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- Capitolo Italiano del M.V.P.A. - Anno XX - N3/2012 Registrazione Tribunale di Mantova N. 3/93 del 1.2.1993 - Poste Italiane Spedizione in A.P. - 70% - Milano CAR AND WAR: LA STORIA CONTINUA ITALIA Army Motors www.imvcc.it

Army motors n3 2012

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LA COLONNA DELLA LIBERTÀ

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CAR AND WAR: LA STORIA CONTINUAITALIA

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SOMMARIO

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I T A L I A

Giornale dell’M.V.C.C.Capitolato Italiano del M.V.P.A.

Trimestrale - anno XX - N. 3/2012

Direttore responsabileJolanda Croesi

Registrazione Tribunale di Mantova N.3/93 del 1.2.1993TMB Grafiche s.r.l.

Via C.Cattaneo 19/21 Gorgonzola

Proprietario - Editore M.V.C.C.Sede Legale: P.zza Biade, 12 -

36100 Vicenza

M.V.C.C. Segreteria Via Mantova 13 - 10153 Torino - tel. 011/859526 -

fax/segreteria telefonica 011/2486590 E-mail: [email protected]

Realizzazione editorialeE.C. Editing

Direzione e redazioneE.C. Editing

Responsabile trattamento dati (Legge 675/96): Jolanda Croesi

PRESIDENTE Piero Brezza

VICEPRESIDENTELorenzo ScarlataCONSIGLIERI

Giulio Caimi, Enzo Caniatti (rivista sociale), Gustavo CappaBava (consulenza tecnica), Aurelio Sanmartino, Filippo Spadi (forum)

ARMY MOTORS ITALIA

Rievocazione Linea Gotica

53PAGINA

a r m y m o to r s

Raduno MVCC Ternavasso 3Walther P 38 17Mercatino 20Sertum MCM 500 Coloniale 21Car and War 31Foto archivio 37La jeep dei SAS 43 Rievocazione liberazione Linea Gotica 53

La jeep dei SAS

43PAGINA

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MEZZI STORIC I

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RADUNO IMVCC A TERNAVASSO

DOPO AVER OSPITATO LO SCORSO ANNO L'ASI MILISHOW, LA PRESTIGIOSA RESIDENZA DEI THAON DI REVEL SI È CONFERMATA

LUOGO IDEALE PER DIVERTIRCI CON I NOSTRI MEZZI MILITARIdi Enzo Caniatti e Jolanda Croesi

DOPO AVER OSPITATO LO SCORSO ANNO L'ASI MILISHOW, LA PRESTIGIOSA RESIDENZA DEI THAON DI REVEL SI È CONFERMATA

LUOGO IDEALE PER DIVERTIRCI CON I NOSTRI MEZZI MILITARI

TERNAVASSO 02

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MEZZI STORIC IRADUNO IMVCC A TERNAVASSO

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ARMY MOTORS ITALIA

Il sogno, trasformarla nella Bel-tring italiana, il primo passo,

proporla come appuntamen-to fisso dei raduni sotto l'egida dell'IMVCC dopo aver debuttato subito alla grande nel 2011 quale location d'eccezione per l'ASI Mi-lishow che quest'anno si è tenuto

a Varese. Parliamo di Ternavasso, vero "paese dei balocchi" per noi appassionati di veicoli militari. Im-maginate di avere a disposizione per giocare con i vostri mezzi un enorme comprensorio immerso in una natura incontaminata, che ospita all’interno una pista di atter-

raggio, un lago artificiale di 5 ettari e ogni genere di percorso in fuo-ristrada. Tutto questo è Ternavasso in comune di Poirino, a pochi chi-lometri da Torino, prestigiosa re-sidenza del conte Paolo Thaon di Revel, rappresentante di una dina-stia che affonda le radici nell’anti-

Per due giorni la prestigiosa residenza dei Thaon di Revel si è trasformata nel parco giochi degli appassionati di storia e mezzi militari. I prati sono stati invasi da decine di veicoli, tra i quali spiccavano numerosi mezzi in dotazione all'Asse.

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MEZZI STORIC IRADUNO IMVCC A TERNAVASSO

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MEZZI STORIC I

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LA L IBERAZIONE D I CANNES

RADUNO IMVCC A TERNAVASSO

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MEZZI STORIC I

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LA L IBERAZIONE D I CANNES

Per creare l’appropriata atmosfera, all’evento sonostati ammessi anche i gruppi rievocativi. I figuranti, in uniforme d’epoca, hanno ricostruito postazioni e accampamenti. A bordo dei veicoli hanno dato quel tocco di finzione scenica che non guasta quando si tratta diveicoli militari. Spettacolare la cavalcatanei campi appena mietuti.

