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Avvenire 01/06/2012 Page : A25 Copy Reduced to 74% from original to fit letter page parte della critica e facendolo diventare uno dei titoli di punta del suo catalogo, una sorta di long-seller. È un romanzo che inizialmente don Luisito voleva intitolare "Grazie", perché recuperava il valore della memoria, tema assai caro al prete-scrittore che diceva: «La memoria è il puntino impercettibile che salda il cerchio della vita e mi fa dire, come succo di queste storie di vecchio lunario: vivere, ne valeva la pena». Da sottolineare anche le sue predilezioni tra mistica e letteratura, quella per la figura di Don Chisciotte e quella per la poesia di San Giovanni della Croce, che lo ha accompagnato per tutta la vita, dalla preparazione alla scelta di diventare prete, fino all’opera di traduzione che è il lavoro letterario con cui si congeda, il trittico Salita al Monte Carmelo, Notte oscura e Cantico spirituale da lui curato per le Edizioni Dehoniane di Bologna. Per don Luisito, in San Giovanni «il vertice di tutto, "non sapendo altro che amare", è l’amore», un’altra variazione di quella gratuità che ha sempre posto a capo della sua esperienza. © RIPRODUZIONE RISERVATA licenzia dall’Ospedale Galeazzi per seguirla. «Lavoravo come traduttore, ma avevo molto tempo libero. È stata quella l´occasione per riflettere sugli eventi che avevano dato senso alla mia vita. Ho iniziato ad ascoltarmi, quindi a scrivere. Più di mille pagine, con un titolo provvisorio: Una Resistenza». Il romanzo viene rifiutato da molti editori e esce in un’edizione autofinanziata da alcuni amici, tra il 1989 e il 1995. Moltissimi sono stati i lettori di questo romanzo sulla Resistenza, assai corposo, di stampo manzoniano, passato di mano in mano, al riparo dai clamori editoriali, creando una specie di "coro" di estimatori di quello che possiamo, senza ombra di dubbio, definire "un capolavoro" della nostra recente narrativa che i lettori hanno potuto finalmente conoscere grazie alla collana di Giulio Mozzi, diretta per l’editore Sironi che accetta la sfida di far conoscere il testo e lo pubblica nel 2003, suscitando subito un coro unanime di consensi da ante della mia vita, del prima e del dopo». Don Luisito decide di raccontarli, in Come un atomo sulla bilancia, uscito nel 1972 da Morcelliana e riedito da Sironi nel 2005, scritto di getto, in due mesi, nel 1970, dopo aver lasciato la fabbrica, «quasi un’elaborazione rappacificata delle 1500 pagine di diario, spesso tumultuose e ossessivamente monotematiche» che aveva tenuto durante quel periodo e che sono stati pubblicati, anch’essi da Sironi, nel 2008 (I miei amici. Diari 1968- 1970). L’altra "anta" rilevante nell’esperienza di don Luisito è quella della scrittura del romanzo che è diventato un caso editoriale: La messa dell’uomo disarmato. Nel 1975, quando la madre si ammala, don Luisito si DI FULVIO PANZERI e n’è andato ieri, nelle braccia del Signore, alla vigilia dell’Epifania (i funerali si terranno presso l’Abbazia di Viboldone, dove da anni viveva, domani sabato 7 gennaio alle ore 11,30), una delle figure più singolari della cultura cristiana degli ultimi cinquant’anni, don Luisito Bianchi, prete e scrittore, che ha sempre avuto a cuore e come centro della propria esperienza il tema della gratuità, ricorrente in tutti i suoi scritti, da quelli strettamente narrativi a quelli di memoria, fino ai diari. In uno dei suoi ultimi libri, pubblicato da L’Ancora del Mediterraneo, Quando si pensa con i piedi e un cane ti taglia la strada, scrive che «la gratuità nel ministero è un tema da infinite variazioni, almeno una per ogni giorno di vita, perché ogni giorno si presenta con un nuovo cesto di doni sconosciuti da svuotare, un canone all’infinito». A sottolineare questo "valore", nel libro, c’è anche il nome che dà al cane che un giorno gli attraversa la strada, lo segue e gli diventa amico e, come scriveva don Luisito, «diventa a ogni chiamata, un evangelizzatore». Lo chiama così Dorean perché «è l’avverbio che corrisponde al nostro "gratis", e si trova in Matteo 10, 8: "Avete ricevuto gratuitamente (dorèan), gratuitamente (dorèan) date». Al tema Bianchi ha dedicato anche un testo edito da Gribaudi, Dialogo sulla gratuità (2004). Legato alla grande pianura della Bassa cremonese, dove gli «è capitato di nascere (nel 1927) e di crescere su questo grumolo di terra e di case, nel cuore della Grande Pianura, dallo scanzonato e solenne nome di Vescovato», Bianchi è diventato sacerdote dal 1950. Nella sua vocazione e nella scelta hanno contato l’esempio e l’amicizia con un altro grande prete, don Primo Mazzolari, tanto che don Luisito aveva scritto: «Nella mia decisione a scegliere nella vita di diventare prete, i libri e l’esempio di don Primo ebbero una grande importanza; soprattutto sul modo di esercitare il sacerdozio, se mai fossi giunto a tale meta. L’influenza andava al cuore dell’evangelo senza che altre considerazioni potessero intromettersi». È stato poi insegnante, prete- operaio e inserviente d’ospedale. Proprio tra la fine degli anni ’60 e i ’70 si colloca l’esperienza del lavoro in fabbrica, intuita come «scelta ecclesiale», approvata dal suo vescovo e dettata da «un desiderio di onestà: dopo tanti anni in cui avevo parlato del lavoro e della sua teologia, chiesi di lavorare in fabbrica». Nel febbraio 1968 entra alla Montecatini di Spinetta Marengo, in provincia di Alessandria, come operaio turnista addetto alla lavorazione dell’ossido di titanio. Sono tre anni cruciali nella vita del sacerdote, «tre anni che reputavo allora e, a maggior ragione, oggi la cerniera delle due S un essione na nuova, mpi della oria. E amo gli grizia - che Giorgio a fine e nale alto. da cui do, ul confine parizioni e nnesca a rando la per l’uomo glia. più dalla azione di esia. A me che o i primi arso subito a cosa nti, ui di to ai suoi esigenze va la olto da . Ma ncide nei e, nei eale della one dei depti. Di avamo, lo intorno, uggente di i di a qualcosa ro. Quando e salvare ui che fu audelaire e ento nto ancora ci giamo e ia da un glio ne ’anni fa il ominato arsi in un hi si nte con i eva toccato emici ed anza dei ntaliana e a una nel o scettico, lla no dizi di ano etica. Il tirar Caproni, - Luzi - era vimento di ovimento mpre rgio e fuoco del mondo e filamenti ltro contro ndava duro il nostro dell’essere. Greco, nel bel volume iù giovane n suo uel tuo e della mia i primi di mio to, quando a quei na lingua e n torno di combere e menti, ni… In un ni, ci ha e. PRODUZIONE RISERVATA parte delle fo giovedì 26 il p Complesso d Roma sarà in mostra «I ghe promossa da Roma in colla Presidenza d Ministero pe Culturali. La aperta al pub marzo 2012. curata da Ma direttore scie Fondazione M di Roma, Sara Vespa, intend storia dei ghe Polonia, dal 1 loro istituzion quotidiana al fame, le mala coatto, le dep resistenza, le Lucca e l’arte s di Cha «Chagall’s è la mostra p percorso artis all’interno de romanica di S Lucca. A part saranno espo oli e tecniche maestro russ 1959 al 1982. straordinari d formato che i mondo interi ricordi dell’in Vitebsk e rive leggerezza no particolare at all’amore. E n mancare il ci un’opera del affrontare il t religione a lu caro: con le c incisioni su r Bibbia realizz 1939 che corr pubblicazion limitata, conc Ambroise Vol colophon dal Morto scrisse su Giud Lo scrittor Pietro Zullin fortunati lib biografie, è m a Roma all’e L’annuncio d è stato dato famiglia. Gio e poi capore «Epoca» e di quotidiani ( periodici («I cultore di st cronache m ha pubblica cui con Mon luglio. La ca fascismo ne protagonisti «Catilina», « Roma« e «Gi del tradimen una Gerusal dalle fazioni genocidio d dell’antisem Zullino per l insieme a M scritto anch prete», una b Luigi Sturzo Fethiye Çetin PAGINA 26 della fede PAGINA 27 prestigiatore PAGINA 29 (ed ex) d’Europa PAGINA 30 LETTERATURA. È morto ieri il prete-scrittore divenuto famoso pochi anni fa per un romanzo sulla Resistenza partigiana. Gli anni trascorsi in fabbrica Diceva: «Devo la mia vocazione a don Primo Mazzolari: mi ha insegnato ad amare la gratuità, ad andare al cuore del Vangelo». Le sue opere sono diventate un caso letterario. Amava Cervantes e Giovanni della Croce Luisito Bianchi il «disarmato» Don Luisito Bianchi sull’uscio della sua casa natale a Vescovato, in provincia di Cremona. Copy Reduced to 67% from original to fit l DA Mur e nelle baracche di Auschwitz subito dopo la Liberazione, nel gennaio 1945 gli empi si potranno salv Copy Reduced to 56% from re millecinquecento fedeli pegnati per tutta la giornata in eghiera, adorazione e nell’ascolto loro presidente nazionale vatore Martinez, intervenuto anche a tavola rotonda sul tema isericordia e verità ncontreranno, giustizia e pace si ceranno (Sal 85)», insieme l’uom annu prob aggiu fra il nece ques rispo alle r

