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Avvenire 06/29/2013 Page : A25 Copyright © Avvenire July 1, 2013 9:45 am / Powered by TECNAVIA / HIT-MP tten e la potenza della speranza r appartiene sia e «parabole da arsi soltanto in chiesa templare di San Bevignate con la concertazione di Jonathan saremo risorti nella Grazia. Come nel teatro No, tutti i ruoli sono affidati a voci universale ed eloquente. James Colon ha concertato un complesso di sette solisti r Nat King Cole» o con l’ukulele, sa” incisa a 8 anni Benson, che quanto a riferimenti dice di avere avuto solo l’imbarazzo della scelta. «Tony Bennett, Billie Eckstine, Charles Brown, Frank Si- natra, Dean Martin... ma lui, Nat, e- ra qualcosa di veramente speciale. Ricordo che da bambino l’ascoltavo alla radio e dicevo ai miei familiari: voglio diventare come lui». Impegnate rispettivamente in When I fall in love e Too young, la Menzel e la Hill sono due tra le più invitanti rivelazioni del disco. «Di loro mi ha parlato Nurk quando Barbra Strei- sand e Celine Dion hanno declinato l’invito a raggiungerci in studio per- ché impegnate in altri progetti. Mi sono detto: ok puntiamo sui giova- ni. Ed è stata una mossa azzeccata, perché quelle ragazze hanno voci fantastiche». Marsalis, invece, mette la trom- ba in Unforget- table. «Sono ricorso a Wyn- ton nella convinzione che la sua presenza avrebbe potuto dare al progetto un tocco di classe e di cre- dibilità in più. Lo conosco da più di trent’anni e non ero sicuro della sua adesione, visto che lui al pop ha sempre preferito il jazz e la classica. Così l’ho rassicurato dicendogli: sei Marsalis, quindi fai Marsalis e non ti preoccupare». Per Benson, 70 an- ni, il parcheggio dei sogni rimane molto affollato. «Di interpreti che meriterebbero l’omaggio di un di- sco come questo ce ne sono molti altri ancora; basta pensare a Sina- tra, a Bennett o a Dean Martin. Tutti oriundi italiani che ho amato tantis- simo, anche se il più grande di tutti per me rimane sempre Luciano Pa- varotti. Quando a Modena cantam- mo assieme The greatest love of all sul palco c’erano pure Tom Jones, Bono, Deep Purple, Barry White... che notte indimenticabile. Sono cresciuto ascoltando Mario Lanza e amo la romanza, ma Pavarotti an- dava oltre. Lui era unico». © RIPRODUZIONE RISERVATA l’anteprima Rivive sul palcoscenico il genio di Enzo Jannacci DA MILANO FULVIO FULVI uori, in una fredda e piovosa serata di fine giugno, Mi- lano era come quella che cantava lui, grigia, indifferente e stramba. Al Teatro Menotti, sul palcoscenico, due pianoforti, uno scrittoio, due sedie e, sullo sfondo, una giac- ca rossa appesa su un attaccapanni. Simbolo di presenza- assenza. Chissà, forse era proprio lì, dentro quella casacca porpora, che si nascondeva lo spirito burlone di Enzo Jan- nacci. E deve essere stato lui a guidare, come un folletto in- visibile, il giornalista Andrea Pedrinelli e la chanteuse Susan- na Parigi durante Il saltimbanco e la luna, il concerto teatra- le che gli hanno dedicato giovedì in anteprima nazionale. Era una sfida, e non solo per il tempo matto e la partita del- l’Italia, era una sfida questo spettacolo sulle canzoni del car- diochirurgo con la chitarra e sui vent’anni di giornalismo musicale del suo autore e coprota- gonista. Una sfida, perché si dove- va affrontare un repertorio diffici- le, tra surreale e verità spiazzanti, ma anche raccontare con ironia un mondo di ipocrisie, capricci e ba- nalità e una stampa tronfia che non sa distinguere più ciò che fa noti- zia davvero. Ma l’hanno vinta i due sul palco, appassionati e volitivi co- me il genio che li ha ispirati. Susanna Parigi, raffinata compo- sitrice toscana e pianista di Pat Metheny e Riccardo Cocciante, ha saputo resistere negli arrangia- menti alle tentazioni della retorica, rileggendo 13 canzoni di Jannacci con rigore e senza mai rinunciare alla propria per- sonalità: rendendo al pubblico, senza sbavature, i tipici ac- centi della poetica jannacciana, con quelle note che scap- pano via, si fermano e poi ripartono all’improvviso per vo- lare in alto, cadere e risalire di nuovo bruscamente. Ha e- mozionato, insomma, interpretando rabbia, gioia, dolore, melanconia del cantautore milanese e restituendo le figure tenere e bizzarre che lui ha raccontato, non sempre com- preso, nella sua carriera. Come ne La fotografia o in L’uomo a metà, Il cane con i capelli (qui in una versione con grattu- gia, cucchiaino e ritmo di tacchi) e in Vincenzina e la fab- brica. Di Pedrinelli abbiamo scoperto invece una vis comi- ca gigionesca ma misurata. È stato un narratore sensibile, però, al Mistero che accompagna l’arte. Come quando ha ci- tato una frase di Jannacci sull’amore: «Non lo abbiamo in- ventato noi, c’era già». Risate e commozione per il «saltim- banco», fatto rivivere qui sotto lo sguardo di Dario Zigiotto, che ne fu stretto collaboratore. La «luna», invece, di fuori non c’era. Stava sul palco sotto forma di lampadina, per re- stare vicino alle uniche stelle che hanno brillato, in quella strana notte d’estate. © RIPRODUZIONE RISERVATA F Andrea Pedrinelli e Susanna Parigi propongono un itinerario scandito in tredici canzoni fra ironia, ricerca e mistero

