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l'osservazione strutturata delle pratiche didattiche ed educative

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GESTIRE LE DIFFERENZE INDIVIDUALI:learningpaths.org

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GESTIRE LE DIFFERENZEINDIVIDUALI:

learningpaths.org

GESTIRE LE DIFFERENZEINDIVIDUALI:VERSO UNA PLURALITA'DI INTERVENTI

Lingua e Nuova Didattica, Anno XXXII,No. 2, Aprile 2003

Luciano Mariani La gestione delledifferenze individuali implicaun'interazione costante tra stili diapprendimento, strategie e "compiti", nel

quadro di un clima di classe centrato sullamediazione e la condivisione. Premessa

E' parte dell'esperienza quotidiana di ogniinsegnante, o di chiunque sia impegnato in unlavoro di formazione con gruppi di persone,percepire la sensazione della difficoltà digestire l'eterogeneità, ossia la presenza didifferenze individuali all'interno di unaclasse o di un gruppo. "Io sono una/uno, eloro sono trenta" è un'affermazionericorrente alla fine (o anche all'inizio) diincontri di discussione, lavori di gruppo,seminari di aggiornamento tra insegnanti.Dietro questa constatazione, banale quantosignificativa, si percepiscono spesso lapreoccupazione, il disagio, l'insoddisfazionederivanti da uno dei dilemmi forse più acuti

che può vivere un insegnante, pari forsesoltanto a quello, altrettanto "sofferto",relativo alla valutazione degli alunni. Ildilemma si riassume facilmente neldesiderio, da parte degli insegnanti piùsensibili, di "individualizzare" quanto piùl'insegnamento (o, in termini più attuali,l"offerta formativa"), contrapposto alladifficoltà di far fronte, con le esigue risorsepersonali e istituzionali disponibili, ad unimpegno così gravoso. Il risultato diaffrontare "di petto" un dilemma simile sitraduce spesso in un senso di impotenza, chegenera frustrazione e pessimismo sullapossibilità di intervento (si vedano leparallele osservazioni di Graziella Pozzo sultema della valutazione, in Pozzo 2001).

Un dilemma nasce sempre da una visionerigidamente biunivoca della realtà, unavisione in cui tutto è bianco oppure nero, incui non esistono sfumature intermedie, e cheporta pertanto ad una filosofia di azione deltipo "tutto e subito, oppure niente mai più".La convinzione sottesa a molte affermazionisulla gestione della variabilità individuale(comprese molte "indicazioni didattiche" distampo più o meno ufficiale) è chel"individualizzazione" di obiettivi, contenuti,metodologie, strumenti, criteri divalutazione, o qualunque combinazione diquesti e altri fattori, sia l'unica stradapercorribile. Se questa "individualizzazione"deve implicare automaticamente e

inevitabilmente la stesura di un "curricolopersonale" o di un "piano personalizzato"per ogni singolo alunno, è comprensibile ladiffidenza e lo scetticismo con cui vengonoaccolte molte proposte in merito.

Ma porsi un problema non significanecessariamente risolverlo subito e una voltaper tutte. Accanto ad un'abilità diproblemsolving, e di fronte alla complessitàdi molte situazioni, è forse necessariosviluppare oggi abilità di problemposing,cioè di analisi e comprensione del problema,finalizzate in primo luogo alla gestioneflessibile del problema nel quotidiano, cioènelle situazioni di classe continuamente

mutevoli. Questo significa adottare unavisione almeno in parte alternativa a quelladel "dilemma secco", esplorando invece tuttala zona intermedia tra il "tutto" e il "nulla", e(ri)ponendosi alcune domande-chiave, come,ad esempio:

· in quali sensi le persone sono diversequando imparano?

· come queste diversità condizionano iprocessi di apprendimento e diinsegnamento?

· che cosa implica riconoscere evalorizzare le diversità?

· è opportuno "individualizzare"? In chesenso? Entro dei limiti?

· quale gamma di opportunità diintervento è possibile ipotizzare per gestirenel quotidiano la variabilità delle persone?

Il presente contributo intende fornire alcunielementi di riflessione e di discussione suqueste domande-chiave. (Per una trattazionepiù sistematica ed esauriente, si veda ilrecente volume della Collana LEND,Mariani-Pozzo 2002.)

Differenze in classe: chi è diversorispetto a chi?

Differenze individuali, individualizzazione,piani personalizzati ... le parole chiave diquesta tematica sembrano essere centratetutte sulla dimensione personale e privatadel singolo studente alle prese, quasi tra sè esè, con i suoi compiti di apprendimento. Mal'apprendimento di cui vogliamo occuparciin questa sede si realizza in classe, cioè inuna dimensione sociale e culturalmenecondizionata, in cui la particolarità delsingolo si incontra o si scontra con leparticolarità di molti altri individui, e, per dipiù, entro una cornice di lavoro che, persinonella lezione frontale più unidirezionale, nonpuò non assumere le connotazioni di"impresa di gruppo", con le dinamicherelazionali e i "climi" che tutto questocomporta.

Dunque quando si parla di differenzeindividuali ci si deve riferire a individuiche, dovendo necessariamente interagire traloro, sviluppano dinamiche di confronto, dicontrapposizione, o, in una prospettiva piùpositiva, di mediazione e negoziazione. Gliindividui in classe non sono solo gli studenti,ovviamente, ma anche gli insegnanti:entrambi sono impegnati nella gestione di uncompito di apprendimento (intendendo quiper "compito" qualunque attività finalizzataad un apprendimento, dal più sempliceesercizio di pratica di forme verbali alprogetto complesso). Gli sforzi "strategici"dell'insegnante, con i quali cerca di facilitarel'esecuzione del compito, si intersecano con

gli sforzi "strategici" dello studente, e dallaqualità ed efficacia di questa reciprocainterazione dipende in definitiva la buonariuscita del lavoro (Fig. 1); senzadimenticare che il contesto della classe èparte di un contesto più ampio, di scuola esocietà, con cui intrattiene rapporti reciprocicontinui, come è simbolizzato dalle frecceesterne nella figura.

Figura 1: Il "compito" tra insegnamento eapprendimento

Se adottiamo questa ottica "di sistema", nonè possibile considerare le differenzeindividuali esclusivamente come "problema

privato" di chi impara: si dimenticherebbeche anche chi insegna è portatore didifferenze individuali. Ad esempio, gli stilidi apprendimento, su cui ci soffermeremotra breve, sono uno dei fattori di variabilitàindividuale, e come tale sono riferibili siaallo studente che all'insegnante. Anzi, ilproprio personale stile di apprendimento èspesso uno dei condizionamenti più vistosidel proprio stile di insegnamento: la sceltae la gestione dei compiti viene quasi sempreeffettuata dall'insegnante, che non può nonriflettervi le proprie personali preferenze.Ha senso dunque trattare della gestione deglistili di apprendimento solo in un contestocomplessivo, di "clima di classe", in cui ladinamica tra gli stili è altrettanto importantedei singoli profili individuali. Parafrasando

il titolo della celebre saga Star Wars si ècosì potuto parlare di "style wars", di"guerre di stili", per indicare comenell'incontro/scontro tra stili diversi si possaidentificare una delle possibile cause, e nontra le secondarie, dei fallimenti e degliinsuccessi scolastici.

Differenze in classe: rispetto a checosa?

