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L’appuntamento del venerdì » Corriere del Ticino laRegioneTicino Tessiner Zeitung CHF 3.– con Teleradio dal 5 all’11 settembre 03 IX 10 36 numero R EPORTAGE Alfa Romeo AGORÀ Ville storiche MUNDUS Femminile TENDENZE Caschi

Ticino7

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Numero 36 - Settimanale della Svizzera italiana

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L’appuntamento del venerdì»

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L’energia della natura sempre a portata di mano.L’energia della natura sempre a portata d

Agorà Edilizia in Ticino: ruspe e vista lago DI VALENTINA GERIG . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

Salute Odontoiatria. If you just smile... DI MARISA GORZA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

Mundus Shakti, l’eterno feminino DI DUCCIO CANESTRINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

Vitae Suzanne Brughelli DI CHIARA PICCALUGA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

Reportage Museo Alfa Romeo. Cento anni da rossa DI R. ROVEDA; FOTO DI R. KHATIR. . 35

Tendenze Caschi e moda. Salviamoci la testa... con stile! DI MARISA GORZA . . . . . . . . . . . . . 40

Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

Democrazia killer?

Cari lettori,la notizia circolata due settimane fa relativa aun’iniziativa – in seguito ritirata – per la rein-troduzione della pena di morte negli omicidia sfondo sessuale in Svizzera ha certamentesuscitato reazioni diverse e contrapposte oltreal commento degli editorialisti più accredi-tati. Secondo i commentatori, il comitatopromotore ha voluto, con questo rapido blitzmediatico, sottolineare il disagio di numerosicittadini di fronte a una giustizia che appareeccessivamente garantista nei casi più gravi esanguinosi, mentre nei confronti dei piccolireati esercita una rigida e inflessibile applica-zione delle norme.Premesso che l’analisi e la valutazione di uncrimine grave, come un omicidio a sfondosessuale, richiede la messa in atto di dispositivitecnici, analitici e giuridici ben più complessirispetto a reati di minore entità, per esempioun’infrazione stradale o un semplice furto inun supermercato; premesso, poi, che la Sviz-zera aderisce alla Convenzione europea suidiritti dell’uomo e ha rinunciato alla pena dimorte sia nella giurisdizione civile sia in quellamilitare, perché ricorrere di nuovo a questaforma di condanna? Il Comitato promotore,nel testo presentato, definisce la pena di morte“giusta e logica”, considerandola come la “so-luzione a numerosi problemi”. Questo orien-tamento, al di là delle più ovvie considerazionidi natura etica e religiosa, non rappresentaforse una totale rinuncia agli strumenti offertidal diritto e dalla politica? Perché, per esem-pio, anziché riproporre una pratica omicida ebarbarica – a cui peraltro ricorre oltre la metàdelle nazioni del mondo – non promuovere,sempre attraverso lo strumento referendario,

la richiesta di un inasprimento delle pene perquel tipo di reati? La proposta di reintroduzio-ne della pena capitale è sintomo certamentedi una condizione di disagio, come ha sotto-lineato Giancarlo Dillena in un suo editoriale(“CdT” del 26 agosto), ma al contempo essarivela uno scollamento dai più basilari princìpimorali e civili, premessa di una sottile ma nontroppo celata aspirazione all’autoritarismo (èsufficiente leggere la lista dei paesi “cattivi”per avere un rapido riscontro). L’interruzionedi una vita – omicidio, è il termine proprio –non ha infatti nulla a che fare con il diritto ela legge, anche nel caso dei crimini peggiorie più efferati. Se il killer seriale, il criminale diguerra, il pedofilo omicida sono al sicuro incarcere, perché addossarsi la responsabilitàdel loro assassinio? La pena di morte, oltre anon rappresentare un deterrente, è un totalecontrosenso le cui motivazioni affondanonella frustrazione e nella paura, sentimenti dasempre utilizzati per fini puramente politicied elettorali.Ma l’iniziativa appena ritirata suggerisce unulteriore interrogativo che in passato sullepagine di Ticinosette abbiamo già posto: è cor-retto sottoporre al giudizio popolare materiegiuridiche di questa natura? In altre parole, ilricorso sistematico allo strumento referendarionon può finire per rappresentare, almeno perdeterminati quesiti, un limite anziché un van-taggio sul piano dell’esercizio della democraziae dei diritti nel nostro paese? La volontà po-polare è sacrosanta ma va espressa all’internodi una solida cornice costituzionale in gradodi tutelare gli interessi generali e particolaridegli individui.

Cordialmente, Fabio Martini

numero 363 settembre 2010

Tiratura controllata89’345 copie(72’303 dal 4.9.2009)

Chiusura redazionaleVenerdì 27 agosto

EditoreTeleradio 7 SAMuzzano

Direttore editorialePeter Keller

Redattore responsabileFabio Martini

CoredattoreGiancarlo Fornasier

Photo editorReza Khatir

Amministrazionevia Industria6933 Muzzanotel. 091 960 33 83fax 091 960 31 55

Direzione, redazione,composizione e stampa

Centro Stampa Ticino SAvia IndustriaCH - 6933 Muzzanotel. 091 960 33 83fax 091 968 27 [email protected]

Stampa(carta patinata)Salvioni arti grafiche SABellinzonaTBS, La Buona Stampa SAPregassona

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In copertinaArese. Il “Rosso Alfa” della 1900C52 “Disco Volante” (1952) concarrozzeria Touring SuperleggeraFotografia di Reza Khatir

Impressum

Agorà

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VillaBranca aMelide è solo unadelleultime della lista, l’ennesimo abbat-timento chedimostra comegli edificicostruiti a cavallo tra ’800 e ’900siano il bersaglio preferito delle ru-spe ticinesi. Ma per quale ragione lanostra tradizione architettonica stascomparendo all’ombradi palazzi daisette piani in su...?