religione il «disarmato» Luisito Bianchi Avvenire... · 2017. 1. 3. · del suo catalogo, una sorta di long-seller. È un romanzo che inizialmente don Luisito voleva intitolare

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Page 1: religione il «disarmato» Luisito Bianchi Avvenire... · 2017. 1. 3. · del suo catalogo, una sorta di long-seller. È un romanzo che inizialmente don Luisito voleva intitolare

Avvenire 01/06/2012 Page : A25

Copyright © Avvenire January 6, 2012 1:16 pm / Powered by TECNAVIA / HIT-MP

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parte della critica e facendolodiventare uno dei titoli di puntadel suo catalogo, una sorta dilong-seller. È un romanzo cheinizialmente don Luisito volevaintitolare "Grazie", perchérecuperava il valore dellamemoria, tema assai caro alprete-scrittore che diceva: «Lamemoria è il puntinoimpercettibile che salda il cerchiodella vita e mi fa dire, come succodi queste storie di vecchiolunario: vivere, ne valeva la pena». Da sottolineare anche le suepredilezioni tra mistica eletteratura, quella per la figura diDon Chisciotte e quella per lapoesia di San Giovanni dellaCroce, che lo ha accompagnatoper tutta la vita, dallapreparazione alla scelta didiventare prete, fino all’opera ditraduzione che è il lavoroletterario con cui si congeda, iltrittico Salita al Monte Carmelo,Notte oscura e Cantico spiritualeda lui curato per le EdizioniDehoniane di Bologna. Per donLuisito, in San Giovanni «il verticedi tutto, "non sapendo altro cheamare", è l’amore», un’altravariazione di quella gratuità cheha sempre posto a capo della suaesperienza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

licenzia dall’Ospedale Galeazziper seguirla. «Lavoravo cometraduttore, ma avevo moltotempo libero. È stata quellal´occasione per riflettere suglieventi che avevano dato sensoalla mia vita. Ho iniziato ad

ascoltarmi, quindi ascrivere. Più di millepagine, con un titoloprovvisorio: UnaResistenza». Il romanzoviene rifiutato da moltieditori e esce inun’edizioneautofinanziata daalcuni amici, tra il 1989e il 1995. Moltissimisono stati i lettori diquesto romanzo sulla

Resistenza, assai corposo, distampo manzoniano, passato dimano in mano, al riparo daiclamori editoriali, creando unaspecie di "coro" di estimatori diquello che possiamo, senzaombra di dubbio, definire "uncapolavoro" della nostra recentenarrativa che i lettori hannopotuto finalmente conosceregrazie alla collana di GiulioMozzi, diretta per l’editore Sironiche accetta la sfida di farconoscere il testo e lo pubblicanel 2003, suscitando subito uncoro unanime di consensi da

ante della mia vita, del prima edel dopo». Don Luisito decide diraccontarli, in Come un atomosulla bilancia, uscito nel 1972 daMorcelliana e riedito da Sironi nel2005, scritto di getto, in due mesi,nel 1970, dopo aver lasciato la

fabbrica, «quasi un’elaborazionerappacificata delle 1500 pagine didiario, spesso tumultuose eossessivamente monotematiche»che aveva tenuto durante quelperiodo e che sono statipubblicati, anch’essi da Sironi,nel 2008 (I miei amici. Diari 1968-1970).L’altra "anta" rilevantenell’esperienza di don Luisito èquella della scrittura del romanzoche è diventato un casoeditoriale: La messa dell’uomodisarmato. Nel 1975, quando lamadre si ammala, don Luisito si

DI FULVIO PANZERI

e n’è andato ieri, nellebraccia del Signore, allavigilia dell’Epifania (i

funerali si terranno pressol’Abbazia di Viboldone, dove daanni viveva, domani sabato 7gennaio alle ore 11,30), una dellefigure più singolari della culturacristiana degli ultimicinquant’anni, don LuisitoBianchi, prete e scrittore, che hasempre avuto a cuore e comecentro della propria esperienza iltema della gratuità, ricorrente intutti i suoi scritti, da quellistrettamente narrativi a quelli dimemoria, fino ai diari. In uno dei suoi ultimi libri,pubblicato da L’Ancora delMediterraneo, Quando si pensacon i piedi e un cane ti taglia lastrada, scrive che «la gratuità nelministero è un tema da infinitevariazioni, almeno una per ognigiorno di vita, perché ogni giornosi presenta con un nuovo cesto didoni sconosciuti da svuotare, uncanone all’infinito». Asottolineare questo "valore", nellibro, c’è anche il nome che dà alcane che un giorno gli attraversala strada, lo segue e gli diventaamico e, come scriveva donLuisito, «diventa a ogni chiamata,un evangelizzatore». Lo chiamacosì Dorean perché «è l’avverbioche corrisponde al nostro"gratis", e si trova in Matteo 10, 8:"Avete ricevuto gratuitamente(dorèan), gratuitamente (dorèan)date». Al tema Bianchi hadedicato anche un testo edito daGribaudi, Dialogo sulla gratuità(2004). Legato alla grande pianura dellaBassa cremonese, dove gli «ècapitato di nascere (nel 1927) e dicrescere su questo grumolo diterra e di case, nel cuore dellaGrande Pianura, dallo scanzonatoe solenne nome di Vescovato»,Bianchi è diventato sacerdote dal1950. Nella sua vocazione e nellascelta hanno contato l’esempio el’amicizia con un altro grandeprete, don Primo Mazzolari, tantoche don Luisito aveva scritto:«Nella mia decisione a sceglierenella vita di diventare prete, i librie l’esempio di don Primo ebberouna grande importanza;soprattutto sul modo di esercitareil sacerdozio, se mai fossi giunto atale meta. L’influenza andava alcuore dell’evangelo senza chealtre considerazioni potesserointromettersi». È stato poi insegnante, prete-operaio e inserviente d’ospedale.Proprio tra la fine degli anni ’60 ei ’70 si colloca l’esperienza dellavoro in fabbrica, intuita come«scelta ecclesiale», approvata dalsuo vescovo e dettata da «undesiderio di onestà: dopo tantianni in cui avevo parlato dellavoro e della sua teologia, chiesidi lavorare in fabbrica». Nelfebbraio 1968 entra allaMontecatini di Spinetta Marengo,in provincia di Alessandria, comeoperaio turnista addetto allalavorazione dell’ossido di titanio.Sono tre anni cruciali nella vitadel sacerdote, «tre anni chereputavo allora e, a maggiorragione, oggi la cerniera delle due

