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Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa Anno 24 - nº. 1 del 2011 direttore Ugo Canonici Marketing Comunicare è vivere Compro o non compro Tra il vero e il falso... La nota La maledizione della conoscenza DM & Comunicazione Organo d’informazione del Club C3 Comunicazione Comunicazione d mc & Poste Italiane S.p.A. Sped in a.p. - d.l. 353/2003 conv. l. 46/2004. art1.c.1 - LO/MI - Mensile - 5 Euro

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Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

Anno 24 - nº. 1 del 2011

direttore Ugo Canonici

Marketing

Comunicare è vivere

Comproo non compro

Tra il vero e il falso...

La nota

La maledizionedella conoscenza

DM & ComunicazioneOrgano d’informazionedel Club C3

Comunicazione

Comunicazione

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STRATEGIAMarketing

&Comunicazione

CREATIVITA’Grafica - WebPresentazioni Audiovisivi

EVENTI E MEETINGInOutMotivazione

FORMAZIONEFormazione finanziata

GESTIONE FORNITORIGESTIONE AMMINISTRATIVA

CLUB AZIENDALI

UFFICIO STAMPANewsletter

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CLEIS è una Società di Comunicazione d’impresa specializzata nell’organizzazione di Eventi aziendali.

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Fin dal 1998 ha acquisito la certificazione di qualità UNI EN ISO 9001: 2000

per i sistemi di gestione della qualità nella progettazione ed erogazione di servizi di comunicazione d’impresa

e di servizi di formazione aziendale.

Cleis

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DDMMil Direct Marketing è una strategia di marketing che utilizza lacomunicazione per rivolgersi, con strumenti interattivi, a unpubblico mirato onde ottenere risposte misurabili.

MMaarrkkeettiinnggtutte le attività che vengono svolte da un’azienda per giungere alla vendita dei prodotti/servizi offerti (dalla ricerca alle indagini di mercato, dal lancio del prodotto alla post-vendita).

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Via Pindaro 17 - 20128 [email protected]

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Servizio cortesia : 02.252007.200Ab bon am en t o :

6 n u m er i d i dm & c (25 Eu r o )

Informativa ai sensi dell’art.13, D. lgs. 196/2003: I suoi dati saranno da noi trattati, manualmente ed elettronicamente al fine di gestire il Suo rapportodi abbonamento. A tal fine ci avvaliamo della collaborazione di Direct Channel Srl – Via Pindaro, 17 – 20128 MILANO. Ai sensi dell’art.7 d.lgs, 196/2003 potràesercitare i relativi diritti, fra cui consultare, modificare, cancellare i suoi dati od opporsi al loro utilizzo per fini di comunicazione commerciale interattiva, rivolgen-dosi a Direct Channel Srl – Via Pindaro, 17 – 20128 MILANO. Preso atto dell’informativa, abbonandomi esprimo il mio consenso al trattamento dei miei dati per-sonali per le finalità in essa espressamente indicate.

Utenti di comunicazione 61,3 %

Agenzie di comunicazione e meeting planners 26,7 %

Concessionari, editori 2,4 %

Associazioni professionali, Pubblica Amministrazione 5,9 %

Varie 3,7 %

I lettori di dm&c da un’indagine del Maggio 2010

Titolari, presidenti, amministratori 21,8 %

Commerciale, marketing 46,1%

Direzione pubblicità, responsabile Rel. Est. 24,2 %

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Creativi - direttori 2,6 %

Varie aziendali 2,1%

QUALE FUNZIONE HANNO IN AZIENDAA QUALI AZIENDE APPARTENGONO

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Le uscite di dm&c:

• febbraio • aprile • giugno • agosto • ottobre • dicembredmc&Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

DMC SET-OTT08ok:dmc Gen/Feb08 14-06-2010 18:11 Page 4

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EDITORIALE

7 Come il Bombo di Ugo Canonici

MARKETING

16 Compro o non compro di Ugo Perugini18 Web marketing per l’arte di Pier Giorgio Cozzi20 Secondo pensionamento di Maurizio Quarta22 Come rilanciare l’attività di vendita di Mario Silvano32 Fare sistema di Claudia Fraschetti

PENSIERO LIBERO

54 150 d’Italia e d’italiano di Alessandro Lucchini

LA NOTA

8 La maledizione della conoscenza di Guido Montacchini

COMUNICAZIONE CON I CANi

38 Comunicare con i cani di Davide Canonici

COMUNICAZIONE

10 Verso nuovi scenari di Grazia De Benedetti12 Comunicare è vivere di Ugo Clima 24 Una corsa per donare di Laura Patrito Silva26 Tablet, Smartphone e Cloud Computing di Carlo Cremona29 Il business del divertimento di Domenico Matarazzo34 Quando il falso è d’autore di Marco Maglio36 I Green Graffiti di Filippo Borghesi

COMUNICARE CON I CONVEGNI

46 Alla ricerca del massimo 48 Congressi con vista di Giovanna Risso50 Italia... questo nostro fantastico Paese di Erminia Casadei

RUBRICHE

39 Informalibri41 Fatti & Persone42 Comunicazione & Benessere44 Comunicazione Sociale52 Club dell’Osso

SommarioAnno 24 - no 1 del 2011

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dmc&Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

Amico lettore, dm&c viene realizzato sia su supporto cartaceo sia su supporto digitale. Se desideri ricevere la Rivista, gratuitamente,

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La rivista, diretta da Ugo Canonici, si propone come testata leader nel settore del marketing, direct mar keting e comunicazione d’impresa. Una marcia in più per chi vuole muoversi senza problemi nel difficile mondo del lavoro.

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Sapete cosa è un Bombo? Il Bombo è una specie di vespa, anzi di vespone; quasi come un calabrone.

Ha il corpo tozzo e pesante e due ali piccole piccole, trasparenti e sottili.E’ stato a lungo studiato dagli esperti, ed i grandi professoroni di fisica, quelli che sanno tutto sull’aerodinamica, hanno giurato e spergiurato che il Bombo non può volare. E’ contro tutte le leggi della fisica.Ma il Bombo ha una grande fortuna: quella di non capire cosa dicono gli scien-ziati. E vola. Passa di fiore in fiore, svolgendo una importantissima funzione di impollinazione in natura.Agita forte le sue piccole ali e, contro tutte le regole dell’aerodinamica, vola.E per questo ha conquistato la mia simpatia.Quante volte mi son sentito dire (ci siamo sentiti dire) non si può fare. Non ci riuscirai mai. E’ inutile insistere. E magari noi, testardamente, inco-scientemente, con tanta volontà abbiamo volato.Solo chi vuol vincere, vince.Ma la volontà è una condizione necessaria, ma non sufficiente. E allora proviamo a vedere quali sono le altre condizioni cui bisogna dare una risposta.Ah, non l’ho ancora precisato, ma il contesto a cui mi riferisco è l’attuale situa-zione del mercato, con riferimento specifico alla comunicazione.Si sa che la comunicazione, nei suoi vari aspetti e con i suoi vari strumenti, è tra le prime cose ad essere sacrificate nei momenti di ristrettezza. E quindi coloro che hanno fatto della comunicazione la loro professione vivono tempi, diciamo così, di tensione, se non di viva preoccupazione. Quando poi si sentono dire dagli esperti che non si vede ancora la luce in fondo al tunnel, possono essere presi da sconforto. E pensare di non poter più volare.Allora vediamo di riprendere le altre condizioni, oltre alla volontà, per vincere la sfida: 1.Professionalità (non bisogna “tirar via” solo perché non c’è entu-siasmo); 2.Grinta; 3.Attenzione (non sbagliare); 4.Innovazione (le cose fatte le abbiamo già fatte, e le fanno anche gli altri); 5.Creatività (dare emozione e messaggi forti); 6.Lavoro di squadra (da soli non si va più da nessuna parte); 7.Fiducia (anche se il passato ci ha insegnato che fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, dai, riproviamoci). Ce ne sono altre, ma fermiamoci qui. Non è un decalogo ma non vi sembrino cose banali. Credo che anche i cervelloni di cui sopra, se fossero riusciti a entrare nei pen-sieri del Bombo, forse ci avrebbero trovato le cose suesposte. E forse, avrebbero sentenziato che anche il Bombo ce l’avrebbe fatta a volare. no1 - 2011 - dm&c 7

Come il BomboUgo Canonici

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Editoriale

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Carla, insegnante in pensione, capel-li bianco candido ed occhialini sulla punta del naso; di buona cultura e discreta – per l’età - propensione per la tecnologia: ha un pc che usa per e-mail e video-chiamate con Skype per tenere i contatti con il cugino in Canada; 2 volte a settimana è in pa-lestra per il corso di pilates; del resto i nipoti la costringono a tenersi in forma e sempre aggiornata. Il forno della cucina, rinnovata oramai da 15 anni, in occasione dell’uscita di casa dei figli “bamboccioni”, inizia a dare segni di cedimento. Entra un po’ spa-esata in un grande negozio di elettro-domestici. Si avvicina un ragazzotto con sorriso di ordinanza. “Cercavo un forno… ad incasso… per la mia cucina”. “Ecco signora, questo è il top di gamma: cottura automatica mutlifunzione elettronico, piroli-tico, efficienza energetica A, touch control, LCD interattivo multilin-gue, termosonda, ventilazione tan-genziale di raffreddamento – oppu-re in alternativa, se vuole spendere qualcosina di meno si può prendere in considerazione questo, che però non ha il touch control”. “Grazie,

ci penso…” Carla esce pensierosa, non ha capito molto; a lei del resto serve un forno per preparare la torta di mele quando vengono a trovarla i nipoti. Si chiude la porta del negozio alle spalle e… “Ops, mi scusi tanto, ero sopra pensiero”; si scontra acci-dentalmente con Luigi che si scusa a sua volta e la aiuta a raccogliere i depliant caduti nello scontro.

Dopo Carla, Luigi e Sabina

Luigi è ingegnere, rappresentante di strumentazione scientifica; forse ha un po’ più di 35 anni. Abbronzato ed elegante, ha comprato l’i-pad a New York, ad una settimana dal lancio in America. Sta andando a prendere un caffè con Sabina, biologa, responsa-bile di un centro diagnostico che si trova nello stesso palazzo del nego-zio di elettrodomestici. Sabina deve comprare un nuovo strumento per analisi di laboratorio di routine. Luigi ha passato un’ora ad esporre dettagliatamente funzioni, caratte-ristiche tecniche, specifiche di uno strumento potentissimo e sofisticato in grado di identificare la minima

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Guido Montacchini

Quante occasioni perdiamo ogni giorno perché non ci capiamo? La tecnologia ha esasperato ancora di più il divario tra specialisti e utenti (communication divide)

Tre o quattro piccole “storie” di vita quotidiana

La maledizione della conoscenza

La Nota

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traccia di qualsiasi sostanza nelle condizioni più estreme. Sabina, sfini-ta e confusa dalla presentazione, ac-cetta l’invito a prendere un caffè pur di liberarsi di Luigi. Saranno i tecnici del suo laboratorio in grado di uti-lizzare uno strumento così sofisti-cato, per fare quotidianamente solo sempre la stessa analisi? Si domanda mentre escono dal portone. Luigi, sicuro di poter concludere l’affare e, con un po’ di presunzione, anche di poter azzardare un invito a cena con Sabina. Sale sulla sua auto sportiva parcheggiata di traverso, mezza sul marciapiede e parte sgommando.

Ovo e il papà

Pietro - detto Ovo dagli amici (per la forma della sua testa) - sta attraver-sando la strada con lo skateboard e per poco non viene travolto; ha le cuffiette a tutto volume con la mu-sica Fabri Fibra, e, incurante di tutto quello che succede intorno, sta cion-dolando verso casa. Ovo è adolescen-te; un ciuffo curatamente spettinato copre qualche brufolo sulla fronte. È iper-tecnologico e iper-connesso, Facebook sempre attivo sul telefo-nino; sta correndo a casa perché suo padre, commercialista, gli ha chiesto aiuto: si tratta di modificare una re-golazione del sistema domotico in-stallato nell’appartamento lussuoso in centro. La casa è stata da poco ristrutturata con tutti i canoni tecnologici più moderni. Ogni stanza è riscaldata ad una temperatura diversa a seconda dell’ora e del giorno e di chi è pre-sente in casa. Il bagno padronale è però un po’ troppo freddo alla matti-na e il papà si aspetta che Pietro, uno smanettone, riesca ad intervenire sulla centralina per aumentare di un paio di gradi il riscaldamento nel suo bagno. Niente da fare; anche con il suppor-to telefonico del tecnico esperto, Pie-tro dovrà desistere. “Parla ‘anziano’, non lo capisco”, sentenzierà dopo. Il tecnico utilizzava invece un linguag-

gio informatico specialistico, incom-prensibile ai non addetti ai lavori. Il padre chiamerà poi il tecnico stesso per disattivare quell’aggeggio.

Occasioni perdute

Quante occasioni perdiamo ogni giorno perché non ci capiamo? La specializzazione di ciascuno porta a parlare con un linguaggio specifi-co, quasi gergale, semplice per chi lo esprime, ma incomprensibile per chi, non del “mestiere”, ascolta: la ‘maledizione’ della conoscenza! Quanto è difficile spiegare in modo semplice a non addetti ai lavori un argomento che conosciamo alla per-fezione, nell’ambito del quale svol-giamo la nostra attività!La tecnologia ha spinto ancora più agli antipodi il divario tra specialisti di prodotto ed utenti finali, divisi da un muro di incomunicabilità.Questo offre opportunità di crescita ad un mercato che si pone tra chi svi-luppa il prodotto tecnologico e chi lo usa: lo sviluppo e la implementazio-ne delle applicazioni. L’applicazione è un termine vago e generico che de-scrive principalmente un software, un metodo, una serie di istruzioni semplici con comandi intuitivi e ri-sultati espliciti e chiari, che consen-te all’utilizzatore finale di utilizzare l’oggetto tecnologico per fare quello che gli serve. Anche questo è un settore di specia-listi, con un loro linguaggio, un loro approccio e non sempre il dialogo con il mondo esterno risulta facile. Dovremo immaginare in futuro dei corsi di “lingua” per permettere di dialogare settori differenti? Quante nuove ed inimmaginabili opportunità si potrebbero spalancare se solo biologi ed architetti, medici ed ingegneri, esperti di marketing ed avvocati, informatici e filosofi riuscissero a parlare una lingua reci-procamente comprensibile? Tanto è stato sicuramente fatto, ma quanto si potrebbe ancora fare colmando il “communication divide”. no1 - 2011 - dm&c 9

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Quale sarà il modello di agenzia del futuro? Se lo è domandato Diego Masi, pre-sidente di AssoComunicazione, introducendo l’incontro Qualità, governance e lavoro, il nuovo ruolo dell’associazione, sorta di “stati gene-rali” delle imprese di comunicazione per fare il punto sulle trasformazio-ni del settore. Secondo Masi, il 2011 sarà “l’anno in cui iniziare un nuovo processo e in cui elaborare un model-lo di sviluppo da un lato e dall’altro preparare la nuova governance”.Si è iniziato dalle esperienze del-le omologhe associazioni inglese e francese. L’inglese IPA ha la struttura a pirami-de e un sistema dinamico caratteriz-za la comunicazione con il vertice. Tra gli obiettivi principali: la promo-zione del valore e lo sviluppo conti-nuo della professionalità delle agen-zie. All’IPA queste godono di una forte rappresentatività e di un’atten-zione scrupolosa, così da fruire a tut-to campo dei servizi offerti, giustifi-cando la quota d’iscrizione. Diversa l’organizzazione della AACC france-se, che punta al valore professionale del marchio e a offrire alle agenzie anche un luogo di riferimento per scambi, dialogo, azione.

Spunti per riflettere

Marco Cremona, presidente di Art Directors Club Italiano, ha introdot-to spunti interessanti, a cui si sono riferiti anche altri relatori: «Il lavoro dei creativi sta giocando un ruolo fondamentale, ma ci stiamo evol-vendo in ritardo. Con l’allargamento dei media, per noi è complicato ade-guarci: c’ è uno spazio che va riempi-to e cose da imparare. Sapersi muovere nei nuovi scenari è drammatico, bisogna capire proble-mi e aspettative del consumatore, che non è più solo portavoce di desi-deri, ma può pretendere, provocare, costringere chi produce a cambiare strategie».