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ARMY MOTORS ITALIA

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RADUNO IMVCC A TERNAVASSO

ca Provenza e annovera tra i suoi membri illustri personalità che hanno fatto la storia d’Italia. Paolo Thaon ha messo a disposizione la sua tenuta per organizzare una grandiosa due giorni all’insegna del puro divertimento. Non si può descrivere altrimenti la possibilità offerta ai partecipanti di testare i propri mezzi in situazioni capaci di esaltare le caratteristiche per le

quali un tempo erano stati costru-iti. Ecco le sparate a tutto gas sui tratturi dei campi di grano appena mietuti, gli impegnativi passaggi del tracciato in cava, la marcia in fuoristrada sui sentieri del bosco o, per i mezzi anfibi, la possibi-lità davvero rara di sguazzare in un “vero” lago. Il tutto in piena li-bertà, senza il pericolo che spun-tasse qualche “guardia del verde”

o qualcuno avesse da ridire per rumore, fumo e “attentato” alla quiete pubblica. Logico che una simile possibilità abbia attirato a Ternavasso numerosi appassionati e si siano potuti vedere in azione mezzi che generalmente riposano in box e capannoni o sfilano timi-damente in qualche commemora-zione storica, tanto solenne, ma anche alquanto noiosa.

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ALBUM

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CLICK!!

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TERNAVASSO

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MEZZI STORIC I

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ARMI STORICHE

Pistola d'ordinanza dell'esercito tedesco, meno celebre della Luger P08, si dimostrò sul campo di battaglia decisamente più affidabile.

Valida arma da combattimento, restò in servizio anche nel dopoguerra

ARMY MOTORS ITALIA

Pistola d'ordinanza dell'esercito tedesco, meno celebre della Luger P08, si dimostrò sul campo di battaglia decisamente più affidabile.

Valida arma da combattimento, restò in servizio anche nel dopoguerra

WALTHER P 38

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MEZZI STORIC IARMI STORICHE

18 Nella prima metà de-gli anni Trenta i tec-nici della Carl Wal-ther Waffenfabrik di

Zella-Mehlis, una località della Turingia, spronati dal successo ottenuto dai modelli PP e PPK calibro 7,65 Browning, iniziaro-no a sviluppare in gran segreto (all’epoca il trattato di Versailles impediva la produzione in Ger-mania di armi in questo calibro) una pistola 9 mm parabellum per impieghi militari dotata di scatto a doppia azione. Nel 1936, dopo alcuni anni di sperimentazioni, apparve il modello Armee Pisto-le, che venne esaminato dal Waf-fen Amt (l’ufficio armi dell’eserci-to tedesco), che tuttavia espresse un parere negativo a causa della presenza del cane interno. Così, modificando questo particolare, si pervenne nel 1937 alla cosid-detta “MP Militar Pistole” e alla successiva “HP Heeres Pistole” che, con alcune modifiche non sostanziali, venne adottata nel

1940 dall’esercito tedesco sot-to la denominazione di “Pisto-le Modell 1938”, universalmen-te nota con il nome di P38. La nuova pistola d’ordinanza della Wehrmacht aveva delle caratteri-stiche rivoluzionarie per l’epoca: il suo sistema di funzionamen-to, basato su uno scatto a doppia azione, rappresentava infatti una grande novità per un’arma mili-tare. A questo era stato abbinato un congegno di abbattimento del cane, fatto che consentiva di inse-rire il colpo in canna, disarmare automaticamente e in completa sicurezza la pistola e, in caso di necessità, esplodere il primo col-po con la semplice pressione del grilletto, senza dover disinserire la sicura o, peggio ancora, dover arretrare il carrello. In altre paro-le, caratteristiche che oggi appa-iono assolutamente “normali”, e che erano sì presenti già all’epo-ca, ma in armi diverse, vennero con la Walther P38 per la prima volta utilizzate tutte insieme in

una pistola militare. Tuttavia l’ori-ginalità di quest’arma non si fer-ma al suo congegno di scatto: il sistema di chiusura infatti fa uso di un blocchetto oscillante che viene alloggiato sotto la canna in corrispondenza della camera di cartuccia e che si inserisce in due recessi posti sui lati del carrello. Questo sistema, presente anco-ra oggi su una pistola di grande successo come la Beretta serie 92, consente alla canna il solo movimento rettilineo, e garanti-sce così una miglior precisione. Per contro, le pistole dotate di chiusura a blocchetto oscillante devono avere un carrello di con-gruo spessore, poiché è sui lati di questo che vengono ricavati i recessi atti a ospitare i due tenoni deputati a mantenere la chiusura durante la prima fase di arretra-mento del carrello dopo lo sparo. Il funzionamento della P38 è a chiusura stabile a corto rinculo di canna: quando parte il colpo, canna e carrello arretrano insie-

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MEZZI STORIC IARMI STORICHE

19 me per alcuni millimetri fino a che un pistoncino posto dietro al blocchetto di chiusura non fa ab-bassare quest’ultimo liberando il carrello che così può continuare la sua corsa retrograda compien-do le operazioni di estrazione ed espulsione del bossolo e di came-ramento della nuova cartuccia. Molto efficace, come già detto, è il sistema di sicura, che consente l’abbattimento del cane in ma-niera automatica: in esemplari ri-salenti agli ultimi anni di guerra, tuttavia, è possibile che il blocco del percussore (che quando vie-ne inserita la sicura impedisce a quest’ultimo di colpire l’innesco della cartuccia presente in came-ra sotto l’azione del cane) a causa della cattiva qualità dei materiali utilizzati si rompa, facendo così partire il colpo nel momento in cui si inserisce la sicura. Continuiamo l’esame dei sistemi di sicurezza: nella parte posterio-re del carrello sporge un indica-

