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Avvenire 11/13/2012 Page : A28

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on sarà Twitter a seppellire il giornalismo,come a suo tempo non lo hanno ucciso la

radio, la tv e i siti Internet. Per qualche tempo siè coltivata l’idea che una professione in declinopotesse venire archiviata dai social mediainstaurando una relazione diretta trainformazione e pubblico senza la mediazionegiornalistica. Se è indubbio che dalla primaveraaraba in poi, il cinguettio in rete sia diventato unanuova fonte d’informazione quasi necessaria peri giornalisti, innumerevoli topiche a livello globaledimostrano che non è sempre affidabile. Unariflessione sui social media, i loro limiti, il futurodel giornalismo dal titolo "Twittate, twittate,qualcosa resterà", è stata organizzata ieri aMilano dalla sezione lombarda dell’Ucsi,l’Associazione dei giornalisti cattolici. In Italia a fronte di 22milioni di contatti suFacebook ce ne sono 900mila su twitter. Il primoè il social media popolare, il secondo si staconnotando come mezzo di informazione peraddetti ai lavori del mondo politico, economico

ed editoriale. Anche se Fabio Larocca, socialmedia manager, trova che in Italia i politici usinoTwitter in modo spesso improprio: «Negli Usa enel mondo anglosassone è un mezzo che integragli sms per informazioni di servizio. Da noispesso girano messaggi autoreferenziali degliuomini politici, che non rispondono a domandedirette del pubblico». C’è poi uno specifico uso già fatto dal mondocattolico. Chiara Pelizzoni, già responsabilecomunicazione dell’Incontro mondiale dellefamiglie a Milano ricorda che il mega eventodello scorso maggio (un milione di persone aMilano) ha avuto un milione di contatti sul sito,

che su Twitter le testimonianze della veglia con ilPapa il sabato sera sono state l’argomento piùtwittato del giorno. Giorgio Bernardelli, diMondo e Missione, lo ritiene «una fonte perseguire eventi anche tragici di paesi ai marginidell’informazione. Basta pensare a quanto cicomunicano i blogger dell’Iran. Però servecontinuità e solo il giornalista sa districarsi tra itweet per trovare fonti affidabili». Per PaoloMadron, direttore del quotidiano online"Lettera43" solo un quarto dei messaggini di 140caratteri riporta contenuti originali, il restoripropongono articoli, filmati e immagini postatisu siti. Resta il nodo della verifica scrupolosadelle notizie, che la folle velocità delle newsrende quasi impossibile ai non addetti ai lavori.per Madron «ciò renderà insostituibile ilgiornalista. Che deve continuare a fare bene ilsuo mestiere usando nuovi mezzi per trovarepiù notizie».

Paolo Lambruschi© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Twitter? «Non ucciderà il giornalismo»Due proposte per Milano:la Giornata di Avveniree l’operazione Avvento

MILANO. LaGiornata diAvvenire cheMilanocelebreràdomenica saràl’occasione perlanciare«l’operazioneAvvento». Per

vivere il «tempo forte» nel segnodella lettura alla luce della fede èstata proposta alle parrocchie lasottoscrizione di mini-abbonamentiper le domeniche dal 18 novembreal 6 gennaio. L’obiettivo è aumentarela diffusione di «Avvenire» inparticolare tra Consiglieri pastoralie catechisti. Tra le novità l’uscitanell’inserto «Milano Sette» di unapagina per ciascuna delle zonepastorali dell’arcidiocesi.

DI STEFANIA CAREDDU

uella dell’animatore della co-municazione e della cultura nonè una figura passata di moda. «Cisono persone già pronte per l’o-

pera di integrazione tra cristianesimo esocietà. E che potranno essere snodi im-portanti perché il Vangelo parli il lin-guaggio della rete senza il quale è ormaiimpossibile entrare in contatto con legenerazioni di oggi», osserva monsignorDomenico Pompili, sottosegretario del-la Cei e direttore dell’Ufficio nazionaleper le Comunicazioni sociali, tirando lefila della sessione residenziale del corsoAnicec che si è tenuta a Roma dal 9all’11 novembre. Una tre giorni intensache ha privilegiato lo scambio e ha pun-tato i riflettori su quanto bolle in pento-la a livello locale: «L’officina digitale è illuogo che ha scompaginato il modo ditradizionale di fare i convegni: in catte-dra sono saliti loro, gli studenti, per pre-sentarci le loro esperienze», sottolineaPompili evidenziando come si sia passati«dal broadcasting allo sharing, ossia dal-la trasmissione alla condivisione». È l’e-sperienza a dimostrare che «gli anima-tori sono protagonisti sul campo e conla loro creatività e competenza sono ingrado di colmare il gap tra Vangelo e cul-tura». I progetti presentati – dai percor-

