38
ANNO XIV N.Ri 9-10 ottobre 2018 P P a a g g . . 1. Pag. psicologica 2. Governo tria 3. L’angolo del cuore 4. La morte vince sempre 5. Reddito di cittadinanza 6. Aulos 7. Cuore d’insegnante 8. Il dilemma di Giuffry 9. L’autore del mese 10. La donna nella storia 12. Mastrangelo: poesie 13. Il carcere delle parole 14. Nicodemo: le poesie 15. lettera alla cittadinan. 16. Matrimonio da favola 17. La pagina medica 18. Gustav Jung 19. A.Mirabella 20. Espressioni popolar 21. Selvaggina da pelo 22. Terrazza in piazza 24. La musica napoletana 25. Madre del buon camm. 26. Vogliamo scherzare? 27. La favola della settim. 28. Lo sapevate che 29. Le mondine 30. Il Museo Diocesan 31. Catullo a Napoli 32. Leviora 33. Quistioni di lingua 34. La tragedia genovese 35. La bella addormentata 36. La prima catilinaria 37. Prossima pubblicaz.ne 38. Redazioni e riferimenti Sul portale http://www.andropos.eu/antroposint heworld.html Su facebook https://www.facebook.com/groups/ant roposintheworld/755101491196213/?n otif_t=like GGKEY:UQNWKZ3DAXL L L I I N N F F A A N N Z Z I I A A M M A A L L T T R R A A T T T T A A T T A A - - l l A A D D O O L L E E S S C C E E N N Z Z A A - - E LA VECCHIAIA le problematiche (1) ( ( p pa ar rt te e X XI I ) ) - - p pa ag g. . 3 39 9/ / 4 40 0 LA FORMAZIONE DEL SE’ Nei ragazzi, essere precoce o tardivo non assume lo stesso valore:i maschi più forti e più sviluppati (soprattutto relativa- mente alla comparsa dei caratteri sessuali secondari) risulta- no più popolari; quelli con sembianze che ricordano ancora la fase precedente, l’infanzia, possono invece essere presi di mira e rischiano di diventare vittime di bullismo. In ogni caso, il ritardo rischia di relegare il ragazzo in una posizione di subordinazione psicologica e ciò potrebbe influenzare alcuni tratti della sua personalità. Nel caso delle ragazze il fenomeno può risultare anche op-posto. Sebbene anche per loro la voglia di diventare adulte possa facilmente giocare la sua parte, in alcuni casi lo sviluppo può essere con- siderato “pericoloso e da evitare”. Per la qual cosa, si potrebbe desiderare di rimanere nello stadio di preadolescente. A volte tale obbiettivo è perseguito talmente intensamente da portare l'adolescente a tentare di ridurre le proprie forme, agendo sull’alimentazione ed attuando condotte pericolose. Adolescenza è per molti sinonimo di crescita ed è durante questo periodo, che il ragazzo acquisisce un nuovo modo di porsi di fronte al mondo. Egli ac- quisisce una maturata capacità di operare anche su dati espressivi e lin- guistici, in un contesto di predisposizione all’introspezione, alla discussione, ed alla accettazione entusiastica di ideologie innovatrici. A differenza del bambino, l’adolescente non si limita ad accettare nozioni e relazioni, che gli vengono offerte dal suo ambiente familiare e dal mondo a- dulto più in generale, ma tende alla elaborazione dei dati. Va da sé che in rapporta all’excursus noi distinguiamo l’adolescenza in: Adolescenza adeguata, quando il processo di crescita pone il ragazzo di fronte ad un livello di stress che riesce a tollerare e, nonostante il cambia- mento faticoso e lento, non si evidenziano problematiche particolari, anche perché si tratta di ragazzi che,in caso di difficoltà, sanno chiedere aiuto. Adolescenza ritardata, una condizione molto frequente, quando il sog- getto non abbandona le strategie, le difese e le modalità comunicative della fase precedente e, spesso, anche verso i 30 anni, al primo impatto con la real- tà, si trovano a fare i conti con la propria adolescenza non superata. Adolescenza prolungata, quando il giovane cerca di evitare scelte defi- nitive, sul piano dell’autoaffermazione, in contrasto con i progetti grandiosi, di cui sono capaci. Adolescenza sacrificata, quando ci si riferisce agli adolescenti che en- trano precocemente nel mondo del lavoro e quelli che sostengono ruoli di tipo genitoriale all’interno della famiglia d’origine. Adolescenza antisociale, quando gli adolescenti tendono ad auto- idealizzarsi e provano spesso piacere nell’infliggere agli altri pene e dolore. Sono ragazzi che amano manipolare il mondo secondo i propri disegni. Adolescenza dipendente,quando i giovani sono affetti da dipendenza affet- tiva, da alcool e altre sostanze, da dipendenza da intenet e dal gioco d’azzar- do. (Continua) ________________________ 1)Franco Pastore, L’INFANZIA MALTRATTATA- l’ADOLESCENZA- E LA VECCHIAIA le problematiche - ISBN: 9781973405856 - Codice Ebook: GKEY:B53CCC79QJG – A.I.T.W. Editrice – Salerno. European Journalism - GNS Press Ass.tion - The ECJ promotes publishing, publication and communication- P. Inter.nal - 1 -

European Journalism - GNS Press Ass.tion - The ECJ promotes … in the world OTTOBRE 2018- Copia... · 2018. 10. 15. · me, agendo sull’ali mentazione ed attuando condotte pericolose

  • Upload
    others

  • View
    1

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

  • AANNNNOO XXIIVV NN..RRii 99--1100

    oottttoobbrree 22001188

    PP aa gg .. 11.. PPaagg.. ppssiiccoollooggiiccaa 22.. GGoovveerrnnoo ttrriiaa 33.. LL’’aannggoolloo ddeell ccuuoorree 44.. LLaa mmoorrttee vviinnccee sseemmpprree

    55.. RReeddddiittoo ddii cciittttaaddiinnaannzzaa 66.. AAuullooss 77.. CCuuoorree dd’’iinnsseeggnnaannttee

    88.. IIll ddiilleemmmmaa ddii GGiiuuffffrryy 99.. LL’’aauuttoorree ddeell mmeessee 1100.. LLaa ddoonnnnaa nneellllaa ssttoorriiaa 1122.. MMaassttrraannggeelloo:: ppooeessiiee 1133.. IIll ccaarrcceerree ddeellllee ppaarroollee 1144.. NNiiccooddeemmoo:: llee ppooeessiiee 1155.. lleetttteerraa aallllaa cciittttaaddiinnaann.. 1166.. MMaattrriimmoonniioo ddaa ffaavvoollaa 1177.. LLaa ppaaggiinnaa mmeeddiiccaa 1188.. GGuussttaavv JJuunngg 1199.. AA..MMiirraabbeellllaa 2200.. EEsspprreessssiioonnii ppooppoollaarr 2211.. SSeellvvaaggggiinnaa ddaa ppeelloo 2222.. TTeerrrraazzzzaa iinn ppiiaazzzzaa 2244.. LLaa mmuussiiccaa nnaappoolleettaannaa 2255.. MMaaddrree ddeell bbuuoonn ccaammmm.. 2266.. VVoogglliiaammoo sscchheerrzzaarree?? 2277.. LLaa ffaavvoollaa ddeellllaa sseettttiimm.. 2288.. LLoo ssaappeevvaattee cchhee 2299.. LLee mmoonnddiinnee 3300.. IIll MMuusseeoo DDiioocceessaann 3311.. CCaattuulllloo aa NNaappoollii 3322.. LLeevviioorraa 3333.. QQuuiissttiioonnii ddii lliinngguuaa 3344.. LLaa ttrraaggeeddiiaa ggeennoovveessee 3355.. LLaa bbeellllaa aaddddoorrmmeennttaattaa 3366.. LLaa pprriimmaa ccaattiilliinnaarriiaa 3377.. PPrroossssiimmaa ppuubbbblliiccaazz..nnee 3388.. RReeddaazziioonnii ee rriiffeerriimmeennttii

    SSuull ppoorrttaallee

    hhttttpp::////wwwwww..aannddrrooppooss..eeuu//aannttrrooppoossiinntthheewwoorrlldd..hhttmmll

    SSuu ffaacceebbooookk hhttttppss::////wwwwww..ffaacceebbooookk..ccoomm//ggrroouuppss//aannttrrooppoossiinntthheewwoorrlldd//775555110011449911119966221133//??nn

    oottiiff__tt==lliikkee

    GGKEY:UQNWKZ3DAXL

    LL’’IINNFFAANNZZIIAA MMAALLTTRRAATTTTAATTAA-- ll’’AADDOOLLEESSCCEENNZZAA--

    EE LLAA VVEECCCCHHIIAAIIAA llee pprroobblleemmaattiicchhee((11)) (( ppaarrttee XXII))-- ppaagg..3399//4400

    LA FORMAZIONE DEL SE’ Nei ragazzi, essere precoce o tardivo non assume lo stesso valore:i maschi più forti e più sviluppati (soprattutto relativa- mente alla comparsa dei caratteri sessuali secondari) risulta- no più popolari; quelli con sembianze che ricordano ancora la fase precedente, l’infanzia, possono invece essere presi di mira e rischiano di diventare vittime di bullismo. In ogni caso, il ritardo rischia di relegare il ragazzo in una posizione di subordinazione psicologica e ciò potrebbe influenzare alcuni tratti della sua personalità. Nel caso delle ragazze il fenomeno può risultare anche op-posto. Sebbene anche per loro la voglia di diventare adulte possa facilmente giocare la sua parte, in alcuni casi lo sviluppo può essere con-siderato “pericoloso e da evitare”. Per la qual cosa, si potrebbe desiderare di rimanere nello stadio di preadolescente. A volte tale obbiettivo è perseguito talmente intensamente da portare l'adolescente a tentare di ridurre le proprie forme, agendo sull’alimentazione ed attuando condotte pericolose. Adolescenza è per molti sinonimo di crescita ed è durante questo periodo, che il ragazzo acquisisce un nuovo modo di porsi di fronte al mondo. Egli ac-quisisce una maturata capacità di operare anche su dati espressivi e lin-guistici, in un contesto di predisposizione all’introspezione, alla discussione, ed alla accettazione entusiastica di ideologie innovatrici. A differenza del bambino, l’adolescente non si limita ad accettare nozioni e relazioni, che gli vengono offerte dal suo ambiente familiare e dal mondo a-dulto più in generale, ma tende alla elaborazione dei dati.

    Va da sé che in rapporta all’excursus noi distinguiamo l’adolescenza in: Adolescenza adeguata, quando il processo di crescita pone il ragazzo di fronte ad un livello di stress che riesce a tollerare e, nonostante il cambia-mento faticoso e lento, non si evidenziano problematiche particolari, anche perché si tratta di ragazzi che,in caso di difficoltà, sanno chiedere aiuto. Adolescenza ritardata, una condizione molto frequente, quando il sog-getto non abbandona le strategie, le difese e le modalità comunicative della fase precedente e, spesso, anche verso i 30 anni, al primo impatto con la real-tà, si trovano a fare i conti con la propria adolescenza non superata. Adolescenza prolungata, quando il giovane cerca di evitare scelte defi-nitive, sul piano dell’autoaffermazione, in contrasto con i progetti grandiosi, di cui sono capaci. Adolescenza sacrificata, quando ci si riferisce agli adolescenti che en-trano precocemente nel mondo del lavoro e quelli che sostengono ruoli di tipo genitoriale all’interno della famiglia d’origine. Adolescenza antisociale, quando gli adolescenti tendono ad auto-idealizzarsi e provano spesso piacere nell’infliggere agli altri pene e dolore. Sono ragazzi che amano manipolare il mondo secondo i propri disegni. Adolescenza dipendente,quando i giovani sono affetti da dipendenza affet-tiva, da alcool e altre sostanze, da dipendenza da intenet e dal gioco d’azzar-do. (Continua) ________________________ 1)Franco Pastore, L’INFANZIA MALTRATTATA- l’ADOLESCENZA- E LA VECCHIAIA le problematiche - ISBN: 9781973405856 - Codice Ebook: GKEY:B53CCC79QJG – A.I.T.W. Editrice – Salerno.

