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SOCIETÀ STORICA VALTELLINESE INVENTARIO DEI TOPONIMI VALTELLINESI E VALCHIAVENNASCHI 30 a cura di Gian Franca Dell’Acqua TERRITORIO COMUNALE DI GROSOTTO

TOPONIMI GROSOTTO DEFINITIVO copia:Layout 1 · 2018. 3. 15. · ventario dei toponimi di Valtellina e Valchiavenna e che ora gode anche della supervisione scientifica dell’Istituto

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SOCIETÀ STORICA VALTELLINESE

INVENTARIO DEI TOPONIMIVALTELLINESI E VALCHIAVENNASCHI

30 a cura diGian Franca Dell’Acqua

TERRITORIOCOMUNALE DI GROSOTTO

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FASCICOLI GIA’ PUBBLICATI:

1 - ROGOLO — a cura di IRMA RUFFONI ved. PEDRINI e ADRIANA PEREGALLIpresentazione di RENZO SERTOLI SALISistruzioni per l’indagine a cura di GIOVANNI DE SIMONI

2 - ISOLATO — a cura di GIOVANNI DE SIMONI (*)

3 - TALAMONA — a cura di PALMIRA GUSMEROLI DUCA

4 - MAZZO — a cura di EDGARDO FOPPOLI e RITA TRINCA

5 - ANDALO — a cura di IRMA RUFFONI ved. PEDRINI e AURELIA DELL’OCA

6 - LIVIGNO — a cura di GIOVANNI DE SIMONI

7 - CHIAVENNA — a cura di LUIGI FESTORAZZI, GUIDO SCARAMELLINIe WANDA GSCHWIND GUANELLA (*)

8 - CHIESA VALMALENCO — a cura di ANNIBALE MASA e GIOVANNI DE SIMONI

9 - MESE — a cura di MARINO BALATTI (*)

10 - VILLA Dl CHIAVENNA — a cura di GIOVANNI GIORGETTA, MARIO GIACOMINI e ALDO SCIUCHETTI (*)11 - VALFURVA — a cura di ELIO BERTOLINA e MARIO TESTORELLI12 - DELEBIO — a cura dell’AVAL (Associazione Amici Val Lesina)13 - SPRIANA — a cura di ANNIBALE MASA14 - GROSIO — a cura di GABRIELE ANTONIOLI15 - MORBEGNO — a cura della Biblioteca Civica «E. Vanoni»16 - CASPOGGIO — a cura di SANDRINO MIOTTI e RODOLFO PEGORARI17 - GEROLA — a cura di CIRILLO RUFFONI18 - PIANTEDO — a cura di GINO FISTOLERA19 - PONTE — a cura di AUGUSTA CORBELLINI20 - CERCINO — a cura di GINO FISTOLERA, SIRO BARONA e GIOVANNI BIGIOLLI21 - LANZADA — a cura di SIMON PIETRO PICCENI, GIUSEPPE BERGOMI e ANNIBALE MASA22 - SAMOLACO — a cura di AMLETO DEL GIORGIO e ANDREA PAGGI (*)23 - VALMASINO — a cura di MARIO SONGINI (Diga)24 - PEDESINA — a cura di CIRILLO RUFFONI25 - FAEDO — a cura di ANTONIO SALVATORE PARUSCIO26 - VALDISOTTO — a cura del GRUPPO TOPONOMASTICO DI VALDISOTTO (**)27 - RASURA — a cura di CIRILLO RUFFONI28 - POGGIRIDENTI — a cura di FRANCA PRANDI29 - SONDALO — a cura di GABRIELE ANTONIOLI (**)30 - GROSOTTO — a cura di GIAN FRANCA DELL’ACQUA

FASCICOLI Dl PROSSIMA PUBBLICAZIONE:31 - MONTAGNA — a cura di FRANCA PRANDI

S O C I E T À S T O R I C A V A L T E L L I N E S E - Segreteria: Villa Quadrio - 23100 SONDRIO

(*) Editi in collaborazione col «CENTRO DI STUDI STORICI VALCHIAVENNASCHI», Palazzo Pestalozzi, Chiavenna.(**) Editi in collaborazione col «CENTRO DI STUDI STORICI ALTA VALTELLINA», Via Roma, Bormio.

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INVENTARIO DEI NOMI LOCALIIN COMUNE DI GROSOTTO

PREMESSA

Contrastanti motivi di gioia e di apprensione accompagnano l’uscita dellapresente raccolta dei nomi di luogo relativa al territorio comunale di Grosotto.

L’aspetto positivo è costituito dal fatto che siamo giunti al 30° quaderno del-l’Inventario dei toponimi valtellinesi e valchiavennaschi.

Pur trattandosi di un traguardo intermedio, rispetto al completamento delcensimento dei 78 comuni facenti parte del nostro territorio provinciale, ci sem-bra comunque una tappa significativa. Si tratta di un traguardo gratificante perquanti hanno creduto nell’iniziativa promossa dal compianto dott. Giovanni DeSimoni fornendo il loro determinante apporto. Ma la soddisfazione è ancoramaggiore se consideriamo la precarietà del progetto, basato esclusivamente sulcontributo di un volonteroso stuolo di collaboratori, e le difficoltà superate tantonella fase del censimento, come nell’assemblaggio dei vari contributi. In questianni, pur restando fedeli ai criteri redazionali della collana, siamo passati dal-l’estrema sinteticità dei primi fascicoli a delle vere e proprie monografie. In es-se i nomi delle località vengono puntualmente inseriti nel loro contesto lingui-stico, storico e ambientale, offrendo sia al ricercatore locale sia allo specialistagli spunti necessari per ulteriori approfondimenti. Pertanto quanti credono nellavalidità di questa iniziativa e sanno valutarne le finalità scientifiche e i contenu-ti divulgativi non possono che esprimere profonda riconoscenza a quanti vi han-no dedicato tempo ed energie. Un sentito ringraziamento lo rivolgiamo anche atutti gli sponsor che in questi anni ci sono stati di sostegno.

Si è lavorato con serietà, perseveranza e abnegazione e tutto ciò potrebbe co-stituire un giustificato motivo di compiacimento e di autocelebrazione, ma esi-ste anche il rovescio della medaglia. Se consideriamo la precarietà delle fontiorali, dalle quali in via prioritaria attingiamo le informazioni, e il fatto che sonogià trascorsi trentacinque anni dall’inizio del censimento, riuscendo a mapparesolo la metà della superficie provinciale, credo sia più opportuno impostare unaseria riflessione sugli obiettivi futuri. Rinnoviamo quindi l’appello affinché pos-sa allargarsi la cerchia dei collaboratori per estendere il censimento a tutti i co-muni della nostra provincia. Non è richiesta la laurea e neppure il diploma: èsufficiente un forte radicamento al proprio paese e tanta buona volontà, le altre

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carenze saranno integrate durante il lavoro di supervisione curato dall’Istituto didialettologia e di etnografia valtellinese e valchiavennasca.

Il volontariato resta essenziale, ma puntiamo anche a un maggior coinvolgi-mento della Regione Lombardia e degli Enti presenti nella nostra provincia.L’apporto della pubblica amministrazione resta imprescindibile per il raggiungi-mento dell’obiettivo finale, come attestano i risultati conseguiti da analogheiniziative in altre regioni. Occorre che il corale apprezzamento per quanto è sta-to fatto si possa tradurre in un sostegno finanziario che garantisca la continuitàdell’opera di coordinamento e di redazione svolta finora dall’IDEVV.

La toponomastica è una scienza e, se vogliamo veramente valorizzare le no-stre radici culturali, non possiamo pensare che basti mutare la scritta di un car-tello stradale.

Gabriele Antonioli

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PREFAZIONE

Nel 1970 il compianto dott. Giovanni De Simoni lanciava un appello per un in-ventario dei nomi di luogo in provincia di Sondrio, e così esordiva: «Non v’è loca-lità abitata o frequentata dall’uomo cui non sia stato attribuito un nome. Nella Val-tellina e nella Valchiavenna, regioni abitate sino dalla preistoria, molti di questi no-mi sono relitti di antichissimi linguaggi. Ma in ogni epoca storica se ne sono ag-giunti e se ne sono persi. Ogni generazione dà il suo apporto introducendo nominuovi, modificando (per storpiatura, fraintendimento o evoluzione della pronuncia)quelli ereditati, lasciandone infine cadere in disuso, e perciò in dimenticanza, altri.

La toponomastica – scienza che studia l’origine e il significato dei toponimi,cioè dei nomi di luogo – è scienza affascinante, difficile, riservata generalmentea linguisti e filologi benché strettamente imparentata anche con la storia e conla geografia.

Tutti, però, possono rendersi preziosi collaboratori degli studiosi e fornire aquesta scienza un loro fattivo apporto: quello della “materia prima”, raccoglien-do e rendendo noti i nomi esistenti al presente su un determinato territorio. Oc-corrono soltanto amore ai luoghi nei quali si vive, convincimento di compiereopera di sicura utilità storica, geografica e linguistica e, infine, un poco di tem-po, di pazienza e di precisione.

Ecco perché nella provincia di Sondrio, dove i nomi locali non sono stati an-cora raccolti completamente e sistematicamente, la Società Storica Valtellineseha lanciato un appello a quanti – insegnanti, parroci, funzionari, studenti o sem-plici appassionati – si sentano in grado, affinché si impegnino ad investigare intutto il territorio del loro comune ed a redigere un completo inventario, censi-mento o catalogo che dir si voglia, dei nomi di luogo in uso presso gli abitantidella nostra bella provincia».

Da questo invito prendeva avvio il progetto che si configura tutt’oggi nell’in-ventario dei toponimi di Valtellina e Valchiavenna e che ora gode anche dellasupervisione scientifica dell’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinesee Valchiavennasca. Già negli anni 1982-85, su suggerimento del dott. De Simo-ni, Graziano Robustellini aveva impostato questa ricerca cercando di coinvolge-re la popolazione e le scolaresche. Non avendo sortito esiti soddisfacenti, il pro-getto rimase però nel cassetto in attesa di qualche volonterosa collaborazione.

A distanza di ormai vent’anni dall’inizio del censimento, ho quindi accettatol’incarico di proseguire e completare l’indagine. Il desiderio di rendere un pre-zioso servizio al mio paese ha costituito lo stimolo che mi ha accompagnato,soprattutto nei momenti di difficoltà, fornendomi la determinazione e l’umiltànecessarie per riuscire a portare a termine l’impegno assunto.

Per agevolare il rilevamento dei toponimi, il territorio comunale di Grosottoè stato suddiviso in tre zone: il fondovalle, che comprende tutto l’abitato, coltù-ra dint, coltùra zót e i bassi coltivi oltre il Roasco e l’Adda; il versante retico eil versante orobico, distinti a loro volta in numerosi percorsi che seguono, dalbasso verso l’alto, sentieri, strade e valli.

La ricerca sul campo, iniziata dall’elenco fornitomi da Graziano Robustellinie dai nomi dei luoghi che conoscevo personalmente, si è quindi estesa in modo

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capillare, attingendo a testimoni privilegiati, scelti fra quelle persone del paeseche sono ancora ben radicate sul territorio o che hanno avuto esperienze direttedelle varie contrade, piuttosto che di determinati maggesi o alpeggi.

È attraverso queste conversazioni che ho dipanato le mie numerose incertez-ze e soprattutto ricavato preziose informazioni.

Lo scoprire a poco a poco come la parlata in dialetto, forte segno distintivodi appartenenza a un comune o a una contrada, insieme al profondo legame conla propria terra, stimolassero nelle persone il desiderio spontaneo di ricordare eraccontare non solo i nomi dei luoghi, ma anche usi, costumi, aneddoti e storiedel passato, mi ha gratificato molto. Il contatto con la gente mi ha permesso difar riaffiorare reminiscenze lontane e di ripercorrere i diversi mutamenti avve-nuti sul territorio.

Desidero pertanto ricordare questi miei compaesani e far giungere loro tuttala mia gratitudine, iniziando, mi si conceda, dai miei genitori Simone e Rosa,che sono stati i collaboratori più assidui.

COGNOME E NOME SOPRANNOME ANNO DI NASCITA

Da Prada Adele Càiro 1929Da Prada Augusto Zamariòl 1933Da Prada Pietro Zamariòl 1959Da Prada Silvio Zamariòl 1932De Maron Luca Brodolèra 1986De Maron Marco Brodolèra 1962De Piazza Anselmo Procio 1944De Piazza Marina Procio 1957Del Fatti Valerio Quagét 1927Dell’Acqua Simone Pipì 1919Imperial Rosa Tasa 1924Merri Isidoro Mèr 1946Osmetti Geremia Torcerìn 1932Robustelli Pierino Tàpeli-Mulinét 1944Robustelli Della Cuna Bernardo Milési 1914Robustelli Della Cuna Silvio Orbìcio 1939Robustelli Test Pietro Peladelìn 1922-†2006Robustellini Graziano Polonia 1939Sala Crist Carmen Sócheli 1956Sala Crist Franco Valadìif 1957Sala Danna Alberto Carolìna 1935Sala Peup Severino Migiondìn 1936Saligari Maria Monegàt 1926Saligari Matteo Monegàt 1949Scala Bertolìn Gioacchino Sciònech 1946Scala Aurelio Gianìno 1934Scala Pierina Gianìno 1940Trinca Colonèl Anna Tarabèo 1940Turcatti Angelo Petaòt 1926Caspani Giacomo di Grosio Pèrlo 1946

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Un rinnovato ringraziamento a Graziano Robustellini anche per le informa-zioni storiche e per la scrupolosa revisione dei testi.

La ricerca sul territorio è stata supportata da un’attenta analisi delle fonti do-cumentarie svolta in modo particolare presso:

• l’Archivio di Stato di Sondrio che conserva diversi volumi delle imbrevia-ture dei notai di Grosotto, i libri degli estimi del Comune e le antiche map-pe catastali;

• la Biblioteca Nazionale Braidense di Milano per gli Statuti del 1591 e l’al-legata cronistoria relativa agli eventi del paese.

Si sono poi esaminati attentamente: • il regesto dei documenti degli archivi parrocchiali di Grosio, Grosotto e

Mazzo, curato da Gabriele Antonioli; • il regesto delle pergamene di Grosotto, conservate nell’Archivio di Stato di

Sondrio, curato da Francesco Palazzi Trivelli;• il fondo pergamenaceo dell’archivio storico del Comune di Grosio.

L’edizione di questo trentesimo fascicolo dell’inventario dei toponimi dellaprovincia di Sondrio è stata resa possibile anche grazie a:

• Prof. Remo Bracchi, per il profilo del dialetto di Grosotto, colto in tutte lesue innumerevoli sfumature;

• Dott. Gabriele Antonioli e Graziano Robustellini, per l’introduzione storica;• Società Storica Valtellinese, quale titolare della collana;• Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca, per

la supervisione scientifica; • Comunità Montana di Tirano, nelle persone del dott. Giovanni Di Trapani

e di Erica Ferrari, per l’elaborazione cartografica che correda la raccoltadei toponimi;

• Comuni di Grosio e Grosotto che hanno considerato questa pubblicazionepienamente rispondente agli obiettivi del Progetto finanziato dal FondoEuropeo di Sviluppo Regionale, misura 1.9 Turismo tematico: Grosio eGrosotto - l’arte, la montagna e la storia per lo sviluppo della ComunitàMontana Valtellina di Tirano e ne hanno pertanto assunto l’onere dellastampa.

Si è controllata inoltre la correttezza dei toponimi riportati sulla cartinadell’Istituto Geografico Militare (IGM), segnalando le divergenze.

Gian Franca Dell’Acqua

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INTRODUZIONE

Appunti di storia

Chi si propone di tratteggiare la storia di Grosotto, seppure per sommi ca-pi(1), deve necessariamente esordire segnalando le testimonianze preistoricheemerse negli ultimi decenni. Il ciclo di incisioni rupestri venuto alla luce suldosso dei castelli di Grosio e i siti meno noti scoperti a Piaza, nei pressi dellachiesa di S. Sebastiano, a Dòsa e nella Val di Téi, attestano, più che sporadicitransiti, una secolare frequentazione della zona(2). In tal senso risultano pro-banti le tracce di insediamenti dell’età del Bronzo e del Ferro rilevate nel peri-metro del Castello Nuovo e sul dosso di Giroldo. Benché lo stato attuale dellericerche non ci permetta di qualificare e di quantificare in maniera più puntualetale presenza, si tratta comunque di scoperte estremamente importanti per lapreistoria alpina. In base a quanto appena affermato potrà pertanto sembrarequantomeno strano che, per ora, il nostro territorio rimanga invece privo di si-gnificative testimonianze relative al periodo della romanità. Ciò non significanecessariamente che in detta epoca queste località siano state abbandonate. Co-me notano gli esperti, bisogna invece più semplicemente arguire che la roma-nizzazione sia penetrata molto lentamente incidendo minimamente su usi e con-

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(1) Con questa breve panoramica storica si intende fornire alcuni aggiornamenti di re-cente acquisizione e rilevare qualche nesso con la toponomastica locale. Per eventuali ap-profondimenti di carattere generale in ambito toponomastico si veda: D. OLIVIERI, Diziona-rio di toponomastica lombarda, Milano 1961; G.R. ORSINI, Toponomastica lariana e val-tellinese, in «Rivista Archeologica Comense», 1937-38, pp. 191-218; 1939, pp. 139-165;R. SERTOLI SALIS, I principali toponimi in Valtellina e Valchiavenna, Milano 1955 e relati-ve aggiunte e modifiche in «Bollettino della Società Storica Valtellinese», 10 (1956), pp.77-84; 11 (1957), pp. 101-107; 15 (1961), pp. 88-101; G. DE SIMONI, Alcuni nomi di luogodell’alta Val Grosina, in «Rassegna economica della provincia di Sondrio. Valtellina e Val-chiavenna», n. 4, aprile 1960, pp. 14-23. Per aspetti geografici e ambientali: G. NANGERO-NI, V. GIACOMINI, Ambiente fisico e paesaggio vegetale della provincia di Sondrio,CCIAA, Sondrio 1960; AA.VV., La geologia del territorio della provincia di Sondrio,Sondrio 1970; AA.VV., L’ambiente naturale e umano della provincia di Sondrio, Lecco1971; V. CREDARO, A. PIROLA, La vegetazione della provincia di Sondrio, Sondrio 1975; R.ARMELLONI, Alpi Retiche. Dal passo del Bernina al passo di Resia, Guida dei monti d’Ita-lia, ed. CAI-TCI, Milano 1997; M. GIANASSO, Guida turistica della provincia di Sondrio, acura di A. Boscacci, F. Gianasso, M. Mandelli, 2 ed., Sondrio 2000.

(2) La notizia dei primi rinvenimenti in territorio grosottino si trova in: L’attività del-l’Associazione Tiranese per le ricerche archeologiche, in «Bollettino della Società Stori-ca Valtellinese», 28 (1975), p. 100. Per la storia e l’evoluzione delle scoperte archeologi-che sui dossi dei castelli di Grosio e di Giroldo si rimanda alla copiosa illustrazione pro-dotta da Davide Pace, scopritore dei petroglifi grosini, e per le ricerche più recenti a R.POGGIANI KELLER, Grosio (So), Dosso dei Castelli e Dosso Giroldo. Un insediamentoprotostorico sotto i castelli e altri resti dell’età del Bronzo e del Ferro, in «Quaderni delParco delle Incisioni Rupestri di Grosio», Sondrio 1995.

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suetudini che si perpetuavano da secoli. Illuminante a tale proposito è l’opinonedel Garzetti: «Tutto induce a pensare che la valle anche dopo la conquista ro-mana si presentasse in certo modo come una terra diversa, e vivesse, senza es-sere ambita da altri, una sua vita remota, accogliendo sì, via via e senza imposi-zioni estranee all’empirismo romano, quello che la circostante superiore civiltàoffriva, ma certo molto lentamente»(3). Qualche traccia in più l’ha lasciata inve-ce l’epoca altomedievale. Gli scavi stratigrafici effettuati nel perimetro dellachiesa dei Ss. Faustino e Giovita, in occasione del restauro dei castelli, hannoevidenziato una frequentazione protostorica continuata fino ai primi secoli del-l’era cristiana. In quel contesto è stato appurato che le due tombe rupestri iviesistenti facevano parte di un sacello funerario di epoca longobarda(4). A pareredegli esperti potrebbero rivelarsi interessanti alcuni indizi, da approfondire conapposito sondaggio, che farebbero ipotizzare l’ubicazione dell’insediamentolongobardo nei fondi a valle della chiesa castellana, sul versante grosottino. Nelcorso delle ricerche archivistiche, a corredo dell’indagine toponomastica, èemerso che nei documenti del XVI secolo la località da indagare veniva signifi-cativamente chiamata Torraccia (5). La forma peggiorativa del toponimo potreb-be infatti indicare l’esistenza di un’antica fortificazione, anteriore ai castellistessi, della quale restava qualche traccia o nella tradizione locale o nei pochiresti che al tempo ancora emergevano.

Seguendo una trattazione cronologica, merita anche di essere evidenziata larecente scoperta del fonte battesimale a immersione presso la chiesa matrice diMazzo. Pur restando in paziente attesa di conoscere ufficialmente gli esiti dellacampagna di scavo, l’arcaica modalità del rito praticato e il contesto nel quale èavvenuto il ritrovamento fanno risalire la datazione del reperto all’epoca alto-medievale. Il riferimento a Mazzo è d’obbligo poiché, come sede della chiesabattesimale, costituiva il punto di riferimento di tutti i paesi circonvicini. Secon-do il parere degli storici, il territorio di specifica pertinenza alle chiese battesi-mali fu ripartito formalmente solo in epoca post-carolingia con l’istituzione del-le pievi. In effetti in un diploma di Lotario I del 3 ottobre 824 Mazzo, unita-mente a Bormio e a Poschiavo, figura ancora col titolo di chiesa battesimale(6).Non vi è comunque dubbio che Grosotto facesse già riferimento alla matrice di

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(3) GARZETTI, p. 172. Dello stesso autore si veda anche Le valli dell’Adda e dellaMera in epoca romana, Sondrio 1968.

(4) ANTONIOLI 2000, pp. 56-57.(5) Nel 1523 Francesco del Queto fu Pietro di Grosio vende ad Antonio e Michino Ve-

nosta, abitanti nel castello dei Ss. Faustino e Giovita, un fondo a Grosotto in località Tora-zia, al prezzo di lire 51 e viene investito a livello al fitto di un peso di burro e di un pesodi formaggio (ASCGr, doc. 1175). Nel 1599 Antonio de Telinellis fu Giovanni, detto delGallo, abitante a Grosotto, vende a Gerolamo Venosta fu Agostino un campo in Grosottosotto le vigne del castello, in località Toracia, al prezzo di lire 450 (ASCGr, doc. 1420).

(6) Il ritrovamento dell’antico battistero di Mazzo, che attesta in maniera inconfutabile lacorretta attribuzione a questa chiesa del titolo di chiesa battesimale in epoca carolingia, confer-merebbe, almeno per l’ambito preso in considerazione, l’autenticità del documento citato,messa in dubbio dal Besta che non escludeva interpolazioni a beneficio del vescovo comasco.

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S. Stefano di Mazzo la cui fondazione viene considerata fra le più antiche inambito diocesano.

Sempre rimanendo in tale contesto è opportuno ricordare che fino all’età viscon-tea la pieve non limitava le sue funzioni all’ambito prettamente ecclesiastico, ma ri-vestiva anche il carattere di giurisdizione penale e militare. L’esercizio di queste ul-time prerogative competeva ai capitani di pieve, nominati direttamente dal vescovo.Detti funzionari risiedevano nel castello di pieve, titolo che spettava alla fortifica-zione esistente nel circuito pievano che risultava più prestigiosa, per antichità oper sicurezza. Secondo l’opinione del Besta, nella pieve di Mazzo tale ruolo fusvolto dal castrum Groxii, poi detto anche castello vecchio o di S. Faustino.

Quest’ampia premessa, oltre ad inquadrare storicamente Grosotto in ambitoterritoriale, ci conduce alla prima attestazione toponomastica della località.

Fra le numerose istituzioni ecclesiastiche presenti in Valtellina in epoca medie-vale, un ruolo di rilievo fu svolto dal monastero comasco di S. Abbondio che sep-pe coniugare perfettamente il motto benedettino «ora et labora». Fondato nel1010 e dotato di beni dislocati in varie zone della diocesi, contribuì, col concorsodei numerosi fittavoli che operavano alle sue dipendenze, alla bonifica e alla mes-sa a coltura di una considerevole porzione dei terreni agricoli della valle abduana.Nella pieve di Mazzo le sue proprietà erano prevalentemente concentrate a Son-dalo, ma aveva poderi e cascinali (masaricii) anche a Grosio, Grosotto e Sernio.Nell’anno 1080 Nanterio fu Arduino di Buccinigo, di legge longobarda, donava almonastero di S. Abbondio quattro masaricii situati nella pieve di Mazzo: in Grau-suura (Grosio), in Grousuto (Grosotto) e in loco et fundo Serni (Sernio)(7).

Sospendendo per un attimo la trattazione storica, facciamo una breve rifles-sione linguistica. Innanzi tutto è facile rilevare come Grausuura e Grousuto pre-sentino una radice comune con l’aggiunta dei suffissi locativi «sopra» e «sotto».Secondariamente, sebbene in questo documento non venga precisato, possiamoconseguentemente dedurre che il nome dei due paesi doveva dipendere da unalocalità intermedia. Una conferma in tal senso l’abbiamo in un atto del 1150, re-lativo ad investiture vescovili, dove è menzionato il castrum de Groxio cumvillis de Grossura et de Grossupto (8). Pertanto il nucleo antico dell’abitato diGrosotto, analogamente a quello di Grossura, faceva capo alla fortificazioneeretta sul dosso roccioso che li separa. Chiarita l’origine dei nomi dei due paesi,emerge evidente l’infondatezza dell’ipotetica origine etrusca avanzata dal Qua-drio, il quale faceva derivare Grosio da «Clusium» e Grosotto da «Rosetum»(9).

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(7) MANARESI-SANTORO, pp. 102-103, doc. 607.(8) ASDCo, fondo Investiture feudali, vol. V, c. 20r. La qualifica di villa differisce no-

tevolmente dall’attuale accezione di abitazione signorile; in epoca medievale indicava unsemplice agglomerato rurale.

(9) QUADRIO, I, p. 43. Per comprovare la sua ipotesi il Quadrio affermava generica-mente di aver trovato varie attestazioni in documenti dei secoli XI e XII presso l’Archi-vio Ambrosiano (sic); è inutile dire che di tutto ciò non esiste traccia. Sarebbe superfluoritornare sulle fantasiose congetture del Quadrio che, fra l’altro, riteneva gli Umbri ante-nati dei Grosottini, se queste non trovassero ancora credito in recenti pieghevoli turistici.

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In ambito etimologico si è invece riaperto il dibattito sull’origine della radice«Gros». Infatti alla tesi, che si riteneva ormai consolidata, di una derivazionedal latino medievale c r o s u s «cavo, incavato»(10), si è aggiunta una nuovaproposta avanzata dal celtista Guido Borghi come possibile derivato dal sostra-to preromano (celtico?) *grausıio? «(luogo) delle incisioni»(11). Ipotesi quan-tomai affascinante che avrebbe fatto gioire Davide Pace, scopritore delle inci-sioni rupestri grosine.

Grosotto faceva parte dei possedimenti vescovili infeudati prima ai De Mi-senti e quindi ai Venosta, ma seppe consolidare e incrementare alcune prerogati-ve godute dai vicini in epoca altomedievale, dando vita già nel XIII secolo aforme amministrative autonome tipiche del comune rurale. La prima attestazio-ne che documenti l’articolazione della struttura comunale è datata 7 dicembre1325(12), ma è lecito supporre che, analogamente ai maggiori centri valtellinesi,tale organizzazione avesse preso forma già nel secolo precedente. L’esistenzadel Comune di Grosotto è attestata per la prima volta in un inventario dei beniappartenenti alla chiesa e all’ospizio di S. Remigio in Valposchiavo, redatto nel1255. In tale memoria si afferma che le proprietà di detto ospizio si estendevanosul versante poschiavino fino allo spartiacque, confinando a mane communis deGroso Suppo et in parte communis de Tovo, a meridie communis de Tirano, asero communis de Bruso et in parte lacus de Pusclavio (13). Anche nel reperto-rio dei beni appartenenti alla chiesa di S. Stefano di Mazzo, stilato nel 1257, ilcomunis Grosobti figura fra gli enti confinanti (14).

La comunità era governata da un decano e da un consiglio eletti dai capifa-miglia delle cinque contrade o cantoni in cui il territorio era suddiviso. Il nume-ro dei cantoni e la loro disposizione topografica, allungata e sinuosa, sembrapossa aver ispirato lo stemma comunale. Il blasone, come si accennerà poi nellastoria dei confini, è costituito infatti da una biscia a cinque spire, corrispondentiappunto al numero delle contrade (15).

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(10) Probabilmente di origine gallica, rad. indoeur. *(s)ker-eu- «scavare», perché l’an-tico centro è nato a ridosso della roccia (DEG, p. 434, voce grusìn).

(11) La proposta viene cautamente avanzata dallo studioso come possibile interpreta-zione sostratistica (G. BORGHI, Ligure e celtico nella toponomastica, in «Atti del conve-gno interprovinciale di toponomastica», di prossima pubblicazione).

(12) Il 7 dicembre 1325 la vicinanza degli uomini e del comune di Grosotto, alla pre-senza del decano in antea Scaridello de Prialis (ora Imperial) e dei consiglieri, investivaad accola di un prato sito oltre il ponte sull’Adda, in Ixulla, Nicolino di Federico Lam-bertenghi, di Borgovico di Como e abitante a Grosio, al prezzo di lire 13 da versare ilgiorno di S. Martino (APG, doc. 978).

(13) MARINO, p. 220. È interessante notare la variante Suppo per Supto, come pure ilfatto che, a quella data, il comune di Tovo si insinuasse sul versante retico fino alla som-mità. Ora è l’Adda a segnare il confine fra Tovo e Sernio.

(14) APM, doc. 252, c. 18r.(15) ROBUSTELLINI, p. 5.

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Negli statuti di Como del 1335, Grosotto figurava come comune loci vicinan-tie de Grosuptus. Con la riorganizzazione territoriale effettuata in epoca viscon-tea, il comune di Grosotto entrò a far parte del terziere superiore della Valtellina.

Le disposizioni che regolavano lo sfruttamento delle comunanze e la nominadegli amministratori locali erano raccolte negli statuti comunali. Sebbene esistes-se un «corpus» di regolamenti anteriori all’avvento del governo grigione, la piùantica edizione giunta fino a noi risale al 1544 (16). Redatta dal notaio AndreaRobustelli è costituita da ottantadue capitoli raggruppati in quattro parti. La suaimportanza è notevole in quanto, pur rappresentando sostanzialmente la codificadi un regolamento interno, testimonia la maturità raggiunta dalla comunità incampo amministrativo e la compiuta affermazione dell’autonomia locale (17).

Non possiamo dire che l’indipendenza dalla chiesa plebana di Mazzo abbiaseguito di pari passo l’autogestione acquisita in ambito civile. Grosotto infattifu costituita in parrocchia autonoma solamente nel 1625. La religiosità dei Gro-sottini trovò modo comunque di esprimersi con numerose opere di notevole im-pegno finanziario documentate a partire dal XIII secolo.

La prima attestazione relativa alla chiesa di S. Eusebio compare in un attodel 1257 conservato nell’archivio parrocchiale di Mazzo. Lo stesso documentoricorda anche l’esistenza della chiesa di S. Martino in Vignale (18). Il vetustoedificio, ubicato a nord del ponte del Ruinàsc, sopra la Baronésa, fu dismesso apartire dal 1597, minacciando di rovinare a causa delle frequenti alluvioni del-l’Adda, ma benché fatiscente era ancora visibile all’epoca del vescovo Archintinel 1614 (19). Il titolo di S. Martino passò poi alla nuova chiesa eretta in con-trada Maroni nel 1641.

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(16) SCG 1544, proemio: […] Sed quia variae sunt hominum opiniones, in eademGrosubti comunitate nuper evenit, ut dicta statuta, quae olim maioribus nostris aetatesua placuerant, nobis successoribus, hominum, et rerum, et temporum mutatione minimeconveniant. Qua re, ut eiusdem reipublicae nostrae de Grosubto saluti consuleret, prae-dicti comune et homines Grosubti dicta statuta prorsus reformare eaque renovare decre-verunt.

(17) Negli anni 1550, 1555 e 1562 si operarono aggiunte e modifiche, mentre vere eproprie revisioni vi furono nel 1591 e nel 1739. Il tenore degli statuti grosottini non sidifferenzia da quello della maggior parte dei comuni valtellinesi. Questi regolamenti sioccupavano essenzialmente dell’organizzazione interna del comune e dettavano soprat-tutto norme di polizia rurale fissando i doveri e i diritti degli ufficiali del comune, prov-vedevano alla difesa delle colture e disciplinavano l’uso dei pascoli e dei boschi. Essi re-golavano inoltre gli affitti o le assegnazioni dei beni comunali, la stesura dell’estimo e latensa dei boschi.

(18) Nella relazione della visita pastorale del vescovo Ninguarda del 1589 è precisatoche questa chiesa era situata appena prima di entrare in paese venendo da Mazzo (NIN-GUARDA, p. 127).

(19) ARCHINTI, p. 302.

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La cura religiosa della comunità era affidata, in origine, a un canonico della chiesaplebana. Il 1° marzo 1452 Pietro Andriani, arciprete di Sondrio, in visita pastorale allapieve di Mazzo per delega del vescovo di Como Antonio Pusterla, concedeva alle terread essa subordinate la facoltà di eleggersi un sacerdote da sottoporre all’approvazio-ne dell’arciprete di Mazzo. Ai canonici della chiesa collegiata plebana spettavano ledecime e all’arciprete la primizia, oltre a una percentuale sui proventi di stola.

Nel 1487, durante l’invasione dei Grigioni in Valtellina, Grosotto fu uno deipochi paesi risparmiati dal saccheggio ed il fatto fu attribuito all’intervento pro-digioso della Vergine. A scioglimento di un voto popolare, la comunità eressesubito una prima chiesa in onore della Madonna. L’edificio, di modeste dimen-sioni, fu poi ricostruito nella forma attuale a partire dal 1609.

Questo fiorire di opere a carattere devozionale indusse l’arciprete di MazzoGiovanni Andrea Rusconi a ribadire, nel 1524, i propri diritti giurisdizionaliconfermando l’erezione della «scola di Santa Maria» e affidando ad essa la ma-nutenzione delle chiese del paese, dedicate ai Ss. Eusebio, Martino, Sebastianoe alla B. Vergine Maria.

Il comune di Grosotto affrancò gli onerosi diritti di origine feudale spettanti allamatrice di Mazzo nel 1549 e nel 1562. Nell’arbitrato del 1549 si quantificò in 350 li-re imperiali la somma da versare per l’esenzione definitiva dalla decima; nel 1562 ilcomune, rappresentato da Taddeo di Giacomo Robustelli, riscattava dall’arciprete diMazzo Maffeo Crotti il diritto di primizia sborsando la somma di 600 lire imperiali.

Due eventi di particolare gravità sconvolsero la comunità negli ultimi de-cenni del XVI secolo.

Nel 1587 scoppiarono dei disordini tra cattolici e riformati (20). I riformati inpaese erano in numero esiguo ma avevano alla testa l’influente Taddeo Robu-stelli, lo stesso che pochi anni prima aveva fatto da tramite fra la comunità gro-sottina e l’arciprete di Mazzo. Questi fatti furono, in parte, la premessa alla ri-volta valtellinese contro i protestanti, scoppiata nel 1620. Capeggiata da Giaco-mo Robustelli, partì appunto da Grosotto. Nel 1605, per evitare ulteriori attriti el’intrusione dei riformati nelle chiese cattoliche, il comune acquistò un edificioda adibire al culto evangelico(21).

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(20) Nel 1587, sotto il decano Togno di Martino Stoppani detto della Sal «si sorlevò laluteraria [la comunità protestante] in Grosotto, cioè il signor Tadeo f.q. del signor JacomRobustello, il qual era maridato in dentro [nei Grigioni] e haveva tolto una donna luterae venne lutero anchora lui, e levò li suoi figlioli in quella religione e volse predicar nellachiesia della Madona» (MB, cc. 73v-74r).

(21) L’edificio, tuttora esistente in via Lugo, era una «masone» di proprietà del sartomastro Martino di Ferro (MB, c. 74v). Nel 1630, dopo l’insurrezione contro i Grigioni ela messa al bando dei protestanti, la chiesa degli eretici con l’attiguo cimitero venne dalcomune ceduta ai canepari del santuario che la vendettero, trattenendo per loro uso tutti ilegni, le tegole, i cancelli e quanto apparteneva alla stessa chiesa (ASSo, not. Gio. Anto-nio Robustelli, vol. 3963, atto 9 gennaio 1630). La fontana monolitica che si trovava inquel cortile, datata 1583, fu acquistata nel 1986 dal Comune di Grosio e collocata in viaMortirolo al limite del campetto della scuola media. È denominata «al bui de Grusót». Siveda la voce gésa protestànta nell’inventario toponomastico.

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Tra il 1595 e il 1597 furono processate in Tirano, dai magistrati grigioni, diciot-to persone di Grosotto accusate di stregoneria(22). In questo fatto, purtroppo nonisolato in ambito valtellinese, sfociavano vecchi rancori familiari, interessi di parte,il rifiuto del «diverso» e il fanatico perseguimento dell’ortodossia, il tutto copertoda un pesante velo di presunto zelo religioso(23). Ciò generò una lunga serie di de-nunce e di delazioni che contribuirono a creare nel paese un pesante clima di so-spetti e di terrore. A queste tristi traversie ne seguirono altre ben più gravi.

Le cronache locali segnalano il 1615 e il 1618 come anni di carestia(24); poidal 1620 al 1637 imperversarono le guerre di Valtellina con stupri, incendi, sac-cheggi e imposizioni fiscali esorbitanti; infine a coronare il tutto arrivò anche lapeste che, tra il 1630 e il 1632, fece più di 500 vittime(25). Dopo la peste, altrecalamità si aggiunsero a rendere più penosa la vita della popolazione: la carestiae la permanenza in paese dal 1635 all’aprile del 1637 di una guarnigione di sol-dati francesi sotto il comando del duca di Rohan. Sappiamo che in quegli anni vifu pure il tentativo da parte dei mugnai locali di aumentare il compenso per lamolitura, ma la ferma reazione popolare, che aveva paventato la costruzione dinuovi mulini a conduzione comunale e la revoca delle concessioni delle capta-zioni dell’acqua, li indusse a desistere e a ripristinare le antiche misure (26).

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(22) «In questo anno [1595] se comenzete l’offitio delle strie, sotto l’offitio del pode-stà sr. Nicolò Marcha e fù abrusate Madelena Gazzeta, Caterina moglie di Tonello, laMenedella Libia moglie del [Giovan] di Musat, Maria sorella del Nin del Tortin, Martade Fanchinot, Caterina moglie de Stefano Carlat, Caterina de Martinel, Caterina mogliede m.ro Martin Mazzetta, la moglie de Gasparin de Piazza, Juanna sorella de FanchinMitta dit Pasin; queste sono tutte brusate; Madelena Ratta de Mataron morse in prigione.Si fece spese di scudi 1600 senza le dotte e altre liberationi» (MB, c. 74r). Dagli atti pro-cessuali conservati nell’archivio parrocchiale risulta che venne processata e condannnataal rogo, previo lo strangolamento, anche una certa Elisabetta, vedova di Giovanni Ven-zoli, e che furono pure inquisiti due uomini, una bambina di 5 anni, due ragazzi di 11 e14 anni e una ragazza quindicenne (APG, docc. 1289-1305). Si vedano le voci gèri del’ada e sas de la strìa nell’inventario toponomastico.

(23) ANTONIOLI 1990, p. 774.(24) Furono quattro annate magre per il raccolto, distrutto o danneggiato da inonda-

zioni, brinate e nevicate fuori stagione. Più specificatamente la siccità del 1615, che portòa una vera carestia, e le inondazioni del 1616 e del 1618, che asportarono tutti i ponti daLe Prese a Sernio e che dilagarono per tutto il piano, misero a dura prova il paese e soprat-tutto quella parte vicina al Roasco dove andarono danneggiate le segherie e le officine.

(25) I cadaveri vennero sepolti in massima parte vicino al lazzaretto sito al Casì◊, lo-calità poi denominata Chèmp di mòort, altri in Val Tóof e altri ancora nei fondi vicini allacasa del decesso, come a Prai, Talòga, Prèda, Palinvèrn e sui maggenghi di Còsta(APG, doc. 917).

(26) Il cronista del manoscritto braidense riferisce il fatto in questi termini: «A mezo ilmese di novembre 1627 li molinari furono accordati fra di loro che volevano acressere limoltiroli di pigliar del grano di più del solito, e la communità non voleva consentire diquesto fatto, e si fece una vicinanza adi 9 Xbrio [dicembre] 1627 e fu elletto uno homoper cantone, over per contrada, al qual fu datto l’autorità con il suo giuramento di moverlite contra de loro molinari e far molini a nome de Comune, e facendo il bisogno privarli

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Finalmente nel 1639 si firmava il Capitolato di Milano che poneva fine a unaguerra nefasta. La Valtellina ritornava sotto i Grigioni con alcune clausole chetutelavano il culto cattolico. La comunità di Grosotto, pur fortemente ridimen-sionata come numero di abitanti e gravata dalle taglie e dai debiti accumulati,trovò comunque la forza per risollevarsi prontamente.

Nel 1641 l’arciprete di Mazzo Giuseppe Conti benediva la prima pietra dellachiesa di S. Martino nella contrada Maroni. Nel 1664 Federico Borromeo, nun-zio apostolico presso gli Svizzeri, consacrava il nuovo santuario della Madonnadelle Grazie. Nello stesso anno la parrocchia di Grosotto veniva staccata dallagiurisdizione di Mazzo e inserita, insieme alle parrocchie di Grosio, Frontale,Le Prese, Ravoledo e Sondalo, nel nuovo vicariato foraneo di Grosio. Il succes-sivo ricorso del capitolo e dell’arciprete di Mazzo fece sì che Grosotto ritornas-se però alle dipendenze dell’antica plebana.

Come segno del prestigio e dell’autorevolezza acquisiti dalla intera comuni-tà, nel 1690 la parrocchia veniva elevata alla dignità di prepositura e poco dopoil prevosto di Grosotto era insignito del titolo di vicario foraneo, titolo che sa-rebbe stato revocato nel 1885.

Fra il 1684 e il 1707 veniva completamente rifatta la chiesa di S. Eusebio.Agli statuti del 1591 seguì una nuova edizione nel 1739. Le condizioni del pae-se erano molto mutate, per cui fu necessaria una legislazione più confacente aitempi e agli interessi generali (27). Le nuove norme statutarie ebbero comunquevita breve. Con l’avvento della Rivoluzione Francese, nonostante si proclamas-se a gran voce liberté, egalité, fraternité, sarebbero infatti sparite le autonomiecomunali e i relativi statuti che le reggevano.

Nel 1797 la Valtellina entrava a far parte della Repubblica Cisalpina prima equindi aggregata al Regno Italico. Dopo il Congresso di Vienna (1815) venneassegnata all’Austria e unita al Regno Lombardo-Veneto.

Cancellati i vecchi ordinamenti e la secolare divisione in terzieri, vi fu unsusseguirsi di leggi e di normative che crearono un turbinio di cambiamenti an-che per quanto riguarda la ripartizione territoriale. Sintetizzando quanto riporta-to in nota, dal 1797 (annessione alla Repubblica Cisalpina) al 1815 (congressodi Vienna) il comune di Grossotto(28) si trovò così aggregato ora al distretto di

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de tutte le aque. Essendo loro spauriti, il giorno seguente vennero a far l’accordi di star inquello che si è fatto per il pasato e di più si contentò d’adoprar li moltiroli antichi e sianouna altra volta justati e che il Comune habbia un moltirolo justato con quelli delli molinari,e che li molinari puoi non pigli la moltura senza il patrone, o patrona, d’essa robba e dettimoltiroli si è datto di giustare in mano di mastro Matté Robustelli sloser [= fabbro], dettoSpagnolet» (MB, c. 79v). Il moltiròlo (dial. moltiröl) era un recipiente cilindrico a dogheper misurare il grano spettante al mugnaio per la molitura (dial. moltùra).

(27) Gli 82 capitoli presenti negli statuti del 1544, nel corso degli anni erano saliti a157. I nuovi capitoli, ridotti a 33, furono rogati a Tirano dal notaio Pietro FrancescoLantieri il 6 giugno 1739.

(28) Da notare la grafia con doppia -s- rimasta in uso fino ai primi decenni del secoloscorso ed etimologicamente più corretta. Sembra che la variazione da «Grossotto» a«Grosotto» sia stata decretata per differenziarlo dal toscano Grosseto.

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Tirano, ora a quello di Mazzo, ora a Bormio, ora a Sondrio, ora a Ponte. Nel1807, con il progetto che prevedeva la concentrazione dei comuni del diparti-mento dell’Adda, fu decretata la sua unione a Grosio e tale rimase fino al 1815.Da questo punto di vista i quarant’anni del governo austriaco furono certamentemeno travagliati. Nel 1816 Grosotto fu staccato dal comune di Grosio e aggre-gato al distretto di Tirano e tale rimase fino all’unità d’Italia(29). A partire dal1867 e fino alla sua soppressione avvenuta nel 1924, Grosotto fu anche sedemandamentale con pretura, uffici delle imposte e del catasto.

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(29) «In base al progetto di divisione in distretti della Valtellina e Bormio (1797), ilcomune di Grossotto sarebbe stato inserito nel distretto VIII con capoluogo Tirano. Nellaprima ripartizione del dipartimento dell’Adda e Oglio (legge 13 ventoso anno VI), il co-mune di Grossotto apparteneva al distretto di Mazzo. Con l’organizzazione del diparti-mento dell’Adda e Oglio (legge 11 vendemmiale anno VII), il comune Grossotto fucompreso nel distretto VIII di Bormio. Nell’assetto definitivo della Repubblica Cisalpi-na, determinato nel maggio del 1801 (legge 23 fiorile anno IX), Grossotto era uno deisettanta comuni che costituivano il distretto III di Sondrio del dipartimento del Lario.Nel nuovo piano di distrettuazione provvisoria del dipartimento del Lario, in esecuzionedel decreto 14 novembre 1802, il comune di Grossotto venne ricollocato nell’ VIII di-stretto dell’ex Valtellina con capoluogo Bormio, nel quale fu confermato, comune di IIIclasse, nel 1803. Con l’organizzazione del dipartimento dell’Adda nel Regno d’Italianel 1805, il comune di Grossotto venne ad appartenere al cantone IV di Bormio: comunedi III classe, contava 1300 abitanti. Il progetto per la concentrazione dei comuni del di-partimento dell’Adda, seguito al decreto 14 luglio 1807, prevedeva l’aggregazione diGrossotto con Grosio nel comune denominativo di Grosio, nel cantone IV di Bormio. Indata 11 dicembre 1807 fu trasmessa la richiesta di modifica della compartimentazioneterritoriale con il trasporto del comune di Grossotto dal cantone di Tirano a quello diPonte. A seguito dell’approvazione del compartimento (1809), fu eseguita la concentra-zione dei comuni, con decorrenza dal 1º gennaio 1810; tale comparto, confrontato conquello in corso nel 1796, fu rimesso il 23 agosto 1814 alla reggenza provvisoria del Re-gno d’Italia e fu confermato nel 1815, dopo l’assoggettamento del dipartimento dell’Ad-da al dominio della Casa d’Austria nel Regno Lombardo-Veneto: a quest’ultima data,Grossotto figurava (con 1300 abitanti) comune aggregato al comune principale di Gro-sio, nel cantone III di Tirano. In base alla compartimentazione territoriale del RegnoLombardo-Veneto e all’elenco riordinato dall’imperial regia delegazione provinciale,con l’attivazione dei comuni della provincia di Sondrio, nel 1816 il comune di Grossottofu inserito nel distretto III di Tirano. Nel 1844 Grossotto, comune con consiglio, fu con-fermato nel distretto III di Tirano in forza del successivo compartimento territoriale delleprovince lombarde. Nel 1853 Grossotto, comune con consiglio senza ufficio proprio econ una popolazione di 1764 abitanti, fu inserito nel distretto II di Tirano. In seguito al-l’unione temporanea delle province lombarde al Regno di Sardegna, in base al comparti-mento territoriale stabilito con la legge 23 ottobre 1859, il comune di Grossotto con 1924abitanti, retto da un consiglio di quindici membri e da una giunta di due membri, fu inclu-so nel mandamento VI di Tirano, circondario unico di Sondrio, provincia di Sondrio. Inbase alla legge sull’ordinamento comunale del 1865 il comune veniva amministrato da unsindaco, da una giunta e da un consiglio» (v. scheda relativa a Grosotto in CIVITA, Le isti-tuzioni storiche del territorio lombardo, sito internet Regione Lombardia).

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La popolazione e il territorio

Secondo una tradizione ancora viva, l’abitato di Grosotto in antico si trovavapiù a sud rispetto alla posizione attuale, in località Bagarì◊, e sarebbe stato sepol-to da una grande frana, ora coperta di vigne, causata dal torrente Arlate. Una pro-va di ciò si vuole scorgere nel toponimo Chè di (v)éc’ (Case dei vecchi) riferitoall’agglomerato posto all’estremità del paese, sopra la chiesa parrocchiale, checostituirebbe l’appendice dell’insediamento originario salvatosi da quella devasta-zione. Ampiamente nota e documentata è invece la struttura del paese in epocatardomedievale(30). Come si è già accennato, nel 1544 il comune risultava suddi-viso in cinque contrade: cantone Inferiore (poi Fanoga), cantone del Bui (poi Ro-bustelli), cantone di Mezzo, cantone Superiore (poi Lugo) e cantone dei Monti.

Il cantone Inferiore, denominato Fanoga già negli statuti del 1591, si estendevatra la parte inferiore della via Robustelli e il tratto di via Molini, dal «trivio delponte» fino al nucleo di case attorno al santuario(31). Il cantone del Bui o Robustel-li comprendeva la parte superiore dell’attuale via Robustelli, il tratto di via Patriotifino al Laatòri e Ros’cèra. Il cantone di Mezzo era situato tra il cantone Superioree quello Inferiore e si estendeva dall’imbocco di via Roveschiera fino a San Ròch.Il cantone Superiore, attraversato dall’attuale via Lugo, era compreso tra Ros’cèra,il cantone dei Monti e il cantone di Mezzo. Il cantone dei Monti, a SO del paese,era il più esteso e comprendeva la zona di San Ròch, i Chè di (v)éc’, Camodèst,Piaza, Maroni (Samartì◊), Campèl, Chè de la Cuna, Roncàl e Prèda.

Da quanto si è appena detto emerge chiaramente come la popolazione diGrosotto, ora confluita in massima parte nel centro del borgo, in passato risie-desse stabilmente anche nei numerosi nuclei a monte dell’abitato principale.Nell’epoca di maggior espansione, queste piccole comunità, aggregate attornoalle chiese di Roncale, di S. Martino e di S. Sebastiano, rivendicarono forme digestione autonoma nei confronti del comune e della parrocchia, ma la loro mo-desta dimensione le configurò sempre come piccole contrade piuttosto che veree proprie frazioni. Il doppio cognome che caratterizza l’onomastica grosottinatestimonia ancor oggi la provenienza di molte famiglie da queste località perife-riche. A titolo esemplificativo si possono segnalare i Da Prada, i De Maron, iDe Campello (ora estinti), i De Piazza, i Robustelli Della Cuna e i Sala Peup.

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(30) «Il cuore dell’abitato, nonostante alcune recenti manomissioni, conserva tuttorale caratteristiche antiche. Oltre alla cappella barocca di S. Rocco e al settecentesco orato-rio del Crocifisso, lungo la strada principale si notano case e palazzetti con eleganti por-tali in pietra, artistiche inferriate, cortili interni involtati e lastricati e si incontrano pitto-resche fontane-lavatoio con ampie vasche coperte da tettoie» (ROBUSTELLINI, p. 3). Pur-troppo negli interventi di ammodernamento del centro storico sono state eliminate alcu-ne tipiche aperture delle vecchie botteghe a L rovesciata che si aprivano sulla via Patrio-ti. Alcuni esempi delle stesse sono ancora visibili nei pressi della casa parrocchiale, inPiazzetta e in via Lugo, all’imbocco di via Roveschiera.

(31) La cronaca locale registra che nel 1566 «l’Ada muttò il letto e menò via li molinide mastro Gio. Matté Spagnoletto e una parte del canton di dentro, cioè la parte di sottola strada» (MB, c. 73r).

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L’omogeneità sostanziale che si riscontra negli usi, nei costumi e nella parla-ta attuale in passato non doveva essere tale. Come si è rilevato anche in ambitoprovinciale, esistevano certamente peculiarità che contraddistinguevano i nucleipiù isolati dai centri del fondovalle. Di tutto questo restano labili tracce che tut-tavia meritano di essere ricordate.

Il nucleo che ha mantenuto più a lungo una propria identità è stato quello diRoncale. I suoi abitanti, chiamati Roncalées, hanno conservato, fino a pocotempo fa, un dialetto con particolari forme arcaiche, ad esempio l’uso di: bendì-na «man mano», baltrésca e palòbia «soppalco e ballatoio in legno di edificiorurale», purìsa «adesso», purisàscia «da un bel momento», a sén «adagio», lafè su, «fin su», la fè gió «fin giù», fornìi «finire», vièe «invidiabile, fortunato».Essi erano soprannominati strión de Roncàl, forse perché alcune delle donne diGrosotto, processate nel 1595 come streghe, provenivano appunto da Roncale, oforse perchè molte erano le credenze popolari legate a fenomeni di stregoneriache circolavano in quella località. Le persone più anziane ricordano ancora alSas de la strìa nei pressi di quella contrada. Una reminiscenza di tali superstizio-ni sopravvive anche in altri toponomi come Magàt e Maghèda. L’eccessiva riser-vatezza e diffidenza dei Grosottini aveva pure colpito il perticatore Apollonio diEdolo, detto Fortuna, che nella sua relazione del 1621 così li definiva: «di belsangue, ma ordinariamente simulatori, ingannatori; se odiano tra di loro, nemicide forastieri, tutti all’oposito de quelli de Grossio, salvi però qualche particolaribuoni, ma ordinariamente come ho detto; assai strigoni e streghe»(32).

Circa l’andamento anagrafico della popolazione e la sua distribuzione sulterritorio, la documentazione consultata ci fornisce i seguenti dati: nel 1589Grosotto contava 370 fuochi (famiglie) corrispondenti a cira 2000 persone(33).Dalla relazione della visita pastorale del vescovo Sisto Carcano sappiamo chenel 1624 gli abitanti erano 1863(34). Seguì il periodo delle pestilenze (1630-1636) con un calo rilevante della popolazione. Le conseguenze di questo flagel-lo si riscontravano ancora nel 1797 con soli 1321 abitanti(35). Grosotto si ridi-mensionava ulteriormente nei primi anni del 1800. Se prestiamo fede alle stati-stiche ufficiali, nel 1807 gli abitanti complessivi erano calati a 1059 e risultavanocosì distribuiti: Grosotto (856), Prada (18), San Martino (50), Roncale (90),Piazza (45)(36). Ne seguì un periodo di prosperità tale da favorire il raddoppiodella popolazione nell’arco di cinquant’anni. Al primo censimento demograficodopo la costituzione del Regno d’Italia, nel 1861, il comune contava 2061 abi-tanti. Tale numero crebbe progressivamente fino a raggiungere il massimo di2404 al censimento del 1911. I censimenti successivi danno i seguenti dati: 2344(1921), 2148 (1931), 2247 (1936), 2289 (1951), 2238 (1961), 2117 (1971)(37).

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(32) MASSERA 1976, p. 16.(33) NINGUARDA, p. 126.(34) PEROTTI, p. 142.(35) MASSERA 1991, p. 258.(36) CIVITA, Le istituzioni…, sito internet Regione Lombardia.(37) RASSEGNA, p. V.

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Negli ultimi trent’anni si è registrata una progressiva diminuzione della popola-zione, tanto che al censimento del 2001 gli abitanti erano 1695 e al 31 dicembre2005 risultavano essere 1637.

L’emigrazione

L’andamento demografico appena evidenziato è stato pesantemente condi-zionato dalle pestilenze, dalle carestie e dalle guerre ma un ruolo, ovviamentemeno traumatico, fu svolto anche dai continui flussi migratori. Essi costituironoinfatti un’importante valvola di sfogo quando la crescente pressione demografi-ca contrastava con le scarse risorse offerte dal territorio.

A partire dal XVI secolo tutto il territorio della provincia di Sondrio fu inte-ressato, sebbene in maniera non omogenea, da una corrente migratoria che ebbecome apice i massicci esodi transoceanici della seconda metà del 1800 e dei pri-mi decenni del 1900, concomitanti con la crisi della viticultura e della bachicul-tura locale. Il fenomeno migratorio assunse connotazioni diverse da zona a zo-na, non solo per l’intensità dei flussi o per le direttrici preferite dalle singole co-munità, ma anche per le attività e le specializzazioni esercitate e per le formeorganizzative adottate dai singoli gruppi. Oltre alle implicanze di natura econo-mica e sociale, l’emigrazione contribuì ad arricchire anche il patrimonio artisti-co dei paesi d’origine(38). Per quanto riguarda il territorio di Grosotto, non es-sendo mai stata effettuata una ricerca specifica in questo settore, dobbiamo affi-darci agli spunti emersi nel corso del regesto dei documenti conservati pressol’archivio parrocchiale.

Anche qui il fenomeno migratorio inizia, in modo sporadico, verso la metàdel Cinquecento per intensificarsi in modo considerevole nel corso del XVII edel XVIII secolo (39).

La direttrice prevalente degli emigranti grosottini era costituita dai territoridello Stato di S. Marco, scelta favorita dalla prossimità del valico del Mortirolo,ma soprattutto dagli accordi politici fra Venezia e il governo grigione. L’11 apri-le 1592 Giacomo Robustelli, abitante «pro carpentario» a Vicenza, vende lametà di una casa con porzione di orto e corte sita in Grosotto, in contrata Ta-bernola(40). Nel 1602 Lorenzo fu Martino Cabona di Grosotto, abitante a Vi-cenza, lascia per testamento una cospicua somma alla chiesa della B. Vergine

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(38) ANTONIOLI 2002, pp. 89-95. Si veda anche G. ANTONIOLI, Storie di emigrazionein Alta Valtellina, in «Bollettino Storico Alta Valtellina», 3 (2000), pp. 157-216.

(39) Nel 1555 un certo Martino fu Martino del Bordella di Grosotto, abitante a Cre-mona, dà in affitto a Giacomo fu Matteo Robustelli un campo in Valare. Nel 1651 Vesi-no Stoppani, erede con i fratelli di Maria Landolfi di Grosotto, residente a Roma, rilasciauna quietanza di pagamento ai canepari del santuario della B.V. delle Grazie (APG,docc. 1019 e 439).

(40) RPG, n. 203.

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delle Grazie e ai poveri del comune(41). Il 14 dicembre 1623 un Giacomo Stop-pani, «calegaro», egli pure residente a Vicenza, è garante dell’identità del com-paesano Giacomo fu Zane Tuana, venditore a ser Vesino Stoppani di un prato edi una càneva in comune di Grosotto, territorio di Voltolina(42). Dal 1640 al1670 un Francesco Stoppani fu al servizio dapprima del conte Pier Paolo Bissa-ri di Vicenza e poi del nobile Giovanni Sagredo di Venezia(43). Nel 1729 i Gro-sottini, facchini nella città di Venezia, contribuivano all’acquisto dell’oro per ladoratura della cassa dell’organo del santuario con le offerte raccolte «nella ca-sella della Madonna di Grosotto»(44). Fra gli arredi della parrocchiale si conser-va la coperta di un messale in cuoio decorato con fregi e medaglione centrale inlamina argentea con la scritta: FU FATTO D’ELEMOSINE DALLI ABITANTIIN VENEZIA / ANNO 1753(45). Nel 1741 il doge Alvise Pisani autenticava laprocura rilasciata da Domenico Sala a suo fratello Giovanni(46).

Nel 1770 Giuseppe Tommasi di Poschiavo, ma abitante a Brescia, esercitante laprofessione di calzolaio, vendeva ad Antonio fu Bernardo Sala di Grosotto una bot-tega con annessa abitazione in Brescia, in contrada Torre Longa, al prezzo di lire1400(47). Nel 1816 Remigio fu Bernardo Merri di Grosotto, abitante a Romano interritorio bergamasco, cedeva a Matteo Imperial una vigna al Vastaggio (48).

Il Quadrio segnala fra i personaggi originari di Grosotto anche Antonio MariaVenosta laureatosi in medicina e in discipline umanistiche a Bologna. Autore di nu-merosi trattati scientifici e letterari, fu maestro di belle lettere nelle Scuole Palatine diMilano ove nel 1552 ebbe come discepolo il celebre medico Ludovico Settala. Tra-sferitosi a Trieste, trascorse il resto della sua vita «esercitando la medicina liberamen-te e quietamente, e con lode, con una sceltissima ed ottima moglie vivendo»(49).

Ma la meta degli emigranti grosottini non era costituita solo da Venezia e daisuoi territori, anzi, se dobbiamo prestar fede a una cronaca secentesca, essi era-no «muratori de Alemagna nel paese del Palatino»(50).

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(41) APG, doc. 356.(42) RPG, n. 373.(43) DA PRADA 1992, pp. 161-184.(44) APG, Libro dei conti del santuario, vol. IV, 1690-1743.(45) ANTONIOLI 2002, p. 410.(46) APG, doc. 1055.(47) APG, doc. 1260. In un manoscritto del tempo si legge che questo Antonio Sala,

«uomo facoltoso, oriondo e nativo di Grossotto, fratello di Steffano Sala Converso dettoConsolino», lasciò al santuario della Madonna delle Grazie un capitale di duemila scudi(APG, Manoscritto Omodei, c. 25r).

(48) APG, doc. 1265.(49) QUADRIO, III, p. 415.(50) MASSERA 1976, p. 16. Una panoramica succinta, ma significativa, di quanto fosse

intensa l’emigrazione nella pieve di Mazzo nei primi decenni del 1600 ci viene offertadalla relazione redatta da Apollonio detto Fortuna di Edolo che nel 1620 operava come«perticatore» (agrimensore) per redigere l’estimo del comune di Grosio.

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Dunque i muratori di Grosotto si dirigevano anche verso l’Austria e le regio-ni tedesche della Baviera e del Palatinato. L’11 dicembre 1562 il mastro mura-rio Antonio fu Martino Togno Stoppani di Grosotto, abitante «apud Allemanos»nella città di Stain Adenman, ducato di Magonza, vende al fratello Togno alcunibeni siti in territorio di Grosotto(51). Il 29 dicembre 1564 Orsina Mitta vende uncampo in Grosotto dove si dice in Nisciolera, acquistato in precedenza con isoldi del marito Stefano di Togno Cafera Robustelli guadagnati «in partibusAlemanorum»(52). Il 13 febbraio 1609 Bartolomeo Alberti di Bormio, procura-tore di Elisabetta Polini di Grosotto, abitante nella città di Tuscia Regia (Boe-mia), vende un campo sito in Grosotto a Venedria (53). Nel 1653 gli eredi diMartino Scala, originario di Grosotto, che in terra tedesca aveva mutato il co-gnome in Stigler, già capomastro nella città di Escelcom, giurisdizione di Strau-bing e ducato di Baviera, delegavano Cristoforo Andolfi all’amministrazionedei loro beni in Grosotto(54).

Gli emigranti verso questi territori di lingua tedesca ebbero dei punti di rife-rimento importanti potendo contare, almeno inizialmente, su alcune notevolipersonalità ecclesiastiche che avevano saputo far valere indubbie qualità cultu-rali e pastorali. Ricordiamo, ad esempio, le figure eminenti dei Grosottini Anto-nio Venosta, domenicano, dall’oratoria chiara e impetuosa, noto agli storici conl’appellativo di «il Grosotto». Già docente di teologia presso l’università diVienna, intervenne con due famose requisitorie al concilio di Trento nel1562(55). Ricordiamo pure il barnabita Venosto Venosta (1585-1628) il quale,dopo gli studi umanistici a Monaco di Baviera, fu parroco della chiesa di S. Mi-chele a Vienna(56), e Giovanni Tuana, vescovo di Neustadt (Austria) dal 1639 al1666(57). La consuetudine dei Grosottini di perfezionare i loro studi in terra au-striaca perdurò anche nel corso del Settecento. A tale proposito è da ricordare lapermanenza di Giovanni Matteo Venzoli presso il collegio di S. Barbara a Vien-na, il quale negli anni dal 1712 al 1719 frequentò i corsi universitari di fisica, fi-losofia, teologia, dogmatica, morale ed eloquenza(58).

Fra i Grosottini emigrati merita di essere segnalato, quantomeno per la sin-golarità della professione esercitata, il liutaio Giovanni Martino Cabona (Robu-

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(51) RPG, n. 124.(52) RPG, n. 130.(53) RPG, n. 302.(54) APG, doc. 1169.(55) Si veda: QUADRIO, III, p. 227; NINGUARDA, p. XIX. Per altre notizie sul personag-

gio si veda P. PRODI, Antonio da Grosupto (da Grosutto), in Dizionario biografico degliItaliani, III, Roma 1961, pp. 551-552.

(56) Il Quadrio (QUADRIO, III, pp. 218-219) lo dice originario di Grosotto, mentre ilmenologio dei Barnabiti lo dà nativo di Grosio (L. LEVATI, V. COLCIAGO, Menologio deiBarnabiti, XI, Genova 1938, pp. 405-408).

(57) QUADRIO, III, pp. 275-276. Si veda anche GROSOTTO 1969, pp. 24-30.(58) APG, docc. 925-936. Per notizie sul Venzoli si veda GROSOTTO 1968, p. 15 (da

rettificare: nacque il 6 novembre 1691, invece di «verso il 1699»).

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stelli), il quale dopo aver esercitato la professione in Milano si trasferì a Trentodove morì nel 1580(59).

Nella prima metà del 1800, a motivo anche dei mutamenti politici, l’emigra-zione risulterà notevolmente affievolita e riprenderà vigore solo a partire dal1860 con caratteristiche e mete ben diverse come l’Australia, le Americhe, il vi-cino Canton Grigione, il Comasco e la Brianza.

Il recente sviluppo dell’area artigianale e industriale ha offerto fonti di reddi-to e sbocchi occupazionali tali da rendere marginale il flusso stagionale verso laSvizzera.

Aspetti economici e ambientali

Come si è già accennato, il fenomeno migratorio non ha influito solo sull’an-damento anagrafico della popolazione, ma ha fornito un apporto considerevole al-lo sviluppo dell’economia locale. Le rimesse degli emigranti hanno sempre inte-grato i redditi che venivano dall’attività agricola e silvo-pastorale. Lo sfruttamen-to di queste risorse naturali ha costituito fino a cinquant’anni fa la fonte di sosten-tamento principale dei Grosottini. Gli aspetti ambientali del borgo risultano mira-bilmente descritti in un latino fluente dalla penna di Giovanni Tuana, che non hamancato di aggiungere nella sua illustrazione qualche giustificato slancio patriot-tico. Per una più facile comprensione se ne ripropone la traduzione sebbene lastessa non renda pienamente la bellezza del testo originale: «Grosotto, il più gros-so dei paesi della pieve di Mazzo, conta millecinquecento abitanti; per vivacità diingegno, per salubrità del clima, per purezza di acque non è secondo a nessuno; inparticolare c’è abbondanza di vino, ma non dappertutto buono. Possiede inoltreuna campagna ampia e fertile, ma ridotta assai dalle inondazioni dell’Adda; sullamontagna vi sono non spregevoli castagneti, i maggenghi sono vastissimi e dol-cissimi. Il paese è addossato a una rupe aspra e altissima, rivestita di folti vigneti.Il fiume che strepita presso il paese, specialmente quando folleggia per le pioggeestive, turba la serenità del luogo, che sarebbe ancor più terribilmente inondato seogni anno non fossero opposti a quella furia argini ottenuti col drenaggio del letto.È disturbato da una roggia(60) che scende dalla sommità della montagna e spu-meggia contro le abitazioni ad occidente e contro la chiesa [di S. Eusebio]»(61).

Se la descrizione del Tuana presenta un panorama ambientale sostanzialmen-te poco variato, il regime di vita, perpetuatosi per secoli, è invece decisamente

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(59) LUNELLI, pp. 167-169. Nell’inventario dei beni lasciati dal Cabona in eredità allafiglia Lucrezia, figura un elenco di liuti, chitarre e altri strumenti musicali presenti nellasua bottega.

(60) La roggia in discorso corrisponde palesemente al Rongiàl.(61) TUANA, pp. 123-124. L’erudito ecclesiastico, originario di Grosotto, fu forbito la-

tinista e arciprete di Mazzo. Nonostante fosse pienamente consapevole dei rischi checorreva, prestò esemplare assistenza ai suoi parrocchiani affetti dal contagio morendoegli stesso di peste nel 1636.

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mutato dopo la metà del secolo scorso in concomitanza con il declino dell’atti-vità agricola(62).

Gli articolati terrazzamenti ricordati dal Tuana, che si estendono tutt’oggisul versante retico dal fondovalle al limite del castagneto, sono ormai in granparte abbandonati, ma fino a pochi decenni or sono erano intensamente coltiva-ti a vigneto. L’abbondante produzione vinicola di Grosotto e la sua scarsa gra-dazione viene così menzionata dal già citato perticatore di Edolo nella sua cro-naca: «Fanno vini assai benché legeri, che si dice, quando nasce un putta: femi-ne e vin de Grossotto meglio che niente»(63). Il vino locale, trovandoci al limitevegetativo della vite, difettava in qualità, ma tale carenza era compensata dallagrande quantità prodotta che consentiva lo smercio delle eccedenze nei paesi vi-cini fornendo un’entrata non secondaria. In passato l’approvvigionamento delvino era considerato una delle maggiori uscite per l’economia familiare essen-zialmente autarchica e questo concetto risulta ben sintetizzato nella lapidariasentenza grosina che dice: famèa vinäda l’è meza spesäda, «la famiglia provvi-sta di vino risparmia metà della spesa».

I seminativi, situati prevalentemente sul fondovalle, erano divisi, in rapportoalla loro posizione rispetto all’abitato, in Coltùra zót e Coltùra dint. La feracitàdel suolo e una felice esposizione favoriva una produzione cerealicola in gradodi coprire il fabbisogno locale. La molitura avveniva nei numerosi mulini chefiancheggiavano l’omonima «róngia» derivata dal Roasco(64). La stessa forzaidraulica azionava anche fucine e segherie.

Su ambo i versanti, al di sopra dei terrazzamenti coltivati a seminativo e a vi-gneto, si estendeva il castagneto. Il prodotto, di buona qualità, integrava l’ali-mentazione degli abitanti e serviva anche per l’ingrasso dei suini. Le castagneche non venivano consumate fresche venivano essiccate con due procedimenti:l’appassimento sul metato (l’agrèe) e la cottura al forno. La seconda modalità,tipicamente grosottina, avveniva in forni particolari, come al fórn di bescöc’ diBòr. Le castagne così trattate, dette bescöc’ «bis-cotte», conservavano fragranzae morbidezza per tutto l’inverno.

Oltre il castagneto fra i boschi di aghifoglie occhieggiano numerosi maggen-ghi, un tempo estremamente curati, e più in alto gli alpeggi e i pascoli(65). Intempi più favorevoli, gli alpeggi comunali di Piana e di Guinzana potevano ca-

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(62) I ritmi di vita che hanno preceduto questa vera e propria rivoluzione culturale sonostati ben illustrati in una recente pubblicazione curata dal Gruppo Anziani di Grosotto. Siveda W. MARCONI, M. OSMETTI, L. SALA DELLA CUNA, A. SALIGARI, Vita contadina e ali-mentazione a Grosotto tra le due guerre mondiali. Ricordi e testimonianze, Sondrio 2003.

(63) MASSERA 1976, p. 16. Il proverbio citato è più conosciuto e suona anche megliocome rima e ritmo nella versione dialettale: i fémmi e ’l vin de Grosót i é méi che negót.

(64) Secondo una statistica di fine ’800, in Grosotto si contavano ancora dieci mulinifunzionanti (BASSI, p. 78).

(65) A seguito della massiccia emigrazione avvenuta nel corso del 1900 molti deimaggenghi sulle falde del Mortirolo e in zona Presàsci in Valgrosina sono stati acquista-ti dai Grosini.

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ricare complessivamente fino a 300 bovini e 1300 ovini. La cronaca locale se-gnala che nel 1507 fu costruita la strada dell’alpe di Guinzana e nel 1539 quelladelle Sopiane(66). Per quanto riguarda l’alpe di Guinzana importa notare che es-sa apparteneva al vescovo di Como e che il Comune di Grosotto ne era stato in-vestito nel 1452, nel 1488 e ancora nel 1528, con l’onere di corrispondere al ga-staldo del vescovo un affitto annuo di 2 soldi(67). In precedenza questo bene ve-scovile era stato dato in concessione ai frati di S. Remigio e di S. Perpetua inTirano insieme con altri alpeggi della Valgrosina(68).

Nella valle un tempo doveva abbondare anche la selvaggina e, a titolo di cu-riosità, possimo segnalare che fra Guinzana e Presacce, alla fine del 1800, furo-no avvistati e abbattuti due degli ultimi orsi presenti in Valtellina(69).

Nei primi decenni del 1800 ebbe inizio l’allevamento del baco da seta. L’in-troduzione di questa nuova coltura si deve a Ferdinando de’ Consoni, padre delpiù illustre Taddeo, il quale nel 1816, nonostante lo scetticismo della popolazio-ne locale, iniziò la piantumazione di gelsi nei suoi poderi. I positivi risultati ot-tenuti dal coraggioso pioniere fecero sì che tale pratica si diffondesse rapida-mente tra i Grosottini in modo tale da giustificare anche l’apertura di una filan-da, poi detta di Mónech. Si ha infatti notizia che a metà di detto secolo il redditoderivante dalla vendita dei bozzoli superasse perfino quello dell’allevamentodel bestiame(70).

Fra le altre risorse locali, i documenti attestano l’esistenza di tre cave di pie-tra che servirono sia per la costruzione delle chiese sia per l’edilizia civile. In

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(66) MB, cc. 71r e 72r.(67) ASDCo, fondo Investiture feudali. Il reperimento delle investiture riguardanti

l’alpe di Guinzana si deve a don Giovanni Da Prada (†1997), appassionato cultore distoria valtellinese.

(68) La chiesa di S. Remigio era proprietaria dell’alpe Trevesina sul versante poschia-vino e i pascoli della Valgrosina risultavano estremamente comodi da raggiungere attra-verso numerosi passi. In base alla documentazione pervenuta, la comunità di quell’ospi-zio affittò nel 1309 l’alpe di Sacco, nel 1314 le alpi di Guinzana (Coinzana) e Malgherae nel 1370 nuovamente l’alpe di Malghera (Archivio Storico del Santuario della Madon-na di Tirano, docc. 427, 448, 585).

(69) Per gli amanti della caccia si riporta la segnalazione pubblicata su «La Provin-cia» del 16 ottobre 1886: «Questa volta l’orso è comparso in comune di Grossotto, e fuvisto nella località di Presaccia e Guinzana. Indispettito forse dal non essergli state fattefestose accoglienze, il permaloso quadrupede se ne andò senza lasciare biglietto di visita,anzi se ne portò via alcune capre: motivo per cui, quei buoni terrazzani pensando che po-co su poco giù queste visite verrebbero a costare loro quasi come quella d’un qualunqueGenala [sic] che giri per l’Italia meridionale, si rivolsero alla Prefettura domandando unpermesso straordinario di caccia, permesso che fu accordato ai sette coraggiosi che sisentono in forza da tentare l’impresa di sbarazzare il paese da uno dei tanti… che man-giano». E ancora sul periodico «Pro Valtellina» del settembre 1910, nell’articolo titolatoGli ultimi orsi, si ricordava che pochi anni prima tre o quattro alpini di Grosotto, appenacongedati, avevano abbattuto un plantigrado e che la vendita dello stesso a un macellaiodi Sondrio aveva fruttato loro la bella somma di 300 lire.

(70) GIUCCI-DE RIBAS, pp. 24-25, nota 22.

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Valgrosina in località Campöi, a monte dei Duèri alti, si estraeva il marmo e gliscarti della lavorazione venivano trasformati in calce. La fornace, realizzata al-l’epoca della costruzione del santuario, è tuttora nota come la Calchèra de laMadòna. Si è invece persa memoria di un’altra fornace da calce situata sul latosinistro dell’Adda a valle di Piazés. Fra questa località e Iròla emerge una rupedenominata Crap convèers. Essa è costituita da clorite scistosa, più comune-mente nota come pietra verde. La cava fu attiva fino ai primi decenni del 1800 efu riaperta nel 1933-34 in occasione della costruzione del Palazzo del Governoa Sondrio(71). Nell’inventario dei toponimi si menziona anche un’altra cava dipietra verde, situata tra Nedrìn e Chegalóof, utilizzata da quei di Grosio per ab-bellire la chiesa parrocchiale di S. Giuseppe e il campanile(72).

Fra i prodotti tipici che rappresentavano la Valtellina all’Esposizione italianatenutasi in Milano nel 1881, il giornalista Giovanni Robustelli elogiava il liquo-re «Stelvio» prodotto a Grosotto da un certo Pini. Egli così chiudeva la pubbli-cità di questo miracoloso liquore: «Con un bicchierino di Stelvio in corpo, l’al-pinista, questo bipede vertebrato e armato di alpenstok, fila dodici chilometri al-l’ora. Non c’è male. Camminano più adagio i treni sulle linee ferroviarie valtel-linesi»(73).

A partire dagli inizi del Novecento si cominciò a sfruttare la forza idraulicaper la produzione di energia elettrica e la centrale di Grosotto «Giuseppe Pon-zio», realizzata dalla AEM di Milano negli anni 1908-10, costituisce un bel-l’esempio di architettura industriale in stile Liberty(74). Ciò ha favorito lo svi-luppo artigianale e industriale della zona che ha avuto, specie negli ultimi de-cenni, un notevole incremento nei settori farmaceutico e alimentare. Il benes-sere che si è venuto creando ha incentivato lo sviluppo edilizio e il recuperodelle strutture rurali, non più adibite all’attività agricola, ma come residenzesecondarie.

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(71) L’architetto Giovanni Muzio, che progettò il Palazzo del Governo a Sondrio,volle utilizzare per la costruzione e la decorazione le pietre ornamentali presenti nellatradizione dell’edilizia locale. A tal fine la ditta Clerici e Malnati di Sondrio riaprì la ca-va del Crap convèers e lastre di pietra verde, provenienti da Grosotto, furono impiegateper il rivestimento del portico.

(72) APGr, Libri mastri della chiesa di S. Giuseppe (1645-1714).(73) ROBUSTELLI, p. 68.(74) L’effetto architettonico della costruzione è tutto giocato sulla giustapposizione

fra struttura architettonica geometrico-lineare e una decorazione che imprime luce e mo-vimento alla facciata. Gli archi dei finestroni sembrano svolgersi entro una cornice pun-tiforme che pare fatta di piccole lampadine accese, come nel fregio in alto che correlungo tutto l’edificio. Si tratta di un gioco decorativo ricco di valenze simboliche, allusi-vo alla luce prodotta elettricamente e la decorazione a frecce direzionali che si dipartonoin alto e in basso allude al trasporto dell’energia elettrica che si dirama dalla centrale.

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Inquadramento geografico

Il comune di Grosotto si estende su un’area di 5305 ettari (Kmq 53,05), col-locandosi così, relativamente alla superficie, al diciassettesimo posto tra i co-muni della provincia di Sondrio. La quota più elevata è a metri 2840 (Scima deSasumèer) e quella minima a circa metri 565, sul fondovalle, nell’alveo del-l’Adda al confine con Mazzo.

