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Supplemento al n. 33 de “La Rassegna” del 19 settembre 2013 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - ? 2,60 settembre 2013 9 771826 772006 30007 IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO Expo, Bergamo prepara il rilancio della “Polenta taragna orobica”

Affari di gola settembre 2013

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in rassegna sapori, gusti e piaceri del territorio bergamasco

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Expo, Bergamo prepara il rilancio della “Polenta taragna orobica”

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Caffetteria il Nome - Stezzano

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PENNa aLL’arraBBiaTaVa bene la lotta all’evasione, ma inseguire il panettiere forse è troppo

La ProPosTa“Polenta taragna orobica”, Bergamo prepara il rilancio

iL diBaTTiToBirre artigianali, ma il prezzo è giusto?

PosTa E risPosTaSagre e ristoranti, la polemica torna in tavola

La NoviTàA Malpaga la locanda dei viaggiatori golosi

iL coNfroNToChef e maître, il “duello” è servito

La LENTEConsorzio Franciacorta,i distinguo dei piccoli produttori

iL ProGETToLa Valle Imagna mette in rete le sue bontà

La sfidaAlla ricerca dei semi perduti

iL PrEzzo fissoPochi posti, ma buoni

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Direzione e Redazione: La rassegna s.r.l. via Giorgio Paglia, 26 - 24121 bergamo - el. 035 213030 - fax 035 224572 - [email protected] - Direttore responsabile: Giuseppe ruggieri - In redazione: anna facci - Opinionista: Pier carlo capozzi - Editrice: La rassegna s.r.l., via borgo Palazzo, 137 24125 bergamo - Presidente: ivan rodeschini - Pubblicità: La rassegna srl - via Paglia, 26 - 24122 bergamo - tel. 035 213030 - fax 035 224572 - [email protected] - Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304 registrazione tribunale di bergamo - N° 48 del 22 novembre 2001 - Collaboratori: Lara abrati, Leo Bartoli, marco Bergamaschi, Laura Bernardi Locatelli, michela Brivio, Laura ceresoli, fulvio facci, riccardo Lagorio, roberta martinelli, Lelia Parisi, rossana Pecchi, fabrizio Pirola, Pierluigi saurgnani, rosanna scardi, Giordana Talamona, donatella Tiraboschi - Impaginazione: Videocomp, bg - Stampa: Litostampa Istituto Grafico, Bg

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Caffetteria il Nome - Stezzano

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U na premessa è d’obbligo: abbiamo rispetto per l’ope-rato della Guardia di Finanza e siamo profondamen-te convinti che non esista nazione orgogliosa del pro-

prio operato se non quella dove ogni cittadino si comporti da contribuente onesto.Abbiamo invece forti dubbi sul sistema fiscale italiano e sulla politica di repressione nei confronti dei cittadini che hanno un’attività in proprio. Perché di repressione si tratta. E siccome i rilanci mediatici portano a galla sempre le stesse categorie di malfattori (ristoratori e pubblici esercizi in prima linea da sempre), ecco che le perplessità si trasformano in contrarietà, che potrebbe ampliarsi in irritazione, conside-rando il momento.Lo spunto per queste righe è un recentissimo blitz (!) ai dan-ni di un panettiere che stava effettuando la sua solita conse-gna ad un ristorante in Val Cavallina. Lo hanno seguito nell’evidente convinzio-ne che il malandrino fosse in combutta col ristoratore (una buona insegna cer-to, ma un locale a conduzione familiare, non un matrimonificio con numeri da capogiro) e questo mi suona strano per-ché controllare il rifornimento di pane, latte, brioches e quant’altro di giorna-liero per un locale pubblico, è in effetti operazione semplicissima.Perché c’è un contratto (tra fornitore e cliente) all’origine con una firma da applicare ad ogni consegna che rende l’operazione trasparente e verificabile.In Val Cavallina non è andata così e il povero prestinaio, trattenuto come ostaggio, ha dovuto ri-tardare le consegne, sentendosi pure le “benedizioni” degli ignari clienti entrati in allarme.L’episodio, che non ha prodotto nessun verbale da redigere, ha richiamato alla mente un’impresa analoga, stavolta am-bientata in Valle Imagna, nel luglio scorso: protagonista, an-cora, un sacchetto di pane, 81 centesimi di valore per l’esat-tezza, nelle mani di un distinto signore ottantenne che stava uscendo dal panificio. Lo scontrino, anche stavolta, svento-lava all’interno del sacchetto. Voi direte: “E tutte le volte che invece hanno pescato i mascalzoni senza ricevuta ? E la sto-ria che, su dieci controlli, quasi sette sono beccati in fallo?” Insisto, qui non è in discussione il principio, le perplessità derivano da come vengono instradate le truppe. E, per ca-

pirne meglio, abbiamo letto gli “obiettivi per i controlli 2013” da parte dell’Agenzia delle Entrate, in sinergia con le Fiam-me Gialle.“In particolare - si legge - saranno effettuati 400mila con-trolli in materia di scontrini e ricevute, con un’accurata pia-nificazione che tenga conto del luogo (ad esempio prefestivi o festivi, orari pomeridiani e serali, con riguardo ai luoghi di villeggiatura nelle località turistiche) per controllare i contri-buenti che risultino avere maggiore propensione alla viola-zione degli obblighi previsti”.Perché, dunque, stupirsi per le retate eclatanti di Cortina, Porto Cervo, Taormina e Portofino? Un ristoratore sardo ha dichiarato: “Ormai lo sappiamo, in stagione ci capitano tre/quattro controlli”. In una ricerca precedente ci eravamo im-battuti in due righe terribili: “Nella fase preparatoria al con-

trollo può risultare utile interrogare le in-serzioni pubblicitarie su “Pagine Gialle” e “Pagine Utili” e “rilevazione del prezzo medio praticato (a tal fine potrà risulta-re utile anche la consultazione di guide specializzate del settore)”. A dirla tutta, inizialmente erano specificate la Miche-lin e la Guida del Touring Club. Nella me-todologia di controllo! Va da sé che, se questi sono i criteri, i controllati sono sempre quelli, nonostante sia risaputo che sarebbe più agevole frodare il fisco vendendo la pizza al taglio piuttosto che farlo da ristorante stellato. In una nazio-ne con gli stipendi più bassi a fronte del costo del lavoro più alto, dove dobbiamo

lavorare sette mesi senza profitto per salvare le casse dello Stato, ebbene in questa nostra bella Italia avremmo diritto ad un sistema fiscale più equo, a procedure burocratiche più snelle, che non facciano cadere alcuno nella tentazione di pagare in nero. A controlli che non prevedano il “tovagliometro”, acciderba, e che non siano punitivi a prescindere, anche solo per l’at-teggiamento. Un panorama nuovo, con maggiore serenità e fiducia, evi-tando di sbattere in prima pagina i soliti mostri che mostri non sono. Come in un film. A proposito, Burt Lancaster giudi-cava un ristorante dal suo pane. A patto che il prestinaio rie-sca a consegnarglielo.

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Va bene la lotta all’evasione, ma inseguire il panettiere

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di Laura Bernardi Locatelli

vivanda degna, eletta / se col burro è ben confetta / e for-maggio si presenta / a gran pranzi la polenta” recitava una filastrocca del 1830 sulle “Magnifiche ed arcipiuchesopra-magnificentevolissime stupendevoli proprietà, qualità, no-biltà e virtù della illustrissima signora Polenta”. Un panegi-rico tra simpatici strafalcioni storici e mitologici, mischiati in rima a dubbie indicazioni terapeutiche per dimenticare il legame tra pellagra e polen-ta, fino a scomodare dall’An-tica Grecia il padre di tutti i medici, ippocrate, con la sen-tenza - in improbabile latino - “nihil melius quam polenta”. Del resto, se bisognava sor-birsi ogni giorno un rancio a base di polenta e quant’altro offrisse la fortuna - e pica sö, senza tante storie - che alme-no la fame fosse condita da un po’ di ironia. Per riscoprire origini e tradizioni della versione più nobi-le della polenta, la taragna, a branzi è partito un progetto per valorizzare, in avvicinamento ad expo, uno dei piatti simbolo del territorio. Non poteva esserci altra patria per la polenta del paese dove venne per la prima volta servita

da “ol tata (il papà, ndr.) della taragna” che, di ritorno dal-la Francia, aprì dopo la guerra l’“Albergo Berera” trasfor-mando pugni di farina, acqua di montagna, burro di malga e buon formaggio del casaro in uno dei piatti più richiesti. Oggi, a branzi, in alta Val brembana, si rinnova il 28 e

29 settembre l’appuntamen-to con la sagra della Polenta taragna Orobica, giunta al-la seconda edizione. accanto al piatto protagonista, servi-to dalle Donne di montagna di Ornica e accompagnato da piatti di cacciagione e selvag-gina, i vini del Consorzio Val-calepio, le birre artigianali e la musica folk ricreeranno un’at-mosfera di festa e un clima di convivialità d’altri tempi. La ta-

ragna orobica mira però dritto al cuore della città, con un grande evento al Palamonti: il format di Branzi sarà infatti ospite della casa cittadina della montagna del Club alpi-no Italiano. A fine novembre, una tensostruttura accoglie-rà a pranzo e a cena fino a 500 persone, mentre gli spa-zi del Palamonti ospiteranno stand con i migliori prodotti enogastronomici del territorio e una mostra che ripercorre

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in campo un pool di esperti e produttori con l’obiettivo, in vista dell’expo, di definire gli ingredienti e rilanciare un piatto che non ha mai conosciuto crisi.sotto i riflettori lo spinato di Gandino, il rostrato rosso di rovetta e il Nostrano dell’isola, oltre ai fiori all’occhiello della tradizione casearia bergamasca: branzi, Formai de mut Dop e bitto storico.e dopo la sagra di branzi, a fine novembre, la taragna sarà grande protagonista al Palamonti

“Polenta taragna orobica”, Bergamo prepara il rilancio

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i 150 anni della storia nazionale del Cai e i 140 della sezione locale. Sarà compito dei ristoratori dare nuovo lustro ad un piatto che nasce dal connubio tra il mais e gli ingredienti dei giorni di festa delle famiglie berga-mine, dal burro ai formaggi di malga, che richiama la montagna ed omaggia il territorio, rappresentando un simbolo della nostra tradizione. “La polenta taragna è un piatto che abbraccia tutta la filiera, dalle farine ai formaggi d’alpeggio, valorizzando le nostre montagne che hanno saputo puntare con orgoglio sulle loro risor-se e sulla riscoperta della tradizione - sottolinea Petro-nilla Frosio, presidente del Gruppo ristoratori dell’a-scom -. La ricetta è solo all’apparenza semplice ed ogni chef ha i propri segreti per realizzarla al meglio”. Per tutelare la ricetta ed omaggiare il territorio, l’Uni-tà di Ricerca per la Maiscoltura di Bergamo del Consi-glio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (Cra-Mac), i produttori dei formaggi simbolo della tara-gna e il Cai di Bergamo hanno dato vita ad un progetto di valorizzazione della taragna, di particolare valore in avvicinamento ad Expo. Un pool di esperti è chiamato a codificare la storia e gli ingredienti in una ricetta per affiancare alla polenta taragna l’aggettivo “orobica” e rilanciare un piatto che non ha mai conosciuto crisi. La sagra della polenta di Branzi dà il "la" a tutti gli eventi in programma per valorizzare quello che forse è l’unico vero piatto tipico delle nostre tradizioni di montagna. “Non si tratterà solo del sedersi a tavola e mangiare la pietanza, ma di scoprire, guidati da esperti e profondi conoscitori, come nasce l’“oro giallo” delle nostre ta-vole e come si combina con altri alimenti fino a diven-tare un perfetto connubio di gusti”, sottolinea France-sco Maroni della Latteria Sociale Branzi, nonché presi-dente della Fiera di san matteo dedicata alla tradizio-ne e cultura dell’Alta Val Brembana, che anticipa (dal 20 al 22 settembre) la sagra della taragna. Nel corso dell’evento saranno illustrati i tipi di farina utilizzati per la preparazione, dallo Spinato di Gandino (presi-dio slow Food) al rostrato rosso di rovetta al Nostra-no dell’Isola - rigorosamente bergamasche - al Misto saraceno della Valtellina, con tanto di laboratorio sul mais. In abbinamento ai mais antichi, oltre al burro di montagna, i fiori all’occhiello della tradizione casearia bergamasca: branzi, Formai de mut Valle brembana Dop, Bitto storico. “La sagra rappresenta una prima occasione di valorizzare un piatto che richiama la no-stra montagna, le malghe e il fuoco dei camini, vero e proprio patrimonio di sapori e tradizioni - continua Maroni -. È una ricetta che si presta ad entrare in ogni menù, con la sua semplicità, il suo sapore autentico e, in un periodo in cui tutti sono attenti al food-cost, anche a basso costo. La ricetta tradizionale contem-pla formaggi semigrassi di montagna, pronti a fonder-si in modo omogeneo con il mais e a caratterizzare la densità del piatto finale. I tre formaggi delle Orobie - branzi, bitto storico e Formai de mut - contribuisco-no a dare pregio e identità alla polenta taragna che da oggi ha una ricetta che la rende “orobica”, a tutela della nostra tradizione”.

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bergamo è la patria della po-lenta: un documento storico, datato 1632, testimonierebbe che proprio in Bergamasca, a Gandino, sia stato per la prima volta in Lombardia (alcuni so-stengono il primato addirittura in tutto il Nord italia) coltivato il mais, da sementi acquista-te con ogni probabilità a Vene-zia, dove i mercanti gandinesi transitavano per i loro traffici. secondo il documento, a por-tare per primo il granturco fu un “foresto” che avrebbe col-tivato a Clusven, alle pendici del monte Corno, il “melgot-to”. Nella terra dei polentoni e ahimè della pellagra, nel 1936 una cordata di imprenditori il-

luminati inaugurò l’istituto di cerealicoltura. il lavoro scienti-fico dell’Istituto (oggi Cra-Mac, Unità di ricerca per la maiscol-tura) ha permesso di compie-re importanti ricerche su tutte le varietà di mais della peniso-la. Dal 1954 la sezione di ber-gamo ha raccolto e cataloga-to 5mila varietà, di cui 800 di mais italiano (60 lombarde), selezionate attraverso il lavoro degli agricoltori: la più grande banca del germoplasma na-zionale, ritenuto il più ampio a livello mondiale sia per apporti originali, sia per differenziazio-ne locale delle forme. Tra que-ste vi sono varietà autoctone bergamasche da valorizzare,

abbandonate per decenni, da quando negli anni Venti han-no iniziato ad essere introdot-ti mais ibridi dagli Stati Uniti che han-no mano a mano sostituito - in par-ticolar modo negli anni Cinquanta e sessanta - le varie-tà più tradizionali, in virtù della loro maggiore produtti-vità e resistenza a malattie. “Negli ulti-mi anni - spiega Pa-olo Valoti - ricercatore dell’Uni-tà di Ricerca per la Maiscoltu-ra - la riscoperta della tipicità e della qualità delle produzioni

alimentari ha stimolato l’at-tenzione per le varietà tradi-zionali di mais, dalle caratteri-

stiche eccellenti per l’impiego alimentare”. Nel parco agrico-lo al Kilometro rosso si coltiva lo Spinato di Gandino, che ha

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La saga dei Midali: tante ricette, una sola famiglia

