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Spazio ai lettoriPer gli interventi dei lettori:

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È attivo il sito dell’Aido Regionale:

www.aidolombardia.it800 20 10 88NUMERO VERDE

Risponde l’Aido Lombardia

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Una generazione raccontata attraverso la ricerca scientificaNel 1946 nasce la National Survey of Healthand Development (NSHD), la ricerca di lunga durata più antica e completa maifatta in Gran Bretagna su dei coscritti

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Nel girovita il futuro della nostra salute Come dieta, stile di vita e peso influenzano la nostra speranza di benessere in età avanzata

Il cibo italiano bloccato da un semaforo rossoLa strana storia delle etichette inglesi sugli alimenti

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Ma quanto ci piace mangiare?Una mostra cerca di dare una risposta usando gli strumenti che la scienza e l’artecontemporanea ci mettono a disposizione

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Educazione e ricerca scientifica Silvio Garattini lancia l’appello: il metodo scientifico è l’unica arma contro le false cure scientifiche

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Otite 23pagina

Una dieta per l’orecchio?25pagina

Cibo e stili di VitaNuove abitudini alimentari28

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Storia e culture alimentariNella storia il perché dei comportamenti umani

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Mensile di cultura sanitaria del Consiglio RegionaleAido Lombardia - ONLUS

Anno XXIII n. 217 - aprile 2014

Editore: Consiglio Regionale Aido Lombardia - ONLUS 24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Tel. 035 235327 - fax 035 244345 [email protected]

Direttore ResponsabileLeonio Callioni

Collaborazioni scientificheDott. Gaetano Bianchi

Dott.ssa Cristina Grande

Regione Lombardia - SanitàProf. Sergio VesconiCoordinatore regionale prelievo/trapianto

Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo

Dott. Michele ColledanDirettore Chirurgia Generale III Direttore Centro Trapianti di fegato e di polmoni

Dott. Giuseppe LocatelliConsulente del Dipartimento di Chirurgia Pediatrica

Prof. Giuseppe Remuzzi Direttore Dipartimento di Immunologia e Clinica dei Trapianti

Azienda Ospedaliera A. Manzoni di Lecco

Dott. Amando GambaDirettore U.O. Cardiochirurgia

Università Milano Bicocca

Prof. Roberto FumagalliDocente

NITp - Nord Italia Transplant

Prof. Paolo Rigotti - Presidente

Dott. Giuseppe Piccolo - Direttore Cir

Istituto Mediterraneo Trapianti e Terapie di alta specializzazione - ISMeTT

Prof. Bruno GridelliDirettore Medico scientificoProfessore di Chirurgia Università di Pittsburgh

Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” - Bergamo

Prof. Giuseppe Remuzzi - Direttore

Yale University School of Medicine

Prof. Mario StrazzaboscoProfessor of Medicine,Director of Transplant HepatologyDepartment of Internal MedicineSection of Digestive Diseases

Redazione esternaLaura Sposito; Clelia Epis; Fernanda Snaiderbaur

Redazione tecnicaBergamo [email protected] Seminati

Segreteria e Amministrazione24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Tel. 035 235327 - fax 035 [email protected]@aidolombardia.itC/C postale 36074276Ester MilaniLaura Cavalleri

SottoscrizioniSocio Aido Simpatizzante Sostenitore Benemerito € 40,00 € 50,00 € 80,00 € 100,00

C/C postale 36074276 Aido Cons.Reg.LombardiaONLUS Prevenzione OggiC/C UBI BANCA POPOLARE DI BERGAMOIT 57 R 05428 11106 000 000 071 903

Riservato ai Soci.

Il socio sostenitore ha diritto ad omaggiare un’altra per-sona previa segnalazione all’atto della sottoscrizione.

StampaCPZ - Costa di Mezzate BG

Finito di stampare prima decade di maggio 2014

Reg. Trib. di Milano n. 139 del 3/3/90

Le informazioni contenute in questo periodicovengono trattate con liceità, correttezza e tra-sparenza conformemente al D.lgs. n. 196 del 30giugno 2003 “Codice in materia di protezionedei dati personali”.