Il 12,2% del territorio (pari a ha 645) si trova a quota inferiore e fino a 1000metri; il 17% (ha 900) a quote oltre i 1000 e fino ai 1500 metri; il 24,7% (ha1310) a quote sopra i 1500 e fino ai 2000 metri; il restante 46,1% (ha 2450) aquote superiori ai 2000 metri. Nel 1965, prima del declino dell’agricoltura edell’espansione edilizia, 74 ettari erano adibiti a coltivazioni erbacee avvicenda-te, 63 a vigneto, 4 a frutteto, 563 a prati (di cui 60 irrigui), 2603 a pascolo,1368 a bosco (di cui 56 a castagneto), 630 ad altre utilizzazioni(75).

Il territorio comunale si sviluppa in massima parte sul versante retico conampia penetrazione nel ramo occidentale della Valgrosina mentre, sul fianco si-nistro dell’Adda, si insinua, con un’appendice larga poco più di 2 km, fra i co-muni di Grosio e di Mazzo fino a giungere a toccare lo spartiacque con il comu-ne di Monno in provincia di Brescia.

Più in dettaglio, partendo dal versante orobico lungo il confine con Grosio, lalinea di demarcazione scende dallo spartiacque fino al fondovalle per linee tec-niche pressoché rettilinee, salvo due piccole deviazioni tra i 1300 e i 1100 metriin località Fontana. Attraversata l’Adda, scavalca il dosso dei castelli dividendol’abside della chiesetta dei Ss. Faustino e Giovita e penetra in Valgrosina. Risalequindi il corso del torrente fino alla biforcazione della valle e si inoltra lungo ilramo occidentale del Roasco fin poco oltre Barbìis. Da qui piega verso sud-ovest dividendo per linea retta la dorsale che separa la valle di Pedruna, appar-tenente a Grosio, dalla val Guinzana e si innalza a toccare la Punta Trevesina(m 2822). Ricalcando il confine di Stato, da questa sommità la linea piega a sudseguendo la cresta fin sopra la conca dei laghi di Schiazzera. Da qui piega nuo-vamente a est, per un breve tratto confina con Vervio e quindi, a monte di Cam-piano, entra in contatto con Mazzo. Dopo aver diviso il Dosso Arlate si incanalanel solco tracciato dalla valle Cornìn e, transitando tra Prada e Calunghe (Maz-zo), valica l’Adda. Risale infine lungo la valle di Buglio toccando Biorca (q.1552) e giungendo, per linea retta, alla cresta sommitale su cui passa il confinecon la Valcamonica.

A partire dall’epoca medievale i limiti territoriali non hanno subito rilevantivariazioni, tuttavia sono stati spesso motivo di contese con i comuni limitrofi diGrosio e di Mazzo specialmente in quei tratti dove il confine corre per linee tec-niche e non naturali. Tali diatribe sono tramandate più dalle leggende e dai ri-cordi degli anziani che dalla documentazione conservata fino ai nostri giorni.

È quanto meno strano che dalla presumibile data di fondazione dei comunirurali di Grosio, Grosotto e Mazzo trascorrano due secoli senza contestazioni

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(75) RASSEGNA, pp. I-III.

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confinarie. Dobbiamo quindi supporre o l’esistenza di un tacito accordo circa losfruttamento del territorio in base alle antiche consuetudini che hanno precedutole istituzioni comunali, oppure che eventuali documenti siano andati perduti.Pur nella incompletezza dei riscontri archivistici si possono desumere le se-guenti notizie. Il primo arbitrato tra Grosotto e Grosio, del quale si abbia noti-zia, risale al 24 agosto 1435(76). In tale data i sindaci dei rispettivi comuni com-promettevano la contesa sorta in merito ai confini delle alpi di Campofinale,Quinzana, Malghera e Pedruna nelle mani degli arbitri Zuffardino figlio dello«spectabilis militis» Stefano Quadrio di Ponte, abitante a Tirano, Simone fu Ol-derico Venosta, abitante a Grosotto, Gaspare fu Artuico Venosta, abitante sulDosso di Bellaguarda, e Gabriele fu Marchese Venosta di Grosotto. Le parti siimpegnavano ad accettare e a rispettare la sentenza sotto pena di 100 fiorinid’oro e di 32 soldi imperiali «pro quolibet slozino»(77) che venisse abusiva-mente caricato sugli alpeggi appartenenti all’altro comune. Il lodo, rogato dalnotaio Giovanni de Nivola, fu pronunciato il 30 maggio 1436(78) e, pur non co-noscendo il contenuto di questo documento andato perduto, sappiamo che vennetotalmente riconfermato nella divisione effettuata nel 1540. Questo atto risulta diparticolare importanza perché in tale occasione si compì una revisone totale deiconfini e i limiti territoriali allora posti corrispondono, salvo marginali rettifi-che, a quelli odierni. Dapprima vi furono le assemblee delle due comunità per lanomina degli arbitri(79), quindi il 4 novembre 1540 fu pronunciato il lodo. Gli

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(76) ASCGr, doc. 948.(77) Lo sluzìn è una slitta, più corta rispetto alla sloza, che veniva utilizzata per il tra-

sporto su terreni innevati o privi di carrareccia (DEG, pp. 813 e 815).(78) Nell’inventario dei toponimi grosini è annotato quanto segue: «Sembrerebbe di

dover porre in questo contesto quanto tramandato oralmente e cioè che il confine corres-se lungo le rive del Riàsc de Pedrùna dividendo pertanto in due l’omonima alpe. Sembrache i Grosini avessero pattuito di acquisire anche il versante grosottino di detto alpeggioin cambio di un carro di formaggi (semùdi) e che, portato a destinazione il carico, quellidi Grosotto si fossero accorti tardivamente che i formaggi erano immangiabili. Non si saquanto di vero ci sia in questa storia; sta di fatto che ancora oggi i Grosottini sono chia-mati scherzosamente: màia sémùdi märsci» (IT 14, p. 12, nota 24). Ora la rivalità fra idue comuni si è notevolmente affievolita, tuttavia in tema di epiteti, segnaliamo percompletezza che a loro volta gli abitanti di Grosotto motteggiano i Grosini chiamandolimàa ròz. L’appellativo sembra sia stato generato da una burla avvenuta nel 1819 quandofu smerciato ai vicini un ronzino (ròz) morto da più giorni (A. MARTINELLI, Il cavallomorto, in GROSOTTO 1969, pp. 69-74).

(79) ASCGr, doc. 1224. Il 17 ottobre 1540, alla presenza del decano Giacomo fu Ber-nardo de Trusino veniva convocata la vicinanza di Grosio che eleggeva i sindaci per la re-visione dei confini comunali con Grosotto. Gli stessi nominavano arbitri della contesaGiovanni fu Finamante de Venosta di Mazzo, Giovanni Giacomo fu Gabardino Venosta eGiovanni de Jugo de Lancio, pretore di Tirano (notaio Gio. Antonio di Pietro Pini di Gro-sio). Il 21 ottobre 1540, i vicini di Grosotto, riuniti in assemblea in prato illorum de La-qua penes ecclesiam sancti Eusebii alla presenza del decano Giacomo, detto Baratto, fuMeo del Tuana, nominavano a loro volta i sindaci deputati al succitato incarico e i relativiarbitri sopra nominati (notaio Gio. Andrea di Antonio Robustelli di Grosotto).

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arbitri Giovanni fu Finamante Venosta, Giacomo fu Michele Venosta e Giovan-ni de Jugo de Lancio, pretore di Tirano, posero le pietre confinarie, contraddi-stinte dai simboli dei due comuni crux et bixia: la croce per Grosio e la bisciaper Grosotto. Accompagnati dai sindaci delle due comunità, essi si portarono insumitate maioris et altioris culminis existentis inter alpes seu montes Quinza-nae et Pedrunae e da lì discesero percorrendo quindi tutta la Valgrosina. Giuntiallo sbocco del Roasco, risalirono il dosso dei castelli dividendo longitudinal-mente la chiesa dei Ss. Faustino e Giovita e, tagliata per linea retta la campagnasottostante, passarono sulla sponda sinistra dell’Adda e risalirono il versanteorobico usque in confinia Valliscamonicae (80). Probabilmente fu allora appiana-ta anche la vertenza per lo sfruttamento di una copiosa sorgente che sgorga inlocalità Fontana alle falde del Mortirolo, in quanto la posa dei confini risultòparticolarmente meticolosa e circostanziata(81). Nel 1619 si ebbe una revisionedei confini con Grosio, riguardante in particolare la linea divisoria dei seminati-vi del fondovalle. In tale occasione fu piantato un termine in pietra verde, tutto-ra visibile, a lato dell’edicola fatiscente a est del salumificio Pini(82).

La documentazione riguardante i confini con Mazzo è ancora più tardiva. Il9 agosto 1603, alla presenza dei decani ser Giacomo fu ser Giovanni Jacobellode Fopulo per Mazzo e ser Pietro fu ser Eusebio de Robustellis detto del Caffa-ra per Grosotto, venivano nominati arbitri per la posa dei confini i dottori Fran-

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(80) ASCGr, doc. 1225. È curioso notare come nella definizione dei confini sul dossodei castelli la finestra mediana dell’abside della chiesa dei Ss. Faustino e Giovita diven-ne punto di demarcazione. L’atto dice testualmente: In primis quod fenestra de medioexistens post altare ecclesiae sanctorum Faustini et Iovitae de Grosio sit loco termini di-videntis dicta confinia et ab ea fenestra descendendo ad crucem signatam in ipso saxo,super quo fundatus est chorus ipsius ecclesiae, ita quod omnes domus sitae super eodosso et castro sanctorum Faustini et Iovitae de Grosio sint et esse intelligantur superterritorio Comunis et hominum Grosii, omni exceptione et altercatione penitus remotis.Nonostante il testo risulti chiaro, in tempi recenti si sono registrate alcune divergenzenon tanto per i confini quanto per la denominazione del castello vecchio o di S. Faustino.Il Pedrotti introdusse la dizione di «Castello di Grosotto», dizione poi ripresa da Bascapè-Perogalli e quindi da varie guide turistiche, ma essa risulta impropria perché non si è tro-vata nessuna testimonianza documentaria che la possa avvalorare. Si veda: E. PEDROTTI,Castelli e torri valtellinesi, Milano 1957, p. 61; G.C. BASCAPÈ, C. PEROGALLI, Torri e ca-stelli di Valtellina e Valchiavenna, Lecco 1966, pp. 127-128; ANTONIOLI 2000, p. 51.

(81) Il ricordo di questa contesa ha ispirato una leggenda popolare che si è tramandatafino ai nostri giorni. Si veda la voce acqua de la fontèna nell’inventario toponomastico.

(82) L’edicola dovrebbe corrispondere al Santello di mezza coltura, citato in atti sei-centeschi e che negli estimi del comune di Grosio del 1691 viene detto Santello dei Com-perti (IT 14, p. 115). L’esatta collocazione della pietra confinaria è menzionata anche nel-la cronistoria locale dove si dice che nel 1619 venne rivisto il confine fra le due comunitàsul fondovalle e avendo trovato il vecchio cippo vi fu addossata «una pietra lunga lavora-ta e aguzza in cima, la qual pietra è piantata apresso al termine vecchio verso il fiume Ad-da, murato nel muro del campo della herede de Francesco Batotto de Grosio, e il terminevecchio è quasi su la strada sotto terra duoi palmi apresso la sudetta pietra, verso la chie-sia di S.to Faustino e Giovita» (MB, c. 75r).

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cesco di Simone olim Nicolò Venosta, Giovanni Tommaso fu Battista Canobiodi Tirano e Fabrizio Lavizari di Sondrio. Gli stessi emettevano il giudizio arbi-trale in data 9 agosto 1605 nel piazzale antistante la «masone» degli eredi di To-gno e di Giovanni fu Menico Sertore di Mazzo, sul monte di Mortirolo, nellacontrada de Biburcha (Borca) alla presenza dei decani in carica Costante fu D.Giovanni Maria Venosta per Mazzo e Antonio fu Martino di Roncale per Gro-sotto(83). Tuttavia la posa dei cippi confinari venne effettuata solamente il 29 lu-glio 1607 come risulta dall’atto rogato in tale data dal notaio Agostino Canali diTovo(84).

Gabriele AntonioliGraziano Robustellini

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(83) Archivio comunale di Mazzo, doc. 265.(84) ASSo, not. Agostino Canali, v. 3276. Una lunga pergamena arrotolata con la tra-

scrizione dell’atto era in possesso della famiglia Stoppani di Grosotto e risulta essere sta-ta donata intorno al 1980 all’avvocato Edgardo Foppoli di Mazzo. Circa i confini conMazzo occorre ricordare che il 6 novembre 1619, forse per porre fine a qualche dissidio,fu piantato un termine «giù nelle pianure de Salés tra il comune de Grosotto e qui daMazzo, come per instrumento rogato per mastro Agosto [= Agostino] Canale de Tovo»(MB, c. 75r). Nei primi anni Settanta del ’900, scavando per la realizzazione della stradaprovinciale che da Mazzo giunge ai ponti di Grosotto, si rinvenne detto termine, ma inve-ce di trovargli una conveniente sistemazione fu di nuovo sotterrato.

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APGr Archivio Parrocchiale di Grosio: regesto dei documentiin Archivi storici ecclesiastici..., pp. 485-769.

APM Archivio Parrocchiale di Mazzo: regesto dei documentiin Archivi storici ecclesiastici..., pp. 5-484.

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106, 1243.ASMi 1316 Archivio di Stato di Milano, Fondo di Religione, b.

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ASMi 1412 Archivio di Stato di Milano, Fondo di Religione, b.3472, registro investiture 1412-1419. Fondi possedutidall’Abbazia di S. Abbondio in Como situati in Grosotto.

ASSo Archivio di Stato di Sondrio.EG Archivio di Stato di Sondrio, Fondo estimi, Comune di

Grosotto.Map. 1817 Archivio di Stato di Sondrio, Fondo mappe catasto

pseudo teresiano, 1817.MB Manoscritto Braidense. Elenco dei decani di Grosotto

dal 1483 al 1735, con notizie storiche riguardanti la co-munità, compilato negli anni 1620-1629 da Abramo Ve-nosta e in seguito da mani diverse, in appendice alla co-pia degli statuti comunali di Grosotto del 1591/1615(carte 70r-85r). Biblioteca Nazionale Braidense di Mila-no, ms. AF. IX. 83.

RAPG Regolamento per l’affittanza e godimento dei pascoli co-munali alpini in Val Piana e Valle Guinzana (in territo-rio del Comune di Grossotto). Deliberato dal consigliocomunale nei giorni 15 e 16 novembre 1891 e modificatocon successiva delibera consigliare del 29 febbraio1892, ed approvato dalla Giunta Provinciale Ammini-strativa in sedute del 23 dicembre 1891 e 14 marzo1892, Sondrio 1909.

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RPG Regesto delle pergamene di Grosotto conservate all’Ar-chivio di Stato di Sondrio, a cura di Francesco PalazziTrivelli, Villa di Tirano 1993.

SCG 1544/50/55/62 Statuti Comunali di Grosotto del 1544 (82 capitoli), conordini aggiunti nel 1550 (senza suddivisione in capitoli),nel 1555 (10 capitoli) e nel 1562 (15 capitoli non nume-rati). Volume membranaceo di carte 55 con copertina inpelle, conservato nell’Archivio parrocchiale di Grosotto.

SCG 1591 Statuti Comunali di Grosotto del 1591 (139 capitoli),con capitoli aggiunti nel 1615 (dal 140 al 145), copiaredatta nel 1620 da Abramo Venosta di Grosotto. Mano-scritto cartaceo di carte 85 con copertina in pelle, pressola Biblioteca Nazionale Braidense di Milano, segnaturaAF. IX. 83.

SCG 1739 Statuti Comunali di Grosotto del 1739 (33 capitoli) ecatalogo dei decani dal 1591 al 1771, copia del sec.XVIII. Manoscritto cartaceo di carte 152 con copertinain pelle, presso l’Archivio di Stato di Sondrio, fondo«Manoscritti della Biblioteca», D.I. 4/34.

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Abbreviazioni

IGM Carta d’Italia dell’Istituto Geografico Militare. Tavolette1:25.000. Fogli: Monte Masuccio, 19 IV NE; Grosio, 19 I NO

c. cartacc. cartecap. capitolocapp. capitolidoc. documentodocc. documentin. numeronn. numerinot. notaiope. pergamenaq. quotau.d. ubi dicitur, «dove si dice»v. vedivol. volume

Segni diacritici

Per la trascrizione dei toponimi ci si è attenuti alle regole dell’ortografia ita-liana, utilizzando inoltre i seguenti segni grafici:

é ó per i suoni chiusi (come in piazés e róngia); è ò per i suoni aperti (come in cirinèl e iròla);ö per la o chiusa turbata (come in pöiri);c’ per il suono palatale della c in finale di parola (come in

tröc’);ch per il suono gutturale della c in finale di parola (come in

bósch);© per la j francese (come in Âésa e miÂiónda);√ per il suono nasale della n in finale di parola (come in

artegió◊);s z per s e z sorde (come in sasumèer e zòca);s z per s e z sonore (come in aœìlo e zaròl);( ) sono poste fra parentesi le consonanti o le vocali dal

suono evanescente (come in (v)igni (v)égi).

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Glossario

basicio (dial. basìsc) = edificio in rovina, rudere.bórca/bórch = bivio, biforcazione.bùi = fontana con abbeveratoio.calchèra = fornace per calce.canepario = persona deputata al controllo della cànova (càneva o cànua), can-

tina seminterrata dove venivano riposte le entrate in natura (derrate alimenta-ri) delle chiese e delle confraternite, e all’amministrazione delle elemosine. Icanepari delle chiese, detti anche deputati o rettori, erano due, venivano elet-ti dal Consiglio della comunità il 29 giugno, festa dei Ss. Pietro e Paolo, eduravano in carica un anno. Dall’epoca napoleonica in avanti si denominaro-no fabbricieri.

carbonèra = carbonaia (catasta conica di legna coperta di terra battuta - poàt -che, per lenta combustione, si trasforma in carbone).

cargadóra = struttura lignea al termine delle mulattiere scoscese per sopralzareil carro a strascico (priàla) e consentire l’attacco delle due ruote posteriori(derdèer).

còsta = pendio regolare ed erto, generalmente a pascolo.crapéna = fienile superiore aperto.dòs/dòsa = dosso, terreno a larga schiena o anche sporgenza tondeggiante.fólla (dial. fóla) = gualchiera (macchina mossa da una ruota idraulica con magli

per battere la stoffa e conferirle la consistenza del feltro). fòpa = buca, avvallamento. Dal latino fovea«fossa».ganda = pietraie di grossi massi, ghiaieto.gerivo (dial. gerìif) = terreno magro e ghiaioso.lavinale/luinale (dial. lavinàl, luinàl) = canale scaricatore di lavine o valanghe.

Dal latino labes «smottamento, frana».luìna = slavina.masóne (dial. masón) = edificio rustico adiacente alla casa di abitazione per ri-

porvi fieno, paglia, legna e attrezzi agricoli.möa = terreno paludoso. Dal latino mollis «bagnato».mótto (dial. mót, móta) = rialzo di terra, altura, poggio, colle.nisciolèra = noccioleto.òppolo (dial. òpol) = fondo coltivato congiuntamente a vite e a campo in zona

pianeggiante.pendégia = parte di costruzione aggettante delle baite di montagna. Normal-

mente è ricavata come prolungamento del fienile.pila = congegno usato nei mulini per decorticare l’orzo, il miglio e il panico.pioda (dial. piöda) = lastra di ardesia usata per la copertura dei tetti.pirla = cascata, gorgo.pöira = luogo a bacìo, esposto a tramontana.

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predèra = cava di pietra.présa = prato irriguo.priàla = carro a strascico (traino rustico a due ruote utilizzato per trasportare a

valle, su terreno ripido, fieno e legna).rasa (dial. rèsa) = resina (legnami da rasa = piante resinose).ronchivo (dial. ronchìif) = pendio terrazzato con muriccioli a secco e terreno ri-

portato, solitamente destinato a vigneto.roschièra (dial. ros’cèra) = pendio dirupato coperto da vegetazione spontanea e

in particolare da piante di rovere.rovolivo = fondo boschivo con piante di rovere (ról).scàndola = assicella sottile, generalmente di abete rosso o di larice, usata per la

copertura dei tetti.scima = cima (sommità rocciosa e a cuspide).sedime (dial. sedìm) = traccia di fabbricato diroccato e terreno circostante.tabiato (dial. tabièe) = fienile adibito a deposito di foraggi e, nei maggenghi,

anche a dormitorio.tégia = tettoia a un solo spiovente, addossata a una costruzione, destinata a luo-

go di riparo per il bestiame e anche a deposito di strame. Voce alpina di pro-babile origine gallica.

ténso (dial. téns) = bosco protetto dove era proibito il taglio delle piante spe-cialmente in corrispondenza di valloni valangosi o di terreni franosi. La tensadei boschi era disciplinata dagli statuti comunali.

tréla = casello con acqua corrente costruito in muratura a secco sugli alpeggiper la conservazione del latte.

tresénda = stradicciola di montagna, viottolo.tröc’ = sentiero.valéna = valletta di detriti torrentizi o di falda, ricoperta da uno strato erboso.vastagio (dial. vastàc’) = avvallamento privo di vegetazione arborea, per il qua-

le si fanno scivolare al fondovalle i tronchi.zèrbo = terreno brullo e incolto.

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PROFILO DEL DIALETTO DI GROSOTTO

1. La raccolta dei dati fatti confluire in queste pagine provengono nel loronucleo più consistente da un’intervista condotta congiuntamente da RemoBracchi e da Gabriele Antonioli il 12 luglio 2005 nella casa della signora GianFranca Dell’Acqua. Il gruppetto che ha preso parte all’inchiesta è stato scelto frapersone qualificate a fornire un quadro diastraticamente variegato della parlatadialettale grosottina, nel suo insieme compatta, senza frastagliamenti rionali degnidi particolare segnalazione. Sono state favorite le donne, in genere piùconservative, perché più legate alla terra e alle tradizioni: Simone Dell’Acqua,nato nel 1919, falegname del Villaggio sanatoriale, quindi guardia giurata,frequenza scolastica fino all’avviamento professionale, 6 mesi nella vicinaSvizzera nel 1947; Noemi Tognoli, nata nel 1921, casalinga, contadina, frequenzascolastica fino alla quinta elementare, vissuta a Livigno dagli 8 ai 14 anni, duestagioni a St. Moritz; Domenica Trinca Rampelin, nata nel 1922, frequenzascolastica fino alla quinta elementare, a servizio per 4/5 anni in Svizzera, poiinserviente per 28 anni al Villaggio sanatoriale; Orsolina Saligari (di scotùm“soprannome familiare” Gèra), nata nel 1927, di mamma grosina, frequenzascolastica fino alla sesta elementare, una stagione a St. Moritz, alpicazione estivain Valgrosina; Celesta Sala Peup (Pöp), nata nel 1930, casalinga, cuoca, mogliedi Giacomo Trinca Talalin, frequenza scolastica fino alla quinta elementare;Faustina Saligari (di scotùm Monegàt), nata nel 1940, casalinga, contadina,frequenza scolastica fino a tre classi postelementari (con una maestra dieccezionali qualità didattiche: Itala Petrogalli), sempre vissuta in paese; GiovanniAgostino Trinca Colonel, nato nel 1940, frequenza scolastica fino alla secondatecnica, operaio specializzato in caldaie, 4 anni di lavoro in Piemonte.

Scherzosamente c’è chi definisce il paese come Palèrmo de la Âèra “Palermodella ghiaia”. L’etnico degli abitanti di Grosotto è localmente grosotìn (DETI253), a Grosio grustìn (DEG 434), quello degli abitanti di Roncàl è roncalées, undeverbale dal lat. rƒnc∑re “dissodare” + -∑le aggettivante (REW 7444), col piùdiffuso suffisso semidotto -ense.

2. Tra gli informatori citati dal Monti per il suo vocabolario della diocesi diComo(1), nell’elenco di p. 462 non compare nessuno originario di Grosotto.L’Atlante linguistico di Jaberg e Jud considera soltanto la varietà di Grosio (punto218), che tuttavia risulta utile per un confronto a breve raggio(2).

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(1) P. MONTI, Vocabolario dei dialetti della città e diocesi di Como e riscontri di lingueantiche e moderne [= Monti], Milano 1845; cf. anche P. MONTI, Saggio di vocabolariodella Gallia cisalpina e celtico e Appendice al Vocabolario dei dialetti della città e diocesidi Como [= Monti, Saggio], Milano 1856.

(2) K. JABERG - J. JUD, Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz [= AIS],Zofingen 1928-40.

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Il borgo è invece citato con una certa regolarità fra i centri indagati dallamonografia del Merlo, (con la sigla Gro.), il quale, per quanto riguarda il propriotempo, pone proprio ai suoi confini meridionali la frontiera tra le varietà dialettalidell’alta e della media valle, lasciando intuire che, andando a ritroso, alcuni fenomenidovevano estendersi per un’area più vasta (3). Nel primo profilo foneticoscientificamente tracciato e prodigo di dettagli, lo studioso scrive: «Le parlatedell’alta valle si possono considerare una propaggine delle ladine, sebbene di unadelle caratteristiche maggiori, la palatalizzazione delle velari k e g davanti alla vocalea, -ƒ non si abbiano oggi che poche vestigia sicure. Dovettero far parte del gruppoanche le varietà di Frontale, Sondalo, Grosio e Grosotto, le quali si staccano o sistaccavano un tempo, come mostra più di un fossile, da quella della media e dellabassa valle per più di una caratteristica alto-valtellinese: u da lat. ∂; la conservazionedei nessi di consonante + l; la tenacia delle vibranti r e l riuscite finali; a Grosio, anchela conservazione della s finale della seconda persona singolare de’ verbi; e, nellaregione compresa tra Frontale e Grosio, qualche residuo delle alterazioni tipiche -œ-,-gl-, c’, -c’-, -sc-, da (lat.) -sj-, -lj- e -gl-, -k’-, -k’j-, -sk’j-» (p. 4).

Scrive un decennio più tardi Laura Valsecchi Pontiggia: «Per conciliarel’esigenza di dare qualche saggio delle diverse parlate valtellinesi con le miemodeste possibilità, ho creduto opportuno di non limitarmi, nell’indagine, a unsolo paese, ma di estenderla a più zone, così che dalla mia raccolta potesse uscireun quadro, se non completo, almeno sufficientemente indicativo delle varietà deldialetto valtellinese. L’inchiesta più completa e accurata è stata da me compiuta aPonte dove ho risieduto per vari anni consecutivi e dove torno annualmente nellastagione estiva… A dimostrazione delle differenze esistenti nelle parlate dilocalità vicine, comprese nello stesso comune, ma site sulle rive oppostedell’Adda, ho inoltre condotto un’inchiesta nel paesello di Arigna, frazione delcomune di Ponte, posto sulla sinistra dell’Adda, nella valle dell’Armisa [conrimarcate interferenze del lombardo orientale]… Nel terziere inferiore ho sceltoCataeggio, il paese che per primo si incontra in Val del Masino, nell’intento disottolineare come in detta valle laterale, che pur si apre sulla destra dell’Adda, siparli un dialetto che ha molte concordanze col lombardo del gruppo orientale…

Per il terziere di sopra ho scelto Grosotto, come ultimo paese che conservaancora l’u lombardo [ü], ma molto affievolito(4), poiché nell’alta valle, da Grosio

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(3) C. MERLO, Profilo fonetico dei dialetti della Valtellina [= Merlo], in Akademie derWissenschaften und Literatur, «Abhandlungen der geistes- und sozialwissenschaftlichenKlasse» 15 (1951), pp. 1369-98, dell’estratto 1-32, con 19 carte in appendice (elenco p. 32).

(4) In realtà il fenomeno della risalita della ü si arresta improvvisamente e senza una ragioneprecisa al ponte che divide Mazzo da Grosotto. La Pontiggia trascrive perciò, in modo erroneo:despüs “dietro, a ridosso” (p. 40), ferüdi “castagne lessate con la buccia” (p. 44), fregiüra“raffreddore” (p. 45), pedü “peduli” (p. 75); in protonia capüscìn “berrettino, cuffietta perneonato” (Pontiggia 30), gamüsèl “gomitolo” (p. 48), güdàz “padrino” (p. 52), pürìf“ombreggiato, umido” (p. 82) e così per molte altre voci. Per quanto riguarda Grosotto, leinformazioni della Pontiggia rappresentano una testimonianza inaffidabile, come si riveleràprocedendo con l’analisi. In diversi casi si nota un adeguamento improprio ai dialetti della mediavalle. Perfino alcune voci date come grosottine non trovano conferma tra i nativi. Probabilmentela scelta degli informatori non è stata sufficientemente vagliata. Dove esistano vistose differenzecon quanto rilevato dalla Pontiggia, il termine corretto viene posto tra parentesi.

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(5) L. VALSECCHI PONTIGGIA, Saggio di vocabolario valtellinese [= Pontiggia], Sondrio19902 (prima ed. 1960). Si ricordano qui di seguito le altre opere più ricorrenti nelle cita-zioni: REW = W. MEYER-LÜBKE, Romanisches etymologisches Wörterbuch, Heidelberg1935; REWS = P.A. FARÈ, Postille italiane al «Romanisches etymologisches Wörter-buch» di W. Meyer-Lübke, comprendenti le «Postille italiane e ladine» di Carlo Salvioni,Milano 1972; DEI = C. BATTISTI - G. ALESSIO, Dizionario etimologico italiano, Firenze1950-7; LEI = M. PFISTER, Lessico etimologico italiano, Wiesbaden 1979 ss.; Stampa =R.A. STAMPA, Contributo al lessico preromanzo dei dialetti lombardo-alpini e romanci,Zürich-Leipzig 1937; DEG = G. ANTONIOLI - R. BRACCHI, Dizionario etimologico grosino,Sondrio 1995; DVT = G. BIANCHINI - R. BRACCHI, Dizionario etimologico dei dialetti dellaVal Tartano, Sondrio 2003; Bonazzi = C. BONAZZI, Dizionario tiranese-italiano, con re-pertorio italiano-tiranese, Canberra 19942, 20024; Pola-Tozzi = A. POLA - D. TOZZI, Voci elocuzioni idiomatiche del dialetto tiranese, Villa di Tirano 1998; Fiori = M.G. FIORI, Dizio-nario tiranese. Miscellanea. Segni del passato, con prefazione Viaggio nelle memorie (in-troduzione all’etnografia tiranese) di R. BRACCHI, Villa di Tirano 2000; Scuffi = S. SCUFFI,Nü ’n cu¡tümàva. Vocabolario del dialetto di Samòlaco. Note sul dialetto del brí. Scene divita. Detti tipici, sentenze, proverbi (= IDEVV - Istituto di Dialettologia e di EtnografiaValtellinese e Valchiavennasca, Dizionari dialettali 3), Sondrio 2005, con CD multimedia-le allegato; Conv. Bracchi = M. PFISTER - G. ANTONIOLI, Itinerari linguistici alpini. Atti delConvegno di Dialettologia in onore del prof. Remo Bracchi, Bormio, 24-25 settembre2004, Sondrio 2005; VSI = Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana, Lugano 1952ss.; DRG = Dicziunari rumantsch grischun, publichà da la Società retorumantscha, Chur1939 ss.; HR = SOCIETÀ RETORUMANTSCHA, Handwörterbuch des Rätoromanischen, Zü-rich 1994; NVS = A. DECURTINS, Niev vocabulari romontsch sursilvan-tudestg, Chur2001; LSI = F. LURÀ (dir.), Lessico dialettale della Svizzera italiana, Bellinzona 2004; peri confronti negli sviluppi fonetici, morfologici e sintattici: Rohlfs = G. ROHLFS, Grammati-ca storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino 1966-9; per la toponomastica:RN 2 = A. SCHORTA, Rätisches Namenbuch, Band 2: Etymologien, Bern 1964; Salvioni,RIL 39 = C. SALVIONI, Il dialetto di Poschiavo. A proposito di una recente descrizione, in«Rendiconti dell’Istituto Lombardo» 39 (1906), pp. 477-94; 505-22; 569-86; 603-22;Guarnerio, RIL 41-3 = P.E. GUARNERIO, Appunti lessicali bregagliotti, in RIL 41 (1908),pp. 199-212 e 392-407; 42 (1909), pp. 970-987; 43 (1910), pp. 372-90; EWD = J. KRA-MER, Etymologisches Wörterbuch des Dolomitenladinischen, Hamburg 1988-98.

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a Livigno, ad ∂ [lunga latina] risponde u semplice». Per quanto riguarda laseconda edizione, l’autrice aggiunge: «Per la revisione… e per l’aggiunta deinuovi vocaboli mi sono stati di valido aiuto [oltre i rappresentanti intervistati perle altre località]… Elisabetta Mitta Lindo per Grosotto» (p. 7)(5).

Vocalismo

3. La vocale Ÿ tonica lunga latina in sillaba aperta è regolarmente continuatasenza variazioni nel grosottino, come in tutte le varietà circostanti (Merlo 7;Rohlfs 1,51-6): amìis < amŸcus (REW 422, partendo dal pl. -cŸ), aprìl < aprŸlis(REW 562), bruìna < pruŸna (REW 6796), calìÂen m. “caligine” < calŸgo, -Δnis(REW 1516), calscìna < *calcŸna (REW 1501), catìif < captŸvus origin.“prigioniero del diavolo” (REW 1663), cusìn “cuscino” < *cßxŸnus origin.

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“federa imbottita per le cosce, per sedersi” (REW 2292), farìna < farŸna (REW3197), fìich < fŸcus albero (REW 3281), fil “filo” < fŸlum (REW 3306), la fin <fŸnis (REW 3315), formìga < formŸca (REW 3445), pl. formìghi, galìna <gallŸna (REW 3661), groœìn “grosino, abitante di Grosio”, iscì “così” < in sŸc(REW 7892), lìma < lŸma (REW 5042), lin < lŸnum (REW 5073), mulìn <*mßlŸnum (REW 5644), nìgola “nuvola” < *nŸbƒla pl. “accumuli nebbiosi” pern∂bΔlus “nuvoloso” (REW 5975), ombrìa “ombra” < *ƒmbrŸva (REW 9046),ortìga / urtìga “ortica” < ƒrtŸca (REW 9090), pìpa < *pŸpa “zufolo, pipa” (REW6520), prim < prŸmus (REW 6754), raìis “radice” < radix, -Ÿcis (REW 7000),rìga < long. rŸga (REW 7311), salìa “saliva” < salŸva (REW 7541), ÂinÂìa“gingiva” < gΔngŸva (REW 3765), spin < spŸnus (REW 8150), strìa < strŸga perstrΔga “uccello notturno” (REW 8308), vìif < vŸvus (REW 9420), vin < vŸnum(REW 9356), vìpera < vŸp√ra (REW 9358), viœìn (viÂìn) < vŸcŸnus origin.“abitante dello stesso vico” (REW 9312), vìta < vŸta (REW 9385); suffisso diinfin. della quarta coniug. -ìi < -Ÿre: mörìi “morire” < mßrŸre per mßrŸ (REW5681), partìi < partŸre origin. “dividere”, poi “allontanare” (REW 6259), ubidìi,obedìi < ßboedŸre (REW 6016), urìi “aprire” < ap√rŸre (REW 515).

La vocale Ÿ tonica lunga latina in sillaba chiusa si adegua al medesimotrattamento (Rohlfs 1,51-6): cunìc’ “coniglio” < cƒnŸcƒlus “cunicolo” (REW2397), gri “grillo” < gryllus (REW 3900), mìla < mŸllia (REW 5573), rìsc“riccio” e “selciato, acciottolato” < *erŸcius per erΔcius (REW 2897), scìmia <sŸmia (REW 7929), scrìc’ “scritto” < scrŸptus (REW 7745), spìla < *spŸlla perspŸn(ƒ)la “piccola spina” (REW 8154), (v)ìgna < vŸnea (REW 9350).

4. La vocale Δ tonica breve latina in sillaba aperta viene generalmentecontinuata a Grosotto con una é di timbro chiuso (Merlo 8-9 e carta 2; Rohlfs1,76-81): lu l béef “egli beve” < bΔbit (REW 1074), indoménega “domenica” <in + dßmΔnΔca (di©s) propr. “giorno del Signore” (REW 2738), (Do)ménega“Domenica”, mén “meno” < mΔnus (REW 5594), néef “neve” < nix, nΔvis (REW5936), négro “nero” < nΔger, -grŸ (REW 5917), pégola “pece” < pΔcƒla (REW6483), pégro “pigro, svogliato” < pΔger, -grŸ (REW 6487), pél “pelo” < pΔlus(REW 6508), pé(v)er “pepe” < pΔper, -√ris (REW 6521; Merlo 9), scéndra“cenere” < cΔnis, -√ris (REW 1929; Merlo 26; Pontiggia 92), sée “sete” < sΔtis(REW 7961), la Âinéora f. “il ginepro” < ienΔp√rus per iunΔp√rus (REW 4624),védo(v)a < vΔdua (REW 9321), védro < vΔtrum (REW 9403), lu l véet “egli vede”< vΔdet (REW 9319); ma frìgola “briciola” < *frΔcula deverb. da frΔc∑re (REW3501), pìir “pera” < pΔrus, pΔrum (REW 6524), come in altre varietà vicine.

A un risultato identico giunge la vocale Δ tonica breve latina in sillaba chiusa(Rohlfs 1,81-2): castégna < castΔnea per castanea (REW 1742), lu l cérca “eglicerca” < cΔrcat origin. egli “gira intorno” per trovare (REW 1938), conséi“consiglio” < consΔlium (REW 2164), coréÂia “cintura di cuoio, correggia” <corrΔgia (REW 2253), crésta < crΔsta (REW 2330), faméa “famiglia” < famΔlia(REW 3180), férm “fermo” < fΔrmus (REW 3320), fréc’ “freddo” < *frΔg(Δ)dusper frŸgΔdus (REW 3512), légn < lΔgnum (REW 5034), léngua < lΔngua (REW5067), méi “miglio” < mΔlium (REW 5572; DVT 667), (èrba) ménta < mΔntha(REW 5504), oréÂia “orecchia” < aurΔcƒla (REW 793), péna “penna da

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scrivere” < pΔnna “pinna, aletta” sovrapp. a p√nna (REW 6514; DEI 4,2834), pés“pesce” < pΔscis (REW 6532), saéta “saetta” < sagΔtta origin. “freccia” scagliatadal dio del cielo (REW 7508), scérsc “cerchio” < cΔrcƒlus (REW 1947; Merlo 9-10), séch < sΔccus (REW 7897), sélva “castagneto” < sΔlva “bosco” per eccellenza(REW 7920), séÂia “secchia di legno” < sΔtƒla (REW 7962), stréc’ “stretto” <strΔctus (REW 8305), tréscia “treccia” < *trΔchea (REW 8893), mi véngi “iovinco” < vΔncå (REW 9338), vért “verde” < vΔrΔdΔs (REW 9368a), véscof“vescovo” < epΔscßpus (REW 2880); ma caèl “capello” < capΔllus (REW 1628),pl. caéi, maèstro < magΔster, -ΔstrŸ (REW 5229), menèstra / minèstra “minestra”deverb. < mΔnΔstr∑re “amministrare, distribuire” (REW 5590).

Giungono alla chiusura in i, probabilmente per contatto con consonantepalatale o con nasale, cìnta “cintura di stoffa” < cΔncta (REW 1921), dìi “dito” <*dΔctus per dΔgΔtus (REW 2638), gramìgna < gramΔnea (REW 3836), vis’c’ <*vΔscƒlum dimin. di vΔscum (REW 9376), pegrìœïa “pigrizia” < pΔgrΔtia (REW6493), soprann. Pegrìœïa.

5. La vocale © tonica lunga latina in sillaba aperta si evolve in é di suonochiuso, secondo quanto ci si attende, con evoluzione parallela a quella della Δbreve (Merlo 8-9 e carta 2; Rohlfs 1,76-81): aœée “aceto” < ac©tum (REW 98),candéla < cand©la (REW 1578), cérega “chierica” < cl©rΔca (REW 1985),fémma “donna, moglie” < f©mΔna (REW 3239), fén “fieno” < f©num (REW 3247),féda “pecora” < f©ta (ßvis) “pecora sgravata” (REW 3269), féra “fiera” < f©ria(e)“giorno festivo” in cui si teneva il mercato (REW 3250), fréno < fr©num (REW3496), mées < m©(n)sis (REW 5500), ménsola < m©(n)sƒla “mensola” (REW5501), monéda < mßn©ta (REW 5659), paées < pag©(n)sis origin. “che riguardail villaggio” (REW 6145), péœa “pesatura” < *p©(n)sa (REW 6393), pién <pl©nus (REW 6596), la preœéf f. “la greppia, la mangiatoia” < praes©pe (REW6724), quaréœma (quaréÂma) < quadrag©sΔma (REW 6911), roéda “roveto” <rƒb©ta pl. (REW 7407), scéna “cena” < c©na (REW 1806; DEI 2,848), séda“seta” < saeta origin. “pelo, setola” (REW 7498), sédola / sétola “gordioacquatico, capello di strega” < saetƒla origin. “pelo, setola” per la forma a filo(REW 7500), la séef “la siepe” < saep©s (REW 7496), al séef m. “il sego” <s©bum (REW 7762), segrét < s©cr©tus (REW 7765), tapé < tap©tum (REW8563), téla, t©la (Merlo 8) < t©la (REW 8620), téns “bosco tenso” < t©(n)susorigin. “circondato da filo teso” (REW 8651), vél “velo” < v©lum (REW 9184);desin. di infinito della seconda coniug. -ée < -©re (Rohlfs 2,361): sa(v)ée “sapere”< sap√re “avere sapore” con metaplasmo di coniug. (REW 7586), vedée < vΔd©re(REW 9319); ma butìga “bottega” < gr.-lat. apßth©ca, origin. “luogo diesposizione” (REW 531), sìra “sera” < s©ra (håra) in orig. “ora tarda” (REW7841), zìra “cera” < c©ra (REW 1821), come in altre varietà dialettali contermini,in continuità col lombardo orientale. Con allargamento di vocale abbiamo: dèbet“debito” < d©bΔtum (REW 2493), dèbol “debole” < d©bΔlis (REW 2491), sèÂia“siepe” < *caesa propriam. “legname tagliato” (REW 1471), sèghel “segale” <s©c≈le (REW 7763).

La vocale © tonica lunga latina in sillaba chiusa si comporta allo stesso modo(Rohlfs 1,76-80): crés “crescere” < cr©scit (REW 2317), géœa / géÂia “chiesa” <

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eccl©sia (REW 2823), stéla < st©lla (REW 8242), téc’ “tetto” < t©ctum (REW2317), vendémia < vΔnd©mia (REW 9343).

6. Per la vocale √ tonica breve latina in sillaba aperta ci si attenderebberegolarmente una è di suono largo (Merlo 10-1; Rohlfs 1,114-6, 121-4), come inla lèor “la lepre” < l√pus, -ßris (REW 4991), al pè / pl. i pée “i piedi” < pes, p√dis(REW 6439), prèda “cote” < p√tra “pietra” (REW 6445; Pontiggia 66: préda).Spesso tuttavia si riscontra una é di timbro chiuso: céet / tépit “tiepido” entrambi< t√pΔdus (REW 8657), dées “dieci” < d√cem (REW 2497), dedrée “dietro” <d©r√tro (REW 2582), la fél f. “il fiele” < *f√le (REW 3234), géner “genero” <g√ner, -√rŸ (REW 3730), iéer < h√ri (4115a), intréech “intiero” < Δnt√ger, -t√grŸ(REW 4479), la mél f. “il miele” < *m√le (REW 5469).

La vocale √ tonica breve latina in sillaba chiusa è continuata in modo assai piùregolare da una è di suono largo (Rohlfs 1,114-6): œvèlt “svelto” < *exv√ltus, part.pass. forte di ©v√ll√re “svellere” origin. “strappato, messo in moto” (REW 2927;DVT 1241), cuèerc’ “coperchio” < coop√rc(ƒ)lum (REW 2203), fenèstra <f√n√stra (REW 3242), fèr < f√rrum (REW 3262), fèsta < f√sta (REW 3267),lantèrna < lant√rna (REW 4896), Â’guèersc “guercio” < longob. dverh (REW2812); suffisso diminutivo -√llu / -√lla: bèl < b√llus (REW 1027), castèl <cast√llum (REW 1745), cortèl “coltello” < cƒlt√llus (REW 2381), fradèl <*frat√llus dimin. di frater (REW 3484), scervèl “cervello” < c√r√b√llum (REW1826), vasèl (de èef) “arnia” < vasc√llum “piccolo vaso, contenitore” (REW9163); ma dént < dens, d√ntis (REW 2556), deœémbre < d√c√mber origin.“decimo mese” (REW 2498).

7. La vocale tonica a latina lunga o breve, in qualsiasi posizione, tende aconservarsi (Merlo 10-5 e carte 3-5; Rohlfs 1,32 ss.): acqua < aqua (REW 570),nella topon. n Canfinàl “campo finale” < campus fŸn∑lis, cànof f. “canapa” <cann≈bis (REW 1599), diàol < diabßlus (REW 2622), didàl < dΔgΔt∑le (REW2637), fam < fam©s (REW 3178), nella topon. ant.: campo a Frontuale (EG fine’700) < frßnt∑lis “posto di fronte” (REW 3534), gàbia “gabbia” < cav√a origin.“cava” (REW 1789), la gràsa f. “letame” < *crassia “concime” (REW 2298),scàtola “scatola” < lat. med. castƒla origin. “cassetta per anelli” (REW 4682),scusàl “grembiule” < got. skauts “grembo”, ted. Schoss e suffisso aggettiv. lat. -∑le(REW 7986); suffisso collettivo àm < -∑men: bes’ciàm “bestiame” < *b©sti∑men(REW 1061), coràm “cuoio” < *cßri∑men (REW 2231), legnàm < lΔgn∑men(REW 5030), salàm “salame” < lat. tardo sal∑men di sign. incerto (REW 7521).

8. La palatalizzazione in è di suono largo si riscontra talvolta per evoluzionespontanea in sillaba aperta: èra “aia, cortile” < ar√a “aia, spazio aperto” (REW626), èœen “asino” < asΔnus (REW 704), avèer / avèro “avaro” < av∑rus (REW814), chè “casa” < casa origin. “capanna” (REW 1728), l’istèe < aestas, -∑tis(REW 245; LEI 1,1139 ss.), lèech “lago” < lacus (REW 4836), nella topon. varilèech, nèef “nave” < navis (REW 5863), pièga “piaga” < plaga origin. “percossa”,(REW 6562), trèef “trave grossa del tetto” < trabs, trabis (REW 8823). Più spessol’esito è determinato dal contatto con suono palatale: brèÂia “brace” < prelat.

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*bras(i)a (REW 1276; LEI 7,227); regolarmente con seguito di suono nasale:chèn “cane” (Merlo 12) < canis (REW 1592), frèna “frana” < fr≈gΔna “rottura”,da frang√re (REW 9454: vorago, -agΔnis; DELI 2,455), nella topon. l’acqua defontèna < fßnt∑na (aqua) “acqua sorgiva” (REW 3426), la mèn drìcia “la destra”< manus (REW 5339), Âermèn “cugino” < g√rm∑nus “fratello” (REW 3742);suff. aggettivale -èn(a) < -∑nus, -∑na: grondèna “gronda” < sƒggrƒnda <*sƒperƒnda propr. “onda che rigurgita” (REW 8438a), magnèn “stagnino,calderaio” < *mani∑nus < *mania “maniglia” (REW 5299; DEI 3,2316); insillaba chiusa: bènca / bànca “panca” < germ. banka (REW 933), valènga“valanga” < it. valanga < *labΔnca da labŸ “scivolare” (REW 4807; DELI5,1409); con r seguita da consonante (e perciò in sillaba chiusa): mèrmol“marmo” < marmor, -ßris (REW 5368), nella topon. i Pièni del mèrmol, mèersc“marcio” < marcΔdus (REW 5346), nella topon. al Crap mèersc “il sasso marcio,friabile”, al mèrtol m. “martora” < francone *marthor < germ. *marthu- “sposa”con personalizz. tabuistica (REW 5385; DEG 523), nella topon. al Mèrtolattraverso un soprannome familiare; nel suff. d’agente e strumentale -èer, -èra <-∑riu / -∑ria: bechèer “macellaio, beccaio” < lat. med. becch∑rius propriam.“macellaio di becchi” (REW 1013; DVT 70), cuzèer “bossolo per la cote” <*cåti∑rium (REW 2281), legnamèer “falegname” < lΔgn∑men “legno” con suff.d’agente (REW 5030), mulinèer “mugnaio” < mßlŸnarius (REW 5643), pairolèer“magnano, stagnino” < *parißlum “paiolo” con suff. d’agente (REW 6245); connomi di piante da frutto: fighèer “fico” (Pontiggia 44: fighèr) < fŸc∑rius (REW3281), murèer “gelso” < måra pl. di mårum con suffisso -∑riu (REW 5696),pirèer “pero” < pΔrus (REW 6524); come morfema localizzante e aggettivale:armèri “armadio” < arm∑rium origin. “ripostiglio per armi” (REW 652),calchèra “fornace per la calce” < calc∑ria (REW1492), nella topon. forse i Duèripl., se riconducibile a un tardo *dog∑riu “fossati, canali” < *doga “fossato” e suff.-∑riu (REW 2714; REW 2810a: *dux, dƒcis “sorgente”), feorèer “febbraio” <febru∑rius (REW 3231), maèra “prurito” (Pontiggia 63), alla lettera “mangeria”perché si riteneva provocato da piccoli roditori demoniaci (DVT 619-20), nellatopon. al Magrèer “terreno magro” < macer, -crŸ (REW 5202), peltrèra “scansiaper le suppellettili di cucina” < *peltrum con suff. strum. -∑riu (REW 6382;Pontiggia 76), polèer “pollaio” e “posatoio per le galline” < pƒll∑rium (REW6828), nella topon. Sasumèer probabilm. < saxum sƒmm∑rium “sasso posto incima, culminante”, scighèra “nebbia che si attarda a metà montagna, foriera dipioggia” < *caec∑ria perché non lascia vedere (REW 1461), senestrèer “sinistro,mancino” < sΔnΔster, -trŸ con suffisso -∑riu (REW 7947), vestièri “armadio pervestiti” < v√sti∑rius (REW 9283); con vocale chiusa in voci riprese dal lomb.quali caaléer “baco da seta”, propriam. “cavaliere” per i suoi movimenti a onda(REW 1438; DVT 213), caldéra “pentola, caldaia” < calΔd∑ria (ålla) al principio“pentola per scaldare” (REW 1503), nella topon. anno 1633: fondo in località adCalderam (APM, doc. 1836), prestinéer “panettiere” < pΔstrŸnarius origin. “chipestava il grano” (REW 6540); nella trascrizione della Pontiggia spesso con lavocale chiusa: brasché (braschèer) pl. “caldarroste” (p. 24) < prelat. *bras(i)acon doppio suffisso -Δc-∑riu (REW 1276; LEI 7,227), pipéra “bambinaia” (p. 80)< *pƒpp∑ria (REW 6854; DEG 635; DVT 840); suff. di infinito pres. della prima

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coniug. -èe < -∑re: bacilèe “vacillare” < vacΔll∑re (REW 9112; Pontiggia 18),brodeghèe “sporcare” < *bƒrdΔc∑re “rovistare” < bƒrdus “bastone” con altriincroci (REW 1402; LEI 8,179), castighèe “castigare” < castŸg∑re (REW 1746),mangèe “mangiare” < lat. mand∂c∑re attrav. il fr. (REW 5292), pesciadonèe“prendere a pedate” denomin. < tardo *p√cΔda per *p√dΔca “attinente al piede”(REW 6348; DVT 824-5), somenèe “seminare” (Pontiggia 57) < s©mΔn∑re (REW7807), ugmèe “fiutare, odorare” < *osm∑re origin. “inseguire l’orma, la traccia diodore” (REW 6112); nella documentazione della Pontiggia quasi costantemente -à: beorà (beorèe) “abbeverare” (p. 24) < *abbΔb√r∑re (REW 12), brigulà(brigolèe) “formicolare, brulicare” < *bƒllΔcƒl∑re “ribollire” (REW 1388), bufà(bofèe) “soffiare” (p. 25) < *buff- “soffiare” onomatop. (REW 1373), burlà gió(‘mpronèe) “cadere, cascare” < prelat. *bårra (REW 1224a), gremà (bruœeghèe)“abbruciacchiare leggermente biancheria o abiti col ferro da stiro troppo caldo”(p. 50) < cr√m∑re “bruciare” (REW 2309), gümà (gumèe) “trapelare liquidiattraverso i meati di un corpo” (p. 53) < gƒmmi “stillare come resina, gomma”denom. (REW 2388; DVT 491), muliœnà (moliœnèe) “mollificare, rendere molle”(p. 67) < *mßllicŸn∑re (REW 5649), pià l föch “spegnere il fuoco” (p. 78) insenso opposto al territorio circostante, dove vale “accendere” < *pŸli∑re“prendere” (REW 6503; DEG 631-2, forma e significato non confermati: pizè lföch “accendere il fuoco”), stricà da la vöia (strichèe de la (v)öa, non più usato,meglio: strichèe de la paùra) “agognare, desiderare ardentemente” (Pontiggia 16)< *strΔgΔc∑re “stringere, spremere” (REW 8311), zompà (saltèe) “saltare” (p.114) < *zump- (REW 4614: *iump∑re “saltare”; DVT 1432); suff. di participiopassato e di sost. derivato -èe / -èda < -∑tu / -∑ta: corèda “polmone del maialemacellato” < cor∑ta pl. “visceri” (REW 2220), cugnèe “cognato” < cogn∑tus(REW 2029), marchèe / merchèe “mercato” < merc∑tus (REW 5516), pechèe“peccato” < p√cc∑tum (REW 6323), roœèda (roÂèda) “rugiada” < *råse∑ta darås “rugiada” (REW 7378); nella documentazione della Pontiggia -àda:baitozàda (matotèda) “bricconata” (Pontiggia 19) da baitàa “gridare” frequent. <bai∑re “gridare, abbaiare” (REW 883), balusàda (balosèda) “bricconata,mariuoleria” < prelat. *bal- “lucente”, attraverso il significato di “travecole” (LEI4,546), crapàda (crapèda) “testata” da cràpa “testa” (Pontiggia 34), canàda(canèda) “grossa boccata di cibo o di fumo” < canna “canna della gola” (REW1597), remaœnà (remaœnèe) “farina di qualità inferiore, che sta fra il fior di farinae la crusca” (p. 85), alla lettera “rimacinato”, œlozzàda (œlozzèda) “scia lasciatanella neve da uno slittino” (p. 100) < celt. *slodia “slitta” (REW 4996 e 8033a;DVT 1133), e inoltre öÂèda, öÂiada (Merlo 14) “occhiata” < *ocƒl∑ta (REW6038). Scrive il Merlo: «La vocale à del suffisso -atu, -ata ha subito lo stessotrattamento dell’à di sillaba aperta a cui non precedesse o seguisse consonantepalatale o nasale. Molta incertezza fra ä ed à, oggi nella regione tra Frontale eGrosotto» (p. 14). La terminazione dell’infinito si sente lunga -èe nella pronunciaseparata, breve -è nella sequenza contestuale.

In àigola, àigula (Pontiggia 15) “aquila” < aquΔla si ha frangimento vocalicocome nei dialetti circostanti (REW 582; Rohlfs 1,51), nella topon. Àigola alta eÀigola basa, nel 1561: pezza vignata in contrata u.d. ad Aquilam (RPG, n. 121),nel 1606: vigna nella contrada dove si dice ad Aigolam (APG, doc. 1048), la

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Valéna de l’àigola, nel 1521: transito su una strada che attraversa i fondi dallaValena de l’Aigola alla Val de Scala (APG, doc. 994).

9. La vocale ß tonica breve latina in sillaba aperta (Rohlfs 1,142-3, 148-50)offre esiti instabili, oscillando fra ö, ò di timbro aperto (più spesso) e ó di timbrochiuso (favorito quest’ultimo dal contatto con nasale): fööch “fuoco” < fßcusorigin. “focolare” (REW 3400); fiòl “figlio” < fŸlißlus (REW 3302), ninsòl“lenzuolo”, pl. ninsöi < lΔnteßlum origin. “tessuto di lino” (REW 5070), nòda“incisione nelle orecchie delle pecore come segno di riconoscimento” < nßta“segno” (REW 5962), nòra “nuora” < *nßra per nƒrus (REW 6000); amó“ancora” < ad mßdo (REW 5630), óm “uomo, marito”, pl. óm < hßmo, -mΔnis(REW 4170). La Pontiggia riporta gügiaröl “agoraio” < *ac∂cƒl∑riu “agoraio”con suff. dimin. -ßlu (REW 119), stantiröl “carruccio per insegnare ai bambini acamminare da soli” (Pontiggia 101) < stans, stantis “che si regge in piedi” e suff.-arißlu (REW 8231; DEI 5,3618-9).

La vocale ß tonica breve latina in sillaba chiusa esce generalmente in ò larga,salvo restringersi quando è seguita da nasale complicata (Rohlfs 1,150-2): còrda< chßrda (REW 1881), còrf “corvo” < cßrvus (REW 2269), mòrbio “malattia deibovini” < mßrbΔdus (REW 5677), pòlech “pollice” < pßllex , -Δcis (REW 6637),s’ciòp “schioppo” < stlßppus onomatop. (REW 8270), stòort “storto” < extßrtus(REW 3094); ma frónt “fronte” < frons, frßntis (REW 3533), pónt “ponte” <pons, pßntis (REW 6649).

10. La vocale å tonica lunga latina in sillaba aperta è continuata con ó di timbrochiuso, come ci si attendeva (Rohlfs 1,93-5): ról “rovere” < råbur, -ßris (REW7354); suff. -ón(a) e -ór < -åne, -åna e -åre: coróna < cßråna (REW 2245), león< leå, -ånis (REW 4984), polmón < pƒlmå, -ånis (REW 6833), saón “sapone” <sapå, -ånis (REW 7589); amóor < amor, -åris (REW 427), colóor < cßlor, -åris(REW 2056).

Il medesimo esito caratterizza la vocale å tonica lunga latina in sillaba chiusa(Rohlfs 1,95-6): bóra “tronco d’albero tagliato e ripulito” < prelat. *bårra (REW1224a), la córt “cortile coperto” < cohors, -årtis (REW 2032).

11. La vocale ƒ tonica breve latina in sillaba aperta risponde con ó di timbrochiuso (Rohlfs 1,93-5): códega “cotica, cotenna” < *cƒtΔca (REW 2429), cróos“croce” < crux, crƒcis (REW 2348), góla < gƒla (REW 3910).

Uguale esito si osserva per quanto riguarda la vocale ƒ tonica breve latina insillaba chiusa (Rohlfs 1,95-6): agóst “agosto” < a(u)gƒstus (REW 786), ant.bólgia “sacco di pelle” < gall. *bƒlgia da bƒlga “sacco di pelle, otre” (REW1382), óngia “unghia” < ƒngƒla (REW 9071), póls “polso” < pƒlsus origin.“battito” (REW 6839), stórn “che sente poco” < stƒrnus “storno” uccello (REW8339); ma unt “unto” < ƒnctus (REW 9057).

12. La vocale ∂ tonica lunga latina in sillaba aperta risponde con u toscana, eil grosottino rappresenta l’ultimo avamposto (sul ponte tra Grosotto e Mazzo)prima che inizi il dominio della ü lombarda (Merlo 7-8 e carta 1; Rohlfs 1,57-62):

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lùi “luglio” < i∂lius (REW 4612; Merlo 8), marù “maturo” < mat∂rus (REW5433), mùus “muso” < m∂sus (REW 5784), natùra “sesso delle bestie” < nat∂ra(DEI 4,2553), pùlech “pulce” < p∂lex -Δcis (REW 6816), la rùÂen “la ruggine” <aer∂go, -gΔnis (REW 243), ant. rùut “spazzatura, sudiciume, sporcizia” < r∂dus“macerie” (REW 7422), scùma (del lac’) “schiuma del latte” < *sc∂ma < germ.*sk∂ms (REW 8013), scotùm “soprannome familiare” < *consu©t∂men perconsu©t∂då, -Δnis (REW 2176; Mastrelli, in Conv. Bracchi 291 ss.: deverb. da*excßct∑re con suff. -∂men “marchio a fuoco di proprietà”).

Lo stesso si verifica per quanto concerne la vocale ∂ tonica lunga latina in sillabachiusa (Rohlfs 1,57-62): fruc’ “frutto” < fr∂ctus attraverso l’it. (REW 3537), frùc’“logoro” detto specialmente di vestito < fr∂ctus “sfruttato” part. pass. di fruŸ (DEG388), sùcia “senza latte” detto di bestia < exs∂ctua “asciutta” (REW 3075).

13. Il dittongo au tonico prevede normalmente un esito in ò di suono largo(Rohlfs 1,65-6): ciòo “chiodo” < *claudus per clavus da incrocio con claud√re“chiudere” (REW 1984), òca “oca” < *auca < avΔca origin. “uccello” (REW826), òor “oro” < aurum (REW 800).

L’allungamento delle vocali dipende dal contesto. In collocazione isolata ofinale i suffissi coincidenti -èe dell’infinito e del participio passato della primaconiugazione sono entrambi lunghi, nella stringa parlata brevi. Non si oppongonotra loro per la funzione, come in altri dialetti lombardi.

Consonantismo

14. La f intervocalica doveva essere un tempo aspirata, come in altri paesiall’intorno. Ne resta traccia in cahè “caffè”, ora cafè < it., la hél “il fiele”, ora lafél < f√l “fiele” (REW 3234).

La v intervocalica (primaria o secondaria) cade spesso, ma non in modosistematico, come inerzia di una tendenza che un tempo doveva certamente esserepiù consistente, come rivelano soprattutto i toponimi, in particolare quelli non piùtrasparenti dal punto di vista etimologico (Rohlfs 1,291-3): aèert “aperto”, nellatopon. forse i Aért ampio pendio boschivo di costoni scoscesi (la vocale chiusanon è attesa, ma forse dipende dalla perdita di contatto con l’etimologia),acqua(v)ìta “acquavite”, nella topon. al baitèl de l’acqua(v)ìta, caàgn “cesta” <*cavan√um (REW 1786), al ca(v)àl “il cavallo” / pl. i ca(v)ài, nella topon. alCaàl, la Caaléta, feraca(v)àl, feraca(v)ài “maniscalco”, al caèl “il capello” / pl.i caéi, ÂenÂìa “gengiva” < gΔngŸva (REW 3765), òlta “volta”, come terminegeonomastico “curvatura, svolta, ansa” < *vßl(vΔ)ta “volta” (REW 9445; DEI5,4086), nella topon. ant. anno 1591: fondo campivo in contrata u.d. ad Voltam(RPG, n. 196), nel 1816: vigna al Vastaggio o alla Volta (APG, doc. 1265),ombrìa “ombra” < *ƒmbrŸva (REW 9046), pé(v)er “pepe” < pΔper, -√ris (REW6521; Merlo 10), rìa “ripa” < rŸpa (REW 7328), nella topon. gió zót ai Rìi “giùsotto le ripe”, nel 1473: campo e vigna con piante da frutto in contrata u.d. inRipis, vicino all’Adda (ASSo, not. Venosta), nel 1599: fondo prativo in contratau.d. sub Ripas (RPG, n. 242), nel 1707: prato sotto le Rive, sotto la chiesa di S.

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Eusebio (APG, doc. 497), riàsc “valle generalmente asciutta, che si trasforma intorrente durante i temporali” < *rŸv∑c√us (REW 7341), nella topon. i Riàsc, forseanche la val di Refréc’, nel 1574: pezza prativa con stalletto e abitazione inlocalità de Refregiis (APG, doc. 1028) < rŸvus frŸgidus “rio freddo” (REW 3512),al Roàsch, nel 1461: ad Roaschum (RPG, n. 8) < prelat. *rova “smottamento,frana” (DTA 1/1,130-1; Anzilotti, Top. trent. 478), col deriv. Ros’cèra, nel 1351:in contrata u.d. ad plazum de la Revosgera (APG, doc. 981), nel 1461: in contratau.d. in Revuschera (RPG, n. 8), i dòs di Ros’cèri, nel 1616: fondo rovoschierivou.d. in Dosso (RPG, n. 347), EG fine ’700: roschiera con arbori e zerbo in Dossoossia in Val di Scala, saón < sapå, -ånis (REW 7589), nella topon. ìa a Traersèra,nel 1473: campo in contrata u.d. ad Traversegnos (ASSo, not. Venosta), nel 1629:fondo zerbivo e boschivo con castagni u.d. in Traversera seu ad Calcheram (RPG,n. 400) < *transv√rs∑ria “posta di traverso” (REW 8860), al léc’ di (v)àchi “laplacenta delle mucche”, alla lettera “letto delle vacche”, la téta di (v)àchi “lemammelle delle mucche” < tΔtta “tetta” (REW 8759), (v)al “valle con corsod’acqua” probabilm. < aqu∑le “corso d’acqua” con interferenza di valle (REW570; DVT 1374), védo(v)a < vΔdua (REW 9321), (v)enèspola “nespola” <*n√spΔlus per m√spΔlus (REW 5540), (v)érza “verza, cavolo con le foglie crespe”< *vΔrdia per vΔrΔdia pl. “verdure” (REW 9367), (v)èspa “vespa” < v√spa (REW9272), (v)ìgna < vŸnea (REW 9350), nella topon. la Strèda di (v)ìgni (v)égi,(v)iœìn “vicino” < vŸcŸnus origin. “abitante dello stesso vico” (REW 9312). Nellatopon. abbiamo inoltre n val Foàsca avvallamento prativo con roggia adandamemto trasversale, nel 1576: pezza prativa e selvata in contrata u.d. adVallem Foascam (RPG, n. 147), probabil. < fßvea “avval lamento” (REW 3463),con una preziosa testimonianza della fase intermedia di transizione verso fòpa.

La s seguita da consonante si avverte talora presso qualche informatore comeintermedia fra suono dentale e suono palatale s / sc. Qualche volta l’ambiguità siriproduce anche nella -s / -sc di uscita. Nelle testimonianze scritte e nella stessaraccolta dei toponimi l’incertezza è sempre risolta in favore della s dentale.

15. La n in posizione intervocalica presenta qualche sfumatura gutturale. Sempregutturale in collocazione finale dopo accento (non viene qui contraddistinta danessun contrassengno grafico).

La -n riuscita finale si mantiene regolarmente come nel resto dell’alta valledell’Adda, in continuità col lombardo orientale (Merlo 25-6; Rohlfs 1,427-9):cristièn “cristiano, creatura, uomo” < christi∑nus (REW 1888), nella topon. su nCampièn “campo piano”; terén “sgombro da neve” < t√rr©nus “con terra a vista”(REW 8672; Merlo 25; DVT 1279); cadìn < catŸnus (REW 1769), pirón“forchetta” (Pontiggia 97) < gr. pêiron “cavicchio” (REW 6366; LE 150; DEG637), saón “sapone” < sapå, -ånis (REW 7589), spungión “aculeo, pungiglione”(Pontiggia 21) < ex + pƒng√re con suff. -åne (REW 6850).

Rimane salda anche la l di uscita, in accordo con tutta l’alta valle e coi dialettilombardi orientali (Merlo 20-1; Rohlfs 1,426-7): fìl “filo” < fŸlum (REW 3306),aprìl “aprile” < aprŸlis (REW 562), niàl (léndes) “endice, uovo finto che si ponenel pollaio per indurre la gallina a deporvi l’uovo” (Pontiggia 70) < *nŸd∑le(REW 5908); suff. dimin. -öl < -(e)ßlu: chisciöl “schiacciatella di farina di grano

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saraceno” (Pontiggia 31) forse < cßqu√re con interf. di schiscià “schiacciare”(REW 2212; DEG 291), scoaröl (scoanìgol) “ultimo nato della nidiata,ultimogenito di una famiglia” (Pontiggia 69 e 94) < scåp∑re con suff. -eßlu,perché svuota il nido (REW 7735), stantiröl “carruccio perché i bambini imparinoa camminare da soli” (Pontiggia 101) < stans, stantis “che si regge in piedi” e suff.-arißlu (REW 8231; DEI 5,3618-9); in collocazione non immediatamentepostonica: tórbol “torbido” (Pontiggia 108) < *tƒrbƒlus “torbido” (REW 8998),œvérgol “torto, contorto, sghembo, fatto a virgola” (Pontiggia 105: œvèrgul) < ex+ vΔrgƒla denomin. “fuori dalla linea” (REW 9365; DEG 856 e 873; DVT 1241;HR 2,887: div√rg√re). La Pontiggia dà, erroneamente, carimà (calamèer)“calamaio” < calam∑rium (REW 1485; LEI 9,752), culderö (pairöl) “paiuolo”(pp. 35 e 74) < calΔd∑ria (ålla) con suff. dimin. (REW 1503), parö “paiuolo” (p.74) < *parißlum “paiolo” (REW 6245), pedü (pedùli pl.) “peduli, specie dipantofole con la suola di feltri sovrapposti e cuciti con spago e tomaia di vellutonero o di stoffa di lana” (p. 21, impreciso anche ü) < p√d∂lis “pedule” (REW6362), vendül (vendùl) “valanga” (p. 112) < *vannitƒcƒlum “vaglio, staccio”nell’attimo del rovesciamento (DVT 1388; RN 2,361; Stampa 152).

In modo analogo si mantiene la -r riuscita finale. «Come già avvertì l’Ascoli(AGI 1,290), nelle valli di Bormio è caratteristica la tenacità della r che riescefinale. Nell’infinito di tutte le coniugazioni si mostra ben salda fino a Frontale, aSondalo, a Grosio, e ancora oggi [nel 1951] si regge in parte a Grosotto; è cadutanei dialetti dalla media e della bassa valle. Si mostra tenace nei dialetti dell’altavalle anche la r finale del sostantivo che invece nella postonia immediata, anchenei monosillabi, per lo più è caduta nei dialetti della media e della bassa valle,eccettuati quelli soli dell’estrema riva sinistra dell’Adda, da Albosaggia a Rógolo,a Geròla, nei quali si mantiene pure la l riuscita finale» (Merlo 19-20; cf. Rohlfs1,429-31): butéer “burro” < b∂tŸrum (REW 1429), cantéer “trave del tetto dimedia grossezza” < canth©rius “trave portante” origin. “cavallo da lavoro” (REW1615). La Pontiggia trascrive in modo impreciso (con caduta di -r e quasi semprecon vocale chiusa -é): andeghè “uomo all’antica” (p. 16) < antŸqu∑rius (REWS505c; LEI 2,1624-5; VSI 1,170), brasché (braschèer) “caldarrosta” (p. 24) <prelat. *bras(i)a (REW 1276; LEI 7,227), cozzè (cuzzèer) “recipiente di legno odi corno per riporvi la cote” (p. 35) < *cåti∑rium (REW 2281), masé (masèer)“contadino che lavora a mezzadria o in affitto la terra non propria, massaro” (p.64) < lat. med. mass∑rius (REW 5396), mesté (mistéer) “mestiere, lavoro,faccenda” (p. 66) < mΔnΔst√rium (REW 5589), muliné (mulinèer) “mugnaio” (p.67) < mßlŸnarius (REW 5643), spiziè (spizièer) “farmacista” (p. 101) < lat. med.speci∑rius “chi vende spezie” (REW 8131; DEI 5,3588; DVT 1170), e raœóo(raœóor) “rasoio” dato dal Merlo (p.17) < rasårium (REW 7076).

Negli infiniti verbali la -r cade però regolarmente, sia dopo vocale tonica, siadopo vocale atona: bestemièe “bestemmiare, imprecare” < blastim∑re perblasph©m∑re (REW 1155), brodeghèe “sporcare, insudiciare” < *bƒrdΔc∑re“rovistare” < bƒrdus “bastone” (REW 1402; LEI 8,179), castighèe < castŸg∑re(REW 1746), masteghèe “masticare” < mastΔc∑re (REW 5398), piachèe“coprire” < *placΔc∑re “acquietare, mettere a tacere” da plac∑re (REW 6559),pizeghèe “pizzicare” < base espress. *pits- “a punta” (REW 6545), rentèe

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“assicurare i bovini alla greppia con la catena” < *haer√nt∑re “far aderire” (REW3978; Pontiggia 84: rentà), baglìi “tenere a balia, allattare dietro compenso unbambino non proprio” (Pontiggia 18) denom. < baiƒla “balia” (REW 886), dervìi“aprire” < de + ap√rŸre (REW 515), insedìi “innestare” < *insΔtŸre per insΔt∑re“inserire” (REW 4467), interquerìi “domandare” < *interquaer√re “domandare,indagare” con metaplasmo di coniug. (REW 6923), scrodolìi “scuotere, scrollare”specialmente gli alberi da frutta (Pontiggia 94) < ex + *corrßtƒlare “far rotolareinsieme” con metaplasmo di coniug. (REW 2260), sparmìi “risparmiare”<francone *sparån con adattamento alla coniug. lat. (REW 8119), mólsc“mungere” < mƒlg©re con metaplasmo di coniug. (REW 5729), pièisc “piangere”< plang√re (REW 6572), stréisc “stringere” < strΔng√re (REW 8315). Comeinfiniti in -r di Grosotto il Merlo cita negli esempi soltanto avéer (ora unicamentea(v)ée), ma créet “credere”, dìi “dire”, ès “essere” (p. 19).

16. Il nesso consonantico pl- iniziale si risolve regolarmente in pi-: piachèe“coprire” < *placΔc∑re “acquietare, mettere a tacere” da plac∑re (REW 6559),piàta “pietra piatta” < platta (REW 6586), nella topon. i Piatéi, Piatón, Piatédacollet. “petraia”, Piatìsci, pièga “piaga” deverb. < plΔc∑re (REW 6601; Merlo22), piómp “piombo” < plƒmbum (REW 6615), nella topon. al Piudèer “cava dipietre da copertura dei tetti” collett. da piöda < plauta “(pietra) piatta” (REW6589), dimin. l Piuderìn, i Piudèli da piudèli “assicelle”, piùma < pl∂ma (REW6610a; Merlo 7).

In modo parallelo si evolvono i nessi bl in bi e fl in fi anche in collocazioneinterna. Con bl confluisce anche l’esito di pl in posizione intervocalica: biónt“biondo” < germ. *blund (REW 1179), biót “nudo” < got. blauts (REW 1161;Merlo 22), crìbio “setaccio a buchi larghi, usato dai muratori” (Pontiggia 35) <crŸblum (REW 2324), nella topon. fò a Stabio, ant. ad Stabium, ASMi 1243:locazione di terreno situato u.d. ad Stabium < stabƒlum “piccola stalla” (REW8209), col dimin. stabièl “stallino” (Merlo 24), nella topon. a Stabièl, fiedèrdi pl.“dolci casalinghi di farina bianca, burro, uova e zucchero, fritti nell’olio o nellostrutto” (Pontiggia 44: fiadàrdi) < flado, -ånis “focaccia” con suff. di or. germ. -àrda (REW 3344; DEG 370; DRG 6,380), fiadèe “respirare” < flat∑re (REW3357), fièe “fiato” < flatus (REW 3359), fïèl “correggiato” < flag√llum “flagello”(REW 3347), gonfièe “gonfiare” < cßnfl∑re (REW 2135), œgonfièe “sgonfiare”,dalla stessa base con prefisso ex di allontanamento.

I nessi bi e vi seguiti da vocale danno entrambi bi (Merlo 21-5 e carte 14-15 e19; Rohlfs 1,241-2; 252-5; 1,348-9; 355-6 e 1,386-7): àbia e gàbia (Merlo 24)“egli abbia” < habeat (REW 3958), colóbia “lavatura di piatti, avanzi in genereche si danno da mangiare ai maiali” (Pontiggia 35: colóbbia) < collƒvies “acquadi lavatura” (REW 2054), gàbia “gabbia” < cav√a origin. “cava” (REW 1789;Merlo 24), ràbia < rabies (REW 6980).

Il nesso consonantico cl in collocazione iniziale o postconsonantica ha comeesito normale c’: cérega “chierica” < cl©rΔca (REW 1985), cèer “chiaro” < clarus(REW 1963), nella topon. ant. anno 1394: terra prativa ultra pontem Reaschi u.d.ad Clusuram (APG, doc. 983), nel 1480: campo sotto al Castello alla Cesura(APM, doc. 749); mes’cèe “mischiare, mescolare” < mΔscƒl∑re (REW 5606;

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DVT 675). Così il nesso consonantico gl- iniziale o postconsonantico sipalatalizza in Âi- / gi- (Merlo 21-5 e carte 17-8; Rohlfs 1,243-5 e 249-51; e 349-52; 353-5): Âèra “ghiaia” < glar√a (REW 3779; Merlo 23), nella topon. i Âèri del’Àda “le ghiaie dell’Adda”, nel 1599: in contrata u.d. in Geris subtus ripaeAbduae (RPG, n. 241), Âiànda “ghianda” < glans, glandis “ghianda” (REW3778), Âiàsc “ghiaccio” < glacies (REW 3771), nella topon. la Giazèra grottanaturale sotterranea con infiltrazioni d’acqua che si ghiaccia, data la profondità ela temperatura costantemente fredda; ma sangolót “singhiozzo, singulto” <*sΔnglƒttus per sΔngƒltus (REW 7944).

In posizione intervocalica il nesso cl primario o secondario confluisce con gl,sviluppandosi in  / g’ (Merlo 21-5 e carte 17-8; Rohlfs 1,243-5 e 249-51; e 349-52; 353-5): géœa / géÂia “chiesa” < eccl©sia (REW 2823), guÂéta “ago diconifera” col sinonimo guÂiaröl “aghifoglia” < *ac∂cƒla “piccolo ago” condiverso suff. dimin. (REW 119), nella topon. a GuÂiaröl, öÂèda, öÂiada (Merlo14) “occhiata” < *ocƒl∑ta (REW 6038), oréÂia “orecchia” < aurΔcƒla (REW793), séÂia “secchia di legno” < *sΔcla per sΔtƒla (REW 7962), sernöÂia“scriminatura dei capelli” < c√rnΔcƒlum “vertice” (REW 1833), ströÂia “strigliadi ferro” < strΔgΔlis (REW 8312).

In uscita di parola si verifica normalmente l’assordimento in c’: nella topon. alValé◊ de ca(v)ìc’ < *cavŸcƒla per clavŸcƒla “piccolo chiodo” in versione masch.(REW 1979), cuèerc’ “coperchio” < coop√rc(ƒ)lum (REW 2203), cunìc’“coniglio” < cƒnŸcƒlus “cunicolo” (REW 2397), fenòc’ “finocchio” < f©nƒcƒlum(REW 3246), öc’ “occhio” < ßcƒlus (REW 6038), nella topon. su n Pendéc’, nel1473: in Pendegio sive ad Gredam (ASSo, not. Venosta), nel 1604: in contrata dePendetio (RPG, n. 269) < *p√ndΔcƒlum “oggetto sospeso, pendente”, piöc’“pidocchio” < *plƒclu per p©dƒcƒlus (REW 6361), quàc’ “caglio” < coagƒlum“latte coagulato” (REW 2006; Merlo 24); ma scérsc “cerchio” < cΔrcƒlus (REW1947) per assimilazione con il suono iniziale.

