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Ticino7

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Numero 10 - Settimanale della Svizzera italiana

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Agorà Stalking: la zona grigia DI VALENTINA GERIG . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6Arti Mostre. Milano e il ‘900 DI ALESSANDRO TABACCHI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8Vitae Nathalie Vigini DI KERI GONZATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .12Reportage Judo. La via della cedevolezza DI M. JOUBERT; FOTO DI F. LEUENBERGER. . . . . . . . . .37Lessico Impegno (civile) DI FRANCESCA RIGOTTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .42Sipario I parenti terribili DI DEMIS QUADRI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43Sfide Thoreau e la libertà DI GIANCARLO FORNASIER. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44Visioni Il cinema come terapia DI NICOLETTA BARAZZONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45Tendenze Cipria e bellezza. Nuvole di seduzione DI MARISA GORZA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46Astri / Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .47

Streghe e principi

Sono tempi duri per i “principi” (da non con-fondere con i “valori”, che possono essere siapositivi sia negativi e offerti a uso e consumodi chi ne trarrà poi vantaggio). I “principi”,come etimologicamente suggerisce il termine,stanno invece alla base e rappresentano lefondamenta del vivere civile e democratico.Sono d’altra parte i tasselli fondamentali, isintagmi delle Costituzioni democratiche,destinati a informare la produzione legislati-va, le norme dello Stato. Ma rappresentanoanche dei confini, superati i quali le societàdeflagrano lasciando spazio agli interessipersonali, alla giustizia privata, all’illegalitàe infine all’orrore.Ci sono volute tre grandi guerre nel Novecen-to – la terza, da non dimenticare, è stato ilconflitto balcanico negli anni Novanta – per-ché gli Stati europei raggiungessero un gradosufficiente di coesione intorno ai “principi” eai diritti a essi correlati. Tant’è che il 7 dicem-bre del 2000 l’Unione Europea emanava uffi-cialmente una Carta dei Diritti Fondamentali(www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf).A essa vogliamo rifarci, consapevoli del fattoche la Confederazione Elvetica non fa partedella UE ma ne condivide sostanzialmentela storia e la cultura e, anche se non neifatti, virtualmente ne è parte. Questa Carta èsuddivisa in sette capitoli principali intitolatiDignità, Libertà, Uguaglianza, Solidarietà,Cittadinanza, Giustizia e infine Disposizionigenerali. Andrebbe letta con attenzione intutti i suoi punti perché rappresenta il mo-mento finale di un percorso umano, socialee filosofico che si è protratto per millenni.Noi crediamo a quanto in quelle pagine èscritto perché ne condividiamo il senso e

le finalità: la creazione e il rafforzamentodi società libere, liberali e laiche in cui tutti,indipendentemente dalla loro collocazionepolitica, religiosa o etnica possano godere deimedesimi diritti.Ma qui sorge un problema. Sin tanto chequelle parole restano limitate alle paginedi quel documento “va tutto bene”, maquando si comincia a interpretare quantosta avvenendo intorno a noi alla luce di quei“principi” allora si diviene immediatamentevittime di un curioso quanto sommario giu-dizio. Sostenere quei “principi” – non altri,sia chiaro – significa infatti da qualche tempoessere qualificati come “sinistrorsi”. Ed eccoallora che questa sorta di neomaccartismo cirivela che in fondo Obama è un socialista,Dick Marty un pericoloso rivoluzionario,Gianfranco Fini un bolscevico. Tre figurepolitiche assai diverse direte, ma certo oggiaccomunate sostanzialmente da una pro-fonda convinzione nella sostanza di quei“principi”.Sorge dunque spontanea una domanda: sequei “principi” sono il frutto di un processoe di un confronto condiviso (le firme in calcea quel documento parlano chiaro), quali sonogli altri “principi”? Quelli evidentemente nonscritti, sempre che tali possano essere definiti,e sulla base dei quali si considera il tale e iltalaltro come “sovversivo”? O forse, troppi“principi” fanno male al bon vivre, alla “pap-petta” di una politica in cui il politically cor-rect diviene l’alibi dietro il quale nasconderel’annichilimento e l’inconsistenza di un veroconfronto e dibattito fra forze politiche...?

Cordialmente, la Redazione

Ticinosette n° 1011 marzo 2011

Tiratura controllata72’011 copie

Chiusura redazionaleVenerdì 4 marzo

EditoreTeleradio 7 SAMuzzano

Direttore editorialePeter Keller

Redattore responsabileFabio Martini

CoredattoreGiancarlo Fornasier

Photo editorReza Khatir

Amministrazionevia Industria6933 Muzzanotel. 091 960 33 83fax 091 960 31 55

Direzione, redazione,composizione e stampa

Centro Stampa Ticino SAvia Industria6933 Muzzanotel. 091 960 33 83fax 091 968 27 [email protected]

Stampa(carta patinata)Salvioni arti grafiche SABellinzonaTBS, La Buona Stampa SAPregassona

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In copertinaFotografia di Reza Khatir

Impressum

Agorà

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Se ne parla molto in Italia, dove esi-ste una legge mirata che ha appenacompiuto due anni. Lo “stalking” èperò un fenomeno diffuso anche nelnostro Paese. Qual è la situazione daun punto di vista legale e come pos-sono tutelarsi le vittime di molestieassillanti e preoccupanti da parte diex partner, corteggiatori respinti oancora colleghi di lavoro?

Telefonate continue, sms ossessivi,minacce, appostamenti, regali in-

desiderati, pedinamenti. Stalk in inglesesignifica “inseguire”. Come un cacciatoreche si apposta lunghe ore per irretire la suapreda, lo stalker ossessiona e perseguita lavittima prescelta causandole una signifi-cativa perdita di libertà, un cambiamentoobbligato delle proprie abitudini di vita,uno stato di ansia e paura perenne per lapropria incolumità e per quella dei propricari. È un crimine odioso, lo stalking, epurtroppo diffuso. Secondo un’indaginecondotta in Germania e nei Paesi an-glosassoni qualche anno fa, l’80% dellevittime sono donne. In tre casi su quattrola vittima conosce il suo persecutore e incirca la metà dei casi l’autore delle mole-stie è un ex partner che non sa accettarela fine della relazione o uno spasimanterespinto. Ma non solo: lo stalking puòmanifestarsi nella vita professionale, unasorta di mobbing persistente che invadeanche la sfera privata della vittima.C’è anche una svizzera celebre fra levittime di stalking. Michelle Hunziker,presentatrice e showgirl che ha avuto a chefare più volte con le pesanti attenzioni diammiratori indesiderati. Dal 2007 la con-duttrice è passata all’azione e ha fondatocon l’avvocato e deputato del Parlamentoitaliano Giulia Bongiorno Doppia Difesa.Nata dall’incontro casuale tra due don-ne dalla storia personale molto diversa,l’associazione attiva anche in Italia offreassistenza psicologica e legale a coloroche vivono situazioni di molestie, abusie maltrattamenti, e spesso non hanno ilcoraggio di intraprendere un percorso didenuncia.In molti paesi lo stalking è un reato. Ilprimo ordinamento sanzionante un tipodi condotta minacciosa-ossessiva risale al

1992, nello Stato della California. In Italiaè recente – ovvero del febbraio 2009 – ladecisione importante di una legge antistalking introdotta nel Codice penalecon l’articolo 612-bis. L’atto persecutorioè punito con la reclusione da sei mesi aquattro anni. Qual è invece la situazionenella Confederazione?