Le ruspe arrivano alla fine. I primisegnali di un destino già segnato

sono i paletti e il cartello con l’immagi-ne improbabile della nuova abitazione,moderna, prestigiosa, elegante, “vista lagoassicurata”. Villa Branca a Melide è solol’ultimo esempio: è stata abbattuta inpochi giorni, in un giugno di Mondialisudafricani. Paradossalmente, l’Articolo15 della Legge del 1997 per la Protezionedei beni culturali suggerisce: “Chiunquescopra un bene culturale degno di protezioneè obbligato a informare immediatamente ilMunicipio o il Consiglio di Stato”. Ebbene,le richieste per salvare Villa Branca cisono state, ma niente da fare: di fattoora stanno costruendo cinque blocchiabitativi per un totale di 49 appartamentie 100 posteggi interrati. Il passato e latradizione architettonica di Melide sonostati cancellati dalle ruspe e rimarrannoimpressi solo nelle illustrazioni di volumida biblioteca e nelle cartoline dei merca-tini d’antiquariato.

Una “moda” per nulla recenteMa Villa Branca, come dicevamo, non èun affatto un caso isolato. Già nel 2008la “Neue Zürcher Zeitung” aveva parlatodi “Strage di ville in Ticino”. Sono passatipiù di due anni e nulla è cambiato: leville d’epoca liberty, con un’architetturae finiture pregevoli, caratteristiche di unperiodo che va dalla fine dell’Ottocentoall’inizio del Novecento, sono oggettodi demolizioni sempre più frequenti. Avolte l’abbattimento imminente riesce asollevare un piccolo “polverone” fra chicerca di difendere il patrimonio architet-tonico del Cantone. In altri casi, invece,sono semplici edifici privati caratteristicidi un paesaggio che sta pericolosamen-te scomparendo all’ombra di palazzidai sette ai nove piani con vista lago.Giulio Foletti, responsabile del Servizioinventario dell’Ufficio beni culturali di

Bellinzona ci spiega: “Nel Canton Ticinoci sono circa 2500-3000 ville e case costruitetra il 1800 e il 1930”. Abbastanza, comesuggerisce lui stesso. Già, ma ancora perquanto? L’architetto Riccardo Bergossi,vicepresidente della Società ticinese perl’arte e la natura (STAN; www.stan-ticino.ch) che si occupa dal 1908 della tutela delpatrimonio architettonico e paesaggisticodel Cantone, ci viene in aiuto nel capirequalcosa di più sulla emblematica vicen-da di Villa Branca e sul perché le protestesiano rimaste inascoltate: “Ne abbiamoparlato diverse volte su Il nostro Paese (larivista trimestrale pubblicata dalla STAN,ndr.).Gli Uffici cantonali preposti alla tuteladei beni – ovvero l’Ufficio dei Beni Culturalie il Dipartimento del Territorio – avevanosegnalato che Villa Branca era un bene datutelare a livello comunale, non però a livellocantonale. È una distinzione importante,che risale alla Legge per la protezione deibeni culturali, approvata nel 1997. I beniculturali di interesse cantonale, salvo pocheintegrazioni, erano già protetti da una leggevigente dagli anni Quaranta, ma dovrebberoaggiungersi a questa lista i beni di interessecomunale, cioè tutelati direttamente daiComuni”, spiega Bergossi.

Il rimpallo delle responsabilitàDunque, il Cantone e gli enti predi-sposti alla tutela segnalano gli oggettidi interesse ma non hanno alcun po-tere decisionale. Il Comune ha quindil’ultima parola…? “Le competenze dellaCommissione dei beni culturali sono stabi-lite dalla Legge del 1997: il suo preavviso èimportante ma non esclusivo” spiega ancoraGiulio Foletti. “Il processo di protezionedei beni culturali è complesso. Si tratta diraccogliere tutte le informazioni possibilisull’edificio da tutelare: storiche, artistichema anche amministrative ed economiche.Poi bisogna avviare le procedure pianifi-catorie che codificano la protezione di un

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edificio o manufatto, ovviamente con lacollaborazione dei comuni che gestiscono ilterritorio su cui sorge il bene culturale. PerVilla Branca si è seguito questo iter. È unatrafila molto democratica: in conclusione ilComune di Melide ha deciso che non valevala pena conservarla”. E sul perché, nellaquestione Villa Branca, prima della suademolizione sia stata approvata unavariante di piano regolatore della pro-prietà, l’architetto Bergossi dice: “È stataattuata, nonostante le indicazioni sullaopportunità di proteggere la Villa fossero giànote. La variante di piano regolatore è statapromossa dai proprietari e approvata dalComune e dagli uffici cantonali e di fattone ha favorito la demolizione. La STAN siera opposta sollevando proprio la questionedel pregio dell’edificio, ma inutilmente.Varianti di questo tipo vengono portateavanti per proprietà importanti quando siritiene che ci sia un vantaggio urbanistico.Evidentemente Villa Branca non era consi-derata per quello che invece rappresentava:un patrimonio di Melide”.

