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Il Sole news - semestrale - Poste Italiane S.p.A - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (con. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 2, DCB Como IL SOLE NEWS n. 33 - dicembre 2011

IL SOLE NEWS - Un futuro per tutti i bambini · fondi promessi, ritardi nei versamenti ed aumento dell’incidenza dei costi di struttura. ... La casa del Sole 27 ... Continua a crescere

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IL SOLE NEWSn. 33 - dicembre 2011

IL SOLE NEWSPeriodico di solidarietà mondiale che racconta e rendiconta le attività in corso in Italia e nel Sud del mondo de Il Sole - Associazione per la cooperazione internazionale e le adozioni a distanza Onlus

Direttore responsabileElena Scarrone

Sede e contatti della direzionevia L. Leoni 2022100 ComoTel. [email protected]

StampaTipografia Banfivia dei Mulini 2522100 Como

Fotografie Archivio Il Sole Onlus

RedazioneElisabetta Maccioni, Greta Pini, Francesca Pozzi, Diego Roncoroni

Hanno collaborato in questo numero:Martina Bianchi, Alessandra Bonanomi, Diego Rizza, Fabio Ronchetti, Elena Scarrone, Maria Spinelli, Vittorio Villa

RegistrazioneTribunale di Comon. 21/2000 del 8/09/2000

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EDITORIALE

IL Sole Onlus ha sempre operato, e continua a farlo, cercando di fare in modo che i fondi prove-nienti dalle donazioni raccolte vengano utilizzati al meglio.Per farlo è necessario conciliare l’esigenza di avere una struttura operativa che abbia il minor

costo possibile con quella di avere uno staff che abbia la professionalità necessaria a gestire nel mi-gliore dei modi i fondi disponibili. Per farlo è necessario determinare quali siano le reali necessità dei bambini e delle loro famiglie nelle specifiche realtà locali, valutare accuratamente i costi da soppor-tare per affrontare lo specifico problema, organizzare la realizzazione del progetto, controllare che lo stesso venga portato a termine nei tempi e con i costi previsti verificando l’operato delle organizzazio-ni locali, riferire adeguatamente ai donatori i risultati ottenuti per poter dimostrare il raggiungimento degli obiettivi previsti e motivarli a continuare a sostenerci.Questo equilibrio tra bassi costi ed elevata professionalità è molto instabile e si confronta continua-mente con la realtà quotidiana dell’Associazione.Fino ad ora Il Sole Onlus ha saputo gestire bene queste esigenze garantendo il mantenimento di un ottimale rapporto tra fondi raccolti e costi. Recentemente l’Istituto Italiano della Donazione ha con-fermato la bontà del nostro lavoro concedendo la sua certificazione alla nostra Associazione. In questi mesi la situazione economica generale, e soprattutto la forte diminuzione dei fondi stanziati dai donatori istituzionali (Comunità Europea, Governo Italiano, Regioni, Province, Fondazioni Banca-rie ecc.) ha portato ad un sensibile calo dei fondi raccolti da quasi tutte le Ong di qualsiasi specifico settore si occupino. Per Il Sole Onlus questa situazione ha portato ad un calo di circa il 20% dei fondi raccolti nel 2011 rispetto all’anno precedente. Per i prossimi mesi le previsioni economiche globali fanno temere un ulteriore peggioramento della situazione con conseguente calo dei fondi a disposi-zione del terzo settore.Tradotto nella realtà quotidiana questo significa maggiori difficoltà a garantire ai vari beneficiari i fondi promessi, ritardi nei versamenti ed aumento dell’incidenza dei costi di struttura. Il Consiglio de Il Sole ha messo allo studio una serie di iniziative volte al ristabilimento del controllo dei costi in rapporto alla situazione attuale. La prima di queste decisioni è stata quella di trasferire al più presto gli uffici presso una sede di minori dimensioni che permetta un risparmio di alcune migliaia di euro all’anno. Altre misure verranno prese a breve in funzione dell’evoluzione della situazione. In questo contesto è doveroso il riconoscimento della notevole abnegazione dello staff che opera al meglio in condizioni molto difficili.A Voi amici e sostenitori chiediamo di aiutarci in questo difficile compito contribuendo per quanto possibile alle nostre iniziative e, soprattutto, invitando amici e conoscenti a farlo. La ricchezza de Il Sole Onlus sono i suoi donatori. Quello che offre è la garanzia di non sprecare nemmeno un euro di quanto raccolto. Chi ci conosce da anni può confermarlo. Abbiamo tutte le potenzialità per rafforzarci ancora di più. Abbiamo bisogno soprattutto di tanti ambasciatori del nostro messaggio.

DIEGO RONCORONIConsigliere Il Sole Onlus

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INDICE

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Editoriale 3

Notizie dal mondo 5

Focus sui PaesiITALIA - La solidarietà ai tempi della crisi 10Gli europei e l’aiuto allo sviluppo 11Crisi silenziose 14DARFUR - Guerre dimenticate 14

Gli impegni de Il Sole ETIOPIA - In viaggio in Etiopia 16ETIOPIA - Fiori che rinascono 19MONDO - Preziosi, ma non con prezzo 20ITALIA - E poi arrivi a Marsala 21ITALIA - Conosciamo il Burkina Faso 22ITALIA - Regalo inaspettato 24

Diari di missioneBENIN - La casa del Sole 27INDIA - Passaggio in India 29ETIOPIA - Wintana 30ETIOPIA - Matrimoni all’Etiope 31ECUADOR - Missione di monitoraggio 32

Calendario eventi 34

Cosa stiamo facendo 36

Letture consigliate 38

NOTIZIE DAL MONDO

Otto milioni di minori spariti nel 2011

3 Novembre 2011

Secondo i dati diffusi da Telefono Azzurro e Icmec Otto milioni di bambini spariranno nel nulla nel 2011. Piccoli destinati a diventare fantasmi, a non fare più ritorno nelle loro case, ammesso che ne abbiano una. La stima, dell’International Centre for Missing and Exploited Children, è solo uno dei numeri da brivido presentati a Roma, al Forum internazionale voluto da Telefono Azzurro e dal Icmec, in collaborazione con l’ospedale pediatri-co Bambino Gesù e con la Mayo Clinic. Bambini fantasmi, dunque, ma anche vittime di violenza nella spirale dell’infanzia violata. Il 10-20% dei piccoli e degli adolescenti europei, dunque fino a uno su cinque, rischia di essere vittima di un abuso sessuale. Numeri destinati a salire nei Paesi a basso e medio reddito, dove l’86% dei bimbi tra i 2 e i 14 anni subisce violenze fisiche o psicologiche da parte di uno dei genitori o di altre figure familiari, mentre due su tre sono soggetti a gravi punizioni fisiche. Il dossier 2011 del Centro Studi di Telefono Azzurro, mostra che negli Usa ogni 5 ore un bambino muore vittima di abusi e maltrattamenti. Ogni settimana nel mondo occidentale muoiono 66 bimbi sotto i 15 anni d’età per abusi fisici o maltrattamenti, 27 dei quali negli States. E sono i più piccoli a rischiare di più: quelli sotto l’anno di età corrono maggiori pericoli di essere uccisi ed è nove volte più probabile che siano vittime di abusi mortali o vengano gravemente feriti. Più fragili, poi, i bambini con disabilità, che hanno una probabilità due o tre volte superiore di essere vittime di crimini violenti rispetto agli adulti.Fonte: Vita.it

INDIA

Ricchi premi per schiaffi a mariti21 novembre 2011

L’indiano The Telegraph riferisce dell’interessante programma di incentivi promosso da T.G. Venkatesh, Ministro di Stato dell’Andhra Pradesh, nell’India centro-orientale, che offre premi in contanti a donne disposte a picchiare i mariti in pubblico. Il programma paga infatti una “taglia” di mille rupie (poco meno di €15) la sberla – fino a un totale di dieci - alle signore che schiaffeggiano gli sposi abusivi o alcolizzati davanti a testimoni. Secondo Venkatesh, l’iniziativa - che finora avrebbe premiato 210 mogli irritate - dovrebbe non solo ridurre l’ubriachezza e la violenza domestica, ma restituire la dignità alle donne maltrattate. “Quando l’avrete fatto”, il Ministro ha spiegato al pubblico femminile durante un recente comizio, “i vostri mariti torneranno a casa presto anziché uscire a bere, vi rispetteranno di più e passeranno più tempo in famiglia”. Fonte: Corrispondenti.net

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La pesante eredità delle bambine Dommara: costrette a prostituirsi per mantenere la famiglia20 novembre 2011

Hyderabad - In occasione della Giornata Universale del Bambino, che si celebra in tutto il mondo domenica 20 novembre, l’organizzazione cattolica spagnola Manos Unidas ha voluto ricordare il dramma delle bambine della comunità Dommara, che vivono nello stato dell’Andhra Pradesh, in India. Le bambine Dommara appartengono ai Dom, una sottocasta diffusa in tutto il paese con nomi diversi, che parla il tegulu e vive raggruppata in piccoli insediamenti alla periferia delle città, agli snodi ferroviari o ai bordi delle strade, disprezzata dal resto della società. Non hanno nessun tipo di riconoscimento sociale nè costituzionale, come quelli degli appartenenti a qualsiasi altra casta. La maggior parte della bambine, come le loro mamme e le loro nonne, sono costrette a fare della prostituzione l’unico mezzo di sopravvivenza per l’intera famiglia. Secondo la tradizione infatti, gli uomini della comunità non lavorano e sono mantenuti dalle mogli. L’ozio e la mancanza di opportunità alimentano tra questi il consumo eccessivo di alcool. Quello della prostituzione è un fenomeno molto radicato in questa comunità e impedisce alle donne di uscire dal circolo della povertà e dell’emarginazione. L’indice di abbandono scolastico è molto alto. Si moltiplicano le malattie trasmesse sessualmente e il contagio di Hiv. La violenza nelle famiglie e l’abuso dei minori è all’ordine del giorno. Inoltre, la miseria, la discriminazione, la mancanza di formazione e l’abbandono hanno trasformato il traffico di minori in un affare lucrativo.Fonte: Agenzia Fides

Continua a crescere in India il prezzo del cibo3 novembre 2011

In una settimana l’aumento è stato del 121,21% rispetto all’anno passato e dello 0,8% rispetto alla settimana precedente. I maggiori prezzi rafforzano l’inflazione, che rischia di superare la crescita economica del Paese. Il 25 ottobre, la banca centrale ha aumentato il tasso di sconto per la 13ma volta da marzo 2010. Cresce in India il prezzo dei cibi. Malgrado la politica di stretta creditizia portata avanti dalla centrale Reserve Bank of India (Rbi), infatti, l’indice dei prezzi all’ingrosso dei beni alimentari segna nella settimana dal 15 al 22 ottobre, un aumento del 12,21% rispetto all’anno passato, maggiore anche dell’11,43% registrato nella settimana prece-dente. Il dato segnalato è il più alto che si registra da gennaio, quando l’indice segnò un aumento del 12,9%. L’aumento, che su base settimanale sfiora lo 0,8%, è attribuito agli alti prezzi degli alimenti altamente proteici - come carne, pesce, uova – alle difficoltà di approvvigionamento e al cattivo sistema di distribuzione. La scarsità di infrastrutture, infine, rende spesso difficile trasportare le derrate alimentari e si calcola che il 40% della frutta e della verdura marcisca prima di arrivare sui banchi dei mercati. L’alto prezzo dei cibi preoccupa perché dà forza a un’inflazione che da 10 mesi è indicato al 9%, dato, quest’ultimo, che allarma anche perché supera la crescita economica, fissata per il 2011 intorno all’8%. La Rbi sta reagendo imponendo la crescita del costo del denaro. Un aumento del tasso dello 0,25% annunciato il 25 ottobre è stato il 13mo da marzo 2010. Fonte: Asianews.it

BENIN

Al via la campagna “Tutti i bambini a scuola”

7 ottobre 2011

Il governo del Benin ha lanciato la campagna nazionale 2011-2012 per la scolarizzazione. All’insegna dello slogan Tous les enfants à l’ecolé (Tutti i bambini a scuola), l’iniziativa è stata inaugurata ufficialmente con una

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cerimonia a Malanville, località a circa 700 chilometri a nord della capitale Cotonou.“Obiettivo principale della campagna”, si sostiene in un comunicato del ministero dell’Istruzione, “è far sì che genitori e opinion leader si impegnino concretamente su questo tema”. Per quest’anno scolastico, si legge nella nota, “si punta soprattutto a portare almeno al 60 per cento il tasso di scolarizzazione delle bambine”. Fonte: Agi.it

Repubblica del Congo, accordo con il Benin contro la tratta dei bambini

26 settembre 2011

La Repubblica del Congo e il Benin hanno siglato un accordo di cooperazione contro la tratta dei bambini. L’ac-cordo è stato siglato a Pointe Noire, capitale economica del paese, ma anche quella più investita dal fenomeno, tra il ministro degli Affari Sociali del Congo, Emilienne Raoul, e il suo omologo del Benin, Fatouma Amadou. I due paesi si impegnano attraverso lo scambio di informazioni continue e di un monitoraggio più stretto delle polizie di frontiere a fermare questo traffico. L’accordo, infine, prevede che esperti dei due paesi elaborino e adottino un piano di azione comune di lotta alla tratta dei bambini. Fonte: Agi.it