La diversità può essere declinata secondomolti parametri: si è diversi per età, sesso,provenienza etnica e socio-culturale,personalità, attitudini, "intelligenze", stili diapprendimento, motivazioni, convinzioni eatteggiamenti ... ma in questo contributo cilimiteremo a considerare una delle variabili

più importanti per i contesti diapprendimento/insegnamento, e cioè gli stilidi apprendimento, senza dimenticare cheogni "astrazione" di un parametro dallarealtà complessiva della persona èun'operazione artificiosa, provvisoria earbitraria, che deve perciò essere bilanciatacontinuamente dalla consapevolezza che lapersona che apprende è sempre, e in primoluogo, persona nella sua globalità cognitiva,socio-affettiva e culturale.

Una definizione data da Keefe (1979) puòcostituire un utile punto di partenza,soprattutto perchè contiene chiari riferimentialle caratteristiche basilari, ma anche

problematiche, di questo concetto:

Gli stili di apprendimento sonocaratteristici comportamenti cognitivi,affettivi e fisiologici che funzionano comeindicatori relativamente stabili di come idiscenti percepiscono l'ambiente diapprendimento, interagiscono con esso e vireagiscono.

Sono qui delineate alcune idee-chiave, su cuitorneremo a diverse riprese:

· la dimensione comportamentale: lostile di apprendimento non è solo uncostrutto teorico, ma, in quanto si manifestain concreti comportamenti, funziona come

indicatore, cioè come un segnale, dicaratteristiche più "nascoste" della persona;

· la globalità del concetto: nonostantel'enfasi talvolta posta sugli aspetti cognitividell'apprendimento, uno stile è un tipicomodo di manifestare la propria individualitàanche fisica e socio-affettiva;

· la relativa stabilità: trattandosi delriflesso della propria personalità negli atti diapprendimento, lo stile è stabile tanto quantola personalità che esprime: soggetto dunquea cambiamenti ed evoluzioni, eparticolarmente in età evolutiva, ma con unabase, anche genetica e fisiologica, che èparte costitutiva dell'individualità dellapersona;

· la funzione di "filtro": lo stile,insieme a fattori quali convinzioni,atteggiamenti e motivazioni, dai quali èdifficilmente separabile, agisce come "filtro"rispetto a come viene percepito l'ambiente diapprendimento: i "compiti" a cui abbiamoaccennato, ad esempio, una volta sceltidall'insegnante, vengono reinterpretati,quanto a scopi, richieste, procedure, daciascuno studente in modo diverso a secondadegli "occhiali interpretativi" costituiti, tral'altro, dal suo stile;

· l'interazione e la reazione conl'ambiente: lo stile condiziona anche ilmodo in cui la persona si rapportaall'ambiente di apprendimento, checomprende tutti i fattori del relativo contesto

(dall'insegnante ai compagni, dai libri ditesto alle procedure didattiche, daglistrumenti utilizzati alle modalità divalutazione ...): una riconferma di quantoabbiamo già osservato, e cioè che ledifferenze individuali non possono essereconsiderate se non all'interno di un quadrosocio-culturale nei confronti del quale lepersone sviluppano reazioni, più o menoefficaci e produttive, di adattamento edevoluzione continui. In altre parole, gli"stili" sono socialmente, culturalmente eistituzionalmente connotati.

Aree di stili

Come è illustrato nella Figura 2, gli stili diapprendimento possono essere identificati e

discussi prendendo di volta in volta inconsiderazione aree di fattori diversi (Peruna panoramica esauriente ed aggiornata, sivedano, ad esempio, Reid 1995 e Leaver1997.).

Figura 2: Aree di stili di apprendimento

Le preferenze ambientali si riferiscono siaal "dove" e al "quando" si studia meglio (adesempio, all'aperto/al chiuso; a scuola/acasa; in salotto/in cucina; di sera/di mattina;con pause più o meno.frequenti ..), sia afattori fisici quali la luce, la temperatura, isuoni presenti nell'ambiente (ad esempio, latolleranza o l'intolleranza o la necessità di

musica o rumori di sottofondo ...); aiconsumi personali (cibi e bevande prima,durante, dopo lo studio ...); alla postura ealla mobilità; e, più in generale, ai bioritmipersonali (i ritmi ciclici, positivi e negativi,che scandiscono la nostra efficienza fisica,emotiva, intellettuale ...).

Le modalità sensoriali si riferiscono allepreferenze individuali nell'utilizzo dei sensi.Tradizionalmente, si prendono inconsiderazione soprattutto le modalitàvisiva, uditiva e cinestetica, intendendo conquest'ultimo termine non soltanto lapreferenza per o la necessità di movimento

fisico, ma anche, più in generale, lapredilezione per attività concrete, perl'esperienza diretta, per il coinvolgimentocostante nell'azione. E 'interessante notare,specialmente in questi tempi di"bombardamenti multimediali", che unapreferenza visiva può articolarsi in unorientamento visivo-verbale (la preferenzaper la lingua scritta) e un orientamentovisivo-non verbale (la preferenza per ilinguaggi non-verbali: grafico-iconici,gestuali...); così come una preferenza uditivapotrebbe comportare una correlazione, oltreche con la parola parlata, anche con lavalenza di disturbo, ma anche di supportoalla comunicazione, della musica, dei suoni,dei rumori.

Complementari alle modalità sensoriali, chesi riferiscono principalmente, anche se nonesclusivamente, ai meccanismi di percezionedelle informazioni in ingresso, sono gli stilicognitivi, che riguardano più direttamentre imodi tipici di ogni individuo di sottoporread elaborazione quelle informazioni (adesempio, acquisendole in memoria tramiteprocedure di associazione e classificazione;elaborandole; recuperandole dallamemoria). Gli stili cognitivi sono statistudiati con una molteplicità di approcci edelaborando un'altrettanto vasta gamma dipossibili descrittori, ognuno dei qualifocalizza aspetti particolari dei meccanismidi attivazione delle funzioni cognitive (per

molti versiancora sconosciuti).

I modelli di stili cognitivi più noti fannogeneralmente riferimento a scale bipolari(Fig. 3), ossia ad un continuum tra estremiopposti ideali, su cui ogni personaconcretamente si situa.

Figura 3: Esempi di scale bipolari di stilicognitivi e di tratti socio-affettivi

I descrittori, ossia i termini utilizzati peridentificare gli stili, sono dunque daconsiderare in termini relativi, ossia come

indicatori di tendenze, non di valori assoluti.La stessa considerazione vale per i trattisocio-affettivi: lo scopo nell'utilizzo didescrittori non è certamente quello di trovarei modi più sbrigativi di "incasellare" unapersona, cristallizzandola come "tipo"astratto (un'operazione evidentemente inutile,oltre che pericolosa), ma piuttosto quello didisporre di una gamma articolata dipossibilità di definire un profilo personale.Più che "etichettare" una persona come"introverso" o "estroverso", ad esempio,sarà utile, una volta evidenziata un'eventualetendenza in un senso o nell'altro, arricchirequesta (auto)osservazione specificando inche senso agisce questa tendenza: in qualicontesti appare, rispetto a quali "compiti" diapprendimento, con quali condizionamenti

sull'esecuzione dei compiti stessi, e così via- senza dimenticare la natura sempreprovvisoria di queste osservazioni,particolarmente significativa quando si trattadi persone in età evolutiva. I profilipersonali, dunque, sono dinamici, nel sensoche vanno continuamente aggiornati per tenerconto dell'evoluzione nel tempo dellepreferenze individuali (Figg. 4 e 5) (Peresempi di strumenti di rilevazione di trattidistintivi degli stili di apprendimento e diinsegnamento, si veda il sito dell'Autore diquesto contributo: www.learningpaths.org).

