1
Avvenire 08/31/2012 Page : A03 Copyright © Avvenire August 31, 2012 9:17 pm / Powered by TECNAVIA / HIT-M Copy Reduced to 48% from original to fit letter page il fatto L’oro e il rame del deserto dei Gobi stanno trasformando il Paese in profondità. S’impenna il Pil e aumentano le opportunità di lavoro, ma rischiano di essere travolti millenari stili di vita La miccia accesa di un progresso acritico e diseguale, in gran parte dipendente da interessi esteri DI STEFANOVECCHIA a Mongolia è la "nuova frontiera" dell’Asia, un Pae- se che sorprende per vitalità e ancor più per po- tenzialità. Già oggi quello con la più rapida crescita economica nel continente. Il voto nazionale del 28 giugno scorso, salutato come «in- novativo» anche per la computerizzazione, ma alla fine poi sottoposto a polemiche e a una nuova conta se- condo sistemi più tradizionali, aveva le potenzialità di cambiare il volto politico del Paese. Al centro della cam- pagna elettorale, per adesione o per opposizione, op- pure per visione scettica, c’era stato lo sfruttamento del- le enormi risorse minerarie del Paese, potenziale vola- no di sviluppo ma anche potenzialmente micce accese di uno sviluppo acritico, diseguale e in buona parte di- pendente da interessi stranieri. «Quello che più mi ha sconcertato dell’ultima tornata elettorale è l’atteggiamento fatalista, addirittura "scet- tico" della popolazione, abituata in passato a una par- tecipazione molto più massiccia», conferma Federico Pi- stone, giornalista e scrittore che da molti anni ha fatto della Mongolia la meta dei suoi viaggi e dei suoi inte- ressi culturali e filantropici, fondando il sito web www.mongolia.it. «La Mongolia – prosegue Pistone – è sempre stato un Paese estremamente attento alle vicende politiche, no- nostante l’oggettiva difficoltà di metà della popolazio- ne, i quasi due milioni di nomadi che vivono di pasto- rizia nelle loro tende sparse nella steppa o nel deserto, di tenersi informati e far sentire la propria voce. In pre- cedenti elezioni si era sfiorato il 90 per cento dei voti de- gli aventi diritto, con gli elettori spesso costretti a vere e proprie spedizioni a cavallo per poter raggiungere il più vicino seggio. Nelle ultime elezioni parlamentari si è as- sistito a un crollo del numero dei votanti, a sottolinea- re un nuovo senso di impotenza di fronte a eventi non controllabili». Tra questi, l’arresto per presunta corru- zione alla vigilia del voto dell’ex presidente della Re- pubblica, Nambaryn Enkhbayar. Il leader del Partito ri- voluzionario popolare aveva proclamato la propria in- nocenza e avviato un estenuante sciopero della fame e della sete, che lo aveva portato in fin di vita attirando le attenzioni delle Nazioni Unite e di Amnesty Internatio- nal. Alla fine, però, il suo impegno ha diviso la maggio- ranza favorendo l’opposizione del Partito democratico dell’attuale capo di stato Tsakhiagiin Elbegdorj, che ha conquistato 31 dei 72 seggi al Parlamento. Al centro del dibattito politico da anni c’è la questione mineraria, che cambierà in modo epocale la storia del Paese. Lo sfruttamento degli immani giacimenti di oro e rame nel deserto del Gobi è stato il nodo centrale del- la campagna elettorale dei Democratici, pronti ad apri- re alle grandi compagnie straniere per l’estrazione e la lavorazione dei minerali. La promessa è di portare ric- chezza e benefici all’intera popolazione; il rischio, gran- de, è di compromettere l’equilibrio ambientale e socia- le di un Paese così fragile. Già nei primi anni di attività estrattiva buona parte delle già scarsissime riserve idri- che del Gobi si sono prosciugate, ma la vera incognita sarà legata al cambiamento dei millenari stili di vita dei L nomadi. La costruzione di nuove città minerarie, stra- de asfaltate, strutture avanzate porterà indubbiamen- te opportunità notevoli ma anche a una