19 agosto: il Benin abolisce la pena di morte22 agosto 2011

È il 106° paese nel mondo e il 17° in Africa. Un provvedimento che è stato approvato a larghissima maggioranza dal Parlamento. Abolire la pena di morte in Benin. Una legge in tal senso è stata approvata dal Parlamento della nazione africana con 54 voti a favore, 5 contrari e 6 astensioni. Secondo gli osservatori politici di questa capitale, la stragrande maggioranza che si è pronunciata contro la pena capitale indica che il provvedimento presentato dal governo esprime un’esigenza sentita in tutto il Paese. Intervistato dalla tv pubblica, un rappresentante dell’opposizione, Lazard Sehoueto, del partito ‘L’Unione fa la Nazione’, ha infatti dichiarato ai media locali che “non si poteva non dire sì a un provvedimento che punta a promuovere la dignità umana e i diritti dell’uomo”Fonte: Vita.it

BURKINA FASO

Programma contro la mortalità infantile7 novembre 2011

Cinque Paesi del continente - Burkina Faso, Republica democratica del Congo, Zambia, Zimbabwe e Sierra Leone - beneficeranno di un sostegno di oltre 38 milioni di euro, erogati dal Canada, per lottare contro la mortalità di partorienti e neonati. Fonti vicine al ministero della Salute burkinabé hanno annunciato che gli esperti dei Paesi che usufruiranno dei fondi si metteranno “molto presto” all’opera per “procedere alla pianificazione operativa degli interventi e prendere accordi sui meccanismi di controllo”. Alle varie iniziative parteciperanno anche la Banca mondiale e organismi internazionali della galassia Onu, quali Unicef, Fondo delle nazioni unite per la popolazione, e Unaids. Fonte: Agi.it

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61 mln di euro per l’agricoltura nel 20124 novembre 2011

La Banca mondiale ha deciso di concedere al Burkina Faso un finanziamento a fondo perduto di un valore pari a circa 61 milioni di euro, che saranno utilizzati per l’attuazione di un programma di sostegno alle filiere agro-silvo-pastorale, da completarsi entro il 2012. L’iniziativa, hanno rilevato fonti della capitale burkinabe’, “punta alla crescita dei settori agricolo e pastorale, e alla riduzione della povertà tramite il potenziamento della competitività”. Punti forti del comparto agricolo del Burkina Faso sono le produzioni di manghi, cipolle, cotone, niebé, sesamo e mais. Fonte: Agi.it

ETIOPIA

Acqua e salute, nuovi interventi in Etiopia17 novembre 2011

Con la pubblicazione delle linee guida per la formulazione e la presentazione delle proposte delle Ong, parte la seconda fase dell’Iniziativa di emergenza della Dgcs in Etiopia, riguardante la riduzione del rischio nei settori Acqua, Igiene Ambientale e Salute. La Dgcs infatti, lo scorso 4 agosto 2011, visto il peggioramento della crisi in atto nel Paese e dopo l’appello del governo etiopico alla comunità internazionale per fornire assistenza umani-taria, ha approvato il rifinanziamento del fondo in loco dell’Iniziativa di emergenza Aid 9386 per un totale di 1,3 milioni di euro. L’obiettivo è consolidare i risultati ottenuti nell’ambito della prima fase dell’iniziativa, favorendo la ricerca di soluzioni sostenibili e durature. Il coordinamento, la facilitazione dei rapporti con le Autorità e con altre agenzie/organizzazioni operanti sul territorio, l’assistenza tecnica e il monitoraggio delle attività saranno assicurati dall’Ambasciata d’Italia ad Addis Abeba, dall’Utl e dagli esperti inviati dalla Dgcs. La nuova fase dell’iniziativa consentirà alla Cooperazione italiana di estendere il proprio raggio d’azione nel sud est. Le regioni interessate saranno Oromia, Regione Somala e Snnpr. Basti pensare che soprattutto nelle aree pastorali di que-ste regioni alla limitata disponibilità d’acqua, problema cronico in Etiopia, si sono aggiunte le conseguenze del fenomeno atmosferico della Niña, tra la fine del 2010 e il 2011, che hanno ulteriormente compromesso l’accesso e l’utilizzo di fonti di acqua sicura. In particolare, la nuova fase dell’iniziativa interesserà le popolazioni locali e rifugiate particolarmente colpite da condizioni ambientali e climatiche avverse e soggette al flusso migratorio dai Paesi limitrofi e mireranno a ridurre e prevenire il rischio di emergenza umanitaria nei settori dell’acqua e della salute, a migliorare la gestione delle risorse disponibili e a favorire la riduzione delle patologie legate all’acqua e alla malnutrizione infantile. Oltre ai settori principali, si interverrà anche sullo sviluppo delle risorse umane, sulla protezione di rifugiati e sfollati, sulla promozione della condizione femminile. Le azioni messe in atto mireranno al massimo coinvolgimento e alla collaborazione delle Autorità locali e ricercheranno la costru-zione di sinergie con altre organizzazioni sul territorio impegnate in interventi simili o complementari. Fonte: esteri.it

CAMBOGIA

Alla sbarra gli ultimi Khmer rossi. Giorno storico per la Cambogia21 novembre 2011

Rivive in un’aula di tribunale la macchina di morte dei Khmer rossi in Cambogia. A più di trent’anni di distanza. È iniziato a Phnom Penh il processo contro tre alti dirigenti del regime marxista totalitario che, tra il 1975 e il 1979, provocò oltre due milioni di morti in tutto il Paese, quasi un quarto della popolazione.

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Davanti ai giudici e agli occhi di centinaia di cambogiani che hanno affollato l’aula dell’udienza, così come ai molti incollati davanti alla televisione, è comparso Nuon Chea, 85 anni, il “fratello numero due”, braccio destro del “numero uno” Pol Pot, morto nel 1998 a 73 anni; ma anche l’ex capo di Stato di Kampucea democraticà, Khieu Samphan, 80 anni, nonchè l’allora ministro degli Esteri, Ieng Sary, 86 anni.Manca invece all’appello, Ieng Thirith, la first lady del sanguinario regime. La donna, che oggi ha 79 anni, la set-timana scorsa è stata dichiarata incapace di intendere e di volere dal tribunale anche se è tuttora sotto custo-dia, dopo l’appello presentato dalla procura. I tre esponenti del regime, che respingono ogni accusa, dovranno rispondere di genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità. Milioni di persone furono trasferite forzatamente in campi di lavoro disumani dove morirono di stenti tra violenze e crudeltà. «Il partito comunista di Kampuchea trasformò la Cambogia in un immenso campo di schiavi, imponendo a un’intera popolazione un sistema che ancora oggi è difficile da comprendere», ha sottolineato il procuratore nazionale, Chea Leang, puntando il dito contro le «insopportabili condizioni» nei campi di lavoro e contro «la crudeltà» dei trasferimenti forzati. «Crimi-ni tra i peggiori inflitti a una nazione nella storia moderna».«La loro colpevolezza - ha aggiunto il procuratore internazionale Adrew Cayley, riferendosi ai tre imputati - può essere provata senza che siano forniti ulteriori elementi». Il processo, in cui si sono costituite circa quattromila parti civili, è il secondo davanti a un tribunale internazionale. Nel luglio 2010 Kaing Guek Eav, conosciuto come il compagno Duch, responsabile del famigerato centro di tortura S-21, fu condannato a 30 anni di prigione per la morte di 15mila persone. Altri due dossier contro dirigenti di secondo piano potrebbero invece essere abban-donati. Il primo ministro Hun Sen si è sempre opposto a nuovi processi. L’alto commissario per i diritti dell’uomo dell’Onu, Navi Pillay, dal canto suo, oggi ha messo in guardia contro ogni tentativo di ingerenza e ha definito l’apertura del processo «un giorno storico per il popolo cambogiano».

A rischio l’alimentazione della popolazione colpita dalle gravi inondazioni17 novembre 2011

Le gravi inondazioni che hanno colpito la Cambogia hanno messo a serio rischio l’alimentazione della popo-lazione del paese. In 17 delle 24 province sono morte circa 300 persone e altre 34 mila sono state costrette a sfollare. Secondo il National Committee for Disaster Management (NCDM), sono andati distrutti circa 200 mila ettari di campi di riso, il 10% del raccolto dell’intero paese. Si stima che i danni, compresa la distruzione di oltre mille scuole e circa 2.400 chilometri di strade, abbiano superato quelli riportati dopo le inondazioni del 2000. Un terzo dei residenti di Chhoer Teal Plun Village, nella provincia di Kratie, a nordest, ha perso gran parte di tutto il raccolto di riso. Si prevede che i sacchi contenenti 20 chili di riso, donati dalla Croce Rosa alle famiglie colpite, dureranno una settimana e che la gente avrà presto bisogno di acquistare cibo a credito. Secondo il NCDM, hanno ricevuto aiuti circa 80 mila famiglie, ma ci sono alcune province ancora molto penalizzate dove non sono ancora arrivati soccorsi, come ad esempio in quella sudorientale di Prey Vey. L’impatto a lungo termine delle inondazioni rimane incerto. Il ministero dell’Agricoltura afferma che prevede di distribuire semi di riso alle comunità colpite per compensare le perdite dei raccolti andati distrutti. Queste inondazioni, inoltre, hanno prolungato la stagione della febbre emorragica dengue, a causa della quale, nei primi 9 mesi di quest’anno, sono morti 54 bambini rispetto ai 28 del 2010. Le epidemie di dengue sono alimentate dalle forti piogge che forma-no piscine di acqua e fanno da ricettacolo per le uova del mosquito vettore della malattia. Altri rischi sanitari associati con le inondazioni includono le malattie causate dall’acqua inquinata, come infezioni respiratorie e morbillo, in seguito ai danni riportati alle strutture e ai servizi igienici. Le Nazioni Unite insieme ad altre ong si stanno organizzando per fornire compresse per purificare l’acqua, filtri per l’acqua in ceramica e taniche per lo stoccaggio dell’acqua potabile.Fonte: Agenzia Fides

Segui gli aggiornamenti sul nostro sito www.ilsole.org nella sezione “News dai Paesi”

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FOCUS SUI PAESI

ITALIAIn un momento di crisi economica ha senso investire soldi, energie e tempo nella solidarietà internazionale?La solidarietà ai tempi della crisi

Siamo immersi quotidianamente in una situazione sempre più difficile che tocca sempre di più noi, i nostri familiari ed i no-

stri amici. In queste condizioni ha ancora senso investire soldi, energie e tempo nella solidarietà internazionale? Non sarebbe più ragionevole occuparci del cugino in cassa integrazione o del vicino di casa a cui è stata tagliata l’assistenza domiciliare?La risposta ad una domanda del genere richiede di ripensare dall’inizio alle motivazioni di quello che facciamo come Associazione e come Dona-tori.A prima vista, a prescindere dalla crisi, l’operato delle ONG nell’ambito della solidarietà interna-zionale può apparire totalmente insensato. Che impatto sulla realtà di milioni di persone può avere prendersi cura di alcune centinaia di loro? Che benefici possono derivarne alle popolazioni quando i governi locali sono spesso indifferenti o peggio lavorano per demolire l’operato delle ONG? Quesiti ai quali qualsiasi persona legata alla razionalità dei numeri tende a dare risposte totalmente negative. L’esperienza di ogni giorno ci suggerisce invece che questi interventi tendo-no ad avere un impatto molto superiore a quanto sarebbe ragionevole attendersi. 10 bambini che riescono a frequentare la scuola suggeriscono una speranza ad altri 1000. Un pozzo di un villaggio libera da fatiche quotidiane permet-tendo di utilizzare queste energie in progetti di crescita personale. Pochi euro di microcredito offrono una possibilità ad alcuni che indicano

una strada a molti altri. Un effetto moltiplica-tore che si nutre delle enormi energie positive normalmente totalmente inibite dalla realtà sociale, che hanno solo bisogno di uno stimolo relativamente piccolo per attivarsi.Un altro aspetto importantissimo, ma spesso sottovalutato, del lavoro delle ONG è, molto semplicemente, che sono le uniche che parlano dei problemi dei paesi in via di sviluppo, total-mente ignorati da tutti i mezzi di comunicazio-ne. Quante volte sui nostri giornali si parla di mortalità da parto o per infezione del morbillo? Persino della terribile carestia in corso nel Corno d’Africa si parla pochissimo ed in modo estrema-mente superficiale. E come possiamo verificare ogni giorno, solo i problemi conosciuti possono essere affrontati.Torniamo a chiederci a questo punto se e come il nostro operato si concili con la difficile realtà quotidiana. In altri termini la domanda può essere ancora più diretta: Ci possiamo ancora permettere di essere solidali in tempo di crisi? O dobbiamo pensare prima di tutto a “casa nostra”?Un’altra volta facciamo un passo indietro. Perché ci sembra giusto essere solidali? Quali sono le motivazioni che ci spingono ad occuparci di per-sone che vivono in paesi dei quali ignoravamo persino l’esistenza?Le mie risposte sono due, lo facciamo per gene-rosità e per egoismo. Lo facciamo per generosità perché le nostre convinzioni morali, etiche o religiose ci dicono che è giusto e doveroso

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occuparsi di chi è meno fortunato di noi. Questo impegno può essere declinato in centinaia di modi diversi ma parte da motivazioni estrema-mente profonde nella nostra coscienza ma anche nel subconscio. Mi spingerei a dire che deriva-no dalla natura di animale sociale del genere umano. È evidente che questa concezione morale non ammette graduatorie, un essere umano è un essere umano.Lo facciamo per egoismo? Sì se prendiamo per valida una frase che ho avuto la fortuna di ascol-tare dal politologo francese Bertrand Badie: “Se noi fossimo degli egoisti razionali lavoreremmo per risolvere i problemi dell’Africa”. Chi si occu-pa di solidarietà ha chiaro che un mondo meno

ingiusto sarebbe un mondo migliore per tutti, anche per i privilegiati. Privilegiati che sono attualmente costretti ad alzare continuamente i muri, reali e legali, che hanno costruito per difendere la loro oasi di “benessere”. E benessere è messo tra virgolette perché si tratta solo di privilegi economici, inevitabilmente ottenuti a scapito dello stare bene nel senso più completo del termine.Ed allora la domanda iniziale si trasforma: Ci possiamo permettere di NON essere solidali in tempo di crisi? O dobbiamo ESSERE SOLIDALI per pensare prima di tutto a “casa nostra”?