Svizzera: la legge che non c’è...Per destreggiarci tra codici e articoli,abbiamo interpellato Micaela Vaerini Jen-sen, avvocato e docente all’Università diGinevra, chiedendo a lei che cosa indicala legge nel nostro Paese. “In Svizzera nonesiste una legge specifica in materia di stal-king” risponde la nostra interlocutrice. “Incaso di insidie, la vittima può tuttavia agiretanto sul piano penale che civile. La minac-cia, la coazione, la diffamazione, l’abuso diimpianti di telecomunicazione, la violazionedi domicilio, il danneggiamento, le lesionipersonali e la violenza carnale sono infatticomportamenti rilevanti ai sensi del dirittopenale. Dal punto di vista civile, invece, lavittima può ricorrere all’articolo 28b delCodice svizzero”.

Avvocato Vaerini Jensen, quali misureposso essere richieste al giudice civiledalle vittime di stalking?“Si può richiedere il divieto per lo stalker diavvicinarsi o accedere a un perimetro determi-nato attorno all’abitazione della vittima, ditrattenersi in determinati luoghi, in particolarevie, piazze o quartieri; di mettersi in contattocon la vittima, in particolare per telefono, perscritto o per via elettronica, o importunarla inaltro modo. Se la vittima e lo stalker vivononella stessa abitazione, il giudice può inoltrefare allontanare quest’ultimo per una duratadeterminata. Va precisato inoltre che, se lostalking è agito nei confronti del coniuge,

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è possibile ricorrere anche alle disposizionirelative al diritto della famiglia”.

Secondo lei, il diritto vigente offredelle soluzioni soddisfacenti?“Purtroppo no. Dal punto di vista penale,il più delle volte il comportamento dellostalker non supera la soglia dell’illegalità,sebbene provochi nella vittima reazioni psi-chiche e fisiche gravi. Per molte infrazionila procedura penale può essere avviata solosu querela della vittima, la quale deve agiretempestivamente da quando ha la certezza diconoscere l’identità dell’autore del reato. Laprocedura civile è complessa, relativamentelunga e necessita l’intervento di un avvocato.Per le vittime è spesso difficile addurre laprova di un comportamento contrario allalegge. Mi ricordo di una donna in carrierapedinata senza sosta da un suo impiegato.Quando si ritrovò faccia a faccia con il suomolestatore in un ascensore di un hotel amigliaia di chilometri da casa sua, decisedi ricorrere alla legge. Il giudice civile non lecredette poiché non aveva nessuna prova”.

Che cosa può fare concretamente lavittima per cautelarsi dal punto di vistagiuridico?

“Deve informare immediatamente la poliziae presentare querela. Se la persona è vittimadi violenze fisiche, deve inoltre farsi subitovisitare da un medico. Deve interrompereogni contatto con lo stalker e, per disporredi prove, informarlo chiaramente della suavolontà in presenza di testimoni o mediantelettera raccomandata. Deve informare lafamiglia e i conoscenti sulle molestie subitee interpellare un consultorio per le vittimedi violenze. Inoltre: conservare le lettere, imessaggi scritti, le e-mail, gli sms e le regi-strazioni sulla segreteria telefonica, chiedereall’operatore di telefonia di allestire un elencodelle chiamate ricevute. Deve infine annotareogni evento con data, ora, luogo ed eventualepresenza di testimoni. La consulenza di unavvocato può inoltre rivelarsi particolarmenteutile per capire se è il momento di agire sulpiano civile”.

Consultori e associazioni in TicinoI numeri e le statistiche a disposizionerivelano che il fenomeno dello stalkingè ancora poco studiato in Svizzera. Unalacuna che sembra estendersi anche alivello di strutture mirate sul territorio.Una prima ricerca su Google per verifica-re la disponibilità, in Ticino di sportelli

o associazioni anti stalking non dà alcunrisultato preciso. Solo un’impressione ouna realtà? L’avvocato Marilena Fontai-ne, responsabile dell’Ufficio legislazionee pari opportunità, interpellata a questoproposto, conferma: “Non c’è un servizioapposito. Chi è vittima di stalking puòfar capo alla magistratura, eventualmentealla polizia, o ai consultori che si occupanodi casi di violenza e molestie. Nel Sopra-ceneri, a Tenero, c’è la Casa Armònia,mentre a Lugano segnalerei soprattuttol’Associazione Consultorio delle Donne eil Consultorio Giuridico Donna e Lavoro”.Sull’opportunità, o meno, di una leggeanti stalking l’avvocato Fontaine prose-gue: “Sarebbe auspicabile, sì, per rendere lacosa più visibile, più chiara, perché a voltein queste situazioni non si sa cosa fare. De-ve però avvenire a livello nazionale perchési tratta di inserire il reato di stalking nelCodice penale”.Sonny (per motivi di riservatezza nonpuò rivelare il suo nome), operatrice delConsultorio delle Donne, spiega qual èil contributo dell’Associazione: “A noi ca-pitano soprattutto episodi di stalking legatiall’ambito familiare. Purtroppo la conquistatecnologica ha aperto nuovi spazi di invasio-ne della privacy. Oltre al telefono fisso, c’è ilcellulare, o Internet, che lo stalker consultacostantemente per incrociare i dati e risalireagli spostamenti della sua vittima. Il nostroappoggio è legato soprattutto all’esperienza:il primo passo è sempre l’ascolto, poi col-laboriamo in rete, quindi convogliamo chiviene da noi verso le persone che possonoessere utili in questo percorso”. Il Consul-torio si avvale anche di una struttura, laCasa delle donne. Quali sono i compitidelle due organizzazioni? “Il Consultorioè diretto a uomini e donne che necessitanodi informazioni legate all’ambito familiare(divorzio, separazione). La Casa delle donneè invece un luogo protetto dove le donne e ibambini che si allontanano da casa possonoalloggiare temporaneamente. A livello distatistica, il problema stalking è trasversale,comune a tutte le nazionalità e le religioni”.Sull’utilità di una struttura dedicata allalotta contro lo stalking nel Cantone,Sonny dice: “Secondo me l’urgenza in sé èsoddisfatta: ci sono i nostri sportelli 24 oreal giorno, la polizia che interviene per gliallontanamenti. Al momento siamo inveceancora scoperti su tutto quello che riguardala persona violenta. Sarebbe opportuno la-vorare a livello cantonale sulla creazione diqualcosa a cui possono rivolgersi gli stalkerche accettano di confrontarsi con la loro vio-lenza e necessitano di un aiuto specialistico.Un altro capitolo, inoltre, su cui vorremmolavorare di più è il sostegno ai bambini chevivono queste situazioni di minaccia”.