si multimediali per l’apprendimento del-la Divina Commedia fino alla preven-zione nella scuola con il coinvolgimen-to della polizia postale, ai supporti digi-tali interattivi per ambienti ecclesiali e aiprofili Facebook delle parrocchie – sonola testimonianza concreta «dell’atteg-giamento proattivo» dell’animatore. Chesa, spiega Chiara Giaccardi, docente diSociologia e antropologia dei media al-l’Università Cattolica di Milano, «antici-pare gli scenari, ridurre i danni, operareuna verifica continua, non proibire mariorientare le tecnologie nello loro formepiù conviviali, volte cioè alla comunio-ne». Per padre Antonio Spadaro, diret-tore de La Civiltà Cattolica, è essenziale«avere una esperienza diretta dei socialnetwork e sulla base di essa articolare u-

na riflessione che porti prima all’azionee poi alla valutazione di ciò che è statorealizzato». All’animatore è richiestadunque «una sensibilità per i cambia-menti in atto» e allo stesso tempo «un o-recchio attento alla realtà concreta de-gli ambienti ecclesiali». E loro sono pronti. «Il Signore è stato fan-tasioso e mi ha fatto scoprire questa via»,confida Ida Marengo di Cuneo, "volon-taria per l’arte" al Museo diocesano SanSebastiano. «Creare un sito di cui non cisi dimentichi in breve tempo» è ciò cheLaura Foglino proporrà alla parrocchiadella Resurrezione di Torino. Maria Chia-ra di Parma lavorerà invece per «creareuna sinergia tra i media diocesani, in vi-sta di un percorso comune».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Conclusa l’edizione 2012 del corso Cei che forma all’impegno su media e culturaLe idee di cinque giovani «diplomati»

LA FRASE Dobbiamo ritenere che sia possibile anche nella nostra epoca, apparentemente tantorefrattaria alla dimensione trascendente, aprire un cammino verso l’autentico sensoreligioso della vita, che mostra come il dono della fede non sia assurdo o irrazionale.Benedetto XVI all’udienza generale del 7 novembre

Animatori, il futuro è adesso

28 MARTEDÌ13 NOVEMBRE 2012

Un momento della sessione conclusiva del corso Anicec a Roma (foto Siciliani)

«Vita buona», boom dei video

Anicec, l’officina della condivisione

eimila volte “la vita è buona…”. Per seimilavolte la campagna del Copercom che hamesso al centro “la vita buona” ha attirato

l’attenzione su YouTube. Per oltre duemila volte èstato visualizzato il video che ha per protagonistail poeta Davide Rondoni che ha invitato «ragazze eragazzi a raccontare la vostra vita buona, il buonodella vita». Le altre quattromila visualizzazioni sele sono guadagnate i video dei giovani che hannorisposto all’appello del poeta, con i loro volti e leloro parole. Anche la presenza del Copercom suFacebook sta dando segnali significativi e induceall’ottimismo. La campagna fa parlare, e tantiamici vecchi e nuovi si spingono anche al fatidico“Mi piace”. In tanti hanno già risposto (quasi unvideo al giorno) in questo primo mese dicampagna, partita il 4 ottobre e destinata ad

accompagnarci sino a quando sarà vivo l’interessesoprattutto dei giovani e delle associazioniaderenti al Copercom. Sappiamo che nei prossimigiorni arriveranno all’indirizzo dedicato(lavitabuona@copercom.it) un bel numero divideo-testimonianze, grazie anche allacollaborazione di alcune realtà di base, interessatealla dimensione educativa della campagna chevuole aiutare i giovani a interrogarsi sul buonodella loro vita. Un’iniziativa tanto più importantein un momento in cui i giovani sono sottopressione, accerchiati da un diffuso pessimismoche li rende ancor più deboli nei confronti di unarealtà socio-economica che offre loro pocheopportunità.

Riccardo Benotti© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Un convegno organizzato dalla sezionelombarda dell’Ucsi invita a pensareal social network come a una risorsa«Una sfida come già radio, tv e Internet»

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otenziare le realtà già esistenti, offrendo nuovalinfa e migliorando la qualità. Dopo averfrequentato il corso online e aver vissuto la

sessione in presenza, l’idea di Daniele Sozzi,collaboratore dell’ufficio per le comunicazioni socialidella diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, ha preso forma,trasformandosi in una priorità. «Viviamo in unmomento di crisi, e nel nostro territorio la avvertiamo inmodo particolare, ma – sottolinea – è fondamentalespendere qualche risorsa in più per un servizio cheviene fatto per l’intera comunità». Del resto, quello dellacomunicazione e della cultura è «un percorso che nonva lasciato indietro». Appassionato di riprese video,Daniele ha deciso di formarsi ulteriormente perché «perun cristiano mettersi al servizio della comunità èimportante, ma questo servizio deve essere fatto bene».E ora gli piacerebbe far crescere "Cronaca", il rotocalcosettimanale di informazione televisiva della diocesi: «cisarebbero gli spazi per raccontare molti più eventi,specialmente della pastorale giovanile». Un’intuizioneche suona già come un progetto. (S.Car)