La soluzione? Naturalmente unaquestione politica…Chiediamo all’architetto Riccardo Ber-gossi quale sarebbe, a suo parere, la

soluzione legislativa/governativa perproteggere maggiormente gli edifici:“Il problema è proprio legislativo, perché,anche se un bene è segnalato, il Comunenon è obbligato a prendere misure pertutelare l’edificio indicato, e può ignorarecompletamente la prescrizione del Cantone.Ora è tutto un passarsi la responsabilitàtra uffici cantonali e comunali. Ma ilcaso di Villa Branca è emblematico. Ladomanda d’obbligo è: la sorte di un edificiodi quel valore culturale può essere lasciataalle scelte politiche di un comune di 1500abitanti?”. Giriamo il quesito a MorenoCelio, responsabile della Sezione dellosviluppo territoriale del Canton Ticino,che sostiene: “Bisogna distinguere tra duecategorie: i beni culturali che rientrano nelpatrimonio del Cantone e quelli di interessesul piano locale. Per la prima il Cantone hapotere decisionale e competenza, mentre peri beni locali l’ultima parola spetta al Comu-ne”. Sulla possibilità di un cambiamentofuturo di questo meccanismo, Celiodichiara: “Non c’è ancora una direzioneprecisa ma il dibattito politico è in corsoed è particolarmente vivace”. Argomentoattuale, per fortuna. Ma con ogni proba-bilità il fulcro della questione è un altro:c’è davvero in Ticino un interesse per il

patrimonio architettonico tradizionale,per quegli edifici che incantavano eincantano ancora oggi tanti turisti eappassionati? La perplessità è legittima,vista la tendenza opposta, in molti pae-si, a valorizzare gli stabili d’epoca, anchese da ristrutturare. L’architetto Bergossidà una sua interpretazione: “Noi vediamoche ci sono proteste, poi la cosa finisce lì. Alivello comunale e cantonale ci sono politiciche con interpellanze agiscono in favoredei beni culturali, ma sono in pochi. Forsequesta è proprio una differenza culturalecon altri Paesi in cui le cose vanno in mododel tutto diverso. La ricchezza del Ticino èlegata anche ai capitali investiti in questosettore”. Giulio Foletti non smentisce lanostra impressione: “A oggi molti pianiregolatori non prevedono la conservazionedi questo tipo di patrimonio, per lo più otto-centesco e novecentesco, riflettendo un certotipo di sensibilità politica-culturale tipicadel Ticino degli anni Settanta e Ottanta delsecolo scorso. Le cose, come dimostra il casodi Lugano e di altri comuni, stanno tuttaviacambiando: la vera questione è sapere comele singole comunità locali vogliono il loroterritorio…”.La risposta, almeno per ora, sembrapoco confortante.

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Salute

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Ifyou

just

smile…

»Sorridere è socialmente cor-roborante e contagioso. Puòessere perfino auto-terapeu-tico: se al mattino ti guardiallo specchio e sorridi alla tuaimmagine, ecco che la giorna-ta parte con più ottimismo.Ma se il nostro sorriso non è“esteticamente” piacevole, se identi sono storti, disallineati,accavallati, sporgenti, retrusio troppo radi… è forse il casodi crearsi delle inibizioni enon praticare più quel piccologesto così pieno di magia? “Èsolo il caso di ricorrere alle curedell’ortodontista – suggerisce ladottoressa Ilaria Motta, laure-ata in Odontoiatria e Protesidentarie e specialista in Orto-gnatodonzia presso l’Uni-versità Statale di Milano –.Ciò che si può ottenere anchein età adulta con il trattamentoortodontico, genera sicurezzae disinvoltura nell’affrontareil rapporto con gli altri. Nondimentichiamo che la piace-volezza, espressa da una bellachiostra di denti, attrae d’istintoe influisce nella percezione dibellezza di un volto…”.Dottoressa Ilaria Motta, vuoldire che, chiosando il det-to popolare “Chi bello vuolapparire un poco deve soffri-re”, per un eventuale miglio-ramento della dentaturaè necessario farsi applicarequegli aggeggi metallici chefanno tanto assomigliare alla

adorabile (ma bruttina) UglyBetty? Come la mettiamo conla vita sociale e privata di unadulto?“Chi è disinvolto porta gli attac-chi d’acciaio senza particolariproblemi, come un male neces-sario. Ma il timido, o chi svol-ge attività di relazione con ilpubblico, può sentirsi a disagio.Fortunatamente ora, per la bel-lezza del sorriso, si “soffre” unpo’ meno che nel passato. L’or-todontista, facendosi carico deiconflitti psicologici del paziente,predilige l’innovativo trattamen-to linguale che mantiene i dentiliberi da sovrastrutture visibili.Per la verità sono molti i poten-ziali pazienti disposti a correg-gere degli inestetismi dentali acondizione di non subire il clas-sico trattamento vestibolare”.Ma il trattamento linguale èdavvero invisibile? Ce lo puòillustrare?

“L’apparecchio, essendo applica-to sulla superficie interna dellearcate sia superiori sia inferiori,è praticamente impercettibile.Al pari della terapia vestibolarevengono adattati i fatidici “bra-cket” (le stelline), solo che qui

si nascondono alla vista. Sono in un materialebiocompatibile e, grazie a una tecnologia avan-zata, sono molto più piccoli e poco ingombrantiper la lingua”.Dottoressa, ma possono dare fastidio?“Solo un po’, appena applicati; ma ciò si risolvenel giro di 24/36 ore. L’eloquio non subisce néimpedimenti né inibizioni. La tecnica è basatasugli stessi principi biomeccanici e sugli obiettiviestetici di quella tradizionale”.Signora Motta, da quanto tempo viene usataquesta tecnica?“Da circa dieci anni, ma è rimasta per moltotempo di nicchia per via di pregiudizi e perchérichiede una manualità non indifferente. Datele esigenze estetiche attuali sta diventandosempre più popolare e resta innovativa per lacostante ricerca sui materiali, come pure sullepossibilità terapeutiche, estetiche e del comfortdel paziente”.A chi si rivolge la terapia linguale?“A pazienti adulti la cui crescita scheletrica ècompletata che necessitano di un trattamentopuramente ortodontico”.Ha voglia di citare un caso… a caso?“Un brillante e noto avvocato provava disagio acausa della dentatura poco armonica, ma nonera propenso a indossare un apparecchio visibile.Con la nostra terapia ha ottenuto la completarisoluzione del problema estetico nel giro di un