DIEGO RONCORONI

GLI EUROPEI E L’AIUTO ALLO SVILUPPOMaking a difference in the world: Europeans and the future of development aid

È stato pubblicato nel mese di novembre 2011 il sondaggio di Eurobarometer 375 Making a difference in the world: Europeans and the future of development aid. L’indagine sugli europei e il futuro degli aiuti allo sviluppo è stata condotta nei 27 Stati membri nel settem-

bre 2011, intervistando 26.856 europei dai 15 anni in su. Lo scopo dello studio è quello di fornire un quadro ag-giornato del gradimento da parte degli europei sugli aiuti allo sviluppo e sul futuro della cooperazione. Secondo il sondaggio di Euro-barometro l’85% degli europei considerano importante l’aiuto alle popolazioni più povere.

Making a difference in the world: Europeans and the future of development aid, Special EuroBarometer 375, pag. 8http://ec.europa.eu/public_opinion/index_en.htm

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I giovani tra i 15 e i 24 anni sono i più forti sostenitori degli aiuti: «9 su 10 pensano sia importante aiutare i poveri e il 41% lo considera “molto importante”, a fronte del 35% delle persone di oltre 40 anni».

I giovani dimostrano anche maggiore impegno personale per questa causa: il 53% dei giovani e il 60% degli studenti, infatti, sarebbe pronto a pagare di più certi prodotti (es.commercio equo e solidale) se ciò andasse a vantaggio delle popolazioni povere del mondo. I giovani hanno inoltre espresso la maggiore determinazione a mantenere l’impegno di aumentare i livelli di aiuto (69%, a fronte di una media del 62% di tutti gli interpella-ti). E gli Italiani? Il dato generale è leggermente inferiore alla media europea, l’84% è a favore degli aiuti contro l’89% della media. In particolare solo il 25% degli italiani dice che aiutare le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo è molto importante, ben il 59% lo ritiene abbastanza importante, mentre solo il 12% non importante.

Making a difference in the world: Europeans and the future of development aid, Special EuroBarometer 375, pag. 11http://ec.europa.eu/public_opinion/index_en.htm

Making a difference in the world: Europeans and the future of development aid, Special EuroBarometer 375, pag. 33http://ec.europa.eu/public_opinion/index_en.htm

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Il 61% degli italiani identifica nell’Africa sub sahariana l’area del mondo più bisognosa di aiuti. Insomma dati che sicuramente non corrispondono con l’impegno scarso del nostro paese nell’aiutare il sud nel mondo. A seguito dei tagli delle manovre finanziarie, per i fondi della cooperazione allo sviluppo (legge 49/87) gestiti dal Ministero degli Affari Esteri (MAE) si passa dal minimo storico del 2011, pari a 179 milioni di euro a un nuovo record negativo con soli 86 milioni di euro, un taglio del -51%. Il taglio complessivo applicato al budget del MAE dalle manovre estive è stato di 206 milioni di euro; ben 92 milioni a carico della cooperazione con i Paesi in Via di Sviluppo. La diminuzione è ancor più evidente se si prende a confronto il dato del 2008, in cui la cooperazione allo sviluppo aveva raggiunto i 732 milioni di euro di stanziamenti. Il calo è dell’88%.

Un dato non in linea con il sentito dei cittadini euopei e italiani:

(Fonte Eurobarometer 375 e greenreport.it)

Making a difference in the world: Europeans and the future of development aid, Special EuroBarometer 375, pag. 23 e 26http://ec.europa.eu/public_opinion/index_en.htm

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DARFURLa tragedia del Darfur si consuma nel silenzio. La guerra civile continua ma i media non la raccontanoGuerre dimenticate

CRISI SILENZIOSE

In questo numero apriamo le nostre porte al “mondo”. Quello che noi facciamo, come lo facciamo, gli interven-ti che garantiamo non esauriscono i problemi legati alla mondialità. Siamo consapevoli dell’utilità della no-stra “goccia nell’oceano”, ma siamo altrettanto consapevoli della grandezza dell’oceano. Senza rammaricarci,

senza frustrazioni, forti della bontà degli interventi che portiamo, degli aiuti che diamo, dei doni che facciamo: un dono non si misura con la straordinarietà di un gesto, ma nel suo essere ordinario.Per questo motivo andiamo avanti con i sostegni a distanza e con i progetti di tutela dell’infanzia in Burkina Faso, Etiopia, Benin e India, senza mai dimenticare posti in cui l’emergenza è cronica, il bisogno è vitale, la richiesta d’aiuto è quotidiana.Darfur, Congo, Costa d’Avorio, Libia, Chad, Niger, Somalia e tanti altri posti ancora lamentano situazioni di emer-genza umanitaria devastanti.Posti in cui Il Sole Onlus non opera (ancora), ma che non dimentica.Posti in cui la giustizia, divina o sociale a seconda delle fedi, non trova posto; posti in cui i diritti umani sono calpestati quotidianamente, posti in cui l’informazione è latitante.Per questo motivo, su questo numero, la nostra Elena Scarrone inaugura una sezione dedicata alle crisi silenzio-se. Iniziamo col Darfur, che fino a qualche tempo fa inondava le pagine dei giornali (persino Paolo Bonolis a Sanremo ne ha parlato…), ma che ora è ricoperto dal più omertoso silenzio. Come se tutto fosse a posto, come se nulla fosse successo. Come se nulla stia succedendo.E invece succede.

VITTORIO VILLA

Sei anni di guerra civile, non meno di 300 mila morti, molti di più - 450 mila - secondo le stime della Coalition for International Justice, almeno

due milioni di persone in fuga e ridotte alla fame. È la tragedia del Darfur che si consuma nel silenzio, praticamente totale sui telegiornali e quotidiani italiani che già di norma dedicano pochissimo spazio alle notizie dall’estero. Un inferno che purtroppo an-che nel mondo dei media occidentali viene raccontato di rado. Con l’eccezione della Bbc, il servizio pubblico britannico, che nella regione teatro di un genocidio e di una emergenza umanitaria drammatica, nella quale le vittime sono soprattutto donne e bambini, invia i propri inviati, che realizzano reportage trasmessi in prima serata. Non solo, un canale radio della Bbc, grazie ad un ac-cordo con un gruppo di giornalisti africani entra nelle case degli sfollati. Sono loro a raccontare attraverso il programma “Lifeline radio Darfur” ai profughi nei campi in Sudan e nel Ciad quanto accade, lanciando

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anche campagne di prevenzione e vaccinazione. Il conflitto in quella regione remota situata nell’ovest del Sudan ha origini complesse, etniche, religione e politiche e nasce nel 1955, anno dell’indipendenza del Darfur. Da allora il paese è insanguinato da una lunghissima guerra civile tra il nord arabo e mu-sulmano ed il sud del Sudan, non arabo, animista e cristiano. Dal febbraio del 2003 il conflitto vede con-trapposti i Janjawid (letteralmente demoni a cavallo), un gruppo di sanguinari miliziani arabi reclutati dalle locali tribù nomadi dei baggara e la popolazione non baggara della regione, composta da tribù dedite all’agricoltura. Il governo sudanese, pur negando ufficialmente di sostenere i Janjawid hafornito loro armi e assistenza partecipando anche ad attacchi congiunti rivolti sistematicamente contro i gruppi etnici Fur, Zaghawa e Masalit. Massacri, stupri, violenze, mutilazioni, perfino bombardamenti dei campi profughi sono una terribile realtà. Nonostante l’invio di una forza di pace dei caschi blu, decisa dal consiglio di sicurezza dell’Onu nell’agosto del 2006, gli accordi di pace di Doha, congelati, le tregue pro-messe e mai mantenute, i massacri continuano e nes-suno li racconta. Sotto silenzio passa l’impegno dei volontari delle poche Ong che in quella zona operano, che lavorano con rischi altissimi per la propria vita.Francesco Azzarà, operatore di Emergency, è prigio-niero dei sequestratori dal 14 agosto scorso, di lui non si hanno più notizie. In Italia le poche informazioni

sono reperibili sul sito di “Italians for Darfur Onlus” che lancia un appello a Rai, Mediaset e La7 affinché finisca questo silenzio sulla tragica e interminabile crisi umanitaria in Darfur, e soprattutto informa sull’evoluzione del conflitto. Il sito riporta ad esempio una notizia diffusa dalla tv al Arabya secondo la quale la corte penale internazio-nale avrebbe raccolto le prove dei crimini di guerra del Ministro della difesa del Sudan Abdel Rahim Mohamed Hussein e starebbe per chiederne l’arresto. Se tali voci venissero confermate, Hussein sarebbe il quarto alto rappresentante sudanese sul quale pende un mandato di arresto internazionale dopo l’ex comandante delle milizie Janjawid, l’ex ministro dell’interno e lo stesso presidente del governo suda-nese, Al Bashir. Tra le televisioni straniere del mondo arabo, che seguono il conflitto in Darfur, Al Jazeera, la nota emittente del Qatar. Un conflitto, quello in Darfur che come tutti gli altri dimenticati ci riguarda, anche se i media italiani non se ne sono ancora accorti. Per concludere, ricordo a tutti noi una frase di Vittorio Arrigoni, reporter e attivista italiano ucciso a Gaza il 15 aprile, che chiudeva sempre i suoi reportage sull’operazione piombo fuso, raccontando – unico reporter nella striscia – il massacro compiuto sui civili palestinesi dall’esercito israeliano nel 2009. “Restiamo umani”.

ELENA SCARRONE

GLI IMPEGNI DE IL SOLE

ETIOPIAUna missione di monitoraggio diventa molto di più, per la presenza di dieci siciliani: quattro adolescenti dal passato burrascoso e sei insegnanti, assistenti sociali, mediatori...In viaggio in Etiopia

Non è un viaggio qualunque. Non è la classi-ca missione di monitoraggio e valutazione progetti. È molto di più. Non è definibile

razionalmente. È un’espressione di umanità che man-cava da parecchio tempo ai miei viaggi. Mi riferisco al viaggio che abbiamo organizzato nel mese di luglio ad Addis Abeba, Etiopia. Anche se per dieci giorni la città mi è sembrata Addis Abeba, Sicilia.Sì, Sicilia, per via del fatto che con me hanno viaggia-to dieci siciliani, alcuni marsalesi e alcuni palermita-ni. Un bel mix di Sicilia occidentale, un bel connubio di dialetti, accenti, vocali diversi da quelli solitamente sentiti in ufficio e dintorni. Dieci persone, rappresen-tanti la società civile siciliana: una professoressa, una mediatrice culturale, una consulente, una psicologa due assistenti sociali e, cosa non indifferente quattro ragazzi in area penale. Sì ragazzi contro la legge, ragazzi che hanno commesso un reato e con una pena da scontare. Pena alternativa al carcere minorile, ma pur sempre una pena.Con il gruppo di amici e volontari di Marsala, magi-stralmente condotti da quel giramondo di Salvatore Inguì, abbiamo cercato di unire l’utile al dilettevole. Il dilettevole è facile da intuire: un viaggio in Etiopia, seppur a visitare i nostri progetti è pur sempre un’esperienza non indifferente per chi ama viaggiare. L’utile non è facile da intuire, ma rappresenta per Il Sole Onlus, anche se abbiamo l’ardire di credere che lo rappresenti per chiunque voglia (pre)occuparsi della tutela dell’infanzia e dell’adolescenza (come da Convenzione dell’Onu), una sfida non indifferente: garantire, attraverso i nostri progetti nei Paesi in Via di Sviluppo, dei benefici anche a bambini ed adolescenti

italiani.Da anni ci occupiamo di educazione allo sviluppo o alla mondialità, attraverso interventi nelle scuole di ogni ordine e grado, ma quest’anno abbiamo voluto fare il salto di qualità. Non siamo più noi a portare i nostri progetti nelle scuole, sono i ragazzi a venire a visitare i nostri progetti. Ribaltare le logiche domi-nanti dà sempre i suoi buoni frutti. Vedere il mondo con una prospettiva diversa aiuta a comprenderlo meglio. Ecco perché dopo un paio di chiacchierate semiserie, un paio d’occhiate d’intesa, con Salvatore abbiamo messo in piedi un “numero zero” di quello che in futuro diventerà un progetto consolidato.Del resto l’articolo 40 della Convenzione dei diritti del Fanciullo delle Nazioni Unite parla chiaro: “Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo accusato e riconosciuto colpevole di aver violato la legge penale ad essere trattato in un modo che risulti atto a promuovere il suo senso di dignità e valore, che raf-forzi il suo rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali altrui, e che tenga conto della sua età, nonché dell’esigenza di facilitare il suo reinserimento nella società e di fargli assumere un ruolo costruttivo in seno a quest’ultima…”.