Arti

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Una grande collezione, con oltre 400 opere visibili, permetteal visitatore di farsi un quadro pressoché completo dell’arteitaliana del Novecento, anche se – a onor di cronaca – alcunerilevanti assenze già sono state segnalate (da Alberto Martini aUbaldo Oppi, da Alberto Savinio a Ernesto Treccani). Dopo lasalita di una rampa a spirale che ricorda forse un Guggenheiminminiatura (peccato solo per i colori vagamenti “ospedalieri”),ad accogliere i visitatori in splendido isolamento troviamo ilQuarto Stato di Pellizza da Volpedo. Scelta centrata, sia dal pun-to di vista cronologico (il dipinto èdel 1900-’01), sia da quello emozio-nale, in quanto questa commoventefiumana di umili lavoratori pronti acostruirsi il futuro pare davvero uncompendio della storia del Vente-simo secolo, dei suoi successi e deisuoi fallimenti. Entrati nel museovero e proprio, colpisce una stanzanon particolarmente grande a latodel percorso principale in cui sonogloriosamente ammassati vari Picas-so, Braque, Kandinskij, Mondrian,tutti di piccole-medie dimensioni:i quadri esposti fanno subito capireche il percorso sarà foriero di sod-disfazioni. E così è…

Da Boccioni all’Arte poveraSplendide opere di Boccioni sonoposte in gran pompa nel corridoioprincipale della struttura, assie-me alla sua scultura Forme unichenella continuità dello spazio (1913) una delle vere icone dellamodernità e del Futurismo. Poi il percorso si snoda in modoarticolato su due piani alternando stanze monografiche (fracui una dedicata a Morandi e una a De Chirico, curiosamenteposte ai lati delle scale) e grandi spazi comuni. Possiamo quin-di assistere alla messinscena completa del dramma dell’arteitaliana del Novecento, dalla freddezza di ispirazione masac-ciana – l’unica sezione in cui spiccano opere di dubbio valore,seppure bilanciate da alcuni inquietanti Casorati – fino allagrande stagione dell’informale (molto ben rappresentato, consplendidi Dorazio, Burri, Vedova, Tancredi, Uncini). Una verachicca è la sala dedicata a Fausto Melotti, con le sue meravi-gliose sculturine astratte poste su un piano rialzato, quasi aricreare l’idea di un asettico studio, la sistemazione miglioreper tale tipo di lavori. Non posso non citare la sezione dedicataall’arte povera, degna del Museo d’arte contemporanea del

Castello di Rivoli. Questa è la parte più divertente di tutte: èstato uno vero spasso ascoltare i commenti degli spettatori,disorientati davanti alla zebra con numeri al neon di MarioMerz, agli alambicchi chimici di Zorio, alla poetica macchinaper il freddo di Calzolari! Un’osservazione: ormai sono oltrequarant’anni che l’arte povera imperversa nei musei del mon-do eppure sembra non essere entrata nel cuore del pubblico,forse per l’approccio troppo elitario e concettuale (per nondire concettoso) che la anima. Ben diverso è il discorso relativo

all’arte cinetica e optical. Interes-santi alcuni ambienti ricostruiti,con camminamenti che sottopon-gono il visitatore a bombardamentiottici vari, per i quali il Museochiede di firmare una liberatoria.Le opere esposte, testimonianzadi una temperie culturale moltodinamica e della voglia dei nostriartisti di stare al passo con le piùaggiornate tendenze a cavallo de-gli anni Sessanta, appaiono oggiinesorabilmente datate, una sortadi curioso modernariato artistico.Tuttavia sanno ancora stupire.

“Fontana” di buone promesseIl vero pezzo forte del Museo è peròla spettacolare area sommitale dedi-cata a Lucio Fontana, illuminata dauna sua struttura al neon di grandis-sime dimensioni, ben visibile anchedalla piazza del Duomo, capace di

creare l’atmosfera adatta all’apprezzamento delle opere delgrandemaestro italo-argentino. Come in un cammino iniziati-co, per accedere allo scrigno in cui sono custoditi vari “concettispaziali” bisogna salire, tramite due scale spoglie e nere, in unasorta di sottotetto postmoderno di grandi dimensioni, moltosuggestivo. Indubbiamente alla fine del percorso Boccioni,Morandi e Fontana saranno gli artisti che più vi saranno ri-masti dentro, e forse non a caso, essendo i rispettivi campionidelle tre tendenze principali del Novecento, la rivoluzione, ilritorno all’ordine e la sfida alla materia.Un “gran bel museo”, come dicevamo, dove è possibile trovareuna fetta consistente del recente passato artistico italiano, esulla quale tentare di costruire il futuro. Sarà una delle meteda visitare in questo 2011, secondo il “New York Times”: veraboccata d’ossigeno per una Milano che fatica a ritrovare unasua identità culturale e a uscire da un diffuso grigiore.

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Nella capitale lombarda è stato inauguratoil Museo del Novecento. E, bisogna dirlo, sitratta di un bel museo. Dopo anni di lavori ilPalazzo dell’Arengario – una massiccia strut-tura razionalista che ricorda le arcate delle“Piazze d’Italia” di Giorgio de Chirico – ha daqualche mese finalmente aperto i battenti...

Milano e il ’900»

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Vitae

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Nat

halieVigin

l mio cammino è relativa-mente breve ma intenso.

Ventotto anni, vissuti pie-namente. Sin da piccola hoiniziato senza saperlo a tro-varmi in movimento… Nataa Ginevra venivo spesso inTicino a trovare i nonni ecosi all’età di cinque anniho preso il mio primo voloaccompagnata solo da miofratello, che allora aveva setteanni. Ricordo l’eccitazioneper quel viaggio, con al collola targhetta di identificazionee un grande sorriso stampatoin faccia. Già allora l’idea dilasciare i miei genitori per an-dare verso qualcosa di scono-sciuto non mi faceva paura,anzi mi entusiasmava.Mio padre si spostava mol-to per lavoro e noi spessolo raggiungevamo per le va-canze. Mi viene in menteun soggiorno in Canada onthe road. Con una macchi-na girammo tutto l’ovest delpaese: rimasi colpita dallabellezza di scoprire paesagginuovi senza avere un itine-rario prestabilito. Credo chequelle innumerevoli vacanzeabbiano acceso in me unascintilla e così, arrivata ai18 anni, sono partita e nonmi sono più fermata. Scozia,Canada, anno sabbatico inAustralia e in Spagna, StatiUniti. Queste prime esperien-ze non erano delle semplicivacanze ma dei soggiorni diminimo due mesi per avere iltempo di penetrare nella cul-tura locale. L’idea di seguireun itinerario in fretta e furiaper poi tornare a casa ed elen-care i nomi di tutte le localitàvisitate non fa per me. Sonouna fan del “viaggiare lento”e sì, devo anche dire che ho lafortuna di avere tempo, cosache ormai tutti dicono di nonavere, senza rendersi contoche ognuno ha la possibilitàdi scegliere cosa fare dellapropria vita.Ciascun viaggio a modo suomi ha cambiata, mi ha per-messo di crescere e di aprirmia nuovi mondi. Ogni miapartenza è un sentirmi bam-bina e lasciare che il viaggiomi porti per mano. Durante