17. Il nesso ci, ce oscilla tra gli esiti sc e z in posizione iniziale opostconsonantica. «Alla palatale preromanza da k + e, i rispondono: a)nell’iniziale assoluta, c’- nell’alta valle, sc- nella media e nella bassa valle; b)nell’uscita romanza, -sc nell’alta valle, -s nella media e nella bassa valle; c) travocali, -Â- nell’alta valle, -œ- nella media e nella bassa valle. Il confine estremodelle due alterazioni si può dire che coincida e che cada oggi tra Grosio eGrosotto. In questi paesi, e nei vicini Frontale e Sondalo, la sibilante palatale haper lo più suono più debole nell’uscita diretta e tra vocali» (Merlo 26 e n. 1): scéna“cena” < c©na (REW 1806; DEI 2,848), scervèl “cervello” < c√r√b√llum (REW1826), scéspet “zolla erbosa” < caespes, -Δtis (REW 1476), nella topon. laSciaréœa, EG fine ’700: campo in Ruinazzo alla Sciaresa, campo nella coltura, disotto la strada regia ove dicesi alla Sciaresa, ma anche la Saréœa, nel 1742:campo in contrada Roncale, località Saresa (APG, doc. 972), a Sareœèer, nel1391: fondo in Zarexedo (APM, doc. 1727), nel 1591: fondo campivo in contratau.d. in Seresero, nel 1608: pezza campiva sita u.d. in Sarecerio (RPG, nn. 196 e296), scérsc “cerchio” < cΔrcƒlus (REW 1947; Merlo 9-10), scerscèl “sarchio”(Pontiggia 93) < *sarc√llum (REW 7597), scìma “cima” < cyma iniz. “la cresta

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dell’onda” (REW 2438), nella topon. i Scìngoli piccoli terrazzi fra dirupi, orainvasi da vegetazione spontanea, prevalentemente roverelle, già vigneti e campidi segale, EG fine ’700: vigna alle Cingole < cΔngƒlum “cintura” (REW 1928),zìgola “cipolla” < *c©pƒlla (REW 1820), zìra “cera” < c©ra (REW 1821); purscèl“maiale” < pßrc√llus (REW 6660); si risolve in œ di suono dolce in collocazionemediana (Merlo 26-7 e carte 9-10; Rohlfs 1,200-3; 209-12 e 378-9): èœer “acero”< acer, -√ris (REW 91), luœèrda “lucertola” < lac√rta “lucertola” (REW 4821),moleœìn “molle” < mßllis “molle” con suff. cumulat. -ΔcŸnus (REW 5649), veœìn/ viœìn “vicino, accanto” avv. < vŸcŸnus origin. “abitante dello stesso vico” (REW9312), ma la zìgola “acetosa”, ascìgola (Pontiggia 50: gìgula) < acΔdƒla per ilgusto asprigno (REW 104). In posizione finale abbiamo generalmente -s di suonosordo: al féles m. “la felce” < fΔlex, -Δcis (REW 3294), védes “salicone” < vΔtex, -Δcis “salicone” (REW 9389).

18. Il suono semiconsonantico i- e il nesso gi, ge in posizione inizialerispondono normalmente con Â- (Merlo 29-30; Rohlfs 1,212-5); ugualmente siosserva in collocazione intervocalica: Âèlt “freddo, gelido” < g√lΔdus (REW3717), Âermèn “cugino” < g√rm∑nus “fratello” nel contesto della famigliapatriarcale (REW 3742), la Âinéora f. “ginepro” < ienΔp√rus per iunΔp√rus (REW4624), al Âiööch “giogo, gioco” e anche “bivio” < iƒgum partendo dal concettodi “sdoppiamento” (REW 4610), Âirèla “carrucola” (Pontiggia 50) < *gyr√lla(REW 3937; DVT 465), Âiùgn, giùgn (Merlo 8) < i∂nius (REW 4625).

In posizione interna i e gi, ge danno ugualmente  mediopalatale: bàgiol“bacchio, bastone per portare i secchi sulla spalla, bigollo” (Pontiggia 18) <baiƒlus “portatore” (REW 888; LEI 4,499-504 e 509), calìÂen m. “caligine” <calŸgo, -Δnis (REW 1516), ÂinÂìa “gingiva” < gΔngŸva (REW 3765), la rùÂen “laruggine” < aer∂go, -gΔnis (REW 243).

Per di seguito da vocale abbiamo: giutèe “aiutare” (Pontiggia 15: giutà) <adi∂t∑re (REW 172), al laéc’ “pentola di pietra ollare” < lapid√us “di pietra”(REW 4899).

19. Per quanto riguarda i nessi ci, ce seguiti da vocale, l’esito interno previstoè sc, e ugualmente quello atteso in fine di parola. Scrive il Merlo: «Al nesso -cj-risponde -c’- nell’alta valle, -sc- nella media e nella bassa valle. Il confine dovetteessere un tempo verso Tirano; oggi il -c’- si arresta verso Grosio e Grosotto, doveho sentito, sulle bocche di persone anziane, brac’ per “braccio”, a Grosotto anchecadenàc’ per “catenaccio”» (p. 18); la àscia “la matassa” < acia “gugliata di refe”(REW 102), càscia “caccia” deverb. di capti∑re “cacciare” (REW 1662; DEG277), capuscìn “berrettino, cuffietta per neonato” (Pontiggia 30, con ü) < cappae suff. -∂ceu e -Ÿnu (REW 30), cròscia “bastone con manico ricurvo” (Pontiggia35) < germ. *krukia “bastone ricurvo” (REW 4785; DEG 308), fitaréscia “poderepiuttosto grande preso o dato in affitto” (Pontiggia 45) < lat. med. fŸctaricia(REW 3280), bernàsc “paletta per il focolare” < pr∂na “brace” e suff. -∑ceu forseincroc. col germ. *bruni “brace” (REW 6797; Pontiggia 20), brasc “braccio” <*bracciu per brachium (REW 1256), pésc “abete” < pΔc√us in origine “ricco dipece” (REW 6479), topon. ant. nel 1513: campo in località ad Pescegatam (APG,

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doc. 991), rìsc “riccio” e “selciato, acciottolato” < *erŸcius per erΔcius (REW2897); suff. spreg. -àsc < -∑c√u: spegàsc “scarabocchio, disegno o scrittura malcomposta” (Pontiggia 100) < pix, pΔcis “pece” nel senso orig. di “imbrattare dipece” (REW 6553); suff. vezzegg., atten. -ìsc, -üsc < -ic√u, -∂c√u: reœegadùsc“segatura” < r√s√c∑re (REW 7241; Pontiggia 85, con ü), suadùsc “sudore”deverb. < s∂d∑re (REW 8421).

Parallelamente gi, ge seguiti da vocale si risolvono in  mediopalatale: coréÂia“cintura di cuoio, correggia” < corrΔgia (REW 2253), dimin. coregìna (Pontiggia 36).

I nessi sci, sce e x (ks) presentano una s di suono duro tanto in posizione iniziale,quanto intervocalica (Merlo 27-8 e carta 12; Rohlfs 1,314-7 e 378-9): cusìn“cuscino” < *cßxŸnus (REW 2292), al gumusèl “il gomitolo” < *glßmΔsc√llum(REW 3799; Pontiggia 48), sam “sciame” < ex∑men origin. “schiera” condottafuori (REW 2936), sóngia “sugna” < axƒngia origin. “grasso per ungere l’asse delcarro” (REW 846), tòsech < tßxΔcum (REW 8818), vasèl (de èef) “arnia” <vasc√llum “piccolo vaso, contenitore” (REW 9163); ma liscìa “lisciva” < lΔxŸva(REW 5089), voce ripresa dall’italiano. Danno ugualmente -s dura in uscita diparola: pés “pesce” < pΔscis (REW 6532), sas < saxum (REW 7631), tas “tasso” <taxo, -ånis germ. (REW 8606). Sulla base della pronuncia dovrebbe essereaggregato a questo gruppo, come continuatore di fasa “fascia”, al masch. “fascio”< fascia (REW 3208), anche il topon. al dòs del Fasòl, nella document. d’archivioDosso del Fassolo (RAPG cap. I), SCG 1544, cap. 51: in loco ubi dicitur adFassoyrum, forse in riferimento a un “cordone di terra”, una “cengia”.

Per il nesso si seguito da vocale si ha, in posizione intervocalica, œ di suonodolce (Merlo 16-7 e carta 6; Rohlfs 1,406-7): brèœa “brace” < prelat. *bras(i)a(REW 1276; LEI 7,227), faœöl < phaseßlus (REW 6464), rèœa “resina diconifera” < *rasia (REW 7073); ma buœèdro “bugiardo, falso” < germ. *bausi-“malignità, frode” con suff. -ardo (REW 1006; DEI 1,629). Il confine tra l’esitodell’alta valle in  e la media e bassa valle in œ «vale a dire con la sibilante alveo-dentale sonora… cade oggi [nel 1951] tra Frontale e Grosio, dove da personeanziane si possono ancora sentire, con  attenuato, baÂiàr, baÂìn, ceréÂia,faÂiöi» (Merlo 17).

20. Il nesso li seguito da vocale si risolve in i che talvolta cade (Merlo 17-8 ecarta 8; Rohlfs 1,396-8): canàia “canaglia” < canis “cane” con suff. collett. -∑lia(REW 1592), cöi “tagliare il grano, la segale, mietere” (Pontiggia 32) < *cßlli√reper cßllΔg√re “raccogliere” (REW 2048), föa < fßlia iniz. collett. n. pl. di fßlium(REW 3415; Merlo 18), ant. meravéa “meraviglia” (Merlo 18), marana(Pontiggia 63) < *merabΔlia per mŸrabΔlia “cose meravigliose” (REW 5601),muéta “molla per attizzare il fuoco” (Pontiggia 67) < mßllia (f√rra) “ferri amolla” talvolta con suff. dim. -Δtta (REW 5649), pàa “paglia” < pal√a (REW6161), col derivato paón “saccone del letto, pagliericcio”, nella toponom. aPeadìscia / Paiadìscia, nel 1624: ad Paiaditiam (RPG, n. 375), “roschiera, pratoe campo con bosco a Paiadizza” (EG 1795), taèe (gió) “tagliare” < tali∑re (REW8542), taéra “tafferia” derivato dallo stesso verbo.

Lo stesso esito è ricalcato da nessi diversi, passando attraverso la faseintermedia di i semivocalica. Così il nesso di seguito da vocale si perde in poàt

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“legna disposta a covoni nella carbonaia” < *pßdi∑tum “accatastato” < pßdium“poggio, mucchio” (REW 6627; DVT 874). Ugualmente in la Penàa piccolomaggese da penàa “zangola per la lavorazione del burro”, il nesso cl si eclissaattraverso la caduta di una i secondaria intervocalica < *pannacƒlum forsederivato da pannus “panna” (REW 6204; per altri < *pΔnguia “sostanze grasse dellatte”, DVT 814).

Come tutto all’intorno, a partire da Serravalle in giù, l’esito atteso del nesso ctè c’ in qualsiasi posizione: bescöc’ pl. “marroni cotti al forno” (Pontiggia 229) <bΔscßctum “cotto due volte” (REW 1123), nella topon. Fracia de dint e Fracia defò, nel 1506: in monte ultra Abduam in contrata u.d. ad Frachiam (RPG, n. 33),nel 1549: in monte ultra Abduam u.d. ad Fraghiam (APG, doc. 1010) < fracta(sΔlva) “bosco tagliato” (REW 3466), fric’ “fritto” < frŸctus (REW 3510), pécen“pettine” < p√cten, -Δne (REW 6328), pécena “pettine più grande con i dentilarghi e radi”, nella topon. i Saléc’, nel 1473: prato u.d. in Salegio (ASSo, not.Venosta), EG 1795: prato nei Saleggi, sùcia “senza latte” detto di bestia <exs∂ctua “asciutta” (REW 3075), téc’ “tetto” < t©ctum (REW 2317).

21. Tra i fenomeni più comuni meritano di essere ricordati alcuni casi dimetatesi, quali predesém (pedresém) “prezzemolo” < p√trßs√lΔnum alla lettera“sedano della roccia” (REW 6448; Pontiggia 81), ramignèga “albicocca” <armenΔ∑ca origin. “proveniente dall’Armenia” (REW 654), romenèe “numerare”< nƒm√r∑re (REW 5993); di dissimilazione: al canarùz m. “trachea” < can∑lis“canale, condotto” della gola, con suff. -uc√u (REW 1568), al gumusèl “ilgomitolo” < *glßmΔsc√llum (REW 3799; Pontiggia 48), al mèrtol m. “lamartora”, anche soprannome Mèrtol < *marthor francone < germ. *marthu-“sposa” con risvolti tabuistici (REW 5385; DEG 523), al pedriöl “imbuto”,dimin. di la pédria, pìdria (Pontiggia 78) “imbuto grande di legno a formaquadrata per la botte” < *pl©tria “strumento per riempire” con suff. dimin. -ßlu(REW 6597), œgolatrèe “svolazzare” specialm. in senso morale (Pontiggia 98:œgolatrà) < *exvßl∑re, con suff. -attƒl∑re (REW 3115), nella topon. l’Urscèla <auc√llus < avΔc√llus (REW 828), ma mezratemezurscèl “pipistrello”, nella topon.forse a Vargelàsc, nel 1495: in contrata u.d. in Arcellazio (RPG, n. 23), se davallΔc√lla (REW 9133); di assimilazione: cristéri m. pl. “clistere” < clyst©r, -©ris(DEI 2,984), prepónta “trapunta” < lat. med. cßntrapƒncta (DVT 863), scerscèl“sarchio” < *sarc√llum (REW 7597), l vèspol sm. sing. “vespri” < v√sper“vespro, sera” (REW 9273); di sincope: aschèe “osare” < (Pontiggia 88: ascà),nella topon. ant. nel 1773: campo in località Catrina (APM, doc. 612), daCaterina, fémma “donna, moglie” < f©mΔna (REW 3239), prìgol “pericolo” <p√rŸcƒlum (REW 6414), nella topon. al Prìgol prato e baita a monte di un sassostrapiombante, nel 1536: pezza prativa con masone e ovile in contrata u.d. adPericulum (RPG, n. 71), SCG 1555, cap. 3: “… non facendo pascholari a sassaCoronarum nec a sassa Periculi in imo”; di epentesi: nìgol “nuvoloso” <*nŸbƒlus per n∂bΔlus “nuvoloso” (REW 5975), sangolót “singhiozzo, singulto” <*sΔnglƒttus per sΔngƒltus (REW 7944); di oscillazione nello stabilire il limite fraarticolo o altre particelle e nome: nella topon. l’acqua de l’aràm “l’acqua delrame” < a(e)r∑men (REW 242), l’Èra, nella documentaz. antica: prato con bosco

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all’Era (EG 1795); col dimin. a Iròla / Airòla < areßla “piccola aia, breve trattolibero e pianeggiante”, nella document. antica, ASMi 1316: petiam unam prati inmonte u.d. in Arola, ASMi 1412: petia una prati in monte u.d. in Ayrolla, nel1473: ad Eyrolam (ASSo not. Venosta), nel 1626: ad Aeroliam (APG, doc. 1086);la Rèla, ant. ASMi 1412: petia una prati in monte u.d. in Arella < hara “assito peranimali” con suff. dimin. -√lla (REW 4039 e 4063), ant. ASMi 1316: petiamunam terre campive u.d. ad Lavoltam de Stabio, ASMi 1412: petia una terrecampive u.d. ad Voltam de Stabio < da vßlvΔta “piegatura, curva” (REW 9445;DEI 5,4086), la stèla “scaglia di corteccia, rimasuglio del taglio” < ast√llavariante di astƒla “assicella, stecca, scheggia” (REW 736 e 740; Pontiggia 102).

Nel topon. Valèert la -t finale rappresenta un’appendice non etimologica, daquanto si deduce dalle testimonianze antiche: “petiam unam terre campive u.d. inValareis” (ASMi 1316), nel 1549: campo in cultura superiori in contrata u.d.Valare (APG, doc. 1013), EG 1795: campo in Valart < aqu∑le “corso d’acqua”con interferenza di valle (REW 570; DVT 1374).

Annotazioni morfologiche

22. Il plurale dei nomi maschili e di quelli femminili che terminano inconsonante resta generalmente immutato nei confronti del singolare: al còrf / icòrf “i corvi”, al còrn / pl. i còrn, l’ancùÂen f. “l’incudine” < *inc∂gΔne perinc∂s, -∂dΔnis (REW 4367; DVT 520) / pl. i ancùÂen. I maschili uscenti alsingolare in -l sostituiscono la consonante finale con la -i: al ca(v)àl “il cavallo”/ pl. i ca(v)ài, al badìl “il badile” < *batŸle (REW 992) / pl. i badìi; quelli in -èl /-éi si presentano in più con la metafonia nel plurale: al caèl “il capello” / pl. i caéi,al fradèl / i fradéi. I nomi femminili che terminano in -a al singolare formano ilplurale sostituendo la vocale di uscita con -i: picarèli pl. “capriole” < *pŸcc∑re“battere in punta” con suff. -√lla (REW 6494), la roéda “sodaglia di spini”, trasl.“questione, lite” < rƒb©ta pl. n. “rovi, roveto” (REW 7407) / pl. ruédi, la sorèla /pl. i sorèli, nella topon. la Val di caréti “la valle delle carrette”, la Val di còsti, laVal di róngi “la valle delle rogge”. Rappresentano delle sopravvivenze arcaiche iplurali palatalizzati o quelli metafonetici: l’an / pl. i agn < anni (REW 487), alpan “panno” < pannus (REW 6204) / pl. i pagn “i vestiti”, al pè / pl. i pée “ipiedi”. Nella serie aggettivale abbiamo: bèl / f. bèla / i béi / f. pl. i bèli, grant /grànda / i granc’ / i gràndi, quènt / quènta / quènc’ / quènti, tènt / tènta / tènc’ /tènti. Un antico plurale è cristallizzato nel topon. a Prai, nel 1512: pezza prativain contrata u.d. ad Prayum sive in Valle Fovascha (RPG, n. 37), nel 1794: selvaa Praglio (APG, doc. 1263), EG 1795: prato con arbori a Pray.

Alcuni nomi compaiono in doppia veste, maschile e femminile, talora conspecializzazione samantica diversa. Nel caso di semplice oscillazione, ilfemminile caratterizza di solito un referente più esteso: al sal / la sal “il sale”, aldì “il giorno” / la dì in particolari locuzioni quali la stèla de la dì “il pianetavenere”, al fióor “il fiore” < flos, flåris “fiore” / la flóor “la panna”, “il fiore dellatte” < flos, flåris (REW 3382), al canàl “canale” / la canàl “gronda (di legno)del tetto” < can∑lis (REW 1568), al böc’ “il buco” < *bokky- / *bogy- / *b∂gy-

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“pungere, perforare” (IEW 1,828; REW 9115; LEI 6,649-51) / la böÂia “la buca”.Fra i topon. si segnalano numerose alternanze pressoché sinonimiche: bórch /bórca “bivio, biforcazione” < bΔfƒrca “biforcazione” (REW 1093), caœèl / caœela“baitello” < casa “capanna” (REW 1728), cuchét / cuchéta da cuch “ciottolo” <*k∂kko- “sasso, sporgenza arrotondata” (DEI 2,1183; RN 2,120), dòs / dòsa“dosso, altura arrotondata” < dßssum per dßrsum (REW 2755), fòp / fòpa“avvallamento” < fßvea (REW 3463), mót / móta “dosso, altura” < prelat. *mƒtt-“sporgenza, altura” (REW 5702; DEI 4,2521; DVT 694), pradél / pradèla <pratum (REW 6732), valén / valéna < vallis (REW 9134).

Nella coniugazione verbale, la seconda persona singolare conserva ladesinenza lat. -s come ultimo baluardo dell’alta valle, procedendo verso sud(Merlo 30; Rohlfs 2,267): ti te sèes (che) “tu sai (che)” < te tu es, ti te fèes “tu fai”< te tu facis, ti te èes “tu vai” < te tu vadis, ti te öös “tu vuoi” < te tu *volis.

I participi passati con -t conservata, come nei dialetti lombardi orientali, fornitidalla Pontiggia, non sono attestati a Grosotto: deœlipàt (deslipèe, scarognèe)“sfortunato” (Pontiggia 40), imbrumbàt (’mbrombèe) “inzuppato, ripieno d’acquao di altro liquido” (p. 54) < base elem. *bob- / *bomb- con r di vibrazione (REW1181 e 1199), imbeœüìt (’mbeœuìi) “istupidito, intontito” (p. 54) di etimol.controversa (DVT 499), inargagnàt “difficoltoso a muoversi, dai movimentilegati, rattrappito” (p. 56), da argàgn “congegno poco funzionale” < *arganiumper *organium “strumento” (REW 6096; DVT 23), ingrupìt (‘ngrupìi) “intirizzito,attorcigliato come un nodo”, gróp. Difficilmente il topon. i Ariàt, benché collocatoin zona ventosa, può essere condotto al valore di “arieggiato”, a meno cherappresenti un’importazione. Forse è invece da connettersi col valt. (a)riàt“scricciolo, reattino” < r©x, r©gis “re” con suff. dimin. -àt (REW 7286; DVT 944).

Annotazioni lessicali

Morfologia del suolo

23. La “vetta” in generale è detta la scìma < cyma iniz. “la cresta dell’onda”(REW 2438), mentre con còrna si definisce, in modo più specifico, il “sassogrande che strapiomba” < cßrnua pl. collett. di cßrnu (REW 2240), da cui anchepiz Cornìn. Lo spigón è invece il “crinale” che presenta un profilo diritto, senzafrastagliamenti < spŸca, spŸcum “spiga” con suff. accr. -åne (REW 8145 e 8148;DEI 5,3591). La stessa immagine è ripetuta nel topon. n Schèna d’èœen “inschiena d’asino”, con un tocco più vivo di fantasia.

L’abbondanza degli affioramenti rocciosi, caratteristici del paesaggio alpino,ha indotto a definire con precisione alcune tipologie di pietre, in base anche allaforma, alla collocazione, al loro possibile utilizzo. Il crap è la “roccia” in sensogenerico < *krappa / *klappa, *gr√pp- “sasso, roccia”, base prelat. allargata da*karra (REW 3863; DVT 248), bóc’ il “sasso arrotondato dei torrenti” < prelat.*bok(k)- / *b∂k(k)- “tondeggiante, convesso” (LEI 6,544 ss. e 681), cuch il “sassousato per fare la calcina” < prelat. *k∂kko- “sasso, sporgenza arrotondata” (DEI2,1183; RN 2,120).

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L’anfiteatro scavato dai ghiacciai sotto le creste è descritto con l’immagine delcadìn “catino glaciale” < catŸnus (REW 1769), come anche all’intorno. Se ne hariscontro nel toponimo i Cadìn, che designa un’ampia depressione prativa epascolativa, con specializzazione semantica nel senso di “avvallamento, conca”.I movimenti di scorrimento di materiale verso il basso vengono distinti con curafra quelli della neve e quelli della terra, entrambi pericolosi per gli insediamentisottostanti: valènga “valanga di neve” metatesi < *labΔnca da labŸ “scivolare”(REW 4807; DELI 5,1409), vendùl “smottamento consistente di neve” <*vannΔtƒcƒlum “vaglio” con suff. -∂le, (DVT 1388) come un capisteo che sisvuota, nella topon. al Valén del vendùl, œla(v)ìna “piccolo smottamento di neve”< labŸna “scivolamento, frana” (REW 4807), e luìna “slavina”, nella topon.Luìna, ant. al 1625: in monte oltre l’Adda u.d. in Val de Luina (RPG, n. 379), EGfine ’700: prato in Valle Luina, SCG 1562, cap. 2: dossum vallis de Luina, colderivato Luinàl, ruìna “smottamento di terra” < rƒŸna (REW 7431), nella topon.vari Ruìna, Ruìni, Ruinàl, nel 1584: in monte citra Abduam u.d. ad Ruinale (RPG,n. 164), Ruinàsc, Ruinón, frèna “frana” < fr≈gΔna “rottura”, da frang√re (REW9454: vorago, -agΔnis; DELI 2,455), quàc’ “smottamento” < coagƒlum “caglio”(REW 2006; HR 2,829; VSI 3,161: cac∑re), prendendo l’immagine della vescicache si forma sotto la pelle per uno sfregamento insolito.

Come nel resto della cerchia alpina confinante, con gànda si qualifica un“accumulo di materiali di sfaldamento” < prelat. *ganda “accumulo di sassi”(REW 3670; DVT 442). Nel 1257 si incontra “campum unum in cultura u.d. inGandinosso” (APM, doc. 252), nel 1428: campo in Grosotto in localitàGandinoso o Nizolera (APM, doc. 697). Quasi sinonimico risulta muràca“accumulo di pietre” < prelat. *mora “mucchio di pietre, moriccia, macìa”, consuffisso -accu e sovrapposizione di m∂rus (REW 5673a; DEI 4,2504). Il ricordodi un’antica voce gràva “colata di pietre di sfasciume” < celt. *grava “pietra”(REW 3851) si prolunga nei topon. i Gra(v)iÂèri coste franose con petrameminuto che si sfalda dalla roccia, e Valé◊ de la graaÂìna.

I luoghi pericolosi richiedevano di essere identificati con precisione, per essereavvertiti di non mettersi nel rischio di precipitare: strapiómp “strapiombo” < it.strapiombare “cadere a piombo” (REW 6615; DELI 5,1283), saltè gió“precipitare da un dirupo” < salt∑re (REW 7551). Il termine fïésca “spaccaturanel terreno, crepaccio” < fΔstƒla “condotta, canale” (REW 3332; Bracchi, RLiR

24. I rilievi e gli avvallamenti sono descritti con una nomenclatura senzaparticolari tratti di originalità, ma con puntuale aderenza alla morfologia: dòs“dosso” < dßssum per dßrsum origin. “dorso, schiena” (REW 2755), mót “dossoarrotondato” < prelat. *mƒtt- “sporgenza, altura” (REW 5702; DEI 4,2521; DVT694), coróna “balzo, terrazzamento”, nella topon. Coróna, i Coróni, i Cornèli delBrat, forse anche al Cornìn; val, o anche (v)al “valle con corso d’acqua”probabilm. < aqu∑le “corso d’acqua” con interferenza di valle (REW 570; DVT1374), valéta “valletta” < vallis con suff. dimin. -Δtta (REW 9134), nella topon.i Valéti f. pl., valé◊ “valletta priva di vegetazione, senza acqua” < vallis con suff.-©na, tipologia che ritorna un po’ in tutta la Valtellina (REW 9134; DVT 1374),vastàc’ “callaia” < vast∑re “devastare” con suff. -acƒlum + altri incroci, come

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vestigium “traccia” (DEG 943-4; DRG 6,148; HR 1,325-6), nella topon. al Valé◊del vastàc’, solco vallivo ricoperto da bosco misto, un tempo utilizzato comecondotta per il legname, nel 1816: vigna al Vastaggio (APG, doc. 1265), nellatopon. Rèz “monte con canalone”, i Réz “ripido canalone, callaia naturale” <er©ctius compar. “molto ripido” (REW 2899), termine di diffusione limitataall’alta valle dell’Adda e a qualche punto dei Grigioni (HR 2,668), nella topon. laReœéna < alto ted. medio rise “canalone” (DTA 1.1,169-70); cónca“avvallamento” < cßncha origin. “conchiglia” (REW 2112), fòpa “avvallamento”< fßvea con qualche disturbo fonetico (REW 3463), topon. i Fòpi f. pl., zòca“avvallamento, buca”, nella topon. l’acqua de la Zòca, acqua de la zochìna <prelat. *tsokk- “fossa, avvallamento” (DEG 969; DVT 1429), nella topon. su nMortaröl < mßrt∑rißlum “piccolo mortaio” (REW 5692a) probabilmente inriferimento a qualche “concavità del terreno”, bochéta “bocchetta” < bƒcca consuff. dimin. -Δtta (REW 1357), nella topon. la Forcoléta che dovrebbe ricoprire lostesso significato < fƒrca “forca” con suff. dimin. -ƒla (REW 3593), zapèl,zapelùch “gradino nella roccia” < prelat. *tsapp- “battere (la terra); gradino incisonella roccia” (REW 9599; DVT 1421-2), giazèra “ghiacciaio” < glacies e suff.collett. -∑ria (REW 3771), vedréta “ghiacciaio” < *v√t√rΔcta “neve invecchiata”(REW 9292; DVT 1383). A differenza delle callaie naturali, la solénda è il“canalone artificiale per avvallare i tronchi” < s√qu√nda “via da seguire” (REW7837). Con significato affine nella topon. incontriamo a Menaròl, che forse inorigine designava il luogo sul fondovalle a cui faceva capo una condotta dilegname < mΔn∑re “condurre” e suff. -ola (REW 5585; DVT 669). Anche neltopon. n Val tóof va riconosciuto un appellativo comune tóof non più corrente, colquale si designava un “canalone”, come nella vicina Tóvo di Sant’Agata < prelat.*tob- “burrone, callaia” (AAA 52,276; REW 8764: tåfus “tufo”; REW 8969: tƒbus“tubo”), nel 1593: in contrata u.d. in Valthovo (RPG, n. 212), dai registriparrocchiali e dagli atti notarili dell’epoca risulta che nel 1630-31 e nel 1635-36“in Valle Tovasca prope Lazarettum” furono sepolti numerosi appestati. Allastessa base dovrebbe risalire l’ant. dimin., nel 1473: pezza ronchiva u.d. inRuynazio sive ad Tobellum (ASSo, not. Venosta), nel 1564: pezza vignata u.d. adronchum de Tobelo seu ad Stabium (RPG, n. 129).

Nel paesaggio montano di alta quota il lessico segnala alcuni dettaglicaratteristici, descrittivi di anfratti, coperture vegetali, conformazioni che rendonofrastagliato e irregolare il terreno: nella topon. Spelùga < *spel∂ca, spelƒnca(REW 8140), cròta “grotta” < *crƒpta per crypta (REW 2349), nella topon.diverse Cròta, cà(v)a “cava” deverb. < cav∑re (REW 1788), cà(v)a de sas “cavadi sassi”, piàz “radura” < gr. plagius “lato, costa” con interf. di platea (REW6564; DVT 1159), Mót de val deœèrta < d©s√rtus (REW 2592) forse inriferimento alla vegetazione, còsta < cßsta “costola” (REW 2279), costón, ért m.“salita” < *erctus per er©ctus “diritto, erto” (REW 2899), dòs “salita” < dßssumper dßrsum origin. “dorso, schiena” (REW 2755).

25. La monticazione estiva era resa necessaria dalla scarsa disponibilità di pratisul fondovalle. Si protraeva il più a lungo possibile, in modo da integrare ilforaggiamento delle bestie, costrette a rimanere nelle stalle per più mesi

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consecutivi. L’antichità della pratica è sottolineata dall’affiorare di terminologiaprelatina. Anche in questo settore le voci grosottine ricalcano quelle degliinsediamenti confinanti dell’alta e della media valle: mónt “maggengo inmontagna” < mons, mßntis (REW 5664), con specializzazione nel linguaggiopastorale rispetto all’italiano, pas’tùra “alpeggio” < p∑st∂ra (REW 6282), gras“tratti erbosi più fertili presso le malghe, dove il bestiame da latte era fattopascolare e lasciato la notte a concimare” < grassus per crassus “grasso” (REW2299), nella topon. Gras, Grasèl, Graselìn, mudèe, mudè a mónt “salire inalpeggio col bestiame” detto delle persone < m∂t∑re “cambiare” con specif. didirez. (REW 5785), mudè in sù, mudè in gió “scendere dall’alpeggio”, carghèe“portare il bestiame in montagna” < car(r)ic∑re propriam. “porre sul carro”(REW 1719; DEG 272; DRG 3,377-80); baita “abitazione di montagna” < prelat.*baita (VSI 2.1,65-6; DEG 193; DVT 43-4), con la formazione dimin. baitèl“ricovero di fortuna”, tréla “crotto a cupola di sassi, coperto di terra, con sorgente,in alta montagna, per la conservazione del latte”, “piccola costruzione con muri asecco, in alta montagna, dove i pastori depositano le conche del latte” (Pontiggia109: trèla) forse < *turra prelat. “accumulo di terra” sopra la costruzione, consuff. -√lla (DEG 914), téÂia “l’abitazione di montagna con tetto a un solospiovente, spesso addossata a una costruzione di cui sfrutta un muro perimetrale”,téÂia “tettoia” in alpe e in piano < celt. t√gia “tettoia, capanna” (REW 8616a;DEI 1,219), nella topon. a TéÂia nòa, nel 1473: in Tegianoa (ASSo, not.Venosta), nel 1581: in monte u.d. in Tegianova (RPG, n. 153), a TeÂiàl, nel 1606:in monte u.d. in Tegiale seu in Costa (RPG, n. 278), caœèra “costruzione in murodove si lavora il latte” < (tab√rna) case∑ria “ambiente per lavorare il cacio”(REW 1735; DVT 202), caœìna < *caps√us “baracca” a forma di cassa, macertamente con altri incroci e suffisso -Ÿna (REW 1660; DEI 1,790; DRG 3,90;DVT 204), nella topon. Camanàsch, da camàna “baracca” < prelat. *cam- /*gam- “stanga”, da cui anche il nome del camoscio, come designazionemetonimica a partire dalle corna (REW 1624; DEI 1,731; DRG 3,239; RN 2,64-5; Stampa 133-4), rèla “cancello per impedire che le bestie si mettano in pericolosui precipizi” < *har√lla “assito” (REW 4039 e 4063; DEG 697); màlga“complesso delle bestie che si portano in alpeggio” < prelat. *malΔca “cascinad’alpe” (REW 5264a), pastór di fédi “pecoraio” < f©ta (ßvis) “pecora sgravata”(REW 3269), la péœa del lac’ “pesa del latte a metà stagione”, al dì de la péœadeverb. < p©(n)s∑re “pesare” (REW 6391), la sachéta de la sal “borsa (di cuoio)per il sale da dare alle bestie in montagna”, terén del comùn “terreno comunale”,vìsega “fieno di alta montagna” (Pontiggia 113) < rad. indoeur. *weis- “legare”perché si usava per fare ritorte (DEG 956), erbàdech “tassa sull’erba dei pascolidi comunità” < h√rb∑tΔcum (REW 4109), zèrbo “gerbido” < prelat. *garwo- /*gerwo- “sadaglia” con suff. -Δdu (DEG 403; DVT 1426), nella topon. l Gherbìsc/ Garbìsc, l’acqua del Gherbisción.

Nel topon. a Scernìigh, nel 1257: in Arzenigho, in prato Cernigo est perticevigenti (APM, doc. 252), si deve forse riconoscere un c√rnΔcƒlum “separazione,scelta” (REW 1833) nel senso di “luogo dove venivano ripartite le pecore” dopoil loro rientro dalla montagna, e verrebbe così a corrispondere parzialmente conquello definito la Cunta di fédi “numerazione delle pecore”, stretto passaggio, sul

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sentiero che attraversa i mandri del Moro, per poi proseguire verso Canfinàl, cosìdetto perché in questo punto obbligato venivano contate le pecore.

A pascolo riservato alla pastura dei bovini fa riferimento la denominazione fòa Boarésc, dal lat. bß∑ricium (pascuum) (REW 1180), di antica documentazionepergamenacea: “petia una terre campive u.d. in Bovarezio sive ad Prata” (ASMi1412), nel 1609: fondo campivo in contrata u.d. ad Boaretio (RPG, n. 304), EG1795: campo alla Spinada o a Boareccio. In un documento ant. è citato un topon.ora scomparso: “petiam unam terre prative cum arbore uno nucis u.d. in Marzalia”(ASMi 1316). Potrebbe rappresentare un continuatore dell’appellativo*m√rŸdi∑lia “località dove le bestie meriggiano” nelle vampe del solleone (REW5530). Con un appellativo generico bràta diffuso soprattutto nella media valle, sidovette indicare un tempo una “radura erbosa di una certa estensione, di solito conmalga, circondata da bosco e in posizione soleggiata” da bràida < long. braida(REW 1266), nella topon. la Bràta, EG fine ’700: fondo prativo, boschivo conmasone alla Soliva dove si dice alla Bratta. Il pascolo denominato al Bruœèghèe,ricoperto di cespugli di eriche e mirtilli, ricorda probabilmente le bonifiche operateogni anno, per distruggere col fuoco le sterpaglie e favorire la crescita dell’erba.

26. L’osservazione del cielo era finalizzata a scopi pratici di previsione del tempoo di orientamento nella determinazione delle ore. A Grosotto si conoscevano la stèlade la dì “il pianeta venere”, propriamente “la stella del giorno”, con dì nell’arcaicogenere femminile, la poliÂinéra pl. “le iadi” < *pƒllΔcŸn∑ria “chioccia” (REW6820; DVT 877), i pradèer pl. “le stelle del cinto di Orione” < lat. med. prat∑rius“falciatore d’erba, fienaiolo” (REW 6732; DVT 859).

Di importanza fondamentale, tanto per l’insediamento dei nuclei da abitare,quanto per la destinazione della terra all’aratura, era invece consideratal’esposizione al sole. Nel vocabolario si hanno riscontri precisi: solìif “soleggiato,aprico” < lat. tardo sålŸvus (REW 8059), f. solìa, nella topon. la Solìa, a rebatónde sól “al riverbero del sole”, ossia dove il sole “batte” più intensamente (REW996; LEI 5,557-8), sól a baón / acqua a balcón “sole a sprazzi, acqua a catinelle”,con baón “passaggio” < vadum “guado, valico, passaggio” e suff. accresc. -åne(REW 9120a), temporèn “precoce” < *t√mpßr∑neus (REW 8632 e 8634), tardìif“tardivo, lento a maturare” < *tardŸvus (REW 8576), ghèrp “acerbo” < celt.*garwo- “crudo, acerbo” (DEG 411; DVT 455), riparèe “riparato” < part. pass.di r√par∑re (REW 7214), pöirìif “ombroso, a bacio” forse < *post√rŸvus“collocato dietro” (DVT 883; ZRPh 113,520), nella topon. vari Pöira, Pöiri, al’ombrìa “all’ombra” < *ƒmbrŸva (REW 9046), combrìa “parte ombreggiata, abacìo” < cum + *∂mbrŸva (REW 9046), nella topon. la Combrìa, costa con baitecircondate da bosco misto, un tempo prati, sopra Lambrósch, nel 1701: fondoprativo e sedimato sui monti di Grosotto, in Combria o al prato di Martino (APG,doc. 492). Fa riferimento a condizioni climatiche il toponimo a Batùda “battutadai venti”.

27. Il giorno e la notte venivano ripartiti nelle loro fasi più importanti: alrom(p)dì “alba”, propriam. “al rompere del giorno”, a bonóra “al mattino presto”< bßn∑ hår∑ con ascendenze tabuistiche (REW 1208 e 4176), meeœdì

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“mezzogiorno” < *m√sus per m√dius + dies (REW 5462 e 2632), ès sciè sìra“farsi sera” < s©ra (håra) “(ora) tarda” (REW 7841).

La luna era molto consultata, poiché si riteneva, forse con credulità eccessiva,nell’efficacia delle sue fasi sul ciclo della vita e sulle stagioni della terra: lùna nòa“luna nuova”, tónt de lùna “tondo, pieno di luna” < (r√)tƒndus per rßtƒndusorigin. “a forma di ruota” (REW 7400), lùna piéna “luna piena”, prim quèert,segónt quèert “primo, secondo quarto”, lùna n crés, lùna n cal “luna in crescere,crescente, luna in calare, calante”. In qualche casa esisteva il binocolo e confórola si indicava il “buco attraverso il quale si guarda, la canna” deverb. < for∑re“forare, penetrare”, con suff. dimin. -ƒla (REW 3430).

Dalla festa di san Martino (11 novembre), samartì◊, in dialetto prende nomel’intera stagione, l’ “autunno” (REW 5381; DVT 986).

28. Nessun fenomeno atmosferico si lasciava trascorrere inosservato.Dall’andamento del cielo poteva dipendere l’intera fatica dell’anno. Ognunosommovimento dell’aria rientra dunque in una classificazione attenta allesfumature, anche se raramente ci si stacca dalla tipologia che si riscontra nel restodelle valli. Come per altri settori, così pure all’interno di questo manipolo di vocinon mancano termini di ascendenza prelatina: nìgola “nuvola” < *nŸbƒla pl.“accumuli nebbiosi”, variante di n∂bΔlus “nuvoloso” (REW 5975), con ildenominale nigolàs “annuvolarsi”, nébia “nebbia, foschia” < n√bƒla (REW5865), ghèbia “nebbia bassa” forse < prelat. *gwebhl∑ “rana” come raffiguraz.teriomorfa (DVT 454-5), scighèra “nebbia che si attarda a metà montagna, forieradi pioggia” < *caec∑ria “cieca” perché vela la vista (REW 1461), roœèda“rugiada” < *råse∑ta da rås (REW 7378), bruìna “brina, rugiada gelata” <pruŸna (REW 6796), la Âèlta “la brina” < g√lΔda (REW 3717), bréa “breva” <prelat. *brev- “irrigidito dal freddo” (REW 1289a; Grzega 203-4), coi derivatibreascéri “vento forte” e Â’breàsc “vento con acqua”, retémp “tempaccio” <reum t√mpus “tempo cattivo” (REW 7274), Â’berlùsc “lampo” < celt. *ball∂c-“brillare” con interfer. di lux “luce” (LEI 4,905-6; DVT 999), e Â’berluscèe“lampeggiare”, trón “tuono” < tßnΔtrus (REW 8780), e tronèe “tuonare”, saéta“saetta” < sagΔtta origin. “freccia” del dio del cielo (REW 7508), fùlmin“fulmine” < fƒlmen, -Δnis (REW 3562a), piöa “pioggia” < *plßvia per plƒvia“pioggia” (REW 6620), anche semplic. acqua “acqua”, al piööf “piovere” <plßv√re per plƒ√re (REW 6610), col derivato piöiœnèe “piovigginare”, Âhizinèe“piovigginare” per ora senza confronti, ma forse in qualche misura dipendente dallat. *gƒtti∑re (*gƒttin∑re) “gocciolare”, con eventuali altre ingerenze (REW3929), Â’gotolèe “gocciolare” < gƒttƒla “gocciolina” (REW 3928), Â’mosìna“pioggerella” < musìn deverb. < mƒstio “moscerino” per il brulichio (REW5781), Â’guàz “guazzo, scroscio di pioggia” < aquatiå, -ånis “rovescio d’acqua”(REW 578), temporàl < t√mpßr∑lis “che concerne il tempo” e il suo mutare(REW 8631), val de acqua “temporale, acquazzone” < aqu∑le “afflusso” (REW570; LEI 3/1,595-6) con sovrapp. di vallis (REW 9134), tampèsta < t√mp√stas(REW 8629), serenèe “rasserenarsi del tempo” deverb. < s√r©n∑re s© (REW7843), tiràs fò “rasserenarsi, migliorare”, alla lettera “tirarsi fuori”, amàbel“tempo mite” < am∑bΔlis “amabile” (REW 427).

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Si riteneva importante induinè l témp “pronosticare il tempo” < *indŸvŸn∑re“leggere nel volere divino” (REW 2704; DEI 3,2007-8), e i contadiniconsultavano con attenzione i taquìn < ar. taqwŸm “giusto ordine” attraverso l’it.(REW 8535b; DEI 5,3695), e i calendèri < cal√nd∑rius (REW 1508; REWS1508b), immancabilmente appesi alle pareti della cucina dei più convinti.

29. La neve è una presenza troppo familiare nei villaggi alpini perché se neignorino le abitudini, i tempi, le forme nelle quali si presenta, i vantaggi che portaalla campagna e i danni che può arrecare. Spulciando tra le setacciature dellessico, si possono così cogliere alcune tra le allusioni più caratteristiche: fiochèe“nevicare” < *flßcc∑re (REW 3375), col derivato fiochiÂ’nèe “nevischiare”, lanéef < nix, nΔvis (REW 5936), la fiòca “la neve”, formazione femm. ripresa dafiòch “fiocco” < flßccus “fiocco” (REW 3375), fàla “fiocco grosso, falda”, forseformaz. abbrev. < germ. *falavΔska “scintilla”, voce passata anche in altre varietàa designare il “fiocco di neve” (REW 3152), patèla “falda larga” < *patta “stoffa,cencio” con suff. dimin. (EWD 5,211-3; DVT 783), Â(’)gonfièe “accumulo dineve accastastato dal vento” < confl∑tum “soffiato insieme” (REW 2135), nagàmba de néef “una gran quantità di neve”, fino a provocare l’affondamento diuna gamba intera < camba (REW 1539), sfondèe “affondare nella neve” < ex +fƒnd∑re (REW 3585), la cal “sentiero aperto nella neve” < callis “sentiero”(REW 1520; LEI 9,837: cal∑re “calare, scendere”), bat la cal “aprire il sentieronella neve”, slitón “spartineve”, propriamente “slittone” (REW 8033; DVT1134), Â’lözìn “piccola slitta” < celt. *slodia “slitta” (REW 8033a), con Â’lözàs“slittarsi”, bòp “slitta con sterzo” < ingl. bob-sleigh “slitta da corsa, montata suquattro pattini, dei quali gli anteriori girevoli” (DELI 1,149), alla lettera “slitta(sleigh) che dondola (bob)”.

Un proverbio a sfondo meteorologico, comune in tutta la valle, sentenzia: trasamàrch e san croÂét / al végn un mèz invernét “fra san Marco (25 aprile) e santaCroce (3 maggio) si inserisce un piccolo inverno” (Pontiggia, Proverbi 128).Appartengono al medesimo contesto altre voci di un certo interesse lessicologico:deleguèe “sciogliersi (della neve)” < d©lΔqu∑re “sciogliere” (REW 2542),remolèe “rallentarsi del freddo a primavera e conseguente disgelo del terreno” <mßllis con prefisso re- iterat. (REW 5649; DVT 934), al remòl de l’Imacolàta“sciroccate nella prima decade di dicembre, che provocano un parzialescioglimento della neve” (DEG 445 e 697), (in)terenàs “sgombrarsi della neve ecomparsa del terreno” denomin. < t√rr©nus denomin. (REW 8672), òchi f. pl.“ultimi rimasugli di neve” < “oca” < avΔca secondo una diffusa metafora animale,scelta a sottolineare “ciò che resta per ultimo” (REW 826; DEG 103 e 579),topon. gros. al Pra di òchi.

30. Anche l’idrografia si presenta circostanziata, ma senza novità rilevanti, aparte la conservazione di qualche termine arcaico, che per lo più si è perso nellefasce circostanti: caschèda deverb. < *cas(Δ)c∑re “cascare” (REW 1739), acquadel salt “cascata” che, secondo la tradizione, sgorga l’8 maggio, nella topon. Crapdel pìis lónch < *piss- “piccola cascata”, la Pìrla “cascata” < base espress. *pirl-/ *birl- “vortice” (REW 6522b), sórbola “gorgo nel fiume” deverb. < sßrb©re

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assorbire con suff. dimin. -ƒla (REW 8094), lèech “lago” < lacus “lago” (REW4836), dìga “sbarramento artificiale” < it. diga, fiùm “fiume” < fl∂men (REW3388), Ada grànda “Adda in piena”, al végn fò grant l’Ada “irrompe la pienadell’Adda”, róngia “roggia di irrigazione” < celt. arrƒgia “canale” (REW 678),nella topon. vari Róngia, Rongiàl, éles “canale di irrigazione” < ©lix, -Δcis “fossoper acqua” (REW 2847), nella topon. ant. località individuata in coltura Zót,correlata anche al nome di un vallecola o di un ruscello, nel 1513: pezza campivain cultura inferiore de Stabio u.d. ad Salecetium sive ad Elesum confinante conelesum aque (RPG, n. 39), bocaròla “chiusa della roggia di irrigazione” < bƒccacon suff. strum. -arißla (REW 1357), canaròla “condotta d’acqua diattraversamento della strada per alimentare la fontana” < can∑lis con suff. dimin.e dissimil. (REW 1568), àrgen “argine” < arger per agger, -√ris “argine” daagg√r√re “accumulare” (REW 277; DELI 1,71), nella topon. i Palènghi dapalènga “trave di protezione” per tenere nell’alveo i corsi d’acqua irruenti <“cascata”, molèda “argine di pietre” < gr.-biz. môlos “massa, materialiaccumulati” e suff. collett. -∑ta (DEI 4,2490; DEG 555-6; DVT 699-700), brìla“argine di tronchi”, pl. brìli “briglie” < it. briglia < alto ted. ant. brittil (REW1313), nella topon. al Penèl muraglia in calcestruzzo, realizzata vicino allasponda destra dell’alveo dell’Adda < pΔnna “merlo di muro” e suff. dim. -√llu(REW 6514; DEI 4,2834-5; DEG 617), col dimin. al Penelìn, traersèra“passerella di attraversamento” < transv√rsa “(trave) posta di traverso” con suff.aggett. -∑ria (REW 8858), préœa “sorgente” < pr√h©(n)sa “(sorgente) catturata”(REW 6736), gèra “ghiaia” < glar√a (REW 3779), accresc. gerón “sabbia a granigrossi”, dimin. gerét “sabbia a grani minuti”, léda “limo” < celt. *lΔgΔta “limo”(REW 5029), möa “acquitrino” deverb. < *mßlli∑re “immergere nell’acqua,rammollire” (REW 5646), nella topon. i Möi, i Möièni, al paltèn “pantano” <prelat. *palta “fango” e suff. -∑nu (REW 6177), più popolare paciaròt “pantano”< base espress. *pac- “diguazzare” (REW 6138a).

L’antico topon. Aguei, testimoniato nelle carte d’archivio, doveva indicare lalingua di terra che si restringeva alla confluenza di due corsi d’acqua, ASMi 1316:petiam unam terre campive u.d. in Aguelis, ASMi 1412: petiam unam terrecampive u.d. in Angueiis. Risale al lat. acƒleus “pungolo, aculeo, punta” (REW eREWS 127; LEI 1,544). La stessa indicazione geografica è da attribuirsi alladenominazione i Âèri de pùnta all’incontro del Roasco con l’Adda, nel 1562: inGeris de Punta (RPG, n. 124).

31. Il bosco è caratterizzato da aghifoglie nelle fasce più alte, da latifogliescendendo verso valle. Nel cantó◊ Lugo, antica denominazione dell’attuale Cantó◊sóor “rione di sopra”, si prolunga presumibilmente la memoria di un l∂cus latino,un “boschetto sacro”, come a Bormio, nella vicinanza dei primitivi insediamenti.Nel 1473 la località è citata nella formula “in contrata u.d. ad Lugum” (ASSo, not.Venosta), nel 1603: in contrata de Lugo u.d. ad Bulium (RPG, n. 262), EG fine’700: torchio da vino ed olio nella contrada de Lugo; nel 1349 compare un fondocampivo in località Campo Lugo (APG, doc. 980), non più identificabile. Restatraccia nella via Lugo, reinterpretata popolarmente come via dell’Ugo (Map.1817). È probabile che nel toponimo la Crìda o i Crìdi, che designa un pendio di

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bosco misto e dirupi, attraversato dalla vecchia mulattiera del Mortirolo, si debbariconoscere un antico “bosco bandito”, attraverso un intervento pubblico, una cridao grida deverb. < quΔrŸt∑re “gridare” (REW 6967).

Alcune voci rastrellate nell’ambito della silvicoltura, benché caratteristiche ditutta la valle, meritano di essere ricordate, peché non di raro fra di esse si possonoincontrare relitti prelatini: bósch “bosco” < francone busk (REW 1419a), al femm.bósca “selva di latifoglie”, bósch de föa “bosco di (lati)foglie”, bósch bruÂèe“bosco bruciato” < *brusi- “bruciare, ardere” (LEI 7,833 ss.; REW 9097); pésc“abete” < pΔc√us in origine “ricco di pece” (REW 6479), nella topon. Pésc, l Pescspianèe, Pesciòla, spésola “bosco fitto di abetini” < spΔssa “spessa, densa” consuff. dimin. -ƒla (REW 8160), dèœa “fronda verde di conifera” < celt. *daxia <*dagΔsia “esca” < rad. ie. *dhegh- “bruciare” (REW 2481; DEI 2,1212; DVT305-6), cócola de pésc, de làres, de teón “pigna, strobilo di abete, di larice, di pinosilvestre” < cßccum “corpo rotondo” con suff. dimin. -ƒla (REW 2009), guÂéta“ago di conifera” e il sinonimo guÂiaröl “aghifoglia” < *ac∂cƒla “piccolo ago”con diversi suff. dimin. (REW 119), nella topon. a GuÂiaröl, rèœa “resina diconifera” < *rasia (REW 7073; DVT 913-4), trementìna “resina di larice” < it.trementina, terebentina < gr.-lat. terebinthus (DEI 5,3757 e 3882), bàrba de pésc“lichene degli abeti, usnea” < barba (REW 944), làres “larice” < larix, -Δcis(REW 4916), lareœìna “bosco fitto di larici” < *larΔcŸna con -Ÿna collettivo(REW 4916), teón “pino silvestre” < taeda “fiaccola” e suff. accr. -åne origin.“legno per fiaccole” (REW 8520; DVT 1292; Merlo 25), téa “durame a scagliedel pino silvestre, usato come esca” < taeda “fiaccola” (REW 8520), Âémbro“pino cembro” < celt. *kim≈ro- / *gim≈ro- “cembro” (REW 3764a; DEI 2,848;DVT 1425), pugnàch “cembro giovane”, derivato da pùgna de gémbro “pigna dicembro” forse < pŸnea (REW 6511) incrociato con pƒgnus (REW 6814) per laforma, pistàch “pinolo, nocciolina del pino cembro” < it. pistacchio < gr.pΔstakion (REW 6535), èrma del pistàch “seme” < anΔma “parte interna” consuff. dimin. (REW 475), la Âinéora f. “ginepro” < ienΔp√rus per iunΔp√rus (REW4624), bruch “erica” < *br∂cus “erica” (REW 1333), Âiùp “rododendro” < celt.iƒppos “ginepro” (REW 4628a; Pontiggia 63: giüp), scìma “cima della pianta” <cyma iniz. “la cresta dell’onda” (REW 2438), col derivato scimàl “cima tagliata”.

32. Le latifoglie presentano un quadro lessicale più aderente a quellonazionale: fòo “faggio” < f∑gus (REW 3145), ról “rovere” < råbur, -ßris (REW7354), nella topon.: petiam unam terre campive u.d. ad Rovolum (ASMi 1316),ASMi 1412: petia una terre campive u.d. ad Rovolom, col collett. ant. nel 1473:campo in contrata u.d. ad Rovoledum (ASSo, not. Venosta), SCG 1550: suprarogiam Rovoledi, nel 1615: fondo prativo e selvato ad Rovoletum (APG, doc.1078), EG fine ’700: zerbivo sopra la strada a Rovodedo, giànda “ghianda” <glans, glandis “ghianda” (REW 3778), èœer “acero” < acer, -√ris (REW 91),fràsen “frassino” < fraxΔnus (REW 3489), nella topon. il collet. ant. di una localitàora non più identificata. EG fine ’700: prati a Frassinedo nelli monti di làdell’Adda, téi “tiglio” < *tΔlius (REW 8735), nella topon. la Val di téi, àlbera f.“pioppo” < påpƒlus (REW 6655), nella topon. ant. “prato con arbori e porzionedi basiccio in Piazza ossia Alberetello” con suff. interm. collett. -©tu (EG fine

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’700), bedógn “betulla” < *betƒlnea (REW 1070; Pontiggia 20), stròpa debedógn “ritorta di betulla” < strßpa “correggia, legame” (REW 8321; DVT 1210-1), nella topon. la Bedognìna probabilm. con -ìna di intonazione collettiva,l’acqua de bedól; nel 1652: ad Bedolum (APG, doc. 1168) < *betƒlleu (REW1069), rùsca “corteccia”, usata anche come esca < celt. *r∂sca “corteccia” (REW7456), lac’ del bedógn “essudazione” < lac, lactis “latte” (REW 4817), agnìsc“alno, ontano” < *alnΔc√us (REW 376), nella topon. a Nedrìn; SCG 1550: … adplanas Agnedrini, nel 1600: ad Agnedum (APM, doc. 1805), EG fine ’700: bosconei monti di Agnedrino < *aln©tum “ontaneto”, con suff. dissimil. -ƒlŸnu; malòsa“ontano nero, ontano di monte” < prelat. *mal- / *mar- “monte” con suff. pureprelat. -ossa (REW 5378; DVT 627), nella topon. l’acqua de la Malòsa, salescèèr“salice” < *salΔc(i)∑rius (REW 7530), i gàti f. pl. “gemme del salice”, dallametafora della “gatta” o del “bruco” per la soffice puluria < *gattus per cattus(REW 1770), védes “salicone” < vΔtex, -Δcis “salicone” (REW 9389), lantèna“Viburnus lantana” < celt. *lant∑na “viburno” collegato con l√ntus “flessibile”(REW 4895a), nella topon. forse a zaròl maggese con pianoro boscato, se da uncorrispondente dell’it. lazzeruolo < *als∑riu da prelat. *alΔsa “ontano e altrepiante” con suff. dimin. (LEI 2,86), spin rubìn “cespuglio spinoso, crespino”, allalettera “spino rubino” per il colore, temelìn “sorbo degli uccellatori” < prelat.*t(r)emel- “sorbo” (DEG 893; EWD 4,315-6), nella topon. la Ruìna del temelìn,sambùuch < samb∂cus (REW 7561; DEG 722-3), vidèrbol “luppolo” < vŸtisalbƒla “vite bianca, vitalba” (REW 9395).

33. Tra i cespugli di bosco e le piantine che producono frutto si segnalano:pirétol “pero corvino, cotoneastro” < pΔrus “pero” con suff. cumul. -Δttula (REW6524-5), fròœola “bacca della rosa selvatica” < prelat. *wrßdia “rosa” con suff.dimin. -ƒla (DEG 388; DRG 6,611-3; HR 1,340), gratacùl “semi della bacca dellarosa canina”, alla lettera “grattaculo” per le proprietà astringenti, per altrireinterpretazione popol. di crataegus “biancospino” (Bertoldi, AR 13,370-3), spinde móri “roveto di more”, mampómola “lampone” < prelat. *ampa “bacca”incrociato con pomo (REW 1269; DVT 12), mampomolèer “cespuglio dilamponi”, ùga marìna “grappoletto del crespino”, alla lettera “uva marina”,farinèl “uva d’orso” < farŸna e suff. dimin. -√llu (REW 3197; DVT 370), bèga,bàga (Pontiggia 49) “mirtillo nero” < b∑ca (REW 859 e 862a), bèga de l’órs“mirtillo uliginoso”, ossia “bacca dell’orso”, calùda “mirtillo rosso” < prelat.*kala- / *gala- “pietra” con suff. -∂ta (DEG 256), maóstra “fragola” < prelat.*maiosta (REW 5249a), maostrèer “piantina della fragola”, but “germoglio”deverb. < *butt- / bßtt- “buttare” (LEI 6,1299 ss.; DVT 144), inradiœèe “mettereradici” < in + *radŸce∑re (REW 7000). I termini prelatini di cespugli o piantineche producono bacche rivelano la più lontana attività di raccolta dei fruttispontanei di bosco dei nostri antenati.

34. Le erbe selvatiche erano conosciute soltanto in vista della loro pericolositàper le sostanze tossiche che possedevano, o nella prospettiva del loro utilizzo nellacucina, come cibo per le bestie o nella medicina popolare. Al primo gruppo sipossono assegnare lózza “gramigna” forse < prelat. *l∂dyo- “aconito” orig.

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“ingannatore, che stordisce” (DEG 494; DRG 11,566), nella topon. l Valén del luzdalla variante luz “pianta velenosa, evitata anche dagli animali, con fiore azzurro-viola, foglie grandi e frastagliate, che cresce in terreni umidi”, malàm “veratro” <celt. *bl≈don∑ “verbasco”, attraverso beladòna, poi belóm, malóm intesi come“bell’uomo, uomo cattivo” per la velenosità, voce finalmente incrociata conmalàn “malanno” (REW 1150a; Borghi, in Conv. Bracchi 193).

Al secondo appartengono roÂ’marìn “rosmarino” < rosmarŸnum (REW7383), lavàza “romice selvatico” < lapathium (REW 4897), la zìgola “acetosa”,gìgula (Pontiggia 50) < acΔdƒla per il gusto asprigno (REW 104), arzevéna“pànace, branca orsina” < celt. *art(i)- / *ard(i)- “orso” con suffissi -avo e -©nna(DEG 183; VSI 1,257-8; DLG 55-6), betòniga “erba vettonica” < b√t(t)ånΔca perv√ttånica “erba dei Vettones” (REW 9290; DELI 1,135; DVT 87), caràu“cumino” < lat. med. careum “comino dei prati” (REWS 1696; REW e REWS4677a; DVT 189-90), dént de chèn “tarassaco, dente di leone”, propriam. “dentedi cane”, muœeléta “gambo cavo” < it. musella “antico strumento a fiato” perchési ricavava una trombetta (REW 5784; DEG 565), filastrocca: Sóna, sónamuœeléta, / che l vegnerè Martìn poéta / con la zàpa e col badìl / e l te taerè ìa alcampanìl “suona, suona trombettina, che verrà Martino il poeta, che con la zappae col badile, ti troncherà il campanile”, coión “bocciolo appena nato” < cål√o, -ånis “testicolo” (REW 2036; DEG 310), chègoi pl. “spinaci selvatici” < *kok(k)-/ *kik(k)- “corpo piccolo, rotondo” e suff. -ƒlu per la spighetta a granelli (REW1899; DEG 289-90), s’ciopét “fiore e frutto globuloso della Silene inflata” <sclßppus, stlßppus “scoppio” con suff. dimin. perché si faceva scoppiare sul dorsodella mano (REW 8270), peerèl “timo” < pΔper, -√ris “pepe” e suff. dimin. -√lluper il sapore (REW 6521; DEG 625), èrba sàlvia < salvia connessa con salv∑reper le qualità curative che le si attribuivano (REW 7558), èrba lìvia “achillea dimontagna” < celt. *eiva “tasso” (REW 4560; Grzega 188), ascéns “assenziobianco” < gr.-lat. absΔnthium (REW 44), àrnica “arnica” < lat. med. arnica < gr.ptarmiká “starnutoria” perché i petali secchi si usavano come tabacco da naso(DEI 1,296; DEG 181-2).

35. Si possono aggiungere altre erbe, alcune delle quali infestanti: berdèna“bardana” < lat. (Pseudo Apuleio, sec. VI) bard∑na (REW 964; DELI 1,116),féles “felce” < fΔlex, -Δcis (REW 3294), i curiòli f. pl. “vilucchio” < corrΔgia“cinghia” con suff. dimin. -√ola (REW 2253), meòl “pianta con spiga” < mΔlium“miglio” (REW 5572), rofièn “spiga del meòl che si attacca alle calze”, come uninnamorato, gros. rufiän “capolino della bardana” (DEG 710), régua“attaccamani, Galium aparine” < celt. redƒla “edera” (FEW 21,108 e 205; Grzega222; DEG 693-4), botón d’òr “botton d’oro”.

Tra i funghi: còch “porcino piccolo” < cßccum “corpo rotondo” (REW 2009),capèla “Boletus edulis” adulto < lat. tardo capp√llus denominazione metonimica(REW 1645), ferèer “Boletus satanas, aereus” < f√rr∑rius “dal colore ferrigno”(REW 3257), spìa (di fónch) “amanita muscaria”, propriam. “spia” perchérivelerebbe la presenza dei porcini (DEG 829), carnaœìna “ditola”, ossia“carnosa” (REW 1706), lòfa “vescia” < *loff- “flatulenza” (REW 5103), perché,quando è matura, emette un nugolo di spore nere dalla sommità squarciata.

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36. Tra le colture predomina quella della vite. La porzione di lessico che lariguarda si rivela tributaria di quella che risale dalla valle: vìgna “piantagione difilari sui terrazzi” < vŸnea (REW 9350), òpol “filari in piano, più alti e distanziatitra loro” < ßpƒlus “acero campestre” usato come sostegno (REW 6978; DEG 582),téra “spazio tra i filari”, talvolta seminati a patate deverb. < *tŸr∑re “tirare” in lungo(REW 8755; DVT 1278), pasón del òpol “pali di sostegno” < *paxo, -ånis “grossopalo conficcato” (REW 6320; DVT 783), anche pal de la vìgna, raòsola“propaggine” < *r√fßssa “scavo, scasso” con suff. dimin. -ƒla (REW 7157), fiöi“polloni” < fŸlißlui “figli” (REW 3302), vidasción “tralci tagliati della vite” < vΔtex,-Δcis “viticcio” con suff. accresc. -åne (REW 9389), péisc “saracinare, invariare”dell’uva < pΔng√re “colorare” (REW 6512), col derivato pinciaröl “acino” con suff.compos. -∑rißlu, granèl “vinacciolo” < gr∑num con suff. dimin. -√llu (REW 3846),gràta “grappolo” deverb. < germ. *kratten “grattare” perché viene piluccato (REW4764), dràsca “grappolo vuoto” < celt. *drasΔca “orzo seccato, graspo” (REW2767), tipi di vitigno: ciaenàsca, propriamente “chiavennasca” (DEG 292-3), ùgamerichèna “uva americana” (LEI 2,765), casalès “rossastra, ma dolce”probabilmente nel senso originario di “proveniente da Casale”, s’ciàa “sorta di uvabianca, schiava, schiavona” (DEI 5,3387; VEI 879; DEG 759), rósola “rossastra”,gros. rósula “qualità di vitigno con buccia rosseggiante, che produce vino di colorechiaro”, berg. roséra < rƒssus “rosso” (REW e REWS 7466; DEG 708), brugnöla< brugn < *pr∂n√a “prugna”, per la grossezza degli acini e a motivo del colore(REW 6799; DEG 234; VSI 2/2,1050-1).

37. Un’importanza da non sottovalutare ricopriva la coltivazione del castagnonell’integrazione dell’economia alpina. Per questo il castagneto era consideratola “selva” per antonomasia e il castagno “l’albero” per eccellenza: èrbol“castagno” < arbor, -ßris “albero” (REW 606), più recente castèn < *castΔn√usper castaneus (REW 1742), nella topon. Castegnèer, nel 1605: fondo prativou.d. ad Castagnerum (RPG, n. 274), èmpola “virgulto”, “virgulto del castagnoda lasciare dove si taglia l’albero vecchio per sostituirlo” < ampƒlla“rigonfiamento, germoglio” (REW 431; LEI 2,967-8), qualità di castagne:marón “marrone” < prelat. *marro, -ånis (REW 5369 e 5375; DVT 647),saonèra < sapo, -ånis “sapone” a motivo della scorza liscia (REW e REWS7589; DEG 726), saraœèna una sola per riccio, gros. scereœàna “castagnapiuttosto rotonda e di colore rossiccio” < *cer√sea per cerasea “ciliegia” (REW1823; DEG 753), fugascèra < fßc∑c√a con suff. agg. -∑ria nel senso originariodi “adatta per focacce” (REW 3396; DEG 389), braschèer pl. “caldarroste cottebruciando i tralci della vite” < *bras(Δ)ca < germ. *brasa “brace” e suff. -∑riu(REW 1276; DEG 228; VSI 2/2,896), ferùda “lessata” < f√rrum per l’esaltatocolore “rugginoso”, con suff. qualific. -∂ta (DVT 384), bescöc’ “castagna cottaal forno” < bΔscßctum “cotto due volte” (REW 1123), nella topon. al Bescöc’,nel 1676: al Bescoccio (APG, doc. 1216), castégni de la grèe “castagne secchetrattate alla brace” < cratis “graticcio” (REW 2304), castégni de l’òra “secchebianche”, alla lettera “castagne dell’aria”, ossia non essiccate nel metato < aura(REW 788).

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38. Di minore interesse erano considerati altri alberi da frutta, sporadicamentepresenti nelle campagne, quasi un lusso di chi poteva permetterselo: nóos “noce”frutto < nƒx, nƒcis (REW 6009), nughèra f. “noce” albero < *nƒc∑ria (REW5978), la nisciòla “nocciola” < *nƒceßla (REW 5980), col derivato al nisciolèerm. “il nocciolo”, nella topon. ant. anno 1497: fondo campivo in Nizolera (APM,doc. 298), nel 1564: pezza campiva in contrata u.d. in Nicioleram (RPG, n. 130),EG 1795: campo in Nisciolera, e anche colóer “nocciolo, avellano”, per lo piùallo stato selvatico < *cßryl√us “avellano” con metatesi consonantica reciproca(REW 2271), scudéscia “corteccia del nocciolo ricavata longitudinalmente astrisce” < *cƒtΔcea “pelle, cute” con prefisso intensivo ex- (REW 2430),muzùcola “mazzetto di nocciole” < *matte∂ca “mazzuola” e suff. dimin. -ƒla(REW 5426), brugnèer “pruno” albero < *pr∂n√a e suff. -∑riu (REW 6799),brugnöl “pruno selvatico” < *pruneßlu (REW 6799; DVT 117; DEG 620),saréœa “ciliegia” < *cer√sea per cerasea (REW 1823), col derivato sareœèna f.“ciliegio”, la maréna “amarena” < lat. tardo amar©na, di ulteriore ascendenzadiscussa (REW 406; DEI 1,151; LEI2,503), al durón < d∂rus e suff. accrescitivo-åne (DEI 2,1405; DELI 2,368), al garbión / gherbión “ciliegia duracina” <graphŸum “innesto” con doppio suff. dimin. e accresc. -ƒlåne (REW 3847;Pontiggia 49), (v)enèspola “nespola” < *n√spΔlus per m√spΔlus (REW 5540),ramignèga e armignèga “albicocca” < *arm√ni∑ca “proveniente dall’Armenia”(REW 654; DEI 1,293; DEG 181), maœòt “troppo maturo, vicino a marcire” dettodi frutto (Pontiggia 64) deverb. < man©re con suff. -ottu (REWS 5296).

39. L’assai ridotto spazio che il fondovalle offriva ai prati e ai campi erasfruttato intensivamente e si faceva tesoro di ogni ritaglio di terra, ancheirregolare. Le caratteristiche del suolo e le delimitazioni di proprietà si presentanocon immediatezza dalla setacciatura del lessico, come una panoramica ripresadall’alto: pièn “piano” < pl∑nus (REW 6581), prèe “prato” < pratum (REW6732), chèmp “campo” < campus (REW 1563), lööch “proprietà, fondo” < lßcus“luogo” (REW 5097), rónch “campo dissodato, appezzamento adibito a vignetosu muricciolo” deverb. < rƒnc∑re “dissodare” (REW 7444), nella topon. variRonch, Roncàl, nel 1569: in contrata u.d. subtus Ronchale (RPG, n. 138), nel1606: in contrata de Ronchale (RPG, n. 283), Roncàsc, Ronchét, nel 1592: incontrata u.d. ad Ronchedum (RPG, n. 205); Ronchetìn, cógn “pezzo di terra chesi restringe a punta” < cƒneus “cuneo” (REW 2396), cóa “pezzo di terra lungo estretto” < cauda “coda” (REW 1774), nella topon. l’acqua de la Coàscia strisciaprativa percorsa da acqua, fén mas’c’ “fieno di primo taglio”, alla lettera “fienomaschio” < mascƒlum “maschio” ossia “robusto, nutriente” (REW 5392), ladigöör f., adigör (Pontiggia 15) “grumereccio, secondo taglio di fieno” < celt.*dwicßrium “secondo taglio” (REW 7130; LEI 2,23-6; 3.2,2803; DVT 331-2), altersöl “terzo taglio” < *t√rtißlus (REW 8678), al quartìn “quarto taglio” <quartus con suff. dimin. (REW 6936); tèrmen “cippo di confine” < t√rmen, -Δnis(REW 8665), testimòni “due sassi più piccoli infissi accanto al cippo principale”< t√stΔmånium “testimonianza” di garanzia in caso di contesa (REW 8685),strepatèrmen “confratello che non si comporta in modo coerente” come chiallarga la sua proprietà in danno del vicino, finènsa “linea demarcatoria di

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confine” < lat. med. fŸn∑ntia “confine” da *(con)fŸn∑re (REW 3315; DVT 397),órbeda “ciglio del campo, della strada” < årbΔta “cerchio” (REW 6084; DEG582), baón “passaggio dalla strada ai fondi privati” < vadum “passaggio” con suff.-åne (REW 9120a), al bórch / la bórca “il bivio” < bΔfƒrca “biforcazione” (REW1093), nella topon. al Bórch di quatro strèdi, a / n Bórca, quàtro strèdi“crocicchio di quattro strade”, giööch “giogo, biforcazione” < iƒgum “giogo” nelsenso derivato di “sdoppiamento” (REW 4610), nella topon. al Sènt del giööch“la cappella della biforcazione”, la òlta “curvatura della strada” < *vßl(vΔ)ta“volta, curvatura” (REW 9445; DEI 5,4086), tornànt “tornante” dall’it. < fr.tournant (REW 8794; DELI 5,1350-1), grìscia “acciottolato” < *erŸcius pererΔcius “riccio” per la forma con g- prefissa (REW 2897), da cui grisciadìn“operaio specializzato nella pavimentazione delle strade con ciottoli” (Pontiggia52 e 86). Nel 1257, col topon. in Silioga (APM, doc. 252), dovremmo riportarciall’inizio dell’agricoltura, dato che può essere messo a confronto col gros. Siòga,entrambi dal celt. *silia “lunga striscia di campo, solco” (DEG 808). A un terrenocintato fa riferimento l’ant. topon. in Serta longa (ASMi 1316), nel 1473: pratocon una pianta di castagno u.d. in Sertalonga (ASSo, not. Venosta). Derivadall’agg. s√rtus “intrecciato, cinto” (DEI 5,3464; DVT 1128). Al “riccoproprietario” terriero era dato il nome di miséer < meus s√nior, -åris “messere”con suff. -åne (REW 7821). Nel toponimo a Predònech si prolunga un’istituzionemedievale, quando gli appezzamenti appartenevano al signore e venivano locatiai mezzadri, nel 1473: prato in monte u.d. in Predonico (ASSo, not. Venosta), nel1588: in contrata u.d. ad Predonegum (RPG, n. 180) < pratum dßm(Δ)nΔcum“prato che appartiene esclusivamente al signore” (REW 2738).

40. Nei campi si coltivavano i cereali. Il granoturco, utilizzato sia per ricavarela farina per la polenta, sia come foraggio per le bestie, andò assumendo un ruolosempre più rilevante. La sua familiarità nel paesaggio agricolo ha lasciato unaterminologia specifica: la sèghel “segale o spiga scura” < s©c≈le (REW 7763),domèga “orzo” < celt. *d(e)ghom “terra” e *yewo- “orzo” nell’accezioneoriginaria di “orzo a terra, orzo nano” (DVT 344), biàa “avena” < lat. tardo blada< celt. blato- “fiore, frutto” (REW 1160; LEI 6,215-41), vèsech “pula delfrumento dopo la trebbiatura” < prelat. *wasa “scarto del vaglio” (DEG 944;DVT 1379-80; RH 3,248; Pontiggia 112: vaœéch), ólba “pula, spolvero che escedal ventilabro” < vßlva “pula” (Pontiggia 71; REW 9442), formentùrch“granoturco”, alla lettera “frumento turco” (DELI 2,616-7), bèÂiola, bèœula(Pontiggia 21) “pannocchia”, nome dato a Bormio allo “strobilo delle conifere” <*bec- / *beÂ- verso della pecora e suff. -ƒla perché usata dai bambini nei lorogiochi, foggiandola in forma animale (LEI 5,806-7 e 812-3), cocón “tutolo” <prelat. *kukko- “corpo appuntito” (REW 2009; DVT 263-4), scarföi m. pl.“brattee del granoturco” forse < carpha “paglia per foderare” incrociato con fßlia(DEI 1,776; DEG 747), meerìna “paglia del grano saraceno, dopo che è statobattuto”, che si dava da mangiare al bestiame < maèe “mangiare” < *magƒl∑re“masticare” (REW 5268; DVT 618-9), formentón “grano saraceno”,propriamente una poligonacea < fr∂m√ntum con suffisso accresc. -åne (REW3540), incolmèe (Pontiggia 56: inculmà) “rincalzare la terra attorno alle

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pianticelle di granoturco, di patate” < in + denom. di cƒlmus “gambo, stelo”(REW 2378; DEG 454-5: cƒlmen).

Gli orti erano un tempo poco coltivati, dal momento che nella cucinapredominavano i prodotti ricavati dai vari tipi di farine. Si riscontra un certo interesseintorno alle brassicacee e alle leguminose, che permettevano una lungaconservazione: (v)érza “verza, cavolo con le foglie crespe” < *vΔrdia per vΔrΔdia“verdure” (REW 9367), gabùus “cuore del cavolo” con le foglie lisce < lat. tardocap(p)uc√us < caput (REW 1668; DVT 435-6; EWD 2,52-3), bardèna “foglia delcavolo”, forse allotropo di berdèna “bardana, lappa”, per una certa somiglianza dellefoglie, la guàta “siliqua, baccello delle leguminose” < *sΔlΔquatta “baccello” concaduta di due sillabe (REW 7919; DVT 488), òort “orto” < hßrtus (REW 4194).

41. Eliminati ormai da secoli gli animali selvatici di grande taglia, non restanoche alcuni piccoli carnivori e roditori: fàina “faina” < *f∑gŸna (b©stia) “chepredilige il faggio” (REW 3144; DVT 421), bèrola “donnola” < b√llƒla “graziosa”dai risvolti tabuistici (REW 1027; DVT 79-80; LEI 4,555-9: celt. *bel- “lucente”),ermelìn “ermellino” < (mus) arm√nΔus “topo dell’Armenia” con suff. dimin. -Ÿnus(REWS 656; DEI 1,292-3; 2,1522), gùœa “scoiattolo” < *kosia dall’onomatopeadel verso di allarme (REW 4744; DEG 438), al trapinèer m. “la talpa” < *talpŸnuse suff. aggett. -∑riu (REW 8545; DVT 492-3), panteghèna “ratto delle chiaviche”< *pßntΔc∑na “ratto del Ponto” (REW 6651), rampèna “ratto di minoridimensioni” < rampà(r) “arrampicarsi” con suff. -ana < germ. *(h)rampa“artiglio” (REW 7032; DEG 681), chègola “escremento del topo” < *caccƒla(REW 1445a), mezratemezurscèl “pipistrello”, ossia “mezzo topo e mezzouccello” (DEG 541; LEI 3.2,2207), volanòc’ “pipistrello, nottola” (Pontiggia 109,non confermato) propriam. “che vola di notte”, la digöör f. “il ramarro” < lang∂rus(REW 4821) con rielaborazione paretimologica su indicatore perchédenuncerebbe la presenza di rettili velenosi (DVT 574-5), termine perfettamenteomofono al nome del “grumereccio”, benché di origine del tutto distinta, ranabòtol“girino”, composto di rana + *botta “rospo” (REW 1239a; HR 2,646).

42. Altre voci rappresentative del mondo degli alati potrebbero essere: galinèl“falchetto delle galline” < prelat. *gabΔl∑ne “gheppio, falco” < *gabΔlo- “curvo,arcuato” per la piegatura delle ali (REW 3628; DVT 442), riaccostato a galìna peretimologia popolare, e si consiglia di scacciarlo con l’ogàch drée “gridarglicontro” < våc∑re “chiamare” (REW 9428a), bùbola “upupa” < ƒpƒpa consuffisso dimin. -ƒla (REW 9076) e rielaborazione su *bu-, termine che esprimepaura, bubƒl∑re “fare il verso del gufo” (REW 1352 e 1354; DEG 236), nellatopon. con la mediazione di un soprannome l’acqua de la Bùbola, gàÂia “gazza”< gaia (REW 3640), parnìis “pernice” < lat. p√rdix, -Ÿcis (REW 6404), pich“picchio” < pŸcus “gazza” (REW 6476), Â’bögia àlberi “picchio”, propriam.“buca alberi, castagni”, dórt “tordo” < tƒrdus (REW 8999), drésch “tordela” <celt. *drezd- “tordo, tordela” (REW 8712; DVT 339), soprann. Drésch, rondón“rondone” < hirƒndo e suff. accr. -åne (REW 4145), dèert “dardano” < francone*darod “dardo” per la forma in volo (REW 2479; DVT 305), petirós “pettirosso”< p√ctus rƒssus (REW 6335 e 7466), trentapées “scricciolo”, alla lettera “trenta

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pesi” (ognuno di circa kg 8), ispirandosi forse inizialmente al verso, ma conrielaborazione tabuistica.