anno, senza mai com-promettere la sua elo-quenza. Per trasformarsiin cigno non c’è più biso-gno di passare per la fasebrutto anatroccolo, comesuccede alla simpaticaUgly Betty da lei men-

zionata. La quale è destinata a diventare moltocarina alla fine del trattamento...”.Davvero? Allora non ci resta che citare leparole della famosa canzone: “If you justsmile... You’ll see the sun come shining throu-gh...” (appena sorriderai... vedrai il solesplendendere).

Internetwww.fondazioneimpianti.chNon sempre il classico apparecchio dentale è sufficientea ridare il “sorriso” a tutti. Citiamo dal sito Internet: “LaFondazione Impianti Svizzera è stata creata allo scopo diinformare in modo obiettivo e scientifico la popolazionesvizzera sulle possibilità e i limiti degli impianti dentali,mettendo a disposizione del pubblico strumenti informativiadeguati e organizzando campagne divulgative”.

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A volte basta un sorriso per sdrammatizza-re una situazione, disarmare l’“avversario”,mettere a proprio agio l’interlocutore, ac-cendere la fiammella dell’amicizia e forsedell’amore. E se la propria dentatura…

L’attrice America Ferrera nei panni di Ugly Betty, dall’omonimo serial tv

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In un negozio di vecchi dischi ho trovato un trentatré giri invinile dalla copertina rosa shocking dal titolo Canti di donne inlotta (nell’immagine), prodotto da un gruppo di femministe diPadova negli anni Settanta. Quanta grinta, quanta voglia dicambiare il mondo. E quanti equivoci. Allora il femminismocombatteva un sistema che discriminava le donne. Nel canzo-niere femminista pubblica-to dalla Newton Comptonnel 1977 si giunge a denun-ciare “la sacca di sottosvi-luppo, funzionale al sistemacapitalistico, in cui è relegatala donna; questo ghetto eco-nomico e ideologico fa delladonna il naturale alleato delsottoproletario e del negro”.Parole che sbalordiscono.O fanno sorridere.Oggi si denunciano i soffit-ti di vetro, cioè le barriereinvisibili che precludonoavanzamenti alle donnein carriera. Oggi si riven-dicano quote minime dipresenza “rosa” all’internodegli organi politici e isti-tuzionali. Oggi si parla divalorizzazione della donnasotto il profilo dei mercatifinanziari, dal punto divista del marketing e per mansioni di carattere manageriale.In pratica, l’emancipazione della donna starebbe nella per-centuale di poltrone occupate da persone di sesso femminileai posti di comando. Stessi metodi, stessi obiettivi. Spesso ledonne che lavorano non rivendicano la loro diversità, ma ildiritto di partecipare a pieno titolo alla costruzione di unmondomalato. Di unmondo sbagliato, dove le sperequazioniaumentano, anziché diminuire. Fatti salvi i principi delle pariopportunità e dei pari diritti, “a occhio” al sottoscritto pareun malinteso ideale di liberazione.Lo aveva capito l’astrologa e scrittrice Lisa Morpurgo, che nelsuo Il convitato di pietra (1979) scriveva: “La mimesi degli stru-menti virili rischia di risolversi in un prolungamento involontariodello schema fallico-marziano, mentre le proposte di Venere sonoben altre, ricalcano la meccanica propria degli organi sessuali

femminili nel corso dell’amplesso e dunque il ciclo matriarcalesarà impostato sul possesso divorante, anziché sulla violenzapenetrante, opporrà al culto della tecnica-Urano, il culto dellanatura-Luna”. Curiose intuizioni cui fanno eco le riflessionidi un’altra scrittrice, Anna del Bo Boffino, pubblicate nel libroVoi uomini (1985): “Forse non ce ne siamo resi conto, ma in questi

anni i valori tipici della cul-tura femminile sono entratiin gioco nel grande discorsosul futuro dell’uomo, intesocome genere umano: la tute-la dell’ambiente, la pace, laredistribuzione delle risorsenaturali per combattere lafame. Queste caratteristichesono riconducibili ad antichefunzioni femminili come ilpulire, conservare, capire,nutrire. Valori la cui logicasi contrappone a quella ma-schile del vincere/perdere”.Quello che una volta sichiamava eterno femininoaprirebbe dunque le viepiù sostenibili, anche nelmondo del lavoro. In Indiaquesta energia propria delgenere femminile si chia-ma shakti, e si manifestanegli attributi – bellezza,

armonia, saggezza – di diverse divinità. Lo shaktismo è unareligione millenaria, che connette le origini al futuro delpianeta: perché, si dice, sarà la shakti a curare il mondo. Delresto, la vecchia organizzazione aziendale ha già scopertole cosiddette risorse umane, le relazioni, l’affettività, il van-taggio della accoglienza delle diversità. Tutte caratteristichefemminili. Così come l’ascolto e il rispetto della vita.Saranno le donne a salvare il mondo? Non necessariamente.Piuttosto un sentire e un agire femminili, a prescindere dalgenere sessuale delle persone impegnate. Un’eventuale lea-dership femminile non cambierà affatto le cose, se non saràradicalmente diversa. Non importa se imanager siano maschio femmine, ciò che importa è la loro etica.Diventare come maschi non è una buona idea. Si può fare dimeglio. Molto meglio…