S

AGORÀ

COSÌ CAPRONIAPRÌ LE PORTE

ALLA POESIA VERADAVIDE RONDONI

uesta crisi di sistema,l’andare in malora dialcune leggi o principi

creduti "sacrosanti" -come quellodel tornaconto, del dio morto- cichiede occhi più acuti, meno velatie tranquilli per vedere dentro lequestioni e le presenze dellapoesia. Ci ritroviamo in unmomento di fine e di pressionepure violenta di una scena nuova,dentro uno dei forti crampi dellacontinua doglia della storia. Epossiamo - se non copriamo gliocchi con gli schermidell’ideologia o della pigrizia -vedere meglio. Si vedrà che GiorgioCaproni è un poeta della fine edell’inizio. Un poeta crinale alto.Una voce a cui tornare e da cuipartire. Il suo finale, lucido,visionario andirivieni sul confinedi terre incognite, tra apparizioni enulla, la sua finale giovannescacaccia, la sua musichettalancinante stanno mostrando laloro speciale eloquenza per l’uomoche siamo in questa doglia.Caproni è poeta sempre piùcrescente - a cent’anni dallanascita - nella considerazione dichi ama e incontra la poesia. A mee ad altri diciassettenni chetrent’anni fa muovevamo i primipassi nella poesia, era parso subitoun riferimento netto. Ma cosasentivamo noi imprudenti,inquieti? Cosa c’era in lui diineludibile? Altre, rispetto ai suoimovimenti, parevano le esigenzecentrali in chi frequentava lapoesia. Era sì poeta accolto dacritici e giurie premianti. Mal’acclamazione non coincidesempre con la presenza neilaboratori, nelle occhiate, neisuggerimenti della vita reale dellapoesia, nella conversazione deisuoi bizzarri sperduti adepti. DiCaproni invece noi parlavamo, loguardavamo. Ci tornava intorno,addosso. La sua voce struggente disopravvissuto Enea e poi dicacciatore teso chiamava qualcosain noi di antico e di futuro. Quandogli chiesero cosa occorre salvaretraducendo un’opera, lui che futribolato traduttore di Baudelaire eCéline rispose: il movimentodell’opera. Che movimentodunque vedemmo, che ancora cichiama oggi mentre leggiamo etra-duciamo la sua poesia da unmillennio all’altro (o meglio neveniamo tradotti)? Trent’anni fa ilcampo poetico pareva dominatotra chi cercava di rianimarsi in unmontalismo fiaccato e chi siconfrontava strenuamente con ilasciti di una stagione dineoavanguardia che aveva toccatoquasi solo assetti accademici ededitoriali ma non la sostanza deiproblemi. L’eredità montalianasembrava condiscendere a unascomparsa della poesia nelprosaismo disincantato o scettico,i presunti fatali agoni dellaneoavanguardia trovaronooppositori che a pregiudizi dinatura politica opponevanopregiudizi di natura estetica. Il tirardritto per altre strade di Caproni, -come d’altri, in primis Luzi - erainvece il rifarsi di un movimento difine e di inizio. Il vero movimentodella poesia. Se Luzi (sempreguardato dall’amico Giorgio eguardandolo) andava al fuocodella controversia vera del mondoe dell’essere con rotture e filamentidi pensiero musaico, l’altro controogni prosaismo se ne andava duroe scabro canzonettando il nostroesser predatori e prede dell’essere.In una lettera a Lorenzo Greco, nel1984, pubblicato in un bel volumeomaggio dei livornesi, sicomplimentava con il più giovaneamico, a proposito di un suoscritto. «Mi ha colpito quel tuoindovinare le origini vere della mia"canzonetta": i Siciliani, i primitoscani. Su un’antologia di miopadre li leggevo incantato, quandoancora frequentavo leelementari…». Veniva da queimovimenti primari di una lingua edi una post-lingua, da un torno distoria che aveva sentitodevastazioni e la fine incombere epur trovava nuovi movimenti,speranze, santità, ingegni… In unsimile crinale sta Caproni, ci haanticipato, aperto strade.

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Roma, mostrasui ghetti del nazismo

◆ In occasione dellecelebrazioni per il Giorno dellamemoria (che verrà celebratoin tutta Europa il prossimo 27gennaio, anniversario dellaliberazione del campo disterminio di Auschwitz daparte delle forze alleate),giovedì 26 il presso ilComplesso del Vittoriano aRoma sarà inaugurata lamostra «I ghetti nazisti»,promossa dal Comune diRoma in collaborazione con laPresidenza del Consiglio e delMinistero per i Beni e le AttivitàCulturali. La mostra resteràaperta al pubblico fino al 4marzo 2012. L’esposizione,curata da Marcello Pezzetti,direttore scientifico dellaFondazione Museo della Shoahdi Roma, Sara Berger e BrunoVespa, intende ripercorrere lastoria dei ghetti nazisti inPolonia, dal 1939 al 1944: laloro istituzione, la vitaquotidiana al loro interno, lafame, le malattie, il lavorocoatto, le deportazioni, laresistenza, le liquidazioni finali.

Lucca esponel’arte spiritualedi Chagall

◆ «Chagall’s Spiritual Universe»è la mostra progettata come unpercorso artistico di venti opereall’interno della chiesaromanica di San Cristoforo diLucca. A partire da domanisaranno esposti venti preziosioli e tecniche miste su tela delmaestro russo che spaziano dal1959 al 1982. Si tratta distraordinari dipinti di piccoloformato che indagano unmondo interiore nutrito deiricordi dell’infanzia trascorsa aVitebsk e riversati nellaleggerezza nostalgica. Unaparticolare attenzione è rivoltaall’amore. E non potevamancare il circo. «Le roi David»,un’opera del 1980, permette diaffrontare il tema dellareligione a lui particolarmentecaro: con le centocinqueincisioni su rame dedicate allaBibbia realizzate tra il 1931 e il1939 che corredano unapubblicazione a tiraturalimitata, concepita daAmbroise Vollard, firmata incolophon dall’autore stesso.

Morto Zullino:scrisse un librosu Giuda

◆ Lo scrittore e giornalistaPietro Zullino, autore difortunati libri storici ebiografie, è morto mercoledìa Roma all’età di 75 anni.L’annuncio della scomparsaè stato dato ieri dallafamiglia. Giornalista inviatoe poi caporedattore di«Epoca» e direttore diquotidiani («Il Roma») eperiodici («Il Settimanale»),cultore di storia antica ecronache moderne, Zullinoha pubblicato vari vlumi fracui con Mondadori «Il 25luglio. La caduta delfascismo nel racconto deiprotagonisti«), e con Rizzoli«Catilina», «I sette Re diRoma« e «Giuda«, raccontodel tradimento di Gesù inuna Gerusalemme sconvoltadalle fazioni e minacciata digenocidio dai capidell’antisemitismo romano.Zullino per le Edizioni Raiinsieme a Marco Nese hascritto anche «Quel piccoloprete», una biografia di donLuigi Sturzo.