Dal negativo al positivo

Esemplare il caso di un’azienda ame-ricana con 125mila dipendenti, che ha perso milioni di dollari per un video di un minuto e mezzo in rete, che screditava i suoi prodotti. Ma l’azienda ha reagito, creando un fo-cus group, a cui ha chiesto cosa non andava nelle pizze che produceva e consegnava a domicilio, e poi un video in cui faceva gustare la nuova pizza ai “critici”, ora soddisfatti. Ha

Grazia De Benedetti

Una giornata di ascolto, riflessione e soprat-tutto proposte sulle prospettive dei creativi nel complesso mondo della pubblicità di oggi

Un convegno sul comparto Comunicazione

Verso nuovi scenari

Comunicazione

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così usato l’effetto negativo per mi-gliorare il prodotto e ricreare la pro-pria immagine. «Bisogna imparare a giostrarsi di nuovo. -ha affermato Cremona. -Ai creativi l’interdipen-denza con un team orizzontale crea complessità (necessario quindi il dia-logo) e incertezza. Due i modi per re-agire. Uno è rifugiarsi in un “silos”: delegare qualcuno a fare il nuovo che non si conosce, ma così si resta chiusi, si passa da leader assoluto a obsoleto. L’altro è abbracciare la nuova realtà: oggi ci sono meccani-smi che non sono più i nostri, perciò dobbiamo intervenire su quelli vec-chi e creare un nuovo spazio per una situazione diversa. Le più flessibili sono le agenzie piccole e medie. Ci vuole la capacità di orizzontalizzare, di lavorare in squadra ed essere umi-li, che però è molto difficile, perché l’umiltà spesso manca. E ricordarsi che usare i nuovi media non vuol dire avere idee su di loro». Tra le al-tre osservazioni: la scelta vincente di Amazon di non costringere più il po-tenziale acquirente a registrarsi, così questi non si sente intrappolato; le gare per campagne pubblicitarie di-ventate lotterie, con troppe agenzie partecipanti; le aziende che diven-tano “verdi” all’improvviso, di cui Cremona sorride: è solo un’esca per i consumatori che lo richiedono, ma quanto a esserlo davvero...anche BP ha il logo ecologico! Molto meglio una campagna legata all’ambiente e non all’azienda. «La società italiana è basata sull’individualismo,-ha con-cluso Cremona -c’è bisogno di cam-biamenti. Manca la partecipazione ai valori, bisogna scrivere le regole e farle rispettare. Oggi per arricchire il nostro portfolio siamo persino di-sposti a lavorare gratis».

Insieme è meglio

L’intervento dei presidenti delle tre principali associazioni del comparto ha posto le basi per un rapporto più costruttivo negli anni futuri. Ha iniziato Beppe Facchetti di As-

sorel: «E’ giunto il momento di co-municare tra noi, di adottare una fe-derazione di filiera, non solo dal lato burocratico, ma che dia a noi tutti spazio e visibilità». E’ andato oltre Lorenzo Strona di Unicom: «Le no-stre tre associazioni rappresentano 450 imprese, hanno senso tre rappre-sentanze diverse? I soldi dei nostri associati possono essere usati meglio. Un conto è rappresentare un terzo del comparto, altro è rappresentarlo tut-to: bisogna azzerare e costituire una nuova realtà. Difficoltà? I personali-smi». Favorevole all’apertura Diego Masi, che ha proposto di partire con una federazione in Confindustria e d’iniziare col contratto collettivo.Per Ennio Lucarelli, vicepresidente vicario di Confindustria Servizi, l’uso spinto di Internet è il nuovo traguar-do, fondamentale per l’export. Necessario quindi l’aggiornamento professionale di oltre 100.000 addetti delle varie aree, inoltre «Gli imprenditori italiani, così capaci ad anticipare i trend in paesi affini al nostro, sono chiamati a una sfida globale per conquistare i mercati delle economie emergenti, in crescita tumultuosa anche sull’online, ma più difficili da raggiungere e tutti da scoprire. In Italia siamo agli inizi di questo fenomeno ma in netta crescita: più 18% la pubblicità in rete gennaio/agosto 2010 sullo stesso periodo del 2009, contro il 4,8% di crescita totale e oltre il 10% l’incidenza (nostre stime), quasi 900 milioni di euro di raccolta». Le nuove figure professionali devono lavorare sempre più con le tecnologie online per individuare i trend, studiando i comportamenti dei consumatori e analizzando i grandi basi dati contenuti. L’obiettivo è comunicare con i potenziali clienti in modo personalizzato e “a doppio senso”, come nel Web 2.0». no1 - 2011 - dm&c 11

La pubblicità in ItaliaVariazioni % gen-set 2010 sullo stesso periodo 2009 fonte: Nielsen

TV

-3,7

-7,3

Quotidiani

Periodici

Radio

Internet

Affissioni

Cinema

Totale

6,9

11,2

17,6

6,2

7,1

4,3

EDI

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Pochi ammetterebbero che la pro-pria personalità sia un problema. Ci si pensa poco, perché ci convivia-mo da sempre, è come l’orologio che portiamo al polso. Ci accorgiamo solo della sua mancanza. Il problema della nostra personalità si pone solo quando, in situazioni difficili, non ci aiuta come vorremmo.Come quelle di dover parlare in pub-blico, o in cui dobbiamo comunica-re, magari in stato di conflitto, con un superiore o una persona influen-te, o durante un esame, o quando vogliamo sostenere una tesi contro-versa.Cessata la tensione, però, ce ne di-mentichiamo subito, e talvolta lec-candoci le ferite ci diciamo: “Beh, poteva andar peggio. In fin dei conti sono fatto così, non posso farci nien-te. In ogni caso è passata”. E così finiamo per subire le pressio-ni degli eventi, senza accorgerci che questi ci cambiano a nostra insapu-ta e nostro malgrado. La chiamia-mo esperienza senza capire che l’e-sperienza è nelle cose che accadono dentro di noi, non fuori: di cui siamo consapevoli, che entrano a far par-

te del nostro patrimonio culturale. Quante volte una “lunga esperien-za”, non è che l’esperienza di una settimana ripetuta un numero infi-nito di volte.Quanti sostengono di aver girato il mondo, perché sono stati negli Ho-liday Inn dei cinque continenti? Tornando esattamente come erano partiti, salvo il possesso di innumere-voli fotografie da infliggere ad amici e conoscenti, in serate interminabili e narcotiche.Certamente la personalità sarebbe un problema minore, se almeno sa-pessimo definirla.

Chi siamo?

Cosa non facile, perché è un concet-to dinamico. Siamo quello che siamo stati, che siamo e che diventeremo. Ma ieri è passato e domani deve an-cora arrivare. Ed è contraddittoria: è ciò che credia-mo di essere, o ciò che gli altri credo-no che noi siamo?Quante volte siamo costretti a recita-re il copione che gli altri c’impongo-no? Mia moglie mi dice: “non sei più

Ugo Clima *

La nostra comunicazione è condizionata dalla no-stra personalità che è condizionata dagli accadi-menti della nostra vita, spesso non pilotabili da noi

Lavorare su noi stessi per rapportarci meglio con gli altri

Comunicare è vivere

Comunicazione

dm&c - no1 - 201112

-* Presidente Mercurio Misura.

Esperto di management, marketing e comunica-zione diretta, ha tenuto conferenze in numerosi congressi nazionali e internazionali, oltre ad aver diretto innumerevoli corsi di management per dirigenti e quadri

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l’uomo che avevo sposato”. Bella scoperta. È passata un’eternità. Ma lei pretende di essere ancora la donna che io avevo sposato.I nostri atti c’inseguono, ma quanto profondamente segnano la nostra personalità? Molti dimenticano che il termine “Personalità” indicava la maschera che nel mondo classico caratterizza-va i personaggi teatrali (per-sonare). Ed era quindi il mediatore della co-municazione fra l’attore ed il pub-blico. Siamo ciò che gli altri vedono di noi? Non c’è dubbio. Belli, brutti, alti, bassi, bianchi o neri, il nostro aspetto siamo noi.

Novità e continuità

È stato detto che dopo i trent’anni ognuno ha la faccia che si merita. A parte quelle cerebrali, sembra che ogni sette anni sostituiamo tutte le nostre cellule, eppure tra noi e lo sconosciuto che eravamo c’è una continuità sconcertante.Il nostro aspetto, ciò che mostriamo, è il vaso che contiene il nostro terre-no biologico: la nostra struttura fisi-ca, le caratteristiche bio-chimiche, la qualità della nostra salute, l’efficien-za del nostro metabolismo ecc.Così come, su un piano più meta-fisico, costituiscono la nostra per-sonalità i semi del nostro sviluppo, le attitudini innate, i nostri geni, le abilità naturali, le forme della nostra intelligenza. Il nostro potenziale inespresso.Un giorno, per caso, due gameti si sono incontrati, offrendo ai nostri genitori la prima, e talvolta l’unica soddisfazione. Si sono incontrati, ed hanno messo insieme il vaso, la terra e i semi. E ci hanno fatto nascere una prima volta: la nascita cellulare, che ci ha donato il nostro bagaglio gene-tico, precedendo di circa nove mesi la nascita fisica, quando abbiamo superato il trauma del parto e della respirazione polmonare.Ed infine, la terza nascita, quando abbiamo cominciato a percepire la

differenza tra noi e il mondo esterno. La nascita psicologica, con le prime carezze e le prime bastonate. Secondo tutti gli studiosi di scienze umane, le prime esperienze infantili hanno segnato indelebilmente la no-stra personalità. Come l’”imprinting” di Konrad Lo-renz, il nostro cervello ha immagaz-zinato le prime sensazioni, soprattut-to in termini di piacevole, spiacevole, caldo, freddo, dolce, amaro, permes-so, proibito, pericoloso, obbligatorio, desiderabile ecc.C’è qualche dubbio sul fatto che le nostre esperienze infantili abbiano influenzato indelebilmente la forma-zione della nostra personalità? Basta pensare ai primogeniti detronizzati, ai figli plurimi, al figlio unico. Perché mai un figlio unico dovrebbe rubare la cioccolata se gliene danno a barattoli?È più economico fare un capriccio. Nella sua famiglia sono rari i “non toccare” e numerosi i “non anda-re con quei ragazzacci”. Gli “studia sennò vai a lavorare” sono tipici del-le famiglie numerose. “Questi inse-gnanti non capiscono niente” sono frequenti quando il figlio è unico.Le prime esperienze sociali, che hanno convissuto per un pezzo con quelle familiari, hanno plasmato il nostro carattere spesso a nostra insa-puta. Eric Fromm ha detto che la maggiore occupazione dell’uomo è partorire se stesso. Infatti, il numero d’aborti è ragguardevole.È l’età dei bisogni d’appartenenza e di differenziazione. Il gruppo sociale diventa determinante.

Conformisti/anticonformisti

Per proclamare il proprio anticon-formismo, i giovani si vestono tutti uguali, si bucano e si tatuano allo stesso modo, mostrano l’orlo delle mutande che gli stilisti hanno tra-sformato in cinture del dottor Gi-baud e si ritrovano perfettamente conformati nell’ anticonformismo. no1 - 2011 - dm&c 13

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È il tempo della ricerca di se stessi. Ricordate il travaglio per decidere la nostra firma? Se lo svolazzo do-veva essere sopra o sotto? O come si sono originate le nostre posizio-ni politiche? O la nostra religione? Come abbiamo scelto la nostra scuola?Se siamo sinceri con noi stessi, dobbiamo ammettere che non ab-biamo deciso quasi niente: non il nome, la razza, il luogo di nascita, il ceto sociale, i nostri primi amici, il secolo nel quale nascere. Non abbiamo scelto nemmeno i nostri genitori, anche se poi abbia-mo finito per amarli.

Come abbiamo finito per amare il nostro nome, talvolta inflittoci dai nostri genitori in modo lietamente persecutorio, o il luogo, talvolta abo-minevole, dove siamo nati.

Le convinzioni fondamentali

Come ci ha magistralmente spiega-to Eric Berne, l’inventore dell’analisi transazionale, ognuno di noi ha vis-suto l’età durante la quale tutti erano più grandi di noi, più colti di noi, più bravi di noi. Quando ci dicevano “non ci riuscirai mai, sei un pasticcione, guarda tuo cugino com’è bravo”. Quando era-vamo sempre troppo piccoli per fare certe cose e troppo grandi per farne altre. Ed erano sempre quelle che ci piacevano di più.Berne ci dice che in questo periodo si sono formate le convinzioni fon-damentali della nostra vita. Quelle pessimistiche, che portano a dire di se stessi: “Io non sono nessuno, forse non valgo niente, ma gli altri non mi capiscono e quindi valgono anche meno di me”. O quelle compensato-rie, situate all’opposto, che come le prime ci complicano la vita. È facile constatare quanto raramen-te siamo in equilibrio con noi stessi e con gli altri. Fin da ragazzi, questi atteggiamenti hanno caratterizzato le nostre comunicazioni col prossi-mo, filtrando dai nostri discorsi e dai

nostri gesti senza che ce ne accorges-simo. E quando, da adulti, siamo en-trati nella meteorologia dell’esisten-za, pilotando il nostro guscio di noce nel sole e nella tempesta, col vento e la bonaccia, sotto la pioggia o con la siccità, l’idea che ci eravamo fatti del mondo ci ha accompagnato come un’ombra. E spesso ha rafforzato i nostri atteggiamenti iniziali. Se ne abbiamo voglia, ne possiamo trovare tracce evidenti nella qualità delle nostre comunicazioni col pros-simo.La nostra vita è stata un susseguirsi di avvenimenti, dominati dal caso, di cui abbiamo controllato solo una piccola parte.Non abbiamo determinato in nessun modo i grandi avvenimenti storici che abbiamo attraversato, non ab-biamo deciso noi chi sarebbe stato il nostro partner. Pensiamo a come abbiamo conosciu-to la persona con la quale condivi-diamo il letto. Anche il lavoro che facciamo l’abbia-mo scelto per caso, per l’imprevedi-bile gioco delle coincidenze, tanto che non ha quasi mai corrisposto ai nostri studi accademici.

La passeggiata dell’ubriaco

È duro accettare la casualità degli eventi, l’imprevedibilità della vita che, come dice il fisico Leonard Mlo-dinov nel suo splendido libro, è una “Passeggiata dell’ubriaco”.Così come è duro accettare il mar-chio che la nostra professione ci imprime, plasmando la nostra per-sonalità giorno dopo giorno, facen-doci diventare molto diversi da come avremmo potuto essere. Facendoci parlare in un modo molto diverso da come avremmo potuto esprimerci.Per cui un medico, o un avvocato, o un poliziotto finiscono per parlare un linguaggio spesso del tutto arbi-trario. E il medico, poiché trova che il cristallino dell’occhio sia troppo banale, lo fa diventare “cristàllino”, l’avvocato sente il dovere della cita-

Comunicazione

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zione latina e il poliziotto, per dire che un tale ha ammazzato qualcuno, si sente in dovere di dire che “il sog-getto ha posto in essere un’azione delittuosa”. Ci consideriamo arbitri della nostra vita e non ci accorgiamo di essere patetici.Quelli che non lo capiscono, cadono nella fabulazione, si raccontano del-le storie, ingannano se stessi.Ho sconfitto il cancro”, quando han-no solo trovato, per puro caso, un buon chirurgo.“Non l’ho fatto perché non ho avuto tempo”, quando ci si è fatti fagocita-re da una quantità di cose futili. “Gli altri me l’hanno impedito”, ve-dendo congiure dove non ci sono.Le persone equilibrate, non hanno paura di chiamare le cose col loro nome, anche quando sono spia-cevoli. Per le altre, l’attrazione per l’eufemismo diventa irresistibile. Il conformismo, cioè l’ipocrisia, trion-fa pienamente. Vedi le metafore del decesso.“È mancato”, “È scomparso”, “ Si è spento”, “Ci ha lasciato”, “Ci è sta-to rapito” “È tornato al Padre” e così via. La morte è probabilmente il con-cetto con il maggior numero di sino-nimi. Ma nella vita di tutti i giorni, il ricorso agli eufemismi supera spesso il ridicolo. Perché un sordo dovrebbe sopportare meglio la sua infermità se viene chiamato “non udente”, an-che se non lo saprà mai perché non ci sente?

Affiora la personalità

È immaginabile che mentre il turpi-loquio, con la sua esplicita brutalità, imperversa alla televisione e tra le fanciulle in fiore, un handicappa-to debba sentirsi più felice se viene chiamato “diversamente abile” e non si senta invece preso per i fon-delli?Sono solo pochi esempi di come la nostra personalità affiori, quando comunichiamo con il nostro prossi-mo. Cioè sempre. Perché comunica-

re è vivere.Il nostro linguaggio ci tradisce tanto più spesso, quanto più siamo sotto stress, come in pubblico o in situa-zioni di conflitto. Ma questo del linguaggio e dei suoi accessori non verbali sarebbe un ar-gomento da approfondire in altra occasione, perché la casistica è am-pia e ci sono più cose da evitare che precetti da seguire. A cominciare dai luoghi comuni, le frasi fatte, le espressioni che diven-tano di moda perchè permettono di non pensare, per cui ogni problema è sempre affrontato a “360 gradi”, si cita il “territorio” per indicare la gente che ci vive sopra, e quando si vuole rievocare qualcosa, immanca-bilmente la si “rivisita” come se fosse una vecchia zia. Per non parlare del “di tutto”,che ormai non sussiste se non abbinato al “di più”. O che l’I-talia, quando è citata da politici di ogni colore, diventati “questo pae-se”, con la “p” rigorosamente minu-scola, come se si trattasse di qualcosa che li riguarda marginalmente. Per non parlare delle comparsate delle attricette in televisione, che avvengono non perché pagate con inspiegabile prodigalità, ma solo per-ché danno “emozioni” e per “diver-timento”.