Figura 4: La relatività deidescrittori Figura 5: La dinamicità deiprofili

Invitiamo ora il lettore a riflettere in modopiù analitico sulle caratteristiche degli stilidi

apprendimento. Per farlo, coerentemente conil tema di questo contributo (e comeesempio, sia pure elementare, di"differenziazione"), gli offriamo unapossibilità di scelta. Nella Figura 6compaiono 11 esempi di persone"classificate" come tipi ideali. Il compitoche proponiamo è di abbinare ciascuna diqueste figure ad uno degli elenchi dicaratteristiche proposti nella Tabella 1.Tuttavia, se il lettore, in base alle suepreferenze personali (ed anche al contestospazio-temporale in cui sta leggendo questocontributo!) preferisce leggere subito gli

abbinamenti, li troverà nell'Appendice 1.

Figura 6: Esempi di "stili" (da Mariani2000) Tabella 1 A quale delle 11 personeraffigurate nella Figura 6 potrebberiferirsi ciascuno di questi"profili"? Adattare i compiti ai discenti:una didattica variegata

Nell'ottica che abbiamo illustrato all'iniziodi questo contributo, l'inevitabileeterogeneità di un gruppo in situazione diapprendimento istituzionale (e che,ricordiamolo, comprende dunque a tutti glieffetti anche l'insegnante) comporta in primoluogo la necessità di un adattamento e di unamediazione: in fondo, la situazione di classeesemplifica il più generale principiosecondo cui l'individuo si evolve in un

incessante rapporto con l'ambiente in cuivive.

Da una parte, perciò, un punto di partenzainequivocabile consiste nel riconoscere eassecondare le differenze individuali,andando incontro alle diverse esigenze deimembri del gruppo-classe. Per la prassididattica quotidiana, questo comporta unadidattica il più possibile variegata, cioèun'alternanza di stimoli visivi, uditivi,cinestetici; di approcci analitici-riflessivi-sistematici e globali-impulsivi-intuitivi; diattività individuali, di coppia, di gruppo e aclasse intera. Questa alternanza potrà cosìassicurare che a ciascuno sia garantito un

parziale adattamento al proprio personalestile di apprendimento: nell'ambito di un"segmento" di apprendimento, sia esso ditipo temporale (una lezione, una settimana...) o di tipo strutturale (un'unità, un modulo...), ogni studente potrà così sfruttare i suoipunti di forza proprio perchèl'insegnanteadatta i compiti ai discenti.

E' interessante a questo proposito fare dueosservazioni.

La prima osservazione è che questoadattamento può riguardare svariati settori didifferenziazione: contenuti, obiettivi,

supporti, dispositivi, aiuti e guide, metodi ...(secondo la casistica proposta dal progettoLEND - vedi Puren 2001). In particolare,riteniamo che sia opportuno distinguere trauna varietà di compiti e una varietà diapprocci. La varietà dei compiti presupponeun'alternanza di attività (attivitàcomunicative ricettive e produttive, scritte eorali; ma anche attività centrate sul sistemalinguistico - grammatica, lessico, fonetica - edi riflessione sulle lingue e sulle culture)all'interno del segmento di apprendimentopreso in esame; la varietà degli approccipresuppone che la stessa attività vengaproposta con modalità variate. Ad esempio,il trattamento della grammatica può giovarsidi

· approcci deduttivi (studio delle"regole" e loro applicazione in esercizimanipolativi: a vantaggio, ad esempio, di"stili" sistematici, convergenti) e approcciinduttivi ("scoperta delle regole" attraversol'osservazione sistematica, la formulazione ela verifica di ipotesi: a vantaggio di "stili"più intuitivi e divergenti);

· focalizzazione sulle "forme" e sullaloro correttezza (a vantaggio di "stili"analitici e riflessivi) e focalizzazione anchesui significati e gli scopi comunicativi (avantaggio di "stili" più globali e intuitivi);

· lavori individuali (ad esempio, con la

possibilità di controllare le chiavi degliesercizi in fondo al libro di testo o suschede: a vantaggio di "stili" indipendenti) elavori a gruppi (ad esempio, con unacorrezione degli esercizi in coppia: avantaggio di "stili" più dipendenti);

· attività dagli esiti ben definiti (comeesercitazioni "chiuse": a vantaggio di "stili"cauti e poco disponibili al rischio) e attivitàdai contorni volutamente più incerti (daldialogo su traccia ai giochi di ruolo: avantaggio di "stili" meno ansiosi, piùtolleranti dell'ambiguità);

· ... e, naturalmente, tutte le possibilicombinazioni di queste opzioni.

La seconda osservazione è che l'adattamentodei compiti ai discenti può realizzarsi inmaniera sequenziale (tutti gli studentieseguono in sequenza gli stessi compiti,variati in modo tale che, "a turno", ciascunotrovi uno o più compiti che si adattano al suo"stile") o in maniera simultanea (la classe sidivide in gruppi, che nello stesso arcotemporale eseguono compiti diversi -"diversi" per uno o più dei fattori didifferenziazione sopra citati). In questosecondo caso si parla più propriamente di"pedagogia differenziata".

Adattare i discenti ai compiti: unadidattica strategica e metacognitiva

Adattare i compiti ai discenti non significaovviamente concepire e realizzare un"curricolo" personale per ogni studente. Nonsiamo di fronte ad una individualizzazioneassoluta, di cui si è già considerata ladifficoltà o l'impraticabilità (anche se oggile nuove tecnologie e l'apprendimento adistanza sembrerebbero rendere questaopzione meno irrealistica di un tempo), maad un primo livello di intervento, che vacomunque nella direzione di gestire ledifferenze individuali nel quotidiano.

La domanda a questo punto è: fino a chepunto può o deve giungere questo"accomodamento" al singolo studente?

Un'offerta didattica variegata, mentreconsente a tutti o a molti di sfruttare i propripunti di forza, non automaticamente permetteanche di compensare e potenziare i punti didebolezza. I compiti di apprendimento (e icompiti che attendono gli studenti nella lorovita personale e professionale oltre lascuola) non possono sempre essere adattatial proprio "profilo" individuale, ma, alcontrario, esigono spesso flessibilità enegoziazione. Le competenze di azionecomunicativa e interculturale, che sono alcentro dei curricoli linguistici così comedelineati dal Quadro Comune Europeo diRiferimento (2002), ad esempio, implicano,come carattere distintivo e non secondario,una capacità di negoziare scopi e significatiin contesti socio-culturali estremamente

variabili, e dunque una grande flessibilità siadi ricezione che di produzione di messaggi.Una capacità di questo tipo richiede lamessa in opera di comportamenti, verbali enon verbali, che rimandano a "stili" diversi aseconda delle esigenze dei contesti: uno stileriflessivo potrà dunque risultare utile pervalutare con cognizione di causa i contenutidi una pagina web, ma uno stile impulsivopotrà risultare più adatto per gestire intempo reale e con decisioni "all'istante"momenti di stallo o di incomprensionedurante un'interazione tra interlocutori diculture diverse.

Dunque lo sforzo di flessibilità

dell'insegnante, che cerca di adattare icompiti alle differenze individuali deipropri studenti, dovrà essere compensato dauno sforzo di flessibilità degli studenti, chedovranno imparare a adattare le propriedifferenze individuali ai compiti chel'insegnante e il curricolo via viapropongono. Per gli studenti, questo significain pratica sopperire alle eventuali carenzedel proprio profilo personale attrezzandosicon opportune strategie, che li aiutino adaffrontare quei compiti che più sono per lororischiosi in quanto mettono allo scoperto ipropri punti di debolezza. Anche la personaintroversa, riflessiva, sistematica, adesempio, deve poter sviluppare unacompetenza di azione comunicativa in temporeale, ma per farlo avrà probabilmente

bisogno di un'educazione strategica disupporto, che sarà forse meno utile oaddirittura inutile ad una persona estroversa,impulsiva, intuitiva. D'altronde, quest'ultimapotrà trovarsi in difficoltà a scrivere unasintesi organizzata e coerente di un testoargomentativo, e dunque, a sua volta, potràgiovarsi di adeguate strategie di supporto.