■ ControstoriaArmeni sommersi,ecco la verità: parlaFethiye Çetin

PAGINA 26

■ ReportageMajella, selvaggiamontagna della fede

PAGINA 27

■ TelevisioneCanale 5 s’inventa il gesuitaprestigiatore

PAGINA 29

■ CalcioCina, nuovo eldoradoper i campioni (ed ex) d’Europa

PAGINA 30

LETTERATURA. È morto ieri il prete-scrittore divenuto famoso pochi anni fa per un romanzo sulla Resistenza partigiana. Gli anni trascorsi in fabbrica

A N Z I T U T TO

VENERDÌ6 GENNAIO 2012

E D I TO R I A L E

Diceva: «Devo la mia vocazione a don Primo Mazzolari: mi hainsegnato ad amare la gratuità, ad andare al cuore del Vangelo».Le sue opere sono diventate un caso letterario. AmavaCervantes e Giovanni della Croce

Luisito Bianchiil «disarmato»

Don Luisito Bianchi sull’uscio della sua casa natale a Vescovato, in provincia di Cremona.

CULTURARELIGIONITEMPO LIBEROSPETTACOLISPORT

Avvenire 01/07/2012 Page : A27

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DI ANNA FOA

ubblicato negli Stati Uniti nel 2011e subito tradotto da Marsilio, que-sto libro (in uscita il 10 gennaio)

appartiene al genere delle memorie: me-morie della Shoah, dei campi ma anchedel ghetto di Lodz, dove l’autrice adole-scente fu rinchiusa a lungo prima delladeportazione. Memorie scritte a ses-santacinque anni dagli eventi, dopoun’intera vita passata negli Stati Uniti,dove ha insegnato in varie università.Poi, la scrittura dell’esperienza dellaShoah, con due altri libri che hanno pre-ceduto questo, nessuno dei quali tra-dotto in italiano, Dalle ceneri alla vita: imiei ricordi dell’Olocausto e Rumkovskie gli orfani di Lodz, un vibrante atto d’ac-cusa contro il presidente del Consiglio e-braico di Lodz, Mordechai Rumkovski. Lucille Eichengreen, all’epoca CeciliaLandau, è nata nel 1925 ad Amburgo dagenitori polacchi rifugiatisi in Germaniaall’inizio degli anni Venti per sfuggire aipogrom che imperversavano in Polonia.Con il 1933 e la presa del potere da par-te di Hitler cominciarono le persecuzio-ni anche per loro. Suo padre fu ucciso aDachau nel 1941 e lei, la madre e la so-rellina Karin furono deportate nel ghet-to di Lodz. Qui sua madre morì di sten-ti, mentre Karin fu deportata a Chelm-no e gassata. Deportata a sua volta adAuschwitz, poi a Newengamme e a Ber-gen Belsen, Cecilia fu invece fra i so-pravvissuti.Il libro è tutto al femminile: memorie didonne nel ghetto e nei campi, donne e-bree detenute ma anche kapò e fin don-ne delle Ss. Storie di dolore assoluto e disperanza e rinascita, di bambini assas-sinati, di vecchie avviate alla camera agas, ma anche di emozioni, atti di com-passione, coraggio. Sono brevi bozzetti,quasi ritratti, che descrivono personag-gi della vita di Amburgo, di Lodz, e poidi Auschwitz, Newengamme, BergenBelsen. C’è l’ultima conversazione conla madre morente, le amicizie con altreragazze, gli amori e il sesso imposto perottenere favori, per aiutare a sopravvi-vere.C’è la dottoressa Gisa, un’ebrea unghe-rese mandata a lavorare con Mengele. Esiccome i bambini non possono nasce-re nei campi, perché ogni donna sco-perta incinta dai nazisti viene uccisa im-mediatamente con il suo bambino - ecosì succede a quelle che riescono, na-scondendo la gravidanza, ad arrivare alparto - la dottoressa Gisa fa abortire dinascosto le donne incinte, per salvarealmeno la loro vita. Una storia terribile,che succedeva frequentemente nei cam-pi. Dopo la guerra, Gisa farà l’ostetrica aNew York: «Faccio nascere i bambini.Sento che, dopo Auschwitz, Dio mi de-ve queste vite; dei bambini sani; deibambini vivi». C’è Elisabeth Robert, unaSs, che compie gesti delicati di compas-

sione verso le detenute. C’è Dori, ragaz-za vivace ed esuberante che sopravviveal campo ma finisce chiusa in casa a NewYork, moglie di un ebreo ortodosso mol-to più vecchio di lei a cui era stata spo-sata per procura prima della guerra. Il linguaggio è piano, immediato, asso-lutamente spontaneo. Le sue riflessioni,l’autrice le affida diretta-mente ai suoi personaggi,quasi i loro ritratti conte-nessero in sé tutto quelloche c’è da dire. È come unalbum di fotografie, in cuisi legge attraverso l’im-magine, un’ immaginepresa direttamente dalvero, senza mediazioni osfumature. Anche l’autri-ce sembra mimetizzarsitra i suoi personaggi, lesue emozioni non hanno un rilievo par-ticolare, è un raccontarsi senza scavarenelle percezioni, nell’autobiografia. L’au-trice, in quanto donna che ha vissuto laShoah, è un personaggio come gli altriche affollano le sue pagine, e la sua ra-gione di scrivere è quella, non il deside-rio di rivelarsi nella scrittura. Lo stile sec-co ed essenziale ben corrisponde a que-sta mancanza di soggettività.Un libro che parla di donne nella Shoah,dunque un modo femminile di vedere enarrare la Shoah? Si può parlare di unmodo diverso di vivere l’orrore e la mor-te fra uomini e donne nell’esperienzadel campo di sterminio? O non è, que-st’esperienza di morte, la più egualitariadi tutte? È un problema su cui gli storicie soprattutto le storiche dibattono findagli anni Ottanta, con esiti contrastan-

ti. Ma non è vero, come spesso si dice,che le donne abbiano scritto poco dellaloro esperienza nei campi. Ad esempio,dei ventotto libri di memorie scritti da e-brei italiani negli anni Quaranta, cinqueerano di donne, che pubblicarono le lo-ro memorie del campo tra il 1946 e il1947: Liana Millu, Giuliana Tedeschi, Lu-

ciana Nissim, Frida Mi-sul e Alba Valech. Testistraordinari, in cui l’ele-mento che ne caratteriz-za al femminile la scrit-tura è l’attenzione al cor-po, al dolore del corpofemminile straziato e de-turpato, alla scomparsadel ciclo, alla perdita deicapelli, della bellezza, al-l’annullamento della lo-ro natura di donne, alla

maternità. Il testo della Eichengreen ha molti pun-ti di contatto con queste caratteristiche:la sessualità, la gravidanza, il rapportotra madre e figlia, l’amicizia e la solida-rietà fra donne, sono tutti temi che ri-troviamo in questo libro. Anche se nonè, il suo, un libro che nasca dalle feritedel corpo, bensì un libro che racconta ledonne e la loro esistenza nell’inferno deilager. Quasi a dire che, anche nella scrit-tura al femminile del lager, non esiste unmodo solo di scrivere e di raccontarsi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lucille EichengreenLE DONNE E LA SHOAH