rivoluzione tec- nologica il cui impatto andrà verificato sul campo. Ne- gli ultimi anni – sottolineano gli esperti – proteste affi- date a studenti, intellettuali, cittadini e nomadi hanno evidenziato questi dubbi, a cui si aggiunge il rischio di consegnare a potenze straniere il prezioso patrimonio mongolo. Almeno quanto finora salvaguardato da in- vasioni, ingerenze e ideologie. Quelle originate in Rus- sia e in Cina, fra tutte. Il primo dicembre 1911 la Mongolia approfittava della fine dell’Impero cinese per sciogliere un abbraccio in- gombrante che durava da secoli, cercando così di rial- lacciarsi alla propria storia e alle proprie tradizioni. Il ten- tativo riuscì solo in parte, perché il Paese doveva ben pre- sto cadere nella sfera d’influenza sovietica, fino a di- ventare, dal 1924, un "satellite" dell’Urss e – di conse- guenza – un vicino da guardare con ostilità e con so- spetto da parte della Cina comunista. Fino a quando, dopo la disgregazione dell’Unione sovietica, Pechino si è presa la rivincita, pur tra forti resistenze. Formalmente, le élite dominanti cercano di mantene- re un certo distacco dalle crescenti pressioni cinesi, ma la Repubblica popolare cinese da sola copre oltre la metà delle attività economiche di origine straniera in Mon- golia. Con questi presupposti, i progetti dell’estensione della rete ferroviaria interna e il suo collegamento con le re- ti russa e cinese, che consentirebbe una maggiore a- pertura verso l’Asia orientale, da un lato, e all’Europa dal- l’altro sono visti come essenziali per superare le pesan- ti tutele di Pechino e Mosca. © RIPRODUZIONE RISERVATA «Qui le tradizioni più antiche sono una cosa seria» Un popolo religioso Animismo e buddismo E il cristianesimo dialoga nimismo e buddismo nella forma lamaista sono le religioni dominanti oggi in Mongolia, ma l’evangelizzazione ha radici che risalgono al VI secolo. Il cristianesimo fu addirittura in posizione dominante a partire dal XII secolo anche per l’attività missionaria e diplomatica di ecclesiastici di assoluta eccellenza, come Guglielmo di Robruk e Giovanni da Montecorvino, che furono in grado di cooperare con i vari khan mongoli anche in funzione anti-musulmana. L’assoggettamento della Mongolia all’impero cinese dei Ming doveva portare alla graduale emarginazione della cristianità locale e infine alla sostanziale cancellazione del cristianesimo a beneficio del buddismo alla fine del XIV secolo. Dagli anni Venti del secolo scorso, la sovietizzazione doveva porre nell’illegalità ogni professione religiosa. Una situazione evolutasi radicalmente in tempi recenti: 21 anni fa, la nuova costituzione ammetteva la libertà di fede. Contemporaneamente all’avvio di relazioni diplomatiche con la Santa Sede, nel 1992, tre missionari di Scheut (tra cui padre Wenceslao Padilla, che doveva diventare il primo vescovo nel 2003) arrivarono nella nuova "missio sui iuris" per porsi inizialmente al servizio delle comunità straniere. Prefettura apostolica dal 2006, la cattolicità mongola dispone di una chiesa cattedrale a Ulaanbaatar e di altre due parrocchie che servono complessivamente un migliaio di battezzati. Un contributo essenziale arriva dalla cinquantina di missionari di vari istituti e congregazioni. In questo contesto religioso, operano con relativa tranquillità e preziosa presenza alcune missioni cattoliche italiane, come quella della Consolata affidata a padre Giorgio Marengo di Torino e a padre Ernesto Viscardi di Bergamo, che hanno scelto di operare nella provincia centrale di Arvaikheer dove d’inverno le temperature arrivano a 50 gradi sotto zero. Oppure come le Figlie di Maria Ausiliatrice che, grazie soprattutto all’impegno straordinario di suor Adriana Bricchi, gestiscono una scuola da esse costruita alla periferia di Ulaanbaatar. (S.V.) © RIPRODUZIONE RISERVATA A a Mongolia è aperta al mondo per