Adattare i discenti ai compiticosituiscedunque un secondo livello di intervento nellagestione delle differenze individuali.Significa, per l'insegnante, contribuire alpotenziamento strategico degli studentitramite una didattica centrata sulle strategiedi apprendimento che più risultano utili ai

singoli profili individuali. Non tutti hannobisogno delle stesse strategie, ma, d'altrocanto, in ultima analisi è il singolo studenteche deve scoprire, nel vivo dei compitiquotidiani, quali strategie possono meglio"attrezzarlo". Questo pone un limite e unasfida ad una didattica strategica: il limite èl'impossibilità (e l'inutilità, ma potremmoanche dire la pericolosità) da partedell'insegnante di scegliere ciò che ritienesia più opportuno per ciascuno studente; lasfida è fornire occasioni di incontro constrategie diversificate, perchè ciascunostudente possa crescere nellaconsapevolezza dei propri punti di forza e didebolezza, e delle relative strategie dicompensazione e supporto.

La sfida della didattica strategica è perciòuna sfida metacognitiva. Uno degli obiettivipiù ambiziosi, ma nello stesso tempoirrinunciabili, di un curricolo è di fornire glispazi, i tempi e le risorse perchè ognistudente possa, da una parte, affinare semprepiù la conoscenza del proprio profilodinamico personale, e dall'altra parte,diventare consapevole di come i compiti diapprendimento (con i loro obiettivi,prerequisiti, richieste e procedure) siincontrano/scontrano con il proprio profilo,in modo da sviluppare quell'adattamentoflessibile e strategico che oggi è forse l'unicachiave di interpretazione di (esopravvivenza in) un mondo complesso e in

continuo mutamento.

Esempi di due approcci metacognitivi

Le Tabelle 2 e 3 (da Mariani e O'Malley2003) forniscono due esempi di didatticastrategica e metacognitiva, basati su dueapprocci diversi anche se complementari (eapplicati a due compiti tipici degli esami dicertificazione esterna). Nel primo esempio(Tabella 2), le strategie vengono propostedirettamente dall'insegnante, tramite ilsupporto di questa scheda, e lo studenteviene invitato a sperimentarle di persona e avalutarne l'efficacia al termine del compito:si tratta di un approccio basatosull'insegnamento diretto di strategie, cheperò mantiene la caratteristica fondamentale

di fare riferimento al singolo studente per lavalutazione e la personalizzazione dellestrategie stesse. Nel secondo esempio(Tabella 3), invece, il punto di partenza èl'esperienza pregressa degli studenti, chevengono sollecitati, in via preliminare, adesplicitare i modi in cui hanno sinoraaffrontato il compito, ma non vengonoesplicitamente invitati ad utilizzare nessunaspecifica strategia. Al termine del compito,l'insegnante invita gli studenti, tramite unabreve discussione (che "rispecchia" quellapreliminare) a considerare, verbalizzare esocializzare le difficoltà incontrate e lestrategie effettivamente utilizzate. Questosecondo approccio è dunque basato sulla"scoperta" di strategie, anche se questascoperta è sostenuta da un preciso itinerario

di lavoro.

Tabella 2 (Il compito a cui fa riferimentoquesta scheda, che qui non viene riportatoper ragioni di spazio, è un esercizio dicomprensione di un testo scritto basato sudomande a risposta multipla.)

Prima dell'esercizio: Consideraattentamente queste strategie.

Durante l'esercizio: Cerca di mettere inpratica le strategie.

Dopo l'esercizio:

· Rileggi le strategie, segna con Ö

quelle che hai effettivamente usato e dai untuo giudizio sulle strategie usate: *** = moltoutile; ** = abbastanza utile; * = inutile.

· Confronta il tuo lavoro con icompagni.

Tabella 3 (Il compito a cui fa riferimentoquesta scheda, che qui non viene riportatoper ragioni di spazio, è un esercizio dicompletamento di spazi vuoti in un testoscritto; per ogni spazio sono propostequattro alternative di parole tra cuiscegliere.)

Prima dell'esercizio: trascrivi le strategieche senti citare nella discussione di gruppo:

Dopo l'esercizio:

· Quali spazi vuoti hai trovatoparticolarmente difficili da riempire?

· Come hai cercato di far fronte aqueste difficoltà? Hai usato qualcuna tra lestrategie di cui abbiamo parlato all'inizio?

· Quali informazioni hai usato perscegliere le parole? Hai per esempioconsiderato

Puoi scrivere, nella colonna sulla destra, unoo due esempi di parole scelte in base alle

informazioni che hai usato?

Conclusione

In questo contributo si è partiti dallaconstatazione che le differenze individuali inun gruppo di apprendimento sono inevitabili,tanto quanto ne è inevitabile la presa incarico in un curricolo che voglia porre ildiscente al centro dell'apprendimento. Al dilà dell'individualizzazione assoluta deipercorsi, ritenuta una strada difficilmenteperseguibile, ci si è chiesti che cosasignifichi tener conto delle diversità e dicome queste possano essere gestite nelquotidiano di situazioni di classe. Nellagamma di opzioni possibili si sono messe afuoco due "didattiche" complementari: una

didattica variegata, centrata sull'adattare icompiti agli studenti, e una didatticastrategica e metacognitiva, centratasull'adattare gli studenti ai compiti.Quest'ultima implica non solo ilpotenziamento degli studenti tramiteopportune strategie, ma anche la loroprogressiva presa di coscienza del proprioprofilo dinamico personale.

Questi diversi interventi didattici sigiustificano anche nel quadro diun'educazione alla complessità che rifuggeda semplificazioni e scorciatoiemetodologiche - un'educazione il cuiprincipio ispiratore è così ben sintetizzato da

Morin (2001):

Si dovrebbero insegnare i principi distrategia che permettano di affrontare irischi, l'inatteso e l'incerto, e di modificarnel'evoluzione grazie alle informazioniacquisite nel corso dell'azione. Bisognaapprendere a navigare in un oceanod'incertezze attraverso arcipelaghi dicertezza. Appendice 1

Gli abbinamenti proposti sono i seguenti: 1.cinestetico; 2. analitico; 3. estroverso; 4.impulsivo; 5. uditivo; 6. sistematico; 7.introverso; 8. intuitivo; 9. visivo; 10.globale; 11. riflessivo. Si noti tuttavia, che,particolarmente per gli stili cognitivi, alcunidescrittori dei profili possono sovrapporsi

ed essere ragionevolmente applicati in molticasi a più di un profilo: a ulteriore confermache le classificazioni possono aiutarci acomprendere una tematica complessa, manon possono essere rigidamente utilizzateper descrivere la ricchezza di ogni stile diapprendimento individuale.

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Reid, J.M.1995. Learning styles in theESL/EFL classroom. Boston: NewburyHouse.

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La classe difficileL'incredibile chance di adulti e bambini di apprendere e vivere insieme

"Per fortuna non insegno in quella classe..." dice con espressione di sollievo unamaestra che passa davanti "a quella classe", dalla quale immancabilmente sisente vociare, litigare e gridare. Ogni scuola ne ha una e tutti lo sanno. I genitorifanno a gara per "non iscrivere lì" i propri figli...quello non è un posto che siaddice a loro... Quello che invece non si sa è che è proprio quella la classe in cuisi apprende di più. Essa è quella in cui il maggior numero di persone è toccatodalla complessità dell'apprendimento.