Ricordi dall’inferno dei LagerMarsilio. Pagine 154. Euro 14,00

P

storiaE gli italiani vinti tornarono in nave dall’Etiopia

DI ANTONIO AIRÒ

na storia minore, quasi del tutto sconosciuta, rispetto aquella maggiore e drammatica della guerra mondiale.Inizia nel maggio 1941 con la sconfitta delle nostre

truppe in Etiopia e l’occupazione inglese di Addis Abeba segui-ta dall’ordine di evacuazione di tutti gli italiani dalla città. «Era-vamo alla fine dell’anno. Il mondo era in guerra e noi chiusidentro i recinti di filo spinato di un campo di concentramen-to», ricorda l’allora quindicenne Massimo Zamorani, poi gior-nalista con alle spalle una corposa carriera di inviato soprattut-to in Africa. Ma «l’ex bambino di allora», come si definisce, è iltestimone di una singolare e forse unica vicenda - mentre laguerra era in corso - : il trasferimento concordato tra il governoinglese e quello italiano ( «ma il nostro non intendeva dare ri-salto all’operazione») per il rimpatrio della popolazione civile -anziani, invalidi, donne, bambini e ragazzi non oltre 15 anni -«mediante un convoglio navale che avrebbe compiuto addirit-tura tre viaggi» circumnavigando l’Africa e compiendo ognivolta, tra andata e ritorno, 23 miglia marine con a bordo 2500profughi e 500 uomini di equipaggio. Quattro le navi "bianche" utilizzate, Saturnia, Vulcania, GiulioCesare e Caio Duilio, in una massiccia e delicata operazione

nella quale furono coinvolte laCroce Rossa Internazionale e l’Or-dine di Malta, partita il 24 maggiodal porto somalo di Berbera e du-rata oltre un anno e mezzo. «Nonera mai successo che siano anda-te per mare navi con un carico dioltre 1000 bambini ciascuna»,scrive ora Zamorani rievocando adistanza di settant’anni «il mestoritorno degli italiani dal perdutoimpero coloniale». Se si eccettuaun libro degli anni ’60, ben prestodimenticato, la storia «che sem-bra una favola» di questi nostriconnazionali era rimasta presso-ché ignorata. Eppure tra i 30.000civili tirati fuori dai campi di con-centramento c’erano tra gli altriLuciano Violante, che non avevaancora un anno, Fabio RoversiMonaco, che sarebbe poi stato alungo rettore dell’università diBologna, e un compagno di scuo-la di Massimo («anzi il peggiore ditutta la scuola»): si chiamava UgoPrat e come Hugo Pratt sarebbedivenuto uno dei maggiori dise-gnatori di fumetti del mondo.Questi come tutti gli altri 15enninon avrebbero potuto imbarcarsi

se le madri non fossero arrivate a falsificare in qualche modo ledate di nascita dei figli trasformandoli in "children". Nel lasciare l’Impero per rientrare in Italia il viaggio in nave diquesti ragazzi cresciuti negli anni del consenso del regime, pre-vale in loro non il rimpianto ma la voglia di ritornare con un’I-talia vittoriosa. «Ho l’impressione che l’Africa sia mia. Mi sentoin colpa. Partendo mi sembra di disertare». Con questo senti-mento, gran parte di questi "ex bambini" avrebbero guardanoalla caduta del fascismo e all’8 settembre come a un momentodi "disfacimento folle" della nazione e la gran parte, a comin-ciare da Zamorani, si sarebbe arruolata nelle forze amate dellaRepubblica Sociale Italiana. «Hanno indossato l’uniforme inge-nuamente, convinti che il loro contributo sarebbe stato deter-minante ai fini della vittoria finale e qualcuno non è tornatomai più a casa.».

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Massimo Zamorani DALLE NAVI BIANCHE ALLA LINEA GOTICA

1941-1944

Mursia. Pagine 220. Euro 16,00

U

Hugo Pratt

Lucille Eichengreen

APPUNTAMENTI

CERONETTI A PRATO◆ A Prato è protagonista GuidoCeronetti con il suo «Teatro deiSensibili». L’appuntamento è peroggi alle 18 al Teatro Metastasiocon lo spettacolo «Ricariche dipoesia». Gli attori Luca Mauderi(Barùk), Elèni Molos (Dianira),Elena Ubertalli (Kundalini)porteranno in scena testi e canzonidel XX secolo e le «ballate» diCeronetti per teatranti di strada.

FOUAD ALLAM A CORTINA◆ Oggi per «Una montagna dilibri», la rassegna di incontri conl’autore di Cortina d’Ampezzoviene presentato il libro di KhaledFouad Allam, «L’islam spiegato aileghisti» (Piemme). PartecipanoPaolo Branca e Walter Mariotti.Alle 18, alla Sala della cultura delPalazzo delle poste di Cortina.

LIBRI

l titolo del libro è Creature. È unpo’ sciupato, ha perduto la co-pertina e non si legge quasi più il

nome dell’autore, ma sul primo fo-glio c’è una dedica a penna: «Per ituoi undici anni, ora che incomincia guardare la natura. Il papà». Chis-sà se una ragazzina di undici annidel 2012 amerebbe una simile lettu-ra ora che il computer occupa granparte delle sue ore libere. Da poco cisi è accorti che si può diventare di-pendenti da questo nostro compa-gno giornaliero, alla stessa manieradi un tossico o di un alcolista. Il li-bro era raccomandato allora comeuna buona lettura nelle scuole e og-gi mi sono divertita a ritrovare lesottolineature che a quella età avevofatto su molte pagine. La prima è lalode di San Francesco «laudatu si,mi Signore, cum tucte le tue creatu-re...» che immagino mio padre mi a-vesse fatto capire. Nella prima parte del volume dovesi descrivono le stelle, poi il sole, ilvento, la luna trovo un segno bendeciso sotto queste parole: «...le stel-le come occhi aperti sulla terra; inesse trema l’anima del cielo». Fu co-sì che guardando le notti chiare inmontagna vedevo anch’io la via lat-tea come il risultato di un grandefuoco che si era diviso in stelle pic-colissime mentre prendevano lacorsa nello spazio ad esse assegna-to. Avete mai visto nascere la lunaattraverso un bosco? Quelle paginemi raccontarono che saliva tuttarossa come presa dalla vergognaperché era in ritardo, ma poi impal-lidita spiava gli uomini dietro i ramidegli alberi. Il capitolo che raccontala vita del sole non ha nessun segno,non mi aveva impressionato, invecemolte righe a matita segnano la viadel vento. Quando scivola basso sul-l’erba o si alza d’improvviso ad a-sciugare i panni stesi, quando sca-valca le siepi e ride distruggendo itralci di rovo lungo lo stagno dove lerane lo salutano con un silenzio im-provviso. Ma c’è un altro vento,quello che gonfia le ali ai gabbiani,che alza le onde del mare e arrivacorrendo tra le case degli uomini e lìsi accorge di essere stanco e lasciache la pioggia, tenuta fino alloralontana, abbia la sua vittoria. Nella pagina 42 c’è la descrizionedelle nuvole. Ricordo con nostalgiale nuvole infuocate dei trionfali tra-monti di Roma quando le vedevoscendere la sera dietro la cupola diSan Pietro. La mia finestra dava sul-la vista meravigliosa di questa operasenza tempo dove i cirri a voltesembravano correre, accapigliarsi,fare torri e alzarsi come vulcani per-ché il vento di scirocco correva velo-ce per vincere la sua battaglia. Sot-tolineavo le righe, le pagine che rac-contavano la vita dei piccoli semidella frutta, dei fiori o il volo degliinsetti attorno ad una lampada ac-cesa dove anche i moscerini e lezanzare avevano una storia da rac-contare. Come il gamberetto e la suavita in fondo al mare o la notte deipiccoli uccelli che all’arrivo del buionascondevano la testa sotto l’ala, ein tal modo chiuse le finestre, si ad-dormentavano. Piccole cose di ungrande mondo da rispettare dove lasorpresa, la paura, la scoperta, l’at-tenzione, il silenzio e la luce dannoa chi vuole ascoltarli, la sicurezza dinon essere soli davanti alla vita, maaccompagnati dalle sorprese dell’u-niverso.