tore di colpo in canna, mutuato dal modello Walther PP, che con-sente al tiratore di rendersi conto se l’arma è pronta a fare fuoco o se deve essere arretrato il carrello per camerare una cartuccia. Tra le caratteristiche meno positive della P38 troviamo il fermo del caricatore posto alla base dell’im-pugnatura – soluzione che im-pone l’uso di entrambe le mani per toglierlo dalla sua sede – e una certa fragilità delle molle di recupero, che sono due, poste ai lati del fusto, esse non dovrebbe-ro mai essere smontate poiché è molto facile danneggiarle. Occorre fare attenzione anche al-la copertura dell’avviso di arma carica (supporta pure la tacca di mira) che talvolta tende a separar-si dall’arma durante l’uso, specie se vengono impiegate cartucce a elevata pressione, quali, per esempio, le cosiddette “testa ne-ra” tedesche della seconda guerra mondiale, sviluppate per l’im-

piego nelle pistole mitragliatrici MP38 e MP40 e vere e proprie “bestie grame” delle P38, che mal sopportavano le sollecitazioni di queste particolari munizioni, all’epoca estremamente diffuse e quindi facilmente reperibili sul campo di battaglia.La Whalter P38, introdotta a par-tire dal 1940, fu comunque una delle migliori pistole d’ordinanza della seconda guerra mondiale: affidabile, meno costosa della Luger P08, di facile utilizzo e manipolazione, è rimasta in ser-vizio nelle forze armate tedesche anche nel dopoguerra e rappre-senta il capostipite di una serie di pistole che, soprattutto a partire dagli anni Settanta, hanno inva-so il mercato internazionale: le “doppia azione” di grosso calibro. Un’arma rivoluzionaria, dunque, destinata a lasciare un’impronta indelebile dietro di sé anche sen-za avere il fascino della blasonata Luger P08.

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MEZZI STORIC I

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MEZZI STORIC I

L'esercito italiano non aveva in dotazione soltanto Moto Guzzi e Gilera, ma anche un'altrettanto valida mezzo litro, realizzata dalle Officine Meccaniche Fausto Alberti, ricca di sofisticate soluzioni tecniche

Fausto Alberti era un per-fezionista, stregato dalla meccanica di precisio-ne. Iniziò l’attività nel

1922 realizzando attrezzi e mac-chine utensili di alta qualità. Ma nel 1931 decise di affiancare alla produzione una nuova attività, Sotto la sua guida, furono prepa-rati dall’ufficio progetti i disegni di una motocicletta che doveva essere superiore in raffinatezze tecniche a quanto disponibile sul mercato. La prima moto costruita

dalle Officine Meccaniche Fausto Alberti fu un modello dotato di motore monocilindrico verticale, distribuzione a valvole laterali e cambio a tre velocità, con telaio in tubi rigido e la forcella anteriore a parallelogramma deformabile. Ottenne un immediato successo, tanto che Alberti decise in breve tempo di dedicarsi esclusivamen-te alla produzione motociclistica. Nacque così la Sertum, nome sug-gerito dal suocero, che in latino significa corona. Nei primi tempi

molti italiani la scambiarono per una marca straniera: e il disguido contribuì al suo successo. Nel cor-so degli anni Trenta le Sertum - prodotte negli stabilimenti di viale Certosa a Milano che contavano su macchinari moderni di alta precisione e su personale estrema-mente preparato -, conquistarono una notevole popolarità, sostenu-ta anche dagli eccellenti risultati ottenuti in campo agonistico. Nel 1939, ultimo anno di pace per l’Italia prima dell’entrata in guerra,

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L'esercito italiano non aveva in dotazione soltanto Moto Guzzi e Gilera, ma anche un'altrettanto valida mezzo litro, realizzata dalle Officine Meccaniche Fausto Alberti, ricca di sofisticate soluzioni tecniche

Fausto Alberti era un per-fezionista, stregato dalla meccanica di precisio-

dalle Officine Meccaniche Fausto Alberti fu un modello dotato di motore monocilindrico verticale,

molti italiani la scambiarono per una marca straniera: e il disguido contribuì al suo successo. Nel cor-

SERTUM MCM 500 C0LONIALE

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la Sertum occupava un’importante posizione sul mercato nazionale e grazie all’abile direttore commer-ciale Mario Albini era riuscita ad ottenere anche alcune importan-ti commesse militari, spezzando l’egemonia di Moto Guzzi e Gile-ra. L’esercito scelse la nuova 500

monocilindrica che venne adat-tata all’impiego bellico ed inviata ai reparti. I soldati del corpo di spedizione in Africa furono tra i primi a cavalcarle. L'esemplare fo-tografato è del 1940, identico al civile di quegli anni, ma semplifi-cato rispetto ai modelli di serie che

lo avevano preceduto, in ossequio alle normative sull’unificazione dei veicoli entrate in vigore per renderne più facile l’adattamen-to all’impiego militare. Un adat-tamento che prevedeva tra l’altro l’eliminazione della batteria e il comando dell’acceleratore a le-

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MEZZI STORIC IMEZZI STORIC I