il viaggio in Australia, do-ve ho compiuto 19 anni, hoconosciuto molti viaggiatoricon questa stessa filosofia el’incontro con una coppia diquarantenni “nomadi” miha aperto gli occhi: ho capitoche avrei potuto vivere dellamia passione, vivere viag-giando. Iniziando l’universitàe conoscendo così il turismoin tutti suoi aspetti, positivie anche negativi, sapevo chesarei andata contro corrente eche il mio interesse era rivoltoa un turismo responsabilecon l’obiettivo di evitare ogniforma di impatto negativosul territorio e sulla culturalocale.Poi è arrivato il Brasile! Partitapensando di tornare dopo seimesi, tra l’andata e il ritorno,sono ormai passati quattroanni. Il Brasile mi ha incan-tata, mi sono sentita da subitoa casa potendo essere sempreme stessa anche in situazio-ni dove forse, a Lugano, miprenderebbero per “pazza”.Il Brasile e il suo caloroso po-polomi hanno dato tanto. Mihanno trasmesso la loro ener-gia e la loro felicità. Mi hannofatto vedere le difficoltà della

vita ma la capacità di saperlaaffrontare e vivere. Mi hannodato la forza e la voglia diiniziare con il mio progettodi OnTheRoad, che tuttoraporto avanti e sviluppo ognigiorno. Il viaggio si è quinditrasformato in un’esperienzadi vita totale. Lavoro, sposta-menti, non capire più doveè casa mia, questa oggi èla mia realtà. Viaggio percommuovermi davanti a unpaesaggio, per dare e ricevereun sorriso da uno sconosciu-to, viaggio per mettermi allaprova e trarre una lezione daqualsiasi cosa mi succeda, nelbene e nel male. Certo non èsempre facile, a volte mi sen-to davvero sola, ma mi aiutail legame forte con un piccologruppo di amici, che stannoin Ticino, e con la famiglia.Il loro affetto e la capacità dicredere in me mi danno emi hanno dato la spinta perfare di questa passione la miaprofessione.

Da sempre mi piace poter aiutare i viaggia-tori, guidarli verso luoghi differenti. Le mieesperienze lavorative in campo turistico mihanno aiutata a capire cosa veramente desi-deravo. Alla fine ho deciso di creare un’agen-zia per promuovere viaggi nei luoghi checonosco e che ho visitato a fondo. Sulla basedella mia esperienza riesco in questo modoa organizzare situazioni uniche e originali,personalizzando ogni itinerario.È anche un’occasione per privilegiare l’in-contro fra le culture e la condivisione, nelrispetto del contesto sociale e naturale dellacomunità di destinazione. Vorrei far appas-sionare la gente facendo capire che il viaggiopuò trasformarsi in un’esperienza unica eincomparabile, in un modo di crescere etornare a casa non soltanto con le fotogra-fie. Rendersi conto che ci sono aspetti chenon si riescono a raccontare agli amici unavolta rientrati. In Ticino inoltre, insiemead alcune amiche, stiamo anche creandoun’associazione di viaggiatori responsabiliper promuovere l’incontro e lo scambio diidee. Credo che un approccio di questo tiposia fondamentale per lo sviluppo di una cul-tura di pace e, insieme ai miei partner localiin diversi paesi del mondo, proponiamo unaserie di idee di viaggio che permettono aituristi e ai locali di incontrarsi e interagireinsieme per un progetto comune.Viaggiare per me è il piacere di una vita, undesiderio d’adolescente divenuto mestiere,un modo di essere. Sempre la stessa eppuresempre diversa.

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“Ogni uomo va alla ricerca della propriafelicità: c’è chi la cerca nella stabilità diuna casa, chi nelle soddisfazioni di unlavoro, chi nella fede; c’è chi cerca la feli-cità dentro se stesso, e chi vive per glialtri. E poi c’è chi viaggia”

I

La viadella

cedevolezzatesto di Maurice Joubert

fotografie di Flavia Leuenberger

“Il judo è la via (道) più effica-

ce per utilizzare la forza fisica

e mentale. Allenarsi nella disci-

plina del judo significa raggiun-

gere la perfetta conoscenza dello

spirito attraverso l’addestramen-

to attacco-difesa e l’assiduo sfor-

zo per ottenere un miglioramento

fisico-spirituale. Il perfezionamen-

to dell’io così ottenuto dovrà esse-

re indirizzato al servizio sociale,

che costituisce l’obiettivo ultimo

del judo. Ju (柔) è un bellissimo

concetto riguardante la logica, la

virtù e lo splendore; è la realtà di

ciò che è sincero, buono e bello.

L’espressione del judo è attraver-

so il waza, che si acquisisce con

l’allenamento tecnico basato sul-

lo studio scientifico”

(Jigoro Kano, 1860–1938,fondatore del judo)

Le fotografie presenti in queste pagine sono state realizzate durante i Campionati Nazionali di Judo svoltisi nel novembre del 2010 a Chiasso

Nel corso dell’adolescenza ho vissuto un epi-sodio legato allo judo che è rimasto impressonei miei ricordi. Avevo allora un amico ecompagno di classe che fin da bambinoera stato avviato dai genitori alla pratica di

questa disciplina. Non più alto di me ma assai più robusto,Fabrice, questo era il suo nome, era dotato di una particolareleggerezza nei movimenti che tutti ammiravamo. Inoltre– vivendo in una cittadina di provincia immersa nella cam-pagna – aveva sviluppato un’eccezionale abilità a salire suglialberi e grazie a questa capacità iniziò, con il mio modesto enon sempre convinto sostegno, a costruirvi casette di legnoche divennero per noi dei rifugi da cui osservare dall’alto ilmondo e la natura circostante. Era inoltre riuscito, pur nonessendo particolarmente loquace o intraprendente, ad attirarele attenzioni della ragazza più ammirata della scuola – unagraziosa biondina di nome Christine –, conquista che avevaaccresciuto il suo placido carisma su amici e compagni.Tutto il nostro tempo libero lo trascorrevamo dunque all’ariaaperta, inseguendoci in bicicletta, giocando a pallone o abaseball e, come dicevo, appesi ai rami di qualche albero.Consolle, computers, tecnologie… erano parole che proprio nonconoscevamo. C’erano invece le bande: i Musi gialli, la ban-da di Pascal, quella di Mattei e quella delle Case Rosse. Conl’arrivo della primavera spuntavano le cerbottane, gli archicostruiti con l’aiuto di qualche papà, le finte mazze di plasticacolorata residuo del Carnevale e le fionde, tenute nascoste pertimore che i genitori le requisissero. Fra alleanze, strategie etradimenti si compivano ogni anno innumerevoli battagliea volte solo simboliche, quasi delle parate per intimorire ilnemico, in altri casi più cruente. Gli esiti erano sempre glistessi: ginocchia e gomiti sbucciati, qualche occhio nero enegli scontri più accesi il Pronto Soccorso per chiudere unaferita con qualche punto. La più temuta fra le bande era quelladelle Case Rosse per il semplice motivo che era compostadai ragazzi più grandi. Memorabile fu l’agguato che ci teseromentre, riuniti in cerchio e privi delle nostre “armi”, stavamostudiando le tattiche per arginare il loro strapotere. Furono