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Che cosa salverà il nostro mondo e co-me possiamo creare una società miglio-re? Secondo alcuni lasciando finalmen-te il timone del potere alle donne… Maforse la risposta sta “nel sentire” piut-tosto che “nell’essere”

Shakti, l’eterno feminino»

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a mia famiglia è di Stoc-carda, ma durante i

bombardamenti della Secondaguerra mondiale, la loro casavenne distrutta e come moltealtre famiglie trovò alloggiopresso dei parenti nel suddella Germania nel Land delBaden-Wüttenberg, in cam-pagna, alla periferia di Schwä-bisch Hall. Io sono nata lì, dueanni dopo la fine della guerra,e ho vissuto la mia gioventùcon i miei genitori e i miei trefratelli; in totale 6 persone chevivevano in 2 stanze. Primache nascessi mio padre eracapostazione in Polonia, finoa quando si è accorto di quelloche realmente stava succeden-do, perché vedeva i treni chesi dirigevano verso Auschwitz.Della guerra sentivo moltoparlare, e perme vedere le casedi Stoccarda bruciate e distrut-te era “la normalità”; nonriuscivo a percepire la gravitàdella situazione anche perchéa 4 anni era la sola realtàche conoscevo. A SchwäbischHall eravamo poveri, ma soloeconomicamente, perché alivello affettivo eravamo dav-vero ricchi. C’era molta unitàfra le famiglie, non avevamonulla ma creavamo tutto coni materiali che trovavamo eche ci regalavano o che rici-clavamo. Per esempio, ricordobene che facevo i vestiti dellebambole con i giornali o persbaglio tagliavo la tovagliadella mamma per crearmi unvestito... Vivevamo in modosemplice e creativo. Si andavaa piedi dai parenti passeg-giando nei boschi e ci rega-lavano pane e verdure. C’erauna grande solidarietà tra lepersone: questo ha segnatopositivamente tutta la miavita. Infatti, dopo le scuoledell’obbligo sapevo di volerscegliere una professione chemi permettesse di aiutare glialtri, così ho fatto l’infermiera.A 21 anni ero caporeparto perle Cure intensive dei bambininell’ospedale di SchwäbischHall; una grande responsabi-lità per una neo-infermiera,ma il lavoro mi piaceva mol-to. Proprio in quel periodol’ospedale aveva organizzato

un viaggio in Svizzera per isuoi dipendenti e lì ho cono-sciuto mio marito. Lui stavafacendo il servizio militarenel Canton Uri e ci siamoscambiati l’indirizzo; così pianpiano per alcuni anni ci sia-mo frequentati. Nel frattempoho trovato lavoro nel repartodei prematuri al Kinderspitaldi Basilea. Era una strutturaall’avanguardia, si salvavanogià bambini di 400-500 gram-mi di peso e fra gli infermierie i colleghi, provenienti damezza Europa, c’era un grandeaffiatamento emolta solidarie-tà. Si dava molta importanzaal contatto tra i genitori e ilbambino, puntandomolto sullato affettivo e umano, cosache in molti ospedali non sifaceva. A 25 anni ci siamosposati e ci siamo trasferitiin Ticino, a Sala Capriasca.Conoscevo appena un po’ diitaliano, ma vista l’esperienzacome infermiera ho trovatosubito lavoro in un ospedaledi Lugano; il gruppo di lavoroera bellissimo, ma a livellodi struttura eravamo indietrodi decenni rispetto a quantoavevo vissuto a Basilea… Unpediatra con il quale avevolavorato si è trasferito in Tici-

no per aprire uno studio dipediatria, mi ha cercata e cosìè iniziata l’avventura come“tutto fare” per questo medi-co. Visto che aprivamo unanuova attività mi sono tro-vata a dover gestire anche laparte amministrativa, e moltialtri compiti che non avevomai eseguito prima. In cin-que anni ho conosciuto beneLugano e la sua popolazione.Poi, improvvisamente, hodeciso di voltare pagina e hoacquistato un negozio moltoparticolare dove si filava lalana, si vendevano prodottialternativi ed era anche unluogo di ritrovo della Capria-sca. Quando sono nate le miefiglie ho deciso di dedicarmicompletamente al ruolo dimamma e ci siamo trasferiti aContra, un luogo tranquillo ein mezzo alla natura.Credo che un aspetto moltoimportante della vita sia pro-prio il contatto con la natura

e gli animali, questi esseri così speciali chetrasmettono senza parole la fedeltà, l’amoree la gratitudine. Quanti essere umani potreb-bero risparmiarsi psicofarmaci, abbonamentiper fitness club e sonniferi condividendo lavita con un animale! Ho sempre vissuto inun ambiente rurale e oggi, dopo 37 anni chesono qui, apprezzo ogni giorno la bellezzaunica di questa regione, il clima, il sole, il lagoe tutto il resto. Grazie anche a mio marito,che è cresciuto in Ticino, mi sono integratabenissimo, e tra le tante attività che svolgofaccio da guida al parco botanico delle Isoledi Brissago e mi dedico al volontariato. Hodiversi grandi personaggi chemi affascinano,Einstein, Gandhi e Madre Teresa di Calcutta,per esempio, persone geniali e con un grandelato spirituale. Avrei sempre voluto andarea Calcutta, in India, per fare volontariato,ma poi ho capito che non c’è bisogno dispostarsi fin laggiù per aiutare chi ha biso-gno, anche qui nella nostra regione si puòfare molto e così da qualche anno aiuto incucina ogni lunedì in un centro diurno perpersone con dipendenze. È un’esperienzamagnifica, che mi ha messo in contatto conuna realtà che non conoscevo e mi arricchi-sce molto dal punto di vista umano.In tutto quello che faccio metto il cuore etutta l’anima: per me è molto importanteessere autentica. La scoperta di certi valori èdovuta a unmio percorso di ricerca spiritualeche mi ha portato anche in India e a incon-trare e conoscere personaggi che hanno vissu-to esperienze di vita che hanno rappresentatoper me dei grandi insegnamenti.

