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Indice 7 Presentazione (Elita Maule) PRIMA PARTE Le riflessioni 11 CAP. 1 Scenari didaici (Elita Maule) 39 CAP. 2 Strategie educative tra passato e presente (Elita Maule) 59 CAP. 3 La musica come facilitatore degli apprendimenti (Silvia Azzolin) SECONDA PARTE Le pratiche 75 CAP. 4 Ascoltare (Silvia Azzolin) 109 CAP. 5 Voce (Silvia Azzolin) 137 CAP. 6 Movimento (Silvia Azzolin) TERZA PARTE Esperienze pratiche e proposte di lavoro 169 CAP. 7 Costruire e utilizzare suoni in un percorso didaico (Elita Maule) 205 CAP. 8 Due progei (Elita Maule) 221 Bibliografia 231 Il CD audio Suoni e musiche per i piccoli

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I n d i c e

7 Presentazione (Elita Maule)

PrIma Parte Le riflessioni

11 CAP. 1 Scenari didattici (Elita Maule)

39 CAP. 2 Strategie educative tra passato e presente (Elita Maule)

59 CAP. 3 La musica come facilitatore degli apprendimenti (Silvia Azzolin)

seconda Parte Le pratiche

75 CAP. 4 Ascoltare (Silvia Azzolin)

109 CAP. 5 Voce (Silvia Azzolin)

137 CAP. 6 Movimento (Silvia Azzolin)

terza Parte esperienze pratiche e proposte di lavoro

169 CAP. 7 Costruire e utilizzare suoni in un percorso didattico (Elita Maule)

205 CAP. 8 Due progetti (Elita Maule)

221 Bibliografia

231 Il CD audio Suoni e musiche per i piccoli

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Introduzione 7

Nella scuola dell’infanzia tutte le situazioni rappresentano per i bambini un pretesto per fare rumo-re. Per esempio, all’ora dell’uscita, noi distribuiamo un foglio da dare ai genitori e in meno di dieci secondi alcuni hanno fatto un cannocchiale, altri una tromba, altri ancora lo scuotono vicino all’orecchio… Chi non sta pensando alla sua classe? Chi non si è sentito infastidito da tutta questa agitazione? Ed i versi fatti con la bocca, allora? E i fischi nei tappi delle biro, lo stridore dei cassetti…. «Ma che cos’hanno oggi?» ci chiediamo.

Forse non è altro che il loro modo di dirci: «Vogliamo fare musica». Non hanno altro mezzo per farcelo sapere. E allora non sarà forse il caso di prendere in considerazione queste «insolenze» e di considerarle come nuove piste di lavoro? (Frapat, 1994, p. 14)

Se comunicare attraverso suoni e musiche è un’esperienza quotidiana di tutti, essa assume una valenza particolare proprio per i bambini: i suoni servono loro per raccontare l’immaginario, come sostiene Monique Frapat, mentre le parole sono relegate alla descrizione della realtà.

Questo testo nasce proprio con l’intento di accreditare nella scuola dell’infanzia una didattica musicale che, da un lato, sia in grado di valorizzare a fini cognitivi ed espressivi le modalità spontanee attraverso le quali i bambini comunicano mediante il mondo dei suoni e che, dall’altro, sia di conforto e di guida anche per l’operato di quell’insegnante che, castigato da una visione troppo tecnicistica della musica, non si reputa all’altezza di manipolare un linguaggio giudicato appannaggio dei soli esperti.

Presentazione Elita Maule

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8 Suoni e musiche per i piccoli

Partendo da questi presupposti abbiamo cercato, nella prima parte del libro, di individuare una continuità tra passato e presente considerando il ruolo storico che suoni e musiche hanno sempre rivestito nella scuola dell’infanzia e ponendo in luce quei tratti che ancora legano i metodi attivisti italiani del Novecento alle più recenti conquiste della ricerca didattica. Questa disamina ci è apparsa necessaria per porre l’educazione musicale in sintonia con il con-solidato, e più noto alle insegnanti, settore pedagogico generale.

Ne è emerso un panorama suggestivo e ricco di stimoli nel quale trova posto, nell’ottica di una trasversalità che rappresenta la chiave di lettura della presente trattazione, un percorso ancora assai attuale: dall’esplorazione e dalla manipolazione dei materiali e dei gesti sonori fino alla produzione e all’invenzione musicale, il pensiero delle grandi educatrici del passato si sposa con le moderne teorie sul risveglio sensoriale promosso anche attraverso l’uso interdisciplinare del laboratorio didattico.

Nella seconda parte ci siamo occupate delle pratiche educative musicali, op-portunamente presentate anche con riferimenti puntuali alle ricerche più recenti, fornendo agli insegnanti utili suggerimenti per affrontare in classe un percorso musicale che preveda l’uso della voce, del corpo sonoro e dell’ascolto.

La terza parte del libro vuole porsi come esemplificazione pratica di possibili esperienze didattiche trasversali da spendere in classe, coinvolgendo obiettivi legati a tutti i campi di esperienza ma veicolandoli, in modo privile-giato, con suoni e musiche.