In Alta Val Brembana la famiglia Midali ha legato indissolubilmen-te il suo nome alla taragna, quando Gioanì Midali diede origine ad una stirpe di ristoratori per cui la polenta ha sempre rappresentato il piatto forte. Oggi, ogni famiglia custodisce gelosamente i segreti per realizzare l’antico piatto delle feste in montagna. sul tetto delle Oro-bie, dal Rifugio Montebello in quota al Ristorante K2 di Foppolo, nato nel 1953 sulla pista delle Foppelle, nipoti e pronipoti del Gioanì rinnovano la tradizione del capostipite. alessandra midali - per tutti Nonna sandra - a 83 anni continua ad essere una presenza insosti-tuibile in cucina per i figli Fulvio, Alessandro - detto Tore - e Gabriel-la berera, dividendosi ai fornelli dalle polpette al paruc ai dolci, con una grinta d’altri tempi. al K2 la taragna viene preparata d’estate solo con il Formai de Mut d’alpeggio, mentre d’inverno nel paiolo fi-nisce esclusivamente il branzi. La taragna si accompagna a piatti di selvaggina e cacciagione, altra specialità della casa grazie anche al talento e alla passione dietro il mirino di Fulvio berera. Nel paese della taragna e dell’insostituibile formaggio, l’Hotel Co-rona di Branzi, uno dei giacimenti caseari più invidiati oltre i confini provinciali, è un indirizzo da non perdere per gustare la ricetta del-le sorelle Midali che celebra la tradizione. La polenta è presente in carta sin dall’antipasto, accompagnata da porcini, branzi o salame nostrano, per farla da padrona nei secondi, a fianco di bocconcini di capriolo in salmì, lombo di cervo con castagne, stinco al ginepro,

brasato con i funghi ed altre specialità. L’albergo-ristorante è nato negli anni Trenta da una vecchia casera dove stagionavano formag-gi dai nonni Beatrice e Carmelo Rossi, per poi passare a papà Bruno e mamma elda, nipote del celebre Gioanì. L’instancabile mamma el-da Midali, presenza ancora insostituibile in cucina e sala, ha eredita-to la ricetta dai genitori Romilda e Alessandro, che avevano a Valleve la Trattoria del Centro. Oggi a mandare avanti l’attività di famiglia so-no le tre sorelle emanuela - in cucina con il nipote andrea - arianna e beatrice rossi, in sala. ad alzano Lombardo, alla Bertonella, Alberto Midali, figlio di Gioanì, rinnova con la moglie Ornella la tradizione della polenta taragna, in-discussa specialità della casa. Dopo la gestione per quasi vent’anni del ristorante “Il sole” in Città Alta, lavorando gomito a gomito con il “tata”, il successo al Ponte Merlo a Bracca e alla Trattoria da Ornella in via Gombito, la tradizionale specialità brembana spopola anche in riva al serio. La ricetta è semplice, ma l’esecuzione rivendica la propria autenticità, al punto d’aver spinto in passato Ornella, di fron-te all’inflazione del piatto che veniva ormai proposto in ogni locale, ad un vero e proprio sciopero della taragna. ma, con la soddisfa-zione di chi si vede quasi tendere il grembiule a mo’ di preghiera, il paiolo è tornato sul fuoco in meno di una settimana. Per la taragna della bertonella solo formaggio branzi, accuratamente selezionato e tanta cura al fuoco, oltre al connubio tra la ricetta del Gioanì e gli

Le varietà tradizionaLi di granoturco bergamasco

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settembre 2013

insegnamenti della mamma di Ornella, Magdina, con cui ha mosso i primi passi in cucina e conquistato i primi successi al Ponte Merlo. Proseguendo il viaggio lungo la strada della taragna a Valbrembo Antonietta e Cristina Midali hanno dato vita alla Cà della Taragna, mentre a Carona il Rifugio dei laghi Gemelli porta nel dna la tradi-zione del capostirpe.Ricette e segreti - I segreti che ogni membro della famiglia tiene in serbo ogni sono tanti. Sarà l’acqua, sarà l’aria di montagna, sarà il formaggio, ma di fronte alla semplicità - solo apparente - della ricetta ognuno dice la sua. su una cosa sono tutti d’accordo: i formaggi non sono più quelli dei tempi del Gioanì. “Anche in alpeggio ormai si usa-no mangimi e il risultato non è lo stesso, ma anche la mano del casa-ro è importante. La gradazione di cottura del formaggio è fondamen-tale: basta un solo grado in più e sforare i 36 gradi per compromet-terne la scioglievolezza. Quanto alla polenta, anche l’acqua è fonda-mentale: il cloro rovina il risultato finale ” sostiene Fulvio Berera del K2 di Foppolo. “Impossibile trovare il formaggio di un tempo, ormai - ammette Ornella midali della bertonella - . Le produzioni sono sem-pre più evolute, ma il latte è diverso, tanto che lo stesso formaggio che abbiamo sempre fatto in famiglia a San Simone è cambiato”.

I luoghi che hanno dato vita alla taragna rivendicano la loro pecu-liarità: “L’ingrediente segreto della nostra taragna è l’aria di Branzi, la stessa che porta a stagionare le nostre forme, che scegliamo ac-curatamente. Nella nostra polenta si tuffano a dadini una parte di Branzi stagionato ed una di quello estivo. Al momento del servizio non manca un po’ del sugo del nostro arrosto, mantecato con un filo di panna” spiega emanuela rossi dell’Hotel Corona. Ol tata della taragna - La storia della taragna si perde tra branzi, la Francia e la Valtellina. Gioanì midali abbandonò il paese in cerca di fortuna per la Francia, trovando lavoro come garzone in una rinoma-ta gastronomia di Parigi, gestita da un russo. Quando, con l’asse ro-ma-Berlino-Tokyo, essere italiani Oltralpe divenne difficile ed anche il patron russo se la diede a gambe, Gioanì midali fece il suo fagotto e con mille difficoltà riuscì a ritornare a casa, portando in salvo dall’a-vidità dei doganieri il gruzzoletto accumulato in tanti anni di lavoro e sacrifici a Parigi. Con tutti i risparmi, nel Dopoguerra aprì a Branzi l’albergo berera destinato a diventare presto un punto di riferimento per la ristorazione dell’alta borghesia e della nobiltà in villeggiatura a san Pellegrino, nell’ultimo ventennio d’oro del Grand Hotel e dei suoi fasti, con tanto di dipinto a celebrare la taragna e il suo fauto-re. Nel 1964 il “tata” portò la taragn a a Bergamo, nel cuore di città alta, inaugurando con la moglie e i sei figli - Giuseppe, Alberto, Mari-lena, sandro, Gianluigi ed angelo, scomparso prematuramente - di-ciotto anni di successi al Ristorante “Il Sole”, con l’onore di avere al tavolo star del cinema, illustri politici, musicisti, direttori d’orchestra e compositori.

Dall’Hotel Corona, al K2 fino alla bertonella la tradizione continua. L’avvincente storia del Gioanì

Nonna Sandra del K2 Ornella e Alberto Midali (Bertonella)

Le varietà tradizionaLi di granoturco bergamascoormai creato in Valle una vera e propria filiera integrata dal va-lore aggiunto rappresentato da qualità e tipicità. Tra il Brembo e l’adda si coltiva il Nostrano dell’Isola, varietà conservata in purezza dalle caratteristiche particolari e in Val seriana, a ro-vetta, si riporta in vita il rostra-to Rosso. Le farine hanno da tempo iniziato a scendere in cit-tà, nella migliore tradizione dei mercanti delle valli. al rifugio in città, al Palamonti, si impiega da tempo lo spinato di Gandino per riportare in tavola la taragna dei nostri nonni.ecco in sintesi le caratteristi-che delle varietà tradiziona-li di granoturco bergamasco:

• il mais spinato di gandinoÈ il paese del quale si ha notizia della prima coltivazione di gra-noturco in bergamasca. È con-traddistinto dalla caratteristica granella vitrea con apice “spina-to”. Il chicco ha un colore giallo carico, profumo intenso e persi-stente con note di farina cotta e sapore dolce e gradevole. Utiliz-zato per farina da polenta e pro-dotti di forneria, è l’ingrediente del famoso biscotto “Melgotto”.• il rostrato rosso di rovetta È una varietà ancora presente nel paese e nella piana di Cluso-ne, adattata per territori in quo-ta e semina primaverile, perfet-ta per realizzare polenta e dolci. La granella è rostrata e presen-

ta il caratteristico rampino. il co-lore rosso scuro del rivestimen-to del seme determina una fari-na integrale gialla con presenza di screziature scure, dal sapore armonioso e gradevole.• il nostrano dell’isola È una varietà di origine scono-sciuta coltivata per lungo tem-po nell’altopiano triangolare tra i fiumi Brembo e Adda, ma diffusa in tutta la Pianura Pada-na. La pianta di taglia alta, con spiga di forma cilindrica molto allungata, si adatta sia a terreni irrigui che asciutti. Il colore del chicco è arancio dorato, la strut-tura adesiva e granulosa, l’aro-ma delicato, il sapore gradevol-mente rustico.

Spinato di Gandino

Rostrato di Rovetta

Nostrano dell’Isola

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di Rosanna Scardi

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L’attività

settembre 2013

I casoncelli sbarcano in Islanda

I casoncelli vanno alla conquista dell’I-slanda. il merito spetta a due ragazze, iride Pietra, 39 anni, e Laura Zuddas, 37. bergamasca la prima, sarda l’al-tra. Compagne nella vita e socie negli affari. La storia del loro pastificio ri-specchia il carattere di due donne de-terminate. “Nel 2009 abbiamo iniziato a far la pasta per noi - racconta iride -. io non conoscevo i culurgiones, pasta tipica dell’Ogliastra, con ripieno di pa-tate lesse schiacciate, pecorino stagio-nato, uova, cipolla, menta fresca, chiu-si a mo’ di spiga. Laura non aveva mai assaggiato i casoncelli a base di pro-sciutto cotto, mortadella, pangrattato, formaggio e amaretto. Così ci siamo arricchite scambiandoci ricette e tradi-zioni. Ci abbiamo preso gusto: gli amici che via via provavano le nostre prepa-razioni le trovavano buone e ci incorag-giavano a continuare. Nel 2010 abbia-mo dato vita al progetto “Piano, non spingete - pasta fresca e ripiena fino al 2050 almeno”.il negozio apre i battenti a bergamo, in via Pandini. Offre di tutto, dai tortelli di zucca mantovani alle pardule a forma di crateri, dalla pasta lavorata a mano come strichetti e garganelli ai tortellini bolognesi. L’idea è quella di creare uno spazio aperto, dove le persone possa-no comprare i prodotti, ma anche im-pastare in autonomia, scambiare sa-peri, avere consapevolezza sul cibo, prestando attenzione alla provenienza

degli ingredienti, ai metodi di coltiva-zione e allevamento, a un prezzo equo anche per chi coltiva e trasforma. Ma il sogno delle due ragazze si infrange contro gli scogli della crisi economica. “Abbiamo dovuto fare i conti con la re-altà - spiegano le imprenditrici -. Dopo quasi tre anni, ci siamo accorte che

offrire prodotti validi e avere clienti af-fezionati può non bastare per tenere in piedi un’attività, per quanto amata, in un periodo difficile e in un Paese co-me il nostro non sempre attento alle piccole realtà. Quindi, abbiamo deciso di spostarci un po’ in alto, a sinistra, e vedere come vanno le cose da questa parte del mondo”.

Detto, fatto. Le cuoche si sono trasfe-rite a Reykjavik, in Islanda. Qui hanno già individuato e allestito la sede del loro pastificio. Una volta ottenuta l’au-torizzazione dall’Ufficio controllo ali-menti, inizieranno a produrre alimen-ti per i negozi e i privati. ma non solo. “Terremo corsi di pastificazione e lezioni

di cucina di ogni genere” anticipano. Ma perché proprio l’Islanda? “Il nord è moderno sotto molti aspetti - spiega-no -. e poi ci vivono meno di 320mila abitanti: è tutto meno caotico e compli-cato rispetto all’Italia. Anche i rapporti sono meno formali. La gente è molto più curiosa e ben disposta verso realtà gastronomiche diverse”.

Chiuso il pastificio a Bergamo, iride Pietra e Laura Zuddashanno spostato la produzione a Reykjavik. “Il Nord è più curioso, anche di novità gastronomiche”

Iride Pietra e Laura Zuddas

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di Anna Facci

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Birre artigianali, ma il prezzo è giusto?

sui prezzi delle birre al pubblico, Gior-gio marconi, bergamasco, collaborato-re della Guida alle birre d’italia di slow Food, docente di Unionbirrai e mobi, giudice nei concorsi nazionali e socio fondatore della Compagnia del Luppo-lo, fa un primo importante distinguo. «Le differenze tra italiane, straniere e marchi commerciali – chiarisce – ven-gono praticamente annullate nel servi-zio alla spina dei locali specializzati, do-ve i prezzi si aggirano sui 5 euro per tut-te. si tratta di una scelta dettata dalla volontà di far conoscere questi prodotti e creare una clientela affezionata, ri-ducendo i ricarichi, su certe referenze, per favorire un approccio più sereno da

parte del consumatore». Le note dolenti arrivano invece dagli scaffali. «Una birra belga di fascia alta – rileva – costa 2,50/3 euro, un prodot-to italiano dello stesso livello 4,50/5 euro. La questione si trascina sin dagli esordi del fenomeno dei microbirrifici, una quindicina di anni fa. Per giusti-ficare i prezzi più alti si fa riferimento al bisogno di ammortizzare gli impian-ti in tempi rapidi, al peso degli adem-pimenti in Italia, ma nemmeno chi ha ingranato ha poi abbassato di molto i prezzi. La sensazione è che ci sia sta-to un assestamento su questi valori e che non ci saranno grandi scostamenti in futuro. ma il consumatore lo perce-

Spettabile redazione di Affari di Gola,

le vacanze estive mi hanno portato quest’anno in Belgio, dove ho avuto l’occasione di assaggiare alcune del-le birre artigianali vanto del Paese. Mi si è aperto un nuovo orizzonte sul mondo della birra, che ho scoperto ricca di sfumature e sapori intrigan-ti. Al ritorno a casa ho cercato nuo-vamente queste sensazioni (un po’ anche per sentimi ancora in vacan-za) acquistando birre belghe in botti-glia e mi sono lasciato tentare anche da alcune produzioni nostrane. Non mi sono sembrate male, ma mi han-no stupito i prezzi, superiori, anche se non di molto, a prodotti ben più affermati e, per giunta, provenienti dall’estero. È questo il famoso chilo-metro zero?

Grazie per l’attenzione

F. b. seriate

iL dibattito

La Lettera

che sorpresa, meno care le bottiglie belghe

«il problema è anche la qualità»

L’ASSAGGIATORE – Giorgio Marconi

Page 13: Affari di gola settembre 2013

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Birre artigianali, ma il prezzo è giusto? A bbiamo girato gli spunti del nostro lettore ai produttori

bergamaschi. Non fanno fatica ad ammettere che i prezzi medi delle loro birre, in linea con quanto avviene per l’in-tera produzione nazionale, sono più alti rispetto a quelli di altri Paesi, a cominciare da belgio e Germania, in cui la tradizione è consolidata ed i nume-ri ben più elevati. Ed è proprio in questa netta differenza di dimensioni e storia che individuano il principale scarto di competitività. Il fenomeno dei bir-rifici indipendenti, insomma, è tal-mente giovane (cominciano a sor-gere in Italia a metà degli anni No-vanta) e ancora ristretto (pare si sia finalmente raggiunta la soglia dell’1% dei consumi di birra, ovvero 30 centilitri dei 30 litri a testa bevu-ti in media all’anno), da dover esse-re considerato una start up, un setto-re che deve ancora fare i conti con i costi di avviamento e con un mercato da conqui-stare per poter attuare le economie di scala delle grandi produzioni. Se questo è lo scenario generale, le sfumature non man-

cano, con aziende che, pur rientrando nella comune defi-nizione di birrificio artigianale, hanno fatto scelte diverse di impostazione, impianti e dimensioni. Così come le birre non sono tutte uguali, nemmeno i microbirrifici, dunque, lo

sono e sono probabilmente questi gli assunti da non dimenticare quando si parla di prezzi.

«L’Italia si è affacciata da poco su que-sto settore - racconta Mauro Zilli,

uno dei soci del Birrificio Via Priu-la di san Pellegrino, avviato nel 2010 -, è un percorso ancora tut-to da costruire, mentre all’este-ro c’è una tradizione secolare, aziende storiche, veri colossi e questo si r ipercuote sui prez -zi. Da noi molti birrifici, ad esem-

pio, devono ancora ammortizzare gli impianti, altri si trovano già a do-

verli ampliare o rimodulare. Per quan-to ci riguarda, siamo una cosiddetta

beer firm, abbiamo scelto cioè di affittare l’im-pianto, la birra ci costa un po’ di più ma non abbiamo

spese da ammortizzare. Siamo partiti in questo modo per poter valutare meglio il taglio da dare all’impianto, ma ci

settembre 2013

pisce – ammonisce -, si rende conto del fatto che i prodotti italiani costano tanto. il problema sarebbe forse meno sentito se la qualità fosse sempre alta, se i pro-dotti avessero una costanza qualitativa, ma ciò non succede – svela -. Non ho difficoltà nel dire che ci sono tante birre belghe migliori delle italiane a prezzi più bassi anche della metà». a far prendere al mercato una piega di-versa possono essere i consumatori. «L’arma che hanno è la selezione – evi-denzia l’esperto -. si può provare una bir-ra una volta, offrirle anche una seconda chance, ma se poi non convince non la si compra più. Il fatto è che l’educazione in questo settore è scarsa e circoscritta, se si cominciasse a valutare i prodotti in termini reali di rapporto qualità/prezzo,

credo che molti birrifici chiuderebbero. Non lo auguro a nessuno, intendiamoci, è una semplice constatazione». La scar-sa cultura birraria dei consumatori fa, del resto, il paio con quella dei produttori stessi. «C’è chi ha studiato tanto, ha fat-to stage all’estero, chi si è fatto una gran-de esperienza come homebrewer – dice Marconi – ma non possiamo nasconde-re che ci sono anche molti birrai improv-visati, che magari hanno fatto due cotte in casa con gli estratti e si sono lanciati in un’attività imprenditoriale cavalcando il boom del settore». e di vero boom si trat-ta, visto che si è passati da sei microbir-rifici nel ’95 ai più di 500 attuali. «La cre-scita è forte – rileva -, ma la strada ver-so un mercato preparato e consapevole è ancora lunga».