Migliorare la comunicazione

Ebbene, se vogliamo migliorare la nostra comunicazione, prima di pen-sare agli altri, ci conviene lavorare su noi stessi, pensare alla nostra perso-nalità e chiederci che tipi siamo, qual è il nostro lato migliore, e scegliere i mezzi più adatti per mostrarlo.O almeno, e spesso è più che suffi-ciente, imparare a nascondere i no-stri lati peggiori, che si manifestano nostro malgrado nel nostro linguag-gio e nel nostro modo di offrirci agli altri.E ricordarsi che, come ha detto qual-cuno, tutti gli uomini nascono come originali, ma la maggior parte muo-iono come copie. no1 - 2011 - dm&c 15

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Dopo molti studi, compresi i più recenti che si avvalgono delle neu-roscienze, di una cosa siamo certi e cioè che per procedere a un acquisto, scegliere un investimento ma anche prendere una decisione importan-te in ambito aziendale, ci affidiamo soprattutto all’intuizione, al buon senso, frutto della esperienza che è in grado di farci arrivare a decidere, in tempi comunque ridotti e utiliz-zando informazioni quasi sempre in-sufficienti.

Processi decisionali

Esistono numerosi studi sui proces-si decisionali e quasi tutti arrivano a una costatazione forse un po’ de-ludente ma indubbiamente vera: e cioè che il decisore non utilizza tutte le informazioni di cui dispone, non analizza tutte le alternative che co-nosce; non tiene conto di tutte le conseguenze possibili e, talvolta non gli sono nemmeno chiari gli stessi obiettivi e le preferenze cui orientar-si. L’ideale sarebbe che la qualità di una decisione dipendesse dalla comple-

tezza e affidabilità delle informazioni che si riesce a raccogliere, oltre che dalla capacità di elaborarle. Questo, però, è vero solo in astratto. In realtà le cose vanno diversamen-te. Le nostre “routine mentali” sono piuttosto difettose sia durante la rac-colta delle informazioni che nella fase della loro elaborazione.Il nostro cervello, in altri termini, adotta delle scorciatoie, utilizza del-le semplificazioni che spesso si rive-lano veri e propri trabocchetti, che gli inglesi definiscono con il termine “bias” (deviazioni). Per ragioni di spazio ci limitiamo a indicarli senza entrare nel merito: i presupposti riduttivi, l’attenzione selettiva, la memoria, le distorsioni della comunicazione, l’incompletez-za dell’informazione.

La razionalità delle scelte

Tutto ciò incide in modo evidente sulla razionalità delle scelte.D’altra parte, studi abbastanza recen-ti (Elliot, Damasio 1995) ci dicono che se separiamo “fisicamente” la ra-zionalità dalle emozioni, la raziona-

Ugo Perugini

È importante tener presenti tutte le informazio-ni razionali, è utile farsi guidare da suggerimenti emotivi, ma spesso chi decide è il “colpo d’occhio”

Per procedere a un acquisto o prendere una decisione: intuizione e buon senso

Compro o non compro

Marketing

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lità non viene più esercitata. Proviamo ad elencare in modo aset-tico i pro e i contro di ogni alternati-va, avvalendoci esclusivamente della razionalità. Ebbene, se fossimo in grado di farlo non sapremmo poi ordinare le pre-ferenze. E, considerato che le decisioni razio-nali sono derivate dalle preferenze e le preferenze, a loro volta, sono, per così dire, intrise di emozioni, allora è evidente che nella razionalità entra-no a pieno titolo anche le emozioni.

Cervello e cuore

Quindi, qualsiasi decisione è compo-sta di una parte razionale e una emo-tiva. Non c’è razionalità senza emo-zioni. E la componente emotiva non è per nulla secondaria perché, come abbiamo visto, le emozioni introdu-cono elementi di valutazione che : intuizione e buon sensoconsentono di prendere decisioni razionali. Superata la dicotomia razionale/irra-zionale, dobbiamo “accontentarci” di un’idea di razionalità che ingloba le categorie con cui interpretiamo il mondo e le attese che queste solle-citano, avvalendoci di tutti gli stru-menti procedurali ed espressivi di cui disponiamo. Consapevoli, purtroppo, che non

saremo mai in grado di “vedere” simulta-neamente tutte le in-formazioni, tutte le alternative, tutte le conseguenze, tutti gli obiettivi, ma che po-tremmo esplorarli se-quenzialmente, tra-scurando così facendo, sia per mancanza di informazioni o a causa dell’abitudine o di pre-sunzioni, cose essenzia-li.L’albero delle decisio-ni, le check-list pos-sono mettere ordine ai processi di analisi dei problemi ma spes-

so chi deve decidere non ha il tem-po materiale per svolgere in modo analitico l’intero percorso, l’analisi delle alternative, la previsione delle conseguenze, e nemmeno quello per chiedersi quali siano i reali obiettivi da soddisfare.E allora torna alla mente quello che dice lo studioso Piattelli Palmarini: “Quale cacciatore per quanto esperto di balistica, si metterebbe mai a cal-colare con carta e penna la traietto-ria del suo proiettile avendo di fronte un leone inferocito?

Basta saperlo

Il cacciatore, e noi con lui, preferisce azzardare una risposta al problema nel più breve tempo possibile, piut-tosto che essere sbranato dal proble-ma prima di aver trovato la risposta giusta. Ma quel “colpo d’occhio” mentale che ci rende quotidiana-mente tanti servigi è anche la fonte principale dei nostri errori. Anzi, in un numero frequentissimo di casi ci induce sistematicamente in errore senza che noi ne siamo consa-pevoli e, ciò che è più sconcertante, del tutto indipendentemente dal no-stro grado di istruzione o competen-za specifica”. Forse, basta saperlo! no1 - 2011 -dm&c 17

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Tecnicamente, le due notizie non sa-rebbero comparabili. La prima riguarda il Museo del Louvre e la sottoscrizione pubblica di un milione di euro lanciata via In-ternet per l’acquisto di una tela del 1531 di Lucas Cranach il Vecchio, in-titolata “Le tre grazie” messo in ven-dita da un privato francese a quattro milioni di euro. La seconda, la trattativa per l’acqui-sto, per cinque milioni di euro, di un fuoriclasse del calcio italiano. In ottica di comunicazione e di mar-keting le due notizie si assomigliano e inducono a più d’una riflessione: entrambe le news, infatti, compaio-no nello stesso giorno, nelle pagine dello stesso quotidiano e occupano il medesimo spazio. Diverse, ovviamente, le rubriche: cultura la prima, calcio la seconda. Segno forse che il quotidiano che le ha pubblicate reputa i suoi lettori ugualmente interessati alle due no-tizie? Vediamo più da vicino le due notizie.L’iniziativa di raccogliere fondi per aumentare le collezioni dei musei sti-molando il senso civico dei cittadini

che abbiano a cuore il patrimonio storico e culturale della Francia: con lo slogan “Tutti mecenati”, giornali e web (dunque una strategia di co-municazione simultaneamente tra-dizionale e on-line: www.troisgrace.fr) pubblicavano un appello popola-re invitando a sottoscrivere, secondo disponibilità e generosità individua-le, la somma di un milione di euro. Che aggiunti ai tre, messi a dispo-sizione dal primo museo di Pari-gi, avrebbe permesso l’acquisto di quell’opera considerata di fonda-mentale importanza.

Risposta all’appello

Con versamenti da uno a 40mila euro, e prima della scadenza, in cin-quemila hanno risposto all’appello: semplici cittadini, imprese francesi e straniere, professionisti. Grazie alla loro sensibilità, “Le tre grazie” andranno ad arricchire il pa-trimonio dei capolavori del Louvre. E molti visitatori potranno gustarse-lo con l’orgogliosa consapevolezza di aver ‘donato’ un pezzetto di quel prestigioso dipinto.

Pier Giorgio Cozzi *

Con una sottoscrizione su Internet il museo del Louvre raccoglie il milione di euro necessario per l’acquisto di un capolavoro di Lucas Cranach

Marketing museale e marketing sportivo

Web marketing per l’arte

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-* giornalista e docente di corporate communication

Lucas Cranach “Le tre grazie”

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Marketing museale

Da noi sull’arte e sul marketing mu-seale si disquisisce dottamente. Tut-ti discutono di Cultura (maiuscola d’obbligo). Di marketing museale, per fare solo due esempi (ma se an-date su Internet, alla voce museo, marketing trovate decine e decine di pagine), Franco Angeli ha pubblica-to (2009) un bel manuale di Fabrizio Baldassarre, “Il museo: organizzazio-ne, gestione, marketing”. E l’università di Milano Bicocca, ospita un corso dedicato a “Sociolo-gia e marketing dei musei”. Due casi in cui l’argomento museo e il marketing gestionale ad esso ap-plicato trovano consapevole appli-cazione e analizzano le positive rica-dute economico-sociali per l’impresa museo, per il territorio e per i suoi cittadini.Spesso però, nel nostro Paese questo dibattito sulla cultura conservata e visitabile (i musei) finisce per coin-volgere esclusivamente i ministeri dei Beni culturali (e dell’Istruzione) e la loro bolgetta, come dimostrato dalle recenti polemiche sui ‘tagli’ imposti a scuola e cultura dall’ultima manovra Finanziaria. Le cui conseguenze sono state: plu-rimi scioperi studenteschi, sestogra-disti segretari di partito impegnati a scalare tetti, alcuni episodi di fero-ce guerriglia urbana, numerose ro-venti interpellanze parlamentari, le immancabili raccolte di firme degli intellò de’ noantri, lenzuolate di ar-ticoli sui media, e persino un invito (ah, la moral suasion!) del Presidente della Repubblica a rivedere le deci-sioni poste in bilancio (budget, nella lingua del marketing). Come si vede, l’argomento del valore sociale dell’arte - e del sostegno do-vutole - è tutt’altro che lontano dalle nostre italiche menti. Tuttavia da noi il mecenatismo è pra-ticamente scomparso (paura dei con-trolli della Guardia di finanza?), e il marketing dell’arte non coinvolge come sarebbe auspicabile ministri e

ministeri istituzionalmente vocati a studiarne e applicarne con efficienza ed efficacia (e anche un po’ d’imma-ginazione) le strategie: defiscalizza-zione delle opere d’arte, per esempio; apertura decisa agli sponsor; gestio-ne affidata in esclusiva ai privati, per dirne alcune. E il peso della questio-ne dei beni culturali continua a ri-manere solo sulle spalle dello Stato.

Un modello esportabile?

Il modello francese, si chiede il gior-nalista dell’articolo, da noi avrebbe funzionato? “Difficile dirlo. Certo per comprare un centravanti alla Juve o pagare lo stipendio a Cassano è probabile che i tifosi di calcio si sa-rebbero mobilitati”. Non sembra però che tanta diffusa generosità si sia resa necessaria; nello stesso giorno, come detto, lo stesso giornale, con il titolo “Per Cassano al Milan mancano 5 milioni” informa i suoi lettori che il problema sono ap-punto i cinque milioni di euro (un milione di euro in più rispetto al dipinto di Cranach), da versare alla squadra proprietaria in cui milita il giocatore. Chi li sborsa? L’azionaria-to popolare diffuso? I tifosi qui come là gli amanti dell’arte? Non proprio. La soluzione è affidata semplicemen-te alla domanda e all’offerta: la squa-dra che vende (che riduce le sue pre-tese) e quella che compera. E all’atleta in questione, che si ri-duce iMarketing museale e marke-ting sportivol suo ingaggio Fine del problema. Che, riconosciamo, tec-nicamente appartiene al marketing sportivo (sponsorizzazione e via elencando). Eppure i due esempi hanno in co-mune gli stessi mezzi della “cassetta degli attrezzi di marketing”, come di-mostrano alcune parole chiave buo-ne per entrambi: pubblico, target, pubblicità, promozione, sponsoriz-zazione, gadgetting, diritti d’imma-gine, mass media, Internet, Roi… Che sia un problema di cultura (c ri-gorosamente minuscola)? no1 - 2011 - dm&c 19

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Esiste oggi sul mercato un gran nu-mero di risorse di notevole seniority, non solo anagrafica, che difficilmen-te riesce a trovare una collocazione di tipo tradizionale, ma che trova uguale, se non maggiore difficoltà, ad inserirsi con successo nei mercati della consulenza o in quello emer-gente del temporary management (di seguito TM), in quanto, pur aven-done le potenzialità, non offre un “prodotto” che il mercato sia dispo-sto ad acquistare.

Una pericolosa sindrome

Il rischio è la cosiddetta “sindrome da secondo pensionamento”, ov-vero un pesante senso di inutilità e frustrazione che colpisce il manager pensionato/pensionando che non ri-esce a trovare sbocchi in attività nuo-ve, e che perciò diviene pensionato, soprattutto emotivamente e psicolo-gicamente, una seconda volta.Il bacino potenziale di energie da preservare e rendere utile è ampio: basta applicare la cosiddetta “regola (inglese) del 50/50”, secondo cui un manager di oltre 50 anni che guada-

gni più di 50.000 sterline annue è uno dei primi obiettivi di qualsiasi programma di riduzione costi, rior-ganizzazione o ristrutturazione. Considerando poi l’aumento della longevità intellettuale ed operativa dei manager (anche solo fino a 65 anni), ecco che sul mercato si riversa, e si riverserà in maniera crescente, una quantità significativa di cono-scenza e di voglia di fare da incanala-re correttamente e salvaguardare.Anche i dati demografici sono pre-occupanti: nei prossimi anni, infatti, la popolazione over 60 aumenterà di oltre 3,5 milioni di unità.

Discontinuità personale

Oggi però un gran numero di mana-ger arriva impreparato ad affrontare questa grande discontinuità perso-nale: in troppi iniziano a muoversi solamente qualche mese prima di andare in pensione, o, peggio, qual-che settimana prima di dover for-zosamente lasciare l’azienda, con la profonda convinzione che il pedi-gree acquisito sia sufficiente per un loro immediato riutilizzo.

Maurizio Quarta

Recuperare le professionalità over 50. Molti sono coloro che si trovano impreparati a situazioni di prepensionamento. Bisogna prepararsi in tempo

Managing Partner, Temporary Management & Capital Advisors

Secondopensionamento

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-Per approfondimenti www.temporary-management.com

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Quanto detto porta a riflettere su un punto particolarmente delicato e sensibile a livello personale: esse-re stati “lasciati a casa” non è in sè un elemento indicativo del fatto di essere un cattivo manager, ed è ca-pitato a molti di essere stati espul-si dal sistema produttivo per motivi totalmente slegati dalla qualità del proprio lavoro.

Licenziati dentro

E’ il modo in cui viene vissuto e metabolizzato un fatto comunque traumatico che crea la differenza e le premesse per una rinascita professio-nale: quello che conta veramente è non sentirsi “licenziati dentro”!Come far sì che risorse di qualità non vadano disperse, ma diventino appe-tibili per le imprese? Ci sono sostanzialmente due modi di guardare al fenomeno e alla sua soluzione: uno mirato alla ricolloca-zione tout court del maggior numero possibile di manager, agendo su leve di natura economica e finanziaria (sgravi contributivi, finanziamento per interventi di temporary mana-gement e consulenza nelle PMI); un secondo improntato a concreto prag-matismo, secondo cui il driver prin-cipale è costituito dal mercato, sulle cui esigenze va costruito un conse-guente programma di riconversione e di re-skilling. Parlando di TM, è possibile ricono-scere, nel grosso bacino costante-mente alimentato da manager in fine carriera, manager in pensione, e manager di prossima espulsione dal sistema produttivo, tre categorie:• chi può intraprendere una nuova professione da subito senza grosse difficoltà di riposizionamento (pochi)• chi ha le potenzialità, ma necessita di un indirizzamento di base, di una preparazione preliminare e di un raf-forzamento di determinate compe-tenze (la popolazione più vasta)• chi non potrà mai farlo (pochi).A livello di sistema economico un

approccio pragmatico dovrebbe partire dal-la considerazione di dare priorità a quelle risorse più facilmente ed immediatamente riconvertibili in fun-zione dei bisogni del mercato (la prima ca-tegoria).E’ però solo lavoran-do bene sulla seconda categoria che si può ottenere un impatto sociale più ampio ed efficace e sviluppare capitale sociale attra-verso la costituzione e la riproduzione di relazioni sociali dure-voli, costruire anche un modello di successo replicabile.

Operare per tempo

Perchè ciò avvenga è necessario ope-rare per tempo sui manager “a ri-schio”, per evitare che essi arrivino tardi e impreparati alla decisione di intraprendere una professione alter-nativa, con la conseguenza o di spre-care tempo ed energie per entrare in un mercato le cui barriere all’ingres-so non saranno comunque in grado di superare, oppure di dover affron-tare un lungo periodo di gestazione prima di riuscire ad essere operativi. Ciò va fatto a diversi livelli:•quello personale, in quanto il ma-nager deve farsi parte attiva nel pre-disporre un sistema individuale di salvaguardia della propria rivendibi-lità personale•quello aziendale, in cui l’azienda, nell’ambito del più ampio tema della responsabilità etico-sociale, diventa parte attiva nella definizione di un piano di scivolamento soft verso la pensione o verso un’uscita anticipata•quello del sistema economico, che deve porre in essere una serie di mec-canismi tali da rendere più facile la soluzione del problema ai due livelli precedenti. no1 - 2011 - dm&c 21

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Mario Silvano *

“Follia è fare sempre la stessa cosa aspettan-dosi risultati diversi.” (Albert Einstein)

Qualche consiglio, molte cose da meditare

Come rilanciare l’attività di vendita

Marketing

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Due strategie per il 20111) Ricercare e acquisire nuovi Clienti2) Recuperare i Clienti inattivi

OTTO RAGIONI PER ADOTTARE LE DUE STRATEGIE

1) Il numero di nuove aperture di Aziende è aumentato (385.000) rispetto alle attività chiuse o cessate (350.000). Fonte: TG2 - 8 gennaio 20012) La domanda è in calando.3) La pressione della concorrenza si è intensificata (la politica dei prezzi).4) Il mercato è cambiato.5) Anche il Cliente è cambiato (più esigente e meno fedele).6) Il Venditore, in passato, grazie alla forte domanda (ora non più) si è abituato (routine) a visitare prevalentemente i Clienti attivi.7) Occorre reimparare a vendere per superare le sfide, non limitandosi a visitare i Clienti attivi ma gestendo il tempo di vendita.8) I compratori sono sempre più preparati.

