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novembre 2012 IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO “Sui formaggi Bergamo non riesce a fare rete” Il coniglio, la tradizione che resiste Patate, bertù e mais: i gioielli di Rovetta A Cene kebab e pizza vanno a “nozze” L’ eco cucina sbarca a Gourmarte Lisa Casali e le sue cotture in lavastoviglie fanno tappa all’evento gastronomico in programma a dicembre alla Fiera di Bergamo

Affari di Gola - novembre 2012

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in rassegna sapori, gusti e piaceri del territorio bergamasco

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novembre 2012

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

“Sui formaggi Bergamo non riesce a fare rete”

LA DENUNCIA

Il coniglio,la tradizioneche resiste

IL PRODOTTO

Patate, bertù e mais: i gioielli di Rovetta

L’ITINERARIO

A Cene kebab e pizza vanno a “nozze”

TENDENZE

L’ecocucina sbarca a GourmarteLisa Casali e le sue cotture in lavastoviglie fanno tappa all’evento gastronomico in programma a dicembre alla Fiera di Bergamo

Consegne rapide e personalizzate.Prodotti freschi, surgelati e biologici,

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NOVEMBRE 2012www.affaridigola.it

SOMMARIO

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novembre 2012

OIROTIRRET LED IRECAIP E ITSUG ,IROPAS ANGESSAR NI

“Sui formaggi Bergamo non riesce a fare rete”

LA DENUNCIA

Il coniglio,la tradizioneche resiste

IL PRODOTTO

Patate, bertù e mais: i gioielli di Rovetta

L’ITINERARIO

A Cene kebab e pizza vanno a “nozze”

TENDENZE

L’ecocucina sbarca a GourmarteLisa Casali e le sue cotture in lavastoviglie fanno tappa

all’evento gastronomico in programma a dicembre

alla Fiera di Bergamo

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PENNA ALL’ARRABBIATANatale, il mercato accorcia il calendario e ci toglie il piacere della festa

TENDENZEGustosa e risparmiosa:ecco la cucina in lavastoviglie

L’EVENTOPromoberg lancia il “Pianeta Gourmarte”

LA TAVOLA ROTONDAIl vino e la comunicazione,un binomio inscindibile

L’ITINERARIOPatate, mais e bertù:le tre “chicche” di Rovetta

L’INTERVISTAValentina Canò: “Troppi individualismi.E sui formaggi non decolla un progetto corale”

IL PRODOTTOConiglio, la tradizione resiste

LA NOVITAA Cene la pizzeria d’asporto si allea con il kebab

A TAVOLA CON...Il Bepi: “Io sono un po’ come i tortelli cremaschi”

Direzione e Redazione: La Rassegna S.r.l. via Giorgio Paglia, 26 - 24121 Bergamo - tel. 035 213030 - fax 035 224572 - [email protected] - Direttore responsabile: Giuseppe Ruggieri - In redazione: Anna Facci - Opinionista: Pier Carlo Capozzi - Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 24125 Bergamo - Presidente: Ivan Rodeschini - Pubblicit‡: La Rassegna srl - via Paglia, 26 - 24122 Bergamo - tel. 035 213030 - fax 035 224572 - [email protected] - Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304 Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 48 del 22 novembre 2001 - Collaboratori : Lara Abrati, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Laura Bernardi Locatelli, Michela Brivio, Fulvio Facci, Riccardo Lagorio, Roberta Martinelli, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi - Impaginazione: Videocomp, Bg - Stampa: Litostampa Istituto Gra � co, Bg

4R, Alimentari Moretti, Il Cipresso, Metalfrigor Arredamenti, Pianeta Gourmarte, Ristorante Stella, Tecno Service ItaliaI NOSTRI INSERZIONISTI

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In copertina Lisa Casali

Natale, il mercato accorcia il calendario

e ci toglie il piacere della festa

La nostra è una battaglia iniziata ormai da tempo im-memorabile. E, assai probabilmente, destinata ad una sconfi tta ingloriosa. È la ribellione contro chi vuo-

le velocizzare i tempi, accorciare i calendari, metterci in-somma una fretta che non apprezziamo nemmeno un po’.Già diventa diffi cile, nell’attività di impren-ditore, stilare gli ordini per gli arti-coli natalizi all’altezza di Pasqua e rendere poi la cortesia, andando a spulciare i cataloghi che prevedo-no tutte le novità in quanto a uova e campane di cioccolata, sorprese annesse, quando fuori, di solito, sta nevicando. Ma questo, almeno, è il tempo tecnico che devi riconoscere alle aziende per fare in modo che si organizzino sui numeri e sulle scorte della merce.Quello che invece non riusciamo a metabolizzare è la pre-senza, sugli scaffali di Autogrill e supermercati, dei Panet-toni prima ancora della fi ne di ottobre. E delle decorazioni di cioccolata per l’albero. E delle luminarie agli ipermercati.Tempo fa ci occupammo di chi chiedeva che il Panettone fosse uffi cialmente riconosciuto come dolce tradizionale milanese e, quindi, distribuito lungo tutto l’arco dell’anno e non più relegato solamente sotto (?) le festività del bab-bo con la barba.È un argomento interessante e per nulla scontato: da una parte chi vorrebbe salvaguardare la tradizione e lasciarlo come dolce di Natale e dall’altra chi preferirebbe sdoga-narlo a dolce e basta. Tesi entrambe degne di attenzione, anche se ci viene su-bito in mente cosa sta capitando alla Colomba in rinomate pasticcerie d’alta scuola: sotto Pasqua assume la forma del volatile, nel resto dell’anno diventa tonda e prende il nome di Veneziana. La pasta, sostiene lo stesso mastro pasticcere, è sempre la stessa.Abbiamo pensato la stessa cosa: il Panettone, passate le feste, potrebbe allora diventere un parallelepipedo come il plum-cake. Ma, attualmente, non è questa la discussione.Trovare aria di Natale con due mesi di anticipo ci pare fran-camente troppo, ma non tarderanno ad arrivare le rispo-

ste: il mercato, la concorrenza, lo smaltimento, le scaden-ze, l’animaccia loro.Sappiamo di correre il solito rischio di essere tacciati co-me reducisti, ma il Natale di quando eravamo ragazzi ave-

va un sapore ed un’intensità che ce lo fa-ceva gustare nei modi e, soprattutto, nei tempi giusti.L’aria della lunga festa iniziava con San-ta Lucia, a volte qualche giorno prima, e dunque la si viveva con quella parteci-pazione che ora ci appare diluita a di-smisura nel tempo.Panettoni, torroni, Asti spumante, de-corazioni da appendere all’albero

(una citazione particolare per le piccole banane ricoperte di cioccolato, straordinarie nella loro carta giallo-oro) saltavano fuori al momento giusto. Anche le occasioni per imbandire alla grande la tavola con datte-ri, frutta secca e manicaretti che si gustavano solo in quel periodo erano ben stabilite e racchiuse in date fi sse.Adesso cominciamo le cene (parlo di chi se lo può permet-tere, ovviamente) a metà novembre e arriviamo a San Sil-vestro con un quadro clinico preoccupante, il glucosio pra-ticamente impazzito, i trigliceridi in fuga verso numeri da capogiro e la bilancia che ci guarda con aspetto minaccio-so. D’altronde non ci si può negare alla cena dei coscritti, dei colleghi, dei compagni di calcetto (o di mountain bike o di rugby o di tamburello o di sgarèl), della confraternita, del rione, del partito. Tutta roba che tanti anni or sono (quando eravamo forse più giovani e sicuramente più poveri) non era mai in ca-lendario.Ma è questa fretta dannata di voler accorciare tutto che ci sta consumando: a forza di precedere, di bruciare sul tem-po non abbiamo capito chi, ci stanno taglieggiando la vita che, per i nostri gusti, è già fi n troppo compressa.Manca più di un mese, ma già in molte case è arrivata Santa Lucia, ovviamente inscatolata e nascosta per bene. Non ne possiamo più di questa dittatura del mercato che ci vorrebbe schiavizzare in eterno: compreremo il Panetto-ne verso il 20 di dicembre e lo Zampone con le lenticchie non prima di Natale. Giuro che lo faremo. Anche se non servirà a farci tornare bambini. [email protected]

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di Pier Carlo Capozzi

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Gustosa e risparmiosa:ecco la cucina

in lavastoviglie

a sempre ci sono due scuole di pensie-ro: da un lato i conservatori di lavandi-no e spugnetta, dall’altro i fan della la-vastoviglie che rabbrividiscono all’idea di pile di piatti, teglie unte, resti di cibo galleggianti e guanti fi no al gomito. Da oggi pensare alla lavastoviglie come un aiuto nelle faccende domestiche è riduttivo: a stravolgere le convinzioni di tutti noi - e a dare motivi in più per l’ac-quisto a chi fi no ad oggi l’ha snobbata - è arrivata Lisa Casali, esperta di cu-cina a basso impatto ambientale, che nell’elettrodomestico ha trovato anche un valido alleato ai fornelli oltre che in cucina, che, tra l’altro, fa risparmiare due terzi d’acqua rispetto al lavaggio a mano. Non resta che programmare il ciclo di lavaggio/cottura più indicato e “sfornare” dalla lavastoviglie piatti caldi e tirati a lucido - perfetti per ser-vire deliziose pietanze cotte a bassa temperatura sottovuoto o in vasetti e contenitori ermetici - grazie al vapore e al calore sprigionato durante il lavag-gio. La tecnica di cottura innovativa ed “eco” sta spopolando in tutto il mon-do: il libro “Cucinare in lavastoviglie”, già in ristampa, è stato tradotto per il mercato tedesco, spagnolo, brasiliano e francese.

Lisa Casali ha dato pochi mesi fa alle stampe il libro-manifesto “Ecocucina”, ultima fatica culinaria e letteraria che con grande fantasia, inventiva e sen-so etico invita a trasformare bucce, baccelli, torsoli ed altri scarti alimen-

tari in nobili pietanze. Una rivoluzione bohémien portata avanti con grande passione da questa vulcanica ragazza romagnola trapiantata a Milano, dal-la doppia vita di esperta di rischi am-bientali ed eco-food blogger con nome di battaglia “Lisca”, dapprima nella cucina di casa a suon di esperimenti sovversivi, poi sul blog ecocucina e, an-cora, in libreria - da “La Cucina a impat-to (quasi) zero” a “Ecocucina” - e in tv con “Zero Sprechi” su Gambero Rosso Channel e il sabato mattina su Rai 1 a Uno Mattina. I consigli sono pochi ma preziosi, dall’attenzione alla spesa al tempo per la cucina tutto da ritrovare e riscopri-re; curiosità e fantasia - senza ignorare solide basi di cucina ed una conoscen-za dei tempi e delle tecniche di cottura - fanno il resto e portano ad una sca-pigliata riscossa dei “brutti” e dei “po-veri” della cucina in piatti belli e nobili. Basta un fi occo e gli “scarti” diventa-no perfi no regali eco-chic per ogni oc-casione: non mancano i consigli per omaggiare gli amici di polvere d’aran-cio e dadi granulari. Via libera anche a tecniche antiche, come l’essiccazio-ne di frutta, verdura, erbe e funghi, e spazio a quelle più moderne, pentola

di Laura Bernardi Locatelli

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Non solo scarti e avanzi, ma anche tempo ed energia: uno spreco quotidiano che l’esperta

Lisa Casali ha messo al bando lanciando l’ecocucina. Così bucce, baccelli e torsoli si trasformano

in nobili pietanze e molti alimenti si esaltano grazie all’originale tecnica

di cottura che sfrutta il ciclo di lavaggio di piatti e pentole

TENDENZE

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L’ecocucina di Lisa Casali sa-rà protagonista, domenica 2 dicembre, dalle 10 alle 12, a Pianeta Gourmarte, alla Fiera di Bergamo. Nell’ambito degli Eventi Satellite, terrà una lezio-ne, riservata agli appassiona-ti e incentrata sul risparmio, o meglio, sul non spreco.

Il 2 dicembre, l’ecocucina protagonista a Gourmarte

Lisa Casali

a pressione in testa che abbatte i tempi di cottura senza rinunciare al gusto. Quando e come nasce l’idea di una eco-cucina?“Nella tradizione italiana ci sono tante ri-cette che suggeriscono come recuperare e trasformare gli avanzi, ma non c’è davvero nulla per gli scarti. La mia passione per la cucina e per l’ambiente hanno fatto il re-sto: il progetto ecocucina è partito come personale sfi da per ridurre il più possibile tutto ciò che di commestibile gettavo quo-tidianamente, in particolare bucce e scarti di verdure, che non mancano mai nella mia dieta d’impronta quasi vegetariana. Nel 2005 ho iniziato a fare esperimenti in cu-cina per utilizzare tutto quello che ci hanno sempre detto di buttare. Il passo successi-vo è stato condividere le mie sperimenta-zioni in rete, sul mio blog ecocucina, aper-to nel 2009, confrontandomi sempre con esperti di nutrizione, chef e amici”. Quale è stato il primo banco di prova?“Mi sono cimentata con il carciofo, l’ortag-gio con lo scarto forse più elevato, con una percentuale che va dal 65 al 70%. Per ren-dere le brattee edibili serve solo una lunga cottura, che in pentola a pressione diventa rapida, di 20 minuti. Non resta che passa-re il tutto con il passaverdure per ottenere una crema eccezionale dal sapore che non ha nulla a che invidiare al cuore di carciofo. Ormai non butto neanche la fi bra di scarto nel passaverdura: essiccata la reimpiego per aromatizzare piatti realizzando un sale al carciofo, così lo spreco è davvero azzera-to ed il gusto, oltre che il portafogli, ha tutto da guadagnarne”. Quanto si risparmia sulla spesa?“Si risparmia un 20%, ma oltre al vantaggio economico si guadagna in salute perché le parti di scarto contengono più vitamine,

sali minerali e fi bre rispetto alle parti nobili. Sappiamo che è meglio mangiare la frutta con la buccia, ma non ci facciamo problemi a gettare nella spazzatura vitamine e sali minerali preziosi, che poi magari acquistia-mo sotto forma di pillole e integratori”.Come si fa a rendere appetibile una buc-cia o un torsolo?“Recuperare gli scarti è un’opportunità ed una sfi da stimolante. La mia fi losofi a è quella di valorizzare il cibo e chi l’ha prodot-to con tanta fatica, riducendo quasi a zero gli sprechi. Il gusto non può però mai esse-re messo in secondo piano. Gli “scarti” so-no base di ricette piene di sapore che nul-la hanno da invidiare alle parti nobili e non sono affatto di “serie B””. Quali consigli per gli acquisti di tutti i giorni?“Scegliere prodotti di qualità, freschi e bio-logici. Acquistare le verdure intere e non lavorate. Buccia e gambo sono indice del-la freschezza di un carciofo, ad esempio; acquistando i cuori non solo spendiamo di più, ma oltre a perdere preziosi ingredienti per altre ricette non abbiamo occasione di valutarne la qualità”. Non bisogna quindi cedere alle confezio-ni pronte che ammiccano dagli scaffali…“Uscire dal torpore e dalla routine di super-mercati e discount non può che apportare

benefi ci ambientali e sociali. Bisogna cer-care di dedicare più tempo possibile alla spesa, che rappresenta il momento clou in cui si determina l’impatto ambientale. L’ac-quisto diretto dal produttore, magari attra-verso la rete dei gruppi di acquisto solida-li, dà ad ogni prodotto un valore aggiunto: la stagionalità diventa un fatto scontato, si crea una rete di relazioni virtuosa e si tra-smettono tutto il lavoro e le attenzioni che stanno alla base di ogni singolo prodotto. E non è vero che è tanto dispendioso in ter-mini di tempo, c’è solo bisogno di un picco-lo cambio di mentalità”. Altri piccoli accorgimenti?“Bisogna cercare di conservare al meglio i prodotti, il più lontano possibile dai fornel-li in un luogo fresco e asciutto; utilizzare in modo oculato il frigorifero, rispettando le diverse temperature e cercando di mante-nere la massima igiene, impiegando con-tenitori per i formaggi, i salumi e in parti-colare per le uova, che vanno conservate nell’imballo originale perché sono ricche di batteri. Non bisogna poi dipendere dal-le date di scadenza, specialmente con la dicitura “preferibilmente entro”: spesso si buttano prodotti ancora buoni come acca-de spesso con lo yogurt e con i formaggi. I biscotti e le fette biscottate anche se per-