    EEuurrooppeeaann JJoouurrnnaalliissmm -- GGNNSS PPrreessss AAssss..ttiioonn -- TThhee EECCJJ pprroommootteess ppuubblliisshhiinngg,, ppuubblliiccaattiioonn aanndd ccoommmmuunniiccaattiioonn-- PP.. IInntteerr..nnaall

    - 1 -

    http://www.andropos.eu/antroposintheworld.htmlhttp://www.andropos.eu/antroposintheworld.htmlhttps://www.facebook.com/groups/antroposintheworld/755101491196213/?notif_t=likehttps://www.facebook.com/groups/antroposintheworld/755101491196213/?notif_t=likehttps://www.facebook.com/groups/antroposintheworld/755101491196213/?notif_t=like

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    GGOOVVEERRNNOO::TTRRIIAA RREEMMAA CCOONNTTRROO

    La mia impressione è che il governo cosiddetto gialloverde sia giunto al giro di boa. Se gialli e verdi non riusciranno a tenere testa alla terza componente dello stes-so governo, anche questo esecutivo partorirà una manovra economica in linea con “le riforme che l’Europa ci chiede”.

    Ma esiste realmente una terza componente del governo Conte, e da chi è rappresentata? Esiste, di cer-to. È quella dei cosiddetti “indipendenti”, che qualcuno, nei corridoi del palazzo, chiama anche “il partito di Mattarella”.Questo perché – si sussurra a mezza bocca nel “transatlantico” – alcuni di questi “indipendenti” sa-rebbero stati energicamente “consigliati” dal Presidente della Repubblica all’atto della formazione del gabinetto giallo-verde.

    Io non so se tale versione dei fatti risponda al vero. Certo, è noto che Mattarella fece le barricate contro la candidatura di Paolo Savona al Ministero dell’Econo-mia, mentre sembra che abbia gradito il nominativo di Giovanni Tria, il più autorevole degli “indipendenti”. Un “tecnico” di quelli che piacciono ai potenti dell’eco-nomia globalizzata, quelli che al mattino fanno colazio-ne con pane e riforme struttu-rali, a mezzogiorno pran-zano con i parametri di Maa-stricht in insalata, e a sera cenano con un brodino di società multietnica.

    Altro “tecnico” che coi gialli e coi verdi non ci az-zecca proprio è Enzo Moavero Milanesi,Ministro degli Esteri dell’attuale gabinetto, dopo avere ricoperto la stessa carica nei governi Monti e Letta. Cosa c’entri questo signore con Lega e Cinque Stelle nessuno lo sa. Qualcuno cita i proverbiali cavoli a merenda. Qualcun altro attribuisce la designazione a Sergio Mattarella, preoccupato di garantire che il nuovo governo non a-vrebbe messo in discussione gli “impegni internazio-nali” dell’Italia. Alcuni aggiungono a questa “terza gamba” del go-verno anche la ministra della Difesa, Elisabetta Tren-ta, che però risulta in quota Cinque Stelle. E qualcun altro, addi-rittura, lo stesso Presidente del Consiglio, ufficial-mente “indipendente di area Cinque Stelle”. Ripeto: non so come esattamente stiano le cose, non so come Moavero sia passato da Monti e Letta a Salvini e Di Maio, non so se la Trenta sia da considerare una grillina atipica o una “tecnica” di qualche particolare natura; mi limito a riportare – col beneficio d’inventario – notizie che circolano in ambienti “solitamente bene informati”. Di una cosa, tuttavia, sono certo: sulla ma-novra il ministro Tria dice le cose che “i mercati”, le grandi banche “d’affari”, le agenzie di rating, l’Unione Europea e, sicuramente, lo stesso Mattarella vogliono sentire. “Conti in ordine” – promette il ministro – e in-cremento del deficit sotto il 3%; anzi, sotto il 2%.

    Zerbinismo totale nei confronti della UE e dei suoi cerberi più inflessibili, i più ostili alle esigenze dell’Italia e dei paesi dell’area sud dell’Unione. E, infatti, sùbito sono arrivate le calorose congratulazioni di personaggi come il Vicepresi-dente della Commissione Europea, Valdis Dombrovskis, o come il Commissario agli Affari Economici, Pierre Mosco-vici: come a dire, il fior fiore dei formaggini. Basterebbero queste congratulazioni a dimostrare quanto il ruolo di Tria sia incompatibile con un governo “di cambiamento”. La prima manovra del gabinetto giallo-verde, dunque, si annuncia come in perfetta linea con quella fulgida tradizione che va da Monti, a Letta, a Renzi. Con tanti saluti alle pro-messe di carattere economico fatte in campagna elettorale dal M5S, ma anche dalla Lega. D’altro canto, a parziale (molto parziale) scusante per Tria, va detto che le nozze non si fanno con i fichi secchi, o – se preferite – le rivoluzioni non si fanno con i pannicelli caldi. Se il governo giallo-verde vuole cambiare le cose, se vuole realmente migliorare le condizioni economiche e gli standard di vita degli italiani, deve necessariamente ri-na-zionalizzare la Banca d’Italia e riappropriarsi del diritto-dovere di stampare i nostri soldi. Non possiamo elemosinare dai “mercati” (facendo lievitare il debito pubblico) il denaro che ci serve per pagare le pensioni, per mettere la benzina nelle auto delle volanti, per dotare gli ospedali di lenzuola e materassi,o anche per ricostruire il ponte Morandi a Genova.

    Ecco perché Tria ha qualche attenuante: il Ministro dell’Economia si muove nella realtà economico-finanziaria che abbiamo accettato quando abbiamo privatizzato la Ban-ca d’Italia e poi aderito all’Unione Europea. Siamo senza soldi, dobbiamo farceli prestare dai “mercati” dietro cor-re-sponsione di salatissimi interessi, siamo indifesi di fronte alle manovre speculative che ci ricattano a suon di spread e di rating, dobbiamo sottostare ai trattati-capestro con cui una classe dirigente inebetita ha svenduto la nostra sovranità ai burocrati europei, dobbiamo subire le congiure e i colpi di mano del Quarto Reich e dei suoi camerieri francesi. Ecco, in questo contesto assurdo, irrazionale, in questa specie di film horror si muove il governo italiano e il suo ministro dell’Economia. Se non si troverà il coraggio per invertire la rotta – gradualmente, prudentemente, con tutte le cautele del caso – se non si troverà questo coraggio non riusciremo a risalire la china. Certo, un Salvini potrà continuare a fare ottimamente il suo lavoro,a combattere l’immigrazione clan-destina e a chiudere i campi rom illegali, ma niente più di questo. Se vorrà realizzare qualche cambiamento che incida sulla realtà economica (per esempio, la flat tax), troverà immancabilmente a sbarrargli la strada il Tria di turno o un qualunque altro portaordini dell’Unione Europea.

    M. Rallo

    LE BUGIE

    - 2 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    ALZO GLI OCCHI Ἀναβάλλω τοὺς ὀφθαλμούς Ascolto la voce del vento, saluto il tramonto. In queste mani appassite, sgretolate, il mio povero cuore. ALLA MIA OMBRA Ἐμῇ ὥρα Tu che mi segui e non mi lasci mai, fa che ritrovi il sole sulla mia via! AAPPPPEENNAA IIEERRII ἍἍμμαα ἐἐχχθθέέςς Nell’ombra e nella notte Già punge l’inverno. Appena ieri, con la carezza del mare, una cascata di stelle. AASSPPEETTTTOO LLAA LLUUNNAA ΤΤηηνν σσεελλήήννηηνν μμέέννωω Pur carne di terra, vivo nel cielo dei miei sogni e, come nuvola, di sera aspetto la luna.

    LL’’AANNGGOOLLOO DDEELL CCUUOORREE

    DDaa ““Kαλημέρα Kαι Kαλησπέρα”” MMoommeennttii ppooeettiiccii ddii FFrraannccoo PPaassttoorree -- EEddiittrriiccee AA..II..TT..WW.. –– SSaalleerrnnoo ––

    EEbbooookk:: GGGGKKEEYY::DD4400ZZBBLLUURRAA44NN33

    DENTRO DI ME Ἐν ἐμοῖ Dentro di me, un universo sterminato di sensazioni: dal canto dell’allodola, all’aria che canta sul mare. Carezza i miei occhi l’azzurra cute del cielo. Anche nascosto in un tempio di parole, ti prende del passato la voce e come in un sospiro, t’agguanta l’infinito.

    - 3 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    PPRROOVVEERRBBII EE MMOODDII DDII DDIIRREE -- OOVVVVEERROO EELLEEMMEENNTTII DDII PPAARREEMMIIOOLLOOGGIIAA

    1.''OO sscceerruuppppoo ''ee ssooccrraa ee nnoorraa nnuunn èè mmaaiiee bbuuoonnoo.. 22.. CChhii ssppuuttaa ''nn cciieelloo ''nnffaacccciiaa llee ttoorrnnaa.. 33.. FFrriijjee ‘‘ee ppiissccee ee gguuaarrddaa ‘‘aa jjaattttaa.. .. EEsspplliiccaattiioo::::LLoo sscciirrooppppoo ddeellllaa nnuuoorraa ee ddeellllaa ssuuoocceerraa nnoonn èè mmaaii bbuuoonnoo,, aa ssiiggnniiffiiccaarree llaa ddiiffffiiccoollttàà ddeeii rraappppoorrttii.. CChhii ssppuuttaa iinn cciieelloo,, ggllii ttoorrnnaa iinn ffaacccciiaa:: ttuuttttoo cciioo cchhee ffaacccciiaammoo ddii nneeggaattiivvoo,, qquuaassii sseemmpprree,, ssii rriittoorrccee ccoonnttrroo ddii nnooii.. II PPrroovveerrbbii aannttiicchhii cchhee ttrroovvaannoo rriissccoonnttrrooaanncchhee nneell mmoonn--ddoo ggrreeccoo ee llaattiinnoo:: OOcccciiddiitt qquuii nnoonn sseerrvvaatt.. -- AAmmoorr ggiiggnniitt aammoorreemm.. -- NNiihhiill iinniimmiiccuuss qquuaamm ssiibbii iippssee..

    Ai miei tempi, a dodici anni, giù di li, avere coraggio significava scavalcare in perfetta solitudine il muro del cimitero e restarci dentro per qualche tempo, oppure salire sul ponte della ferrovia e tuffarci dentro il lago. Ai miei tempi così differenti da questi tempi, non eravamo meglio noi, più semplicemente nel frattempo siamo cambiati tutti noi. Stavo leggendo di quel giovanissimo/i salito sul tetto del centro commerciale, e precipitato per una trentina di metri nella botola del condotto di areazione. Alle 22, 30 si cerca la montagna da scalare, ci si arrampica senza vedere, dentro passi affrettati dell’agire per l’incapacità a rimanere fermi. Chissà, forse hanno ragione quei luminari che ci dicono e sottolineano la pericolosità dei network, il virtuale che annienta il reale, le frasi fatte e coniate a più riprese su come la paura sia soltanto un surrogato da seppellire nella sfrontatezza della sfida. Eppure anch’io ricordo bene l’adrenalina della fascinazione del vicolo cieco, la sfida al muro del buio, la suola delle scarpe che non tocca nemmeno terra, ci sei dentro fino al collo, non stai correndo, stai volando, è tutto un dritto, non ci sono curve, non ci sono ostacoli, niente e nessuno ti può fermare. Niente e nessuno ti può fermare. Niente e nessuno ti può fermare soltanto la morte, la tua, peggio, quella degli altri, degli innocenti che il più delle volte rimangono senza giustizia. Anche allora come oggi il leit motiv era: “la morte non ci fa paura, la guardiamo in faccia”. Il problema è che sfidare la morte comporta sconfitte brucianti, il più delle volte la perdita è definitiva, infatti, al tavolo da gioco la morte vince sempre. Lo sconcerto per questa tragedia sta tutto dentro la solita frase di rito: “era un bravo ragazzo», eppure oggi quel giovanissimo non c’è più. Non conoscevo quel ragazzo, la sua storia, dunque non mi permetto di giudicare alcuno, genitori e adulti compresi, ma la paura è sinonimo di labirinto, di resa anticipata alla lotta che verrà.