loro a colpire per primi e duramente, distruggendo e razzian-do tutto il nostro “arsenale” che avevamo nascosto nel foltodi una siepe. Divenuti preadolescenti abbandonammo “laguerra” e molte amicizie nacquero fra ragazzi (e ragazze) cheappartenevano a bande storicamente nemiche. Ma qualcuno,pur quasi adulto, non era riuscito a sopire, per innato bullismoo a causa di frustrazioni troppo a lungo represse, l’avversioneverso i nemici di un tempo. Accadde dunque che un giorno ioe Fabrice, con le nostre inseparabili biciclette, procedessimo apiedi lungo un sentiero che costeggiava il muro di un borgo.Da una breccia sbucò all’improvviso una sorta di gigante ilcui nome conoscevamo bene (era stato un esponente di puntadelle Case Rosse ed era considerato uno dei migliori giocatoridi football della zona) e che non tardò a manifestare le sueintenzioni. Spaventato, feci un passo indietro ma Fabrice,che era ormai un judoka esperto, mi trattenne stringendomicon forza il braccio. Poi appoggiò a terra la bicicletta e conespressione impassibile e una calma che non conoscevo siavvicinò al malintenzionato, consigliandogli di andarsene.Il bullo, che fino a quel momento si era limitato a insulti eminacce quasi a motivarci allo scontro, gli si avventò controcome un toro inferocito ma nell’arco di un secondo, dopouna piroetta in aria, si ritrovò a terra, immobilizzato dallamossa di Fabrice che subito lo liberò allontanandosi. Quello,non contento, ritentò agitando i pugni ma finì per la secondavolta con la faccia nella polvere e il corpo bloccato. Fabricestavolta attese a mollare la presa. “Possiamo continuare finoa domani se vuoi...” gli suggerì con voce ferma. Accettata lasconfitta l’assalitore se ne andò borbottando, umiliato. Io, chedavvero nulla avrei potuto fare, ribollivo dalla rabbia mentreFabrice, sollevando la bicicletta da terra si limitò a un solocommento: “Un cretino”.Nessuno si era fatto male. La forza bruta si era accartocciatasu se stessa, come respinta da un alito di vento. Da allora hosempre ammirato chi sceglie di praticare inmodo serio questadisciplina il cui senso profondo è racchiuso nelle parole diJigoro Kano che di essa fu il principale ideatore. Grazie Jigoroe ancora grazie Fabrice.

Flavia LeuenbergerClasse 1985, ha frequen-tato il centro scolasticoper le industrie artistiche(CSIA) ottenendo nel2004 il diploma di gra-fica. Dopo alcuni annidi esperienza anche inambito fotografico svolgeora entrambe le attivitàcome indipendente

42Lessico

Impegno (civile)»

L’impegno è, secondo i dizionari, l’obbligo che si contrae neiconfronti di una o più persone, in base al quale si assicura ditener fede alla parola data, di compiere qualche cosa, di fornireuna prestazione. Analogo alla promessa, in senso attenuatoindica un vincolo, un legame. Impegno civile, nello specifico, èl’atteggiamento dell’uomo di cultura, dell’artista o anche delsemplice cittadino che prende pubblicamente posizione inmerito ai problemi politici, sociali o di costume del suo tempo.Ci sono nella storia momenti in cui il tema dell’impegno civileè più forte, nei quali la presa di posizione del cittadino diventacentrale, ma non è su questi chevorrei soffermarmi. Mi interes-sa piuttosto l’idea di impegno,il suo senso profondo, insiemecon una questione che riguardal’adattamento del concetto allanostra società.Impegno viene dal latino pignus,pignoris, che affonda le sue radicinell’antichissimo istituto giuri-dico del pignus, che consistevanel trasferimento del possesso diuna cosa, mobile o immobile, agaranzia di un’obbligazione, alcreditore, restandone la proprietàal debitore. Sotto il profilo etimo-logico il termine pegnus risulta le-gato alle radicali del verbo latinopango e di quello greco pegnymi,vale a dire a voci verbali forieredi significati quali quelli di fermare, consolidare, assicurare,confermare, ma anche rendere solido, gelare, coagulare. Al-lontaniamo subito da noi due false etimologie, per quantosuggestive: quella che fa derivare, pignus, pegno, da pugno,perché le cose che si danno in pegno vengono trasmesse conla mano; e quella che lo fa derivare da pingere, dove il pegnosarebbe un segno dipinto sull’oggetto del pegno.Non è quello della mano e del pennello il brodo primordiale,il nucleo semantico originario, bensì quello dei significati dipegnymi e pango, dai quali credo si possa inferire la seguenteimmagine mentale: che nello stabilire con qualcuno unacostituzione di garanzia – un pegno dunque –, qualcosa cheera fluido e instabile viene fissato e consolidato in qualcosadi stabile e confermato. Parole fluttuanti si consolidano, sicongelano come l’acqua, si coagulano come il sangue, dandoluogo a una parola fissa e stabile, una parola d’onore, un pac-tum solido e affidabile che lega e unisce. La convenzione solidastabilita sarà dunque una pace (pax, pacis). Allo stesso analogocontesto semantico di pegno, patto e pace appartengono altri

termini: il pagus, villaggio in quanto insieme di persone chehanno stabilito di vivere assieme; la pagina e la sua sorellina,la pagella, sulle quali sono fissate le parole. La compagine ela propagine, un complesso di parti strettamente collegate laprima, la sua diramazione la seconda; l’aggettivo compatto,designante ciò che è unito saldamente nelle sue parti; la pec-tina, ovvero la sostanza che condensa marmellate e creme dibellezza, nonché le parole scientifiche che hanno per prefissopicno- (=denso, compatto): picnometro, picnosi, picnostilo ecc.;il petto, che è compatto perché tenuto insieme dalle costole,

la pecora, animale domestico chesta in branchi uniti, e il verbopagare, portare alla pax, perché ilpagamento acquieta il creditore,ecc. (senza dimenticare il pacco,dalla solita radice pac, pak, unire,e infatti il pacco è un gruppodi più cose avvolte insieme).Guardiamo anche a un termineanalogo a impegno in altre lin-gue: engagement. Forse avete giàcapito dove voglio arrivare: lìdentro ci sta la gage che equivaleal pegno: ciò che si dà in mano aqualcuno come garanzia, un pe-gno vivo o un pegno morto, ungage vif e un gage mort omortgagein inglese.Insomma, e per tirare un po’ lefila, un universo compatto esce

dall’immagine del pegno e derivati; un complesso denso, sta-bile, legato, tenuto insieme. Ci troviamo in un contesto, quellodell’impegno e dell’impegno civile, solido, stabile, coagulato,congelato, dove le parole liquide e sfuggenti diventano solidetrasformandosi in patti, impegni di pace, promesse stabili,legami solidi.Ha senso – ecco la questione – proiettare questo contestocompatto nel nostro mondo decretato liquido da una certatradizione sociologica? Ha senso oggi l’impegno quando icaratteri della nostra vita sono fluidità, mobilità, adattamento,trasformazione, mutamento, flessibilità, precarietà (precario èciò che si ottiene con la preghiera, ex prece). Quando la paginanon è più un foglio di papiro, di pergamena o di carta vergataa mano o a macchina con un segno a inchiostro difficile dagrattare o cancellare, bensì un insieme di pixel sullo schermo,modificabili e trasformabili con estrema facilità? Attenzione,la mia non è una posizione moralista, un peàna di rimpiantodel buon vecchio solidomondo di una volta. È giusto una sortadi constatazione sulla quale vi invito a meditare.