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LE RICETTE

Ingredienti: 15 gamberi, 1 peperone, 1 costa di sedano, 1 cipollotto,1 pomodoro, aceto di vino, olio extra vergine di oliva, sale, pepe,4 vasetti ermetici di vetro da 300 ml,Preparazione: Lavate e asciugate le verdure. Tagliate in due il peperone e togliete il picciolo, la par-te bianca e i semi. Tagliate il sedano e la carota a julienne. Riducete il cipollotto e il pomodoro a spicchi. Condite la julienne di verdure con olio, sale, pepe e una punta di aceto. Suddividete l’insalata di ortaggi nei vasetti e unite i gamberi sgusciati. Completate con un fi lo di olio, sale e pepe e chiudete bene i vasetti. Disponeteli in lavastoviglie e cuocete con il lavaggio eco. Al termine conservate in frigorifero fi no al momento di portare in tavola. Servire i vasetti tiepidi o freddi. (da “Cucinare in lavastoviglie”, Gribaudo 2011)

INSALATA DI GAMBERI SU JULIENNE DI ORTAGGI

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o, la par-doro aete le

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dono la loro fragranza possono diventare la base di un dolce”. Un consiglio su come ridurre gli sprechi al ristorante? “Gli sprechi al ristorante sono ridotti al mi-nimo, anche se gli scarti vengono utilizza-ti senza grande fantasia per i fondi e per i brodi. Il problema dei ristoranti è rappre-sentato dagli avanzi, che non possono es-sere riutilizzati. Per contrastare la “food waste”, la Commissione Ambiente dell’U-nione Europea ha abbozzato una proposta di direttiva che caldeggia la prenotazione obbligatoria al ristorante, indica ai locali di proporre una porzione piccola e una gran-de e supporta la doggy box, un’abitudine all’estero, ma ancora poco diffusa in Italia, Spagna e Francia, come quella del vino, con bottiglie sui tavoli dei ristoranti lasciate a metà. Da noi purtroppo è vissuto ancora come una vergogna”. Nel mondo del catering e banqueting re-gna ancora lo spreco?“In realtà gli sprechi maggiori avvengono a casa, dove le buone pratiche sono ancora decisamente poco diffuse. È vero che ogni volta che c’è un buffet lo spreco è di alme-no il 10 %, ma purtroppo gli avanzi non pos-sono per ovvie ragioni essere riutilizzati. Il fi nger food e le mono porzioni hanno contri-buito a ridurre al minimo gli sprechi”.Oltre alla dispensa e alla spesa quali sono le tecniche di cottura eco?“La pentola a pressione dimezza i consu-mi di acqua del 20% e riduce signifi cati-vamente i tempi di cottura. La cottura nei cestelli a vapore è un ottimo accorgimento che consente di sfruttare sempre il calore proveniente da qualsiasi pentola e consen-

te di preparare contemporaneamente più pietanze. Cucinare in lavastoviglie è un mo-do interessante”.Come nasce l’idea di cuocere in lavasto-viglie?“È frutto della continua ricerca di nuovi mo-di per risparmiare energia. Mi sono chie-sta se fosse possibile sfruttare il calore dell’acqua di lavaggio della lavastoviglie e ho scoperto di avere un elettrodomestico in più straordinario per le cotture a bassa temperatura. Cucinare mentre si lavano le stoviglie sfruttando tutti gli spazi vuoti, tra bicchieri e piatti, dà risultati davvero fanta-stici, oltre ad evitare ulteriori sprechi ener-getici o a riscaldare d’estate la temperatu-ra con il forno”. Ad ogni ciclo la sua pietanza… Quali ri-cette per il programma a risparmio ener-getico?“Il lavaggio “eco” ad una temperatura di 50-55 gradi è l’ideale per le carni rosse. E’ più facile “sfornare” dalla lavastoviglie un roastbeef perfetto che nel forno tradiziona-le. La carne risulterà tenera come un burro e la cottura in sottovuoto ridurrà l’impiego di grassi”. E per la lavastoviglie di chi va sempre di corsa?“Il lavaggio rapido a 65 gradi per 30 minuti è fantastico per il pesce, per crostacei, pe-sci sfi lettati, dal rombo al pagello alla pala-mita, oltre che per tagli di seconda e terza scelta, come il biancostato”. Cosa si può cucinare con il lavaggio nor-male e intensivo?“Il lavaggio normale è indicato per le carni bianche e per cuocere in vasetto baccelli e fave. Il lavaggio intensivo, a 75 gradi, si pre-

sta a grandi pezzi di carne, ma anche verdu-re e frutta. È ad esempio un buon sistema per ottenere dei fagiolini croccanti, preser-vandone tutte le qualità organolettiche”. Gli scarti diventano anche dei regali da scartare, ci dia qualche dritta in vista del Natale…“Nel libro Ecocucina indico 30 ricette/idee regalo. Dal dado granulare, rigorosamente “bio” e “eco” visto che è realizzato con buc-ce di carota, foglie di sedano, sale ed altri scarti di verdure, alla “polvere di agrumi” realizzata essiccando le calotte dell’aran-cia che normalmente gettiamo dopo averle spremute. Non resta che frullarle per otte-nere un’ultra-vitaminica polvere arancione perfetta per conferire un aroma particola-re a spezzatini e sbizzarrirsi in altre ricet-te; dalla sua ha anche la durata di un in-tero anno”. Nella sua cucina non manca mai l’essic-catore. Come riscoprire in casa questa tecnica antica senza investire un capi-tale?“Bastano una scatola di legno, una vec-chia lampadina, delle gratelle ed il gioco è fatto, non resta che accendere la lam-padina ed iniziare a produrre da sé frutta, erbe, funghi e verdura secca da conser-vare tutto l’anno in sicurezza a tempera-tura ambiente. Un’altra soluzione fai da te sfrutta il calore dei termosifoni: basta solo ingegnarsi per creare grucce per ap-pendervi ortaggi e quant’altro si voglia es-siccare”. Dopo la lavastoviglie, possiamo guardare con occhio diverso anche il termosifone e trasformare la nostra casa in un laborato-rio eco-sostenibile.

PLUMCAKE ALLA SCORZA D’ARANCIAIngredienti: lo scarto della spremuta di 2 arance, 200 g di zucchero di canna grezzo,3 uova, 200 g di farina, 200 g di ricotta, 1 bustina di lievito, 1 pizzico di sale e burro.Per completare e decorare: zucchero a velo e la scorza di 1 limone (facoltativo)Preparazione: lavate bene le arance prima di preparare la spremuta. Con un rigalimoni ricavate delle stri-scioline di scorza che userete per la decorazione. Preparate la spremuta e conservate la parte di scarto (sia la polpa che si raccoglie nello spremiagrumi sia le mezze calotte vuote). Tagliate le mezze calotte di arancia grossolanamente, quindi frullatele insieme alla polpa di scarto e lo zucchero. Versate la scorza frullata in una ciotola e unite le uova, la farina e la ricotta. Lavorate fi no ad avere un composto omogeneo. Imburrate uno stampo da ciambella e versatevi il composto. Cuocete in forno già caldo a 180 °C per 40 minuti. Sfor-nate, mettete il plumcake in un piatto da portata e decorate con zucchero a velo e scorze di agrumi.(da “Ecocucina”, Gribaudo 2012)

TENDENZE

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Dal 1° al 3 dicembre, in fiera, l’evento che invita alla scoperta delle specialità enogastronomiche lombarde.

Definita una suddivisione per aree per accogliere i maestri, i custodi e gli esploratori del gusto. Ai fornelli grandi chef, tra cui Umberto Bombana,

tristellato bergamasco in arrivo da Hong Kong. Previsti vari percorsi di degustazione

n mondo a parte. Anzi un pianeta sui generis in una galassia, come quella della gastronomia, popolata da stelle, o meglio da star, o meglio ancora da “gastro-star” (chef & co). Descrizione simil scientifi ca, più che culinaria, per “Pianeta Gourmarte”, un evento nuovo di zecca fi rmato Promoberg, che dal 1° al 3 dicem-bre prossimi invita tutti sullo shuttle fi eristico di via Lunga per un viaggio alla scoperta di un pianeta dove il colore rosso sarà, tutt’al più, quel-lo del peperoncino e del vino (e non quello della ruggine ferrosa come su Marte). Come ogni mission (spazia-le e non), la spedizione si presenta “rischiosa”(soprattutto per la rispo-

sta del pubblico) ma non per questo meno affascinante. Il format darà la possibilità a ghiottoni e gurmettari di alternare la degustazione di spe-cialità enogastronomiche lombar-de ad altre, provenienti da territori extra, ma “naturalizzate lombarde” o ancora di assaggiare vini che fan-no parte del patrimonio vitivinicolo della nostra regione. Un programma nutritissimo, appositamente ideato per consentire a tutti i cultori della buona tavola di assaggiare il meglio della proposta enogastronomica a prezzi tutto sommato accessibili, ma anche un “educational tour” tra le cose buone che potrà concluder-si anche con l’acquisto dei prodotti

degustati con un comodo sistema di asporto, predisposto all’uscita del percorso. L’ “esplorazione” sugli ol-tre seimila metri quadrati di un padi-glione della Fiera, sarà articolata in varie aree dove sarà possibile valu-tare il panel degli espositori suddivi-si per categorie; i maestri, i custodi e gli esploratori del gusto. I primi si rifanno ad aziende che si sono mes-se in luce per l’elevata qualità del loro prodotto, per l’etica e per le ca-pacità imprenditoriali e progettuali dimostrate nel corso degli anni. Dei secondi fanno, invece, parte i con-tadini, gli allevatori, gli artigiani e i vignaioli, che hanno mantenuto vi-va una tradizione strettamente lega-

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Promoberg lanciail “Pianeta

Gourmarte”

novembre 2012L’evento

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ANCHE L’ACCADEMIA DEL GUSTO IN CAMPO CON GLI EVENTI SATELLITE

Gli Eventi Satellite, promossi dall’Accademia del Gusto, sono una serie di iniziative studiate per il pubblico e per i professio-nisti di Pianeta Gourmarte. Sono suddivise in quattro sezioni e collocate in fasce orarie strategiche per attirare l’attenzio-ne del pubblico già presente nel Salone e per portare al Salo-ne appassionati, gourmand e professionisti. Gli eventi appar-tengono a quattro galassie: pizza, dolci, cucina, professional.

SABATO 1 DICEMBRE - dalle 10 alle 12 Preparare stuzzichini creativi in pochi minuti(per appassionati)Un aperitivo in casa, una ricorrenza da animare con un buffet salato e le uniche cose a cui pensiamo sono tramezzini farciti con salsa tonnata e pizza in teglia da acquistare nella più vi-

ta al territorio e al modo di interpretar-lo. I terzi, infi ne, sono assimilabili alle aziende commerciali che, con sede in Lombardia, si sono distinte per avere svolto un’opera di divulgazione di pro-dotti particolarmente ricercati, rigoro-samente provenienti e selezionati nei territori d’origine. Una sottile suddivi-sione “ideologica” che sottende ad un minimo comun denominatore: l’asso-luta eccellenza del prodotto. Chi stac-cherà il biglietto d’ingresso, 18 euro

(15 euro con iscrizione on line sul sito www.pianetagourmar-te.it) potrà essere certo di de-gustare la punta dell’iceberg pro-duttivo dell’azienda che vorrà testare. Che si tratti del Moscato di Scanzo, del salame di cinghiale, dello strachitunt o del panettone, la certezza di mettere alla prova del palato una bontà, è fuo-ri discussione. Il numero delle aziende partecipanti (e selezionate da una com-missione, composta da esponenti del-

la critica enogastronomica nazionale e conoscitori della realtà lombarda, che le ha individuate) dovrebbe aggirarsi in-torno alla settantina, ciascuna con tre prodotti di eccellenza in degustazione, una buona “base” non solo per la varie-tà dei prodotti, ma anche per garantire al visitatore quella satisfaction fi nale che rappresenta l’incentivo migliore sia per tornarci sia per fare in modo che gli organizzatori possano pensare all’edi-zione numero due. Anzi, pensandoci bene, questo Pianeta Gourmarte può essere considerato un “numero zero”, una sorta di Salone di prova, un tenta-tivo (si spera felice) di aggregare e va-lorizzare in un contesto unitario le più diverse tipologie enogastronomiche re-gionali. All’ombra della Mole e nei padi-glioni del Lingotto, ad esempio, le pre-senze al Salone del Gusto si contano in centinaia di migliaia, ma cosa succe-derà all’ombra del Campanone è tutto da vedere, fermo restando che l’evento dovrebbe attirare e convogliare soprat-tutto pubblico regionale e non fermarsi solo a Bergamo e dintorni. A costituire

e on line gourmar-erto di de-’iceberg pro-he vorrà testare.

ato di Scanzo del

L’EVENTO

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cina pizzeria d’asporto. Meravigliare i propri commensali con proposte creative di facile esecuzione è possibile. Sono suf-fi cienti un pizzico di fantasia, buona volontà e un laboratorio creativo con Francesco Gotti, executive chef del Bobadilla Fe-eling Club di Dalmine.

- dalle 15 alle 18 Pane, pizza e focacce: tutti i segreti (per appassionati) Il piacere di preparare il pane in casa, il profumo di una pizza e di una focaccia appena sfornate. Un laboratorio teorico e pra-tico per imparare a realizzare a regola d’arte pane, pizze e fo-cacce in teglia con i consigli del maestro Tiziano Casillo, chef-

pizzaiolo e formatore professionale, sui metodi di impasto e con tante ricette per i condimenti e le farciture. E al termine una gustosa degustazione per tutti i partecipanti.

DOMENICA 2 DICEMBRE - dalle 10 alle 12 L’ecocucina di Lisa Casali (per appassionati)Vedi pag. 6

- Dalle 15 alle 18 Le creme e le mousse di Maurizio Santin (per appassionati)Un incontro speciale rivolto al pubblico di Gourmarte che

IN SCENA ANCHE LA QUARTA EDIZIONE DEL PREMIO VERONELLI Il prestigioso Premio Luigi Veronelli è nato nel 2006, due anni dopo la scomparsa del grande giornalista e scrittore italiano di enogastronomia. Il riconoscimento ha il proposito di cele-brare la fi gura del padre della cultura materiale italiana, de-clinata in temi di terra, cibi e vini. Dopo le prime tre edizioni realizzate da Class Editori e Vero-nelli Editore, da quest’anno il Premio Veronelli è curato da Casa Veronelli e alcune isti-tuzioni bergamasche, tra le quali spicca l’Ente Fiera Pro-moberg. Tre le categorie individua-te, a rappresentare i fonda-menti del suo pensiero. La prima premierà un contadi-no (vignaiolo, oliandolo o ar-tigiano alimentare) in grado di esprimere appieno l’istan-za del rapporto amoroso con la terra. La seconda un letterato (gior-nalista, scrittore, saggista, poeta) che si sia occupato a fondo e meritoriamente di ga-stronomia. Per la terza, il premio sarà as-segnato a un Comune che ri-vendichi almeno una De.Co. e che si sia distinto nella salvaguardia e nella promo-zione dei prodotti, naturali

o manufatti, appartenenti per storia e tradizione al proprio territorio. La giuria è composta, come sempre, da esperti e cultori della materia: Cesare Pillon (presidente), Gian Arturo Rota (vice-pre-sidente), Roger Sesto (segretario). Inoltre, Gigi Brozzoni, Danie-le Cernilli, Roberto De Donno, Luciano Ferraro, Bruno Gamba-

corta, Elio Ghisalberti, Andrea Grignaffi ni, Mattea Guantieri, Rocco Lettieri, Antonio Paoli-ni, Vladimiro Riva, Nichi Stefi , Massimo Zanichelli. La cerimonia per la consegna dei premi Veronelli si svolgerà lunedì 3 dicembre, nell’ambi-to di “Pianeta Gourmarte”, la manifestazione organizzata da Ente Fiera Promoberg de-dicata all’eccellenza alimen-tare lombarda. La scelta di assegnare il Pre-mio Veronelli in occasione dell’evento Promoberg si ba-sa su due motivi di fondo: l’o-biettivo degli organizzatori di Pianeta Gourmarte di punta-re sulle eccellenze del setto-re, così come fa da sempre il Premio Veronelli; Luigi Vero-nelli ha vissuto più di 30 an-ni a Bergamo (sui Colli), città d’elezione che ha amato pro-fondamente.

Luigi Veronelli

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ha come protagonista Maurizio Santin, il noto pasticcere di GamberoRosso Channel e di Raisat. Il laboratorio prevede un aspetto didattico di sviluppo delle ricette e al termine la degu-stazione dei prodotti realizzati dal maestro Santin. Un semi-nario che permetterà di acquisire le conoscenze e le compe-tenze necessarie per preparare un dessert buono nel sapore e bello nell’aspetto. Creme e mousse per stupire i propri ospiti con effetti speciali.