OCCORRE REIMPARARE, AD ESEMPIO, A SUPERARE MEGLIOALCUNI DI QUESTI “NO”: • No per ora • No al vostro prezzo • No ho già i miei fornitori • No non conosco la vostra Azienda • No ho già conosciuto la vostra Azienda

*Consulente Formatore.Autore del libro“Coaching per ilTeam di vendita”Edito da Il Sole 24 Ore

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1. Benchmarking (La confrontazione)

“Qualunque cosa i miei colleghi fac-ciano meglio, m’impegneròper farla almeno altrettanto bene”.“Non tutti conoscono l’esistenza di prassi migliori di gruppiomogenei ritenendo che il proprio modo di fare èindiscutibilmente il migliore”.“Cambiare è riuscire. Il modo miglio-re per promuovere uncambiamento efficace e veloce sta nell’imparare dall’esperienzaaltrui” (Socrate)“L’esame di sé non è possibile se non in stretta congiunzionecon l’esame degli altri. Apprendimento di sé: insieme con gli altri, S’impara gli uni dagli altri” (Socrate)“Il vero principio nessuno te lo può dare: dobbiamo scoprirloattraverso una percezione diretta” (J. Krishnamurti)“Cerca di vedere come rispondi e poi confrontati con un tuosimile domandandoti cosa ritrai di utile per te, per la tua pratica -consapevoli del nostro rapporto con gli altri” (J. Krishnamurti)

2. Team Coaching (Autogestito)

“Si tratta di aiutare il venditore ad aiutare se stesso, grazie aun’interazione dinamica - non si basa su un flussounidirezionale di istruzioni” (Max Landsberg, Il Tao del Coaching)“Sbloccare il potenziale di una perso-na per massimizzarne leprestazioni non insegnando, ma aiutando ad imparare” (Tomothy Gallwey, nelle parole di Sir John Whitmore).Il Coach non fornisce le risposte, sti-mola le persone a trovarequelle risposte che già esistono dentro di noi.

3. Sales Visual

Che cosa è e a che cosa serve.Il “Sales Visual” è uno strumento di vendita in fase di approccio.Serve a sollevare indicazioni di inte-resse da parte del Cliente. Serve a parlare dei suoi bisogni e non di “chi siamo, dove siamo, cosa fac-ciamo”.Poche parole, grandi titoli.Il Cliente: “Ascolto e mi distraggo, vedo e mi interesso” no1 - 2011 - dm&c 23

E REIMPARARE, CON L’ADOZIONE DI UN METODO DILAVORO:• Come telefonare per fissare un appuntamento.• Come superare i filtri e “puntare” su chi decide.• Come contattare in modo diverso il Cliente in fase di approccio (prima visita).• Come utilizzare un nuovo strumento in fase di approccio (il sales visual).• Come chiedere in modo diverso i nominativi “Referal”.

IL MIGLIOR METODO PER REIMPARARE A VENDERE È OCCUPARSI CON METODO:• Dei Nuovi Clienti (da attivare)• Dei Clienti Inattivi o persi (da recuperare)

Un progetto originale di consulenzaideato e sperimentato da Mario Silvano

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Il 10 Aprile 2011 si terrà l’XI edizione della Milano City Marathon.Per il secondo anno consecutivo, in-sieme con la gara di 42 km partirà il Charity Program, un progetto be-nefico che permette a tutti i runner che partecipano, sia alla maratona individuale che alla staffetta, di cor-rere per un’organizzazione no profit devolvendo metà della quota di iscri-zione ad una specifica causa sociale.Sostenendo il programma si diventa ambasciatori della no profit scelta e si corre con il suo logo sul pettorale.Rcs Gazzetta dello Sport e il Comi-tato Organizzatore della Milano City Marathon hanno deciso di offrire alle Organizzazioni partner e a tutti i partecipanti alla gara uno strumen-to innovativo per la raccolta fondi: www.iodono.comIodono.com è il primo portale in Ita-lia di Personal Fundraising. Attraver-so iodono.com chiunque lo desideri, per una qualsiasi occasione, potrà raccogliere fondi per le organizza-zioni preferite coinvolgendo amici, familiari, colleghi…Gli iscritti alla gara individuale e i team che corrono la staffetta, po-

tranno utilizzare il portale per:- acquistare i pettorali direttamente online;- chiedere ad amici e familiari di farsi sponsorizzare la partecipazione alla gara, attraverso la donazione alla propria pagina di personal fundrai-sing;- effettuare una donazione diretta-mente ad un’Organizzazione no pro-fit, l’ideale per chi vuole partecipare moralmente alla maratona!

Da dove nasce l’idea di fare rac-colta fondi attraverso il perso-nal fundraising abbinato ad un evento sportivo?

Il format del Charity Program abbi-nato ad un evento podistico si rifà ad un modello anglosassone che vanta risultati strabilianti da oltre 30 anni: la London City Marathon, il più grande evento benefico del mondo.Nei suoi 30 anni di storia la Marato-na londinese ha potuto raccogliere oltre 550 milioni di euro attraverso il Personal fundraising. Il portale di riferimento per il perso-nal fundraising inglese è Just Giving;

Laura Patrito Silva

Rifacendosi alla London City Marathon, il più grande evento benefico del mondo, Iodono.com e la Milano City Marathon insieme per fare cultura della donazione

Un moderno strumento digitale per raccogliere fondi

Una corsa per donare

Comunicazione

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attraverso di esso la scorsa edizione della London Marathon ha raccolto più di 26 milioni di euro per oltre 8.000 Organizzazioni no profit. La piattaforma di personal fundrai-sing dello sponsor ufficiale della ma-ratona, Virgin Money Giving, nata nell’ottobre 2009, in soli 6 mesi ha raccolto 11 milioni di euro.I dati confermano che l’80% dei run-ners partecipanti alla gara londinese ha aperto una pagina di raccolta fon-di.

Perché funziona il Personal Fundraising?

Nell’era del web 2.0 e dei social net-work non ci si può permettere di non essere digitalizzati. Le opportunità che la rete ci offre sono innumere-voli e vanno colte per essere al passo con i tempi, per arrivare ovunque e per farsi conoscere da tutti.I portali di personal fundraising sono “incubatori” di competenze e garan-zie relative alla raccolta fondi, messe a disposizione di privati, aziende e Organizzazioni no profit.Grazie a questi portali si crea cultu-ra del fundraising e si eleva il livello di fiducia delle persone all’atto della donazione.Il fatto che un forte numero di Or-ganizzazioni aderisca ad un portale di raccolta fondi è una garanzia di affidabilità.Il successo di Facebook e dei social network risiede in una compulsiva richiesta di visibilità e di protagoni-smo da parte della società.I portali di personal fundraising rap-presentano un’ulteriore “vetrina” che permette di essere trovati con maggiore facilità, di farsi vedere, co-noscere e di conquistare l’ennesima parte del web (attraverso la propria pagina personale).Non da ultimo va considerata l’im-portanza e la tendenza oggi, di un impegno nel sociale. Portali quali www.iodono.com permettono di va-lorizzare il proprio impegno sociale rendendolo evidente e pubblico e

trasformandolo in punto di forza nella relazione con il prossimo.

E in Italia?

Noi italiani siamo grandi donatori, siamo generosi, ma spesso diffidenti, e soprattutto riservati.Le donazioni ad enti benefici rientra-no tutt’oggi in una sfera privata, che non va sbandierata.Ed è qui che sbagliamo. Se solo sapessimo metterci più in gioco e coinvolgere i co-noscenti, gli amici, i familiari, potremmo allargare il cerchio e portare contributi maggiori alle Orga-nizzazioni che già sosteniamo.Questo inoltre per-metterebbe di creare cultura del fundrai-sing e di elevare il li-vello di fiducia delle persone al momento del donare. Avere un amico che fa da “ga-rante” permette di fidarsi maggior-mente non solo dell’Organizzazione alla quale si sta donando, ma anche dello strumento web che si sta utiliz-zando.La speranza è che manifestazioni di eccellenza quali la Maratona di Mi-lano vengano prese ad esempio da tutti, poiché solo grazie ad iniziati-ve come queste si potrà fare cultura della donazione e sensibilizzare un sempre maggior numero di persone facendo comprender loro l’impor-tanza che ognuno di noi faccia la sua parte e “allarghi il cerchio”. no1 - 2011 - dm&c 25

Foto di Annabella Pascale

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Si è tenuto a Las Vegas il tradizionale Consumer Electronics Show (CES) - il più importante appuntamento an-nuale dedicato all’elettronica di con-sumo - dove oltre ad essere presentati i prodotti che saranno “di tendenza”, viene data alle aziende protagoniste del settore anche la possibilità di for-nire indicazioni sulle loro strategie tecnologiche e commerciali di breve e medio termine.

Un messaggio dal CES

E quest’anno il messaggio giunto dal CES è stato molto chiaro: nel 2011, oltre agli smartphone di quarta gene-razione, saranno soprattutto i “tablet computer” a invadere il mercato. Sull’onda del successo dell’iPad, gli analisti prevedono infatti che nei prossimi dodici mesi di queste tavo-lette tattili, che consentono a chi le utilizza di operare muovendo sempli-cemente le dita sui loro schermi, ne verranno proposti decine di modelli di ogni forma e dimensione, e ne sa-ranno vendute fino a 60 milioni.I tablet e gli smartphone non pos-sono quindi più essere considerati

prodotti di nicchia, e gli analisti non hanno dubbi: entro i prossimi due anni le loro vendite cumulative po-trebbero superare quelle dei PC. Un’evoluzione di cui si è resa conto anche la Microsoft che ha annun-ciato, proprio al CES di Las Vegas, di aver “quasi divorziato” dall’Intel, dopo un connubio esclusivo dura-to una trentina di anni. Le prossi-me versioni del sistema operativo Windows, il cui arrivo è previsto nel 2012, saranno quindi compatibili non solo con i chip Intel, ma anche con quelli dell’inglese ARM, i quali, a causa delle dimensioni ridotte e dei consumi più contenuti rispetto a quelli degli analoghi chip Atom della Intel, meglio si adattano a essere usa-ti nei nuovi dispositivi “ultraportati-li”. Insomma Microsoft, dopo averlo trascurato, si è resa conto dell’impor-tanza che il mercato dei tablet e degli smartphone, nel quale è in pratica quasi assente, avrà nel futuro.Ma ora qualche lettore di queste note avrà incominciato a chiedersi che re-lazione vi sia tra il Cloud Computing del titolo, di cui abbiamo parlato in ABC qualche tempo fa, e la “rivolu-

Carlo Cremona

La rivoluzione della mobilità: non solo prodotti di tendenza ma strategie tecnologiche e commerciali che metteranno in secondo piano i personal computer

ABC Internet

Tablet, Smartphone e Cloud Computing

Comunicazione

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zione della mobilità”.Eppure si tratta di una relazione ab-bastanza evidente. Se il futuro del-la Rete è “nomade”, in pochi anni la maggior parte degli accessi avrà luogo utilizzando dispositivi mobili più semplici e leggeri di un portati-le o di un netbook, proprio come gli smartphone e i tablet, i quali hanno tuttavia un “difetto”: quello di pos-sedere una capacità di archiviazione dati piuttosto limitata.

Capacità di memoria

A tutt‘oggi gli smartphone di taglia maggiore non superano infatti i 32 GigaByte, mentre le tavolette arri-vano al massimo a 64. Capacità che potranno anche aumentare, ma non più di tanto, se non se ne vuole sna-turare la “filosofia”, che è più quella del super terminale che del Pc. Un super terminale progettato per inserirsi in infrastrutture che do-vranno consentire, a chi ne fa uso, di ignorare, come si fa per l’acqua o per l’energia elettrica, dove le loro ri-sorse sono dislocate e come vengono rese disponibili. Inoltre le applica-zioni per tali dispositivi, le cosiddet-te “web application”, che si stanno ormai sviluppando a tutto ritmo, sa-ranno sempre più potenti e sofistica-te, per cui diventerà difficile gestirle, assieme ai loro dati, in spazi di me-moria limitati. Per cui non solo i pos-sessori delle versioni base di queste apparecchiature si renderanno conto che è proprio il Cloud Computing la modalità che meglio si presta al loro impiego. Anche perché, se le applica-zioni non risiederanno più sul Pc ma nella “nuvola” Internet, disporre di un sistema operativo super accesso-riato diventerà sempre meno impor-tante. Ed ecco che gli smartphone e i tablet si trasformeranno in una sor-ta di rubinetti capaci di far sgorgare dati e applicazioni archiviati da qual-che parte su una “nuvola”: di fatto su schiere di server appartenenti al cielo della Rete. E a questo punto chiun-que disponga di un’apparecchiatura

in grado di col-legarsi al Web, potrà accedere a questa “nuvo-la” per utilizza-re i servizi di cui ha bisogno.Con un ulte-riore notevole vantaggio, perché le applicazioni e i servizi arriveranno sui terminali già pronti per l’uso e non sarà più neces-sario installarli e preoccuparsi della loro manutenzione. Le versioni dei software impiegati saranno sempre quelle più recenti, e non ci si dovrà nemmeno più proteggere dai virus o dallo spam, perché il loro filtrag-gio sarà eseguito direttamente dai fornitori dei servizi, e si adeguerà in tempo reale alle eventuali nuove mi-nacce.

Ma chi teme la “nuvola”?

Ed ecco che delle idee, che fino a non molto tempo fa potevano sembrare velleitarie, si stanno invece rivelan-do realizzabili, perché non solo la Rete e le tecnologie necessarie sono ormai mature, ma anche il mercato sembra essere pronto ad accoglierle. I timori riguardanti la rinuncia, da parte degli utenti del Cloud Compu-ting, circa la possibilità di esercitare un controllo diretto sui loro dati, si stanno infatti ridimensionando.Questi timori, che in prima battuta potevano apparire ragionevoli, e che qualcuno ha riassunto nella doman-da: “Ha senso affidare i propri dati, anche quelli più sensibili, a una terza parte, con il rischio di non poterne rientrare in possesso quando e come si vuole o, ancora peggio, col rischio che altri vi possano accedere all’in-saputa dei loro legittimi proprieta-ri?”, non resistono a una riflessione più approfondita, e per un motivo in fondo banale, e cioè che questa pri-vazione del controllo diretto sui dati non è poi una grande novità.A livello aziendale, l’outsourcing, che consiste nell’affidare a un for- no1 - 2011 - dm&c 27

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nitore esterno di servizi - anche, ma non solo informatici - attività diret-tamente connesse con la gestione dell’impresa, per motivazioni di va-rio genere, ma di solito basate sul principio che “è preferibile far fare ad altri le cose che sanno fare meglio di noi”, è una soluzione che conti-nua a godere di un grande favore, e ha conosciuto un grande sviluppo nel corso degli ultimi 15-20 anni. Una soluzione che, se ben gestita e affidata a operatori specializzati e professionali, non solo è in grado di garantire un’efficiente esecuzione delle attività esternalizzate, ma non ha quasi mai dato origine a gravi inconvenienti, ma che anzi è stata spesso considerata una scelta neces-saria alla sopravvivenza sul mercato delle imprese, indipendentemente dal tipo d’industria o dalle loro di-mensioni.

Una evoluzione

Da queste considerazioni appa-re evidente che il Cloud Compu-ting non è altro che un’evoluzione dell’outsourcing, e pertanto è in questi termini che deve essere in de-finitiva considerato. Certamente la perdita di controllo diretto sui dati non si può negare, e nemmeno l’esi-stenza del rischio di dover dipendere dallo specifico fornitore dei servizi, ma si tratta di pericoli che non sono diversi da quelli cui le aziende sono già abituate da tempo, quindi non ha molto senso demonizzare una so-luzione che può sicuramente offrire grandi vantaggi all’IT aziendale.Se poi passiamo dalle utenze tipica-mente aziendali a quelle che posso-no essere definite “miste” (sia azien-dali sia private), a supporto della tesi della “non demonizzazione” del Cloud Computing esistono molti al-tri esempi, uno dei più convincenti dei quali è, a mio avviso, quello ri-guardante la posta elettronica: un servizio - a tutti gli effetti di tipo Cloud - enormemente diffuso. Forse non tutti sanno che, global-

mente, i servizi Hotmail di Micro-soft, Gmail di Google e Yahoo!Mail contano alla data 700 milioni di utenti - vale a dire un terzo di tut-ti gli utilizzatori della Rete - e che il loro numero sta ancora crescendo a un tasso annuo del 15%, per cui po-trebbe, teoricamente raggiungere il miliardo nel giro di tre anni.