voca- zione storica. Lo stesso Gengis Khan, erronea- mente disegnato come un gene- rale feroce e senza scrupoli, ha creato la Pax mongolica, un im- menso corridoio territoriale che ha permesso un flusso di uomi- ni, idee, merci, scoperte, inven- zioni, tra Asia ed Europa». Per l’e- sperto Federico Pistone, il paese L « centrasiatico ha un’apertura ere- ditata dalla storia a cui corri- sponde l’infinita curiosità degli abitanti. Il fascino della Mongolia in Oc- cidente è sempre stato legato al nomadismo, all’indole guerriera della popolazione. Che cosa re- sta di questa tradizione? Per i mongoli le tradizioni sono ancora straordinariamente vive, sia nella caotica capitale sia in quella che loro chiamano «campagna», cioè un ter- ritorio incontaminato grande cinque volte l’Ita- lia e che ospita un milione e mezzo di pastori, tanti quanti gli abitanti della so- la Ulaanbaatar. Vivere un’esperienza in Mongo- lia per un viaggiatore oc- cidentale, anche nel XXI secolo, rappresenta un autentico tuffo nel passato remoto, in una terra ferma a tradizioni, spiritualità, superstizioni, riti sciamanici. I pastori vivono in armonia con la natura e preferiscono mantene- re le usanze antiche piuttosto che barattarle con il miraggio di una ricchezza e uno stile di vita che non appartiene loro. Insieme al Tibet occupato, la Mongolia è roccaforte della for- ma di buddismo che riconosce la leadership spirituale del Dalai Lama. È questo ancora un dato distintivo e magari esclusivo? Siamo in una delle roccheforti della libertà religiosa nel mondo. Lo stesso Giovanni Paolo II, che si rammaricò per non essere riu- scito a coronare il suo sogno di visitare il Paese, definì la Mongo- lia «esempio di tolleranza». Il Da- lai Lama considera Ulaanbaatar, e in particolare il monastero di Gandan, la sua seconda casa e quando viene in visita il Paese si stringe intorno a lui in un ab- braccio commosso e travolgente, scatenando puntualmente le ire di Pechino. I mongoli vivono la fede con estrema serenità, la par- tecipazione nei monasteri – quel- li scampati alle purghe sovietiche degli anni Trenta, come Gandan, il leggendario Erdene Zuu del- l’antica capitale Karakorum e l’af- fascinante Amarbayasgalant, perduto nelle steppe settentrio- nali – è sempre gioiosa, massic- cia e senza distinzioni. La popo- lazione mongola è altrettanto le- gata ai riti sciamanici, proibiti se- veramente sotto la dominazione sovietica e ripresi in modo con- sistente dopo gli anni ’90. Che cosa si conosce in Mongolia del nostro Paese? I mongoli, che adorano cono- scere le realtà straniere, hanno un debole per l’arte italiana, dall’o- pera lirica alla pittura, fino alla storia, convinti di un legame molto profondo fra ciò che ha rappresentato il mondo dell’an- tica Roma (soprattutto in termi- ni di civiltà) con quello dell’im- pero mongolo dei Khan. Ironiz- zando, dicono che anche dal punto di vista politico scorgono affinità con l’Italia: troppi inte- ressi personali di chi governa e u- na certa spensieratezza. Stefano Vecchia © RIPRODUZIONE RISERVATA Grazie alle miniere registra uno sviluppo da record Ma con il rischio di finire sotto la tutela di Paesi stranieri ANSA-CENTIMETRI Mongolia 2012 ULAN-BATOR MONGOLIA CINA RUSSIA D E S E R T O D I G O B I 1.564.100 km 2 SUPERFICIE 3.100 euro REDDITO PRO-CAPITE ANNUO 3% DISOCCUPAZIONE 25 anni ETÀ MEDIA 2,8 milioni POPOLAZIONE 17,2% CRESCITA PIL (previsione 2012) 49% POPOLAZIONE POVERA (sotto 2 dollari/giorno) 67 anni DURATA VITA MEDIA 58% POPOLAZIONE URBANA 13,6% INFLAZIONE 97% ALFABETIZZAZIONE 1,1% annuo CRESCITA POPOLAZIONE l’intervista Federico Pistone: «Un Paese spalancato al mondo per vocazione, curiosissimo e assai legato alla sua storia» La presenza italiana dei missionari della Consolata e delle salesiane con una loro scuola a Ulaanbaatar La Mongolia cresce scavando VENERDÌ 31 AGOSTO 2012 3