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Attraverso la conoscenza dell’altro da sé, la speri-mentazione di un viaggio nei Paesi in Via di Sviluppo, l’incontro con bambini e adolescenti in difficoltà è possibile infondere nei minori in area penale concetti fondamentali per il recupero di valori centrali per la (ri)scoperta della propria dignità. Il concetto di ria-bilitazione della pena, soprattutto nei confronti dei minori, è centrale nei valori che animano Il Sole Onlus nella realizzazione dei suoi progetti.Ecco perché ci siamo imbarcati in questa avventura: portare quattro adolescenti dal passato burrascoso, un presente così così e un futuro incerto ad incon-trare coetanei dal passato burrascoso, un presente burrascoso e un futuro burrascoso. L’impatto è stato a dir poco devastante. Per loro. Ma anche per noi. Quelli che, calati nel proprio ambiente con ruoli da duro ben definiti, stereotipati dal luogo comune sono giovani intraprendenti, sicuri, sfacciati e noncuranti del pericolo, al primo impatto con Addis Abeba, Etiopia si sono mostrati molto più sensibili di quanto lasciassero intuire in precedenza. Non degli agnellini, per carità, ma un po’ più propensi verso l’altro, questo sì. E con il passare dei giorni, abbiamo visto e sentito nei loro animi squarci di solidarietà che sapevano di nuovo nel loro modo di essere. Si stupivano di queste

nuove emozioni, chiedevano, facevano gaffe, si espri-mevano con termini goffi, ma efficaci e, sempre, dico sempre, riuscivano a centrare la gravità delle situazio-ni che incontravano. Le loro espressioni in dialetto palermitano ancora echeggiano nella mia testa: “talè che nicu, u picciriddu nivuru (guarda che piccolo quel bambino)” “talé che sapuritu chistu (guarda che carino questo)”. Ma anche alcune delle loro frasi sulla riscoperta della solidarietà sul dovere di tutti loro a fare qualcosa per questi bambini al loro ritorno in Italia, sono pezzi di cuore lasciati lì, ad Addis Abeba, Sicilia.Non so per quanto tempo questi ragazzi si porte-ranno dentro questo viaggio, ma sono sicuro che ad oggi, cinque mesi dopo, si portano ancora dentro l’Etiopia, Addis Abeba e il nostro progetto di punta Fiori che rinascono. Una sorta di nemesi. I bambini vittime di abuso sessuale si fanno portatori di valori nei confronti di quelli che potrebbero essere i loro persecutori. È il mondo che si ribalta, è la logica che si rivoluziona. È il nostro modo di pensare. Mio e di Salvatore, Donatella, Francesca, Maria, Mia, Roberta, Virginia e dei quattro giovani che ci hanno accom-pagnato durante questo viaggio. Viaggio solidale, di scambio culturale per dare una definizione standard.Ma per noi che non amiamo molto le definizioni stan-dard è un modo di vivere e pensare la cooperazione allo sviluppo in altro modo. Fuori da strumenti livel-latori asettici (che per carità servono per garantire la massima efficacia ed efficienza ai vari progetti), ma dentro il cuore della cooperazione: le relazioni umane e il ritorno alla centralità della persona. Chiunque essa sia, purché lo voglia.Fuori dagli standard, ma dentro la giustizia. Sociale.

VITTORIO VILLA

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GLI IMPEGNI DE IL SOLE - GLI IMPEGNI DE IL SOLE -

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ETIOPIALa ricerca scientifica legata al progetto Fiori che rinascono prosegue, i primi test e questionari sono stati somministrati alle 50 bambine, che partecipano al programmaFiori che rinascono

Il progetto Fiori che rinascono è partito già più di 10 anni fa e nel tempo si è consolidato e migliorato. Gli obiettivi legati alla realiz-

zazione di una ricerca scientifica che ne valuti e approfondisca l’utilità sono diversi. Da una parte è importante valutare quanto ed in che modo l’intervento del Counseling center di Addis Abe-ba è efficace nell’aiutare i bambini e le bambine vittime di violenza sessuale a superare un’espe-rienza talmente traumatica. Da questo punto di vista la ricerca prevede di valutare tramite una serie di questionari e test la sintomatologia presente nei bambini al momento in cui vengo-no presi in carico dal centro e di rivalutarla con gli stessi strumenti a sei mesi e poi ad un anno dall’inizio dell’intervento. Si osserverà in questo modo l’efficacia dell’intervento sulla remissione dei sintomi e su quali aspetti l’intervento ha più o meno effetto. La pubblicazione di tali dati fornirà un’importante pubblicità per il lavoro condotto in questi anni e sarà un’ottima occa-sione per far conoscere il progetto anche alla comunità scientifica internazionale. Dall’altra parte sappiamo che la maggior parte delle ricerche sull’abuso sessuale sono state fatte in paesi occidentali e su tali riferimenti si basa la letteratura scientifica. Dell’abuso sessuale nei paesi africani si sa ancora poco se non rispetto a paesi come quelli dell’Africa nordoccidentale e il Sudafrica. Paesi che hanno maggiori risorse sia economiche che culturali per poter mettere in piedi progetti di tale portata. Quindi altro obiettivo è fornire l’importante opportunità a un paese così escluso dalla letteratura internazio-nale di mettere in evidenza il problema dell’abu-so sessuale con le sue specifiche caratteristiche. È davvero importante conoscere in modo più approfondito il tipo di impatto un tale fenomeno può avere su soggetti che vivono in un contesto culturale così diverso e particolare. La ricerca si rivolge a 50 bambine di età com-presa tra i 7 e gli 11 anni (età più rappresenta-tiva dei soggetti che si rivolgono al centro) e

prevede la somministrazione di una batteria di test accanto ai quali vengono raccolte informa-zioni personali e familiari e sul tipo di abuso e le circostanze in cui è stato subito.Al ritorno dalla loro missione di luglio Francesca e Vittorio ci hanno portato i primi questionari raccolti dal gruppo dei counselors. Al momento sono entrate a far parte della ricerca 22 bam-bine neo accolte presso il centro e 25 bambine che risultano in carico da meno di un anno. Gli operatori hanno fatto davvero un ottimo lavoro con una puntualità e precisione che è davvero ammirevole. Dobbiamo tenere in considerazione che il progetto prevede la somministrazione di questionari e test per ogni bambino con un impegno di circa tre ore per soggetto!Stiamo provvedendo ad analizzare il materiale e ci prospettiamo di avere entro metà dicembre i primi dati. In questa prima fase confronteremo tali dati con la situazione sintomatologica rile-vata dalle ricerche internazionali e potremo farci un quadro più chiaro di quali aspetti risultano essere più o meno invalidanti nelle situazioni con cui abbiamo a che fare. In questo modo potremo anche progettare con ancora maggiore puntualità il tipo di intervento che offriamo a tali bambini e bambine. Un intervento tagliato su misura a seconda delle difficoltà che ciascuno di loro evidenzia.

DOTT.SSA MARIA SPINELLI(Studente di dottorato Università degli Studi di Milano)

MONDOPerchè il 20 novembre è, a livello mondiale, La Giornata dei diritti dell’Infanzia?Preziosi, ma non con prezzo

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La data è stata stabilita dall’Organizza-zione delle Nazioni Unite nel 1989, anno di promulgazione della Convenzione dei

Diritti del Bambino, il 20 novembre, ogni anno, ci ricorda, come un monito alla dimenticanza, che esistono anche loro: i bambini. C’è quindi da pensare che unicamente in un giorno prestabili-to i bambini siano tali?No, certo che no. I bambini sono tali ogni giorno, ogni minuto del tempo che scorre. E chi sono i bambini, ovvero, sono una categoria universalmente definibile e dai limiti serrati? C’è un momento preciso in cui si smette di essere bambini (Art. 1: « Ai sensi della presente Convenzione si intende per fanciullo ogni essere umano avente un’età inferiore a diciott’anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile»)? Il mondo delle regole, delle categorie e delle definizioni è talmente labile e personalistico che è invero-simile dare confini ad un immenso contenitore, con altrettante indefinibili varianti. Ogni caso è a sé. Ogni bambino è un mondo a sé. Il bambino ha una sola definizione possibile, come disse Nabokov “Un bambino è la forma più perfetta di essere umano”, l’impegno dell’adulto dovrebbe essere di non corromperlo.Cosa certa sono le differenze, quelle sì. Ad esempio tra i bambini che popolano il “Nord del Mondo” e quelli del “Sud del Mondo”. Tra i bambini che, per casuale fortuna, sono nati in famiglie abbienti o socialmente attive, e quelli che, per altrettanto casuale, sfortuna, sono nati in ambienti ostili o culturalmente disattenti ai Diritti dei più piccoli. E con Diritti si torna alla Convenzione che ben 193 Paesi, non tutti, nel corso degli anni hanno ratificato, voluto e sottoscritto (l’Italia ha ratificato la Convenzione il 27 maggio del 1991). Imprescindibile princi-pio propulsore della Convenzione è che tutti gli Stati Parte devono impegnarsi in direzione del Superiore, e assoluto, Interesse del Bambino tale

interesse dovrebbe quindi avere la priorità. Do-vrebbe. Poi, ovviamente, la realtà è ben diversa, e terrena, dal grande tavolo virtuale al quale siedono uomini dall’immenso potere sfuggente e che nulla conoscono della quotidianità, ben altro che virtuale, di bambini e bambine del Mondo.Ancora tanti bambini subiscono violenze, di ogni genere, siano esse verbali, fisiche e sessuali, e non dovrebbero.Ancora troppi bambini sono “commercio”, sia esso sessuale, economico o “organico”, e non dovrebbero, nel modo più assoluto, esserlo.A tutti gli effetti tanti bambini ancora lavorano, e non dovrebbero.Ancora tante bambine vengono date in spose e non dovrebbero.Ancora tanti bambini sono valutati e considerati oggetti, alla pari di sacchi da riempire e svuo-tare a seconda delle esigenze e, proprio, non dovrebbero essere considerati tali.Tutte queste innumerevoli violazioni ai Diritti dei più piccoli, al Diritto loro, e solo loro, di es-sere bambini esistono, anzi proliferano, quando essere bambino vuol dire avere lo sguardo che tende solo all’istante che si vive, vuol dire ab-bandono, totale e inconsapevole, a una necessa-ria protezione, vuol dire essere preziosi, dove

ITALIA“Lontani, ma così vicini” un incontro a Marsala in occasione della Giornata dei diritti dell’Infanzia. Maria Spinelli racconta la sua esperienza di relatriceE poi arrivi a Marsala

E poi arrivi a Marsala. Mi chiedevo perché andare fino in Sicilia per celebrare la Giornata dei diritti dell’Infanzia e mi è stato subito evidente il moti-

vo. A Marsala si respira aria di diritti, di interesse, di desiderio di migliorare e tanta energia. Sarà il sole, la luce, sarà la lunga storia di questa città, sarà la bellezza di questa terra. O tutte queste cose insieme!La serata è stata organizzata all’interno della Pina-coteca situata nell’antico Convento del Carmine, un posto molto suggestivo dove tra le volte antiche e le colonne in pietra di tufo vengono esposte sculture e opere d’arte. La sala si è riempita velocemente delle più svariate persone, dai ragazzi delle comunità protette ad assistenti sociali, all’avvocato, al regista, al libraio… Molti li avevamo già incontrati la sera prima passeggiando per il centro con il nostro amico Salvatore Inguì, assistente sociale dell’Ufficio Servizi Sociali Minorili, una vera celebrità in questa città. Molte erano persone comuni attirate dalla curiosità verso il nostro incontro dal titolo Lontani, ma così vicini. L’obiettivo era parlare del progetto Fiori che rinascono e raccogliere fondi attraverso la vendita all’asta delle fotografie realizzate nella missione di luglio dai volontari e dai bambini stessi del counse-ling center di Addis Abeba.