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

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Nell’era in cui i demografi avevano pronosticato l’inizio della grandecrisi e dell’impossibilità della Terra di nutrire tutta l’umanità dob-biamo invece registrare che in realtà questo è un problema che forse siporrà nel futuro. Per ora dobbiamo invece affrontare una gravissimae intollerabile disparità di condizioni per cui succede che una parte

dell’umanità soffre e muore di fame, un’altra consistente parte invece soffre e com-batte gli effetti della superalimentazione.

Ma, fatte queste brevi considerazioni di natura più generale, mi fa piacere pro-porre ai lettori un numero di “Prevenzione Oggi” molto particolare e molto riccodi informazioni riguardo all’alimentazione, agli stili di vita, agli effetti sulla sin-gola persona o addirittura sulla struttura sociale, con una “perla” particolarmentesignificativa. Mi riferisco all’articolo, ampio e documentato, della bravissima Fer-nanda Snaiderbaur che ci permette di conoscere, in anticipo su tutti gli altri organidi informazione, i risultati di una dettagliata ricerca svoltasi in Inghilterra. Nonvoglio qui anticipare nulla per non rischiare di togliere al lettore più interessato ilgusto della scoperta, ma voglio sottolineare come, dal nostro punto di vista di ope-ratori della cultura della donazione (e quindi impegnati a diffondere conoscenzee competenze socio-sanitarie utili a migliorare la situazione nel settore della salutee del trapianto) questa sia una ricerca dagli esiti molto interessanti. Risulta infatticome le malattie metaboliche stiano aumentando, al contrario di quelle vascolari.Altro dato su cui riflettere è che il diabete di tipo 2 in Inghilterra, dove appunto èstata svolta questa vasta ricerca, sta diventando una vera e propria piaga sociale.Accenno solo, giusto per richiamare agli aspetti essenziali, che trascurare questapatologia significa dare strada a problemi alla microcircolazione, agli occhi, aireni, alle sofferenze cardiovascolari e ad altre patologie correlate all’eccesso di glu-cosio nel sangue. Un capitolo è dedicato infine al devastante problema dell’obesitàinfantile. Si tratta di un problema praticamente inesistente cinquanta anni fa edoggi presente in molti Paesi del mondo cosiddetto sviluppato. Ne soffrono soprat-tutto gli abitanti degli Stati Uniti che si stanno interrogando su come rimediaread una situazione che comporta difficoltà a tutti i livelli: psicologico, respiratorio,cardiaco, del fegato, del pancreas, e dei reni. Considerato che stiamo parlando dibambini è evidente che si tratti di una emergenza da affrontare con decisione.

Da leggere con attenzione anche l’intervista al prof. Silvio Garattini, scienziatoche il mondo ci invidia e che non ha mai smesso di farsi carico della battaglia con-tro le false cure scientifiche e le false convinzioni sociali. Basti ricordare l’impegnodi Garattini per una diffusione del metodo scientifico che, ripete spesso, “va inse-gnato nelle scuole”, o la difesa della ricerca contro le ondate di accuse infondate (madeleterie) avverse alla ricerca attraverso l’utilizzo di animali indispensabili per lasperimentazione di nuovi farmaci necessari alla cure di tante malattie che afflig-gono bambini, donne e uomini del nostro tempo.

Questo e tanto altro ancora, è offerto ai nostri lettori con questo numero diaprile che per certi aspetti apre la riflessione sulla necessità di una maggiore at-tenzione all’alimentazione, al rispetto della natura, alla cura della salute attraversostili di vita sobri e sostenibili. Tutto nel solco, in definitiva, dell’ormai imminenteExpo 2015.