Crescita costante

O che dire di Skype, leader delle ap-plicazioni Voip (Voice Over Ip), che ha recentemente stabilito un nuovo record, quello degli utenti contem-poraneamente connessi ed attivi in telefonate o chat: ben 27 milioni, un numero che conferma la crescita co-stante del servizio, conseguenza tra l’altro della moltiplicazione dei di-spositivi utilizzabili. Ora Skipe consente infatti di effet-tuare telefonate gratuite e chiamate video anche tra cellulari connessi alla Rete via wi-fi. Inoltre nel solo 2010, i minuti di conversazione regi-strati su Skype hanno superato i 100 miliardi. Mentre la recente interru-zione del servizio, durata alcune ore, non sembra abbia avuto effetti nega-tivi sulla sua immagine. Ma anche facendo riferimento alle attività di tutti i giorni, queste considerazioni non cambiano. Ormai quasi nessuno nasconde più i propri soldi nel ma-terasso, preferendo rivolgersi ad una o più banche, senza nemmeno porsi il problema di che cosa potrebbe ac-cadere se queste non fossero più in grado di restituirli. E ciò è vero an-che per i dati sui nostri redditi che passiamo ai commercialisti o le in-formazioni sulla nostra salute che affidiamo ai medici.Quello che non bisogna evidentemente fare è fidarsi ciecamente. Cosa portare e cosa non portare sulla “nuvola”, così come la scelta del fornitore, dipendono dagli obiettivi dell’operazione. Tenendo comunque presente che la causa dei problemi quasi sempre non sta ne-gli strumenti o nelle tecnologie, ma nell’uso che ne viene fatto.

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Lo scorso ottobre è stato inaugurato a Dubai il Ferrari World Abu Dhabi, il parco a tema destinato a diventare una meta per gli appassionati di mo-tori, nonché vetrina internazionale dell’Italia dato che una delle attra-zioni è un percorso simulato in cui si segue in volo una Ferrari che viaggia per l’Italia. Il prossimo aprile invece aprirà in Valmontone, nelle vicinanze di Roma, Rainbow Magicland, un nuo-vo parco a tema con un numero di visitatori che si prevede sarà di tre milioni all’anno, comparabile quin-di ai piú grandi parchi a tema in Eu-ropa. Sempre vicino a Roma nel 2011 inizieranno i lavori per Cinecittà World, un parco a tema cinema-tografico sullo stile di Universal in Florida e basato sulla scenografia del film “Ben Hur” e sui film di Fellini. Alcune attrattive saranno accessibili dal 2012, ma i lavori saranno com-pletati entro il 2014 con l’obiettivo di portare quattro milioni di turisti all’anno in questa zona. A fare da corollario vi saranno altri due parchi con scopo internaziona-

le: Cinecittá World 2 e Cinecittà Nature, con tema ecologico. Chi si trova nella ca-pitale già ora puo vi-sitare invece il nuovo parco marino di Zoo-marine a Torvaianica, con acquari, scivoli ad acqua e montagne rus-se (oggi più note come roller coasters).

Continua evoluzione

Il settore dei parchi inoltre è in continua evoluzione alimentato da nuove tecnologie studiate per aumenta-re le emozioni dei vi-sitatori, da successi cinematografici che vengono riposizionati in giostre (come i classici Back to The Future, Finding Nemo al più recente Harry Potter Park,) e da aree urbane deca-dute che vengono rilanciate attraver-so strutture di divertimento. Negli ultimi anni anche le zone scii- no1 - 2011 - dm&c 29

Domenico Matarazzo

Adesso in Italia boom di parchi a tema per an-dare a colmare una lacuna. Anche per i direct marketer è tempo di dar sfogo alla fantasia

Dal nostro corrispondente negli Stati Uniti

Il business del divertimento

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stiche a corto di neve per le tempera-ture più calde stanno riconvertendo le proprie strutture in spazi con gio-stre, piste di pattinaggio a rotelle e campi da golf. Non si tratta di un’ overdose di par-chi ma di un gap che l’Italia sta len-tamente colmando rispetto ad altri paesi. La nuova offerta non solo rallegrerà milioni di individui, ma farà piacere anche ai direct marketers dato che i parchi hanno una presenza importante in ogni forma di comunicazione. La prima buona notizia è che il setto-re è meno sensibile alle crisi. Secondo i dati SIAE in Italia nel 2009, in piena crisi economica, si erano venduti 500 mila biglietti d’ingresso in più rispetto all’anno precedente. Nei grandi parchi a tema di Orlando o della California, la crisi si è avver-tita di più ma ciò è dovuto al fatto che queste sono mete di turisti che vengono da ogni parte del mondo e il loro afflusso è più soggetto ai pe-riodi di crisi.

Di fatto le famiglie che non sono andate ai vari Disney World o Uni-versal non hanno rinunciato com-pletamente al divertimento, ma sem-plicemente hanno optato per parchi a carattere locale.

Budget importanti

I budget pubblicitari in questo setto-re sono di tutto rispetto. La tabella riporta i dati del 2004 ov-vero un periodo in condizioni non di crisi, per dare un’idea più realisti-ca del mercato. Soprattutto le nuove strutture tendono a privilegiare il di-rect mail. Quando The Blackstone Group apri le porte di Aquatica ad esempio, oggi uno degli acquapark piú grandi al mondo, nel 2008 comunicò l’aper-tura ai potenziali visitatori attraver-so cartoline di dimensioni irregolari e patinate a tema marino per creare maggiore impatto. Sul retro di ogni cartolina gli utenti venivano invitati ad andare su In-ternet per aggiornare online i propri

Comunicazione

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dati personali e indicare le attrazioni preferite. Queste informazioni an-davano ad arricchire il database giá esistente di SeaWorld (l’altro parco del gruppo) consentendo quindi ai responsabili marketing di effettua-re promozioni mirate e premiare i clienti più fedeli durante l’intero anno.

Messaggi da collezione

Stessa creativitá promozionale viene usata da DisneyWorld con messaggi postali da collezione visto che han-no il formato del castello incantato. A rendere più attraente la comunica-zione è il fatto che i parchi hanno a disposizione testimonials già noti e disponibili a piacimento. Dall’orca marina Shamu di SeaWorld ai personaggi della Marvel agli eroi in 3D di Toy Stories. In Italia il parco Oltremare di Riccio-ne attraverso l’agenzia Ad Store, ad esempio, utilizza il delfino Ulisse in una comunicazione a 360° che in-clude stampa, promozioni e varie attivitá di co-marketing e co-bran-ding (come la partnership con Du-four) con l’obiettivo di raggiungere il grande pubblico delle famiglie e dei bambini. Gli stessi personaggi sono poi ogget-to di contratti in licensing il cui vo-lume d’affari è ben superiore ai dieci miliardi di dollari all’anno. I parchi a tema offrono anche lezio-ni di management che sono state al centro di libri di successo, come “The Disney Way” o “Whale Done! The Power of Positive Relationships” scritto da Kenneth Blanchard.

Migliorare le relazioni

In questo libro un manager illustra come è riuscito a migliorare la per-formance dei suoi collaboratori e le relazioni familiari dopo aver studiato il modo in cui viene addestrata l’orca Shamu a SeaWorld.Dove ci sono parchi di divertimento vi sono anche grandi alberghi e que-

sti negli ultimi anni hanno puntato su sale congressi per attirare l’utenza affari nei periodi di bassa stagione e mantenere quindi occupate le stan-ze. Kalahari Resort Sandusky nell’Ohio è un acquapark tra i più visitati ne-gli Stati Uniti. Per la sua posizione geografica a cavallo tra diverse città e la composizione demografica, la cittadina è anche un punto di riferi-mento statistico per quanto riguarda i trends macroeconomici. Il complesso di recente ha aggiun-to un centro congressi basato sulla cultura africana e include sia saloni tradizionali (con decor che richiama il continente africano), sia capanne tradizionali africane o “hut”.

Stimolare la creatività

Queste ultime sono studiate per le aziende che vogliono stimolare il team building e la creatività degli individui, due caratteristiche oggi ritenute essenziali per mantenere la competitività di un’azienda. Gli “hut” facilitano la creatività ren-dendo i meeting più informali e dan-do un senso di avventura. Per lo stesso motivo sono organizzati giochi nell’acquapark, lezioni di surf, mini-tornei sportivi. Attualmente il rapporto turismo affari/leisure è 20/80 durante l’estate. Fuori stagio-ne il rapporto è 60/40. La regola più importante da seguire a detta dei re-sponsabili, è di mantenere nettamen-te separata l’area congressi dall’ac-quapark.Al Kalahari in particolare una segna-letica piut-tosto rigo-rosa avverte che è vie-tato entra-re nell’area congressi... indossando soltano il costume.

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In un mercato che stenta a ripren-dere un passo di marcia che possa dar soddisfazione a tutti coloro che vi operano, sia nella parte dei con-sumatori sia in quella dei fornitori, non è difficile assistere a situazioni che a volte rasentano la schizofrenia.Creare un contatto professionale è difficile, mantenerlo è ancora più difficile. Chi ha l’opportunità di intravedere un lavoro, per paura di trovarsi in-torno qualcuno che gli può insidiare la sua posizione, si dichiara abile e capace di fare tutto.Il cliente, per converso, alla ricerca di un risultato che tenda (giustamente) al massimo, richiede alte professio-nalità per ogni aspetto della presta-zione.Ecco allora che chi intende rincor-rere il giusto equilibrio e la reciproca soddisfazione, deve prestare atten-zione ad una formula che, almeno a parole, ha trovato un buon successo negli scritti e nei commenti di molti “esperti” : fare sistema.Cosa vuol dire fare sistema? Partendo dal presupposto che è dif-ficile pensare che uno sappia fare

tutto, riflettendo sul fatto che i lavo-ri sempre più complessi richiedono differenti specializzazioni, fare siste-ma vuol dire costruire un “pool”, un gruppo di persone, ognuna delle quali sappia fare al meglio una cosa. Tutte queste singole eccellenze, op-portunamente coordinate e gestite insieme, non potranno che dar luo-go ad un risultato che sia la somma di tutte le eccellenze. Anzi, magari qualcosa di più.Si tratta solo (“solo” !) di convincersi che ognuno deve fare la propria par-te, lasciando lo spazio agli altri com-pagni e interagendo per un unico risultato.

Essere una squadra

Lo so che l’esempio della squadra di calcio è banale. Ma lasciatemelo fare lo stesso. Abbiamo tutti visto, tifosi e non, esempi di squadre che, credendo nel-la forza del gruppo, e quindi facendo sì che i singoli lavorassero l’uno per l’altro, sono riuscite ad avere la me-glio su avversari con all’interno dei supercampioni che pensavano di far

Claudia Fraschetti

La partnership, tra aziende complementari, nasce dall’esigenza di offrire al Cliente una consulenza a 360 gradi fornendo l’opportunità di un unico referente

In un mercato sempre più esigente

Fare sistema

Marketing

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tutto da soli.Questo è stat testimonato anche da qualche campionato del mondo...

Una notizia interessante

Per questo mi ha colpito positiva-mente una notizia del mondo della Meeting Indu-stry:“Nuova part-nership tra Hotelplan In-centive (www.hotelplanin-centive.it) e Cleis (www.cleis.it), agen-zia di comu-nicazione spe-cializzata in eventi. Per un servizio a 360 gradi.E’ diventato operativo, a partire da fine anno 2010, l’accordo fina-lizzato tra due eccellenze nel mondo dell’Incentive e della comu-nicazione del settore, Hotelplan In-centive/Congressi e Cleis, agenzia di Comunicazione di Impresa specia-lizzata nell’organizzazione di Eventi Aziendali. La partnership nasce dall’esigenza di offrire al mercato e, soprattutto al Cliente, una consulenza a 360 gradi dando, inoltre, l’opportunità di in-terloquire con un unico referente.“Hotelplan Incentive – dichiara Enzo Vitale, Division Director – vanta un’esperienza trentennale nell’or-ganizzazione di eventi, congressi e convegni, e fa parte della grande fa-miglia di Hotelplan Italia, tra i tour operator di punta sul mercato italia-no. Stante queste premesse – con-tinua Enzo Vitale – riteniamo che Cleis sia il partner ideale per garan-tire un servizio strategico e creativo, disegnato ad hoc sulle nostre esigen-

ze. E soprattutto sulle esigenze del Cliente”.“Fare sistema è diventato l’imperati-vo categorico – sostiene Sarah Cano-nici- per poter operare in un mercato sempre più esigente, alla ricerca di innovazione e di una comunicazio-ne - la ragione profonda della realiz-

zazione di un evento aggrega-tivo – enfatiz-zata da quella emozione che è la molla che ne consacra il successo. Unire le professiona-lità, conferma-te da concrete esperienze sul campo, di due operatori com-plementari, è la chiave per r a g g i u n g e r e l’eccellenza per il Cliente.”

In un mondo diverso

Esempi di questo tipo se ne dovreb-bero veder di più. In un mondo che si è allargato a dismisura, che cambia ad una velocità inconcepibile solo pochi anni fa, che richiede che tutti siano al passo con gli sviluppi tecno-logici, che impone che si tenga con-to del nuovo modo di sentire della gente, in un mondo così un singo-lo non ce la può fare a sapere tutto. Ecco allora l’importanza di un (ritor-no?) alla specializzazione.A Milano c’è un modo di dire: “Ofelé fa ‘l to mesté “. La tentazione di essere tuttologi o capaci di far tutto è grande. Ma un sano senso dell’autocritica dovrebbe imporre una meditazione:faccio una sola cosa, ma la faccio molto bene.Se questo modo di pensare riuscirà a prendere piede credo che ne saremo tutti più contenti.E soddisfatti. no1 - 2011 - dm&c 33

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Vi devo parlare di Blog. In particolare di blog falsi, cioè di quelle iniziative attraverso le quali una persona, ma più spesso un’a-zienda, cerca di diffondere in rete in-formazioni favorevoli, magnificando i propri prodotti o denigrando quelli dei concorrenti. Per essere più credibili alcuni “geni del marketing” hanno pensato di sfruttare al meglio le caratteristi-che della rete creando dei blog, sot-to mentite spoglie, e presentando le loro opinioni non come quelle dell’azienda ma come il punto di vi-sta di un cliente, uno qualsiasi, uno sconosciuto. L’effetto è spesso sor-prendente. Lo sconosciuto scrive, qualcuno risponde, si crea un caso e l’informazione si diffonde, con la forza che solo i virus conoscono, di bocca in bocca, di computer in com-puter, di click in click. Insomma, il metodo è efficace. Nien-te da dire. Basta essere bravi nella co-municazione, creare una situazione verosimile e il mare della rete si po-pola di pesci... che abboccano.Tutto bene, quindi? Direi di no. Tutto male, anzi malissimo.

La buona salute dell’economia si basa sulla correttezza delle informa-zioni che circolano e sulla possibilità di controllarne la fonte e l’indipen-denza.

Un frutto avvelenato

Voglio essere un po’ provocatorio, ma secondo me questo è il vero mo-tivo per cui, al di là degli aspetti etici della vicenda, l’uso di questi stru-menti è pericoloso. Il falso Blog è un frutto avvelenato. Mangiarlo dà effetti collaterali gra-vi. Non solo per i consumatori che vengono ingannati, ma anche per le aziende. Per capirlo basta guardare ad alcuni casi celebri di falsi blog.Il primo che mi viene in mente è quello che ha riguardato una società multinazionale, conosciuta nel mon-do per la produzione di una bevanda gassata, la cui formula è stata sempre mantenuta segreta. Un blogger, che poi si è rivelato es-sere un fan dell’azienda concorren-te, ha diffuso su un suo blog, creato appositamente per l’occasione, la notizia secondo la quale bere quel-

Marco Maglio

La buona salute dell’economia si basa sulla cor-rettezza delle informazioni che circolano e sulla possibilità di controllare fonte e indipendenza

Il Blog, Pinocchio e il campo dei miracoli. Meglio il vero che il falso

Quando il falsoè d’autore

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la bibita fosse nocivo per la salute, mentre quella del concorrente (la cui formula peraltro è parimenti scono-sciuta) aveva effetti benefici. Grande clamore sul caso. Giornali e televisioni, in violazione delle regole elementari del giornali-smo, pubblicano la notizia. Il risultato è stato un crollo delle vendite delle bibite gassate, non solo di quella descritta dal blogger, ma anche (sottile pena del contrappas-so) di quella per la quale il blogger stravedeva. Evidentemente parlar male di una bibita gassata produce reazioni su tutto il comparto. Le bollicine sono molto instabili. Evidentemente.

Il povero Bill

L’altro caso riguarda Bill, un infelice bambino (o sedicente tale) che attra-verso un blog (fasullo) raccontava al mondo la sua grama vita: i genitori rigidissimi, impedivano al bambino di usare i suoi giochi preferiti, pri-vandolo di tutto quello che possa desiderare un bambino, ma in parti-colare dell’ultimissimo gioco appena prodotto da una nota multinaziona-le del giocattolo (ispiratrice del blog, come poi si è scoperto). Inutile dire che il blog si soffermava accuratamente sulle caratteristiche del gioco, esaltandone la bellezza e la desiderabilità. Anche qui l’effetto è stato sorpren-dente: alle migliaia di mail di soli-darietà che hanno sommerso il blog, con la promessa di inviare a Bill l’at-teso balocco, non ha fatto seguito l’esplosione delle vendite del gioco, ma la sua clamorosa rimozione dagli scaffali per mancanza di acquirenti. Gli psicologi del consumo hanno poi provveduto a spiegare che il gio-co era stato identificato dal pubblico con una situazione negativa e che

nessuno aveva il coraggio di compra-re il gioco pensando al piccolo Bill. Quindi non sempre i falsi blog sono un affare per chi li mette in scena e raramente permettono i miracoli che promettono. Saranno falsi d’autore, ma consola scoprire che non hanno quasi mai un mercato favorevole. Tutto questo mi fa venire in mente una cosa.