A Roma Britten e la potenza della speranza · straordinario songbook delle varie E Nature boyo (Get your kicks on) Route 66rendendolo, ... parlato Nurk quando Barbra Strei-sand e

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Page 1: A Roma Britten e la potenza della speranza · straordinario songbook delle varie E Nature boyo (Get your kicks on) Route 66rendendolo, ... parlato Nurk quando Barbra Strei-sand e

Avvenire 06/29/2013 Page : A25

Copyright © Avvenire July 1, 2013 9:45 am / Powered by TECNAVIA / HIT-MP

TRA POPE JAZZ

Nell’album anche branicome “Too young” e“Unforgettable”, eseguitain duetto con la tromba

di Wynton MarsalisIl cantante e chitarristaa luglio sarà in tournéein Italia, prima tappa Roma

SABATO29 GIUGNO 2013 25

Da Verdone all’America, Riccione presentale novità del cinema che vuole sfidare la crisi

diventato ormai unappuntamento imprescindibile,

non solo per distributori, produttoried esercenti, ma anche per gli artisti,impegnati a presentare in anteprimai loro lavori, e per i giornalisti che inquattro giorni scopriranno novità,chicche e tendenze dei prossimi seimesi cinematografici. In programmaa Riccione dall’1 al 4 luglio, «Ciné - Giornate estive dicinema», manifestazione promossa e sostenuta daAnica, in collaborazione con Anec e Anem eprosecuzione delle invernali Giornate professionali delcinema di Sorrento, proporrà dunque i listini di 20case di distribuzione che alterneranno ai trailer gliincontri con alcuni dei protagonisti del cinema italianodella prossima stagione. Arriveranno infatti, tra gli altri,Carlo Verdone, Alessandro Gassman, Claudia Gerini,Riccardo Scamarcio, Elio Germano, Checco Zalone,Giovanni Veronesi, Luca e Paolo, Lillo e Greg, RaoulBova, Diego Abatantuono, Stefano Accorsi, VincenzoSalemme, Marco Giallini, Vittoria Piccini, Angela