Leonida Pozzi

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Editoriale

In copertina:foto di LLuca Paglioli - Fotoclub Airuno (Lc)

Il fondamentale tema dell’alimentazione, legato alla prevenzione, al benessere delle persone

e alla sostenibilità ambientale

Santuario Madonna del Bosco di Imbersago (Lc)

Questa chiesa fu molto cara a Papa Giovanni XXIII tanto che durante il suo Pontificato la elevò a Basilica.Papa Giovanni è stato proclamato Santo il 27 aprile 2014.

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Nel 1946 nacquero in tutto ilRegno Unito, durante unasettimana di marzo di quel-l’anno, 13.687 bambini.Presso gli ospedali dove le

madri registrarono la nascita dei loro fi-gli vennero raccolte le informazioni su diloro tramite dettagliati questionari. Fu-rono annotati i dati riguardanti gli aspet-ti più diversi della vita dei bambini appenanati, dal peso al lavoro del padre, compresimolti altri particolari come il numero del-le stanze ed il numero degli abitanti del-la casa, contando anche eventuali do-mestici, dove sarebbero cresciuti i nuo-vi nati. Tra questi bambini venneroscelti poco tempo dopo 5.362 individui,provenienti da tutte le regioni del RegnoUnito e di tutte le estrazioni sociali, chesarebbero stati seguiti con questionari evisite periodiche per tutta la loro vita. Era l’inizio della National Survey of He-alth and Development (NSHD), la ricercadi lunga durata di questo genere mai fat-ta su dei coscritti in tutta la Gran Bre-tagna. A capo di questa ricerca venne de-signato James Douglas con un primomandato per individuare le possibilicause dell’alta mortalità infantile di que-gli anni e per studiare i costi a cui anda-vano incontro le famiglie in caso di ma-ternità. Venne quindi creato un organi-smo ad hoc, il Medical Research Coun-cil (MRC), preposto a coordinare e chesarebbe diventato l’attuale Unit of Life-long Health and Ageing (LHA). Da al-lora i membri di questa ricerca sono sta-ti interessati da ricerche e studi per 23 vol-te. Durante la loro infanzia, dove a ri-

UNA GENERAZIONERACCONTATA ATTRAVERSO

LA RICERCA SCIENTIFICANel 1946 nasce la National Survey of Health and Development (NSHD), la ricerca

di lunga durata più antica e completa mai fatta in Gran Bretagna su dei coscritti

spondere ai questionari furono i genito-ri, gli insegnanti o i medici, durante l’ado-lescenza e poi durante il periodo adulto. Le prime ricerche di Douglas ri-velarono una scioccante di-sparità tra le vite dei bambi-ni appartenenti a famigliepovere e quelli che eranomembri di famiglie ricche.Non solo infatti un bambi-no nato povero aveva quat-tro volte maggior rischiodi morire durante l’in-fanzia rispetto ad unfiglio di gente riccama, una volta ascuola, a seguito del-le mancate oppor-tunità, un bambinopovero rischiava unamaggior dispersione delproprio talento. Le pubbli-cazioni successive a queste sco-perte, riassunte in due libri, di-vennero testi di riferimento nel setto-re dell’educazione in Gran Bretagna econtribuirono negli anni 60 all’avventodi un sistema scolastico inglese conistituti dal carattere più aperto alle diverseestrazioni sociali e non selettivi percenso. Negli anni 70 molte delle domande im-maginate da Douglas e rivolte ai mem-bri dello studio su educazione, occupa-zione e mobilità sociale erano state sod-disfatte e con l’arrivo come nuovo di-rettore della ricerca di Michael Wad-sworth si cominciarono a inserire que-stionari riguardanti anche le capacità fi-