Mentre Francesca illustrava il progetto e introduceva la serata osservavo da una posizione privilegiata la platea, il silenzio, gli sguardi carichi di interesse di tutti. Il sincero desiderio di conoscere. Poi ho parlato io e ho raccontato la mia esperienza di aprile ad Addis così come la ricerca che al progetto “Fiori” si accompagna.Ho avuto la chiara sensazione di essere in un luogo dove poter portare e condividere l’emozione che avevo provato e che provo nel collaborare al progetto; ecco questo è stato Marsala per me: accoglienza. Salvatore con la sua energia e la sua competenza ha completa-to il tutto! Si è reinventato come battitore d’asta e le persone hanno “lottato” per aggiudicarsi le splendide immagini dei bambini di Addis. Certamente i soldi raccolti non sono così tanti da fare la differenza, ma l’obiettivo di questa serata era altro. Era far conoscere il progetto, attirare l’attenzione delle persone sull’importante e complesso lavoro che Il Sole Onlus sta portando avanti ad Addis Abeba in un giorno così carico di significato come la Giornata dei diritti dell’Infanzia.

DOTT.SSA MARIA SPINELLI(Studente di dottorato Università degli Studi di Milano)

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non è il prezzo economico a dare valore ma uni-camente il fatto di essere al mondo. I bambini non hanno la fibra, fisica e morale, per “com-battere” per se stessi. L’avranno, un giorno, se ben guidati, scortati ed esortati a scegliere per il meglio. Avranno capacità di giudizio se noi, gli adulti, riusciremo ad essere l’esempio alto e limpido che i più piccoli meritano. E dovremmo imparare a rispettarli, sempre, i nostri bambini, ascoltandoli, poiché “I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegar-gli tutto ogni volta” - Antoine de Saint-Exupéry. Per questo dobbiamo essere attenti, anzi atten-tissimi quando pensiamo ai bambini, pensar(li) senza escluderli. Il 20 novembre 1989 è sicuramente una data storica, quella in cui “una categoria” multifor-

me, multicolore, è entrata a pieno titolo tra le schiere della società; divenendo la parte vera, di noi, da difendere. Quindi ogni 20 novembre è fondamentale per creare riflessioni, idee, motti, programmi e piani di azione. Ma niente può fermarsi solo ad un giorno, a 24 ore, di acclama-ta dignità che per altri 364 giorni cade nell’oblio scostata da cose sempre “più importanti”, sem-pre “più urgenti”, sempre “altro”. Quindi ogni giorno dovremmo, tutti, dedicare un pensiero a chi, da solo, a sé non può pensare. “Dio mi liberi dalla saggezza che non piange, dalla filosofia che non ride, dall’orgoglio che non s’inchina davanti a un bambino - Kahlil Gibran”.

FRANCESCA POZZI

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ITALIANel mese di settembre Valerie Kafando, referente del Burkina Faso, ha fatto visita a Il Sole Onlus. È stato organizzato un incontro per permettere a sostenitori e non di conoscere Valerie e il Paese in cui operiamoConosciamo il Burkina Faso

Non capita spesso di sentir parlare di Burkina Faso. Tra i vari Paesi dell’Africa Occidentale è sicuramente uno di quelli a cui si dedicano

meno attenzioni mediatiche. La curiosità, quindi, cre-sce quando vengo a sapere che, in data 29 Settembre 2011, si tiene un incontro organizzato dall’Associa-zione Il Sole Onlus con il titolo Conosciamo il Burkina Faso. Giunta nel luogo dell’incontro, il mio sguardo viene subito catturato dall’abbigliamento delle tre donne burkinabè presenti in sala. Loro, avvolte da un vestito che ripropone motivi religiosi, sono le rappre-sentanti dei progetti che l’Associazione ha attuato in Burkina Faso. Spicca fin da subito il carisma di una delle tre donne: è Valerie Kafando, esperta di coope-razione allo sviluppo e di sostegni a distanza. La serata si apre con un aperitivo offerto da Il Sole Onlus e continua tra le chiacchiere dei presenti fino a quando viene richiamata l’attenzione per l’inizio effettivo dell’incontro.

Dopo una breve introduzione della Presidente Ornella Lavezzoli, la parola passa a Valerie Kafando che intro-duce i progetti realizzati in Burkina Faso. Le iniziative vertono essenzialmente su due versanti strettamente collegati tra loro: da una parte i sostegni a distanza, dall’altra la formazione professionale delle donne, perché “il benessere del bambino passa attraverso il benessere della madre” - lo ricorda Vittorio Villa, direttore de Il Sole Onlus.L’esperta racconta come il sostegno a distanza salva-guardi più aspetti della vita (dall’assistenza sanitaria di base, alla frequenza scolastica, alla garanzia dei pasti quotidiani) e come sia migliorata la situazione per quei ragazzi che hanno continuato a studiare. Le donne sono coinvolte nel progetto La casa delle donne, che prevede corsi di formazione professionale (tessitura, tintura dei filati e preparazione di sapone) e il microcredito per l’avvio di attività generatrici di reddito.

SOSTIENI I NOSTRI PROGETTI

Il Sole Onlus ha bisogno del tuo aiuto per continuare il suo impegno in Benin, Burkina Faso, India, Etiopia e Cambogia.Per avere maggiori informazioni consulta il sito www.ilsole.org nella sezione Progetti oppure telefona al numero 031.275065.È possibile effettuare una donazione libera tramite:

- Bonifico bancario: Cassa Rurale ed Artigiana di Cantù – IBAN IT71Q0843010900000000260452- Conto corrente postale N. 11751229 intestato a Il Sole Ong Onlus

Tutti i versamenti sono da intestare a Il Sole Ong Onlus, specificando nella causale il nome del progetto e il Paese.

I contributi e le donazioni erogate a Il Sole Onlus sono deducibili dalla dichiarazione dei redditi secondo le vigenti leggi.

In un contesto di poligamia, il gentil sesso deve prov-vedere a più faccende e lavorare molte ore in più ri-spetto agli uomini, oltre ad occuparsi della casa e dei figli. Le mogli lavorano a turno nel campo del marito (è il marito che decide quale delle mogli deve lavorare quel giorno) e in più sono obbligate a coltivare altre terre. Il raccolto serve a sfamare i figli e la parte in ec-cesso viene venduta per acquistare prodotti di prima necessità al mercato e per permettere ai bambini di studiare. Le donne sono le prime ad uscire di casa la mattina e le ultime a rientrare la sera.Valerie racconta aneddoti ed esperienze degli abitanti dei villaggi, sostenuti da Il Sole Onlus, con i quali è costantemente in contatto. Mediante episodi che talvolta lasciano basiti gli ascoltatori, viene racconta-ta la storia di alcuni ragazzi che sono stati aiutati con le adozioni. Andare a scuola richiede molte ore di cammino sotto il sole, avere a disposizione una bicicletta accorcia il percorso e mette al riparo le ragazze dai rischi connessi all’abbandono scolastico. Valerie ha sottoli-neato questo aspetto, chiedendo aiuto, per l’acquisto delle biciclette.Cos’ha lasciato questa serata? Oltre ad una maggiore conoscenza della società burkinabé, credo che dalle parole di Valerie sia emerso un messaggio importante che, spesso, viene sottovalutato. I racconti di Valerie mi hanno fatto capire che è diffi-cile trovare elementi pratici per aiutare qualcuno che non appartiene alla nostra cultura. L’impegno e i soldi

non bastano; è necessario che persone autoctone facciano da tramite per spiegare quali siano i reali bisogni di un villaggio. Questo incontro ha messo in contatto due realtà molto diverse e distanti fra loro. Personalmente ritengo sia il modo migliore per instaurare un dialogo e una conoscenza reciproca. Sono certa che i presenti, finito l’incontro, abbiano preso coscienza di quanto sia importante rispettare una cultura se si ha la reale volontà di aiutarla.

ALESSANDRA BONANOMI

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ITALIAI percorsi di Educazione allo sviluppo nelle scuole, riservano qualche sorpresa...Regalo inaspettato

Corro il rischio di annoiarvi, ma anche oggi vi raccon-to qualcosa riguardo i percorsi nelle scuole che mi vedono in prima linea. Se mi state leggendo con tutta probabilità sto continuando a sopravvivere!Nell’ultimo periodo ho avuto la fortuna di conoscere alcuni bambini e ragazzi della scuola primaria e secondaria “Frigerio” di Albese con Cassano. Come sempre è stato uno scambio, credo, importante per entrambi. Quando si intraprendono percorsi un pochino più strutturati del singolo incontro che spesso propongo, non è così semplice trovare il modo di rendere inte-ressanti tutti gli incontri a tutti i ragazzi. Sono stato quindi molto contento di aver sperimentato invece una partecipazione davvero attiva nelle classi di Albe-se con Cassano! Ho trovato tantissimo interesse e vi assicuro non è sempre scontato; mi permetto quindi di ringraziare anche le insegnanti che stanno facendo davvero un ottimo lavoro con questi ragazzi!La sorpresa più bella, però, arriva da Alessia, che, dopo un paio di incontri, mi presenta una sua inizia-tiva personale. Tra un compito a casa e l’altro, infatti, ha deciso di provare a creare un documento che rias-sumesse il percorso fatto con me in classe. Il risultato è una presentazione che ha deciso di donarci!Ho deciso di soffermarmi in queste righe sul lavoro fatto da Alessia, per due motivi: il primo, banalmente è per il grande piacere che ho provato nel ricevere questo bellissimo regalo (piacere che sono felice di esprimere in queste poche parole); il secondo, ben più importante, è l’aver potuto verificare concreta-mente cosa i nostri incontri lasciano e, non vi nascon-do che lo dico con un certo orgoglio, lasciano molto, moltissimo: il gesto di Alessia non ha importanza solo per la sua gentilezza e per il suo interesse, ma so-prattutto perché ci dimostra che la strada intrapresa è quella giusta. È il sapere che Alessia, come altri, sono tornati a casa con qualcosa in più, con una consape-volezza che da oggi li aiuterà a ribaltare il mondo per poterlo osservare da una prospettiva diversa.

FABIO RONCHETTI

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SOSTIENI UN BAMBINO A DISTANZAL’obiettivo del Sostegno a distanza è quello di creare un legame significativo e duraturo nel tempo tra tutti gli attori dell’intervento. Insieme alla realizzazione di progetti di sviluppo, il sostegno a distanza vuole rientrare in un concetto più ampio di sostegno a distanza ravvicinato. Il sostegno, che vuole riavvicinare la distanza, cerca di creare un ponte per uno sviluppo partecipato capace di coinvolgere, in egual misura, Nord e Sud del Mondo, sostenitori e beneficiari.Il sostenitore può assottigliare lo spazio che esiste tra lui e il bimbo sostenuto. Per questo motivo l’Associazione favorisce contatti epistolari tra sostenitori e beneficiari, promuove incontri con i bambini adottati a distanza e viaggi di conoscenza della loro realtà di appartenenza.

Cognome ……………………………………………………… Nome …………………………………………………………………………

Denominazione (nel caso di un’azienda, ente o gruppo) ………………………………………………………………………

Codice fiscale o Partita Iva ……………………………………………………

Data di nascita ………………………………… Professione………………………………………………………….

Indirizzo ………………………………………………………………………………………………….……

Cap ……………… Città …………………………………………………………….. Prov. ………………

Tel. ……………………………………………… Cell. …………………………………………………..……

E-mail………………………………………………………………………………………………………………

Intendo attivare N° ……. adozione/i a distanza nel seguente Paese:- Burkina Faso - India - Etiopia- Etiopia – progetto Fiori che rinascono, bambini vittime di violenza sessuale

Quota:- Annuale (Euro 300) - Due rate semestrali di 150 euro - Quattro rate trimestrali di 75 euro

Per sostenere un bambino vittima di violenza sessuale inserito nel progetto Fiori che rinascono:- Annuale (Euro 516) - Due rate semestrali di 258 euro

È possibile versare la quota a copertura dell’adozione a distanza tramite:- Bonifico bancario: Cassa Rurale ed Artigiana di Cantù – IBAN IT71Q0843010900000000260452- Conto corrente postale N. 11751229 intestato a: Il Sole Ong Onlus- Rid bancario compilando l’apposito modulo.Tutti i versamenti sono da intestare a Il Sole Ong Onlus, specificando nella causale il Paese dell’adozione, esem-pio: “Adozione in Etiopia”.

DATA ………………….. FIRMA ………………………………...............

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Le persone fisiche e giuridiche possono dedurre o detrarre gli importi delle donazioni a favore de Il Sole Ong Onlus ai sensi del D. lgs 460/97, Art. 13.

La presente scheda compilata e firmata, può essere inviata, con allegata copia della ricevuta del versamento o del bonifico all’attenzione di Luciana Milanesi – responsabile dell’ufficio adozioni:- via fax al numero 031.2757275- via e-mail all’indirizzo: [email protected] - via posta all’indirizzo:Il Sole OnlusVia L. Leoni 20,22100 Como

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DIARI DI MISSIONEBENINLa neonata casa Casa famiglia Maison du Soleil ospita dodici ragazze madri, vittime della tratta La casa del Sole

È nata. Con la collaborazione di tante persone vo-lonterose, finalmente ce l’ha fatta. È una nuova nata per Il Sole Onlus, frutto di un parto lungo

e faticoso. Di cosa parliamo? Di un parto metaforico e di uno vero. Da qualche mese Il Sole Onlus vanta un’altra casa famiglia che si aggiunge a quelle in Etiopia: la casa famiglia Maison du Soleil (la casa del sole, appunto) in Benin.Ospita dodici ragazze madri di Cotonou, la seconda città del Benin, nonché la più importante dal punto di vista economico, grazie al porto internazionale e ai suoi traffici.I traffici, appunto. Attraverso il porto, centro di corru-zione di livello mondiale, ma soprattutto attraverso il Grand Marché de Danktopa, i traffici sono all’ordine del giorno a Cotonou. Traffici di tutti i tipi, compresi quelli di esseri umani, nella fattispecie di bambini.

