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“BANKING CRISES: AN EQUAL OPPORTUNITY MENACE” Carmen M. Reinhart – Kenneth S. Rogoff 17 Dicembre 2008 Corradini Simone Pistonesi Giada Tufoni Valentina

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“BANKING CRISES: AN EQUAL

OPPORTUNITY MENACE”Carmen M. Reinhart – Kenneth S. Rogoff

17 Dicembre 2008

Corradini SimonePistonesi GiadaTufoni Valentina

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Introduzione

• Sezione I : fornisce una visione globale sull’evoluzione storica delle crisi bancarie

• Sezione II : esamina alcuni dei fattori comuni che accompagnano lo sviluppo delle crisi bancarie nei diversi paesi

• Sezione III : considera alcune delle caratteristiche principali relative alle conseguenze delle crisi bancarie

• Sezione IV : considerazioni conclusive

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I precedenti studi relativi alle crisi bancarie si erano tipicamente focalizzati

sulle esperienze storiche delle

economie avanzate

sulle recenti esperienze dei

mercati emergenti

Questo fatto è forse derivato dalla convinzione che, per le economie avanzate, le crisi finanziarie sistemiche e destabilizzanti appartenevano al passato. Naturalmente l’attuale crisi globale, originata negli Stati Uniti, ha smentito questa convinzione. Per tale ricerca, gli autori si sono avvalsi di un nuovo set di dati.

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Caratteristiche del dataset• le analisi sono state realizzate studiando un campione di 66 paesi;

• l’ intervallo temporale considerato si estende dal 1800 fino ai giorni nostri;

• gli autori sono i primi ad esaminare i pattern dei prezzi delle case durante le maggiori crisi bancarie nei mercati emergenti, includendo Asia, America Latina, Europa;

• i nuovi dati evidenziano l’impatto delle crisi bancarie sul debito pubblico dei vari Stati.

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I : Le crisi bancarie in una prospettiva storica

ECONOMIE AVANZATE

La prima crisi bancaria si verifica in

Francia nel 1802

MERCATI EMERGENTI

Le prime crisi bancarie hanno luogo in India (1863), in Cina (1860- 1870) e in Perù

(1873)

La documentazione relativa al periodo precedente la Seconda Guerra Mondiale è esigua dato il limitato

impatto nei maggiori centri internazionali finanziari5

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Il grafico mostra l’incidenza delle crisi bancarie sui paesi del campione, il quale prende in considerazione circa il 90% del PIL mondiale. Il peso assegnato ad ogni paese è legato alla percentuale di reddito di ciascuno di essi sul totale del PIL

Dai primi anni ‘70 si è diffusa la liberalizzazione dei capitali a livello internazionale, che ha contribuito al verificarsi di diverse crisi bancarie.

L’abbandono del sistema di Bretton Woods, insieme con il brusco aumento dei prezzi del petrolio, ha innescato un prolungato periodo di

recessione.

Le prime ondate di stress finanziario sono evidenti durante il Panico del 1907, che ha avuto origine a New York, come le crisi accompagnanti l’esplosione della

Prima Guerra Mondiale.

I più alti valori di crisi bancarie durante i 109 anni considerati, sono quelli relativi alla Grande Depressione

degli anni ‘30

Un’altra impressionante caratteristica che si può osservare è la calma relativa durante i tardi anni ‘40 fino

ai primi anni ‘70.

Nei primi anni ‘80, un collasso nei prezzi globali delle commodities, insieme all’alta volatilità dei tassi di interesse americani, ha condotto a diverse crisi bancarie e a crisi del debito estero nei mercati emergenti, soprattutto in America Latina e in Africa. Le ondate di crisi bancarie hanno toccato gli USA a partire dall’84 e i Paesi Nordici dai primi anni ‘90.Nel 1992 lo scoppio della bolla speculativa in Giappone ha introdotto una decade di crisi bancarie. Allo stesso tempo, con il collasso del blocco sovietico, molti paesi dell’Est Europa si sono dovuti confrontare con crisi finanziarie.

Un breve tranquillo periodo si è arrestato bruscamente nell’estate del 2007, con lo scoppio della crisi dei

subprime negli USA, che si è subito evoluta in una crisi finanziaria globale. 6

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Tale figura mette in relazione la percentuale di paesi colpiti da crisi bancarie con la percentuale di paesi che hanno affrontato un default o una ristrutturazione del debito estero.Questi default sono cresciuti con l’inizio della Prima Guerra Mondiale e hanno continuato ad aumentare durante la Grande Depressione e la Seconda Guerra Mondiale.