43. Il regno degli insetti si caratterizza per qualche fenomeno di conservazione,individuabile attraverso il confronto con i corrispondenti delle aree circostanti:pizaöc’ “libellula”, alla lettera “becca occhi” per la conformazione a chiodo delcorpo e la fulmineità del volo spezzato (Bracchi, AAA 85,44; DVT 214), quàza“maggiolino” < cauda “coda” e suff. peggior. -ac√a denominazione metonimicae probabil. anche tabuistica (REW 1774; DVT 489), cagnón “larva delmaggiolino” < canis con suff. accresc. per la voracità, ma forse anche per altrimoventi di interdizione (REW 1592), bào di sciòti “scarabeo stercorario”, ossia“coleottero delle mete bovine” < *ciott- “corpo rotondo” (REW 2454), pòna“coccinella”, probabile variante di pòla di Ponte e di póla di Castionetto < pƒlla“gallinella” (REW 6828), forse per riecheggiamento di un antico nesso conMadòna, con la filastrocca : Pòna, pòna, van in cél, / che l te ciàma san Michél;/ san Michél l’é Âiè nac’ lè: / pòna, pòna, van a chè “lucciola, lucciola, vola incielo, che ti chiama san Michele; san Michele se n’è già andato: lucciola, lucciola,torna a casa”, panoèl, panavèl (Pontiggia 74) “lucciola” < “pane novello” comepiccolo nume tutelare della mietitura (DEG 596), caterinéta “formicaleone” <CatharŸna “Caterina” con personificazione (DEG 282), oreÂèla “forfecchia” <aurΔcƒla e suff. dimin. -√lla (REW 793; Merlo 24), milapé “centogambe,millepiedi”, taèn “tafano” < tab∑nus (REW 8507), moscìn “moscerino” <mƒst√us propr. “moscerino del mosto” e suff. -Ÿnu (REW 5579; DVT 716),(v)èspa “vespa” < v√spa (REW 9272), vespèer “vespaio”, derivato col suff. -∑riu(REW 9272), gàta “bruco”, propriam. “gatta” per la pelosità (REW 1770),vermiœöl “lombrico” < v√rmis con suff. dimin. composito -Δceßlu (REW 9231),cagnón del formài “baco del formaggio” dalla metafora di “cane” per la voracitàe per altri risvolti di arcaiche credenze, càmola “verme della frutta” < *camƒlaper camƒra “curva, piegatura” (REWS 1555a; REW 8586; DVT 170-1), cambrìn“acaro del formaggio”, probabilmente dal dimin. dissimil. camrìn < *cam(u)lìn.

44. Il paesaggio agricolo, la rete stradale che si snoda fra i campi, i vicoli tra lecase con alcuni punti di ritrovo sono segnalati con puntualità: strèda “strada” <strata (via) origin. “via lastricata di pietre” (REW 8291), tröc’ “sentiero”, anche“cengia erbosa che attraversa una parete rocciosa” < celt. *trogios “sentiero” inorigine “traccia” di ungulato (REW 8934; Pontiggia 109), strécia “strada strettatra i campi o tra le case” < strΔcta (REW 8305), mat “piramide di sassi a formavagamente antropia per segnare i sentieri” con vari riflessi toponomastici < prelat.*magus “ragazzo” con suff. dimin. -attu (DVT 657; Bracchi, AIV 150,285-300),treœénda “passaggio obbligato, in montagna o al piano, circondato da muretti osiepi, per evitare lo sconfinamento delle bestie nei prati o nei coltivi” < *transiendaper transeunda “da passare, da attraversare” (REW 8855), nella topon. ant. anno1473, prato u.d. ad Pratum seu ad Tresendam confinante con bosco e valle comune(ASSo, not. Venosta), cargadóra “struttura per sopralzare il carro a strascico(priàla < prelat. *praiagsla “asse anteriore”, DEG 653; Bracchi, AAA 82,20-2) econsentire l’inserimento delle due ruote posteriori (derdèer < *d©r√tr∑rius

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“posteriore”, REW 2582), rodèna “solco lasciato dalla ruota del carro” < rßta consuff. -∑na (REW 7387; DEG 709), bùi “fontana” < prelat. *b∂lium “vasca scavatanel legno o nella pietra” (REW 1193b; DEG 239-40; LEI 8,9, 16-7 e 73: bƒllŸre“ribollire”), laatòri “fontana per lavare, lavatoio” < lavatårium (REW 4952),(v)iœìn “vicino” < vŸcŸnus origin. “abitante dello stesso vico” (REW 9312).

45. Ricca ed essenziale al tempo stesso si dimostra la strumentazione agricolae la suppellettile rustica. Alcuni esemplari basteranno per avere un campionariod’insieme: fïèl “correggiato” < flag√llum “flagello” (REW 3347), àsta “manico,manfanile”, maÂ’nìl “mazzuola” < *macΔna per machΔna “macina” e suff. -Ÿle, -Ÿnu (REW 5205; DEG 527-8), reÂìntol “correggia che lega la mazzuola almanfanile” < re- + *cΔnctƒlum (REW 1921), pilinghèl “trabiccolo” deverb. <*p√ndΔcƒl∑re “pendere, oscillare in sospensione” (REW 6385; Bracchi, AAA90,156-7), scàgna “sedia” < scamnum, *scamnium (REW 7648-9), ant. bólgia“sacco di pelle” < *bƒlgia dal celt. bƒlga “sacco di pelle, otre” (REW 1382), fòl“sacco di pelle” < fßllis “involucro, sacco” (REW 3422), sciupèl, pl. sciupéi“specie di sandalo di legno” < prelat. *tsaupo- con suff. -√llu (DVT 1043), lazòcola, pl. i zòcoli “scarpone con suola di legno” < prelat. *sßccƒlus (REW8052), il contrario di quanto si ha a Grosio (DEG 767-8 e 969), schéna “scheggiadi legna” < francone, long. skΔna “assicella” (REW 7994; REW 756).

46. L’allevamento del bestiame costituiva una delle attività più importanti delpaese. Dagli animali domestici si ricavava cibo in carne e latticini, vesti, cuoio.Un nesso specifico dà rìa definiva la mansione quotidiana di “accudire albestiame”. A Grosio vi corrisponde där rìva “dare la razione di fieno al bestiame”(DEG 704-5). La voce è stata oggetto di discussione negli ultimi tempi (Zamboni,ZRPh 113,520). Probabilmente rappresenta un deverbale di *arrŸp∑re “giungere(a riva)”, nel senso più ovvio di “far arrivare, far giungere la porzione”, incontinuità con la locuzione parallela montagn. davèrs “accudire e dare damangiare al bestiame” (Baracchi 46), tres. dà vèrs “accudire al bestiame, eseguiretutte le operazioni per ordinare la stalla”, probabilmente dall’usanza di “segnalarecon un richiamo” (“dare il verso”) alle bestie di alzarsi per favorire i lavori, cam.(Cimbergo) dobàia “governare il bestiame”, ossia “dare la baia, il grido”(Goldaniga 1,328).

Qualche dettaglio della stalla rivela un materiale lessicale piuttostoconservativo: sèÂia “recinto di legno” < caesa “siepe (di ramaglie tagliate eammonticchiate)” con metatesi conson. (REW 1471), nella topon. cantó◊ diSeœùri, nel 1591: in contrata de Fanoga u.d. in Cesuris (RPG, n. 198), nel 1692:fondo ortivo e vignato alle Scesure (APG, doc. 965), ponciàch “palo infisso perreggere le pertiche del recinto” < pƒcta con suffisso dimin. -ach (REW 6847),rèla “recinto per le pecore nella stalla” < hara “assito per animali” con suff.dimin. -√lla (REW 4039 e 4063), trésch “recinto del maiale nella stalla”, forsedeverb. del germ. *trΔskan “trebbiare calpestando”, attraverso l’accezione di“spazio per la trebbiatura” (REW 8715), sciósch “truogolo di legno” < prelat.*ciuscu (Stampa 117; DEG 764), trées “recinto nella stalla per separare altrebestie dai bovini” < transv√rsus “posto di traverso” (REW 8860), la canàl de la

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gràsa “zanella” < can∑lis (REW 1568), faléc’ “strame” un tempo di felci <fΔlΔctum “felce” riplasmato per etimol. popol. sulla locuzione “fare il letto” allebestie (REW 3300; Pontiggia 75), a Grosio sternàm < st√rn√re “spargere” consuff. collett. -∑men, -∂men (REW 8248), a Mazzo patüsc “strame” < pactum“pigiato insieme, compatto” con suff. di pertin. -uc√u (REW 6138a), sciòta“sterco bovino” < *ciott- “corpo rotondo” (REW 2454).

47. Il cavallo costituiva un lusso e chi lo possedeva cercava di sfruttarlo fino allimite delle forze, come sembra suggerire ròz “cavallo vecchio” < alto ted. med.ross “cavallo” (REW 7384). Esisteva un tempo la bottega del feraca(v)àl,feraca(v)ài “maniscalco”, più specif. feramùi “ferramuli”, a indicare laprevalenza degli equini meno nobili, più adatti ai sentieri montani.

La bestia più pregiata era certamente quella bovina. La nomenclatura nei suoiconfronti si fa ricca e particolareggiata: vedèl “vitello” < vΔt√llus (REW 9387), alléc’ di (v)àchi “la placenta delle mucche”, alla lettera “letto delle vacche”, la tétadi (v)àchi “le mammelle delle mucche” < tΔtta “tetta” (REW 8759). Seguivano lepecore e le capre: péc’ “mammella delle capre” < p√ctus “petto” (REW 6335),béch “capro” < *bek(k)- base onomatop. del belato (REW 1020a; LEI 5,887-901;DVT 72), càora < capra (REW 1647), càora móta “capra senza corna” <*mƒtΔda “mozza” (REW 5788; DVT 694), nella topon. i Càori mósci, “TogniEusebii de Robustellis Cauramoziae” (SCG 1555, cap. 3); EG fine ’700: prato ebosco con masone a Bombello o Capre Mozze, caorét “capretto” < caper consuff. dimin. -Δttu (REW 1524a), féda “pecora” < f©ta (ßvis) “pecora sgravata”(REW 3269), pastór di fédi “pecoraio”, nella topon. la Bochéta di fédi, bèer“montone” < *bar(r)- / *ber(r)- base onomatop. di richiamo (REW 5374; LEI7,745; DVT 55-6), agnèl < agn√llus (REW 284), chisèla “pecora giovane” < ted.ant. geiss / keiss e suff. dimin. -√lla “capra” (VSI 3,166-7; DRG 7,104; DEG 291;DVT 160), beœlèe, beœlàa (Pontiggia 21) “belare della capra” < *bek(k)- / *beg-“belare” (LEI 5,887 ss.), sampógn “campanaccio” < gr.-lat. *sumponia persymphonia “strumento musicale” (REW 8495), la ciòca “campano di ferro” <clßcca “campana” (REW 1995), la bronzìna “campanella di bronzo per lemucche”, coréÂia “correggia di cuoio per attaccare il campano al collo dellemucche” < corrΔgia (REW 2253), canàola “collare di legno soprattutto per vitellie capre” < *cannabƒla “cavezza” orig. una canna piegata (REW 1600).

48. Ugualmente nella terminologia relativa alla lavorazione del formaggio siincontrano voci ormai relegate al margine: butéer “burro” < b∂tŸrum (REW1429), la penàa (im pè), ant. penàia “la zangola a stantuffo” < *pannacƒlum forsederivato da pannus “panna” (REW 6204; ma cf. DVT 814: *pΔnguia “sostanzegrasse del latte”), la penàa stórna “zangola a rotazione”, pén “siero del burro” <pΔngue (lac) “latte grasso” (REW 6513; Pontiggia 58), sarón, serón (Pontiggia60) “siero della ricotta e del formaggio” < s√rum “siero” con suff. accresc. -åne(REW 7870), scusöira “sgocciolatoio” < *excƒssåria “adatta a scuotere” (REWe REWS 2997), scérscia “cerchio di legno per dare forma al cacio” < cΔrcƒlus“cerchio” (REW 1947), scemùda (scemudìn) “formaggio appena fatto” <*exΔm∂ta per ex√mpta da exΔm√re “estrarre” dalla caldaia o, meno bene, da ex +

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sottrattivo e h∂m©re “sgocciolare, spremere” (DEG 788), lìra, arpa“frangicagliata”, dalla forma a corde tese che richiamano gli strumenti musicali.

Del maiale non si perdeva nulla e la possibilità di allevarne uno in casacostituiva una fortuna che aiutava a sbarcare il lunario con l’accompagnamento dicompanatico per diversi mesi. Meritano qualche attenzione alcune voci relativealla presenza di suini e di polli nelle stalle: purscèla “scrofa” < femm. di pßrc√llus(REW 6660), ròia “scrofa più vecchia” < base onomat. *reug- “emettere versi”(IEW 1,867; DEG 706-7), rodèla “grugno” < rßt√lla “piccola ruota” per la forma(REW 7389; DEG 709-10), rognèe “grugnire” < *grƒni∑re per grƒndŸre (REW3893), cridèe “gridare del maiale” < *crŸt∑re per quΔrŸt∑re “gridare” (REW 6967),pescìn de purscèl “stinco di porco” < *p√dΔcŸnus “piccolo piede” (REW 6439;DEG 622), corèda “polmone del maiale macellato” < cor∑ta pl. “visceri” (REW2220), sciósch “truogolo del maiale” (Pontiggia 25) < prelat. *ciuscu (Stampa 117;DEG 764); sciùta “chioccia” < base element. *ciutt- *ciott- (REW 2454; DEG769; Pontiggia 93), léndes “segnanido” < Δndex, -Δce “indicatore” (REW 4372),ööf galìi “uovo fecondato” dal gallo (REW 3664; DVT 438; DRG 7,132-3), ööfnac’ in colóbia “uovo marcito perché non fecondato”, propriam. “uovo inrigovernatura” < collƒvies (REW 2054), centarolìn “uovo piccolo, senza tuorlo” <c√nt(en)∑rius con suff. dimin. per la credenza che la gallina lo deponesse dopocento normali (REW 1810a), piùma (gròsa) “penna degli animali da cortile”,spontón “prime piume dei nidiacei” < ex- + pƒncta con suff. -ßne (REW 6847),mét fò i spontón “mettere le prime piume”.

49. Da alcuni dettagli della casa, specialmente nella sua sezione rustica, sidesume una lunga tradizione legata alla terra e alle attività agricole: grondèna“gronda” < sƒggrƒnda < *sƒperƒnda propr. “onda che rigurgita” con suff. -∑na(REW 8438a), prelipànt / prilipànt / perlipànt “diritto di gronda, striscia diterreno intorno alla casa, corrispondente alla sporgenza dell’ala del tetto” < “piededi Leoprando” preso come unità di misura (DEG 650; Monti 199; Monti, Saggio84; Zamboni, ZRPh 113/3,519), còmot “gabinetto, latrina” < (lßcus) commßdus(REWS 2086a), invòlt “cantina” < *invßlvΔtus “a volta, arcuato” (REW 4540 e9445; DVT 551-2), tabièe “fienile” < tabƒl∑tum “pavimentato con tavole” (REW8515), maœón “fienile” < mansio, -ånis “abitazione” (REW 5311), traersòri“panca improvvisata per sedersi insieme” < transv√rsus e suffisso -åriu (REW8860).

Il focolare, un tempo presente in tutte le case, è ormai scomparso, salvo ariapparire a scopo soprattutto ornamentale, ma in forme non più tradizionali. Essoha lasciato memoria in qualche sopravvivenza: falìa “favilla spenta, cenereleggera” < *fallŸva per favŸlla (REW 3226), bornìsc “brace coperta” < lat. pr∂na“brace” o germ. *bruni “brace” con suff. -Ÿce (REW 6797; VSI 2.2,744-5; DVT140), nella topon. Lambornìis, scarìza “scintilla” < alto ted. ant. slŸzan “dividere,scindere” (REW 8032), schéÂia “scintilla del saldatore” < schΔdia “scheggia”(REW 7689).

La famiglia, un tempo costituita da matrimoni contratti all’interno del paese,ha contribuito a conservare alcuni termini di sapore arcaizzante: pipèra, pipéra“bambinaia” (Pontiggia 80) < *pƒpp∑ria (REW 6854; DEG 635; DVT 840), ràis

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“figlio, ragazzo” < ven. raìs < radix, -Ÿcis “radice” in senso allargato di“discendenza” (REW 7000; DEG 679; Pontiggia 92), rèdes “ragazzo” < h©res, -©dis “erede” (REW 4115), scutùm “soprannome familiare” < *consu©t∂men perconsu©t∂då, -Δnis (REW 2176; Mastrelli: deverb. da *excßct∑re con suff. -∂men“marchio a fuoco di proprietà”), sciornóm “soprannome personale, nomignolo” <lat. med. supranåmen (DEI 5,3550), mòbil “corredo della sposa” (Pontiggia 66)< måbΔlis “(bene) mobile” (REW 5624), müda “abito completo da uomo”(Pontiggia 67) deverb. < m∂t∑re (REW 5785).

50. Qualche innovazione si affaccia all’interno della tassonomia anatomica:tèsta “testa” < t√sta origin. “vaso” (REW 8682), muus “faccia” < m∂sus (REW5784), frónt “fronte” < frons, frßntis (REW 3533), cuf “crocchia di capelliraccolti sulla nuca”, forse deverb. da *cƒf∑re “piegare” (REW 2351; DEG 312),lìfa “forfora”, gros. lìfa di origine non chiarita, ma forse da una base element.*liff- alla quale si potrebbe attribuire un valore generico di “cosa sottile, leggera”(DEG 488), al sögn m. “tempia” < sßmnium “sogno” secondo la credenzapopolare nato poggiando la tempia sul cuscino (REW 8085; DEG 820), pomèl“zigomo” < påmum “mela” con suff. dimin. -√llu per la forma e il colore (REW6645), la càa de l’öc’ “orbita oculare”, propriam. “la casa dell’occhio”, come sideduce da testimonianze esterne, ma leggibile a Grosotto anche come “cava,incavo dell’occhio”, i cìghi pl. “le ciglia” < cΔlium (REW 1913), i scìghi “lesopracciglia”, la viscìga, pl. i viscìghi “palpebre inferiori” < v√ssŸca (REW 9276),al béch “orzaiolo sulla palpebra superiore”, propriamente “il capro” a motivo diantiche concezioni tabuistiche delle affezioni (DEG 207; DVT 210-1), l’orzòla“orzaiolo sulla palpebra inferiore” < hßrdeßlum “grano d’orzo” per la forma(REW 4179), böc’ del nèes “narice”, ossia “buco del naso”, fin de nàsta “fine diodorato” deverb. < *n∑sΔt∑re “fiutare” (REW 5836; DVT 723), canàpia “nasolungo”, gros. canìpia di orig. gergale < canna “canna del camino” con suffisso -apia, -ipia (REW 1597; DEG 264), nit “muco” < celt. nŸta “siero (di burro),latticello” (REW 5029: gall. *ligΔta “limo”; Grzega 215-6), col deriv. nitalón“moccioso”, catàr < it. catarro < catarrhus (REW 1761a), œmargòt “scaracchio”< prelat. *marg- “umido, marcio” e suff. attenuat. (DVT 639-40), pànola“lentiggine” < pannus “panno, lembo” con suff. dimin. -ƒla (REW 6204; DEG596), la lùus di öc’ “la pupilla”, alla lettera “la luce degli occhi”, cél de la bóca“palato”, “cielo della bocca” (REW 1466; DVT 219), filiœèl “frenulo della lingua”< fŸlum con suff. cumul. -ic√llu (REW 3306; DVT 392-3), bèsciola, bèsciula(Pontiggia 21) “labbro” forse < base onomatop. *bec- (Stampa 173; VSI 2/1,396;DEG 213), maselèer “dente molare” < maxΔll∑ris (dens) “dente della mascella”(REW 5444), e parallelamente ganasèert “dente della ganascia”, cairölèe“cariato” < *carißl∑tu “affetto da carie” (REW 1694), barbìis “baffi” <barbŸtium (REW 948; DEI 1,434), mósca “pizzetto sul labbro inferiore” < it.mosca per la forma, pópen “gozzo” e anche “mammelle” < pƒppa nel senso gen.di “oggetto gonfio” e suff. -Δnu (REW 6852; HR 2,629; Pontiggia 81: pòpen“gozzo dei gallinacei”), pradèer “ventriglio dei polli” < *p√tr∑rius perchécontiene sassolini usati per macinare i granelli (REW 6446; DEG 650), sanèla“vena giugulare” < celt. samna “esofago” (REW 7563b; DEG 724), sotbràsc

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“ascella”, ossia “sotto braccio”, gómbet “gomito” < cƒbΔtus con richiamo acƒmb√re “stare adagiato” (REW 2354), brènca “manciata” < branca “zampa”(REW 1271; DEG 227; DVT 107-8), quèrta “distanza tra pollice e indice aperti”< quarta (REW 6936), spànda “spanna” < francone spanna (REW 8117), pòlech“pollice” < pßllex, -Δcis (REW 6637), nomi delle dita del linguaggio infant.mazapiöc’ “pollice”, “ammazza pidocchi”, lecafióor “indice”, “lecca panna”palpagalìni “medio”, “palpa galline” < palp∑re “toccare leggermente con lamano” (REW 6175), fìdech “fegato” < fic∑tum (hiecur) “fegato (d’oca) guarnitodi fichi” (REW 8494; DVT 389-90), al bombolìif “l’ombelico” < ƒmbΔlŸcus conraddopp. infant. (REW 9045), mìlza, nélsa “milza” < alto ted. ant. mΔlzi (REW5579), schéna “schiena” < *skΔna long., in origine “osso lungo e stretto” (REW7994), croœéra “innesto della spina dorsale nel bacino delle bestie” < crux, crƒcise suff. -∑ria, lat. med. cruxaria, croseria (REW 2348; DVT 260), ènga “anca” <germ. *hanka (REW 4032), scagnèl “anca degli animali” < *scamn(i)um“sgabello” con suff. dimin. -√llu (REW 7648-9; DVT 1010), ventrèl de la gàmba,ventreœèl “polpaccio”, propriamente “ventrello, ventricello” < v√nter, -tris (REW9205), canavèla (caneèla) “caviglia” (Pontiggia 31) < prelat. *can≈ba “di formaarcuata” con suff. -√lla (REW 1591; DEG 263-4), cul < c∂lus (REW 2384),tafänèri “sedere” < antiphßn∑rium “libro delle antifone”, con rielabor. popol. suStefano (DEG 880; Bracchi, Parlate 307), bórsa “scroto” < byrsa “scroto” (REW1432), al grèpet “incrostazione di sporco”, gros. grépeda “incrostazione disudiciume” < lat. med. greupola, greupa “grumo” (REW 3875 e 3863; DEG431), borèla del bródech “rotolini di pelle e sporco sul corpo” < prelat. *bårra“corpo rotondo” con suff. -√lla (REW 1224a).

51. Il nome delle affezioni e delle malattie rispecchia generalmente quello degliagglomerati circostanti: fèora “febbre” < f√bris (REW 3230; Merlo 10), Â’grènfi“crampo” < francone kramp (REW 4753), gàzol “solletico” < *g-t-l / *k-t-l baseespress. rielaborata su cattus “gatto” (REW 4684; DEG 406), artrìtide “artrite” < it.< arthrŸtΔs, -Δdis (REW 686), freÂiùra “raffreddore” < *frΔgΔdus per frŸgidus esuff. astratt. -∂ra (REW 3512), tós aœnìna “pertosse”, “tosse asinina” perché imitail raglio dell’asino, pùnta “polmonite” < pƒncta “punta” per le fitte che provoca(REW 6847; DVT 880), pólver “silicosi” < pƒlvis, -√ris “polvere” (REW 6842),mal de la prèda “prostatite”, alla lettera “male della pietra” per l’indurimento cheprovoca, quàc’ “vescica di sfregamento” < coagƒlum “caglio” per l’aspetto (REW2006), bùgna “rigonfiamento” < celt. *b∂nia “tronco d’albero”, poi“rigonfiamento” (REW 1396; DVT 128; Grzega 120-1), col derivato bugnón“foruncolo”, bruœöl “foruncolo” < got. brƒts, longob. broz “germoglio” coninterferenza di brüœà “bruciare” (REW 1347; DVT 120), Â’ghìrla “diarrea”, gros.Â’ghìrla, forse come variaz. del tipo borm. sc’pìrla < *pirl- “vortice”, per incrociocon Â’ghirlèr “scivolare” < (REW 6522b; DEG 801), squìtula “diarrea” (Pontiggia92) deverb. < francone *skŸtan “defecare” con suff. -ƒla (REW 8000; DVT 1037),Â’badaÂèe “sbadigliare” < ex + batacƒl∑re “aprire la bocca” (REW 986), rotèl“rutto” < r∂ctus con suff. -√llu, -Δcu (REW 7417), bröc’ “rutto” (Pontiggia 24) <r∂ctus + *brag√re “gridare” (REW 7417 e REWS 1328a), da cui brugìi “ruttare”.

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52. Dal manipolo degli avverbi estraiamo soltanto la gamma di alcuni piùcaratteristici: chilò “qui, qua” < √ccum Δllåc “ecco qui” (REW 4270; Rohlfs3,256-7; DVT 224), igliò “lì, là” (Pontiggia 31 e 54) < Δllåc (REW 4270; Rohlfs3,256-7; DVT 496), nghé “dove” (Pontiggia 69) < in de ƒbi (REW 9028; DEG456), tròp “troppo” < lat. tardo (Lex Alamannorum) trßppus < fracone throp“branco” (REW 8938; DVT 1321), tènt “tanto” < tantum (REW 8562), a Â’màca“in abbondanza” deverb. < *macc∑re “tanto da schiacciare” con pref. ex (REW5197; DEG 499), amó “ancora” < ad + mßdo “ora” (REW 5630; Rohlfs 3,277;DVT 11), nella topon. la Strèda de rentasàs “la strada che costeggia il sasso” <haer√nte “attaccato, aderente” (REW 3977; DEG 179; DVT 22; cf. anche REW6987), nèra? (véra?) “non è vero?” (Pontiggia 69), in titòldera “in allegria, ingozzoviglia” < got. *stƒnda “ora, tempo”, attrav. il sign. di “perdere il tempo,bighellonare” (DEG 859; DVT 1295). La domanda di conferma è espressamediante e nó? “oppure no?, non è vero?”. Il nesso e nó è usato spesso nellaparlata come interiezione, mentre l’affermazione sci “sì” è sempre stata unpretesto di presa in giro, da parte dei Grosini che, in tono spesso dispregiativo,chiamano i Grosottini scisc, o anche grustìn, contraccambiati con epiteticompensatori quali ròz “ronzini”, maa ròz “mangiatori di ronzini” o purscelèer“allevatori e venditori di maiali”, fortunatamente oggi non più in voga.

53. Pennellate di effetto coloristico fantasioso sono alle volte offerte dagliequativi, sintagmi nei quali si intende affermare una qualità rimarcata di qualcosa,ricorrendo al paragone con un referente che si ritiene il più rappresentativo dellacategoria: biènch cóme n ninsòl, cóme la néef “bianco come un lenzuolo, come laneve”, négro cóme n còrf, cóme l carbón “nero come un corvo, il carbone”, róscóme l fööch “rosso come il fuoco”, vért cóme l’èrba “verde come l’erba”, giàltcóme n pét “giallo come una scoreggia”, che talvolta lascia la sua impronta suitessuti, lónch cóme la fam “lungo come la fame”, fòort cóme n tòor “forte comeun toro”, strach cóme n èœen “stanco come un asino”, rabióos cóme n cagnòl“arrabbiato come un cane”, dric’ cóme n fùus “diritto come un fuso”, œvèlt cómela lèor “svelto come la lepre”, pacìfech cóme n dórt “pacifico come un tordo”,tìmit cóme na féda “timido come una pecora”, curióos cóme la mèrda di finanséer“curioso come lo sterco dei finanzieri”.

54. Tra gli usi che evidenziano qualche originalità si possono segnalare quellisopravvissuti nelle locuzioni nèe a màti “andare a visitare le fidanzate”, liv. ìr amàta < màta “ragazza” < celt. *magus “ragazzo” e suff. -attu (DVT 657),romenèe l méi tradizione che consiste nel far contare al fratello maggiore unmucchio di semi di miglio, quando il minore si sposa prima di lui. La crialéœa èla “raganella della settimana santa” e deriva il proprio nome dall’invocazione diperdono kyrie eleison (REW 4799; Pontiggia 35), usata durante le funzioni sacre.

A risvolti tabuistici si è fatto cenno, quando venivano a taglio, nei paragrafiprecedenti. Si possono raccogliere qui altri dettagli a completamento del quadro.Nel sostantivo baœalìsch, diventato ormai aggettivo nell’accezione di “malvagio”,si riverbera la temuta raffigurazione del terribile “gallo basilisco”, capace diincenerire col solo sguardo < basΔlΔscus (REW 973a; DVT 62). Maghèda è il

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nome dato alla mulattiera che corre sopra il santuario della Madonna. Il nomederiva ancora con evidenza da maga già nell’accezione di “strega” (REW 5233).Guardandola dal basso, i ragazzi cantillano la filastrocca: Férmet, férmet, ruinìna,/ che l pàsa la Serpentìna “la strega”. Col sintagma caèl de la strìa si indica il“pelo contenuto nel granello di grandine”, secondo la convinzione che fosserostate le ancelle del diavolo a scatenare i temporali, intorbidendo le pozze d’acquacon i loro intrugli. Nella toponomastica la sorgente conosciuta come l’acqua delfolét deve quasi certamente il suo nome a narrazioni popolari, rievocanti lapresenza di qualche “spiritello” o “diavoletto”.

Per descrivere l’ubriaco e le sue stravaganze si ricorre sovente a metaforeanimali, residui di antiche concezioni di spiriti che entrerebbero nel corpodell’uomo in forma ferina, trasmettendo loro comportamenti strani. Così cióchcóme na mìna “ubriaco fradicio” significa alla lettera “ubriaco come una gattina”,ciapée la scìmia “ubriacarsi”, trè su i cagnolìn “vomitare” degli ubriachi, cióch“ubriaco”, probabilmente con richiamo alla “chioccia” (REW 3795; DVT 234-5).In tìmbel “ubriaco” è forse da riconoscere un continuatore di timbalum “timpano,tamburello” (REW 9023; DEI 5,3790 e 3793) attraverso l’accezione di “teso,gonfio”. Altri nomi di bestie riemergono, per motivi analoghi, in càgna“screpolatura nelle mani” < “cagna” < *cania (REW 1584a; DVT 157), maèra“prurito”, dal “rosicchiare, mangiare” di animaletti invisibili (DVT 619-20;Bracchi, Aev. 66,657-9).

55. Referenti strani si presentano nella denominazione di alcune affezioni o di statipatologici, come memoria di arcaiche concezioni animistiche o di tabuizzazioni: alsègro m. “crosta lattea” < sacrum “sacro” come eufemismo atto a scongiurarla(REW 7489a; DEG 719) e, per opposizione, brut mal “epilessia”, disfemismo usatocome scongiuro (DVT 121-2), vèrm salutèri “tenia, verme solitario”, conripiegamento su salute (DEI 5,4024; DEG 951; DVT 1390-1), vairùs’c’ m. pl.“morbillo” < vΔtrum “vetro” con suff. compos. -ƒscƒli per le macchioline lucidecome frammenti vitrei (REW 9403; DVT 1383-4), buœìa “macchiolina biancadell’unghia”, propriamente “bugia” < germ. *bausŸ- perché si riteneva fosse emersain superficie per denunciare qualche falsità (DEI 1,629; DVT 143). L’orologio èdefinito buœèdro “bugiardo”, come il calendario, perché inganna misurando il tempopsicologico. Per nascondere ai piccoli il mistero della vita, si ricorreva alla locuzionegenerica ès in quài manéri “essere incinta”, “essere in qualche maniera”. Il tiposutùrnu “cupo, tetro, fosco” (Pontiggia 105) è quello soggetto all’influenza delpianeta Saturno, definito dai romani “l’astro triste” (REW 7624).

Remo Bracchi

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acqua (v. valé√ de l’).

acqua de bedól (l’), sorgente d’ac-qua, nell’omonima località, chesgorga anche nella fontanella di valtóof. D 10

acqua de bonèlo (v. acqua de gia-nìno).

acqua de cabèe (l’), sorgente d’ac-qua di ottima qualità, che sgorga amonte di piazaröl, nei pressi di unacappelletta, scorre in superficie finoa fontèna, dove precipita a cascatanel rongiàl, per poi confluire inca-nalata lungo la via Roggiale fino alRoasco. Solo in casi di eccezionalescarsità contribuisce ad alimentarela vasca di fontèna. Dal cognomeCabè non più esistente. C 9

acqua de fontèna (l’), ottima ac-qua, che nasce nell’omonima loca-lità, convogliata in una vasca nel1934 ed utilizzata per alimentarel’acquedotto comunale. Nel serba-toio, ampliato nel 1947-48 e comu-nicante con quello di pendéc’, vi siimmette anche l’acqua provenienteda |aròl. Si sono recentemente ulti-mati i lavori per la realizzzazionedi una centralina elettrica ad uso co-munale. C-D 10

acqua de gianìno (l’), copiose sor-genti d’acqua, captata per l’acque-dotto comunale, sgorganti nel mag-gese omonimo, sopra la fracia. Unadi esse è detta anche acqua de bo-nèlo, l’altra acqua de la fam. B 13

acqua de l’aràm (l’), sorgente diacqua ferrugginosa, che scaturiscetra i dirupi del pìis, un tempo rite-nuta benefica (aràm = rame). E 9

acqua de la bùbola (l’), sorgente,che da pendéc’ affiorava nella can-tina della bùbola, situata all’iniziodell’attuale via Roveschiera, e veni-va poi convogliata nel laatòri, pas-sando nella canaletta in pietra chesovrasta e attraversa il bui. Bùbola(civetta) è il soprannome riferito aLucchini Caterina (†1968) che iviabitava. D 10

acqua de la cicia (l’), sorgente, cheda pendéc’ sgorgava in località ro-s’cèra, sotto la casa di Venosta Ma-ria, soprannominata la cicia. Nel1934, in seguito alla realizzazionedell’acquedotto comunale, l’acquache alimentava il laatòri è stata in-canalata e fatta affluire con entratadal lato O del bui. D 10

acqua de la coàscia (l’), strisciaprativa percorsa da acqua, prove-niente da (v)al de¿èrta e confluentenella val de l’èra. F-G 9

acqua de la cróos (v. acqua de lafontèna).

acqua de la fam (l’), sorgente d’ac-qua, che nasce sotto gianìno, utiliz-zata sia per l’irrigazione e l’uso do-mestico, sia per alimentare la val direfrèc’. Secondo la tradizione, que-st’acqua stimola l’appetito. B 13

acqua de la fontèna (l’), sorgentecopiosa, sul versante orobico, pres-so (v)ascalda, sulla linea di confinecon Grosio. Sgorga sotto un massopiatto, costituente già dal 1540 ter-

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I N V E N T A R I O

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mine confinario comunale ed è an-cor oggi utilizzata, in parti ugualifra le due comunità, per irrigare iprati sottostanti di réz (Grosotto) edi batistòt (Grosio). È detta ancheacqua de (v)ascalda o acqua de lacróos. Secondo i racconti che si tra-mandano, in seguito a un periododi forte siccità, scarseggiò anchel’acqua di questa sorgente, da tem-po utilizzata da entrambi i comuniconfinanti, ma spesso oggetto di li-tigi. Grosottini e Grosini si accusa-rono vicendevolmente di sottrarrel’acqua gli uni agli altri, finchè,giunti sul posto per meglio chiarireil fatto, vennero brutalmente allemani. Calmatisi gli animi, deciserodi piantare insieme una croce in se-gno di pace. Essa fu conficcata ap-pena sotto la sorgente, in modo chele acque si divisero in parti uguali,accontentando le due comunità (G.BIANCHI, La croce della pace,RLGGM, pp. 7-9). (la Fontana, q.1124, IGM). D 12

acqua de la fontèna (l’), acqua po-tabile, che sgorga a valle della selvadi pàoli e sotto la strada, forse ali-mentata dallo scolo di irrigazionedi prati di chèmp. Nei periodi disiccità veniva celebrata una messapropiziatoria ai mòort de samba-stiè√. C 11

acqua de la malòsa (l’), sorgente,con acqua gelida che si perde nelterreno, rendendolo acquitrinoso,dopo il bosco e lungo la strada cheda pièna conduce a guinsèna (malò-sa = ontano verde). G 5

acqua de la zòca (v. acqua de varà-dega).

acqua de la zochìna (v. acqua devaràdega).

acqua de piatèla (l’), sorgente d’ac-qua di scarsa qualità, probabilmen-te poiché nasce e ristagna fra pietra-me muschioso, nella localitàomonima. D 10

acqua de piazaröl (l’), sorgente,che scaturisce a S dell’omonima lo-calità; in parte è utilizzata in loco,mentre quella eccedente defluiscenel rongiàl. D 10

acqua de piazés (l’), acqua sorgi-va, che sgorga da una roccia soprail muro, vicino alla baita de piazés,scende in un anfratto per poi disper-dersi nei dirupi sottostanti, mentreun tempo si depositava in una poz-za ricoperta di muschio. C 11

acqua de val de luìna (l’), sorgente,che nasce a monte della val di còsti,percorre la val de luìna, la val de lapré¿a e val foàsca, fino a confluireintubata nella val de prài. B 14

acqua de (v)alde|èna (l’), sorgen-te di ottima acqua, che nasce alföì√, a valle del maggese del càfera.

H 6

acqua de varàdega (l’), sorgenti,nel pascolo omonimo, presso ilconfine con Grosio. Una è detta ac-qua de la zochìna, un’altra acquade la zòca. C 15

acqua de (v)ascalda (v. acqua de lafontèna).

acqua de ¡aròl (l’), sorgente di otti-ma acqua, nella parte superiore delmaggese omonimo, utilizzata, in-sieme a quella di fontèna, per l’ac-quedotto comunale, in seguito acaptazione e realizzazione di vascae condotte (1948-49). La vasca èstata ristrutturata nel 1987-88. D 8

acqua de zóf (l’), sorgente, che na-sce a zóf, sulla linea di confine conGrosio, utilizzata fino al pelèe e a

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paraìis. Come è ricordato nell’attodi rettifica dei confini fra Grosio eGrosotto del 1540, questa sorgentecostituiva un punto divisorio: «…ascendendo usque ad alteram fon-tem scaturientem in loco de Zoffo»(ASCGr, doc. 1225). C 12

acqua dei aért (l’), parte dell’acquadel salt, che sgorga dopo lo scio-gliersi delle nevi, nella zona sotto-stante il dòs de l’arlèe. D 8

acqua del caàl (l’), sorgente, lungola vecchia mulattiera del Mortiro-lo, tra via pièna e piazés e presso lacrida. Quest’acqua è difficile da di-gerire. Il toponimo deriva forse dalfatto che è la prima acqua che sitrova sulla strada, un tempo prezio-sa per abbeverare i cavalli (v. anchesas del caàl). C 11

acqua del folét (l’), sorgente, sullastrada per sare¿èer, dopo la val desènt nòof (folét = spirito, diavolettoe anche vento). B 11

acqua del fusciàt (l’), piccola sor-gente, che scaturisce nella vallecolaomonima e confluisce nella val cor-nì√. C 8

acqua del gherbisció√ (l’), frescaacqua sorgiva, all’interno di unatréla, in località omonima, utilizza-ta in loco. D 10

acqua del gòch (l’), sorgente, nellalocalità omonima, la cui acqua,convogliata in una vasca, venivautilizzata per l’irrorazione della vi-te. È scomparsa, come molte altresorgenti sul versante orografico de-stro della valle dell’Adda, quandovenne realizzato il canale del-l’AEM, per alimentare la centraledi Lovero. C 10

acqua del panigàl (l’), sorgente,che sgorga tra il panigàl e il gras di

sèli, disperdendosi nel terreno sotto-stante. C 8

acqua del piè√ (l’), sorgente, chesgorga nell’omonima località, ap-pena sotto la strada di Roncale e aNE della val de spinàsc, utilizzatadai nuclei di case circostanti. C 9

acqua del piè√ del fé√ (l’), piccolasorgente, in varàdega, a NE del ba-racó√ e vicino al confine con Gro-sio. C 15

acqua del rosolàt (l’), sorgente diacqua ferruginosa, che sgorga sottoil sentiero omonimo, sul confinecon Mazzo. A 14

acqua del salt (l’), sorgente a sifo-ne, scaturiente dalle rocce sottostan-ti il dòs de l’arlèe. L’acqua fuorie-sce a cascata solo a primaverainoltrata, in seguito allo sciogliersidelle nevi, scompare nel terreno perpoi riemergere nei pressi dell’arca eproseguire verso l’arlèe. Secondola tradizione, fortemente legata allafede, l’acqua sgorga l’8 maggio diogni anno, giorno in cui si celebrala festa della Madonna di Pompei.È detta anche salt de l’arlèe. D 8

acqua del saùs (v. saùs).

acqua di boàt (l’), sorgente, nel pa-scolo omonimo, sopra i valé√ delbósch, utilizzata per abbeverare ilbestiame. B 14

acqua di botàt (l’), acque sorgive,che si perdono nel terreno dei casta-gneti di botàt, sopra fontèna. D 10

acqua di chèmp (l’), rivolo d’ac-qua acqua, utilizzata nel maggeseomonimo sia per l’irrigazione deiprati sia per usi domestici. In parteè prelevata da fontèna e portata aichèmp, in parte proviene dalla valdi refréc’, val de luìna, piudèer emulinét. C 12

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acqua di refréc’ (l’), sorgenti, cheemergono nel maggese di gianìno eche in parte alimentano la valleomonima, in parte sono state uti-lizzate per l’acquedotto comunale.Sono dette anche acqua de gianì-no. B 13

acqua di riàsc (l’), rigagnoli, chescendono sulla costa a NO dellaca¿ìna de pièna, per poi confluirenel vallone. G 5

acqua di tambùrli (l’), sorgenti,scaturienti nei prati omonimi, a NEdella val de prai, e che rendonospesso acquitrinosi i terreni. C 11

acqua(v)ìta (v. baitèl de l’).

ada (l’), fiume, che attraversa per cir-ca 3 km il fondovalle del territoriocomunale, passando sulla sinistradell’abitato. Nella parte S del paese,in prossimità della baronésa, rice-ve le acque del Roasco che discen-dono dalla Valgrosina In doc. 15-2-1473: campo u.d. ad Abduam(ASSo, not. Venosta). (F. Adda,IGM). B-C-D 10-11

ada (v. ©èri de l’).

aért (i), ampio pendio boschivo di co-stoni scoscesi e vallecole, a montedei réz, compreso fra l’arlèe e il va-lé√ di mòort. D-E 8

aért (v. acqua dei).

[aguei], località oltre l’Adda, ora nonmeglio identificabile. ASMi 1316:petiam unam terre campive u.d. inAguelis. ASMi 1412: petia una ter-re campive u.d. in Angueiis. EG fi-ne ’700: campo in territorio oltrel’Adda dove si dice in Aguei, ovve-ro Agguzzo, al Santo del Chafera.

àigola (l’), ampio pendio terrazzato escosceso, già vigneti e selve, orainvaso da vegetazione spontanea,nella parte N del paese, ai piedi del

versante retico. A SO è delimitatodalla strèda e dai crap de la maghè-da, a N confina con i rós’cèri, men-tre a monte con val de scala. Il vinoprodotto da queste uve (rossola ezinfaldèl), con vendemmia preco-ce, era buono e dolce, ma con pocagradazione alcolica, poichè la zonaera soleggiata solo fino alle primeore del pomeriggio. È distinto in ài-gola basa e àigola alta. In doc. 10-4-1561: pezza vignata in contratau.d. ad Aquilam (RPG, n. 121). Nel1606: vigna nella contrada dove sidice ad Aigolam (APG, doc. 1048).

D-E 10-11àigola (v. sènt de l’, tröc’ de l’, valé-

na de l’).àigola alta (l’), pendio terrazzato,

coltivato a vigneti, ora invaso davegetazione spontanea, fascia su-periore dell’àigola, a monte del sen-tiero omonimo e fino a val de scala(v. àigola). D 10

àigola basa (l’), pendio di terrazzi,già vigneti e castagneti, ora invasoda piante zerbive, nella fascia infe-riore dell’àigola, al limite con il nu-cleo abitativo del cantó√ de la ma-dòna e con i prati della re¿éna edesteso verso N fino ai ros’cèri (v.àigola). D-E 11

airòla (v. iròla).alp (l’), alpeggio ora in parte rico-

perto da vegetazione boschiva, nel-la fascia superiore del maggese deicaréti, dove sorge l’acqua dellastessa valle. È punto d’incrocio dialcuni sentieri, tra cui il sentiero Ita-lia, che giunge dai caréti e prose-gue verso la forcoléta, quello chearriva dall’alpeggio di pièna e quel-lo che conduce a solèz. F 7

alp (v. gras de l’).alta (v. pré¿a).

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alti (v. duèri, pièni).

ananìa (v. baita de l’).

andreàta (v. sélvi de l’).

[aqua], toponimo desueto. EG 1795:campo in contrada Roncale, al-l’Aqua, confinante con la chiesa diS. Croce. C 9

aràm (v. acqua de l’).

arca (l’), maggese con prati e baite,in parte rimboschito, adagiato sul-l’avvallamento dell’Arlate (da cuideriva probabilmente il nome), amonte di prèda e della vecchia mu-lattiera, che prosegue verso il sèntdel giööch. Vi sgorga l’acqua pro-veniente dal salt, la quale, in partedefluisce nell’arlèe, in parte vieneutilizzata nel maggese stesso. D 9

arch de sachéta (l’), accesso a pas-saggio privato, con archi e volte, invia Patrioti di fronte all’imbocco divia Galeazzi. Dal soprannome dellafamiglia Tognoli, proprietaria delforno e della casa attigua. L’arcoconduce ad un cortile sul quale siaffacciano vecchie case, tra cuiquella appartenuta a capòc’, sopran-nome di Pietro Capoccio fu Euse-bio (EG 1795). C 10

[ardeloga], toponimo non più ricor-dato. ASMi 1412: petia una terrecampive u.d. in Anderloga. In doc.11-3-1473: campo u.d. in Ardelo-ga seu in Viadanico (ASSo, not.Venosta).

aréc’ (i), prati pianeggianti con baite,riparate a monte da bosco di coni-fere, sopra mazùch e a N di scer-nìigh. In doc. 16-1-1627: prato ebosco in località oltre l’Adda adAregios (APG, doc. 1338). EG1795: prato con bosco e alberghi al-li Arecchy. (Arec, IGM). F 9

ariàt (i), prati molto ripidi, e battutidai venti sulla dorsale de dòs, soprai caorimósci (v. dòs). B 13

arlèe (l’), ampio canalone percorsoda acque torrentizie, che nasconosul versante retico del paese, tra pe-sciòla e campiè√, attraversano ilsolco franoso della valéna de lugo econfluiscono nel ruinàsc a bagarì√.Il tratto terminale del suo corso, cheun tempo passava da lupìno, attra-versava le selve e la strada del cimi-tero presso la calchèra, dividendo irìi dalla baronésa, nel 1990 è statoinfatti deviato nel ruinàsc, che siimmette nell’Adda all’inizio di col-tùra zót. Secondo il Bottazzi, il to-ponimo deriverebbe da una baseceltica: ar-lait = presso l’acqua. Indoc. 22-6-1597: fondo piazzivo eselvato in contrata u.d. ad Arlatum(RPG, n. 226). Nel 1686: campo al-le selve o ad Arlatum (APG, doc.478). C-D 8-9-10

arlèe (l’), costa un tempo coltivata avigneti, sul versante soleggiato del-l’Arlate, facente parte dei polaròli.In doc. 26-8-1473: campo u.d. adArlatum (ASSo, not. Venosta). EGfine ’700: vigna ad Arlà ossia allePollerole. C 10

arlèe (v. cà(v)a de l’òor de l’, crap del’, dòs de l’, salt de l’).

[arlega], località nella parte N delpaese, non più identificabile. ASMi1412: petia una terre campive u.d.in Valare sive in Arlega.

artegió√ (a), maggese su pendio, conbaite e bosco d’alto fusto, con ab-bondante sottobosco di mirtilli,lamponi e funghi. È situato sullacosta sinistra dell’omonima valle, aSO di ruinàl ed è attraversato dallastrèda de (v)edéc’. La località è det-ta anche ma¿oncèl. SCG 1550:

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«Statuimus et ordinavimus quodnon sit aliqua persona quae audeatnec praesumat incidere aliqua ligna-mina super petiam unam terrae zer-bivae et buschivae in monte ubi di-citur ad ruinam de Toseloincipiendo ad vallem de Artigionoversus mane per senterum de la Ma-sonciela». In doc. 8-4-1633: pratoad Artegionum (APG, doc. 1095).EG 1795: prato, monte e bosco alMasoncello, ossia Artegione. (Ar-tegione, q. 1243 IGM). F 9

artegió√ (v. pöira de, val de).artegió√ bas (a), maggese, sul ver-

sante sinistro della valle omonima,nei pressi della strada che conduceai sopièni. F 9

a|ìlo (l’), edificio comunale, a fiancodella chiesa parrocchiale, che ospitala scuola materna. Progettato del-l’ing Saverio Quadrio Curzio di Ti-rano, fu inaugurato il 24 novembre1929 in memoria dei caduti. Il vec-chio asilo, operante dal 1916, erasituato presso la ex casa di riposo.

C 10[asso], toponimo scomparso, indivi-

duato nella zona a monte di vialét.In doc. 11-1-1391: fondo in localitàin Asso (APM, doc. 1727). Nel1473: campo in contrata u.d. in As-so (ASSo, not. Venosta). EG fine’700: campo in Asso, Sotto Vigna.

C 11

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bacìno (al), piccola struttura, puntodi raccordo del canale provenientedalla vicina vasca con le condotteforzate della centrale idroelettrica(v. (v)asca). D 12

bagarì√ (a), vigneti e frutteti, sul co-noide di deiezione dell’arlèe, sottosamartì√, tra il camposènt e baghè√,dove la tradizione vuole vi fossel’antico paese, sommerso da unafrana in epoca remota. In doc. 13-1-1473: campo con due piante di ca-stagno foris versus Ruynazium u.d.in Bagarino (ASSo, not. Venosta).Nel 1753: vigna in località Bagarin(APG, doc. 973). C 10

baghè√ (a), vigneti, tra bagarì√ e ilruinàsc. C 10

bàit del camanàsch (al), baitello,in parte interrato, usato un tempocome ricovero per i pastori, nel-l’omonima zona pascolativa. F 5

baita de bi©ègo (la), rustico, sui ter-razzi superiori dei polaròli, un tempocoltivati a segale. Dal soprannomedi un ramo dei De Maron. C 10

baita de cirinèl (la), casa colonicacon terreni prativi, a E del bórch diquatro strèdi, dal soprannone di unramo dei Robustelli. Si racconta cheun tempo nei pressi di questo caso-lare si aggirava di notte un confinèe(spirito dei dannati), con un lume inmano, incutendo paura ai bambini.

C 11

baita de l’ananìa (i), baita, a S deiprati di piazaröl, nei pressi della sor-gente. Dal soprannome di un ramodella famiglia Della Rodolfa. D 10

baita de piazés (la), baita, situatavicino all’omonima sorgente. C 11

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baita del mót (la), baita con terraz-zamenti prativi, oltre val foàsca esotto porscinàl. Mót può significaredosso, oppure spuntato, senza cor-na, ma è anche soprannome dellafamiglia Zanni. C 11

baita del pöl (la), baita isolata fravegetazione spontanea, a NE dellasaré¿a. B 9

baita del tunf (la), baita attorniatada prati, al termine della strada chedal piudèer sale ai polài e quindi alchèmp, sul confine con il territoriodi Grosio. È detta anche al tunf (dalsoprannome di un ramo dei Sassel-la). C 13-14

baita di colonèli (la), casa sovra-stante terrazzi di castagneti, lungola strèda de sare¿èer, dopo la val desènt nòof. Colonèli è soprannomedi una famiglia Trinca. B 11

baita di marchéti (la), abitazione,recentemente ristrutturata, a S dellafrazione di Piazza, sul punto d’in-crocio tra la mulattiera che provienedalla maghèda-sambastiè√ e prese-gue verso il gherbisció√ e la nuovastrada che, salendo da stangoló√,prosegue verso Piazza. Dal sopran-nome di un ramo della famigliaTrinca. D 10

baita di tuèna (la), baita, all’iniziodei prati di iròla, provenendo dallamulattiera di Grosotto, costruita dal-la famiglia Tuana. Lo stemma diquesto casato compare sulla facciata,insieme alla lettere B T F F (BattistaTuana Fece Fare) e alla data 1825.Gli architravi delle finestre sono inpietra verde, come pure le vascheper la raccolta dell’acqua antistantila casa. Già proprietà del beneficiodel santuario, istituito nel 1669 dalparroco Eusebio Tuana. C 12

baita grezìna (la), casetta isolata,situata lungo la vecchia mulattieradel Mortirolo, a S del valé√ del va-stàc’. Dal soprannome della fami-glia Turcatti (grézo), proprietaria, ein particolare di Turcatti Caterina. Èpure detta baita de la grezìna. C 11

baita nòa (la), casa solitaria circon-data da prato, vicino alla riva de-stra del Roasco, facente parte delmaggese del caàl. H 7

baitàsci (v. bàiti).baitéi (v. ca¿ìni).baitèl de bàrch (al), baitello per il

ricovero dei pastori, tra piàz e pe-sciòla, sul versante destro dell’omo-nimo valé√. E 8

baitèl de la guèrdia (al), capanno,tra varàdega e il baracó√, un tempoutilizzato per il ricovero dei pastori.

C 14baitèl de l’acqua(v)ìta (al), ricove-

ro per pastori, a S del való√ deguinsèna, nei pressi del sentiero Ita-lia e raggiunto dalla mulattiera chesale da sach (Grosio). Vi sono sor-genti d’acqua che si perdono nelterreno. H 3

baitèl de mi©iondì√ (al), baita conprato, a monte dell’arca. D 9

baitèl de pedràt (al), piccola costru-zione, a monte della strèda de la ma-ghèda, dove termina il tratto pianeg-giante, detto piè√ de la maghèda.Pedràt è il soprannome, aggiuntopoi al cognome, della famiglia pro-prietaria, Nolo Pedràt. D 10

baitèl del pastóor (al), ruderi dicapanno, nel pianoro del panigàl,un tempo rifugio dei pastori. C 8

baitèl del piè√ di róngi (al), baitel-lo, un tempo ricovero per i pastori,a monte dello staló√, sulla costa si-nistra del vallone di pièna. F 5

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baitèl del pòta (al), ruderi di co-struzione, un tempo casotto in mu-ratura (caléc’) per ricovero dei pa-stori e la lavorazione del latte, inlocalità zaròl. D 8

bàiti (i), nuclei abitativi, nella fasciainferiore del maggese di sopièni,detti anche baitàsci. G 9

bàiti de camodèst (v. camodèst).bàiti de gasperì√ (i), gruppetto di

abitazioni, a monte dei pre¿àsci eoltre il való√ de pièna. È detto an-che fóla o tabachì√, dai soprannomidei proprietari delle baite, oppurepre¿àsci de dint del való√. I 6

bàiti de la migiónda (v. migiónda).bàiti de migiondì√ (v. migiónda).bàiti de pedrolèch (v. pedrolèch).bàiti de petalóna (i), piccolo nu-

cleo di baite isolate e diroccate,lungo la mulattiera di val de scala.Dal soprannome di un ramo dellafamiglia Venosta). D 10

bàiti de (v)edéc’ (v. tré).baitìna biènca (la), baita con prato,

ora ricoperto da vegetazione bo-schiva, sopra piazés. A valle dellabaitìna scorre la róngia de la(v)asca. C 11

balài (v. ruìni de).balda (v. piè√ del, tröc’ del).balórdo (v. ca¿èl de).balsarì√ (a), pendio di prati con bai-

ta, sopra il luca. B 12balsarì√ (v. pöiri de).bana (v. ba¿ìsc del, chè del, infèrn

del).[banchelle], terreni sulla sponda sini-

stra dell’Adda, ora non meglioidentificabili. In doc. 14-5-1704:fondo oltre l’Adda ad Banchellas(APG, doc. 1240). SCG 1739, cap.27: «… il bosco di Piaces e dalle

maggioni di Traversera andando ingiù per il viale sino alli campi delleBanchelle alias delli Cabona, e da lìin giù sino per tutta la vigna delliGalli sia tenso».

baracó√ (al), costruzione militare,sopra i ca¿ìni, realizzata durante laguerra 1915-18 e adibita a caserma,ora in rovina. È raggiungibile dallamulattiera che sale dalla valle diVaradega bresciana. C 14

[barato], il toponimo, localizzato nelcantó√ sóor, è legato probabilmenteal cognome della famiglia chi iviabitava. Il 18 gennaio1558 Antoniofu Giacomo Meii Barati del Thuanavende una pezza sedimata con tor-chio, orto, piazzo e corte e piantedi castagno in cantono superiori incontrata de Lugo u.d. ad domos il-lorum de Barato, confinante a N colroggiale (RPG, n. 112a).

barba giu|èf (v. valé√ del).

barch (i), lievi avvallamenti, già pa-scolativi, ora ricoperti di conifere,nella zona del Mortirolo tra i boàt ea NE dei pièni de barte¿ì√. B 15

barch (v. baitèl de, valé√ de).

bargèl (a), baita circondata da pratoe bosco, di proprietà privata, fra ilbosco comunale di venarlùuch.Bargèl e bargelìn sono botticelleper il vino, dalla forma allungata econtenenti al massimo 20 litri. At-tribuiti a una persona assumono ilsignificato di basso e tondo. Sonoanche soprannomi di un ramo dellafamiglia Della Rodolfa. E 10

bargèl (v. tröc’ de).

baronésa (la), prati e boscaglie, sulfondovalle a sud del paese, tra il trat-to terminale del vecchio alveo del-l’arlèe, coltùra zót e l’Adda. C 10

barte|ì√ (v. pièni de).

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bas (v. artegió√).basa (v. àigola, piatéda, pré¿a, strè-

da).basi (v. duèri).ba|iét (a), pianoro con maggese e

baite ristrutturate, a NO della valdi caréti, a E della val del luinàl esotto la strada che conduce in Pia-na. (Basiet, q. 1634, IGM). H 7

ba|iét (v. bósch de).ba|ìsc del bana (al), rovine di vec-

chia baita diroccata, fra la vegeta-zione zerbiva di campèl. C 10

batùda (a), pianoro terrazzato e pen-dio di prati con baite, già campi,tra i pàoli e iròla, situato in una po-sizione battuta dai venti (batùda =battuta). Nel 1768: fondo campivo,prativo e boschivo con piante di ca-stagno e con alloggi sui monti diGrosotto oltre l’Adda u.d. a Battuda(ASSo, not. Giacomo Maria Scarì,vol. 8737). (Batuda, q. 1071, IGM).

C 12batùda (v. bui de, scala de).bedognìna (la), bosco ceduo, so-

prattutto di betulle, compreso traspelùga e la val de prai e, versomonte, oltre la róngia de spelùga fi-no a fóo (bedógn = betulla). In doc.20-4-1529: pezza prativa e campivacon ovile e masone in monte incontrata u.d. ad Bedognedum ultraAbduam (RPG, n. 52). B-C 12

bedól (a), pendio con bosco di pini ebetulle, baite rifatte e lieve avvalla-mento prativo, a NE del bosco lugoe a valle di pù©e√. In doc. 17-12-1652: fondo campivo e prativo inlocalità ad Bedolum (APG, doc.1168). EG fine ’700: prato con ar-bori, campi e porzione di alberghidove si dice a Bedollo. D-E 10

bedól (v. acqua de, guardadóor de).

belvedée (al), dosso pascolativo, travaràdega e i cuni, con bella vistasulla valle dell’Adda. B 15

[beretello], località nella frazione diPiazza, ora non più identificabile.EG fine ’700: prato con arbori eporzione di basiccio in Piazza ossiaal Beretello.

bescöc’ (al), terrazzo campivo, nellazona di campèl. In doc. 21-2-1676:fondo in contrada Campel, denomi-nato al Bescoccio (APG, doc.1216). I bescöc’ sono le castagnecotte nel forno. C 10

bescöc’ (v. fórn di).[beticio], località non meglio precisa-

bile in prossimità del Roasco. Indoc. 18-11-1472: molendino e pratoin contrada Beticio presso il Roasco(APTi, pe. 162).

biènca (v. baitìna).bi©ègo (v. baita de).[biscotto], toponimo scomparso. EG

fine ’700: vigna a Prada ossia al Bi-scotto. B 10

boarésc (fò a), fondi prativi, già se-minativi, a NE dei prati della svanè-la e a valle della strada di prai.ASMi 1243: locazione ad Adamode Adamis de Grossoto di terrenoin Bovarecis. ASMi 1412: petia unaterre campive u.d. in Bovarezio sivead Prata. In doc. 15-2-1609: fondocampivo in contrata u.d. ad Boare-tio (RPG, n. 304) EG 1795: campoalla Spinada o a Boareccio. C 11

boàt (i), pascolo, sopra il bósch e sot-to varàdega. B 14

böc’ de linöc’ (al), tratto di stradabuio, perché chiuso dalla fitta ve-getazione esposta a N della pöirade (v)edéc’. E 10

bochéta de guinsèna (la), valico,sulla cresta di confine di Stato

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(Svizzera), percorso dal sentieroche sale dal vallone omonimo eprosegue scendendo in Valposchia-vo. Si trova a NO della puntatre(v)e¿ìna, vicino al territorio gro-sino di pedrùna e a monte dei la-ghetti omonimi. È detto anchetre(v)e¿ìna ed era frequentato neglianni 1960-70, soprattutto dai con-trabbandieri. E 1

bochéta de pesciòla (la), forcel-la, a quota 2348 m, a S del dòs cor-nì√ e riparata a E dal prorompentemat de pesciòla. Da questo passag-gio si possono prendere tre direzio-ni: quella che volge a N, raggiungeil sentiero Italia che conduce verso icaréti e pièna, quella a S, sempreattraverso lo stesso sentiero, rag-giunge salìna (Mazzo), mentre ilpercorso centrale, che dalla bochétasale tra il dòs cornì√ e il costone dicampiè√, discende poi nel tratto su-periore del piè√ di róngi e quindiprosegue o verso la bochéta de s’-ciasèra o verso quella di valùia. Viè anche un altro sentiero impervioche sale sul costone di campiè√, at-traversa la cresta dei crap negri finoa discendere in salìna. SCG 1544,cap. 49: «ascendendo usque ad fun-dum Garforum de Peciola et ab in-de supra per valenum usque in fur-culam et in cacumen et summitatemipsius montis». D 6

bochéta de pièna (la), valico im-pervio, a N della scima di gandi ró-si, che mette in comunicazione ilvallone di pièna con la Valposchia-vo, raggiunto dal sentiero che saleda piatéda alta. (Bocch.a di VallePiana, q. 2722, IGM; cippo confi-nario n.16). D 3

bochéta de s’ciasèra (la), bocchet-ta, a q. 2546, che verso S mette in

comunicazione il tratto superioredel való√ de pièna con s’ciasèra(Vervio). C 5

bochéta de salìna (la), passaggioche mette in comunicazione il trattoiniziale del való√ de pièna, a E deilaghèt, con l’avvallamento di salì-na, in territorio di Mazzo. Si trova aquota 2637 ed è poco frequentatodagli abitanti di Grosotto. D 5

bochéta de sasumèer (la), valico,nel tratto superiore della dorsaleomonima, che mette in comunica-zione il vallone di pièna, tramite laval de sasumèer, con guinsèna.(Bocch.a di Sassumero, q. 2607,IGM; diversa la collocazione).

E-F 3 bochéta de valùia (la), passo, sul

confine di Stato, raggiunto dal sen-tiero che sale da piatéda alta e chediscende poi sul versante svizzerofino a Viano, in Valposchiavo. Èdetto anche pas de valùia ed erapercorso dai contrabbandieri.(Bocch.a Valuia di Valle Piana oPasso Valuia, q. 2678, IGM; cippoconfinario n. 17). D 3

bochéta di fédi (la), stretto passag-gio, che mette in comunicazione ilvaló√ de guinsèna con piatéda alta,a SO della scìma de sasumèer (fédi= pecore). E 4

böder (al), baite con prati, ora in sta-to di abbandono, tra la val de spi-nàsc e la val cornì√, sotto le baitedel martì√ e sopra il ronchét. B 9

bògia (i), pendio terrazzato con baitediroccate e vegetazione boschiva difoglie caduche, già coltivato a ce-reali fino agli anni sessanta, tra pia-zés e i pàoli, lungo la mulattiera peril Mortirolo. Dal soprannome diuna famiglia Robustelli, estintasiintorno al 1940. Erroneamente se-

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gnalato come Bengi sulla mappacatastale. C 11

bögia (la), conca prativa, facente par-te del maggese di ba¿iét, situata nel-la zona più a valle e verso E. H 7

bögiolàta (v. sènt de la).

bögioli (v. al valé√ di).

[bombello], toponimo scomparso.L’11-11- 1584, Nicolò Robustellivende un fondo prativo con masonee te©ia u.d. ad Bombellum (RPG,n. 163). EG fine ’700: prato e boscocon masone a Bombello o CapreMozze.

bonèlo (al), prato, nella tratto infe-riore di gianìno, dove sgorgal’omonima sorgente. B 13

bonèlo (v. acqua de).

bòr (v. bui di, ©e¿ìna di, fórn di be-scöc’ di).

bórca (a, ’n), vasto maggese su pen-dio e piccoli pianori, costituito dadiversi nuclei abitativi, prati, pasco-li e boschi di conifere, in posizionedominante sulla vallata dell’Adda,sopra il ròcol, salendo dalla stradache parte da Grosio. In questo pun-to essa si divide in due rami: unoconduce al bósch, l’altro si ricon-giunge alla strada che sale da Maz-zo. SCG 1544, cap. 31: «Statutumest quod habitantes seu habitaturiin alpe de Campo possint habitareeundo a Tegia veteri de Campousque ad plazum de Burca quod estin confiniis cum illis de Maze».(Biorca, q. 1552). B 13

bórch di quatro strèdi (al), incro-cio, tra la strèda di pónt, che prose-gue poi verso il Mortirolo e la strè-da di saléc’, più propriamentechiamata via Nuova Provinciale,che proviene da Mazzo, seguendoin gran parte il tracciato dell’antica

via Valeriana, per poi continuarecome strèda de salvàns, più comu-nemente detta strèda de la centràl,in conseguenza della costruzionedella vecchia centrale dell’AEM(1908-10). C 11

bóri (v. piè√ di).

bósch (al), maggese con abitazioni evasto pendio di bosco d’alto fusto,sul versante orobico, sopra il gar-bìsc, fino al limite della zona bo-schiva, che prosegue poi con pia-nori pascolativi. In doc. 14-5-1548:pezza prativa con metà masone euna pendegia in monte u.d. ad Bu-schum seu ad Stabynas (RPG, n.84). EG fine ’700: prato, monte ebosco con alberghi al Bosco. (il Bo-sco, q. 1769, IGM). C 11

bósch (al), vasta zona boschiva co-munale, su ripido pendio con preva-lenza di abeti e larici, a E del való√de pièna, compresa tra ba¿iét e ilcàfera e, a monte, fino oltre la stra-da che conduce in Piana. La fasciasuperiore è costituita da bosco diprotezione, per prevenire frane evalanghe. È detto anche bósch debasiét. SCG, 1544, cap. 34: «Statu-tum est quod quilibet de comuniGrosubti stare, habitare ac pascerepossit in locis de la Presacia et delBusco ubique a valle de Mozana in-tus post medium mensis augusti, itatamen quod prata ipsa del Busco etde la Presacia clausa remaneantusque ad nonum mensis septem-bris». H-G 6-7

bósch (v. tröc’ del, valé√ del).

bósch de ba|iét (al) (v. bósch).

bósch de guinsèna (al), ampiopendio di conifere, compreso tra ilRoasco e il tröc’ de la tre¿énda etra il valé√ di gai e la linea di confi-

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ne con il territorio di pedrùna. H-I 3-4-5

bósch de la crida (v. crida).bósch de la stopèna (al), pendio

di bosco misto e dirupi, a monte disamartì√ e compreso tra sach e l’ar-lèe, di proprietà della famiglia Stop-pani. C 10

bósch del pòl (i), costone di boscomisto, nella fascia superiore del pòlche si estende fino alla val cornì√.

C 9bósch del raspagnöl (al), ampio

pendio di bosco di conifere misto adirupi, a monte dei piazéi e sotto iltröc’ de la pièna, fino al ruinàsc.Negli statuti del 1591 (cap. 83) èstabilito che il decano «non possivendere alcuna sorte de legnami darasa, senza special licentia delli sin-dici e homini de vicinanza, dalmuotto del Re Spagnol in dentro sinin Piana». Nel 1490 è decano delcomune un Andriolo Pedrot Spa-gniol e nel 1574 Gio. Matteo Robu-stelli Spagnoletto (MB, cc. 70v e73v). C 8

bósch del temé (v. pièna del temé).bósch di coróni (i), pendio di bosco

misto, con prevalenza di abeti, trairòla e la pré¿a. C 12

bósch di stopèni (v. stopèni).boschét (al), pascolo con pietrame e

sorgenti, che alimentano la val deartegió√, tra piaz e pesciòla. E 8

bosco lugo (v. venarlùuch).botàt (i), pendio terrazzato di casta-

gneti e vegetazione zerbiva, soprafontèna e a NE di polaròli. In doc.2-11-1610: fondo prativo e selvatou.d. ad Talogas, confinante a O conPietro fu Antonio Botatti (RPG, n.313). SCG 1591, cap. 59: «È sta-tutto che la squadra [= contrada] di

Monti comincia e cominciar debbaalla casa delli heredi de Michelonoe da quelli del Botat». D 10

botàt (v. acqua di).

[bottam (ad)], toponimo scomparso.In doc. 5-2-1601: fondo vignato incontrada u.d. ad Sanctam Mariam,seu ad Bottam (RPG, n. 249). D 11

bràch (v. tröc’ de).

[braola], località non più ricordata.ASMi 1316: petiam unam terrecampive u.d. ad Bragolam. In doc.15-3-1602: fondo campivo in con-trata u.d. ad Braolam (RPG, n.259). EG 1795: campo alla Braola.

brata (la), prati e baite, in posizionesoleggiata, sopra sare¿èer, a valledel bosco di solìi, confinante con ilcomune di Mazzo e sottostantel’inizio della val de talòga. EG fine’700: fondo prativo, boschivo conmasone alla Soliva dove si dice allaBratta. B 12

brili (i), briglie di protezione e conte-nimento del terreno, in bórca, amonte dell’imbocco della val de ta-lòga, sul confine con Mazzo. Inpassato questo era spesso il puntodi stacco della massa franosa chescaricava poi violentemente a valle.

B 12

bröli di caberlì√ (al), terreni colti-vati in gran parte a frutteto, situatitra la via Robustelli e prädàsc, diproprietà della famiglia Robustelli,detta caberlì√, o anche cabrelìn (di-minutivo di Gabriele). Negli anniNovanta i terreni sono stati lottizza-ti e urbanizzati. D 10

bru|èghèe (al), spiazzo con vegeta-zione bassa, soprattutto mirtilli ederica, sopra piàz e a valle di pesciòla(bru¿èghèe = bruciacchiato). E 8-9

bùbola (v. acqua de la).

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bui (a), prato e bosco, ora abbandona-ti, facenti parte del maggese di pan-tè√, vicino alla valle omonima, chedivide il territorio di Grosotto daquello di Mazzo. SCG 1550: «Ten-samus totam comunanziam intervallem de Prayo et vallem de Talo-ga eondo per vallem de Talogausque ad Bulium». EG fine ’700:bosco al Bujo. B 12

bui (v. cantó√ del; val de).bui de batùda (i), vasche, alimentate

dall’acqua de la fontèna, provenien-te dai chèmp. Da maggio a settem-bre vigeva il diritto di riempimentodei bui regolato da un sistema di ro-tazione detto «ròda». C 12

bui de fùfi (al), piccola fontana, incemento costruita nel 1920, situatalungo la via Lugo, vicino alla casadella famiglia Robustellini, sopran-nominata fùfi. C 10

bui de la madòna (al), piccola fon-tana-lavatoio, nella piazzuola retro-stante il santuario, costruita nel 1925e rifatta con l’aggiunta del tetto dicopertura negli anni Ottanta. D 11

bui de ros’cèra (al), fontana, in ce-mento, costruita nel 1920 e situatanella piccola piazza omonima, da-vanti all’antica casa comunale.

C-D 10bui de san ròch (al), antica fontana

in pietra con annesso lavatoio co-perto da tetto (inizio sec. XIX), vi-cino alla santèla de san ròch, utiliz-zata in passato da moltissimelavandaie, spesso in fila d’attesa,tanto che era chiamata anche bui dipiöc’. C 10

bui del bèsech (al), fontana con la-vatoio, in via Molini, costruita nel1925. Dal soprannome di un ramodella famiglia Trinca Colonel, abi-tante nelle vicinanze. D 11

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bui del cantó√ dint (al), antica fon-tana in granito con abbeveratoio,lavatoio e tetto di copertura, situataa metà della via Robustelli, in pros-simità degli archi di rinforzo allecase ed utilizzata dagli abitanti delcantó√ Fanòga; è stata più volte ri-maneggiata e recentemente ridi-mensionata. D 10

bui di bòr (al), antica fontana, in pie-tra verde con lavatoio, un tempo si-tuata nella piazzuola in cima alla viaLugo, vicino alla ©e¿ìna omonimae utilizzata dagli abitanti del cantó√sóor e parte del cantó√ monti. Intor-no al 1990 è stata ridimensionata espostata più a monte. C 10

bui di finanséer (al), fontana otta-gonale in cemento, costruita nel1920 e situata allo sbocco della viaMortirolo nella via Molini, vicinoalla ex caserma della Guardia di Fi-nanza, attiva fino al 1961. D 11

bui di piöc’ (v. bui de san ròch).bui di quatro canó√ (al), caratteri-

stica fontana, in pietra verde conquattro bocche (canó√), da cui fuo-riesce l’acqua, e lavatoio coperto.Situata all’inizio della via Lugo ecostruita nel 1630 (data scolpita sulpilastrino centrale), ha subìto il rifa-cimento della vasca nel 1829. C 10

burìcio (a), baita attorniata da prato,situata nel punto d’incrocio tra lestrade iròla-chèmp e iròla-coróni. C 12

butéer (v. valé√ del).

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[ca’ contrada], toponimo scomparso.EG 1795: campo in Ca’ Contradache confina col fiume Roasco. D 11

[ca’ de negrìn], toponimo scompar-so, localizzato nella zona del capi-tèl, in prossimità della vecchia casacon mulino, detto di Pedràt, prospi-ciente il Roasco. EG 1795: campo aCa’ de Negrìn ossia alla Crocetta.

D 11

[ca’ de nesìn], località ora non me-glio individuata. EG fine ’700:campo a Ca’ de Nesin ossia allaMasone o Decima.

caài (v. scala di).

caàl (al), maggese con piccolo nucleoabitativo e prati sul fondovalle e sulpendio, dominante la Valgrosina oc-cidentale, situato alla confluenza nelRoasco della val di caréti, che inquest’ultimo tratto prende nome dival del caàl. Il ponte sul torrente, untempo formato da due grossi tronchie ora carraio, è il primo collegamen-to, che si trova salendo, tra i dueversanti della Valgrosina occiden-tale. È detto anche dòs del pini, pro-babilmente dal cognome di una fa-miglia che vi abitava. Fino agli anniventi del secolo scorso vi era unasegheria per una prima lavorazionedel legname tagliato nei boschi cir-costanti. EG 1795: prato con maso-ne al sasso del Cavallo. (Cavallo, q.1376, IGM). H 7

caàl (v. acqua del, sas del).

caaléta (la), bosco ceduo, a N di(v)argelàsc, sotto chegalóof, oltrela condotta forzata dell’AEM e finoal confine con Grosio. D 11

cabèe (v. acqua de, sènt de).

caberlì√ (v. bröli di).

cadì√ (i), ampia depressione prativae pascolativa, in parte costituita daterreni paludosi, tra (v)al de¿èrta e iduèri alti. Sul leggero pendio versoNO è stata costruita una chiesetta(v. ©e¿ìna di duèri). Attualmente lazona meno acquitrinosa è ancheluogo di ritrovo per feste popolari.

G 8-9

cadì√ (v. möi di).

càfera (al), maggese con baite, cir-condato da bosco d’alto fusto, so-vrastante il Roasco e tra la val delluinàl e il való√ de pièna. Il toponi-mo deriva dal soprannome di un ra-mo dei Robustelli. Nel 1568 è deca-no del comune Eusebio Caffera diRobustelli (MB, c. 73r); nel 1665-66 Antonio Caffera Robustelli è ca-nepario del santuario (APG, doc.528). (Cafera, q. 1490, IGM). H 6

cagni (v. piè√ di).

cagnöi (v. dòs di).

calchèra (la), fornace per la calce,situata oltre l’Adda, a vialét, di-smessa probabilmente nel 1865 conl’attivazione di quella vicino al ci-mitero. In doc. 2-1-1539: pezzapiazziva e campiva con alcunepiante di castagno in contrata u.d.ad Calcheram (RPG, n. 76). EG fi-ne ’700: vigna alla Calchera di làdell’Adda; campo alla Calchera os-sia Vialetto. C 11

calchèra (la), piccolo nucleo di abita-zioni, nell’estremità sud del paese,oltre la chiesa parrocchiale, primadel camposènt e sotto i sélvi. Il topo-nimo deriva dal fatto che dal 1865fino agli anni cinquanta vi era attivauna fornace per la calce. C 10

calchèra de la madòna (la), forna-ce, nella zona pascolativa a monte

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di duèri alti e a N di ruìni. La calcevenne tra l’altro utilizzata per la co-struzione del santuario e anche, piùrecentemente, per i restauri dellafacciata e del campanile (1987).Nei documenti antichi la localitàviene citata come campöi. In essa sicavava anche del marmo. G 8

calchèra de samartì√ (la), zonapascolativa, a N del chèmp de so-lèz, con piccolo casolare e con for-nace per la produzione della calce,ora disattivata. F 8

calchèra di duèri (la), fornace, atti-va fino agli anni cinquanta per otte-nere la calce, utilizzata non solo perla costruzione di baite in montagna,ma anche per le abitazioni in paese.Essa era infatti più conveniente diquella prodotta nella calchèra delpaese, poichè il costo del trasportoa valle della calce era inferiore aquello del trasporto sia della legnache del calcare, i quali, nel primocaso, venivano reperiti in loco. Èsituata nella fascia superiore deiduèri alti, sopra la calchèra de lamadòna e vicino ai ruìni. Le fornacioperanti dovevano essere più d’unacome emerge dagli statuti del 1544(cap. 30): «… prope calcheras deDovera». G 8

[calderam (ad)], toponimo ora nonpiù identificato. In doc. 14-11-1633: fondo in località ad Calde-ram (APM, doc. 1836).

calderàt (v. tòorc’ de).

camanàsch (al), esteso pianoro pa-scolativo, sul versante intermediodestro del való√ de pièna, a valle diconca. Il 7 dicembre 1613 il deca-no, il notaio e i consiglieri del co-mune di Grosotto vendono con pat-to di recupero al dott. FrancescoVenosta di Grosio l’alpe detta Ca-

manasco in monte di Grosotto u.d.in Piana, confinante a E con le alpidi Mozana e di Pesciola, a S con ilcomune di Vervio, a O con i comu-ni di Brusio e di Poschiavo e a Ncon le alpi di Guinzana e del Baiti-no (RPG, n. 335). (Camanasco,IGM; diversa la collocazione). F 5

camanàsch (v. bàit del).

camì√ de sare|èer (i), tratto distrada, molto ripido, tra balsarì√ esare¿èer, fiancheggiato da muro insasso con altezze irregolari. B 12

camodèst (a,’n), piccolo nucleo abi-tativo su pendio terrazzato di pratie castagneti, a NE di fontèna e delrongiàl, a valle di piazzaröl, finoagli anni Cinquanta abitato tuttol’anno. Probabilmente il toponimoderiva da Modesto, nome di perso-na. EG 1795: campo alle Case diModesto. C-D 10

camósc (v. pas del).

campéi (i), bosco misto, tra piazés, labaitìna biènca e spelùga. C 11

campèl (a), antica contrada, con piùnuclei di case recentemente ristrut-turate, con frutteti, seminativi e ca-stagneti, ora in parte invasi da ve-getazione zerbiva, sul versanteretico e a SO del paese, sopra sa-martì√ a S dell’arlèe, in posizionesoleggiata. In doc. 11-3-1473: pratou.d. ad Pratum seu ad Campelios(ASSo, not. Venosta). Nel 1608:fondo campivo in contrada de Cam-pello (RPG, n. 300). Nel 1688: vi-gna in località Campel (APG, doc.1225). C 10

campèl (v. sènt de).

campe|èl (al), avvallamento pasco-lativo, sull’imbocco della val de ar-tegió√ e sotto il piè√ di te©i e i po-zàt. E 7-8

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campe|èl (v. dòs). campiè√ (su ’n), vasto pianoro pa-

scolativo, ora ricoperto da cervino,rododendri e ginepri, al limite dellazona boschiva e ai piedi del costoneroccioso e ghiaioso che guarda ver-so SE della catena di cime omoni-me. Si trova sul versante retico delpaese, dove hanno inizio la val cor-nì√ e il ruinàsc, ed si estende daldòs de l’arlèe fino oltre il confinecon Mazzo. Nella fascia inferiore, aquota 2144, è attraversato dal sen-tiero Italia, un tempo mulattiera cheseparava il pascolo per ovini daquello sottostante per bovini. (Cam-piano, IGM; diversa la collocazio-ne). D 7-8

campiè√ (v. cróos de, scimi de, tröc’de).