    IImmpplliiccaannzzee sseemmaannttiicchhee:: SSooccrraa:: ssuuoocceerraa,,ddaall llaattiinnoo ssooccrruuss.. NNoorraa:: nnuuoorraa,, ddaallll’’aacccc.. ddeell llaattiinnoo vvoollggaarree nnoorraa--mm,, mmeettaappllaassmmoo ddeell ccllaassssiiccoo nnuurruu.. AAnnttrrooppoollooggiiaa:: IIl seme dei proverbi è chiaramen-te espresso in latino:- Homo sum: humani nihil a me alienum puto - Sono un uomo: niente di ciò che riguarda l’uomo mi sfugge. Ed anche: Gli uomini abitano la terra ma sono cittadini del cielo/ homines terram abitent sed coelicole sunt.

    Ho l’impressione che quando un adolescente cam-mina con gli occhi bendati nella notte cercando il proprio limite sul dirupo incombente, ciò confermi l’inaccetta-bilità dell’indifferenza intorno, in quella sfida al limite, tutta l’insopportabilità di una assenza: l’insegnamento a educare a volerci bene veramente, a rispettare noi stessi e gli altri. Ma questa è tutta un’altra storia.

    “ L’ adolescente cammina con gli occhi bendati nella

    notte cercando il proprio limite”

    Sirica Dora

    LA MORTE VINCE SEMPRE di V. Andraous

    - 4 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    Non conosco il disegno di legge sul reddito di cittadinanza ma d’intuito mi viene di fare alcune considerazioni. E’ giusto che il reddito di cittadinanza venga riconosciuto alle persone meno abbienti, a quelle cioè che godono di un reddito appena sufficiente per condurre una vita poco meno che dignitosa. Ma occorre individuare bene queste persone. Non lo sarà certo l’elettricista che soltanto per una piccola riparazione chiede ed ottiene non meno di trenta euro per la sola cd. “chiamata”. Né lo sarà l’operaio, che viene a sistemare la tapparella che non chiude bene, l’elettricista chiamato per sostituire una presa di corrente in corto circuito o l’imbianchino che ha dato una mano di pittura a qualche ambiente della casa. Per non dire poi del rivenditore al mercato ortofrutticolo, che vi risponde in malo modo se solo vi permettete di chiedergli uno scontrino fiscale. Si tratta di persone – l’elenco è soltanto accennato – alle quali è bene non chiedere un documento fi-scale, che pertanto non hanno ufficialmente al-cun reddito o lo hanno molto basso, giusto per restare entro i limiti previsti per ottenere i be-nefici assistenziali. Vale a dire che sono per-sone (e ve ne sono tante) che lavorano “a ne-ro”ed alle quali è consentito di evadere con tranquillità imposte e contributi previdenziali, considerato che i loro guadagni risultano ine-sistenti o quasi. Esse godono inoltre di tutti i servizi resi dallo Stato, dalla sicurezza interna ed esterna alla sanità, dalla scuola ai trasporti, all’uso del-le vie di comunicazione ed altro ancora.

    l

    Godono altresì, pur avendo di fatto un reddi-to superiore a quello di altri, di tutte le agevo-lazioni sociali, come – senza la pretesa di elen-carle tutte - esenzione sanitaria per reddito, tasse universitarie, libri e trasporto gratuiti per i propri figli studenti, preferenza nell’asse-gnazione degli alloggi dell’edilizia residenzia-le pubblica, pensione sociale per gli ultrases-santacinquenni. Per non parlare di coloro che questo hanno fatto per una vita intera e che oggi sono titolari di pensioni minime. Sono gli stessi, ai quali per anni è stato concesso di occultare i propri redditi, di pagare contributi previdenziali non adeguati e che oggi con il conto in banca, che è stato possibile incrementare per l’evasione costante di imposte e contributi, godono di una pensione minima, il cui importo è superiore a quanto sarebbe spettato loro sulla di base dei contributi previdenziali versati. Vale a dire che godono della cd. integrazione al minimo, che è pagata con i soldi di quelli che le imposte l’hanno pagate. Tutto questo a discapito di chi riceve un reddito sufficiente per condurre una vita appe-na dignitosa, dopo aver lavorato e pagato per anni regolarmente imposte e contributi previ-denziali. A me pare che, se il tanto conclamato reddi-to di cittadinanza dovesse ridursi a questo, sa-rebbe ancora un forte incentivo al lavoro nero, sempre a danno dell’economia nazionale, per-ché favorirebbe l’accordo tra il lavoratore, che lo riceverebbe, ed il datore di lavoro che ri-sparmierebbe di pagare i contributi previden-ziali. E sarebbe infine soltanto un’altra trovata elet-toralistica, per mantenere un’avventata pro-messa fatta – appunto – in campagna elet-torale, per garantire a chi intenderebbe intro-durlo un’altra campagna elettorale vittoriosa, favorita da un elettorato – a dir poco - ingenuo e fiducioso.

    R.Grimaldi

    IL REDDITO DI CITTADINANZA Di Raffaele Grimaldi

    - 5 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    IL DITIRAMBO Era, come abbiamo già detto, il canto corale in o-nore di Dioniso. Veniva intonato da un coro che al suono di un flauto danzava in cerchio. Di struttura drammatica, fu l'origine della Tragedia. La non ben chiara etimologia della parola ebbe da parte degli antichi spiegazioni abbastanza curiose alludenti al doppio parto di Dioniso, il parto immaturo della madre Semele e il maturo di Zeus; poiché in origine il dirambo fu il canto corale dionisiaco per eccellen-za. Tra le spiegazioni moderne la più probabile è quella proposta dal Wilamowitz, secondo cui la parola significa "un divino canto trionfale". La patria del ditirambo è tutt'altro che sicura. Nel-l'età classica lo vediamo fiorire a Corinto, a Sicione, a Tebe, a Nasso, ad Atene: in quasi tutti pertanto i principali centri ove si svolse la poesia greca. Le prime fra le località nominate si disputavano la gloria di averlo veduto nascere, e uno degli scolî pindarici racconta che il grande poeta tebano a-vrebbe a volta a volta, secondo la città della quale era ospite, sostenuto i diritti di tutte. Ma, qualunque sia stato il paese della Grecia che per primo abbia fatto eseguire ditirambi, sembra che la vera origine di quel canto corale sia da ricercare fuori della Gre-cia, o nella Tracia, che tanto contribuì alla diffusione del culto di Dioniso, o nella Frigia, a cui richiama l'indole appassionata del ditirambo e più di un par-ticolare nella esecuzione di esso, come l'uso del flau-to e dei toni frigio e ipofrigio. La prima menzione del ditirambo è in Archiloco: la tradizione ne attribuiva l'invenzione ad Arione, il quale gli avrà semplicemente dato, posto ch'egli non sia una figura del tutto mitica, politura letteraria. La materia del ditirambo venne da principio fornita, co-me dicevamo, dalle drammatiche vicende della vita di Dioniso. Ma ben presto vi introdussero altri sog-getti a Dioniso del tutto estranei: Simonide compose un ditirambo dal titolo Eu-ropa e un altro dal titolo Memnone; con Simonide dunque l'alterazione è già avvenuta. E all'epoca in cui la tragedia nasce dal di-tirambo (col distaccarsi del corifeo dalla massa e col dialogizzare di lui col coro: cfr. il Teseo di Bacchi-lide) i conservatori possono dire con ragione che in esso non v'è più nulla che si riferisca a Dioniso. I ditirambi si eseguirono con solennità press'a po- co pari a quella delle rappresentazioni drammatiche.

    Nell'Attica sí eseguivano alle Grandi Dionisie, alle Dionisie rurali, alle Panatenee, alle Targelie, alle Le-nee. In antico al vincitore si donava un bue, al se-condo un'anfora, al terzo un capro; dal sec. V in poi il premio fu abitualmente un tripode. Come per le tragedie così pel ditirambo fu in uso il sistema delle coregie (v.): il corego oltre a sostenere le spese della rappresentazione, doveva raccogliere il coro e farlo istruire. Il coro fu dapprima composto di cittadini, ma col tempo la parte musicale venne a prevalere sulla poetica, e perciò si richiese nei coristi un'abilità tecnica assai maggiore, e allora (sec. IV) si ricorse a professionisti, cantanti, sonatori di flauto, danzatori; tanto che il nome del flautista fu, in questa epoca, posto innanzi a quello del poeta. Il coro del ditirambo si disponeva in forma circolare, non rettangolare come il drammatico, onde ebbe l'appellativo di cicli-co. Poteva essere composto di uomini o di fanciulli. Talora lo troviamo denominato anche tragico, il che è da intendere con riferimento ai satiri (coreuti coperti di pelli di capro) che in origine composero il coro ditirambico, il quale si modificò in seguito, quan-do gli argomenti del ditirambo divennero estra-nei al culto di Dioniso, secondo l'opportunità. Il nu-mero dei coreuti fu da principio di cinquanta e probabilmente durò inalterato sino al 300 a. C. circa; in seguito venne considerevolmente ridotto. La danza ditirambica, di carattere tumultuoso, ebbe il nome di tirbasia:l'accompagnamento musicale,fatto prima con la cetra, fu ben presto eseguito dal flauto, e quando poi la istrumentazione raggiunse maggiore comples-sità, dal flauto e dalla cetra riuniti. I metri usati fu-rono da principio anche il tetrametro trocaico e forse l'esametro, ma, specialmente in seguito, quelli più adatti a esprimere violenta commozione, e quindi in particolar modo i dattilo-epitriti e i metri cretici e bacchiaci. Le soluzioni furono nel ditirambo più ab-bondanti che in ogni altra specie di carmi. Il diti-rambo amò per eccellenza parole composte assai ar-ditamente e talora addirittura in modo stravagante. La disposizione dei versi sembra essere stata sino a Melanippide di preferenza quella in triadi: Melanip-pide abbandonò ogni sorta di raggruppamento. Un'al-tra modificazione nel ditirambo fu dovuta a Filosseno di Citera (435-380). Continua

    Αὐλός Musica e canti nella Grecia antica

    © by Franco Pastore - Antropos in the world Salerno 2017 ISBN GGKEY:ZWAHC78XB99 – SETTIMA PARTE - I canti della Grecia antica – pag.31/32

    - 6 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    I termini insegnante e studente non sono so-stantivi puri come avvocato, medico, commercia-lista, meccanico,panettiere e così via ma derivano dal participio presente del verbo insegnare;questa origine verbale sottintende movimento. Ma che movimento può esserci dietro una cat-tedra o tra i banchi?Si tratta di dinamismo di men-ti e di cuori. Ogni giorno in una qualsiasi aula sco-lastica si mettono in moto miliardi e miliardi di neuroni e di sinapsi per attingere ad esperienze, ri-cordi,studi,e i confini tra chi insegna e chi impara non sono mai netti. Ridurre l’insegnamento a pura tecnica o , peggio ancora, al trasferimento di com-petenze, significa snaturarlo, fare confusione tra insegnante ed istruttore. La scuola richiede il pieno coinvolgimento di mente e cuore:chi insegna non vede solo alunni e chi apprende non vede solo professori,ma si rea-lizza un incontro tra persone di generazioni diver-se, tutto questo è la comunità educante. Ad onor del vero, negli ultimi decenni il concetto di comu-nità educante è caduto in disuso, ed è per questo che il numero uno dei “Quaderni di Pedagogia dei Cronoscout”,partendo dall’esperienza di insegnan-ti di diverse discipline di studio e di diversa età, tratta della passione educativa, nella speranza di avviare un dibattito serio, profondo e proficuo sul-la professione più bella del mondo. La scuola è una bella realtà; spesso nelle aule, nei corridoi e nelle sale degli insegnanti si discute, ci si confronta e si esercita la creatività. Quando gli insegnanti riescono a stabilire tra loro un clima di stima collaborativa,allora anche gli alunni ne traggono un gran beneficio.

    Questi appunti non hanno nessuna ambizione innovativa o di proposta metodologica, ma vo-gliono essere una semplice e serena testimo-nianza di come un bel rapporto empatico tra do-centi ed alunni possa favorire la ri-flessione su temi considerati, ingiustamente, poco appe-tibili dai giovani, e come il sapere abbia basi unitarie. Vincenzo Vitolo (*).