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Esserci per gli altri è il filo conduttoredelle sua vita. È convinta che l’incontrocon alcune persone, con un libro o altroavvenga sempre al momento giusto, per-mettendo l’apertura di nuovi orizzonti...

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Un secolo fa nasceva l’Alfa Romeo,uno dei simboli dell’industria edella fantasia italiana del Ventesimosecolo. Cent’anni di bolidi e velo-cità, di grandi trionfi ma anche dimomenti bui. Una vicenda leggen-daria che è possibile rivivere passodopo passo visitando il MuseoStorico della casa del Biscione,ad Arese, alle porte di Milano

CEN TO ANN I DA ROS SAtesto di Roberto Roveda; fotografie di Reza Khatir

Bolidi per correrePrimo flashback: immagini sgranate in biancoe nero, un bolide traballante lanciato a più diduecento all’ora tra due ali di folla. Al volantec’è Tazio Nuvolari. Il secondo flashback è invecea colori: una piccola spider corre sulle stradeamericane nel film Il laureato. L’anno è il 1967e il giovane alla guida con i capelli al vento èDustin Hoffman. Due sequenze lontanissime traloro ma unite da un nome e un cognome: AlfaRomeo. Nuvolari e Hoffman sfrecciano, infatti,su due Alfa. A dominare le due scene è poi lavelocità, e non a caso perché il 24 giugno dicent’anni fa veniva fondata l’A.L.F.A. (acronimodi Anonima Lombarda Fabbrica Automobili) conl’idea di produrre auto sportive. Il primomodello,la 24 HP, venne così subito modificato per potergareggiare e già nel 1911 partecipava alla mitica“Targa Florio”, una delle più antiche e prestigiosecompetizioni automobilistiche.Lo stabilimento dell’Alfa era a Milano, al Portello,alla periferia nord ovest del capoluogo lombar-do, e il legame con la città era fortissimo tantoche nello stemma della casa automobilisticacampeggiava – e continua ancora oggi a campeg-

giare – il famoso Biscione, simbolo dei Visconti.A trasformare l’Alfa in “Alfa Romeo” fu però uningegnere di Napoli, Nicola Romeo, che entrònel 1915 nel capitale della casa automobilisticaportando in dote quattrini e cognome. Ora glielementi c’erano tutti e le Alfa Romeo comincia-rono a diventare uno dei modelli più ambiti dachi amava la velocità.

Un simbolo italianoAuto potenti, linee aggressive, prestazioni sempreai limiti nelle varie epoche, le Alfa erano la dimo-strazione che anche l’Italia povera e contadina deiprimi decenni del Novecento poteva primeggiarenell’industria e nella tecnologia. Così le epichevittorie di Nuvolari al volante della sua Alfa “6C1750 Gran Sport” o della “8C 35” contro glisquadroni Mercedes e Auto Union (l’antenatadell’Audi) non erano solo imprese sportive, mavittorie di tutto un Paese nell’eterno scontro trainventiva e fantasia italica e strapotere tecnolo-gico e pragmatismo teutonico. Le Alfa Romeotenevano alto il nome dell’Italia, insomma,ma re-torica a parte dallo stabilimento del Portello sonousciti per decenni gioielli di tecnologia e di stile,

in queste pagineIl motore 8 cilindri e ilfrontale della “8C 2900BSpeciale Le Mans Touring”del 1938

in aperturaLe catene di montaggiodello stabilimento AlfaRomeo di Arese, in pienaattività in una fotografiadei primi anni Settanta(per gentile concessionedell'Archivio Alfa Romeo,Arese)

autovetture che tutto il mondo invidiava. Eranomodelli dai nomi femminili come la “Giulia” o la“Giulietta” oppure semplici cifre come la “1900”.A “vestirle” erano i più grandi designer del tempo,firme come Zagato, Bertone, Pininfarina. “Quandovedo un’Alfa Romeo mi tolgo il cappello”, disse nel1939 Henry Ford... e parliamo dell’uomo cheaveva motorizzato gli Stati Uniti.