RIPRODUZIONE RISERVATA Avvenire 08/31/2012 Page - mongolia.it · a Mongolia è la "nuova frontiera" dell Asia, un Pae-se che sorprende per vitalità e ancor più per po-tenzialità

  • Upload
    others

  • View
    1

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: RIPRODUZIONE RISERVATA Avvenire 08/31/2012 Page - mongolia.it · a Mongolia è la "nuova frontiera" dell Asia, un Pae-se che sorprende per vitalità e ancor più per po-tenzialità

Avvenire 08/31/2012 Page : A03

Copyright © Avvenire August 31, 2012 9:17 pm / Powered by TECNAVIA / HIT-MP

Copy Reduced to 48% from original to fit letter page

il fattoL’oro e il rame del deserto dei Gobistanno trasformando il Paesein profondità. S’impenna il Pile aumentano le opportunità

di lavoro, ma rischiano di esseretravolti millenari stili di vitaLa miccia accesa di un progressoacritico e diseguale, in gran partedipendente da interessi esteri

DI STEFANO VECCHIA

a Mongolia è la "nuova frontiera" dell’Asia, un Pae-se che sorprende per vitalità e ancor più per po-tenzialità. Già oggi quello con la più rapida crescita

economica nel continente.Il voto nazionale del 28 giugno scorso, salutato come «in-novativo» anche per la computerizzazione, ma alla finepoi sottoposto a polemiche e a una nuova conta se-condo sistemi più tradizionali, aveva le potenzialità dicambiare il volto politico del Paese. Al centro della cam-pagna elettorale, per adesione o per opposizione, op-pure per visione scettica, c’era stato lo sfruttamento del-le enormi risorse minerarie del Paese, potenziale vola-no di sviluppo ma anche potenzialmente micce accesedi uno sviluppo acritico, diseguale e in buona parte di-pendente da interessi stranieri.«Quello che più mi ha sconcertato dell’ultima tornataelettorale è l’atteggiamento fatalista, addirittura "scet-tico" della popolazione, abituata in passato a una par-tecipazione molto più massiccia», conferma Federico Pi-stone, giornalista e scrittore che da molti anni ha fattodella Mongolia la meta dei suoi viaggi e dei suoi inte-ressi culturali e filantropici, fondando il sito webwww.mongolia.it.«La Mongolia – prosegue Pistone – è sempre stato unPaese estremamente attento alle vicende politiche, no-nostante l’oggettiva difficoltà di metà della popolazio-ne, i quasi due milioni di nomadi che vivono di pasto-rizia nelle loro tende sparse nella steppa o nel deserto,di tenersi informati e far sentire la propria voce. In pre-cedenti elezioni si era sfiorato il 90 per cento dei voti de-gli aventi diritto, con gli elettori spesso costretti a vere eproprie spedizioni a cavallo per poter raggiungere il piùvicino seggio. Nelle ultime elezioni parlamentari si è as-sistito a un crollo del numero dei votanti, a sottolinea-re un nuovo senso di impotenza di fronte a eventi noncontrollabili». Tra questi, l’arresto per presunta corru-zione alla vigilia del voto dell’ex presidente della Re-pubblica, Nambaryn Enkhbayar. Il leader del Partito ri-voluzionario popolare aveva proclamato la propria in-nocenza e avviato un estenuante sciopero della fame edella sete, che lo aveva portato in fin di vita attirando leattenzioni delle Nazioni Unite e di Amnesty Internatio-nal. Alla fine, però, il suo impegno ha diviso la maggio-ranza favorendo l’opposizione del Partito democraticodell’attuale capo di stato Tsakhiagiin Elbegdorj, che haconquistato 31 dei 72 seggi al Parlamento.Al centro del dibattito politico da anni c’è la questionemineraria, che cambierà in modo epocale la storia delPaese. Lo sfruttamento degli immani giacimenti di oroe rame nel deserto del Gobi è stato il nodo centrale del-la campagna elettorale dei Democratici, pronti ad apri-re alle grandi compagnie straniere per l’estrazione e lalavorazione dei minerali. La promessa è di portare ric-chezza e benefici all’intera popolazione; il rischio, gran-de, è di compromettere l’equilibrio ambientale e socia-le di un Paese così fragile. Già nei primi anni di attivitàestrattiva buona parte delle già scarsissime riserve idri-che del Gobi si sono prosciugate, ma la vera incognitasarà legata al cambiamento dei millenari stili di vita dei