I prodotti italiani sono meno competitivi rispetto a quelli esteri ed anche i birrifici bergamaschi lo riconoscono e replicano:

«Piccole dimensioni, impianti da ammortizzare, materie prime da importare ed il peso di fisco e burocrazia sono gli ostacoli principali»

Giorgio Marconi

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iL DibattitO

hanno frenato anche le difficoltà burocratiche. Non ci sono in-fatti ancora regole chiare, si fa riferimento a quelle delle gran-di industrie e spesso non c’è accordo tra quanto dice l’Asl e l’Utf. In compenso abbiamo già aperto, un anno e mezzo fa, il nostro locale, il che ci permette di farci conoscere, e stiamo consolidando un parco di clientela che acquista regolar-mente». Per i privati che si rivolgono direttamente dal birrificio, i prezzi vanno, per le bottiglie da 33 cl, da 3,10 euro (Pils, ambrata e birra di frumento con lamponi freschi) ai 4,50 della imperial stout, per i 66 cl, si va da 5,90 a 8,50 euro. «Accanto a chi sa che la birra artigianale è un prodotto di nic-chia e non si fa troppe domande sul prezzo – rileva Zilli -, cresce la schiera di chi ama assaggiare prodotti diversi e si chiede il perché di certe differenze con le birre estere. È una criticità, non c’è dubbio. Qualcosa si sta muovendo, con la nascita di birrifici concepiti in partenza se-condo un’impostazione industriale, con maggio-ri capitali, impianti grandi e una mentalità già rivolta all’estero, capaci cioè di numeri che permettono di abbassare i costi di produzione».aperto nel 2003, il birrificio sguaraunda di Pagazzano è uno dei pionieri in Bergamasca. «È vero, produrre in Italia ha costi alti – concorda Massimo Simeone, socio dell’attività insieme a roberto Furiosi -, eppure sin dall’inizio la nostra scelta è sta-ta quella di tenere i prezzi più bassi possibile perché fosse ac-

cessibile a tutti, a differenza di altri birrifici che ne hanno fat-to un prodotto più esclusivo. Negli anni, tra l’altro, nonostante l’aumento delle spese, non abbiamo aumentato i prezzi e oggi acquistare una bottiglia da mezzo litro al nostro spaccio costa ancora 2,50 euro. Abbiamo avviato questa attività perché era

la nostra passione ed è con questo spirito che la portia-mo avanti». Nel frattempo hanno anche cambiato

l’impianto, passando lo scorso anno da uno da 200 litri ad uno da mille. «La richiesta

c’è e questo ci conforta – afferma -, una delle maggiori difficoltà quando siamo partiti era far capire cosa fosse la bir-ra artigianale. Ora si può contare su una platea di potenziali consumatori più ampia. Cosa ci penalizza di più? L’accisa, che in Italia è una delle più

alte d’Europa e, ma è un discorso che vale per tutti, la pressione fiscale, dav-

vero pesante».A fare qualche conto in tasca ai birrai ci aiu-

ta Renato Carro, che dal 2009 ha aperto ad En-dine Gaiano il birrificio Valcavallina. «Un’altra differen-

za rispetto all’estero, oltre alle dimensioni e alla storia delle aziende – dice –, sta nel fatto che noi dobbiamo importare le materie prime, orzo, malto e luppolo, mentre altri Paesi, come il Belgio le producono. Acquistiamo inoltre in piccole quantità e questo non ci permette di spuntare prezzi competitivi, se poi si aggiungono i costi dell’energia, del fisco e della burocrazia, il quadro è completo». L’accisa, per la cronaca, è fissata in 2,35

L’anomalia dei prezzi sembra essere la punta dell’iceberg di un mondo che ha in sé altre contraddizioni e criticità. Le ri-leva enrico rota, responsabile commer-ciale della 4r di torre de’ roveri, storica azienda di distribuzione di vino, birra e bevande, presente anche nel settore delle birre speciali con un proprio pro-dotto. «Cosa intendiamo per “artigiana-le”? – si domanda, tanto per comincia-re, Rota -. Che l’opera dell’uomo preva-

le su quella delle macchine, ma quanto può valere questo concetto per una bir-ra, che ha comunque bisogno di un im-pianto? Per la legge italiana, del resto, la birra artigianale non esiste: la classifica-zione merceologica è fatta in base alla gradazione alcolica - dall’analcolica al-la doppio malto - non in base al sistema produttivo. Anche all’estero il concetto di artigianale non significa nulla, così come non avrebbe senso per noi defi-

nire un vino artigianale». Non sono per-ciò le piccole dimensioni o la gestione “familiare” la peculiarità dei questi pro-dotti, quanto «il non essere fatti in serie – spiega -, la ricerca attenta delle mate-rie prime, a cominciare dall’acqua, per proseguire con i cereali, maltati o no, il luppolo ed i lieviti, fondamentali per te-nere sotto controllo la fermentazione e determinare il gusto. il punto di forza di queste birre sono le sensazioni che san-

«con la definizione “artigianale” non si può giustificare tutto»

IL DISTRIBUTORE – Enrico Rota

Page 15: Affari di gola settembre 2013

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settembre 2013

euro per ettolitro prodotto e per grado plato (un’uni-tà di misura degli zuccheri nel mosto), «signi-fica 25-30 centesimi al litro per una birra di cinque gradi, salendo man mano per i prodotti più alcolici – spiega -. Non biso-gna dimenticare inoltre che più la birra è alcolica più malto bisogna utilizza-re e l’incidenza del luppolo, i cui costi possono andare dagli 8 ai 30 euro al chilo (se ne utilizzano anche 10 gram-mi per litro ndr.)». Al birrificio Valcaval-lina la bottiglia da 33 cl costa 2,60 euro, quella da 75 cl 5,30. «Sono poche le per-sone che si soffermano sul prezzo – sottoli-nea Carro – in genere è chiaro che cosa diffe-renzia la nostra produzione da quella industriale e, se non lo è, basta spiegarlo. È un po’ come acquistare l’olio extravergine di oliva da un piccolo produttore o da una grande azienda…».se il problema sono i numeri e le economie di scala, il birrificio Elav di Comun Nuovo, nato nel 2010, si colloca già su un piano diver-so rispetto alle altre realtà bergamasche. «Con 30mila litri al mese – evidenzia il titolare Antonio Terzi – la nostra pro-duzione è più ampia di quella di tutti gli altri birrifici bergamaschi messi as-sieme. Questo, oltre alla scelta di ap-plicare ricarichi molto bassi, ci permette di essere più competitivi». I prezzi vanno dai 4,50 euro per 75 cl di una birra di gra-do plato basso, ai 7-8 di quelle più alcoliche o particolari. «Le differenze sono dovute anche al

processo produttivo – precisa -. Per la Imperial Stout impieghiamo ad esempio otto ore di lavoro e

dall’impianto di 300 litri ne ricaviamo, alla fine, 180. Alcuni prodotti vengono anche

invecchiati in botte e arrivano ad essere venduti dopo un anno e mezzo. Ha ra-gione – rimarca - chi afferma che la bir-ra deve costare molto meno del vino, ed in effetti è così: una birra di qualità costa sicuramente meno di un vino di qualità». La qualità è, quindi, il vero noc-

ciolo della questione, «non è detto infatti che tutte le birre artigianali debbano es-

sere buone e quelle industriali cattive», sin-tetizza. All’azienda, che ha complessivamente

25 dipendenti, di cui sette impegnati nella produzio-ne, fanno capo anche due locali, «il che offre un canale di

vendita e promozione diretto», nota terzi. Non manca-no nemmeno le nuove prospettive, a comincia-

re dall’ampliamento dell’impianto (da 300 a 4mila litri), che si realizzerà nei prossimi

tre-quattro mesi, sempre a Comun Nuovo («l’acqua che mi piace è qui, non avrei rischiato l’ampliamento in un’altra lo-calità», ammette) e la crescita sui mer-cati esteri. «siamo presenti in Giappo-ne, Svezia, Finlandia, Belgio, Inghilter-ra e stiamo sviluppando i rapporti con

gli Stati Uniti – racconta –, sono Paesi in cui il pubblico è abituato a questo ti-

po di birre, l’apprezzamento ci gratifica ma è anche uno stimolo a migliorarci, a fare

un prodotto perfetto».

no regalare, che invitano più a degustare che a tracannare. Sono caratteristiche, tra l’altro, che il consumatore non fatica a ri-conoscere, individuando autonomamente lo scarto rispetto ai marchi commerciali». Insomma è una questione di qualità («con la definizione di artigianale non si può giu-stificare tutto, anche una birra uscita ma-le», incalza) ma anche di maggiore atten-zione al consumatore, «perché alla fine si deve fare una birra che piace e che deve avere continuità di gusto e colore, altra debolezza dei prodotti artigianali». sca-vando si arriva ad un altro nodo scoperto, «la mancanza di cultura birraria dei nostri

microbirrifici – evidenzia -. Chi fa la birra è almeno un tecnologo alimentare? Come si possono paragonare queste figure ai ma-stri birrai che all’estero hanno la laurea o ai nostri enologi, che, tra scuola superiore ed università, arrivano anche studiare per dieci anni la materia?». eppure il movimento sembra crescere, gli impianti si ingrandiscono, c’è anche chi approda all’estero... «sono numeri ancora poco significativi – sentenzia - e la realtà è troppo frammentata per poter parlare di un fenomeno solido, capace di arrivare al grande pubblico. Una mano potrebbe dar-la la grande distribuzione».

Enrico Rota

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Sagra del Pesce 1953

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a nostra ultima “Penna all’arrabbiata”, in cui si esortavano alcuni ristoratori ad una politica più attenta invece di lamen-tarsi della concorrenza sleale delle sagre, ha suscitato un dibattito alquanto vivace. Per noi è una gioia: vuol dire che abbiamo toccato un argomento interessante o, se preferite, un nervo scoperto. E, del resto, non è la prima volta che ac-cade, su queste pagine. Ne parlammo nel numero estivo del 2003, dieci anni esatti or sono, fate un po’ voi. e abbiamo sempre ribadito che le sagre possono esistere a patto che rispettino tutti, ma proprio tutti, i requisiti del caso. Ammini-strativi, fiscali e sanitari.Appena uscita la rivista, il nostro centralino ha passato i guai suoi e il nostro Direttore ha ricevuto qualche accen-no di sintonia e (in percentuale decisamente maggiore) la-mentele anche vibranti. Tra le mail arrivate, ne proponiamo quattro, in rappresentanza dei diversi stati d’animo.

L

Sagre e ristoranti, la polemica torna in tavola

POsta...

CRiTiCHe SACROSAnTe e COSTRuTTive

entile Redazione,sono reduce da alcuni giorni di ferie trascorsi a Bergamo e dintorni, nei quali ho avuto modo di godere delle tante bellez-ze storiche ed architettoniche del vostro territorio. Essendo un buongustaio, ho sperimentato vari ristoranti di diverse tipolo-gie, dalle sagre alle pizzerie fino a quelli di livello medio-alto. Ho così avuto modo di leggere la vostra bella ed interessante rivi-sta per la quale vi faccio i complimenti. In particolare però mi è rimasto impresso l’articolo di apertura del vostro giornalista Pier Carlo Capozzi che ho trovato davvero pertinente. Ho vissu-to infatti la stessa identica esperienza in un ristorante-pizzeria in un paese vicino a Bergamo con conto decisamente esage-rato e coperto carissimo: l’unica differenza, rispetto all’arti-colo sopraccitato, è stata la gentilezza della cameriera, ma in

compenso la vista era su una trafficatissima strada statale! Al contrario ho cenato anch’io ad una sagra riscontrando un rapporto qualità-prezzo assolutamente corretto. Ho provato dunque grande compiacimento e soddisfazione nel leggere la rubrica del vostro opinionista e sono felice che la vostra rivista dia spazio a queste sacrosante e, si spera benaccolte perché costruttive, critiche.Vi rinnovo le congratulazioni per il vostro bel periodico e vi auguro buon lavoro.Cordialmente.

Francesco ColucciProgrammista e regista rai

roma

estate, tempo di sagre. E s’accende, come ogni anno, la

polemica da parte di una fascia di pubblici esercizi, risto-

ratori in primis, che vedono in queste manifestazioni un

pericolo tremendo per i loro guadagni e denunciano una con-

correnza il più delle volte sleale se non truffaldina.

Il nostro pensiero, al proposito, credo sia chiaro da svariato

tempo. Gli organizzatori delle sagre si de-

vono mettere in riga per quanto riguarda

ogni attività normata da regole, dall’aspetto

igienico-sanitario a quello amministrativo.

Non a tutti è noto che è necessaria una

denuncia di inizio attività per somministra-

zione di alimenti e bevande, con tutto quello

(ed è veramente un elenco corposo) che ne

consegue. Ne parlavo l’altra sera con uno

degli organizzatori della Festa degli Alpini

su a Costa Valle Imagna (quella dove si può

gustare la mitica Salsiccia del Busti, con

cipolle e pomodoro) e sono rimasto affa-

scinato dal come mi descriveva la preparazione all’evento, dal

possesso rigoroso del libretto sanitario per tutti gli addetti alla

ricerca della copertura più igienica per il piano di cucina. La

freschezza delle materie prime è addirittura fuori discussione.

Ecco, a queste persone, a chi organizza così, tanto di cappello,

anche se non sono Alpini.

Ai miei amici ristoratori, invece, vorrei solo esprimere un con-

cetto. Credo che chi esca per andare ad una

sagra, o ad una festa, lo faccia con cognizio-

ne di causa: quello è il suo obiettivo di quella

sera e, di conseguenza, il ristorante non

perde assolutamente nulla.

Occorre inoltre, a parer mio, tener presente

che queste lamentele vengono da locali di

fascia media: è impensabile che ristoranti

“di altissimo ceto” possano soffrire la con-

correnza degli spiedini o della frittura di

alborelle da gustare sulla panca. E, parti-

colare non trascurabile, può essere che, in

questa stagione, la gente senta il bisogno di

stare in compagnia, all’aria aperta, magari

anche in mezzo a un po’ di casino, eventualità che, una tan-

tum, pare faccia davvero bene allo spirito.

Cercavo anch’io, qualche sera addietro, di ritrovare un clima

del genere e mi sono diretto ad una sagra del pesce in un pae-

se in riva al lago, di cui mi dicevano davvero bene.

Fortunati nel trovare parcheggio, in due ci siamo diretti nel

cuore del tendone che, nonostante fossero quasi le dieci di

sera, era assolutamente stracolmo. Guardando la fila di gente

in attesa di dettare la propria ordinazione, mi sono spaventato

un po’. E, gettando lo sguardo al di là dello steccato, ho intra-

visto una terrazza, dei tavoli e delle sedie che mi sembravano

paesaggio decisamente più comodo.

Ho cambiato itinerario sui due piedi e

ci siamo infilati nella pizzeria adiacente.

Dal rimorso per quella scelta sciagurata

non ho preso sonno per alcune notti.

Al momento non avevo realizzato che

stavo tradendo il mio desiderio e il mio

programma di partenza. La sagra. Ma

sarebbe andata comunque benino se

non ci avessero portato, nella pizzeria,

i due antipasti prima ancora di acqua

e vino. Se non mi avessero messo in

conto 2 euro a testa per il coperto, con-

siderando che trattavasi di busta di carta contenente posate

e tovagliolo. Se non ci avessero allungato le seconde portate

(un primo per lei e un secondo per me, non male in verità)

intanto che stavamo finendo gli antipasti. La cameriera non

s’è neppure fatta venire il dubbio e ha lasciato tutto sul tavolo.

S’arrangiassero, avrà pensato.

Ci siamo fermati lì. A una minerale, mezzo litro di bianco

scaraffato, due antipasti, un primo, un

secondo, mezza insalata mista. Totale:

euro 68,30. Mi sono chiesto a quan-

to saremmo arrivati con due frutte e

due caffè, ma non ho avuto il coraggio

di rispondermi.

La lezione è stata durissima, forse

eccessiva rispetto alle mie colpe, ma

mi è servita e me ne ricorderò. L’an-

no prossimo.

Ecco, questo per dire che se la risposta

di certi ristoratori alla presenza delle sa-

gre è questa, beh, non ci siamo proprio.

In quanto a me, come accennavo, non

ho dormito per due notti.

Poi ho realizzato che quella pizzeria, invece di essere danneg-

giata dalla sagra, grazie alla mia dabbenaggine, ne aveva avu-

to beneficio. E non ho dormito anche la terza.