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I

religione

DI MAURIZIO SCHOEPFLIN

critto in greco, assai probabilmente daun ebreo osservante e assai colto diAlessandria d’Egitto, tra la fine del I

secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C., ilbiblico libro dellaSapienza si presentacome un’operadestinata a quei Giudeiche avevanodimenticato le antichee venerabili tradizionietiche e religiose deiloro padri per darsi auna vita moralmenterilassata. L’autore sirivolge a loro conl’intento di ricondurlisulla retta via checomporta il recuperodella fede autentica, l’abbandonodell’idolatria e dell’immoralità el’ammirazione per la gloriosa e luminosa

storia del popolo eletto. La prima parte dellibro, incentrata sul confronto tra la vitadell’uomo giusto e quella dell’empio, èdensa di riflessioni, di incitamenti, diesortazioni e di ammonimenti sui quali sisono soffermati attentamente Renzo

Lavatori e Luciano Sole,due sacerdoti docenti indiverse istituzioniaccademiche, ben notiper la loro ampiaproduzione libraria chetestimonia un vivointeresse per la lettura el’interpretazione dellaSacra Scrittura. I monitidell’autore sacro sonoindirizzati innanzituttoa coloro che hannoresponsabilitàpubbliche e governano i

popoli, ma riguardano chiunque vogliavivere un’esistenza illuminata dallasaggezza autentica che proviene da Dio.

Per questo, le parole contenute nel librodella Sapienza suonano particolarmenteaderenti anche alla situazione dell’uomo dioggi, desideroso di comprendere il sensodella propria vita, ma, spesso, abbagliatoda promesse ingannevoli. Lavatori e Sole,commentando con chiarezza e lucidità iltesto biblico, offrono al lettore la possibilitàdi cogliere la ricchezza degli insegnamentiin esso contenuti, che riguardanol’incompatibilità fra sapienza ed empietà,l’erroneo e mortifero modo di ragionaredell’empio, la tribolazione e la beatitudinedegli uomini giusti, il rapporto tra sterilità efecondità alla luce della pratica delle virtù,la morte precoce messa in relazione con lavera saggezza e con il progetto divino, lafelicità caduca e quella perenne, il giudiziodi Dio e lo splendore della sua sapienza. I protagonisti del testo sapienziale -affermano Lavatori e Sole - sono l’uomo eDio: il primo «colto nella concretezza dellasua realtà e verità, scoperto nella suacattiveria o nella sua bontà, vagliato nel suo

comportamentosciocco e iniquoo veritiero evaloroso»; ilsecondo presentecon la suasapienza e con ilsuo Spirito, conla sua giustizia econ il suo amore.Ma - avvertonogli autori - v’è anche un terzo protagonista,Gesù Cristo, al quale alcuni brani«rimandano quasi letteralmente»: sarà Luil’uomo perfettamente retto e sapiente, cheil Padre coronerà della gloria eterna.

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Renzo Lavatori e Luciano SoleEMPI E GIUSTI: QUALE SORTE?

Edizioni Dehoniane BolognaPagine 172. Euro 16,00

S

Nel 1941 gli inglesi conquistarono Addis Abeba e 2500 nostri concittadini, fra cui 1000 bambini, furono rimpatriati: fra loro c’erano Hugo Pratt e un piccolissimo Luciano Violante

Donne nelle baracche di Auschwitz subito dopo la Liberazione, nel gennaio 1945

27 SABATO7 GENNAIO 2012

Un libro di Renzo Lavatori e Luciano Sole esamina il libro biblico della Sapienza cogliendo la ricchezza e l’attualità del suo insegnamento: dall’esercizio delle virtù alla sofferenza dell’uomo giusto

di Maria Romana De Gasperi

Ieri &domani

Rileggere il Canticodelle creatureguardando la Via lattea

Shoah, tragediaal femminile

saggisticaUno studio di LucilleEichengreen,sopravvissuta ai lager di Auschwitz e Bergen-Belsen,racconta gli orroridell’Olocausto dal punto di vistadelle donne

Lettori (e scrittori) in altalena:e l’editoria religiosa sa parlare a tutti?

e statistiche ci presentano due sguardi rivoltia mondi opposti, quello del calo della lettura equello, contrario, della crescita della lettura (o

almeno dell’acquisto, perché alla lettura si potreb-be non arrivare) di libri "religiosi". La notizia ha il sa-pore di un qualcosa che si sta sgretolando una ge-nerazione via l’altra, tenendo bene innanzi che se u-na generazione parla attraverso i propri scrittori (ededitori), è anche vero che lo fa tramite i lettori. Che dialogo hanno oggi gli scrittori "religiosi" con iloro lettori? Non possono soddisfarci, come editori,le fortune dei classici e dei titoli di catalogo, oppurel’idea che "tutto sia contemporaneo" perché guar-dato con gli occhi dell’oggi, mentre invece occorre-rebbe ogni tanto domandarsi per quali lettori idea-li si pensano i libri, se solo per spiriti fini o per un

pubblico più ampio, per nicchie nascoste o avven-tori occasionali. Gli indici di lettura nascondono tra le righe i "non-lettori", che appaiono sempre più una legione connumeri preoccupanti. Anche il romanzo, forse il ge-nere più amato, perde lettori. Siamo dunque a un bi-vio: parlare ai contemporanei e ai "non-lettori", sot-to una spinta editoriale in altalena tra cauti procla-mi ("va tutto bene") e umiltà sospette ("potrebbeandare meglio, ma non ci lamentiamo")."Chi sei lettore?" è una vecchia domanda di CesareGarboli, sempre attuale (critico e domanda), che cipermette di entrare nei cataloghi degli editori reli-giosi, dove troviamo collane molti simili tra loro e traeditori, quasi si fosse stabilito, per convenzione, cheil lettore sia uno solo, con quelle caratteristiche ben

definite. Il passaggio è importante, perché tra chiscrive, chi legge e chi pubblica sembra che talvoltavi sia una interruzione. Manca, in sostanza, la sag-gistica "polemica", il "libro da dibattito", per cuispesso troviamo titoli nati per un lettore specialista(operazione corretta), oppure fiacco, poco incline aentrare in quella che si definiva, tempo fa, "la circo-lazione delle idee". Forse l’editoria religiosa dovrebbe operare - in mi-sura maggiore rispetto ad oggi - qualche apertura dicredito nei confronti di argomenti legati al dibatti-to contemporaneo, per avvicinarsi a un pubblicoche non legge solo teologia, ma politica, storia, scien-ze, letteratura. Sarà possibile?

Andrea Menetti© RIPRODUZIONE RISERVATA

La cura di RebeccalibriI bestseller della fede

«Gesù discendeagli inferi e salva le anime dei giustidell’Anticotestamento»,icona in San Salvatorein Chora(Istanbul).

Ma anche gli empi si potranno salvare?