La costruzione e la successiva manipolazione di strumenti e oggetti sonori descritta nel settimo capitolo sarà, per esempio, l’occasione per attivare con i bambini un’educazione ritmica, temporale e linguistica, ma sarà anche lo spunto per animare la bottega dello scultore, del falegname, del sarto previste nel laboratorio didattico, nonché l’atelier teatrale e quello più propriamente musicale mediante attività di produzione e fruizione sonora.

I due progetti descritti nell’ultimo capitolo, anch’essi concepiti in modo da coinvolgere tutti i campi di esperienza, interessano, in maniera volutamen-te esemplificativa, le possibili attività sonore e musicali spendibili intorno a nuclei tematici trasversali e significativi per la scuola dell’infanzia: l’uso del movimento nei giochi motori cantati e nelle danze, le esecuzioni strumentali d’insieme, la realizzazione di partiture pittografiche, la sonorizzazione di poesie e piccole storie, l’uso ritmico di conte e filastrocche racconteranno, in maniera coinvolgente, una giornata di pioggia, l’esperienza di un viaggio in autobus e in carrozza.

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Scenari didattici 17

Anche le Indicazioni per il curricolo, emanate nel luglio del 2007 con carat-tere di provvisorietà e sperimentazione, sottolineano come «l’esperimento, la manipolazione, il gioco, la narrazione, le espressioni artistiche e musicali sono [...] occasioni privilegiate per apprendere per via pratica quello che succes-sivamente dovrà essere fatto oggetto di più elaborate conoscenze teoriche e sperimentali» (p. 21), accreditando un uso diffuso e trasversale dei linguaggi espressivi nella scuola dell’infanzia e non solo.

I traguardi per lo sviluppo della competenza musicale, concentrati nel campo di esperienza «linguaggi, creatività, espressione», interessano:– lo sviluppo dell’interesse per l’ascolto della musica e per la fruizione e l’analisi

di opere d’arte; – la scoperta del paesaggio sonoro attraverso attività di percezione e produzione

musicale utilizzando voce, corpo e oggetti; – la sperimentazione e la combinazione degli elementi musicali di base me-

diante la produzione di semplici sequenze sonoro-musicali;– l’esplorazione dei primi alfabeti musicali utilizzando i simboli di una nota-

zione informale per codificare i suoni percepiti e riprodotti;– l’esplorazione delle possibilità offerte dalle tecnologie per fruire delle diverse

forme artistiche, per comunicare e per esprimersi attraverso di esse.

Le nuove tendenze didattiche

Pur nelle diversità che caratterizzano, soprattutto nell’assetto epistemologico e nella definizione dei campi di esperienza, i diversi orienta-menti programmatici, possiamo comunque riscontrare elementi di comunione che interessano la spendibilità didattica di suoni e di musiche nella scuola dell’infanzia intesi nella loro specificità disciplinare. Gli obiettivi sono centrati intorno ai seguenti fondamentali poli:1. l’esplorazione-sperimentazione-scoperta dei paesaggi sonori, della propria

voce e delle sue potenzialità, della propria identitaria impronta sonora, degli effetti prodotti dalle combinazioni degli elementi musicali di base, delle prime forme di rappresentazione grafica del suono, delle potenzialità tecnologiche di trasmissione-ricezione-comunicazione sonora;

2. la produzione-invenzione di melodie, ritmi, sequenze sonore, canti, di forme spontanee di scrittura sonoro-musicale, di strumenti e oggetti sonori auto-costruiti, di gesti e di movimenti;

3. l’ascolto-fruizione di eventi sonori legati al paesaggio acustico, di musiche di vario stile e provenienza.

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18 Suoni e musiche per i piccoli

Tali pratiche verranno esercitate mediante l’uso della voce, degli strumenti musicali a uso didattico (come lo strumentario Orff ma anche quello etnico); degli strumenti autocostruiti e degli oggetti sonori (anche rifunzionalizzando quelli di uso comune); del corpo, del movimento (per attività legate al gioco motorio e alla danza), ma anche del gesto-suono (orchestra corporea); dei mezzi tecnologici (computer, televisione, apparecchi di riproduzione e registrazione sonora, ecc.) e dei loro prodotti sonori e musicali.

Le recenti indicazioni programmatiche vanno però anche lette e inter-pretate all’interno di quel quadro teorico di riferimento, delineato dalla ricerca didattico-pedagogica musicale attuale, che ne svela il senso e che è in grado di orientare le scelte dell’insegnante.

Cercheremo, di seguito, di riassumerne i punti salienti (si veda Maule e Toni, 2007, pp. 161-172).