I decenni che seguono sono relativamente calmi fin quando le crisi del debito estero approdano nei mercati emergenti all’inizio degli anni ’80.

Un’elevata incidenza di crisi bancarie globali è stata storicamente associata ad un’elevata

incidenza di default del debito estero 7

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Debito e crisi bancarie

In precedenti ricerche si è rilevato che la frequenza di un default relativo al debito estero è significativamente minore per le economie avanzate

rispetto ai mercati emergenti

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La lunghezza media di tempo speso in uno stato di default sul

debito estero

L’ammontare di tempo medio speso in una crisi

finanziaria

È molto più dispendioso lasciar agire una crisi bancaria a causa

dei suoi storpianti effetti sul commercio e sugli investimenti

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Incidenza e frequenza delle crisi bancarie

Nelle tabelle vengono evidenziati la percentuale di anni caratterizzati da crisi bancarie ed il numero delle stesse.Se i calcoli partono dal 1800 o dal 1945, in media, non si notano significative differenze sia nell’incidenza che nella frequenza di crisi bancarie tra le economie avanzate e i mercati emergenti.LE CRISI BANCARIE SONO UN’EQUIVALENTE OPPORTUNITA’ DI MINACCIA.

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Crisi bancarie, mobilità dei capitali e liberalizzazione finanziaria

Nel grafico si evidenzia una marcata correlazione tra una più libera mobilità dei capitali e l’incidenza di crisi bancarie.Periodi di alta mobilità internazionale di capitali hanno ripetutamente prodotto crisi bancarie internazionali.

Per il periodo post 1970, Kaminsky e Reinhart sottolineano tale legame: in 18 delle 26 crisi studiate il settore finanziario era stato liberalizzato nei precedenti cinque anni, o meno. Solo in pochi paesi, come in Canada, la liberalizzazione del settore finanziario non ha condotto a negative ripercussioni.Caprio e Klingebiel suggeriscono che un’inadeguata regolamentazione e una mancanza di supervisione delle liberalizzazioni potrebbero essere determinanti nell’interazione tra deregolarizzazione e crisi bancarie.

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II: Capital flow BonanzasUna caratteristica comune nell’ascesa alle crisi bancarie è rappresentata da un sostenuto aumento negli afflussi di capitale. Tali momenti vengono definiti Capital Flow Bonanzas.

Reinhart e Reinhart propongono un’analisi statistica che calcola la probabilità del verificarsi di una crisi bancaria condizionata a un capital flow bonanza rispetto alla probabilità incondizionata.

Dai dati emerge che la probabilità condizionata a un capital flow bonanza è significativamente maggiore della probabilità incondizionata nel 61% dei paesi

presi in considerazione

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Crisi bancarie e cicli dei prezzi delle case e delle azioni

Reinhart e Rogoff documentano l’andamento dei prezzi reali delle case durante le crisi bancarie nel secondo dopoguerra, con particolare attenzione alle “Big 5 crises” ( Spagna 1977, Norvegia 1987, Finlandia e Svezia 1991 e Giappone 1992). La figura che emerge è chiara: un boom nei prezzi reali delle case durante lo sviluppo di una crisi è seguito da un marcato declino degli stessi nell’anno della crisi e negli anni successivi.

L’ intensità dei declini nei prezzi reali delle case durante le crisi bancarie è

similare nelle economie emergenti e in quelle avanzate.

La prolungata discesa dei prezzi delle case è in brusco contrasto con il comportamento dei prezzi reali delle azioni…

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Questi grafici mostrano l’evoluzione dei prezzi reali delle azioni da quattro anni prima della crisi fino a tre anni dopo, sia per i mercati emergenti che per le economie avanzate nelle quali viene anche considerata la media per le “Big 5 Crises”. Si può notare che i prezzi delle azioni raggiungono tipicamente un picco l’anno precedente la crisi e subiscono una diminuzione nei due-tre anni successivi. Il pattern tende ad avere una “forma a v” e il recupero completo, nel senso che, tre anni dopo la crisi, i prezzi reali delle azioni sono in media più alti del picco che la precede.Il recupero delle azioni è molto più veloce rispetto a quello dei prezzi delle case.