    _____________ (*) Docente di discipline umanistiche presso Licei ed Isti-tuti; Presidente della E.T. STUDIUM (Associazione di Stu-di e ricerche storiche, sociali e pedagogiche,con sede in Moliterno (PZ)).

    CUORE D’INSEGNANTE Da questo numero, Vincenzo Vitolo* curerà una rubrica che svilupperà temi:intorno alla ‘missione’ (più che ‘ruolo’) dell’insegnante; approfondendo le problematiche ruotanti intorno al mondo della scuola, attraveso riflessioni su argomenti di Filosofia e Logica ma-tematica.

    LA MALDICENZA

    Γλῶσσα,ποὶ πορεύη; πόλιν ἀνορθώσονσα καὶ πόλιν κα-

    ταστρέψουσα.[1] Lengua, a do’ vai? Vaje a salvà o a distruggere ‘a città?

    ( Lingua dove vai? Vai a salvare o a distruggere la città)

    ______________ 1) Zenobio, II, 99. - 7 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    Una breve introduzione, prima di trattare una vicenda coinvolgente:un mio romanzo, due giornalisti e condut- tori televisivi cilentani, Giacomo Giuliano e Guido Ca-rione che conoscono la singolare vicenda, un docente universitario, ed il famoso politologo e sociologo italia-no Giovanni Sartori, scomparso il 1° aprile 2017, all’età di 93 anni. Da Wikipedia estraggo il seguente passo: ‘Giovanni Sartori, politologo e sociologo italiano. È con-siderato uno dei massimi esperti di scienza politica a li-vello internazionale e il più importante scienziato poli-tico italiano.In Italia si deve a lui la nascita della scienza politica come disciplina accademica. Autore di fonda-mentali volumi tradotti in una molteplicità di lingue.’ Dunque, uno di questi volumi si intitola HOMO VI-DENS (Saggio, Laterza Editore, 1997). Relativamente all’Homo Videns: NON SI TRATTO’ DI UNA NO- VITA’ ASSOLUTA; in realtà, l’impianto concettuale di tale originale, singolare personaggio, era già stato chia-ramente esplicitato, perentoriamente evidenziato con tutte le sue caratteristiche basilari, in un romanzo del 1992 imperniato sui ‘Telehomines’ (ovvero sull’Homo Videns,un nuovo modello di ‘essere umano/televisi-vo’),intitolato VIDEO HOMINI GLUSTIFERIUS; au-tore del quale era lo scrivente,Giuffrida Farina. L’Homo Videns rappresentato dal Prof. Sartori nel 1997, conte-neva all’incirca 30 IDEE PRESENTI NEL ROMANZO ‘VIDEO HOMINI GLUSTIFERIUS’, DI 5 ANNI AN-TECEDENTE, DUNQUE DEL1992. Questi nuovi Per-sonaggi, i ‘Telehomines’, non ebbero la possibilità di essere divulgati. L’Homo Videns divulgato, rappresentò, in sintesi, ‘volto e corpo visibile’ dell’anteriore Homo Videns realizzato da Giuffrida Farina, perfettamente coincidente, conosciuto soltanto da alcuni consulenti editoriali di Mondadori, Einaudi,Bompiani, nonché da letterati ed amici dell’autore. Le tre summenzionate Case Editrici,alle quali,tra il 1991/92 avevo sottoposto il ro-manzo,non lo ritennero commerciabile,per ‘contenuti troppo avanguardistici’, pur apprezzando le fresche no-vità e le Realtà presenti (vi sono comunicazioni scritte, eloquenti alla stregua di un teorema matematico); a co-minciare dall’Homo Videns, proseguendo con: Video Telefonini parlanti, Società Schizofrenica,quotidiani Crimini in Famiglia, Televisione che dà spazio/notorietà a gente comune, TecnoBambini, Rete telematica Inter-net,Posta elettronica,e varie altre ‘previsioni azzecca-te’;Realtà che, come ben noto,all’epoca (fine anni ’80) non esistevano. Il Sartoriano HOMO VIDENS (riba-disco,1997) era permeato della stessa sostanza presente nel precedente Giuffridiano HOMO VIDENS (1992),con tutte le connotazioni,le qualità, i peccati e vizi. Non solo: ma una serie estesissima di idee collegate a questo Nuo-vo Personaggio, erano praticamente coincidenti. Il Dr.

    Laterza, lette le due opere simili, glissò un -sintetizzo la sua analisi- : “Non mi sembra vi siano affinità tra es-se” (lettere del 2 febbraio 1998, e del 6 luglio 1998). Ma nel romanzo VIDEO HOMINI GLUSTIFE-RIUS viene esplicitato il concetto, evidentissimo, di ‘Televisione generatrice di una nuova condizione tecnologico/umana': è uno dei 30 concetti simili! Lo si ravvisa già dai 2 titoli! Ho delineato questo even-to, prospettandolo a direttori di quotidiani e periodi-ci, tra cui il direttore di Antropos in the world, Fran-co Pastore; una monografia, nella quale tutto è mate-maticamente dimostrato e documentato, illustra il caso: il precursore del genere ‘Homo Videns’ è Giuffrida Farina. Relativamente a tale mia singolare vicissitudine, all’incirca 20 anni fa mi accaddero due eventi che illustro. Il primo: Questa vicenda,molto probabilmente, secondo il parere di alcuni medici(tra essi il Dr. Nicola Pugliese,neurologo al Ruggi D’A-ragona di Salerno),fu una delle probabili cause di u-na ischemia cerebrale che mi colpì 20 anni fa. Il se-condo: Partecipai,nel 1997, ad una trasmissione tele-visiva condotta da Giacomo Giuliano e Guido Cario-ne;intendevo soltanto far presente tale mio anticipo, cosa c'era di male? Qualcun altro,al posto mio,non l'avrebbe evidenziato? Al talk show eravamo stati invitati io e il Professor Vitale, dell’Università di Salerno,che conosceva Sartori; disse a Giacomo che non avrebbe partecipato al programma televisivo, qualora avessimo trattato, io e Giacomo, questa vi-cenda. Tale comportamento mi parve strano, incom-prensibile, volevo esprimere ed evidenziare idee ef-fettive,un qualcosa di vero che non tangeva minima-mente il Professor Vitale.

    (Continua a pag.11)

    IL DILEMMA DI GIUFFRIDA FARINA IL PRECURSORE DELL’HOMO VIDENS: VICENDA DELINEATA NEL VOLUME ‘CHI E’ IL REALE

    IDEATORE DELL’ HOMO VIDENS? L’EMINENTE PROFESSOR SARTORI OPPURE UNO SCONOSCIUTO CREATIVO DAL DESTINO BEFFARDO?’

    - 8 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    LL’’AAUUTTOORREE DDEELL MMEESSEE::

    LE FARSE CCooppyyrriigghhtt ©© bbyy FFrraannccoo PPaassttoorree –– sseetttt.. 22001188

    UUnnaa rreeaalliizzzzaazziioonnee AA.. II.. TT.. WW.. - Cod e.book GGKEY:XTN2LUX08JQ NNeellllee BBiibblliiootteecchhee uunniivveerrssiittaarriiee ddii NNaappoollii,, PPaavviiaa ee nneellllaa bbiibblliiootteeccaa pprroovviinncciiaallee ddii SSaalleerrnnoo ––

    DDiiffffuussiioonn oonn lliinnee oovveerr GGooooggllee ppllaayy ee IIuussssuu..ccoomm

    La farsa, figlia della satira, evidenzia costumi, comportamenti, idee e passioni dell'uomo, indu-gian-do, talvolta, in determinate categorie di perso-ne, per delle peculiarità emergenti, sia dal punto di vista antropologico che da quello psicologico, quasi in ossequio ad una istintività primordiale. Linfa umana che scorre, la farsa si esprime in rappresentazioni senza pregiudizi o intenti di va-lutazione, come un crudo racconto della vita. Questa forma d’indagine, negli aspetti sociocul-turali dell’ulti-mo novecento, massimamente quelli più inediti ed originali, vuole evidenziare la dram-maticità di percorsi inevitabili, che si delinea-no necessariamente in esplosioni d’umanità, a volte assurde, se non folli, a volte sofferenti, ma sempre in sintonia con le vicissitudini che caratterizzano la vita di tutti i giorni e di ciascuno di noi. Sembra quasi il delinearsi di un “destino”, che guida l’agire dell’uomo verso una inesorabile ca-tarsi, dove, per l’affermazione di un principio su- superiore, giusto o ingiusto che sia, gli eventi me-desimi perdono di colore e danno vita a rppresen-

    tazioni di derelizioni, accumulate nella brumo-sa quotidianità. Se, In certi momenti la nostra anima, spo-glia di tutte le sue finzioni abituali, riuscisse a guar-dare nel nostro microuniverso, una strana realtà investirebbe il nostro silenzio. Il testo raccoglie nove farse:

    Una strana Famiglia Peppe tracchia Un caso si necessità A colloquio con un segretario Vase arrubbate Bernardas gluriosas Una famiglia in analisi Il brevetto Concetta Quagliarulo.

    Trecentoquarantotto pagine di risate, messe a di-sposizione di un pubblico, stanco di assistere sempre alle stesse commedie che vengono ripro-poste da oltre 50 anni nei teatri meridionali.

    Lo Staff che rappresentò “Una stana famiglia”,nel 2004 a Pa-gani (Sa), con la regia del bravo Enzo Fabbricatore, che, purtroppo, non è più tra noi.

    AAnnttrrooppooss

    FRANCO PASTORE

    LE FARSE

    A.I.T.W. EDIZIONI Collana Teatro

    - 9 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    LLAA DDOONNNNAA NNEELLLLAA SSTTOORRIIAA

    BUDICCA: LA REGINA DEGLI ICENI La giovane regina della tribù degli Iceni, nell'Inghil-terra orientale, è ricordata per aver guidato la più feroce rivolta anti-Romana dell'isola. Dopo aver protestato per l'esproprio delle terre del defunto marito Prasutago da parte dei Romani, fu denudata e umiliata in pubblico dai conquistatori, che stuprarono le sue figlie. Budicca, esperta di arte milita-re, organizzò allora una vendetta, chiamando a raccolta tutti i nobili Iceni scontenti, infliggendo al proconsole romano Paolino una prima, dura sconfitta. Vinta una battaglia, perse però la guerra e pur di non cadere nelle mani dei Romani Budicca si suicidò, avvelenandosi. Secondo Tacito, Budicca erafosse di famiglia nobile. A circa sette anni sarebbe andata a vivere con una seconda famiglia, presso cui rimase fino ai 14 anni circa. Fu in questo periodo che apprese sto-ria, tradizioni, religione e cultura delle tribù celti-che e imparò l'arte militare. Attorno al 47 tornò a casa e la sua famiglia la diede in moglie all'iceno Prasutago. La coppia ebbe due figlie. Prasutago sperava di lasciare il regno ai suoi familiari, nominando coerede l'imperatore romano. Secondo il suo testamento, dunque, il regno doveva essere equamente diviso tra la moglie, le figlie e l'Impero Romano, a quel tempo comandato da Nerone. Era pratica normale di Roma concedere l'indipendenza ai regni alleati solo finché erano vivi i re clienti, che però dovevano lasciare in eredità a Roma i loro regni. La legge romana, inoltre, rico-nosceva validità solo all'eredità per linea maschile. Così, quando Prasutago morì, i suoi tentativi furono vanificati e il regno fu annesso dai Romani, come se fosse stato conquistato. Terre e proprietà furono confiscate ai nobili. Budicca protestò con forza: per tutta risposta, i Romani la umiliarono esponendola nuda in pubblico e frustandola, mentre le giovani figlie furono stuprate. Nel 60 o 61, mentre il proconsole romano Gaio Sve-tonio Paolino stava conducendo una campagna contro i druidi dell'isola di Anglesey (Galles settentrionale), gli Iceni e i loro vicini, i Trinovanti, si ribellarono sotto la guida di Budicca, furiosa per l'affronto subito e desiderosa di vendetta. Il primo obiettivo de ribelli fu la colonia romana di Camulodunum (odierna Col-chester). In quella città c'era molto risentimento verso i Romani, poiché i veterani lì congedati non avevano trattato con molta gentilezza la popolazione locale.