Musica come dimensione dell’esistenza e dell’identità

La musica non rappresenta solo una dimensione di realizzazione tecnico-specialistica, come molti educatori sono portati a credere, ma è una delle componenti della cultura globale. Ciascun bambino e ciascuna bambina vive e partecipa attivamente del mondo sonoro, pur senza conoscerne la gramma-tica; sperimenta ed esplora sonorità, sin dai primi mesi di vita, per conoscere e interpretare in forma privilegiata la realtà che lo circonda e per imparare a comunicare (anche la lingua è suono e melodia).

Il mondo sonoro viene considerato un linguaggio-strumento-mezzo di comunicazione che, lungi dal parlare alla persona esclusivamente in modo analitico, incontra tutto l’individuo: esso costituisce un codice che principal-mente interagisce con l’uomo e con il bambino in modo globale sollecitando, in primis, una comprensione olistica che coinvolge l’immaginario e i processi di significazione della persona. La musica, insomma, è «interpretazione simbolica, espressione mediante i suoni di esperienze e di vissuti, non è spiegazione logica e razionale. La musica suggerisce, più che argomentare, e in genere il primo incontro con essa non è di tipo logico-analitico» (Disoteo, 1994, p. 121).

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Strategie educative tra passato e presente 41

Esplorare, manipolare, ascoltare, organizzare i suoni: la pedagogia del risveglio sensoriale

Se oggi la pedagogia del «risveglio alla musica», basata sulla teoria delle condotte musicali promossa da Delalande (Delalande, 1993; 2001) e dai suoi collaboratori come Frapat (1994), è divenuta il punto di riferimento teorico più aggiornato per progettare un’educazione musicale rivolta ai piccoli, balza visto-samente agli occhi la parentela che tale proposta intrattiene con quelle avanzate, sin dagli inizi del Novecento, da Rosa Agazzi e da Maria Montessori.

Il museo delle cianfrusaglie

Convinta della necessità che il bambino debba essere circondato da ma-teriali che fanno parte della sua quotidianità, e che da questi debba scaturire un’attività didattica che privilegi e valorizzi l’intuizione del singolo e del gruppo in situazioni di cooperazione, Rosa Agazzi (1866-1951) predispone il museo delle cianfrusaglie, collocato in un’apposita aula della scuola. Gli oggetti e i materiali (cianfrusaglie) raccolti dai bambini, e che catturano la loro attenzione, vengono utilizzati successivamente come dispositivi didattici utili ad attivare un inse-gnamento che, rispettando la spontaneità dell’alunno, lo induca ad apprendere direttamente dalla sua esperienza attraverso un gioco manipolativo che si fa via via più strutturato e cognitivamente pregnante, e ne educhi la sensorialità. Gli oggetti raccolti dai bambini vengono infatti ordinati per colore, materia e forma; vengono confrontati tra loro per scoprire somiglianze e uguaglianze. In tal modo viene promossa un’educazione intellettuale in grado di stimolare la curiosità e un atteggiamento analitico utile anche all’educazione linguistica in quanto, attraverso le osservazioni e la manipolazione degli oggetti, i bambini esprimono i loro pensieri sotto forma di frasi, scoprendo così differenze tra nomi e aggettivi.

Applicato al mondo dei suoni, il museo delle cianfrusaglie, che si innesta nell’ottica del laboratorio, offre inaspettate possibilità didattiche. Pensiamo, tanto per fare un esempio fra tanti, alle innumerevoli sonorità scaturibili dai sassolini, specie se levigati e dalle colorazioni particolari, che i bambini amano raccogliere e conservare gelosamente.

Ecco qualche idea che possiamo collocare nel laboratorio scientifico di didattica agazziana aggiornata per utilizzare questi cimeli-cianfrusaglie, al fine di educare l’orecchio e di affinare le capacità percettive.1. Percepire la direzionalità del suono. I bambini, seduti in cerchio per terra e

con gli occhi chiusi, percuotono, alternativamente a catena, due sassolini

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42 Suoni e musiche per i piccoli

uno contro l’altro (un bambino invia il suo suono al compagno di destra e, quando avverte che il suo suono è stato catturato dal vicino, smette di suo-nare). Si riuscirà a percepire chiaramente come il suono si sposti in modo circolare fino a giungere al punto di partenza.

2. Esplorare le sonorità e le modalità di produzione dei suoni. In quanti modi possiamo produrre suoni con i sassolini? Quante possibilità timbriche emergono? Come possiamo descriverle con le parole? I due sassolini pos-sono essere: percossi uno contro l’altro, oppure alternativamente o insieme sul pavimento, scossi all’interno delle mani congiunte a coppa, sfregati uno contro l’altro, gettati per terra, ecc. Classifichiamo le sonorità ottenute: in che modo ottengo suoni più cupi, leggeri, grossi, forti, deboli, fini, ecc.? Alcuni dei suoni prodotti assomigliano alla pioggerella estiva? Allo scroscio di una burrasca? Alla grandine?

3. Suonare ritmicamente. Seduti per terra, in cerchio e con gli occhi chiusi, i bambini propongono a turno ostinati ritmici di loro invenzione, utilizzando una delle modalità esplorate di percussione con i sassi: gli altri partecipanti riprenderanno l’ostinato ritmico, cercando di eseguirlo nello stesso modo e attivando un virtuoso circuito tra ascoltare e fare.