[campo del mottarello], luogo nonpiù individuabile. In doc. 9-4-1629:fondo al campo del Mottarello(APM, doc. 1835).

[campo longo], toponimo di cui sisono perse le tracce. ASMi 1243:locazione ad Adamo de Adamis deGrossoto di un terreno situato u.d.ad Campum Longum. ASMi 1316:petiam unam terre campive u.d. inCampo longo.

[campo lugo], luogo ora non meglioidentificabile. In doc. 13-5-1349:fondo campivo in località CampoLugo (APG, doc. 980).

[campo maiori], fondi seminativi inlocalità non più ricordata. ASMi1316: petiam unam terre campiveu.d. in Campo Maiori.

[campo marcio], toponimo scom-parso. In doc. 3-4-1473: campo u.d.in Campo Marcio (ASSo, not. Ve-nosta). Nel 1522: pezza campiva incultura superiori in contrata u.d. adCampum Marcium (RPG, n. 44).

[campo stefano], toponimo non piùricordato con tale denominazione,ma che dovrebbe corrispondere achèmp, sulla linea di confine conGrosio. In doc. 22-5-1349: fondosituato in territorio di Grosotto u.d.in Campo Stefano (APG, doc. 980).Nel 1540: saxum magnum situm etexistentem sub prato de CampoStephani (ASCGr, doc. 1225).

campöi (su ’n), pascoli e dirupi, neipressi della calchèra de la madòna.L’antica denominazione è ricordatasolo da poche persone anziane.SCG 1550: «Tensamus petiamunam terrae in monte et teratorioubi dicitur Campoyo, incipiendo aluinale de Malosa Sisa veniendo etvergendo per stratam versus manepartem usque in Dovera». Nel librodei conti del santuario, anno 1652-53: «Tagliapietre n.° 163 [giornatelavorative] in circa a cavar marmo-re in Campoi et pietre per la fabricadel campanile. Muratori in Campoia reffare la fornace circa n.° 8»(APG, Libro dei conti del santua-rio, vol. I, 1580-1649).

camposènt (al), area cimiteriale supianoro solatio già coltivato a vi-gneti, situato a SO rispetto al paese,oltre la calchèra e sotto bagarì√. Ilprimo cimitero fu benedetto l’11 di-cembre 1825 (III domenica di av-vento) dal parroco Stefano Redolfi-ni e la prima salma vi fu inumata il23 gennaio 1826 (APG, Liber mor-tuorum, 1784-1829, c. 180r/v).Venne ampliato una prima volta nel1919 e successivamente nel 1953 enel 1983. Il 4 gennaio 1877 il ve-scovo di Como Pietro Carsana con-cedeva al prevosto Giacomo Am-brosini la facoltà di benedire lacappella funebre eretta da OrsolaScala vedova Stoppani (APG, doc.

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354). Il 12 marzo 1894, durante ilfunerale del letterato e pubblicistaGiovanni Robustelli, crollava il mu-ro verso monte, causando 5 mortie 52 feriti. Dal punto di vista artisti-co è da segnalare il busto in rilievodel notaio Giuseppe Tuana (1818-1890) sulla lapide tombale in mar-mo bianco, firmata «Lucca Flami-nio - Milano». Nella recentecostruzione dei loculi, sono andatepurtroppo distrutte, tra le altre, duelapidi di importanza storica, collo-cate sul muro di cinta. Una ricor-dava il dott. Benedetto Rizzi(†1884) «dei medici valtellinesiNestore acclamato / fautore dell’Ita-lia libera e unita», così menzionatoda G. VISCONTI VENOSTA nei suoiRicordi di gioventù (cap. XIX):«Nel vicino paese di Grossotto ave-vamo un gruppo d’amici, personeottime, intelligenti come non sem-pre se ne trovano nei paesi piccoli;con essi ci comunicavamo le nostresperanze e si facevano chiacchiereinfinite. Teneva il primo posto inmezzo a loro il medico del comune,il dottor Benedetto Rizzi, uomo distudi e di molta intelligenza, cheavrebbe emerso in qualsiasi campopiù vasto, ma che s’accontentò divivere nella sua piccola patria, eser-citando una influenza benefica, so-prattutto patriottica». L’altra lapidericordava il maestro di musicaFrancesco Colombi di Gandino(BG), organista delle chiese di Gro-sotto dal 1852 al 1878. Sulla destradell’ingresso al cimitero è situatauna fontana in pietra datata 1842(v. òpol del cuf). C 10

[campum bertrami (ad)], localitàindividuata in coltùra dint, ma nonpiù ricordata. In doc. 3-5-1591: fon-do campivo in cultura interiori, in

contrata u.d. ad Campum Bertrami,confinante a E con quei di Grosio(RPG, n. 196).

[canale de rayno], vallecola con ac-qua, ora scomparsa, che scendevanei pressi della chè di gai, fino adalimentare la fontana di quatro ca-nó√. In doc. 3-2-1496: pezza sedi-mata con stabulo, ovile e tabiato incontrata de Lugo apud Canalem,confinante a O con aqua fontane(RPG, n. 24). EG fine ’700: abita-zione nella contrada di mezzo allaCanale dei Rayno. Dalla bozza de-gli statuti del 1544 risulta che laquarta contrada del comune, dettacontrada superiore, cominciava «adbulium» della piazzetta di Taverno-la e saliva fino al canale del Rayno.

C 10

[caneve], ampio pendio di vigneti eseminativi, ora zerbi, a monte diprèda, tra i chè de pedrolèch e ron-càl, fino alla val de pradél. Il topo-nimo individuato nei mappali del1817 è oggi scomparso. Nel 1257:petia una campi ubi dicitur subtusviale de Caneve, confinante a S conLabarata Zermani (APM, doc. 252,c. 5r). EG fine ’700: vigna a Spi-nazzo o Caneva. EG 1795: campoal Canavale di Roncale. B 9-10

[canevello], toponimo scomparso,ma localizzato nella contrada diPiazza. EG fine ’700: campo al Ca-nevello in Piazza. D 10

canfinàl (’n), sommità rocciosa, conpietrame e cervino, sovrastante l’al-peggio di Guinzana e guinsanèla,verso O, e l’omonima alpe, versoNE. Il toponimo è usato comune-mente solo per indicare l’alpeggio.(P.ta Canfinale, q. 2397, IGM). H 3

canfinàl (’n), vasto pianoro pascola-tivo, a NE e a quota superiore ri-

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spetto all’alpeggio di guinsèna, delquale fa parte. Vi è un piccolo rifu-gio per pastori, raggiunto dal sentie-ro che sale da guinsèna e che prose-gue verso i mandri del moro, fino aifòpi de pièna. In un compromessodell’anno 1435, i comuni di Grosioe Grosotto si accordavano per l’uti-lizzo delle alpi di Campofinale,Quinzana, Malghera e Pedruna(ASCGr, doc. 948). SCG 1544,cap. 40: «Statutum est quod resi-duum pecudum ponatur in Campfi-nalis de Plana». Verosimilmente ilnome deriva dal fatto che la localitàsi trova in prossimità del confinecon Grosio (A. Canfinale, q. 2068,IGM). H 4

canfinàl (v. tröc’ de, valé√ de).

canó√ (v. bui di quatro).

cantó√ de la madòna (al), nucleoabitativo, di recente denominazio-ne, che comprende il primo trattodella via Molini, la zona del san-tuario (già parti del canton fanòga)e del capitèl. D 11

cantó√ de mèz (al), antica contradadel paese, situata tra il cantone Su-periore e quello Inferiore e che siestendeva dalla fontana all’incrociotra la via Patrioti e la via Rove-schiera fino alla santèla de san ròch.Dalla bozza degli statuti del 1544(cap. 72) risulta che le altre contra-de, dette anche «cantoni», erano:cantone Inferiore, cantone del Bulio(bui), cantone Superiore e cantonedei Monti (APG, doc. 1267). Versola fine del ’500 il cantone Inferioreprese il nome di Fanòga, il cantonedel Bulio si chiamò Robustelli equello Superiore cantone Lugo. Ilcantone di Mezzo comprendeva an-che l’attuale via Galeazzi, al cui im-bocco vi è la casa che appartenne

alla famiglia omonima, con un af-fresco settecentesco dell’Immaco-lata, fatto eseguire dal canonico Eu-sebio Galeazzi (1680-1761). In doc.17-4-1654: fondo sedimato nelCantone di Mezzo (APM, doc.1862). C-D 10

cantó√ del bui, una delle cinquecontrade, in cui si suddivideva l’an-tico paese. Essa comprendeva laparte superiore dell’attuale via Ro-bustelli, il tratto di via Patrioti finoal laatòri e ros’cèra. D 10

cantó√ di se|ùri (v. se¿ùri).

cantó√ dint (al), zona del paese,compresa tra prädàsc, lo stradó√ e ise¿ùri, oggi meglio individuata conla zona di via Robustelli. D 10-11

cantó√ fanòga (al), una delle cin-que antiche contrade, che compren-deva la parte inferiore della via Ro-bustelli e il tratto di via Molini, dal«trivio del ponte» fino al nucleo dicase circostanti il santuario. Certa-mente fino al 1591 (v. SCG) era de-nominato cantone Inferiore. La casasituata all’incrocio tra le due sud-dette vie appartenne nel XVII seco-lo al dott. Abbondio Venosta e inessa furono spesso ospitati ufficialidelle truppe lanzichenecche. Duran-te una parziale ristrutturazione neglianni Sessanta del secolo scorso,venne demolita anche una cappel-letta inserita nell’edificio, con la de-scrizione di un presunto miracolofatto in quel luogo dalla Madonna,ivi raffigurata con una mammellaferita e sanguinante (DA PRADA

1989, p. 181, nota 21). ASMi 1316:sedimen unum cum domibus quin-que et cum furno uno et curte et ortou.d. ad Fanogam. Il 1° marzo 1394un atto di vendita è redatto in con-trada Fanoga (APG, doc. 983). In

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doc. 16-1-1473: prato con mezzomulino, una pila e piante di salice incontrata u.d. ad Fanogam, con l’ob-bligo di pagare mezzo staio di biadaalla chiesa di S. Martino (ASSo,not. Venosta). Nel 1781: fondo pra-tivo con fucine in canton Fanoga(APG, doc. 513). D 10-11

cantó√ \ , nuova denominazione dellacontrada Superiore. In doc. 29-3-1423: sedime in contrada Lugo(APTi, pe. 49). In sentenza arbitrale8-1-1473: orto in contrata u.d. adlugum (ASSo, not. Venosta). Nel1587: fondo sedimato con vari ca-samenti, ossia ovile, masone, cane-pello e involto in contrata de Lugocantono superiori; nel 1603: fondosedimato e curtivo con tre involti,stufa, cucina, tablato e camere incontrata de Lugo u.d. ad Bulium(RPG, nn. 173 e 262). EG fine’700: torchio da vino ed olio nellacontrada de Lugo. C 10

cantó√ monti (al), contrada, unadelle cinque in cui risulta suddivisoil paese nel 1544, addossata sulleprime pendici del versante retico ecomprendente il nucleo abitativo disan ròch, la parte del paese a SOdel rongiàl, compresi gli agglome-rati sparsi di camodèst, piaza, sa-martì√, campèl, cuna, roncàl e prè-da. EG fine ’700: casa nel Cantonede Monti. C 10

cantó√ robustèlli, contrada, nomeattribuito al cantó√ del bui verso lafine del ’500. È attraversato dallavia Robustelli, dove abitò nel XVIIsecolo il notaio Gio. Antonio Ro-bustelli e in seguito lo scrittore egiornalista Giovanni Robustelli,detto Caberlì√ (1842-1894). In doc.5-5-1643: sedime a Pendegio nel

cantone dei Robustelli (APG, doc.1135). D 10

cantó√ sóor (al, su ’ndel), nucleoabitativo, corrispondente all’incir-ca all’antica contrada Superiore, at-traversato dall’attuale via Lugo ecompreso tra ros’cèra, il cantó√monti ed il cantó√ de mèz’. È usataanche la forma cantó√ sóra. In doc.28-12-1613: fondo ortivo sito nel-l’oppidum di Grosotto, in contratade Lugo u.d. in Cantono superiori(RPG, n. 336). Map. 1817: Contra-da dell’Ugo. Il 18-6-1848: locazio-ne di tre torchi nei cantoni di Fa-noga e di Sopra di proprietà dellafabbriceria parrocchiale di Grosotto(APG, doc. 204). C 10

cantó√ sóra (v. cantó√ sóor).

caorimósci (i), maggese con baite,esposto a S, sopra la róngia de iròlae sotto il gòos, fiancheggiato dallavecchia mulattiera e più volte attra-versato dalla nuova strada per ilMortirolo (caori mósci = capre conle corna mozzate). Alcuni sopran-nomi dei proprietari delle baite dan-no il nome ad alcune località dellazona: pelìti, gianìno, bègol. A nor-ma degli ordini del 1555 (cap. 3)era consentito il pascolo «a SassaCoronarum usque ad mansionemsuperiorem heredum quondam Ro-bustelli olim Togni Eusebii de Ro-bustellis Cauramoziae et ab indeeundo foras ad carboneras et usquein confiniis illorum de Mazze».Trattandosi della prima citazionedella località, può darsi che il topo-nimo tragga origine dal sopranno-me del Robustelli proprietario didetta baita. C 12

capitèl (al), piccola cappella, situataoltre il ponte del Roasco e a S deldóm, eretta nella seconda metà del

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’600 sul luogo dove, secondo la tra-dizione, sarebbe apparsa la Verginea fermare gli invasori Grigioni nel1487. Prima della sua costruzione,la località era chiamata la cro¿éta,verosimilmente per la presenza diuna croce. Nel 1637-38: «Receutida elemosina accio si spendino afar fare il capitello alla Crosetta lire29 e soldi 2» (APG, Libro dei contidel santuario, vol. I, 1580-1649).L’11 gennaio 1666 il fabbro mastroPietro fu Gregorio Robustelli, condisposizione testamentaria, lascialire 200 per la cappella che si stacostruendo oltre il ponte del Roa-sco, alla Crocetta (APG, doc. 747).Nel 1899 il parroco Pietro Maiolanichiede alla Curia vescovile la fa-coltà di ribenedire e restituire alculto la cappella del Capitello, es-sendo stata profanata dalle truppegaribaldine (APG, doc. 770). Lacappella è stata restaurata nel 1987,in occasione dei festeggiamenti peril V centenario dell’origine del san-tuario e la parete interna è stata af-frescata dal pittore comasco TorildoConconi con l’immagine della Ma-donna delle Grazie. D 11

capitèl (int al), pianoro di selve eprati, circostante la cappella omoni-ma e compreso tra il chèmp di mó-ort, i prèe de punta e il Roasco; at-tualmente è zona edificata. EG fine’700: metà campo alla Toraccia, os-sia al Quadro, detto anco al capi-tello. D 11

carbonèra di scióri (la), pianoroboschivo, sul versante orobico, a Ndi boàt, un tempo con carbonaie.

B 14

carbonèri (i), zona pascolativa, orarimboschita, a monte del maggesedi cornì√ e sotto il panigàl, dove in

passato si faceva carbone di legna.C 8

carbonìl (al), pendio con baita, cir-condata da prato e bosco, a montedei pre¿àsci e a E del való√ de piè-na. Un tempo veniva prodotto car-bone in quantità tali da essereesportato nelle ferriere della Valca-monica. H 6

caréti (i), ampio maggese con baite,bosco d’alto fusto e pascoli, a NOdella valle omonima e a E della valdel luinàl. È distinto in caréti basi,situate lungo la strada che conducein pièna, e caréti alti, a monte dellastrada e vicino alla costa sinistradella valle. SCG 1550: «Tensamuspetiam unam terrae in monte et tera-torio ubi dicitur ad Planas Careta-rum». In doc. 29-1-1614: prato consedime ad Caretas (APG, doc.1073). (Carette, q. 1775, IGM). G 7

caréti (v. val di). cargadóra (la), pascolo, facente par-

te dell’alp, al limite della fascia bo-schiva, a valle della rèla e all’iniziodella val di caréti. F 7

[carnesino], luogo ora non meglioidentificabile. EG fine ’700: cam-po a Carnesino.

carolìna (v. tréla de).[casale], toponimo in località stabio,

ora scomparso. ASMi 1243: asse-gnazione ad Adamo de Adamis deGrossoto di terreno situato u.d. adCassale. Nel 1257: campum unumin cultura de Grosubto ubi diciturin Caxale (APM, doc. 252, cc. 16r e17r). In doc. 18-11-1492: pezzacampiva in contrata u.d. in Caxale(RPG, n. 18). Nel 1655: campo inlocalità Casale o Stabio (APM, doc.472).

cascèda longa (la), zona pascolati-va per ovini, nel tratto superiore del

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való√ de pièna, tra piatéda alta e ilaghetti. È così detta per il lungopercorso necessario per guidare ilgregge (cascèda = conduzione,spinta). D-E 4

cascianéta (la), castagneti, ai piedidel versante orobico, a S della baitagrézìna e a NE de pozòl, tra caste-gnèer e la vecchia mulattiera per ilMortirolo. C 11

ca|éi (i), pendio terrazzato di vigneti,ora per lo più terreni ortivi o in-colti, a O di pedrolèch, sopra i(v)igni de la val e fino alla val depradél, in ottima posizione soleg-giata. È così detto perché vi sonodei caselli per la raccolta dell’ac-qua piovana e rustici con due torchivinari, ora dismessi. Uno di questiera di proprietà della famiglia Pa-lotti, passato poi ai Da Prada, dettiCàiro; l’altro, della famiglia Sala-danna, è stato disattivato solo re-centemente. B 10

ca|éi (v. tòorc’ di, tröc’ di).ca|èl de balórdo (al), casolare,

piccolo edificio con tetto piatto, perfavorire lo scolo e la raccolta all’in-terno dell’acqua piovana, nella par-te O dei vigneti dei polaròli. Balór-do è soprannome di un ramo dellafamiglia Lucchini. C 10

ca|èl de matasciòt (al), casolare, asotvìgna e a S del vastàc’, ora ab-bandonato. C 11

ca|èl del pöp (al), piccolo casolare,fra i vigneti dei polaròli, sulla costadi NE dell’Arlate. Pöp è l’aggiunti-vo al cognome di un ramo dei Sala,solitamente scritto Peup. In doc. 30-4-1703: Antonio fu Matteo Sala delPop di Maron (APG, doc. 333).

C 10ca|èl di pilàti (al), baitello, a sta-

dèrna che serviva alla raccolta del-

l’acqua piovana per l’irrorazionedelle vite. Dalla famiglia Ligerini,detti Pilati, passò in proprietà ai Sa-ladanna, detti Trifo. C 10

ca|èla (v. piè√ de la).

[casellino], toponimo individuatonella zona del ronchét, ma non piùricordato. EG fine ’700: campo alRonchetto o Casellino.

ca|èra (la), edificio comunale, co-struito nel 1955-56 nel cantó√ dise¿ùri, in via Mortirolo, e adibito alatteria. D 10

ca|ì√ (al), casa colonica, a N del pae-se e a monte della strada provinciale,sul confine con Grosio. Già benefi-cio del santuario e chiamata ancheca¿ì√ del don luìis (don Luigi Mitta,rettore del santuario), è divenuta pro-prietà privata intorno al 1970. Untempo era detta anche ca¿ì√ de pre-sènt e funse da lazzaretto durante lapeste del 1630-32. E 11

ca|ìna de pièna (la), ricovero, re-centemente ristrutturato, situato nel-l’omonimo alpeggio e adibito sia acaseificio, sia ad alloggio per imandriani al piano superiore. G 5

ca|ìni (i), baitelli, nella zona pascola-tiva di varàdega, un tempo utilizza-ti come ricovero dei pastori. Sonoraggiungibili dalla mulattiera de va-ràdega che sale da val de luìna eprosegue poi solo come sentiero.Sono detti anche i baitéi. (Casini,q. 2095, IGM). C 14

castegnèer, fondi prativi e campivi,ai piedi del versante orobico, a S disotvìgna, a valle di pozòl e a montedi filochét. In doc. 9-3-1605: fondoprativo u.d. ad Castagnerum (RPG,n. 274). Nel 1660: campo oltrel’Adda in località ad Castegnarium(APG, doc. 1182). C 11

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castèl (al), terrazzamenti vignati eseminativi, oggi in gran parte a zer-bo, a S della dorsale rocciosa chesepara le forre del Roasco dal pia-noro dell’Adda, sulla cui sommitàsono conservati i ruderi del castellovecchio o di S. Faustino (sec. XI).Nel 1257: petia una vinee ubi dici-tur subtus Castellum (APM, doc.252, c. 5r). In doc. 5-6-1615: fondocampivo u.d. ad Castellum seu adPedemsaxi (RPG, n. 344). È dettoanche san faustì√. E 11

castèl (v. strèda del, tröc’ del).

castelì√ (a, su ’n), dosso con casaristrutturata, invaso da vegetazionespontanea e rocce, un tempo conterrazzi prativi e seminativi, percor-so da mulattiera militare. Si trova amonte dei scìngoli, a NE della fra-zione di Piazza con vista panorami-ca sulla valle dell’Adda. Nei dintor-ni esistono rocce coppellate scopertenel 1975 e fortificazioni utilizzatedurante le due guerre mondiali. Indoc. 22-7-1748: fondo campivo incontrada Piazza in località Castelli-no (APG, doc. 325). D 10

castelì√ (v. fortì√ de).

castelìna (v. valé√ de la).

catàni (v. fu¿ina di).

càtero (v. pizi de).

[catoina], toponimo scomparso. Indoc. 28-5-1643: fondo campivo lun-go il confine tra Grosotto e Mazzovicino alla contrada Prada, in locali-tà Catoina (APM, doc. 453). EG fi-ne ’700: campo alla Catoina. B 10

[catrina], località ora non meglioidentificabile. Nel 1773: campo inlocalità Catrina di Grosotto (APM,doc. 612).

cà(v)a de l’òor de l’arlèe (la), trattodi solco vallivo, a monte di polaròli,

dove, secondo la tradizione orale, sa-rebbero state individuate tracce diminerale aurifero. Fu aperta una ca-va per la ricerca e l’estrazione delprezioso metallo, ma i lavori furonopresto sospesi poiché non portaronoal risultato sperato. C 10

ca(v)ìc’ (v. valé√ de).

cazetòl (v. tòorc’ di).

[cazzogat], luogo ora non meglioidentificabile. In doc. 25-9-1699:casa con orto in Grosotto a Cazzo-gat (APG, doc. 491).

celestì√ (v. mat de).

centràl (la), centrale idroelettrica,costruita in località salvàns nel1908-10. Prima fra le centrali idroe-lettriche realizzate in Valtellina dalComune di Milano, entrò in servi-zio il 16 ottobre 1910 con tre grup-pi turbina Pelton-alternatore, da9000 kVA ciascuno, funzionantisotto un salto di 325,50 metri (m318 netti). L’acqua necessaria peril funzionamento dell’impianto ve-niva captata dall’Adda a Le Prese eattraverso un canale derivatore, lun-go circa 12 km, si immetteva nellavasca di carico collegata con trecondotte forzate ai gruppi della cen-trale. La linea di trasporto dell’ener-gia prodotta giungeva a Milano at-traverso il passo del Mortirolo, laValcamonica e la Val Cavallina conun percorso di 150 km. Si trattavaallora del più lungo e straordinarioelettrodotto d’Europa. Con l’ammo-dernamento dei macchinari, effet-tuato in varie riprese tra il 1920 e il1941, la potenza iniziale di 12000kVA aumentò fino a 47000 kVA.Una lapide all’interno della centralene ricorda il progettista: A / GIU-SEPPE PONZIO / IDEATORE -PROMOTORE - INIZIATORE /

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QUEST’OPERA MAGNIFICA /ONDE DOMATE S’IRRADIANO/ A BENEFICIO DI POPOLO /LATENTI ENERGIE DI NATU-RA / IL CONSIGLIO COMUNA-LE DI MILANO / CON VOTOSOLENNE UNANIME / INTITO-LA / DELIBERAZIONE CONSI-GLIARE / XXVI LUGLIOMDCCCCIX. La centrale, inattivadal 1987, è ora in fase di ripristino,per essere adibita probabilmente amuseo. Il toponimo si estende an-che ai terreni circostanti. D 11

centràl (v. strèda de la).

[cesura], località nella zona sotto-stante il castello, non identificata.Il 15-8-1306 Giorgio Menapacevende alcuni beni in Grosotto inCesura (APTi, pe. 4). In doc. 4-10-1480: campo sotto al Castello, allaCesura (APM, doc. 749).

chè d’tadé (a), baita diroccata fraterreni terrazzati e coltivati a mele-ti, già seminativi di segale, granosaraceno e patate, a O di chè de lacuna. La casa, appartenente a Sala-danna Pietro, fu bruciata sul finiredella seconda guerra mondiale. Neldialetto locale Tadé sta per Taddeo.Il 6-3-1623, in un atto di vendita,compare il nome di un Taddeo fuMario olim Gio. Mattia de Sala diRoncale (RPG, n. 368). C 10

chè de la cuna (i), nucleo di abita-zioni circondato da castagneti, giàcostituenti l’antica contrada cuna, amonte e a SO di campèl e sotto ilpiè√, con vista sul fondovalle del-l’Adda. Luogo di provenienza dellefamiglie Robustelli della Cuna. Indoc. 17-2-1624 figura come testeun Robustello fu Battista olim Gia-como Cuni de Robustellis (RPG, n.375). EG 1795: selva alle Case del-

la Cuna a Vilôr. È usata anche laforma «chè de la cuna». (Cà dellaCuna, IGM). C 10

chè de pedrolèch (v. pedrolèch).chè del bana (la), vecchia baita, ora

rifatta, situata a O e vicino allachiesa di samartì√. Dal sopranno-me della famiglia Sala Peup che viabitava. C 10

chè del comù√ (la), antica casa,ora di proprietà della famiglia Trin-ca Rampelin, ubicata a SO dellapiazzetta di ros’cèra, già sede delComune fino al 1926. L’edificioospitava anche alcune classi dellascuola elementare. C-D 10

chè del don giu|èf (la), casa diabitazione, in via Molini, prospi-ciente il parco giochi, donata nel1949 al Comune dal sacerdote mis-sionario salesiano don GiuseppeDell’Acqua (1869-1952). Recente-mente è stata destinata a sede del-l’associazione «Amici degli anzia-ni» e del gruppo alpini. D 11

chè del mèla (la), piccola baita, oraricostruita, nella parte NE di Piaz-za, dove si stacca la strada per ca-stelì√. Dal soprannome del proprie-tario De Piazza Andrea. D 10

chè del mèrtol (i), piccolo nucleodi baite, fra castagneti e vegetazio-ne zerbiva, a NE di roncàl. Mèrtol èil soprannome della famiglia SalaTenna che ne era proprietaria. B 9

chè del mónech (la), casa di abita-zione con annesso edificio rustico,di proprietà comunale, in cui allog-giava il sagrestano (mónech). Erasita a monte della chiesa parrocchia-le e fu demolita nel 1966 per allar-gare la via Monti e ricavare giardinoper la casa di riposo. In doc. 29-11-1555: pezza sedimata con vari casa-menti, con riserva della canepa te-

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nuta dai rettori delle chiese di Gro-sotto, coperta di scandole o tegole,sita nella villa sopra la chiesa di S.Eusebio u.d. ad Domos Monegarie(RPG, n. 103). C 10

chè del pòta (la), sedime di casa di-roccata, recentemente inglobata inuna nuova costruzione, sopra cam-pèl. Dal soprannome della famigliaSala Danna che vi abitava, trasferi-tasi negli anni Venti nella pianurabresciana. C 10

chè di fele|ìna (i), piccolo nucleo dibaite, appartenute alla famiglia Fele-sina, sul tornante della strada checonduce ai sopièni, situato a monte ea NE delle case di piaza, all’imboc-co della val tóof, dove sono posizio-nate due vecchie fontane. D 10

chè di gai (la), vecchia casa, situataa monte della via Lugo, vicino albui de fufi, dove abitavano tre fra-telli con un marcato gozzo, sopran-nominati Gai. Ora vi abita la fami-glia Sala Peup, detta Cinquantina.Nel 1605 l’edificio fu adibito achiesa protestante (v. ©é¿a prote-stànta). C 10

chè di rìsc (la), antica abitazione,in via Molini, ora abbandonata, giàabitata dalla famiglia Rizzi (so-prann. rìsc), della quale si ricordanoin particolare: Pietro (1862-1924),uno dei pionieri della fotografia inValtellina e la direttrice didatticaDirce, sua nipote, deceduta nel1979. Alla casa un tempo erano an-nessi un mulino, una fóla e una fa-legnameria. D 11

chè di (v)éc’ (i), originario nucleoabitativo, facente parte del cantó√monti, adagiato su un’altura a SOrispetto alla zona centrale del paese,tra il rongiàl e i sélvi. È raggiungi-bile attraverso la via Monti che si

diparte sul lato NO della chiesa par-rocchiale. EG fine ’700: terza partedelle case ed orto alle Case delVecchio. C 10

chegalóof (a), baite e prati rimbo-schiti, oltre le condotte forzate dellacentrale AEM, sopra la caaléta e aNE di codestì√, fino al confine conGrosio. Vi si accede dal signóor dipàoli. In doc. 30-10-1494: pezzacampiva e zerbiva in contrata u.d.ad Chegalonum (RPG, n. 20). Nel1540, nella posa dei confni tra Gro-sio e Grosotto: «… usque ad termi-num situm supra saxum dictum deCagalupo super quo saxo signenturcrux et bissa» (ASCGr, doc. 1225).

D 12

chegalóof (v. strèda de).

chèmp (’n), maggese con baite ri-strutturate, bosco comunale di co-nifere e prati su esteso dosso, a Ndi polài, sotto varàdega e a montedella val di còsti. La zona boschivaè detta anche i móti de chèmp. Labaita del tunf, situata sull’ultima fa-scia di territorio grosottino, segnail confine col comune di Grosio. Il4 novembre 1540, nel definire iconfini: «… usque ad fontem scatu-rientem in loco de Zoffo, ascenden-tem usque ad saxum magnum si-tum et existentem sub prato deCampo Stephani, dicto de Mutarel-li de Grosubto super quo signata etsculpta est crux et bissa» (ASCGr,doc. 1225). SCG 1591, cap. 63: «Èstatutto che le manze delli quadranidell’alpe de Piana si estivano e pa-scino ogni anno nell’alpe de Campodi là de Ada». (Campo, q. 1778,IGM). C 13

chèmp (i), maggese con baite ristrut-turate e terrazzi di prati pianeg-gianti, già coltivati a segale, orzo e

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grano saraceno, a NE di buricio,raggiungibili da iròla o dal raccordoche si stacca dalla strada del Morti-rolo presso i bàiti (Grosio). C 12

chèmp (v. acqua di; móti de).chèmp de solèz (al), vasto pianoro

pascolativo, ora in parte ricopertoda vegetazione boschiva di alto fu-sto, nella parte alta del maggeseomonimo, attraversato dal sentieroche dai duèri alti giunge fino a piàz.È situato a O della forcoléta, a NE ea valle della zona pascolativa delcampe¿èl. SCG 1544, cap. 30: «…a campo Soletii veniendo per tre-sendam usque foras in Arlatum».(Solezzo, q. 1782, IGM). F 8

chèmp del van (al), terrazzi prativipianeggianti, con baita e bosco mi-sto, in fondo a val tóof, tra la póza el’imbocco della val di téi. Vi è unfortino utilizzato durante la primaguerra mondiale. E 10

chèmp di mòort (al), terreni campi-vi, tra il capitèl, la strèda de la gabì-na e il ca¿ì√. Sono così detti per-ché vi furono sepolti la gran partedei morti di peste (1630-32 e 1635-36), vicino al lazzaretto, allestitoprobabilmente al ca¿ì√ oppure nelsantuario. I testamenti degli appe-stati venivano stilati «in Lazarettointus Ecclesiam S.ctae Mariae ubidicitur ad Roascum» (DA PRADA

1991, p. 205). L’area è stata recen-temente urbanizzata. D 11

chémp di piati (i), campi pianeg-gianti, nella zona di filochét, retro-stanti la cappelletta e verso E, oraarea artigianale. Sono detti anche ipiati. C 11

cicia (v. acqua de la).[cima ripa], località non più ricorda-

ta ma individuata a castegnèer, so-pra la riva sinistra dell’Adda. EG

fine ’700: campo al Castagnaro odin Cima Ripa.

cirinèl (v. baita de).

cìrol (v. sènt del).

[clusuram (ad)], toponimo localiz-zato tra il ponte sul Roasco e i selvidel dóm, ora non meglio identifica-bile. In doc. 1-3-1394: terra prativaultra pontem Reaschi u.d. ad Clusu-ram (APG, doc. 983). Nel 1480:campo sotto al Castello alla Cesura(APM, doc. 749).

cò de punta (ia ’n), fondi prativi,nella parte più a S di punta, primadella confluenza del Roasco nel-l’Adda. EG 1795: prato con gerrain Capo di Punta. C 11

cò di pónt (ia ’n), fondi prativi e se-minativi, che si estendono nella zo-na circostante il superamento deiponti sul Roasco e sull’Adda. Nel1257: campum unum in CapitePontis de contra (APM, doc. 252,cc.16r e 17r). ASMi 1412: petia unaterre campive u.d. in Capite Pontis.In doc. 3-5-1591: fondo campivo incontrata u.d. in Capite Pontis, confi-nante a S con il magn. don Giaco-mo Robustelli (RPG, n. 196). Nel1711: fondo a Capo de ponte (APG,doc. 971). C 11

coàscia (v. acqua de la).

codestì√ (a), gruppo di baite conterreni prativi, tra chegalóof e traer-sèra. D 12

[cogozo], località non più individua-bile. ASMi 1316: petiam unam ter-re laborative u.d. in Cogozo. In doc.11-3-1473: due pezze campive conuna muraca u.d. in Cogozo et inCampo Mayri (ASSo, not. Veno-sta).

colonèli (v. baita di, ©e¿ìna di, sèntdi).

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coltùra dìnt (in), vasta zona di cam-pi di granoturco, grano saraceno epatate, situati sul fondovalle, nellaparte N del paese, dal capitèl fino alconfine con il comune di Grosio efino all’Adda, attraversati dall’anti-ca via Valeriana. Attualmente la zo-na è in gran parte urbanizzata. Indoc. 16-2-11598: fondo campivo incultura interiori, in località Valare(APG, doc. 1041). D 11

coltùra zót (gió ’n), campi e prati difondovalle, a S del paese, dopo labaronésa, tra la strada provincialee l’Adda fino al confine con Maz-zo. B-C 10

coltùra zót (v. strèda de).

combrìa (la), costa con baite circon-date da bosco misto, un tempo pra-ti, sopra lambrósch e sotto il pòl,tra il solco del ruinàsc e la val cor-nì√. È rivolta verso NE, contrappo-sta alla solìa (combrìa = con om-bria, con ombra). SCG 1544, cap.49: «… veniendo per tresendam seusemitam quae transversat inter po-sessiones de la Combria». In doc.5-9-1701: fondo prativo e sedimatosui monti di Grosotto, in Combrìa oal prato di Martino (APG, doc.492). (Combria, IGM). C 9

comù√ (v. chè del).

cónca (’n), ampia depressione roc-ciosa e pascolativa, a monte del ca-manàsch, sul costone destro del val-lone di Piana e di fronte allostallone. F 6

cónchi de varàdega (v. cuni de va-ràdega).

[conis de prada], luogo non più ri-cordato. In doc. 29-12-1558: pezzaprativa in contrata u.d. in Conis dePrada (RPG, n. 115).

consòni (v. piaza de la ©é¿a).

contrabandéer (v. tröc’ di).

[contrada], toponimo localizzato nel-la zona di stadèrna, ora non più ri-cordato. ASMi 1316: petiam unamterre campive u.d. in Contrata. EG1795: vigna alla Contrada ossia aStaderla.

[contratas ad)], terreni sulla rivadell’Adda, ora non più individua-bili. In doc. 2-11-1501: pezza diterra campiva e geriva in contratau.d. ad Contratas sive in Valenis,confinante a E col fiume Adda.(RPG, n. 30).

contrèdi (v. strèda di).

convài (i), coste con boschi di altofusto, a monte del piudèer e soprala strada che sale da Grosio verso ipolài. SCG 1550: «Tensamus pe-tiam unam terrae buschivae in mon-te ubi dicitur in Convaiis». In doc.20-1-1610: pezza prativa u.d. adConvallos (RPG, n. 310). C 13

convài (v. piè√ di).

convèers (a), baita e prato, contor-nati da bosco ceduo frammisto adirupi, a porscinàl. C 12

convèers (v. crap).

cornelàsci (i), terrazzi con vegeta-zione zerbiva, a S di bedól. D 10

cornèli del brat (i), terrazzi pascola-tivi, sorretti da muri a secco, a mon-te dei piatìsci de guinsèna. H 2-3

cornì√ (a, ’n), dosso prativo e bo-schivo con baita, a SO di còsta e ditegiàl, sotto il gras di sèli e sullacosta sinistra della valle omonima.(Cornin, q. 1568, IGM). C 8

cornì√ (v. dòs, val).

[corona], località forse identificabilecon il dosso che separa la valéna depiaza da sambastiè√, ora non più ri-cordata. EG fine ’700: prato e zer-

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bivo con arbori alla Zucca, ossia al-la Corona in Piazza a S. Sebastiano.

coróni (i), dosso prativo con baita,bosco e dirupi, a monte di iròla ecompreso tra la pièna di restéi e ilpiudèer. SCG 1550: «Tensamus pe-tiam terrae zerbivae et buschivae inmonte ubi dicitur in Coronis». Indoc. 28-2-1698: maggengo oltrel’Adda in località Corone (APG,doc. 1236). C 12

coróni (v. crap di).[cosen], località nella zona di vialét,

ora non meglio identificabile. EG fi-ne ’700: campo a Cosen o Vialetto.

[cosentino], toponimo ora non piùrintracciabile. In doc. 24-5-1589:fondo campivo in località Cosenti-no (APG, doc. 1031).

còsta (a, ’n), pendio con baite cir-condate da bosco misto, un tempozona pascolativa comunale, a mon-te della solìa, sotto cornì√ e tegiàl ea NE della val cornì√. La zona èmolto soleggiata e fino alla metà delsecolo scorso è stata utilizzata, uni-tamente a pesciòla, quale malga perovini, gestita da pastori bergama-schi. ASMi 1412: petia una prati inmonte u.d. in Costa. SCG 1544,cap. 49: «… veniendo per semitamseu senterium de Costa usque adspiconum de Costa quod videtureminentius suspiciendo ex villa deGrosubto». In doc. 3-5-1591: fondoprativo, zerbivo e boschivo con ovi-le e masone in monte in contratau.d. in Costa (RPG, n. 196). (la Co-sta, q. 1584, IGM). C 8

còsta (v. mót de, cróos de).costabèla (su ’n), dorsale sassosa e

pascolativa con vegetazione di cer-vino, sulla fascia più alta del ver-sante orobico e vicino al confinecon Mazzo. A-B 15

còsta di (v)edéi (la), pendio pasco-lativo, ora invaso da bosco, a mon-te di chèmp. C 13

costalónga (’n), costone franosocon bosco d’alto fusto e pietrame,facente parte dei pöiri del caàl, aSO della ruìna nòa. Nella fascia su-periore è stato protetto con brigliedi contenimento. SCG 1591, cap.40: «… dalla Presacia in fuori se-guendo il Roascho sin in CostaLunga». H 8

còsti (v. val di).

costìna (la), costa prativa con baite,in posizione dominante sul fondo-valle tra i polài e chèmp. C 13

costó√ (i), coste pascolative, ora di-venute cervino frammisto a pietra-me, tra i ca¿ìni e il baracó√, a mon-te di cuni de varàdega. C 14

còtol (a), maggese con baite e boscoprivato, a NO e a monte di tógn e aE della val di caréti. (Cottol, IGM).

G-H 7-8

crap (v. tröc’ di).

crap convèers (al), roccione stra-piombante di clorite scistosa, traporscinàl e spelùga, un tempo cavadi pietra verde, sfruttata soprattuttoper la costruzione del santuario(sec. XVII), della Chiesa parroc-chiale (sec. XVIII) e per il palazzodella Provincia (1933-34). Si puòforse identificare con il «saxumpendens in Eyrola, in monte ultraAbduam» (ASSo, not. Venosta, atto16-2-1473) e con il «saxum de Ay-rola vel de corvis» (SCG 1550).Evidentemente la rupe era chiamata«sasso dei corvi» perché sede abi-tuale di quei volatili. C 12

crap de guerìna (al), sperone roc-cioso, tra iròla e i coróni. Da so-

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prannome di un ramo dei Robustel-li. C 12

crap de lambrósch (al), grossomasso erratico, localizzato in mez-zo ad un pianoro prativo a S di lam-brósch. C 9

crap de medìl (al), lastrone rocciosopianeggiante, sovrastante l’omoni-mo dosso, a monte dei cröt e dei so-pièni. Un tempo, dopo il rosario se-rale, era luogo di ritrovo dei giovani,che durante l’estate dimoravano nelvicino maggese dei sopièni.

crap de motalbènch (i), dirupi, so-vrastanti la parte più a SO di pendé-c’, sopra il tröc’ di gai e a NE delrongiàl. Uno in particolare è carat-teristico per la sua veduta panora-mica. C 10

crap de pozòl (al), roccione, sopra isélvi de l’andreàta, già cava di pie-tra utilizzata per la costruzione delpalazzo scolastico (1925-27).

crap de réz (i), dirupi circondati davegetazione boschiva, sotto réz, sulversante orobico. È in uso anche laforma plurale crap di réz. C 12

crap de l’arlèe (i), corona di dirupi,sovrastante campèl, che si estendefino alla ruìna. C 10

crap de la crida (i), dirupi invasida vegetazione boschiva, sul pen-dio omonimo. C 11

crap de la guèrdia (al), speroneroccioso, sopra la centrale, nella zo-na di (v)argelàsc, forse punto strate-gico di osservazione. D 12

crap de la maghèda (i), dirupi so-vrastanti la strada omonima, sotto iscìngoli, estesi fino alla zona di valde scala e àigola alta. Intorno aglianni Ottanta del secolo scorso furo-no installate reti e briglie paramassia protezione del nucleo abitato sot-

tostante e in particolare del santua-rio. D 10

crap de la manéra (i), dirupi, partedella costa rocciosa del pìis. E 10

crap de la pé|a (i), spiazzo con al-cuni massi, situato appena sotto laca¿ìna dell’alpeggio di pièna, doveviene controllata la pesatura del lat-te. G 5

crap de la pòsa (al), roccione, sullato destro della strada che conduceai sopièni, di fronte al sènt de(v)edéc’, sul curvone che volge ver-so la Valgrosina. Ha vista panora-mica sia sulla valle dell’Adda, siasu quella del Roasco. Dopo la sali-ta, era luogo di riposo gradevole,per il panorama che offriva, ma so-prattutto momento di attesa e di in-contri perché al bivio fra la strèdadi sopièni, o strèda basa, e la strèdade (v)edèc’, o strèda alta. È dettoanche pòsa di (v)éc’ o crap di (v)éc’(pòsa = sosta). E 10

crap de la scala (i), corona di dirupisu pendio scosceso, frammisti a bo-sco di alto fusto, a SE del grasèl e amonte dei bàiti de gasperì√. H 5

crap de la tóor (i), spalto roccioso,nel tratto inferiore del vallone dipièna, che crea una cascatella versoil Roasco, detta pisciaròla de piè-na. G 5

crap del folét (i), dirupi strapiom-banti e pietrame frammisto a piantedi lamponi, a monte del bósch delraspagnöl. C 8

crap del pìis lónch (i), costa roccio-sa e impervia nel maggese omoni-mo, rivolta a S, che separa il boscolugo comunale dalla proprietà pri-vata. In passato vi era una ghiaccia-ia, alla quale si attingeva per conser-vare soprattutto la carne. E 9

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crap di coróni (i), dirupi tra boschidi alto fusto, a S del maggese omo-nimo, tra iròla e la pièna di restéi.Sono ancora presenti alcune grottedove trovarono nascondiglio i parti-giani durante la seconda guerramondiale. Negli ordini del 1555(cap. 3) si trova «sassa Corona-rum». C 12

crap di steléti (al), dosso roccioso,caratteristico luogo rifiorente distelle alpine, in feradìna, nei pressidel laghetto e vicino al territorio dipedrùna. G 1

crap di (v)éc’ (v. crap de la pòsa).

crap mèersc (al), bosco con rocce,sopra pièna doréa, un tempo cava dipietre per la costruzione dei muri asecco delle baite (mèersc = marcio,friabile). B 14

crap négri (i), catena rocciosa, tra labochéta de s’ciasèra e quella de va-lùia, nel tratto iniziale de vallone diPiana, verso S e vicino al confinecon Vervio e con la Svizzera (crapnégri = rupi nere). C-D 5

[crapos (ad)], toponimo desueto, mariferito molto probabilmente a lo-calità dove passa il tröc’ di cràp. Indoc. 8-1-1607: fondo prativo e sel-vato in contrata de Ronchale u.d.ad Crapos (RPG, n. 284).

crìbia (a), piccoli terrazzi di casta-gneti, a SO di samartì√. È detto an-che cribio. C 10

crìbio (v. cribia).

crida (la), pendio di bosco misto edirupi, attraversato dalla vecchiamulattiera del Mortirolo, tra il va-stàc’e piazés. Si tratta della zonaboschiva più in basso del versanteorobico. È usata anche la formaplurale «i cridi». C 11

crida (v. bósch de la, crap de la).

cridi (v. crida).

cróos (v. dòs de la, ©é¿a de santa).

cróos de campiè√ (la), grande cro-ce in legno, alta circa m 4,50, porta-ta dai Grosottini, nell’anno 1907,sul dosso sovrastante l’imbocco delruinàsc, a quota 2250 m, per pro-teggere il paese dal pericolo di fra-ne. Il 10 settembre 1908 il prevostodon Pietro Maiolani chiedeva al vi-cario generale Andrea Bosatta, lafacoltà di benedire la nuova crocesul monte Campiano e di celebrarvila messa (APG, doc. 790). La croceè stata recentemente rinforzata eogni anno, nella prima domenicadopo ferragosto, viene celebrata lamessa. D 8

cróos de còsta (la), croce in ferro,infissa su una roccia nella zona bo-schiva omonima, in memoria di undeceduto in quel luogo. Gli anzianiraccontano che l’uomo morì mentrecercava di uccidere una grossa bi-scia che da tempo succhiava il lattedella sua mucca. C 8

cröt (i), strada, tratto ripido prima diraggiungere i sopièni. G 9

cròta (la), piccoli terrazzi di vigneti,incastonati tra anfratti rocciosi natu-rali, ora in gran parte invasi da zer-bi, sul versante SE del colle su cuisorge il castello di S. Faustino. Iltoponimo è quasi scomparso. Indoc. 15-1-1779: vigna al Castello oalla Crotta (APG, doc. 163). E 11

crota de lambrósch (la), grotta na-scosta tra le rocce, situata a montedelle baite omonime, con ingressoverso Roncale. Essa è stata usata inpassato come nascondiglio di pre-giudicati. C 9

cròta de val ferèda (la), grotta na-turale, nell’omonima valle, un tem-

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po utilizzata quale ricovero per i pa-stori. G 2

cròta di finanséer (la), riparo roc-cioso naturale, ai piatìsci de pièna,utilizzato come rifugio dalla Guar-dia di Finanza, durante il periododel contrabbando. G 6

cuchét (a), pendio terrazzato con op-poli, a NE di stabio e del pónt delruinàsc, sopra la strada provincia-le. Il 4-1-1641 Matteo Venosta Ta-verna vende a Gregorio fu GiulianoCochetta Garzetti una vigna u.d. inStaderla (Asso, not. Gio. AntonioRobustelli, vol. 3971). C 10

cuchéta (la), pascolo, ora ricopertoda cervino e bosco misto, a S dimóti de chèmp e a monte di valéti.

B-C 13-14cuf (al), baite circondate da prati e

boschi, sopra il pelì√, a S di polài ea NE di val de luìna. B 13

cuf (v. òpol del, valé√ del). cuna (v. chè de la, sènt di chè de la).cuni de varàdega (i), avvallamenti

e dossi pascolativi, facenti partedell’ampio pascolo comunale di va-ràdega. Sono detti anche conchi devaràdega. B-C 14-15

cunta di fédi (la), stretto passaggio,sul sentiero che attraversa i mandridel moro, per poi proseguire versocanfinàl. Così detto perché in que-sto punto obbligato venivano conta-te le pecore (cunta = numerazione).

G 4[custovia], località ora non più iden-

tificabile. Nel 1257: campum unumin cultura de Grosubto prope Pra-tam ubi dicitur in Custovia (APM,doc. 252, cc. 16v e 17v).

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[decima], località ora non meglioidentificata. In doc. 9-12- 1542:fondo campivo ad Decimam (APG,doc. 1004). EG fine ’700: campo aCa’ de Nesin ossia alla Masone oDecima.

de|èrta (v. mót de val, tréli de val,valé√ de val).

diàol (v. prèe del).diaolì√ (v. strèda del, tröc’ del). dint (v. bui del cantó√, cantó√, coltù-

ra, dòs de ma¿ó√).dó róngi (i), biforcazione della rog-

gia proveniente dal rongiàl in pros-simità del bivio della strada del pra-dasciöl, ai piedi di stangoló√. Unaroggia scendeva costeggiando lastrada del pradasciöl, l’altra deviavaverso S, a lato del primo tratto dellavecchia e pianeggiante mulattieradiretta ai (v)igni (v)égi. Quest’ulti-ma era utilizzata soprattutto per lapreparazione dell’acqua bordolese.Il toponimo era usato anche per in-dicare la parte inferiore di stango-ló√. C 10

dóm (al), pianoro di castagneti e pra-ti, attraversato dall’omonima stradacarreggiata e situato ai piedi e a SOdella dorsale rocciosa che divide laforra del Roasco dalla valle del-l’Adda. A Grosio si usa dire: «de-spós al dóm» (dietro al dóm). Indoc. 19-3-1473: prato u.d. ad Roa-schum seu post Domum (ASSo,not. Venosta). EG 1795: prato conarbori al Dóm. D-E 11

dóm (v. galerìa del, róngia del, sélvidel, strèda del).

don giu|èf, (v. chè del).don luìis (v. ca¿ì√).

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doréa (v. pièna).

dòs (’n), maggese, sulla dorsale, so-pra i caorimósci, attraversato dallastrada omonima. I prati sono tal-mente ripidi e battuti dai venti chevengono chiamati anche ariàt, forsenel senso di arieggiati. In doc. 19-4-1554: pezza prativa in monte, incontrata u.d. in Dossum (RPG, n.99). C 12

dòs (i, fo ’ndi), selve ripide e ter-razzate, a S della val de prai e amonte della strada per palinvèrn, fi-no ai colonèli. In doc. 20-1-1569:pezza prativa con piante u.d. adDossos (RPG, n. 138). EG fine’700: bosco nei Dossi che confinacon la valle di Prai. C 11

dòs (v. stréda de).

dòs campe|èl (al), dorsale roccio-sa, sovrastante il piè√ di tégi e l’im-bocco della val de arte©ió√, a NEdel dòs cornì√. (Dosso Campesel-lo, q. 2510, IGM). E 7

dòs cornì√ (al), prorompente som-mità rocciosa a forma di corno, aNO della bochéta de pesciòla e deiscimi de campiè√ ed a O del dòscampe¿èl. È detto anche mót cor-nì√ o semplicemente cornì√. (DossoCornin, q. 2775, IGM). E 6

dòs de l’arlèe (al), dosso con pa-scoli, pietrame e dirupi, situato avalle e a SE della cresta dei scimide campiè√ e del dòs cornì√. Essocostituisce la sommità del conoideda cui discendono, iniziando da O,la val cornì√, il ruinàsc e quindil’arlèe. (Dosso Arlate, q. 2367,IGM). D 7-8

dòs de l’èra (al), dosso, nel trattopiù a monte del maggese omonimo,a S dei pöiri, evidenziato dalla cur-va della strada che ne segue l’an-

damento in direzione della Valgro-sina. F-G 9

dòs de la cróos (al), ampio dossoprativo con baite, a monte di còtol,tra i duèri alti e la val di caréti, sulquale è posizionato un crocifisso.(Dosso della Croce, IGM). F-G 9

dòs de ma|ón dint (al), dosso pra-tivo, circondato da bosco misto, trapantè√ e sare¿èer. B 12

dòs de medìl (al), dosso prativo, amonte e a S della chiesetta di sopiè-ni, con vista panoramica sul sotto-stante maggese e sulla Valgrosina.ASMi 1316: petiam unam prati u.d.in Medile. In doc. 26-2-1577: fondoprativo, boschivo e sedimato suimonti di Grosotto ad Medilos (APG,doc. 1057). SCG 1591, cap. 89: «Èstatutto che dalla valena de Val De-serta e da il dosso di Medili in den-tro sina nelle Poire siano tensi ognisorte de legnami e boschi». G 9

dòs de palinvèrn (i), dossi boschivie prativi nel maggese omonimo.EG fine ’700: bosco in Palinvernoalli Dossi. B 11

dòs de salvàns (al), piccoli terrazzi,a SE della centrale di Grosotto e avalle di traersèra, un tempo coltivatia vigneto e ora abbandonati. In doc.21-11-1539: vigna ad dossum deSalvantio (APG, doc. 1001). D 11

dòs de sasumèer (al), dorsale roc-ciosa, che divide il való√ de piènada quello di guinsèna. Inizia a mon-te e in linea con il valé√ di gai, indirezione S-N, interrompendosi performare la valle e la bochéta omo-nime, per poi proseguire con vettepiù elevate che costeggiano val fe-rèda. È detto anche filón de sasu-mèer. (Dosso Sassumero, q. 2555,IGM.). E-F 3-4

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dòs de tógn (al), dosso boschivo nelmaggese omonimo, a E di còtol edella val di caréti. H 8

[dòs de val de luìna], toponimo de-sueto, localizzato tra la valéna delugo e la strada di piatèla. SCG1562, cap 2: «Tensatum est totumdossum vallis de Luina supra arbo-res de Piatela intus a valeno de Lu-gho et foris a strata de Piatela».

dòs del fasòl (al), dosso boschivo,punto di riferimanto per il tracciatodel confine verso SE del pascolocomunale di Piana, salendo per ilsuddetto dosso fino alla cresta deimonti. SCG 1544, cap. 28: «Statu-tum est quod nullus habitare possita via quae vadit in Guinzanam in-fra, nec a lavinale del Sausio intus,nec a dosso del Fassoyro foris».RAPG, cap. I: «dosso nel Fassolo».

G-H 6

dòs del gherbìsc (al), dosso bosca-to, nel tratto superiore dell’omoni-mo pendio, a valle di te¿ùra. H 8

dòs del làres (al), piccolo spiazzoboschivo, lungo la strèda dipre¿àsci, nei pressi di una curva, trail valé√ di lóof e il caàl (làres = lari-ce). H 8

dòs del mutinèl (al), dosso boschi-vo, tra la ruìna noa e la val de sam-bernèert. H 8

dòs del pini (v. caàl).

dòs di cagnöi (al), dosso boschivo,sul tratto inferiore sinistro del vallo-ne di Guinzana, attraversato dalsentiero che proviene da pedrùna(Grosio). I 3

dòs di ros’cèri (i), dossi e vallecoleimpervie fra dirupi e vegetazionezerbiva, sulla parte superiore dellacosta di ros’cèri verso val de scala.In doc. 9-1-1616: fondo rovoschie-

rivo u.d. in Dosso (RPG, n. 347).EG fine ’700: roschiera con arbori ezerbo in Dosso ossia in Val di Sca-la. E 11

dòs scarì (al), tratto superiore dellacosta solatia di dòs, tra il gòos e lastrèda de papì√, che segna il confi-ne con il mónt de fanti. C 12

dòs spelùga (al), ampio dosso pa-scolativo con vegetazione boschi-va, tra la val di caréti e la forcoléta,a valle del dòs campe¿èl. Il toponi-mo, non individuato dagli abitantidi Grosotto in questa zona, è notosolo come maggese sul versanteorobico (v. spelùga). Map. 1817:Dosso Speluga. F 7

dòsa (a), ampio promontorio, con ve-getazione spontanea e dirupi, chesepara la valle del Roasco dalla valdi téi. È strapiombante sulla costadestra del torrente il quale, seguen-done parte del contorno circolare,è costretto a cambiare direzione, de-viando verso SE. L’area presentagrandi potenzialità archeologiche;infatti durante le campagne di scaviche hanno interessato il dosso deicastelli di Grosio e Giroldo (1991-1997), si è indagato anche parte delversante orientale di dòsa, portandoalla luce alcune rocce coppellate eun frammento di macinello a orec-chie dell’età del Ferro, ora espostopresso l’Antiquarium della Ca’ delCap, nel parco delle incisioni rupe-stri di Grosio. (Dossa, q. 880,IGM). E 10-11

dòsa (a), piccolo maggese con baite,a monte dell’èra e di predònech,sotto la strada che conduce a me-naròl. F-G 9

dòsa (v. ruinàsc de, strèda de).[dosso della portesella], toponi-

mo scomparso, ma localizzato nella

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zona di vedéc’. EG fine ’700: boscoal Dosso della Portesella in Contra-da di Vedeggio. E 10

[dosso della terra], nome di luogoscomparso, ma individuato tra para-ìis e i caorimosci. Gli statuti del1739 (cap. 23) vietavano il pascolodel bestiame nei prati da Paraviso«andando in fuori al basicio delSig.r Stuppani al dosso della Terrae sino alle Cauremoccie e alla Vallede Praio». EG fine ’700: prato, bo-sco e monte alle Corone ossia Dos-so della Terra.

[dosso ladrone], località ora nonpiù identificata. EG fine ’700: pratoe monte con masone al Dosso La-drone.

duèri (v. calchèra di, ©e¿ìna di, möidi).

duèri alti (i), vasto maggese con di-versi nuclei abitativi e con sovra-stante bosco di alto fusto, a montedel mót de (v)al de¿èrta. È detto an-che pièni alti. In doc. 15-5-1473:prato e zerbo in monte, in contratau.d. in Dovera (ASSo, not. Veno-sta). SCG 1544, cap. 29: «… indeforis a cesis seu saepibus pratorumde Dovera». In doc. 31-5-1752:fondo prativo e sedimato ad Dove-ras (APG, doc. 326). (Dovere alte,q. 1630, IGM). G 8

duèri basi (i), ampio maggese condiversi nuclei abitativi, su leggeropianoro, a monte di te¿ùra e a NOdi pöiri. È usata anche la formadoèri. In doc. 26-11-1571: pezzaprativa in contrata u.d. in Dovera(RPG, n. 143). (Dovere Basse, q. 1525, IGM). G 8-9

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[elesum (ad) ], località individuatain coltura zót e correlata anche alnome di un ruscello, che scorrevanei pressi del ruinàsc. In doc. 19-11-1513: pezza campiva in culturainferiore de Stabio u.d. ad Salece-tium sive ad Elesum, confinante a Ncon elesum aque (RPG, n. 39).

èra (l’), maggese con baite, prati eboscaglie su ripido pendio, che di-scende verso il Roasco, a S di reste-lés, sotto la strada che conduce aisopièni. EG 1795: prato con boscoall’Era. F-G 9

èra (v. dòs de l’, pöira de l’, val de l’).èra de nèzer (l’), cortile, a N e di

fronte all’abside del santuario, cheprende nome dalla famiglia proprie-taria che vi gestiva la trebbiatrice,utilizzata dalla popolazione dall’ini-zio degli anni trenta fino al 1965. D 11

érta (v. scala).èrta (v. scala, via).è|e√ (i), dosso con maggese e con

abitazioni, esposto verso SO, primadi val de luìna, salendo lungo lastrada che da Grosio conduce alMortirolo. B 13

è|e√ (v. pién di, schéna d’).

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fam (v. acqua de la).

fanòga (v. cantó√).

fasòl (v. dòs del, val del).

[fasòl], toponimo individuato nellazona dell’omonimo dosso, ma nonpiù ricordato. SCG 1544, cap. 51:«Statutum est quod non sit aliquapersona quae audeat nec praesumatincidere aliquas plantas in loco ubidicitur ad Fassoyrum alpis de Pianaa lavinale de Malossa Cisa intususque in Pianascum».

fasòli (i), prati e seminativi un temposoprattutto campi di frumento, a SOdi filochét. Il toponimo deriva dafascia, fasciole. Gli anziani ricor-dano come dall’alto dei mòort desambastiè√ in estate si potesseroammirare le striature con varie tona-lità di giallo; il giallo oro delle spi-ghe aveva sempre posizioni centrali,quindi si deduceva che questa zonafosse la più fertile. In doc. 3-11-1525: pezza campiva in Cultura ul-tra Abduam in contrata u.d. Fassol-la; in altro doc. 12-2-1586: pezzacampiva oltre il ponte dell’Adda, inFassolis (RPG, nn. 47 e 171). C 11

fédi (v. bochéta di, cunta di).

fele|ìna (v. chè di).

fé√ (v. acqua del piè√ del, prèe del).

feradìna (’n), avvallamento, circo-stante il laghetto omonimo e costerocciose trasversali al tratto mediodel costone sinistro del vallone diGuinzana, di fronte al piè√ di róngie a SE del monte Pedruna. È dettoanche val feradìna e val ferèda.(Coste di Ferrandina, IGM; diversala collocazione). G 2

ferèda (v. cròta de val, lèech de val,val)

[figalios (ad)], toponimo scompar-so. In doc. 17-2-1473: vigna e ron-co in contrada u.d. ad Figalios sivead Spelugam (ASSo, not. Venosta).

filanda di mónech (la), antico opi-ficio per la filatura e l’incannaturadei bozzoli del baco da seta situatatra il santuario e la róngia di mu-lì√, nei pressi dell’attuale incrociotra la strada provinciale e l’iniziodella via Molini. Dismessa agli ini-zi del ’900, è scomparsa in seguitoalla realizzazione dello stradó√ nel1940. I gestori dell’attività artigia-nale svolgevano anche la mansio-ne di mónech (sagrestano) presso ilsantuario. D 11

filochét (ia a), piano di seminativi edi prati, ai piedi del versante orobi-co, circostanti l’omonima cappel-letta e tra vialét e i fasòli. Essendola zona destinata ad area artigianale,parte dei terreni sono ora occupatida capannoni. Nel 1632-33 un Pie-tro Filochet figura tra i «maiestrimuratori» occupati nella costruzio-ne della volta del santuario (APG,Libro dei conti del santuario, vol. I,1580-1649). Il 9 maggio 1663 ilfabbro Gregorio Robustelli Paniga-li lascia un legato di lire cento a Si-mone Robustellini detto Filochetto(APG, doc. 458). C 11

filochét (v. sènt de, strèda de).

filó√ de sasumèer (v. dòs de sasu-mèer).

finanséer (v. bui di, cròta di).

[flondono], toponimo di cui si sonoperse le tracce. ASMi 1316: petiamunam terre campive u.d. in Flondo-no.

foàsca (v. val).

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föì√ (al), pendio prativo con baita, avalle del càfera, dove nasce l’acquadi (v)alde¿èna. H 6

fóla (la), nucleo abitativo e fondi pra-tivi, circostanti la casa dei Rizzi invia Molini dove, fino all’inizio del’900, era in funzione un impiantoazionato ad acqua per lavare e in-feltrire i panni, detto fóla. In doc. 3-1-1589: fondo prativo con castagniin contrata u.d. ad Folam (RPG, n.183). Nel 1595: fondo prativo concastagni in contrata u.d. ad Folamseu ad Presam Molendinorum, con-finante a O con la roggia dei mulini(RPG, n. 222). EG 1795: prato conarbori alla Folla. D 11

[fóla de forabót], prato presso la fó-la di via Molini, così chiamato dalsoprannome del proprietario. Il to-ponimo non è più ricordato. In doc.1-2-1584: pezza prativa ad Folamde Forabot, confinante a E con laroggia dei mulini (RPG, n. 159).Nel 1628 e nel 1650 è decano delcomune un certo Giovanni fu Ro-bustello Trinca Forabot (MB, cc.79v e 81r).

folét (v. acqua del, crap del).

fontanì√ (al), vigne, invase da zerbi,nella zona di stabio, nei pressi diuna fontanella, ora scomparsa. EG1795: prato e vigna al Fontanin diStabio. EG fine ’700: vigna allaFontana di Stabio. C 10

fontèna (a, su ’n), pendio di dirupicon vegetazione spontanea e picco-li terrazzi di castagneti, già vigneti,a NE di stangoló√ e dei polaròli e aSO di camodèst. Nel 1934 è stataivi realizzata la prima vasca di rac-colta d’acqua per alimentare l’ac-quedotto comunale. ASMi 1243:locazione ad Adamo de Adamis deGrossoto di terreno situato u.d. ad

Fontanam. ASMi 1316: petiamunam terre prative et silvate u.d. inFontana. In doc. 20-12-1614: fondoprativo e vignato in località Fontana(APG, doc. 1077). C-D 10

fontèna (la), piccola sorgente, nelmaggese di pantè√, verso SO e neipressi della val de bui. B 12

fontèna (v. acqua de la, acqua de,scala de).

fontèna (v. (v)ascalda).fontèna del mèrtol (v. mèrtol).fontèni (i), maggese, castagneti, bo-

sco ceduo ed acque sorgive, a O dilambrósch e a monte della scala delmartì√ che conduce al pöl. Recente-mente queste sorgenti sono statecaptate a servizio delle frazioni diRoncale e San Martino. C 9

fóo (a), maggese con baite, prati ebosco, tra iròla e la val di refréc’,sopra spelùga e a S della strèda dedòs. EG fine ’700: metà campo,prato e bosco a Fò. C 12

fòp (a), ampio dosso con maggese,baite ristrutturate e bosco di conife-re, a monte di lorièna, a N di piàz etra la val de marmolóos e la val deartegió√. SCG 1550: «… eondo perstratam usque ad vallem de Artigio-no et insidendo per eam vallemusque ad trexendam seu viam quaevenit de Cernigo et vadit per pratade Fopo». EG fine ’700: monte aFoppo. (Fop, q. 1648, IGM). E 8

fòpa (la), lieve avvallamento boscatocon castagni, aghifoglie, pioppi eontani, un tempo maggese, a S delvalé√ grant, a N de l’arlèe e sottoprèda. È separato e distinto in fòpadint e fòpa ’nfò dalla valle del ron-giàl. In doc. 23-12-1601: campo si-to in territorio e monte di Grosottoin contrata u.d. ad Fopam, confi-nante a N con sulcus Vallis Lughi;

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in altro doc. 5-8-1619: fondo prati-vo con ovile e masone in monteu.d. ad Foppam (RPG, nn. 256 e359). EG fine ’700: prato con ma-sone alla Foppa. C 10

fòpa ’nfò (la), bosco, che si sviluppasulla parte a SO dell’omonima lo-calità, verso l’arlèe. C 10

fòpa de l’órs (la), avvallamento sas-soso in alta quota, tra il costone su-periore destro del vallone di Piana ela bochéta de pesciòla. E 5

fòpa dint (la), bosco, che si estendesulla zona di NE dell’omonimomaggese, verso il valé√ grant. D 10

[fòpa], toponimo sul versante orobi-co, ma non più ricordato. In doc. 5-12-1622: fondo prativo e sedimatooltre l’Adda alla Foppa (APG, doc.1083).

fòpi de pièna (i), dossi pascolativi, amonte dei riàsc e della ca¿ìna omo-nima, dai quali si diparte sia il sen-tiero diretto a canfinàl, sia quelloche sale verso la bochéta de sasu-mèer. Sono distinte in fòpi alti e fò-pi basi. G 5

fòpi de rèz (i), pendio di boschi d’al-to fusto, a monte di rèz. G 9

forcoléta (la), ampia zona pascolati-va, a monte e a O del chèmp de so-lèz e a E della val di caréti, attraver-sata dal sentiero Italia. Nellevicinanze, in direzione dell’alp enei pressi di una pozza d’acqua, sitrovano tre fortini, realizzati duran-te la prima guerra mondiale, e unagiazzèra (= ghiacciaia). (A. Forco-letta, q. 2083, IGM). E 7

forcoléta (la), bosco di aghifoglie,già pascolo, sopra i móti de chèmpe sotto i ca¿ini de varàdega, sul ver-sante orobico. C 14

fórn di bescöc’ di bòr (al), anticoforno a legna, situato nella casadella famiglia Trinca, detta bòr, incima alla via Lugo e utilizzato dallapopolazione per la cottura delle ca-stagne. I morbidi bescöc’ venivanoconservati in sacchi di iuta o di car-ta o in cassoni di legno e consumatidurante l’inverno. C 10

fortì√ de castelì√ (i), trincee e piat-taforma per cannone, nell’omoni-ma località, realizzate durante laprima guerra mondiale. D 10

fortì√ de ma|anéta (al), fortino concamminamento sotterraneo, cheparte da ma¿anéta e giunge fino afòp, realizzato durante la primaguerra mondiale. E 10

[fossato], campi ora non meglio in-dividuati. In doc. 2-3-1663: campoin Pezzanedis sive ad Fossatum(APG, doc. 1189). EG fine ’700:campo al Fossato nelle Taloghe.

fraci (v. fracia).

fracia (la), vasto maggese con abita-zioni ristrutturate e boschi d’alto fu-sto, in posizione dominante, soprala chiesetta del Mortirolo e la stradache conduce in bórca, sotto val deluìna e a NE di gianìno. È distinto infracia de dint e fracia de fò. È dettoanche i fraci. In doc. 5-8-1506: pez-za prativa e zerbiva in monte ultraAbduam in contrata u.d. ad Fra-chiam (RPG, n. 33). Nel 1549: fon-do prativo e boschivo con sedime inmonte ultra Abduam u.d. ad Fra-ghiam (APG, doc. 1010). SCG1739, cap. 23: «È statuito che alli 2settembre saranno aperti tutti li pratidelle Polave, di Val di Luina e Frac-cie, dalla strada che viene dal Pioda-ro e conduce in Mortarolo». B 13

fracia (v. piè√ de la).

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fracia de dint (la), pendio prativo eboschivo con baite in gran parte ri-fatte, a NE della fracia de fò, amonte della ©é¿a de mortaröl e del-la strada che conduce a bórca, sottoe a SO di val de luìna. B 13

fracia de fò (la), costa prativa e bo-schiva del maggese della fracia,esposta a S, in posizione soleggiata,a NE e più a valle di gianìno. B 13

fracìna (la), casa circondata da pra-to e boschi, situata nella fascia su-periore del maggese di scernìigh, aN della val de artegió√. F 9

[francione], toponimo scomparso.EG fine ’700: campo al Francione;campo al Franzion.

[frassinedo], località ora non piùidentificabile. EG fine ’700: prati aFrassinedo nelli monti di là del-l’Adda.

[frontuale], toponimo scomparso. EGfine ’700: campo a Frontuale.

fùfi (v. bui de, signóor de).fusciàt (v. acqua del, val de).fu|ìna di catàni (la), vecchia fucina,

alimentata dalla róngia di mulì√, si-tuata nel tratto iniziale della vec-chia via Molini, al piano terra dellacasa del famoso aviatore Bartolo-meo Cattaneo (1883-1949). D 11

[fusinam (ad)], luogo non più ricor-dato. In doc. 7-12-1535: pezza pra-tiva in contrata u.d. ad Fusinam(RPG, n. 69).

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gabìna (la), seminativi e prati, circo-stanti la cabina di trasformazione,costruita dall’AEM di Milano nel1931. In precedenza la zona, com-presa tra il capitèl, coltùra dìnt e ilfiume Adda, era detta valèert. At-tualmente parte dell’area è stata ur-banizzata. D 11

gai (v. chè di, crap di, piàz di, piè√di, tröc’ di, valé√ di).

[galeazzo], toponimo scomparso, an-che se individuato nella zona di sal-vàns e che richiama il cognome Ga-leazzi. EG fine ’700: prato inSelvanzo alias Galeazzo.

galerìa del dóm (la), galleria, lungola strèda del dóm, sul confine con ilcomune di Grosio. E 11

galìna (v. piè√ de la, pièna de la).galùpa (la), baita con bosco e prati

terrazzati, tra iròla e masìna e amonte della strada del sènt del cìrol.

C 12ganda (al), piccolo maggese con bai-

ta, sulla strada che sale da Grosioverso il Mortirolo, tra i è¿e√ e valde luìna. B 13

gandi rósi (i), cresta rocciosa, sulconfine svizzero, tra la bochéta depièna e quella di valùia, compren-dente l’omonima cima. È così dettaper il colore rossastro delle sue sas-saie. D 2-3

[gandinoso], toponimo scomparso.Nel 1257: campum unum in culturaubi dicitur in Gandinosso (APM, doc.252, c. 16r e 17r). In doc. 6-12-1428:campo in Grosotto in località Gandi-noso o Nizolera (APM, doc. 697).

gandón de pesciòla (i), pendio co-perto da pietrame di grosse dimen-

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sioni, a monte dell’alpeggio e appe-na sotto l’omonima bochéta. Anco-ra si racconta che nella primaveradel 1896 due Grosottini che torna-vano dalla Svizzera vi rimasero se-polti da una valanga. D-E 7-8

garbìsc (al), costa prativa e sassosacon baita, sotto il bósch e sopra valde luìna. È detto anche gherbìsc.Entrambi i toponimi hanno lo stessosignificato di zèrbo, terreno incoltoe improduttivo. In doc. 27-9-1746:prato sui monti di Grosotto al Gher-biccio (APG, doc. 508). B 13

garf de pesciòla (i), pietraie fram-miste a pascolo acquitrinoso, a Nde l’acqua del salt e a S di bàiti depesciòla. SCG 1544, cap. 49: «…ascendendo usque in fundum Gar-forum de Peciola». D-E 8

[garlet], località identificata nella zo-na di stabio, ora non più ricordata.In doc. 8-4-1499: pezza vignata u.d.ad Garletam (RPG, n. 29). Nel1737: fondo a Garlet (APG, doc.1255). EG fine ’700: campo alleVolte di Stabio ossia al Garletto.

gasperì√ (v. bàiti de, tröc’ de).©elèe (v. lèech).©èri de l’ada (i), fondi ghiaiosi, si-

tuati lungo le rive del fiume Adda,che in questo ampio tratto di fondo-valle, in assenza di arginature, spes-so straripava inondando tutti i praticircostanti e depositando su di essienormi quantità di materiale ghiaio-so. Forse per questo motivo, unita-mente a un fattore climatico, il pae-se viene scherzosamente chiamatoanche Palermo de la gèra. In questalocalità, negli anni 1596-97, furo-no bruciate alcune disgraziate don-ne incriminate per stregoneria. Siha notizia che una di esse (Martade Fanchinotto) fu decapitata e il

suo cadavere venne arso sul rogo«al di là del ponte dell’Adda, sullegere del prato di mastro GiacomoStoppani, luogo scelto per l’esecu-zione delle streghe» (ASSo, not.Gio. Battista Robustelli, vol. 2919,c. 345r). In doc. 27-12-1599: fondogerivo in contrata u.d. in Geris sub-tus ripae Abduae (RPG, n. 241).

B-C-D 10-11

©èri de punta (i), prati ghiaiosi, com-presi tra il Roasco e l’Adda, un tem-po soggetti a frequenti inondazionidei fiumi. Ora fanno parte del «Par-co dei prati di Punta». In doc. 11-12-1562: pezza prativa u.d. in Gerisde Punta (RPG, n. 124). C-D 11

©é|a (a la), abitazioni, circostanti lachiesa parrocchiale. C 10

©é|a (la), chiesa parrocchiale, in sti-le classico basilicale, divisa in trenavate da colonne in pietra verde,dedicata a S. Eusebio. Nel 1257:campum unum ad segrationem san-cti Euxebii (APM, doc 252, c. 17v).In un atto del 29-8-1351 figura co-me teste un tale Joro fu Franzino deOlzate, monaco [= sagrestano] dellachiesa di S. Eusebio di Grosotto(APG, doc. 981). Fu consacrata nel1477 e si separò dalla chiesa pleba-na di Mazzo nel 1625. Nel 1684 furifatto il presbiterio e tra il 1698 e il1707 venne ricostruita su progetto,del luganese Pierangelo Scala. L’at-tuale campanile fu innalzato nel1900 su disegno dell’ing. VladimiroPinchetti, al posto di altro eretto nel1756, in sostituzione di quello origi-nario. Dirimpetto alla chiesa sorgela casa parrocchiale costruita, o tra-sformata, tra il 1715 e il 1723, conun portale mistilineo in pietra verde;nell’angolo destro della facciata èmurata la colonna della berlina alla

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quale, sotto i Grigioni, venivano le-gati i condannati al pubblico ludi-brio. C 10

©é|a (v. piaza de la).

©é|a de mortaröl (la), chiesetta,dedicata alla Beata Vergine diPompei, a valle dei prati della fraciade fò e lungo la strada che da Gro-sio conduce in bórca. Fu costruitasu un fondo donato dalla famigliaFanti (Sondelìn), per inziativa delparroco di Grosotto don Maiolani.Le opere murarie ebbero inizio nelluglio del 1897 e l’inaugurazioneavvenne il 31 agosto 1898. La cro-nistoria parrocchiale riferisce: «Sin-golare fu la processione dalla par-rocchiale alla nuova chiesa con lestatue della Madonna, di S. Dome-nico, di S. Caterina e con quelle piùpiccole di S. Giuseppe e di S. Roc-co. Ogni gruppo teneva il suo santoe la montagna echeggiava di laudi,sovratutto al momento delle soste».Alla sua erezione concorsero anchele parrocchie di Grosio e Mazzo.L’8 maggio vi si celebra la festadella Madonna a cui è dedicata,mentre l’anniversario della fonda-zione si festeggia l’ultima domeni-ca di agosto. È chiamata anche ©é¿ade pompéi. Accanto alla chiesa vi èuna casa moderna e accogliente,utilizzata in occasione di feste reli-giose e per ospitare gruppi orato-riali. Ne è responsabile il parrocodi Grosotto, coadiuvato da tre fab-bricieri grosottini, due grosini e unodi Mazzo. (Mad.na di Pompei, q.1423, IGM). B 13

©é|a de pompéi (v. ©é¿a de morta-röl).