    Per questa ragione l'insediamento oppose una scarsa resistenza e gli ultimi difensori furono assediati nel tempio dedicato al divo Claudio, arrendendosi dopo due giorni. Il futuro governatore, Quinto Petillio Ceriale, al comando della IX Hispana cercò di riconquistare la città, ma fu sconfitto. L'esercito ribelle incendiò e rase al suolo anche Londinium (l'odierna Londra) che, ab- bandonata a sé stessa da Paolino, non aveva sufficienti truppe per difendersi dai ribelli. La stessa sorte toccò poi Verulamium (oggi St Albans). Il totale dei morti ammontò a circa 70.000 - 80.000 persone. Riorganizzate le truppe, Paolino si scontrò con Budicca nella battaglia di Watling Street (ubicazione sconosciuta e molto dibattuta). Nonostante i Romani fossero di molto inferiori in numero, sfruttando la loro superiorità tattica, inflissero una dura sconfitta ai ribelli, facendone strage. Budicca si avvelenò, pur di non cadere nelle mani dei Romani. Nel Medioevo la figura di Budicca fu dimenticata, né compare in nessuna fonte. Ricomparve poi nel XVI secolo, dopo la riscoperta delle opere di Tacito e di Cas-sio Dione Cocceiano da parte di Virgilio Polidoro, an-che se all'inizio si pensò che la "Voadicea" tacitina e la "Bunduica" dionea fossero due donne diverse. A partire dal XVII secolo la sua storia ispirò diversi autori. La sua fama raggiunse l'apice nell'Età vittoriana, quando divenne un'eroina e un importante simbolo culturale del Regno unito. La scrittrice inglese Manda Scott ha scritto un ciclo di romanzi basati sulla figura di Budic-ca. Su Budicca è stato pubblicato nel 2006 anche il romanzo La dea della guerra, quinto libro del Ciclo di Avalon di Marion Zimmer Bradley scritto in collabo-razione con Diana L. Paxson. Un ulteriore romanzo su Budicca è stato scritto e pubblicato nel 2011 dal titolo Il vessillo di porpora di Massimiliano Colombo.

    - 10 -

    https://it.wikipedia.org/wiki/Medioevohttps://it.wikipedia.org/wiki/XVI_secolohttps://it.wikipedia.org/wiki/XVI_secolohttps://it.wikipedia.org/wiki/Tacitohttps://it.wikipedia.org/wiki/Cassio_Dione_Cocceianohttps://it.wikipedia.org/wiki/Cassio_Dione_Cocceianohttps://it.wikipedia.org/wiki/Virgilio_Polidorohttps://it.wikipedia.org/wiki/XVII_secolohttps://it.wikipedia.org/wiki/Et%C3%A0_vittorianahttps://it.wikipedia.org/wiki/Regno_unitohttps://it.wikipedia.org/wiki/Manda_Scotthttps://it.wikipedia.org/wiki/La_dea_della_guerrahttps://it.wikipedia.org/wiki/Marion_Zimmer_Bradleyhttps://it.wikipedia.org/wiki/Diana_L._Paxsonhttps://it.wikipedia.org/wiki/2011https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Il_vessillo_di_porpora&action=edit&redlink=1https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Il_vessillo_di_porpora&action=edit&redlink=1https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Massimiliano_Colombo&action=edit&redlink=1

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    E' come se taluno volesse manifestare l'idea reali-stica che, in tutte le religioni, esistono alcuni 'uomini di Dio' pedofili, e gli venisse posto il bavaglio. Comun-que, accettai l'esortazione di Giacomo, anch’egli perplesso e dispiaciuto della intenzione del Professor Vitale; lo stesso Guido, desolato ed infastidito, non si aspettava una reazione del genere, perché sapeva, come d’altron-de Giacomo, che Sartori non aveva accettato un con-fronto con me; i due presentatori sapevano che avrei narrato elegantemente la vicenda, avrei poi fatto pre-sente che intendevo partecipare al ‘Maurizio Costanzo Show’ (sottolineo che in Reda-zione TG Canale 5, lavora un cugino di mia moglie, Raffaele Pelle-grino) insieme al Professor Sartori, per un sereno con-fronto (del quale il Professor Sartori era a conoscenza, sono stato informato), ma tale dibattito non si verificò: Come mai? Cosa temeva il Professor Sartori? Che stranezza! Un politologo di fama inter-nazionale,che non accetta di confrontarsi con uno sconosciuto creativo! Non lo querela,pur sapendo che lo scono-sciuto sta divulgando ‘notizie pesanti’: non sembra paradossale, ‘Kafkiana’, la vicenda? Per quale motivo far sorgere queste ‘tenebre della oscurità’? “NON FARE AGLI ALTRI…”, INSE-GNAMENTO DI GESU’: E se fosse capitata a Voi tale avventura, direttori di giornali o lettori? Se aveste avuto una esperienza analoga alla mia? Occorre conoscere bene l’Analisi Matematica, prima di ‘valutare’ Integrali tripli e Differenziali. Una gemma preziosa che ho ricevuto dalla sorte, la considero davvero una perla, è l’onore di aver parteci-pato a singolari trasmissioni televisive condotte da Guido Carione e Giacomo Giuliano. In una di esse avvenne lo ‘strano episodio’ coinvolgente me ed il Pro-fessor Vitale dell’Università di Salerno, in un’altra era ospite il direttore artistico del Giffoni Film Festival, Claudio Gubitosi, egli ne narrò l’origine e la straor-dinaria evoluzione nel tempo. Altra puntata pregevole fu quella in cui erano presenti due splendide persone, un ragazzo ed una bellissima ragazza, non vedenti; il ragazzo studiava musica e la ragazza,studentessa uni-versitaria, scriveva poesie, ne recitò alcune;Giacomo, ad un certo punto le chiese se si sentisse emozionata, ma una mia battutina leggera anticipò la sua risposta; dissi, più o meno, che era la poltroncina aveva un fred-do spaventoso, e questi ‘brividi allucinanti della pol-trona’, Giacomo li aveva scambiati per emozione della ragazza … Subito dopo aggiunsi che sono persone spe-ciali, le persone dotate di una vista superiore alla no-stra. Al termine del programma conversai con i due ragazzi, e ricordo palesarono la loro simpatia e serenità; quando ci salutammo, la ragazza mi ringraziò. ‘Ma di cosa?’,risposi un po’ spiazzato, ‘Dell'aver trascorso una bella serata’, mi disse; quando rievoco quel momento, lo annovero tra i miei più belli, aver re-

    galato un sorriso a persone straordinarie. Di seguito due elaborazioni, che vennero divulgate in alcuni program-mi. BIQUADRO MUSICALE, SIMULTANEAMENTE LO SI OSSERVA ED ASCOLTA (MUSICA ‘APPLI-CATA’ SU TELA). L’opera fu presentata, nell’aprile 1997,in una trasmissione culturale di TeleSalerno1, con-dotta da Giacomo Giuliano e Guido Carione; il profes-sor Nicola Scontrino dell’Università di Salerno,definì le mie elaborazioni:‘follie di un pazzo scatenato’,alcune di tali follie apparvero in un articolo di Gabriele Bojano, sul quotidiano Il Mattino,nell’aprile del 1998. La foto ritrae Giacomo Giuliano e Giuffrida, in ‘versione gio-vanile’, all’atto di ‘far ascoltare’ il biquadro.L’altra è più recente (2013). MUSIEQUAZIONI/GRAFOMATEMATICA MUSI-CALE. Sono brani musicali nei quali vi è una associa-zione matematico/musicale: il grafico (disegno del dia-gramma, sugli assi cartesiani X ed Y) è tradotto musi-calmente con un brano che lo interpreta, le note seguono l’andamento del grafico e le pause sono corrispondenti a determinati vuoti, ossia discontinuità, del diagramma; nella foto illustrativa, una linea curva (arco di iperbole) è rappresentata con un insieme di note disposte ‘ad iper-bole’,con andamento ‘Adagio’e mie libere variazioni melodiche ed armoniche,sul tema geo-metrico ‘linea iperbolica’. Analogamente,lo sviluppo di linea para-bolica delle note,ovvero una ‘evoluzione in discesa’ seguita da una ‘evoluzione in salita’, ha interpretato musicalmente (con un motivo musicale avente anda-mento ‘Andante’) il grafico della parabola, con una mia predefinita corrispondenza tra punti salienti del grafico: massimi, minimi,fase di crescita, di decresci-ta…Il musicista Felice D’Amico eseguì in maniera stupenda, col suo magico violino,questo brano mate-matico,nel corso di una trasmissione che si svolse presso la sede dell’emittente salernitana Telecolore (evidenzio la raffinatezza del direttore,il Dr. Franco Esposito); nella foto l’esibizione del virtuoso violi-nista, con di fianco Guido Carione e Giacomo Giu-liano;altra immagine: l’intervista di Guido Carione. Di seguito le caratteristiche del volume illustrativo del caso, integrato da numerosa documentazione. Titolo: CHI E’ IL REALE IDEATORE DELL’ HOMO VIDENS? L’EMINENTE PROFESSOR SARTORI OPPURE UNO SCONOSCIUTO CREATIVO DAL DESTINO BEFFARDO?

    Autore: GIUFFRIDA FARINA. Saggio intorno ad un caso di mancato riconoscimento di priorità creativa. Pagine:163. Editrice:ANTROPOS IN THE WORLD, direttore Franco Pastore.

    Il dilemma di Giuffrida Farina continua da pagina 8

    Ἄριστον μὲν ὕδωρ. ( Àriston men hýdōr) "L'acqua è comunque la cosa più grande. Pindaro

    - 11 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    COMME A NU VESTITO Come un vestito

    Mentre ca ‘nterra cumbattimme a vita, mentre ca ‘o tiémpe cammina e ce strùje, ‘o ciélo aspetta, cùmme a ‘nu vestito azzurro, ca già tène a forma e nùje. JAMME, CA ‘O TIEMPE… Il tempo che è rimasto Jamme, ca ‘o tièmpe ch’è rimaste è poco, l’uva de’ iuòrne è stata già spremuta, l’urdama luce, ancora spàsa ‘ncièle, fa segne ‘o viénte cal’ombra se chiamma […] E GIA’ L’AUTUNNO L’autunno E già l’autunno ce offre ‘stu scenario ùmmeto e griggio, rischiarato a stiénto: appriésso a lepre ‘e ‘na mappàta ‘e foglie, còrrene tutte ‘e levriere do’ viénto è.

    ________________ Mario Mastrangelo, nato a Salerno nel 1946, è laureato in scienze biologiche. Autore di sette raccolte di poesia, hanno parlato di lui critici ben noti e tra essi Franco Loi e Giorgio Barberi Squarotti. Le sue poesie, tradotte in inglese, sono diffuse in America sul sito “Italian dialect poetry”, curato dal prof. della Un verssity City of Nw York Luigi Bonaffini.