L'apprendimento coinvolge la mente dell'essere umano. I processi mentaliintellettivi e cognitivi sono caratterizzati dalla complessità e singolarità deiprocessi mentali, delle variabili personali nel lavoro apprenditivo e conoscitivo,delle potenzialità cognitive, della pluralità di modi e di stili, delle connessionialla cultura, ai contesti e alle specifiche situazioni o compiti. La loro natura èqualitativa, possibile e reticolare ( " Didattica e stili cognitivi" di CatiaGiaconi). Apprendere e conoscere sono due momenti ben distinti l'uno dall'altro,ma avvengono integrando le emozioni, il contesto, la cultura e la storia. Le teoriepluralistiche dell'intelligenza, le teorie degli stili cognitivi e la concezionepoliedrica della personalità si inseriscono in questo contesto e ci aprono davantiagli occhi uno scenario complesso e plurale che vedremo emergere dall'esempio

che segue.

Il ruolo della pedagogista in questo contesto è quello di strutturare le rispostealle richieste emotive di contenimento e di attivazione dei processi metacognitivinei bambini. Qui sotto ecco la lista dei metodi attuabili per realizzare e sostenereil processo di apprendimento di tutto il gruppo partecipe al contesto.

L'intervento sul gruppo classe, sul gruppo insegnanti e sui genitori consiste nel :

• Osservazione delle dinamiche in classe e compilazione di un sociogramma

• Compilazione con i bambini stessi di un loro personale libretto dellecompetenze, nel quale vengono raccolti testi sulle loro emozioni in classe, versoi compagni, i docenti e le loro valutazioni su se stessi, sia emozionali che legatealle competenze cognitive

• Supervisione al team insegnante per affrontare i problemi al suo interno, concolloqui singoli di sostegno pedagogico

• Sostegno al gruppo insegnante con metodi che li portino a gestire attivamentela dinamica di gruppo

• Sostegno al gruppo insegnante ed introduzione agli stili cognitivi secondo ilmodello proposto da Catia Giaconi

• Partecipazione a due riunioni con i genitori. Il ruolo della pedagogista consistenell'introdurre i genitori alla fase di sviluppo emozionale nella quale sitrovavano i loro bambini e nel sostenere la loro accettazione dei molti statiemotivi di difficile gestione degli alunni.

Gli obbiettivi degli interventi sono:

• rinforzare l'autonomia e l'autocontrollo dei bambini rispetto alle situazioni incui sono stati coinvolti nel corso dell'anno scolastico;

• rinforzare un clima di confronto e cooperazione autentico all'interno del teamdocente;

• rinforzare la capacità di osservazione e di gestione delle dinamiche in classe;

• aumentare le competenze didattiche degli insegnanti;

• sostenere un rapporto di dialogo tra genitori ed insegnanti teso a contenere,gestire ed educare emozionalmente i bambini.

Questi interventi possono venire condotti attraverso questi metodi :

• L'osservazione in classe viene condotta dalla prospettiva "al di sopra delgruppo": durante l'osservazione si registrano il tipo di interazioni cheintercorrono nella classe. Quindi si elabora un sociogramma dei rapporti tra ibambini. I nomi dei bambini vengono disposti in cerchio su di un grande foglio,si sceglie un colore diverso per le emozioni paura e rabbia e un'altro percooperazione ed amicizia.

• È ovvio che i bambini stessi si sentono a disagio nel clima teso che regna inclasse. È opportuno far verbalizzare loro il disagio, attraverso un incontro nelquale possono esprimersi su ciò che gli procura piacere o disagio in classe. Su

cartellini di colore diverso i bambini scrivono le loro esperienze, a seconda seesse hanno procurato loro rabbia, paura, voglia di fare e piacere a stare con glialtri. Da questo lavoro con la rabbia e la paura tutto il gruppo classe stila poi unaserie di regole che devono valere per tutti e della cui osservanza gli insegnantisono garanti. Ecco un esempio: la prima attività di elaborazione della classedifficile di cui sopra riguarda la differenza tra rabbia ed energia. La primasessione la conduce la pedagogista insieme alle insegnanti, la seconda vienecondotta dalle insegnanti dell'area logico-matematica e di lettere in compresenza.Su cartoncini rossi ogni bambino scrive cosa gli fa più rabbia di ciò che succedein classe, come reagisce quando si arrabbia e cosa gli da fastidio delle reazionidegli altri. Il cartoncino rosso con le informazioni sulla rabbia viene messo daparte. Due giorni dopo le altre insegnanti riprendono i cartoncini rossi e partendoda cosa dà fastidio ai bambini, consegnano loro i cartellini gialli, e li esortano ascrivere cosa ognuno di loro vuole fare per migliorare il clima della classe. Ilgiallo serve a dimostrare l'energia con cui la classe intera vuole impegnarsi astare meglio assieme. È importante che la pedagogista avvii il lavoro, ma poisappia ritornare dietro le quinte per non delegittimare le insegnanti e non porsi inrivalità con loro

• Per accogliere e rispondere alle espressioni di voglia di fare e capacità dicooperazione dei bambini si introduce e comincia l'elaborazione del librettopersonale delle competenze dei bambini. I bambini ricevono un foglioprotocollo, con la consegna di decorarlo con questo titolo ed il loro nome. Laseconda consegna: i bambini possono se vogliono far vedere cosa hanno scritto,ma se non lo desiderano, possono tenerlo anche per sé e parlarne separatamentecon gli insegnanti. È importante aiutare l'insegnante a lasciare tempo al bambinodi prendere il coraggio di parlarle, per confidare una propria incomprensionepersonale o delle aspettative (molto spesso reciproche!).

• I colloqui singoli tra la pedagogista e le insegnanti sono necessari laddove nelteam ci siano dinamiche di agiti dei singoli che vanno a inficiare il rapportodella singola insegnante con la classe oppure con alcuni dei suoi membri oppurei rapporti delle insegnanti tra loro. Servono a chiarire le posizioni e scoprireinsieme dinamiche distruttive e ansiogene di comportamento.

• La supervisione a tutto il gruppo insegnanti può cominciare, previa unariunione di mediazione, tra chi è coinvolto in dinamiche ostacolanti lacooperazione in team. Qui è importante che la pedagogista lavori per ottenere il

consenso comune di tutto il team docente sulla necessità di offrire alla classe unaleadership educativa composta da accoglienza e risposta nel rispettodell'individualità del singolo docente, con i suoi valori, back-groundprofessionale etc...

• Successivamente per aiutare le figure insegnanti nella gestione di unasituazione particolarmente difficile si lavora in gruppo ad una scheda cheesamina le seguenti variabili: Bambino/Evento/Cosa penso/Cosa sento/Come agisco. Questo lavoro, che duradue sedute e viene eseguito in gruppo su casi particolarmente ambivalenti, rendechiare a tutti le/gli insegnanti la dinamica che si instaura tra loro ed il bambino inquestione e fa scoprire loro anche le diversità di percezione tra gli uni e gli altri,allargando così il loro orizzonte emozionale sul singolo alunno ed ,in alcuni casimettendo in luce aspetti del suo carattere non ancora visti e valorizzati,rasserenando oppure rendendo più complessa la relazione, ma soprattuttovalorizzando lo sforzo autentico di tutto il team docente in quel momentoimpegnato nella costituzione di una relazione

• educativa emozionalmente autentica ed accettante del confronto richiesto da

alcuni alunni in situazioni emotive critiche.