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vetta anziché a manopola girevo-le, perché più facile e intuitivo. Vi era poi leva dell’anti indietreg-gio, dispositivo comune su tutte le moto militari italiane, che serviva nelle salite più ripide e che fun-zionava semplicemente grazie a un dentino che si agganciava alla

corona della ruota posteriore: an-dando avanti saltellava sui denti della corona e se ci si arrestava impediva che la moto andasse in-dietro. Insomma un antesignano sistema meccanico degli attuali dispositivi elettronici presenti su molte vetture di ultima generazio-

ne. Utili anche le pedane partico-lari che consentivano di guidarla anche con pesanti scarponi; non-ché il cambio con leva manuale al serbatoio, scelto per due motivi: innanzitutto era il più diffuso pu-re in ambito civile. E poi era più pratico rispetto a quello a pedale

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Sopra, Il cambio manuale a leva è a quattro marce.A sinistra, l'impianto frenante a tamburo di generose dimensioni. Nellla pagina accanto, il manubrio ripiegabile del secondo. Una dotazione tipica delle moto militari che permetteva al passeggero una eccellente presa per restare saldamente in sella.

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che richiedeva per essere aziona-to una certa sensibilità del piede, cosa impensabile attraverso stivali e scarponi militari. Il fanale aveva i comandi unificati e il carburato-re dotato di grosso filtro per l’aria con paglietta metallica al suo in-terno sostituiva il cornetto di aspi-

razione tipico delle moto civili di quegli anni. Tuttavia la Sertum, ri-spetto agli analoghi modelli Moto Guzzi e Gilera, presentava alcune raffinatezze tecniche difficilmente riscontrabili su un modello milita-re: come la sofisticata sospensio-ne posteriore realizzata con una

mezza balestra che riprendeva un po’ la logica di quelle automo-bilistiche, ma era posizionata in verticale. Il motore, rispettando le specifiche militari, aveva la distri-buzione a valvole laterali, ritenuta dall’esercito più robusta e sempli-ce da mettere a punto di quella a

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valvole in testa presente sui mo-delli sportivi della Casa milane-se. Unici interventi: la riduzione della compressione per consentire l’uso di benzina normale a basso numero di ottani. La potenza era di circa 13,5 CV a 4000 giri/min. e la velocità massima di 73 km/h per la versione biposto e 77 km/h per la versione singola, più legge-ra e dotata di rapporti al cambio

leggermente più lunghi. La Sertum fallì nei primi anni Cinquanta, si dice perché Fausto Alberti si era ostinato a costruire moto troppo sofisticate e costose per l’epoca. Sta di fatto che scomparve gran parte della documentazione. Ed è quindi difficile stabilire quante Sertum militari furono prodotte e quali reparti le ebbero in dotazio-ne. Si suppongono commesse per

3000-4000 esemplari. Per stabilire chi le utilizzò, le uni-che fonti sono costituite dalle rare foto e dagli altrettanto rari filmati d’epoca. In uno di questi si vedo-no alcune Sertum che guidano la parata di decine di Moto Guzzi e Gilera e che sfilano davanti alle autorità del regime durante l’occu-pazione di Nizza.

(segue a pagina 30)

La vista posteriore mette in risalto la targa del Regio Esercito e il robusto portapacchi con le capienti borse in tela.

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Sopra, la forcella anteriore, particolarmente robusta, con molla centrale. Ammortizzatori e frenasterzo regolabili a mano. A sinistra, primo piano sulla placca con il fascio littorio del Regio Esercito.

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Sopra, in ossequio alla normativa sull'unificazione dei veicoli per renderli più adatti all'impiego militare, il comando dell'acceleratore è a levetta anziché a manopola girevole. A fianco, sulla sinistra del manubrio le levette dell'anticipo manuale e sotto di esse il comando dell'anti indietreggio. A destra. il motore monocilindrico.

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La distribuzione è a valvole laterali, ritenuta dall'esercito più robusta e semplice da mettere a punto che non quella in testa.

(segue da pagina 26)Fatto curioso: le moto hanno la mitragliatrice Breda 30 montata sul canotto. Viene spontaneo do-mandarsi come facessero a guida-re con tutto quel peso sullo sterzo. Più razionali erano gli attacchi al posto del sedile per il secondo passeggero per fissare sulla sinistra la Breda 37, sulla destra il caval-letto e sul portapacchi la cassetta delle munizioni. Un sistema piut-tosto complesso e poco pratico quando si era sottoposti al fuoco

nemico. Spesso, finiti i 300 colpi di ordinanza, si doveva fuggire e non c’erà il tempo materiale di smontare e riagganciare alla moto l’arma, che veniva così abbando-nata. Tanto più che la canna era rovente e, come era posizionata, ustionava la gamba. Le ebbero in dotazione tutti i Corpi, in partico-lar modo i bersaglieri, e furono utilizzate anche durante la Re-pubblica Sociale. Esiste una foto, non molto nitida, che mostra una Sertum, con mimetismo a chiazze

come si usava nel periodo, ritrat-ta accanto a un soldato tedesco. Da notare che, durante il conflitto, Alberti continuò a migliorare le proprie moto. Acquistò in Germa-nia torni di altissima precisione con i quali realizzò un sofisticato accoppiamento tra ingranaggi e albero a forma di triangolo con gli angoli smussati. Il disegno fu impiegato al posto della corona quando nel 1946 l’Italia diventò una Repubblica.