Finocchiaro. Sono inoltre previstiworkshop, dibattiti e le proiezioni di«The Lone Ranger» di Gore Verbinski,«In Trance» di Danny Boyle, «I maghidel crimine» di Louis Leterrier,«Starbuck: 533 figli e non saperlo» diKen Scott. Il 4 luglio, nella serataconclusiva di Ciné saranno consegnatiinoltre i CinéCiak d’Oro alla

commedia, premi nati dalla collaborazione con ilmensile di cinema «Ciak». Al taglio del tax credit saràdedicato infine l’incontro con le associazioni, gli autorie i sindacati che il 3 luglio annunceranno le iniziative diprotesta e di mobilitazione dei prossimi mesi. «Ilfuturo che ci aspetta è pieno di novità – dice RichardBorg, presidente Anica – prima tra tutte la completadigitalizzazione delle sale, ma anche la crescita delnumero di prodotti nazionali. L’obiettivo sarà alloraquello di raggiungere un mercato che sviluppi tutte lesue potenzialità nell’arco dell’intero anno».

Alessandra De Luca© RIPRODUZIONE RISERVATA

È Al via le giornate di Ciné, importante momento di confrontoper attori, produttori,critici ed esercenti

DA BOLOGNA

el 1961 fu la persona che più ostacolòl’idea di prendere a carico lo Zecchinod’Oro, salvo poi trasformarsi in quello

che più avrebbe seguito, curato e amato la fa-mosa manifestazione. È morto ieri a Parma pa-dre Berardo Rossi, uno dei quattro fondatori del-l’Antoniano di Bologna, insieme a Ernesto Ca-roli, Gabriele Adani e Benedetto Dalmastri, chese ne sono andati prima di lui. I funerali si ter-

ranno oggi alle 9 nella chiesa della Santissima An-nunziata di Parma e alle 12 nella basilica diSant’Antonio a Bologna. Un pezzo di storia chese ne va per il capoluogo emiliano che dalla se-conda metà degli anni ’50 ha visto padre Rossialla guida dell’Antoniano, impegnato a contri-buire alla comunicazione sociale, servendosidelle opportunità offerte dal nuovo mezzo tele-visivo e realizzando un modello aziendale eticoe originale. Nato a Montecuccolo di Pavullo nelFrignano nel 1922, entrò nell’ordine francesca-no nel 1937 e studiò teologia a Bologna, pressoil convento di Sant’Antonio, dove poi trascorsepressoché interamente la vita da frate.È anche grazie ai suoi molteplici interessi cultu-rali e alla sua capacità di allacciare rapporti conartisti, cantanti, musicisti e giornalisti che l’An-toniano è riuscito a diventare un laboratorio par-ticolarmente fervido nell’ideazione di pro-grammi per l’infanzia e per la famiglia, uno pertutti lo Zecchino d’Oro. «Ho conosciuto padreBerardo quando avevo appena sei anni, perché

facevo parte del Piccolo Coro dell’Antoniano –ricorda Carla Boriani – e già allora c’era un rap-porto di grande affetto: lui aveva attenzione pertutti noi, dava a ciascuno un soprannome, in-somma si comportava come un vero papà». «Inseguito è stato lui a chiedermi di restare all’An-toniano – continua – per occuparmi di RadioTau e quindi il rapporto si è rafforzato. Era unapersona unica, perché sapeva avere attenzioneper tutti e per ciascuno". Il «Piccolo coro del-l’Antoniano» è stato, infatti, uno dei progetti piùcari a padre Rossi. Nel 1963 incoraggiò l’idea diMariele Ventre di fondarlo e da allora non smi-se mai di seguirne gli sviluppi e i suoi successicon costanza e affetto. Bologna non dimenti-cherà facilmente il frate dagli spessi occhiali edallo sguardo profondo che ha insegnato ai bo-lognesi che chi ha avuto a che fare con l’Anto-niano non «ha lavorato per l’Antoniano, ma saràsempre dell’Antoniano».