L’educazione ai sensi montessoriana e i dispositivi didattici

Le convinzioni didattiche di Maria Montessori (1870-1952), basate sull’educazione ai sensi, coinvolgono le percezioni uditive (musicali e so-nore) allenate con materiali didattici appositamente realizzati. Parlando già di educazione musicale per la scuola sia dell’infanzia che elementare la pedagogista, fin dagli inizi del XX secolo, propugnava l’«educazione dell’orecchio, attività ritmiche, ritmico-motorie (secondo principi dal-croziani), di ascolto, di esecuzione strumentale e vocale anche libera» (Tafuri, 1994, p. 20).

Convinta che la musica aiuti e potenzi la capacità di concentrazione e aggiunga un nuovo elemento alla conquista dell’ordine interiore e dell’equili-brio psichico del bambino, Montessori fa dell’elemento sonoro uno degli assi portanti della sua didattica sensoriale.

Col nostro materiale sensoriale offriamo al bambino una serie di oggetti capaci di richiamare la sua attenzione istintiva sui colori, sulle forme, sui suoni, sulle qualità tattili, bariche, ecc., e il bambino, coi caratteristici esercizi prolungati sopra ogni oggetto, comincia a organizzare la sua personalità psichica, ma nello stesso tempo acquista una conoscenza chiara e ordinata delle cose. (Montessori, 1992, p. 143)

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La musica come facilitatore degli apprendimenti 59

Negli ultimi vent’anni l’interesse per le ricadute dell’insegnamento della musica nello sviluppo generale dell’intelligenza e nel migliorare le performance degli alunni, anche in ambiti non musicali, è notevolmente aumentato. Molte ricerche hanno dimostrato che l’attività musicale in età prescolare contribui-sce in modo determinante alla crescita globale del bambino, sia dal punto di vista cognitivo sia socio-affettivo, contribuendo a migliorare la costruzione del complesso sistema neuronale a livello cerebrale e aiutandolo a costruire la propria identità, a sviluppare una maggior consapevolezza di sé, a conoscere e controllare i propri stati emotivi, a costruire più facilmente relazioni significative con gli altri, bambini e adulti, ad affrontare con maggior sicurezza un compito, ad accrescere la propria motivazione all’impegno, soprattutto scolastico, a pre-venire disturbi a livello di coordinamento motorio, di padronanza dello schema corporeo e disturbi del linguaggio sia scritto che orale (tra le numerosi meta-analisi si vedano Imberty, 1986; Peretz e Zatorre, 2001; McPherson, 2006).

Music makes you smarter. Effetto Mozart, intelligenze multiple e neuro-scienze: quali scenari nella ricerca?

Tra i tanti studi si vuole qui menzionare la teoria delle intelligenze multiple di Howard Gardner e gli studi sperimentali che hanno dato vita al cosiddetto «effetto Mozart» (Rauscher, Shaw e Ky, 1993), non tanto per il loro interesse scientifico che, come vedremo, non è condiviso in modo unanime dai ricer-

La musica come facilitatore degli apprendimenti

Silvia Azzolin

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60 Suoni e musiche per i piccoli

catori, quanto per l’influenza che essi hanno avuto, e ancora hanno, in ambito mediatico e didattico in particolare.

Molti studi hanno cercato di dimostrare che la musica makes you smarter, ovvero «ti fa più intelligente», ma pochi hanno avuto una risonanza così forte come la ricerca di Rauscher, pubblicata su «Nature» il 14 ottobre 1993, dove erano riportati i dati di uno studio sull’intelligenza spaziale che asseriva come alcuni studenti, dopo aver ascoltato un brano di musica classica, ottenessero prestazioni in test spaziali migliori rispetto a quanti erano precedentemente rimasti in silenzio o avevano ascoltato musica di rilassamento: poiché il brano ascoltato era di Mozart, questo fenomeno prese il nome Mozart effect.

Questa ricerca, che torna ancor oggi a essere citata, ebbe così grande successo che l’allora governatore della Georgia, Zell Miller, stabilì di regalare a tutti i neonati del suo Stato un compact disc di composizioni di musica classica. Ma è proprio tutto vero? Questo studio ottenne grande diffusione probabilmente perché gli autori riportarono i risultati in termini di punteggio di QI (quoziente di intelligenza) e gli articoli successivi evidenziarono, sem-plificando, che l’ascolto di Mozart rende più intelligenti. Altri hanno cercato di ripetere l’esperimento ma senza ottenere gli stessi risultati (si vedano Shel-lenberg, 2006; Waterhouse, 2006) e hanno riscontrato invece che l’ascolto di musica con certe caratteristiche (tonalità maggiore vs. minore, velocità vs. lentezza, familiarità vs. estraneità, nel nostro contesto culturale) è stimolante: migliora l’umore e lo stato emotivo in generale e queste condizioni a loro volta incidono positivamente sulle performance cognitive. Questo risultato, in ogni caso, è stato confermato non solo dopo l’ascolto di musica ma anche dopo una lettura piacevole o dopo un’attività interessante per il soggetto esaminato. Ciò significa non che l’ascolto di musica non abbia alcuna ricaduta, ma che i suoi effetti non si possono generalizzare e assolutizzare tout court; si può tuttavia affermare con sicurezza che se un bambino ha la possibilità di fare esperienze musicali positive e impara ad amare la musica avrà a disposizione una risorsa importante da diversi punti di vista, com’è emerso dalle interviste e dai que-stionari raccolti in ambito italiano da Gasperoni, Marconi e Santoro (2004).