[email protected]

Quella pizzeria invece

della sagra, un “tragico” errore

pagato a caro prezzo

16

di Pier Carlo Capozzi

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luglio 2013

Sagra del Pesce 1953

Il conto

G

Page 17: Affari di gola settembre 2013

17

settembre 2013

QuAndO il TROppO STROppiA

egregio signor Capozzi,Non le nego che al solo pensiero di scriverle mi tremano un poco gli indici del-le mani (io utilizzavo due dita con la macchina da scrivere e con le stesse uso la tastiera del computer, è una questione di coerenza), ma con il coraggio che da sempre mi accompagna mi trovo a dissentire su un suo articolo apparso nel numero di luglio/agosto di “Affari di Gola”.In quell’articolo lei ha sicuramente fatto fare una gran bella figura alla cate-goria degli alpini, ma gli alpini sono unici e inimitabili, la loro perfezione orga-nizzativa, che io conosco benissimo per motivi professionali, è encomiabile, ma è l’eccezione che purtroppo non conferma la regola, una regola che po-chissimi rispettano, anche solo per autodisciplina personale. Mi riferisco ai tanti, troppi personaggi che sotto la definizione di volontario, si immergono in quintali di costine, salamelle, spiedini, maneggiando il tutto con scarsa ele-ganza (per usare un eufemismo). Ma, gentile signor Capozzi, non è questo il punto del contendere. Le scrivo all’indomani di una scialba serata trascorsa nel mio locale, il fatto sincera-mente mi ha un poco allarmato, anche perché non mi voglio incensare ma, grazie anche alla politica del mangiare semplice, genuino e con un prezzo equo, posso dire di riuscire a sopravvivere degnamente. Anche in mezzo a tutto questo allarmismo mediatico, che ti propina crisi in ogni salsa, io riman-go convinto che chi ha seminato bene e onestamente negli anni passati ora ne raccoglie i frutti perché ha ottenuto la fiducia dei clienti.Però lei, nel suo articolo, parla di sagra del pesce in una località lacustre, e ci sta benissimo la sagra del pesce a Sarnico piuttosto che a Iseo; ci sta altret-tanto bene la sagra della taragna in una qualsiasi località della Valle Bremba-na, ma allorquando in un paese limitrofo a Bergamo ti trovi a combattere con due notti bianche (una nel mio paese e una nel comune vicino) e una festa di partito sempre nel mio paese, sfido chiunque a riuscire a tener testa a una simile situazione. Quanto illustrato sopra è solo un episodio di una sera, per-ché lei deve sapere che solo nel mio comune si organizzano feste con inizio la prima settimana di giugno e con fine ad agosto inoltrato. Le feste sono le più svariate, si passa dalla classica festa dell’oratorio a quella della famiglia, si prosegue con quella missionaria, e si va agli alpini e ai cacciatori, mettia-moci anche una festa (l’unica con un vero significato e con una vera ragione di esserci) per la raccolta di fondi, quella per la “Paolo Belli”, aggiungiamoci le feste di partito, il tutto moltiplichiamolo (festa più, festa meno) per i 5 comuni confinanti con il mio, calcolando che ogni manifestazione dura mediamen-te 15 giorni, tiriamo le somme e lei vedrà che forse qualche incazzatura da parte dei tanto vituperati piccoli-medi ristoratori ci sta. Questo mese è il me-se delle quattordicesime (ho chiesto ai miei collaboratori se erano interessa-ti ad un inquadramento “da volontario” visto che ultimamente anche la mia attività è no profit, il mio unico scopo è lavorare per riuscire a pagare lo stato, ma non vogliono capirla), poi ci sono i mesi degli F24 (che non sono i fratelli minori degli inutili aerei F35), e poi c’è l’inail, e poi gli studi di settore, e per finire a settembre per i ristoranti si parla di periodo difficile, poiché la gente non spenderà in previsione di un inverno duro e difficile.Lascio a lei le conclusioni di uno sfogo come il mio che, visto il disinteresse totale delle organizzazioni di settore, pare tanto il lancio di un sasso in una profonda gola senza sentirne il rumore del fine corsa, quella che purtroppo per tanti sta per avvenire e per altri è già arrivata con la chiusura sistemati-ca dei locali. Comunque sia, viva la sagra del pesce!Cordialità.

Gianni Cisottotrattoria al santuario

stezzano

Va bene stare in compagnia, ma le feste sono senza regole

Caro Pier Carlo Capozzi,ho letto il suo articolo sulla rivista “Affari di Gola” del mese di luglio. Io ho un’attività da 9 anni e faccio il pizzaiolo da 15 an-ni. L’unico modo con cui sono in grado di affrontare la vita è con passione, dedizione ed entusiasmo. il mio lo-cale mi rispecchia: si trova in un piccolo paesino della bergamasca, dove nello stesso e nei dintorni le feste sono a dozzine. Io sin dall’inizio ho cercato di distinguermi e puntare tutto sulla qualità, nella ricercatezza e la cura del det-taglio. il mio impasto di base è di farina biologica 0 con doppia lievitazione e con una maturazione superiore alle 72 ore. Inoltre ho impasti di kamut farro lievito ma-dre ed integrale. Con gli anni ho sviluppato tecniche e studi che mi permettono di essere sempre in conti-nua evoluzione. inoltre nel mio locale si possono tro-vare piatti interamente fatti a mano, come tagliatelle e casoncelli.L’idea portante è quella di soddisfare sia chi ha esigen-ze particolari con prezzi un poco più alti, ma non ecces-sivi, sia chi vuole gustare i miei prodotti senza spende-re molto, anche meno di 10 euro a persona.il suo ragionamento non è così campato in aria, ma ag-giungerei che in alcune sere la voglia di compagnia e di festa ti fa tradire il tuo locale preferito.Questo alla lunga crea un danno che sommato alla cri-si rischia di diventare letale.La regolamentazione delle feste non è adeguata. Le im-prese che sostengono lo Stato rischiano di saltare. Io so-no giovane e determinato, con tanta voglia di emergere e di farmi conoscere. Se cadrò, sarà solo dopo aver fat-to tutto il possibile. Effettivamente il conto che le hanno portato era un po’ troppo alto, anche se tutto però dipen-de dalla qualità. Grazie per l’attenzione.

alessio Casanova rovetta

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lA SAGRA fAMiGliA

mi inserisco nel dibattito per proporre alcune mie riflessioni su sagre e concorrenza sleale nei riguardi della ristorazione.

Da fine primavera all’autunno inoltrato, nel belpaese si diffonde a mac-chia d’olio una particolare refezione a “cielo aperto”, si accompagna a sa-gre e feste di paese, sforna milioni di porzioni di cibo ‘sottocosto’, sfama, edizione dopo edizione, affezionate turbe indifferentemente assortite di locali e villeggianti. sono occasioni, molto spesso a lungo attese. per scia-mare con famiglia ed amici in situazioni conviviali poco impegnative nel portafogli e nelle pretese alimentari, caratterizzate da menù improbabili, servizio approssimato, effluvi di olio fritto e rifritto, diluvi di plastica che compongono desolate ammucchiate di sacchi e sacchi di spazzatura in-differenziata, che rimangono quale inosservato moni-to dei nostri stili consumistici poco rispettosi innanzi-tutto di sé stessi.il problema non credo risieda nella negligenza di nor-me igieniche o fiscali, generalmente osservate con un certo scrupolo. Né più né meno che nei ristoranti. Le recenti e ricorrenti ‘retate’ dei Nas dimostrano che nella penisola anche nei locali deputati al consumo di cibo non tutto va come deve. anzi. Lo stesso dicasi per le, ahimé, sofferte questioni fiscali: ricevute non rila-sciate, personale sottopagato o pagato in ‘nero’ non sono così rare. anzi. evasione ed elusione non sono mezzi per resistere a tassazioni certo proibitive: ab-biamo il costo del lavoro più alto d’Europa e i salari tra i più bassi. C’è un ingolfamento normativo e burocratico strutturale a livello fiscale che va sanato, con i leciti mezzi della politica e dell’impegno sociale, non con le furbizie personali o con l’autoriduzione! Chiusa la parentesi.La questione dirimente credo risieda nella qualità dei cibi delle sagre.Qualità intrinseca, qualità della filiera di provenienza, qualità di servizio e consumo in situazioni spesso congestionate, rumorose, in siti ai ‘confini della realtà’. Mi è facile gioco richiamare in contrapposizione gli eventi, grandi e piccoli, targati Slow Food. Sono caratterizzati e qualificati dalla presenza dei produttori con vendita diretta e dalle performance ‘fuori se-de’ di chef professionisti, ingaggiati dall’Associazione, spesso supportati e coadiuvati da valenti staff degli Istituti Alberghieri locali. Anche in que-sti eventi si possono consumare piatti cucinati e offerti con costi inferio-

ri alla norma poiché vuoi il contesto, vuoi l’enorme apporto dei volontari permettono, così come nelle feste di paese di contenere i costi. ma sulla qualità non ci sono compromessi possibili. I morsi della crisi non possono indurre ad abbassare i livelli di guardia, il cibo deve essere buono e gusto-so, rispettoso dell’ambiente e della dignità di chi lo produce, consumato in contesti decorosi. spendiamo troppo poco per il cibo, ed è un rispar-mio illusorio. Ne paghiamo i costi altrove, in salute e in danni ambientali che ci affliggono e presentano conti ben più salati altroquando. L’attua-le momento di sofferenza della ristorazione, per quanto non equamente suddiviso, ci interroga su una cultura alimentare spesso inadeguata nei clienti, ma anche su un necessario rinnovamento della ristorazione che

meritano disamine approfondite non esauribile in poche battute.torno al tema clou. esistono situazioni, sagre e feste, dove il felice connubio tra situazione popolare e cuci-na professionale si esprimono a meraviglia con sod-disfazione reciproca: un modo per stare all’aperto in piacevole convivialità allargata ma con occhio vigile alla qualità. Molti ristoratori e cuochi sono disponibili ambasciatori di competenza, rispetto delle materie prime, tradizione ed innovazione gastronomica an-che fuori casa. Basta farne tesoro. Così come della possibilità di offrire serate ‘low budget’ per introdur-re anche i più restii ai tesori della buona cucina.

Chiuderei con due sommessi appelli, uno minimal e uno più complesso.Torniamo a chiedere patatine fritte ottenute da patate fresche, tagliate a coltello, fritte in olio d’oliva italiano, servite su porcellana o mater-bi: un piccolo gesto di civiltà in un paese che ha le tradizioni gastronomiche tra le più antiche ed insigni al mondo. Basta consumarne un vassoio di meno per avere un’offerta di qualità adeguata. Anche sotto una tensostruttura.Collochiamo Sagre e Feste nelle miriadi di castelli, ville padronali, casci-ne, officine in disuso, piazze e chiostri di cui è popolato il nostro paese. Contesti di pregio spesso chiusi, inutilizzati, quando non cadenti che me-ritano l’attenzione dei più perché ci si riappropri, anche in momenti convi-viali, di una storia e di una bellezza diffusa che il mondo ci invidia.

Lorenzo berlendisslow Food Lombardia

N on avrò un carattere morbidissimo, ma non credevo di incutere addirittura timore,

così come confessa il signor Cisotto. Che, tra l’al-tro (ma credo lui non lo sappia), è il patron di un locale che ogni tanto frequento con buona sod-disfazione. Sulla questione degli Alpini, ai quali avrei fatto fare bella figura, riporto solo la battu-ta di uno di loro, tra gli organizzatori della men-zionata Sagra di Costa Valle Imagna che, all’en-nesima richiesta di salsicce, avrebbe esclamato agli altri: “Adès, però, basta pubblicità…” Il signor Cisotto lamenta un proliferare di tendoni e costine in un fazzoletto di terri-torio e questo è un evidente nodo da scio-gliere. La vedo dura in una provincia dove ogni paese ha voluto il suo Palazzetto del-lo Sport e adesso fanno fatica a mantener-ne i costi. Ma averne uno che serva quattro

paesi limitrofi, non se ne parla nemmeno… Resto però dell’idea che se un locale lavora bene (e la Trattoria Al Santuario è uno di que-sti) difficilmente può aver paura della sagra dell’oratorio.A Francesco Colucci può andare solo il nostro ringraziamento, particolarmente gratificato dal ruolo televisivo che riveste e dall’amore che manifesta per il nostro territorio.Ad Alessio un grande augurio perché tenga duro, nella certezza che la sua continua ricer-ca di qualità e di allargamento dell’orizzonte non potranno non premiare la sua ferrea vo-lontà di affermarsi.A Lorenzo Berlendis, oltre ai complimenti per come ha titolato la lettera, posso dire che condivido gran parte del suo scritto, in modo particolare quando parla di “costo del lavoro

più alto d’Europa con salari tra i più bassi”. A volte, ringraziando il cielo, si può anche dis-sentire, ma resta il fatto che Slow Food, con i suoi presìdi e le sue iniziative, è un punto di ri-ferimento davvero prezioso per il nostro pano-rama enogastronomico.Non tutte le sagre però sono quel girone dan-tesco che Berlendis descrive, mentre trovo deliziosa l’idea di collocare questi appunta-menti in contesti dismessi o poco valorizzati. I Comuni sarebbero chiamati nel caso a fare la loro parte. Sulle patate tagliate a coltello e fritte in olio d’oliva, Berlendis scocca il suo ul-timo e micidiale dardo, una specie di guanto di sfida. Ci indichi data e luogo e noi ci fare-mo trovare. Mi basta sapere cosa dovrò por-tare tra patate, coltello, olio e padella.

Pier Carlo Capozzi

... e risposta

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di Leo Bartoli

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La NOVità

A Malpaga la locanda dei viaggiatori golosi

M alpaga rinasce. E lo fa non solo con la maestosità delle su-e vestigia e il suo carico di storia, ma con un progetto che vede come apripista un’irresistibile offerta per il palato. Tra i torrioni del maniero che fu il quartier generale di Bar-tolomeo Colleoni ha infatti aperto da poche settimane la Locanda dei Nobili Viaggiatori, ristorante che già ora, ma sempre di più in futuro, sfrutterà le materie prime di una produzione agroalimentare che oggi definiremmo con l’or-mai abusato termine dei “Km Zero” (con tanto di orto e animali da cortile), ma che in verità ricalca quell’econo-mia chiusa che era stata fin dalla sua nascita una scelta ben precisa: quella di rendere il castello autonomo anche sul fronte delle scorte di derrate alimentari e vettovaglie, permettendo ai suoi ospiti e alla guarnigione di soldati di reggere ad assedi e carestie. Emblema di questo tuffo nel

passato è la ghiacciaia, splendidamente recuperata nelle viscere del locale: un tuffo in un’altra dimensione, un luogo magico dove negli anni del Colleoni veniva sepolto nel gelo il vero tesoro del castello: appunto le scorte di cibo per l’in-verno. “Con l’apertura della locanda - precisa Claudia Civi-dini, responsabile marketing della società che cura la rina-scita del castello - si realizza la prima attività commerciale del progetto “Per Malpaga”, che intende restituire all’anti-co feudo Colleonesco e al suo bellissimo castello un ruolo di spicco nell’ambito storico-artistico del nostro territorio, secondo un modello di autosostenibilità ambientale ed energetica, anche in proiezione Expo 2015. La ristruttura-zione dei caseggiati esistenti destinerà strutture ricettive, residenziali e terziarie mirate a valorizzare e far rivivere il borgo, creando un’esperienza unica per i visitatori”. il nuo-vo corso punta a una cucina territoriale molto vivace, ac-compagnato dall’ospitalità del B&B, con 5 camere, una di-versa dall’altra, dai nomi altisonanti quali furono gli ospiti che dimorarono al castello ai tempi del condottiero e che si calano nella filosofia di un luogo unico, dove tutto assorbe i ritmi della natura e lo stress cittadino finalmente batte in ritirata. Secondo l’architetto Stefano Guarnieri che ha cu-rato il recupero, “la nuova locanda si presentava come un edificio che aveva già una sua conformazione ben definita: questo ha permesso un approccio originale alla progetta-zione che si è ispirata al triplice aspetto di funzionalità, tu-tela dell’antico e utilizzo di tecniche e materiali riproposti anche in chiave moderna. Credo che il risultato finale sia la testimonianza di come “antico e moderno” si possano in-tegrare in armonia, riuscendo a fondere in un tutt’uno so-luzioni d’arredo, materiali e tecnologie che siano belli da vedere, toccare e vivere, senza rinunciare al sapore dell’e-dificio antico e alla luminosità degli spazi”. Senza trascura-re quindi la storia, si comincia a prendere i turisti per la gola, offrendo un menù che pesca sicuramente nella tradizione,

Da poche settimane, il maniero che fu quartier generale del Colleoni, ospita un ristorante. Ai fornelli lo chef Bruno Ferrari. “La mia cucina? Semplicità, materie prime di qualità e rispetto della tradizione”

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settembre 2013

simposio l’8 ottobre

i formaggi orobici protagonisti a bergamoscienzail latte bergamasco con le sue innegabili proprietà e i formaggi orobici famosi per la loro originalità e genuinità entrano in bergamoscienza. e lo fanno dall’ingresso prin-cipale, con un convegno ad hoc riservato proprio al set-tore lattiero caseario, alla presenza di illustri docenti e organizzato in collaborazio-ne con l’Onaf nazionale (Or-ganizzazione assaggiatori di formaggi) e l’istituto Natta di bergamo. martedì 8 ottobre, dalle 9, all’ex borsa merci, è infatti in programma il sim-posio dal titolo “Bianco lat-te ed il piacere del formag-gio”. Diversi i quesiti da cui si dipanerà la discussione: a cosa serve la pastorizza-zione del latte? Quali sono le virtù nutrizionali del latte e del formaggio? Esperti e docenti presenti al dibattito accompagneranno il consu-matore a riflettere sul valore della sicurezza alimentare e sul significato della qualità del settore lattierocaseario in italia e in bergamasca. È previsto un excursus sulla qualità da un punto di vista sanitario (igienico, nutrizio-nale) e tecnologico per giun-gere poi al concetto di quali-tà come garanzia controllata di sensazioni gustative e alla qualità riconosciuta in fun-zione della diversità delle caratteristiche organoletti-che e sensoriali del prodotto formaggio. Ci si soffermerà sul gusto come espressione della cultura e della tradi-zione agroalimentare di un

territorio e su come l’uomo può modificare l’ecosiste-ma microbico di una matrice alimentare a volte in modo inaspettato solo cambiando alcuni parametri produttivi.L’incontro, moderato dal giornalista de L’eco di ber-gamo (e assaggiatore Onaf) Maurizio Ferrari, vedrà tra i relatori armando Gambe-ra, coordinatore della Com-missione Tecnico-scientifica dell’Onaf (Organizzazione Nazionale assaggiatori For-maggio) e docente di tecni-ca d’assaggio di formaggi; Erasmo Neviani, Università degli studi di Parma-Dipar-timento di scienze degli ali-menti; Silvia Tropea Monta-gnosi, storica della cultura enogastronomica bergama-sca e augusto enrico sem-prini, immunologo. inoltre, gli studenti dell’istituto Nat-ta presenteranno una ricer-ca sull’attività di laborato-rio microbiologico legata al latte crudo. L’obiettivo del seminario è accompagna-re il consumatore a riflette-re sul valore della sicurez-za alimentare e sul signifi-cato della qualità del latte e dei formaggi.