Cotonou è il “centro di ricezione e di smistamento” per la tratta dei bambini e il Mercato ne è il suo epi-centro focale. Fortunatamente ci sono pionieri, eroi contemporanei che non lasciano nel silenzio questo obbrobrio. Mi riferisco alle Suore Salesiane di Coto-nou, capitanate da Suor Maria Antonietta e dalla sua fida scudiera Elena. Coadiuvate da un nugolo di vo-lontari e professionisti hanno messo in piedi, in poco meno di dieci anni, una struttura a favore dell’infanzia a dir poco immensa. Centri d’accoglienza, centro di formazione professionale, atelier di formazione e la fantastica Maison de l’Esperance (casa della spe-ranza) in cui offrono servizi di formazione in cucina, panetteria, pasticceria e produzione di sapone.Il tutto a favore di bambine, ragazze vittime della tratta. Chiunque si avvicini al Benin, con l’intento di lavorare a favore dell’infanzia non può non passare da Suor Maria Antonietta.

Tutti la conoscono, tutti la apprezzano, ma lei, piemon-tese doc ed Elena, toscana(ccia) doc, non si lasciano impressionare dai primi venuti. Le ho incontrate, ho spiegato chi sono (prima come persona, poi come direttore de Il Sole Onlus), ho spiegato cosa fa Il Sole Onlus e cosa vorrebbe fare in Benin. Ci siamo piaciu-ti. Dal mio punto di vista non è stato difficile farmi piacere queste due donne dalla parvenza coriacea, ma dai grandi sentimenti, dal loro, chi lo sa, immagino di sì visto che insieme in poco tempo abbiamo “messo su” un progetto a Cotonou veramente ambizioso.(Auto)ironia a parte, quello che è importante è che al di là di strumenti operativi, tecnicismi e burocratismi vari l’impatto personale, individuale fatto di relazioni uma-ne (nel senso vero del termine), di scambi di idee, di opinioni, di conoscenza e conoscenze ha prevalso per costruire qualcosa di solido e duraturo nel tempo. Sono dell’idea che la cooperazione allo sviluppo sia soprat-tutto l’insieme delle relazioni umane tra individui con un unico e comune obiettivo. E questo è un esempio di buona cooperazione.Dunque, Suor Maria Antonietta, Elena, ma anche Bertille, Kate, Giulio e la miriade di persone incontrate a Cotonou hanno assistito a questo parto in diretta. Ma come dimenticare Licia, il cui contributo è stato fondamentale per rendere questo parto possibile.Dunque, IFMA, (le Suore Salesiane) Il Sole Onlus (noi) e Lisa Spa (il nostro finanziatore senza il quale non saremmo qua a descrivervi questo evento), tutti attor-no alla nascita di quella che può essere una delle più grandi sfide del nostro tempo: garantire ai bambini la tutela dei loro diritti. Ovunque e comunque. Quello che ai più può sembrare banale, in realtà non lo è. Nella casa famiglia garantiamo alle ragazze madri e ai loro figli, la possibilità di essere ragazze e anche madri. Non bisogna dimenticarsi che sono entrambe le cose. E vanno tutelate nei due sensi. Ragazze, quindi con diritti consoni alla loro età, e madri, quindi con doveri consoni al loro ruolo.Alla Maison du Soleil, il tempo passa scandito da regole rigorose in grado di far capire alle giovani ospiti l’equilibrio tra diritti e doveri, l’importanza di assumersi impegni, la necessità di svagarsi come ragazze della loro età (in media 14 anni!!).Sono bimbe anche loro. E sono madri.L’equipe della Maison du Soleil è molto professionale. Bertille, educatrice francese, coordina un gruppo di psicologhe, educatori, operatori sociali in grado di gestire caso per caso ogni minimo aspetto della vita di ogni singola ospite. Rapporti con i genitori (di solito

burrascosi), rapporti con le scuole, rapporti con i datori di lavoro, rapporti con il padre del bambino (il più delle volte fuggitivo o renitente alla paternità). Tutto. Tutta la vita di queste fanciulle passa per loro. Passa per la Maison du Soleil. E deve passare rapidamente, visto che le ragazze verranno ospitate per non più di un anno: il tempo di reinserirsi nel tessuto sociale di appartenenza in maniera sicura, senza rischi di alcun tipo, con un lavoro sicuro, con rapporti familiari risolti, con una professionalità garantita e, cosa da non sottovalutare, laddove la maternità è causata da abuso e violenza, con un livello di superamento del trauma ben avviato. E poi via, verso una nuova sfida. Quella di essere ragazza e madre.Per ovvi motivi di sintesi, questo è un breve riassunto della vita alla Maison du Soleil. Ma vi garantisco che la Maison du Soleil è molto di più. È la vita. Per queste ragazze e per i loro figli. E, credetemi, non è metafora. È verità.Infatti, come dicevo, recentemente siamo stati testimo-ni di due parti. Il primo, la Maison du Soleil, il secondo, al suo interno. Una delle nostre ragazze è diventata madre proprio grazie alla casa del sole che l’ha accolta. È la vita che si rinnova, all’interno della Maison du Soleil. È la forza di chi crede che “un progetto che si re-alizza è stato il sogno di qualcuno”. Lo diceva Einstein, lo crediamo tutti. Per questo il progetto all’interno del quale la Maison du Soleil si inserisce si chiama Sogni da riaccendere.Sogni di ragazza, sogni di madre, sogni di bambino. Sogni di futuro.

VITTORIO VILLA

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INDIAUn viaggio per incontrare e conoscere quei bambini e quelle donne, di cui Martina ha letto e sentito parlare durante il tirocinio nella nostra AssociazionePassaggio in India

L’accoglienza indiana mi stava aspettando. Ho raggiunto Proddatur in un pomeriggio di novembre dopo un percorso che ci ha messo

poco a trasmettermi quelli che sarebbero stati i tratti salienti del mio soggiorno nel subcontinente. Calore, meteorologico ma soprattutto umano, accoglienza, colori, profumi, bellezza e autenticità. Nel giro di una settimana avrei avuto modo di cono-scere le donne che beneficiano del nostro microcredi-to e la maggior parte dei bambini a cui sponsorizzia-mo l’istruzione.I primi incontri sono stati con le donne a cui Il Sole Onlus ha concesso un piccolo prestito perché potesse-ro iniziare una loro attività. Con l’aiuto di coordinatori più esperti hanno aperto piccoli negozi, aperto labo-ratori di sartoria, intrapreso l’allevamento di bisonti o capre, iniziato a produrre ceste in bambù destinate alla vendita, e molto altro. Mi hanno mostrato con orgoglio i loro risultati: dai sari alle ceste, dal loro animale al loro negozietto. Ma soprattutto, mi hanno dimostrato di aver considerevolmente aumentato non solo le loro condizioni di vita, ma anche le condizioni dell’intera comunità dei loro villaggi, e l’autostima che hanno in sé stesse. Vedere tutto questo in remoti villaggi dell’Andhra Pradesh, da donna, mi ha banalmente resa contenta e orgogliosa di quello che Il Sole Onlus sta facendo per loro e per coloro che le circondano. Una per una mi hanno accolta in casa loro, mi hanno presentata a

tutta la famiglia, mi hanno resa partecipe della loro nuova condizione di donne partecipative. Un successo materiale per loro, un successo emotivo per me.E poi i bambini. Meravigliosi e bellissimi bambini. A scuola o nelle loro abitazioni, c’era il futuro nei loro occhi. Spesso facenti parte di famiglie molto più allar-gate di quelle italiane, e sicuramente con stili di vita drasticamente più modesti, questi bambini diffonde-vano umanità e gioia. Felici del mio arrivo non hanno risparmiato gesti e parole per la sottoscritta: mi hanno offerto sorrisi, frutti, lavoretti fatti con la carta, e la loro costante compagnia quando mi trovavo a scuola o in casa loro. In ognuno dei villaggi che ho visitato mi si avvicinavano timidi per non lasciarmi più fino alla mia partenza. E a scuola abbiamo gioca-to per ore, in una sorta di scambio culturale in cui io proponevo i miei giochi importati e loro proponevano i loro. Il risultato sono stati dei pomeriggio che la mia memoria non cancellerà.L’esperienza indiana è stata forte, bella, impegnativa, ma soprattutto autentica. Il mio viaggio in India ha racchiuso in pochi giorni quello che sulla carta avrei impiegato anni a capire, forse non riuscendoci mai. La cosa più importante che ho portato a casa, forse, è la consapevolezza che aiutare donne e bambini, gli strati più vulnerabili della società indiana, significa aiutare un intero paese.

MARTINA BIANCHI

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ETIOPIADopo la violenza subita, Wintana è entrata a far parte del progetto Fiori che rina-scono, i laboratori artistici hanno risvegliato in lei entusiasmo e voglia di fareWintana

Wintana ha subito violenza a otto anni.Wintana è stata violentata dal padre.Wintana ha la mamma sieropositiva.

Wintana è epilettica.Wintana, con tutto questo pesante portato, ha solo quattordici anni.E ora, davanti a me, Wintana sorride. In un modo dol-ce che la natura ha voluto solo per lei. Wintana dopo la violenza subita è entrata a far parte del progetto Fiori che rinascono. Wintana, per noi, è semplice-mente un “Fiore”. Un fiore che riesce, ora, a mostrare i suoi splendidi colori. Segue un percorso psicologico strutturato e pensato appositamente per lei dal suo psicologo di riferimento al Counseling center: Teme-sgen. Data la situazione famigliare, il padre colpevole che è in prigione, e la madre malata; Wintana è stata ospite per circa dieci mesi di una delle quattro Case famiglia previste dal progetto. Dopo questo periodo è stata affidata alle cure della nonna. A causa della sua malattia Wintana ha problemi a muoversi e a parlare con fluidità, per questo motivo lo staff del Counseling center ha deciso di farla partecipare ai laboratori artistici, altro fondamentale segmento del progetto Fiori che rinascono. I laboratori attivi al momento sono di musica, teatro, fotografia e video. I laboratori sono stati pensati con lo scopo di far socializzare i bambini, di far interagire tante realtà simili ma sempre uniche. Scopo fondamentale dei laboratori è far tornare i bam-bini in contatto con il proprio sé, dopo il trauma subi-to; farli rientrare in confidenza con il proprio corpo, con le proprie azioni. Un lento ma costante riappropriarsi di un sé turbato dalla violazione di un abuso. Dalla convinzione di essere colpevoli di azioni completamente inappro-priate. Cantare e recitare insieme fa armonizzare con la vicinanza fisica di altri bambini, attraverso la mediazione di operatori formati. Scattare fotografie e girare brevi e piccoli video fa concentrare su azioni precise che necessitano ascolto, attenzione. Danno la possibilità, in quanto strumenti in digitale, di rivedere subito il proprio operato e sviluppare una prima capacità analitica, aiutando a elevare, di conseguen-za, un’autostima evidentemente incrinata. Una sfida

ai propri sé che non sono colpevoli di azioni altre. Di altri. Che sono, purtroppo, incontrollabili per i bam-bini, che sono immensamente lontane dall’amore, dal rispetto, dalla civiltà che innata dovrebbe governare ogni essere umano. Non si possono sempre trovare giustificazioni alle azioni umane. Unicamente perché non ci sono, non esistono. Wintana frequenta il laboratorio di video, la si vede girare intorno agli amici con la piccola telecamera, poi, tutta seria e concentrata decide che soggetto o scena riprendere, preme il tasto e lenta si muove, usa lo zoom, rivede il girato, esprime approvazione o disappunto per le proprie riprese e poi passa la telecamera al compagno. Ma non è sempre stata così, Wintana. All’inizio, timi-da e imbarazzata, stava in un angolo. Piano piano, grazie all’incoraggiamento del “suo” Temesgen, grazie a Heleni – operatrice del laboratorio video -, Wintana ha preso confidenza con i compagni di laboratorio, con la piccola telecamera, con se stessa. Un gradino alla volta, è arrivata ad oggi, davanti a noi, a “scorrazzare” con gli altri, a schiacciarmi un fugace occhiolino di complicità mentre mi riprende,

- DIARI DI MISSIONE - DIARI DI MISSIONE - DIARI DI MISSIONE - DIARI DI MISSIONE - DIARI DI MISSIONE -a darmi un bacio mentre mi passa vicino. Wintana, come ci racconta Temesgen, prima era molto pigra e svogliata, ora invece nei giorni in cui frequenta i laboratori sveglia la nonna all’alba, eccitata e felice. Wintana è uno dei “nostri orgogli”, di cui siamo fieri, che danno il famoso “senso” alle cose, al lavoro, all’impegno de Il Sole e di tutti i sostenitori italiani che ci seguono. Wintana è infatti seguita attraverso il sostegno a distanza che qui si declina in modo pre-ciso nella nostra concezione di sostegno a distanza ravvicinata.