Falsamente disinteressati

Penso che molti di voi ricordino quel passo delle avventure di Pinocchio, in cui il burattino, alle prese con il Gatto e la Volpe, decide di sotterra-re i suoi zecchini d’oro nel campo dei miracoli per vederli moltiplicare. E quando Pinocchio al colmo della contentezza per aver scoperto un segreto mirabolante che potrà arric-chirlo, dice ai due truffatori che farà loro un bel regalo si sente risponde-re “Noi non vogliamo regali. Ci ba-sta averti insegnato come arricchirti senza fatica”. I falsi blog sono pro-prio così. Falsamente disinteressati. Il consumatore raramente abbocca. E questo è positivo. Ma ancora più positivo è constatare che alla fine il Gatto e la Volpe, arraffati i quattro zecchini d’oro solitamente fanno una brutta fine.

[email protected]

Avvocato in Milano e fondatore di Lucerna Iuris, il primo Network Giuridico Europeo formato da

legali di tutti i paesi dell’Unione Europea esperti di questioni di marketing e di comunicazione.

Insegna Diritto dei consumi e del marketing e Diritto della sicurezza Alimentare nelle Università

di Milano e Parma. Dopo essere stato Consigliere Delegato di AIDIM (Associazione Italiana del

Marketing Diretto ed Interattivo) per le relazioni istituzionali, le pubbliche relazioni e gli affari

legali, dal 2004 presiede il Giurì per l’Autodisciplina nella comunicazione commerciale diretta e

interattiva e nellevendite a distanza. E’ membro del Consiglio Direttivo di FEDMA (Federazione

Europea del Direct Marketing) in rappresentanza dell’Italia.

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C’è chi l’obiettivo della eco-com-patibilità lo ha sposato con piena convinzione e cerca tutti i modi per poter fare cose che vadano nella dire-zione di rispettare il Pianeta e quindi di non inquinarlo ulteriormente.

Mentre però sono tanti coloro che si riempiono la bocca (anzi, se la sciac-quano, come si dice) col Green e poi fanno ben poco, c’è qualcuno che si inventa cose che possono essere pre-se in considerazione.Avete mai sentito parlare di “Green Graffiti”? Di graffiti certamente si,

perché molti di noi sopportano pro-prio malvolentieri quelle scritte che inzozzano i muri delle nostre città. E forse sentendo “Green graffiti” stor-cono il naso pensando ai soliti graffi-ti fatti con la vernice verde.Niente di più sbagliato.

Un concetto semplice

E allora, come funziona il concetto di Green Graffiti?Il concetto dietro GreenGraffiti® è molto semplice. Se passate con un dito su una qualsiasi superficie spor-ca o impolverata, l’effetto che otter-rete è quello di creare un disegno per contrasto tra la superficie sporca e quella pulita che si è creata dopo il passaggio del dito. Immaginate adesso lo sporco delle nostre strade e dei nostri marciapie-di: l’unico modo di avere lo stesso effetto di un dito che pulisce una su-perficie impolverata, è quello di cre-are una forte e localizzata pressione per eliminare lo sporco sedimentato da anni. Pensate adesso di realizzare una scrit-ta, una immagine, un logo “scavan-

Filippo Borghesi

A chi fa solo del “Green washing” possiamo dire che utilizzando una semplice idea si possono evi-tare inutili sprechi per la stampa e per l’affissione

Una idea verde

I Green Graffiti

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Green Graffito

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dolo” su una superficie.Se poggiate questa “dima” sulla zona sporca ed utilizzate un potente getto d’acqua, voilà il gioco è fatto. sulla zona individuata rimane la scritta, l’immagine, il logo. E non abbiamo in alcun modo aggiunto inquina-mento all’inquinamento.

La ricerca della superficie

Per prima cosa è importantissimo sottolineare come il metodo di Gre-enGraffiti® dipenda in buona parte dalle superfici delle città. Non tutte le superfici sono adatte allo scopo. Per questo prima di ogni campagna pubblicitaria, GreenGraffiti® si oc-cupa di eseguire sopralluoghi e di indicare al cliente interessato le zone migliori.Inoltre per pulire queste superfici è necessaria acqua. Quindi, come si diceva, l’unico modo per creare im-pressioni su delle superfici molto sporche è quello di passarvi acqua a forte pressione.Al fine però di avere risultati precisi per loghi pubblicitari o promozioni di manifestazioni, saranno necessari dei supporti intagliati che creino una forma sulla quale passare con il getto d’acqua.Quello che si può vedere nell’im-magine è un risultato ottenuto per la campagna di sponsorizzazione finanziata dall’Amsterdam Klimaat Bureau (Convegno sul clima di Am-

sterdam) in Olanda.Si noti come la parte più chiara è quella di marcia-piede pulito, mentre la parte più scura è quella rimasta sporca e che in-dica il colore del marcia-piede prima dell’ inter-vento. Il colore scuro non è altro che lo sporco sedimen-tato derivato da anni di passaggio pedonale ed inquinamento atmosfe-rico.

Economia di materiale

Come detto, per creare delle immagi-ni ben dettagliate servono supporti intagliati che saranno utilizzati poi per l’intera campagna promozionale. Rispetto ad una normale campagna pubblicitaria si riduce quindi anche la quantità di materiale necessario;

infatti per una normale campagna cartellonistica si ha la necessità di stampare numerose copie per i car-telloni o i manifesti, mentre per qualsiasi campagna di GreenGraffi-ti® è sufficiente una unica “dima” in alluminio.In questo modo GreenGraffiti® ri-esce a mantenere bassi i costi di produzione (quindi anche il prezzo finale) e allo stesso tempo riduce l’u-tilizzo di carta e di cartucce chimiche di stampa. no1 - 2011 - dm&c 37

Realizzazione

Didattica del metodo

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La scelta di adottare un cane può es-sere determinata da numerosi fattori sociali che vanno dal piacere di ave-re un amico fedele al proprio fianco, alla necessità di avere una compa-gnia per combattere la solitudine o solamente seguire una moda e pas-seggiare per le vie del centro con un cane di razza costato un patrimonio. Il Cane è una scelta di Vita non deve essere un regalo al figlio solo per far-gli piacere e poi, come succede spes-so quando arriva l’estate, il “padro-ne“ se ne libera e l’abbandona per la strada fregandosi di quello che gli accadrà. Quando si decide di prende-re un cane si devono prendere delle responsabilità. Ecco alcune risposte che un futuro possessore di cane dovrebbe darsi:

la mia famiglia è unanimemente d’accordo sull’adozione sono cosciente della responsabilità che mi sto assumendomi sono informato sulle problema-tiche della razza, caratteriali e di mantenimento ho educato i miei figli a non trat-tarlo come un giocattolo sono consapevole che dovrò accu-dirlo per tutta la sua esistenza provvederò a stipulare una assicu-razione che copra i rischi a cui an-drò incontroconosco il regolamento comunale e sono disposto ad osservarlo

ho verificato che i vicini non sa-ranno disturbati dalla sua presenza ho verificato che l’ambiente è adat-to alle sue caratteristiche ho un giardino ma ho già provve-duto a metterlo in sicurezza ho spazio a disposizione per una buona convivenza ho tempo a disposizione per evita-re il suo isolamento sociale sono disposto ad educarlo perso-nalmente, per la sua giusta socializ-zazione con altri cani e anche con le persone ho controllato se quando arrivano le vacanze il mio cane è il benve-nutoho possibilità economiche per for-nire le vaccinazioni e le cure me-diche ho molta pazienza per superare gli inevitabili problemi in particolare dei cuccioli accetto la sua natura senza tentare di umanizzarlo lo considererò a pieno titolo un componente della famiglia

Ebbene prima di portarvi a casa un cucciolo riflettete o fatevi consigliare da un esperto, della razza che può es-sere adatta per voi o per la famiglia. Una scelta ben fatta vi renderà sod-disfatti e senza problemi sconosciuti da risolvere. E ricordatevi: il cane è per sempre!

Davide Canonici

Comunicare con i cani

Comunicazione con i Cani

dm&c - no1 - 201138

È importante imparare a comunicare cor-rettamente con il proprio cane. Ma prima di tutto vediamo come scegliere il cane adatto

Alcune domande da farsi

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Il turismo è, per sua natura, una realtà dinamica che, a differenza di altri àmbiti commerciali, ha prontamente recepito le proposte della Rete ed oggi costituisce un modello di e-business di successo. Alla base di questo risultato stanno da un lato il progressivo affinamento della tecnologia Ict e la sua diffusione sempre più massiva, dall’altro la competitività — a favore degli utenti — dei prezzi ‘fai da te’ rispetto all’offerta turistica dei con-sueti canali di vendita. Studi e statistiche confermano che uti-lizzare la Rete per scegliere e pianificare i viaggi per gli utenti di Internet diventa preferibile rispetto ai canali distributi-vi tradizionali (tour operator e agenzie di viaggi). Testimoni di questo successo sono le agenzie on-line, i portali di viag-gio, forum, newsletter, blog e photo-blog, e-mail e messenger, il ‘passaparo-la’, le community e il social networking. Elementi tutti di un fenomeno che ha profondamente modificato (il cambia-mento è tuttora in corso) strategie di marketing e di comunicazione, utilizzo e natura dei media, profili dei target dei viaggiatori-turisti, sistemi di informazio-ne e prenotazione. Scritto con tecnica giornalistica, suddi-viso in tre sezioni, il libro passa in rasse-gna e analizza il fenomeno attuale del turismo web e fa il punto su strumenti, aziende, consumatori e strategie di mar-keting; sulle sue molteplici applicazioni al comparto turistico, descrivendo casi di operatori e proposte di attività; sulla giurisprudenza e la privacy che norma-

no il marketing on-line. Corredano il te-sto due appen-dici: la nomen-clatura della t e c n o l o g i a maggiormente in uso nel Web e la webteca, un elenco on-line di indirizzi utili per col-legarsi con il mondo del tu-rismo on-line. Per queste sue caratteristiche, il volume si can-dida ad essere apprezzato dai numerosissimi operatori on e off-line della filiera turistica (TO e AdV), da quelli del marketing e della comunicazione (agenzie, media e consulenti) e, come strumento didatti-co, da docenti e studenti dei numerosi corsi di formazione professionale nell’a-rea del turismo. Nelle sue pagine, i lettori trovano ele-menti di analisi e spunti di riflessione per fare business ‘navigando’ alla sco-perta dell’economia digitale del turismo in cui, spesso, la realtà virtuale coincide con quella reale, quando addirittura non la sostituisca.

TURISMO & WEBMarketing e comunicazione tra mondo reale e virtualedi Pier Giorgio Cozzi - Franco Angeli - pp. 128 - Euro18,00 - collana Scienza e professioni del turismo

Ugo Canonici

Prefazione di Enrico Bertolino

Comunico…ergo sum

Se è importante saper fare, lo è altrettanto il far sapere.

Utilizzando una buona comunicazione.

Deus Editore s.r.l.

La piccola libreria di Deus Editorewww.miabbono.com/deus

Comunico …ergo sum Sarò Breve

Organizzare eventi aziendali

Scrivere. Una fatica nera.

iNFORMALIBRI

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iNFORMALIBRI

“La più grande scoperta della nostra generazione consiste nella facoltà che ha l’individuo di trasformare la propria vita cambiando i pensieri. Perché i nostri pensieri determinano il nostro destino”. (William James, filosofo e psicologo sta-tunitense, vissuto fra il 1842 e il 1910).L’idea che sta alla base di questo libro è tutta nel suo titolo: “Stai come vuoi”. Se provi soddisfazione per come ti stanno andando le cose, indipendente-mente dal giudizio che gli altri possono esprimere, se ti senti quasi sempre in pace con te stesso, vuol dire che hai già trovato il tuo equilibrio e non hai biso-gno d’altro. Insomma, stai bene così come stai. Quando invece questo equilibrio si rom-pe, avverti una sensazione di disagio o di inadeguatezza, non sai come affrontare le sfide che ti si presentano ogni giorno, ti senti vittima degli accadimenti. Ogni capitolo ruota intorno a una pa-rola chiave, che rappresenta una tappa all’interno di un percorso alla “ricerca dell’equilibrio perduto”. L’obiettivo è acquisire maggiore consapevolezza, per passare direttamente all’azione. Non c’è nulla di meglio che agire per avere successo ed essere finalmente in

grado di gestire i propri stati d’animo. Puoi stare come vuoi tu, piuttosto che come vogliono gli altri o come sembra ti sia imposto dalle tue vicende personali. I temi che l’autore affronta hanno a che fare con la libertà. Siamo liberi, o crediamo di esserlo, ma spesso non ci rendiamo conto delle ca-tene che noi stessi ci costruiamo quando non siamo in grado di controllare le no-stre stesse emozioni. Questo libro è un aiuto per imparare a decidere e a mettere in atto i comporta-menti più adatti, in funzione degli eventi che li hanno determinati. E’ una lettura consigliata a tutti quelli che intendono gestire meglio la relazio-ne con se stessi e con gli altri. Con la sua semplicità e chiarezza questo è un libro che potrebbe diventare il mi-glior amico di ognuno di noi. E’ scritto infatti, con magistrale bravura, da un grande comunicatore, che utilizza le tecniche che descrive, per poter arrivare a tutti. L’autore non si mette in catte-dra per insegnarci qualcosa, ma ci parla come un amico e ci dà dei consigli per capire appieno l’importanza e i significa-ti dei piccoli gesti che possono realmen-te cambiarci la vita.

Il libro nasce dall’esperienza diretta dell’autore nell’area Vendite e Marketing. Il Metodo Coaching sostituisce ed integra tradizionali sistemi di formazione, aiutando a scoprire ed esprimere il proprio potenziale personale e/o professionale per ottenere dei risultati concreti e misurabili. Il Coach è un Formatore che guida le persone verso la crescita e la conoscenza, scoprendo le strategie più adeguate per il raggiungimento dei propri obiettivi. Quali attitudini, capacità e formazione

sono necessarie al Direttore Vendite per divenire un vero Coach?Le risposte si trovano in questa guida pratica, semplice ed efficace.Il libro è composto da sette parti.Si affrontano i temi di un mercato che cambia continuamente e quindi deve mutare anche il comportamento del Cliente. Si invita a superare alcuni limiti e per finire vengono presentati i “10 Parametri” per l’autovalutazione con i relativi “Piani di Azione” del “Sales Team Coaching”.

STAI COME VUOIManuale di equilibrio emotivodi Claudio Maffei - Editore Falzea – pagine 207 – Euro 14.50

COACHING PER IL TEAM DI VENDITACome potenziare al massimo i risultati del team di venditadi Mario Silvano - Edizioni Gruppo 24ore

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Arcimboldo comunica con gli ortaggi

L’universo fantastico di Arcimboldo e il suo modo particolare di comunicare in mostra a Palazzo Reale. Dopo le mostre di Parigi e Vienna, Milano offre un taglio inedito del pittore, riportandolo nella sua terra e nel contesto del Cinquecento, dagli artisti lombardi e i disegni grotteschi di Leonardo al Caravaggio, che a lui s’ispirò per la sua natura morta. La mostra racconta l’ambiente in cui Arcimboldo si è formato e le varie fasi della sua pittura, soprattutto alla corte degli Asburgo. Qui egli sviluppò le famose Teste Composte, le “bizzarrie”: ritratti e volti formati da intricate composizioni di frutta, ortaggi o pesci, che celano allegorie politiche.

Carta stampata sostenibile

Continua nel 2011 la promozione della carta stampata. Per la prima volta, Print Power Italy, organizzazione coordinata da Assocarta, raccoglie tutti i rappresentanti della filiera della comunicazione su carta in Italia e si inserisce nel progetto europeo Print Power Europe, a cui aderiscono 12 paesi. Diretta a investitori pubblicitari, la campagna autunnale su quotidiani e periodici, ma anche tramite direct mailing, social networking e web marketing, parlava dei punti di forza della carta stampata, fisicità e permanenza del messaggio, che, integrata con i nuovi media, potenzia l’efficacia complessiva: stampa più Tv e rete aumentano la notorietà del marchio del 150% e la propensione all’acquisto del 50% (Fonte: Marketing Evolution USA). Da gennaio 2011, Print Power promuove anche “TWO SIDES - Il lato verde della carta”, che documenta la sostenibilità della comunicazione su carta presso il grande pubblico, sfatando i luoghi comuni su deforestazione e inquinamento.