©é|a de samartì√ (la), chiesa, dedi-cata ai Ss. Martino e Isidoro, erettanella contrada Maroni, in memoria

di una più antica situata nella zonadel ruinàsc, abbandonata nel 1597 acausa delle esondazioni dell’Adda.Il 7 maggio 1641 gli abitanti dellecontrade di Maroni e Campello, riu-nitisi in assemblea sul sagrato dellachiesa di S. Eusebio, previa auto-rizzazione del vescovo Lazzaro Ca-rafino, deliberavano di costruire, inlocalità Maroni, una nuova chiesadedicata alla Beata Vergine e ai Ss.Martino e Isidoro e il 9 maggiol’arciprete di Mazzo Giuseppe Con-ti ne benediva la prima pietra. Nel1704, i frazionisti delle contrade diRoncale, Campello, Cuna e Maronicostituivano la dote a favore del cu-rato delle chiese di S. Croce e deiSs. Martino e Isidoro, erette ad uti-lità di dette frazioni (APG, docc.336-338 ). C 10

©é|a de sambastiè√ (la), chiesa,dedicata ai Ss. Fabiano e Sebastia-no, situata nella parte più a valledella contrada Piazza, rivolta versoSE. È detta anche mòort de samba-stiè√. Si hanno notizie certe dellasua esistenza già nel 1524 (APM,doc. 1515), ma fu rimaneggiata nel1614. La chiesa è tenuta in grandevenerazione dai Grosottini poiché,dopo essere stata adibita a lazzaret-to durante le pestilenze degli anni1630-32 e 1635-36, nell’ossario at-tiguo all’edificio, costruito nel1721, furono deposti e tuttora con-servati i resti dei morti per la peste.Il 20 gennaio, dedicato al santo tito-lare, vi si celebra ancora la S. Mes-sa. Sul lato sinistro della navata, nel1723, fu aperta la cappella dedicataalle Anime Purganti con tela dipin-ta dal Muttoni e nel 1754 quella difronte intitolata a S. Vincenzo Fer-reri. D 10

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©é|a de santa cróos, (la), chiesa,situata nella contrada Roncale. Lasua costruzione iniziò nel 1597 e il2 settembre 1624 fu consacrata dalvescovo Sisto Carcano. Il 24-12-1616 il «discretus vir» Antonio fuStefano de Marono lega alla chiesadi S. Maria delle Grazie un terzodei propri beni con l’onere di darelire 100 imperiali alla chiesa dellaS. Croce fondata in contrada diRoncale (RPG, n. 350). Il 9 marzo1797 i frazionisti di Roncale costi-tuivano la dote per il cappellanodella loro chiesa e nominavano atale ufficio il sacerdote Claudio Ge-linot, deportato francese della cittàdi Grenoble (APG, doc. 334). Que-sta chiesa, come pure quella di S.Martino, ha sempre avuto ammini-strazione propria, con membri desi-gnati dai frazionisti e confermatidal parroco, che ne controllava edapprovava la contabilità. Il 3 mag-gio e il 14 settembre, rispettivamen-te feste dell’invenzione e dell’esal-tazione della S. Croce, vi si celebrala messa. È detta comunemente©é¿a de roncàl. C 9

©é|a de la madòna (la), santuario,dedicato alla Beata Vergine delleGrazie, situato nella parte nord del-l’abitato e considerato uno dei piùimportanti edifici sacri della Valtel-lina. Iniziato nel 1487, quale ringra-ziamento del paese alla Madonnaper lo scampato pericolo d’esseredistrutto dai Grigioni, fu consacratonel 1490; nel 1534 fu ingrandito,per essere poi completamente rifattotra il 1609 e il 1623, su disegno delticinese Sebastiano Scala e sotto ladirezione di Gaspare Aprile. Il nuo-vo edificio fu consacrato il 20 lu-glio 1664 dal nunzio apostolico Fe-derico Borromeo. La facciata è

semplice e austera, mentre l’inter-no, a una sola navata e con volta abotte, affrescata da E. Fumagalli nel1921-22, è un’esplosione di baroc-co. Tra le opere d’arte che vi si am-mirano le più notevoli sono la gran-diosa ancona lignea dell’altaremaggiore eseguita da Pietro Ramustra il 1673 e il 1680 e il monumen-tale organo settecentesco con la cas-sa scolpita da Paolo Scalvini e G.Battista del Piaz (1706-14). Di parti-colare pregio sono due tele: una ese-guita a Milano nel 1632-33 da Giro-lamo Chignoli, allievo del Cerano, eun’altra, raffigurante la Sacra Fami-glia, dovuta a Marcello Venusti, pit-tore originario di Mazzo e attivo aRoma nell’ambiente michelangiole-sco. D 10-11

©é|a di sopièni (la), chiesetta, nelmaggese omonimo, dedicata allaBeata Vergine di Lourdes, costruitanel 1896 e benedetta nel 1898, men-tre il campanile fu eretto nel 1929.Vi è annesso un edificio gestito dal-la fabbriceria e utilizzato in occa-sione di feste e celebrazioni. G 9

©é|a protestànta (la), vecchia casa,situata in Via Lugo, sopra il bui defùfi, detta anche chè di gai, ora diproprietà dei Sala Peup. Nel 1605l’edificio fu adibito a luogo di cultoprotestante: «In questo anno secomprò la masone de M.ro Martinde fer sertor per far la chiesia allinostri adversari calvinisti, così fufatta» (MB, c. 74v). Sulla facciatasono ancora visibili frammenti diuna scritta (versetto biblico?) datata1609 insieme a un affresco del1786 raffigurante la Madonna delleGrazie, S. Giovanni Battista, S. Do-menico, S. Antonio da Padova e S.Vincenzo Ferreri. In doc. 22-12-1629: sedime in contrada Lugo do-

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ve già sorgeva la chiesa protestante(APG, doc. 374). C 10

©e|ìna de prèda (la), oratorio sette-centesco, dedicato alla MadonnaAddolorata, già patronato della fa-miglia Stoppani ed ora appartenentealla famiglia Osmetti, situato all’ini-zio dell’omonima frazione. B 10

©e|ìna de san faustì√ (la), ruderidi antica chiesetta castellana, de-dicata ai Ss. Faustino e Giovita, po-sta sulla sommità dello sperone roc-cioso su cui sorge il castellovecchio di Grosio, individuabile so-prattutto dalla piccola torre campa-naria che affianca i resti dell’abside.Recenti indagini archeologiche do-cumentano una frequentazione delsito in epoca preistorica ed eviden-ziano le tre fasi di intervento chehanno caratterizzato l’edificio, tra-sformandolo da piccolo sacello fu-nerario altomedievale in una piùampia struttura risalente al X-XI se-colo (ANTONIOLI 2000, p. 67). Nellodo arbitrale del 4 novembre 1540,che documenta la posa dei confinitra Grosotto e Grosio, è citata comepunto divisorio la finestra medianadell’abside della chiesa dei Ss. Fau-stino e Giovita (ASCGr, doc.1225). Con l’abbandono del castel-lo da parte dei Venosta, verso la fi-ne del XVI secolo, anche la chieset-ta iniziò un lento decadimento, finoa divenire in seguito area coltivata avigneto. La buona conservazionedel campaniletto è dovuta a due in-terventi di restauro effettuati agliinizi del 1900 e nel 1950. E 11

©e|ìna di bòr (la), chiesetta, a piantaottagonale, della fine del secoloXVII, situata sulla piazzuola d’in-crocio tra la via Lugo e la via Rog-giale, che prende nome dalla fami-

glia Trinca, detta Bòr, che ne eraproprietaria. Da tempo chiusa al cul-to, è attualmente di proprietà dellaparrocchia. Vi è conservata una palad’altare raffigurante la Discesa delloSpirito Santo, attribuibile al pittoreFrancesco Piatti di Mazzo (1640-1716). La casa di fronte porta sullafacciata un affresco raffigurante laMadonna col Bambino tra i Ss. Giu-seppe, Antonio da Padova, Giovan-ni Nepomuceno e Francesco di Pao-la, con a lato la scritta: ADI 28APRILE 1747 / FU FATTA FARE/ LA PRESENTE OP / PERADALLI VO / MINI E CIRCHONV/ ICINI DI QVESTO / CHANTO-NE / P B F. C 10

©e|ìna di colonèli (la), chiesetta,settecentesca, più propriamentechiamata oratorio del SS. Crocifis-so, situata nei pressi della santèlade san ròch e fatta costruire nel1752-53 da un tale Giovanni Del-l’Acqua, abitante nella casa attigua,dal cui cortile nel 1987 è stata ri-mossa la fontana collocata poi nellapiazza del santuario. La chiesa di-venne successivamente di proprietàdelle famiglie Trinca Colonel e Fe-lesina, da cui il nome, e in seguitofu acquisita dalla parrocchia. C 10

©e|ìna di duèri (la), chiesetta, dedi-cata a S. Lorenzo, realizzata nel1953 nella conca dei cadì√, ai duèri,in seguito all’atto di donazione daparte di Rachele Noli fu Giuseppedi un edificio da adibire a cappella(APG, doc. 355). G 8

gherbìsc (al), avvallamento su pen-dio, ricoperto da bosco di coniferecon dirupi, che discende verso ilRoasco, a valle di te¿ùra e a NO disopièni. È di proprietà comunale edè detto anche garbìsc.

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gherbìsc (al), bosco arido con ve-getazione mista e dirupi, tra il ron-chét e la combrìa e ad E della valcornì√. EG 1795: zerbivo ora pratoal Gherbiccio in Roncale. B 9

gherbìsc (v. dòs del).

gherbisció√ (al), pendio boscato dilarici e pini silvestri, già prati e pa-scoli con casetta, a SO di venar-lùuch e sopra la strada che provienedai polaròli. Fino agli anni ottantadel secolo scorso le scuole locali,in collaborazione col Comune, viorganizzavano la festa degli alberi.

D 9-10

gherbisció√ (v. acqua del).

gianìno (a), maggese con baite, pra-ti e boschi d’alto fusto, sopra la fra-cia e a valle di pièna doréa. Il pratonel tratto inferiore è ricco di sor-genti ed è detto anche bonèlo. Gia-nìno è anche soprannome della fa-miglia Scala. B 13

giazèra (la), grotta naturale e sot-terranea, con infiltrazioni d’acquache si mantiene a lungo ghiacciata,data la profondità e la temperaturacostantemente fredda. È situata do-po la òlta de pièna, a monte dellastrada e viene utilizzata comeghiacciaia. H 6

gilda (v. santèla de).

giööch (v. scala del, sènt del).

giööch de lorièna (v. sènt del giö-öch).

giòors (a), dosso ricoperto da boscodi castagni, roveri e pini silvestri,un tempo maggese con baite, recen-temente ristutturate, a monte di pea-dìscia e della pièna de macaròt ecompreso tra il ruinàsc e l’arlèe.(Giors, q. 1002, IGM). C 9

giòors (v. sènt de).

©iu|eè√ (ai, i), vecchia bottega difalegnameria, in via Molini, di pro-prietà dei fratelli Robustellini, dettiGiu¿eè√. D 11

©iu|èf (v. valé√ del barba).gòch (al), pendio terrazzato, un tem-

po vigneti e seminativi di frumentoe segale, ora in gran parte zerbi-vo, a SO di samartì√ e sopra stadèr-na. C 10

gòch (v. acqua del, vial del).gòos (al), dosso prativo con baita,

sopra gianìno, sotto papì√ e il dòsscarì, a N della val di refréc’ e a Sdi matasciòt. B 13

graa©ìna (v. valé√ de la).granda (v. pastura, pré¿a).grant (v. mót, valé√).gras de l’alp (al), pascolo, parte del-

l’alpeggio omonimo, a valle dellarèla. F 7

gras del monì√ (al), pascolo conbaitello, a monte delle baite di pe-sciòla, che si estende verso la bo-chéta. E 7-8

gras di sèli (al), piano pascolativo,ora in gran parte rimboschito, fa-cente parte della pastura granda, avalle del panigàl. C 8

grasèl (al), ampia zona pascolativacon bosco resinoso, a NO del vallo-ne di pièna e a monte dei pre¿àsci.Il toponimo deriva dalla fertilità delpascolo, che veniva concimato du-rante la notte dagli ovini. Vi è loca-lizzata una carbonaia ed è attraver-sato dal sentiero Italia. (Grassello,q. 1857, IGM). H 5

graselì√ (al), pascolo, a valle dei la-ghetti e di piatéda basa, permeatoda acque sorgive che confluiscononel piè√ di róngi. D-E 4

gra(v)i©èri (i), coste franose, conpietrame minuto che si sfalda dalla

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roccia, misto a spiazzi di achillea,fra càtero e i cónchi de varàdega.

B-C 14

grezìna (v. baita).

gròs (v. scala del sas).

gròs piató√ (v. piató√).

grosót, borgo e territorio comunale,situato fra Mazzo e Grosio e già fa-cente parte del terziere superiore.L’abitato è posto alla confluenzadell’Adda con il Roasco. Numerosisono i segni di una presenza umanain epoca preistorica sul dosso deicastelli come pure sulle rocce affio-ranti sul promontorio di dòsa e incastelì√. Il nome del paese comparela prima volta nella forma «Grou-suto» in un atto del 1080 (MANA-RESI-SANTORO, p. 103). In un com-promesso del 1150, il vescovo diComo Ardizzone si riserva il «ca-strum de Groxio cum villis de Gros-sura et de Grossupto» (ASDCo, In-vestiture feudali, vol. 5, c. 20r). Inorigine il nome indicava dunque ilterritorio a valle e a SO del dossodel castello di Grosio. Grosotto, ec-clesiasticamente, fece parte sin dal-l’origine della pieve di Mazzo, dap-prima come vicecura poi, dal 1625,come parrocchia autonoma. Al 1544risale la prima redazione nota deglistatuti comunali, rielaborati però sunorme assai più antiche. ASMi1316: petiam unam terre u.d. inGrusato. ASMi 1412: petia una terreu.d. in Gruxeto. Come ha giusta-mente rilevato l’Orsini, la grafiaesatta dovrebbe essere Grossotto, daGros-supto. In effetti rimase tale fi-no all’epoca fascista, come attestanoanche i timbri postali del governoaustriaco e dell’Italia post-unitaria.Il Sertoli Salis annota che l’attualegrafia ufficiale è fedele al dialetto

ma fa torto alla lingua. Gli abitantisono detti Grosottini. (Grosotto, q.591, IGM). C-D 10-11

guardadóor de bedól (al), roccio-ne, fra il bosco, nell’omonima loca-lità, a monte della póza. Così dettoperché da qui si ha una bella vedutasu Grosotto. SCG 1544, cap. 49:«… ascendendo inter comunantiamet rovoschieram consortum de Be-dolo […] et ascendendo per rectamlineam usque ad saxum qui diciturel Guardador de Bedol». D 10

guèrdia (v. baitèl de la, crap de la).guerìna (v. crap de).gu©iaröl (a), bosco e prato, nella

parte a monte del maggese di pan-tè√ (gu©iaröl = piccolo ago, aghifo-glia). B 12

guinsanèla (’n), avvallamento pa-scolativo, a SO di canfinàl e sulversante destro del vallone di Guin-zana. H 3

guinsèna (’n), vasto alpeggio comu-nale, con caseificio, confinante aNO con la val de pédruna (Grosio),a SE con canfinàl e col dòs de sasu-mèer. È raggiungibile sia dalla mu-lattiera che sale dal fondovalle neipressi di barbìis (Grosio), sia dallastrada che proviene da pièna. L’as-segnazione dei territori di malghèrae pedrùna a Grosio e quelli di guin-sèna e canfìnàl a Grosotto risale alcompromesso stipulato, dopo anno-se questioni, fra i due Comuni nel1435 (ASCGr, doc. 948). In passatoil più comodo accesso all’alpe av-veniva attraverso la strada del ver-sante grosino. Una notizia in pro-posito si trova già in una locazionestipulata il 1° agosto 1467, in cui ildecano del comune di Grosio con-cede a Zanino Robustelli e a Gio-vanni de Scenda il permesso di

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transitare per la Valgrosina per ac-cedere all’Alpe di Quinzana, pre-vio pagamento di un pedaggio an-nuo di 32 soldi. (ASCGr, doc. 989).In doc. 15-2-1612: fondo alpivo,zerbivo e boschivo in monte diGrosotto u.d. l’alpe de Guinzana,confinante a E con il fiume Roa-sco, a S con l’alpe di Piana, a Ocon il comune di Poschiavo e a Ncon l’alpe di Pedruna del comune diGrosio (RPG, n. 327). (A. Guinza-na, q. 1934, IGM). H 3

guinsèna (v. bochéta de, bósch de,laghét de, màndra vègia de, piatìscide, való√ de).

[imper], denominazione scomparsache richiama il cognome Imperial,diffuso a Grosotto. In doc. 19-10-1648: campo sito a Imper nella col-tura inferiore (APG, doc. 437).

infèrn (v. valé√ de l’).

infèrn del bana (l’), baita circon-data da prato e bosco, con dirupinel tratto inferiore, a monte dima¿anéta. E 10

iròla (a), vasto maggese con prati tut-tora sfalciati e vari gruppi di baite,in gran parte rifatte, sul versanteorobico, tra batùda e i crap di coró-ni, a S di réz e dei chèmp e a N defóo. I soprannomi dei proprietaridelle baite hanno dato il nome allediverse zone: silèt, rosì√, guerìna,cuf, bègol, quagét, martinòl. È usa-ta anche la forma airòla, che si rifàalle più antiche attestazioni e chesarebbe anche quella più correttadal punto di vista etimologico, si-gnificante «piccola aia, piazzuola,

radura». ASMi 1316: petiam unamprati in monte u.d. in Arola. ASMi1412: petia una prati in monte u.d.in Ayrolla. In doc. 2-12-1473: pratoin monte u.d. in Eyrola (ASSo, not.Venosta). Nel 1625: campo oltrel’Adda in località ad Aeroliam(APG, doc. 1086). Fuorviante la di-citura IGM che ricondurrebbe al fi-tonimo ról (= rovere). (i Rola, q.1126, IGM). C 12

iròla (v. piè√ de, róngia de, sènt de).[i|ola], isolotto ora scomparso, con

prati e piante di salice, formatosi inmezzo al Roasco, tra i prèe de pun-ta e i prèe del tuèna. Si ha notizia diun’altra isola, al di là dell’Adda. Indoc. 7-12-1325: prato sito oltre ilponte sull’Adda in Ixulla; in altrodoc. 17-11-1344: prato o presa oltrel’Adda dove è detto in Insula(APG, docc. 978 e 979).

laatòri (al), fontana seicentesca, inpietra verde con abbeveratoio, la-vatoio e tetto di copertura a quat-tro falde, sorretto da tre agili colon-ne monolitiche. Sulla sommità deltetto una banderuola segnaventoporta la data del 1695. Si trova al-l’imbocco della via Roveschiera, difronte alla casa Stoppani (XVII-XVIII sec.), già sede della preturadal 1872 al 1924. Nel 1544 la fon-tana antica dava il nome al cantó√del bui. Il 17 febbraio 1635 il deca-no Andrea Mitta e gli agenti del co-mune, considerato che il fonte sca-turiente in contrada de Robustelli,chiamato lavatorio, era diroccato eche pertanto le acque scorrevanoper la strada pubblica, elessero qua-

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li messi e deputati della contradamedesima tre uomini al fine diprovvedere alla derivazione dell’ac-qua e alle altre cose a ciò necessa-rie. Pertanto i consorti della contra-da approvavano e ratificavano lanomina fatta dal decano e dai suoiagenti delle persone incaricate di ri-parare l’acquedotto, di ricostruirela fontana e di curarne la manuten-zione. Tali persone erano poi tenutea vigilare a che nessuno osasse con-turbare l’acqua defluente nella fon-tana, o pietra, o come dicesi vol-garmente buglio superiore, némettervi dentro o riporvi cosa alcu-na, né lavarvi o purgarvi vaso o al-tra cosa sudicia per cui ne fosse tur-bata e fetida l’acqua, né in quellotantomeno pulire vaso di bronzo, ri-porre salici e cuoio, affinché i buoie tutto il bestiame potessero como-damente dissetarsi. (ASSo, not.Gio. Antonio Robustelli, vol.3968). EG fine ’700: casa al Lava-torio nel cantone dei Robustelli.Bruno Credaro, prendendo lo spun-to da questa caratteristica fontana,trae delle interessanti note di costu-me e di vita paesana (GROSOTTO

1969, pp. 67-68). D 10laatòri de pipì (al), fontanella, a S

della piazza del santuario con so-prastante antico mascherone in pie-tra; fino agli anni sessanta, alla fon-tana era annesso un lavatoio, situatosotto un piccolo involto. Dal so-prannome della famiglia Dell’Ac-qua che abitava vicino a questa fon-tana. D 10

laatòri de via cerva (al), antico lava-toio in pietra, situato nel punto d’in-crocio tra la via Cerva e la via Moli-ni, al di sotto del piano stradale. Untempo utilizzato su tre lati, ricopertoda un tetto a quattro falde e alimenta-

to dall’acqua del vicino e soprastantebui, è ora dismesso. D 11

laghét (al), laghetto artificiale, rea-lizzato recentemente ai prée de pun-ta, sfruttando le acque della róngiadi mulì√, della róngia del dóm e delRoasco. È inserito in un parco at-trezzato con strutture sportive e tu-ristiche. C-D 11

laghét (i), due laghetti di origine gla-ciale, con pochissima acqua, nellaparte superiore del való√ de pièna,raggiunti dal sentiero che sale dapiatéda basa. Sono detti anche pozàt(I Laghetti, q. 2171, IGM). D 4-5

laghét de guinsèna (al), laghettodi origine glaciale, vicino a unapiccola pozza e a valle dell’omoni-mo passo. I rigagnoli che fuoriesco-no discendono ad alimentare l’ac-qua del való√ de guinsèna. (L.Guinzana q. 2513, IGM). F 2

lambornìis (a), maggese con baite,ora divenuto bosco ceduo, a montedel pöl. C 10

lambornìis (v. signóor de l’).lambrósch (a), maggese, ora bosco

scosceso frammisto a dirupi e anti-co nucleo di case, contraddistintetuttora dai numeri civici perché giàfacenti parte della frazione di Ron-cale. Si trova sotto i boschi dellacombrìa, sopra roncàl e tra la valde spinàsc e il ruinàsc. In doc. 17-8-1634: fondo campivo in località adLambroscum (APG, doc. 1101).EG fine ’700: campo a L’Ambru-sco. (Lambiosch, q. 1025, IGM; er-rata la denominazione). C 9

lambrósch (v. crap de, crota de, va-lenì√ de).

lantèch (v. valé√ del).làres (v. dòs del).lati (v. valé√ di).

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lèech de feradìna (al), laghetto diorigine glaciale, nell’omonima val-le, sulla cresta sinistra orograficadel vallone di guinsèna e sul confi-ne col territorio grosino di pedrù-na. È chiamato anche lèech de valferèda. G 1

lèech de val ferèda (v. lèech de fe-radìna, lèech gelèe).

lèech ©elèe (al), lago profondo, diorigine glaciale, in prossimità di unaltro laghetto di dimensioni più pic-cole privo di denominazione. En-trambi sono alimentati dalle vicinesorgenti e situati nell’avvallamen-to morenico sottostante la cresta diconfine con la Svizzera, a S dellabochéta de valùia e nel tratto supe-riore del való√ de pièna. Non è co-nosciuto col nome di lèech de valferèda, quindi appare impropria ladenominazione dell’IGM (L. di ValFerrata, q. 2570). C 3

lènca de poncìna (la), lagozza, for-mata dalle acque del Roasco, nel-l’alveo del torrente, nell’omonimalocalià, situata nei pressi della gal-leria del dóm. E 11

[leperugum (ad)], toponimo scom-parso. ASMi 1316: petiam unamprati cum mansione una et tezia u.d.ad Leperugum.

linöc’ (v. sas de, böc’ de).

[lissos (ad)], località ora non meglioidentificabile. In doc. 11-1-1391:fondo in località ad Lissos (APM,doc. 1727). Nel 1571: pezza prativain contrata et monte u.d. ad Lisios(RPG, n. 143). SCG 1550: «Statui-mus et ordinavimus quod non sitaliqua persona quae audeat necpraesumat incidere aliqua lignami-na super petiam terrae buschivae etzerbivae iacentem in monte ubi di-

citur ad Ruinazium de Dossa et adLizios».

listi (i), fasce di fondi prativi, tra lastrèda de prai e quella di saléc’, a Edi boarésc. C 11

locopìo (v. mónt del).[loga], luogo non più ricordato. ASMi

1316: petiam unam terre campiveu.d. ad Logam.

lòia (v. pradél).longa (v. cascèda).lóof (v. valé√ di).lorièna (a), esteso maggese con più

nuclei abitativi e pendio di boscomisto, distinto in lorièna e loriènabasa, a monte di pù©e√ e a valle dipiàz e tra il bosco lugo e la val demarmolóos. Si pensa che il nomederivi dal fatto che, data la posizio-ne dominante sull’imbocco dellaValgrosina e le favorevoli correntid’aria, si senta il suono delle oredai campanili di Ravoledo e di Gro-sio. È usata anche la forma lurièna.SCG 1555, cap. 3: «… a valle deCernigo foris eundo in loco Loria-nae». In doc. 18-1-1608: fondo pra-tivo e boschivo con ovile e masonein monte u.d. ad Lorianam (RPG,n. 289). (Luriani, q. 1588, IGM;impropria la denominazione) E 9

lorièna (v. giööch de, mót de).[loviano], toponimo scomparso. EG

fine ’700: prato con masone a Lo-viano.

luca (al), prato con abitazioni, a NEdi pantè√ e ad esso collegato dastrada. B 12

lugo (v. bosco, cantó√, valéna de).luìna (v. val de, acqua de val de).luinàl (al), pascolo e bosco su pendio,

a O di ba¿iét, compreso tra la strèdade pièna e il Roasco e attraversatodall’omonima valle. G-H 7

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luinàl (v. sciósch del, val del).[luinàl de la sèra], denominazione

caduta in disuso dell’avvallamentoindicato quale confine dell’alpe diGuinzana. SCG 1544, cap. 27:«Statutum est quod habitaturi cumgregibus seu cum pecoribus in alpede Guinzana non habitent a lavinalede la Sera in foris».

[luinàl de malossa cisa], vallecolacitata fra i confini dell’alpe di Pia-na. SCG 1544, cap. 28: «Statutumest quod illi qui stabunt in alpe dePlana pascant et pascere debeant alavinale de Malossa Cisa intus ver-sus Pusclavium et usque ad lavina-lem del Sausio».

[luinàl del saùs], denominazionequasi scomparsa della vallecola che,percorsa dall’omonima sorgente, di-vide gli alpeggi di Piana e Guinza-na. SCG 1544, cap. 27: «Statutumest quod confinia alpis de Guinzanaterminentur a lavinale del Sausiointus».

lupìno (a), pendio terrazzato di ca-stagneti, già vigneti, a valle dei po-laròli, a SO di stangoló√ e a NEdella migiónda e dell’Arlate. ASMi1243: locazione ad Adamo de Ada-mis de Grossoto di terreno situatou.d. ad Lupinigum. In doc. 5-1-1746: Antonio quondam BattistaSaligaro de Modesto detto Lupino(ASSo, not. Giuseppe Venosta, vol.7937). C 10

lupìno (v. sènt de).luz (v. valé√ del).

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macaròt (v. pièna de).madòna (la), gruppo di abitazioni

con annessi coltivi, circostanti ilsantuario della Madonna delle Gra-zie, situato a N del paese. D 11

madòna (v. bui de la, calchèra de la,cantó√ de la, ©é¿a de la, piaza dela, piudèer de la, prèe de la).

magàt (a), maggese scosceso conbaite, prati e bosco misto, sullasponda SO di dòs, tra premuràsc e ilroncàsc, attraversato dalla róngia deiròla. B 12

maghèda (la), irto pendio di dirupi epiccoli terrazzi con vegetazione zer-biva, già vigneti e castagneti nellafascia inferiore, a SO dell’àigola edi val de scala e a valle di scìngoli,separato da pendéc’ dalla stradaomonima. Forse il toponimo derivada maga. In doc. 11-12-1562: pezzavignata u.d. ad Planas de Pendegiosive ad Buccum dela Magada(RPG, n. 125a). Nel 1805: fondo al-la Magada (APG, doc. 330). D 10

maghèda (v. crap de la, piè√ de la,strèda de la).

magrèer (al), baita con prato arido emagro, nel maggese di iròla. C 12

màina (al), prato con baita e boscocircostante, situati tra il maggese dimenaròl e quello di mazùch. F 9

malèch (a), prati di fondovalle, tral’Adda e la strèda di saléc’, a S del-la strèda di pónt. In doc. 4-2-1506:prato alle prese del Maleco oltrel’Adda (APTi, pe. 288). EG 1795:prato con salici a Malecco. C 11

[mallero], toponimo scomparso, lo-calizzato nei pressi della chiesa par-rocchiale. EG fine ’700: piazzo ora

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oppolo al Mallero ossia all’Arlatodi Casa vecchia; vigna al Malleroossia vigna e orto sotto la chiesa diS. Eusebio.

malòsa (v. acqua de la).

mandra (v)é©ia (la), pendio di pa-scoli e boschi resinosi, compresotra la val del luinàl e il való√ depièna (mandra = malga, alpeggio).

G-H 6

màndra (v)é©ia de guinsèna (la),zona pascolativa, circostante laca¿ìna, a valle di cornèli del brat,che si estente anche sul versante de-stro del vallone. H 3

mandri del mòro (i), pendio pasco-lativo per ovini, tra i fòpi de pièna ecanfinàl. G 4-5

manéra (v. crap de la).

march (a), piccolo maggese con baite,a O della val del luinàl, sulla riva de-stra del Roasco e con ponte di attra-versamento sull’altro versante dellaValgrosina. (Marc, IGM). H 6-7

marchéti (v. baita di).

[marcias (ad)], toponimo scompar-so, localizzato nella zona di bedól.SCG 1544, cap. 49: «… ascenden-do inter comunantiam et rovoschie-ram consortum de Bedolo usque instratam per quam itur ad Marcias».

maréna (la), baitina, isolata in mezzoai boschi che un tempo erano semi-nativi, a valle della combrìa. C 9

marénda (v. piata de la).

maria (v. santa).

[mariano], località ora non meglioindividuata. EG fine ’700: vignanelle Selve detta la Marianna aliasdel Mariano; vigna al Mariano.

mariöli (i), falsopiano di conifere, trail sènt del giööch e lorièna. E 9

marmolóos (a), boschi e prati neipressi della pöira de artegió√. SCG1550: «Statuimus et ordinavimusquod non sit aliqua persona quaeaudeat nec praesumat incidere necincidi facere aliqua lignamina su-per petiam unam terrae zerbivae etbuschivae iacentem in monte citraAbduam ubi dicitur ad Poyram Ar-tigioni et al Marmolos». F 9

marmolóos (v. val de).

maróni, antica contrada, che unita-mente a Roncale, Campello, Cuna ePrada, situate nella parte SO del pae-se, facevano parte del cantó√ monti.Il nome del luogo deriva probabil-mente dalla pregiata qualità di casta-gne grosse e gustose che vi abbonda-no. Diverse tuttavia erano le qualitàdi castagne prodotte a Grosotto. Lagran parte di esse veniva cotta in ap-positi forni e trasformata in bescöc’,morbido e sostanzioso alimento con-servato per tutto l’anno in sacchi dicarta o in cassoni di legno. Anche icastégni de l’agrèe, seccate su appo-siti graticci, si mangiavano per tuttol’inverno o si macinavano; mentre iferùdi (castagne bollite) e i braschèer(caldarroste) venivano consumate almomento. In seguito alla costruzionedella chiesetta dedicata ai Ss. Marti-no e Isidoro, avvenuta nel 1641, iltoponimo è caduto in disuso e sosti-tuito con quello di samartì√. Il diffu-so cognome De Maron, ancora vivo,distingueva le famiglie che abitavanoin questa contrada ora abbandonata.In doc. 26-11-1556: pezza vignata incontrata u.d. ad domos illorum deMarono (RPG, n. 105a). EG fine’700: vigna sotto la chiesa di S. Mar-tino a Ca’ de Marone. C 10

martì√ (al), pendio terrazzato conbaite, castagneti e prati, ora dive-

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nuti boschi, sopra il böder, sotto lasolìa, a NE della val cornì√. È dettoanche prèe del martì√. In doc. 13-11-1685: fondo detto il prato diMartino (APG, doc. 1223). (Mar-tin, IGM). C 9

martì√ (v. pésc del, scala del, sèntdel).

martinòl (v. pöira).

[marzalia], denominazione scompar-sa. ASMi 1316: petiam unam terreprative cum arbore uno nucis u.d. inMarzalia.

ma|anéta (a), dosso con maggese,baite e bosco di latifoglie, attraver-sato dalla strèda de vedéc’, a N deltondèl e a S della val de marmolóos.(Masanetta, q. 1110, IGM). E 10

ma|anéta (v. fortì√ de, val de).

ma|ìna (a), piccolo maggese, che siincontra lungo il tratto di strada cheda iròla sale ai chèmp. Nel 1713:Simone di Masina da Grosotto, ri-paratore di tetti (APGr, Libro deiconti della chiesa di S. Giuseppe,1712-1713). C 12

ma|ón dint (v. dòs de).

ma|oncèl (v. artegió√).

[masone], toponimo scomparso. EGfine ’700: campo a Ca’ de Nesinossia alla Masone o Decima.

mat de celestì√ (al), cumulo di pie-tre, con funzione di segnavia disentiero alpino, sulla costa di valferèda e sul pendio sinistro del val-lone di Piana. È detto anche matòtde celestì√. Dal soprannome di unramo dei Saligari. E 4

mat de la pàa (al), piccolo maggesecon baite, sulla costa sinistra dellaval de artegió√, a S di ruinàl. F 9

mat de pesciòla (al), picco roccio-so, che con i suoi 2316 metri di

quota si erge a E della bochétaomonima. E 7

matacàco (v. tröc’ de).

matasciòt (a, su a), baite circon-date da pendio prativo, sopra dòse sotto il mónt de fànti, chiuso fra lastrèda de dòs e la val de luìna. Sonole ultime baite che si incontranoprima di giungere alla ©é¿a de mor-taröl. Meno usato il toponimo mata-sciòta. B 13

matasciòt (v. ca¿èl de).

matasciòta (v. matasciòt).

matòt de sasumèer (v. órs de sasu-mèer).

mazùch (a), maggese con baite e bo-sco di alto fusto, a monte di menaròle a valle di scernìigh. EG fine ’700:metà prato al Mazzucco al di quadell’Adda. (Mazzuc, IGM). F 9

[medelem (ad)], toponimo scompar-so. ASMi 1412: petia una prati u.d.ad Medelem.

medìl (v. crap de, dòs de).

mèersc (v. crap).

mèla (v. chè del).

meléno (sélva de).

menaròl (a), maggese con diversinuclei abitativi e ampi appezzamen-ti prativi, un tempo molto quotatiperché soleggiati e ben irrigati. Èsituato all’incrocio tra la strada di(v)edéc’, che prosegue verso i caré-ti, e quella che, passando da predò-nech, scende ai sopièni. SCG 1591,cap. 84: «È statutto che li boschi deMenarolo siano tensi». In doc. 23-11-1614: fondo prativo sito in Pre-donico, con l’onere di passo a stratade Menarolo (RPG, n. 341). (Mena-rolo, q. 1270, IGM). F 9

méo (v. valé√ de).

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[merlatto], località individuata nellafrazione di Piazza, ora non più ri-cordata. EG fine ’700: campo e vi-gna in contrada de Piazza al Mer-latto.

mèrmol (v. pièni del, strèda del).mèrtol (al), piccolo maggese, detto

anche fontèna del mèrtol, a montedi réz. Dal soprannome della fami-glia Sala Tenna. C 12

mèz (v. cantó√ de, valé√ de). meza coltura (v. santello di).mi©iónda (la), castagneti, un tempo

vigneti e campetti di segale, conpiccolo nucleo di rustici, ora ristrut-turati, a monte di bagarì√ e a NE disamartì√. È detto anche bàiti de lami©iónda o de mi©iondì√, sopran-nome quest’ultimo di un ramo dellafamiglia Sala Peup. Il toponimo èforse derivato da un «Migio», afe-resi di Remigio. In un atto del 9-5-1589 è citato tale Antonio Migion-dus (RPG, n. 185). Negli statuti del1555 (cap. 3) e in quelli del 1591(cap. 40) si fa riferimento a una ma-sone nella zona dei Rezzi apparte-nente agli eredi di Tommaso Mi-giondo. C 10

mi©iondì√ (v. baitèl de, mi©iónda).milé|om (v. signóor del, piata del).möi di cadì√ (i), terreni acquitrinosi

nella omonima conca. È usato an-che il toponimo möi di duèri. G 8

möi di duèri (v. möi di cadì√).möièni (i), avvallamento vignato e

un tempo acquitrinoso, nel trattoterminale della val de spinàsc. Indoc. 4-11-1473: vigna in contratau.d. ad Moyanas seu ad Spinazium(ASSo, not. Venosta). EG 1795: vi-gna alle Mojane. B 10

molèda (la), argine, costruito al ter-mine della val de talòga prima della

sua confluenza nell’Adda, sulla li-nea di confine con Mazzo. È usataanche la forma al plurale, i molèdi;in effetti gli argini sono due: uno èsul comune di Grosotto, mentre l’al-tro su quello di Mazzo ed il limite diconfine passa in mezzo. B 11

mónech (al), prato con poche baite,a valle del càfera, a monte deipre¿àsci alti e ad E del való√ de piè-na. È detto anche rico, o rico delmónech, dal nome del proprietariodel maggese. H 6

mónech (v. filanda di).moneghì√ (v. mulì√ del, rè¿ega del).monì√ (v. gras del).mónt de fanti (al), maggese con

abitazione, tra la strèda de papì√ ela ©é¿a de mortaröl. Dal cognomedei proprietari. B 13

mónt del locopìo (al), prato conbaite, nel maggese di iròla, apparte-nuto alla Congregazione di Carità(Luogo Pio). C 12

[monteforato], toponimo scompar-so. SCG 1544, cap. 20: «Statutumest quod non sit aliqua personaquae audeat nec praesumat a kalen-dis aprilis usque ad medium octo-bris accedere cum aliquibus bestiisgrossis nec minutis ad pascendumaliqua pascua ultra pontem Roaschi,ultra pontem Abduae et ultra cli-vum Montisforati intus per viamdemedio vinearum». EG fine ’700:vigna a Monteforato.

mòort (v. chèmp di, pièni di, sas di,tröc’ di, valé√ di).

mòort de sambastiè√ (v. ©é¿a desambastiè√).

[morcino], toponimo scomparso in-dividuato tra le colture a valle delcastello di S. Faustino. Nel 1257:petia una terre ubi dicitur per me-

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dium Murcenigum in cultura sub-tus castrum Groxii (APM, doc. 252,c. 4v). In doc. 14-12-1689: fondoal Castello o a Morcino (APG, doc.480). Nel 1697: campo in Grosottoad Morsinum (APGr, doc. 815).

morét (al), pendio di castagneti, avalle del gherbisció√, a monte disambastiè√ e a O della baita di mar-chéti. Dal soprannome di un ramodei Saligari. D 1

[moretto], toponimo desueto. In doc.10-12-1595: fondo a Grosotto in lo-calità ad vineam Moreti (APM,doc. 1801). EG fine ’700: campoalla Decima ossia del Moretto.

mòro (v. mandri del).

mortaröl (su ’n), fascia superiore delversante orobico comprendentemaggenghi, boschi e pascoli. Il to-ponimo a Grosotto è inteso in sensoampio e generico; ad esempio la©é¿a de mortaröl si trova alla fracia(Grosotto), il laghét de mortaröl ènel territorio comunale di Monno(Brescia), i pièni e il passo sono incomune di Mazzo. La tradizionevuole che il passo del Mortirolo ab-bia avuto questo nome dopo cheCarlo Magno vi sconfisse i Camuni,rimasti pagani, facendone strage(773). Tale tradizione troverebbeconferma nel nome di Motto Paga-no, cima che sta di fronte al Morti-rolo. Naturalmente è una leggenda,come altre attribuite a Carlo Magno,inventate da cantastorie popolari delSei e del Settecento. Prima, al diredello storico Gregorio di Valcamo-nica, il monte si chiamava «Selvabella». Secondo il Bracchi, Morti-rolo non ha nulla a che vedere con imorti, ma deriva da «mortaro», cioèconca, avvallamento. Il 23 febbraio1627 il cancelliere Gio. Battista Ro-

bustelli avvisa il decano di Grosottodi mandare aiuti alle truppe papali-ne: «Car.mo Messer Decano, so chehaverete mandato in Mortirolo circa50 guastatori et circa 60 sonoqui…» (ASSo, not. Stefano Robu-stelli, vol. 2628). B-C 13-14

mortaröl (v. ©é¿a de, strèda de).[morzengiam (ad)], località ora sco-

nosciuta, nei pressi del castello, ci-tata in un atto del 4-1-1326: campoin Grosotto, contrada Pedesasso, adMorzengiam (ASCGr, doc. 837).

mót (al), dosso boschivo, a monte delmaggese di ruinàl e a S di dòsa. F 9

mót (al), dosso di larici, sul versanteorobico che separa premuràsc damagàt. B 12

mót (v. baita del, piè√ del).mót cornì√ (v. dòs cornì√).mót de còsta (al), dosso, a SO del

bosco di còsta, da cui si gode unmagnifico panorama della valle del-l’Adda. SCG 1544, cap. 49: «… ve-niendo per semitam seu senteriumde Costa usque ad spiconum de Co-sta quod videtur eminentius suspi-ciendo ex villa de Grosubto». C 8

mót de lorièna (al), ampio dosso bo-schivo, un tempo con vista strategi-ca sul fondovalle dell’Adda e so-prattutto sul versante orobico, orasommerso dalle piante di aghifoglie.Separa il bosco comunale di venar-lùuch dal maggese omonimo. E 9

mót de piàz (al), dosso ricoperto dabosco d’alto fusto, che separa ilmaggese omonimo dal bosco lugo.

E 9mót de pù©e√ (al), promontorio bo-

schivo, sovrastante il maggese omo-nimo, a monte di dòsa e sotto il mótde lorièna. È situato nel punto incui il versante retico del territorio

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comunale piega verso la Valgrosi-na. E 10

mót de (v)al de|èrta (al), ampiasommità boschiva, un tempo prati-va, punto d’incrocio tra la mulattie-ra che da menaròl sale verso i duèrialti e i caréti, con quella che daiduèri basi sale verso solèz. È situatoa SO di té©ia nòa, a NE de l’ulscè-la, in posizione dominante sullavalle del Roasco e di fronte ai mag-gesi di menaröl (sul versante grosi-no della valle). SCG 1555, cap. 3:«… eundo foras in imo pratorumde Tegia Nova usque ad motamVallis Desertae». G-F 8-9

mót di réz (al), dosso boschivo, nelmaggese omonimo. SCG 1591,capp. 37-38: «È statutto che niunapersona possa con alcuna sorte dibestiame habitare né pascholare dal-le calende de giugno sin adi 9 di es-so mese nel prato de Pesciola e daivi sino nella muota di Rezzi». D 9

mót grant (al), pendio di boschi, giàpascoli, sopra pièna doréa. B 14

móta (al), piccolo nucleo abitativo,nella parte inferiore di campèl, com-preso tra l’arlèe e il ruinàsc. C 10

motàla (v. scala del).motalbènch (a), dosso prativo e bai-

ta, con vista panoramica, sovrastan-te i crap omonimi, a E di fontèna ea valle di camodèst. EG fine ’700:vigna a Montalbano; vigna e pratocon arbori a Montalvano. C-D 10

motalbènch (v. crap de).móti de chèmp (i), dossi con bosco

comunale di alto fusto, sul versanteorobico, nella parte S di chèmp efino al bósch. C 13-14

mozèna (v. val mozèna).[mozzino], nome di luogo scompar-

so. EG 1795: campo al Mozzino.

muli (v. tröc’ di). mulinét (a), prato e baita, a paraìis, a

S del pelèe e sotto il piudèer. C 12mulinèt (v. rè¿éga de).mulì√ (v. pièna di quatro, róngia di).mulì√ del moneghì√ (al), vecchio

mulino, annesso alla segheria e orascomparso, di proprietà della fami-glia Tuana Franguel, detta Mone-ghì√. D 11

mulì√ di torcerì√ (al), antico muli-no, attivo già nel 1868 e tuttora fun-zionante, di proprietà della famigliaOsmetti, detta Torcerì√, alimentatodalla róngia di mulì√. D 11

[muraca], toponimo non identifica-to. In doc. 5-10-1671: campo inGrosotto alla Muraca (APM, doc.492). EG 1795: campo a Stabio allaMuracca. C 10

mutinèl (v. dòs del).

nedrì√ (a), prati con abitazioni, soprail bacìno. Una di esse (unica casasul versante orobico) è dotata dienergia elettrica, fornita dall’AEM.Vi si accede dai pàoli e passandoda batùda. Vi era una cava di pietraverde, utilizzata per la costruzionedella facciata e del campanile dellaparrocchiale di Grosio. In doc. 9-12-1600: fondo sedimato ad Agne-dum (APM, doc 1805). SCG 1550:«… ad planas Agnedrini». Nel1646 si trova il nome di un Pietrode Agnedrino (APGr, Libro deiconti della Chiesa di S. Giuseppe,1645-1652). EG fine ’700: bosconei monti di Agnedrino (forse da«agnedus» = ontano). D 12

nedrì√ (v. strèda de).

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négri (v. crap).[nesìno], fondi seminativi, nella zona

del capitèl. EG 1795: campo a Ne-sino ossia alla Crocetta. Il toponimonon è più ricordato.

nèzer (v. èra de).[nisciolèra], toponimo desueto. In

doc. 4-11-1497: fondo campivo inNizolera (APM, doc. 298). Nel1564: pezza campiva in contratau.d. in Nicioleram (RPG, n. 130).EG 1795: campo in Nisciolera.

nòa (v. ruìna, signóor de via, via).nòof (v. pónt de sènt, sènt, val de

sènt).

òlta de l’àigola (la), tornante, lungola strèda de la maghèda, dal quale sistacca in direzione NE, il tröc’ del’àigola (òlta = volta, curva). Map.1817: Strada alla volta dell’Aquila.EG fine ’700: vigna alla Volta ossiaall’Agola. D 10

òlta de pièna (la), strada, tratto pia-neggiante, con curvone ad angoloretto e deviazione verso O, dellastrèda de pièna proveniente dai caré-ti. Secondo una leggenda che si tra-manda, nel vicino alpeggio abitavaun mostruoso drago che da tempofaceva razzie di bestiame. Dopo nu-merose e inutili spedizioni per la suacattura, i Grosottini ne affidaronol’incarico ad un generoso cavaliereerrante, che pretese in compenso an-ticipato un mulo carico di ori e pre-ziosi. Accortisi ben presto dell’in-ganno, in quanto il temerariocavaliere scomparve senza lasciaretraccia, si consegnarono nelle manidel prete del paese, il quale, avendo

intuito che dietro le azioni del dragovi era la cattiveria umana, mandò unirruente toro (la giustizia), che condue cornate uccise il mostro (la ma-lizia). Si dice che il suo corpo riposanelle vicinanze della òlta de pièna(E. BELLORA, Il drago di Piana,RLGGM, pp. 38-43). D 12

òlta de val di téi (la), ampio curvo-ne, lungo la mulattiera di val descala la quale, dopo aver raggiratoparte del promontorio di dòsa e ri-cevuto il sentiero che scende da valtóof, prende la direzione N, verso lavalle del Roasco, attraversando laval di téi. E 10

òort del vésc (l’), piccolo pianoro dicastagneti, già orto, poichè su ter-reno sempre umido per i residui diacque utilizzate per l’irrigazione, aN di chè de piaza e nei pressi dellamulattiera che conduce a castelì√.

D 10

òort di rìsc (i), orti e frutteti, circo-stanti l’abitazione della famigliaRizzi, in via Molini. D 11

òpol del cuf (l’, fò a l’), ex vigneto,dal soprannome della famiglia Luc-chini, in parte proprietaria dei fondiespropriati dal comune per l’am-pliamento del cimitero nel 1919 ebenedetto dal parroco Cesare Fran-ceschina nella primavera del 1920(APG, doc. 791). Il detto «fò ’n del’òpol del cuf» ha lo stesso signifi-cato di cimitero. C 10

[origàios (ad)], toponimo scompar-so, ma localizzato nella zona di pra-dàsc, ora urbanizzata. In doc. 12-4-1627: fondo vignato ad Origaios; inaltro doc. 17-8-1660: fondo campi-vo e prativo ad Pradacium sive Ori-galium (APG, docc. 366 e 452).

órs (v. fòpa de l’).

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órs de sasumèer (l’), masso, orascomparso, a forma di orso, neipressi dell’omonima bochéta e do-minante la val di róngi. Era chiama-to anche matòt de sasumèer. F 1

órsa (v. valé√ de l’).[ortisci], campi e oppoli localizzati a

monte della frazione di Prada, oranon più ricordati. EG fine ’700:campo con viti all’Ortizzo; oppolialli Ortisci, ossia ai Ronchi in con-trada di Prada.

osterìa de la pedretìna (l’), osteriacon locanda e cortile, aperta al pub-blico fino al 1944, situata sulla viaNazionale, già strada regia postale,tra la ©é¿a e la calchèra, nella casadella signora Da Prada Maria, dettaPedretìna. L’ambiente era attrezzatoper la sosta di carrozze e per il ri-storo di vetturali e di cavalli. C 10

pàa (v. mat de la).

palàz (al), nucleo abitativo, al cen-tro del paese, comprendente l’edifi-cio scolastico con il cortile, il piaz-zale e le case circostanti, per lo piùadibite a servizi ed esercizi pubbli-ci. La zona, recentemente rinnova-ta, è stata dotata di un parcheggiosotterraneo e abbellita da una mo-derna fontana. C 10

palàz di scöli (al), edificio scolasti-co, situato tra la via Patrioti, la viaRoma e lo stradó√. Iniziato nel1923, fu inaugurato il 4 novembre1927 alla presenza del ministro del-la pubblica istruzione On. Bodrero,dell’On. Morelli, del parroco donFranceschina e del podestà LuigiDa Prada. L’edificio è stato più vol-

te adeguato alle mutevoli esigenzedei tempi fino alla recente ristruttu-razione dell’anno 2002. È semprestato utilizzato anche come sede delmunicipio, in precedenza situato inros’cèra. C 10

palazzini (i), nucleo abitativo origi-nario, in bórca. Sono le prime case,peraltro di bella fattura, consideratoil luogo e i tempi, ad essere costrui-te in bórca. Realizzzate come resi-denze di villeggiatura estiva, all’ini-zio del secolo scorso, da GabrieleRobustelli, detto Bièl de Mulinét,appartenente a una famiglia bene-stante, sono in seguito passate aglieredi e quindi vendute a vari acqui-renti, che hanno effettuato nuovi in-terventi di ristrutturazione. B 13

palènghi (i), tratto della strada pro-vinciale, tra cuchét e la baronésa,prima della discesa verso coltùrazót; intorno agli anni Cinquanta eradelimitato sull’argine a valle dabarriere di protezione, perché zonaa rischio di sbandamento verso leboscaglie sottostanti (palènghi =travi di protezione). C 10

paléta (la), costa pascolativa, a mon-te dei fòpi de pièna, sul versante si-nistro del vallone. G 5

palinvèrn (a), maggese con abitazio-ni e boschi cedui, fino agli anni Cin-quanta abitato tutto l’anno. Si trovaall’incrocio della strada per sare¿èercon quella che conduce a spelùga etra la val de prai e la val di talòghi.In doc. 1-3-1394: fondo prativo esedimato ad Palinvernum (APG,doc. 983). Nel 1605: fondo prativo esilvato con masone in contrata dePalinverno (RPG, n. 272). (Palin-verno, q. 800, IGM). B 11

palinvèrn (v. dòs de, sènt de, strèdade).

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panigàl (al), pianoro pascolativo diproprietà comunale con baita di-roccata, a monte di tegiàl e di cor-nì√, a O del ruinàsc e sotto la vec-chia mulattiera, ora divenuta trattodel sentiero Italia. Deriva dal so-prannome di un ramo dei Robustel-li. Nel 1639-40 Filippo fu Tomma-so Panigali Robustelli è canepariodel santuario e nel 1645 estimatoredel comune di Grosotto (APG,docc. 415 e 1143). C 8

panigàl (v. acqua del).

pantè√ (a), maggese con rustici, bai-te e prati con poca pendenza, inparte ancora sfalciati, a S della piè-na di quatro mulin, sopra palinvèrne a NE della val de bui, raggiungi-bile sia dalla strada per sare¿èer, siadalla strada che sale al Mortiroloda Mazzo, deviando a tèrme√ (co-mune di Mazzo). EG 1795: pratocon alberghi nei monti a Pantano.(Pantan, IGM). B 12

pàoli (i), prati e baite, tra i bògia ebatùda, lungo la vecchia mulattieradel Mortirolo. C 11

pàoli (v. signóor di).

paó|i (v. valé√ di).

papì√ (a), dosso prativo con baita, aS della val di refréc’ e a quota ap-pena inferiore alla chiesa del Morti-rolo. Nel 1759 è decano del comu-ne Stefano fu G. Battista SalaTenna detto Papin (APG, Mano-scritto Omodei, c. 21v). B 13

papì√ (a), falsopiano con bosco mi-sto, già maggese, a N dell’arca e amonte di prèda dint. D 9

papì√ (v. scala de).

paraìis (a), baita circondata da prato,tra i chèmp e il piudèer. Negli statu-ti del 1591 (cap. 40), si tensano i bo-schi «cominciando dalla masone

delli heredi de Stefano de Zan Co-mìn de Scenda dove se dice a Zoffo,andando in fuori sin alla masone del-li Heredi de Eusebio Tuana dove sedice a paraviso». EG fine ’700: pratocon masone a Parraviso. C 12

pas de guinsèna (al), passo, chemette in comunicazione il vallonedi Guinzana con la valle di Poschia-vo. Esso è situato a circa 300 metripiù a S dell’omonima bochéta equesto tratto di dorsale sulla lineadi confine di Stato è piuttosto age-vole. (P.so di Guinzana, q. 2628,IGM). E 2

pas de valùia (v. bochéta de valùia).

pas de varàdega (al), valico, sulcrinale del versante orobico, chemette in comunicazione la Valtelli-na con la valle di Varadega in pro-vincia di Brescia. È situato oltre lalinea di confine, in territorio del co-mune di Monno ed è raggiungibileattraverso la mulattiera che sale dal-la valle bresciana, oppure da quellache proviene da val de luìna e che,raggiunta l’omonima conca pasco-lativa, diviene sentiero. (P.so di Va-radega, q. 2296, IGM). C 15

pas del camósc (al), valico, in pros-simità di piatéda alta, nell’alpe diPiana. La località viene così citatanel rendiconto presentato all’Am-ministrazione comunale dalla Rap-presentanza delle alpi di Piana eGuinzana presentato il 26 novem-bre1905 per il «Concorso al PremioReale bandito in occasione del-l’Esposizione di Milano 1906». E 4

[pasqualino], toponimo desueto, ri-ferito ai proprietari del terreno sedi-mato di cui al doc. 3-1-1601: fondosedimato cortivo, ortivo, con dueinvolti, masone, stupha, due cameree cucina in contrata de Lugo ad do-

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mos illorum de Pasqualino (RPG,n. 246).

pastóor (v. baitèl del, tröc’ di).

pastùra de sasumèer (la), zonapascolativa per ovini e caprini, sul-la costa sinistra del való√ de pièna,all’imbocco dell’omonima valle, aS dei mandri del moro. F 4

pastùra di róngi (v. piè√ di róngi).

pastùra granda (la), vasto pendiopascolativo comunale, ora in granparte ricoperto da bosco misto ecervino, comprendente còsta, il grasdi sèli e pesciòla, sfruttato fino aglianni Cinquanta per il pascolo degliovini. C 8

paùra (v. tröc’ de la).

peadìscia (a), falsopiano boscato,sopra lambornìis e a O dell’Arlate.È detto anche paiadìscia. Negli sta-tuti del 1591 (cap. 83) è menzionatala «tresenda de Paiadicia». In doc.17-2-1624: fondo prativo, campivo,zerbivo e boschivo con ovile, maso-ne, tegia e trela u.d. ad Paiaditiam(RPG, n. 375). EG 1795: roschiera,prato e campo con bosco a Paiadiz-za. C 9

peadìscia (v. strèda de).

[pedem saxi (ad)], denominazionein disuso del pendio terrazzato eroccioso a valle della chiesa di S.Faustino. In doc. 16-2-1590: campoad Pedem Saxi (APG, doc. 1059).Nel 1615: fondo campivo u.d. adCastellum seu ad Pedemsaxi (RPG,n. 344).

[pedemonte], luogo non più indivi-duabile. In doc. 11-3-1473: campou.d. in Pedemonte (ASSo, not. Ve-nosta).

pedràt (v. baitèl de).

pedretìna (v. osterìa de la).

pedrolèch (a), gruppetto di case supendio terrazzato di meleti, casta-gneti e vigneti, ora per lo più invasoda vegetazione spontanea, esposto aS, sopra i (v)igni (v)égi, a SO di sa-martì√ e sotto roncàl. Dal sopran-nome di una famiglia Robustelliniche vi abitava. È detto anche bàiti ochè de pedrolèch. (C. Pedrolech, q.788, IGM). B 10

pedrolèch (signóor de, val de).

pelèe (al), prati e baite, tra paraìis eil piudèer. C 12

pelì√ (al), maggese, sopra il ganda, trai polài, il cuf, val de luìna e sopra lastrada che sale da Grosio. C 13

penàa (la), piccolo maggese, tra i polàie chèmp (penàa = zangola). C 13

pendéc’ (su ’n), ampio pendio, inparte roccioso, in parte terrazzato ecoltivato a vigneti, fino agli anniSessanta; oggi ridotto quasi comple-tamente a zerbo. È situato sul ver-sante retico, a ridosso del paese ecompreso tra l’àigola e il rongiàl. Indoc. 15-2-1473: selva u.d. in Pen-degio sive ad Gredam (ASSo, not.Venosta). Nel 1604: fondo vignato erovolivo in contrata de Pendetio(RPG, n. 269). Nel 1643: sedime aPendegio nel cantone dei Robustelli(APG, doc. 1135). C-D 10

pendéc’ (v. ruìna de, sènt de, strèdade, tröc’ de, (v)aschi de, vial de,(v)igni de).

penèl (al), muraglia, in calcestruzzo,realizzata sulla sponda destra del-l’alveo dell’Adda, in prossimitàdell’emissione dell’acqua dai va-sconi, per deviare l’abbondanteflusso verso S ed impedire improv-vise inondazioni. È andata in granparte distrutta in seguito all’alluvio-ne del 1987 e attualmente rientra

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nel perimetro del Parco dei Prati diPunta. C-D 11

penelì√ (al), piccola muraglia, giàaffiancata al penèl, verso l’internodel fiume, per deviare il corso del-l’Adda. C-D 11

[per], località non più ricordata, indi-viduata nella zona di stabio. ASMi1243: locazione ad Adamo de Ada-mis de Grossoto di terreno situatou.d. in Perum. In doc. 21-3-1626:fondo campivo u.d. in Pero (RPG,n. 380). Nel 1638: campo in colturainferiore a Per (APG, doc. 412). EGfine ’700: campo in Pero o Stabio;campo in Per detto il campo del-l’uva.

pé|a (v. crap de la).pé|a pùblica (la), piattaforma mo-

bile per la pesatura dei carichi pe-santi, situata di fronte al bui de sanròch e attiva fino agli anni Settanta.

C 10pésc del martì√ (al), pascolo, a NO

del càfera, sul pendio inferiore del-la valle di Piana, dove è situato unponticello. H 6

pésc spianèe (al), spiazzo di boscoframmisto a pietrame, un temporicco di lamponi, a monte di |aròl.Prende il nome dal fatto che in que-sto luogo vi è rimasto per lungotempo un abete sradicato. D 8

[pescegatam (ad)], località non me-glio individuata. In doc. 15-3-1513:campo in località ad Pescegatam(APG, doc. 991).

pesciòla (su ’n), vasta zona pasco-lativa, fino agli anni Cinquanta al-peggio per ovini con baite, ora rico-perta da bosco di conifere, cervinoe pietrame, senza acqua, a monte ea N di piàz e del piè√ di té©i, sulladorsale che scende verso E del dòscornì√. L’alpeggio è situato nella

parte a E della zona pascolativa so-prastante l’imbocco della val demarmolóos ed è atttraversato dalsentiero Italia. SCG 1544, cap. 40:«Statutum est quod pecudes et ca-strati aestiventur seu ponantur etpascantur aestate in alpe de Pecio-la». EG fine ’700: campo con ma-sone alla Valle del Pescio. (Pescio-la, q. 1951, IGM). E 8

pesciòla (v. bochéta de, gandón de,garf de, mat de).

petalóna (v. bàiti de).pèterli (v. vial de).[pianadello], luogo nella zona di

Roncale, ora non meglio individua-to. EG fine ’700: campo al Piana-dello sopra la chiesa di S. Croce.

pianàsch (al), pianoro prativo conbaita a E della conflueanza del va-ló√ de pièna nel Roasco, nei pressidel ponte di attraversamento deltorrente e parte del maggese deipre¿àsci. È detto anche la pièna.SCG 1591, cap. 87: «È statutto cheil bosco de Guinzana dal Pianaschosia a tutti destenso et libero, così asiaschuno sia licito tagliare, far ta-gliare e portar via qualunque sortede legname dal boscho sudetto deGuinzana, cominciando nel Piana-scho e andando in dentro sina nelliconfini del comune de Grosio, re-servato una parte sopra il prato dequelli de Viono e de maestro Stefe-no de Minolo alla Presacia». In doc.1-9-1653: fondo prativo e boschi-vo in Valgrosina a Presasci o Pia-nasch (APGr, doc. 602). H 6

pianàsci (i), pianoro pascolativo sas-soso, ora in gran parte boschivo, so-pra i móti de chèmp. C 14

[piane del giralt], toponimo scom-parso. EG fine ’700: prato alle Pia-ne del Giralt.

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piata de la marénda (la), piazzolacon masso levigato, lungo il sentie-ro che dai duèri basi sale verso lacalchèra, luogo di sosta per spunti-ni. G 8

piata del milé|om (la), masso piat-to, sulla strèda de sare¿èer, primadella baita del mót, a S di val foà-sca. C 11

piatéda alta (’n), alpeggio con bai-tello per il ricovero dei pastori, amonte e a N della sponda pascolati-va di piatéda basa. SCG 1544, cap.39: «Statutum est quod in alpibusPlatedae et Valferatae de Plana etPlatedae de Guinzana habitare etpascere possint boves quolibet tem-pore». (Piatteda alta, IGM). E 4

piatéda basa (’n), alpeggio comu-nale con ampia zona pascolativa,sulla sponda sinistra e nel tratto su-periore del valo√ di pièna, con rifu-gio per i mandriani e piccolo casei-ficio, ora non più utilizzati. (Piattedabassa, q. 2185, IGM). E 4

piatéi (i), piccoli pianori pascolativi,nella fascia superiore dei piazéi,verso campiè√. C-D 8

piatèla (a, su ’n), pendio terrazzatocon boschi di castagni, ontani, be-tulle e con pietrame muschioso, amonte della frazione di Piazza e avalle di venarlùuch. SCG 1591,cap. 76: «Sia tensato tutto il dossode val de Luina sopra li arbori dePiatela». EG fine ’700: prato conarbori e masone a Piatella. D 10

piatèla (v. acqua de, signóor de).

piati (v. chèmp di, valé√ di).

piatìsci de guinsèna (i), spiazzi pa-scolativi, sulla costa sinistra delvallone omonimo e a valle dell’al-peggio. H 3

piatìsci de pièna (i), pendio con pa-scolo e pietrame, all’inizio della zo-na pascolativa della mandra vé©ia,subito dopo la òlta de pièna. G 6

piató√ (i), pendio pascolativo, ora in-vaso da pietrame e cervino, untempo malga con ricovero per i pa-stori, nel tratto superiore sinistro delvaló√ de guinsèna. Meno usata è ladenominazione gròs piató√. (A.Grosse Piatton, q. 2104, IGM; di-versa la collocazione). F 2

[piatte], luogo non meglio identifica-bile. EG fine ’700: campo sopra lePiatte in contrada di Val Tovo.

piàz (a), ampio maggese con baite epascolo nella parte superiore, orain gran parte rimboschito, su legge-ro pendio, con bella vista sul ver-sante orobico e sul monte Storile.È situato a monte di lorièna e delbosco dei mariöli e a valle di pe-sciòla, mentre verso N la val demarmolóos separa il maggese di-stinguendolo in piàz dint e piàz defò. In doc. 8-1-1473: prato e mezzategia in monte u.d. ad Plazum (AS-So, not. Venosta). Nel 1608: fondoprativo e boschivo con stalla, maso-ne e tegete sopra in monte u.d. adPiazzum (RPG, n. 289). EG fine’700: una fucina di ferro ed orto aPiazzo. (Piaz, q. 1746, IGM). E 9

piàz (v. tröc’ de).

piàz di gai (al), pianoro, un tempopascolativo, a N dei ca¿ìni di varà-dega e a monte della forcoléta. Èdetto anche piè√ di gai. SCG 1544,cap. 51: «Statutum est quod non sitaliqua persona quae audeat necpraesumat incidere nec extirparealiquas plantas in monte seu alpede Campo a lavinale de Gaiis seude Gallis, intus a tresenda per quamitur ad tegetem de Campo, in sur-

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sum eundo versus Pozatos et usquein culmen et confinia illorum deMonno Valliscamonicae». C 14

piaza (a), frazione del paese, a montedi pendéc’ e della maghèda, a valledel bosco lugo e a SO di castelì√,comprendente anche sambastiè√. Ilvecchio nucleo abitativo, con duefontane, immerso nei castagneti eadagiato sul pendio superiore dellavaléna, che prosegue poi verso NEcon la val tóof, è stato in gran parteristrutturato. Il cognome De Piaz-za, diffuso a Grosotto, indica la pro-venienza di alcune famiglie da que-sta frazione, ancora abitata tuttol’anno. In doc. 4-1-1593: fondo pra-tivo e campivo con parecchi casta-gni, ovile e masone sopra, in con-trata u.d. in Plaza (RPG, n. 206). Il17-2-1624 Stefano fu Domenico delAngelino de Plaza, abitante in dettacontrada di Piazza, rimette a Ber-nardo fu Stefano Andriolo di Cam-pello l’utile dominio di un fondoprativo, campivo, zerbivo e boschi-vo sito a peadìscia (RPG, n. 375).(Piazza, q. 871, IGM). D 10

piaza (pièna de, strèda de, valéna de).

piaza de la ©é|a (la), piazzale albe-rato, situato a SE della chiesa par-rocchiale, con vista sul sottostantestradó√. L’area è più precisamentedenominata piazza Taddeo DeiConsóni, perché dedicata a questoillustre scienziato grosottino (1801-1855), inventore, tra l’altro, di unoriginale metodo stenografico. Nel1629, il giorno 16 luglio, «si inco-minciò a far li fondamenti del muroper slargar la piaza apresso la chie-sia parochiale a S.to Eusebio» (MB,c. 80r). C 10

piaza de la madòna (la), piazzalealberato, antistante il santuario, con

antica fontana in pietra verde, ivicollocata nel 1987 e proveniente dalcortile dell’antica casa di GiovanniDell’Acqua, situata vicino alla cap-pella di S. Rocco. Sul frontale dellavasca è scolpita la seguente iscri-zione: 17 GIO DAL ACVA 43(Giovanni Dell’Acqua 1743). Ilpiazzale fu ingrandito e collegatoal paese nel 1632 (ASSo, not. Gio.Antonio Robustelli, vol. 3964).L’attuale elegante sistemazione èstata realizzata nel 1987 in occasio-ne delle celebrazioni del V centena-rio del santuario. D 10-11

piazanédi (i), terreni irrigui, colti-vati a prato, già frutteti, ai piedi delversante orobico, tra la val de prai ela val de talòga. Nel 1257: campumunum ubi dicitur in Plazanedia(APM, doc. 252, cc. 16r e 17r).ASMi 1316: petiam unam terrecampive u.d. in Pozanevia. ASMi1412: petia una terre campive u.d.in Pezanedia. In doc. 3-4-1473:campo u.d. in Pezanedis (ASSo,not. Venosta). Nel 1570: pezzacampiva in contrata u.d. in PeziaMedia (RPG, n. 139). B-C 11

piazanédi (v. strèda di).piazaröl (a), pianoro prativo con

baita, contornato da selve, a montedi camodèst e a valle del sènt decabèe. D 10

piazaröl (v. acqua de).piazéi (i), pendio di bosco misto, che si

estende sul costone destro del rui-nàsc a monte del pòl, fino in cam-piè√ e a E di còsta e tegiàl. C-D 8-9

piazés (a), piccolo nucleo abitativoattorniato da prati e selve, a S dellacrìda e prima di raggiungere i bò-gia. Sono le prime case che si in-contrano sulla mulattiera del Morti-rolo, dopo la baita grezìna. SCG

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1550: «Tensamus petiam terrae zer-bivae et buschivae iacentem inmonte ubi dicitur a Piazes». C 11

piazés (v. acqua de, baita de, signóorde).

piazéta (’n), piccola piazza, situatalungo la via Patrioti, già via Nazio-nale e, ancor prima, strada regia po-stale, tra il palàz e il cantó√ dise¿ùri. In passato e fino agli anniCinquanta ha rappresentato il centrodel paese: vi si teneva il mercatosettimanale, vi era l’ufficio postalee, fino al 1942, la fermata della cor-riera. Le case signorili, sul lato SE,furono dimora del cav. GiacomoRobustelli, promotore dell’insurre-zione valtellinese del 1620 e ospita-rono alcuni soldati delle truppe dioccupazione nel 1635 (DA PRADA

1991, p. 203). In una di queste caseesisteva un’artistica stua, vendutaverso il 1895, ricomposta nel Kai-ser Friedrik Museum di Magdebur-go (Germania) e distrutta poi daibombardamenti durante l’ultimaguerra. La tradizione vuole che inquella sala venisse ordita la congiu-ra del 1620. C 10

[piazolo], toponimo scomparso.ASMi 1316: petiam unam terrecampive, prative et guastive in villade Grosupto u.d. in Piazolo. In doc.11-3-1473: prato con un albero dicastagne in contrata u.d. in Piazzoloprope ecclesiam S.ti Eusebii (AS-So, not. Venosta).

piazó√ (i), falsopiano di pietrame edirupi, frammisti a piante di lam-poni, a monte del bósch del raspa-gnöl. C 8

pìch (al), zona pascolativa con boscocomunale, a monte di |aròl. D 8

piè√ (al), lieve pianoro con selve,prati e baite, recentemente ristruttu-

rate, a valle e ad E di roncàl, sopra ichè de la cuna. In doc. 24-3-1628:fondo campivo e sedimato in Ron-cale in località ad Planum (APG,doc.1091). C 9-10

piè√ (v. acqua del).

piè√ de iròla (al), tratto di mulat-tiera pianeggiante, e quindi diffi-coltoso per il traino delle priàle, cheattraversa l’omonimo maggese perpoi proseguire verso il Mortirolocol nome di strèda de dòs. C 12

piè√ de la ca|èla (al), piccolo pia-noro pascolativo, a monte dei pia-zón, tra l’arlèe e la ruìna. C 8

piè√ de la fracia (al), tratto di stradapianeggiante, prima della ©ésa demortaröl, a valle della fracia. B 13

piè√ de la galìna (al), piccolo pia-noro pascolativo, tra la fracia e bór-ca, a monte della strada del Morti-rolo. (Pian della Gallina, q. 1488,IGM). B 13

piè√ de la maghèda (al), trattopianeggiante della mulattiera, checonduce a S. Sebastiano, compresotra la fine della salita che seguel’imbocco di val de scala e il baitèlde pedràt. D 10

piè√ del balda (al), piano pascolativoora ricoperto da bosco, tra la forco-léta e il valé√ del vendùl. B 13-14

piè√ del fé√ (al), falsopiano pasco-lativo, in varàdega, nei pressi delconfine con la provincia di Bresciae sul limite divisorio con il territo-rio di Grosio. B 15

piè√ del fé√ (v. acqua del).

piè√ del mót (i), tratto di mulattiera,sul pianoro boschivo del mót de cò-sta. C 8-9

piè√ di bóri (al), strada, tratto pia-neggiante della mulattiera che da

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(v)edéc’ conduce in pièna, compresotra (v)al de¿èrta e i duèri alti. G 8

piè√ di cagni (al), pianoro pasco-lativo, con baitello ristrutturato, aiprèe de la madòna. E 7

piè√ di convài (al), falsopiano bo-scato, già pascolo, nel maggeseomonimo a NE della cava di pietree a monte del piudèer. C 13

piè√ di è|e√ (al), tratto pianeggian-te della strada, che da Grosio con-duce ai polài, prima di raggiungerela ©è¿a de mortaröl. B 13

piè√ di gai (v. piàz di gai).piè√ di róngi (al), avvallamento pa-

scolativo acquitrinoso, per ovini ecaprini, nel tratto intermedio del va-ló√ de guinsèna, percorso dall’ac-qua dell’omonima valle e da varirigagnoli. È detto anche pastùra diróngi. (Pian delle Rogge, IGM; di-versa la collocazione). G 2-3

piè√ di róngi (al), esteso pianoropascolativo, sul fondovalle del val-lone di pièna, compreso tra laca¿ìna dell’alpeggio e i laghét. Èpercorso da torrentelli e rigagnoliche discendono da entrambi i ver-santi e confluiscono nella valleprincipale. E-F 5

piè√ di róngi (v. baitèl del).piè√ di stèli (al), piano boschivo di

aghifoglie, già pascolo, sopra bórcae raggiungibile dalla strèda delbósch. Vi sono tracce di una vecchiacarbonaia (stèli = scaglie di cortecciae i rimasugli del taglio). B 14

piè√ di té©i (al), pianoro pascolati-vo, a monte del campe¿èl e a NOdei pozàt, attraversato dal sentieroItalia. Vi sono residui di baite di-roccate. E 7

pièna (’n), alpeggio comunale conampia zona pascolativa, situato nel

tratto intermedio del vallone omo-nimo, detto anche piè√ di róngi. (A.di Piana, q. 1883, IGM). E-F-G 5

pièna (v. ca¿ìna de, fòpi de, òlta de,piatìsci de, sènt de via, staló√ de,tröc’ de la, való√ de, via).

pièna (v. pianàsch).pièna de la galìna (la), pianoro pa-

scolativo, ora bosco, nel tratto su-periore del maggese dei caréti e aNO dell’alp. F-G 7

pièna de macaròt (la), pianoro dibosco misto, a O dell’Arlate, sopralambornìis e a valle di peadìscia egiòors. C 10

pièna de piaza (la), pianoro di se-minativi, ora terreni incolti, suldosso che divide i chè de piaza daiterrazzi del ròcol, esposti a SE. EGfine ’700: campo in Piazza alla Pia-na, sotto la masone di ser Gasperi-no de Piazza. D 10

pièna del temé (la), ampia zona pa-scolativa e boschiva, a monte dipiàz e a S dei prati di pesciòla. SCG1544, cap. 49: «… ad planam quaedicitur la plana de Temè in qua pla-na fixus est terminus apud saxumstabilem super quo bissa sculptaest». E 8-9

pièna di quatro mulì√ (la), pianoroprativo con baite, ora in parte rico-perto da vegetazione boschiva, lo-calizzato a monte del sènt de palin-vèrn e tra la val de prai e quella ditalòghi. Vi sono le prese d’acquaper l’acquedotto comunale, realiz-zato nel 1957 e comunicante con lavasca di pendéc’. Recentemente èstata attivata anche una centralinaper produrre energia elettrica ad usocomunale. In doc. 4-12-1533: pezzaprativa con due castagni e alcunisalici in contrata u.d. sub ripis deToratia, confinante a N con gli ere-

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di di Fanchino Quatremolini; in al-tro doc. 11-11-1584: fondo prativocon masone e tegia u.d. in Palin-vernio, confinante a S con gli eredidi Giovanni Quatremolini de Stu-panis (RPG, nn. 66 e 163). Neglistatuti comunali del 1591 (cap. 38),nella tensa dei boschi tra solèz e pe-sciòla, si fa riferimento alla «fragiadel Quatremolino verso la foppadella ruina del marmor». B 11

pièna di restéi (la), prato pianeg-giante e baita, tra i crap di coróni eil piudèer. C 12

pièna doréa (la), bosco aperto di pinocembro, misto a pascolo, sopra bórcae a S del bósch, dove restano traccedi una vecchia carbonaia. B 14

pièna scura (la), pianoro con fittavegetazione boschiva di resinose,tra il piudèer e i coróni, fino a para-ìis. C 12

pièni (i), maggese su piani terrazzati,ora invasi da bosco ceduo, sopra irónch, a SO di roncàl e della val despinàsc, fino alla val de pradél. B 9

pièni alti (i), pascoli sassosi misti acervino, sulla sommità del Morti-rolo, a NE di barch e a monte deipièni de bartesì√. B 14

pièni alti (v. duèri alti).

pièni alti de solèz (i), pianori dipascolo frammisti a spiazzi boschi-vi, a monte dei taoléti. F 8

pièni de barte|ì√ (i), pianori pa-scolativi, ora ricoperti da rododen-dri e da cirmoli, sulla dorsale delversante orobico, a NE di pièni demortaröl (Mazzo). A-B 14

pièni del mèrmol (i), pianori pa-scolativi, ora boschivi, a valle dellaforcoléta e sopra la strèda del mèr-mol, compresi tra la val di caréti e icalchèri. Vi erano cave per l’estra-

zione del marmo. SCG 1591, cap.38: «… andando verso la foppa del-la ruina del marmor». G 8

pièni del sórt (i), piccoli pianori bo-scati, lungo la riva destra del Roa-sco, a NO del valé√ di gai, fino allacaserma di ortesée (Grosio). Forsedal soprannome di un ramo dei Sa-ligari (sórt = sordo). RAPG, cap. I:«Piana del Sord». I 5

pièni di mòort (i), due pianori pasco-lativi, ora ricoperti da bosco resino-so, tra i duèri alti e la val di caréti,l’uno tra il dòs de la cróos e il tröc’ dimòort, l’altro più a monte e sotto-stante la strèda del mèrmol. G 8

pienìna (la), pianoro prativo, ora ingran parte invaso da arbusti selva-tici, tra la pöira e la póza. D 10

pìis (al), maggese ora invaso da ve-getazione spontanea, con baite di-roccate, a S della val de ma¿anéta,a N di pù©e√ e sotto lorièna. E 9

pilati (v. ca¿èl di). pintéra (v. valé√ de).piöc’ (v. bui di).pipì (v. laatòri de, tòorc’ de).pirèer (al), longeva pianta di pero,

fino agli anni Trenta posizionata neipressi dell’attuale casa della fami-glia Salaveni, tra il cantó√ Robu-stelli e il palazzo Omodei, punto diriferimento e divisorio tra il paese ela sua periferia verso N. Special-mente quelli che abitavano nei pres-si del santuario usavano dire: «defò del pirèer» (oltre il pero, in pae-se); «de scè del pirèer» (prima delpero, verso N). D 10

pirla (la), pendio di dirupi e bosca-glie, a valle dei prati di sopièni, sul-la destra orografica del Roasco, chein questo tratto, vicino allo sbarra-mento della diga vecchia di Fusi-

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no, scendeva a cascata. SCG 1591,cap. 86: «È statutto che li boschidal santo de Vedegio in dentro sinalla Pirla, tra la strada delle Sopianee il Roascho, siano proibiti e deltutto tensi». H 9-10

pìs lónch (v. crap del).pi|èn (v. tòorc’ de).piudèer (al), maggese esteso su

un’ampia superficie, con prati inlieve pendio e diversi nuclei abitati-vi. Tra le baite, per lo più rinnovate,vi è anche una struttura agrituristi-ca, situata vicino al confine conGrosio. Il maggese si trova a NE dicoróni e della pièna di restéi, è limi-te di confine comunale e si raggiun-ge sia dalla strada che sale da Gro-sio, sia dalla vecchia mulattiera chesale da iròla, passando per masìna,burìcio e i coróni. A monte dei pra-ti c’è una pietraia con una cava dipiode, ancora utilizzata, da cui deri-va il toponimo. SCG 1591, cap. 96:«È statutto che non sia persona al-chuna qual ardischa vendere overcondure via piode overo altra sortede pietre dal Piodaro». (Piodaro, q.1327, IGM). C 12

piudèer de la madòna (al), cava dipietre, per la copertura dei tetti del-le baite, a monte della zona pasco-lativa della forcoléta. F 7

piudèli (i), strisce terrazzate, già ca-stagneti, ora invase da vegetazionespontanea, sul pendio dell’àigolabasa (piudèli = assicelle). In doc.7-2-1615: fondo vignato e rovo-schierivo u.d. ad Piadelis (RPG, n.343). EG fine ’700: roschiera allePiodelle o al Duomo. EG 1795: vi-gna alle Piodelle all’Aigola. D 11

piuderì√ (al), costa prativa ancorasfalciata, con baite, tra la pré¿a e ilpiudèer. C 12

pizi de càtero (i), crinale roccioso,frammisto a cervino, tra costabèla evaràdega, nei pressi del confine conMazzo a S e con Monno (Brescia) aSE. È pure detto semplicemente cà-tero. A 14

pöira (la), maggese con pendio rego-lare di bosco misto, con piantagioneserrata, a NE del solco dell’Arlate esopra papì√. In estate è ombreggiatogià alle ore tre del pomeriggio dalcostone di campiè√.Da taluno la lo-calità è pure detta martinòl o pöiradi martinöi, dal soprannome dellafamiglia Robustelli della Cuna chevi abitava. D 9

pöira (la), pendio di terrazzi prativiinvasi da bosco spontaneo e dirupi,un tempo seminativi, che da castelì√discende verso val de scala, fino airos’cèri. EG fine ’700: prato in ValTovo alla Poira. D 10

pöira (v. sènt de la).pöira de artegió√ (la), pendio di

boschi d’alto fusto, sul versante de-stro della valle omonima, rivoltoverso la Valgrosina. SCG 1550:«Statuimus et ordinavimus quodnon sit aliqua persona quae audeatnec praesumat incidere aliqua ligna-mina super petiam unam terrae zer-bivae et buschivae iacentem inmonte citra Abduam ubi dicitur adpoyram Artigioni». F 9

pöira di martinöi (v. pöira).pöira di sopièni (la), costone con

fitto bosco d’alto fusto, sopral’omonima strada, a S di te¿ùra.SCG 1550: «Tensamus petiamunam terrae zerbivae et buschivaeiacentem ubi dicitur in Poyris deSopiana». G 9

pöiri (i), zona boschiva comunale, amonte del dòs de medìl e, verso N,fino alla val di sopièni. SCG 1591,

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cap. 89: «È statutto che dalli pratidelle Sopiane in dentro per le Poiresin alli confini soliti siano tensi so-lamente li legnami da rasa». G 9

pöiri de balsarì√ (i), costa di boscomisto, umido e ombreggiato, trabalsarì√ e la val de prai. B 12

pöiri de l’èra (i), ripido pendio bo-schivo con vegetazione mista e conterreno franoso, che si estende finoal Roasco, sul versante che volge aN della valle omonima. F 9

pöiri de sare|èer (i), bosco di abe-ti, umido e fresco, sopra sare¿èer esotto prebào, sul versante SO dellaval di refréc’. È detto anche sola-mente i pöiri. B 12

pöiri del caàl (i), pendio di boschicomunali d’alto fusto, compreso trail gherbìsc e il caàl e tra la strèda diduèri e il Roasco (v. strèda dipresàsci). H 8

pöiri de (v)edéc’ (i), pendio di bo-sco misto, con prevalenza di tigli,un tempo maggese, rivolto versol’imbocco della Valgrosina, a Ndella póza, a monte della val di téi esotto ma¿anéta. E 10

pòl (al), bosco misto con baite, untempo maggese, a monte della com-brìa, a valle di còsta, tra il ruinàsc ela val de spinàsc. (Pol, q. 1212,IGM). C 9

pòl (v. bósch del, signóor del).pöl (al), pendio con piccolo maggese,

ora ricoperto da arbusti cedui, amonte e a E della saré¿a. C 10

pöl (v. baita del).polài (i), maggese esteso su ampio

dosso e pendio circostante, con di-versi nuclei abitati, denominati perlo più con i soprannomi delle fami-glie proprietarie. È esposto a SO,con vista panoramica sulla valle

dell’Adda e si trova a NE di val deluìna e della fracia e a SO del tuni-nét. La particolare posizione dellalocalità fa pensare a baite appollaia-te su ripidi dossi. ASMi 1412: petiauna prati u.d. in Polavia. In doc. 16-2-1473: prato in monte u.d. in Pola-via (ASSo, not. Venosta). SCG1544, cap. 31: «Statutum est quodhabitantes seu habitaturi in alpe decampo possint pasculare a saepibusde Polavia sursum usque in confi-nia illorum de Grosio». Nel 1590:fondo prativo con ovile e masonein monte oltre l’Adda in contratau.d. in Polaviis (RPG, n. 190). (lePolave, q. 1474, IGM). C 13

polaròli (i), costa terrazzata di vi-gneti, ora ricoperti da vegetazionezerbiva, a monte di stangoló√, a NEdell’arlèe e ad O del bósch de lastopèna e del rongiàl. È detta an-che poraròli. In doc. 3-4-1473: ron-co u.d. in Polerola (ASSo, not. Ve-nosta). C 10

polaròli (v. scala di).polèer (al), pendio pascolativo, ora

ricoperto da cirmoli frammisti acervino, in costabèla nei pressi deipièni alti. B 14

poncét (a), baita diroccata e som-mersa da bosco misto, a valle dellebaite dell’èra. Dal soprannome del-la famiglia Scarì. F 10

poncìna (int in), fondi prativi e ca-stagneti, situati in fondo alle selvedel dóm, vicino alla galleria dellastrada per Ravoledo, e fino allasponda sinistra del Roasco. E 11

pónt (al, int al), ponte, che attraversail Roasco sulla vecchia SS. 38, neipressi del santuario, rifatto nel1958. In doc. 1-3-1394: due pezzedi terra prativa ultra pontem Rea-schi ubi dicitur ad Clusuram (APG,

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doc. 983). Nel 1612: fondo campi-vo in cultura interiori citra pontemRoaschi (RPG, n. 329). D 11

pónt (i), due ponti carrai, che attra-versano il tratto inferiore del vallo-ne di pièna, mettendo in comunica-zione i pre¿àsci con zèp. H 6

pónt (i, ia ai), ponti sul Roasco e sul-l’Adda, lungo la strada omonima,in prossimità della confluenza deidue corsi d’acqua. Il ponte sul Roa-sco è stato costruito in cemento ar-mato nel 1955, in sostituzione diquello vecchio in legno; il pontesull’Adda venne costruito negli an-ni 1930-32, al posto di quello pre-cedente del 1820, rifatto in seguitoalla piena del 29 agosto 1817(APG, doc. 1277). Un più recenteampliamento risale all’anno 2004.In doc. 3-1-1598: fondo ortivo incontrata pontis Abdue (RPG, n.231). Nell’anno 1601, il giorno del-l’Ascensione, «nel dar via la elle-mosina secondo il solito al pontede Ada, quel ponte si rompe e sianegò 18 persone del comun daGrosio, e in Grosotto solo la mo-glie di Giovan del Gallo con unputto a mano e gravida» (MB, c.74v). Quest’ultimo ponte è dettodai grosini «pónt di purscèli» (=scrofe). Il toponimo è esteso ancheai terreni prativi circostanti. C 11

pónt (v. cò di, prèe di, strèda di).

pónt de sènt nòof (al), ponticelloin pietra, sulla valle omonima, lun-go la strèda de sare¿èer, per giunge-re alla baita di colonèli. C 11

pónt del ruinàsc (al), ponte, lungola strada provinciale, al termine delsolco del ruinàsc, prima della suaimmissione nell’Adda. È affiancatoda un altro ponticello in muratura

posto sulla strada campestre checonduce ai vigneti di stabio. C 10

pónt di (v)ascó√ (al), ponticello inferro sul Roasco, costruito dal-l’AEM nel 1945-46 per raggiungerei (v)ascó√ e i prati di Punta dallavia Molini. D 11

[pontini], toponimo scomparso. Indoc. 2-9-1686: prato ai Pontini(APG, doc. 478).

pöp (v. ca¿èl del, valé√ del).

porscinàl (a), terrazzi di castagneti,sopra sènt nòof e la piata del mi-lé¿om, a S di val foàsca. È usataanche la forma purscinàl. Nella zo-na si trova il crap convèers dal qua-le si cavava la pietra verde. SCG1550: «Tensamus petiam terrae zer-bivae et buschivae iacentem inmonte ubi dicitur in Porcinale».SCG 1591, cap. 96: «E statutto chenon sia persona alchuna qual ardi-scha né presuma vendere over con-dure via pietre dalla predèra de Por-scinal o sia val Foascha». Nel librodei conti della chiesa parrocchiale,all’anno 1674, è registrata una notadi spesa per «far condure le pietredella piatonata [= pavimentazionein lastre di pietra] fatta in choro,cioè dalla predèra sino a Pozolo»(APG, Libro dei conti della chiesaparrocchiale di S. Eusebio, 1632-1690). C 12

portàsci (i), vigneti attraversati davallecola, nella zona dei (v)igni(v)égi, prima della val de spinàsc.Detti anche pòrti. Il 16-11-1550Antonio de Marono vende a Gio.Tommaso di Roncale una pezzacampiva in contrata u.d. ad Portelas(RPG, n. 88a). B 10

pòrti (v. portàsci).

pòsa (v. crap de la).