Perché è stata proprio Wintana, con la sua tenacia di esile ragazza, e prima di fragile bambina, ad accor-ciare una distanza tanto grande; colma di spazio, di cultura, di dolori, di incommensurabile sfortuna. Basta uno sguardo alle sue giovani riprese, un bacio figlio della sorpresa ad accorciare qualunque, anche minima, distanza. Grazie, quindi, Wintana. Porterò il tuo messaggio a chi crede in te, lontano, ma solo nei chilometri, da qui.

FRANCESCA POZZI

ETIOPIACuriosità sulle tradizioni e i festeggiamentiMatrimoni all’Etiope

Temesgen, psicologo del counseling center del progetto Fiori che rinascono, oggi non c’è, qui nella casa che ospita i laboratori artistici, ad

Addis Abeba.Sta partecipando al matrimonio del suo più caro ami-co. Ieri mi son fatta raccontare qualche particolare sulla cerimonia e i festeggiamenti. Il giorno del matri-monio è davvero un giorno molto ricco e decisamente lunghissimo. Ma partiamo con ordine. La mattina gli amici più stretti e i parenti più vicini partono tutti insieme dalle rispettive case dei futuri sposi in dire-zione del luogo scelto per la cerimonia, dove vengono travolti da una marea di conoscenti e amici che può arrivare a duemila persone. Una vera folla. Nell’arco della giornata gli sposi scattano fotografie con ogni invitato, un vero, interminabile, lavoro. Al termine degli scatti, ha luogo la cerimonia vera e propria, con rito religioso (ad Addis Abeba vi è prevalenza di Cristiani Copti) o civile. A seguito della cerimonia ha luogo il pranzo o la cena. Tutta la giornata è accom-pagnata da musica e danza – sia tipiche e tradizionali che contemporanee. Finiti i festeggiamenti, alla sera, gli amici più cari degli sposi li accompagnano all’al-loggio previsto per la prima notte e i festeggiamenti proseguono sempre con musica, danze, cibi e bevan-de, il taglio della torta e ancora musica, danze, festa.

Fin qui, senza tener conto dei grandi numeri, tutto sommato, un matrimonio etiope non sembra tanto diverso dai nostri. Ma il tutto continua… . Il martedì, dopo la cerimonia, le famiglie e gli amici più stretti della nuova coppia, si ritrovano a casa della famiglia dello sposo per la “cerimonia del nome”. La mamma del neo sposo sceglie, con grande cura, un nuovo nome per la nuora, un nome che solo il marito, e una ristretta cerchia di persone (tra famigliari e amici) userà per chiamarla. Il nome dovrà essere bello, evocativo, denso di significato e affascinante. Quindi, il martedì, è il giorno del nuovo nome. Ma il giovedì si continua, con l’incontro ufficiale di scambio e di cono-scenza delle due famiglie di origine degli sposi; è un incontro che coinvolge i tanti parenti, anche lontani, che prima dell’unione non conoscevano le rispettive famiglie. Per quanto riguarda il vestiario delle varie cerimonie è diverso a seconda dell’occasione, per cui per la cerimonia grande (oceanica), l’abbigliamento è all’occidentale, giovane e giovanile, non molto dissi-mile dai matrimoni italiani. Per le cerimonie a segui-re, invece, del martedì e giovedì, vengono indossati gli abiti tradizionali e si praticano le numerose ritualità legate alla ricca cultura etiope. Tante feste, tante ritualità, tanta gioia e sempre, vitale e immancabile, tradizione. Anche nei matrimoni, l’Etiopia, e Addis Abeba, rivelano tutta la forza dei contrasti che le contraddistinguono. Contrasti sempre molto forti che sempre si ravvedono ad ogni spostamento o sguardo. Città dei contrari e dei contrasti, Addis Abeba, proprio come ci spiega Temesgen, mentre si prepara alla grande festa che lo aspetta.

FRANCESCA POZZI

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ECUADORChe cosa ha a che fare Il Sole Onlus con l’Ecuador? La risposta è semplice e complessa al tempo stesso. Diego è un educatore, si occupa di ragazzi disabili, per la Cooperativa Il Gabbiano. Qualche mese fa ha bussato alla porta della nostra Associazione, ci ha parlato dei bambini e delle bambine con disabilità, che trovano quasi nulla assistenza in questa Repubblica del Sudamerica, della loro situazione spesso difficile, al limite dell’umano. Ci ha proposto di collaborare, di dare al suo progetto, quegli strumenti operativi necessari a renderlo concreto. Abbiamo accettato di confrontarci con un nuovo Paese, lontano geograficamente dall’Etiopia, il Benin, il Burkina Faso, l’India… ma vicino nelle problematiche.Quelli che leggerete sono i primi passi che Diego, e Il Sole con lui, stanno facendo per comprendere meglio la condizio-ne dell’infanzia, raccogliere informazioni indispensabili per progettare insieme un intervento a tutela dei più piccoli.

Missione di monitoraggio

In questi giorni sto conoscendo e collaborando con alcune Associazioni che operano nel campo delle disabilità nella provincia di Chimborazo, special-

mente nella città di Riobamba.Ho fin’ora collaborato con le associazioni “Proteccion Y Descanso, “Afapech”, ”Fapani”, “Instituto Carlos Garbay” oltre al progetto governativo della vicepre-sidenza denominato “Manuela Espejo”. Grazie al CONADIS (Conjunto Nacional discapacitades), ho potuto realizzare molte visite nelle abitazioni di persone con gravi problemi economici e di disabilità. La situazione è veramente difficile, molte famiglie con parenti disabili vivono ben sotto la soglia della povertà, con scarsissimi (o spesso inesistenti) aiuti da parte del governo. Le persone con disabilità sono spesso abbandonate a loro stesse, rinchiuse in casa. L’integrazione sociale è praticamente nulla, special-mente riguardo alle persone con disabilità mentale.Da circa due anni il governo ha intrapreso una massiccia campagna a favore della disabilità, con il progetto Manuela Espejo, cercando di raggiungere an-che le famiglie più isolate. Spesso le azioni risultano inefficaci o si limitano alla consegna di ausili (carroz-zine, letti anti-decubito, protesi ecc.) senza supporto psicologico, educativo o assistenziale. Ultimamente sono state introdotte delle “borse disabilità” (pari a 240 dollari mensili), fruibili esclusivamente dai pa-renti delle persone con grave disabilità e in precarie condizioni economiche (i parenti stessi per poter usufruire del “buono” non devono avere altre fonti di reddito). Tale supporto economico spesso crea gravi problemi nelle famiglie i cui membri lottano furiosa-mente per ottenere la tutela della persona beneficia-ria e per accaparrarsi quindi i soldi, non occupandosi poi a volte del benessere della persona interessata.Il CONADIS e specialmente il progetto M.ESPEJO vigilano sul buon fine della borsa disabilità, visitando a sorpresa alcune famiglie interessate ed eventual-mente applicano la sospensione o revoca del buono.

Ho avuto modo di effettuare varie visite molte delle quali, nonostante le estreme condizioni di povertà della famiglia, hanno comunque apportato delle migliorie alle condizioni di vita dei beneficiari. Altre visite sono state molto difficili. Ci è stato segnalato il caso di un padre che vive con la figlia di 23 anni, disabile mentale. È stata accertata violenza sessuale sulla ragazza e il padre ha cercato di dare la colpa all’unico vicino di casa (tra l’altro ultraottantenne), trattandosi di una zona molto isolata. Con il supporto degli operatori della vicepresidenza e accompagnati da un rappresentante delle forze dell’ordine siamo entrati in casa, approfittando dell’assenza del padre, e abbiamo trovato la ragazza con evidenti segni di re-centi percosse su tutto il corpo, la casa in totale stato di abbandono e bottiglie di superalcolici ovunque. È molto difficile descrivere tale scena, abbiamo pianto tutti, la ragazza non parla, ha cercato subito affetto e sembrava felice di vederci. Purtroppo al momento non abbiamo potuto fare niente di più, bisogna prose-guire per vie legali.In tutta la vasta provincia non esistono centri di acco-glienza e residenziali di nessun tipo per persone con disabilità, l’unico centro esistente è una comunità di suore che accoglie circa 20 bambini orfani disabili e non. In questa regione povera ci sono molti problemi di violenza sessuale verso le persone con disabilità e anche problemi di consanguineità che generano gravi tare genetiche nelle popolazioni rurali. Mi spiace di riportare tante tristi realtà ma non saran-no mai abbastanza per descrivere una situazione tanto difficile e diversa da quella a cui siamo abituati in Italia. Anche se già conoscevo bene la situazione dell’Ecuador, non smetto mai di meravigliarmi....Al di là di tutto sto veramente vivendo esperienze forti ed importanti e sto conoscendo molta gente veramente “tosta” che sa trovare la forza di andare avanti e lottare con pochissimi mezzi a disposizione.

DIEGO RIZZA

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Lecologico e il Pozzo dei Desideri

Sono ormai tre anni che Polti, con la gamma Lecologico, è impegnata in una battaglia molto importante: a fianco dell’Associazione Il Sole Onlus sostiene in prima linea

la costruzione di pozzi di acqua potabile nei villaggi del Burkina Faso.Come è noto il Burkina Faso è un paese dell’Africa tra i più poveri al mondo

che combatte quotidianamente contro la cronica mancanza di acqua.Polti, in questi ultimi anni, ha finanziato la realizzazione di tre Pozzi:

nel 2009 nel villaggio di Sahongo, nel 2010 nel villaggio di Tangseiga

e nel 2011 nel villaggio di Koumlèla Naponé.Per la popolazione, soprattutto per i bambini del Burkina Faso, avere

un pozzo di acqua potabile nel proprio villaggio significa molto: combattere la denutrizione, migliorare l’alimentazione

e non camminare più per ore per raggiungere pozzi lontani kilometri. In altre parole è la realizzazione di un desiderio.

L’ iniziativa Pozzo dei desideri sarà finanziata tramite il ricavato proveniente dalla vendita di Lecologico di Polti

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CALENDARIO EVENTI

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Campagna di Natale

Natale solidale con le confezioni natalizie, realizzate in collaborazione con la Cooperativa equo solidale Altro-spazio. Con un contributo minino di 9, 16, 20, 25 euro, a seconda del contenuto della confezione, potrai portarti a casa regali non solo golosi, ma anche giusti. Parte del ricavato delle confezioni sarà devoluto ai progetti Fiori che rinascono in Etiopia e Sogni da riaccendere in Benin, per la tutela dei bambini vittime di violenza sessuale.

Giornate soleidali

Dall’1 al 21 dicembre la nostra sede, in via Leoni 20, a Como, sarà aperta al pubblico dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17.30, sabato 3 e domenica 4 dicembre dalle 10 alle 18 per le Giornate soleidali. Occasione in cui, a fronte di un’offerta minima, sarà possibile ricevere confezioni natalizie, bigliettini augurali, oggetti di artigianato, abbi-gliamento, cosmetici, giochi per bambini, oggetti di cartoleria, cioccolato e altre golosità.Gli articoli in vendita sono stati donati a Il Sole Onlus dai negozi: Icam Cioccolato, La Massaia Lariana, Cartoleria Moresi, Pelletteria Del Zoppo, Profumeria Brillantina.

La biblioteca de Il SoleGli ultimi arrivi della biblioteca:

Maaza Mengiste, Lo sguardo del leone, Neri Pozza, 2010RomanzoIn un giorno del 1974, la vita di Hailu e di milioni di etiopi muta di colpo. Dal cielo di Addis Abeba, gli elicotteri dell’esercito imperiale lasciano cadere migliaia di volantini. I fogli annunciano alla popolazione l’impensabile: la ribellione dell’arma a una «monarchia vetusta e decadente». Nei mesi seguenti l’imperatore Hailè Selassiè, subito dopo aver firmato l’ordinanza di scioglimento del governo e del consiglio della corona, viene arrestato e trasportato in una modesta casa sulla collina che sovrasta la capitale.Nella notte fra il 26 e il 27 agosto del 1975 il monarca viene ucciso.Nei trent’anni trascorsi come medico del Prince Mekonnen Hospital, ribattezzato dal nuovo regime Black Lion Hospital, Hailu non ha mai visto una città così sconvolta come ora. Hailu tuttavia, non si ribella. Continua la sua vita segnata dalla solitudine seguita alla morte della moglie per un male incurabile, anche quando scopre che il figlio più giovane, Dawit, non frequenta affatto i corsi universitari, ma le riunioni clandestine della resistenza studentesca contro il Derg.Un giorno, però, al Black Lion Hospital viene trasportato il corpo di una ragazza avvolto in un foglio di plastica trasparente. Un’oscenità inaudita, che costringe Hailu a drammatiche e inevitabili decisioni.