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siche e la salute dei membri del NSHD.Inclusi pressione sanguigna, diete eesercizio fisico. Si trattava di reimpostare la ricerca te-nendo traccia della salute delle personepartecipanti al progetto e cercando i fat-tori che potessero spiegare la traiettoriache questa stava prendendo nei diversimembri. La volontà del nuovo direttoredella ricerca era quella di capire se e comegli indicatori evidenziati dei test aveva-no e avrebbero influenzato la lunghez-za e qualità della vita, ponendo una pri-ma connessione tra infanzia e crescita nel-l’adolescenza e poi tra questa e l’età adul-ta. Mentre crescevano gli anni dei mem-bri del gruppo di ricerca infatti, andavamodificandosi anche il focus dell’indaginee si scoprivano nuove informazioni sul-

lo sviluppo umano. Come l’incidenzadel peso dell’infante sull’insorgen-

za di malattie nell’adolescente epoi nell’adulto oppure ilrapporto tra il peso di unbambino appena nato e lasua percentuale di rischiodi contrarre il cancro alla

mammella in età adulta. Trale occorrenze evidenziatedalla raccolta dei dati, si èrilevato con sorpresa anche

che nelle donne intornoalla cinquantina la meno-pausa era posticipata nelcaso di quelle che avevanoun quoziente intellettivopiù alto (QI), e facendoformulare ai ricercatori l’ipo-

tesi che lo sviluppo maggioredel cervello incida anche sull’area

dell’organo deputata al controllo del-la produzione degli ormoni. Un alto QIpoteva cioè indicare un cervello che è sta-to complessivamente ben sviluppato econseguentemente in grado di sostene-re la riproduzione per più tempo. A partire dagli anni 2000 lo studio si èulteriormente profilato, focalizzandosisulla maturità, e proponendosi comepreziosa opportunità per capire come leesperienze fatte nella vita possano influire

sulla lunghezza e qualità della stessa nelperiodo della vecchiaia. Obiettivo moltointeressante soprattutto se letto attra-verso gli occhi di una società, come la no-stra per esempio, dove i cittadini desti-nati a invecchiare sono molto più nu-merosi dei nuovi nati. L’attuale direttrice della ricerca, DianaKuh ha quindi cercato di perfezionare irisultati della ricerca focalizzata sull’in-vecchiamento includendo nuove analisi,questa volta sul cuore e sulle ossa, ed in-vestendo 2,7 milioni di sterline tra il 2006ed il 2010 per un nuovo modello di rac-colta dati basato su sei cliniche in tuttoil Regno Unito dove i membri del grup-po sono andati per fare gli esami richie-sti. Attualmente l’equipe di ricercatoripresso il Medical Research CouncilLHA conta 25 membri full time e 100collaboratori che lavorano su una bancadati di oltre 20.000 variabili raccolte du-rante tutta la durata dello studio con re-lazioni e descrizioni dei dati che fino adoggi hanno portato a pubblicare 8 librie più di 600 ricerche scientifiche. Dal-l’inizio i membri oggetto di studio sonofisiologicamente diminuiti, il 13% è mor-to e alcuni non hanno partecipato inmodo continuativo alla ricerca. Per que-sto motivo fin dal 1946, comprendendol’importanza cruciale di mantenere vivoil senso di appartenenza al progettoscientifico, il MRC LHA si è mosso perincrementare e tenere vivo questo sen-timento. Molte le iniziative messe in cam-po, dai cartoncini di auguri spediti ognianno a tutti i membri del gruppo alla tra-smissione via radio della canzone Pen-ny Lane dei Beatles dedicata al loro 21esi-mo compleanno. L’iniziativa più impor-tante si è però svolta nel 2011, quandoi coscritti hanno festeggiato i loro 65 anni.Nel Regno Unito questa età è infatti unmomento cruciale per molti inglesi per-ché corrisponde al momento in cui van-no in pensione. Il MRC LHA ha realiz-zato un party a loro dedicato facendoli perla prima volta incontrare tutti insieme aLondra.