La teoria che maggiormente interessò la didattica della musica per le sue implicazioni educative fu quella delle intelligenze multiple di Gardner, docente di psicologia all’Università di Harvard che, considerando superata la concezione d’intelligenza come un fattore unitario, aveva individuato sette tipi d’intelligenza (Gardner, 1987):1. intelligenza logico-matematica;2. intelligenza linguistica;3. intelligenza spaziale;

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Ascoltare 81

I miglioramenti ottenuti mediante la tecnica di condizionamento audio-vocale, introdotta da Tomatis in bambini affetti da afasia, rivelano che la terapia adatta in questi casi è la stessa di quella musicale utile per rieducare la voce cantata o i difetti intonativi nell’esecuzione strumentale: ripercorrere le tappe della comparsa del linguaggio stimolando la corteccia con l’orecchio elettronico, che utilizza frequenze iperacute.

Analogamente, la tecnica di condizionamento audio-vocale sembra offrire opportunità strabilianti anche nel caso dell’apprendimento di una lingua straniera dal momento che, anche in questo caso, l’ascolto corretto si rivela il fattore determinante. [...] L’affinamento delle capacità di ascolto e l’educazione dell’orecchio, che costituiscono il fondamento del metodo Tomatis e che sono attivati, nei centri specializzati, con mezzi elettronici, possono essere perseguiti in classe mediante una didattica mirata, piena-mente confacente anche ai dettami della nuova riforma scolastica. (Maule, Bertacchini e Viel, 2007, pp. 37-42)

Come ascoltano i bambini?

Secondo Daniel Stern (2004), come pure per la scuola fenomenologica, l’esperienza sensoriale del bambino precede ogni categorizzazione simboli-ca: prima che impari a farsi delle idee sulle cose, acquisendo cioè la capacità simbolica, egli le sente, le percepisce. Da numerosi esperimenti risulta che i bambini possiedono capacità innate di trasferimento delle informazioni da un canale all’altro, dall’uditivo al visivo al tattile; queste abilità, dette intermodali e transmodali, sono intrinseche alla struttura del sistema percettivo e non apprese tramite il ripetersi dell’esperienza: sono cioè un’eredità della specie. I bambini hanno quindi la capacità di combinare informazioni provenienti da diverse modalità sensoriali: a 3 mesi, ad esempio, non solo si girano con pre-cisione verso una fonte sonora, ma riescono a distinguere alla vista un oggetto già manipolato a occhi chiusi. Potrebbe sembrare confermata qui l’ipotesi di Dogana (1998), che sostiene come nell’elaborazione dello stimolo acustico intervengano due strutture: da una parte la corteccia che al momento risulta essere «abbozzata» e «suscettibile» ai processi di apprendimento o meglio di «disapprendimento»,1 anche se in seguito rappresenterà la zona cerebra-

1 «Nel corso dello sviluppo neuronale buona parte delle sinapsi (e cioè i collegamenti tra i neuroni) vengono eliminate: solo alcuni circuiti vengono conservati e consolidati, diventando così altamente selettivi (teoria dell’epigenesi per stabilizzazione selettiva) In questa accezione “apprendere” significa quindi eliminare il superfluo e specializzare la funzione per i fini che ci si propone. Non si parla più di “assimilazione-accomodamento” o di “stadi”, come pensava Piaget (1945), ma di “moduli”, cioè di

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82 Suoni e musiche per i piccoli

le più ampia, più specializzata, che lavorerà in modo analitico, effettuando discriminazioni sensoriali più sottili; dall’altra, il sistema libico, la parte più primitiva del cervello, che l’uomo ha in comune con tutte le specie dotate di un sistema nervoso particolarmente sviluppato, che regola la vita vegetativa e nel quale si situa la sede delle emozioni, la quale invece lavora in modo sin-cretico e non analitico, facendo sì che le diverse qualità sensoriali restino fuse e mescolate. La percezione musicale infantile coinvolge dunque globalmente il bambino così come l’organo dell’udito è costruito in modo tale che sia tutto il corpo a «sentire».