    ADDEVENTATE VASE Diventate baci

    Nu’ rimanite facce pe’ n’attime ‘ncuntràte, nu’ rimanite sciàte chiuse ‘da’ n’aria ‘e ghiàcce, o voce che ‘a freddézza fa annacquàte e luntane. Cercate d’essere mane, strette all’àti mmàne, e facìteve piètte addò ogni respìre, mmiézz’’o viénte ca tira, pe’ se scarfà, po’ ttràse. Nunn’aspettàte cchiù, addeventàte … vase! “Una poesia semplice, ma liricamente impostata, che nasce dal cuore ed invade l’anima con la forza di un uragano. Motivi spontanei, che ondeggiando si enucleano in immagini accorate, che possiedono il potere di far scattare l'emozione ed una parte-cipazione viva dell’animo. Franco Pastore

    MARIO MASTRANGELO I MIEI VERSI IN DIALETTO CAMPANO

    - 12 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    La società non è qualcosa di astratto, che si riduce al parlato, al raccontato, è piuttosto una comunità fatta di persone, di istituzioni, di regole autorevoli da rispettare. Il carcere è società, non certamente una manciata di feudi out rispetto alle normative statuali, ma soggetti fondanti lo stato di diritto, eppure il carcere è diventato quotidianamente un caso che desta interrogativi, inquietudini, sorda-mente rispedite al mittente. Dentro le celle ci sono persone che scontano la propria pena, persone che lavorano, altre che svolgono il proprio servizio vo-lontaristico, si tratta in ogni caso di cittadini, sia-no essi detenuti, o che prestano la loro professio-nalità, che consegnano il loro tempo alla speranza di tirare fuori insieme il meglio da ogni uomo pri-vato della libertà. Ma ciò può essere raggiunto unicamente operando con lo strumento dell’educa-re, non con la solita reiterata tergiversazione per impedire la comprensione, la possibilità di una parete di vetro, dove osservare quel che accade, o purtroppo non accade per niente, perché il diritto è sottomesso e violentato dal sovraffollamento, dagli eventi critici, dai problemi endemici all’Am-ministrazione. Il rispetto per il valore di ogni per-sona ha urgenza di essere inteso non come qual-cosa di imposto, ma come una condizione esisten-ziale da raggiungere attraverso l’esempio di per-sone autorevoli, anche là, dove lo spazio ristretto di un cubicolo blindato, non dovrebbe mai annien-tare la dignità del recluso. Se è vero che le vittime sono quelle che soffrono dimenticate nella propria solitudine, se i parenti delle vittime se la passano peggio dei colpevoli, occorre davvero fermarci a riflettere, pensare quale società desideriamo, di conseguenza quale carcere condividere, e non ri-manere indifferenti a un penitenziario ridotto all’ ingiustizia di una afflizione fine a se stessa, al punto da sostenere strumentalmente che le misure alternative, la sorveglianza dinamica, sono inno-vazioni che screditano il buon andamento di una giustizia giusta, invece che progettualità tendenti a migliorare le persone e di conseguenza l’intorno reale. In questa sopravvivenza carceraria, c’è una incultura che alla pena di morte vorrebbe conse-gnare la patente salvavita, basti pensare ai tanti e troppi suicidi in questa metà di nuovo anno. Forse come nel Fidelio di Beethoven, non è suffi-ciente“cacciar via velocemente il cattivo suddito”,

    alle teorie assolute che pretendono di punire perché è stato commesso un reato, e le altre, che puniscono per impedire che nel futuro se ne commettano altri, c’è urgenza di chiederci quale persona entra in un carcere, e quale “cosa” ne esce, quale trattamento ha ricevuto quella persona, se oltre alla doppia pu-nizione impartita, ha avuto possibilità di imparare qualcosa di positivo, o se invece di rieducazione, si tratta di una definitiva devastazione.

    ILCARCERE DELLE PAROLE Di Vincenzo Andraous

    LA CORTESIA - Papà chi c’è su quella nuvoletta che se ne sta sempre sola soletta? -Vi abita la più dolce bambina che ci sia; il suo nome è Cortesia. - Perché fra noi non scende ed a tutti la mano tende? - Più volte è scesa e più volte ha pianto per essere stata trascurata tanto: il mondo da altre cose è distratto. - Per questo il maestro ha detto che è un nome astratto!

    R. Nicodemo

    - 13 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    CONTADINO DEL CILENTO Solo su per l’aspra erta contorta, con l’asino, la capra e il cane, il contadino s’ incammina verso l’arido pezzo di terra. Il sole, da cui il figlio di Pirete (1) l’origine delle cose derivava, illumina nella sua epifania. _________ 1) Parmenide di Elea U FFUOCU -‘Ncoppa a chist’argumentu caru cumpari ri ‘st’irea sempi su statu sicuru sordi persi. Piccatu,chi tinni pari pi quattu tracchiti e nu colpu scuru. Non sarìa megliu- santu Ddiu – apparà la via ri lu Monti ch’è ruvinata e l’uommini e li muli fa dannà a sagli e scinni tutta la jurnata E inveci, quantu sperperu pi senti Com’ a tanti citruli ‘nsimintuti nu frastunu inta l’aria e doppu basta -Michè chi mi rici ‘ncapu pi tramenti stata irea tara ficcà-l’ha’sintuti? - A festa senza u ffuocu nun è festa 5. ‘U NIRO ‘Nda li muntagni ri lu meu Cilientu Si buon’appizzi l’uocchi e ti n’adduni quasi aggrappartu e strittu a lu Fujentu viri nu niro ’ ncoppa a nu vadduni. Su poc’aucieddi, ma comi lu vientu sbattentusi pi tutti li spuntuni vonnu vulari via cu arrdimientu sulu li viecchi restanu a lu riuni. Eppuri,sparrsi pi tuttu lu munnu, li sienti suspirà sira e matinu Pover’aucieddi Ca inta du niru tunnu dopu tantu camminu Vurrianu gorere fin’infunnu Cu paci amuri e l’amici vicinu.

    Il Cilento, che insieme al Vallo di Diano è parte della Lucania occidentale, è una subregione montuosa della Campania in provincia di Salerno, nella zona meridio- nale della regione, dichiarato dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità. E’ questa la terra dove è nato Renato Nicodemo, l’illustre saggista che ha dedicato alla sua terra i versi che seguono.

    LAURITO -luogo dell’anima- Paese il mio paese tra l’antico ulivo nascosto e il forte castagno, Profumo d’alloro tutt’intorno. Paese il mio paese dal santo d’Agira protetto1 dal lucido Mingardo2 e dall’Utria anemico abbracciato. Paese il mio paese la piazza muta e le deserte vie che il F ulgens3 vigile scolta erto sovrasta. Paese il mio paese da lungo nastro4 in due diviso, le selci del sangue ancor macchiate di giovani ginocchi.5 Paese il mio paese rondini e rondoni tordi e passeri non sento più né le chiassose galline né dell’asino il raglio Paese il mio paese nel cimitero quadrato tra fiori e silenzio i miei riposano.

    ____________ 1.San Filippo d’Agira patrono del paese. 2.fiumi che circondano Laurito. 3.monte che lo sovrasta. 4.strada statale 18 che lo attraversa. 5. spesso si giocava in mezzo alla strada facendosi male.

    VERSI DI RENATO NICODEMO SUL CILENTO

    - 14 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    LETTERA APERTA DEI DETENUTI DI SALUZZO ALLA CITTADINANZA

    Siamo un gruppo di detenuti del carcere Rodolfo Morandi di Saluzzo, che ha deciso di prendersi l'impegno di inviare ogni anno ai giornali, a ridosso dell'8 settembre, una lettera aperta alla cittadinanza. Così com'è difficile mantenere la propria parola fuori dal carcere, doppiamente difficile lo è per noi, poiché nel corso di un anno molte sono le cose che possono accadere: qualcuno di noi potrebbe essere stato tra-sferito in un altro carcere o agli arresti domiciliari; qualcuno potrebbe nel frattempo essere morto di cancro; altri, finito di scontare la propria pena, po-trebbero già essere tornati in libertà. Ma faremo di tutto per essere fedeli a questo impegno; e sarà suffi-ciente che almeno due testate giornalistiche pubbli-chino la nostra lettera per poter dimostrare di aver mantenuto la promessa. Possiamo contare su Cascina Macondo, l'associazione di Promozione Sociale che da anni ci tiene impegnati con interessanti progetti e laboratori, e sarà sufficiente che un'altra sola testata, una rivista, un telegiornale, una fanzine, un blog, una pagina facebook, una sola, dia spazio a queste nostre parole. Ringraziamo sinceramente coloro che avranno vo-luto accoglierci. Ci teniamo a precisare che non parliamo a nome di tutti i detenuti del carcere di Saluzzo, e nemmeno a nome di tutti i detenuti delle carceri italiane. Così come è vero che fuori dalle mura, tra voi uomini liberi, ci sono mille teste e mille opinioni, altrettanto vero lo è per noi. Quindi parliamo a nostro nome, anche se supponiamo che molti potrebbero condividere i contenuti di questa lettera e le nostre intenzioni. Potevamo scegliere,come periodo simbolico,i gior-ni a ridosso del Primo Maggio, festa dei lavoratori, in quanto ci piace pensare che, pur se ristretti, vorremo vestire il ruolo di "lavoratori per la riconciliazione". Abbiamo invece scelto l'8 settembre, ricorrenza della nascita della Beata Vergine Maria, ma soprattutto giorno dell'armistizio e inizio della Resistenza. Sim-bolicamente ci è sembrato più appropriato, in quanto siamo detenuti che pacificamente vogliono conqui-starsi nuovi strumenti: la parola, la filosofia, il diritto, la cultura, il dovere, l'istruzione. Ma fin qui è solo premessa. Perché scrivere una lettera aperta alla cit-tadinanza? Semplicemente per esprimere a tutti voi che vivete al di là delle mura, donne e uomini liberi, un pensiero che abbiamo fatto nostro in questi anni di detenzione, di silenzio, di riflessioni.

    Un pensiero che vuole essere un consiglio soprat-tutto rivolto ai giovani, il seguente: "non fatevi mai giustizia da soli". Ecco, ci tenevamo a dirlo che oc-corre resistere con ogni mezzo alla tentazione di farsi giustizia da soli. È l'errore che molti di noi hanno com-messo. Ci teniamo ad affermare questo principio di cui ora siamo davvero consapevoli. Malgrado a volte lo Stato e le Istituzioni siano assenti, spesso latitanti, a volte ottuse e impietose, a volte arroganti e prepotenti quanto lo siamo stati noi in passato, malgrado questo, profondamente sentiamo di poter affermare: "non fatevi mai giustizia da soli, per-ché potreste scoprire un giorno che quella non era giu-stizia". Noi abbiamo sbagliato e stiamo scontando la nostra pena. A coloro che ancora non hanno sbagliato, a coloro che sono giunti al confine con l'errore, a coloro che pensano che non sbaglieranno mai, auguriamo di pren-dere in considerazione l'idea che noi, e la nostra espe-rienza, possiamo essere una risorsa e non un rifiuto. E che anche noi siamo uno spicchio di quella stessa citta-dinanza di cui tutti facciamo parte. E che un mondo migliore non solo lo desiderano coloro che vivono li-beri, ma anche coloro che vivono rinchiusi tra le mura di un carcere. Con la speranza di essere di nuovo accolti qui l'anno prossimo ringraziamo per lo spazio che ci è stato concesso .. Carcere Rodolfo Morandi - Saluzzo8, Sett. 2018

    Ally Mhando, Angelo Rucco, Emilio Toscani, G. L. Landonio, G. Pelaia, M.Mazzei, P. Austero

    - 15 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrllddcc

    UN MATRIMONIO DA FAVOLA NELLA STRAORDINARIA CRIPTA DEL DUOMO DI SALERNO

    Daniela Liguori, figlia della direttrice del nostro giornale, Rosa Maria Pastore, e Luca longobardi, hanno coronato il loro sogno d’amore, nella favolosa Cripta del Duomo di Salerno.

    La sposa, accompagnata all’altare da suo fratello Paolo, è stata, con il suo sposo Luca, protagonista di una cerimonia regale, sapientemente evidenziata dal canto dell’artista Ermanno Pastore, suo cugino. Il tutto magnificato dalle note magiche di un vio-lino. La commozione ha preso tutti, in particolar modo Rosa Maria, la madre della sposa, che, in un magnifico abito lungo ha seguito la cerimonia col cuore gonfio d’amore. Con lei, i fratelli e la con-suocera, insieme con gli altri ospiti, completamen-te presi dallo stile della Cripta, che, carezzata dalla voce dell’artista e dalle note, è divenuta pura ma-gia. I matrimonio ha avuto il suo epilogo all’Hotel Villa Meridiana di Paestum, dove sposi ed ospiti si sono deliziati con un magnifico pranzo e uno spet-tacolo con artisti di grido che hanno offerto canti e musica di gran livello. N.d.D.