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Un termine molto comune e che utilizzia-mo quotidianamente. Anche se, a partiredal suo nucleo etimologico, ci svela im-plicazioni e aspetti del tutto insospettati,dove lo sfuggente si fa solido e stabile

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Sipario»

Nella preziosa “Collezione di teatro” di Einaudi, fra le mol-tissime altre opere di valore si trova anche I parenti terribilidello scrittore e regista francese Jean Cocteau. Questo testo,messo in scena per la prima volta al Théâtre des Ambassadeu-rs di Parigi nel 1938, è stato riproposto in queste settimanein Ticino dalla compagnia locarnese CambusaTeatro (www.cambusateatro.com). Si tratta di una commedia che – comegià La macchina infernale (1934), una libera rielaborazionedell’Edipo re – mette in scena una famiglia i cui componentihanno rapporti reciproci piuttosto spinosi: un padre e unfiglio che condividono inconsapevolmente la stessa amante,due sorelle sentimentalmente legate al medesimo uomo, unamadre morbosamente attaccata al proprio figlio...Nel 1947 Samuel Beckett inizia la propria carriera di autorecon una commedia, Eleutheria, che in qualche modo vuoledemolire la tradizione del dramma borghese e del naturali-smo facendo addirittura crollare il salotto della scena nellafossa dell’orchestra. Meno estremo, Cocteau con I parentiterribili riprende le modalità tipiche dell’intrigo amorosoda dramma borghese, ma le intorbidisce in un ambientefamiliare dove nessun personaggio sembra essere libero dauna certa sordidezza e dove le relazioni interpersonali hannosempre qualcosa di malato. La commedia si trasforma cosìin una tragedia che è anche parodia delle trame del teatroborghese. Alla luce di tali premesse, le vicende di Yvonne,Léo, Madeleine, Michel e Georges possono prestarsi constraordinaria naturalezza a unamessa in scena d’ascendenzabrechtiana. Il regista e drammaturgo tedesco Bertolt Brechtè un altro straordinario innovatore della tradizione teatrale:con la sua idea di straniamento propugna spettacoli in gradodi consapevolizzare il pubblico del fatto che le circostanzedate non per forza sono inevitabili. La società descritta daldramma borghese, con le suemeschinità e le bassezze nasco-ste da una spessa cortina di falso decoro e di reale ipocrisia,non rappresenta il migliore dei mondi possibili. E in questalinea brechtiana sembra muoversi anche la produzione diCambusaTeatro, che con la sua versione de I parenti terribiliimmerge il pubblico in un brillante amalgama di musica,video e soprattutto di ottima recitazione grazie alle inter-pretazioni di Laura Rullo, Cristina Zamboni, Elisa Conte,Diego Willy Corna e Massimo Villucci.

Jean CocteauI parenti terribiliEinaudi, 1981

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44Sfide

Inmesi segnati da esplosive rivoluzioni popolari a difesa dellalibertà e dei diritti civili, ricordiamo in questo spazio un aneddo-to vecchio di oltre 160 anni. Le coste nel nostro caso non sonoquelle delMediterraneo; siamo nell’America dimetà Ottocento,una Federazione di Stati in continua (e sanguinosa) espansionee in guerra con il Messico. Il conflitto, che durerà dal 1846 al1848, fu voluto dagli americani sia per sancire inmodo definiti-vo l’annessione della Repubblica indipendente del Texas sia per“strappare” a un paese sull’orlo della bancarotta lo Stato dellaCalifornia (allora territorio messicano). Gli scopi ultimi eranodi natura economica, evolti dunque a miglio-rare il commercio con ilcontinente asiatico.L’espansione da partedella nascente potenzaamericana vedeva alsuo interno ben pochioppositori. Fra questiHenry David Thoreau(1817–1862), un eccen-trico idealista origina-rio di Concord, piccoloborgo del Massachusettsnoto per essere stato ilcampo di battaglia trainglesi e coloni in unodei primi scontri dellaRivoluzione americana(1775–1783). Come scriveMassimo Jevolella1, Thoreau vide nelconflitto col Messico “nient’altro che una atto di aggressione in-giustificato” e per protesta si rifiutò da quel momento di pagarele tasse. Naturalmente “il governo lo fece arrestare e rinchiudere inprigione, ma lui accettò la pena con orgoglio e soddisfazione”. Unamico recatosi a trovarlo per sincerarsi delle sue condizioni eal quale “fu consentito di avvicinarsi alle sbarre della cella (...), glichiese: «Dio mio, David, che cosa ci fai tu lì dentro?». E lui rispose:«Dimmi tu, piuttosto, caro Waldo: che cosa ci fai là fuori?»”.

Thoreau e Ralph Waldo EmersonChi in realtà sarebbe diventato questo solitario personaggiodel Massachusetts si capirà più tardi, quando nel 1854 apparveWalden ovvero Vita nei boschi2. Lo scritto narra l’esperienza divolontario isolamento durato circa due anni (1845–’46) duranteil quale l’autore visse a Walden Pond, una zona boschiva vici-na a casa. Lì costruì una casetta in legno e per mesi si spinsealla scoperta “della natura incontaminata”, confidando a unasorta di diario riflessioni ordinate per grandi temi sulla “vitaselvaggia” e i suoi odori, rumori, ritmi. Una serie di appunti chetendono però a sconfinare, inevitabilmente, verso una criticadella società americana dell’epoca: dalla politica all’economia,al senso e al profondo significato del termine “democrazia”.

Ma lo scrittore di Concord non sarebbe giunto a tanta notorie-tà – e a una sorta di immortalità di pensiero, tanto che la suaopera viene ancora oggi definita come “attuale”3 – se non avesseavuto dei saldi riferimenti. Entrano dunque in scena il filosofoe saggista Ralph Waldo Emerson (1803–1882; l’amico che glirende visita in prigione) e il Trascendentalismo americano.Che cosa fosse all’epoca il movimento trascendentalista lospiega il suo stesso fondatore: “Ciò che chiamano trascenden-talismo non è che l’idealismo (...) È ben noto al mio pubblico chel’idealismo odierno ha tratto il nome di «Trascendentale» dall’uso

del termine fattone daEmanuele Kant (...) il qua-le replicava alla filosofiascettica di Locke, secondola quale non c’era nullanell’intelletto che non fos-se prima nell’esperienzadei sensi, dimostrandoche c’era una classe assaiimportante di idee o diforme imperative che nonderivano in nessun mododall’esperienza, ma attra-verso le quali l’esperienzaveniva acquisita; che que-ste erano intuizioni dellospirito; ed egli le chiamòforme trascendentali”4.