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pòsa di (v)éc’ (la), spiazzo erboso,in fondo ai prati di iròla, al biviodelle strade che conducono al piu-dèer e a dòs; così detto perché untempo era punto di sosta degli alpi-giani. È detto anche crap de la pòsa.

C 12

pòta (v. baitèl del, chè del).

póz de pozòl (i), fossi di uso pubbli-co per la macerazione della cana-pa, siti nella località omonima, oradismessi. C 11

póza (la), maggese su lieve avvalla-mento, ora abbandonato, sopra lavaléna e a E di giòors. (Pozza, q.1127, IGM). C 9

póza (la), terrazzi boschivi e prativiincolti con abitazione, a NE di be-dól, a monte di scala érta e delchèmp del van. La leggenda rac-conta che tra questi boschi abitavauna strega la quale aveva trasmessoai suoi figli il potere di far scenderela tempesta sul campo dei vicini. Sinarra che il marito, venuto a cono-scenza del fatto, abbia rinchiuso lamoglie con i bambini nella baita evi abbia appiccato il fuoco. (Pozza,q. 971, IGM). E 10

póza (v. sènt de la, strèda de la).

[poza], toponimo localizzato in coltu-ra dìnt, ora non meglio individuato.EG 1795: campo in Coltura di den-tro alla Pozza in Valare.

pozàt (i), pascolo con sorgenti, amonte del grasèl, dove un tempo vierano alcune carbonaie. H 5

pozàt (i), sorgenti stagionali, a valledel dòs campe¿èl, comprese tra l’im-bocco delle valli di marmolòos e diartegió√. Vi sgorga l’acqua utilizza-ta nel maggese di piàz. SCG 1739,cap. 26: «… dal Guardadore di Be-

dolo andando sino alla piatta de Po-zatti e da lì sino a Loriana». E 8

pozàt (v. valé√ di, laghét).pozòl (a), piano di castagneti, fino

agli anni Settanta seminativo e pra-tivo fra la cascianéta e val foàsca, aSE di castegnèer. In doc. 18-4-1599: fondo campivo in contrata dePozolo (RPG, n. 237). EG fine’700: campo e piazzo con arbori aPozzolo sopra alla Calchera. C 11

pozòl (v. crap de, póz de, val de).pradàsc (’n), zona di recente urba-

nizzazione, sorta su appezzamenti diterreno, un tempo coltivati a campoe vigneto, compresa tra lo stradó√(già via Statale), la madòna, la viaPatrioti e il cantó√ dìnt. La località èdetta anche predàsc. In doc. 1-6-1349: fondo in località ad Prada-cium (APG, doc. 980) Nel 1497:pezza campiva in contrata u.d. inPradazio (RPG, n. 25). D 10-11

pradàsc (v. tröc’ de).pradasciöl (al), ampio pendio di

prati e castagneti, a SO del paese,compreso tra la strada omonimache lo delimita, verso valle, dal can-tó√ monti, verso SO, dalla selva demeléno e da stangoló√; a NE il sol-co del rongiàl lo separa da pendéc’.Parte della zona è stata recentemen-te edificata. In doc. 18-1-1628: fon-do prativo e selvato u.d. in Prada-tiolo (RPG, n. 395). C 10

pradasciöl (v. signóor del, strèdadel).

pradél, terrazzamenti a vigneto oraincolti, tra spinàsc e la valle omoni-ma che segna il confine con Mazzo,sopra Prada e a valle di Roncale. Daqualche persona anziana la località èdetta anche «la lòia», ma tale deno-minazione sta ormai scomparendo.In doc. 8-1-1473: pezza di terra ron-

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chiva e zerbiva in contrata u.d. adPradelum (ASSo, not. Venosta). EGfine ’700: metà della vigna sotto al-le Piane o al Pradél. B 9-10

pradél (v. val de).

pradèla (gió zót), prati e frutteti, inparte abbandonati, compresi tra lastrèda di saléc’ e la strèda di piaza-nédi, oltre la val de prai. In doc. 4-5-1626: fondo campivo u.d. subtusPradelam (RPG, n. 382). Nel 1662:campo oltre l’Adda in località Sot-topradella (APG, doc. 1187). EG fi-ne ’700: campo Sotto Pradella ossiaai Salesci. C 11

pradìna (a), maggese con baita, orainvaso da bosco misto, a O di prè-da. C 9

pradìna (v. sas de, val de).

[pragasino], località non identificata.In doc. 4-4-1656: campo a Pragasi-no (APG, doc. 448).

pra©èra (a), baite e prati ora rico-perti da vegetazione boschiva mi-sta, tra sare¿èer e la val de bui, lun-go il tratto di collegamento con lastrada del Mortirolo che sale daMazzo. B 12

prai (a), selve e terreni prativi con ru-stici di stalla e fienile, circostanti iltratto terminale dell’omonima val-le, a NE dei piazanédi e fino allastrèda di saléc’. In doc. 30-8-1512:pezza prativa in contrata u.d. ad Pra-yum sive in Valle Fovascha (RPG,n. 37). Nel 1794: selva a Praglio(APG, doc. 1263). EG 1795: pratocon arbori a Pray. C 11

prai (v. strèda de, val de).

[prato], toponimo scomparso. In doc.18-1-1639: fondo prativo e sedima-to oltre l’Adda, in località al Prato(APG, doc. 1117).

[pratum capitaneum (ad)], topo-nimo non più rintracciabile. ASMi1316: petiam unam prati in montede Grosupto u.d. ad Pratum capita-neum.

[pratum maiorem (ad)], toponimoindividuato ai piazanédi, ora nonpiù ricordato. ASMi 1316: petiamunam terre campive u.d. ad PratumMaiorem sive in Pezanevia.

[prazotola], nome di luogo scompar-so. In doc. 8-9-1421: prato in Gro-sotto a Prazotola o in Isola vicinoall’Adda (ASCGr, doc. 931).

prebào (a), pascolo ora rimboschito,tra i solìi e i stopèni, attraversatodalla vecchia strada per bórca.

B-C 13

prèda (a), antica frazione, ai piedidel versante retico e a SO del paese,confinante con la contrada di Vio-ne, in comune di Mazzo. È costi-tuita da prati, seminativi, vigneti,frutteti e da un piccolo nucleo dicase. ASMi 1316: petiam unam ter-re campive u.d. ad Prata. In doc. 4-8-1626: fondo selvato in contradaPrada (APM, doc. 420). B 10

prèda (v. ©e¿ìna de, strèda de, tröc’de, val de).

prèda (a), nucleo di baite, prati e bo-sco ceduo, a O dell’Arlate, a NE dipradìna e a monte della póza. È det-to anche prèda d’fò. In doc. 7-1-1473: campo in contrata u.d. ad Pra-tam in monte, confinante a E e a Scon il bosco comunale e a N conl’Arlate (ASSo, not. Venosta). SCG1544, cap. 49: «… eundo usque admansionem de Prata illorum delChiatto quae est prope stratam maio-rem locorum de Prata de foris».(Prada di fuori, q. 1265, IGM). C 9

prèda d’fò (v. prèda).

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prèda dìnt (a), maggese e bosco sulieve pendio, con baite ristrutturate,a NE dell’Arlate, a S del valé√grant e a monte della fòpa. In doc.7-12-1473: prato in monte in con-trata u.d. ad Pratam de intus (ASSo,not. Venosta). (Prada, q. 1225,IGM). D 9

predònech (a), maggese con baite ebosco di latifoglie, sul versante oc-cidentale della Valgrosina, tra rui-nàl e restelés. In doc. 3-4-1473: pra-to in monte u.d. in Predonico(ASSo, not. Venosta). In doc. 24-1-1588: fondo prativo con ovile, ma-sone e tegia in contrata u.d. ad Pre-donegum; in altro doc. 19-7-1622:fondo prativo, zerbivo e boschivocon stalla, masone e tegia u.d. inPredonico, confinante a S con l’illu-stre cav. Robustelli (RPG, nn. 180 e366). (Predonico, IGM). F-G 9

[predossum (ad)], toponimo scom-parso. In doc. 5-12-1520: pezzacampiva in cultura ultra Abduamu.d. ad Vialletum seu ad Predossum(RPG, n. 41).

prèe de la madòna (i), pianoro pra-tivo, a valle del pendio che discendesotto le baite di pesciòla. D-E 8

prèe de la re|éna (v. re¿éna).

prèe de punta (i), vasti appezza-menti prativi sul fondovalle, com-presi tra il Roasco, l’Adda e la strè-da di pónt. Intorno agli anni Trentadel secolo scorso una buona partedei prati sono stati ceduti all’AEMper la costruzione di canali e di va-sche di riserva d’acqua e, più re-centemente, la parte restante è statautilizzata dal Comune per la realiz-zazione del «Parco dei prati di Pun-ta» con laghetto e impianti sportivi.In doc. 25-5-1608: fondo campivoin Punta (RPG, n. 294). Nel 1746:

campo in Punta o al Quadro (APG,doc. 507). EG fine ’700: prato oracampo in Ponta. C- D 11

prèe del diàol (i), pascoli, di fronteal baitèl del piè√ di róngi, sul ver-sante destro del vallone di pièna,dove inizia il sentiero che conducealla bochéta de pesciòla. F 5

prèe del fé√ (i), pendio pascolativoper ovini, a monte dei fòpi de piènae a S dei mandri del mòro. F-G 5

prèe del martì√ (v. martì√).

prèe del tuèna (i), appezzamenti diterreno prativo, già di proprietà delnotaio Giuseppe Tuana (1818-1890),passati poi in eredità al nipote Giu-seppe Pozzi, detto Bepinùcio, com-presi tra il Roasco e la via Molini, fi-no all’incrocio con la via Mortirolo.Essi sono divenuti, dopo gli anniCinquanta, zona edificabile. D 11

prèe di pónt (i), prati, già fondi ge-rivi, compresi tra il Roasco e l’Ad-da, a N della strèda di pónt e partedei prèe de punta, attualmente in-globati nel «Parco dei prati di Pun-ta». EG fine ’700: gerra fra li ponti.

C 11

prèe di quatro strèdi (i), fondi pra-tivi pianeggianti, circostanti ilbórch di quatro strèdi. C 10-11

premuràsc (a), pendio con baite,prati e boschi, a monte e a S di irò-la, sotto la pré¿a e a N di magàt.Zona ombreggiata e protetta da undosso, denominato mót. La posizio-ne riparata favorisce l’anticipo del-la primavera, da cui trae probabil-mente origine il toponimo. In doc.22-1-1638: fondo prativo e boschi-vo con abitazione coperta da piodee scandole in località ad Premaura-tium (APG, doc. 1112). EG fine’700: prato con monte e bosco nei

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monti di la dell’Adda u.d. a Primo-razzo. C 12

pré|a (la), dosso prativo con baite,circondato in parte da bosco misto,a N di val de luìna e di magàt, trapremuràsc, i caorimósci e il piude-rì√. La parte a monte si congiungecon la pièna di restéi. B 12

pré|a alta (la), maggese invaso davegetazione boschiva mista, conbaite, a O di prèda e di |aròl. Vi èscarsità d’acqua, pertanto essa vie-ne captata dall’arlèe e da |aròl.(Presa, IGM). C 9

pré|a basa (la), piano prativo, orainvaso da bosco ceduo, a valle dellapré¿a alta e a O di pradìna. C 9

pré|a granda (la), vasti fondi prati-vi, compresi tra il Roasco e la rón-gia di mulì√, e da ©iuseè√ fino aiprèe del tuèna. A partire dagli anniSessanta vi hanno costruito nume-rose case che si affacciano sulla viaMolini e sulla strèda di (v)ascó√. Indoc. 7-1-1566: pezza prativa conroggia confinaria d’uso consortilein contrata u.d. ad Presam magnam(RPG, n. 132). EG fine ’700: pratonella Presa grande, ossia alli Molinidi fuori. D 11

[presa nuova], località non identi-ficata. EG fine ’700: campo al Pia-no, sopra le case, ossia alla Presanova con piante castanari; campoalla Presa nuova.

[presam de pontexelis (ad)], topo-nimo scomparso. In doc. 1-6-1349:fondo prativo e sedimato in localitàad Presam de Pontexelis (APG,doc. 980). Nel 1473: campo u.d. adPrexas Pontexelorum (ASSo, not.Venosta).

presènt (v. ca¿ì√).pre|àsci (i), ampio maggese con di-

versi nuclei abitativi, in Valgrosina,

circostante il tratto terminale del val-lone di Piana, fino al Roasco. Si tro-va a valle del grasèl, del mónech edel càfera e a E del valé√ di gai. Unponte di attraversamento carraio col-lega la strada della val di Sacco(Grosio) ai vari maggesi, meglio di-stinti in pre¿àsci alti e pre¿àsci basi,oppure in pre¿àsci de dint e de fòdel való√. I soprannomi dei proprie-tari delle baite suddividono ulterior-mente il maggese in pre¿àscia deabóndi, de pìcioli, del tèna, de ma-riafalsa. È frequente anche l’uso deltoponimo «la pre¿àscia». Il 7 dicem-bre 1537 Giovan Battista de Rumo-nibus, arbitro nella contesa per di-ritti di pascolo fra Giovanni deTelinellis fu Antonio di Grosotto,decano del comune di Grosio, e Ger-mino Venosta fu Faustino, abitantedel castello di Grosio, sentenzia cheil Venosta può monticare il suo be-stiame sull’alpe delle Presacce, incomune di Grosotto, senza pagaretasse, purché non utilizzi fieno delcomune di Grosio (ASCGr, doc.1212). In doc. 10-1-1641: fondo pra-tivo con masone, stalla, fienile e te-gia in monte in contrata della Prae-sacia (ASSo, not. Gio. AntonioRobustelli, vol. 3971). Nel 1736:fondo prativo, boschivo e sedimatoin località Presasci (APG, doc. 504).(Presaccie, q. 1433, IGM). H-I 6

pre|àsci (v. strèda di).

pre|àscia (v. pre¿àsci).

pre|àscia di zamariöi (la), mag-gese, situato sopra zèp e a valle delmónech, facente parte del più va-sto maggese dei pre¿àsci. Il toponi-mo deriva dal soprannome della fa-miglia Da Prada, proprietaria. H 6

pré|i (i), fondi prativi e seminativi, untempo gerivi, perché continuamente

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soggetti alle piene del fiume, lungole rive dell’Adda. EG fine ’700:campo e gerra nelle Prese. C-D 11

pré|i del roàsch (i), prese d’acqua,captata dal Roasco, in fondo ai prèede la re¿éna, per alimentare la rón-gia di mulì√. Il toponimo è ancheriferito ai fondi prativi compresi trail torrente stesso e la róngia di mu-lì√, detti più propriamente pré¿agranda. In doc. 3-4-1473: prato incontrata u.d. in Prexiis del Roascho,confinante a O con rogia edificio-rum e a N con flumen Roaschi(ASSo, not. Venosta). D 11

[presi di cornagi], località ora nonmeglio identificata. In doc. 15-5-1473: prato in contrata u.d. in Pre-xiis de li Cornagiis (ASSo, not. Ve-nosta).

[presotto], toponimo non più ricor-dato. EG fine ’700: casa in Presottopresso la piazza della chiesa di S.Eusebio.

prìgol (al), prato e baita, a monte diun sasso strapiombante, sopra il pe-lèe e paraìis e a valle del piudèer(prìgol = pericolo). In doc. 20-4-1536: pezza prativa con masone eovile in contrata u.d. ad Periculum(RPG, n. 71). SCG 1555, cap. 3:«… non facendo pascholari a sassaCoronarum nec a sassa Periculi inimo». C 12

[procelle], toponimo scomparso. EGfine ’700: campo alle Procelle soprale case; campo alias vigna alle Pro-celle sotto le Selve; vigna alle Pro-celle alla Punta.

pròcio (a), gruppetto di baite conprati e bosco, a monte del pianoroprativo del pianàsch e a E di zèp,facente parte del vasto maggese deipre¿àsci. Pròcio è soprannome diun ramo dei De Piazza. H 6

pù©e√ (a), maggese con baite ristrut-turate e pendio di conifere e latifo-glie, a monte di (v)edéc’ e a S delmót omonimo. In doc. 3-4-1473:prato e campo in monte u.d. ad Pu-genum (ASSo, not. Venosta). (Pu-gien, IGM). E 10

pù©e√ (v. mót de).punta (v. ©èri de, prèe de, strèda di

prèe de). purscinàl (v. porscinàl).pusc (al), maggese con due baite e

bosco d’alto fusto, a monte e a NOde l’ulscèla, a E di (v)al de¿èrta(q. 1400). F 9

[quadro], fondi in coltùra dint, oranon più ricordati con questo toponi-mo. In doc. 29-3-1628: fondo cam-pivo in cultura interiore u.d. adQuadrum seu in Valare (RPG, n.397). EG 1795: campo al Quadro,ossia alla Masone. D 11

[quadro], toponimo scomparso. EGfine ’700: vigna alle Vigne Vecchiealla Santa ossia al Quadro.

quatro canó√ (v. bui di).quatro mulì√ (v. pièna di).quatro strèdi (v. bórch di, prèe di).

[raino], toponimo desueto. Nel 1483è decano un Martino di Raino (MB,c. 70r); nel 1534 Antonio fu Marti-no de Rayno è esattore delle tagliedel Comune di Grosotto (APG, doc.998). EG fine ’700: terza parte del-

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le case ed edificio di torchio al Rai-no contrada de Lugo. (v. canal de).

raspagnöl (v. bósch del).refréc’ (i), maggese, ora comunemen-

te denominato gianìno. In doc. 23-1-1574: pezza prativa con stalletto eabitazione in località de Refregiis(APG, doc. 1028). B 13

refréc’ (v. acqua di, val di).rèla (la), esteso costone roccioso, con

gande miste a cervino e pascolo neltratto inferiore, sovrastante la valdi caréti e parte superiore dellasponda sinistra della stessa valle.ASMi 1412: petia una prati in mon-te u.d. in Arella. E-F 6-7

rentasàs (v. strèda de).rè|ega de mulinét (la), segheria,

ora dismessa, nella zona dellare¿éna, di proprietà della famigliaRobustelli, soprannominata Muli-nèt. Vicino alla rè¿ega vi era ancheun mulino. D 11

rè|ega del moneghì√ (la), vecchiasegheria, vicino alla filanda, neipressi del santuario e a fianco dellostradó√, alimentata da un ramo del-la róngia di mulì√ e attiva fino aglianni Sessanta; così chiamata dalsopprannome del proprietario cheabitava nella casa dei mónech esvolgeva le mansioni di sagrestanodel santuario. D 11

re|éna (la), prati e selve, a valle del-l’àigola basa, tra la riva destra delRoasco e i ros’cèri, fino alla rè¿egade mulinét, attraversati dalla róngiadi mulì√, che alimentava segherie emulini nel cantó√ fanòga. D 11

restéi (v. pièna di, valé√ di).restelés (a), ampio maggese con

baite e boschi, sopra la strada e a Sdi sopièni, a valle di rèz. In doc.19-7-1622: fondo prativo con stalla,

masone, tegia e trela con alcuni sa-lici sito u.d. ad Rasteletum (RPG, n.366). Nel 1696: prato a Rasteles(APG, doc. 487). (Resteles, q.1200, IGM). G 9

restelés (v. signóor de, tröc’ de, valde).

rèz (’n, a), maggese con baite e boschid’alto fusto, a monte di restelés e disopièni. (Rez, q. 1388, IGM). G 9

rèz (v. fòpi de).réz (a), baite e prati in parte incolti,

sopra nedrì√. EG fine ’700: prato ebosco con masone a Rezzo. (Rez,IGM). C 12

réz (i), maggese con baite, su pendioprativo regolare nella parte superio-re e costituito da boschi e dirupinella parte inferiore, confinante conla pöira e col bosco comunale divenarlùuch. È compreso tra il va-lé√ di réz verso N e il solco del-l’Arlate a S. Negli statuti del 1591(cap. 76) si vieta di pascolare le ca-pre in tutto il valeno di Lugo co-minciando da Prada di sopra e sa-lendo per i vastac’ e le ruine chescorrono nel valeno stesso e ancora«de fuori de esso valeno dalli pratidi Rezi in su sina nel Arlato». (Rez,q. 1508, IGM). D 9

réz (v. crap de, mót di, sènt di, strèdade, valé√ di).

riàsc (i), pascolo sassoso con sorgen-ti e rigagnoli, che confluiscono neltratto inferiore del vallone di piè-na, sulla costa sinistra e a N dellaca¿ìna. G 5

riàsc (v. acqua di, valé√ di).rico (v. mónech, róngia de).rii (gió zót ai), terreni prativi acqui-

trinosi e spesso ghiaiosi, compresitra l’inizio della strèda di pónt e labaronésa e sulla destra del Roasco,

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prima della sua confluenza nell’Ad-da. L’area, attualmente urbanizzatae comprendente anche l’oratorioparrocchiale inaugurato nel 1961,un tempo giungeva fin sotto la chie-sa di S. Eusebio e fino alla torraccia,zona circostante la cappella di S.Rocco. In doc. 26-8-1473: campo evigna con piante da frutto in con-trata u.d. in Ripis, vicino all’Adda(ASSo, not. Venosta). Nel 1599:fondo prativo in contrata u.d. subRipas (RPG, n. 242). Nel 1707: pra-to sotto le Rive, sotto la chiesa diS. Eusebio (APG, doc. 497). C 11

[ripalta], toponimo desueto, ma loca-lizzato tra la riva dell’Adda e lapiazza della chiesa di S. Eusebio,protetta da una «molata» (argine)costruita nel 1619 (APG, Mano-scritto Omodei, c. 7v). EG fine’700: gerra sotto Ripalta, ora tuttadistrutta dal fiume Adda. EG 1795:vigna sotto Riv’Alta, in parte di-strutta dall’Adda.

rìsc (v. chè di, òort di).

[rivam (ad)], località individuata nelmaggese delle Sopiane. ASMi1316: petiam unam prati in monteu.d. ad Pratum de la Rippa. ASMi1412: petia una terre prative inmonte de Grosupto u.d. ad Pratumde Ripa. In doc. 17-12-1600: fondoprativo zerbivo e boschivo in con-trata u.d. in Sopiana ad Rivam(RPG, n. 245).

roàsch (al), torrente, affluente di de-stra dell’Adda, che solca la Valgro-sina ed è formato da due rami:quello orientale o di Eita e quellooccidentale o di Val di Sacco chesegna la linea di confine tra Gro-sotto e Grosio dalla confluenza delvaló√ de guinsèna fino a poncina,località sottostante la galleria della

strèda del dóm. La lunghezza diquesto ramo, dalla sorgente pressoil lago del zapelàsc (Grosio) finoall’Adda, è di m 14810, con un di-slivello di m 2210 e un bacino diraccolta di kmq 71,60. Lungo il suocorso raccoglie numerosi affluen-ti, i più importanti dei quali sono: ilriàsc de malghèra e il riàsc de pe-drùna (Grosio), il való√ de guinsè-na, il való√ de pièna e la val delcaàl. Dopo la confluenza del ramodi Eita a Fusino, scorrendo in unsolco molto profondo, raggiunge icastagneti del dóm, attraversa poi ilpaese a sinistra dell’abitato e si get-ta nell’Adda in prossimità della ba-ronésa. È detto anche ruàsch. Nel1772 ci fu una spaventosa alluvio-ne del Roasco e dell’Adda con in-genti danni. Un testimone ocularelasciò scritto: «L’anno 1772 essen-do cadute dal cielo dirotte pioggienel giorno 14, 15 e 16 di settembre,il dì 17 seguente, giorno di giove-dì, il Rovasco e l’Adda, cresciutinotabilmente, cagionarono in Gros-sotto danni inesprimibili, il primoavendo rovinato quantità di selvedentro al Duomo e svelti dalle radi-ci più di 100 castani, questi qua elà traversandosi accrescevano le ro-vine, menò via tutt’intiero il moli-no alias di Mastro Filippo Salavenie danneggiò tutti i prati contigui.L’Adda poi roversciata dentro inPunta e Salvanzo verso Grossottobatteva con vehemenza contro ilcanton di Fanoga […]. Le case pe-rirono co’ mobili dentro e vedeasiil fieno, la paglia, botti, tine, tinelli,travi ed altro andar galleggiandosopra l’aqua. L’Adda fissò il suoalveo sotto il canton dentro e il Ro-vasco s’inoltrò roncando sotto lastrada verso la Madonna e si fecero

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nuove rongie per i molini. Il dannodi Grossotto si calcola, tra fondi,case perite e frue (= prodotti agri-coli e latticini) in 80.000 lire»(APG, Manoscritto Omodei, c.25r/v). In doc. 12-2-1498: pezzaprativa in contrata u.d. ad Rova-schum (RPG, n. 27a). C-D-E 11

roàsch (int al), antico nucleo abita-tivo, a N del santuario corrispon-dente alla zona circostante la viaRoasco, in passato detto anche san-ta maria. In doc. 21-3-1461: pezzageriva sulla quale è costruita unafucina, sita u.d. ad Roaschum(RPG, n. 8). D 11

robustèlli (v. cantó√).ròcol (al), prati, baite e pascoli, a

valle di bórca, raggiungibili da unraccordo privato che si stacca dallastrada del Mortirolo che sale daGrosio. Un tempo vi era un roccoloper la cattura degli uccelli. (Rocco-lo, q. 1490, IGM). B 13

ròcol (al), terrazzi di vigneti e semi-nativi, ora abbandonati, a NE dellachiesa di S. Sebastiano, compresitra l’ultimo tratto della strèda de lamaghèda e il nucleo abitativo diPiazza. D 10

[rodolfa], toponimo localizzato suldòs de castelì√, ma non più ricorda-to e derivante probabilmente dal co-gnome Della Rodolfa. EG fine’700: prato in cima a Castellino allaRodolfa.

[roncaia], località ora non identifica-bile. In doc. 12-7-1695: campo adRoncaiam (APG, doc. 161). EG fi-ne ’700: campo in Roncaia alleVallene.

roncàl (a), antica contrada, sul ver-sante retico e a SO del paese, a NEdei rónch e dei pièni e a valle dilambrósch. Del consistente nucleo

abitativo, che fino agli anni cin-quanta annoverava una trentina difamiglie, ora restano poche case, al-cune delle quali ristrutturate. In doc.20-1-1569: pezza prativa con piantein contrata u.d. subtus Ronchale; inaltro doc. 24-12-1606: fondo prati-vo e campivo con ovile e masone incontrata de Ronchale (RPG, nn.138 e 283). La frazione è detta an-che santa cróos, dal titolo dellachiesa ivi costruita nel 1597. (Ron-cale, q. 927, IGM). C 9

roncàsc (al), maggese con prati ripi-di, bosco ceduo e baite, sopra fóo,tra magàt e sare¿èer, a N della valdi refréc’ la quale, appena sottol’emissione della róngia de iròla,prende nome di val de prài. B 12

roncàsc (al), maggese, ora invasoda fitta vegetazione arbustiva, vi-cino al Roasco, tra le foci della valde marmolóos e della val de arte-gió√. È raggiungibile sia dalla mu-lattiera di val de scala, sia scenden-do da (v)edéc’. È detto anchechegafööch oppure fóla, sopranno-mi della famiglia Venosta che ne èproprietaria. Un tempo era un iso-lotto in mezzo al torrente. F 10

rónch (i), maggese con piccoli ter-razzi di castagneti, ora invasi dabosco ceduo, a SO della val de spi-nàsc e di roncàl e a monte di prèda.È detto anche la valéna. Il 25 marzo1433 Simone Venosta concede a li-vello a Giacomo de Petruci di Pontedei beni in Grosotto a Ronco (APTi,pe. 67). In doc. 8-10-1753: fondoselvato a Roncale, in località Roncoo Valena (APG, doc. 54). B 9

rónch (i), pendio di boscaglie e pie-trame, che spesso rovina verso ilRoasco, a valle dell’èra. G 9-10

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ronchét (al), maggese con baite, oraabbandonato e ricoperto di arbustia foglie caduche, a S e a monte difontèni, sotto il böder e fino alla valcornì√. In doc. 12-12-1592: fondocampivo in contrata u.d. ad Ron-chedum (RPG, n. 205). (Ronchet-to, IGM). B 9

ronchetì√ (i), terrazzamenti già colti-vati a vite, grano saraceno e sega-le, ora ricoperti da zerbi, tra samar-tì√ e campèl. EG fine ’700: campoaltre volte vigna sotto Campello os-sia alli Ronchettini, devastato la piùparte dalla ruina nuova avvenutanel 1772. C 10

ronchetì√ (v. sènt di).

[ronchi dei corvi], località non indi-viduata. EG fine ’700: vigna alliRonchi dei Corvi.

róngi (v. dó, pastùra di, piè√ di, valdi).

róngia de iròla (la), roggia irrigua,che si stacca dalla val di refréc’,passa sopra il roncàsc e sopra ma-gàt per poi immettersi nella val dela pré¿a. B 12

róngia de la re|éna (v. róngia dimulì√).

róngia de la (v)asca (la), roggia,realizzata dal consorzio irriguo diGrosotto a beneficio dei terreni a Se a valle della (v)asca e fino ai pia-zanédi. Il prelievo dell’acqua daparte dei privati era regolato, damaggio a settembre e con ciclo diundici giorni, da una rotazione tur-naria, in proporzione alla superfi-cie posseduta. La derivazione dallavasca è stata sospesa a partire dal1987. C-D 11-12

róngia de rico (la), roggia, percorsada acqua che nasce a valle della

baita del mónech e alimenta i nucleiabitativi dei pre¿àsci. H 6

róngia de spelùga (la), roggia, chesi stacca dalla val de prai, all’altez-za di balsarì√ e attraversa spelùgafino al crap convèers, mentre un al-tro ramo prosegue confluendo inval foàsca. B-C 12

róngia del dóm (la), roggia, sullasinistra orografica del Roasco, checapta le sue acque nei pressi dellalènca de poncìna, attraversa i sélvidel dóm e la zona del capitèl, diri-gendosi verso i prati di Punta. At-tualmente alimenta il laghetto ivirealizzato. D 11

róngia di mulì√ (la), roggia, che de-rivando l’acqua dal Roasco in fondoalla re¿éna, azionava mulini, fucine esegherie dislocati lungo i due ramidel suo percorso e prospicienti la viaMolini. Tra queste strutture artigia-nali, ora scomparse, si ricordano:fu¿ìna de Cafo, fu¿ìna del Bao delsórt, falegnameria de Strusci, rèsegade Èlena, mulì√ di Polonia. È dettaanche róngia de la reséna. D 11

rongiàl (al), solco vallivo con piccolotorrente, sul versante retico del pae-se, che scende dal valé√ di mòort,separando stangoló√ e il pradasciölda piazaröl, camodèst e fontèna. At-traversa poi l’abitato, dividendo ilcantó√ monti dal cantó√ sóor, fino aconfluire nell’Adda in prossimitàdell’oratorio parrocchiale. Questotratto inferiore dell’alveo è stato in-terrato con canalizzazione dell’ac-qua, in seguito all’urbanizzazionedell’area. Nella bozza degli statutidel 1544 si legge: «Contrata seu an-gulus del monte incipiat prope bur-cam del ponte et foras eundo, subtuset supra stratam, usque ad ecclesiamSancti Eusebii, et abinde sursum

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ascendendo per stratam et rivum seuriale aquae de Fontana» (APG, doc.1267). C 10

rongiàl (fò al), gruppo di abitazioni,accessibili attraverso la via Roggia-le, in parte antiche ed appartenential cantó√ sóor, in parte sorte sulpendio prativo circostante il torrenteomonimo, tra il cantó√ sóor e i chèdi (v)éc’, a monte della chiesa par-rocchiale. Tra queste si ricorda lacasa di riposo «Gian Matteo Ven-zoli», inaugurata nel 1967 e rinno-vata recentemente, dedicata all’illu-stre e munifico sacerdote grosottino(1691-1769), fondatore della «Cau-sa Pia o Ospedaletto» per i poveri.EG fine ’700: casa e orto nel canto-ne dei Monti al Roggiale. C 10

ros’cèra (su ’n, fò ’n), gruppo diabitazioni, addossate alle primependici del versante retico, costi-tuenti il centro dell’antico paese, trail cantó√ dint e il cantó√ sóor e at-traversate dalla via Roveschiera.Nella piccola piazza, sopraelevatarispetto al piano stradale, nei secolipassati si tenevano le assemblee po-polari per la trattazione degli affaridella comunità. Nella casa a SO, oradi proprietà della famiglia TrincaRampelin, era ubicata, fino al 1926,la sede del Comune che ospitava an-che due aule scolastiche. Il 29 ago-sto 1351 i nobili e i vicini del Co-mune di Grosotto sono convocati inassemblea, al suono delle tavole, «incontrata u.d. ad plazum de la Revo-sgera» (APG, doc. 981). Il 21 marzo1461 un atto di permuta è redatto«in contrata u.d. in Revuschera» e il26 novembre 1571 un altro atto no-tarile viene redatto «in platea publi-ca de vicinantia u.d. in Rovoschie-ra» (RPG, nn. 8 e 143). Nei pressidella piazzola, una casa prospiciente

la strada conserva un’edicoletta cheracchiude un affresco datato 1678,raffigurante la Vergine in trono colBambino e i Ss. Antonio abate eMartino. C-D 10

ros’cèra (v. bui de).

ros’cèri (i), pendio di bosco ceduo,pietrame e dirupi, a monte di cam-pèl. C 10

ros’cèri (i), pendio scosceso con di-rupi frammisti a piccoli terrazzi convegetazione spontanea, soprattuttocastagno, roverella e ontano(agnìsc), a N dell’àigola basa, avalle del promontorio di dòsa, finoa costeggiare il Roasco. E 11

rósi (v. gandi, scima di gandi).

rosolàt (v. acqua del, tröc’ del).

[rovina dei colombi], toponimoscomparso. EG fine ’700: zerbo conarbori piccoli e bosco alla Selva os-sia Rovina dei colombi.

[rovoledo], località sul versante delMortirolo in prossimità del confinecon Mazzo, ora non meglio identifi-cabile. In doc. 15-11-1473: campoin contrata u.d. ad Rovoledum (AS-So, not. Venosta). SCG 1550:«Tensamus totam comunanziam in-ter vallem de Prayo et vallem deTaloga incipiendo supra rogiamRovoledi». In doc. 18-12-1615:fondo prativo e selvato ad Rovole-tum (APG, doc. 1078). EG fine’700: zerbivo sopra la strada a Ro-voledo. Il toponimo, ora scomparso,non è comunque da identificare conl’omonima frazione di Grosio.

[rovolum (ad)], toponimo scompar-so. ASMi 1316: petiam unam terrecampive u.d. ad Rovolum. ASMi1412: petia una terre campive u.d.ad Rovolom.

ruàsch (v. roàsch).

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ruìna (v. ruinàsc).ruìna de pendéc’ (la), frana, scesa

nel 1956 da pendéc’, a ridosso dialcune case di ros’cèra, senza cau-sare vittime. D 10

ruìna del temelì√ (la), piccolo pia-noro con vegetazione mista, già pa-scolo, tra la ruìna nòa e la val desambernèert, a SE del caàl (temelì√= sorbo). H 8-9

ruìna nòa (la), avvallamento incoltoe dirupato, che inizia a monte e aSO di |aròl, dove è stata captatal’acqua per l’acquedotto comunale,e discende tra le case di campèl equelle di chè de la cuna. Corrispon-de al tratto superiore del ruinàsc.SCG 1591, cap. 20: «È statutto chenon sia persona alcuna qual ardiscané presuma andare a pascere con al-cuna sorte di bestiame […] oltre laRuina sin alla valle de Pradel». EGfine ’700: campo altre volte vignasotto Campello ossia alli Ronchetti-ni, devastato la più parte dalla ruinanuova avvenuta nel 1772. C 10

ruìna nòa (la), vallecola franosa,con bosco di conifere e pietrame,percorsa da acqua che si getta nelRoasco, tra costalónga e la val desambernèert. H 9

ruìna rósa (la), pendio di bosco fra-noso, che scende verso il Roasco avalle dell’acqua di riàsc. G 5

ruinàl (a), ampio maggese con baite eprati circondati da bosco misto, aN della val de artegió√ e sotto me-naròl. È situato su un pendio, il cuiterreno un tempo era soggetto a ro-vinare a valle per la composizionefriabile della roccia sottostante (v.sasèl marcio). Vi si accede dallamulattiera che si stacca dalla stradaper le Sopiane. In doc. 23-12-1584:fondo prativo, campivo e boschivo,

con ovile, masone e tegia in montecitra Abduam u.d. ad Ruinale (RPG,n. 164). (Ruinale, IGM). F 9-10

ruinàl (v. val de).ruinàsc (al), avvallamento rovinoso,

percorso da poca acqua, che nasceda un anfratto sotto la croce di cam-piè√, discende a O della pre¿a, a NEdel pöl, della combrìa e di lam-brósch, passa formando una profon-da forra tra le case di samartì√, tra iterrazzamenti di baghè√ e di stàbioper poi confluire nell’Adda, dividen-do la baronésa da coltùra zót. È dettoanche la ruìna o la ruìna nòa. Nel1990, nel tratto inferiore, vi è statoimmesso l’arlèe. Nel 1473: campoforis versus Ruynazium (ASSo, not.Venosta). In doc. 8-12-1534: pezzadi terra vineata in contrata Ruinazio(ASSo, not. Gio. Andrea Robustelli,vol. 963). C-D 8-9-10

ruinàsc (v. pónt del, strèda del). ruinàsc de dòsa (al), pendio rovi-

noso con vegetazione boschiva mi-sta, nella parte superiore del mag-gese omonimo, sotto (v)al de¿èrta.SCG 1550: «Statuimus et ordinavi-mus quod non sit aliqua personaquae audeat nec praesumat inciderealiqua lignamina super petiam ter-rae buschivae et zerbivae iacentemin monte ubi dicitur ad ruinaziumde Dossa». G 9

ruìni (i), pendio franoso, a monte diduèri alti e a S di calchèri, formato-si con l’ammasso dei residui scarta-ti dopo la trasformazione del calca-re in calce. È detto anche ruini diduèri. F-G 8

ruìni de balài (i), pendio con boscod’alto fusto e sfasciumi, a monte deipièni del sórt, di fronte alla ex ca-serma della Guardia di Finanza aOrtesedo (Grosio). I 5

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ruìni de tosèl (i), pendio di boscoceduo, tra il mat de la pàa e ruinàl.SCG 1550: «Statuimus et ordinavi-mus quod non sit aliqua personaquae audeat nec praesumat inciderealiqua lignamina super petiamunam terrae zerbivae et buschivaein monte ubi dicitur ad ruinam deToselo». EG fine ’700: monte alTossello. F 9

ruinó√ (i), avvallamenti pascolativi,ora invasi da bosco misto e da pie-trame, che partono dai fòpi, scendo-no fino alla solìa per poi confluirenella val cornì√. C 8

rus’ciaròli (i), boschi cedui, frammi-sti a dirupi, a NE del martì√ e sottoil pöl. C 9

sach (’n), pendio scosceso e terraz-zato di vigneti, ora ricoperto da ve-getazione spontanea, a monte dicampèl e a NE della ruìna. In doc.19-7-1622: fondo canevalivo incontrata de Marono, u.d. ad Sac-cum seu ad Crucem (RPG, n. 366).EG fine ’700: metà campo al Sac-co. C 10

sachéta (v. arch de).saléc’ (i), ampio piano prativo e semi-

nativo, oltre l’Adda, a valle dei pia-zanédi, tra prai e il confine conMazzo, attraversato dalla stradaomonima. Nella zona a valle deipiazanédi sono sorte diverse strut-ture artigianali. In doc. 8-1-1473:prato u.d. in Salegio (ASSo, not.Venosta). EG 1795: prato nei Sa-leggi. B-C 11

salìna (v. bochéta de).salt (v. acqua del).

salt de l’arlèe (al), cascata d’acqua,che raccogliendo le acque del di-sgelo dei numerosi avvallamenticircostanti il dosso omonimo, fuo-riesce dalle rocce, verso NE, de-fluendo verso l’arlèe (v. acqua delsalt). D 8

salvàns (a, ’n), ronchi e boschi dilatifoglie, sopra la centrale, tra lecondotte forzate che scendono dalbacìno, traersèra e vialét. Un tempocomprendeva anche i fondi ghiaio-si, poi prati irrigui sul fondovalle,fino all’Adda, utilizzati in parte pergli impianti idroelettrici. In doc. 11-1-1391: fondo in Salvanziis (APM,doc. 1727). Nel 1473: pezza prativae geriva in Salvanzo sive in Salegio(ASSo, not. Venosta). Nel 1604:fondo zerbivo con piante di casta-gno in Salvantio (APG, doc. 1046).EG fine ’700: prato fra li Ponti eSelvanzo. C-D 11

salvàns (v. dòs de, strèda de).

samartì√ (a), contrada, nella parte SOdel versante retico del paese, cheprende il nome dal santo a cui è de-dicata la chiesa, ivi costruita nel1641. Il nucleo primitivo era deno-minato «maróni», per la presenza dinumerosi castagneti. Fino agli anniTrenta il nucleo abitativo era consi-stente e dotato di scuole; attualmen-te alcune case sono state ristruttura-te, ma i terreni terrazzati circostantisono per lo più ricoperti da vegeta-zione zerbiva. In doc. 26-11-1556:pezza vignata in contrata u.d. ad do-mos illorum de Marono (RPG, n.105a). Nel 1629: prato in contradade Maron (APG, doc. 1092). (S.Martino, q. 735, IGM). C 10

samartì√ (v. calchèra de, ©é¿a de).

samartì√ véc’ (a), ruderi della chie-setta, di antica fondazione, dedicata

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a S. Martino. Nel 1257: petia unaterre cum pluribus arboribus casta-nearum supra iacens supra eclexiamSancti Martini ubi dicitur in Vigna-le (APM, doc. 252, c. 16r). Nel1319 il vescovo di Como frate Leo-ne investiva Gabardo Venosta e isuoi fratelli delle peschiere sull’Ad-da dalla chiesa di S. Martino diGrosotto fino al ponte di Vervio(VISCONTI VENOSTA, p. 63). Il 16gennaio 1473, in una assegnazionedi beni, viene imposto di pagaremezzo staio di biada alla chiesa diS. Martino (ASSo, not. Venosta).In doc. 24-11-1589: pezza campi-va e selvata presso la chiesa di S.Martino (RPG, n. 188). La chiesafu dismessa nel 1597 a causa dellecontinue piene del fiume Adda cheminacciavano seriamente di rovi-narla (MB, c. 74v). Di essa rimaneancora un piccolo rudere con trac-cia di lesena angolare, visibile almargine della strada provinciale,nei pressi del ruinàsc. C 10

sambastiè√ (’n), prati e castagneti,un tempo anche seminativi, circo-stanti la chiesa di S. Sebastiano ela casa di vacanza già della fami-glia Stoppani (con portale datato1712), a monte di pendéc’ e nellaparte più a valle della frazione diPiazza. In doc. 11-8-1613: fondovignato, prativo, campivo e zerbivocon una casa coperta di scandole epiante di castagno in contrata SanctiSebastiani (RPG, n. 334). (S. Seba-stiano, q. 764, IGM). D 10

sambastiè√ (v. ©é¿a de, mòort de).

sambernèert (v. val de).

san faustì√ (v. ©e¿ìna de).

san ròch (fò a), nucleo abitativo, inprossimità della santella omonima,

a E della parrocchiale di S. Euse-bio. C 10

san ròch (v. santèla de, bui de).santa cróos (v. ©é¿a de, roncàl, strè-

da de).santa marìa (a), prati, vigneti, orti e

nucleo abitativo, a valle dell’àigolae, un tempo, circostanti il santuario.Le case erano localizzate nella zonadell’attuale via Roasco. Il toponi-mo, oggi desueto, era riferito anchealla chiesa stessa. In doc. 25-6-1626: fondo prativo u.d. ad SanctamMariam; in altro doc. 26-6-1670: vi-gna in contrada S. Maria, vicino allachiesa della B. V. delle Grazie(APG, docc. 362 e 470). D 11

santèl de meza coltùra, edicolavotiva fatiscente, situata in coltùradint, a E del salumificio Pini, sulconfine con Grosio. In doc. 11-1-1678: campo in Grosotto, presso ilsantello di meza coltura (APM,doc. 503). D 11

santèla de gilda (la), cappellettavotiva, antistante la piazza de lamadòna. Nella parte superiore è af-frescata l’immagine della Madon-na col Bambino, mentre in quellainferiore è raffigurato S. Pietro che,chiamato da Cristo, cammina sulleacque, opera quest’ultima eseguitanel 1987 dal pittore comasco MarioBogani. D 10

santèla de san ròch (la), edicolasacra, dedicata a san Rocco e si-tuata nel punto d’incrocio tral’omonima via, già parte della viaMolini, e la via Patrioti, incrocioanticamente chiamato trivio di Tor-raccia. La cappella, a pianta esago-nale con aperture su cinque lati, fueretta durante la peste del 1630, co-me attesta la data scolpita sulla fa-scia in pietra sopra l’ingresso, e do-

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vette essere il rifacimento di un’al-tra più antica, poiché risulta che nel1573 «fu depento la capella de san-to Roccho» (MB, c. 73r). Vi è cu-stodita una pala raffigurante la Ver-gine col Bambino e i Ss. Rocco eGiovanni Nepomuceno, attribuibileal pittore Francesco Piatti di Mazzo(1640-1716). C 10

santì√ (v. viàl de).[santo], nome di luogo scomparso,

ma in località stadèrna. In doc. 13-1-1568: pezza campiva in contratau.d. ad Sanctum (RPG, n. 136). Nel1603: fondo campivo al Santo(APG, doc. 1317). EG 1795: vignaal Santo nelle Vigne Vecchie, os-sia a Staderla.

[santo del beretello], santella, dellaquale non è rimasta traccia. EG1795: selva con orto, basiccio e vi-gna al Santo del Beretello sotto lastrada di S. Sebastiano.

[santo del cafera], toponimo scom-parso. EG fine ’700: campo in terri-torio oltre l’Adda dove si dice inAguei, ovvero Agguzzo, al Santodel Chafera.

santuèri (v. ©é¿a de la madòna).santu|èbi (v. ©é¿a).saré|a (la), pendio terrazzato con

baita e ciliegi selvatici, dopo ron-càl, salendo verso il sènt del giö-ögh (saré¿a = ciliegia). In doc. 21-5-1742: campo in contradaRoncale, località Saresa (APG, doc.972). B 9

saré|a (la), piccolo maggese, ora in-vaso da vegetazione zerbiva e da ci-liegi selvatici, a NE del ruinàsc, amonte di campèl e sotto il pöl. C 10

saré|a (v. signóor de la).sare|èer (a), maggese con baite, so-

pra balsarì√ ed alla quota di magàt.

Si raggiunge dalla strada del Morti-rolo di Mazzo, attraverso un rac-cordo realizzato nel 1980, oppuredalla vecchia strada che da palin-vèrn porta a bórca e recentementeanche dalla nuova strada del Morti-rolo che sale da Grosotto e che quisi riallaccia alla bretella che si col-lega alla strada di Mazzo (saré¿a =ciliegia). Nel 1391: fondo in Zare-xedo (APM, doc. 1727). In doc. 3-5-1591: fondo campivo in contratau.d. in Seresero; in altro doc. 27-7-1608: pezza campiva sita u.d. in Sa-recerio, confinante a O con il nob. emagn. don Giacomo Robustelli(RPG, nn. 196 e 296). EG fine’700: prato, monte con casa e boscoa Sciaresino. (Sciaresaro, q. 1170,IGM). B 12

sare|èer (v. camì√ de, pöiri de, strè-da de).

sas de la strìa (al), gradino roccioso,lungo il sentiero che si diparte dallavecchia strada tra la frazione di S.Martino e la chiesa di S. Croce e sa-le attraverso il ronchét alle case diRoncale. La lastra levigata presentauna cavità, formatasi per il continuopassaggio, che ha la sagoma di unpiede. Il toponimo è forse da colle-gare al fatto che nel 1595-97 dodicidonne di Grosotto furono processateper stregoneria; pare che qualcunadi esse fosse di Roncale e che daqueste parti avvenissero talvolta i«barlotti» (= tregende). C 10

sas de linöc’ (al), grande sasso, vici-no al crap de la pòsa e al sènt de(v)edéc’. Su di esso durante l’inver-no pare non si fermi mai la neve;secondo credenze popolari che sitramandano, vi abitava il diavolo in-fuocato che, riscaldando il sasso, fa-ceva uscire fumo da un foro. E 10

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sas de pradìna (al), rupe, di grandidimensioni, situata su un dosso pra-tivo, tra pradìna e prèda. C 9

sas del caàl (al), masso roccioso,sulla strada tra il caàl e i presàsci.SCG 1562, cap. 4: «Non sit aliquapersona quae audeat incidere ali-quam plantam in ruinis maioribussupra et infra stratam dela Presatiaforis a saxo del Cavalo». H 7

[sas del caàl], nome di luogo cadutoin disuso, riferito a dirupo in prossi-mità della val de prai. SCG 1550:«Tensamus petiam terrae zerbivae etbuschivae incipiendo ad vallem dePrayo usque ad saxum Cavali et abeo usque ad roseram Zufae ubi estcerta via quae vadit ad Banchelas».

sas di gai (v. valé√ di gai).

sas di mòort (al), roccione, situatonel bosco e vicino alla strada, tra iréz e il sènt del giööch. D 9

sas gròs (v. scala del).

[sasèl marcio], toponimo nella zonadi ruinàl, ma di cui non resta traccianella tradizione orale. In doc. 5-1-1536: prato in località ad SaxellumMarcium in monte citra Abduam(APG, doc. 999). Il 23 dicembre1584 Giovanni de Morelo vende unfondo prativo, campivo e boschivocon ovile, masone e tegia e sopra,coperta di piode e di scandole, inmonte citra Abduam in contratau.d. ad Ruinale, con azione di vec-chia roggia detta del Sasel Marcio(RPG, n. 164).

sasumèer (v. bochéta de, dòs de, órsde, pastùra de, scima de, val de).

saùs (al), sorgente, lungo il sentieroche conduce al grasèl, utilizzata perabbeverare il bestiame e per l’usodomestico dei pastori. H 5

saùs (v. luinàl del).

[savonos (ad)], toponimo desueto,localizzato nella zona di pradàsc. Indoc. 11-2-1662: fondo campivo aPradacio o ad Savonos, poco di-stante dalla chiesa della B.V. delleGrazie (APG, doc. 455).

scaezó√ (i), ripido pendio di boschi,tra la ruìna rósa e strìnt, sulla costadestra del Roasco. H 5

scala (v. crap de la, val de).

scala de batùda (la), tratto ripido dimulattiera, tra batùda e iròla. C 12

scala de fontèna (la), tratto moltoripido della vecchia mulattiera, checonduceva a sambastiè√, compresotra fontèna e le case di camodèst.

C 10

scala de papì√ (la), tratto di stradaerta tra l’arca e la pöira. D 9

scala del giööch (la), tratto ripidodella mulattiera, che dal maggesedi lorièna sale a piàz, separando ilbosco comunale da quello privato.

D 9

scala del martì√ (la), mulattiera,con tornanti e tratti ripidi che dalmartì√ prosegue verso la combrìa eil pöl. SCG 1544, cap. 49: «… de-scendendo per spiconum [de Costa]quod prospicit contra nullam horamusque ad locum qui dicitur la Sca-la». C 9

scala del motàla (la), tratto moltoripido di mulattiera, che sale allapré¿a, compreso tra il maggese diprèda e il sènt de la valenàscia. C 9

scala del sas gròs (la), tratto ripi-do di mulattiera, tra la póza e prè-da. In questo punto la strada è co-stretta a deviare il suo corso,circondando in parte un grossomasso. C 9

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scala di caài (la), tratto ripido dellastrada, che da iròla sale verso il piu-dèer, tra i chèmp e i coróni. C 12

scala di polaròli (la), strada, trattosuperiore e molto ripido della vec-chia mulattiera, detta via nóa, chedal solco dell’Arlate, nei pressi dilupìno, sale attraversando la costadei polaròli. SCG 1544, cap. 49:«… per stratam de la Polerola».Map. 1817: Strada comunale dellePolarole. C 10

scala èrta (a), pascolo roccioso eboschivo, sul crinale orobico e vici-no al confine con Mazzo. A 14

scala érta (a), tratto scalinato di mu-lattiera su pendio rimboschito, avalle di bedól, a S del chèmp delvan e sopra val tóof. Vi è una sor-gente utilizzata per l’acquedotto co-munale. D 10

[scala], toponimo scomparso. EG1795: vigna alla Scala nelle VigneVecchie. C 10

[scale], località non più identificabile.EG fine ’700: campo alias selva al-le Scale o Procelle; prato con arbo-ri a Vilor ossia alle Scale.

scalì√ de la (v)asca (i), gradinata,che collega la centrale con il bacìno,costruita dall’AEM a fianco dellacondotta forzata ed accessibile soloagli addetti ai lavori. D 11-12

scarì (v. dòs de).

scernìigh (a), ampio maggese con piùnuclei abitativi, sul pendio della co-sta sinistra della val de artegió√, amonte di mazùch e a O dei aréc’.Nel 1257: ubi dicitur in Arzenighopetia una campi; in prato Cernigoest pertice vigenti (APM, doc. 252,cc. 5r e 17r). SCG 1544, cap. 30:«Statutum est quod habitantes in al-pe de Solezio possint pasculare

usque ad viam quae venit foras dePlana usque ad plazum de Valdeser-ta et a plazo de Valdeserta eundo fo-ras per tresendam usque supra pratade Cernigo et usque ad prata de Fo-pis et usque ad tresendam de Pla-zo». (Scernigo, q. 1570, IGM). F 9

scernìigh (v. val de).

schéna d’è|e√ (’n), dosso pascola-tivo, sulla costa destra e nel trattosuperiore del való√ de guinsèna (=schiena d’asino). F 3

sciaré|a (la), seminativi, in coltùrazót nei pressi del tratto terminaledel ruinàsc. EG fine ’700: campoin Ruinazzo alla Sciaresa; camponella coltura, di sotto la strada re-gia, ove dicesi alla Sciaresa. Topo-nimo poco ricordato. C 10

s’ciasèra (v. bochéta de).

scima de sasumèer (la), vetta, fa-cente parte della dorsale rocciosache divide il való√ de pièna daquello di guinsèna. Sulla cartinadell’IGM è situata a S rispetto al-l’omonima bochéta, a quota 2840.Si tratta pertanto del punto più ele-vato del territorio comunale di Gro-sotto. E 3

scima di gandi rósi (la), cima, a Sdella bochéta de pièna, sovrastanteil sentiero che da piatéda basa con-duce alla bochéta de valùia e sulconfine con la Svizzera. Prende ilnome dal colore delle sue rocce (ró-si = rosse). È detta anche pizzoBanderuola. (P.zo Banderuola oC.ma di Gande Rosse, q. 2830,IGM). D 2-3

scimi de campiè√ (i), punte roc-ciose, sovrastanti il dòs de l’arlèe eallineate in direzione EO. La catenadi cime fa da spartiacque fra i co-muni di Grosotto e Mazzo. (Cam-

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piano, q. 2768, IGM; diversa la col-locazione). D 6-7

scìngoli (i), piccoli terrazzi fra diru-pi, ora invasi da vegetazione spon-tanea, prevalentemente roverelle,già vigneti e campi di segale, amonte di crap de la maghèda e sottocastelì√. EG fine ’700: Vigna alleCingole. D 10

scióri (v. carbonèra di).

sciósch del luinàl (al), abbeverato-io, alimentato dall’acqua della valdel luinàl, posto lungo la strada checonduce in pièna. G 6

scolastica (la), grande casa dal-l’aspetto signorile, a O della con-fluenza del vallone di Piana nelRoasco, nei pressi del ponte carraiodi attraversamento del torrente eparte del maggese dei pre¿àsci. Èdetta anche la chè di Ghisalba, dalsoprannome della famiglia Sasselladi Grosio che ne è proprietaria. Se-condo alcune testimonianze grosi-ne, durante la seconda guerra mon-diale, l’edificio fu utilizzato comescuola per rendere possibile la fre-quenza anche ai bambini che dimo-ravano tutto l’anno sui maggesi del-la Valgrosina. H 6

scöli (v. palàz di).

scura (v. pièna).

sèli (v. gras di).

sélva de meléno (la), selva, ora ingran parte divenuta parco giochi, aO del pradasciöl, a S di stangoló√ esotto la vecchia strada per samar-tì√. Ne erano proprietari due sordo-muti, fratello e sorella, detti «mutde meleno» i quali, in cambio delladonazione dei loro beni alla Con-gregazione di Carità, che gestiva ilvecchio ricovero per anziani e indi-genti, furono negli anni Trenta fra i

primi ospiti, ottenendo assistenza avita. C 10

[selvacce], toponimo localizzato nel-la frazione di Piazza, ma non piùricordato. EG fine ’700: selva inPiazza alle Selvacce.

sélvi (i), ampio pendio terrazzato dicastagneti, alle pendici del versanteretico a SO del paese, compreso trai chè di (v)éc’, il pradasciöl, l’arlèee lupìno. L’area è stata urbanizzata,conservando buona parte dei casta-gneti. In doc. 8-1-1473: campo incontrata u.d. in Silvis (ASSo, not.Venosta). Nel 1626: fondo campi-vo, vignato e piazzivo con alberi ealberelli di castagno u.d. in Silvis,confinante a E con l’illustre cav.don Giacomo Robustelli (RPG,n. 381). C 10

sélvi de l’andreàta (i), pendio dicastagneti, i primi che si incontranosalendo lungo la strèda de sare¿èer,a monte di pozòl. Dal soprannomedi famiglia Mitta. C 11

sélvi del dóm (v. dóm).[selvìn], toponimo non più identifi-

cabile. EG 1795: selva ossia zerbi-vo detto Selvin.

sènt de cabèe (al), edicola sacra,raffigurante la Madonna con le ani-me purganti. Si trova a monte dipiazaröl, lungo la strèda di polaròliche in questo tratto divide la pro-prietà privata, a valle, dal soprastan-te bosco comunale, detto bosco lu-go. C 9

sènt de campèl (al), cappelletta, ri-strutturata recentemente, sopra lecase di campèl, vicino ad una fonta-na. C 10

sènt de filochét (al), edicola sacra,posta dopo il primo tratto rettilineodell’omonima strada che porta alMortirolo, raffigurante S. Isidoro,

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S. Lorenzo e S. Antonio abate, af-frescati dal pittore E. Fumagalli nel1921. EG fine ’700: campo a Capodi Ponte od al Santo del Filochetto.

C 11sènt de giòors (al), santella, nel

maggese omonimo, situata lungo lastrada, appena prima della valéna.

C 9sènt de iròla (v. sènt del cìrol).sènt de l’àigola (al), edicola sacra,

all’inizio del tröc’ de l’àigola, co-struita su un basamento in pietra econ vista panoramica sul paese. Al-l’interno sono rimaste solo alcunetracce di figure dipinte: la Verginecol Bambino in braccio, contornatada un coro di angeli, sulla facciatacentrale Cristo che porta la croce ealcuni santi ai lati e Dio creatorecon in mano una sfera sulla volta.Nella parte superiore della frontesono appena visibili le iniziali A.D. I. e la data 1697. Gli statuti del1739 (cap. 22) vietavano il pascolodal 25 marzo alla fine di ottobre«dal santo dell’Aquila in dentro perla strada di mezo le vigne». D 10

sènt de la bögiolàta (al), piccolasantella, a monte dei chè de pedro-lèch e a SO di campèl, ora scom-parsa. In doc. 6-11-1756: campo alSanto del Boggiola (APG, doc.975). EG 1795: oppolo, alias cam-po, al Santo del Bogiolo. B 10

sènt de la pöira (al), santella, in lo-calità omonima, lungo la mulattierache dalla pöira sale ai réz. D 9

sènt de la póza (al), cappelletta,nella piazzola situata all’inizio del-l’omonimo maggese. C 9

sènt de la valenàscia (al), piccolacappella, situata al bivio tra le mu-lattiere che conducono all’arca e al-la pré¿a. C 9

sènt de lupìno (al), edicola sacra,situata lungo la strada che da stango-ló√ conduce a samartì√, nei pressidel solco dell’Arlate. È dedicata a S.Giovanni Nepomuceno e, fino al1978, ha custodito una statua ligneadi tale santo, invocato contro i peri-coli delle alluvioni. Sulle pareti late-rali interne sono dipinte le immaginidi S. Rocco e di S. Francesco, men-tre sul soffitto è raffigurata una co-lomba, simbolo dello Spirito Santo.Secondo una leggenda, sarebbe statacostruita da un pastore, in ringrazia-mento alla Madonna che aveva sal-vato lui e le sue pecore da un brancodi lupi. Il suo precedente e nobilegesto, consistente nell’aver liberatodalla tagliola un lupetto neonato,venne premiato dal lupo genitore,che durante un’aggressione delle fa-meliche bestie, intervenne in sua di-fesa (E. BELLORA, Al sènt de Lupìno,RLGGM, pp. 32-37). C 10

sènt de mèza via (v. sènt de viapièna).

sènt de palinvèrn (al), cappellet-ta, nei pressi del maggese omoni-mo, all’incrocio delle strade perspelùga e per sare¿èer. B 11

sènt de pendéc’ (al), edicola votiva,cinquecentesca, posta lungo l’omo-nimo tröc’, in posizione dominante ilpaese. Vi è raffigurata la Madonnadel Buon Consiglio con il Bambinoin braccio. Secondo una tradizioneorale le ragazze in cerca di marito siraccomandavano a questa Madonni-na. Sulle pareti laterali interne si in-travedono le figure di S. Gottardo, S.Andrea, S. Pietro e S. Giuseppe,mentre sulla facciata è riconoscibileun Cristo benedicente. D 10

sènt de (v)edéc’ (al), edicola sa-cra, dedicata alla Madonna delle

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Grazie, situata ai margini della stra-da che conduce ai sopièni, nei pres-si della pòsa di (v)èc’. Il rifacimen-to della cappella, che porta la data1856 e le iniziali L.D.P., è stato vo-luto da Luigi da Prada, detto Càiro,in ringraziamento alla Madonna chelo aveva liberato dal carcere in se-guito ai soprusi e alle angherie deiprepotenti (G. RAPELLA, Al sènt deVedéc’, RLGGM, pp. 55-60). L’ef-figie della Madonna delle Grazie fudipinta ex novo dal pittore FabioTogni di Bormio nel 1973; succes-sivamente don Giovanni da Pradaaffrescò sulle pareti laterali internele immagini di S. Giuseppe e di S.Pietro. Le decorazioni floreali ingraffito e le due scene evangeliche(la fuga della Sacra Famiglia inEgitto e la Pesca miracolosa), raffi-gurate sulla facciata, sono il risulta-to del restauro effettuato nel 1975.SCG 1591, cap. 86: «È statutto cheli boschi del comune dal santo deVedegio e dalle masoni de Val deScala in dentro sin alla Pirla sianoproibiti e del tutto tensi». E 10

sènt de via pièna (al), cappellettavotiva, ai margini della strada omo-nima, dedicata alla Madonna. È stataristrutturata dalla famiglia Saligari,soprannominata Gèra, nel 1975, datadipinta sulla facciata. All’interno,protetta da una grata, è raffiguratala Vergine con due santi. C 11

sènt de via pièna (al), santella, lun-go il tratto abbastanza pianeggiantedella stréda de (v)edéc’, compresotra ma¿anéta e artegió√. È detto an-che sènt de mèza via. E 10

sènt del cìrol (al), piccola edicola,posta sopra un masso, all’inizio delpiè√ de iròla, all’incrocio tra la mu-lattiera del Mortirolo e la strada per

masìna, chèmp e piudèer. Vi sonoaffrescate le immagini del crocifis-so e di santi. È detto anche sènt deiròla. C 12

sènt del giööch (al), cappelletta vo-tiva, situata nel maggese di lorièna,lungo la vecchia mulattiera che saleda roncàl verso piaz, in prossimitàdell’incrocio con la strada che scen-de a lorièna basa, detto giööch delorièna. Essa è stata eretta, secondole credenze popolari che si traman-dano, da un uomo risparmiato dallefauci di un orso. Si racconta chel’animale si sia presentato improv-visamente in quel luogo al postodella mucca (o dell’asino) che l’uo-mo stava per vendere. SCG 1555,cap. 3: «… habitare non aut pasco-lare facere a valle de Cernigo foriseundo in loco Lorianae et ab indeforis usque ad ludum Lorianae». Sinoti l’uso improprio di «ludum»(gioco) invece di «iugum» (giogo),ma va tenuto presente che nel dia-letto grosottino entrambi questi vo-caboli si pronunciano e si scrivonoallo stesso modo. E 9

sènt del martì√ (al), santella, sul-l’incrocio tra le strade che conduco-no rispettivamente alla combrìa eal martì√. C 9

sènt di chè de la cuna (al), cap-pelletta, a S e a monte del nucleodelle case omonime. C 10

sènt di colonèli (v. sènt véc’).sènt di réz (al), crocifisso, in locali-

tà omonima. D 9sènt di ronchetì√ (al), piccola edi-

cola, posta lungo la strada che portaa campèl, appena sopra le case disamartì√. C 10

sènt nòof (al), edicola votiva, co-struita su un masso e situata lungola strèda de sare¿èer, prima di giun-

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gere alla val de prai, che in questotratto è chiamata val de sènt nòof.Tra gli affreschi che la decorano,seppure in cattivo stato, è possibileintravedere il Cristo in croce con aipiedi la Vergine, la Maddalena e S.Luigi con il giglio in mano. Neglistatuti del 1739 (cap. 27) è citata la«strada del capitello novo verso lavalle de Prajo». C 11

sènt nòof (v. pónt de, val de).sènt véc’ (al), cappelletta diroccata,

nei pressi della baita di colonèli. Èdetta anche sènt di colonèli. B 11

[sertalonga], toponimo scomparso.ASMi 1316: petiam unam terrecampive u.d. in Serta longa. In doc.8-1-1473: prato con una pianta dicastagno in contrata u.d. in Serta-longa (ASSo, not. Venosta).

se|ùri (i), gruppo di abitazioni a Sdel cantó√ dìnt e appartenente al-l’antico cantó√ de mèz. Attualmen-te è attraversato dalla via Mortiroloche partendo dalla casa Stoppaniscende fino alla via Molini. Cosìdetto dagli orti cintati, ora edificati.È denominato anche cantó√ dise¿ùri. In doc. 16-8-1591: fondo se-dimato con case di abitazione incontrata de Fanoga u.d. in Cesuris(RPG, n. 198). Nel 1692: fondo or-tivo e vignato alle Scesure (APG,doc. 965). D 10

signóor de barufìn (al), crocifisso,collocato su un sasso datato 1832,situato all’incrocio tra la strèda de lagabìna e quella che sale verso Gro-sio, attraversando i fondi di colturadìnt. Barufìn era soprannome dellafamiglia Cometti, ora estinta. D 11

signóor de càiro (al), crocifisso,lungo la strèda de filochétt, in pros-simità dell’imbocco della nuovastrada per il Mortirolo. Dal sopran-

nome di una famiglia Da Prada,proprietaria del fondo su cui è si-tuato. C 11

signóor de fufi (al), crocifisso, avalle del maggese di restelés, lungola strada di sopièni e vicino ad unapiazzola di scambio. È detto anchesignóor de restelés o signóor de za-mariòl, dal soprannome della fa-miglia Da Prada che lo ha ivi col-locato. G 9

signóor de lambornìis (al), croci-fisso, situato fra le baite dell’omoni-mo maggese. SCG 1544, cap 49:«… descendendo per stratam ma-iorem de Prata versus sanctum deLambornisio versus Campellum etusque ad domos de Marono». C 10

signóor de pedrolèch (al), croci-fisso, non più esistente, un temposituato prima delle case di pedro-lèch. B 10

signóor de piatèla (al), crocifisso,con un Cristo scheletrito, ora scom-parso, in località omonima. Quandouna persona è assai magra si usaparagonarla al signóor de piatèla.Ne è rimasta soltanto la croce, postaall’inizio della mulattiera che sale apugén, lorièna, piàz. D 10

signóor de piazés (al), crocifissoligneo, nei pressi del maggese omo-nimo con applicata una croce me-tallica, a ricordo di De Maron Ab-bondio, morto in questo luogo nel1921. C 11

signóor de restelés (v. signóor defufi).

signóor de via nòa (al), crocifisso,situato nel punto d’incontro tra lavia nòa e la strada che conduce asamartì√, recentemente restauratodalla famiglia Sala Peup. C 10

signóor de zamariòl (v. signóor defufi).

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signóor de la saré|a (al), croci-fisso ligneo, nei pressi del maggeseomonimo. C 10

signóor del milé|om (al), croci-fisso ligneo, ora scomparso, pressola piata omonima. C 11

signóor del pòl (al), crocifisso, neipressi delle baite del pòl, all’incrociotra la mulattiera che sale verso còstae quella in direzione di prèda. C 9

signóor del pradasciöl (al), anticocrocifisso, in cima alla via Lugo,che prende nome dall’omonima lo-calità, detto anche in tempi recentisignóor di bòr, dal soprannome difamiglia Trinca proprietaria del fon-do sottostante. C 10

signóor di bòr (v. signóor del prada-sciöl).

signóor di pàoli (al), crocifisso, nel-l’omonima località, all’incrocio trastrada nuova per il Mortirolo e quel-la per chégalóof e traersèra. C 10

[silioga], località non individuata.Nel 1257: petia una campi ubi dici-tur in Silioga in cultura superius(APM, doc. 252, c. 5r).

[silvaplana], toponimo desueto. Il15-8-1306 Giorgio Menapace diGrosotto vende alcuni beni in SilvaPlana (APTi, pe. 4).