Rapporto Bocconi sull’e-discovery

E’ “l’e-discovery: nuove forme di intelligence nel social web” il tema studiato dai ricercatori dell’Osservatori Business Intelligence della Bocconi. Il potere del web nell’era 2.0 e in un’epoca in cui l’economia globale continua ad arrancare sono stati gli elementi che hanno spinto i ricercatori a studiare casi di aziende che hanno investito nella rete, ricavandone risultati soddisfacenti, perché sono state capaci di utilizzare i dati forniti dalla propria attività web per studiare nuove strategie di marketing e comunicazione. «Dal 2000 anche il web è una rilevante fonte di dati da analizzare -osserva il responsabile scientifico dell’Osservatorio, Paolo Pasini. -per comprendere sia le modalità di navigazione, sia il comportamento di acquisto». Tra le case history scelte, raccolte in un volume di 115 pagine, consultabile nell’archivio dell’università, colossi industriali, Alcatel, Pirelli, Binda, Fiera Milano, ma anche la Erif Real Estate di Legnano, e istituzioni, il Comune di Torino e la Regione Piemonte.

Homeshopping o televendite?

Le sue produzioni non sono televendite. Lo afferma QVC, uno dei maggiori canali TV degli USA e il più grande al mondo di home shopping. Si chiamano showcase e mostrano alcune differenze: sono trasmessi 24 ore su 24, in studi ad alto livello e live, con possibile interazione del pubblico a casa e l’intento di fare anche informazione. Ora anche i telespettatori italiani possono giudicare, perché QVC ha di recente debuttato sia sulla piattaforma Sky che sul digitale, trasmettendo dai nuovi studi di Brugherio(Mi). Gli Italiani, amanti dei prodotti di moda e qualità sono considerati da QVC un mercato importante e prioritario. no1 - 2011 - dm&c 41

Autoritratto

L’estate

Le immagini si riferiscono al pittore Arcinboldo, cui è dedicata la mostra in corso a Milano

Fatti & Persone

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E’ una giornata di pioggia torrenzia-le, suona il telefono, m’avvisano che è arrivata una lettera, anzi una rac-

comandata, per la pre-cisione. “Chi la man-da?” “E’ dell’Editore” m’informano.Stavano lavorando alla copertina del mio libro: Il “Fattore F”. Il senso della fortuna tra mito e realtà”.La fortuna la creiamo, era il concetto chiave del libro.

L’editore mi stava informando della sua decisione di cambiare il titolo: da il “Fattore F” a il “Il Fattore C” con chiaro riferimento al “c…”. E mettere come sottotitolo: “Il ruolo della fortuna nella nostra vita. Esiste un perché se gli altri sono fortunati e tu no o è solo merito del c…?”

Mancanza di chiarezza?

Mi son chiesta se quanto avevo rac-contato in oltre duecento pagine non fosse stato abbastanza chia-ro, se fosse stato considerato che

il mio libro conteneva un concetto totalmente differente. Sta di fatto che mi ritrovavo con un titolo che stravolgeva completamente il senso del messaggio del libro. Quel “Fat-tore C” in copertina strideva come un’unghia sulla lavagna. Sviliva e mortificava le storie di “creatori di ricchezza” raccontate e anche la mia storia personale e professionale. Non ho avuto “Il Fattore C”, non l’ho inseguito né desiderato. Sono una visionaria che crede che la fortuna te la crei con il talento, il lavoro, la determinazione e l’impe-gno.

La Fortuna come una dea Nel libro la fortuna era raccontata come viene dipinta nell’antico mito greco, una dea tanto invocata quanto poco affidabile poichè arriva quando vuole, spesso senza essere stata in-vitata, senza una logica o giusta ra-gione e così com’è venuta se ne può andare, senza avvisare, e rincorrerla è inutile, ha piedi alati e fugge veloce.Le storie di personaggi, impren-ditori e aziende raccontate nel libro

Antonella Lucato

Con quale parola si può indicare quella cosa che ci permette di raggiungere il successo? Forse val la pena dare un giusto valore al nostro potere interiore

Chiamala “F” o chiamalo “C”

Il senso delle parole

Comunicazione & Benessere

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erano esempi di chi aveva saputo creare fortuna mettendo a frutto le proprie abilità: doti e talenti, fiuto, ingegno, impegno e una visione che han saputo attuare nella realtà. Certo le condizioni favorevoli aiu-tano ma sarebbe riduttivo attribuire solo alla fortuna il successo e alla sfortuna l’insuccesso. Chiamalo “F”, ciamalo “C” le viene spesso attribui-to più potere di quel che ha dimen-ticando di fortificare il potere inte-riore, quella risorsa preziosa sulla quale far affidamento in momenti di grazia e in quelli di difficoltà.

Credere in sé

Quella “raccomandata” annuncia-va che la mia proposta di cambiare il titolo per salvaguardare l’anima del libro non era stata accolta. O ac-cettavo il “Fattore C” o niente. Al posto del mio libro ne sarebbe stato pubblicato un altro .Nove mesi di lavoro andavano in fumo, nonostante un contratto già in mano, per via di quel “Fattore C”. Di una parola insomma. Anzi di una iniziale...L’Editore nella sua logica commer-ciale asseriva che: “Il “Fattore C” è un titolo più provocatorio del “Fat-tore F” con maggiori possibilità di esser posizionato e vender copie sul mercato”.Forse, considerati i linguaggi che cir-colano in certa tv, radio, giornali e libri poteva anche aver ragione ma…immaginai di entrare in libreria e ve-dere sullo scaffale un libro con stam-pato quel titolo: una sensazione da voltastomaco.“Chi credi che colga la differenza tra Fattore F e Fattore C ? Fossi io ad

avere il contratto in mano di un edi-tore che non chiede soldi per pub-blicare non starei a pensarci tanto” era il pratico consiglio di Marco ma le parole di Francesca, un tempo mia allieva e ora amica mi risuonavano dentro “fai quel che mi hai insegna-to: credi in te e nella dignità del tuo lavoro”. Quel “Fattore C” non c’era modo di conciliarlo con l’anima del libro pertanto rinunciai.

Meglio una rinuncia

A volte è meglio una rinuncia che uscire con un titolo che non ci rap-presenta. E’ una forma d’amore per i libri, di rispetto per chi scrive e chi legge. Che cosa mi stava insegnando quell’esperienza? Ha ancora senso star a cercare le parole come gem-me? Le domande ci costringono a guardare più a fondo. A trovare un senso a quel che accade.Quel “Fattore C” un senso l’ha avu-to, ha messo in moto una svolta e un nuovo libro sta prendendo forma.Nuove spinte, energie, intuizioni, desideri e necessità premevano den-tro per trovare una via di espressio-ne. Ci son ragioni che van oltre il successo di vendita, ci son cose alle quali senti che non puoi far a meno di dedicarti, fan parte di un disegno più grande, del senso di sé e della vita. Successo o insuccesso, fortuna o sfortuna son sfaccettature dell’esiste-re, del nostro modo di leggere quel che accade. L’ansia di non riuscire a portare a compimento le idee che si accavalla-no come onde di un mare inquieto, ha lasciato posto a una nuova crea-tività. Vediamo dove porterà.

La comunicazione nelle sue diverse forme espressive è il filo con-duttore che accompagna studi, formazioni e attività di una vita. Il Gesto e la Parola, la Relazione tra comunicazione verbale e non-verbale è stato il tema della tesi in Relazioni Pubbliche all’U-niversità Iulm di Milano. Master in linguaggi espressivi, psico-logia della comunicazione e psicosomatica, un’intensa attività di comunicazione in note aziende multinazionali e l’insegnamento in prestigiose Scuole di formazione arricchiscono l’esperienza sino all’approdo alla scrittura. I libri pubblicati, diversi per genere, in comune hanno la ricerca interiore, l’arte sottile di scoprire e conoscere se stessi. Scrive per testate italiane ed internazionali.

Antonella Lucato

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Chi siamo

Nata a Bologna nel 1978 per inizia-tiva del professor Franco Pannuti, la Fondazione ANT Italia Onlus da oltre trent’anni fornisce assistenza socio-sanitaria gratuita a domicilio ai Sofferenti oncologici in fase avan-zata. Il credo dell’ANT è sintetizzato dal termine “Eubiosia” (dal greco, “la buona vita”) intesa come insieme di qualità che conferiscono dignità alla vita, dal primo all’ultimo respiro.

Cosa facciamo

ANT è presente in 9 regioni italiane e dal 1985 ad oggi ha assistito ol-tre 80.000 Sofferenti di tumore, 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno e in modo completamente gratuito. I Sofferenti assistiti nei 20 Ospedali Domiciliari Oncologici ANT (ODO-ANT) sono più di 3.300 ogni giorno, grazie a un’équipe di oltre 360 pro-fessionisti tra Medici, Infermieri, Psi-cologi, Nutrizionisti, Fisioterapisti, Operatori socio-sanitari, Farmacisti e Funzionari che portano al domicilio del Sofferente e alla sua Famiglia tut-te le necessarie cure di tipo ospeda-liero e socio-assistenziale. ANT dedica un’attenzione particola-re anche agli aspetti sociali dell’assi-stenza, fornendo servizi a sostegno delle famiglie dei Sofferenti come cure igieniche, cambio biancheria, contributo economico alle famiglie in difficoltà, biblioteca e cineteca do-

miciliare. Il Servizio Porta-a-Porta permette il trasporto gratuito del malato dal do-micilio alle strutture ospedaliere, per svolgere esami strumentali, ricoveri e trattamenti in Day Hospital. Infine, per permettere ai bambini di avvalersi delle prestazioni mediche, infermieristiche, psicologiche spe-cializzate direttamente a casa, è nato Bimbi in ANT, il servizio pediatrico della Fondazione.All’attività assistenziale si affiancano progetti di prevenzione e di forma-zione, dedicati alla cittadinanza, alle scuole, ai professionisti del settore, al personale e ai volontari. ANT porta avanti campagne di infor-mazione e controllo delle neoplasie che possono essere prevenute e dia-gnosticate per tempo. Tra queste ricordiamo: il melanoma (ANT ha già realizzato più di 28.000 visite dermatologiche gratuite, indi-rizzando al chirurgo, per l’asporta-zione di lesioni sospette, il 10% delle persone visitate), i tumori della tiroi-de e i tumori ginecologici. Come lo facciamo

L’attività della Fondazione ANT è resa possibile dalle donazioni ed erogazioni di privati cittadini, enti pubblici, banche e fondazioni. ANT organizza inoltre diversi eventi e at-tività promozionali, sia locali sia na-zionali, allo scopo di raccogliere fon-di per sostenere le proprie attività.

ANT: la più ampia esperienza al mondo di assistenza socio-sanitaria domiciliare gratuita

ai sofferenti di tumore

La buona vita

Comunicazione Sociale

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L’EDITORE

Fondazione ANT Italia Onlus, via Jacopo di Paolo, 36 - 40128 Bologna Tel. 051/7190111 - Fax 051/377586www.ant.it

Informazioni

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Come sostenerciÈ possibile effettuare una donazione nei seguenti modi:• versamento sul Conto Corrente Postale n. 11424405;• versamento on-line con Carta di Credito, collegandosi al sito www.ant.it;• versamenti diretti presso le Sedi della Fondazione presenti in Italia, con rilascio di regolare rice-vuta;• lasciti testamentari a favore di ANT (per informazioni contattare [email protected]); • con il 5x1000: codice fiscale della Fondazione ANT 01229650377

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L’Excelsior Palace Hotel, storico ed elegante albergo , è collocato su una scogliera protesa nel mare azzurro della costa di Portofino, a Rapallo, nel cuore del Golfo del Tigullio e di fronte alla Baia di Portofino, prospi-ciente la marina “Porto Carlo Riva” a 500 m dal centro città e dalla Stazio-ne Ferroviaria e 32 Km dall’Aeropor-to di Genova. Immerso in una natu-ra da tutti apprezzata.Descrivere le bellezze della Riviera li-gure di Levante è del tutto superfluo e poi basta citare quella perla del tu-rismo che è Portofino per non dover aggiungere altro. L’Excelsior è stato, nei numerosi anni della propria attività, la raffina-ta etichetta dell’Ospitalità turistico alberghiera del Golfo del Tigullio.La sua storia inizia nel gennaio del 1901, e lo scenario è davvero specia-le: collocato su una sorta di piccola penisola, l’Hotel gode di una posizio-ne invidiabile che gli consente di es-sere circondato su tre lati dal mare e dietro da una lussureggiante collina.E’ stato sede del primo Casinò ita-liano. E’ facile immaginare Eleonora Duse in uno degli ampi saloni dell’al-

bergo seduta su un’elegante poltro-na, adorna di un grande cappello e con un libro di versi di D’Annunzio.Vi passarono i propri soggiorni an-che il Duca di Windsor e Wally Simp-son, Re Faruk, Re Hussein di Giorda-nia, Re Costantino di Grecia, la rossa e bellissima Rita Hayworth, Ernest Hemingway e il premio Nobel per la Fisica Guglielmo Marconi che poco lontano di qui riuscì per la prima volta a trasmettere con il suo telegra-fo senza fili.La scheda tecnica dice che l’hotel è un 5 stelle lusso, con 130 camere, due Ristoranti, due Bar, Health & Fit-ness Club con Beauty Farm, Beach Club privato, direttamente collegati alla struttura, Garage, Parcheggio. E’ dotato di un Centro congressi.All’’hotel Excelsior sotto il piano del-la hall, ma sempre con vista mare, si trova infatti il modernissimo Centro Congressi ‘Duca di Windsor’.Sono state ricavate nove sale meeting di metrature diverse, tutte con luce naturale e tutte collegabili tra loro, che danno origine ai saloni Windsor, Hemingway, Re Faruk predisposti per accogliere fino a 450 persone.

Vediamo di fare un esercizio per verificare come l’Excelsior Palace Hotel di Rapallo può rispondere alle tante esigenze di un organizzatore di eventi

I pezzi del puzzle che compongono un evento di successo hanno una risposta soddisfacente

Alla ricerca del massimo

Comunicare con i Convegni

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Per informazioni E prenotazioni

Tel. Centr.: 0185/230.666Tel. Dir.: 0185/230.712

www.excelsiorpalace.thi.it e-mail: [email protected]

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Solo due parole per ricordare che la cucina ligure è sempre da tutti mol-

to apprezzata, che è possibile occu-pare il tempo libero con escursioni indimenticabili o con lo sport (golf, sci nautico, vela, equitazione). Le proposte economiche sono cer-tamente interessanti ed imperdibi-li. Naturalmente sono legate ai vari periodi dell’anno e c’è un’ampia possibilità di scelta. Basta leggere la tabella che riportiamo qui sopra. Insomma, chi è alla ricerca del massimo per il proprio congresso si può rivolgere con assoluta tran-quillità all’Excelsior Palace Hotel di Rapallo. Ma chi volesse saperne di più si metta in contatto con la direzione marketing. Verificherà sin da subito la cortesia

e la disponibilità. no1 - 2011 - dm&c 47

FORMULA AZIENDA 2011

• Sistemazioneincameradoppiaclassic• Salariunionegratuita(tuttelesalesonodotatedilucenaturale)• Materialeaudiovisivodibase• AccessogratuitoalBeachClubealFitness/HealthCentre(piscinacopertaescoperta,idromassaggio, sauna, bagno turco, palestra)• 2coffeebreak• ShoppingCard

LA PROPOSTA “FORMULA AZIENDA” PREVEDE:

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Cervo, al confine tra la provincia di Savona e quella di Imperia, è uno dei pochi borghi medievali sul mare. Il nome deriva dalla scritta latina Ser-vo (“offro servizi”) che campeggiava sulle insegne della originaria mansio romana che si trovava sulla Via Julia Augusta, nel luogo dell’attuale bor-go. Nel tardo Cinquecento il passaggio dal latino al volgare ha determinato la corruzione del Servo originario in “Cervo”. Nella piazza si apre la maestosa e ba-rocca Chiesa di San Giovanni Batti-sta, detta “dei Corallini” perché edi-ficata con i proventi delle compagnie di pescatori che esercitavano la pesca del corallo nei mari di Corsica e Sar-degna. In realtà, le offerte per la fabbrica ar-rivarono da tutti gli abitanti - pesca-tori e marinai, armatori, possidenti, commercianti di olio, artigiani - che contribuirono anche a trasportare quassù dalla spiaggia, a spalla d’uo-mo, le opere d’arte e i preziosi marmi giunti via mare.

Effetti scenografici

L’originale facciata concava del tem-pio domina un ampio braccio di mare con straordinario effetto sce-nografico e la sera il suo campanile sembra un faro che indica l’approdo ai naviganti.Usciti dalla chiesa dei Corallini, si sale la gradinata a destra e s’imboc-

ca via Grimaldi-Salineri, percorsa da archivolti ogivali o a tutto sesto che ornano le entrate delle abitazioni.Tutta la zona conserva caratteristiche medievali.Molti sono i palazzi padronali che te-stimoniano la passata agiatezza della popolazione e inducono a vagabon-dare nei carrugi con gli occhi in su: quelli della Meridiana, della Merla e i settecenteschi palazzi Viale, De Si-moni, Alassio e Arimondo.Ma è soprattutto il borgo nel suo in-sieme ad emozionare: i giochi d’om-bra tra i vicoli stretti, gli alti archi, i saliscendi mozzafiato, gli accordi di pini e ulivi sullo sfondo, lo scoglio accarezzato dal mare trasparente, il mandorlo in fiore, il profumo del timo.