Avvenire 11/18/2011 Page : A23

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Quando la fede riaccendei percorsi della speranzaDI STEFANIA CAREDDU

ue mani: una per tenere l’al-bero che cade e una per fa-vorire la crescita della fore-

sta che germoglia. Usa un’immagi-ne suggestiva fratel Enzo Biemmi,docente all’Istituto superiore discienze religiose di Verona e presi-dente dell’equipe europea dei ca-techeti, nel descrivere la sfida per laChiesa di oggi. Se da una parte oc-corre portare avanti la catechesi tra-dizionale, dall’altra è arrivato il mo-mento di impegnarsi nel «secondoannuncio». In quella cioè che vieneormai definita la «pastorale dei ri-comincianti», un tema su cui si erasoffermato anche il cardinale An-gelo Bagnasco, arcivescovo di Ge-nova e presidente della Cei: «NellaChiesa – aveva detto il porporatonella prolusione all’ultima Assem-blea generale – rami un tempo ri-gogliosi possono rinsecchire, ma,spunta una gemma, si affaccia unuomo il cui volto esprime unaprofonda fede in Dio, la storia siriaccende, i suoi cardini si smuovo-no, e tutto ricomincia».Sono moltissimi infatti i giovani esoprattutto gli adulti che, dopo averricevuto un’educazione cristiana edessersi allontanati dalla fede, sen-tono il bisogno di riavvicinarsi equando incrociano la comunità ec-clesiale manifestano la disponibi-lità a credere. In particolare se si tro-vano ad affrontare situazioni deli-cate. «L’esperienza dell’innamora-mento, la nascita di un figlio, unproblema di salute, un lutto: ci so-no snodi antropologici che fannoriaprire il "dossier della fede"», spie-ga Biemmi sottolineando che «peralcuni questo avviene nei passaggitradizionali dei Sacramenti, so-prattutto quelli richiesti per i figli,per altri nell’incontro e nel dialogoinformale perché sempre più spes-so cercatori e le cercatrici di Dio sitrovano al di fuori della parrocchia». Secondo il religioso, «per la stra-

Dgrande maggioranza degli italiani ilsecondo annuncio è una declina-zione del primo annuncio». «Colo-ro che ci troviamo dinanzi – osser-va – non sono una tabula rasa, an-zi hanno delle conoscenze, spessone sanno fin troppo e male, hannodelle resistenze riguardo a discorsisulla Chiesa». È necessario dunque«aiutarli a disimparare, a liberare ilcampo dalle conoscenze prece-denti» impostando una «pastoralepiù leggera, meno organizzata, sen-za schemi prestabiliti». Anche per-ché non si può pensare «di metteretra parentesi il vissuto delle perso-ne, ma accettare che ricomincinoproprio a partire dalla loro storia».Il tutto in questo preciso contestoculturale e sociale. «Lungi da lettu-re catastrofiche né ingenue, l’indif-

ferenza alla fede, il vivere senza Dio– rileva Biemmi – non rappresenta-no una perdita di terreno, ma unanuova opportunità per la comunitàecclesiale: solo se ci si appoggia al-la cultura odierna la si può salvare».Ovviamente «il secondo annuncio»ai ricomincianti implica un «se-condo ascolto» da parte della Chie-sa che deve «rivedere se stessa, lasua capacità di essere comunità enon azienda». «Al di là degli sloganche rimbalzano, la pastorale – af-ferma il religioso – si sviluppa ba-sandosi sulla comunità credente,nel senso che tutto è teso a distri-buire servizi religiosi per personeche si suppone siano credenti,mentre la reale conversione mis-sionaria della parrocchia non è an-cora stata avviata». Per Biemmi però Un incontro di catechismo per adulti (foto Siciliani)

invece complessa perchési è spinti a purificare tutta“l’impalcatura” connessaalla odiernasacramentalizzazione,andando incontro forse auna diminuzione dipersone che vengono achiedere i Sacramenti».Come si possono«agganciare» quellepersone che siallontanano dalla Chiesa?Il verbo «agganciare» puòtrarre in inganno se lo siintende nel senso diattirare, avere tanta gente,le chiese piene. Con lapastorale deiricomincianti si puntasulla qualità più che sullaquantità e si punta sugliadulti. Anche il cosiddettocristianesimo popolare

può trarre in inganno. Unabuona occasione è quelladi creare all’interno delladiocesi un luogo dove ilsacerdote si mette inascolto delle persone, peresempio attraverso laconfessione o il semplicedialogo sulla propria vita.Si parte da questo dialogo,nel quale vengono portatea galla le sofferenze, idisagi, le ferite, oppure lesuperficiali motivazioniche hanno spinto lapersona a ricevere laprima Comunione o laCresima senzaconsapevolezza.E poi?A partire da questodialogo, che non siesaurisce in una sola volta,si può intraprendere il

cammino in prospettivacatecumenale, cioè diriappropriazione convintadella fede in quel Diocristiano che hacontinuato ad essere inrispettosa attesadell’accoglienza libera econsapevole da parte dellapersona. L’agganciamentoprosegue in un itinerarioscandito dal Vangelo: ci silascia accompagnare dalVangelo per far maturarela libertà della persona cheè chiamata a camminare, adecidersi; il ricominciantenon è lì per caso, pertradizione, ma è lì perchési sente toccato,scombussolato ed èorientato a mettersi incammino; il ricominciantenon è alla stregua dei

cristiani della domenica.Se non scatta ilcoinvolgimento dellapersona alla luce dellaParola di Dio, si costruiscesulla sabbia. E questocammino è proiettatoverso l’Eucaristia, verticedella vita cristiana. È ovvioche questa opera di«ricostruzione» dovrebbecoinvolgere un’équipe dipersone preparate, non èsufficiente il solosacerdote.Rapportarsi airicomincianti significarinnovare il modello diparrocchia?Sì, anzi si tratta dirichiamare alla parrocchiala sua genuina missione:annunciare il Vangelo esuscitare la libera rispostadell’interlocutore. Laparrocchia si rinnova se sirinnova l’azione pastorale!La pastorale deiricomincianti ha bisognodi un luogo, di una realtàfuori della parrocchia, mache si affianchi a essa omeglio ancora allecomunità di una zona o diuna diocesi. Il primoannuncio non sempre èfacile nelle ordinarieoccasioni che sipresentano in parrocchiaperché la gente viene persoddisfare le proprieesigenze (la parrocchiaalle volte è ridotta astazione di servizio) equella gente è certamentenella situazione tipica deiricomincianti, ma perricominciare occorre volerricominciare. È questo«volere» che in parrocchiasi fa fatica a far scattare.

Stefania Careddu© RIPRODUZIONE RISERVATA

Così il Vangelo torna a parlare alla vita

l’intervistaDon Vergano: «Chi si riavvicina manifesta la volontà di credere: una vera sfida perle nostre parrocchie. Puntare sulla qualità»

Il «secondo annuncio» narrato dai protagonistii piace moltissimo l’idea di un Diodiffuso nella vita; è molto diversa dal-l’immagine di Dio lontano e giudice

con cui sono stata educata: ad un Dio così mi pos-so anche affidare». È il messaggio che Maria Teresadi Padova si è vista recapitare via mail dalla sua a-mica «in ricerca», come lei impegnata in un percor-so di scrittura autobiografica. «Per riavviare alla fe-de persone che hanno preso distanza da esse pervarie ragioni, sento importante coltivare la compe-tenza della vita e della relazione: che sa esprimersicon il calore di un ascolto affettuoso, di un dialogovero, senza paura di comunicare i limiti e la ricchezzadi un’avventura che ci accomuna e che ha trovatonella fede senso, orientamento e speranza», rac-conta Maria Teresa che con la sua testimonianza harisvegliato nell’amica la voglia di ricominciare a cre-dere. Un’esperienza – raccolta da Enzo Biemmi nellibro «Il secondo annuncio» pubblicato dalle Edi-zioni Dehoniane (112 pagine, 9 euro) – che rappre-senta un esempio di «quello che succede e spesso

non si vede». E cioè che la pratica del «secondo an-nuncio» comincia a permeare il terreno dell’evan-gelizzazione, in modo informale o più tradizionale.All’interno, attorno e addirittura lontano dalle par-rocchie. L’incontro e la narrazione di sé, così come la pasto-rale battesimale con la proposta di un cammino suc-cessivo per genitori e figli dalla nascita ai sei anni ola lettura dei Salmi e l’adorazione eucaristica not-turna possono essere occasioni per far risuonare ilVangelo. A volte con il silenzio, altre fondendo mu-sica e preghiera. Come avviene un sabato al mese alcentro di Bologna nella parrocchia dove don Stefa-no ha pensato di offrire un’alternativa ai tanti gio-vani che frequentano i locali lì vicino, aprendo leporte della Chiesa dalle undici all’una di notte. «L’o-biettivo – spiega – è quello di offrire un tempo e u-no spazio di ascolto e di riflessione, senza chiederenulla in cambio, con l’unico desiderio che nell’es-senziale ogni giovane possa incontrare Cristo Si-gnore e lasciarsi affascinare da lui». E chi, incuriosi-