Catrerina Dall’Olio© RIPRODUZIONE RISERVATA

N

Addio a padre Berardo Rossi, il frateche fece grande l’Antoniano di Bologna

LEONARDO SCHIAVO VINCECONCORSO MUSICA SACRAPER EDITTO COSTANTINOÈ Leonardo Schiavo, 30 anni, ilvincitore del primo Concorsointernazionale di composizione dimusica sacra, organizzato dallaVeneranda Fabbrica del Duomo diMilano in occasione dell’Anno dellafede e dei 1700 anni dell’EdittoCostantiniano, da Casa Ricordi e dalFestival MiTo. La giuria presieduta daLuis de Pablo e composta da EnzoRestagno, George Benjamin, AzioCorghi, Fabio Vacchi e dal Maestrodella Cappella del Duomo donClaudio Burgio, ha sceltoall’unanimità il suo «Magnificat» perorchestra, soli e coro tra le 62composizioni di autori under 40giunte da tutto il mondo. La primadell’opera il 18 settembre a Milano.

Nella basilica dell’Ara Coeli giovedìè andata in scena «Curlew River»,intensa “parabola da chiesa”del compositore inglese. Essenzialeed efficace la regia di Mario Martone,attenta la direzione di James Conlon

A Roma Britten e la potenza della speranzaDA ROMAGIUSEPPE PENNISI

a fede è uno deglielementi centrali dellapoetica di Benjamin

Britten, di cui quest’annoricorre il centenario dallanascita. È la chiaveinterpretativa di gran partedei suoi lavori per il teatro –con l’eccezionedell’operetta giovanile PaulBunyan e dell’opera comicaAlbert Herring. Lo è anchedella musica strumentale:basti pensare al grandiosoWar Requiem composto perla riconsacrazione dellaCattedrale di Coventry,distrutta daibombardamenti tedeschi.

LCurlew River appartiene siaal ciclo delle «parabole darappresentarsi soltanto inchiesa» (come La FornaceArdente e Figliol Prodigo) siaalle musiche di Brittenispirate alla culturaorientale (come il balletto IlPrincipe delle Pagode e lecanzoni su poesie cinesi). IlVicariato di Roma e il Teatrodell’Opera della Capitalehanno, quindi, ben fatto ametterla in scena nellaBasilica dell’Ara Coeli sottola bacchetta di JamesConlon e la regia di MarioMartone (un’altraproduzione del lavoro verràpresentata il 22 settembre aPerugia, nell’ambito dellaSagra Musicale Umbra nella

chiesa templare di SanBevignate con laconcertazione di JonathanWebb e la regia di AndreaDe Rosa). Tratta da undramma giapponese per ilteatro No, la scarna vicendamostra un gruppo di fedeliche devono attraversare unponte sul "fiume delchiurlo" (il Curlew River deltitolo) per giungere alTempio. Tra loro una donnaimpazzita perché ha perso ilfiglio giovanissimo,abbandonato ammalatoproprio sulla riva di quelfiume. La donna riacquistala sanità mentale e la pacequando il traghettatore ledice che rivedrà il fanciulloin Cielo, quando tutti

saremo risorti nella Grazia.Come nel teatro No, tutti iruoli sono affidati a vocimaschili: la donna è iltenore Benjamin Hulett, iltraghettatore il baritonoAnthony Michaels-Moore,l’Abate il basso DerekWelton. Unica eccezione: loSpirito del fanciullo affidatoal soprano leggero LauraCatrani. Molto efficace laregia di Mario Martone cheha anche curato l’impiantoscenico seguendo leindicazioni di Britten(molto essenziali: unapedana tra le due fila dibanchi della Basilica).Portando la vicenda aigiorni nostri, rende ilmessaggio ancora più

universale ed eloquente.James Colon ha concertatoun complesso di sette solistidel Teatro dell’Opera e unpiccolo coro (maestroRoberto Gabbiani),mettendo in risalto laricchezza di tinte musicali –dal coro iniziale di stilegregoriano dei pellegriniall’esaltazione della fede edella speranza nel finale – inuna scrittura in cui elementiasiatici sono sapientementeinseriti nella tonale delsecondo Novecento.Pubblico entusiasta: unlavoro così dovrebbeviaggiare di chiesa in chiesaper la gioia delle orecchie edell’anima.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