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STORIA DELLE AUTO MIL I TAR I 1900-1945

Tra le più originali costruzioni realizzate per impiego militare, un posto di primo piano spetta al trattore pesante campale Pavesi P4. Nella foto il modello 31 o L 140 realizzato nel 1931, si distingueva per le contenute dimensioni.

Mentre Heinz Guderian affi-nava l'impiego delle Pan-zerdivisionen, in Italia il Regio Esercito era ancora in fase di ammoderna-

mento. Nonostante la spinta "fascista" esi-stevano ancora forti resistenze in seno agli alti quadri a meccanizzare completamen-te le truppe. In compenso il regime aveva fortemente favorito l'industria motoristica. Questo si era tradotto nella nascita di mo-derne strutture produttive in grado di sop-perire alle esigenze sia civili sia militari. Nel 1929 fu fondato il Consortium Fiat con

lo scopo di vendere i veicoli commerciali e industriali della stessa Fiat, della SPA e della Ceirano, entrambe entrate nell'or-bita del futuro colosso torinese. Fu anche ideato, attraverso la SAVA, un sistema di rateazione che contribuì al rapido ammo-dernamento del parco circolante. L'offerta comprendeva una decina di modelli e due di questi, il tipo leggero SPA 25 C 10 e il ti-po pesante Ceirano 50 CM, destarono l'in-teresse dei militari, alla ricerca di veicoli capaci di sostituire modelli ormai obsoleti come il Fiat 15 Ter, impiegato durante la Prima Guerra Mondiale. Fu rimpiazzato

La storia a puntate delle auto con le stellette: dai primi tentativi di impiego bellico, al debutto nella Prima Guerra Mondiale, alla

consacrazione nella Seconda. Mezzo secolo di auto fuori dall'ordinario

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dallo SPA 25 progettato nel 1925. Rispet-to al suo predecessore presentava alcune sostanziali migliorie: portata aumentata da 1500 a 2500 chili, piano di carico più spazioso, motore, nonostante una forte riduzione della cilindrata, più potente. Come avvenuto per il 15 Ter, l'autotelaio fu utilizzato per una serie di veicoli spe-ciali destinati agli impieghi più svariati. La versione base era caratterizzata dal casso-ne in legno (piano di carico 2,90 x 1,68 metri) che a sua volta poteva essere dotato di due tipi di cabina: una chiusa con tet-tuccio rigido e portiere di accesso laterali, e una aperta, ricopribile mediante un ten-done impermeabile e priva di portiere. Le varianti erano rappresentate dai furgoni metallici: l'ambulanza con capacità di sei barelle, l'autofrigorifero e l'autofficina. Il carro normale a cassone poteva essere do-tato di una piccola gru e trasformarsi così in mezzo di soccorso. A volte veniva at-trezzato con scivoli posteriori che permet-tevano il carico di quadrupedi operanti nei reparti di cavalleria o artiglieria a cavallo.

I successori dei Fiat 18 BL e BLR furono i Ceirano 47, introdotto nel 1925, e il 50. I due modelli adottavano il medesimo mo-tore quattro cilindri a benzina di 4720 cc di cilindrata, in grado di erogare una po-tenza di 53 CV. Si trattava tuttavia di due veicoli profondamente diversi. Il primo era dotato di gommatura pneumatica ad alta presssione. Aveva un passo leggermente allungato e un cassone più corto. Ma so-prattutto disponeva di diversi rapporti di trasmissione, per cui poteva raggiungere una velocità prossima ai 100 km/h contro i 50 km/h del 50 CM, anche se con circa la metà del carico. Fu quindi destinato ai re-parti celeri. Il 50 era invece il tipico mezzo da trasporto in retrovia, robustissimo e ca-piente, ma decisamente lento. Fu impiega-to nelle autosezioni pesanti delle divisioni di fanteria e del genio per il trasporto di ca-richi consistenti. Il tipo normale, fornito di cassone lungo 3,88 metri, poteva avere la cabina aperta e ricopribile con il solito telo impermeabile, oppure metallica e chiusa. La meccanica e lo chassis furono utilizzati

Sopra, i Ceirano 50 furono allestiti, agli inizi degli anni Trenta, con speciali piattaforme in grado di ospitate un pezzo da 75in funzione antiaerea. 24 autocannoni furono impiegati in Africa Orientale.Nella pagina a fianco la locandina che pubblicizzava il Consortium Fiat.

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come base per sviluppare alcuni carri spe-ciali. Tra questi spiccava il modello carroz-zato furgone chiuso, con fiancate apribi-bili orizzontalmente a libro, e trasformato in officina autocampale per le riparazioni sul terreno dei mezzi in avaria. Altra tra-sformazione interessante fu l'allestimento di una piattaforma per pezzi contraerei da 75. L'autocannone così ottenuto, allestito dalla Viberti di Torino a partire dal 1927, era simile al carro normale, ma aveva un telaio irrobustito, un cassone metallico e sponde laterali ribaltabili durante le azioni di fuoco ed era dotato di numerosi cari-camenti esterni, nonché di cofani ad alve-are per i proiettili di primo impiego, per un totale di 96 colpi. L'affusto a candelie-re del pezzo era fissato sulla piattaforma e il veicolo, tra cabina di guida, due se-