Le tradizioni alfisteGrazie alle imprese automobilistiche le autoprodotte dalla casa del Portello entrarono nell’im-maginario collettivo degli italiani – e non solo –,tanto che parlare di auto sportive significava qua-si automaticamente dire Alfa Romeo. L’Alfa erastata, infatti, capace di creare una solida tradizio-ne fatta di simboli praticamente immodificabili.Lo stemma, di cui abbiamo detto, lo stabilimentodel Portello – che continuava a produrre autonegli anni Ottanta assieme ai nuovi stabilimentidi Arese e Pomigliano d’Arco, in Campania –, latrazione posteriore, quella delle auto da corsa. Eancora il “Rosso Alfa” particolare tonalità di rossocreata per le auto da competizione negli anniVenti e il simbolo del “quadrifoglio” che dal 1923

ricorre in tutte le attività sportive dell’Alfa e nelleversioni più sportive della sua produzione. Contutte queste tradizioni è quasi naturale che gli“alfisti” siano dei veri e proprio tifosi per i qualiè preferibile una bicicletta piuttosto che sederealla guida di un’auto diversa da quelle costruitedalla casa del Biscione. Alcuni di loro non hannomai digerito i cambiamenti degli ultimi annicome l’abbandono dopo l’Alfa 75 della trazioneposteriore – per molti quella è l’ultima vera AlfaRomeo – e la chiusura non solo del Portello maanche del grande stabilimento di Arese che hasmesso di produrre agli inizi del nuovomillennio.Così come non hanno digerito che dalla metàdegli anni Ottanta l’Alfa sia passata nelle manidella Fiat, che da sempre fa utilitarie, la nemesicompleta per chi ama le auto sportive.Vale però qui la pena ricordare che fu proprioEnzo Ferrari, fondatore della casa automobilisticasimbolo oggi della velocità italiana nel mondo, aguidare negli anni Trenta quello che di fatto erail reparto corse della casa del Biscione, prima didare vita alla sua prima vettura con il simbolo delcavallino. E comunque, rivalità a parte, sempredi “rosse” stiamo parlando…

per informazioniMuseo Storicodell’Alfa Romeopresso il CentroDirezionale Alfa RomeoViale Alfa Romeo20020 Arese (MI)

Il museo è apertoda lunedì a venerdì(9.00–12.30/14.00–17.00)tel: +39 02 444 29 322/421

per saperne di piùMaurizio TabucchiAlfa Romeo 1910–2010Nada editore, 2010

Lorenzo ArdizioAlfa Romeo. Cuore sportivoMondadori Electa, 2010

AA.VV.Tutte le Alfa RomeoEditoriale Domus, 2010

a lato, in senso orarioLa “6C 2500 Super SportVilla d’Este Touring” del1950. La “6C 2500 SuperSport” del 1947. La “GiuliaSprint Speciale” del 1965.L’Alfa Romeo “Tipo 103”prototipo di utilitariaprogettata tra il 1954 eil 1962 e mai entrata inproduzione

pagina di sinistraL’ “Alfetta 159 GranPremio” con la qualeJuan Manuel Fangio(1911–1995) vinse nel1951 il mondiale diFormula 1 (sopra)

La galleria dedicata aimodelli Alfa Romeo deglianni Venti (sotto)

Èfuori discussione: la testa in cima alle spalle èla cosa più preziosa che abbiamo, ma basta unacaduta (anche banale) sull’asfalto o sullo spigolo

del marciapiede, per spaccarsela come un’anguria.E meno male che una provvidenziale normativa hagiustamente imposto il casco in tutta Europa! Ogniesemplare, conforme alla Norma europea, deve porta-re ben chiara e indelebile una marchiatura compostada un cerchio che racchiude la lettera “E” seguitadal numero distintivo del paese dove è stata appro-vata: cioè E1 per la Germania, E2 per la Francia, E3per l’Italia... E14 per la Svizzera e così via. A renderequesto accessorio difensivo un oggetto di desideriomodaiolo, piacevole e un po’ misterioso, ci hannopensato gli stilisti con eclettiche proposte, semprerigorosamente “omologate”.

Solari e pieni di buonumore, gli esemplari salvatesta diAgathaRuiz de la Prada (nell’immagine) riflettono lo spirito ludicoe audace della creatrice spagnola. Divertenti anche i nomi chedescrivono i temi illustrati: “Te quiero, no te quiero”, “Aquìestoy”, “Estrella”... con nuvole, cuori, pois, stelle naifmescolatia tinte smaltate. Caschi inmateriali high-tech di grande comforte che hanno superato i controlli qualità richiesti sia dall’U.E.sia quelli imposti dagli standard mondiali.Accessori accattivanti e nel contempo di grande sicurezza, sonopure imodelli integrali e unisex presentati allo scorso Salonemi-lanese del Motociclo dallaMoschino Helmets. Vi campeggia-

no il simbolo della pace e cuori appassionati nelmood “Peaceand Love”, icona cara a Moschino, mentre si rinnova il proto-tipo “Logo” con calotta decorata a spirale dalla storica firmascritta in bianco smagliante con contorno di decalcomania nera.E per deliziare una biker scatenata e innamorata ecco il modelloun po’ “testa nel pallone” di Sweet Years con gli immancabilicuori palpitanti su fondo rosa fuxia. La visiera è bombata inuno stile vagamente astronautico. Texture mimetica e sfuma-ture verde militare per quello del suo “lui”, un motociclistagrintoso e avventuroso.La raffinata identità creativa di Giorgio Armani non sismentisce mai ed è riconoscibile anche quando firma i caschida moto EA7. La grafica essenziale e il design deciso sono va-lorizzati dai riflessi cromati della calotta in una speciale tramadi vetro e Kevlar, e da accurati particolari in acciaio scintillante.Salvarsi la testa è diventato chic!Icona fashion nel panorama delle intrepide due ruote, il ca-sco Momodesign, ispirato agli helmet degli elicotteristi, siarricchisce di nuovi dettagli estetico-funzionali come la visierasferica regolabile e il sottogola con fibbia micrometrica. Mentrela gamma dei colori sperimenta cromie ardite, fra le quali ilrosso ciliegia metallizzato e un grigio dai lampi siderali. Mase volete qualcosa di veramente prezioso per la vostra altret-tanto preziosa testolina (prettamente femminile s’intende...),scegliete un casco Glammie, realizzato per Caberg in unesclusivo materiale termoplastico e decorato dalla gioielleriaBTrue con incastonatura di cristalli Swarovski. Sostituibilianche con splendide pietre assolutamente autentiche.