Le ricerche sulla percezione della musica nei lattanti individuano mec-canismi di strutturazione percettiva assimilabili a quelli studiati dai teorici della Gestalt nella percezione degli adulti. Le leggi della prossimità, della so-miglianza, della buona continuazione, il principio della buona forma e della figura/sfondo sono rintracciabili nei neonati (Crum e Bregman, 2006) come negli adulti. Gli studi convergono, comunque, nel sostenere che la sensibilità al mondo sonoro e alle caratteristiche del linguaggio musicale e le modalità di elaborazione degli stimoli musicali siano legate a capacità innate (Imberty, 2000) che continuano poi a svilupparsi, ma la cui manifestazione nelle produ-zioni reali o nelle imitazioni di modelli dipende largamente dalle motivazioni che il bambino trova nel proprio ambiente familiare o scolastico. Lo stesso Piaget e poi Bruner, con uno spirito diverso, hanno insistito sull’importanza dell’esercizio funzionale nella costruzione della struttura cognitiva in genera-le. Innanzitutto, l’ascolto nei bambini è un ascolto del movimento e delle sue qualità fatto principalmente con il corpo attraverso il «gesto». Il suono è per se stesso segno di movimento: esso «si manifesta come una forza, un’energia che si sprigiona. [...] Come intermediario fra il pensiero musicale e il suono prodotto, il gesto traduce tutto ciò che l’autore ha voluto mettere nel suono. [...] Il gesto lancia il suono un po’ come una palla in una direzione precisa» (Renard, 1987, p. 37).

Come scrive Tafuri: Quando parliamo dei processi della percezione uditiva non bisogna

dimenticare comunque che ad essi partecipa non solo l’orecchio, ma an-che il tatto (le vibrazioni del corpo), la vista (vedere chi suona) e il senso cinestesico o senso muscolare (posizioni del corpo, sensazione di tensione o rilassamento, ecc.). (Tafuri, 1991, p. 15)

apparati mentali specializzati, tra loro indipendenti» (Lucchetti, 2007, p. 61).

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98 Suoni e musiche per i piccoli

Scatoline sonore

Dalle scatoline adesso fuoriescono tante «gocce di pioggia», tante «cam-pane», tanti «missili», ecc.: i bambini, che sono accovacciati come se fossero nascosti nelle scatoline, escono interpretando la consegna con il corpo e con la voce o solo con uno dei due.

Memory sonoro

Con i contenitori dei rullini o le scatole porta-confetti si possono creare memory sonori, mettendo all’interno dei contenitori a due a due gli stessi materiali (cinque fagioli, un cucchiaino di orzo, un batuffolo di cotone, dei semi di zucca, ecc.).

Educazione all’ascolto: altezza

La lucciola

La lucciola musicale è un personaggio magico che lascia una mera-vigliosa scia di suoni al suo passaggio. L’insegnante, in una stanza buia dietro un telo, muove una pila seguendo il movimento ascendente e di-scendente del suono (prodotto con la voce o con un flauto a coulisse). I bambini devono capire qual è il meccanismo con cui si muove la lucciola. Successivamente possono interpretare la filastrocca modulando la voce sulla scia della lucciola.

Lucciola, lucciola vien da meTi darò il pan del rePan del re e della reginaLucciola lucciola vien vicina.

Il missile

L’insegnante o un bambino, con un missile (o un aeroplano di carta in mano), guida il gruppo nel «sonorizzare» il percorso che fa fare al mezzo. Si può quindi tracciare il viaggio del missile sulla lavagna ed eseguirne poi l’andamento leggendo la sua scia. I tragitti possono essere diversi; ci possono essere più linee da seguire contemporaneamente.

Possono poi essere preparati dei cartoncini con riprodotti i diversi viaggi del missile: in questo caso i bambini dovranno metterli in sequenza in base al

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Ascoltare 99

«dettato» melodico dell’insegnante o di un compagno (figura 4.1). Ricom-posto il percorso, l’insegnante può chiedere ai bambini di «leggere» con la voce e con il corpo (o solo con una delle due variabili) il tragitto del missile mentre lei lo «suona».

Fig. 4.1 I viaggi del missile.

La palla birichina

Questo gioco può essere una variante di quello precedente: i bam-bini devono sonorizzare con la voce il movimento della palla che viene lanciata. Se la palla rotola a terra il suono sarà continuo, se invece rimbalza sarà staccato, se il lancio è verso l’alto la voce proporrà un glissando verso l’acuto, se viene lanciata con poca forza la voce seguirà il movimento piano e così via. Volendo si può accompagnare il gioco con delle frasi in rima, ad esempio:

Questa pallina birichina vuole saltare stamattinaSalta in su [glissato verso l’alto accompagnando la palla]Salta in giù [glissato verso il basso]Se te la lancio, non salta più!