dili ribaltabili e una panchetta trasversale all'estremità posteriore, era in grado di trasportare otto uomini. Per migliorare la stabilità di tiro era provvisto di una serie di dispositivi, colonnette, zampe, tiranti me-tallici che fissavano rigidamente il pianale del cassone con le ruote e con il terreno. Sul fronte più automobilstico si adattarono all'impiego militare sia le vetture sia i fur-goni civili. Tra questi ultimi da ricordare il Fiat 507 FA (Forze Armate) del 1926, che derivava dall'omonima automobile, mos-sa da un motore quattro cilindri a valvole laterali di 2997 cc in grado di sviluppare 35 CV a 2000 giri/min. Alcuni anni più tardi fu realizzato il camioncino Fiat 618 M coloniale, che altro non era se non la trasformazione della vettura Ardita 2000, di cui utilizzava il propulsore a valvole la-

Sopra, il Ceirano 50 CM, nato come autocarro pesante per ogni tipo di trasporto strategico in retrovia. Robustissimo e capiente, era però decisamente lento. Nella pagina a fianco, la torpedo cique posti Fiat Ardita 2000 C, a passo corto, fu la vettura preferita dagli alti ufficialiprima della guerra.

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terali di 1944 cc di cilindrata. Della vet-tura non era però conservata la calandra a spartivento che era stata nel 1932 una novità per la Fiat. Per alcuni anni, a parti-re dal 1933, la Casa torinese si aggiudicò una specie di monopolio nella fornitura di automobili per le forze armate, destinando a questo scopo le macchine di più moder-na concezione che venivano costruite nel moderno impianto del Lingotto. Il modello che ottenne un immediato apprezzamento dai vertici militari fu la 518 C Ardita 2000, realizzata per gli spostamenti degli ufficia-

li superiori. Derivava dalla 518 civile, lan-ciata un anno prima sia in versione berlina sia torpedo, a passo lungo (3 metri) e corto (2,70 metri) La versione militare era una ro-busta torpedo, passo corto, a cinque posti, quattro portiere incernierate alle estremità anteriore e posteriore e pertanto apribili a libro, ruote di scorta ancorate sui para-fanghi anteriori, possibilità di installare un pratico baule amovibile sopra un sostegno metallico ribaltabile, fissato dietro al vei-colo. Il motore, di 1758 cc di cilindrata era derivato dal modello Sport. (continua)

Anche la Fiat 508 "Balilla" spider a tre marce fu chiamata a svolgere il servizio militare. Qui vediamo una esibizione di collaudo su un terreno particolarmente impegnativo. Da notare la guida a destra, tipica dei modelli dei primi anni Trenta.

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FOTO ARCHIVIOCANNONI D'ASSALTO

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La necessità aguzza l'ingegno.Di fronte al problema di come utilizzare gli chassis dei carri leggeri e medi di modello ormai obsoleto, i tedeschi risposero realizzando una nuova, temibile arma: lo Sturmgeschütz, ovvero il cannone d'assalto. Sopra, uno Stug III Ausf. B in azione nel settembre 1940. A lato, i primi modelli erano muniti di un pezzo da 75 mm lungo 24 calibri. Nella pagina a fianco: uno Stug Ausf. B durante l'attacco alla Russia.

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L'evoluzione imposta dal campo di battaglia portò all'adozione di un cannone lungo 43 calibri, di tipo a caricamento automatico, a sua volta sostituito da altro modello lungo 48 calibri. Sopra, Stug 40 Ausf.G dotato di Schürzen, ovvero le piastre di protezione sui fianchi contro gli attacchi ravvicinati della fanteria. A lato, uno Stug 40 in azione in Ucraina nel 1942. Nella pagina a fianco, in evidenza la protezione Zimmerit anti mine e la cupola del capocarro.

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Nelle fasi finali del conflitto gli Stug, dotati di cannoni sempre più potenti, si dimostrarono degli eccellenti cacciacarri.

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Per duttilità e praticità d'impiego, lo Special Air Service adottò la jeep come mezzo di pronto impiego, trasformandola in una temibile postazione di fuoco mobile. L'affascinante riproduzione di un socio

Ventisei luglio 1942, do-po diversi giorni di guida nel deserto libico scor-tati dal Long Range De-

sert Group, quaranta uomini dello Special Air Service britannico a bordo di diciotto jeep armate fino ai denti si appostano sulle alture prossime all’aeroporto tedesco di Fuka, in attesa del buio. A notte fonda, sfruttando la luna piena, il gruppo entra in azione attaccando il nemico di sorpresa: la combina-zione di mitragliatrici Browning

e Vickers è in grado di produrre una potenza di fuoco devastan-te, cinquemila colpi al minuto. La debole reazione tedesca è ben presto annientata, nel giro di quin-dici minuti più di trenta velivoli sono distrutti e almeno altrettanti seriamente danneggiati, le perdite ammontano a un caduto e una je-ep persa… Il bilancio complessivo dei raid portati a termine dai SAS a bordo di jeep nel deserto occiden-tale riporta più di quattrocento ve-livoli dell’asse messi fuori combat-

timento, ai quali vanno aggiunti danni ingenti a mezzi, armamenti e strutture: un risultato ecceziona-le, considerando l’esiguità dell’or-ganico effettivo. Il capitano Stir-ling, comandante dei SAS, intuì fin dai primi mesi del 1942 che le jeep si prestavano meglio di ogni altro mezzo per la tipica missio-ne, che durava spesso quindici giorni e richiedeva una autonomia di almeno mille chilometri in ter-ritorio desertico, corrispondenti a circa duecentocinquanta litri di