• Si procede quindi ad un'ulteriore incontro con i bambini e le insegnanti inclasse e si propone ai bambini di compilare schede autovalutative delle loroprestazioni nelle aree logico-matematica, lingua straniera, religione e linguistica.Si chiede ai bambini in parole semplici una valutazione del loro rapportoemozionale con gli/le insegnanti. A seguito di questa attività alcuni bambinipossono avere brevi colloqui a tu per tu con le insegnanti. Da quel momento inpoi le insegnanti sono più coinvolte in un dialogo emozionale attivo ed in unarelazione reciproca con diversi singoli. Lo scambio su queste esperienze siintensifica ed il team si consiglia. Le insegnanti possono scegliere di adottare dipropria scelta una diario di classe, nel quale annotano conflitti, successi edifficoltà con singoli alunni. Di ora in ora tutto il team è al corrente di cosaavviene nella classe e accoglie la classe, contenendone le ondate emozionali. Laclasse collabora attivamente a queste sessioni, esprime energicamente ildesiderio di cambiare qualcosa nel modo di stare insieme. Il successo di questotipo di intervento sta nell'apertura dell'adulto al desiderio del bambino, non soloassecondandolo, ma ascoltandolo e rispondendogli con serietà: per esempiodicendo anche quello che come insegnante egli o ella non sarà in grado di

realizzare o accettare dal bambino, ponendo quindi limiti autentici, che ilbambino possa riconoscere.

• Presentazione di un questionario di indagine sugli stili cognitivi degli alunnisulle attività di apprendimento predilette dai singoli. Realizzazione guidata diuna valutazione degli stili cognitivi predominanti degli alunni e incitamento asupportare i bambini ,che esprimono chiaramente il desiderio di approfondirealcune attività. Durante le lezioni poi le insegnanti possono verbalizzare esegnalare ai bambini che l'attività che segue riguarda una loro particolarecapacità, rinforzando i singoli nella propria motivazione oppure sostenendoliquando si troveranno davanti compiti in cui vengono fuori i loro punti deboli

• Partecipazione alle riunioni con i genitori con ruolo esplicativo del mondoemozionale vissuto in classe e richiesta di cooperazione là dove necessario acontenere forti emozioni di eventuale rabbia o abbandono.

Questo il lavoro realizzato in "una classe difficile".

L'esperienza ci ha mostrato che questo modo di procedere ha scongiurato ilcollassare del gruppo classe in demotivazione e rassegnazione. Al contrarioquesto percorso ha significato un anno di crescita per tutti i bambini ed i loroinsegnanti. Le insegnanti hanno riflesso ai genitori uno spirito curioso ed attentoai bisogni dei loro figli, cosa che ha suscitato sia ringraziamenti ma anche dubbie ripensamenti in adulti abituati a vedere la scuola come il tribunale dellariuscita della propria educazione. Alcuni silenzi genitoriali hanno lasciatoaddirittura trasparire stupore per lo sviluppo percorso da tutto il gruppo (alunnied insegnanti).

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form@re » Blog Archive » Osservazionein classe e videoriprese come strumentiper lo sviluppo professionale dei docenti ela ricerca didattica. Note di metodo suun’esperienza in corso nella Provincia diBolzano

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I/le formatori/trici della formazioneprofessionale in lingua italiana dellaProvincia Autonoma di Bolzano che, dopoalcuni anni di servizio, vengono ammessi alcorso che li abilita all’insegnamento sonoabituati alla pratica della visita in aula daparte di una commissione di valutazione,composta dal dirigente della scuola

professionale in cui operano e da duedocenti esperti. Il fatto però che questa visitaassuma una valenza valutativa rischia diridurne le potenzialità in ordine almiglioramento professionale. In realtà, lavisita in aula può costituire un’importanteoccasione di riflessione, utile per ilmiglioramento e lo sviluppo professionaledei docenti, ma anche per la ricercadidattica. Il presente contributo illustral’impianto metodologico di un progetto diricerca-intervento, che chi scrive hacondotto con un gruppo di docenti dellaformazione professionale della Provincia.Avviato come supporto formativo ai 26docenti che stavano seguendo il corsoabilitante nell’anno scolastico 2010-11, ilprogetto si è sviluppato contemporaneamente

anche nel senso della ricerca, con il ricorsoal metodo della videoripresa di pratichedidattiche (Rook e MacDonald, 2011;Goldman et al., 2009) e dell’analisi diracconti di pratica professionale (Tacconi,2011). La visita in aula per l’osservazione diuna lezione, la videoripresa di una lezione ela costruzione di ulteriori narrazioni di taleevento sono infatti dispositivi che possonoben coniugare le istanze della formazione edella ricerca. Per i docenti l’analisi dellavideoregistrazione di una lezione,singolarmente o in gruppo, può rappresentareuna preziosa esperienza formativa: il videopermette di vedersi e di ascoltarsi, ancheripetutamente, di osservare l’atmosferacomplessiva della classe e le reazioni degliallievi alle proprie azioni di insegnamento;

analizzando sul video le dinamiche deisingoli e della classe, un insegnante puòriflettere sulla propria pratica e identificarele strategie e le tecniche che meglio hannofunzionato e quelle che invece hanno bisognodi essere riviste o modificate.L’osservazione in aula e la videoripresapossono costituire anche utili tecniche diraccolta dati per la ricercasull’insegnamento, non solo quella diapproccio sperimentale, basata sull’uso dimodelli e griglie di osservazione, ma anchequella di taglio qualitativo, fondatasull’approccio dell’analisi di pratiche(Laneve, 2005; Damiano, 2006; Mortari,2010; Tacconi, 2011), che intenda mettere inparola il sapere sull’insegnamento che gliinsegnanti sviluppano nella loro esperienza e

il senso che essi stessi danno a tale pratica.È proprio in questa cornice epistemologicache si inserisce il progetto di cui qui diseguito viene descritta l’articolazionemetodologica.Per rendere la visita in aula un’esperienzasignificativa per i docenti e facilitare lariflessione, era innanzitutto necessariocostruire un clima di reciproca fiducia. Èstato dunque importante poter innestare ilprogetto di ricerca nell’ambito del corsoabilitante. Era nostro intento collocare lavisita in aula all’interno di un percorso chefacesse acquisire familiarità con lenarrazioni di pratica e facesse diventareproprio la visita un momento importante perla costruzione di narrazioni densedell’evento didattico. Per questo, abbiamo

dedicato alcuni moduli formativi a illustraree a sperimentare in aula un approccionarrativo alla ricerca didattica. In un primomodulo, della durata di otto ore, sono statipresentati ai docenti alcuni brani tratti datesti di insegnanti scrittori (Starnone, 1995;Fiori, 2003; McCourth, 2006), accompagnatida uno stimolo riflessivo che guidasse adanalizzare il brano stesso e a creare unracconto libero di episodi analoghi, trattidalla propria esperienza. In questo primoincontro non si trattava di raccogliere dati,ma di costruire un clima di fiducia e dipresentare l’approccio facendone gustareuna prima diretta esperienza. Durante ilsecondo modulo, si sono innanzituttoproposti ai docenti alcuni esempi di buonenarrazioni di pratica, anche qui con l’invito