LUNEDÌ 3 DICEMBRE - dalle 11 alle 13 Nuovo modo di proporre la pizza: le pizze d’autore (per appassionati e professionisti)

La pizza d’autore nasce dall’incontro di uno chef, Francesco Gotti, e di un maestro pizzaiolo, Tiziano Casillo, dall’equilibrio tra l’alta cucina e il piatto italiano per eccellenza. La pizza sco-pre così nuovi sapori e si reinventa, senza abbandonare la tec-nica tradizionale che l’ha resa celebre nel mondo. Il corso è rivolto a chi intende variare la propria offerta con condimenti alternativi, per stupire anche i palati più raffi nati e ai curiosi, che amano la pizza e vogliono carpirne i segreti.

- dalle 15 alle 18 L’arte inglese delle decorazioni: la ghiaccia reale di Donatella Semalo (per appassionati e professionisti)Un fi lo di ghiaccia, tutto parte da qui. La creatività e la tecnica

un plus, a dare insomma una gran bel-la mano al decollo dell’impresa, sono deputati gli “interpreti del gusto”, ovve-ro cuochi e ristoratori che, a suon di ri-cette, hanno contribuito ad elevare e di-vulgare il buon nome della ristorazione lombarda. I nomi sono quelli che conta-no, a partire dalla stella transoceanica clusonese Umberto Bombana, l’unico tristellato italiano in the world che vole-rà appositamente da Hong Kong a Ber-gamo dove si tratterrà in fi era nella gior-nata di sabato. Il “Bombana day” sarà messo in scena dal suo staff lunedì 3 di-cembre giorno nel quale, in cucina, bril-leranno altre sei stelle, le tre di Vittorio e le altre tre del Pescatore, gli unici due ristoranti lombardi a potersene attual-mente fregiare, con le altre eccellenze di Marchesi e Santin della Cassinetta di Lugagnano (due ristoranti già tristella-ti). Sempre in questo “Monday greedy” sarà possibile deliziarsi con le creazio-ni dolci Iginio Massari della pasticceria Veneto di Brescia e Gianni Pina dell’o-monima pasticceria di Trescore Balne-ario, unici due pasticceri lombardi ad essere inclusi nel Relais Dessert, l’as-sociazione che raggruppa le cento mi-gliori pasticcerie al mondo (molto più vasto il numero di quelli che, idealmen-te, sono compresi nell’associazione dei degustatori di pasticceria e affi ni). Nelle giornate di sabato e domenica invece, il palcoscenico sarà tutto per una doz-

zina di cuochi che proporranno il loro “cavallo-piatto-di battaglia”, quella spe-cialità cioè che ha fatto la loro nomea e, al tempo stesso, ha tenuto alto l’onore culinario lombardo. Tra questi, in ordine sparso, Cracco, Bartolini, Sadler, Aimo e Nadia, Morel-li, Gerri, Fusari, Cerveni, Peri e Masanzi che hanno confermato la loro presen-za. Per i cultori del genere la possibi-lità di degustare la specialità preferi-ta come se fossero al ristorante, mise en place, piatti in ceramica compresi. Un elemento innovativo e qualifi cante, quest’ultimo, anche perché un conte-nuto eccellente decade se servito in un piatto di carta (come già avvenuto in manifestazioni analoghe). In questo caso, Pianeta Gourmar-te abbina la gioia del palato a quella degli occhi. Acquistando

dei buoni a un prezzo di assoluta conve-nienza (10 euro comprensivo di un bic-chiere di vino scelto contro i 30 e oltre, che normalmente nei rispettivi risto-ranti verrebbero praticati), i visitatori di Pianeta Gourmarte potranno ritagliar-si un percorso gastronomico del tutto personale ed esclusivo, scegliendo tra i piatti diventati l’emblema della storia gastronomica e della ristorazione lom-barda, passata e presente, tradizionale e moderna. Con il claim “pancia mia fatti capanna” l’appuntamento è dunque per i primi giorni di dicembre, con i seguenti ora-

ri, 10- 22 il sabato e dalle 10 alle 20 la domenica ed il lunedì. Tutte le

info sul sito www.pianeta gourmarte.it

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Con il claim “pancia mia fatti capanna”l’appuntamento è dunque per i primi giorni di dicembre, con i seguenti ora-

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info sul sitowww.pianeta gourmarte.it

Umberto Bombana

L’EVENTO

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di Donatella Semalo, formatasi alla Squires Kitchen di Lon-dra, prende forma attraverso la realizzazione di ambiziosi de-cori, impalpabili come le merlature delle sue torte, i cammei bordati d’oro, le roselline stilizzate. L’eleganza e la raffi natezza delle sue decorazioni stupiscono gli occhi, la-sciando senza fi ato.

Pianeta Gourmarte (per i professionisti) Lunedì 3 dicembre, dalle 10 alle 11, è in programma la visita guidata a Gourmarte. Elio Ghisalberti accom-

pagnerà la delegazione di professionisti dell’Accademia del Gusto alla scoperta del Pianeta, guidandoli negli incontri con gli operatori e negli assaggi-degustazioni. Dalle 15 alle 18,

c’è la possibilità per i pasticceri di assistere al laboratorio sulle decora-zioni in ghiaccia reale, mentre dalle 15 alle 17 è in programma la tavola rotonda “Gli errori che un ristorato-re non deve commettere - Il parere dei critici enogastronomici” mode-rata da Elio Ghisalberti alla presen-za di Fausto Arrighi e altri critici del settore.

IL SEGRETARIO GENERALE DI PROMOBERG

TRIGONA: “COSÌ PROMUOVIAMO SAPORI E CULTURA DEL TERRITORIO”

Un mappamondo di sapori per promuovere la cultura del ter-ritorio. Per il segretario generale di Promoberg, Luigi Trigona, non c’è miglior defi nizione da accostare a Pianeta Gourmar-te, il nuovo evento che concluderà il calendario organizzati-vo dell’ente fi eristico bergamasco. “Ricordiamoci le parole di Pericle, che parlando agli ateniesi prima che entrassero in guerra contro Sparta, oltre 2.400 anni fa diceva: «Ogni ateniese cresce sviluppando una felice versatilità, la fi ducia in se stessi, la prontezza a fronteggiare ogni situazione».Già allora si esprimeva il concetto di felice versatilità, quale via-tico del cambiamento e allora, come oggi, non ci resta che essere versatili, senza perdere il sorriso. Questa versatilità organizzativa viene oggi “riversata” in Pianeta Gourmarte, evento al quale ci siamo accostati con due obiettivi fonda-mentali: il primo è quello di promuovere un consumo quali-fi cato e consapevole, il secondo, invece, intende omaggiare la cultura del territorio, quelle tradizioni locali che da sempre costituiscono il “plus” vincente del nostro Paese e, in questo caso, della nostra regione”. Un capitolo a parte meritano i “cuochi”, autentiche star dell’evento. “Alle volte gli appassionati di ristoranti diventa-no simili a dei tifosi di calcio. Gli chef diventano le star, come i grandi campioni del pallone”, prosegue Trigona. “Se c’è una cosa che adoro in un cuoco è la personalità. Quando ti puoi sedere a una tavola e ad occhi chiusi riconoscere la mano che ha preparato quel piatto, stai tranquillo: sei al cospetto di un grande. Le mode, anche quelle in cucina, passano, re-stano gli uomini. Non crediamo a chi ci vuole convincere che l’eccellenza abbia una sola forma, può essere classica, cre-ativa, minimale o barocca. La cucina buona è una sola e l’ec-cellenza ha molte vie di accesso. L’alta cucina, quella fatta bene, non ha casacca”.

Luigi Trigona

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LA TAVOLA ROTONDA

Il vino e la comunicazione, un binomio inscindibile

l vino è attraente, conviviale, un affascinante racconto di storia, certo, ma va anche venduto. La comunica-zione del vino, spesso, lo dimentica ammantando-si di un’aurea culturale talmente alta da allonta-nare il consumatore medio, piuttosto che avvi-cinarlo. La tavola rotonda “La comunicazione, strumento indispensabile per vendere”, a margine del Concorso enologico internazio-nale “Emozioni dal Mondo”, si è interrogato su questo aspetto e molto altro ancora. I nuo-vi mezzi di comunicazione, oltre alla stampa, alla radio e alla televisione, permettono di fa-re da cassa di risonanza al vino, divulgando-ne gli elementi attraenti che possono fare presa sull’appassionato. A monte di tutto questo, però, oc-corre analizzare il proprio prodotto, deciderne il posizio-namento di mercato, analizzarne il target di clientela, capi-re se puntare sull’export oppure no. “Fare un buon vino non basta per poterlo vendere - ha precisato Sergio Cantoni, di-

I

CHE IMPRESA RIDARE DIGNITA ALLA PASTA IN FRANCIA!Esistono svariati modi per ac-

compagnare una cotoletta alla milanese. Magari con dei teneri cavol-� ori gratinati o con croccanti patate al forno aromatizzate al rosmarino. E invece no, il francese medio, come contorno, preferisce un gomitolo di pasta, magari scondita, così si mi-schia meglio all’intingolo della carne. Già, perché sforzarsi di trovare origi-nali combinazioni all’italiana quando si può bistrattare un tagliolino e relegarlo da primo sontuoso a banale “garniture”? I nizzardi sanno sempre destabilizzarmi. Immaginate l’espres-

sione di indignazione che si è palesa-ta sul mio volto quando mi sono vista ordinare un ossobuco con tagliatelle al posto della polenta. Ho avuto un at-timo di esitazione nell’accettare una simile proposta indecente da parte di quell’uomo di mezza età, ma poi la moglie lo ha subito difeso: “Mon mari adore les pâtes” (Mio marito adora la pasta, ndr). “Sì, ma non presentata in quel modo”, avrei voluto risponderle. Poi ho capito che il cliente ha sempre ragione, soprattutto se è francese, altrimenti ti darà del � lo da torcere. L’apice dello sconforto è giunto però

a � ne pasto quando, dopo aver asse-condato controvoglia le loro volontà, i due hanno detto di non aver mangiato nulla di eclatante. “Per forza - gli ho spiegato seccata - noi non siamo soliti usare la pasta in bianco come contor-no”. In effetti, certi francesi parruc-coni dovrebbero imparare a s� dare le loro convenzioni culinarie e venire incontro, senza troppi pregiudizi, ai gusti del Bel Paese. Ma non è così facile. Quando cerchiamo di introdur-re nel menù qualcosa di più raf� nato dei soliti spaghetti, bisogna sempre fornire ai francesi la chiave d’inter-

RATATOUILLEdi Laura Ceresoli

ante racconto comunica-ntando-llonta-avvi-

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di Giordana Talamona

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rettore del Consorzio Tutela Valcalepio -. Molti produttori sem-brano non rendersi conto che il vino non lo si fa per sé, ma per il consumatore. Lo devo fare come lo vuole lui, per poterlo ven-dere”. In altri termini analizzare le tendenze, capire come cam-biano i gusti e le mode nel tempo, raggiungere il miglior rappor-to qualità/prezzo. Questa è la base, poi viene tutto il resto. Quale mezzo di comu-nicazione privilegiare per promuovere un vino, è già una scelta di campo. La televisione generalista è un palcoscenico che en-tra in tutte le case, rivolgendosi a un pubblico di massa, ma per il produttore medio o piccolo non è sempre facile poterci arriva-re. Puntare sulla radio può essere un’alternativa perché l’88% degli italiani (44 milioni in settimana), l’ascolta quotidianamen-te, il 72% dei quali in automobile. Per questo motivo occorre fare uno spot chiaro che duri circa 40 secondi, programmato quotidianamente sei o sette volte. Nel caso si voglia organizza-re un evento in cantina, meglio pubblicizzarlo su una radio lo-cale, perché le statistiche dicono che gli ascoltatori si spostano in un raggio di 70-100 km dalla loro abitazione. La rete e i so-cial network, facebook e twitter in primis, si rivolgono a un pub-blico che ama messaggi veloci, chiari e frequenti. Democratica per qualcuno, anarchica per altri, la rete consente ai produttori di avere un buon ritorno di immagine a basso prezzo, purché si rispetti il livello di comunicazione e si utilizzi la viralità del mez-zo. Più condivisioni si hanno, più il messaggio gira da un pc a uno smartphone, passando per un iPad. Per lanciarsi nell’ex-port, occupando nuove nicchie di mercato, serve tutto questo e molto altro ancora, analizzando molto bene quali i messaggi impliciti il vino sappia veicolare in una data cultura. Gli statu-nitensi associano il vino a un incontro d’amore, gli asiatici agli effetti salutistici, gli europei alla convivialità. Conoscere le chia-

vi culturali di un Paese permette di creare un cartellone pub-blicitario, uno spot, un tweet o un post che sappia presentare un vino, creando appeal e aspettative nel consumatore. Da ul-tima la distribuzione ha un ruolo determinante per il successo di un vino. Se è vero - come ha confermato Cantoni - che la stra-grande maggioranza del Valcalepio è venduto nella Gdo, ogni produttore del Consorzio dovrebbe rifl ettere sulle strategie di vendita dei supermercati che decidono il posizionamento sullo scaffale dei loro vini. Posizionare un prodotto a destra, all’al-tezza degli occhi o delle mani, o a metà corridoio, è una buona strategia per vendere vino nella grande distribuzione. Perché se è vero che la comunicazione diretta è uno strumento essen-ziale per vendere, anche la comunicazione indiretta va capita e analizzata.

pretazione. Una sera una ragazza mi ha domandato: “Ma i maccheroni con le lenticchie sono una pasta o che al-tro? Ma vengono serviti mischiati alle lenticchie oppure i maccheroni sono il contorno delle lenticchie?”. Che confu-sione! Va bene non sapere cosa sono le trofie o i garganelli, ma ignorare persino l’esistenza dei maccheroni mi sembra troppo. D’altronde, inutile stu-pirsi. Ogni nazione ha le sue abitudini in fatto di cucina e in Francia la cultura della pasta come piatto principale non è poi così radicata. Mi è bastato dare un’occhiata al menù proposto alla mensa dell’école maternelle che frequenta mia fi glia Margot per render-mene conto. Si parte con un’insalata per poi continuare con carne, verdura cotta, formaggio e frutta. Insomma, niente carboidrati. La stessa cosa, a

pensarci bene, l’avevo già notata qual-che anno fa in occasione del mio ma-trimonio con Sergio in Costa Azzurra.

Il ristorante aveva previsto nella carta del nostro banchetto di nozze solo antipasti, secondi e dolce, saltando pari pari la voce “primi”, con grande preoccupazione di mio padre. Ricordo che fece il possibile per far introdurre almeno una pastasciutta nella cena nuziale. Alla fi ne, però, i proprietari di quel delizioso locale di Eze Village get-tarono subito la spugna, quasi timorosi di sottoporsi al giudizio di chi, in fatto di pasta, la sa lunga: “Non è proprio il caso di far cucinare delle tagliatelle a uno chef francese”, si giustifi carono. E così ci accontentammo di un risotto. La nostra missione alla Milanesina si preannuncia, quindi, ardua. Obiettivo: ridare dignità a quella pasta che i fran-cesi, nella loro megalomania, hanno declassato per anni a banale contorno rannicchiato in un cantuccio del piatto.