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Per duttilità e praticità d'impiego, lo Special Air Service adottò la jeep come mezzo di pronto impiego, trasformandola in una temibile postazione di fuoco mobile. L'affascinante riproduzione di un socio

Ventisei luglio 1942, do-po diversi giorni di guida nel deserto libico scor-

e Vickers è in grado di produrre una potenza di fuoco devastan-te, cinquemila colpi al minuto.

timento, ai quali vanno aggiunti danni ingenti a mezzi, armamenti e strutture: un risultato ecceziona-

LA JEEP DEI SAS "CHI OSA VINCE"

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Sopra, la jeep riprodotta da Patrick Tedeschi, numero di registrazione WD 4822478, in una delle tre foto originali conosciute, disponibili all’Imperial War Museum di Londra.

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Sopra, si nota come le jeep SAS fossero spogliate di ogni particolare superfluo: mancano i maniglioni posteriori, i catarinfrangenti. Le ruote di scorta sono appoggiate direttamente ai paraurti. A sinistra, notare il supporto mitragliatrice che attraversa la scocca e la Vickers brandeggiabile dal guidatore. Nella pagina accanto in alto, paradossalmente non c’e’ traccia di bidoni benzina inglesi: le quindici taniche erano “jerrycan” tedesche, italiane o americane. Sotto, gli effetti personali e i sacchi a pelo erano contenuti in sacche fissate all’esterno della jeep.

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benzina e cento d’acqua per ogni veicolo. L’allestimento compren-deva circa quindici taniche, un va-so d’espansione per il radiatore, svariati supporti per le armi, due ruote di scorta, due grelle di tipo inglese e una bussola solare, più raramente una bussola magnetica aeronautica. Le gomme anteriori erano le standard 6.00x16 NDT,

mentre le posteriori avevano un battistrada liscio, adatto per la sab-bia. Ogni particolare non stretta-mente necessario veniva rimosso, principalmente per aumentare il carico utile. L’armamento variava da veicolo a veicolo, ma consisteva essenzial-mente in una serie di mitragliatrici di derivazione aeronautica mon-

tate in modo da consentire di spa-rare sia al guidatore che al naviga-tore, fronte marcia e all’indietro. Completavano il corredo bellico delle bombe a mano e pistole. Il colore di base applicato alle jeep era lo “stone yellow” inglese, sul quale erano applicate macchie di mimetismo marrone.

(segue a pagina52)

Le grelle da disinsabbiamento di tipo inglese e i paraurti montati sotto-sopra per un migliore appoggio delle due ruote di scorta.

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Sopra, notare sulla sinistra la bussola di tipo aeronautico e il manico della pala inglese fissata con un cordino. A sinistra, primo piano sulle grelle da disinsabbiamento indispensabili per il deserto.

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Sopra, il vaso di espansione del radiatore era di dimensioni notevolmente maggiori rispetto a quello del “desert kit” americano.A sinistra, la mitragliatrice pesante anteriore era in grado di provocare gravi danni al nemico. La coppia di Vickers K montata al posteriore, risultava efficacissima nel proteggere la ritirata.

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Notare la mascherina segata e la targa “WD 4822478”. Davvero notevole la cura e la corrispondenza storica di ogni dettsglio.

(segue da pagina 48)Ad oggi non si conoscono esem-plari di jeep SAS originali, ma fortunatamente esiste parecchio materiale fotografico dell’epoca e pertanto è possibile ricavare la documentazione necessaria a de-finire ogni dettaglio. Le repliche in circolazione sono parecchie, in In-ghilterra è stato creato addirittura un gruppo di ricostruzione storica dedicato al LRDG e ai SAS ( www.

lrdg.org). L’esemplare presentato in queste pagine, ricostruito da un nostro socio, è il frutto di tre anni di lavoro di ricerca e restauro. La jeep è una Ford “script” dell’aprile 1942 e rappresenta un punto di riferimento per la cura maniacale dei particolari. Sul lato passeggero monta una Browning calibro 50 con un piedestallo artigianale che attraversa la scocca per andarsi ad ancorare al telaio, una coppia di

Vickers “K” rivolta verso il lato po-steriore e una Vickers “K” singola brandeggiabile dal guidatore. Per chi fosse interessato consiglio il libro “Dietro le linee di Rommel. L’altra guerra nel deserto delle truppe speciali britanniche” di Gordon John W., edito da Editrice Goriziana: contiene diverse foto originali e descrive molto bene le missioni e la storia dei SAS.