Lnomadi. La costruzione di nuove città minerarie, stra-de asfaltate, strutture avanzate porterà indubbiamen-te opportunità notevoli ma anche a una rivoluzione tec-nologica il cui impatto andrà verificato sul campo. Ne-gli ultimi anni – sottolineano gli esperti – proteste affi-date a studenti, intellettuali, cittadini e nomadi hannoevidenziato questi dubbi, a cui si aggiunge il rischio diconsegnare a potenze straniere il prezioso patrimoniomongolo. Almeno quanto finora salvaguardato da in-vasioni, ingerenze e ideologie. Quelle originate in Rus-sia e in Cina, fra tutte.Il primo dicembre 1911 la Mongolia approfittava dellafine dell’Impero cinese per sciogliere un abbraccio in-gombrante che durava da secoli, cercando così di rial-lacciarsi alla propria storia e alle proprie tradizioni. Il ten-tativo riuscì solo in parte, perché il Paese doveva ben pre-sto cadere nella sfera d’influenza sovietica, fino a di-ventare, dal 1924, un "satellite" dell’Urss e – di conse-guenza – un vicino da guardare con ostilità e con so-spetto da parte della Cina comunista. Fino a quando,dopo la disgregazione dell’Unione sovietica, Pechino siè presa la rivincita, pur tra forti resistenze.Formalmente, le élite dominanti cercano di mantene-re un certo distacco dalle crescenti pressioni cinesi, mala Repubblica popolare cinese da sola copre oltre la metàdelle attività economiche di origine straniera in Mon-golia.Con questi presupposti, i progetti dell’estensione dellarete ferroviaria interna e il suo collegamento con le re-ti russa e cinese, che consentirebbe una maggiore a-pertura verso l’Asia orientale, da un lato, e all’Europa dal-l’altro sono visti come essenziali per superare le pesan-ti tutele di Pechino e Mosca.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

«Qui le tradizioni più antiche sono una cosa seria»

Un popolo religiosoAnimismo e buddismoE il cristianesimo dialoga

nimismo e buddismo nella forma lamaista sonole religioni dominanti oggi in Mongolia, mal’evangelizzazione ha radici che risalgono al VI

secolo. Il cristianesimo fu addirittura in posizionedominante a partire dal XII secolo anche per l’attivitàmissionaria e diplomatica di ecclesiastici di assolutaeccellenza, come Guglielmo di Robruk e Giovanni daMontecorvino, che furono in grado di cooperare con i varikhan mongoli anche in funzione anti-musulmana.L’assoggettamento della Mongolia all’impero cinese deiMing doveva portare alla graduale emarginazione dellacristianità locale e infine alla sostanziale cancellazione delcristianesimo a beneficio del buddismo alla fine del XIVsecolo. Dagli anni Venti del secolo scorso, lasovietizzazione doveva porre nell’illegalità ogniprofessione religiosa. Una situazione evolutasiradicalmente in tempi recenti: 21 anni fa, la nuovacostituzione ammetteva la libertà di fede.Contemporaneamente all’avvio di relazioni diplomatichecon la Santa Sede, nel 1992, tre missionari di Scheut (tracui padre Wenceslao Padilla, che doveva diventare ilprimo vescovo nel 2003) arrivarono nella nuova "missio

sui iuris" per porsi inizialmente alservizio delle comunità straniere.Prefettura apostolica dal 2006, lacattolicità mongola dispone diuna chiesa cattedrale aUlaanbaatar e di altre dueparrocchie che servonocomplessivamente un migliaio dibattezzati. Un contributoessenziale arriva dalla cinquantinadi missionari di vari istituti econgregazioni. In questo contesto

religioso, operano con relativa tranquillità e preziosapresenza alcune missioni cattoliche italiane, come quelladella Consolata affidata a padre Giorgio Marengo diTorino e a padre Ernesto Viscardi di Bergamo, che hannoscelto di operare nella provincia centrale di Arvaikheerdove d’inverno le temperature arrivano a 50 gradi sottozero. Oppure come le Figlie di Maria Ausiliatrice che,grazie soprattutto all’impegno straordinario di suorAdriana Bricchi, gestiscono una scuola da esse costruitaalla periferia di Ulaanbaatar. (S.V.)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

A

a Mongolia è apertaal mondo per voca-zione storica. Lo

stesso Gengis Khan, erronea-mente disegnato come un gene-rale feroce e senza scrupoli, hacreato la Pax mongolica, un im-menso corridoio territoriale cheha permesso un flusso di uomi-ni, idee, merci, scoperte, inven-zioni, tra Asia ed Europa». Per l’e-sperto Federico Pistone, il paese