Dalla “Natura” alla disobbedienza civileForse più una fede che un vero pensiero filosofico, il Trascen-dentalismo trovò nel saggio Natura pubblicato da Emersonnel 1836 (Donzelli, 2010) il suo testo sacro. Una lettura che sidiffonderà anche in Europa, tanto da diventare fra le preferitedel giovane Friedrich Nietzsche. Dichiaratamente votato alpresente e alla primazia dell’autosufficienza, il pensiero diEmerson vede la vita come un’estasi costituita da tanti miracolimomentanei, nei quali la natura è un “corrispettivo sensibiledello spirito”. Così come per altri poeti e scrittori americani (daWhitman a Melville), Thoreau fu profondamente colpito dalpensiero emersoniano, tanto da voler provare conmano, comeunnovello san Tommaso, l’esperienza formativa “del selvaggio”e dell’isolamento (Walden). A queste associerà in seguito l’artedel “vagabondare” (Walking e The MainWoods) e il valore dellaDisobbedienza civile (1849). Un saggio quest’ultimo di denun-cia verso la guerra contro il Messico, che lo porterà da isolatoattivista-rivoluzionario a precursore della “non-violenza”.

Note1 H. D. Thoreau, Camminare (Walking or the Wild), Mondadori, 2009.2 Walden or Life in the Woods; nella traduzione di P. Sanavio, Rizzoli, 1988.3 Si veda “Introduzione” di Wu Ming 2 in Walden, Donzelli, 2005.4 Da The Transcendentalist, lettura di un essay tenutasi a Boston nel 1842.

diGianca

rloFor

nasier

»

A partire dal 1851, in una serie di confe-renze pubbliche, il pensatore americanospiegava la sua relazione tra “salvezzaspirituale” e “vagabondare per boschi”

» Thoreau e la libertà

diNicoletta

Bara

zzon

Il cinema come terapia»La pellicola In un mondo migliore della regista danese SusanneBier, classe 1960, ha colpito non solo al Festival del Film diRoma ma, soprattutto, il cuore di quegli spettatori che nehanno colto le finezze e la complessità deicontenuti (è di pochi giorni fa la notiziadella vittoria dell’Oscar come migliore filmstraniero del 2011). Le storie si intrecciano,con abilità narrativa e filmica, su due assigeografici lontani e diversi tra loro ma ca-paci di macchiarsi delle stesse atrocità. Laregista fa emergere l’istinto sanguinariodell’uomo, la più brutale delle coazioni, ela ferocia con cui i miliziani di un paeseafricano (le scene sono state girate in Ke-nia) terrorizzano le donne incinta di unaccampamento di profughi, che vengonosventrate.Immagine dopo immagine, Susanne Bierdescrive utilizzando un ritmo lento e silen-zioso, dal respiro profondo alla trasforma-zione dell’intimo umano, l’ambientazionedemocratica e civilizzata della Danimarca. Al centro dellastoria due ragazzini e le loro famiglie. Dalla scuola al bulli-smo, dalla separazione dei genitori alla difficoltà di conviveresenza la vendetta che genera altra vendetta, in una spiralesenza fine, iscritta nelle leggi della guerra.

Si susseguono e si prolungano, a tutto campo, paesaggimaestosi colti in natura che attenuano la crudeltà umana.È come se la Bier volesse dare allo spettatore il tempo di ri-

flettere, in modo che si sedimentino in luiuna miriade di sensazioni. Il finale non èda strappalacrime, e nemmeno si componedi quella visione sdolcinata da buonismofilmico. Non ci illude perché non presentauna condizione sociale spettacolare manemmeno ingentilita da false speranze.La poetica della Bier è suggerita da storie ve-re, ricostruite in una scansione narrativa incui la natura diventa l’unica entità capacedi riportarci al desiderio di riappropriarcidi un mondo migliore. Le inquadrature siallargano su tramonti africani, su disteseventose e su stormi di uccelli che vibrano,attraversando il cielo. Lo stupore delle sce-ne persiste anche quando filma la grigia fac-ciata di un silos abbandonato, che sembrasimboleggiare il fallimento del progresso. La

bellezza con cui costruisce le vicende dei suoi protagonisti,con attori danesi che si distinguono per la loro bravura, èmediata dal modo con cui ci rassicura, riprendendo spaziimmensi. La Bier ha saputo imprimere, nella nostra anima,la delicatezza di un mondo possibile.

In un mondo miglioredi Susanne BierDanimarca, 2010

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Tanto evanescente ed eterea è la cipria quanto èperpetua a la sua boìte diventata la tela di eccellentiesercizi artistici, oltre che oggetto da collezionare.Il Museo delle Ciprie, situato presso l’Olfattorio diTorino, regalando una variegata emozione graficapropone una rassegna di 200 contenitori storici,cioè di affascinanti poudier studiati per racchiuderela sensuale polvere da make up. Più di un secolo dicreatività sottilmente allusiva in cui si susseguonovignette, colori e decori, bianchi e neri in grafiestilizzate, suggestioni di nomi e di brand esclusivi.Preziosità che suggeriscono pure l’evoluzione deigrandi movimenti artistici a cominciare dalla boìtedella Poudre Dermophile Sterilisée T. LeClercdel 1881 in alluminio sbalzato in un puro Moderni-smo, stile enfatizzato poi dalla ferrea Tour Eiffel. Perinciso, l’attuale confezione della cipria T. LeClerc(che continua con nuove cromie a illuminare il visodi celebrities e top models) ha conservato lo stesso in-confondibile, essenziale design. Spiccano per raffina-

tezza gli scrigni Art Nouveau del profumiere pariginoL.T. Piver, cioè “Azurea” e “Floramy” (1900), una raf-figurante un sole raggiante e dorato e l’altra decorataa ramages, foglie e orchidee. Ancora tocchi d’oro erichiami sia all’Oriente che all’iconografia classica sullescatole dal lusso iperbolico di Guerlain e una scrittaemblematica “La Poudre c’est moi” (1920). Il Futuri-smo non poteva mancare espresso con unamovimen-tata sequenza di rombi in colori arditi sul cofanetto“Feut Follet” (1925) di Roger&Gallet. E che dire deldolce viso stilizzato, sognante e orientaleggiante checompare sul poudrier “Matité” (1930)? Che sono benrappresentati i gusti e i vagheggi dell’epoca! Il voltodi Greta Garbo, enigmatico e pieno di sfuggentemistero, si affaccia invece sull’esemplare “Come tu mivuoi” (1934) di Casa Bertelli. E sarà per assomigliarealmeno un po’ alla divina, o giusto per parteciparea questa festa di fascino e leggerezza, che mi regalouna scatoletta di Poudre T. LeClerc di un’accattivantenuance dorata... e vi assicuro che funziona!