Gustavo Cappa Bava

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67° LIBERAZIONE FORTE DEI MARMI

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Le proibitive condizioni meteo hanno costretto gli organizzatori a rimandare il classico appuntamento rievocativo della liberazione della

Linea Gotica, che si è tenuto con pieno successo a inizio estate

Si sarebbe dovuta svolgere nei giorni 13,14,15 apri-le 2012 la rievocazione della liberazione di Forte

dei Marmi e Montignoso, ma le condizioni meteo sfavorevoli ce lo hanno impedito per cui tutto è stata rimandato al 8, 9 e 10 giugno 2012. Nel vasto campo base fian-

cheggiato dal viale Litoraneo sono state allestite varie tende, scavate trincee e organizzate postazioni militari per rendere il più reale possibile il sito della rievocazione storica. Quest’anno dopo la Jeep in “Cassa” dell’anno scorso, c’è stata una novità oltremodo originale ed interessante. Da una idea del ns.

Presidente Marco Giandomenici, è stato costruito fedelmente in sca-la 1/1, con una struttura di legno, un bunker tedesco di osservazio-ne identico a quelli in cemento armato presenti all’epoca sulla Linea Gotica. Posizionato all’in-gresso del campo era ben visibile dal viale a mare e ciò a fatto si che

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Sopra, clou della manifestazione è stato quest'anno la fedele ricostruzione in scala 1/1, con una struttura in legno, di un bunker tedesco di osservazione identico a quelli in cemento armato presemti all'epoca sulla Linea Gotica.

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le auto si fermassero e le perso-ne entrassero a visitare incuriosite l’intero campo, allestito con cura, in cui si potevano vedere decine di veicoli della II G.M. dalle Jeep ai Dodge ai GMC, all’ambulanza ai cingolati fino al carro armato Sherman dell’amico Assolari. Un collezionista locale ha organiz-zato all’interno del Bunker un centralino telefonico originale te-

desco perfettamente funzionante collegandolo con varie postazioni all’interno della base.Non sono mancati una Fiat 514 d’epoca ed un OM autocarretta di Cardella della compagine lucche-se sempre presente in tali occasio-ni con i propri mezzi militari.Venerdì pomeriggio il campo era già operativo ed iniziava l’arrivo dei primi veicoli,il sabato mattina

la prima uscita degli automezzi ha portato molti partecipanti in loca-lità Pasquilio, situata nelle mon-tagne tra Massa e Montignoso e teatro di duri combattimenti tra tedeschi ed americani durante lo sfondamento della Linea Gotica nell’aprile del 1945. Da lì era visi-bile un panorama che spaziava dal verde della vallata all’azzurro del mar Tirreno.

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Nel pomeriggio una colonna di oltre 50 veicoli militari, com-presi i cingolati e l’immancabile Sherman, hanno effettuato una imponente sfilata nel centro di Forte dei Marmi, con deposizione di una corona al monumento dei caduti alla presenza delle Autorità Civili e Militari della città.Un pubblico numerosissimo, qua-si incredulo, osservava e com-mentava le uniformi dei Reenec-tors ed i mezzi, per non parlare

dei bambini che con espressioni di sorpresa a colonna ferma, vo-levano salire sui veicoli storici mi-litari per una foto ricordo. Dopo qualche ora rientro alla base per prepararsi alla cena di Gala orga-nizzata presso Hotel Nedy a Ma-rina di Massa, dove ci attendeva l’aperitivo a bordo piscina ed una deliziosa cena in un bellissimo sa-lone sfavillante di luci ed uniformi d’epoca che rendevano l’ambien-te carico di simpatia e conviviali-

tà. Molte le signore in meraviglio-se uniformi o abiti civili in stile anni 40 che davano un tono di eleganza e femminilità all’evento. A tarda ora tutti a dormire perché la domenica mattina ci attendeva un’altra sfilata nel centro di Mon-tignoso dove una folla plaudente ha fatto da cornice alla rievoca-zione. Visita ad una bella mostra fotografica e di cimeli inerenti la II G.M..Deposizione al cimitero co-munale dove riposa il Comandate

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Sopra, un collezionista locale ha allestito all'interno del Bunker un centralino telefonixo originale tedesco perfettamente funzionante collegandolo con varie postazioni all'interno della base.

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Partigiano dei Patrioti Apuani Pie-tro Del Giudice, primo prefetto della Città di Massa liberata.Rientrati al campo base abbiamo pranzato e nel pomeriggio un nu-merosissimo pubblico si aggirava nella area storico rievocativa per vedere i veicoli e le strutture al-lestite. Suggestivi gli spettacoli proposti al pubblico, con le ma-novre del carro armato Sherman in campo aperto e dei cingola-ti, oltre alla rievocazione di una colonna americana composta da

jeep, dodge e GMC, preceduti da una squadra di sminatori che simulavano il disinnesco di una mina permettendone l’avanzata in territorio nemico.Lo spazio enorme del campo ci ha permesso di delimitarne una parte che abbiamo destinato al divertimento dei bambini e non solo. Con una offerta di qualche euro potevano fare un giro ai bambini sulle Jeep messe a dispo-sizione da alcuni soci della Linea Gotica Tirrenica. Tale iniziativa,

che ha avuto un grande consenso del pubblico, ci permette di fare beneficenza ad istituti ed Onlus che si occupano di persone biso-gnose di aiuto. A tarda sera della domenica c’e stato il commiato, che e sempre un po’ triste, ma re-sta l’impegno di rincontraci alla prossima occasione.Un cordiali saluto ed un ringra-ziamento a tutti i partecipanti

Linea Gotica TirrenicaEgidio Alberti

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