«Curlew River» a Roma

L’ANNUNCIO

«La mia chitarra per Nat King Cole»George Benson pubblica “Inspiration”: «Da piccolo lo cantavo con l’ukulele,è il mio mito da sempre». E spunta una versione di “Mona Lisa” incisa a 8 anniDI MASSIMO GATTO

ra il ’64 quando George Ben-son si definiva sulla copertinadel suo primo album il "nuovo

boss" della chitarra. E, visti i trionfiincontrati per quasi mezzo secolodal musicista di Pittsburgh con l’I-banez a tracolla, coglie un po’ allespalle l’idea di ascoltarlo sulla so-glia del fatidico traguardo nei pannidel crooner grazie ad Inspiration,album-tributo a Nat King Cole rea-lizzato con la complicità di unostuolo di ospiti fra cui Wynton Mar-salis, Till Brönner, Sheila E, IdinaMenzel e Judith Hill. Cole, al secoloNathaniel Adams Coles, l’hannocantato in tanti – da Diana Krall aSammy Davis, da Marvin Gaye a O-scar Peterson – e tutti hanno prova-to ad apportare qualcosa allostraordinario songbook delle varie

ENature boy o (Get your kicks on)Route 66 rendendolo, incisione do-po incisione, patrimonio semprepiù condiviso. L’ultimo in ordine ditempo è proprio Benson, che inquesta sua full immersion negli an-ni Cinquanta include pure una ver-sione di Mona Lisa registrata all’etàdi otto anni.«Ho cominciato a cantare le canzo-ni di Nat King Cole quando ero pic-colissimo strimpellandole con ilmio ukelele» spiega l’uomo di Bree-zin’ con un piede sull’aereo perl’Europa dove il 3 luglio vara aParigi il tour che lo depositapure a Roma il 22, a Paler-mo il 23, a Taormina il 24e a Grugliasco il 26. «Nonappena sentito quel vec-chio nastro registrato damia madre, il produtto-re John Burk mi ha det-

to: mettiamola nel disco. "Mai", gliho risposto io. Ma si sa che i produt-tori hanno sempre il coltello dallaparte del manico e così alla fine l’haspuntata lui».La doppia versione di Mona Lisa(giovanile e matura) è infatti il per-no attorno a cui ruotano dodici rivi-sitazioni del repertorio di Nat KingCole fatte col cuore, utilizzando glistraordinari arrangiamenti firmatial tempo da Nelson Riddle col sup-porto della Henry Mancini Institute

Orchestra. «In questo al-bum volevo innanzi-

tutto ricreare un’e-poca, quella in cuii dischi erano con-

cepiti come qualco-sa di straordinario eniente poteva esse-re meno che ecce-zionale» prosegue

Benson, che quanto a riferimentidice di avere avuto solo l’imbarazzodella scelta. «Tony Bennett, BillieEckstine, Charles Brown, Frank Si-natra, Dean Martin... ma lui, Nat, e-ra qualcosa di veramente speciale.Ricordo che da bambino l’ascoltavoalla radio e dicevo ai miei familiari:voglio diventare come lui».Impegnate rispettivamente in WhenI fall in love e Too young, la Menzel ela Hill sono due tra le più invitantirivelazioni del disco. «Di loro mi haparlato Nurk quando Barbra Strei-sand e Celine Dion hanno declinatol’invito a raggiungerci in studio per-ché impegnate in altri progetti. Misono detto: ok puntiamo sui giova-ni. Ed è stata una mossa azzeccata,perché quelle ragazze hanno vocifantastiche».