ad analizzare i testi e a evidenziarne leprincipali caratteristiche (concretezza,ricchezza di dettagli, frequente ricorso aldiscorso diretto, intensità emotiva, ecc.). Lacostruzione di un racconto personale èavvenuta poi in risposta alla seguenteconsegna: «Racconta un episodio in cui haiavuto anche tu la percezione che una tuapratica didattica avesse concretamentecontribuito a far cadere l’opaco dagli occhidei tuoi allievi…». Ciascun docente venivain un primo momento invitato a generare unabbozzo scritto del proprio racconto. In unsecondo momento, chi desiderava potevaraccontare agli altri il proprio racconto eprecisarlo, anche sollecitato dalle lorodomande. Solo dopo la conclusione delmodulo, i docenti venivano invitati a

riscrivere il proprio racconto e a inviarlo alricercatore. Nel terzo modulo, dopo unacondivisione sull’esperienza della scrittura,è stato presentato ai docenti un testo con laraccolta di tutti i racconti generati nella faseprecedente. La consegna, questa volta era diindividuare, attraverso un processo dianalisi dei testi, gli «elementi che hannoinciso sulla qualità delle azioni didattiche eche, nelle situazioni narrate, hanno fatto ladifferenza». In seguito, si è attivato unconfronto tra gli elementi emersi nell’analisi,dal basso, e la griglia di indicatori utilizzatain Provincia nelle procedure di valutazionedei docenti basate sulla visita in aula. Ne èemersa la raccolta di indicatori cheriportiamo nella tabella seguente.La lezione si aggancia a ciò che è stato

appreso prima;Le informazioni vengono presentate in modostrutturato;Il docente si esprime in modo chiaro ecomprensibile;I termini tecnici vengono definiti;Le consegne di lavoro sono formulate inmodo preciso e agli allievi risulta chiarocosa è loro chiesto di fare;Il tempo a disposizione per le varie attivitàè adeguato.2. Orientamento agli obiettiviLa lezione si orienta a obiettivi indicati nelprogetto del corso;Gli obiettivi a cui si tende vengonoformulati in modo chiaro;Il docente fa emergere le connessioni

interne all’area disciplinare e quelleesistenti con altri campi di esperienza;La lezione consente di operare connessionitra i saperi e l’ambito professionale.Il docente sa agganciare l’orizzonte diesperienza e/o gli interessi degli allievi;Il docente riesce a rendere gli allieviconsapevoli del senso che la lezione puòavere;Le consegne di lavoro sono articolate echiare;Il docente rinforza i progressi individualicon un corretto utilizzo della lode e coninterventi incoraggianti;Il docente si dimostra egli/ella stesso/ainteressato/a agli obiettivi indicati e ai temitrattati.

4. Variabilità delle modalità didatticheVengono utilizzate diverse metodologie (adesempio, lezione dialogata, lavoro perprogetti, lavoro libero…);I metodi di insegnamento variano a secondadegli obiettivi;Si utilizzano anche – con attenzione all’etàdegli allievi – modalità di lavoro specificheper la disciplina;Nelle fasi di lavoro cooperativo, gli allieviapprendono gli uni dagli altri.5. Apprendimento autonomoGli allievi hanno l'opportunità di sviluppare(o di esercitarsi in) competenze disciplinarie/o metodologiche;Gli allievi hanno l'opportunità di sviluppare(o di esercitarsi in) competenze personalie/o sociali;

Gli allievi ricevono stimoli per riflettere sue migliorare le proprie strategie diapprendimento;Gli allievi hanno l’opportunità disviluppare (o di esercitarsi in) competenzenell’utilizzo di tecnologie digitali.6. Supporto individualizzatoIl docente offre un aiuto a quegli allievi chenon capiscono o non riescono a fare quantorichiesto;Il docente non guarda solo i risultati diapprendimento ma anche i progressi e ledifficoltà che gli allievi manifestano;Il docente formula consegne di lavorodifferenti in base alle potenzialità e/o agliinteressi degli allievi;Gli errori degli allievi vengono utilizzati

costruttivamente per favorireapprendimento.La lezione si basa su un sistema di regolenegoziate, che aiuta a bloccare sul nascereeventuali comportamenti disturbanti;Il docente si preoccupa di utilizzare inmodo effettivo il tempo (puntualità, assenzadi tempi morti);Il docente fa riferimento a una chiarapianificazione, ma riesce a essere flessibilein base agli spunti che vengono dagli allievio dalla situazione.Il docente assume e promuove unatteggiamento positivo nei confrontidell’apprendimento e delle cose da fare;Le relazioni tra docente e allievi sonoserene e non denotate da paura;Gli allievi si rapportano tra di loro con

reciproco rispetto;

Il modo di parlare del docente è amichevolee valorizzante;Tutti gli allievi vengono coinvoltinell’attività didattica.9. Verifica e controllo dell'apprendimentoLe consegne di lavoro si pongono a unadeguato livello di richiesta (né troppo altoné troppo basso);Gli allievi imparano ad applicare il lorosapere a diversi campi;La lezione prevede dei momenti diesercitazione;La lezione prevede momenti in cui gliallievi producono e presentano delle sintesidi quanto fatto;Viene verificato il raggiungimento degli

obiettivi specifici di apprendimento;I compiti per casa (se presenti) vengonocontrollati e discussi.Dopo la fase di preparazione e dipianificazione, siamo passati alla fase direalizzazione delle visite stesse, in unperiodo che va da novembre 2010 a gennaio2011. L’incontro con il/la docente chesarebbe stato osservato avveniva alcuniminuti prima della visita in aula e serviva amettere il/la docente a proprio agio. Nellamaggior parte dei casi, abbiamo collocato lavideocamera su un cavalletto fisso, posto sulfondo dell’aula, rivolta al docente, con gliallievi ripresi di spalle. Le diverse tipologiedi lezione o i vari momenti in cui eraarticolata una lezione hanno orientato adiscostarsi da questa collocazione della

videocamera ogni volta che lo si è ritenutoopportuno per meglio afferrare la dinamicaattivata dal docente. All’inizio, latelecamera generava spesso un po’ diimbarazzo nel docente, meno frequentementenegli allievi, ma questa fase veniva prestosuperata e l’attenzione si concentravasull’azione di insegnamento. L’osservatore,sempre accompagnato dal tecnico, dopo unabreve presentazione agli allievi, assicuravain aula una presenza discreta, collocandosiin un angolo che gli facesse guadagnare unavisuale completa sul gruppo. Libero dallapreoccupazione di seguire gli aspetti tecnicidella videoripresa, poteva concentrarsi sullastesura di vere e proprie note di campo. Si èproceduto disegnando innanzitutto una piantadell’aula con l’indicazione dei banchi,

riportando, in corrispondenza dei posti, inomi degli/delle allievi/e, via via chevenivano pronunciati dal docente, che liinterpellava, o dai/dalle compagni/e. Ainostri appunti aggiungevamo qualchenotazione sul contesto fisico (disposizionedegli arredi nello spazio, attrezzature, paretiecc.). Inoltre, cercavamo di annotare concura e ricchezza di dettagli le azioni deldocente (la focalizzazione della ricerca eraproprio su questo) e degli allievi, gliaccadimenti imprevisti e alcuni frammentidell’interazione tra docente e allievi/e odegli/delle allievi/e tra loro. L’obiettivo eradi avere a disposizione del materiale riccoda utilizzare nel colloquio con il singolodocente, che avrebbe seguitoimmediatamente la visita, ma anche delle

note attraverso le quali poter poi costruireuna «descrizione densa» dell’eventodidattico. L’uso di due penne, di colorediverso, ci consentiva di distinguere lenotazioni descrittive da eventuali noteriflessive e commenti del ricercatore.Ciascuna visita in aula da parte di un espertoè stata seguita da un colloquio con ildocente, della durata di circa un’ora, perriflettere a caldo sulla lezione. Il colloquioprendeva avvio da una condivisione diimpressioni generali rispetto all’andamentodella lezione: «Come ti sembra sia andata lalezione? Che cosa è andato bene? Che cosa èandato meno bene?». A questo primoscambio, seguiva l’evidenziazione da partedell’esperto dei punti di forza della lezione,di quegli elementi cioè che avevano