A Malpaga la locanda dei viaggiatori golosi

ma che sa unire all’esecuzione di alcuni piatti una certa fantasia e leggerezza che premiano il palato. Prendiamo i casoncelli, o casunsei come recita la tradizione: qui la croccantezza della pancetta si sposa con il delicato ripie-no esaltando un piatto che in troppi locali è stato banaliz-zato. Nella Locanda a conduzione familiare, domina, ac-canto alla delicatezza di Alice in sala, la cucina dello chef bruno Ferrari: i suoi genitori avevano un ristorante in Fran-cia, lui fa da sempre banchettistica con la sua società “Ali-ce banqueting” e ristorazione con il suo locale di Urgnano “La Locanda del Brol”. “La mia cucina? Semplicità e mate-rie prime di qualità - spiega lui -, scelta di prodotti genuini, accostamenti inaspettati ma equilibrati, armonia tra dolce e salato, esaltazione del morbido e del croccante contrap-posti”. Ferrari ama sperimentare per esempio attraverso frutta e verdure disidratate e ristretti, ma al tempo stesso è rispettoso della tradizione facendo tesoro dell’esperienza familiare, dalle paste fatte in casa ai dessert rustici prepa-rati con passione. Così è stato facile accettare una sfida co-me quella di Malpaga: “L’opportunità di gestire la locanda in un luogo cosi magico e antico - spiega ancora lo chef - si sposa perfettamente col nostro stile e le nostre convinzio-ni. Ci piace l’idea di contribuire alla vita di questo feudo me-dievale, lavorando in un contesto che ammalia ogni visita-tore: naturalmente ci auguriamo che anche sul fronte del palato le sensazioni possano essere altrettanto piacevoli”.

Lo chef Bruno Ferrari all’opera nella sua cucina

Alice, anima e cuore della Locanda

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di Laura Bernardi Locatelli

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iL CONFrONtO

Chef e maître, il “duello” è servito

S ala-cucina, palla al centro. il confron-to, almeno sulla carta, è impari, con chef star da una parte e maître in cerca della riscossa dall’altra. ma si

sa che il campo riserva sempre delle piacevoli sorprese. Il match tra le due categorie, legate dal canonico rappor-to di amore e odio, è atteso in Fiera,

nell’ambito di Pianeta Gourmarte, il 9 dicembre. La sfida è tra due pezzi da novanta della categoria: lo chef di rango Chicco Cerea, che ha portato

il 9 dicembre, alla Fiera di bergamo, faccia a faccia tra

Alessandro Pipero (Rex di Roma) e Chicco Cerea (Da Vittorio). Il rapporto tra le due figure?

Non sempre idilliaco. il cuoco bergamasco:

“Le ripicche non mancano, comele comande tutte diverse o le mance

non divise con la brigata”. La replica: “La sala è importante

e può salvare un piatto mal riuscito”

ad inaugurare l’anno scolastico all’accademia del Gusto è lo chef Yoji Tokuyoshi, dal 2005 sous-chef di Massimo Bottura, pronto a svelare la filosofia alla base della cucina dell’Osteria Francescana di Modena, insignita di tre stelle Michelin (lunedì 14 ottobre, dalle 15 alle 18 ). Dopo il successo delle edizioni precedenti, l’anno accademico prosegue con il corso intensivo - da lunedì a venerdì, dalle 19 alle 23 - dedicato a chi intende avvicinarsi alla professione di pizza-iolo, “Vorrei fare il pizzaiolo” in programma dal 14 al 25 ottobre. Il seminario “Torte salate innovative” di Luca Montersino, pastic-cere mediatico di fama internazionale, rappresenta un viaggio alla scoperta della pasticceria salata e di nuovi modi di proporre quiche e torte (in programma il 28 ottobre dalle 9 alle 18). Per gli

chef non manca l’aggiornamento su “Le nuove tecniche in cuci-na” di Fabio Tacchella (in calendario il 12 novembre). Per gli chef che intendano cimentarsi nell’arte bianca ecco il corso “Il cesti-no del pane al ristorante” il 18 novembre. Il seminario “Come utilizzare addensanti e gelificanti” (19 novembre) rivolto ai pro-fessionisti della ristorazione mostra come semplificare il lavoro in cucina. Sul fronte bar&wine, ai corsi base sulla miscelazione (dal 28 ottobre all’11 novembre) e sul vino (dal 30 ottobre al 4 dicembre), si affiancano il corso dedicato alla caffetteria, dal caf-fè alle decorazioni (4 incontri dal 18 al 21 novembre) al semina-rio della “Latte art: le decorazioni del cappuccino”(il 25 e 26 no-vembre). L’anno si chiuderà con il corso “Pane, pizze e focacce: tutti i segreti”, dal 16 al 18 dicembre.

accademia deL Gusto, i corsi fino a dicembre

Alessandro Pipero Chicco Cerea

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settembre 2013

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da Vittorio nel Gotha della ristorazione ita-liana con la terza stella Michelin, e Ales-sandro Pipero, vero fuoriclasse della sala, proprietario di Pipero al rex di roma, una stella Michelin, eletto maître dell’anno da Identità Golose. sul controverso rapporto tra cucina e sala c’è chi vede il bicchiere mezzo pieno e chi quello vuoto. “Nella ristorazione moderna il rapporto tra cucina e sala non è forse idilliaco ma buono - sostiene Pipero -. Co-me in ogni altro settore, se si ama il lavoro che si sta facendo si va d’amore e d’accor-do, se ci sono insoddisfazioni di fondo, il conflitto prende il sopravvento”. Con sano realismo Chicco Cerea allarga le braccia: “Costruire un rapporto equili-brato e quasi perfetto è davvero difficile. La base di tutto, come in qualsiasi rap-porto interpersonale e basato sulla fidu-cia, è il rispetto tra le persone. bisogna valorizzare il ruolo di ognuno nel perse-guire un obiettivo comune”. i dissapori tra sala e cucina non mancano, rincara Cerea: “Il nostro è un lavoro pesante e la stanchezza e il nervosismo a volte han-no il sopravvento. Il più classico dei bat-tibecchi è quando arrivano in cucina co-mande con quattro piatti diversi in ogni tavolo. spesso sono vere e proprie ripic-che da parte di chi sta in sala”. Su un punto sono d’accordo entrambi: sull’e-vidente dominio della scena degli chef. “Lo chef è leader e star. L’80% dei curri-

culum che riceviamo è per la cucina, so-lo il 20% ambisce alla sala” rileva ales-sandro Pipero. “Anche lo chef migliore al mondo non può fare a meno di chi valo-rizzi la sua cucina - ammette Chicco Ce-rea - . Negli ultimi anni invece di maître si parla di camerieri, un termine improprio. Chi sta in sala deve parlare perfetta-mente le lingue straniere, deve essere a modo e sapersi porre nel modo migliore con qualsiasi tipo di interlocutore, deve conoscere nel dettaglio l’etichetta che vige a tavola, oltre a saper presentare alla perfezione i piatti, per non parlare dei vini se sommelier. Non è un mestiere che si impara dall’oggi all’indomani, ma a suon di corsi ed esperienza che vanno ad arricchire un savoir-faire innato”. Come nella più classica delle sfide, ognu-no cerca di guadagnare più punti possibi-li: “L’arte vera sta in sala ed è racchiusa nell’accoglienza, nel tatto, nella sensibili-tà di saper dominare ogni situazione e nel sapersi porre nel modo migliore a secon-da di chi ci si trova di fronte - sottolinea con orgoglio Pipero -. Perché il cameriere è anche un po’ psicologo, oltre che, come si dice a Napoli, “cazzimmo”, ossia svelto ed in grado di trarre in proprio favore ogni cosa. Nei grandi ristoranti gli ospiti sono a contatto esclusivamente con la sala per almeno un quarto d’ora. Se il maître non intuisce subito chi si trova di fronte sono guai. Lo chef può fare un piatto sbagliato,

ma solo se ha qualcuno in sala che fa di tutto perché l’errore venga perdonato”. L’attacco della sala si fa sempre più pe-sante: “Solo una mentalità retrograda ve-de in chi sta in sala un porta-piatti. Ci vo-gliono maggiore selezione e preparazio-ne, a partire dalle scuole alberghiere. Un maître deve imparare un numero di ter-mini tecnici e nomi indefiniti, che rende il nostro vocabolario più difficile di quello di un veterinario” continua Pipero. ed ecco il colpo ad effetto: “Il nostro è il mestiere più bello del mondo, non mi stanco mai di ripeterlo. In cucina si suda, si corre qua e là, ci si macchia e si sta sempre in mezzo a profumi e odori. in sala si sta in giacca e cravatta, si sta a contatto con la gente, ma soprattutto si vedono tantissime belle donne”. ma Cerea non manca di mettere in luce una scomoda realtà: tanti dissapo-ri potrebbero comunque esser risolti se oltre a dividere gli oneri e le fatiche di tut-ti i giorni, sala e cucina smezzassero an-che gli onori: “In sala bastano un sorriso ed una gentilezza in più per conquistarsi la gratificazione finale della mancia, alla faccia della brigata che si fa in quattro in cucina. Ci sono locali dove si divide, ma in molti non è ancora così. Anche se non tutti lo ammettono candidamente, que-sto dà inevitabilmente adito a dissapori e alimenta eventuali ripicche”. Alla fine un pareggio per questa volta crediamo pos-sa far contenti tutti.

il 27 novembre l’Accademia del Gusto fa tappa a milano. Dalle 10 alle 12 è in programma l’incontro tra gastronomi e ristoratori da Peck, tempio della gastrono-mia italiana dal 1833. Dalle 12 alle 18 a Milano si terrà il primo appuntamento del Convivium di stelle, alla corte di Carlo Cracco, nel ristorante che porta il suo nome, insignito di due stelle Michelin. La scuola di alta cucina Ascom sbarcherà il 7 e il 9 dicembre sul Pianeta Gourmarte, kermesse dedicata alle eccellenze enogastrono-miche in programma in Fiera a Bergamo. Il 7 dicembre si terranno i corsi “Il cake decorating” con Catia Cavani, i corsi per appassionati “Stupiscili con piatti da chef” con Francesca Marsetti in cattedra e “I segreti per deliziose pizze gourmet” di Tizia-no Casillo. Lunedì 9 dicembre si terrà un incontro dedicato al controverso rapporto tra Tripadvisor e i ristoratori, in programma dalle 10 alle 12.30. Nel pomeriggio sarà la volta del confronto tra sala e cucina, con Chicco Cerea e Alessandro Pipero, pri-ma di dare spazio al seminario dedicato alle “Strategie di vendita per il ristorante”.

in trasferta, tra convivium visite e Pianeta Gourmarte

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di Riccardo Lagorio

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La Lente

Consorzio Franciacorta,i distinguo dei piccoli produttori

È inutile nascondercelo di fronte all’e-videnza: il mercato del vino, al pari di tanti altri settori, sta vivendo nel nostro Paese momenti difficili. Pochi produttori non sono coinvolti dal calo dei consumi. La modesta crescita, se non stagnazione, di mercato si è riflet-tuta nella recente vendemmia anche in Franciacorta (forse una delle aree che meglio ha saputo rispondere di fronte all’impasse internazionale) do-ve le pregiate uve sono state battute al prezzo irrisorio che si aggira intor-no all’euro per chilogrammo. Pur es-sendo da diverse stagioni calmierati i nuovi impianti, l’allargamento della base associativa, impennatasi nume-ricamente da poco più di una trenti-na di componenti a oltre un centinaio negli ultimi lustri con l’accrescimento delle superficie vitate, può avere gio-cato un ruolo negativo su tale anda-mento. Senz’altro ha però avuto an-che risvolti positivi come l’affacciarsi di piccole entità nel panorama vitivi-nicolo, dando slancio ed opportuni-tà lavorative a figure professionali ri-cercate come l’enologo o nell’ambito familiare con lo sviluppo dell’agrituri-smo e della micro ricettività legata al ruolo principale della cantina. Ovvia-mente l’ampliamento della base as-sociativa porta con sé conseguenze che si ripercuotono sugli equilibri in seno al Consorzio: le istanze e le esi-genze di piccole (e nuove) realtà non sempre coincidono con quelle in capo

ai nomi più affermati e da anni cata-lizzatori del mercato. Proprio perché il momento è difficile per tutti, alcune realtà di piccole e medie dimensioni hanno cercato già negli scorsi mesi di accaparrarsi un posto al sole e guada-gnarsi una propria visibilità organiz-zando per esempio una riuscitissima iniziativa natalizia in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, che ha coinvolto negozi e ristoranti del salotto mene-ghino. L’articolazione delle esigenze degli associati si percepisce anche dai toni di una nuova interessante iniziati-va, che si colloca all’interno del Festi-val del Franciacorta, in programma il 28 e 29 settembre. alcune cantine, consce del fatto che il gruppo fa visibi-lità, si sono date appuntamento nella

storica sede del Festival, la prestigio-sa Villa Lechi di Erbusco, dove propor-ranno in mescita i propri Franciacorta. Anche in questo caso si tratta di real-tà tendenzialmente di medie e picco-le dimensioni, quelle che il gourmet alla ricerca di novità è sempre lieto di incontrare, talvolta impossibilitate ad accogliere adeguatamente nelle proprie strutture i visitatori e che gio-coforza nelle ultime edizioni del Fe-stival finivano per essere penalizzate (la stragrande maggioranza dei con-sumatori dirigendosi verso cantine e centri di vista strutturati, etichette no-te e alla moda). Così l’appuntamento di fine settembre, segnando un nuovo e rilevante distinguo tra le diverse ani-me del Consorzio, garantisce peraltro i consumatori di una rinnovellata de-mocraticità, offrendo opportunità di conoscere nuove e micro realtà fran-ciacortine. Queste hanno organizzato degustazioni guidate a cura dell’Onav (Associazione Nazionale Assaggiatori di Vino) con prodotti locali di grande pregio come il Nostrano Valtrompia Dop (unico formaggio esclusivamente bresciano), ma anche di respiro inter-nazionale come il caviale iraniano be-luga, da anni introvabile sulle pur ric-che tavole di chi è in grado di permet-terselo. Che ciò prefiguri anche colla-borazioni commerciali tra le singole aziende per realizzare la necessaria visibilità che garantisca la sopravvi-venza in momenti di crisi?