Namita Devidaya, La stanza della musica, Neri Pozza, 2010RomanzoÈ un pomeriggio d’estate a Bombay nel quartiere malfamato di Kennedy Bridge. Durante il mattino, la zona sottostante il ponte somiglia a qualsiasi altra strada affollata della città, gremita di venditori ambulanti e di passanti frettolosi.

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Ma già a partire dalle prime ore del pomeriggio, i marciapiedi davanti ai bordelli e ai ritrovi per soli uomini si riempiono di sguardi equivoci e indiscreti. Proprio nei pressi dei bordelli, in fondo alla strada, vive Dhondutai, la grande musicista, l’allieva di Bhurji Khan, il figlio di Alladiya Khan, il leggendario fondatore del gharana di Jaipur, una delle più antiche scuole di musica classica indiana, e di Kesarbai, la cantante celebre per essere stata una donna senza peli sulla lingua, ma che quando intonava un raga di straordinaria bellezza dietro l’altro trascendeva davvero la sua natura mortale.Sono le cinque, quando Namita e sua madre arrivano a casa di Dhondutai. Namita ha dieci anni e un solo desi-derio: fare sua la divina arte dei raga. La sua futura insegnante la accoglie con un sorriso angelico. La fa subito entrare nella stanza della musica. In ogni angolo di quella stanza sembra risuonare una musica senza tempo, persino sul volto di Dhondutai che, tra quelle mura, pare totalmente ignara degli uomini intenti a bighellonare intorno ai bordelli sotto la sua finestra. Arrivare da lei, pensa Namita, è stato come attraversare uno stagno su-dicio per raggiungere un bellissimo fiore di loto…

Mbacke Gadji, Numbelan - Il regno degli animali, Edizioni dell’Arco, 1996Leggende africaneNel libro sono raccolte alcune fra le numerose leggende senegalesi che, tramandate oralmente, sono state tra-scritte da Mbacke Gadji, come prezioso tributo verso il suo popolo e la sua cultura. Le favole, nella tradizione africana, rappresentano uno strumento di conoscenza oltre che un modo per educare i ragazzi e diffondere gli insegnamenti utili per affrontare le diverse situazioni della vita. L’istinto di sopravvivenza, nel rispetto della libertà altrui, che trapela da questi racconti, costituisce il principio fondamentale che governa il paese e il popolo di Numbelan.

M. Serge, M. Beuret , Cinafrica. Pechino alla conquista del continente nero, Il saggiatore, 2009SaggisticaIn cerca di petrolio e materie prime per nutrire un’espansione inarrestabile, Pechino si è lanciata alla conquista dell’Africa, che attendeva da troppo tempo una rinascita postcoloniale. E per i cinquecentomila cinesi che vi si sono riversati il continente nero è la promessa di un Far West del ventunesimo secolo. Alcuni hanno già fatto fortuna, altri vendono ancora paccottiglia ai bordi delle strade infuocate dei paesi più poveri del mondo. Per gli africani è forse l’evento più importante dei loro quarant’anni d’indipendenza. I cinesi non assomigliano agli ex coloni. Seducono i popoli perché costruiscono strade, dighe e ospedali, e i dit-tatori perché non parlano di democrazia o trasparenza. Come stanno mutando i ritmi e i costumi del continente? Quali benefici e quali problemi pone questo nuovo ca-pitolo della globalizzazione? Lungo le ferrovie dell’Angola, nelle foreste del Congo e nei karaoke in Nigeria, Serge Michel e Michel Beuret, insieme al fotografo Paolo Woods, hanno percorso quindici paesi sulle tracce dei cinesi arrivati in Africa e di un nuovo mondo abitato da imprenditori pionieri e lavoratori sfruttati, da progresso e con-traddizioni. Dalle campagne impoverite nel cuore della Cina alle poltrone in cuoio dei ministri africani, gli autori ci raccontano l’avventura dei cinesi partiti per costruire, produrre e investire in una terra che per l’Occidente è ormai condannata a ricevere solo aiuti umanitari.

Pierluigi Stefanini, Le sfide della cooperazione. Una discussione con Walter Dondi, Donzelli, 2008Salvatore Inguì, La maratona degli slums, Navarra editoreStefano Liberti, A sud di Lampedusa, Minimum fax, 2011Nelson Mandela, Io, Nelson Mandela, Sperling & Kupfer, 2010Alessandro Aruffo, Sankara, Massari, 2007

Per informazioni: Il Sole Onlus, via L. Leoni 20, 22100 Como, Tel. 031.275065 - [email protected].

Puoi seguire gli aggiornamenti della biblioteca all’indirizzo www.anobii.com/ilsoleonlus/books

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COSA STIAMO FACENDO

PROGETTI IN CORSO

BURKINA FASO1 litro di latte per chi cresce - Mediafriends, Comune di Como, Banca Intesa-San PaoloLa casa delle donne nel villaggio di Koumlèla Naponé - Fondazione San Zeno e Chiesa ValdeseProgetto sostegni a distanza (Tutela del diritto all’educazione di base primaria e secondaria)

ETIOPIAFiori che rinascono (Counseling center, Foster home, laboratori artistici) Progetto sostegni a distanza (Tutela del diritto all’educazione di base primaria e secondaria e diritto alla salute)Progetto sostegni a distanza Fiori che rinascono

ITALIAEsploriamo i diritti - percorsi di Educazione allo sviluppo nelle scuole

INDIALa Casa delle donneProgetto sostegni a distanza (Tutela del diritto all’educazione di base primaria e secondaria e diritto alla salute attraverso la gestione dell’Olivia school)

BENINLa casa delle donne nel villaggio di Toucountouna Sogni da riaccendere a Cotonou

PROGETTI IN FASE DI VALUTAZIONE

BURKINA FASORealizzazione di un pozzo a Koumlèla Naponé con il finanziamento di PoltiUna Scuola per Goala

SOSTEGNI A DISTANZA Etiopia 663

India 379

Burkina Faso 293

Totale 1335

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BOMBONIERE SOLEIDALI

LETTURE CONSIGLIATE

Eravamo solo bambini, Massimo Polidoro, Ed. Piemme, 2010

Lo scrittore Massimo Polidoro, giornalista e divulgatore, con questo libro ci trasporta direttamente nella cronaca italiana degli anni ’60 e ’70, riportando alla luce fatti che l’opinione pubblica ha forse volutamente rimosso, vista la crudezza e l’orrore che innegabilmente evocano. Per poterci far partecipare meglio alla vicenda egli adotta la modalità del ro-manzo scritto in prima persona dove il protagonista è Mario, un dodicenne orfano che si trova improvvisamente catapultato in una realtà che segnerà per sempre la sua breve vita. All’inizio del romanzo, infatti, Mario quarantenne ricorda di quando, dopo ave-re trascorso i primi anni in diversi brefotrofi, è stato trasferito nell’Istituto di cura e recupero per ritardati mentali a Grottaferrata, il Santa Rita. Sin dai primi momenti all’interno dell’edificio, il ragazzo percepisce alcune anomalie nell’organizzazione, ma è quando vede le condizioni nelle quali sono tenuti gli altri bambini, che inizia a dubitare di potere mai riuscire a uscire dalla terribile situazione nella quale è caduto. Si rende conto ben presto che il personale dell’istituto non ha a cuore il bene

degli assistiti, ma con crudeltà e indifferenza esegue gli ordini che provengono da una misteriosa “santa”, che tirannicamente esercita il suo potere su tutto l’istituto. I bambini sono generalmente trattati, da tutto il personale, come oggetti sui quali sfogare ogni bassezza e atroci-tà: non nutriti, lasciati al freddo e costretti a lavorare in cantiere o in ufficio per preparare il ricco materiale pub-blicitario che consente all’Istituto Santa Rita di svolgere una capillare ricerca di finanziamenti, che si riversano cospicui nelle casse della direttrice Maria Diletta Pagliuca, da tutto il mondo. L’Istituto ha infatti, due facce: una decorosa, pulita ed efficiente per i politici, i prelati ed i genitori (paganti) dei bambini ricoverati ed una reale, nota solo ai bambini che ogni giorno devono subire vessazioni e vere e proprie torture per non essere sottoposti alle cure alle quali sono destinati. Mario è un bambino intelligente e generoso e, grazie a queste qualità, persino in mezzo a tanta desolazione, trova un compagno, Francesco, con il quale stringere un vero patto di amicizia che lo porterà a sopravvivere nelle situazioni più estreme. L’epilogo della vicenda è scritto sia negli atti processuali contro la falsa dottoressa Maria Diletta Pagliuca, che nelle memorie di Mario Appignani, il vero protagonista della storia, che nella vita adulta non trovò mai la stabi-lità tanto agognata. Massimo Polidoro nel suo romanzo, traendo ispirazione dai documenti della cronaca giudiziaria, opera una ri-costruzione molto credibile degli stati d’animo di un bambino ridotto in schiavitù, ma soprattutto denuncia l’indifferenza e l’egoismo di molti adulti tesi solo alla ricerca cieca del profitto a spese dei più deboli ed esorta il lettore a non dimenticare questa vicenda, poiché in Italia, delle situazioni simili, si sono verificate proprio recentemente.

ELISABETTA MACCIONI

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Razzisti a parole (per tacer dei fatti), Federico Faloppa, Ed. Laterza, 2011

È sconvolgente, pensare che inserendo in un motore di ricerca questa frase, si arrivi a 140.000 risultati perché altrettanti italiani sentono la necessità di denunciare la loro condizione di disagio e constatare che questo numero si innalza sempre più. Nella sua dettagliata analisi, l’autore affronta l’argomento del razzismo come dipendente dal concetto di “razza”, dimostrando con abbondanza di citazio-ni, che dal punto di vista scientifico, questo concetto non ha davvero ragion d’essere in quanto l’uomo è un organismo troppo giovane geneticamente per avere potuto generare delle razze “pure” come ad esempio per alcuni animali, per i quali il discorso può valere. Si evince quindi che non esiste un razzismo solo ma vari razzismi, generati più frequentemente dalla paura del diverso (la xenofobia) e dalla difficoltà di rapportarsi con culture diverse che potrebbero minacciare l’integrità della cultura dominante, supposta la migliore. Le parole quindi risultano essere degli elementi molto importanti nella diffusione e nella perpetrazione del razzismo: prima di tutto sono le istituzioni a prevedere delle norme e proce-dure atte a punire solo determinati gruppi di persone giustificando invece dei

comportamenti che alimentano l’odio e la discriminazione, ma anche i media, che hanno un ruolo fondamentale nell’amplificare e consolidare certe figure negative che provengono dal linguaggio della politica, spesso, alla ricerca dello scoop e del sensazionalismo, coniano dei termini e definizioni che non fanno che promuovere il razzismo nei confronti di piccoli gruppi etnici, siano essi stranieri o di diversa religione o di diverso orientamento sessuale. E infine il razzismo più diffuso, quello delle barzellette e dei luoghi comuni del linguaggio corrente, dell’utilizzo di simboli che inneggiano al fascismo o al nazismo, esibiti come discutibili ornamenti o come simbo-li di guerra negli stadi o per le strade, finisce per invadere la nostra società senza che noi ce ne rendiamo conto: è un “razzismo democratico”, come l’hanno descritto alcuni studiosi. La trattazione, organizzata in capitoli, dopo un’interessante introduzione passa quindi alla disamina degli stilemi tipici del linguaggio: inizia con l’esame del termine “negro” portando degli esempi di cronaca nei quali l’epiteto in questione è stato utilizzato, con la chiara accezione dell’insulto. Il secondo termine affrontato è “vu cumprà” che, comparso nel 1986 nella stampa italiana, si è variamente deformato nel corso degli anni ‘80 denotando sempre maggiormente, lo stereotipo del venditore extracomunitario fino ad arrivare ai giorni nostri, nei quali la vecchia immagine è stata riesumata in occasione dell’ultima campagna elettorale per il manifesto di un noto partito. Si rimane poi attoniti nella lettura del razionale della “discriminazione transitoria positiva”: cosa ci può essere di positivo nel differenziare le classi scolastiche solamente in base alla lingua? Su che basi pedagogiche sconosciute si basa questo provvedimento? Queste domande rimangono insolute, visto che i politici, autori di tale provvedimento non si sono mai premuniti di fornire una risposta. Anche la parola “clandestino” ha subito una modifica nel corso del tempo, dal significato di nascosto o segreto, a illegale. Da qualche anno a questa parte, la parola è diventata sinonimo di criminale e fuorilegge, grazie alla recente istituzione del reato di “immigrazione clandestina” che porta a definire i migranti senza fare alcuna distinzione di condizione, per esempio di rifugiato politico. L’autore, con statistiche certificate da organi accreditati, ci dimostra che tutti i pregiudizi divulgati ul-timamente, sono generati da dati scorretti, rivelando invece che la maggioranza dei migranti arriva in Italia in modo regolare. Le parole “etnico”, “zingaro” e “emergenza sicurezza”, altrettanto importanti per Federico Faloppia, sono descritte negli ultimi capitoli del testo con nuove fonti e note. Chiude il saggio un elenco di luoghi comuni che spiegano come il razzismo sia sempre maggiormente una realtà dei nostri giorni, nei confronti della quale si dovrebbe smettere di essere indulgenti.

ELISABETTA MACCIONI