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Lo zaff erano biologico fi orisce sulle colline bergamasche

Le ricette dei designer rivoluzionano gli

na nuova coltivazione va ad arricchire lo scenario dell’agricoltura bergamasca: lo zafferano. Su un’e-stensione di quasi 2mila metri quadrati, l’azien-da Villa Serica di Caprino Bergamasco ha piantato quest’anno 30mila bulbi di zafferano biologico, pas-sando dalla sperimentazione degli anni scorsi alla produzione vera e propria. La raccolta, rigorosamen-te a mano, del prezioso “oro rosso bergamasco”, è iniziata nei giorni scorsi.“Dopo le prove della passata stagione - spiega Chia-ra Orlandini titolare con il marito Andrea Sacco Proila dell’azienda - quest’anno abbiamo utilizzato anche i bulbi provenienti da quattro diverse aziende, sia ita-liane sia estere, per poter fare degli studi sulla pro-duzione. Non abbiamo lasciato nulla al caso e ogni singolo bulbo è stato calibrato, pesato e valutato per escludere la presenza di eventuali patologie. Da poco abbiamo iniziato la raccolta, seguendo l’andamento

Quando la cucina incontra il design, il gusto si sublima, esaltato dall’analisi stessa delle

forme. Non è più solo palato, ma ricerca con-cettuale del bello attraverso tutti i sensi. È allo-ra che, architetture apparentemente discordanti per una portata, concetti formalmente disomo-genei per una ricetta, prendono forma armonica in un piatto. È come se quella costruzione a ta-

volino, dove stile e ricerca si fondono, seguisse in realtà i dettami della natura. Linee pulite, sempli-fi cazione, gioco e libera interpretazione di un piat-

to sono le caratteristiche di “Stuzzicati dal design”, il secondo volume di ricette pubblicato da Editrice Compositori, dove 70 designer hanno reinterpretato il concetto stesso di anti-pasto. A metà tra fi nger food e stuzzichini, le ricette di questo li-bro divertono e stupiscono per l’elaborazione in chiave creativa, e non poteva essere altrimenti con dei designer, del gusto, delle forme e della tradizione. Antipasto dadaista, impressionista, a

quadretti, vol-au-vent QR code, ravioli umbro-birmani, lava rossa, polpettine in technicolor e chi più ne ha, più ne metta. Piatti non piatti, rivisitazioni in chiave contemporanea delle ricet-te della nonna, dove anche la polenta diventa un amuse-bouche da gustare con le dita. È quello che suggerisce Giorgia Brusce-mini, designer degli arredi esterni, che coniuga la polenta, ab-brustolita e ridotta a cubotti, alla sapidità avvolgente dell’aringa, spiegandone tutti i segreti di preparazione. “Grande risultato, minimo sforzo”, è il motto per la ricetta di Mo-reno De Giorgio, che ama progettare residenze private, e che col poco tempo che gli resta delizia i suoi amici con dei “Rotolini ve-loci”, talmente rapidi che scappano via. Sembra uno scherzo, ma non lo è, il piatto proposto da Federico Delrosso, interior design laureato al Politecnico di Milano, che in un bicchiere di Martini propone un “Cocktail di gnocchi” su fondo di melanzane frulla-te. “Una sorta di sinestesia culinaria - ammette - dove la forma conica del bicchiere evoca freschezza e sensualità, questa volta con un effetto sorpresa”. Non da meno, per creatività ed effetto,

U

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Chiara Orlandini

IL LIBRO di Giordana Talamona

Quansi su

formecettualera che, aper una genei pein un pia

volino, dorealtà i de

i antipasti

altalenante della fi oritura. Questa opera-zione ci impegna alcune ore al giorno e a seconda del picco di fi oritura raccoglia-mo mediamente dai 200 ai 20mila fi ori al giorno. Il ritorno del caldo ha rallentato questa fase, che con l’arrivo delle basse temperature è però ripresa regolarmen-te e continuerà fi no alla fi ne di novembre. Una volta raccolti i fi ori procediamo subi-to a togliere gli stimmi e a farli seccare”.La coltivazione dello zafferano è stata re-alizzata a fi ne agosto, mantenendo la sud-divisione dei bulbi in base all’origine ed al calibro. È stata data questa impostazione per avere la possibilità di stabilire quali bulbi hanno prodotto più zafferano, qua-li si sono moltiplicati meglio sotto terra e quali hanno avuto patologie, piuttosto che attacchi di roditori“Abbiamo deciso da subito - dice Chiara - che tutto doveva essere improntato se-condo criteri di assoluta qualità, a partire dalla scelta dei bulbi fi no alla raccolta e all’essicazione dello zafferano. Per que-sto abbiamo voluto monitorare costante-mente tutto il processo produttivo. Pur-troppo, o per fortuna, sia io che Andrea prima di fare gli agricoltori abbiamo lavo-rato rispettivamente come architetto e co-me ingegnere e probabilmente le nostre “deformazioni professionali” hanno in-fl uito anche sulla nostra attività “in cam-po”. È stato un lavoro un po’ certosino,

ma pensiamo ne valga le pena. Se tutto procede come previsto, contiamo di rac-cogliere 500 grammi di oro rosso berga-masco”.L’impianto è stato fatto su un terreno ver-gine, completamente ricoperto da tre metri di rovi e incolto da almeno 10 an-ni. Questa scelta ha accelerato notevol-mente le pratiche per l’ottenimento del-la certifi cazione biologica. Il terreno che ospita i bulbi è esposto a Sud Ovest e con la pendenza ottimale per scongiurare il ri-stagno idrico“L’attenzione a questa nuova coltivazio-ne - sottolinea la Coldiretti bergamasca - testimonia la dinamicità e la voglia del settore di andare oltre la crisi, ricercando nuove occasioni di reddito. Le imprese si stanno mettendo in gioco con passione e creatività per ricercare l’eccellenza e diventare un modello per chi intende ar-ricchire la propria proposta innovando e guardando al futuro ma anche mantenen-do in vita antichi saperi”.Le varie fasi della raccolta e della lavo-razione si possono seguire sul sito www.villaserica.it dove nella sezione dedicata allo zafferano viene pubblicato un diario, con foto e spiegazioni, del lavoro fatto. La coltivazione dello zafferano in Lombar-dia interessa più di 5.000 metri quadrati distribuiti nelle province di Bergamo, Bre-scia, Mantova e in Valtellina.

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LA RICETTA

AMBURGHERINI VEGETARIANI

Ingredienti: chicchi d’uva, preferibilmente senza vinaccioli, un pezzettino di gorgonzola piccante, una briciola di noce, semi di papavero o sesamo. Preparazione: tagliare a metà il chicco d’uva e rimuovere i vi-naccioli, se presenti. Inumidire con un po’ d’acqua una delle due metà e immergerla nei semi di papavero o sesamo. “Im-bottire” le due metà con il gorgonzola e le noci. Abbinamento: Franciacorta.

All’azienda Villa Serica di Caprino, la raccolta

della prima coltivazione professionale. 30mila

i bulbi piantati

la ricetta di Sara Ferrari, designer emergente che, dopo un lungo periodo all’estero, è tornata in Italia inventandosi una ricetta con-cettuale che sfi da la food pop culture. Così per reinterpretare, in vero stile vegetariano, l’hamburger all’americana, la Ferrari pro-

pone gli “Amburgherini d’uva” con cuore di gorgonzola naturale, noci e semi di papavero. Sfi da di forme e di gusto, dove il design applicato ai fornelli crea piccoli capricci da gustarsi in un solo boccone, identità mignon della società moderna dove bello, buo-no e veloce ne rappresentano la sfi da. E proprio in quest’ottica, chi fosse negato ai fornelli o non avesse tempo per cucinare, po-trà trovare in questo libro i ristoranti per ogni circostanza e luogo, suggeriti dai designer. D’altra parte, non si può vivere di sola arte.

di Lara Abrati

L’ITINERARIO

Patate, mais e bertù: le tre “chicche” di Rovetta

ovetta, alta Val Seriana, si caratteriz-za per avere due zone agricole; una alle pendici dei monti, ormai molto edifi cata, e una pianeggiante chia-mata Agro. I rovettesi sanno bene che in alcuni appezzamenti posizionati in queste due zone è possibile coltivare le due tipicità agricole del paese: le patate e il mais Rostrato rosso, il cui seme è stato selezionato e conserva-to con cura dall’agricoltore Giovan-ni Marinoni per oltre 60 anni. Un’oc-casione quindi per unire la scoperta dell’ “Itinerario nell’Agro” - segnala-to dalla Proloco - al piacere di fare la conoscenza con questi prodotti del territorio.“Rovetta crede molto nella promozio-ne della patata e del mais rostrato

rosso - spiega Donatella

Scandella, responsabile della Prolo-co - perché son due prodotti di gran valore. Soprattutto nei confronti del mais, c’è molto interesse perché il la-voro di conservazione del seme fatto negli anni ha permesso di mantene-re inalterate le sue caratteristiche. Il percorso di rilancio continua e di lavo-ro da fare ce n’è ancora molto”. Dieci anni fa, l’associazione culturale “Era del ‘900” ha dato il via alla sagra della patata e del mais. L’ultima edizione è stata invece organizzata dalla Proloco con la collaborazione della associa-zione pioniera. Quest’anno si è svol-ta il terzo fi ne settimana di settembre con risultati sorprendenti in termini di affl uenza e di eventi programmati. I visitatori hanno potuto passeggiare tra le oltre 50 bancarelle adibite alla vendita di prodotti d’ artigianato e ga-stronomici. LA PATATA DI ROVETTA - Il tubero è ca-ratterizzato da un marchio comunale, che la identifi ca, e può essere acqui-stata dai quattro produttori locali che ricordano di averla sempre coltivata e di averne incrementato la produzione da quando è iniziata la promozione. La coltivazione della patata nella qua-si totalità dei casi è un’attività che va a integrare l’allevamento di bovine da

latte. Gli appezzamenti che ne con-sentono la coltivazione sono quelli mediamente sabbiosi in cui si riscon-tra un buon drenaggio dell’acqua. Le patate vengono seminate con l’ausi-lio di macchine e successivamente coperte di terra al fi ne di garantire un buon sviluppo sotterraneo del tubero. Non vengono mai irrigate né trattate con fi tofarmaci. Le varietà utilizzate sono simili per quasi tutti i produtto-ri e sono la Draga, la Kennebek e la Kuroda (patata rossa). Non sono va-rietà locali.IL MAIS ROSTRATO ROSSO - Tutt’altra storia invece per il mais Rostrato Ros-so che nel 2011 ha ottenuto anche la denominazione comunale. In partico-lare, Giovanni Marinoni si è impegna-to nel corso degli anni a conservarne i semi evitando, con accortezza, l’ibri-dazione con altre varietà di mais col-tivate sull’altipiano e destinate alla produzione di insilati per l’alimenta-zione bovina. I semi sono addirittura stati inviati alla Banca del seme in Norvegia dall’Università degli Studi di Pavia. “I semi da destinare alla ripro-duzione - spiega l’agricoltore ultraset-tantenne - sono quelli presenti nella parte centrale della pannocchia. Non tutte le pannocchie sono utilizzabili

R

Il paese seriano ha deciso di puntare sulle sue eccellenze gastronomiche. Anche la Proloco in campo. Conservati in Norvegia i semi del “Rostrato rosso”

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per selezionare la semenza per l’anno successivo, solo le migliori. È possibile eseguire questa operazione di selezione solo manualmente”. Tranne la semina, le attività di raccolta, sfogliatura e sgra-natura sono eseguite esclusivamente e rigorosamente a mano per evitare il mal-trattamento dei semi. Una volta raccolte, le pannocchie vengono appese all’aria per favorirne l’essicazione in mazzi da 6 o 7, coprendo in modo suggestivo le pa-reti e i tetti delle cascine. Le cariossidi (semi del mais) hanno un colore rossa-stro e hanno una forma “a punta” molto diversa dalle varietà di mais normalmen-te coltivate. La farina si può acquistare dai pochi che coltivano questo mais e si può utilizzare per la preparazione del-la polenta. Il consiglio è di farla cuocere almeno un’ora, per evitare di avvertire il sapore amaro, e di non travasarla, ma di toglierla dal paiolo a cucchiaiate.I BERTÙ DI SAN LORENZO - Recentemen-te, la Proloco è stata contattata da uno chef di Atlanta in Georgia che voleva in-formazioni relative ad una pasta fresca ripiena prodotta in zona: i Bertù di San Lorenzo (frazione di Rovetta). Lo chef era Mike Patrick e aveva letto la ricetta nel libro “Encyclopedia of pasta” di Oretta Zanini De Vita (University Press Califor-nia - 2009). È partita quindi l’attività di ricerca, inizialmente chiedendo a qual-

che persona anziana della zona e poi attraverso la bibliografi a. Confezio-nati a Rovetta, Fino del Monte e pa-esi limitrofi , con varianti di diverso tipo, grazie alla ricerca i Bertù (una variante dei ben più famosi cason-celli) hanno potuto riacquisire la loro ricetta storica. Il nome deriva probabilmente dal dia-letto che le comunità pastorali utilizza-vano: il Gaì. Si riscontra infatti il termine “berta”, che vuole dire orecchio e quindi “bertù” orecchio grande, probabilmente in riferimento alla loro forma. Questo piatto ha subito creato interes-se in Matteo Teli, chef del ristorante “Vecchio Mulino”, che ha affi anca-to la Proloco nel tentativo di risco-prirne la ricetta. Per la sfoglia vie-ne utilizzata una farina integrale “sporcata” con un poco di crusca. Si utilizzano le uova, ma in manie-ra molto limitata. Il ripieno inve-ce ha come ingrediente principa-le il cotechino sgrassato unito poi a formaggio da grattugia, al pane grattato, al prezzemolo, ad un poco di cipolla tritata, sale e un pizzico di noce moscata.I Bertù sono stati celebrati il 18 agosto scorso nella prima sagra a loro dedicata, la cui preparazione è stata affi data ap-punto a Matteo e al suo staff.

Residente nella frazione di San Loren-zo, Enrico Benzoni, fi no al matrimonio, a 23 anni, si è dedicato alla pastorizia come da tradizione di famiglia. Oggi, a

53 anni, alleva circa 30 bovini di raz-za frisona, di cui 20 circa in lattazio-ne. Le patate di Rovetta le coltivava-no sia il padre che il nonno. Le vende direttamente in azienda a 1,20 euro

al chilo. Quest’anno ha prodotto circa 30 quintali di patate gial-le, bianche e rosse. Sulla quali-tà del tubero non ha dubbi: “È compatta, non si sfalda e ha

un sapore caratteristico”.

Simpatico e sorridente, Bruno Beccarelli da circa 7 anni ha una stalla nell’Agro. Alleva circa 70 capi di cui una quarantina sono vacche in lattazione. Non ha una razza prevalente perché, lavorando con moglie e fi glio maggiore, si dice “obbligato ad assecondar-li” nella scelta e quindi: lui preferisce le brune, il fi glio le frisone e la moglie le pezzate rosse. Coltiva circa un ettaro a patate, impiegando le tre diverse varietà con una produzione di circa 60/70 quintali, a secon-da degli anni. Quest’anno sono state già vendute tut-te, quindi bisogna rimandare gli acquisti al prossimo raccolto. Bruno coltiva anche mezzo ettaro a mais rostrato rosso, a livello sperimentale. “La scelta di intraprendere diverse attività a volte - spiega Bruno - è anche data dal bisogno di integrare il reddito fami-gliare”. Le patate sono in vendita in azienda al prezzo di 1 euro al chilo.

ENRICO BENZONI BRUNO BECCARELLI

novembre 2012

i produttori

via Foppe, 50tel. 0346 80384 via dei Savoldelli - tel. 339 1084029

a 23 anni, si è dcome da tradizio

53 anni, allevaza frisona, dine. Le patateno sia il padredirettamente

al chilo. Qcirca 30le, bianctà del tcompa

un sa

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Angelo Visinoni e la moglie Eli-sa conducono l’azienda agricola con l’aiuto dei due fi gli, il maggio-re Giancarlo e Luigi. Allevano 150 bovini di cui circa 70 in lattazione. Coltivano circa 1 ettaro a patate di diversa varietà che quest’anno hanno prodotto molto, circa 100 quintali, che vengono vendute di-rettamente a 1 euro al chilo. Col-tivano inoltre 1,5 ettari a mais ro-strato rosso la cui farina viene ven-duta a 2 euro al chilo.

“Le mie galline, l’altro mais, non lo mangiano!”: questa frase è inserita nel video di Terra Madre 2010 di Slow Food. Giovanni Marinoni, classe 1935, con grinta ed entusiasmo da vendere, è il pioniere dell’attività di salvaguardia, selezione e conservazio-ne del mais rostrato rosso, detentore del “segreto” tramanda-togli da suo padre per la selezione delle cariossidi da destinare alla riproduzione. Coltiva circa 2 ettari di mais, con una produ-zione di circa 20 quintali di farina e poco meno di 1 ettaro di pa-tate esclusivamente di varietà Draga, con una produzione che si aggira attorno ai 100 quintali. In questo periodo le pannocchie sono appese alla balconata della casa in cui viveva con la sua famiglia natale per essiccare. Racconta: “Abitavamo in quella casa in 21, con mio nonno e mia nonna. Tutti lavoravamo nei campi”. Giovanni, con la moglie Santina, lavora appezzamenti esclusivamente ai piedi della montagna, nella parte alta di Ro-vetta. I terreni sono tutti in affi tto.

ANGELO VISINONI GIOVANNI MARINONI

piazza Marinoni, 7tel. 0346 72834340 4516457 via G. Donizetti, 24 - tel. 0346 71013

VECCHIO MULINOvia Vogno, 15 - Rovetta - tel. 0346 20395www.vecchiomulino.biz

IL RISTORANTE

Il ristorante “Vecchio mulino”, in val Borlezza, è localizzato - come si evince dal nome - in un mulino in disuso di cui sono ancora evidenti le ruote. L’attività ristorativa è affi ancata da alcune camere, banchettisti-ca e catering. Il locale è gestito dal 1992 dallo chef Matteo Teli e dalla moglie Cinzia Locatelli. L’ambiente è molto accogliente, immerso nella natura, posi-zionato di fi anco a una sorgente dal nome “Fontana mora”. Internamen-te è tutto ben disposto e l’atmosfera è caratterizzata dalla presenza di un camino. Da circa un anno, Matteo si sta concentrando sull’utilizzo di materie prime del territorio e di qualità. Di qui la scelta di eliminare dal-la carta, per esempio, i piatti a base di pesce di mare in favore di piatti a base di trota e salmerino allevati in proprio in alcune vasche laterali al ristorante. Abbiamo assaggiato tre piatti. Per iniziare, una tartare di patate bianche di Rovetta con bocconcini di salmerino e infusione di prezzemolo, poi i famosi Bertù di San Lorenzo, di forma irregolare e con evidente presenza esclusiva di cotechino bergamasco nel ripieno. Dal sapore deciso e molto gradevole. Infi ne, un tortino di polenta di mais Rostrato rosso di Rovetta con vellutata di Taleggio Dop e chiodini della Val Borlezza. Sono piatti che si possono trovare quotidianamente nella carta del ristorante e di cui consigliamo l’assaggio. Il servizio è impecca-bile. Il ristorante osserva un lungo periodo di chiusura dal 1° novembre sino alla fi ne di febbraio.