    - 16 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    LLAA PPAAGGIINNAA MMEEDDIICCAA:: aa ccuurraa ddii AAnnddrrooppooss

    AA LL IIMM EE NNTT II DD EE LL LL ’’ AAUU TTUUNN NN OO

    Una dieta sana e naturale prevede il consumo di frutta e di verdure di stagione. Rispettare la stagionalità degli alimenti aiuta a seguire un’alimentazione più sana ed equilibrata; di conseguenza aiuta la salute e il benes-sere. In particolare, la stagione dell'autunno, il cibo e il fegato sono legate a filo doppio. Ma quali alimenti ci offre l’autunno? Il frutto del melograno è molto ricco di sali mi-nerali e di vitamine; presenta, inoltre, notevoli proprie-tà antiossidanti. Secondo alcuni recenti studi scientifi-ci, aiuterebbe anche nel controllo del colesterolo. Tutte queste caratteristiche fanno del melograno uno dei più ricchi alimenti dell’autunno che però, forse, troviamo troppo poco frequentemente sulle nostre tavole. Intanto, il Kiwi ricchissimo di vitamina C è utile per prevenire il raffreddore e per rinforzare il sistema immunitario. Ha proprietà antiossidanti e aiuta la motilità intestinale. Contiene infine una buona quota di calcio e fosforo. Tuttavia, la mela è forse il frutto che più si utilizza in autunno e nei mesi invernali. Ottima anche cotta è ideale per la preparazione di gustose torte. Esistono tante varietà diverse ed ognuna presenta le proprie ca-ratteristiche nutritive; in genere, comunque, sono ric-che di vitamine C, PP, B1 e B2. Le mele sono il primo frutto che si introduce nell'alimentazione del bambino e sono un'ottima merenda a partire dai 5/6 mesi di età. E le verdure? Tra gli alimenti dell'autunno la zucca è certamente il più versatile; ci si può preparare un intero menù, dall’antipasto al dolce. La polpa è particolarmente ricca di carotenoidi ed è poverissima di calorie; 100 grammi di zucca contengono solo 17 ca-lorie. È molto leggera e facilmente digeribile e possie-de proprietà diuretiche, rinfrescanti e lassative. Non dimentichiamo poi i semi di zucca che una volta tostati e salati sono perfetti come stuzzichini,: contengono fi-tosterolo, grassi, melene e filolecitina; sono blandi an-tinfiammatori e aiutano a prevenire le disfunzioni delle vie urinarie.

    Cavoli e broccoli sono tra gli alimenti più comune-mente usati per le ricette d’autunno e d’inverno. Sono ricchi di vitamine (A, B1, B2, B9, PP, C), acido folico e minerali, tra cui fosforo, calcio e potassio. Hanno un buon potere antiossidante e, grazie all’elevato contenuto di clorofilla, aiutano l’organismo nella produzione di emoglobina e quindi nella prevenzione delle anemie. Sono poco calorici e hanno un ottimo potere saziante, sono quindi alimenti ottimi per chi vuole stare a dieta. Mentre i carciofi, digestivi, ricchi di potassio e di mi-nerali, devono la maggior parte delle proprie proprietà alla cinarina, la stessa sostanza alla base del caratteri-stico sapore amarognolo. L’organo che trae il maggior beneficio dal consumo di questo alimento dell’autunno è il fegato. Il carciofo, infatti, favorisce la secrezione degli acidi biliari oltre che la diuresi. Per ottenere il maggior beneficio, il carciofo andrebbe consumato crudo; con la cottura, infatti, molti degli effetti della cinarina si perdono.

    Non dimentichiamo gli antiossidanti sono sostanze preziose per la nostra salute perché agiscono contro l’azione nefasta dei radicali liberi. I radicali liberi sono molecole altamente reattive che agiscono a danno del-l’organismo su più fronti. Più semplicemente i radicali liberi sono il prodotto di scarto del lavoro quotidiano delle cellule. Essi agiscono “aggredendo” le cellule sane danneggiandole. In questo modo si replicano a danno del nostro organismo. L’invecchiamento cellulare è uno degli aspetti che si deve considerare quando si parla di radicali liberi e di azione preventiva nei loro confronti. Quando il sistema cellulare è attaccato il nostro sistema immunitario ne esce sconfitto e debilitato. Che cosa significa? È facile intuire che se l’organismo è debole e senza difese sarà più facilmente esposto ad ammalarsi e a invecchiare prima del tempo. Gli antiossidanti dunque servono proprio a evitare tutto questo e a preservare in salute e bellezza tutto il nostro organismo, sia dentro che fuori.

    - 17 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    II GGRRAANNDDII PPEENNSSAATTOORRII:: aa ccuurraa ddii AAnnddrrooppooss

    GG UU SS TT AA VV JJ UU NN GG (( VV II II pp aa rr tt ee ))

    Nel 1944 ebbe un incidente domestico e si frat-turò una gamba, e, durante il ricovero, un successivo infarto miocardico dovuto a embolia polmonare, che gli causò una perdita di coscienza per tre settimane. Quando si riprese sostenne di aver avuto, in coma, un'esperienza di pre-morte, comprendente un'espe-rienza extra-corporea in cui disse di aver visto la Terra dallo spazio (descrivendo una situazione simile a quella che vivranno i primi astronauti e cosmo-nauti), visioni di un luogo luminoso e viaggi "extra-dimensionali", e descriverà così l'inizio dell'esperien-za:«In stato di incoscienza ebbi deliri e visioni che dovettero cominciare quando ero in pericolo di vita e mi curavano con ossigeno e iniezioni di canfora... Mi pareva di essere sospeso nello spazio, sotto di me, lontano vedevo il globo terrestre avvolto in una splendida luce azzurrina e distinguevo i continenti e l'azzurro scuro del mare. Proprio ai miei piedi c'era Ceylon e dinanzi a me, a distanza, l'India. La mia visuale comprendeva tutta la Terra; la sua forma sferica era chiaramente visibile e i suoi contorni splendevano di un bagliore argenteo, in quella me-ravigliosa luce azzurra. In molti punti il globo sem-brava colorato o macchiato di verde scuro, come argento ossidato. Sulla sinistra, in fondo, c'era una vasta distesa, il deserto giallo rossastro dell'Arabia; come se l'argento della terra in quel punto avesse preso una sfumatura di oro massiccio. Poi seguiva il Mar Rosso e lontano — come a sinistra in alto su una carta — potevo scorgere anche un lembo del Me-diterraneo, oggetto particolare della mia attenzio-ne. Tutto il resto appariva indistinto. Vedevo anche i nevai dell'Himalaya coperti di neve, ma a quella distanza c'era nebbia e nuvole. Non guardai per nulla verso destra. Sapevo di essere sul punto di lasciare la Terra. Più tardi mi informai dell'altezza a cui si dovrebbe stare nello spazio per avere una vista così ampia: circa 1500 chilometri. La vista della Terra a tale altezza è la cosa più meravigliosa che avessi mai visto. (...) Ero sospeso nello spazio cosmico, e io pure fluttuavo per il cosmo... È impossibile farsi un'idea della bellezza e dell’intensità dei sentimenti durante quelle visioni. Furono la cosa più tremenda che io abbia mai provato.» Jung descrive una sorta di me-teorite, come una casa, simile a certi blocchi di gra-nito di Ceylon, nei quali viene a volte scavato un tempio: la porta ha lampade accese e a destra siede, in attesa, un indù a gambe incrociate nella posizione del loto.

    «Quando mi avvicinai ai gradini che portavano al-l'entrata accadde una cosa strana: ebbi la sensazione che tutto il passato mi fosse all'improvviso tolto vio-lentemente. Tutto ciò che mi proponevo, o che avevo desiderato o pensato, tutta la fantasmagoria della esistenza terrena, svanì, o mi fu sottratta: un pro-cesso estremamente doloroso. Nondimeno qualcosa rimase: era come se adesso avessi con me tutto ciò che avevo vissuto e fatto, tutto ciò che mi era accaduto intorno. Potrei dire: era tutto con me e io ero tutto ciò. Consistevo di tutte queste cose, per così dire: consistevo della mia storia personale e avver-tivo con sicurezza: "Questo è ciò che sono. Sono que-sto fascio di cose che sono state e che si sono com-piute”. Questa esperienza mi dava una sensazione di estrema miseria e al tempo stesso di grande appa-gamento. Non vi era più nulla che volessi o deside-rassi. Esistevo, per così dire, oggettivamente: ero ciò che ero stato e che avevo vissuto...» Nel suo testo autobiografico Ricordi, sogni, rifles-sioni, commentò anche: «Quel che viene dopo la morte è qualcosa di uno splendore talmente indicibile, che la nostra imma-ginazione e la nostra sensibilità non potrebbero con-cepire nemmeno approssimativamente... Prima o poi, i morti diventeranno un tutt'uno con noi; ma, nella realtà attuale, sappiamo poco o nulla di quel modo d'essere. Cosa sapremo di questa terra, dopo la mor-te? La dissoluzione della nostra forma temporanea nell'eternità non comporta una perdita di significato: piuttosto, ci sentiremo tutti membri di un unico cor-po». Fanno parte di queste credenze nel paranor-male gli scritti che Jung pubblicò nel 1952 sulla sin-cronicità: secondo questa spiegazione alcuni feno-meni avvengono in modo sincrono senza che vi siano correlazioni di causa-effetto, poiché hanno un'ori-gi-ne comune, un fine comune e una comunanza evi-dente di significato, e sono parte di uno stesso mec-canismo apparentemente attribuibile ad una sorta di "destino". Per questi interessi, Jung è stato criticato dagli psicoanalisti classici di scuola freudiana e dai ma-terialisti, per aver dato, a loro avviso, troppo credito al paranormale nel mondo moderno, mescolando in-debitamente psicologia, pseudoscienza e religione.

    (Continua)

    - 18 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    Martedì nove ottobre, il noto saggista Alberto Mirabella, nel salone della biblioteca di Villa Carrara, in Salerno, ha presentato il libro di Marcella Continanza “ La rosa di Goethe”. Il saggista, autore, tra l’altro, di belle pubbli-cazioni socio-antropologiche ed altro, ha emo-zionato l’uditorio con una relazione ad hoc, culturalmente approfondita e ricca di riferi-menti ad autori illustri. Gli appausi sono esplosi sinceri ed entusia-stici quando il professore ha concluso la sua presentazione. La cerimonia è continuata con la lettura di alcune poesie, sia ad opera dell’autrice che di persone presenti alla manifestazione.

    Antropos per dialogare e collaborare su questioni rilevanti per le tre aree principali: i MOOC, l'insegnamen-to/apprendimento delle lingue e la mobilità degli studenti, fornendo un forum per lo scambio di idee, i risultati della ricerca e le realizzazioni tecniche. Il Comitato Scientifico della Conferenza, com-posto da docenti di quattro università europee, ha selezionato 41 degli 80 abstract pervenuti da tut-to il mondo per una presentazione orale. Le presentazioni dei 41 lavori saranno effettua-te complessivamente da 55 relatori in sessioni parallele. Ogni presentazione avrà la durata di 20 minuti. Le presentazioni saranno precedute dalle relazioni dei due keynote speaker: proff. Mauro Calise dell'Università degli studi Federico II di Napoli e Donatella Troncarelli dell'Università per Stranieri di Siena. Infine, dal momento che alcuni abstract ritenuti interessanti dal comitato scientifico non potevano per motivi di tempo es-sere presentati oralmente, è stata organizzata an-che una Poster Session.