to da quell’atmosfera «surreale» decide di entrare,rivela: «Accidenti, non me la ricordavo così bella laChiesa di San Bartolomeo... pochi ragazzi, immobi-li, seduti ai primi banchi; un trombettista nella can-toria dell’organo, piuttosto lontano dal prototipo dicatechista che avevo salvato nella mia memoria».Cecilia e Giuliana invece sono due catechiste delladiocesi di Verona dove è stato avviato un progettopastorale battesimale per le giovani coppie e i lorobimbi proprio per «dare priorità ai genitori, aiutan-doli a rivisitare la loro fede, a riattivarsi nel testimo-niarla in famiglia e a viverla con partecipazione nel-la comunità cristiana». «Per noi catechisti accom-pagnatori è stimolante ascoltare le domande dei ge-nitori: questi dubbi ci obbligano alla ricerca e ani-mano il lavoro di équipe», dice Cecilia. Un’altra con-seguenza positiva, aggiunge Giuliana, è che «la par-rocchia si sente stimolata a cercare nuove forme dipastorale per accogliere e accompagnare le famiglieche chiedono il battesimo». (S.Car.)

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Una veglia notturna (Siciliani)

emplice e allo stessotempo complessa,problematica. Don

Gian Carlo Vergano,teologo e parroco diBreme (provincia di Paviae diocesi di Vigevano),definisce così la pastoraledei ricomincianti, un temache ritiene centralenell’ottica della nuovaevangelizzazione. «Èsemplice – spiega – perchépone come pietra angolaredi tutta la pastorale ilprimo annuncio, cioèl’evangelizzazione toutcourt. Ed è sempliceperché si tratta diannunciare il Vangelo: daquesto annuncio lapersona può voler iniziare,in quanto il suo cuore silascia toccare da esso. È

S

Le esperienze di quantirimangono «sorpresi»dal nuovo incontro con Dio

Don Gian Carlo Vergano

ontinuare edapprofondire il dialogo

sui temi comuni e lacollaborazione concretanella promozione e nelladifesa dei valori cristiani inEuropa: sono i temi toccatinella visita compiuta inBielorussia dal 13 al 15novembre dal cardinaleKurt Koch, presidente delPontificio Consiglio perl’unità dei cristiani. Ilviaggio è avvenuto suinvito di Filaret,metropolita di Minsk eSlutsk e capo della Chiesaortodossa di Bielorussia,dipendente dal Patriarcatodi Mosca, per parteciparealla conferenzainternazionale sul tema

«Dialogo cattolico-ortodosso: valori eticicristiani come contributoper la vita sociale inEuropa». Il cardinale Kochha incontrato i vescovicattolici con cui haaffrontato la situazione deldialogo ecumenico ed hapresieduta l’Eucaristiadomenica scorsa nellaCattedrale di Minsk.Positivi anche i colloquiinsieme al metropolitaFilaret con il presidentedella Repubblica, AleksandrLukashenko, che haespresso la suasoddisfazione per i buonirapporti tra le dueconfessioni nel paese, invista di relazioni sempre

migliori. Il cardinale ha poivisitato l’Istituto diteologia dei santi Metodioe Cirillo che, pur facendoparte dell’Universitàstatale, è guidato dalmetropolita Filaret e chevede, tra i docenti e glistudenti, la presenza dientrambe le confessioni. Lapartecipazione al convegnoe la relazione del cardinaleKoch sulla situazione inEuropa, rileva il PontificioConsiglio per l’unità deicristiani, sottolinea il climapositivo dei rapporti tracattolici ed ortodossi, abeneficio dell’interapopolazione.

Fabrizio Mastrofini© RIPRODUZIONE RISERVATA

C TRIESTE. «Avete ricevuto il piùgrande dei talenti, quello della fede,non nascondetelo ma investitelo,diffondetelo, fatelo fruttare». Così si èespresso l’arcivescovo GiampaoloCrepaldi, vescovo di Trieste,commentando il passo del Vangelosulla parabola dei talenti, allaconclusione del XXX convegnoregionale di Rinnovamento nelloSpirito Santo tenutosi nel capoluogofriulano. L’accorato appellodell’arcivescovo è stato rivolto aglioltre millecinquecento fedeliimpegnati per tutta la giornata inpreghiera, adorazione e nell’ascoltodel loro presidente nazionaleSalvatore Martinez, intervenuto anchealla tavola rotonda sul tema«Misericordia e veritàs’incontreranno, giustizia e pace sibaceranno (Sal 85)», insieme

all’arcivescovo Crepaldi e alsegretario nazionale della Cisl,Raffaele Bonanni. Nel corsodell’incontro si è riflettuto sulla veritàche «deve partire dalla terra – haprecisato Martinez –, da ciò chesiamo, riscoprendo però i veri valorievangelici: l’amore, la vita, la sete digiustizia divina». Un concetto ripresoanche dall’arcivescovo Crepaldi: «Dionon può restare confinato nei recintiprivati ma va riportato al centro dellacollettività perché c’è il rischio chel’uomo annullando Dio finisca perannullare se stesso». «Uno deiproblemi che oggi viviamo – haaggiunto poi, Bonanni – è il distaccofra il politico ed il cittadino, per cuinecessita l’urgenza di rivitalizzarequesto rapporto per dare unarisposta più completa e soddisfacentealle reali esigenze della società».

MOLFETTA. Domani,vigilia della Solennità diCristo Re dell’Universo,alle 18.30 nella Cattedraledi Molfetta il vescovo diMolfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, Luigi Martellaordinerà presbiteroGianluca D’Amato. Ventiseianni il prossimo 25novembre, D’Amatoproviene dalla parrocchiaImmacolata di Terlizzi. Si èpreparato al ministero presbiterale prima nellacomunità del Seminario vescovile di Molfetta e poi alPontificio Seminario regionale di Molfetta. Ha svolto ilministero diaconale nella parrocchia San Giuseppe diGiovinazzo e, attualmente, nella Cattedrale e nelDuomo di Molfetta. Il novello sacerdote presiederà lasua prima Messa domani, alle 12 in Cattedrale e alle18.30 nella parrocchia Immacolata di Terlizzi.

Molfetta: domaniMartella ordina un nuovo prete

Pastorale dei ricomincianti: la riscoperta delle radici

le storie

VENERDÌ18 NOVEMBRE 2011 23

Trieste, il convegno RnS con Crepaldi Portare la Parola, il più grande talento

Bielorussia, il cardinale Koch da Filaretper il dialogo cattolico-ortodosso

«c’è una presa di coscienza e, no-nostante le resistenze, la direzionee è nitida». Forse manca una reale«traduzione nella pratica», ma «cisono germi, piccole esperienze chenon sono conosciute e pertanto po-co valorizzate». «Non dobbiamo farleva sul fatto che le persone cerchi-no o no, ciò che è determinante è ri-scoprire la preziosità di ciò che ab-biamo da offrire, un dono che è ca-pace di spiazzare», evidenzia il re-ligioso per il quale, prima delle esi-genze morali e delle nozioni che latradizione ha elaborato, «è tempodi seminare la buona notizia», ditornare ad annunciare l’«amore gra-tuito di Dio» e che «il Vangelo è fon-te di salvezza per la vita delle per-sone».

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Casella di testo
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