L’esigenza di avere visibilità e non esser penalizzati dal richiamo dei big sta coalizzando diverse cantine con iniziative autonome.E gli equilibri vacillano

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iL progetto

di Lara Abrati

settembre 2013

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a Valle Imagna è la conformazione valliva più ad ovest del-la provincia di Bergamo, ai confini con il territorio lecchese, che confluisce nella limitrofa Valle Brembana. Nata dallo scorrere del torrente Imagna, presenta suggestivi luoghi verdi incontaminati, potenziale attrazione per turisti e visi-tatori alla ricerca di tranquillità e natura. Di dimensione no-tevolmente più ridotta rispetto alle altre due vallate berga-masche, offre un vasto e interessante patrimonio culturale. Negli ultimi tempi nell’area è vivace il confronto sulle pos-sibilità di sviluppo locale, al fine di rendere sostenibili i va-ri aspetti della vita in valle e nelle zone rurali e montane. il progetto agrimagna è una piccola parte, ma fondamentale, di un piano più vasto che mira al mantenimento del territo-rio e alla sua vivibilità. «Agrimagna – dice Giacomo Inverniz-zi, vicesindaco di Corna imagna e responsabile del progetto – ha come obiettivo dare dei criteri di sostenibilità alle pro-duzioni agricole e di conseguenza garantire il mantenimen-to del territorio montano». Si inserisce nel progetto “LavorinValle”, che mira a sostene-re i progetti imprenditoriali locali, un vero e proprio piano di

rilancio dell’economia, attraverso un’analisi del passato e la creazione di percorsi concreti per costruire opportunità future. Un’iniziativa dell’azienda consortile imagna Villa e della Comunità Montana Valle Imagna, che ha reso neces-saria la collaborazione di altre realtà del territorio, deside-rose di trovare delle risposte concrete alla crisi occupazio-nale, in primis coinvolgendo gli attori locali e poi le istituzio-ni provinciali e regionali. Si è individuato nella filiera agrico-la una grandissima risorsa.L’idea, nel concreto, è nata grazie all’attività dell’associa-zione “Cittadinanza Sostenibile”, attraverso il progetto Mer-cato e Cittadinanza. il mercato agricolo organizzato ormai da diverso tempo a Corna Imagna è stato un luogo «che ha stimolato numerose e diverse riflessioni e in un certo senso è stato il nostro punto di partenza», spiega Giacomo inver-nizzi. «Abbiamo chiesto poi la collaborazione alla Coldiretti e alla Camera di Commercio di Bergamo, quest’ultima ci ha supportato fornendoci i contatti per lo sviluppo web del pro-getto». Ecco quindi che, attraverso il coinvolgimento di dieci aziende agricole della valle, qualche mese fa è nata la rete

La Valle Imagna mette in rete le sue bontà

L

Sul sito agrimagna.it riunite le offerte (e le storie) di dieci piccoli produttori.

Un unico punto di riferimento per fare provviste di formaggi, vini, frutta, ortaggi, uova e conserve.

Invernizzi: «Obiettivo rendere sostenibili le attività agricole per garantire il mantenimento del territorio montano»

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iL PrOGettO

i ProtaGonistiche è stata poi subito affianca-ta dal sito web e dalla struttura logistica che permetterà l’attua-zione dell’e-commerce, ad ora organizzato in prova per i soli Gruppi di Acquisto Solidale, ma a breve anche per gli acquirenti singoli. il sistema organizzati-vo è in fase di test. Il fine ultimo è la commercializzazione, ma a monte il lavoro è più ampio e gli obiettivi più vasti: «In un am-biente dove l’agricoltura è anco-ra l’attività dominante – eviden-zia Invernizzi – siamo partiti da essa per ricreare un’economia di territorio al fine di valorizzarlo e conservarlo». Uno degli obiet-tivi intermedi è anche quello di dar vita a un modello organiz-zativo che funzioni, che, per-ché no, potrebbe anche essere esportato altrove. altro aspetto innovativo e inte-ressante di Agrimagna è quel-lo relativo all’utilizzo del web. infatti le aziende utilizzano un sito web come luogo virtuale dove incontrare gli interessati e permettere loro di acquistare le proprie produzioni attraverso un sistema di e-commerce la cui logistica ora è gestita dalla co-operativa Oikos di Villa d’almè. L’obiettivo è anche quello di fa-vorire e facilitare la comunica-zione tra i “gasisti” e i referenti aziendali, nonché di stimolare la visita alle aziende e l’incontro con i produttori, dando un pic-colo “assaggio” delle loro sto-rie e delle loro produzioni. sul sito www.agrimagna.it è possi-bile avere tutte le informazioni riguardo alle possibilità di ac-quisto. «Per il futuro – afferma Invernizzi – l’idea è quella di co-stituire in valle un distretto agri-colo, che si potrebbe caratteriz-zare, ad esempio, attraverso un marchio e attraverso altre azio-ni simili». Quindi diventa fonda-mentale il sostenere le aziende agricole creando nuove oppor-tunità per i giovani e per l’au-mento di esse, solo così si po-trà mantenere vitale il territorio montano e della valle.

«il web è la strada del futuro»

Villa d’Almè

Oikos

Cà Verde

Almenno San Salvatore

Pizzagalli Riccardo

Sant’Omobono Terme

La Selva dei Fungu’

Sant’Omobono Terme

i prodotti principi dell’agricoltura di mon-tagna bergamasca sono solitamente lat-ticini e salumi. Le aziende della rete agri-magna rispondono invece alle esigenze dei consumatori di disporre di un’offerta diversificata, rendendo così ancora più va-lido il progetto perché capace di risponde-re efficacemente e velocemente ai bisogni di Gas e quanti interessati all’acquisto. «Il fatto di esserci messi in rete – spiega Mauro villa dell’azienda Cà Verde – ha portato numerose piccole aziende a ri-spondere alla necessità delle famiglie, vendendo un prodotto di qualità e riducen-do i tempi relativi al reperimento, essendo possibile fare la spesa in un ordine solo».si può partire dai formaggi, prodotti da tre diverse aziende; la cooperativa Il Tesoro della bruna, che comprende dieci soci, di cui sette allevatori di bovini di razza bru-na alpina, il Comune di Corna imagna, un commerciante della zona e il Centro studi Valle imagna. La cooperativa produce di-verse tipologie casearie, innanzi tutto lo Stracchino all’antica delle Valli Orobiche, presidio slow Food, poi il cornèl, prodotto unendo le due cagliate, quella della matti-na e quella della sera, il quartì, il cui nome deriva dalla sua dimensione: un quarto di stracchino, il formagì e lo yogurt. I formaggi sono prodotti anche da altre due aziende agricole, Pizzagalli riccardo e Locatelli Osvaldo. entrambe preparano lo stracchino e altre tipologie casearie, come formaggella, ricotta, erborinato, yogurt, primo sale e altri ancora. L’azienda agricola L’Orso biodinamico pro-duce confetture e succhi a partire dai pic-coli frutti coltivati in azienda con metodo biodinamico. Anche Le Trubine si occupa della coltivazione di piccoli frutti che in parte vende freschi e in parte trasforma in confetture, succhi e composte.Non mancano le aziende che producono frutta e verdura; in particolare, Il Giardino della Frutta da alcune generazioni si occu-pa della coltivazione di mele di diverse va-rietà, dalle comuni golden, stark, renetta, ruggine e fuji alle varietà antiche del terri-torio. In azienda sono prodotte anche al-tre tipologie fruttifere e ortaggi di stagione

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Il Tesoro della Bruna Le Trubine L’Orso biodinamico

Sant’Anna Il Giardino della Frutta Locatelli Osvaldo

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settembre 2013

«il web è la strada del futuro»e parte della produzione è trasformata in confetture, conserve, suc-chi e nettari. L’azienda Sant’Anna, anch’essa produttrice di frutta e ortaggi, si è dedicata alla coltivazione in particolare di pesche, ci-liegie, albicocche, pere e fragole, ma anche lamponi, amarene, fi-chi, nespole, kaki, prugne, noci e nocciole. L’azienda dispone di un laboratorio multifunzionale di trasformazione dei prodotti freschi in confetture e conserve. «Anche se non è stato facile per alcuni di noi approcciarsi al web - spiega Matteo locatelli dell’azienda agri-cola Sant’Anna – lo reputo un mezzo molto comodo e a mio avviso potremmo riuscire ad utilizzarlo molto di più, ad esempio ideando un’applicazione per smartphone ad hoc e dei sistemi per velocizza-re la comunicazione tra i produttori della rete agrimagna».

Entrambe le realtà hanno scelto la strada del biologico. La prima è una cooperativa sociale che si occupa di reinserimento lavorativo e socio occupazionale di persone in situazione di svantaggio socia-le o economico. i vitigni coltivati sono merlot e Cabernet, atti alla produzione di Valcalepio rosso Doc, ma anche Merlot della Berga-masca igt. La seconda produce Valcalepio rosso Doc, rosso della bergamasca e vino rosato della bergamasca. «Fare conoscere il nostro prodotto – spiega Mauro Villa di Cà Verde – è importante per avere un canale di vendita. attraverso il web possiamo comunicare al meglio e con costi più contenuti rispetto ai metodi tradizionali. Purtroppo produrre prodotti di qualità non fa vendere in automati-co. La nostra grande scommessa è arrivare anche al consumatore

Anche la castanicoltura ha avuto spazio in questo progetto. Una coltivazione che in passato è risultata fondamentale per il sosten-tamento delle popolazioni di montagna, ma che ora è poco consi-derata. L’azienda La Selva dei Fungu’ ha ripreso la coltivazione del castagno e produce crema di castagne. Non solo, coltiva erbe aro-matiche e alleva conigli di razza rossa della Neo Zelanda e galline e polli di razza Livornese (con la conseguente produzione di uova fresche). Possiede un piccolo laboratorio di trasformazione in cui lavora le erbe aromatiche, produce diverse confetture e la crema di castagne.In ultimo, ma non per minore importanza, il vino, che viene prodot-to dalla cooperativa sociale Oikos e dall’azienda agricola Cà Verde.

privato e non solo ai Gas. Il web per questo è molto utile, è la strada del futuro. Arriverà il momento in cui tutti lo utilizzeranno indistinta-mente e con semplicità».Prima di effettuare qualsiasi ordine, è possibile richiedere una cassetta degustazione al costo di 15 euro. La cassetta con-terrà un piccolo assaggio di tutti, o quasi, i prodotti acquista-bili al fine di non effettuare ordini alla cieca e di acquistare in totale consapevolezza.il percorso è ancora lungo, come sostiene matteo Locatelli dell’a-zienda Sant’Anna: «siamo ancora all’inizio, stiamo affinando l’orga-nizzazione interna e ci stiamo dando delle regole, operazione es-senziale, ma tutt’altro che facile. Siamo però sulla buona strada!».

Sant’Omobono Terme

Corna Imagna Locatello Brumano

Corna Imagna Corna Imagna

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di Giordana Talamona

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La sFiDa

Alla ricerca dei semi perduti

a biodiversità dev’essere legata alle ricette locali, altrimenti si trasforma in pura coltivazione d’élite”. A parlare è adalberto salvatore sironi, vicepresi-dente e coordinatore del gruppo bas-sa Bg-Cr-Mi di Civiltà Contadina, asso-ciazione no profit che sta riscoprendo le antiche coltivazioni quasi del tutto scomparse. Coltura e cultura si fon-dono per trasformare la biodiversità in un mezzo di rievocazione dei sa-pori e delle antiche ricette locali, pa-trimonio custodito ancora da pochi anziani. “La biodiversità delle colture è andata persa - afferma sironi -. Non

si coltivano più dei prodotti per il loro legame col territorio, perché costitui-scono la base delle ricette locali o per-ché richiamano la tradizione delle fe-ste. tutto è ormai disponibile durante l’intero arco dell’anno. Questo non ha portato solo all’estinzione di alcune colture autoctone a bassissima resa, ma ha anche trasformato o cancella-to alcune ricette locali”. ma per fortuna, non tutto è perduto. L’associazione, nata nel 1996, ha tra i suoi obiettivi la riscoperta e la salva-guardia delle colture tipiche italiane. Tra le azioni di Civiltà Contadina c’è la

custodia dei semi di antiche varietà di ortaggi, cereali e legumi con l’obietti-vo di salvaguardarne l’integrità per le future generazioni. Come seed savers (conservatori di semi) scelgono i semi antichi non ibridati, né modificati ge-neticamente. Un patrimonio conser-vato, ma non infruttuoso. al contrario, Civiltà Contadina ne promuove l’uti-lizzo prestando i semi ai propri soci, a patto che li restituiscano in quan-tità doppia a fine stagione. Un atto di salvaguardia per il futuro che non si traduce nella creazione di un archi-vio crioconservato, perfetto e sterile,

“L

Il gruppo bergamasco di “Civiltà Contadina” è impegnato nella rilancio delle antiche coltivazioni come la sigaretta di bergamo, il Fasoi del tone, la Zucca tromba ed altri ancora. Sironi: “Negli Orti Biodiversi Caravaggini stiamo ottenendo dei buoni risultati e abbiamo riscoperto antichi ortaggi quasi totalmente estinti”

sigaretta di BergamoPeperone molto allungato e appuntito, quasi cilindrico. recuperato da un socio del Gruppo di bergamo-Groppello. Viene allevato in bassa bergamasca dal 2006. È ottimo sott’aceto.

satela de careas (melone cantalupo)Melone che ricorda nelle fattezze e dimensio-ni una zucca. Molto profumato e saporito, ha una buccia spessa e una polpa liquescente (da qui il nome Satela, femmina di rospo). Gli Orti biodiversi stanno cercando di ricreare questa varietà dal 2006 incrociando tre cu-

gini Cantalupo: Rospo di Bologna (seme di Ci-viltà Contadina), Prescott Fond Blanc (seme proveniente dai seed savers Canadesi) e Popone Zatta (Seme proveniente dalla ARSIA toscana). eccezionale col salame di Caravaggio, ma anche degustato in purezza. NB: Si segnala che questo melone è citato dal poeta milanese Carlo Porta in una sua poesia.

fasoi del ToneFagiolo recuperato negli anni 2004 a Fiorano al Serio dal socio Michele Girardelli. È stato

Le biodiversità in via di stabiLizzazione

Adalberto Sironi

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settembre 2013

ma che riporta i semi alla campagna e alla sapienza contadina. Una sorta di ri-nascimento della cultura rurale, come l’associazione ama definirla, che riporti sulle tavole gli antichi sapori del passa-to. “Negli Orti Biodiversi Caravaggini stia-mo ottenendo dei buoni risultati - spiega Sironi -. Coltiviamo da più di quattro anni dei piccoli terreni in comodato d’uso, nei quali abbiamo riscoperto antichi ortag-gi della Bassa bergamasca, quasi total-mente estinti”. La sigaretta di bergamo, il Fasoi del to-ne, la Zucca Tromba ed altri ancora. “Il pomodoro Corno Andino, chiamato local-mente òl Cornu de Tempestìì, ha una for-ma a corno di capretto. molto versatile in cucina, ha la particolarità di poter essere sbucciato come una banana, quando ar-riva a maturazione. il peperone sigaretta di bergamo è eccezionale messo sott’a-ceto. La pianta, alta un metro e mezzo, produce peperoni lunghi, grossi e molto appuntiti. Abbiamo anche riscoperto una coltivazione pressoché estinta da quasi quarant’anni. Si tratta del Fasoi del Tone, un fagiolo bianco, grosso come un bulbo oculare, ideale nella trippa”. La coltivazione di questo fagiolo ha per-messo di rispettare integralmente l’anti-ca ricetta della “trippa dei morti” di Ca-ravaggio che tradizionalmente prevede-va proprio l’utilizzo di un fagiolo bianco di grosse dimensioni. Un lavoro di pa-zienza certosina, minuzioso nello studio delle tradizioni, scrupoloso nella coltiva-zione, complicato ulteriormente dal dif-ficile reperimento dei semi. Se infatti im-piantando il seme di un’antica coltura la sua rinascita è certa, la sua mancanza

fa diventare l’impresa ancor più ardua. “Stiamo cercando di recuperare la Satela de Careas, un melone che nelle fattezze ricorda una zucca bitorzoluta, contrad-distinta da una pronunciata e deliziosa liquescenza. Si tratta di una varietà anti-chissima, citata addirittura dal poeta mi-lanese Carlo Porta in una sua celebre po-esia - spiega sironi -. Non avendo recupe-rato il seme, ma conoscendone il sapore e la forma grazie alle testimonianze degli anziani, abbiamo cercato di ricrearlo at-traverso degli incroci. abbiamo scelto tre varietà di meloni Cantalupo, quelli che secondo noi si avvicinano di più alla Sa-tela de Careas, e da quattro anni stiamo lavorando perché la coltura si stabilizzi. Si tratta di un lavoro di pazienza, perché di volta in volta si deve giocare sull’ibrida-zione tra le tre varietà”. L’ultima delle sfide è la coltivazione del-la Zucca tromba, tipica della bassa, per poter preparare la tradizionale “Zucca in carpione”, piatto anticamente abbinato al taleggio o al salva. tra le ultime spe-rimentazioni culinarie c’è, inoltre, la po-lenta fatta col mais rostrato rosso origi-nario di rovetta. La pianta è alta 4 metri, mentre il chicco del mais è contraddistin-to da un’unghia rossa. “È adatto per pre-parare una polenta dal gusto particolare - conclude Sironi - più pastosa e grassa al palato per la presenza nel mais di una percentuale più alta di olii”. Ma non fini-sce qui, perché negli Orti Biodiversi si col-tivano altre antiche colture come la rapa dal colletto rosso, la melanzana bianca, lo zucchino nero di Milano, lo zucchino di Napoli, l’anguria da marmellata e molto altro ancora.