Strutturati per gli eventi

Anche Cervo è una località che può essere facilmente raggiunta da Lo-ano. Ed è a Loano che è situato il complesso Loano2 Village, che sem-pre più sta dedicando attenzione per ospitare meeting ed eventi vari.La struttura è particolarmente attrez-zata per la bisogna, la disponiblità di camere è tale da permetttere eventi di varia dimensioni, anche partico-larmente importanti. Ma soprattutto la sua collocazione geografica permette di offrire ai par-tecipanti una vastissima gamma di località e borghi unici.(Ufficio Marketing Loano2 Village)

Giovanna Risso

Il nostro viaggio alla scoperta dei borghi antichi e panorami suggestivi che si affacciano sull’imperiese ci porta ad un borgo medievale, unico nel suo genere

Sempre convinti che un evento di successo ha bisogno anche di luoghi interessanti

Congressi con vista

Comunicare con i Convegni

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Viaggiare è un’esperienza davvero unica, che ci permette di conoscere luoghi differenti, culture ed etnie di-verse e arricchisce la nostra sete di conoscenza, di avventura!Non esiste un territorio che non ab-bia luoghi belli, interessanti e parti-colari da ammirare, che non ti lasci qualcosa dentro e resti un ricordo in-delebile, intrappolato in uno scatto fotografico che catturi un’immagine incancellabile!Ma quanto conosciamo il nostro pa-ese? Ve lo siete mai chiesto? Ci sono luoghi che probabilmente ancora non abbiamo mai visitato, che offrono paesaggi incantevoli, che non fanno parte delle mete turi-stiche tradizionali e che sono molto vicini a noi!

Lucania o Basilicata

Tra questi la Lucania … o Basilicata, dipende dai punti di vista. Una regione italiana che addirittura ha due nomi, deve avere per forza qualcosa di bello e di importante da vedere. E proprio da qui parte il nostro viag-

gio itinerante, attraverso una terra non ancora molto conosciuta, ma che ha delle risorse paesaggistiche, naturalistiche e artistiche di rara bellezza, con i suoi verdi orizzonti di spazi di una natura incontamina-ta, dalla montagna alla collina, alle splendide spiagge sabbiose del Mar Ionio e del Tirreno, unitamente alla ricchezza storico culturale del perio-do greco: innumerevoli i siti archeo-logici di Taranto, Metaponto, Poli-coro, Tricarico, Vaglio, Venosa, Sibari e Crotone.

I famosi “Sassi”

E Matera, la splendida “città della pietra”, anch’essa importante sito ar-cheologico. I famosi “Sassi di Matera” sono sta-ti iscritti nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO nel 1993. Sono così chiamati, “i Sassi”, ma stiamo parlando di grotte naturali, architetture ipogee, cisterne, enormi recinti trincerati, masserie, chiese e palazzi, scavati e costruiti nel tufo, che costituiscono un paesaggio in parte invisibile e vertiginoso, perché

Erminia Casadei

Essere ospiti di un meeting può comunque divenire una esperienza unica, al di là dei contenuti che ven-gono trattati, grazie alle bellezze offerte dal posto

A Nova Siri Marina presto una nuova struttura per ospitare congressi

Italia … questo nostro fantastico Paese!

Comunicare con i Convegni

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www.orahotelsgroup.eu

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va in apnea in dedali di gallerie den-tro la pietra giallo paglierino del dor-so della collina, e che sono stati per secoli la difesa naturale della città, una città che sembra uscire dal mi-stero di una fiaba orientale. I Sassi di Matera rappresentano un ecosistema urbano straordinario, ca-pace di perpetuare, dal più lontano passato preistorico, i modi di abitare delle caverne, sino alla modernità e costituiscono un esempio eccezio-nale dell’utilizzo accurato nel tempo delle risorse della natura: acqua, suo-lo, energia.

Un territorio da scoprire E tutto ciò è davvero così unico e si trova solo qui, in Lucania, una regio-ne tutta da scoprire anche, grazie alle sue coste, dalla tirrenica alla ionica, con un mare incontaminato e tantis-sime località turistiche da esplorare e alle sue tradizioni, derivanti dalle diverse popolazioni che l’hanno at-traversata come i Greci, i Sanniti, i Romani, i Barbari, i Normanni. Questa regione offre una ricca ga-stronomia e vini di pregio, come l’A-glianico del Vulture. E per continuare con l’aspetto più naturalistico, il Parco nazionale del

Pollino, dove possono essere orga-nizzate bellissime escursioni in fuo-ristrada. Insomma, un territorio tutto da scoprire!

Natura e solo natura Natura e solo natura anche nel-la scelta della location: Ora Resort Nova Siri Congress & Spa, nuovissi-mo resort che sorge su una collina, che declina dolcemente verso il mare della costa ionica, a Nova Siri Mari-na. Il complesso alberghiero, ben ar-monizzato con l’ambiente circostan-te, in una vera oasi di verde, offre un servizio unico ed innovativo nel suo genere, coniugando gli aspetti tipici della vacanza da villaggio (animazio-ne, escursioni, intrattenimento) con quelli tipici dell’agriturismo (contat-to con la natura, eno-gastronomia). Duecentosettanta unità abitative, camere classic, suite, appartamenti, ampio parco, piscina 1.550 mq con idromassaggio, centro benessere, percorso vita e area giochi, centro sportivo, centro congressi, shop-ping center. (Prossima apertura: estate 2011 www.orahotelsgroup.eu <http://www.orahotelsgroup.eu> ). Vale la pena di provare!!!!

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Rendering di ORA Hotel di Nova Siri Marina

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Il PREMIO OSSO nel 2010 è giun-to alla ottava edizione.

Per riceverlo ci si deve confrontare con il giudizio “implacabile” degli addetti ai lavori del mondo congres-suale. Come noto l’ intento del CLUB dell’OSSO è quello di contribuire costantemente alla qualificazione e riqualificazione del settore congres-suale, dando un giusto riconosci-mento ufficiale, da parte degli utiliz-zatori, a quelle strutture italiane che hanno saputo cogliere le richieste e rispondere in modo globale alle esi-genze di coloro che organizzano gli eventi per le proprie Aziende. Dalla esperienza e verifica sul campo, ai Soci del CLUB dell’OSSO il com-pito di selezionare un certo numero di strutture, quali hotels, centri con-gressi, nonchè hotel di design e style. I criteri di valutazione delle nomina-tion sono stati: immagine, ospitali-tà, servizio ed infine assistenza.Successivamente il compito di vota-re è stato esteso a tutti coloro che, operando nel mondo congressuale, si sono registrati al nostro sito web, da mail aziendali.Numerosissimi i voti espressi, che ci hanno permesso poi di stabilire i vincitori.Il PREMIO OSSO 2010 quale Hotel Congressuale che ha risposto me-glio alle esigenze su indicate è stato assegnato all’ HOTEL PRINCIPE DI SAVOIA di Milano, gioiello italiano della Dorchester Collection. Il PREMIO OSSO 2010 quale miglior hotel di Design & Style è stato as-segnato all’ HOTEL MAISON MO-SCHINO di Milano. Dietro la facciata neoclassica della vecchia stazione

ferroviaria per Monza, in viale Mon-tegrappa c’è il nuovo Hotel Maison Moschino, inaugurato durante la set-timana della moda 2009.

PREMIO OSSO 2010

Club dell’Osso

dm&c - n 1 - 201152

[email protected]

Demetrio Minutilli

Il Principe di Savoia - Milano

I vincitori degli ultimi anni

2005 Meeting/incentive 1 Park Hotel Cappuccini - Gubbio2 The Westin Palace – Milano3 Hotel Quisisana – Capri Design & Style Bulgari – Milano

2006/2007 Meeting/Incentive Hotel Federico II – Jesi Design & Style Una Hotel Vittoria - Firenze

2008 Meeting/Incentive1 Grand Visconti Palace – Milano2 Grand Hotel Dino – Baveno3 Le Meridien Lingotto – Torino Design/Style 1 Nhow Hotel - Milano2 The Chedi - Milano

2009 Meeting/Incentice 1 Enterprise Hotel – Milano2 Marriott Hotel - Milano3 Executive Hotel – Milano Design & Style 1 NH Fiera Hotel – Rho 2 Una Hotel Versilia

2010 Meeting/Incentice Pricipe di Savoia – Milano Design & StyleMaison Moschino - Milano

Maison Moschino - Milano

Il Principe di Savoia di Milano è il vincitore della ottava edizione del Premio. L’Hotel Maison Mo-schino si aggiudica il premio Design & Style

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dmcFondato nel 1987

dm & comunicazione

Rivista di Direct Marketing, Marketing e Comunicazione d’ImpresaAutorizzazione tribunale n° 300 del 19/04/1991Sped. abb. post. 50% - Anno 24 - n°1 del 2011Prezzo di una copia 5 Euro Abbonamento annuale (6 numeri) 25 Euro - www.miabbono.com/dmc

Direzione, Redazione, Grafica, Amministrazione:Via Spallanzani 10 - Porta Venezia - 20129 Milano tel. +39.02.74.22.22.1 - fax +39.02.74.22.22.23e-mail: [email protected] - www.dmconline.it

Direttore Responsabile: Ugo Canonici ([email protected])Capo Redattore: Sarah CanoniciRedazione: Carlo Cremona, Grazia De Benedetti, Luca PalestraCoordinamento Redazionale e Grafica: Davide Canonici ([email protected])Editore Incaricato: Bruno Calchera

Collaboratori: Ancrea Boscaro, Fabrizia Vania Calzavara, Erminia Casadei, Ugo Clima, Pier Giorgio Cozzi, Antonio Ferran-dina, Valentina Guerra, Axel Lo Guzzo, Antonella Lucato, Ales-sandro Lucchini,Marco Maglio, Domenico Matarazzo, Demetrio Minutilli, Guido Montacchini, Ugo Perugini, Maurizio Quarta, Emiliano Ricci, Giovanna Risso, Margherita Ruggiero, Elena Schiavon, Mario Silvano

Pubblicità: Gestita direttamente dall’Editore ([email protected])tel +39.02.74 22 22.1

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Club C3:Il club per chi opera nel mondo della comunicazione d’impresa, ha come missione una corretta divulgazione della cultura della comunicazione.

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Qualora non vogliate ricevere più questa pubblicazione potete inviare una mail a [email protected] specificando nell’oggetto “cancellatemi dal data base”.

dmcComitato scientifico

Bruno CalcheraDirettore Generale del Banco Informatico e membro delegato del Tavolo del Terzo Settore della Regione Lombardia. Già Di-rettore U.O. della Comunicazione Istituzionale della Regione Lombardia. Giornalista. Direttore Marketing in case editrici. Consulente alla Comunicazione in Enti pubblici e privati. Im-pegnato in attività del Terzo Settore da più di 30 anni.

Mario Pasquero Dopo esperienze in aziende leader del Largo Consumo (Ferre-ro, Diageo, Paglieri) in ambito Marketing e Commerciale entra in Poste Italiane come Direttore Marketing di Postel e poi nella Capogruppo Poste. Oggi è consulente specializzato in Direct Marketing e Product/Trade Marketing per il Largo Consumo.

Marzia CuronePartner di “Relata”, Agenzia di Marketing e di Comunicazione di Relazione. Presidente del settore Direct Marketing di Asso-comunicazione, Coordinatore del Comitato Interassociativo Marketing Diretto.

Chiara GrosselliResponsabile del Marketing e delle Comunicazioni per l’IBM in Italia, delle Relazioni Esterne e della Fondazione IBM Italia. Collabora con diverse associazioni per sostenere l’imprendito-ria femminile. Ha vinto il Premio “Marisa Bellisario”.

Alessandro LucchiniGiornalista e copywriter, è autore di libri sulla comunicazione professionale. Tiene corsi di business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano.

Bruno Patrito SilvaFondatore e presidente di Direct Channel - con oltre 30 anni di esperienza, maturata prima nell’ambito di prestigiose azien-de leader dell’I.T. e trasformata successivamente in attività im-prenditoriale.

Mario SilvanoPresidente di Silvano Consulting, società di formazione, consu-lenza, marketing operativo, sviluppo quadri commerciali.Dal 1961 tiene corsi in Italia e all’estero. Autore di libri su mar-keting e vendita.

Roberto ValliniGià direttore della Comunicazione di AEM Milano, e vice Presi-dente della FERPI. Giornalista, Direttore del TG di Antennatre, è stato Portavoce del Presidente della Lombardia Roberto For-migoni, e Direttore Editoriale di Telereporter.

Michele FaldiDirettore dell’Alta Formazione e delle Alte Scuole dell’Univer-sità Cattolica del S. Cuore. Ha lavorato presso centri culturali ed istituti di ricerca e formazione in Italia e all’estero. Da sem-pre si è occupato di Higher Education.

Maurizio NichettiArchitetto, attore, sceneggiatore, regista di cinema, televisione e cartoni animati. Debutta nella regia cinematografica con RATATAPLAN a cui faranno seguito una decina di lungometraggi. Attivo anche nel teatro di prosa, nel teatro lirico e nel cinema d’animazione.

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Epifania, rientro dalle feste, torno in macchina da Parigi. A ogni coda in autostrada un cartel-

lo informa sulla lunghezza della coda. Ma non la chiama queue, la chiama bouchon > tappo. Questo mi porta a ragionare (i tappi-code sono lunghi e favoriscono la diva-gazione) sul rapporto tra causa-effetto: i francesi evidenziano la causa, il tappo, l’ingorgo; noi l’effetto, la coda. M’interrogo sul come mai, parto con elucubrazioni sulla cultura dell’Europa del nord e su quella del sud, ma non mi do soddisfazione. Mi viene in mente an-che Wittgenstein e le sue lezioni proprio su causa ed effetto, ma non volendo pro-curarmi un mal di testa mi riconcentro subito sulle notizie sul traffico e sulla noiosissima musica francese trasmessa. Poi smanazzando, becco una radio ita-liana e sento che oggi il presidente Na-politano va a Reggio Emilia (lì nacque il tricolore) a inaugurare le celebrazioni dei 150 anni dell’unità d’Italia. Ecco, lì il pensiero si ferma un po’. A pensare a questi 150 anni di Italia e di italiano. Già mezzo secolo fa, i primi 100 anni di unità, gli intellettuali dell’epoca - scrittori, giornalisti, amanti della lin-gua - avviarono una riflessione su come un secolo di unità aveva influenzato la lingua. Famoso, nel 1965, l’intervento di Italo Calvino, con un articolo su Il giorno (3 febbraio) dal titolo L’antilin-gua: “Ogni giorno - spiegava - per un processo ormai automatico, centinaia di migliaia di nostri concittadini tra-ducono mentalmente, con la velocità di macchine elettroniche, la lingua ita-liana in un’antilingua inesistente. Av-vocati, funzionari, ministeri, giornali e telegiornali scrivono, pensano, parlano nell’antilingua. Caratteristica principa-le dell’antilingua è quello che definirei il ‘terrore semantico’, cioè la fuga di fronte a ogni vocabolo che abbia di per se stes-

so un significato”; e che quasi induce chi la parla ad avere “paura di mostrare interesse per le cose di cui parla. Crede di dover sottintendere: ‘io parlo di que-ste cose per caso, ma la mia funzione è più in alto di ciò che dico e che faccio, la mia funzione è più in alto di tutto, anche di me stesso’.”.Tra un bouchon e l’altro mi chiedo: si è sgonfiata, in questi cinquant’anni, l’antilingua? Siamo guariti dal terrore semantico, che non fa chiamare le cose con i loro nomi, che spinge a ricercare termini altisonanti e artificiosi, a ruba-re parole all’inglese o ai linguaggi setto-riali, a tritare e ritritare vieti luoghi co-muni, magari per coprire la mancanza di un vero rapporto con la vita, e forse uno scarso rispetto per se stessi?Rispolvero dalla memoria il repertorio degli anni Settanta (cioè, come dire, di-ciamo, voglio dire, nel senso che), poi degli Ottanta (fatemi capire, nella mi-sura in cui), Ottanta (accattivante, in qualche modo), Novanta (performante e, naturalmente, nuovo millennio), ho un buco per il decennio appena trascorso ma mi riscatto con i tormentoni giorna-listici di questi mesi, tra le colluttazioni violente nei talk show sulle performance del premier, le bufere (meglio, gli tzuna-mi) della crisi, i video-choc sugli omici-di famigliari e così via. Sogno che le celebrazioni dell’unità d’Italia siano anche un’occasione per riflettere sulla nostra lingua. Dovessi-mo proprio abusare di qualche parola, propongo una lista, (in ordine alfabe-tico, solo per comodità): arte, bellezza, cultura, democrazia, diritti, etica, fidu-cia, gioventù, giustizia, lavoro, libertà, libro, linguaggio, natura, ospitalità, pace, parola, persona, politica, popolo, progresso, racconto, ricchezza, scrivere, scuola, solidarietà, stampa, storia, tas-se, uguaglianza. Manca la Z, mannag-gia. Meglio, la lista resta aperta.

Riflessioni in margine alle celebrazioni dell’unità

150 anni d’Italia e d’italiano

Pensiero Libero

dm&c - no1- 201154

di Alessandro Lucchini*

*Alessandro Lucchini, giornali-sta e copywriter, Autore di libri sulla comunicazione profes-sionale. Tiene corsi business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano. www.palestradellascrittura.it [email protected]

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