    ALBERTO MIRABELLA NEL SALONE DELLA BIBLIOTECA DI VILLA CARRARA

    L’Università di Napoli l’Orientale e la Federa-zione Nazionale Insegnanti Centro di iniziativa per l’Europa (FENICE),quest’ultimo partner del progetto "MOOC per studenti universitari in Mobilità Europea" (MOVE-ME) finanziato nel-l’ambito del Programma Erasmus, hanno orga-nizzato la Seconda Conferenza Inter-nazionale sul tema "MOOC, apprendimento delle lingue e mobilità". La Conferenza si svolgerà durante i due Erasmus days che celebrano il 30mo anni-versario del Programma Erasmus nel 2017 (una pietra miliare per la costruzione dell’Europa)ov-vero il 13 e 14 Ottobre 2017 nella Sala Confe-renze dell’Università, sita nel Palazzo Du Me-snil, via Chiatamone, 61 Napoli 80121 del Castel dell’Ovo, in una zona ricca di bellezze storiche eartistiche, servita da numerosi ristoranti ed alberghi. La conferenza sarà realmente internazionale in quanto riunirà professionisti dell'istruzione seconda-ria ed universitaria, linguisti e tecnologi della lingua di ben 20 nazioni (tra le quali la Cina e la Russia)

    - 19 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    Dicette 'o pappecio vicino 'a noce: damme 'o tiempo ca te spertoso. - Disse il verme alla noce: dammi il tempo che ti buco. Con il tempo si riesce a fare qualunque cosa: perfino il pappecio (un verme) riesce a bucare il guscio della noce. Durmì c' 'a zizza mmócca. - Dormire con la mammella in bocca, come fanno i poppanti. Essere molto ingenui, non rendersi conto di niente. È fernuta 'a zezzenella. - È finita (non ha più latte) la (piccola) mammella. È finito il tempo delle vacche grasse. La pacchia è finita. 'E ffodere cumbattono e 'e sciabbule stanno appese. - I foderi combattono e le sciabole restano appese. Chi dovrebbe eseguire un compito resta inat-tivo e chi non ha quest'obbligo è costretto a farsene carico. Darse 'e pizzeche 'ncopp' 'a panza: Darsi i piz-zichi sulla pancia: rassegnarsi, sopportare con rasse-gnazione. È trasuto 'e sicco e s'è avutato 'e chiatto. - È entrato "di secco" (umilmente) e si è girato "di grasso." (con superbia). È entrato timidamente ed ora vuole spadroneggiare. È zumpata 'a vacca 'ncuollo 'o vuoio. - È saltata la vacca addosso al bue. Si è capovolto il mondo, va tutto irreparabilmente alla rovescia. Fa acqua a' pippa. - Fa acqua la pipa (manca il tabacco). Va male, sono al verde. Fa' e 'nu pilo 'na trave. -Fare di un pelo una trave. Fare di un piccolo fastidio una tragedia, ingigantire un'inezia. Fa fetecchia - Fallisce, fa cilecca, manca il suo obiettivo. Fa ll'arte de Francalasso; magna, bbeve, e se sta a spasso.Fa il mestiere di Francalasso: mangia, beve e sta a spasso. Fa' 'o quatto 'e maggio.- Fare il quattro di maggio: in questa data si effettuavano gli sfratti. Traslocare. Facesse 'na culata e ascesse 'o sole! - Farei un bucato e uscisse il sole! Non me ne va una giusta! Ha da passa' 'a nuttata. - La notte dovrà pur pas-sare.

    Curnute e mazziàte

    A 'bbona 'e Ddio –Vada come vuole Dio. 'A fessa è gghiuta 'mmano a 'e criature – La vulva è finita in mano ai bambini. La frase è usata spesso anche per indicare che la politica è finita in mano a persone incompetenti e immature. A funa è corta e 'o puzzo è funno.- La fune è corta e il pozzo è profondo. A mala nuttata e a' figlia femmena. - La nottataccia e la figlia femminuccia. Detto che ricorda due circostanze negative che si susseguono. ‘A fìglia 'e dòn Camìllo: tutt'a vònno e nisciùno s'a pìglia - La figlia di don Camillo: tutti la vogliono e nessuno se la prende (in sposa) A mise 'a lengua into 'o pulito. Ha messo la lingua nel pulito - Il detto è riferito alle persone che, avendo raggiunto un posto più in alto nella società, si sforzano di parlare un linguaggio più ricercato commettendo er-rori grossolani. ‘A nu palmo d'o culo mio chi fotte, fotte – A un palmo dal mio lato B non mi interessa quello che fanno gli altri. Addò vede e addò ceca - Riferito a persona non impar-ziale: pronta a vedere, riconoscere qualcosa quando gli fa piacere o comodo; completamente cieco, in caso contrario, anche di fronte all'assoluta evidenza. Allerta pe scummessa - Stare in piedi per scommessa., reggersi in piedi a stento, a malapena. Ammesùrate 'a palla! - Misurati la palla! Non fare niente senza riflettere, valuta prima esattamente la situazione e le tue reali possibilità. Armammece e gghiate! - Armiamoci e andate Aumm aumm. - Di nascosto, senza dare nell'occhio, segretamente, molto segretamente. Bell'e bbuono. - All'improvviso. Cca 'e ppezze e cca 'o ssapone - Patti chiari: qui e subito ti do la merce e qui e subito devi darmi il denaro. Non vendo a credito Cchiú nera d' 'a mezanotte nun po' venì! - Più nera della mezzanotte non può venire! Ormai non può andare peggio di così; superato questo momento può solo andare meglio. Coppole 'e cazzo. - "Berretti di pene." Niente. Si nun fatiche te magne coppole 'e cazzo. Se non lavori, non mangi un bel niente. Cuoncio cuoncio. - Piano piano, cautamente, garbata-mente. Curnuto e mazziato.- Cornuto e bastonato. Il danno e, in più, anche le beffe.

    ESPRESSIONI POPOLARI NAPOLETANE A cura di Vincenzo Soriente

    - 20 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    Appartengono alla selvaggina da pelo tutti i mammiferi che abitano allo stato selvatico campagne e foreste. Si tratta di selvaggina oggi sempre più difficilmente reperibile nei luo-ghi naturali e solo con le nuove tecniche di allevamento e di conservazione (congelazione e surgelazione) il mercato può sopperire in parte a questa lacuna. In ogni modo anche una lepre congelata, se cucinata secondo le regole, può essere un’ottima portata.

    IL CAMOSCIO - È un mammifero ruminante che vive nelle zone di alta montagna delle Alpi e dei Pirenei; di a-spetto molto simile alla capra, ha due piccole corna esili terminanti a uncino e un pelo fitto di colore bruno o grigio. Sempre più raro nelle nostre regioni, ai cacciatori è permesso di uccidere solamente i maschi quando sono già adulti e hanno raggiunto un peso di 70-80 chi-lo-grammi. La carne del camoscio è considerata ottima se proviene da animali giovani, diventa troppo coriacea in quelli vecchi. Il periodo migliore per consumare questo tipo di carne va da ottobre e dicembre; i tagli più pregiati sono il filetto, le costolette, i cosciotti, la sella (compresa tra i quadretti e gli arti posteriori).

    IL CAPRIOLO - È un ruminante della famiglia dei Cervidi, di colore rosso bruno in estate e grigio rossic-cio in inverno; ha zampe lunghe ed eleganti ed è privo di coda. Offre una carne eccellente, tenera, saporita e di profumo gradevole; dal punto di vista culinario, anche per il capriolo, è importante che l’esemplare sia giovane, tra i di-ciotto mesi e i due anni e mezzo di età; è pre-feribile consumarlo nel periodo autunnale dopo i primi freddi, fino al mese di gennaio. Un suggerimento da tener presente al momento dell’acquisto, per giudicare la giovane età dell’animale è di controllare la lunghezza e le ramificazioni delle corna, che aumentano con gli anni, e il colore del manto che negli esemplari vecchi diventa sempre più scuro. I cosciotti e la sella sono i pezzi più ricercati per la morbidezza della loro carne; anche le costolette figurano ottimamente in molte preparazioni e offrono il vantaggio, se provengono da animali molto giovani, di non dover essere previamente marinate.

    IL CINGHIALE - Molto simile al porco selvatico, il cinghiale si incontra sempre meno di frequente anche nelle zone in cui una volta era più facile e comune preda dei cacciatori. Il peso massimo degli esemplari italiani che vivono soprattutto nella maremma toscana e laziale e in Sardegna, varia a seconda delle razze e del sesso, tra i 50 e i 120 chili. Il cinghiale è munito sol dorso e sulla nuca di una specie di criniera formata da ispide setole e di denti canini triangolari che sporgono dal muso e si in-

    curvano verso l’alto. Gli animali più giovani hanno il muso liscio e le zanne bianche ed appuntite, mentre quelli adulti presentano robuste setole sul labbro superiore e i canini più corti e scuri. La sua carne ha un forte aroma di selvatico che si accentua con l’avanzare dell’età, tuttavia è molto ricercata perché unisce ai pregi della carne di maiale, l’aroma parti-colare della selvaggina. In cucina si utilizzano soprattutto i cinghialetti giovani o da latte fino a sei mesi circa di vita; le parti migliori sono il filetto, la lombata, i cosciotti e le co-stolette. Del cinghiale adulto sono commestibili i cosciotti, con cui spesso si fanno dei ricercatissimi prosciutti, la testa, con cui si prepara la “coppa di cinghiale” e i filetti che ri-chiedono una lunga marinatura; tutte le altre parti vengono usate per confezionare salsicce e salami. Il periodo migliore per consumare questa selvaggina va da settembre a gennaio.

    LA LEPRE - Ne esistono due importanti specie: quella “comune” e quella “alpina”, la prima ha il corpo slanciato con il manto di colore rossiccio o giallo-bruno’ la coda rialzata e il ventre bianco; la seconda, di taglia più piccola, ha uno spiccato dimorfismo stagionale: muta infatti, nel pe-riodo invernale, il suo manto grigio in una pelliccia candida. La lepre di montagna è più apprezzata per il profumo tutto particolare della sua carne dovuto alle erbe aromatiche e al fieno di montagna di cui si ciba. Anche in questo caso, trat-tandosi di lepre acquistate e non cacciate, sono da preferirsi gli animali giovani, tra i 7 e i 10 mesi, e con un peso sotto i tre chili. La femmina è sempre più tenera del maschio e resta tale fino ai 2 anni. Per distinguere una lepre giovane da una vecchia è bene sapere che i leprotti hanno il muso appuntito, le orecchie molto tenere e facilmente spezzabili per il lungo, gli unghioli ancora nascosti, le membra non troppo allungate, le cosce ben fornite di polpa, le costole flessibili. A partire dal mese di agosto, la carne della lepre è già buona, ma diventa ottima nei mesi invernali.

    VALORE ALIMENTARE -La selvaggina è classificata generalmente tra le carni nere; il suo contenuto protidico non differisce molto da quello degli altri tipi di carne; il suo valore calorico è abbastanza basso (circa 170 calorie ogni 100 grammi di carne) essendo una carne poco grassa. Tutta-via è più ricca di fibre connettivali dell’animale domestico in quanto,vivendo allo stato libero, ha un notevolissimo svi-luppo muscolare; ciò influisce negativamente sul grado di digeribilità della carne che risulta spesso dura e fibrosa. Certo la cacciagione non è adatta a tutti, soprattutto perché per renderla morbida e meno resistente ai succhi gastrici si è solito cucinarla con abbondanza di grassi, di spezie e di aro-mi che la rendono sapida e appetibile, ma controindicata per tutte le persone di stomaco delicato e per i sofferenti di di-sturbi gastrici ed epatici.

    PPIIAATTTTII TTIIPPIICCII DDEELL MMEEDDIITTEERRRRAANNEEOO -- AA ccuurraa ddii RRoossaa MMaarriiaa PPaassttoorree

    - 21 -

  • AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

    Si è di fronte ad un’opera in cui prevale una re-altà umana, intrisa, sull’onda del ricordo, di signi-ficativi elementi autobiografici. Un delicato fru-scio di pagine accompagna un garbato sfogliare del libro del tempo e la malinconia si trasforma in emozione. Rivivono situazioni idiosincratiche, che metto- tono a nudo il vivere semplice della gente del no-stro paese, ricco di cultura e di storia, di antiche consuetudini e di considerazione per i valori della famiglia e del rispetto per gli altri.

    La prima comunione di Maria e Paolo

    Le atmosfere descri t te sono le stagioni del- la vita,con le sue vivide accensioni, sono i momenti delle at tese, dei sogni,delle effusio-ni ,che in uno stupefacente mix di rappresen-tazioni si fanno rivelazione del senso della vita.

    Vola libero il pensiero tra ricordi vicini e lontani ed una città si fa scrigno di liete sensazioni, che danno vi-ta e voce a chi respira l’aria dell’eternità. Anche le vecchie filastrocche ritornano con il ritmo di quei tempi e ti accorgi che ora tutto è cambiato e vivi un’altra storia, dove le stelle non odono più le voci dei bambini.

    Concludendo, Ida Diodato vola, con disinvoltuta, sul respiro del tempo, accende immagini e ferma emozioni che raccontano di lei, di noi e della vita di un paese. Sarno, patria di uomini illustri, è stata teatro di vicissitudini che hanno segnato la vita di tanti, attraverso la cultura, i riti, le aggregazioni pa-rentali ed amicali, le attività sportive e tant’altro.

    Ecco, volti che non ci sono più srridono sotto un altro cielo e tra essi, il prof. Insegnante , con il quale, su di una panchina di piazza Glorios