Marsalis,invece,mettela trom-

ba inUnforget-

table. «Sonoricorso a Wyn-

ton nella convinzione che la suapresenza avrebbe potuto dare alprogetto un tocco di classe e di cre-dibilità in più. Lo conosco da più ditrent’anni e non ero sicuro della suaadesione, visto che lui al pop hasempre preferito il jazz e la classica.Così l’ho rassicurato dicendogli: seiMarsalis, quindi fai Marsalis e nonti preoccupare». Per Benson, 70 an-ni, il parcheggio dei sogni rimanemolto affollato. «Di interpreti chemeriterebbero l’omaggio di un di-sco come questo ce ne sono moltialtri ancora; basta pensare a Sina-tra, a Bennett o a Dean Martin. Tuttioriundi italiani che ho amato tantis-simo, anche se il più grande di tuttiper me rimane sempre Luciano Pa-varotti. Quando a Modena cantam-mo assieme The greatest love of allsul palco c’erano pure Tom Jones,Bono, Deep Purple, Barry White...che notte indimenticabile. Sonocresciuto ascoltando Mario Lanza eamo la romanza, ma Pavarotti an-dava oltre. Lui era unico».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

l’anteprimaRivive sul palcoscenicoil genio di Enzo Jannacci

DA MILANO FULVIO FULVI

uori, in una fredda e piovosa serata di fine giugno, Mi-lano era come quella che cantava lui, grigia, indifferentee stramba. Al Teatro Menotti, sul palcoscenico, due

pianoforti, uno scrittoio, due sedie e, sullo sfondo, una giac-ca rossa appesa su un attaccapanni. Simbolo di presenza-assenza. Chissà, forse era proprio lì, dentro quella casaccaporpora, che si nascondeva lo spirito burlone di Enzo Jan-nacci. E deve essere stato lui a guidare, come un folletto in-visibile, il giornalista Andrea Pedrinelli e la chanteuse Susan-na Parigi durante Il saltimbanco e la luna, il concerto teatra-le che gli hanno dedicato giovedì in anteprima nazionale.Era una sfida, e non solo per il tempo matto e la partita del-l’Italia, era una sfida questo spettacolo sulle canzoni del car-diochirurgo con la chitarra e sui vent’anni di giornalismomusicale del suo autore e coprota-gonista. Una sfida, perché si dove-va affrontare un repertorio diffici-le, tra surreale e verità spiazzanti,ma anche raccontare con ironia unmondo di ipocrisie, capricci e ba-nalità e una stampa tronfia che nonsa distinguere più ciò che fa noti-zia davvero. Ma l’hanno vinta i duesul palco, appassionati e volitivi co-me il genio che li ha ispirati.Susanna Parigi, raffinata compo-sitrice toscana e pianista di PatMetheny e Riccardo Cocciante, hasaputo resistere negli arrangia-menti alle tentazioni della retorica, rileggendo 13 canzoni diJannacci con rigore e senza mai rinunciare alla propria per-sonalità: rendendo al pubblico, senza sbavature, i tipici ac-centi della poetica jannacciana, con quelle note che scap-pano via, si fermano e poi ripartono all’improvviso per vo-lare in alto, cadere e risalire di nuovo bruscamente. Ha e-mozionato, insomma, interpretando rabbia, gioia, dolore,melanconia del cantautore milanese e restituendo le figuretenere e bizzarre che lui ha raccontato, non sempre com-preso, nella sua carriera. Come ne La fotografia o in L’uomoa metà, Il cane con i capelli (qui in una versione con grattu-gia, cucchiaino e ritmo di tacchi) e in Vincenzina e la fab-brica. Di Pedrinelli abbiamo scoperto invece una vis comi-ca gigionesca ma misurata. È stato un narratore sensibile,però, al Mistero che accompagna l’arte. Come quando ha ci-tato una frase di Jannacci sull’amore: «Non lo abbiamo in-ventato noi, c’era già». Risate e commozione per il «saltim-banco», fatto rivivere qui sotto lo sguardo di Dario Zigiotto,che ne fu stretto collaboratore. La «luna», invece, di fuorinon c’era. Stava sul palco sotto forma di lampadina, per re-stare vicino alle uniche stelle che hanno brillato, in quellastrana notte d’estate.

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Andrea Pedrinelli e Susanna Parigipropongono un itinerarioscandito in tredici canzoni fra ironia,ricerca e mistero