Salviamocila testa…con stile!Tendenze p. 40 | di Marisa Gorza

Scorrazzare per le vie cittadine in sella al proprio scooter regala a ragazzie adulti un impagabile senso di libertà e dinamismo. E poi, evitare le colonne eil traffico congestionato dalle ingombranti quattro ruote non è forse ilmodo più furbo per velocizzare il proprio percorso? Con la fine delle vacanzee le scuole ormai iniziate da qualche giorno, guidare il proprio veicolo neltragittoquotidiano può essere ancora più piacevole… e sicuro. Grazie “al cascoben allacciato e ai fari sempre accesi, anche di giorno”!

ariete

Baruffe amorose nelle giornate tra il10 e l’11 settembre a causa dell’op-posizione lunare. Svolte professionalientro il 9 settembre. I nati nella terzadecade saranno sottoposti all’in-fluenza di Venere e Marte.

bilancia

La prima settimana di settembre sipresenta rovente. Marte e Venere incongiunzione vi accendono di deside-rio e di passione. Svolte professionalisollecitate dall’opposizione di Saturnocon Giove. Siate più ottimisti.

vergine

Grazie a Mercurio incontrerete per-sone che non vedevate da tempo.Vita sentimentale in ascesa a partiredal 9 settembre. Spese legate allaristrutturazione o all’abbellimentodell’abitazione.

pesci

Grazie all’ingresso di Venere nell’ami-co segno dello Scorpione potretevivere momenti indimenticabili con ilpartner. Continua il periodo di scelteepocali per i nati nella terza decade acausa del forte transito di Urano.

toro

A partire dal 9 settembre i natinella prima decade dovranno fare iconti con una tormentata Venere ditransito nello Scorpione. Gelosie eattrazioni improvvise. Incontri conuna vecchia fiamma.

scorpione

Evviva! A partire dal 9 settembre,Venere avvia un lungo cammino nelvostro segno. Grazie al transito coro-nerete i vostri sogni d’amore. Svolteper i nati nella terza decade chesanno abbracciarsi all’incredibile.

gemelli

Grazie ai transiti di Marte e Venere,almeno fino all’11, riuscirete a vederecon occhi amorevoli le persone chevi circondano. Colpi di fulmine per inati nella terza decade. Incrementodella vita sociale.

sagittario

La prima settimana di settembreinizia positivamente grazie ai transitidi Marte e Venere. Ottimo momentoper far partire progetti a lungo ter-mine. Problemi nelle comunicazioniper i nati in novembre.

cancro

A partire dal 9 Venere entra nell’ami-co segno dello Scorpione per ri-manerci a lungo. Si apre una fasedecisiva della vostra vita affettiva.Scelte matrimoniali o di distacco.Risoluzione di vecchie questioni.

capricorno

Scontri con il partner provocati daMarte e Venere in quadratura di tran-sito nella vostra decima casa solare.Le questioni di cuore vanno sempretenute lontane dagli affari. Positivele giornate tra l’8 e il 9.

leone

Ottimo periodo per divertirsi in com-pagnia degli amici. Miglioramentodell’aspetto fisico per i nati in agosto.Grazie ai transiti di Marte e Venerei nati nella terza decade potrannorivelarsi grandi seduttori.

acquario

La prima settimana di settembre vivede baciati dai trigoni di Marte e Ve-nere. Amore alla grande. Atmosferesensuali. Sarete determinati, carichie seduttivi. Prudenza alla guida, sietetroppo distratti!

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umero38 Orizzontali 1. I sudditi di

Astolfo • 10. Il tesoro dello Stato• 11. Si a Londra (Y=I) • 12. Lanota Pavone • 13. Ponte... sulconfine • 15. Nervoso, eccitato• 17. Congiunzione eufonica• 18. Preposizione semplice •19. Un potente esplosivo • 21.Antico popolo peruviano • 23.Abbassar • 24. Capitombolare• 26. Buttare in mezzo • 27.Articolo maschile • 28. Librarsinell’aria • 30. Attori di fama •32. Spalletta centrale • 34. Notocollegio inglese • 35. Gioca ilderby con il Milan • 37. Vernice,smalto • 39. Imbarcazione daregate • 40. Spinta iniziale •42. Il nome della Martini • 43.Bella... nel cuore • 45. Il poetade’ “Il cardo e la rosa” • 47. Loproducono le api • 49. Dittongoin beato • 50. Le iniziali dellaTurci • 51. Il cattivo delle fiabe• 54. Olio inglese • 55. Operadi Verdi.

Verticali 1. Noto romanzo diG. Bonura • 2. Stravaganza,peculiarità • 3. Venuti al mondo• 4. Biglietti della lotteria • 5.Dittongo in Coira • 6. Lo pseu-donimo di Mariano Filipepi • 7.

Cattive • 8. Contrite, dispiaciute• 9. Il nome della Duncan • 14.Quella Sacra giudica • 16. Inmezzo al mare • 20. Il regno deimorti • 22. Un supporto del PC• 25. I confini di Roveredo • 29.Ontani • 31. Inerente la voce• 33. Inventare, realizzare 36.Un Profeta • 38. Bruciare • 41.Europa Unita • 44. Diverbi • 46.Gas luminoso • 48. Lussembur-go e Ohio • 52. Croce Rossa •53. Preposizione semplice.

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