Testa, pancia, piedi

I bambini, dopo aver giocato sulle parti più alte, più basse e centrali del corpo e sulla distinzione terminologica tra acuto-alto/medio-centrale/grave-basso, dovranno toccare le parti del corpo relative al richiamo dell’insegnante prima verbale (testa, pancia, piedi), poi musicale (acuto, medio, grave) e infine sonoro (suono vocale o strumentale acuto, medio, grave). Successivamente si può chiedere ai bambini di posizionare dei cerchi su un cartellone predispo-sto, che raffiguri le tre posizioni del corpo in base allo stimolo sonoro udito (solitamente nel momento di «restituzione grafica» i bambini devono essere stimolati a pensare alla contemporaneità e alla successione dell’evento sonoro; figura 4.2).

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120 Suoni e musiche per i piccoli

Queste forme di canto spontaneo sono state assimilate dagli autori al gioco senso-motorio di Piaget per il piacere che i bambini provano nella ripetizione del gesto vocale.

I comportamenti vocali su richiesta sono stati invece categorizzati in:•canto originale: canto in cui il bambino inventa melodia, ritmo e testo. Di solito

è di tipo narrativo, e più i bambini sono piccoli più la forma musicale segue la struttura sillabica e intonativa del testo. Col passare dell’età sia il testo sia la forma musicale diventano più organici e definiti. Questo tipo di canto è stato assimilato al gioco simbolico, in cui il contenuto del testo è correlato alla forma musicale (ad esempio, una linea melodica legata e su note vicine, con ritmo lento e un’emissione leggera, è collegata a un testo che racconta una situazione senza tensioni);

•canto imitativo: le produzioni vocali sono chiaramente vicine ai modelli che i bambini conoscono, ma differiscono sulla base dell’età:– i bambini più piccoli riescono a riprodurre con più accuratezza il testo e in

parte anche il ritmo, aiutati dalla scansione sillabica e dalle rime;– i bambini più grandi sono in grado di eseguire più fedelmente le melodie

senza scivolare da una tonalità all’altra, ma non riescono ancora a conservare l’esatta distanza intervallare.

Progressivamente i bambini tendono ad abbandonare le altre condotte a favore del canto imitativo, che diventa anche uno strumento di condivisione di esperienze e vissuti.

Secondo gli autori citati questo tipo di produzione può essere assimilata al gioco di regole, dove il piacere deriva dal gusto di ripetere modelli consolidati, attinti dal contesto in cui i bambini vivono.

Quanto detto conferma nuovamente la grande rilevanza che hanno i modelli culturali nello sviluppo della musicalità. La scuola dell’infanzia ha la responsabilità di ampliare l’orizzonte musicale dei bambini, non solo proponen-do un repertorio di canti adeguato al loro sviluppo e alle loro possibilità vocali, non omologato a quello della cultura televisiva e mass-mediatica dominante, ma anche stimolandoli a continuare a produrre canti in modo originale e a sperimentare creazioni canore personali e non stereotipate.

Per una didattica della voce e del canto in prospettiva trasversale

L’educazione della voce diventa fondamentale se considerata nella sua globalità come educazione all’ascolto e alla consapevolezza di sé per poter

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Voce 121

migliorare le proprie potenzialità espressive e comunicare meglio con gli altri. Curare la propria voce potrebbe essere di grande ausilio anche per gli stessi insegnanti, non solo per evitare le patologie ricorrenti in chi usa molto la voce, ma soprattutto per utilizzare appieno le componenti espressive di questo stru-mento comunicativo, che tanta parte hanno nei processi di apprendimento/insegnamento.

Quali elementi devono essere considerati quando si usa la voce a scuola?

Come respiriamo

Inspirare ed espirare sono movimenti naturali involontari, che il più delle volte facciamo in maniera inconsapevole, ma diventa fondamentale, per usare bene la voce, che il respiro diventi attività cosciente e controllata.

Per un corretto uso della voce è fondamentale l’emissione graduale dell’aria espiratoria: ciò presuppone una perfetta coordinazione tra i muscoli addominali e intercostali interni, da una parte, e le resistenze offerte dal diaframma e dalla glottide dall’altra. L’equilibrio dinamico tra queste forze antagoniste permet-te di sostenere la colonna d’aria che fa vibrare le corde vocali durante l’atto espiratorio. A tal riguardo le tecniche per un buon uso della voce sia parlata che cantata raccomandano di non utilizzare la cosiddetta «respirazione alta» (con l’evidente sollevamento delle spalle e del petto), che mette in funzione i muscoli respiratori accessori con la conseguente eccessiva rigidità del collo che riduce la mobilità laringea. Ecco alcune proposte di lavoro (tabelle 5.3 e 5.4) per prendere consapevolezza di tali meccanismi.

La voce del bambino e dell’adulto

La voce infantile ha quindi caratteristiche differenti rispetto alla struttura anatomica della voce adulta proprio per la fisiologia del suo apparato fono-articolatorio: minor sviluppo dei risonatori, corde vocali più corte e sottili, ancora non completo controllo della coordinazione pneumo-fonica per equi-librare pressione dell’aria e tensione delle corde vocali.