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«Più qualità su carta e WebCosì si serve la comunità»

roporrò al mio parroco di creare un gruppo diadolescenti che si occupa di evangelizzazioneattraverso i social network». È un progetto concreto

quello di Francesca Politi di Adrano (Catania) che vorrebbe«aiutare i ragazzi a capire cosa si può fare con i nuovi media,dandogli un senso». «Gli adolescenti – osserva – conoscono illinguaggio dei social che utilizzano come veri strumenti dicomunicazione e non solo di chiacchiericcio. Allora perché nonusare questi mezzi per discutere, seguire e raccontare gli eventiche vengono promossi sul territorio,in sinergia con altreparrocchie?». Del resto, «come cristiani siamo chiamati adannunciare il Vangelo, anche attraverso i nuovi media». Questaconsapevolezza si è rafforzata frequentando il corso Anicec cheha intersecato «l’essere cristiana con la passione per lacomunicazione». (S.Car)

aveva colpita il racconto di una corsistadell’edizione passata. La laurea in sociologiacome bagaglio e una grande passione per la

comunicazione hanno fatto il resto. «Si erapresentata come una bella e interessanteopportunità di aggiornamento che, attraverso lamodalità di apprendimento in e-learning, consentivadi studiare nei ritagli di tempo». Detto fatto, AnnaMaria Oliveto di Potenza ha deciso di iscriversi alcorso Anicec 2012. E ora, dice convinta, «avrò altristrumenti per fare quello che già facevo». «Leprovocazioni emerse durante la sessione in presenza– spiega – rappresentano degli spunti che poipossono essere tradotti nella mia realtà, inparticolare con il gruppo di adolescenti di cui sonocatechista». «Se già utilizzavo Facebook percontattarli, adesso – aggiunge Anna Maria – vorreiproporre loro dei progetti nuovi, mettendoli a farecose che sanno fare». Così da coinvolgerli di più,«aumentare la partecipazione e creare una vera epropria rete». (S.Car)

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«Studio, passione e ascoltoE ora dobbiamo fare rete»

hissà che le idee emerse durante la sessioneresidenziale del corso Anicec non servano asostenere l’apertura della sala parrocchiale

della comunità. Se lo augura Alessandra Imperatoche, superando la sua palese timidezza, ha decisodi mettersi in gioco e di dare il suo contributo. «Mipiacerebbe – confida – essere quel lievito che fafermentare la pasta. Porterò al mio parroco ilresoconto di questi giorni per vedere insieme cosapossiamo fare per il nostro territorio». È statoproprio don Carmine Agresta, il parroco diSant’Antonio a Taranto, a investire su Alessandra e«a credere fortemente in questo percorso».Laureata in teologia, la ragazza ha voluto infattinon perdere l’occasione offerta dal corso Anicec. Egià da subito ha cercato di tradurre in pratica lenozioni teoriche: «Mentre frequentavo le lezioni -spiega - ho spinto per creare il sito e la paginaFacebook della parrocchia perché volevo che lanostra comunità allargasse i confini, aprendosi aglialtri». (S.Car)

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«Col mandato del parrocoper allargare i confini»

iò che ha appreso l’ha subito applicatonell’organizzazione di eventi culturali laici,cercando di infondere «un’anima cristiana a

diverse iniziative sociali». Pierdamiano Mazza è diOria e si occupa di promozione culturale attraversola programmazione di dibattiti sull’informazione, laletteratura, la poesia oltre che di valorizzazione dibeni ecclesiastici. Per lui, che si è formato inun’università statale e ha conseguito un master ingiornalismo, il corso Anicec ha rappresentatoun’occasione da cogliere al volo: «Navigando – spiegaPierdamiano – mi sono imbattuto per caso nel bandodel corso e ho pensato che poteva essere valido siaper un approfondimento delle mie conoscenze siaper ottenere un riconoscimento ecclesiale di questecompetenze». E così, sebbene «inizialmente scetticosulla modalità e-learning», ha frequentato il corsoscoprendone «la qualità e l’utilità». «Ascoltare leesperienze – aggiunge – è stato fondamentale percapire quali sono state le reazioni concrete a livellolocale di fronte alle diverse proposte». (S.Car)

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«Vorrei mettere a fruttoi miei saperi nella Chiesa»

Pompili: il gap esistentetra Vangelo e culturamediatica si colma con la creatività e lo scambiodi esperienze sul campoSpadaro: essenzialianche la fase di azionee quella di valutazione

Si è conclusa domenica a Roma l’ultima fase del Corso Anicec2012 per nuovi animatori della cultura e della comunicazione alservizio della Chiesa. il corso si è svolto online, con la tre giorniromana per tirare le somme, conoscersi e scambiarsi idee edesperienze. Ecco cinque storie di nuovi animatori.

«Annunciamo sui social network»

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