L’antica ricetta

La zucca TromBa iN carPioNE

Preparazione della zuccatagliare a rondelle spesse 3-4 mil-limetri la parte piena della zucca tromba. togliere la buccia e fare asciugare su un panno. in una pa-della mettere a scaldare l’olio, poi aggiungere poche fette alla volta, facendole dorare parte per parte. scolarle su carta assorbente dispo-nendole su un piatto di portata.

Preparazione del carpione Fare soffriggere, nello stesso olio di cottura, uno spicchio di aglio e ag-giungere un bicchiere di aceto bian-co sino a portarlo ad ebollizione.

Preparazione finale del piattoa bollitura dell’aceto bianco versa-re il carpione, ancora caldo, diret-tamente sulle fette di zucca trom-ba disposte sul piatto di portata. Aspettare qualche ora e servire.

La zucca tromba in carpione cosi cucinata è molto semplice, pove-ra e versatile. Potete servirla come antipasto, come contorno con bolli-ti oppure accompagnarla a dei for-maggi freschi come crescenza, ta-leggio o stracchino.

impiantato nella bassa bergamasca ed è tut-tora il fiore all’occhiello degli Orti Biodiversi Caravaggini.Ottimo in insalata con prezzemolo e cipolla, magnifico nelle minestre invernali e sublime nella Trippa (Buseca) dei Morti.

aglio rossoUn recupero biodiverso che dà lustro alla zona, dato che era uno dei bulbi più ap-prezzati dai Caravaggini. Dal momento che il vecchio tipo non esiste più, lo si sta tuttora recuperando con studio e pazien-

za. si tratta di un aglio rosso proveniente dalla Siberia che si è adattato al suolo e al microclima orobico. saporito, non pic-cante, è molto versatile in cucina. Delizioso anche crudo.

zucca TrombaDifficilissima da mantenere poiché, a cau-sa dell’ibridazione fin qui avuta, ha cambia-to forma e sapore. La sperimentazione che si sta effettuando su questo tipo di zucca prevede l’impollinazione manuale. si tratta di un progetto ancora in nuce.

Le biodiversità in via di stabiLizzazione

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aPPUNtameNti

er due giorni (il 28 e 29 settembre) Villa d’Ogna diventerà un’enclave valdostana in occasione della “Fe-sta della Natura”, manifestazione organizzata dal C’entro Parroc-chiale Ogna che ogni anno porta in paese i sapori, l’artigianato, le tra-dizioni e il folklore di una regione d’Italia. Dopo il Friuli e le Marche, tocca alle specialità della “Vallée”, accuratamente selezionate dal co-mitato organizzatore con la colla-borazione della regione Valle d’a-osta. L’appuntamento è in cresci-ta e quest’anno si sviluppa su due giornate anziché una, con sfilate, spettacoli e aperitivi già dal saba-to. Vere chicche sono gli stand dei prodotti enogastronomici e degli antichi mestieri valdostani, scelti secondo i criteri dell’autenticità, se non addirittura unicità, e della qua-lità. Anche il pranzo della domeni-ca è tutto all’insegna della regione

ospite, basti pensare che anche la farina per la polenta (azienda Bon-ne Vallée di Donnas), l’acqua (sor-genti del monte bianco di morgex) e il pane di segala (Frassy Ettore di arvier) provengono dalla Val d’aosta. e poi lardo d’arnad Dop, salame cru d’arnad, Vallèe d’aoste jambon de bosses Dop e l’erbori-nato bleu d’aoste, come primo la Seupa à la Vapelenentse (una “la-sagna” formata da strati di pane ammorbidito dal brodo di carne, fontina e verza, terminando con la fontina), per secondo la Carbo-nada Valdostana, preparata con fesa di vitello sotto sale, per finire con torcetti e tegoline e torta la Flantze, caffè o grolla. il costo è di 22 euro, vini esclusi, per i quali si può seguire un percorso consiglia-to di abbinamenti. Per informazioni e prenotazioni:[email protected]

P

Villa d’Ogna, fine settimana con i sapori valdostani

torna La sfida tra merLot e cabernet di tutto iL mondoÈ in programma dal 17 al 19 ottobre la no-na edizione del Concorso enologico inter-nazionale “Emozioni dal Mondo Merlot e Cabernet insieme”, l’ormai consolidato appuntamento internazionale che porta a bergamo centinaia vini. La sede scelta per le degustazioni delle commissioni è Villa redona a entratico, il banco d’assaggio dei vini vincitori, aperto al pubblico, sarà invece in piazza Vecchia, in Città alta. Tra le novità di quest’anno, la decisione dei promotori - Consorzio tutela Valcalepio e Vignaioli ber-

28 E 29 SETTEMBRE

DAL 17 AL 19 OTTOBRE

28 e 29 settembre

sapori, arte, musica ed emozione. sono quattro i temi portanti del Festival del Fran-ciacorta in Cantina 2013, il calendario di eventi promosso dalle aziende vitivinico-le nel week end del 28 e 29 settembre. Le aziende organizzeranno visite con degusta-zione delle differenti tipologie di Francia-corta prodotte, in abbinamento ai piatti e ai prodotti tipici del territorio – e non solo -, ma si potrà anche scoprire la passione di alcu-ni produttori per l’arte o partecipare ad ap-puntamenti che uniscono la degustazione di un calice del rinomato metodo classico alla musica. Chi ama “sperimentare” potrà trovare qualche spunto originale grazie ad alcune aziende che propongono degusta-zioni insolite: un coinvolgimento multisen-soriale, con spazi e divertimento dedicati anche ai più piccoli. La prenotazione della visita è obbligatoria, contattando diretta-mente le cantine.www.festivalfranciacorta.it

degustazioni ed eventi neLLe cantine

deL Franciacorta

gamaschi - di selezionare 21 giudici tra i consu-matori per inserirli nelle giurie di degustazione. La proposta è stata lanciata nell’ambito dello scorso Vinitaly. I giurati avranno la possibilità di prendere parte alle sessioni di degustazione e premiare il “Vino del Consumatore”, un nuovo ri-conoscimento, che si aggiunge a quelli attribuiti dai tecnici e dai giornalisti e che porta in primo piano il gusto e il giudizio degli appassionati. Le cantine interessate a partecipare devono inviare la domanda entro il 30 settembre. www.emozionidalmando.it

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Branzi (BG)27/28/29 Settembre 2013

SAGRA DELLAPOLENTA TARAGNA OROBICA

Esposizione, degustazione e vendita prodotti tipici

Menu Polenta Taragna Orobica con abbinamenti tipici

Percorso “La strada dei vini”, con degustazioni vini e birre artigianali

Intrattenimento “Gli Alègher” di Dossena

Bitto storico

CLUB ALPINO ITALIANOUnione Bergamasca delle Sezioni

e Sottosezioni

CRA - MACUnità di ricerca per la maiscoltura

Latteria Sociale Caseariadi Branzi

Formai de Mutdell'alta Valle Brembana - DOP

ORN

ICA -

ANTICO BORGO RURALE

OSPITALITÀ DIFFUSA

CooperativaDonne di Montagna

Associazione Maurizio Gervasoni Onlus

ASSO

CIA

ZIO

NE MAURIZIO GERVASO

NI - O

NLU

S

RONCOBELLO - BG

Consorzio Formai de Mutdell'Alta Valle Brembana

Latteria SocialeCasearia di Branzi

ORNI

CA - A

NTICO BORGO RURALE

OSPITALITÀ DIFFUSA

CooperativaDonne di Montagna - Ornica

Segreteria Organizzativa: Via Roma,6 - BRANZI (Bergamo) -Telefono 349.6298451- 0345.71074 - Fax 0345.70039 - Ufficio Stampa: telefono 347.9956383 - 338.2571965 - e-mail: info@�erasanmatteo.it - www.�erasanmatteo.it

ConsorzioOperatori Turistici

BREMBO SKI

Ferdy

Azienda Agricola Agrituristica

Ferdy

Azienda Agricola Agrituristica

Come i Ristorantidella Valle Brembanainterpretanola polenta taragnaorobica

Agriturismo Alle BaiteVia Rivioni snc - BRANZI - Cell. 338.2113930

Polenta taragna orobicacon bocconcini di manzo al ginepro

Ristorante CoronaVia San Rocco, 8 - BRANZI - Tel. 0345.71042

Polenta taragna orobicacon coniglio arrosto al profumo di timo

Ristorante BranziVia Umberto I, 23 - BRANZI - Tel. 0345.71121

Polenta taragna orobicacon fantasia di carni e cacciagioneSpeciale menù bambini

Pizzeria Il CaminettoPiazza Vittorio Veneto - BRANZI - Tel. 0345.71517

Polenta taragna orobicae grigliata di carne

Ristorante da BettinaVia Ripe - BRANZI - Tel. 0345.71008

Polenta taragna orobicacon fesa ai funghi porcini

Ristorante La GerlaVia Isola, 5/a - ISOLA DI FONDRA - Tel. 0345.70011

Polenta taragna orobica accompagnatada bocconcini di cervo in salmì,cappello del prete brasato e porcini,a guarnire mini cestino al sesamo nerocon composta di mirtilli rossi

La Locanda dei CantùPiazza Vittorio Veneto, 3 - CARONA - Tel. 0345.77044

Polenta taragna orobicacon cinghiale in umido

Albergo CaronaVia Angelo Bianchi, 22 - CARONA - Tel. 0345.77125

Polenta taragna orobicacon salsiccia e funghi

Ristorante K2Via Foppelle, 42 - FOPPOLO - Tel. 0345.74105

Polenta taragna orobicacon costolette di cervo e pinoli

Consorzio Formai de Mutdell'Alta Valle Brembana

Latteria SocialeCasearia di Branzi

ORNI

CA - A

NTICO BORGO RURALE

OSPITALITÀ DIFFUSA

CooperativaDonne di Montagna - Ornica

Segreteria Organizzativa: Via Roma,6 - BRANZI (Bergamo) -Telefono 349.6298451- 0345.71074 - Fax 0345.70039 - Ufficio Stampa: telefono 347.9956383 - 338.2571965 - e-mail: info@�erasanmatteo.it - www.�erasanmatteo.it

ConsorzioOperatori Turistici

BREMBO SKI

Ferdy

Azienda Agricola Agrituristica

Ferdy

Azienda Agricola Agrituristica

Come i Ristorantidella Valle Brembanainterpretanola polenta taragnaorobica

Agriturismo Alle BaiteVia Rivioni snc - BRANZI - Cell. 338.2113930

Polenta taragna orobicacon bocconcini di manzo al ginepro

Ristorante CoronaVia San Rocco, 8 - BRANZI - Tel. 0345.71042

Polenta taragna orobicacon coniglio arrosto al profumo di timo

Ristorante BranziVia Umberto I, 23 - BRANZI - Tel. 0345.71121

Polenta taragna orobicacon fantasia di carni e cacciagioneSpeciale menù bambini

Pizzeria Il CaminettoPiazza Vittorio Veneto - BRANZI - Tel. 0345.71517

Polenta taragna orobicae grigliata di carne

Ristorante da BettinaVia Ripe - BRANZI - Tel. 0345.71008

Polenta taragna orobicacon fesa ai funghi porcini

Ristorante La GerlaVia Isola, 5/a - ISOLA DI FONDRA - Tel. 0345.70011

Polenta taragna orobica accompagnatada bocconcini di cervo in salmì,cappello del prete brasato e porcini,a guarnire mini cestino al sesamo nerocon composta di mirtilli rossi

La Locanda dei CantùPiazza Vittorio Veneto, 3 - CARONA - Tel. 0345.77044

Polenta taragna orobicacon cinghiale in umido

Albergo CaronaVia Angelo Bianchi, 22 - CARONA - Tel. 0345.77125

Polenta taragna orobicacon salsiccia e funghi

Ristorante K2Via Foppelle, 42 - FOPPOLO - Tel. 0345.74105

Polenta taragna orobicacon costolette di cervo e pinoli

FiNO aL 29 NOVembre

19 E 20 OTTOBRE

I ristoranti di dieci alberghi dell’Alta Valle Seriana so-no protagonisti dal 20 settembre al 29 novembre di altrettante serate gastronomiche nell’ambito di “La tradizione d’autunno nelle nostre cucine”, prima edi-zione di una rassegna organizzata dall’Astra (Asso-ciazione seriana turismo e ristorazione alberghiera) per valorizzare i prodotti tipici e stagionali e la capa-cità degli chef di interpretarli. L’appuntamento è ogni venerdì (tranne il primo novembre) in un locale diver-so. Le serate prevedono un vero e proprio incontro con i protagonisti della cucina attraverso momenti di “show-cooking” che presentano la preparazione dei piatti e promuovono la cultura della tavola. il costo del menù è di 30 euro. Si comincia all’Hotel europa di Clusone (20 settembre), per proseguire con l’Ho-tel vecchio mulino a Rovetta (il 29), miralago a bos-sico (4 ottobre), Hotel ambra a Clusone (11 ottobre), Hotel Libia a Fino del Monte (18 ottobre), bussola a Clusone (25 ottobre), belvedere a Parre (8 novem-bre), betulla a Onore (15 novembre), commercio a Clusone (22 novembre) e Hotel gromo a Gromo (29 novembre). in occasione delle serate le strutture pro-pongono anche pacchetti speciali per il soggiorno.www.astraseriana.com

La Valle brembana sta diventando una piccola patria delle mele in bergama-sca grazie all’afavb, associazione Frut-

ticoltori ed Agricoltori Valle Brembana, che raggruppa oltre 230 soci ed ha come principali obbiettivi il recupero e la colti-vazione del territorio in abbandono, la diffusione della cultura della frutticoltura e una produzione sana per l’uomo e l’am-biente. Queste attività hanno da quattro anni a questa parte anche una bella vetrina nella “Sagra della Mela e dei prodotti tipici brembani”, che per due giorni invade la via centrale di Piazza brembana con stand e mercatini di mele e prodotti del-la Valle, assaggi, degustazioni, concorsi. in passerella, accan-to alle regine della sagra, ci saranno formaggi, marmellate, biscotti, salumi, miele e castagne. L’appuntamento è sabato 19 e domenica 20 ottobre. Per l’occasione saranno proposti pranzi convenzionati nei ristoranti di Piazza brembana, dei pa-esi vicini e dei soci di altobrembowww.afavb.com

aLta vaL seriana, tour tra i menù d’autunno

di dieci HoteL

a piazza brembana La sagra deLLe meLe

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Walter Brambilla si occupa della cucina, in sala la compagna Susi

di Fulvio Facci

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l ristorante “Come una volta” in via Ro-ma 76 a Desenzano di albino ci erava-mo fermati per caso circa un anno fa per il pranzo di mezzogiorno. Ci aveva un po’ sorpreso il fatto che ci fossero solo due clienti, anche se il locale è molto piccolo: sette tavoli, più o meno 20 posti in tutto. Il costo era un po’ più alto della media delle proposte a prez-zo fisso, 12 euro, ma ce lo ricordiamo come un buon pranzo. «Proviamo a te-nere duro ancora un anno – ci aveva raccontato allora il titolare – poi vedre-mo come andranno le cose».

Ora Walter brambilla, milanese da tempo trapiantato nel bergamasco e nel settore, che gestisce il locale con la compagna susi, è veramente mol-to soddisfatto. «Siamo qui dall’inizio del 2011, ormai, quindi, più di due an-ni e mezzo – rileva infatti – e le cose adesso stanno andando bene. a mez-zogiorno abbiamo ingranato, anche se a volte c’è qualche flessione, mentre alla sera siamo aperti al venerdì e al sabato e su prenotazione gli altri gior-ni. basta essere almeno in dodici per avere il locale in esclusiva».

Ci sarà una motivazione senz’altro per la scelta di un locale così picco-lo. «È perché voglio fare tutto io – dice chiaramente Walter, che sta in cuci-na, mentre susi è in sala -. Non entra un grammo di pasta, la facciamo tutta noi con la farina del mulino a pietra di Cerete. Facciamo anche il pane e poi tutti i sott’olio e sott’aceto, soprattut-to in agrodolce, che serviamo con gli antipasti sono di nostra preparazione. adesso, ad esempio, sto preparando la mostarda di fichi e quella di pomo-dori verdi che saranno pronte quando

APochi posti, ma buoni

iL PreZZO FissO

sette tavoli per una ventina di coperti. Le piccole dimensioni della trattoria “Come una volta” di Albino legate alla scelta dei titolari di fare tutto da sé, dalle paste al pane, dai sottoli ai dolci. tra i punti di forza le serate a tema

La Prova

Per il menù a prezzo fisso all’ora di pranzo, dal lunedì al sabato, il costo è su tre li-velli: otto, nove e dodici euro. tutte le combinazioni com-prendono vino, acqua e caf-fè. Sono quindi otto euro per il primo, nove euro per il se-condo con contorno, dodici euro per il pranzo completo.