[silvatiam (ad)], toponimo in prossi-mità della val di talòghi, ma desue-to. In doc. 25-4-1600: fondo zerbi-vo con dieci castagni in territoriodi Grosotto, in contrata u.d. ad Sil-vatiam prope Vallem Thaloghe(RPG, n. 243).

solèz (a), vasto maggese con diversebaite, in posizione soleggiata, amonte di scernìigh e a N della valledi artegió√. F 8

solèz (v. chèmp de, pièni alti de).

solìa (la), maggese, ora in gran partericoperto da bosco misto, con baitediroccate, a S del pòl, a valle di cò-sta e a NE della val cornì√. È zonaesposta a S (solìa = solatia). (Soli-va, q. 1310, IGM). C 9

solìa (v. tröc’ de la).solìa alta (la), baita isolata e circon-

data da prato, facente parte delmaggese omonimo e situata vicinoalla val cornì√. C 9

[soliberio], toponimo scomparso mariferito a località sul versante retico,nella zona dei Polaroli. SCG 1544,cap. 49: «Statutum est quod non sitaliqua persona quae audeat necpraesumat incidere aliqua lignami-na ex et de nemoribus incipiendoin sulco Arlati et eundo contra nul-lam horam per stratam de la Polero-la et per stratam de Soliberio usquein stratam per quam ascenditur adprata de Bedolo». In doc. 13-2-1609: pezza selvata e zerbiva conparecchi castagni e un basiccio co-perto in contrata u.d. ad Soliberum(RPG, n. 303). EG fine ’700: pratocon arbori a Solibero o Beretello.

solìi (i), bosco di conifere, sul ver-sante orobico, esposto a S, situato amonte della brata ed esteso fino alròcol. B 13

[sommariva], campi situati oltre lerive dell’Adda, ora non meglio lo-calizzati. ASMi 1316: petiam unamterre campive u.d. in Somariva. Indoc. 3-4-1473: campo u.d. in Su-maripa (ASSo, not. Venosta). Nel1568: fondo campivo ad Summam-ripam (APG, doc. 1025).

sóor (v. cantó√). sopièni (i), ampio maggese con pra-

ti e vari gruppi di abitazioni, in po-sizione dominante sul tratto dellaValgrosina dove si uniscono i due

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rami del Roasco, quello orientale,che solca la val d’Éita, e quello oc-cidentale proveniente dalla val diSacco. Più di trentacinque sono leabitazioni, oggi in gran parte ristrut-turate e servite da acquedotto. Cu-rioso è il proverbio che ne eviden-zia la posizione soggetta allecorrenti: «sopièni e (v)edéc’, maisenza fréc’». Meno usata è la formasupièni. Nel 1257: petia a pratariisduobus in monte de Grosubto ubidicitur in Soplano (APM, doc. 252,c. 5r). In doc. 26-8-1473: masonee tegia in monte u.d. in Soplana(ASSo, not. Venosta). Nel 1558:prato con annessa abitazione in lo-calità Sopiane (APG, doc. 1020).(Supiani, q. 1222, IGM). G 9

sopièni (v. ©é¿a di, pöira di, strèdadi, val di).

sórda (v. via).

sórt (v. pièni del).

sotvìgna, ex vigneti terrazzati, orainvasi da vegetazione spontanea, aipiedi del versante orobico, sopravialét e a NE della cascianéta. Indoc. 15-2-1473: campo u.d. Sub Vi-nea (ASSo, not. Venosta). C-D 11

sotvìgna (v. vial de).

spelùga (a), pendio di prati e abita-zioni, a S di batùda e sotto iròla,raggiungibile dalla strada che parteda batùda, oppure dalla gippabileche sale da nedrì√ e da iròla. In doc.17-2-1473: vigna e ronco in contra-ta u.d. ad Figalios sive ad Spelu-gam (ASSo, not. Venosta). (Spelu-ga, q. 931, IGM). C 12

spelùga (v. dòs, róngia de).

spianèe (v. pésc).

spinàsc (a), avvallamento terrazzatodi vigneti, ora invasi da zerbi, avalle di pedrolèch. In doc. 1-3-

1536: pezzo di terra campiva incontrata u.d. ad Spinacium (ASSo,not. Gio. Andrea Robustelli, vol.964). Nel 1608: fondo campivo u.d.ad Spinatium (RPG, n. 297). EG1795: vigna in Spinaccio nelle Vi-gne Vecchie. B 10

spinàsc (v. val de).

spinèda (la), prati di fondovalle conpiccola baita, detta di cirinelì√, avalle di boarésc. In doc. 3-4-1473:campo u.d. ad Spinadam (ASSo,not. Venosta). Nel 1733: campo aSpineda o a Praio (APG, doc. 503).EG 1795: campo alla Spinada o aBoareccio. C 11

stabièl (a), pendio di prati con baita,sulla sponda SO di val de luìna e avalle del garbìsc, all’altezza di po-lài. SCG 544, cap. 31: «Statutumest quod habitantes seu habitaturiin alpe de Campo possint pascularea saepibus de Stabiello et a saepi-bus de Burca supra». B 14

stabini (i), maggese con ampia zonaboschiva, a N del chemp e soprazof, sul confine con il comune diGrosio. SCG 1550: «Tensamus pe-tiam unam terrae buschivae in mon-te incipiendo in via de Convaiiseondo per vastagium usque ad pra-tum Viani Coleti in Stabinis». Indoc. 1-2-1605: fondo prativo conovile e masone e tegia in monte diGrosotto e in parte di Grosio, oltrel’Adda, u.d. ad Stabynas (RPG,n. 273). B 14

stàbio (fò a), terrazzamenti di vignee oppoli, in posizione esposta a S,tra il ruinàsc e i (v)igni (v)e©i, sottostadèrna. ASMi 1243: locazione adAdamo de Adamis de Grossoto diterreno situato in contrata u.d. adStabium. In doc. 28-1-1503: pezzacampiva in cultura inferiori in con-

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trata u.d. ad Stabium (RPG, n. 31).Nel 1606: vigna e selva ad Stabu-lum (APG, doc. 1321). C 10

stadèrna (fò a), vigneti e oppoli, so-pra stàbio, tra il ruinàsc e i portàsci,ora in gran parte abbandonati. Indoc. 8-1-1473: vigna in contratau.d. ad Staderlam (ASSo not. Veno-sta). Nel 1649: vigna in Ruinaccioo a Staderla (APG, doc. 61). C 10

staló√ de pièna (al), ampio fabbri-cato, per il ricovero delle mucche,recentemente ristrutturato e attrez-zato anche per la lavorazione dellatte e per l’alloggio dei pastori. Èsituato nell’omonimo alpeggio, amonte della ca¿ina. (Stallone, q.1969, IGM). F-G 5

stangoló√ (a, ’n), vasto pendio ter-razzato di castagneti e vegetazionezerbiva, già vigneti, specie nellaparte superiore più soleggiata, amonte del pradasciöl e sotto i pola-ròli, a O di fontèna e a NE di lupì-no. A valle è delimitato dalla bifor-cazione della strèda del pradasciöl:il ramo a O conduce verso samartì√,mentre quello a NE porta versosambastiè√. Un tempo l’incrocioera anche punto di divisione dellaroggia che scendeva da fontèna, percui la parte inferiore era detta anchei dó róngi. Era distinto anche instangoló√ dint e stangoló√ fò. Il 13marzo 1536 Antoniolo fu MartinoSpagnolo riconsegna al sacerdoteAntonio Robustelli, al decano e aisindaci del Comune i beni avuti inusufrutto durante il mandato di sa-grestano e tra questi numerosi al-beri di castagno situati in Stangolo-no (APG, 1000). In doc.14-11-1622: fondo prativo e selvatoin contrata u.d. in Stangolono(RPG, n. 367). C 10

stangoló√ (v. tröc’ de).steléti (v. crap di).stèli (v. piè√ di).stopèna (v. bósch de la).stopèni (i), bosco di alto fusto, sul

versante S della val di refréc’, trasare¿èer e papì√. Dal cognomeStoppani. B 12

stradó√ (al), strada principale, at-traversante longitudinalmente ilpaese, tra la via Molini e la via Pa-trioti, realizzata negli anni 1940-42e rimasta strada statale 38 delloStelvio fino alla costruzione dellanuova tangenziale, inaugurata il 23giugno 1994. B-C-D-E 10-11

strèda alta (v. strèda de (v)edéc’).strèda basa (v. strèda di sopièni).strèda de chegalóof (la), mulattie-

ra, ora ristretta da vegetazione in-colta, che dai pàoli conduce a che-galóof. C-D 12

strèda de coltùra dint (la), stradavicinale, tratto dell’antica via Va-leriana che, in prosecuzione dellastrèda del capitèl, attraversa i fondiomonimi in direzione SN. Fino aglianni Cinquanta, nelle vicinanze diuna piccola edicola, ora scompar-sa, era fiancheggiata su un lato dagelsi. È detta anche strèda dichèmp. D 11

strèda de coltùra zót (la), tratto del-la strada provinciale, che scendeverso il confine con Mazzo, attraver-sando l’omonima località. B-C 10

strèda de dòs (la), tratto ripido del-la vecchia mulattiera, che dopo ilpiè√ de iròla passa sopra fóo e attra-versa tutto il costone di dòs fino al-la chiesa del Mortirolo. B-C 12-13

strèda de dòsa (la), mulattiera, chemette in comunicazione predònechcon l’èra. F-G 9

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strèda de filochét (la), strada car-reggiabile, che dal bórch di quatrostrèdi sale fino alla cappellettaomonima, per poi proseguire versoS, fino all’imbocco della nuovastrada del Mortirolo, già strèda desare¿èer. C 11

strèda de la centràl (la), strada,che dal bórch di quatro strédi con-duce alla centrale idroelettrica, cor-rendo ai piedi di vialét e di salvàns.

C-D 11

strèda de la gabìna (la), strada co-munale, ora via Centrale, che si stac-ca dalla vecchia statale 38 nella zonagià detta valèert. È stata realizzatadall’AEM di Milano nel 1930-31, inoccasione della costruzione della ca-bina di trasformazione. D 11

strèda de la maghèda (la), mulat-tiera, che si stacca a S della piazzadel santuario, sale ripida in direzio-ne N fino all’incrocio col tröc’ del’àigola, per poi voltare verso O, su-perare l’imbocco di val de scala eattraversare il pendio omonimo, finoa raggiungere la chiesa di S. Seba-stiano e immettersi nella strèda depiaza che sale dal pradasciöl. Untempo l’imbocco della strada era at-trezzato di cargadora, poichè il traf-fico per il traino a valle di fieno e le-gname era molto frequente. Lungoil percorso sono posizionate le sta-zioni della Via Crucis (crocette diferro affisse ai muri), rinnovate inoccasione dell’Anno Santo 2000,che richiamano la devozione deiGrosottini verso i loro morti. Suimappali del 1817 il percorso è trac-ciato più a valle: la «Strada dettadella Magata» inizia dalla piazza delsantuario, passa sotto l’arco di so-stegno del campanile per poi prose-guire lungo la via Roasco fino ai

prati della re¿éna, mentre la stradaattualmente detta de la maghèda èindicata come «Strada comunaleconducente a S. Sebastiano». D 10

strèda de la póza (la), mulattiera,che congiunge samartì√ alla póza,passando per campèl, giòors e pea-dìscia. Essa prosegue poi o attra-versando l’arlèe e incrociando quel-la proveniente dal gherbisció√ checonduce verso l’arca e piàz, oppuredeviando verso O per raggiungerela pré¿a e salire poi a prèda. È dettaanche strèda de peadìscia. C 9-10

strèda de mortaröl (la), vecchiamulattiera, che parte dal sènt de fi-lochét e conduce al Mortirolo. Dovela strada inizia a salire, in prossimi-tà della baita grezìna, esiste ancorauna vecchia cargadóra ormai nonpiù utilizzata. B-C 11-12-13

strèda de nedrì√ (la), strada vicina-le, che dopo i pàoli si stacca dallastrèda de chegalóof per proseguire,in direzione NE, verso nedrì√.

C-D 12

strèda de palinvèrn (la), vecchiae ripida mulattiera, che sale daprai, attraversa i dòs e raggiungepalinvèrn e pantè√. È detta anchestrèda di dòs. B-C 11-12

strèda de papì√ (la), tratto di mu-lattiera, che dal dòs scarì giunge fi-no a papì√. B 12-13.

strèda de peadìscia (v. strèda dela póza).

strèda de piaza (la), strada comu-nale, che dal pradasciöl, passandoper fontèna e camodèst, raggiungela frazione omonima; è detta anchestrèda de sambastiè√. SCG 1562,cap. 2: «… usque in stratam deFontana sive de sancto Sebastiano».

C-D 10

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strèda de prai (la), strada, che inprosecuzione della strèda de filo-chét, dopo l’imbocco della strèdade saresèer, conduce a prai. Gli sta-tuti del 1544 (cap. 20) stabilivanoche dalle calende di aprile fino allametà di ottobre era vietato condurrebestie al pascolo per le strade delpiano «salvis et reservatis stratis re-galibus, strata de Salvantio et stratade Praio per quas itur in montes ul-tra Abduam». C 11

strèda de prèda (la), strada comu-nale, che collega la provinciale Ser-nio-Grosio con la frazione di Prada,passando accanto alla chiesetta del-l’Addolorata. B 10

strèda de rentasàs (la), tratto ripi-do della vecchia mulattiera, giàstrèda del piudèer, che salendo ver-so E, passando da iròla e nei pressidi prìgol, giunge al piudèer. C 12.

strèda de réz (la), strada vicinale,che da batùda, passando dai bàiti digiuméi e di cöc’, giunge a réz. C 12

strèda de salvàns (la), strada, chedal bórch di quatro strédi, in dire-zione NE, raggiunge e attraversasalvàns. Dopo la costruzione dellacentrale idroelettrica (1910) ha pre-so il nome di strèda de la centràl.

C-D 11

strèda de samartì√ (la), vecchiamulattiera, che diramandosi dallastréda del pradasciöl, nei pressi distangoló√, sale ripida in direzioneO, attraversando lupìno, il solcodell’Arlate e la migiónda. Attual-mente, per raggiungere la frazionedi S. Martino e proseguire poi versoRoncale, si utilizza una nuova stra-da carrozzabile che dai sélvi si diri-ge verso S, passando per i (v)igni(v)egi. C 10

strèda de santa cróos (la), vec-chia mulattiera, che collegava sa-martì√ con roncàl, detta anche strè-da de roncàl. Attualmente lafrazione si raggiunge con la nuovastrada asfaltata che da samartì√ saleverso campèl, i chè de la cuna e at-traversa il piè√. Map. 1817: Stradadi S. Croce. C 9-10

strèda de sare|èer (la), strada co-munale, che si stacca tra la strèda defilochét e quella di prai, appena dopoil signóor de càiro e dove c’era unacargadóra. Attraversa pozòl, i sélvide l’andreàta, palinvèrn, pantè√, pa-pì√, per poi raggiungere sare¿èer. Daqui un ramo prosegue fino in bórca,passando sotto il ròcol. Nel 1999parte del percorso è stato utilizzatoper il tracciato della nuova strada delMortirolo. B-C 11-12-13

strèda de stabièl (la), mulattiera,che staccandosi dalla strada checonduce al bósch giunge fino algarbìsc. B 13

strèda de traersèra (la), tratto distrada, che collega la vecchia mu-lattiera del Mortirolo con traersèra,staccandosi dopo il sènt de via pièna,in direzione NE, verso la condottaforzata della centrale. C-D 12

strèda de valèert (la), strada vicina-le, che staccandosi dalla strèda decoltùra dìnt, dopo il capitèl, attra-versava i fondi di valéert, scendendofino al fiume Adda. Il tracciato è orascomparso e in parte corrisponde al-la più recente strèda de la gabìna.Il toponimo è ricordato da pochepersone anziane. D 11

strèda de varàdega (la), mulattie-ra, che partendo da val de luìna epassando da chèmp, dalla forcoléta,dalla carbonèra di scióri e dal piàzdi gai, giunge in varàdega, per poi

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proseguire come sentiero fino alpasso omonimo. Utilizzata fino aglianni Settanta, soprattutto per il tra-sferimento del bestiame sull’alpeg-gio di varàdega, è ora in stato di ab-bandono e ricoperta da vegetazioneboschiva. B-C 13-14

strèda de (v)edéc’ (la), strada ster-rata, che al bivio presso l’omoni-mo sènt e lasciata quella asfaltatain direzione di sopièni, sale versoma¿anéta, artegió√, menaròl, l’ur-scèla, mazùch, i aréc’, (v)al de¿èrta,duèri alti per poi continuare verso icaréti e pièna. È detta anche strèdaalta. E-F-G 10-11-12

strèda del capitèl (la), strada, trat-to della vecchia via Valeriana, cor-rispondente all’incirca all’attualevia del Capitèl. D 11

strèda del castèl (la), antica mulat-tiera, che si stacca dalla strada pro-vinciale poco più a N della strèdadel dóm e dopo un primo tratto pia-neggiante, si inerpica sulla dorsalerocciosa fino a raggiungere il ca-stello di S. Faustino. D-E 11

strèda del diaolì√ (la), vicolo cieco,che dalla via Patrioti, tra san ròch el’arch de sachéta, sale fino a corti eabitazioni di privati, tra cui il diao-lì√, soprannome di una famiglia Sa-la Tenna. C 10

strèda del dóm (la), strada comu-nale, che attraversa gli omonimi ca-stagneti per poi proseguire, dopo untratto in galleria, verso Ravoledo.Costruita negli anni 1916-20, qualecarrozzabile di accesso alla Valgro-sina, è attualmente utilizzata anchecome percorso turistico per rag-giungere il Parco delle incisioni ru-pestri di Grosio. D-E 11

strèda del mèrmol (la), mulattie-ra, che da solèz scende a scernìigh,

attraverso la quale si trasportava ilmarmo alla calchèra di val desèrta.SCG 1550: «Nullae personae aude-ant incidere ullas plantas laresorumnec peciorum nec alias sortes ligna-minum incipiendo ad calcheramquae est supra pratum Marciotieondo recte per luinale usque in tre-xenda de Solezio et per trexendamusque in burcha Solezii, a nulla ho-ra a dicta burcha vergendo et de-sendendo per stratam per quamconducebatur marmor et usque instratam de Cernigo». F-G 8

strèda del piudèer (la), vecchiamulattiera, che sale da iròla perraggiungere il piudèer, a tratti af-fiancata a quella di prìgol. Map.1817: Strèda de piotaro. C 12

strèda del pradasciöl (la), stradacomunale, proseguimento della viaLugo che, dopo aver attraversato leselve del pradasciöl, prosegue colnome di strèda de piaza. C 10

strèda del ruinàsc (la), strada ster-rata, che proseguendo il sentieroche attraversa gli oppoli nel trattoinferiore del ruinàsc, superatol’omonimo ponticello, conduce aivigneti situati a monte della stradaprovinciale. Map. 1817: Via deiRovinacci. C 10

strèda di calchèri (la), strada, chedai duèri alti sale al chèmp de so-lèz, per poi proseguire verso scer-nìigh. Gli statuti del 1544 (cap. 30)e del 1591 (cap. 29) ordinavano chei residenti nell’alpe di solèz dove-vano abitare e pascolare il bestia-me per lo spazio di cento passi diterreno sopra la strada che decorreverso e presso le calchere delle due-re, la quale è denominata «sente-rium maius», fino al chèmp de so-lèz e da qui sino fuori nell’Arlato.

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Nella mappa catastale: Strada vici-nale delle fornaci. F-G 8

strèda di chèmp (v. strèda de coltù-ra dìnt).

strèda di contrèdi (la), strada ster-rata, che partendo da Prada discen-de verso la provinciale, correndolungo il confine tra Grosotto e lacontrada Calunghe di Mazzo. Map.1817: Strada comunale detta delleContrade. B 10

strèda di dòs (v. strèda de palin-vèrn).

strèda di piazanédi (la), stradasterrata, che staccandosi dalla strè-da di saléc’, tra la val de prai e pra-dèla, sale attraversando i fondiomonimi, per poi proseguire ai pie-di dei dòs fino a Mazzo. Era proba-bilmente un tratto della mulattierapedemontana di collegamento traMazzo e Grosotto, prima della rea-lizzazione della sottostante strèdadi saléc’. Map. 1817: Strada allaruina. B-C 11

strèda di pöiri (v. strèda di pre¿àsci).strèda di pónt (la), tratto di strada,

già parte dell’antica via Valeriana,compreso tra il bórch di quatro strè-di e l’incrocio con la via Molini, re-gistrata nelle mappe del 1817 co-me «Strada regia per Grosio». Il 5maggio 1493 un atto notarile vieneredatto «in strada comunis, propebeorcham del ponte» (ASCGr, doc.1079). Un atto di vendita dell’11novembre 1552 è pure redatto «inburcha del ponte» (APG, doc.1018). C 11

strèda di prèe de punta (la), stra-da vicinale, che si stacca dalla strè-da di pónt, in direzione N, subitodopo il ponte sul Roasco. Ora è in-globata nel «Parco dei prati di Pun-ta». C-D 11

strèda di pre|àsci (la), mulattiera,che dai sopièni attraversa i pöiri,passa dal caàl e raggiunge ipre¿àsci. È detta anche strèda dipöiri. H 6-7-8-9

strèda di ruìni (la), sentiero, giàmulattiera, che dai ruìni scende fi-no al piè√ di bóri, incrociando lanuova strada nei pressi del tornantesotto i duèri alti. G 8

strèda di saléc’ (la), strada asfaltata,che proviene da Mazzo, seguendo inparte il tracciato dell’antica via Vale-riana, a sinistra dell’Adda, attraversai saléc’ fino alla val de prai, per poiincrociarsi al bórch di quatro strèdicon la strada che conduce al Morti-rolo. Lungo il percorso, un tempopiù sinuoso, vi erano numerosi salicie gelsi mentre oggi il suo andamentoè quasi rettilineo ed è più propria-mente chiamata via Nuova Provin-ciale. Map. 1817: Strada comunaleper Grossotto. B-C 10

strèda di sopièni (la), strada asfal-tata, in prosecuzione di quella chegiunge dalla frazione di Piazza. Alsènt de (v)edéc’ segue l’ampio cur-vone che volge verso la valle delRoasco e continua fino ai sopièni.Prosegue poi sterrata, col nome distrèda di presàsci, fin oltre il caàl,raggiungendo i piccoli maggesi sul-la riva destra del Roasco. È dettaanche strèda basa. E-F-G 9-10

strèda di (v)ascó√, (la), strada, chesi stacca dalla via Molini, attraversal’omonimo ponte in ferro e rag-giunge le vasche di riserva d’acquadell’AEM. D 11

strèda di (v)igni (v)égi (la), strada,che da i sélvi conduce nei vignetisituati nella parte SO del paese, oraraggiungibili anche dalla nuovastrada che sale a samartì√. Map.

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1817: Strada comunale che conducealla Vigne vecchie. B-C 10

strèda nòa de mortaröl (v. strèdade sare¿èer).

strèdi (v. bórch di quatro).strint (al), piccolo dosso boschivo, a

monte di bàiti de gasperì√, nella zo-na alta dei pre¿àsci. H 5-6

strint (v. tröc’ de).supièni (v. sopièni).svanèla (la), prati irrigui, sotto la

strèda de prai e a NE della stessavalle. C 11

tadé (v. chè d’). talòga (fò a), terreni prativi e selve,

sul versante grosottino della valleomonima, che fa da confine con ilcomune di Mazzo. Sono detti anchetaloghi. Nel 1257: petia una pratiubi dicitur ad Talogam (APM, doc.252, cc. 4v e 17v). In doc. 2-11-1610: fondo prativo e selvato u.d.ad Talogas (RPG, n. 313). B 11

talòga (v. val de). tambùrli (i), prati irrigui e seminati-

vi, compresi tra la strèda de sare¿èere quella de prai e a NE della stessavalle. C 11

tambùrli (v. acqua di).taoléti (i), spiazzi pascolativi, fra ve-

getazione boschiva, con piccolesorgenti d’acqua, appena sufficien-ti per abbeverare il bestiame, amonte del chèmp de solèz. F 8

[taverna], toponimo scomparso. Indoc. 1-8-1648: vigna a Taverna(APG, doc. 1158). EG 1795: casacivile con rustico nel Canton Ro-bustelli a Taverna.

[tavernola], piazzetta corrispondenteall’attuale incrocio tra la via Patrio-ti e la via Lugo, dove è situato ilbui di quatro canó√. Come risultadalla bozza degli statuti del 1544, laquarta contrada, detta Superiore,cominciava «ad bulium» della piaz-zetta di Tavernola e saliva fino agiungere al canale del Rayno. Il to-ponimo non è più in uso.

té©i (v. piè√ di).

té©ia nòa (a), pascolo e bosco d’altofusto, già maggese con baite, a NOdi duèri basi e a monte di (v)alde¿èrta. In doc. 3-4-1473: prato u.d.in Tegianoa (ASSo, not. Venosta).Nel 1581: pezza prativa con ovile emasone in monte u.d. in Tegianova(RPG, n. 153). G 8-9

[té©ia (v)é©ia], località la cui deno-minazione è scomparsa, ma situatatra chèmp de solèz e l’arlèe. Neglistatuti del 1544 (cap. 30), si pre-scrive che coloro i quali abitanonell’alpe di Solezio non possonopascolare il loro bestiame dal cam-po di Solezio fino all’Arlato, salvoquelli che stanno «ad Tegiam vete-rem».

tegiàl (a), maggese rimboschito conbaite diroccate, sopra còsta e sottocampiè√, a S del ruinàsc e a NE dicornì√. In doc. 7-10-1606: fondoprativo, zerbivo e boschivo con ovi-le e masone sopra in contrata u.d. inTegiale seu in Costa (RPG, n. 278).Nel 1783: fondo prativo con sedimein Tegiale (APG, doc. 197). (Te-gial, q. 1720, IGM). C 8

téi (v. val di, òlta de val di).

temé (v. bósch del, pièna del).

temelì√ (v. ruìna del).

tèrme√ (al), cippo confinario, traGrosotto e Mazzo, sulla sommità

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del Mortirolo, dove iniziano i piènide mortaröl, che si estendono sulterritorio confinante. Sulla partegrosottina vi è rappresentata la bi-scia, mentre sull’altra faccia lostemma di Mazzo. A 14

tèrme√ (v. tröc’ del).tèsc (a), maggese con baite e bosco

d’alto fusto, a monte dei valé√ de(v)al de¿èrta. F-G 8

te|ùra (a), dosso con maggese, divi-so dalla strada che sale dai sopiènie che in questo tratto si congiungecon quella proveniente dal sopra-stante maggese dei duèri basi. SCG1555, cap. 3: «… in loco u.d. inDovera, supra Costam longam seusupra poiras de Tosura». (Tesura,q. 1336, IGM). G 9

[tiranelza], toponimo scomparso. Il12 febbraio 1522, nello scambio dibeni tra Nicolò Venosta, abitantenel castello di S. Faustino di Gro-sio, e il fratello Germino, viene as-segnata una stalla in territorio diGrosotto u.d. ad Tiranelseam (RPG,n. 43). In doc. 4-2-1642: prato inTiranelza (APG, doc. 1127).

[tobelo], toponimo desueto. In doc.16-2-1473: pezza ronchiva u.d. inRuynazio sive ad Tobellum (ASSo,not. Venosta). Nel 1564: pezza vi-gnata u.d. ad ronchum de Tobeloseu ad Stabium (RPG, n. 129).

tógn (a), maggese con abitazioni esovrastante bosco di conifere, a NOdi duèri basi, a monte di pöiri e avalle di còtol, lungo la strada checonduce a basiét. EG fine ’700:monte alle Dovvere, al Togno. (To-gno, q. 1539, IGM). H 8

tógn (v. dòs de, val de).tondèl (al), spiazzo prativo, ora rico-

perto da vegetazione spontanea, aforma semicircolare, sul pendio di

(v)edéc’, sopra la póza, in posizionedominante sulla valle dell’Adda. Fuutilizzato dai partigiani poiché offri-va buona vista su Mazzo, dove ave-va sede una loro postazione. E 10

tóof (v. val).

tóor (v. crap de la).

tòorc’ de calderàt (al), vecchio tor-chio, non più esistente, già situatoall’imbocco della strèda del diao-lì√, nel cortlile della casa dei cal-deràt, soprannome di un ramo deiSaligari (calderàt = caldaia di me-dio-piccole dimensioni). C 10

tòorc’ de cazetòl (al), torchio nonpiù esistente, di proprietà della fa-miglia Stoppani, soprannominataCazetòl, situato nel cortile della ca-sa già dei Venosta e in seguito dellafamiglia Omodei, originaria di Ser-nio. D 10

tòorc’ de pipì (al), antico torchio vi-nario, situato vicino alla ©e¿ìna dibòr, nella casa di Dell’Acqua Mo-desto, detto Pipì, utilizzato dai vi-gnaiuoli del cantó√ sóor e successi-vamente gestito dalla famiglia DeMaron, soprannominata Bi©ègo, at-tuale proprietaria dello stabile. C 10

tòorc’ de pi|èn (al), edificio contorchio in legno a leva pressante,situato dietro la ©e¿ìna di colonèli,in via Patrioti. Il torchio, attivo dal1700 fino agli anni Settanta, fu ac-quistato dal Comune nel 1985 e re-staurato nel 2002. Dal soprannomedi una famiglia Robustellini pro-prietaria in passato. C 10

tòorc’ di ca|éi (v. ca¿éi).

torcerì√ (v. mulì√ di).

torció√ (i), terrazzamenti di casta-gneti, sopra i sélvi de l’andreàta.EG fine ’700: vigna al Torchionedi là dell’Adda ossia Pozzolo; ar-

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bori a Pozzolo presso la vigna alTorchione. C 11

[torraccia], antica zona del paese,circostante l’omonimo trivio, doveprobabilmente esisteva una torre.Corrisponde all’incirca all’attualenucleo abitativo di san ròch. Il to-ponimo non è più in uso. Una seco-lare tradizione, ma del tutto privadi fondamento storico, vuole che daqueste parti avesse trovato rifugio ilpellegrino S. Rocco quando, colpitodalla peste, faceva ritorno in Fran-cia. Nel manoscritto braidense (c.69r) leggesi: «S.to Rocho l’anno1311 venne per Valtelina peregri-nando così in nisune parte il volse-ro allogiare salvo che qui in Gro-sotto, il quale allogiò in una torre laqual torre era dove se dice in Tora-cia, adesso piazza de Comune». Il26 marzo 1320 un atto di venditaviene redatto in località «ad Tora-ciam» (ASCGr, doc. 836). In doc.15-2-1473: prato ad Toraziam, con-finante a E con il fiume Adda e a Ncon la roggia o acquedotto comuna-le (ASSo, not. Venosta). Nel 1533:pezza prativa con piante di casta-gno e di salice in contrata u.d. subripis de Toratia (RPG, n. 66).

[torraccia], seminativi su stretti ter-razzi, situati sul versante S dell’al-tura su cui sorge il castello di S.Faustino, dove recenti indagini han-no intravisto tracce di antiche forti-ficazioni, probabilmente di epocalongobarda. Il toponimo non è piùricordato. Il 29 novembre 1523Francesco del Queto fu Pietro diGrosio vende ad Antonio e MichinoVenosta, abitanti nel castello dei Ss.Faustino e Giovita, un fondo a Gro-sotto in località Torazia (ASCGr,doc. 1175). Nel 1599 Antonio deTelinellis fu Giovanni, detto del

Gallo, vende a Gerolamo Venostafu Agostino un campo in Grosottosotto le vigne del castello, in locali-tà Toracia (ASCGr, doc. 1420). EGfine ’700: campo alla coltura didentro in Torrazza od al Castello.

tosèl (v. ruìni del).traersèra (a, ia a), terrazzi con bai-

te e prati incolti, già vigneti e mele-ti fino agli anni Cinquanta e coltividi frumento, segale e grano sarace-no fino agli anni Sessanta, situatitra (v)argelàsc e i pàoli. In doc. 8-1-1473: campo in contrata u.d. adTraversegnos (ASSo, not. Venosta).SCG 1550: «Tensamus petiam ter-rae zerbivae et buschivae iacentemin monte ubi dicitur in Traversera».In doc. 18-1-1629: fondo zerbivo eboschivo con castagni u.d. in Tra-versera seu ad Calcheram (RPG, n.400). (Traversera, IGM). C 11-12

traersèra (v. strèda de).tré bàiti (i), piccolo maggese con tre

baite, prato e bosco ceduo, a valledi prèda e a S dell’Arlate. C 9

tré bàiti de (v)edéc’ (i), piccolo nu-cleo abitativo, a monte della santel-la di (v)edéc’ e del bivio tra la stra-da che conduce ai sopièni e quellaalta che sale ad artegió√. E 10

tréla (la), pascolo e piccola costru-zione con acqua sorgiva, di frontealla ca¿ìna de pièna, in passato uti-lizzata per la conservazione del lat-te, ora ricovero per i pastori. G 5

tréla de carolìna (la), casupola conacqua sorgiva continua, un tempousata per la conservazione del latte,a N di piàz dint. Carolìna è sopran-nome di un ramo della famiglia SalaDanna che ne è proprietaria. E 9

tréli de (v)al de|èrta (i), sorgenti,che sgorgano nel tratto inferiore delvalé√ omonimo e confluiscono nella

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val de l’èra. Un tempo erano copio-se ed utilizzate sia per l’irrigazionedei prati che per uso domestico. So-no situate nei pressi dell’incrocio trale mulattiere che conducono ai duè-ri alti e ai duèri basi e vicino allebaite dell’èra. F 9

tresénda (v. tröc’ de la).

tre(v)e|ìna (su ’n), costone rocciosocon pietraie, che culmina conl’omonimo pizzo, sul confine conla Svizzera. Esso sovrasta verso Nla bochéta de guinsèna, vicino alterritorio grosino di pedrùna, men-tre verso O domina la val Trevisinae Vallalta, in Valposchiavo. Il to-ponimo è usato anche per indicarela bochéta de guinsèna. (P.zo Tre-vesina, q. 2822, IGM). F 1

trinca (i), piccolo maggese, ora in-vaso da boscaglie, a N del roncàsc,in fondo alla val di téi e sotto l’èra,ai piedi del ripido pendio che so-vrasta la riva destra del Roasco. Iltoponimo è legato probabilmente alcognome Trinca. F 10

tröc’ de bargèl (al), sentiero, cheinizia nei pressi della curva dipù©e√ e giunge a bargèl, passando avalle del tröc’ de prèda. E 10

tröc’ de bràch (al), sentiero, chedalla pirla scende trasversalmentefino a raggiungere il Roasco, al disotto della diga vecchia di Fusino.Bràch è anche toponimo di Grosio,corrispondente al maggese e allavalle oltre il Roasco. H 9-10

tröc’ de campiè√ (al), ampio sentie-ro, ora strada, che da piàz sale a pe-sciòla, per poi deviare verso SO, indirezione di campiè√. D-E 8-9

tröc’ de canfinàl (al), sentiero, cheinizia nella zona pascolativa dei fòpide pièna, attraversa i mandri del mò-

ro e raggiunge canfinàl, per poi pro-seguire fino in guinsèna. G-H 3-4-5

tröc’ de gasperì√, sentiero, che sa-le dai presàsci alti alle baite di ga-sperì√. I 6

tröc’ de matacàco (al), sentiero, trapalinvèrn e le baite di pantè√.

B 11-12

tröc’ de mèz (al), sentiero, che con-giunge il maggese del càfera con lastrada del grasèl. H 5-6

tröc’ de pendéc’ (al), sentiero, chein prossimità del bùi de ros’cèra at-traversa i (v)igni de pendéc’ percongiungersi, nell’ultimo tratto piùripido e disagevole, alla strèda dela maghèda, in prossimità della©e¿a de sambastiè√. Map. 1817:Strada consorziale detta di Pen-deggio. D 10

tröc’ de piàz (v. tröc’ di mòort).

tröc’ de prädàsc (al), sentiero, chedalla via Patrioti, in prossimità diuna caratteristica casa cinquecente-sca, scendeva fino alla via Molini,attraversando i coltivi di prädàsc.Oggi il tratto superiore corrispon-de alla via della Libertà. D 10-11

tröc’ de prèda (al), sentiero, chestaccandosi alla curva di pù©e√, at-traversa il bosco lugo e il valé√grant per raggiungere prèda e poiincrociare la mulattiera che saleverso l’arca. D-E 9-10

tröc’ de restelés (al), sentiero, chedalla strèda di sopièni sale verso ilmaggese omonimo. G 9

tröc’ de stangoló√ (al), sentiero,ora ricoperto da vegetazione zerbi-va, che da fontèna sale erto nel pri-mo tratto, per poi proseguire quasipianeggiante in direzione O, attra-verso i vigneti di stangoló√. C 10

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tröc’ de (v)argelàsc (al), sentiero,che parte dal sènt de via pièna eraggiunge, verso N, le condotte for-zate dell’AEM. D 11-12

tröc’ de vérs (al), sentiero, ora stra-da, che si stacca da quella che con-duce ai sopièni nei pressi di restelése scende verso il fondovalle fino avérs. G 9

tröc’ de l’àigola (al), sentiero, che sistacca dal curvone della strada dellamaghèda, in direzione NE, attraversacon andamento pianeggiante i vigne-ti, ora terrazzi zerbivi, dividendoliin àigola basa e àigola alta, per poibiforcarsi e dirigersi, un ramo versoil basso fino ai ros’cèri, l’altro versoval de scala. Map. 1817: Strada con-sorziale all’Aquila. D-E 10-11

tröc’ de la paùra (al), sentiero im-pervio, che partendo da vérs prose-gue, sopra i dirupi che scendono apicco sul Roasco, fino alla pirla. Siracconta che durante la costruzio-ne della ©esa di sopièni le donnetrasportavano la sabbia, prelevatadal torrente, percorrendo questosentiero. G 9

tröc’ de la pièna (al), sentiero, cheparte dai prati di còsta, passa sopraraspagnöl e giunge a |aròl, dividen-do la proprietà comunale da quellaprivata. C-D 8-9

tröc’ de la solìa (al), sentiero, chedal martì√, dopo aver attraversato iboschi della solìa, sale inerpican-dosi fino al mót de còsta. C 8-9

tröc’ de la tre|énda (al), sentiero,tratto inferiore del tröc’ di muli,compreso tra il valé√ di gai e la par-te inferiore del grasèl. È attraversa-to da reticolati che proteggono lavegetazione boschiva dagli animali.In doc. 11-3-1473: prato u.d. adPratam seu ad Tresendam, confi-

nante a O con bosco e valle comune(ASSo, not. Venosta). H-I 5

tröc’ del balda (al), sentiero, sulversante orobico del paese, che rag-giunge il tèrme√, dopo aver attra-versato i barch e il crap mèersc.Balda era il soprannome di un bre-sciano. A-B 13-14

tröc’ del bósch (al), sentiero, che dalpiè√ de la galìna, incrociato il tröc’del tèrme√, sale verso pièna doréa eil bósch. Un tempo era utilizzato so-prattutto per trasportare il carbone,prodotto nella zona. B 13-14

tröc’ del castèl (al), sentiero, disa-gevole e invaso da rovi che, stac-candosi nel tratto mediano dellastrèda del dóm, sale sul pendio roc-cioso fino a raggiungere il castellodi S. Faustino da SO. D-E 11

tröc’ del diaolì√ (al), sentiero, cheattraversando orti, frutteti e semi-nativi, collegava corti e abitazioni,situate al termine della strèda omo-nima, con il rongiàl. C 10

tröc’ del rosolàt (al), sentiero, cheda pièna doréa conduce al confinecon Mazzo. A-B 14

tröc’ del strint (al), sentiero, orastrada, che dall’omonimo gruppodi baite sale fino a congiungersi conil tröc’ di muli, per poi proseguirefino alla strada che da pièna con-duce in guinsèna. H 5-6

tröc’ del tèrme√ (al), sentiero, cheproviene dal bósch, passa a montedi pièna doréa alta, raggiunge ilcrap mèersc per poi arrivare al con-fine con Mazzo nei pressi del cippoconfinario. È detto anche tröc’ dicontrabandéer, poichè utilizzato untempo dai contrabbandieri che dallaValcamonica raggiungevano laSvizzera. A-B 14

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tröc’ di ca|éi (al), viottolo, che partedai rónch, attraversa il piè√, rag-giunge i bàiti de pedrolèch e le vi-gne dei caséi, per poi proseguireverso la val de spinàsc fino al confi-ne col comune di Mazzo. B 9-10

tröc’ di chè di (v)éc’ (al), passag-gio, su corti e terreni privati chemette in comunicazione i chè di(v)éc’ con la via Roggiale; un tem-po era utilizzato per attingere acquaal rongiàl e per abbeverare il bestia-me. C 10

tröc’ di contrabandéer (al), sen-tiero, che dal vallone di Piana, neipressi dell’imbocco della val de sa-sumèer, si inerpica sul costone, rag-giungendo piatéda basa e piatédaalta per poi proseguire fino alla bo-chéta de valùia. Fino agli anni Set-tanta era frequentato dai contrab-bandieri. D-E-F 3-4-5

tröc’ di crap (al), sentiero, ora rico-perto da vegetazione zerbiva, cheparte dalla migiónda e si inerpicasulla costa destra dell’arlèe fino aprèda e all’arca. C 9-10

tröc’ di gai (al), sentiero, a monte del-la via Lugo, che dalla chè di gai saleverso i vigneti di pendéc’. C 10

tröc’ di mòort (al), mulattiera, untempo sentiero, che staccandosi dal-la strada di còsta nei pressi di te©iàl,attraversa la ruìna, l’arlèe, i réz, alvalé√ di mòort fino a piaz, prose-guendo poi in direzione duèri-caré-ti. È detta anche tröc’ de piàz. Se-condo le credenze popolari ilsentiero era percorso, durante lanotte, dalle anime dei morti. Si rac-conta che un uomo, in cerca dellasua mucca, si trovasse a notte fondain questi luoghi e che ai suoi occhifosse apparsa una processione dianime biancovestite con in mano un

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lume. Una di esse gli consegnò lasua candela, ma la luce che si ritro-vò tra le mani divenne presto fioca,fino ad estinguersi completamente.Giunto a casa ed essendosi accortodi avere con sè un osso umano, fucostretto dal prete a ritornare sul po-sto per restituire al morto la cande-la, cioè l’osso del braccio. L’uomoseguì i consigli del sacerdote, main seguito non tornò mai più in queiluoghi a curiosare. C-D-E 8-9

tröc’ di muli (al), sentiero, che dalvalé√ di gai, sulla riva destra delRoasco, sale fino a raggiungere lastrada che da pièna conduce inguinsèna, nei pressi del valé√ decanfinàl, per poi proseguire fino aipozàt. Un tempo era utilizzato per iltrasporto a valle del carbone a mez-zo di muli. Il tratto inferiore è dettoanche tröc’ de la tre¿énda. H-I 5

tröc’ di pastóor (al), sentiero, chesale dalla strèda de la centràl, divi-dendo salvàns da vialét, fino a rag-giungere, presso sotvìgna, la mulat-tiera del Mortirolo. C-D 11

tubi (i), condotte forzate, con 325,50metri di salto, realizzate nel 1908-10dall’AEM di Milano per alimentarela centrale idroelettrica. D 11-12

tuèna (v. baita di, prèe del).tunf (v. baita del tunf).tuninét (al), vasto pendio di bosco

comunale, sul versante orobico, aN di convài e sul confine con Gro-sio. C 13

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ulscèla (l’), maggese con baite e so-vrastante bosco d’alto fusto, a vallee a NO dei aréc’, a SE di (v)alde¿èrta e lungo la strada vecchia di(v)edéc’ che prosegue verso i carétie pièna. È detto anche urscèla (forseda urscèl = uccello). In doc. 27-6-1696: fondo prativo, boschivo e se-dimato ad Ulcellam; in altro doc.23-4-1704: fondo prativo e boschi-vo all’Olsciella (APG, docc. 488 e494). (Ulscella, IGM). F 9

usét (i), vicoli, che mettono in comu-nicazione la via Robustelli con la viaCerva, attraversando corti e proprie-tà private (us = uscio). D 10-11

val (i), vallecole con sorgenti, detteacqua de gianìno, a valle del pratodello stesso maggese. B 13

val (v. (v)igni de la).val cornì√ (la), vallone scosceso, sul

versante retico del paese, che di-scende dalle pendici del dòs de l’ar-lèe, attraversa campiè√ e termina aS della frazione di Prada. Il solcovallivo segna il confine con il co-mune di Mazzo. Il tratto intermedioè detto anche val de pradél, mentrequello inferiore val de prèda. (V.Cornin, IGM). B-C-D 7-8-9-10

val de artegió√ (la), convalle, per-corsa da acque nascenti al boschét,sotto la bochéta de pesciòla, scendeverso oriente tra scernìigh e fòp,per poi proseguire a S di artegió√fino al Roasco. È detta anche valé√del vendùl, perché soggetta a slavi-

ne. SCG 1591, cap. 84: «È statuttoche li boschi della valle de Arte-gion in dentro sina nelli prati delleSopiane siano tensi». EG fine ’700:prato e bosco alla Masoncella vici-no alla valle de Artegiono. (T. Arte-gione, IGM). E-F 7-8-9-10

val de ba|iét (v. val di caréti).val de bui (la), valle scoscesa con ac-

que torrentizie, che scendono dalversante orobico e che in passatospesso tracimavano danneggiandoprati e coltivi. Ha inizio alla brata,delimita a S i maggesi di pantè√ epalinvèrn, fino a raggiungere il fon-dovalle nella località omonima e poiconfluire nell’Adda. Il solco vallivosegna il confine con Mazzo. È dettaanche val de talòga o val di talòghi.In doc. 29-5-1624: fondo prativoconfinante con la valle del Buglio(APM, doc. 1828). B 11-12

val de fasòl (v. val del luinàl).val de fusciàt (la), valletta, a monte

della pastùra granda e di cornì√. C 8val de l’èra (la), vallecola, percorsa

da acque provenienti dai tréli de (v)alde¿èrta, che discendono a S delle bai-te del maggese omonimo, per poiconfluire nel Roasco. F-G 9-10

val de luìna (’n), avvallamento pra-tivo, attraversato dall’acqua chescende dalla val di costi e soggettoa slavine, situato a NE della ©ésade mortaröl e a valle di stabièl. Iltratto superiore, che inizia alla con-fluenza dei tre valé√ del bósch, èdetto anche val de stabièl, quellointermedio val de la pré¿a e quelloterminale val foàsca. L’acqua deval de luìna, dopo aver attraversatoi dòs, la pré¿a, premuràsc, iròla eval foàsca, viene canalizzata nellazona di tambùrli e fatta confluirenella val de prai. B 12-13-14

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val de luìna (’n, su ’n), maggese,sull’avvallamento omonimo, a valledi stabièl e del garbìsc. L’acqua chenasce a monte del maggese, unita-mente allo scolo dell’acqua piovanache scende dai sovrastanti garbìsc,rende spesso i prati paludosi. Indoc. 23-12-1625: fondo prativo ezerbivo con stabulo, masone, tegiae domuncula a lacte, in monte oltrel’Adda u.d. in Val de Luina (RPG,n. 379). EG fine ’700: prato in Val-le Luina. B 13

val de marmolóos (la), valle im-pervia, percorsa da torrente che na-sce sopra il pìis, scende frama¿anéta e artegió√ sul pendio bo-scoso fino a confluire nel Roasco.Deve il suo nome al fatto che untempo nel tratto superiore vi erauna cava di marmo utilizzato perprodurre la calce. Gli ordini del1550 vietavano il taglio di piantenei boschi «in monte citra Abduamubi dicitur ad poyram Artigioni etal Marmolos». E-F 8-9-10

val de ma|anéta (la), vallecola,che scende a NE del mót de pù©e√,attraversa ma¿anéta e confluisce nelRoasco. E-F 9-10

val de pedrolèch (la), tratto dellaval de spinàsc, in corrispondenzadi pedrolèch. B 10

val de pozòl (v. val foàsca).val de pradél (la), valle, tratto inter-

medio della val cornì√ che segna ilconfine tra il comune di Grosotto equello di Mazzo. In doc. 27-1-1652: vigna alla valle di Pradel(APG, doc. 1166). B 9

val de pradìna (la), vallecola bo-schiva, che dall’omonimo magge-se scende verso il solco del ruinàsc.

C 9

val de prai (la), valle con acque tor-rentizie, che scendono dal versanteorobico. Ha origine alla fracia, at-traversa i vari maggenghi sottostan-ti fino a prai, per poi gettare le sueacque nell’Adda. È detta anche valdi refréc’, mentre il tratto in prossi-mità del sènt nòof è detto val delsènt nòof. SCG 1550: «Tensamuspetiam terrae zerbivae et buschivaeincipiendo ad vallem de Prayo». Indoc. 15-10-1627: fondo prativo consalici, un noce e un castagno u.d. adPrayum, confinante a N con il rialeaque de Prayo (RPG, n. 391). C 11

val de prèda (la), valle, tratto infe-riore della val cornì√, che raggiungeil fondovalle a SO dell’omonimafrazione e attraversa coltura zót, se-gnando il confine tra i comuni diGrosotto e di Mazzo. B 10

val de restelés (la), avvallamentocon poca acqua sorgiva, invaso dabosco misto, che dalla strada, a val-le del maggese omonimo, scendeverso il Roasco. G 9-10

val de ruinàl (la), vallecola, alimen-tata dall’acqua sorgente presso ma-zùch, che attraversa il maggeseomonimo e il sottostante pendio bo-scoso per poi confluire nel Roasco.

F 9-10val de samartì√ (la), profondo solco

vallivo, tratto intermedio del rui-nàsc, che passa in mezzo alla fra-zione di samartì√ dove è attraver-sato da un caratteristico ponte adarco datato 1914. C 10

val de sambernèert (la), valle, per-corsa da acqua confluente nel Roa-sco, sul pendio boscato a SE dellaval de tógn. H 8

val de sasumèer (la), valle, trasver-sale al versante sinistro del vallonedi Piana, con acqua sorgente nei

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pressi della bochéta omonima, uti-lizzata sia per uso domestico sia perazionare la turbina che genera la cor-rente elettrica per la ca¿ìna de pièna.SCG 1544, cap. 40: «… ad vallemseu aquam de Sassumero». F 4

val de scala (’n), pendio terrazzatocon castagneti, vegetazione spon-tanea e dirupi, attraversato da vec-chia mulattiera, che si stacca dallastrèda de la maghèda, nei pressidella curva che svolta verso S. Se-bastiano, sale ripida nel primo trattoper poi piegare verso NE e raggiun-gere i bàiti de petalóna, e immet-tersi in un avvallamento di boscoceduo. Nei pressi della ólta de valdi téi prende la direzione del Roa-sco e prosegue col nome di dettavalle. È situata a monte dell’àigolae a NE della maghèda. In doc. 7-12-1600: fondo zerbivo con casta-gni in contrata u.d. ad Vallem deScala (RPG, n. 244). Nel 1626: sel-va in Val de Scala (APG, doc.1087). D 10

val de scernìigh (la), valle, trattointermedio della val de artegió√, incorrispondenza dell’omonimo mag-gese. SCG 1555, cap. 3: «… nonpascolare facere a Valle de Cernigoforis eundo ad mansionem heredumquondam Stephani Togni de Robu-stellis in loco Lorianae». F 8-9

val de spinàsc (la), asciutto solcovallivo, ora invaso da bosco misto,che parte dai fontèni, a NE di còstae della solìa, prosegue a S di roncàl,scendendo tra la val cornì√ e il rui-nàsc, fino alla frazione di Prada. Indoc. 12-2-1603: fondo zerbivo conquerce e castagni u.d. ad VallemSpinatii (RPG, n. 261). Nel 1668:fondo vignato nella valle di Spinasc(APG, doc. 1200). B-C 8-9-10

val de stabièl (la), valle, tratto supe-riore della val de luìna. B 13-14

val de talòga (la), valle scoscesa,sul versante orobico che segna ilconfine con Mazzo. È pure dettaval de bui o val di talòghi. SCG1550: «Tensamus totam comunan-ziam inter vallem de Prayo et val-lem de Taloga». In doc. 25-4-1600:fondo zerbivo con piante di casta-gno u.d. ad Silvatiam prope VallemThaloghe, confinante a S e a O conVallis Bulii seu Talogha (RPG,n. 243). B 11-12-13

val de tógn (la), valle, percorsa daacqua proveniente dal dòs de la cró-os e confluente nel Roasco, sul pen-dio franoso a E del caàl. Nel trattoinferiore è detta anche valé√ dellóof. H 8

val de (v)edéc’ (la), valletta, conpoca acqua che aumenta solo neiperiodi di abbondanti piogge; scen-de a NE del mót de pù©e√ verso(v)edéc’, per poi confluire nel Roa-sco. E 10

val del caàl (la), valle, tratto inferio-re della val di caréti, che scende aNO del maggese omonimo, percor-sa da acque sorgenti al gras del’alp, vicino alla cargadóra, e con-fluenti nel Roasco a E della val delluinàl. H 7

val del luinàl (la), valle, con acquasorgente nel pascolo omonimo, inparte raccolta in un abbeveratoio,detto sciósch del luinàl, e che poiscende sino ad affluire nel Roasco.È situata a O della val del caàl e a Edi march. È pure detta valé√ delsciósch e dai Grosini anche val defasòl. H 7

(v)alde|èna (’n), bosco, a monte e aE di pròcio, a valle del càfera, nellazona dei pre¿àsci. H 6

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(v)alde|èna (v. acqua de).val de sènt nòof (la), tratto della

val de prai, in prossimità della san-tella omonima. B 11-12

val de|èrta (’n), maggese con grup-po di baite, a SO dell’omonimomót. In doc. 25-1-1473: prato e zer-bo u.d. in Valledeserta in monte(ASSo, not. Venosta). SCG 1544,cap. 30: «Statutum est quod habi-tantes in alpe de Solezio possint pa-sculare usque ad viam quae venitforas de Plana usque ad plazum deValdeserta». In doc. 12-1-1614:fondo prativo con stalla, masone,tegia e trela u.d. ad Valdesertam(RPG, n. 338). (Val Deserta, q.1541, IGM). F-G 8-9

val de|èrta (v. mót de, tréli de, valé√de).

val di caréti (la), vallone ripido, cheinizia al gras de l’alp, presso la car-gadóra e, alimentato da varie sor-genti, scende a NO della forcoléta edel dòs de la cróos, per poi conflui-re nel Roasco col nome di val delcaàl. È detto anche val de ba¿iét,mentre è poco conosciuto col no-me di val mozèna, segnalato sullacartina dell’IGM. F-G-H 7

val di còsti (la), vallecola, a E ri-spetto agli altri due valé√ del bósch,che giungono fino ai móti dechèmp. B 14

val di refréc’ (la), valle scoscesa etorrentizia, sul versante orobico,che parte dalla fracia, attraversa imonti di papì√, i pöiri, saresèer, bal-sarì√, luca, pantè√ e termina a praiconfluendo nell’Adda. È alimentatadall’acqua di refréc’. Il tratto inter-medio è detto anche val de sènt nò-of, mentre quello inferiore, e anchel’intera valle, val de prai. Refréc’,da freddo, gelido, riferiti all’acqua

ed alla valle. È detta anche val derefréc’. In doc. 13-3-1738: fondoprativo in località Borca, confinantea N con la valle de Refregi (APM,doc. 1029). B 12-13

val di róngi (la), ampio avvallamen-to, tratto intermedio del való√ depièna che comprende l’omonimopiè√, così detto poiché vi conflui-scono vari rigagnoli (róngia = rog-gia). E-F 5

val di róngi (la), avvallamento, trat-to intermedio del való√ de guinsè-na, detto anche való√ o piè√ di rón-gi. G 2-3

val di sopièni (la), ampia valle conbosco d’alto fusto, che dal maggeseomonimo scende verso il Roasco.Viene captata l’acqua per l’acque-dotto che serve le abitazioni di so-pièni. G 9

val di talòghi (v. val de talòga). val di téi (la), vasto e impervio av-

vallamento, con vegetazione mistaspontanea, in prevalenza tiglio (téi),ma anche pioppo tremulo (àlbera),salicone (védes), betulla (bedógn)e castagno (èrbol), che da val descala prosegue in direzione N versola Valgrosina. E 10

val feradìna (v. feradìna).val ferèda (’n), avvallamento more-

nico con pascoli e sorgenti, sul co-stone sinistro del tratto superioredel való√ de pièna, a E della scimade sasumèer. Così chiamata forseper la presenza di ferro nei suoi sas-si rossicci. SCG 1591, cap. 53: «Èstatutto che non sia persona alcunaqual ardischa estivare né meter al-chuna sorte de bestiame nel alpe deVal Ferata de Piana eccetto chebuovi e vacche per ingrassare».(Valle ferrata, IGM; diversa la col-locazione). D 4

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val ferèda (v. feradìna).

val foàsca (’n), avvallamento prati-vo con roggia ad andamento tra-sversale, tratto inferiore della valde luìna, che nella parte intermediaprende il nome di val de la pré¿a.Attraversa i dòs, la pré¿a, premu-ràsc, iròla e val foàsca per termina-re con l’incanalamento nella zonadi tambùrli. È detta anche val depozòl (Map. 1817). In doc. 13-12-1576: pezza prativa e selvata incontrata u.d. ad Vallem Foascam(RPG, n. 147). C 11-12

val mozèna (la), valle, denominatacomunemente val di caréti. In doc.16-12-1454: pezza prativa e boschi-va in valle u.d. ad Pierum, confinan-te a S con la valle o «aqua coriva»che viene da Mozaniga (RPG, n. 7).Il 10 gennaio 1641 Antonio Tellinide Prialibus vende al lapicida m.roBernardo de Marono un pezzo diterra zerbiva «intus vallem de Moz-zana» (ASSo, not. Gio. Antonio Ro-bustelli, vol. 3971). SCG 1544, cap.29: «Statutum est quod habitaturi inalpe de Mozana cum gregibus suispascere possint a lavinale de Malos-sa foris a via sursum per quam iturin Planam usque foris in vallem deMozana et ab inde foris a cesis seusaepibus pratorum de Dovera» (V.Mozzana, IGM). F-G-H 7

val tóof (’n), ampia vallata con ca-stagneti, vegetazione mista e dirupi,che inizia ai chè de felesìna, a mon-te della frazione di Piazza, si aprepianeggiante verso NE fino alla pó-za e al chèmp del van, dove si di-parte un sentiero che scende a in-contrare la val di téi. In doc.29-12-1593: fondo prativo con ca-stagni in contrata u.d. in Valthovo(RPG, n. 212). Dai registri parroc-

chiali e dagli atti notarili dell’epocarisulta che nel 1630-31 e anche nel1635-36 «in Valle Tovasca propeLazarettum» vennero sepolti nume-rosi appestati (DA PRADA 1991, p.205). Le loro ossa furono poi riesu-mate e collocate, nel 1721, nell’os-sario attiguo alla chiesa di S. Seba-stiano. D-E 10

valèert (a, ’n), ampia zona seminati-va di fondovalle, nel primo tratto dicoltùra dìnt e verso l’Adda. L’areaè occupata dalla cabina di trasfor-mazione e dagli impianti annessi.Il toponimo è ricordato solo da po-chi anziani, poiché la zona, in se-guito ai lavori effettuati dall’AEMnel 1931, ha preso il nome di gabì-na. ASMi 1316: petiam unam terrecampive u.d. in Valareis. In doc.18-11-1549: campo in cultura su-periori in contrata u.d. Valare(APG, doc. 1013). EG 1795: campoin Valart. D 11

valé√ de bàrch (al), avvallamentopascolativo con baitello, tratto su-periore della val de marmolóos, sot-to pesciòla. E 8

valé√ de canfinàl (al), valloncellocon bosco di conifere, che scendedal maggese omonimo, a E del va-lé√ de ca(v)ìc’, e confluisce nelRoasco tra ginogiòla e sach, mag-gesi in territorio grosino. H-I 4

valé√ de ca(v)ìc’ (al), scosceso val-loncello boschivo, che discendeverso il Roasco, a valle del dòs dicagnöi, sul tratto inferiore sinistrodel valo√ de guinsèna. I 3

valé√ de iròla (al), avvallamento bo-schivo, a S del maggese di iròla e aN di premuràsc, un tempo utilizzatoper divallare il legname. C 12

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valé√ de l’acqua (al), vallo, O dimarch, per far scendere il legnameverso il Roasco. H 6

valé√ de l’infèrn (al), vallecola sco-scesa, a SO dei prati del bósch.

C 11valé√ de l’órsa (al), solco vallivo,

tratto intermedio del valé√ del va-stàc’. C 12

valé√ de la castelìna (al), vallettacon vegetazione boschiva mista, aO del ruinàsc, che parte da còsta egiunge fino ai piazéi. C 8

valé√ de la graagìna (i), vallecole,formate da pietrame di piccole di-mensioni, che si dipartono da pe-sciòla e scendono verso il sènt delgiööch. E-D 8-9

valé√ de la pré|a (al), vallo asciut-to, che inizia dal salt de l’arlèe escende a NE del ruinàsc fino allapré¿a alta. C-D 8-9

valé√ de méo (al), avvallamento,nei pöiri, a NO del gherbìsc, utiliz-zato per trascinare a valle il legna-me. H 9

valé√ de mèz (al), solco vallivo, uti-lizzato in passato come condotta pertronchi, in posizione intermedia ri-spetto agli altri due solchi vallivi,denominati valé√ del bósch. B 14

valé√ de pintéra (al), vallecola, a Sdi lambrósch. C 9

valé√ de (v)al de|èrta (i), avvalla-menti con bosco di alto fusto, cheiniziano a valle di tésc e scendono aNO del dosso omonimo. F-G 8-9

valé√ del barba giu|èf (al), valle-cola, a N del valé√ del luz, che ini-zia sotto i boschi di còsta e terminaai piazéi. Barba è lo zio non sposa-to, quindi zio Giuseppe. C 8

valé√ del bósch (i), vallecoleasciutte, tra il bósch e pièna dorèa,

sopra val de luìna, utilizzate in pas-sato come condotte per divallare illegname. Una è detta valé√ delbósch, mentre le altre prendono ilnome di valé√ de mèz e val di còsti.Sono chiamate anche valéti. B 14

valé√ del butéer (al), avvallamento,a monte dell’alp e sulla costa NOdella val di di caréti. F 7

valé√ del cuf (al), depressione pa-scolativa, a monte dell’acqua de lazochìna. C 15

valé√ del lantèch (al), avvallamen-to, a S del tröc’ de la solìa, chescende verso la val cornì√. B-C 9

valé√ del luz (al), vallecola, che par-te da còsta e scende fino ai piazéi. Illuz è una pianta velenosa, evitata an-che dagli animali, con fiore azzur-ro-viola, foglie grandi e frastagliate,che cresce in terreni umidi. C 8

valé√ del pöp (al), vallecola boschi-va, che scende dal versante destrodella Valgrosina, confluendo nelRoasco a march, un tempo utilizzataquale condotta per il legname. H 6

valé√ del riàsc (al), valle, denomina-zione del tratto inferiore del való√de pièna. Nella determinazione deiconfini delle alpi di Piana e Guinza-na, stabilita dal Consiglio comunalenel 1892, è precisato: «… venendoin fuori sopra la strada che conducein Guinzana, indi seguendo la stra-della sino al Valleno del Rivascio,in mezzo al quale fu segnata unacroce su di un sasso di rettifilo aicrappi» (RAPG, cap. I). G 5

valé√ del sciósch (v. val del lui-nàl).

valé√ del vastàc’ (al), solco vallivoricoperto da bosco misto, un tempoutilizzato come condotta per il le-gname. Parte dal piudèer, attraversai chèmp, masìna e i pàoli, per ter-

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minare a sotvìgna, nei pressi dellabaita grezìna. Il tratto intermedio èdetto anche valé√ de l’órsa, mentreil tratto inferiore semplicemente va-stàc’. In doc. 4-6-1816: vigna alVastaggio o alla Volta (APG, doc.1265). C 11-12

valé√ del vendùl (al), avvallamentoboschivo, a S del valé√ di còsti(vendùl = slavina). B 14

valé√ del vendùl (v. val de arte-gió√).

valé√ di bögioli (al), lieve avvalla-mento, tra il pendio prativo delbósch e il piè√ de la galina, a SOdel valé√ de l’infèrn. B 13

valé√ di gai (al), vallecola boschiva,con scarsità di acqua, che inizia sot-to e a E di canfinàl, passa per il gra-sél e confluisce nel Roasco a O delvaló√ de pièna. RAPG, cap. I: «Val-leno del Sasso dei Gai». H-I 5

valé√ di lati (al), valloncello, che par-te dal bósch del temé e scende finoal sènt del giööch, utilizzato comecondotta per un tipo di legname conparticolare venatura, che al taglio sirompe in linea diritta (lati = assicelleusate orizzontalmente per allinearele viti e legare i tralci). D 9

valé√ di lóof (al), vallecola franosa,percorsa da acqua che scarica nelRoasco durante i periodi di abbon-danti piogge, a E della val del caàl;è il tratto inferiore della val de tógn(lóof = lupo). H 8

valé√ di mòort (al), vallone scosceso,che inizia a valle dei garf de pesciò-la e scende a SO di venarlùuch. Cosìdetto probabilmente perché nel trattosuperiore è pericoloso e vi hannoperso la vita alcune persone in se-guito a slavine. A valle del tratto in-feriore ha origine il rongiàl. D 8-9

valé√ di paó|i (al), vallone, nel bo-sco lugo, a S dei crap del pìis lónche a monte di bedól. D 10

valé√ di piàti (al), vallecola, per lacondotta di legname, a O di marche a valle del càfera. H 6

valé√ di pozàt (i), vallecole, chescendono da pesciòla verso il pa-scolo omonimo, percorse da acquasolo durante il disgelo. E 8-9

valé√ di restéi (al), conca prativacon baita, al limite S dei polài e so-pra il cuf. C 13

valé√ di réz (al), avvallamento, a Ndelle baite dei réz e che giunge finoalla strada presso la pöira, utilizzatoper divallare il legname. D 9

valé√ di vespi (al), avvallamentoboschivo e asciutto, a monte deibarch, che sale fino sotto i pièni al-ti. B 14

valé√ grant (al), ampio avvallamen-to boschivo asciutto, che inizia avalle dei réz, attraversa il gherbi-sció√, separandolo dall’arca, da prè-da e dalla fòpa dint per terminare aS della frazione di Piazza, nelle sel-ve del morét. Un tempo era utiliz-zato per il divallamento del legna-me. È detto anche valéna de lugo.SCG 1591, cap. 76: «È statutto eordinato che li luogi apresso il vale-no de Lugo li quali minacciano rui-na verso la terra di Grosotto restinoin tutto salvi e liberi, né in quelli sipossi pascholare con capre per niu-no modo». In doc. 23-12-1601:campo in contrata u.d. ad Fopam,confinante a N con il sulcus VallisLughi (RPG, n. 256). L’8 luglio1629 «venne una grande reora [=bufera] de tempesta che li vastagijmenò grande ruine e particolarmen-te la valle de Lugo havea spianato espezato casamenti e assai case era-

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no empite di belma [sic] e altra ma-teria che era di grande stupore emaraviglia di vedere, e puoi prati eortaglie apresso la ghiesia di luter[protestanti] furon la magior parteruinati» (MB, c. 80r). D 9-10

valéna (la), avvallamento boscato,un tempo maggese con abitazione,a monte di giòors. C 9

valéna (v. rónch).valéna de l’àigola (la), avvallamen-

to, che attraversa l’àigola. In doc.23-1-1521: permesso di transito suuna strada che attraversa i fondi dal-la Valena de l’Aigola alla Val deScala (APG, doc. 994). D 10-11

valéna de lugo (v. valé√ grant).valéna de piaza (la), avvallamento

con castagni e latifoglie, che daichè de fele¿ìna, a E di piaza, sale fi-no a scala érta. EG fine ’700: selvain Piazza alla Vallena. D 10

valenàscia (v. sènt de la).valenì√ de lambrósch (i), valleco-

le, che da lambrósch scendono finoal pöl, utilizzate in passato per di-vallare il legname. C 9

valéti (v. valé√ del bósch).valìni del caàl (i), vallecole boschive

con pietrame franoso, a E del caàl,che scendono verso il Roasco. H 7

való√ de guinsèna (al), ampio val-lone, con rocce, pascoli, alpeggio eboschi nel tratto inferiore. Il torren-te, alimentato dall’acqua provenien-te dal laghetto omonimo e dai nu-merosi rigagnoli che vi affluiscono,attraversa il piè√ di róngi, i piató√ el’omonima malga, per poi confluirenel Roasco in località barbìis (Gro-sio). È l’ultimo tratto di territoriomontano grosottino confinante conla val de pedrùna grosina. F-G-H-I2-3

való√ de pièna (al), ampio e lungovallone, che ha origine verso S dal-la depressione di valùia, ai piedi deicrap negri. È percorso da acqueprovenienti dalla sorgente del gra-selì√ e da altre vallecole che si im-mettono nel tratto intermedio perpoi defluire nel Roasco a S deipre¿àsci. Il tratto inferiore, detto an-che valé√ del riàsc, è molto ripido ericoperto da vegetazione boschivad’alto fusto, mentre la fascia inter-media e superiore si estendono suampi pascoli a diverse quote, fino allimite con la cresta rocciosa. Confi-na a SE con il Comune di Vervio econ il dòs cornì√, a SO con la Val-poschiavo (Svizzera), a NO con ildòs de sasumèer e il való√ de guin-sèna e a N con il Roasco. (VallePiana, IGM). D-E-F-G-H 5-6

valùia (’n), ampia depressione, in al-ta quota, che dà origine al való√ depièna dal quale prende il nome (va-lù = vallone). Si trova a valle dellabochéta omonima, che mette in co-municazione con la Svizzera. D 3

valùia (v. bochéta de, pas de).van (v. chèmp del).varàdega (su ’n), ampia conca di

pascolo comunale, fino agli anniSettanta sfruttato come alpeggio eora cervino frammisto a pietrame. Èsituata sul versante orobico, sopra ica¿ìni e vicino al confine con Gro-sio e con la provincia di Brescia. Èraggiungibile tramite la mulattierache sale da val de luìna. La zona èinteressata da resti di trincee e forti-ficazioni realizzate durante la guer-ra 1915-18. B-C 14-15

varàdega (v. acqua de, conchi de,cuni de, pas de, strèda de).

(v)argelàsc (a), pendio di betulle elarici, tra il tröc’ di pastóor e via

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pièna fino alle condotte forzate del-la centrale di Grosotto. In doc. 1-12-1495: pezza campiva, zerbiva esedimata con ovile e masone incontrata u.d. in Arcellazio (RPG, n.23). SCG 1550: «Tensamus petiamterrae zerbivae et buschivae iacen-tem in monte, incipiendo ad vallemde Prayo et usque ad crestam maio-rem quae est supra vineam illorumdel Zino in Arzelazio». D 11

(v)argelàsc (v. tröc’ de).

(v)asca (la), bacino di raccolta ac-que, della capacità di circa 10.000metri cubi, di proprietà dell’AEM,alimentato dal canale che parte daLe Prese di Sondalo. La vasca èpunto di partenza delle condotteforzate della centrale di Grosotto,ad essa collegata tramite una gra-dinata e da una funicolare ora inatti-va. È detta anche bacìno. (Vasca,q. 934, IGM). D 12

(v)asca (v. róngia de la, scalì√ de la).

(v)ascalda (a, su ’n), sponda prativa,sulla linea di confine con il territoriodi Grosio, a NE dei chèmp, caratteriz-zata dall’abbondante sorgente dellafontèna. È raggiungibile sia da iròlasia dalla strada che sale da Grosio, de-viando presso i bàiti. Come è ricor-dato nell’atto di rettifica dei confinitra i comuni di Grosio e Grosotto del4 novembre 1540, un punto divisorioera costituito dalla «fontem scaturien-tem seu nascentem in locho de Va-schalda» (ASCGr, doc. 1225). In doc.6-2-1507: pezza prativa, boschiva,sassiva e zerbiva ultra pontem Ab-due sursum in monte in contrata u.d.in Vaschalda (RPG, n. 34). D 12

(v)aschi de pendéc’ (i), serbatoi diriserva d’acqua, captata sul versan-te orobico dalle sorgenti della piènadi quatro mulì√ e dalle sorgenti di

gianìno. La prima è stata realizzatadal comune nell’anno 1957, men-tre la seconda nel 1995. D 10

(v)ascó√ (i), vasche di riserva d’ac-qua, costruite dall’AEM ai prèe depunta, negli anni 1945-46, per ali-mentare, attraverso un canale sca-vato nella montagna, la centrale diLovero, entrata in funzione nel1948. D 11

(v)ascó√ (v. pónt di, strèda di).vastàc’ (v. valé√ del).(v)éc’ (v. ché di, crap de la pòsa, pòsa

di, tröc’ di chè di).véc’ (v. sènt).(v)edéc’ (a), ampio pendio con mag-

gese, gruppi di abitazioni e boscomisto, sul tratto di conoide che piegaverso la Valgrosina, a N della póza ea valle di pù©e√. In doc. 11-1-1391:fondo in Vedegio seu ad Bedegium(APM, doc. 1727). Nel 1531: pezzaprativa e boschiva in monte de Gro-supto u.d. in Vedegium (RPG, n.58). (Vedec, IGM). E 10

(v)edéc’ (v. pöiri de, sènt de, strèdade, tre bàiti de, val de).

(v)edéi (v. costa di).(v)é©ia (v. mandra).venarlùuch (su ’n), vasta estensio-

ne di bosco comunale, con preva-lente piantagione di pino silvestre,compreso tra i maggesi di réz, lapöira e prèda dint, verso S, e quellidi pù©e√, lorièna e piàz verso N. Èdelimitato inoltre, a valle, dalla fra-zione di Piazza e dalla strèda de(v)edéc’, mentre a monte dalla strè-da de piàz. Detto anche bosco lugo.

D-E 9-10vendùl (v. valé√ del).[venedria], nome locale scomparso.

In doc. 16-12-1473: campo u.d. adVenedriam seu ad Zucham (ASSo,

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not. Venosta). Nel 1588: fondocampivo in contrata u.d. in Vene-driam (RPG, n. 177). EG fine ’700:campo alla Venedria che va fino alcanton de Lugo.

venezia (gió ’n), prati e seminatividi fondovalle, lungo la riva sinistradell’Adda e di fronte allo sboccodel ruinàsc nel fiume. EG fine ’700:campo in Venezia sotto il Ruinac-cio. C 10-11

vérs (’n, gió ’n), grande baita cir-condata da bosco misto, un tempomaggese, sul basso versante destrodella valle del Roasco e sotto i pra-ti di restelés. Si raggiunge attraver-so il sentiero omonimo che si staccadalla strèda di sopièni nei pressi delsignóor de fufi. G 9

vérs (v. tröc’ de).

vésc (a), piccolo maggese, a monte del-la chiesetta di sopièni. EG fine ’700:porzione di casa e orto a Ves. G 9

vésc (v. òort del).

via èrta (la), tratto di mulattiera mol-to ripido, che sale verso còsta, com-preso tra i piazéi e i piè√ del mót,dove si immette il sentiero chegiunge dalla solìa. C 8-9

via nòa (la), mulattiera, che si staccadalla vecchia strada per samartì√ eattraversato il solco dell’Arlate, saleripida lungo la costa delle vigne deipolaròli, per poi proseguire verso ca-bèe, lungo il limite inferiore delgherbisció√, e giungere a piatèla. Inpassato, fino agli anni Cinquanta, erautilizzata quale unico transito pertrasportare a valle fieno e legna daimaggesi soprastanti. Map. 1817:Strada alla Via Nuova. C-D 10

via nòa (v. signóor de).

via pièna (a), tratto pianeggiante distrada, lungo la vecchia mulattiera

per il Mortirolo, a monte di sótvi-gna, nel punto in cui si immette iltröc’ di pastóor. C 11

via pièna (v. sènt de).via sórda (la), ripido tratto della

vecchia mulattiera, compreso tra leabitazioni di camodèst e le selve delmorét, a S della frazione di Piazza.In questo punto incrocia la mulat-tiera che sale dalla maghèda e, ver-so O, quella che sale al gherbisció√.È stata sostitita da una strada asfal-tata che, salendo a tornanti, passavicino alla chiesa di S. Sebastiano,per poi ritornare ad affiancare l’ulti-mo tratto della via sórda fino allabaita di marchéti. D 10

[viadanico], toponimo scomparso. Indoc. 11-3-1473: campo u.d. in Ar-deloga seu in Viadanico (ASSo,not. Venosta).

viàl de pendéc’ (al), sentiero, chedalla via Patrioti, all’imbocco di viaRobustelli, sale sul pendio fino aincontrare il tröc’ de pendéc’ prove-niente da ros’cèra. D 10

viàl de pèterli (al), vicolo cieco, chedalla via Molini, in prossimità dellachè del don giu¿èf, scende fino alRoasco, dando accesso ad alcuneabitazioni private. D 11

viàl de santì√ (al), sentiero, che ini-zia nei pressi del sènt de campèl, at-traversa l’arlèe, per poi proseguireverso NE, passando sopra piazaröl,fino alla frazione di Piazza. C-D 10

viàl de sotvìgna (al), sentiero, chedalla località omonima, passandosopra la cargadóra della vecchiamulattiera per il Mortirolo, raggiun-ge la crìda. C-D 11

viàl del gòch (al), strada, tratto del-la vecchia mulattiera che da samar-tì√ scende verso S, attraversando i(v)igni (v)egi fino a prèda. B-C 10

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vialàsc (al), lieve avvallamento, usa-to un tempo come scorciatoia dellamulattiera di duèri, percorso dal-l’acqua che nasce al pùsc e chescende fino a ruinàl. È il tratto su-periore della val de ruinàl. F 9

vialét (a), terreni campivi, tra salvànse filochét, dove nel 1974 sono staticostruiti i capannoni dell’industriamanifatturiera farmaceutica «BieffeMedital», ampliata nel 1985 e dive-nuta «Baxter International» nel1997. ASMi 1316: petiam unam ter-re campive u.d. in Vialeto. In doc. 5-12-1520: pezza campiva in contratade Vialleto (RPG, n. 41). Nel 1626:campo oltre l’Adda in località Vialet(APG, doc. 1088). C-D 11

viàti (i), pendio di bosco d’alto fusto,tra i sopièni e il gherbìsc. H 9

[vignàl], toponimo caduto in disuso,localizzato nella zona del ruinàsc,detta anche samartì√ véc’. In doc.10-4-1469: pezza campiva u.d. inVigniali (RPG, n. 9). Nel 1648: pra-to in Vignale (APG, doc. 1369). EGfine ’700: campo con viti in Vignal.

(v)igni de la val (i), vigneti su pen-dio terrazzato, ora in gran parte in-vasi da zerbi, disposti sul versanteche guarda a SO della val de spi-nàsc, sotto i caséi. B 10

(v)igni de pendéc’ (v. pendéc’).(v)igni (v)égi (i), terrazzamenti colti-

vati a vigneto, ora quasi completa-mente abbandonati, a SO di stadèr-na, sotto samartì√ e sopra stabio eprèda. L’esposizione a mezzogior-no di questi terreni e la vicinanza alcentro abitato hanno favorito fin daitempi antichi la coltivazione dellavite (probabilmente si tratta dellaprima zona ad essere stata dissodataper tale coltura) e la produzione diun vino che non sempre raggiunge

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una buona gradazione, data l’altitu-dine. In doc. 4-2-1614: fondo vigna-to sito ad Vineas Veteres chiamato ilRonchetto; in altro doc. 5-3-1629:fondo vignato u.d. ad Vineas Vete-res (RPG, nn. 339 e 402). C 10

vignòl (al), piccoli terrazzi di vigneti,ora invasi da vegetazione mista, aSO della migiónda e sotto la chiesadi samartì√. Secondo le credenzepopolari, raccontate dagli anziani,nella grande casa, ivi situata e ap-partenuta alla facoltosa famigliaStoppani, vi abitavano spiriti mali-gni e streghe, che venivano spessoevocati per spaventare i bambini oper ottenere qualche punizione otornaconto fra adulti. C 10

[vilor], toponimo non più ricordato. Indoc. 22-7-1531: pezza ronchiva incontrata u.d. ad Vilorum sive adRoncos (RPG, n. 57). EG fine ’700:vigna a S. Martino o Vilor. EG 1795:selva alle Case della Cuna a Vilor.

vìper (al), baite e prato, facenti partedel maggese dei polài. Dal sopran-nome della famiglia grosina pro-prietaria (Besseghini). C 13

[volta], località di cui si è persa no-zione. In doc. 3-5-1591: fondo cam-pivo in contrata u.d. ad Voltam(RPG, n. 196). Nel 1816: vigna alVastaggio o alla Volta (APG, doc.1265).

[voltam de stabio (ad)], oppoli cir-costanti il curvone lungo la stradache attraversa stabio. Il toponimo èscomparso. ASMi 1316: petiamunam terre campive u.d. ad Lavol-tam de Stabio. ASMi 1412: petiauna terre campive u.d. ad Voltamde Stabio.

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zamariöi (v. pre¿àscia di).

¡aròl (a), maggese con pianoro bo-scato, un tempo zona pascolativa,sul versante destro del tratto supe-riore del solco dell’Arlate, a montedi prèda e della pré¿a alta. (Zarolo,IGM). C-D 9

¡aròl (v. acqua de).

zèp (a), piccolo nucleo di baite cir-condate da prato e bosco, a montedel pianoro prativo del pianàsch e aE del valo√ de pièna. H 6

zòca (v. acqua de la).

zochìna (la), conca pascolativa, oraricoperta da vegetazione boschiva,tra i pianàsci e la val di còsti. C 14

zochìna (v. acqua de la).

zóf (a), maggese, tra i coróni e i stabì-ni, sul confine comunale con Gro-sio. Negli statuti del 1555 (cap. 3)si stabiliva che nei monti di là del-l’Adda era vietato il pascolo «inci-piendo a mansione heredum quon-dam Stephani olim Zani Comini deScenda ubi dicitur ad Zoffum». Il7 agosto 1611 il sacerdote StefanoTuana lascia alla chiesa della Ma-donna delle Grazie un appezzamen-to prativo, boschivo e sedimato sitooltre l’Adda, in località ad Zovum(APG, doc. 359). C 12

zóf (v. acqua de).

zót (v. coltùra, strèda de coltùra).

[zuca], toponimo scomparso, localiz-zato nella frazione di Piazza. Indoc. 11-4-1685: selva in località adZucam (APG, doc. 1222). EG fine’700: prato e zerbivo con arbori alla

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Zucca, ossia alla Corona in Piazza a

S. Sebastiano. D 10

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Finito di stampare

dalla tipografia Poletti

in Villa di Tirano (So)

nel novembre 2006