa potrebbe diventare intollerabile, sfociando così in una situazione di sovrallenamento, se il periodo venisse protratto per alcuni mesi o anni. Continuando su questa strada, aggiungere una serie al nostro programma non dovrebbe essere un grosso problema anche mantenendo questa variazione per tempi lunghi. Tuttavia, raddoppiare il numero totale di serie oltre ciò che consideriamo ideale non potrà essere tollerato per lunghi periodi di tempo. Mentre invece, introdurre brevi periodi in cui viene aumentato il numero totale di serie può essere considerato un metodo efficace per stimolare la crescita muscolare sistemica. Detto questo, non possiamo pensare di aumentare costantemente e progressivamente il numero di serie, specialmente oltre il minimo necessario a stimolare la massima crescita possibile mentre cerchiamo di evitare un sovra-stimolo con conseguente ritardo nei tempi di recupero, dato che questo approccio non può essere considerato come una tecnica fondamentale e quindi di riferimento, utilizzabile all'interno dei nostri programmi di allenamento. Come già citato precedentemente, ricordatevi sempre che l'intensità e il volume sono due fattori inversamente proporzionali, quindi, maggiori saranno le serie eseguite (volume) e minore dovrà essere l'intensità, in modo da essere in grado di portare a termine sia mentalmente che fisicamente il nostro

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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio - 67 -

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Capitolo secondo

Mettere in pratica la teoria “L’allenamento con i pesi è una forma di Stress che possiamo controllare semplicemente variando l’intensità, la durata e la frequenza dei nostri allenamenti”. - Mike Mentzer -

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Nota dell’autore Questo libro, inizialmente, era stato da me concepito come una mera disquisizione tecnica sui principi che regolano la crescita muscolare. Andando avanti nella sua realizzazione mi sono reso conto che sarebbe stato comunque necessario inserire una parte pratica. Essendo stato, come già dichiarato nelle premesse, direttamente a contatto con Mike Mentzer, utilizzerò, per l’esemplificazione dei programmi, delle schede basate sulla metodologia elaborata da Mike e denominata Heavy Duty. Le due tabelle che troverete in questo capitolo, sono simili a quelle realizzate da Mike nei suoi ultimi libri, ma tuttavia, non identiche, dato che contengono qualche modifica, da me apportata, che considero necessaria in relazione ai problemi emersi con i miei clienti durante i molti anni di pratica sul campo. Come è già emerso dalla mia disquisizione teorica, oggi ritengo che usare un protocollo uguale per tutti non vada bene, gli allenamenti devono essere necessariamente personalizzati in termini di Intensità, Volume e Frequenza, in relazione alle capacità psico-fisiche di colui a cui verrà destinato il programma. Tuttavia, ho ritenuto necessario inserire almeno due programmi base di lavoro, in modo da poter meglio orientare, attraverso due esempi pratici, il fruitore di questo manuale. Il primo programma è una scheda base destinata ad un neofita tipo, intesa più che altro a valutare le sue capacità e, nello stesso tempo, introduttiva all’acquisizione dei giusti rudimenti in termini di correttezza dei movimenti, respirazione durante gli esercizi, velocità delle ripetizioni e raggiungimento del momentaneo cedimento muscolare. Il secondo programma è destinato ad un intermedio/avanzato che abbia acquisito il controllo della giusta tecnica e sia già in grado di allenarsi fino al raggiungimento del momentaneo cedimento muscolare. Entrambe le tabelle non vanno prese per “oro colato”. Ricordatevi sempre che una volta compresa la teoria che sta alla base della crescita muscolare e avendo ben chiaro che i muscoli crescono come risposta di adattamento ad uno stress imposto e mettendo il tutto in stretta relazione con i principi che ne influenzano e determinano la risposta, ossia, Intensità, Frequenza e Volume, sarete sempre voi, e solo voi, a determinarne la validità o la necessità di variazione negli schemi. Nonostante esistano altre metodologie che rientrano nei sistemi H.I.T. (High Intensity Training) molto interessanti e soprattutto valide, come ad esempio il sistema Zone Training sviluppato da Brian D. Johnston, che normalmente utilizzo per la ciclicizzazione dei miei programmi di lavoro, ho ritenuto più appropriato utilizzare