AL VECCHIO MULINO IL RILANCIO DEI “CASONCELLI” LOCALI

i produttoriMatteo Teli e Cinzia Locatelli

L’ITINERARIO

Cuvèe Millesimata, birra artigianale Italiana.

Q U A T T R O E R R E

“Troppi individualismi. E sui formaggi non decolla

un progetto corale”e Battista Leidi è il maestro, lei è l’in-contrastata regina dei caprini della Bergamasca. Perché Valentina Canò non ci mette solo passione, ma soprat-tutto estro e creatività, doti indispensa-bili per donare a un formaggio quella vena originale che si sposa alla bontà del prodotto e alla genuinità della ma-teria prima e che piace ai consumato-ri. Da 15 anni è la titolare con il marito Roberto Facchetti - vero factotum del-la maison, dalle spedizioni alla condu-zione dello spaccio - della Via Lattea di Brignano, punto di riferimento per i gourmand della Bassa. Ma è soprattut-to la protagonista di creazioni superbe sia sul fronte della lavorazione lattica

che presamica, che vanno alla pirami-de o alla robiola di turno: tutto merito di quel “tocco in più”, capace di entu-siasmare l’appassionato di formaggi di capra.Quando è nata la sua passione per il formaggio e per i caprini?“Abbiamo iniziato a produrre formaggi nel 1997 perchè mio marito aveva ac-quistato una decina di caprette. La pas-sione è venuta stando a contatto con gli animali che sono davvero “speciali”. Le capre hanno una loro personalità ben precisa e sono capaci di interagi-re in modo divertente, creando legami affettivi. Per produrre un buon latte, e di conseguenza un buon formaggio,

l’animale non deve essere stressato: quindi molto dipende dai nostri com-portamenti ancor prima di mettersi a caseifi care”Domanda scontata: casa vuol dire og-gi per una donna essere casara? “Questo è un mestiere antico, che fac-ciamo ancora come “una volta”: sen-za l’uso di macchinari, tutto a mano in ogni fase. Io sono mamma, ho quattro fi gli e la mia attività è il quinto. Richiede cura e dedizione continue, non ci sono sabati o domeniche, l’unico momento di pausa è a gennaio quando gli ani-mali sono in “asciutta”. Ma per come ci siamo divisi i compiti con mio mari-to, mi permette di dedicarmi alla speri-

di Leo Bartoli

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L’INTERVISTA

Parla Valentina Canò, la regina dei caprini: “Nella Bergamasca siamo tutti un po’ colpevoli, ognuno pensa per sé. In questo senso,

i nostri cugini d’Oltralpe andrebbero assolutamente imitati”.“La voglia di sperimentare non mi abbandona.

Anzi, con il latte di capra è, a mio avviso, fondamentale”

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mentazione e agli affi namenti che adoro”.Come riesce a conciliare famiglia, lavoro e tempo libero? “Il tempo libero... beh quello ce lo siamo giocato ormai molti anni fa. E la famiglia ha imparato a condividere la vita con que-sto “bambino” un po’ ingombrante e che spesso condiziona noi tutti in modo pe-sante ma che rende anche loro “orgoglio-si” quando sentono i commenti positivi di chi lo assaggia o sanno che abbiamo rice-vuto un premio”.A proposito: quale fi nora la sua più gran-de soddisfazione professionale? “Ovviamente i due riconoscimenti al World Cheese Awards 2009 e 2011 che sono i concorsi a livello mondiale a cui ab-biamo partecipato e in cui Capricandido e Morla sono stati premiati con Gold e Su-per Gold Medal. Ma le soddisfazioni, per fortuna, sono state tante”.Come mai, nella vostra coppia, è toccato a lei il ruolo di creativa? “Mah, probabilmente per inclinazione per-sonale: io amo sperimentare, detesto fa-re sempre le stesse cose e cucinando in casa ho sempre avuto più a che fare con spezie ed erbe aromatiche. Poi la cosa mi ha un po’ preso la mano, così ovunque mi trovi vado cercando abbinamenti, idee, profumi… Così vengono fuori cose nuove subito di buon livello o sulle quali bisogna ancora lavorare. Ma non mancano neppu-re le clamorose delusioni”.Quanto conta in una lavorazione, la voglia di sperimentare? “Con il latte di capra la voglia di sperimen-tare è, a mio avviso, il mattone su cui pog-gia tutto. Non abbiamo in Italia una tradi-zione di grandi formaggi o Dop (tranne la

Robiola di Roccaverano) a base di latte di capra e il gusto dei consumatori si sta formando relativamente da poco tempo, quindi sono più disposti a provare le mie “variazioni sul tema”. Ci sono proprio clienti che si divertono a sperimentare insieme a noi, stimolandoci a fare sem-pre cose nuove. Non a caso, la frase più gettonata quando qualcuno entra del mio negozio è “cos’hai di nuovo da farmi pro-vare?”.Quale la creazione di cui va più fi era?“Formaggi in crosta di cioccolato: è abba-stanza folle?”.Bergamo ha il primato delle Dop, ormai quasi 9 con lo Strachitunt in arrivo, ma a differenza di Cuneo che è seconda ma che si è inventata Cheese, non è mai riu-scita a dedicare una kermesse tutta per il formaggio: come lo spiega?“Non l’ho mai capito. Forse è legato al fat-to che la cultura alimentare piemontese, che ha molto a che spartire con quella francese, ha compreso l’importanza del-la valorizzazione del prodotto legandolo al territorio. Intorno a Cheese si è creato negli anni infatti un business di alto livel-lo, agricoltura e turismo se ne sono avvan-taggiati e hanno saputo “restituire” in ter-mini di qualità del servizio e idee impren-ditoriali”.Quello dei caprini è il comparto caseario che negli ultimi anni ha registrato più na-scite in Bergamasca, un boom che però è stato un po’ sottovalutato dal territorio...“Sono d’accordo, ed è un peccato. È man-cato un buon progetto di valorizzazione o meglio ne sono stati fatti tanti, piccoli e scollegati l’uno dall’altro! In questo penso siamo un po’ tutti colpevoli perché troppo

individualisti: ognuno pensa per sé, non ri-usciamo a mettere in piedi un progetto co-rale... In questo senso i nostri cugini d’Ol-tralpe sono assolutamente da imitare”.A proposito di Francia e dei formaggi di capra: siamo ancora indietro o siamo all’altezza dei maestri? “Per le produzioni di capra, abbiamo an-cora un bel po’ da lavorarci sopra. Ma c’è una cosa che dobbiamo assolutamente imparare: la commercializzazione. Se un francese decide di venderti un sasso in-cartato, “et voilà”, sarà il miglior sasso in-cartato che tu possa mai volere, e lo saprà tutto il mondo!”

novembre 2012

Roberto Facchetti e Valentina Canò

di Anna Facci

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IL PRODOTTO

Coniglio, la tradizione che resiste

n tempo era quello allevato in casa, oggi è quello che si compra dal ma-cellaio o al supermercato. Poco sem-bra però essere cambiato nell’utilizzo della carne di coniglio nelle famiglie italiane, che continua ad essere tra-dizionale, impiegato cioè in quelle ri-cette consolidate nel tempo che fan-no dell’Italia il paese con il consumo pro capite più alto in Europa e uno

tra i primi a livello mondiale, circa 4,5 chili l’anno, con punte attorno ai dieci chili nell’alto litorale campano e nelle isole (il coniglio all’ischitana è lì a con-fermarlo). In Bergamasca questo si traduce, come raccontano i macellai, nella più classica polenta e coniglio, che resiste come piatto d’elezione del pranzo domenicale e per quando si hanno ospiti, o in qualche altra ver-

sione sempre all’insegna della sem-plicità degli ingredienti e della prepa-razione. In realtà, nel passaggio dalle coni-gliere dietro casa ai banchi della di-stribuzione commerciale la produzio-ne di cambiamenti ne ha subiti. Con la transizione dalla società rurale, in cui il coniglio veniva allevato per l’au-toconsumo e l’integrazione del reddi-

U

Famiglie meno numerose e ritmi più frenetici non hanno intaccato le abitudini dei bergamaschi, che non rinunciano, soprattutto la domenica, a portare in tavola un classico della nostra cucina. L’Itala è leader nella produzione, ma le nuove norme europee sull’etichettatura di origine si sono “dimenticate” di questa carne

Accanto all’allevamento intensivo, i cui prodotti fi nisco-no nei mercati all’ingrosso, resistono anche a Bergamo piccole produzioni spesso destinate all’uso famigliare, all’integrazione delle attività agricola o all’autoconsumo nell’ambito dell’agriturismo. Chi ricerca il coniglio del contadino deve fare riferimento a queste realtà. Ne ab-biamo trovata una in città, a Redona in via della Delizia, nel Parco dei Colli. L’azienda Colle Raiff (www.colleraiff.it), attiva da vent’anni, ha da qualche tempo puntato so-prattutto sulla viticoltura, ripristinando i terrazzamenti e impiantando il vitigno autoctono Moscato di Scanzo, quest’anno alla prima vendemmia. «Mio padre – rac-conta Rossella – ha sempre allevato conigli e continua a farlo soprattutto per passione. Abbiamo dei clienti af-fezionati, per lo più anziani che ci tengono alle vecchie abitudini, che non vogliamo deludere». I conigli vengono venduti vivi, dal momento che l’azienda non ha le attrez-

zature per conservare la carne macellata. «È un’attività marginale – rimarca –, ma non nascondo che sta de-stando un certo interesse. Siamo infatti stati contattati da Gruppi di acquisto solidale perché la carne di coniglio ha ottime qualità nutrizionali ed è buona e queste orga-nizzazioni sono alla ricerca di fornitori dai quali sia possi-bile vedere come nasce il prodotto. Per quanto ci riguar-da, abbiamo tolto le barriere divisorie tra le gabbie così gli animali hanno più spazio per muoversi ed ogni tanto li lasciamo liberi di scorrazzare in un recinto. Sono alimen-tati con mangimi e con l’erba che sfalciamo». «La pro-spettiva è allettante – precisa -, soprattutto perché cre-do che la carne di coniglio vada valorizzata e a noi piace l’idea di lavorare per qualcosa di buono e ben fatto. Al momento, visti anche gli investimenti nella vigna, resta più che altro un’ipotesi di lavoro, ma se le richieste do-vessero aumentare ancora ci potremmo organizzare».

CRESCE L’INTERESSE PER “QUELLO DEL CONTADINO”L’ESPERIENZA

IL PRODOTTO

novembre 2012

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to, a quella delle città, si è sviluppato un allevamento professionale, che da una trentina d’anni a questa parte ha potuto contare su tecnologie, strutture, tecnica mangimistica e selezione delle razze. Il coniglio venduto oggi proviene prevalen-temente da allevamenti di tipo intensivo per rispondere alle esigenze di quantità e prezzo del mercato, anche se l’allevamen-to rurale non è scomparso. Fin qui niente di clamoroso, anzi. Ciò che forse non si sa è che dal 2007 la cunicoltura italiana – che deteneva il pri-mato di produzione a livello comunitario ed europeo, con 93.500 tonnellate di pro-dotto, equivalente a 67,5 milioni di capi all’anno (la stima totale che comprende l’attività rurale è di un milione), pari al 54% del totale della produzione, mentre a livello mondiale era seconda soltanto al-la Cina – è entrata in una profonda crisi a causa delle forti diminuzioni delle quota-zioni e dell’aumento dei costi di produzio-ne. Secondo quanto denunciato dai pro-duttori davanti alle Commissioni Agricol-tura della Camera e del Senato, la dimi-nuzione dei prezzi è stata infl uenzata da ingiustifi cati aumenti nelle importazioni di carne di coniglio (il nostro Paese è infat-ti autosuffi ciente) e da una contempora-nea diminuzione nelle esportazioni, «che hanno alterato sensibilmente la struttura dell’offerta di mercato e provocato uno status di crisi strutturale, che ha portato alla chiusura di molti allevamenti». Insom-ma, un settore in cui l’Italia è leader, mes-so in diffi coltà dalla speculazione. Uno dei rimedi più lampanti, richiesto dai produttori (molto attiva è l’Anlac, Associa-zione nazionale liberi allevatori di conigli), è l’obbligo dell’etichettatura di origine, che ridarebbe valore al coniglio made in Italy. Con grande rammarico gli allevato-ri hanno però appreso lo scorso anno che

Il trend del consumo delle carni di co-niglio in Bergamasca è costante. L’u-tilizzo è all’insegna delle tradizione e non ha subito nel tempo grosse varia-zioni. Una prima conferma arriva da un ingrosso come la Loipoll di via Mo-roni. «Le carni bianche sono sempre molto richieste per le qualità nutrizio-nali ed i costi più contenuti – spiega Fulvia Loglio, una dei soci dell’attività avviata dal padre – ed il coniglio è tra queste, amato anche per il gusto. È un ingrediente tipico della cucina berga-masca e fi nisce sempre volentieri nel-la borsa della spesa anche oggi che le famiglie hanno meno tempo per stare ai fornelli. C’è semmai una stagionali-tà nella vendita, è infatti considerato un piatto invernale ed è perciò nel pe-riodo freddo che si registra il maggiore consumo. È apprezzato anche perché si tratta di carne italiana, i nostri pro-dotti, in particolare, vengono da Reg-gio Emilia». Di stagionalità e tradizione parla an-che Antonio Algeri, terza generazione dell’omonima macelleria a Nembro. «Un po’ per scherzo dico ai clienti di comprarlo d’estate e di congelarlo se vogliono risparmiare – commenta -, in quel periodo infatti il prezzo, che oggi è attorno ai 7.50 euro al chilo, scen-de anche di due, tre euro». La notazio-ne contiene così anche l’indicazione dell’uso prevalente in cucina: «Come in passato, si continua ad acquistarlo intero – continua – e il sabato pome-riggio è la giornata in cui se ne vende di più», segnale inequivocabile che sarà il piatto della domenica, con ogni pro-babilità abbinato alla polenta. Chi si serve da Algeri non mostra quindi par-ticolari diffi coltà nel tagliare in casa le parti, né viene scoraggiato dai tempi di cottura. «Anche le signore più giovani – rileva – mostrano di aver tranquilla-mente appreso la tradizione e la porta-no avanti. Per offrire qualcosa di diver-so a Natale, lo proponiamo disossato e ripieno». Il prodotto scelto è allevato a Modena. «Un buon coniglio è quello che mantiene una carne bella compat-ta – spiega il macellaio – ed ha sapore.

Ci si può invece imbattere in carni che si disfano e sanno di poco». «Vent’anni fa vendevo più o meno lo stesso numero di conigli, ad essere cambiate sono le porzioni», raccon-ta Giuseppe Marchesi che con i fi gli e la famiglia porta avanti la macelleria aperta dal padre nel ’64 a Seriate, dal 1972 nell’attuale sede in corso Roma. «Un po’ perché si è di meno in famiglia, un po’ perché in tutto il settore della macelleria si ricercano prodotti pronti da cuocere, accanto al coniglio inte-ro affi anchiamo da tempo la vendita a pezzi». Schiena, cosce o costine le pro-poste. «In questo modo si compra solo la quantità necessaria e si scelgono i tagli preferiti – sottolinea -. Le perso-ne più anziane in genere scelgono le cosce, più saporite, i giovani la schie-na, che ha più polpa. Molto apprezza-ta è anche la schiena disossata e far-cita, che rende di più e piace anche ai bambini perché non ci sono le ossa». «La cottura richiede un mimino di 45 minuti, ma se si protrae fi no ad un’ora e mezza è meglio. In genere la prepa-razioni preferite sono semplici, arrosto o al forno». Coniglio come piatto invernale, dun-que, e per piatti tradizionali. Eppure le possibilità sono molte di più. Le bistec-che, ad esempio, sono una soluzione per chi ha fretta e perché non pensare ad un’insalata tiepida per l’estate? L’a-mato coniglio può regalare altri piace-ri, all’insegna della salute, del gusto e senza spendere troppo.