Fernanda Snaiderbaur

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Per maggiori informazioni sul MRC e le sue attività: http://www.nshd.mrc.ac.uk/default.aspx

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In Inghilterra esiste uno studio, la Na-tional Survey of Health and Deve-lopment (NSHD), finanziato dalMedical Research Council (MRC), cheda oltre 65 anni si occupa di cercare

i fattori che influenzano la qualità del-la vita delle persone nel lungo periodo.Fattori di rischio che con il tempo, e la co-stante ripetizione, possono compromet-terne o migliorarne la salute. Per il tipodi studio, realizzato tra coscritti, e la lon-gevità dello stesso, in atto dal 1946, ilMedical Research Council NSHD è il più

antico d’Inghilterra nel suo genere.Presso il MRC lavora da 4 anni circaSilvia Pastorino, una dottoressa di Ge-nova trasferitasi a Londra da 11 anni,che sta ultimando un dottorato di ricer-ca utilizzando parte dei dati raccolti dalcentro per indagare la possibile correla-zione tra diabete, peso corporeo e stili ali-mentari.

Com’è iniziato il suo rapporto con ilMedical Research Council?Prima di lavorare per il MRC mi oc-

L’intervistaNel girovita il futuro della nostra salute

Come dieta, stile di vita e peso influenzano la nostra speranza di benessere in età avanzata

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cupavo, all’interno del World CancerResearch Fund UK (ovvero l’Asso-ciazione Internazionale di Ricerca sulCancro ndr.) di divulgare presso ilmondo scientifico la ricerca sullaprevenzione del cancro. Informazio-ni riguardanti stili di vita, alimenta-zione ed abitudini a rischio. Comequella del fumo per esempio.In quel periodo cominciai a interes-sarmi allo studio delle malattie cro-niche. Ma mentre presso il centro diricerca sul cancro mi occupavo di co-municazione scientifica, personal-mente stavo iniziando a nutrire mag-giore interesse verso la ricerca verae propria, focalizzata sul rapporto tramalattie croniche e stili di vita dellepersone.Fu così che incominciai a cercare qual-cosa che fosse più in linea con l’evo-luzione dei miei interessi e nell’otto-bre 2010 venni a sapere del bando cheaveva pubblicizzato il MRC NSHDper un dottorato presso di loro. L’or-ganismo si occupava esattamente diquanto stava cominciando ad inte-ressarmi maggiormente, ovverol’identificazione dei fattori biologici esociali che hanno un effetto sulla sa-lute nel lungo termine, la vecchiaia elo sviluppo del rischio di malattie cro-niche. Il bando chiedeva di focalizzarela propria ricerca, a partire dai dati inpossesso dello stesso MRC NSHD, suldiabete e le malattie che si possono ac-crescere nell’arco di una vita, com-presi i cambiamenti di salute che sisviluppano a seguito dell’insorgere difattori di rischio nella vita quotidia-na. Del resto, sono già emerse in pas-sato le prime evidenze dello stretto le-game tra fattori di rischio e malattieladdove l’azione dei primi in un cer-to periodo della vita influisce sullesuccessive fasi nella stessa persona. Inpassato i dati hanno confermato il le-game tra la vita del bambino e quan-to succede a sua madre quando lui èancora un feto nel ventre materno.Dai dati è emerso come eventi che in-fluiscono sull’afflusso di nutrienti alfeto, come per esempio il fumo e l’ali-mentazione materna, aumentano il ri-

schio di malattie metaboliche neibambini una volta venuti al mondo edivenuti adulti. Come si è notato so-prattutto nei Paesi in via di sviluppo.

Perché ha scelto di lavorare pressoquesto centro di ricerca?Il bando risultava particolarmente in-teressante per me perché richiedevail lavoro di una persona che, per unaricerca sul diabete, utilizzasse i datiche il MRC NSHD stava raccoglien-do da oltre 65 anni a partire dall’os-servazione di un gruppo di personerimasto invariato negli anni. La ban-ca dati più vecchia e completa, nel suogenere, di tutta l’Inghilterra. Una uni-cità che risiede nel fatto che pochi al

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Silvia Pastorino è nata a Genova. Dopo gli studisuperiori ha perfezionato la sua educazione pressol’Università di Westminster a Londra frequentando uncorso in Nutrizione Umana con una progettoconclusivo sulla relazione tra l’immagine di sé esovrappeso nelle donne tra i 18 ed i 32 anni. Si è quindi specializzata presso la London School ofHygiene & Tropical Medicine di Londra con un progettosulla prevenzione dei fattori di rischio cardiovascolarirelati alla nutrizione ed all’esercizio fisico tra le personepiù anziane in Cile. Attualmente sta concludendo ildottorato di ricerca sull’incidenza che la distribuzionedel grasso nel corpo umano, l’indice di massacorporea e la dieta alimentare degli adulti hannosull’insorgenza del diabete di tipo due.