Come si vede anche dal semplice esempio riportato in figura 5.4, il bambino canta con voce piena in modo naturale in un’estensione che è molto ridotta (voce bianca). Al di fuori del suo range, nel cantare la scala, riesce con difficoltà a mantenere l’intonazione o a non «spingere» verso le note acute, producendo una voce stridula o addirittura gridata.

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160 Suoni e musiche per i piccoli

Brano n. 6

Titolo originale: Tanz MaruschkaOrigine: Paesi slaviForma: A (1-8 batt. di 4/4) cantata e B (9-16 batt. di 3/4) suonata per 4 volte + coda.Danza: in cerchio, i bambini scelgono un indumento tra i 3 proposti da mettere in lavatrice. A: il cerchio gira come un cestello di lavatrice, cambiando direzione al richiamo «oppa» dell’animatore.B: il cerchio si ferma ed entrano a «lavarsi» i bambini-calzini, oppure i bambini-maglietta, ecc., mentre gli altri battono le mani sonorizzando il risciacquo; al termine ritornano al proprio posto e il cestello continua a girare.Alla fine si possono far lavare tutti gli «indumenti» in una sola volta.Coda: centrifuga.La danza si presta con facilità a essere proposta anche ai bambini più piccoli, proprio per la schematicità della sua struttura formale e la pregnanza del gioco implicato.

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Movimento 161

Collegamenti interdisciplinariLo schema di gioco si presta anche a variazioni: ad esempio la scelta può farsi sulla base del materiale degli indumenti (lana, cotone, seta), del colore, della stagionalità, utilizzando anche la seconda lingua (si veda Maule, 2006).Altra possibilità molto interessante di gioco è l’utilizzo di elementi fono-logici, come gioco propedeutico all’apprendimento della lettoscrittura: si lavano tutti gli indumenti che iniziano con «pa» e che finiscono con «ni», tutti gli indumenti che in mezzo hanno «zi», tutti quelli che fanno rima con «canaglia», ecc.

Brano n. 7

Titolo originale: Missi LasOrigine: Trinidad e TobagoTesto originale

Missi Las, Missi Las, Missi Las ain’t got ring, find it find it find it find it find it, let me see.

Testo italiano: Silvia Azzolin Dimmi tu, dimmi tu, dimmi dove sarà, se tu cerchi attentamente lo potrai trovar. Oh! (2 volte)

Gioco: in cerchio, tenendo in mano tutti la stessa corda, dentro la quale è stato infilato l’anello. Un bambino al centro deve trovarlo. Ognuno apre e chiude le braccia davanti a sé impugnando la corda, sulla pulsazione della canzone (si veda apro-chiudo nella partitura) e nascondendo così il pas-saggio dell’anello da uno all’altro. Alla fine del canto il bambino al centro deve indicare la mano di chi, secondo lui, nasconde l’anello.

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186 Suoni e musiche per i piccoli

Modalità di esecuzione

Facendolo roteare sulla testa, questo piccolo tamburo a frizione produce un suono molto intenso che imita il verso del calabrone o il rombo del motore di un aereo.

Se invece teniamo con una mano il tamburo e facciamo girare piano il bastoncino tendendo bene la cordicella otterremo un suono simile al verso della rana.

Utilizzando un barattolo più piccolo e facendo ruotare lo strumento otterremo un verso simile a quello della cicala.

Elefante

Fig. 7.12Elefante autocostruito.

Modalità di realizzazione

Il secondo animale del quale vogliamo imitare il verso è un elefante, realizzabile con modalità semplicissime. Avvolgiamo un segmento di tubo flessibile a uso elettrico della lunghezza di 1,5 m circa su se stesso ottenendone due spire che terremo unite con lo spago colorato. Lasceremo sporgere ai lati due segmenti del tubo. Possiamo eventualmente decorare il nostro strumento a piacere, incollandovi due grandi orecchie di cartoncino grigio.

Modalità di esecuzione

Soffiando nel tubo con una certa energia otterremo un suono molto simile al verso dell’elefante o al suono prodotto da certi macchinari (come, ad esempio,

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Costruire e utilizzare suoni in un percorso didattico 187

la levigatrice dei moderni calzolai o la centrifuga di certe moderne lavatrici). Soffiando con minore pressione possiamo imitare il suono del vento.

Varianti

Il tubo disteso, se roteato sulla testa, produce un bellissimo effetto vento con sibilo che risulterà molto efficace per le nostre successive sonorizzazioni.

Serpente a sonagli

Fig. 7.13Serpente a sonagli autocostruito.

Materiali occorrenti

Un tubo sottile e rigido di cartone (tipo quello intorno al quale è avvolta la carta da forno o l’allumino di uso domestico), una manciata di riso, carta velina verde, carta igienica e carta da cucina, cartoncino rosso e nero, un pennarello nero, pennelli, colla vinilica e a caldo.

Modalità di realizzazione

Chiudiamo un lato del tubo applicando un cerchietto di cartoncino con la colla a caldo. Inseriamo una manciata di riso nel tubo e quindi chiudiamo anche l’altro lato con le stesse modalità.