«Resta un piatto invernale»GROSSISTI E MACELLAI

Giuseppe Marchesi con i fi gli Andrea e Alessandro

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IL PRODOTTO

nel Regolamento Ue che introduce dalla fi ne del 2014 nuove norme sull’etichetta-tura degli alimenti sarà obbligatorio indi-care il Paese d’origine per la carne fresca suina, ovina, caprina e per il pollame, ma non per quella di coniglio. Per i consuma-tori, anche senza quest’obbligo, non pare comunque diffi cile garantirsi, con un po’ di attenzione, la possibilità di portare in tavola coniglio italiano, visto che la produ-zione nazionale è ampia e che organizza-zioni di produttori e consorzi hanno dato vita a marchi di qualità e disciplinari pro-pri. La corretta identifi cazione dell’origine invece appare importante soprattutto per la determinazione dei prezzi al produttore e la salvaguardia del comparto dalla con-centrazione in poche realtà. Un altro intervento chiesto da tempo dagli allevatori è l’istituzione di una Commis-sione prezzi unica nazionale, per defi nire quotazioni trasparenti sulla carne, recen-temente varata, oltre a maggiori controlli e a un piano di promozione del consumo di carne di coniglio, le cui proprietà nutri-zionali sono largamente riconosciute. In Bergamasca permane, come nel re-sto del Paese, l’allevamento rurale, spes-so complementare alle attività principali dell’azienda agricola, mentre non c’è mai stato un grande sviluppo dell’allevamen-to intensivo. Le principali realtà che se ne occupano sono le stesse da una ventina d’anni, sono tutte localizzate nella Bassa

- Ghisalba, Antegnate, Cortenuova, Covo e Caravaggio – e si contano sulle dita di una mano. La produzione complessiva è stimata in circa 200mila capi all’anno. Ad Antegnate, ad esempio, Leone Gibel-lini ha un allevamento a ciclo chiuso che produce ogni anno 40mila conigli. «Si tratta di razze ibride selezionate per la produzione di carne – spiega -. La gesta-zione dura un mese e l’accrescimento 85 giorni. L’alimentazione è con mangimi bi-lanciati per ogni fase della vita e stiamo introducendo le nuove gabbie previste dalle disposizioni sul benessere animale. Per la macellazione ci rivolgiamo ad una struttura specializzata in Piemonte che si occupa anche del raccordo con i mercati per la vendita della carne». In Bergama-sca non esistono macelli specializzati e la scelta degli allevatori va verso le zone dove la cunicoltura è più presente come il Piemonte, appunto, e il Veneto, regione che detiene il primato della produzione. Anche in Lombardia, comunque, esistono alcuni macelli e la produzione regionale,

con una quota del 7%, è la quarta a livello nazionale. «I problemi sanitari di qualche anno fa si stanno risolvendo – evidenzia Gibellini -, ora però a metterci in diffi col-tà è l’aumento delle spese per le materie prime, che dall’inizio dell’anno sono cre-sciute del 30%». Un altro versante dell’allevamento dei co-nigli è quello delle attività iscritte al Regi-stro anagrafi co della specie cunicola, lo strumento per la conservazione o la sal-vaguardia biologica delle razze allevate in Italia con particolare riguardo al man-tenimento dello standard morfologico e della variabilità genetica. Al registro sono iscritte 43 razze “in purezza” e gli alleva-tori si occupano di selezionare i migliori esemplari. È in pratica un’attività a monte dell’allevamento fi nalizzato al consumo, che permette di migliorare la qualità e la resa valorizzando le carni tipicamente na-zionali. In questo settore gli allevatori so-no circa 300 in tutta Italia, 8 quelli della provincia di Bergamo. Si tratta di piccole realtà con una trentina di fattrici.

La carne di coniglio ha un ottimo contenuto proteico, è ricca di lisina e treonina, due aminoacidi (i mattoni che servono per costruire le proteine) essenziali, che il nostro corpo può avere cioè solo con l’alimentazione, e questo la rende molto adatta ai bambini, agli adolescenti e agli anziani. Il contenuto in lipidi è più basso rispetto a quello di altre carni, con acidi grassi sia saturi che insaturi in ot-tima proporzione fra loro. Per questo la carne di coniglio è adatta anche a chi soffre di ipercolesterolemia, nonostan-te il contenuto di colesterolo sia simile o di poco inferiore, per esempio, a quello dei bovini (65 mg/100 g contro 68 mg/100 g di parte edibile). Vi si trovano dosi di fosforo, po-tassio e magnesio simili a quelle di altre carni, ma non è così per quanto riguarda il ferro, che invece è circa la metà

(1 mg/100 g di parte edibile). Vista la scarsità di lipidi, so-no poche le vitamine liposolubili, mentre raggiungono una quota simile a quella di altre carni le vitamine idrosolubili, cioè quelle del gruppo B. I conigli sono macellati intorno alle 10-13 settimane di età, quando raggiungono un peso vivo fra i 2 e i 3 kg. La ti-pologia di vendita più diffusa è ancora la carcassa intera, che raggiunge un peso di 1,5 – 2,5 kg dopo spellatura ed eviscerazione (sono comunque lasciati fegato e reni) o la mezza carcassa. Per avere carni tenere adatte ad un arro-sto è meglio scegliere conigli giovani (il loro peso è di circa 1,5 kg), se invece si vuole preparare un ottimo umido sono preferibili conigli un po’ più grossi e “anzianotti”, che han-no carni più dure ma molto saporite.

UNA CARNE RICCA DI “VIRTÙ”LA SCHEDA

di Michela Brivio

l nostro ambiente è fatto dal cliente che trova in esso rifl es-so il proprio modo di essere e di porsi nei confronti dei sapori an-tichi, vivendo momenti di gioia per l’animo ed il palato. Noi vo-gliamo arricchire quei momenti dando valore aggiunto e gaudio al gusto ed al convivio”. È que-sto il benvenuti al Sud che Leo & Vita vi daranno a “Taurasi”, trat-toria/pizzeria alle porte di Mele-gnano frutto lavorativo del loro incontro e storia d’amore.Lui, d’origine irpina, ha alle spal-le una famiglia dalla quale arriva la sua passione e formazione: il papà grande cuoco di casa, la mamma pasticcera di professio-

ne e la nonna “Pasqualinella” con la sua osteria di paese. Per lei invece, dell’entroterra puglie-se, un lavoro tutto da imparare, giorno dopo giorno e affi ancan-dolo in quest’avventura. I contesti lavorativi iniziali di en-trambi sono lontani dalla risto-razione ma nel 1992 decidono di seguire il cuore aprendo un bar a Cerro per poi trasferirsi a Melegnano con una pizzeria d’a-sporto, dove Leo incomincia a cucinare anche qualche piatto di “straforo”: primi e dolci con ri-cette che sanno di tradizione e profumano di casa. Acquistano poi un negozio chiuso da anni, davvero “sgarrupato” e “da met-

“I

FUORI PORTA

Leo e Vita, a Melegnano, hanno realizzatoun locale che celebra la cucina campana

e pugliese. Pochi piatti ma cucinati secondo tradizione

“Taurasi”, la trattoria che esalta

i sapori del Sud

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Ha mantenuto la parola data lo chef Gualtiero Marchesi che lo scorso 26 ottobre ha tagliato il nastro del nuovo istituto alberghiero di Sarni-co, dopo averlo tenuto a battesimo durante la presentazione lo scorso 16 febbraio.Oltre all’apprezzato e conosciuto chef, auto-rità provinciali, regionali e cittadine sono sta-ti presenti all’inaugurazione del laboratorio che l’amministrazione comunale di Sarnico e la Provincia di Bergamo hanno realizzato per ospitare le attività degli oltre 70 alunni che dall’anno scolastico 2012/2013 hanno scel-to l’indirizzo dedicato ai servizi per l’enoga-stronomia e ospitalità alberghiera dell’Istituto Serafi no Riva.Il laboratorio, realizzato all’interno del par-co del Serafi no Riva e attrezzato con tutti gli strumenti di una cucina professionale, sarà utilizzato dagli studenti a partire dai prossimi mesi, dopo aver assistito alle lezioni teoriche che i nuovi docenti arrivati a Sarnico stanno tenendo.L’inaugurazione, presso la sede dell’Istituto in via Cortivo 32, è stata aperta da una breve performance teatrale a tema e ha coinvolto, insieme a Marchesi, anche gli studenti in un interessante confronto sui temi della cucina e della scuola. Con l’occasione, tutti coloro che hanno partecipato alla cerimonia hanno visitato il parco completamente riqualifi cato dall’amministrazione comunale: oltre 3.000 metri di verde pubblico attrezzato a disposi-zione non solo degli studenti ma anche di tut-ti i cittadini.

SARNICO, INAUGURATO IL NUOVO ALBERGHIERO

Ben 62 medaglie assegnate: una Gran Medaglia d’Oro (andata al Cabernet Sauvignon di Vivallis - Rovereto), 58 Medaglie d’Oro e 3 Medaglie d’Argen-to. Ecco in breve i risultati ottenuti grazie all’elaborazione dei giudizi dei 74 giurati (tecnici e giornalisti del settore provenienti da 30 nazioni nel mondo) riuniti nelle 7 commissioni che durante la mattinata del 19 ottobre scorso sono stati chiamati a degustare i 213 campioni ammessi all’8° Concorso Enologico Internazionale “Emozioni dal Mondo Merlot e Cabernet Insieme”.Per il secondo anno consecutivo ad aggiudicarsi il Premio della Stampa Ita-liana è stato un vino bergamasco: il Valcalepio Rosso Doc 2010 dell’Azienda Agricola Cascina del Bosco - Lorenzo Bonaldi.

EMOZIONI DAL MONDO, IL CONCORSO INTERNAZIONALE ASSEGNA 62 MEDAGLIE

tersi le mani nei capelli”, come ricorda-no, e lo rimettono a nuovo aprendo, otto anni fa, Taurasi. Inizialmente è solo piz-zeria ma giorno dopo giorno si completa in quella che è oggi una convincente trat-torie dai sapori mediterranei, con solo 40 coperti, semplice ma accogliente. Leo ricorda i suoi primi piatti, cucinati tra una pizza e l’altra e frutto di quella dote innata e irrazionale che Vita gli riconosce in ogni momento, come il purè di fave e cicorie o le orecchiette con broccoli, von-gole e bottarga, piatti che sono oggi gli in-toccabili dal menù.La carta, con poche proposte, è dedicata alle loro terre d’origine ed è diffi cile sce-gliere su quale verso soffermarsi e la bre-ve citazione degli ingredienti, sotto ogni voce, fa subito capire che in cucina non c’è semplicemente un cuoco ma un cul-

tore della materia prima. Leo si occupa in prima persona degli acquisti e selezio-ni a partire dalle loro terre, da dove ordi-na la maggior parte dei prodotti, per ar-rivare alla spesa quotidiana e mattutina nei mercati dei dintorni, valorizzando poi questi “presidi” in cucina con preparazio-ni giornaliere, le cotture più adeguate e rifi utando qualsiasi “aiuto” o scorciatoia, come l’abbattitore o le precotture.Così come lui è solo in cucina, anche Vita è l’unica in sala e quindi la piccola e giu-stifi cata attesa, dopo l’ordinazione, sarà ripagata da ogni singola portata che re-gala un viaggio alla riscoperta della tradi-zione, storia e cultura che Leo riassume magistralmente anche nei piatti “ospiti” che propone. L’ultimo? Un manzo all’o-lio fedele alla più antica ricetta recupe-rata direttamente nel territorio brescia-no, dopo averlo assaggiato ed essersi documentato, come succede ogni giorno e per ogni cosa che entra ed esce dalla sua cucina.In tutte le portate Leo interpreta e pre-senta con grande personalità la cucina

semplice della ricca Irpinia e Puglia, con piatti veraci, mai scontati e dai sapori veri e autentici. Ad aprire il viaggio, salsiccia e friarielli, o’ fritto, cartoccio di Alici di Ceta-ra ed un sartù di riso che vi faranno decol-lare. Notevoli i primi piatti: paste fresche e formati autoctoni come i cavatelli fagioli e cozze e i paccheri alla genovese o tra le zuppe la minestra maritata. Proseguen-do sul versante dei secondi: coniglio al-la procidana, cosciotto di maialetto cotto nel forno a legna e l’imperdibile baccalà “pertecaregna”, con patate, papacelle e broccoli ripassati. Consigliata una sosta di degustazione tra i salumi e i formag-gi prima della dolce tappa dove regina è la pastiera che è, afferma Leo, “il mio dolce preferito e a cui sono legato emoti-vamente perché lo facevo da piccolo con mia madre”. Non da meno sono la torta di babà al rhum o quella di ricotta e pere.Ma il locale propone due itinerari e quin-di ancora tradizione nella pizza alla na-poletana o “pasta cresciuta”, come la chiama lui, proposta solo alla sera: 24 ore di lievitazione naturale, solo ingre-dienti ricercati e selezionati, come la mozzarella di bufala che arriva due volte alla settimana direttamente dal “Paese”, condimenti e verdure preparati personal-mente in cucina, per un risultato davvero eccellente.La carta dei vini, coerente alla proposta gastronomica, è legata alle origini e me-ritano una segnalazione le etichette di famiglia che Leo vi presenterà e raccon-terà con orgoglio, brindando con voi se il lavoro e il tempo glielo permetteranno. La spesa per questo itinerario del gusto si aggira intorno ai 40 euro. Raccomanda la prenotazione.

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novembre 2012

TAURASIvia Dante, 1 - Melegnano (Mi)tel. 02 9830217

Un concorso veramente internazionale, i dati parlano chiaro: 20 nazioni rappresentate per quanto riguarda i giurati e 30 nazio-ni per quel che concerne i campioni in gara. Ma soprattutto un concorso all’insegna delle Emozioni, come ha ricordato il presi-dente del Consorzio Tutela Valcalepio Enrico Rota durante il suo intervento inaugurale delle degustazioni, svolte-si presso lo spazio ALT di Alzano Lom-bardo.“È possibile emozionarsi per varie ra-gioni ed in varie situazioni - ha com-mentato Rota -. Si può provare una profonda emozione anche davanti ad un ottimo bicchiere di vino. Speriamo che l’aver portato per la prima volta delle commissioni d’assaggio in un

luogo carico di emozioni come il Museo di Arte Contemporane-a di Alzano abbia accresciuto ulteriormente l’emozione della degustazione”.“Quest’anno - ha detto il direttore del Consorzio, Sergio Cantoni - abbiamo deciso di celebrare al massimo la pro-

duttività del territorio bergamasco, di-mostrando ai nostri ospiti che Berga-mo ha una realtà produttiva che non si limita alle eccellenze enogastrono-miche ma tocca anche altri ambiti: ad esempio il cemento. Gli ex magazzini dell’Italcementi, rinnovati e restau-rati per ospitare questa affascinante collezione, rappresentano davvero al meglio la realtà di Bergamo: una terra che lavora, produce ma garantisce an-che un grande bagaglio di emozioni”.

Vita Marangelli e Leonardo Casale

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APPUNTAMENTI

Il turismo dei centri minori può riservare piacevoli scoperte. È quanto vuole mostrare “Navigli Golosi”, rassegna gastronomi-ca organizzata dall’Associazione territoriale dell’Adda milanese della Confcommercio, in collaborazione con Navigli Lombardi e i Comuni di Cassano d’Adda, Inzago, Pozzo d’Adda, Trezzo sull’Ad-da e Vaprio d’Adda. L’iniziativa coinvolge 17 tra ristoranti, tratto-rie e osterie che a prezzi speciali presentano la propria offerta, con una particolare attenzione ai prodotti locali e ai piatti della tradizione. Scorrendo i menù, che vanno dai 15/20 euro ad un massimo di 45 euro a seconda dei locali, si incontrano proposte classiche come il risotto con l’ossobuco, la cassöla con la polen-ta, il Rusitnnegà, ossia la cotoletta di vitello, ma anche casoncel-li, foiade, lumache, cinghiale, salumi e formaggi. Ci sono anche il pesce d’acqua dolce e quello di mare, accanto a piatti più sempli-ci e per tutti i gusti. Oltre alla gastronomia, la manifestazione - in programma fi no al 25 novembre - vuole far conoscere il territorio dei Comuni lungo l’asta del medio corso dell’Adda: dal Naviglio al Parco Adda Nord, dalle ville alle chiese, tra testimonianze stori-che, tradizioni rurali e patrimonio culturale.

Questi i locali aderenti: a Cassano d’Adda Albergo Ristorante Ju-lia, Albergo Ristorante Isola, Il Birbante, Pizzeria Vecchio Fiume, Osteria La Tesorella, Trattoria Da Andrea; a Inzago Ristorante del Ponte, Ristorante per Bacco, Peccato di Gola; a Pozzo d’Adda Piz-zeria Brothers and Sisters, Osteria Circulin; a Trezzo sull’Adda Al Pacialacc, Trattoria La Vecchia Scuderia, Le 4 Stagioni; a Vaprio d’Adda Ristorante Cis, Ristorante Da Quei Due, Ristorante Bel-vedere. Su www.naviglilombardi.it il dettaglio dei menù e delle condizioni.