Pappardelle al sugo di ca-lamaro, gnocchi di patate fatti in casa conditi con gor-gonzola, ragù o pomodo-ro, risotto alla parmigiana mantecato allo stracchino la lista dei primi. Frittelle di merluzzo (“sottotitolate” bertagnì, a ricordare uno dei pochi piatti di pesce del-

la tradizione bergamasca), arrosto di costato di man-zo, “ciareghì” con polenta e stracchino e frittata con ca-talogna le proposte per i se-condi piatti. abbondante la scelta tra i contorni, soprat-tutto verdure cotte.Visto che tutta la pasta è fatta in casa, abbiamo scel-

to le pappardelle al sugo di calamari e le frittelle di merluzzo. Contorno di co-ste e catalogna. Un pranzo tra i migliori dei nostri test. il piatto da asporto, nell’oc-casione, era rappresentato dal Bertagnì, un’idea in più per una pausa pranzo diver-sa dal solito.

nell’offerta anche piatti da portar via

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33

settembre 2013

TRATTORiA “COMe unA vOlTA” via roma 76 - albino aperta a pranzo da lunedì a sabato e le sere di venerdì e sabato (le altre sere su prenotazione, anche in esclusiva)tel. 035 751929www.trattoriacomeunavolta.com

arriverà il momento delle serate a tema con i lessi».«Abbiamo una carta abbastanza ampia – interviene Su-si che si occupa anche delle pubbliche relazioni – incen-trata prevalentemente sulle nostre paste fatte in casa e le carni, tutte a lunga cottura. Ci piace mettere nei piatti una certa ricercatezza e curiamo la scelta delle materie prime. Per quanto possibile, cerchiamo di muoverci a chi-lometro zero, tranne che per il pesce, ovviamente».ma punto forte della trattoria sono le serate a tema: si va dal gran fritto di paranza, tutto con pesce fresco, alla cena medievale, al gran bollito, fino quella denominata “Ritornar bambini”, dove si mangia con le mani, senza posate. e poi si seguono le stagioni. il prezzo medio si ag-gira sui 25 euro, quello massimo sui 35. I vini sono ber-gamaschi con uno loro gradualità nel prezzo, anche i dol-ci, su tutti le torte della nonna, sono fatti in casa.«È stata dura – conclude Susi –, ma abbiamo fatto un buon lavoro per farci conoscere. siamo stati presenti a manifestazioni con degustazioni gratuite, facciamo pub-blicità tramite Internet, sms e con la vendita appunto in internet di prenotazioni scontate. siamo recensiti su trip advisor ma fondamentale è il passa parola. abbiamo dei piatti per celiaci e ottime combinazioni anche per i vege-tariani. Un’altra mano ce l’ha data l’introduzione dei piat-ti da asporto, almeno un paio al giorno, facciamo anche i baratti con i nostri fornitori abituali. Non sono grandi numeri ma per una trattoria delle nostre dimensioni fan-no presto a diventare importanti. Sono benvoluti anche i cani». Insomma, tante piccole attenzioni, curiosità e ac-corgimenti che regalano al locale un carattere distintivo.

Page 34: Affari di gola settembre 2013

Qualitàe convenienza

per mense e ristoranti

Consegne rapide e personalizzate.Prodotti freschi, surgelati e biologici,

dall’antipasto al dessert

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Page 35: Affari di gola settembre 2013

3535

Salgono a 5 le medaglie d’oro

per le grappe firmate Villa Domizia

settembre 2013settembre 2013

Quattroerre

settembre 2013

L’ultimo riconoscimento, al concorso “Alambicco d’oro”, è andato alla Gaudes moscato

da unico vitigno

nnesimo riconoscimento per l’azienda bergamasca Quat-troerre di torre de’ roveri. I titolari, i quattro fratelli Ro-ta, agguantano infatti l’enne-simo titolo nazionale grazie alla medaglia d’oro ottenuta dalla grappa da unico vitigno moscato - Gaudes Villa Domi-zia al XXXi° concorso nazio-nale Alambicco d’Oro (con-corso organizzato dall’asso-ciazione Nazionale assaggia-tori di Grappa ed Acquaviti). La grappa, in commercio da pochi mesi, è stata presen-tata ufficialmente alla fiera internazionale di Verona lo scorso aprile. il successo si aggiunge alla doppia medaglia d’oro otte-nuta sia nel 2012 che nel 2011 nei concorsi nazionali dell’Anag e in quello interna-zionale di Termeno Acquevi-ti d’Oro. Non solo. L’azienda di Torre de’ Roveri ha ulte-riormente impreziosito il su-o palmarès di vini e distillati grazie anche alla medaglia d’argento ottenuta lo scor-so giugno al 19° Concorso mondiale di bruxelles con il Valcalepio rosso Gaudes ri-

serva 2007. riconoscimen-to internazionale che si ag-giunge al premio della stam-pa, sempre con il Valcalepio Gaudes “Villa Domizia”, ot-tenuto nel 2011 alla settima edizione del concorso enolo-gico internazionale “Emozio-ni dal Mondo”, quale miglior

vino a taglio bordolese pre-sente al concorso. “È nostra ferma convinzione - sostiene Giampietro rota presidente della società ber-gamasca - che, nonostante l’importanza giocata da que-sti concorsi negli ultimi anni, il giudice più severo, ma an-che quello al quale dobbia-

mo rifarci, come produttori e commercianti, per avere indicazioni circa la bontà del nostro lavoro, sia sempre e solo il consumatore. ecco, non perdendo mai di vista questo semplice ma essen-ziale concetto, noi producia-mo vini, grappe e birre che

devono trovare riscontro nel-le persone che consumano tali prodotti. se poi, come è successo negli ultimi tre an-ni, riceviamo riconoscimenti nazionali ed internazionali, questo non può che farci feli-ci”. Seguendo la filosofia che ha portato all’affermazione i vini Villa Domizia, anche le

grappe Gaudes hanno co-me denominatore comune la piacevolezza, senza per-dere di vista quindi le aspet-tative di chi consuma tale prodotto. “Oggi l’attenzione che il pubblico e gli operatori hanno nei confronti dei pro-dotti del territorio - continua Rota - sono più che una mo-da. sono la consapevolezza che, se vogliamo distinguere i nostri prodotti dal resto che il mercato offre, dobbiamo continuamente insistere su quel valore aggiunto lega-to alla tipicità della zona di produzione. ragione valida e lungimirante che con gran-de caparbietà vogliamo perseguire nel futuro imme-diato; motivo per cui, entro fine anno, verrà presentata una nuova grappa barrica-ta”. La grappa moscato Villa Domizia è definita da unico vitigno in quanto è ottenuta esclusivamente con vinacce dello stesso vitigno e, come tutti i distillati prodotti dalla Quattroerre, viene prodotta utilizzando piccole caldaiet-te di rame a vapore con me-todo discontinuo.

E

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NovitàSETTEMBRE 2013

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Spumanti, il punto al Forum nazionale di ottobre

il 6 e 7 alla villa foscarini Rossi (Stra di venezia)

il consumo mondiale del vino continua a premiare i vini effer-vescenti, soprattutto quelli italiani. “Bollicine” il focus-forum sui vini spumanti italiani a villa Foscarini-rossi a stra di Ve-nezia, il 6 e il 7 ottobre prossimi, presenta le migliori produ-zioni in previsione dei brindisi mondiali di fine anno. Presenti giornalisti e operatori da tutta europa. Per la tappa in Veneto, la scelta è caduta su importatori ed esportatori più sensibili e vicini, dalla Lituania alla Ucraina. i paesi dell’est-europa so-no molto attratti dalle bollicine: vini freschi, moderni, meno alcolici, ideali per ogni cucina, ottimi a tavola e fuori pasto, il miglior rapporto fra identità/valore. Gli operatori economi-ci ospiti avranno a disposizione una area business per poter degustare con una guida personale i vini, per incontrare i pro-duttori. Sono rappresentanti dei canali horeca, dal retailer al diplomatic store, distributori in grandi alberghi e grocery, provenienti da estonia, Lituania, Lettonia. Dall’Ucraina sa-ranno presenti i 3 più grandi importatori di vini di alta gam-

ma, grazie anche alla collaborazione con la CdC Italo-Ucraina. Gli stessi importatori-esportatori stranieri potranno avere gli ultimi aggiornamenti economici e produttivi sui vini italiani. ampio spazio viene dato alla diffusione della cultura del vi-no con laboratori di analisi sensoriale guidati da marco sa-bellico (direttore guida Gambero Rosso), Luca Gardini (som-melier Ais), Nicola Frasson (Guida vini d’Italia). Dalle 11 al-le 20, tutti i giorni, sarà possibile degustare BtoC, nelle sale della villa, circa 300 etichette provenienti da tutta Italia. Ogni Distretto produttivo ha una sala dedicata per favorire cono-scenza e identità al consumatore finale. Inoltre, per i produt-tori presenti sono previsti due incontri formativi sull’interna-zionalizzazione delle imprese, curati da Giovanni Veronese e Marco Broianjgo proprio per conoscere il percorso più sem-plice e sicuro per arrivare con le bollicine su mercati lontani ma di prospettiva commerciale, come Corea, Cina, russia, indonesia, australia.

Valtènesi Doc, sul mercato arriva la seconda annata

Valtènesi Doc compie un anno ed ar-riva sul mercato con la vendemmia 2012: un ritorno atteso, specie dopo il forte consenso riscosso all’ultima edizione del Concorso enologico na-zionale dedicato all’autoctono Grop-pello ed ospitato nei giorni scorsi dal-la tradizionale Fiera di Puegnago del Garda (Bs). “È un risultato estremamente impor-tante, che incoraggia il lavoro che il Consorzio ha intrapreso sull’identità

dei propri vini – afferma il presidente del Consorzio Valtènesi, alessandro Luzzago -. Davvero non poteva esser-ci premessa migliore per il ritorno del Valtènesi ad un anno dal suo debutto ufficiale”.Per l’annata 2012, che come previsto dal disciplinare di produzione può es-sere commercializzata a partire dal primo settembre, il Valtènesi Doc - vi-no rosso di territorio imperniato sul vitigno Groppello - arriva sul mercato

con un quantitativo potenziale di qua-si mezzo milione di bottiglie, oltre che con una superficie rivendicata salita a 114 ettari dai 91 dell’anno prece-dente: segnali di crescita per una ti-pologia che, affiancata al Valtènesi Chiaretto, completa il profilo di una denominazione entrata in vigore nel 2011 con l’obiettivo di conferire ai vini di questa porzione della costa garde-sana un’identità più definita e meglio comunicabile al mercato.

I

settembre 2013settembre 2013settembre 2013

Alessandro Luzzago

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Page 38: Affari di gola settembre 2013

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Hamburger al marsala

PreParazioneIn una padella mettere l’olio e gli hamburger. Cuoceteli a fuoco medio sui due lati, 3 minuti per parte. Togliere dal fuoco la padel-la, prendete gli hamburger e riponeteli su un piattino. Nella stessa padella mettete ora il burro e la farina e tostate a fuoco medio, rimestando per un minuto. Aggiungete un pizzico di sale ed un poco di latte e continuate a rimestare; quando il latte è stato assor-bito dalla farina, aggiungetene ancora affinché venga nuovamente assorbito e così fino alla fine. In tutto ci vorranno cinque - sei minuti. Spegnete il fuoco, rimettete gli hamburger nella padella, coprendoli con la crema appena preparata e lasciateli riposare per altri cinque minuti; aggiungete quindi il marsala, rimettete la padella sul fuoco medio e rigirate gli hamburger per farli insapo-rire sui due lati per circa un minuto. Togliete la padella dal fuoco e versate nel piatto hamburger e crema compresa.

Non ho mai capito veramente il perché, ma quando si è single (e si ha una vita poco casalinga), arrivata l’ora della cena, si opta quasi sempre per un primo: ed è la pasta, nelle sue mille accezioni, a farla da padrona. Veloce da preparare, consumata con uno dei tanti sughi già pron-ti in commercio, rappresenta un escamotage che piace a tanti. Ma è anche vero che ci sono valide alternative, altrettanto ve-loci e sicuramente più gustose di un sugo già pronto. La pro-posta di questo mese è un piatto di carne, ricco di proteine, insaporito da una salsa sfiziosa. Saporita e nutriente, la carne di manzo contiene poca acqua e una buona quantità di gras-so ed è un’ottima fonte di aminoacidi essenziali, oltre che di vitamine del gruppo B. In commercio è possibile trovare ham-burger di marca già confezionati, anche se personalmente preferisco quelli di macelleria, a mio avviso molto più gusto-si. Alle volte costano qualche centesimo in più, ma è tutta un’altra cosa.Per la salsa utilizziamo il marsala, un vino liquoroso che non dovrebbe mai mancare nella dispensa di casa; non solo per-ché è saporito, ma anche perché rappresenta una risorsa in cucina: io infatti lo utilizzo per preparare le scaloppine, lo za-baione e altri piatti sfiziosi. In commercio lo si trova di diversa tipologia a seconda del residuo zuccherino: “secco” (con zuc-cheri inferiori a 40 gr. per litro), “semisecco” (con zuccheri su-

periori a 40 gr. per litro e inferiori a 100 gr. per litro) e “dolce” (con zuccheri superiori a 100 gr. per litro); per la nostra ricetta è necessario acquistare del marsala “secco”, disponibile su-i banchi di tutti i supermercati della città a circa 7 euro. Una volta aperta la bottiglia, questo vino deve essere conservato in un luogo buio e fresco (14-21°C), in posizione orizzonta-le; gli esperti consigliano poi di tenere la bottiglia lontano da odori forti che potrebbero interferire sul suo delicato aroma. Nel caso in cui non sia possibile conservare il marsala in que-ste condizioni, è consigliabile consumarlo entro il più breve tempo possibile. Infine, un consiglio d’obbligo: una volta pre-parato il piatto, non dimenticate di passare nella padella una fettina di pane per catturare tutto il condimento restante; non sarà certo molto “bon ton”, ma ne vale veramente la pena. Vi auguro buon appetito.

L’aN

GOL

ORicette facili

e veloci per chi vive da solo,

ma non rinuncia alla buona cucina

capita a tutti di vivere per un certo periodo di tempo da soli. e spesso ciò coincide con la rinuncia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo di cibo congelato, essiccato, imbustato. ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o rilassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche man-giare da soli può essere piacevole.

DeL siNGLe di Marco Bergamaschi

inGredienti Per 1 Persona1 confezione di 2 hamburger di manzo (circa 200 g)1 cucchiaio di farina200 cc di latte intero

20 gr di burro2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva50 cc di marsala seccosale a piacere

curiosità

Page 39: Affari di gola settembre 2013

Comune di BraccaBRACCADomenica 29 settembre 2013SALA POLIVALENTE

ALLA SCOPERTA DEL

TARTUFO NERODI BRACCA

PROGRAMMAore 10.00ore 10.15ore 11.00

ore 11.15ore 12.00ore 12.30ore 13.00

ore 15.00ore 15.30ore 16.30ore 17.30ore 17.45

Inaugurazione ufficialeApertura mostra mercato e banchi venditaApertura Convegno: “Il Tartufo Nero di Bracca” - Sig. Giuseppe Ciocchetti Pres. Ass. Tartufai BergamaschiSpecie di tartufo presenti in Val SerinaSig. Virgilio Vezzola Pres. Associazione Tartufai Bresciani - Tartufi e Tartuficoltura. L’importanza degli ecotipi locali.Analisi sensoriale comparativa di alcune specie di tartufiPossibilità di degustare gratuitamente diversi tipi di tartufoAbbinamento Tartufo Nero della Val Serina con vini locali

Educazione sensoriale al cibo per bambini - “Slow Food”Visita ad una tartufaia della zona e dimostrazione con caniDimostrazione con i cani per bambini e adulti della ricerca del tartufo neroUtilizzo in cucina e conservazione del Tartufo NeroDimostrazione pratica della preparazione del risotto al Tartufo Nero di Bracca e degustazione gratuita del risotto

PRANZO CON MENù A BASE DI TARTUFO NERO(presso i Ristoranti aderenti - obbligatoria la prenotazione)

RISTORANTI ADERENTI(prenotazione obbligatoria)

Trattoria DentellaVia Cav. A. Dentella, 25 - Bracca (BG) - Tel. 0345 97105Trattoria La TavernettaPregaroldi Bracca (BG) - Tel. 0345 97172Ristorante Pizzeria RondiVia Centro, 28 - Bracca (BG) - Tel. 0345 97023Ristorante Pizzeria GenzianellaVia Bruga, 5 - Bracca (BG) - Tel. 0345 97001Pizzeria FrozenVia Ca. A. Dentella, 9 - Bracca (BG) - Cell. 340 5575121

Page 40: Affari di gola settembre 2013

in rassegna sapori, gusti e piaceri del territorio