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III: Conseguenze fiscali e sulla crescita delle crisi bancarie

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Reinhart e Rogoff hanno riassunto l’evoluzione del PIL prima, durante e dopo tutte le crisi bancarie nel secondo dopoguerra. Il primo grafico mostra, in blu, la media del Pil registrato durante gli anni di crisi nelle economie avanzate ed, in rosso, la media del Pil nelle Big 5.Nel secondo grafico si mostra la variazione media del Pil per mercati emergenti in rosso, mentre, in blu, sono considerati i mercati emergenti ad esclusione di Taiwan, Thailandia e Singapore.

È interessante notare che il grafico mostra un più rapido declino, ma un più veloce recupero della crescita per i

mercati emergenti piuttosto che per le economie avanzate.

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Conseguenze fiscali delle crisi bancarie

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Gran parte degli studi precedentemente effettuati sulle conseguenze fiscali delle crisi bancarie si focalizzavano sulle stime dei costi di bailout. Tali analisi possono rilevarsi piuttosto fuorvianti e incomplete data la difficoltà di calcolo e la presenza di altri costi da prendere in considerazione.

Tra gli elementi più importanti da analizzare troviamo:

• le entrate tributarie (tax revenues)

• il consolidamento del debito (government debt buildup)

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Le entrate tributarie

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Le figure mostrano l’andamento relativo alle variazioni annue delle entrate reali tre anni prima e tre anni dopo la crisi (indicata al tempo T).Il primo grafico considera un totale di 86 crisi bancarie tra il 1800 – 1940, mentre il secondo esamina quelle relative al secondo dopoguerra (138 crisi). I pattern che emergono per il prima e dopo guerra sono fortemente simili: la crescita annua delle entrate è robusta negli anni conducenti alla crisi per poi indebolirsi l’anno della crisi e quelli immediatamente successivi. Il declino della crescita nel periodo pre-guerra dura, in media, due anni, mentre nel periodo successivo dura, in media, tre anni.

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Osserviamo un confronto tra economie avanzate e mercati emergenti relativo all’andamento delle entrate tributarie.

Per le prime la crescita delle entrate riprende a partire dal terzo anno dopo la crisi essendo più inclini a manovre di politica fiscale espansiva.

Per i secondi l’andamento delle entrate è decisamente simile a quello delle Big 5 sebbene il recupero sia più veloce, in linea con una più rapida ripresa della crescita.

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Il consolidamento del debito

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Tale figura presenta l’evoluzione del debito nei tre anni successivi alle crisi bancarie sia nelle economie avanzate che nei mercati emergenti nel secondo dopoguerra.Presi insieme, i costi di bailout, la diminuzione delle entrate, gli stimoli fiscali che accompagnano alcune di queste crisi aumentano lo stock di debito esistente.

Fatto 100 lo stock di debito al tempo della crisi, l’incremento medio di debito è pari all’86% tre anni dopo la crisi, ovvero quasi il doppio. Questo incremento è evidente sia nei mercati emergenti che nelle economie avanzate ed estremamente alto in entrambi.

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IV: Considerazioni conclusive

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I paesi possono riuscire ad evitare ricorrenti episodi di default e alta inflazione, come nel caso di Austria, Francia e Spagna, ma riuscire ad evitare crisi bancarie e finanziarie è molto più raro. Un esempio è dato dall’odierna crisi globale. La cartolarizzazione dei mutui subprime combinata con un forte interesse verso questi strumenti da parte di paesi come Germania, Giappone e Cina ha alimentato la convinzione che i prezzi delle case avrebbero continuato a salire.

La frequenza storica di crisi bancarie è abbastanza simile nelle economie avanzate e nei mercati emergenti, con parallelismi qualitativi e quantitativi sia nell’ascesa che nelle conseguenze della crisi.Le crisi bancarie indeboliscono in modo significativo le posizioni fiscali di entrambi i gruppi, con una contrazione delle entrate tributarie ed un aumento del debito pubblico. Quindi l’onere fiscale delle crisi bancarie si estende ben oltre il comunemente citato costo dei bailouts.

Possiamo perciò concludere affermando che le crisi bancarie sono un’equivalente opportunità di minaccia sia per i paesi avanzati che per i mercati emergenti.

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Grazie per l’attenzione