funzionato, che erano risultati efficaci, nelsenso che, ad esempio, avevano attivatol’attenzione degli allievi e il lorocoinvolgimento. Spesso era proprio losguardo dell’esperto che aiutava i singolidocenti a identificare i punti dimiglioramento possibile, ma anche i punti diforza, riducendo la tendenza di diversi diloro a essere ipercritici con se stessi. Per loscambio, l’esperto poteva attingere alle suenote. Una particolare attenzione è statadedicata all’utilizzo di un registrodescrittivo, (ad esempio: «Ho notato chequando hai fatto questo, quel ragazzo si ègirato e ha rivolto lo sguardo verso di te»,) enon valutativo. Spesso il colloquioindividuale con il docente offrivaindicazioni rispetto alla situazione specifica

di alcuni/e allievi/e o a eventi pregressi,oppure consentiva di far luce su aspetti nonimmediatamente visibili (emozioni eprocessi di pensiero del docente) durante lavisita. Per questo l’esperto continuava,durante il colloquio, ad annotare sul proprioquaderno tali elementi e le sue riflessioni.Una prima forma di analisi che abbiamosuggerito era quella che poteva esserecondotta a partire dalla griglia di indicatoridi qualità dell’azione didattica che avevamoelaborato insieme nelle fasi precedenti delpercorso (si veda la Tabella 1) o di altregriglie strutturate che avevamo fornito(Gross Davis, 2009). La riflessione a partireda griglie, cioè da un modello di azionedidattica che guidi nell’analisi, di per sécongruente con approcci di ricerca di tipo

sperimentale, è stata qui proposta in unaprospettiva di formazione, più che in unaprospettiva di ricerca. Risultava infatti utilestimolare negli insegnanti una riflessione sulproprio agire che fosse compatibile con itempi ristretti normalmente a disposizione efornisse loro strumenti per prepararsi allavisita da parte della commissione divalutazione. Abbiamo poi suggerito difocalizzare l’analisi su alcuni aspettispecifici o singoli elementi della griglia: lastruttura o articolazione complessiva dellalezione, il clima nella classe, il modo dipresentare i contenuti, il modo di porredomande e il tipo di domande poste, lerisposte alle domande degli allievi o icommenti ai loro interventi, gli aspetti nonverbali della comunicazione (da cogliere

magari provando ad analizzare il videosenza l’audio) ecc. In particolare abbiamosuggerito di soffermarsi nell’analisi di ciòche avevano fatto bene.I video possono essere utilizzati anche comespunto di partenza per un confrontointersoggettivo. A questo sono stati dedicati imoduli successivi alla visita in aula, svoltisitra gennaio e maggio 2011. Un primo moduloè stato impostato come riflessionesull’esperienza della visita (sensazioni,emozioni, pensieri, guadagni conoscitiviecc.), a partire da una condivisione deimateriali elaborati. In quella sede sono statianalizzati anche i canovacci delle lezioni,individuandone punti di forza e punti didebolezza e generando, a partire da essi, unrepertorio di modalità e formati, più o meno

strutturati, per gestire la progettazione di unalezione. Un secondo modulo è stato dedicatoa focalizzare la riflessione sulle dinamichedi gestione del gruppo classe, a partiredall’analisi condivisa di alcuni spezzoni divideo. Nel terzo modulo la riflessione è stataorientata sulle «consegne di lavoro» e icompiti di apprendimento, sempre a partiredall’analisi di alcuni spezzoni di video. Nelquarto modulo abbiamo portato l’attenzionedei docenti sul dare e ricevere feedback,nella prospettiva di stimolare il ricorso avisite reciproche (reciprocal review), ancheal di là del corso di abilitazione. Di ognivideo abbiamo proiettato in aula i primidieci minuti, stimolando i partecipanti aformulare un feedback al/alla collega eragionando poi, attraverso una meta-

riflessione, sulle regole del dare e riceverefeedback. Un ultimo modulo è stato dedicatoa una ricostruzione cognitiva di tutto ilpercorso, a una prima restituzionecomplessiva dei risultati che andavanoemergendo e a una valutazione condivisa sulsignificato che l’esperienza aveva assuntoper ciascuno.A questo punto avevamo a disposizione trefonti relative a uno stesso evento: il raccontodel docente, il racconto del ricercatore e ilvideo della lezione. Anche la videoripresarappresenta infatti una narrazione, assume unpunto di vista, coglie alcuni aspetti e nelascia in ombra altri. A partire da questimateriali, procedendo un po’ come fanno glistorici, che si trovano a intrecciare tra lorodiverse fonti, abbiamo costruito un ulteriore

racconto, attraverso successivi aggiustamentie integrazioni, tenendo sempre gli occhiaperti sulla storia e cercando di seguirne latrama (plot) con sensibilità ermeneutica. Cisoffermavamo in particolare su queglielementi rispetto ai quali le ricostruzioninarrative divergevano. In questi casi, ilricorso al video, come ulteriore versione delracconto, ci consentiva di integrare i varipunti di vista. Rivedere più volte ilmateriale girato ci permetteva inoltre dicogliere la rilevanza di aspetti che, a unaprima visione, ci erano sembrati pocointeressanti e trascurabili. Tali racconti,ancora in fase di ultima redazione, verrannopresto inviati ai docenti per essere da lorovalidati e integrati in un lavoro che siconfigura come un vero e proprio esercizio

di co-writing. Saranno proprio questi i testida cui partire per un’ulteriore analisi dellepratiche che della pratica didattica porti acostruire una teoria dal basso (grouded).Sul versante della formazione, possiamoaffermare che il percorso ha prodotto neidocenti un aumento di riflessività e diconsapevolezza rispetto alle variedimensioni implicate nella pratica e unacrescita del repertorio di strategie estrumenti a disposizione della comunitàprofessionale. Lo attestano in particolare ifeedback dei docenti e la qualità dellescritture riflessive inserite nel portfolio. Unincontro con i dirigenti e i membri dellecommissioni di valutazione ha permesso poidi cogliere anche un miglioramento del climacomplessivo all’interno delle singole realtà

scolastiche di provenienza, legato soprattuttodall’aumento di fiducia reciproca che lacondivisione di storie e il coinvolgimento inprocessi di visita reciproca richiedono einsieme generano. Anche sul versante dellaricerca, nonostante la criticità costituitadalla difficoltà di governare un processocosì complesso e di armonizzare i tempirichiesti dalla ricerca con i tempi stabilitidel percorso formativo, i guadagni sono statie si prospettano essere piuttosto consistenti.Un primo significativo prodotto è costituitodai racconti stessi, nella loro pluralità diversioni, espressione di una molteplicità disguardi e possibili fonti di riflessioniulteriori proprio a partire dalla lorodiversità. L’analisi fenomenologica dei testiè ancora da completare e ai docenti che

hanno partecipato alla ricerca va ancorarestituita una narrazione complessiva cheattinga ai racconti co-costruiti nel processo eda essi si lasci legittimare. Un tema daapprofondire sarà però quello dell’effettivapossibilità di andare oltre la raccolta disingoli casi, per quanto emblematici eorganizzabili in categorie, e generare unateoria didattica che, pur consapevole dellapropria parzialità, possa dirsi utile esignificativa anche per altri soggetti, oltre aquelli coinvolti.

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