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schemi Heavy Duty, dato che ritengo siano più che sufficienti per iniziare e procedere durante almeno tutto il primo anno. L’analisi, l’utilizzo ed il commento delle altre tecnologie H.I.T. sarà molto probabilmente l’argomento di un prossimo manuale. Cercare sempre di mantenere la mente aperta e critica è condizione necessaria per determinare ciò che è corretto da ciò che risulta essere fuorviante, ed è, secondo me, l’unico sistema che possa garantire il massimo sviluppo del potenziale intellettuale di ognuno di noi. Brescia 02/05/2009

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Altri fattori necessari per determinare

la giusta frequenza Altri fattori che determinano la frequenza e la velocità di recupero includono i seguenti:

• I muscoli grandi necessitano di più tempo per recuperare rispetto ai muscoli più piccoli (questo è dovuto al quantitativo maggiore di prodotti di scarto derivanti dal danno tissutale provocato dall'allenamento e dalle maggiori quantità di energia, sotto forma di ATP, che dovranno essere ricostituite).

• Gli uomini recuperano più velocemente delle donne, probabilmente a causa dei maggiori livelli di testosterone.

• Allenamenti di tipo esplosivo richiedono più tempo di recupero tra un allenamento ed il successivo di quelli classici, ciò avviene a causa del maggiore quantitativo di ATP impiegato dai primi e probabilmente dal maggior danno tissutale causato dai rimbalzi durante gli esercizi.

• I processi di adattamento possono necessitare di maggior tempo nel caso in cui si passi da un minor volume ad un maggiore volume di allenamento improvvisamente.

Naturalmente, a tutti questi aspetti, vanno aggiunti alcuni altri fattori esterni e complementari, che tuttavia risultano necessari per la determinazione della giusta frequenza di allenamento, come ad esempio: lo stile di vita del praticante, l'età, il tipo di lavoro svolto, le relazioni private, altre attività fisiche se praticate, etc...

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Alcune riflessioni sul momento migliore per allenarci

A causa del normale abbassamento di energia e attenzione che si rileva nel primo pomeriggio (subito dopo pranzo), solo pochi individui riescono ad allenarsi efficacemente. E’ interessante notare, che la maggior parte delle palestre nel primo pomeriggio sono quasi sempre vuote. Tuttavia, verso le 5 pomeridiane, i livelli di energia ritornano a salire, permettendo così alle persone di allenarsi agevolmente e con più mordente tra le 5 e le 7 pomeridiane. Per la maggior parte delle persone, è rilevabile un picco delle capacità anaerobiche e aerobiche, così come della temperatura corporea, dei riflessi, della coordinazione, e altri indicatori relativi alle prestazioni fisiche tra le 5 e le 6 PM. Inoltre, in queste ore, la flessibilità, la capacità polmonare e l'efficienza cardiaca sono al loro massimo. E’ importante notare che ci potrebbe essere fino ad un 20% in meno di capacità di flessione e allungamento appena svegli e questo sta ad indicare chiaramente un maggior bisogno di riscaldamento prima di intraprendere attività intense la mattina presto. Il seguente picco anaerobico più alto, lo troviamo tra la tarda mattinata ed il primo pomeriggio, e normalmente coincide con le migliori capacità mentali di apprendimento. Allenarsi la mattina presto coincide con una riduzione della forza rispetto a ciò che sarebbe possibile nella tarda mattinata o nel tardo pomeriggio. Questo sicuramente è molto importante da tenere in considerazione per gli atleti coinvolti nelle discipline di forza, tuttavia, quelli che necessitano di maggiore accuratezza nei movimenti, concentrazione e destrezza, come ad esempio gli arcieri, o i tiratori al bersaglio, trovano il momento migliore per l'allenamento durante la prima parte della mattinata, quando le pulsazioni cardiache sono più basse. Non dovrebbe essere una sorpresa, a questo punto, notare che la maggior parte degli incidenti stradali avvengano nel pomeriggio, con la più bassa incidenza durante la mattina e la prima serata (tra le 6 PM e le 9 PM). Di conseguenza, chi si allena per gare dove l’agilità e la destrezza rivestono molta importanza, o, pratichi Body Building e sollevamento pesi, ossia attività che richiedono un'intensa concentrazione che permetta il completamento delle routine ed eviti all'atleta rischi di infortunio, dovrebbero evitare gli orari di maggior rischio che si concentrano tra le 2 PM e le 5 PM.

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