FINO AL 25 NOVEMBRE

“NAVIGLI GOLOSI”, IN RASSEGNA I RISTORANTI DELL’ADDA MILANESE

Per tre giorni, nell’ormai classica collocazione dell’ultimo fi ne settimana di novembre, Abbiategrasso (Mi) si propone come piccola capitale del gu-sto, distribuendo attrazioni golose tra i padiglioni dello spazio fi ere e la città. Lo fa con Abbiategusto, manifestazione dallo scorso anno ricono-sciuta come fi era nazionale dalla Regione Lombardia, che torna dal 23 al 25 novembre confermando la formula fondata sulla ricerca della qualità e il confronto tra le eccellenze, siano del territorio o provenienti dal circu-ito delle Cittaslow, garantite da zone-simbolo della ricchezza agroalimen-tare italiana o importate dall’estero. Si potrà trovare di tutto (o quasi) a patto che sia eccellente: dai distillati francesi al tartufo, dai salumi ai for-maggi, dalle conserve ai presidi Slow Food fi no a ostriche e foie gras, no-vità di quest’anno. Sosta consigliata all’enoteca, nella quale si possono trovare grandi vini, ricercati al di fuori dei nomi più conosciuti del pano-rama enologico. Il ristorante a fi anco dei padiglioni espositivi è invece il centro della cucina popolare, con i patti tipici della tradizione lombarda disponibili anche per l’asporto, mentre il Castello Visconteo propone un salone dedicato all’Oltrepò Pavese, una raffi natissima “Osteria del cula-

tello” e un angolo tutto dedicato a ostriche e cruditè. Nell’ex convento dell’Annunciata sono in programma tre cene preparate da altrettanti chef “stellati” - Mas-simo Spigaroli, Carlo Cracco e Fabio Barbaglini – e nelle strade e nelle piazze di Abbiategrasso botteghe pronte a offrire assaggi e degustazioni affi ancheran-no mercatini del “bio” e della tradizione. Coinvolti an-che i ristoranti. www.fondazioneabbiatense.org

PRODOTTI D’ECCELLENZA E CENE “STELLATE” AD ABBIATEGUSTO

Da venerdì 30 novembre a domenica 2 dicembre, al-la Fiera di Bolzano, Biolife apre un’ampia vetrina sulla produzione agroalimentare italiana biologica certifi ca-ta. La nona edizione conferma la volontà di mantenere alta la qualità dei prodotti, forte di 200 espositori pro-venienti da tutta Italia, che presenteranno le partico-larità ed il valore del loro lavoro, all’insegna del gusto, dell’alta qualità organolettica, della rintracciabilità e si-curezza alimentare, della tradizione del territorio e del rispetto dell’ambiente.Nell’area food sono previsti oltre 2.000 prodotti, tra materie prime, farine e riso, formaggi, salumi, condi-menti, bevande e vini. Oltre all’alimentare, guadagna spazio e attenzione l’area dedicata alla cosmesi, per la quale esiste un protocollo di ammissibilità studiato da Biolife, ed al tessile. La ristorazione interna promuo-ve le eccellenze regionali presenti attraverso proposte dedicate ai territori. Importante il piatto realizzato con prodotti di Libera Terra. La manifestazione saluta inol-tre l’approvazione del regolamento europeo sul vino biologico, atteso del 1991, dedicando una piccola area a zona enoteca/degustazione. www.biolife.it .

IL BIOLOGICO CERTIFICATO PROTAGONISTA A BOLZANO

DAL 30 NOVEMBRE AL 2 DICEMBREDAL 23 AL 25 NOVEMBRE

prodotti di Libera Terra. La manifestazione saluta inol-tre l’approvazione del regolamento europeo sul vino biologico, atteso del 1991, dedicando una piccola area a zona enoteca/degustazione. www.biolife.it .

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È iniziata il 15 ottobre e proseguirà fi no a marzo 2013 “Un Po di gusto”, rassegna gastronomica della Strada del Po e dei sapori della Bassa piacentina giunta al-la sesta edizione. In questo periodo, 14 ristoranti e locali convenzionati dei set-te Comuni coinvolti in un circuito di circa 100 chilometri che ha come fi lo condut-tore il fi ume (Caorso, Monticelli, Villano-va, San Pietro in Cerro, Cortemaggiore, Besenzone e Castelvetro) offrono un menù realizzato con prodotti enogastro-nomici locali. L’ampia estensione temporale permette di affi ancare alla proposta culinaria at-

tività diverse anche in base al clima. Si può, ad esempio, approfi ttare delle of-ferte turistiche per il soggiorno, navigare sul Grande Fiume con la motonave Cal-

purnia o pedalare lungo il Po in biciclet-ta. I prezzi vanno dai 25 euro ai 58 euro a seconda del locale. C’è anche la possibi-lità di una sosta più veloce e informale al costo di 8 o 15 euro. Per farsi venire l’ap-petito ecco qualche piatto pescato qua e là tra i menù: culatello di produzione pro-pria, coppa, salame e pancetta piacenti-ni Dop, Pisarei e Fasò, Pisarei al ragù di triglia, Tortelli piacentini ripieni di ricotta e spinaci, Tortelli di zucca, Marubini fatti in casa, brasati, anatra, faraona, luma-che o ancora frittura di pesce gatto. Sbri-solona, zabaione o dolci fatti in casa per chiudere. [email protected]

ITINERARIO LUNGO IL PO TRA I SAPORI PIACENTINI

“Bollicine su Trento” è l’appuntamento di fi ne anno (dal 22 no-vembre al 9 dicembre) con il Trentodoc, il fi ore all’occhiello del-la vitivinicoltura trentina, spumante metodo classico prodotto con uve esclusivamente trentine, frutto di una tradizione cente-naria, di un territorio di montagna particolarmente vocato e di un numero sempre crescente di produttori. L’evento si tiene a Palazzo Roccabruna, dimora cinquecentesca sede dell’Enote-ca provinciale del Trentino, e dà la possibilità di degustare, dal giovedì alla domenica, la collezione di Trentodoc e di seguire il programma di approfondimenti, laboratori enogastronomici e menù sul territorio. Tra le proposte, il percorso che illustra come nasce il Trentodoc, i laboratori sugli abbinamenti, sull’evoluzio-ne organolettica, sul connubio con i formaggi trentini e sull’uti-lizzo a tutto pasto. Il metodo classico di montagna si sposa ai sapori d’alta quota nell’accostamento a taglieri di salumi e for-maggi di malga, mentre nei fi ne settimana va in scena in una

malga, un agritur o un ristoran-te ogni volta diverso “A tavola con il Trentodoc”, con menù tematici. “Trentodoc on the ro-ad” è infi ne l’iniziativa che coin-volge l’intera provincia fi no al 6 gennaio, con happy hour nei locali e nei rifugi a base di bol-licine e prodotti locali, corner nelle gastronomie e nelle eno-teche, cantine aperte e la valo-rizzazione dello spumante nel-la ristorazione e nelle strutture ricettive.www.palazzoroccabruna.it

Per assicurarsi, in vista delle Festività, un panettone d’autore, a Milano il 24 e 25 novembre, nello Spazio A delle ex offi cine Ansaldo in via Bergognone 34, c’è Re Panettone, festa del mitico dolce milanese ed evento che fa il punto sulle migliori interpretazioni del prodot-to artigianale. Trentasei fra i migliori pasticcieri – da Milano, dalla Lombardia, dalle altre regioni d’Italia e dalla Svizzera - faranno assaggiare panettoni artigianali e altri lievitati d’eccellenza e, per chi vorrà portar-si a casa i prodotti, il prezzo al chilo sarà lo stesso per tutti i dolci in mo-stra, 20 euro.La novità principale di questa quin-ta edizione riguarda gli ingredienti. Saranno infatti presenti solo lievita-ti privi di conservanti, emulsionan-ti e altri additivi artifi ciali, per esal-tare la freschezza, la naturalità e l’artigianalità, vale a dire le maggiori discriminanti rispetto ai prodotti indu-striali. Accanto alla mostra mercato in programma an-che un’azione teatrale (Tre voci milanesi per il panet-tone dei poeti e della tradizione popolare), un concor-so per dolci lievitati innovativi e uno per confezioni, un quiz a premi, degustazioni guidate e incontri. L’ingres-so è libero, l’orario dalle 11 alle 19. www.repanettone.it

IL TRENTODOC SPOSA I SAPORI DI MONTAGNA

IL PANETTONE INTERPRETATO DA 36 MAESTRI DELLA PASTICCERIA

DAL 22 NOVEMBRE AL 9 DICEMBRE MILANO

FINO A MARZO

novembre 2012

Il self service su misura per chi lavora

Aperto solo all’ora di pranzo, il locale de “La Ristor” nell’area industriale di Seriate propone menù “tagliati” sul valore dei buoni pasto. Si può magiare con 4,50 euro.«Per quanto possibile scegliamo prodotti locali»

PREZZO FISSO

LA PROVALA PROVA

Meglio partire dai prezzi. Il menù prevede tre combinazioni. Primo piat-to, contorni a buffet, bibita (vino o acqua) e caffè costano 4.50 euro. Se-condo piatto, contorno caldo, contorni a buffet, bevanda e caffè vengono proposti invece a 5.50 euro. Il menù completo - primo, secondo, contorno caldo, contorni a buffet, bibita e caffè - costa 7.50 euro: uno dei più bas-si in assoluto soprattutto se si tiene conto che il locale è mensa nella de-fi nizione ma non nella qualità. Pane e grissini sono compresi, dessert e frutta costano un euro.Sorprendente è la varietà dei piatti che vengono proposti nel corso del mese: un’esigenza molto sentita è infatti quella di evitare ripetizioni e consuetudini nei confronti di clienti abituali. E allora tra i primi si possono citare, ad esempio, il risotto zafferano e asparagi, gli gnocchi alla crema di funghi, le crespelle alla valdostana. Ogni giorno c’è anche una zuppa: di verdure, d’orzo e legumi, di farro e carote, pasta e fagioli. Ai tre primi che variano ogni giorno vanno aggiunti la pasta al pomodoro, la pasta al ragù alla bolognese e la pasta ed il riso in bianco, che ci sono sempre, co-sì come gli affettati e i formaggi.Quattro le proposte di secondi piatti delle quali una, nella stagione esti-va, è sempre un piatto freddo: manzo fumè, roastbeef all’inglese, vitello tonnato, speck con carciofi , salmone affumicato. Il pesce è ricorrente: lo spada ai ferri, il fi letto di persico alla livornese, il fi letto di platessa impa-nato. La varietà non manca nemmeno nei piatti di carne: bollito misto, cotoletta alla milanese, braciole alla pizzaiola, svizzere, petti di pollo. Un giorno al mese c’è anche la pizza. Tra i contorni caldi il purè di patate, le patatine fritte, i piselli al prosciutto, la polenta, le lenticchie. Vastissima l’isola con le verdure a buffet.Nel giorno della nostra visita abbiamo trovato: zuppa toscana, tortelli al-la zucca con sugo di zucca e orecchiette tra i primi. I secondi piatti erano costituiti da coniglio arrosto, scaloppine ai funghi e scamorza fusa avvol-ta nello speck. Il contorno caldo era la polenta taragna. Tortelli alla zuc-ca, scamorza e speck e polenta taragna la nostra scelta. Un duro attacco alla nostra dieta, ma ne valeva la pena. Ottimo rapporto qualità/prezzo.

AMPIA LA ROTAZIONE DEI PIATTI

di Fulvio Facci

i scrive “mensa” - anzi “mensa intera-ziendale” - ma si legge ottimo self servi-ce per la pausa pranzo con un rapporto qualità/prezzo di grande convenienza. Il limite? Proprio in quanto mensa se ne può usufruire solo se ci sono accordi, appunto, con l’azienda oppure pagan-do con i buoni pasto. Questo avviene a Seriate, in via Pa-strengo al numero 9, in piena zona in-dustriale, nell’area sulla quale sorgeva l’Ismes, l’Istituto Sperimentale Modelli e Strutture, che per anni è stato uno dei fi ori all’occhiello nel panorama indu-striale bergamasco e che dai 400 di-pendenti dei momenti migliori è sceso ai 40 attuali dell’Ismgeo.Sull’area dismessa dall’Ismes si sono installate nuove realtà industriali e La Ristor srl è andata avanti nel progetto di quella che doveva essere la mensa dell’Istituto e che poi, per necessità, è diventata interaziendale. «Era il 2008 ed avevamo da poco comprato il fabbri-cato – racconta Sara Innocenti, 35 anni e una laurea in Conservazione dell’arte contemporanea, una dei soci della Ri-stor – ed è venuto a mancare il babbo. Ci siamo trovati io e mio fratello Andrea con 17 coperti giornalieri da 5 euro e l’immobile da pagare. Ci siamo guarda-ti negli occhi ed abbiamo deciso insie-

me di continuare. Ce l’abbiamo fatta, ora

S

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Sara Innocenti

All’interno delle attività didattiche delle scuole primarie, l’Assessorato all’Istruzione del Comune di Bergamo ri-propone anche per l’anno scolastico in corso il progetto “Mangio Locale e Penso Universale”, per favorire la dif-fusione di un corretto stile alimentare, secondo i princi-pi di una alimentazione equilibrata, della varietà e della stagionalità dei prodotti, anche con l’introduzione nelle scuole del menù a “Chilometro zero”. Un modo anche per sensibilizzare le giovani generazioni sull’importanza del settore agricolo e sulla ricchezza del patrimonio eno-gastronomico locale nonché favorire una corretta cono-scenza del territorio per poterlo tutelare e salvaguardare oltre che promuovere. L’iniziativa si realizza grazie alla collaborazione con Ber-gamo Servizi Pubblici srl., Coldiretti Bergamo e SerCar Ristorazione Collettiva. Per gli insegnanti e gli alunni, il progetto prevede la realizzazione di una serie di labora-tori didattici, la possibilità di effettuare visite guidate in “fattorie didattiche” e di essere accompagnati ai mercati di Coldiretti “Campagna Amica” che si svolgono in città. I prodotti agricoli locali, in questo modo, non solo entrano nelle mense scolastiche, ma entrano anche nei program-mi didattici. Le imprese agricole che forniranno i prodotti per i menù sono una decina, sette le fattorie didattiche che ospiteranno le classi e numerosi i mercati agricoli cit-tadini. Qualche esempio di ciò che i bambini troveranno nel piatto? Crema di patate e zucca con riso, arrosto di manzo, polenta, brasato, Scarpioncc de Par, Branzi. Attraverso un concorso che mette in palio premi utili e gu-stosi per tutti i partecipanti e una mostra aperta al pub-blico con gli elaborati prodotti dagli alunni, si vogliono inoltre stimolare le risorse creative dei più piccoli e co-municare anche all’esterno l’esperienza educativa ma-turata in classe, amplifi cando al contempo la conoscen-za della ricchezza delle tradizioni alimentari del territorio.

A scuola prodotti tipici nel piatto e nella didattica

LA RISTOR SRLMENSA INTERAZIENDALE EX ISMESvia Pastrengo, 9 - Seriate aperta da lunedì a venerdì dalle 12 alle 13.45

viaggiamo a pieno regime, i clienti sono affezionati e ci danno sod-disfazioni, anche se la crisi si sente, nella zona ci sono aziende che chiudono o diminuiscono il personale». In effetti La Ristor è un’azienda importante nel settore della risto-razione collettiva. Gestisce infatti le mense di numerose aziende, scuole, istituti religiosi, attività turistiche oltre ad occuparsi di ca-tering e banqueting. E se la struttura di Seriate, che ospita anche il centro di cottura collettiva, è aperta solo ai convenzionati ed agli utilizzatori di ticket, i servizi presso la Casa del Giovane di Berga-mo e la Fondazione Rubini di Romano di Lombardia sono accessi-bili anche al pubblico.«Certo è una cucina per grandi numeri – prosegue Sara Innocenti – ma noi abbiamo uno chef giovane e bravo. Non dimentichiamo che i nostri sono clienti abituali, in pratica mangiano tutto il mese da noi e quindi abbiamo un menù diverso tutti i giorni con pochis-sime ripetizioni. Seguiamo ovviamente la stagionalità e utilizziamo materie prime di qualità. È una nostra scelta, ma è anche il tipo di lavoro ad imporre grande attenzione alle misure igieniche. Per gli approvvigionamenti, per quanto possibile e soprattutto in relazio-ne a ortaggi e verdure, abbiamo sposato la fi losofi a del chilometro zero e della fi liera corta. Molti dei dolci li facciamo noi. Abbiamo cotture e celle separate per prodotti senza glutine. Facciamo del nostro meglio e siamo convinti che il nostro lavoro sia apprezzato: abbiamo persone che mangiano tutti i giorni da noi da quattro anni e questo è un bel riconoscimento!».I pranzi vengono scanditi con ritmi ben precisi, alle 12 iniziano ope-rai e muratori e si va avanti fi no alle 13.45, quando arrivano i ban-cari. «C’è una buona organizzazione – evidenzia -. A volte è inevi-tabile che si formino delle code, ma vengono smaltite in fretta». E i prezzi? «Meno di così credo che proprio non si possa fare – rileva -. Cerchiamo di seguire le esigenze di chi usa i buoni pasto e quindi si va dai 4.50 euro ai 7.50».