L« centrasiatico ha un’apertura ere-ditata dalla storia a cui corri-sponde l’infinita curiosità degliabitanti.Il fascino della Mongolia in Oc-cidente è sempre stato legato alnomadismo, all’indole guerrieradella popolazione. Che cosa re-sta di questa tradizione?Per i mongoli le tradizioni sonoancora straordinariamente vive,sia nella caotica capitale sia in

quella che loro chiamano«campagna», cioè un ter-ritorio incontaminatogrande cinque volte l’Ita-lia e che ospita un milionee mezzo di pastori, tantiquanti gli abitanti della so-la Ulaanbaatar. Vivereun’esperienza in Mongo-lia per un viaggiatore oc-

cidentale, anche nel XXI secolo,rappresenta un autentico tuffonel passato remoto, in una terraferma a tradizioni, spiritualità,superstizioni, riti sciamanici. Ipastori vivono in armonia con lanatura e preferiscono mantene-re le usanze antiche piuttosto chebarattarle con il miraggio di unaricchezza e uno stile di vita chenon appartiene loro.Insieme al Tibet occupato, laMongolia è roccaforte della for-ma di buddismo che riconoscela leadership spirituale del DalaiLama. È questo ancora un datodistintivo e magari esclusivo?Siamo in una delle rocchefortidella libertà religiosa nel mondo.Lo stesso Giovanni Paolo II, chesi rammaricò per non essere riu-scito a coronare il suo sogno di

visitare il Paese, definì la Mongo-lia «esempio di tolleranza». Il Da-lai Lama considera Ulaanbaatar,e in particolare il monastero diGandan, la sua seconda casa equando viene in visita il Paese sistringe intorno a lui in un ab-braccio commosso e travolgente,scatenando puntualmente le iredi Pechino. I mongoli vivono lafede con estrema serenità, la par-tecipazione nei monasteri – quel-li scampati alle purghe sovietichedegli anni Trenta, come Gandan,il leggendario Erdene Zuu del-l’antica capitale Karakorum e l’af-fascinante Amarbayasgalant,perduto nelle steppe settentrio-nali – è sempre gioiosa, massic-cia e senza distinzioni. La popo-lazione mongola è altrettanto le-gata ai riti sciamanici, proibiti se-

veramente sotto la dominazionesovietica e ripresi in modo con-sistente dopo gli anni ’90.Che cosa si conosce in Mongoliadel nostro Paese?I mongoli, che adorano cono-scere le realtà straniere, hanno undebole per l’arte italiana, dall’o-pera lirica alla pittura, fino allastoria, convinti di un legamemolto profondo fra ciò che harappresentato il mondo dell’an-tica Roma (soprattutto in termi-ni di civiltà) con quello dell’im-pero mongolo dei Khan. Ironiz-zando, dicono che anche dalpunto di vista politico scorgonoaffinità con l’Italia: troppi inte-ressi personali di chi governa e u-na certa spensieratezza.

Stefano Vecchia© RIPRODUZIONE RISERVATA

Grazie alle miniere registra uno sviluppo da recordMa con il rischio di finire sotto la tutela di Paesi stranieri

ANSA-CENTIMETRI

Mongolia 2012

ULAN-BATOR

M O N G O L I A

C I N A

R U S S I A

D E S E R T O D I G O B I

1.564.100 km2SUPERFICIE

3.100 euro

REDDITOPRO-CAPITE ANNUO

3%DISOCCUPAZIONE

25 anni

ETÀMEDIA

2,8 milioniPOPOLAZIONE

17,2%

CRESCITA PIL (previsione 2012)

49%

POPOLAZIONEPOVERA(sotto 2 dollari/giorno)

67 anni

DURATA VITAMEDIA

58%

POPOLAZIONEURBANA

13,6%INFLAZIONE

97%ALFABETIZZAZIONE

1,1% annuo

CRESCITAPOPOLAZIONE

l’intervistaFederico Pistone: «Un Paesespalancato al mondoper vocazione, curiosissimoe assai legato alla sua storia»

La presenza italianadei missionaridella Consolatae delle salesianecon una loro scuolaa Ulaanbaatar

La Mongolia cresce scavando

VENERDÌ31 AGOSTO 2012 3