Nuvole di seduzioneTendenze p. 46 | di Marisa Gorza

Nel corso dei secoli “la polvere per il trucco”ha riscontrato successi altalenanti dovuti aicontinui mutamenti dei canoni estetici legatialla maggiore o minore importanza che via,via assumeva il candore della pelle. Già nel

tardo Egitto, per esempio, le donne aristocratiche ambivanoa un’epidermide perlacea per potersi distinguere dalle ancel-le, la cui carnagione, non protetta dal sole, era di un coloreabbronzato. Pare comunque che i natali della cipria sianoorientali, come i bastoncini all’inchiostro per allungare gliocchi e parecchie fragranze. In Cina e in Giappone sono statiritrovati vasetti, risalenti al II secolo d.C., contenenti polveredi riso e carbonato di piombo. Mentre in Grecia le donne,esteticamente emancipate, s’imbellettavano con l’argilla bian-ca e la lucente terra di Selinunte. Ma è nella Roma imperialeche l’arte dello sbiancamento raggiunse il suo apice. Il volto

veniva cosparso con lomentum (farina di fava) e gesso crete-se. Nel Medioevo, cipria e profumazione caddero nell’oblio,ma furono riscoperte nel corso del Rinascimento, anche perl’apporto presso la raffinata corte francese della fiorentinaCaterina de’ Medici. Nel Settecento, giusto prima dellaRévolution, il vezzo di incipriarsi viso e parrucca coinvolgevadame, cicisbei, gaudenti, senza distinzione né di sesso né dietà. L’amata polvere venne ribattezzata con il termine poudree nella seconda metà dell’Ottocento la base della “Poudre deRiz” si arricchiva di nitrati di bismuto e ossido di zinco. Siottenne così una maggior aderenza e omogeneità e decine disfumature intonate agli incarnati di bionde o brune, alle varieoccasione del giorno e della sera.

Le origini della cipria, perenne alleata della seduzionee uno dei cosmetici più antichi, sono avvolte nellaleggenda. Si narra infatti che il suo nome derivi daCipro, l’isola mediterranea dove Venere, appena nata,venne trascinata dalle spumeggianti onde marine.È quindi una polvere la cui magia si associa ai concettidi amore e di bellezza di cui la dea era fautrice…

Preziosi “poudier” da collezioneLa Poudrec’est moiGuerlain

AzureaL.T. Piver

PoudreDermophileSteriliséeT. LeClerc

Lasoluzion

everràpu

bblicatasuln

umero12 Orizzontali 1. Rintracciabile

• 10. Schiavo spartano • 11.Emirato arabo • 12. La patriadi Neruda • 13. Circonda lamacchia • 14. Strumenti di ter-racotta • 16. I confini di Tegna• 17. Diradate • 19. Il pronomedell’egoista • 20. Il più lungofiume francese • 22. Segnaled’arresto • 24. Svezia e Francia •25. Congiunzione inglese • 26.Pari in schiva • 27. Lo sono cer-ti... passi • 29. In mezzo al rogo• 30. Osso della gamba • 31. IlNichel del chimico • 32. Chiudela preghiera • 33. Consonanti insocio • 34. Dimorante, residen-te • 36. Uncini da pesca • 38.Navigatore olandese • 39. Man-gime per cavalli • 41. NuovoTestamento • 42. Encefali • 44.Concepire (tr) • 46. Re francese• 47. Assicurazione Invalidità •48. Il Sodio del chimico • 49. Ilnoto Ramazzotti.

Verticali 1. Noto dramma diOsborne • 2. Crea un vorticenell’acqua • 3. Contrasto, an-titesi • 4. Celestiale • 5. Il dioegizio del sole • 6. Una varietàdi fungo • 7. Profondo, intimo• 8. È magica in una fiaba • 9.

Il figlio di Anchise • 13. Non saleggere né scrivere • 15. Pari inlinfa • 18. Copricapo papale •21. Contigui, vicini • 23. Solertinel lavoro • 24. Un’arma dataglio • 28. Resuscitare • 30.Tabulatore in breve • 33. In cop-pia con Ollio • 34. Il Telamonio,eroe greco • 35. Le iniziali diManfredi • 37. La terza nota •40. Il James di “Gioventù brucia-ta” • 43. Cuor di balordo • 45.Preposizione semplice.

Soluzione n. 8»

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Q U O T I D I A N O

U R B A N O S E T

E T E R E P I T

L O R E T T A S I

L A T R I S T E

A S T R I O M A R

S U O T O L E D O

E D C U C I T I

R O R I D A T O M

A R A I R T E A

D E M O N I R A N

O P R E N D E R E

R E A L A R P G

A D A S A I G

T E S T U G G I N I

A N F I B I O O O

ariete

Con Giove e Urano si apre unanuova primavera per i nati nellaprima e seconda decade. Cautela inambito professionale per i nati nellaterza decade. Novità in famiglia nellegiornate del 14 e del 15.

bilancia

Sarebbe auspicabile una maggiordecisione nelle scelte: evitate di fareprima un passo avanti e poi dueindietro. Puntate dritti al risultato.Possibili incontri romantici o la na-scita di una relazione seria.

vergine

La primavera è alle porte: liberatevidelle tossine accumulate in inver-no praticando sport e migliorandol’alimentazione. Fase difficile per inati nella seconda decade. Bene trail 14 e il 15.

pesci

Momento un po’ frenetico dellavostra vita. Spirito da “crocerossi-na” nei confronti del partner. Uninconveniente meccanico alla vostrapreziosa vettura vi darà da pensare.Bene il lavoro.

toro

Il transito di Marte tende ad acce-lerare i vostri rapporti sociali chepotranno allargarsi a nuove cerchiedi persone. Cercate di restare a casatra il 15 e il 16. Possibili malanni distagione.

scorpione

Ego fuori controllo. Momenti ditensione in famiglia tra il 16 e il 17.Ritornate in voi stessi e cercate diriavviare collaborazioni interrotteper ragioni futili. Tentazioni sessualiin ambito lavorativo.

gemelli

Colpi di fulmine favoriti da Venere.Possibili nuove collaborazioni pro-fessionali. Evitate inutili polemichecercando di essere più costruttivi.La buona stagione vi risvegli dallapigrizia invernale.

sagittario

Grazie ai transiti di Giove, Urano,Venere e Mercurio, si conferma unperiodo molto positivo. Approfittatedei giorni compresi tra il 19 e il 20per fare un viaggio in compagniadel partner.

cancro

Novità e cambiamenti professionaliper i nati nella terza decade. Critichele giornate comprese tra il 16 e il 17marzo. Cercate spazi anche al di fuoridella famiglia evitando di chiudervitroppo.

capricorno

Primavera ricca di sfide e di impegniprofessionali per i nati nella secondadecade. Siate più sereni in compa-gnia dei vostri collaboratori tra il 15e il 16. Avete tralasciato il sesso…riprendetevi.

leone

Evitate di infilarvi in polemiche concolleghi di lavoro: potrebbe esserciqualcosa di nascosto e poco piace-vole. Nella vita di coppia siate menosoffocanti nei confronti del partner…c’è chi si stanca.

acquario

Novità per gli Acquari della terzadecade grazie ai passaggi di Veneree Nettuno. Molto romanticismo.Svolte emotive per i nati nella primadecade e cambiamenti rapidi pertutti gli altri.

» Astri

»acu

radiElisa

betta

«È difficile esprimere a parole il mioamore per lemontagne, preferiscoi fatti: latte e formaggio.»Il formaggio di montagna dei Grigioni prodotto da Peter Meisser di Splügen è solo uno dei tanti prodotti genuini

selezionati e provenienti dalle montagne svizzere. Per ogni prodotto acquistato, parte dell’importo viene devoluto

al Padrinato Coop per le regioni di montagna che contribuisce alla conservazione del nostro paesaggio montano

e al miglioramento delle condizioni di vita dei contadini di montagna . Così avete la certezza che quello che avete

comprato oggi sia effettivamente un prodotto di montagna con un futuro.

Per le nostre montagne.Per i nostri contadini.