IN CITTÀ

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n comune hanno il fatto di essere golosi, veloci ed economici. Pizza e kebab take away hanno però sinora quasi sempre viag-giato su frequenze differenti. I locali di kebab, per lo più gestiti da immigrati, sono visti sopratutto come una proposta per i gio-vani, che hanno modo di soddisfare a tutte le ore il robusto ap-petito tipico dell’età. Un taglio meno fast e più domestico hanno le pizzerie da asporto, cui ci si affi da per risolvere la pausa pran-zo, la cena al termine di una giornata piena di impegni o la sera-ta tra amici. I compartimenti, naturalmente, non sono stagni e se in alcuni lo-cali - soprattutto i franchising e le catene presenti nei centri com-merciali, ma anche gli stessi “kebabbari” – i due piatti si sono già alleati, un po’ più raro è trovare dei gestori bergamaschi che de-cidono di affi ancare al forno della pizza più tradizionale lo spiedo con il cilindro di carne rotante. Accade a Cene, da “Profumo di pizza” in via Bellora 27, attività aperta lo scorso 7 settembre da Giambattista Bertocchi, 39 an-ni, e dalla moglie Alessandra Occioni, 30. Bertocchi proviene dal-la ristorazione, nel 2003 con due soci ha infatti rilevato dalle zie il ristorante Eden di Cazzano Sant’Andrea, che ha poi preso il no-me “Da Lando”. «Dopo nove anni la società si è sciolta – racconta –, considerando però il diffi cile momento economico e la scarsa propensione della gente in Valle Gandino a concedersi uscite al ristorante, ho cambiato direzione puntando su qualcosa di più accessibile e meno impegnativo». Visto che l’esperienza al forno ce l’aveva già, decide di aprire una pizzeria d’asporto a Cene, pa-ese della moglie. L’idea del kebab arriva appena dopo. «Voleva-mo aggiungere qualcosa all’offerta – prosegue – ed il kebab ci è sembrato più promettente della solita rosticceria, in primo luogo perché a noi piace e poi perché in paese non ce n’erano». Comincia così un piccolo apprendistato. Impara la cottura e a preparare le salse da un ragazzo marocchino titolare di un ke-bab e orienta la scelta su un prodotto surgelato di carne di vitello e tacchino insaporita per 24 ore con 21 spezie, confezionato da una ditta tedesca. «Da solo non ce l’avrei fatta – ammette -, non immaginavo che per la salsa allo yogurt servissero così tanti in-gredienti». «Come per le pizze abbiamo puntato sulla qualità e la freschezza delle materie prime, tutte italiane – evidenzia –, an-che per il kebab la linea è, fi no dove è possibile, la stessa». Il pa-ne arabo che riceve la ricca farcitura o che accompagna il piatto è fatto in casa («sono servite un po’ di prove per trovare la farina giusta», svela), come le due salse, quella allo yogurt e la piccan-te harissa. Le verdure (insalata iceberg, crauti marinati con zuc-

chero e aceto, pomodoro e cipolla cruda) sono fresche e approv-vigionate di frequente. «Siamo ancora all’inizio – dice Bertocchi – ma possiamo già dire che è un prodotto che funziona. Vederlo preparato da italiani probabilmente ha vinto la diffi denza di chi, magari solo per un pregiudizio, non aveva mai messo piede in un kebab. Sono infatti molti coloro che ci dicono di averlo provato da noi per la prima volta e che tornano soddisfatti. Sapere che al bancone c’è qualcuno con esperienza nella ristorazione, che sa anche raccontare come viene preparato dà forse più sicurezza». Ma in che rapporti stanno un campione del made in Italy come la pizza e l’esotico kebab? «Si dividono il campo a metà – risponde Bertocchi -. L’andamento è strettamente collegato con il calen-dario degli stipendi, le vendite di kebab recuperano verso la fi ne del mese, quando le risorse scarseggiano. Con 3.50 euro rispet-to ai 6 che servono in media per una pizza ci si può infatti com-prare un panino e togliersi comunque un bello sfi zio». Insomma, quella tra pizza e kebab è anche un’alleanza anticrisi.

a. f.

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A Cene una coppia bergamasca ha deciso di affiancare al forno lo spiedo con il cilindro di carne. «Abbiamo conquistato anche chi, magari solo per un pregiudizio, non lo aveva mai provato prima»

La pizzeria d’asporto si allea con il kebab

LA NOVITÀ

Gianbattista Bertocchi e la moglie

Alessandra Occioni hanno aperto

la pizzeria a settembre

NEWS

VINO, CALA LA PRODUZIONEPUNTE D’ECCELLENZA IN VALCALEPIOL’indagine congiunturale sull’agricoltu-ra lombarda nel terzo trimestre dell’an-no, promossa da Regione e Unionca-mere Lombardia, in collaborazione con le associazioni regionali dell’Agricol-tura, ha puntato i rifl ettori anche sul settore vinicolo, che, nel 2012, mo-stra una vendemmia eccezionalmente scarsa sia a livello nazionale che lom-bardo a causa delle condizioni meteo-rologiche avverse. Le stime elaborate a livello nazionale da Ismea, dall’Unio-ne Italiana Vini e da Assoenologi pre-vedono una riduzione compresa tra il 5% e l’8% rispetto ai livelli già molto scarsi del 2011, mentre in Lombardia viene stimato un calo della produzione di vino molto superiore, pari al 15%. La qualità attesa è invece buona, con punte di eccellenza in Valcalepio e Val-tellina.Le risposte degli intervistati nel corso

dell’indagine congiunturale conferma-no il forte calo produttivo: il 68,7% in-dica infatti una diminuzione dell’uva raccolta mentre nessuno segnala un aumento.Il fatturato è in crescita per il 31,3%, mentre coloro che indicano una dimi-nuzione rappresentano il 25%: l’indice sintetico è positivo (+0,06) ed è tra i mi-gliori di tutti i settori. L’aumento del fat-turato è riconducibile al signifi cativo in-cremento dei prezzi di vendita a livello nazionale, che ha interessato sia i vini bianchi che quelli rossi, con quotazioni che sono risultate durante tutto il cor-so dell’anno sempre superiori rispetto a quelle del 2011.Per quanto riguarda la domanda di mercato si assiste ad un andamento nettamente differenziato tra domanda a livello nazionale e domanda estera: alla scarsa tonicità della prima (indice

sintetico pari a -0,31) si contrappone infatti una grande dinamicità dei mer-cati esteri, la cui domanda è giudica-ta elevata dal 59,4% dei testimoni in-tervistati.La netta differenziazione che esiste tra mercato interno e mercati esteri in termini di dinamica della domanda e di prezzi di vendita, comporta una al-trettanto netta distinzione in termini di performance economiche tra le azien-de vitivinicole che esportano e quelle che invece si rivolgono solo al mercato interno: da un lato troviamo una quo-ta maggioritaria che giudica negativa-mente l’andamento degli affari della propria azienda (43,8%, probabilmen-te orientate prevalentemente al mer-cato interno) dall’altro abbiamo invece le imprese vitivinicole che valutano po-sitiva (25%) o comunque nella norma (31,3%) la redditività aziendale.

VENDEMMIA

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ASSOCIAZIONE CUOCHI BERGAMASCHI

associazione Cuochi Bergamaschi ha organizzato nel corso della Fiera Campionaria il 2° trofeo Baroni, sviluppato con paniere segreto. La competizione è stata curata da Fabio Sanga, Antonio Cuomo e Fabrizio Camer. Venti gli chef che si sono sfi dati in batterie da 4 concorrenti, avendo a dispo-sizione dei panieri con ingredienti uguali. Questi i parteci-

panti: Renata Laria, Cristian Spagnoli, Moreno Nesi, Davide Maero, Davide Frisari, Salvatore Piscitelli, Alessandro Pilati, Matteo Nesi, Endri Janku, Alessio Moretto, Mario Savona, Giampiero Vento, Sebastiano Pezzoli, Andrea Cortinovis, Pa-olo Grechi, Ivan di Stefano, Lorenzo Sciarpa, Agostino D’an-na e Antonio Danise. Il tema è stato la pasta ripiena (innova-zione, tradizione, scienza). La giuria era composta da Cinzia Fumagalli, Walter dalla Pozza, Francesco Gotti, Fabio San-ga e Roberto Vitali. A loro è toccato il compito di giudicare i piatti in un crescendo di preparazioni dal contenuto sempre diverso. Da segnalare l’elevato livello dei competitori e l’im-piego non indifferente di tecniche culinarie. I concorrenti so-no stati premiati dal presidente dell’ACB Roberto Benussi e da Giusy Baroni.La classifi ca: al primo posto Alessandro Pilati (“pannocchie” di mais alla spuma di latte e erbe amare), al secondo Cri-stian Spagnoli (Tortello in sfoglia d’orzo affumicato) e terzo Lorenzo Sciarpa (Dumpling ai pinoli e formaggio alle bieto-le rosse). Il Premio speciale all’Innovazione è andato a Cri-stian Spagnoli.

L’

“Trofeo Baroni”, ecco i vincitori del concorso

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A TAVOLA CON…

novembre 2012

i mestiere fa il cantautore dialettale, ma negli anni è diven-tato una sorta di showman a tutto tondo. Tra concerti, ap-puntamenti televisivi e collaborazioni giornalistiche il Bepi è diventato un’icona della “bergamaschità”. Anche se, in fat-to di cibo, l’eclettico artista di Rovetta ammette di apprezza-re molto anche le cucine “fuori Berghem”, una su tutte quel-la austriaca, di cui va ghiotto.

Il tuo piatto preferito“La pasta in ogni sua forma e condimento, ma in particolare mi piacciono le tagliatelle”.Ti piace cucinare?“Sì, ma non mi ci sono mai impegnato troppo”. La specialità bergamasca che preferisci?“La polenta taragna”.Qual è il cibo che non ti piace?“Non vado matto per le verdure e neppure il pesce mi fa im-pazzire”.La cucina regionale italiana che più apprezzi?“La nostra cucina non ha eguali al mondo e le regioni sono tutte meritevoli, ciascuna con le sue particolarità”.Il tuo menù ideale?“Antipasti di formaggi e salumi, tagliatelle al tartufo, un bel fi letto al sangue con patate e un gelato allo yogurt”.Vino o birra?“Vino”.Rosso o bianco?“Rosso d’inverno, bianco d’estate”.

Carne o pesce?“Carne, assolutamente”.La cucina straniera che più ti piace?“Vado spesso in Austria e mi faccio delle mangiate fantasti-che e direi pantagrueliche. Anche se amo pure mangiare il kebab”.La tua pizza preferita.“Mi piace tantissimo quella con speck, brie e rucola”. Cosa mangiate tu e la tua band in occasione di un concerto?“Quello che passa il convento. Spesso è buono, altre volte mìa tat!”Un piatto che ti mette allegria?“La piadina con affettati e formaggio. E, insieme, magari un bel birrozzo”.Qual è stato il pranzo o la cena più emozionante della tua carriera?“Ogni fi ne anno organizzo una cena con la mia band, è sem-pre un bel momento”.Ti piace la donna che cucina?“Molto”.Come t’immagini una cenetta romantica?“Ho quei due-tre posti che sono una garanzia e che non tra-discono mai. L’importante è non andarci di sabato e che non ci siano le mega compagnie o i marmocchietti”.Un cibo che rappresenta il tuo carattere?“I tortelli cremaschi, con dentro gli amaretti. Pur non aman-doli, credo che siano proprio uguali a me: un po’ dolci e un po’ amari”.

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Il Bepi: “Io sono un po’

come i tortelli cremaschi”

di Filippo Grossi

Tiziano Incani, in arte il Bepi

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Branzino al forno con fagiolini verdi

PREPARAZIONETritate la cipolla, il prezzemolo e lo spicchio d’aglio. Mettete il tutto in una pirofi la insieme a 2-3 cucchiai di polpa o passata di po-modoro. Adagiate il branzino pulito sopra il condimento e cospargetelo con olio, sale e pepe a piacere. Infi ne versatevi sopra il bic-chiere di vino bianco, allungato con un dito di acqua. Mettete la pirofi la in forno per 35 minuti circa. Prendete i fagiolini, privandoli della parte iniziale e della parte fi nale e quindi lavate-li con acqua corrente. Mettete sul fuoco una pentola con abbondante acqua e una volta che l’acqua comincia a bollire, versateci i fagiolini. Dopo 5 minuti scolateli e fateli raffreddare. Poneteli quindi in una terrina, metteteci un po’ di olio, sale, origano e aceto e lasciate riposare per almeno 25 minuti.Una volta pronto il branzino, disponetelo su un piatto, copritelo con i fagiolini verdi e consumate il tutto.

Ho cominciato a cucinare il pesce perché ero stanco di mangiarlo solo quando andavo al ristorante e perché ero ancora più stan-co di sentirmi dire che era un alimento sano, che faceva bene. Le mie riserve erano dovute al fatto che il pesce era da pulire e quindi troppo laborioso da preparare, ma una volta appurato che poteva essere acquistato completamente pulito e pronto per es-sere cucinato, mi sono deciso. Il primo pesce è stato il branzino e questa ricetta me l’ha passata la commessa della pescheria, impietosita forse da un “quasi trentenne” che le confi dava di vo-ler imparare a cucinare il pesce. Sono ormai trascorsi quindici an-ni e non mi sono mai pentito di aver cominciato con il branzino, che considero una pietanza superba, che regala un sapore deli-cato che non stanca mai e che, per la sua digeribilità, è riuscito a conquistare anche i palati più raffi nati. Inoltre è un tipo di pesce che si presta a numerose preparazioni, rivelandosi ugualmente gustoso cotto al vapore, ai ferri, al cartoccio, arrosto bollito o al forno. Anzi, una volta presa la mano, sarà divertente sperimenta-re la sua preparazione, aggiungendo nuovi elementi e provando i differenti modi di preparazione. E ovviamente non è solo buono, ma è anche un alleato per la salute: è ricco infatti di proteine e di acidi grassi polinsaturi (i famosi “Omega 3”), che riducono il “co-lesterolo cattivo” ed aumentano il “colesterolo buono” e pertan-

to è un piatto che può essere consumato quante volte si vuole.E ora parliamo del contorno: ho scelto i fagiolini verdi, che molti in città chiamano “cornetti”, per trovare un’alternativa alle solite patate, verdura che quasi sempre accompagna il branzino; inol-tre non tutti gradiscono le patate alla sera (io sono uno di quelli) e un’alternativa era evidentemente d’obbligo. Il mio consiglio è acquistarli da un ottimo fruttivendolo, preferendo sempre quelli di colore brillante, senza macchie o muffa e con l’estremità con la quale erano attaccati alla pianta non avvizzita. Non dimenticate che per essere maturi al punto giusto, devo-no spezzarsi con un colpo secco e pertanto, se non vi fi date del consiglio del fruttivendolo, potete fare la prova con uno o due fa-giolini, stando però attenti a non farvi vedere. Possono essere conservati in frigorifero per qualche giorno, nello scomparto me-no freddo, ma con il tempo perdono la croccantezza e diventano meno teneri e gustosi, quindi è meglio comprarli quando si è sicuri di mangiarli nel giro di uno, massimo due giorni. Nei supermercati vendono anche le bu-ste di cornetti surgelati, ma il sapore e la con-sistenza è tutta un’altra cosa, quindi, almeno per questo piatto, ve li sconsiglio. Non mi resta che auguravi buon appetito.

L’AN

GOL

ORicette facili

e veloci per chi vive da solo,

ma non rinuncia alla buona cucina

Capita a tutti di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinuncia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o rilassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche man-giare da soli può essere piacevole.

da

n-

DEL SINGLE di Marco Bergamaschi

INGREDIENTI PER 1 PERSONA250 grammi di branzinoun quarto di cipolla rossa di Tropeamezzo spicchio di aglioun pizzico di prezzemolo (anche surgelato)

polpa di pomodoro o passataolio extraverginesale e pepe a piacere1 bicchiere di vino bianco

CURIOSITÀ