Dott.ssa Silvia Pastorino

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mondo hanno così tanti dati ripetu-ti per un arco di tempo così elevato.I 5362 neonati selezionati per parte-cipare alla ricerca iniziata nel 1946,erano stati scelti per essere un cam-pione socialmente rappresentativodella generazione nata in tutto il Re-gno Unito in quell’anno, in una cer-ta settimana di marzo, e per questo fu-rono contattate donne incinte in tut-to il Paese. Molte accettarono perchéall’epoca la possibilità di avere da par-te dello Stato controlli periodici del-la salute gratuitamente era un forteincentivo. Soprattutto per lo strato dipopolazione coinvolta che apparte-neva alle classi sociali più indigenti. La scelta di prendere dei coscritti è ri-sultata fondamentale per le sorti del-la ricerca perché le osservazioni sui

fattori di rischio di lungo corso col-legati alla salute non le si potrebbe-ro fare guardando persone di diver-se età. L’uguale età è di fatto fonda-mentale e incrociando questo dato conle diverse provenienze sociali e geo-grafiche di tutti i partecipanti, cre-sciuti con diversi climi, culture eterritori ha permesso di otteneredati descrittivi sufficientemente adat-ti per generalizzarli su altre personedi simile ceppo etnico. Ovviamentenon sono descrittivi per i cittadini ditutto il mondo. Quando iniziarono le loro attività dimonitoraggio i ricercatori del MRCNSHD dovevano indagare sul comemai in Inghilterra la fertilità si fos-se abbassata nel dopoguerra e pren-dere informazioni sulla qualità delservizio sociale offerto dal Sistema Sa-

nitario Nazionale per valutare comele attenzioni attivate durante i primianni di vita dei bimbi potessero in-fluire sulla loro speranza di vita fu-tura. Gli stessi ricercatori pensaronoche il progetto sarebbe durato pochianni ma invece, poiché lo Stato tro-vò utili i risultati raggiunti, si vide-ro rifinanziate le loro ricerche. Si ini-ziò allora a investigare anche sugliaspetti sociali e come questi potesseroinfluire sulla salute, spostando lacentratura del monitoraggio dal rap-porto tra ineguaglianza sociale e sa-lute al rapporto tra educazione e sa-lute. Con l’andare dei decenni i ri-cercatori hanno raccolto e cataloga-to sempre più dati e sempre più pre-cisi, fornendo materiale utile per suf-fragare molte ipotesi scientifiche sulrapporto tra stili di vita e malattie.In tempi più recenti, resisi contoche le malattie croniche divenivanosempre più rilevanti nella società, alMRC NSHD si sono specializzati inquesta direzione. Fatto estrema-mente importante, soprattutto se sipensa che tutta la nostra società stadiventando vecchia, come i protago-nisti della ricerca, e che se certoqueste persone sono una generazio-ne diversa dalla mia o quella di miofiglio, sono l’unico modo che abbiamoper capire cosa succede nell’arco diuna vita. Capire come i fattori di ri-schio giocano nella salute durante tut-ta la vita di una persona.

In cosa consiste l’oggetto della sua ricerca?Il MRC NSHD aveva chiesto espli-citamente che la ricerca fosse foca-lizzata sul tema del diabete di tipodue. Negli ultimi anni infatti si è os-servato che le malattie metabolichestanno aumentando mentre quelle va-scolari diminuiscono. Annoverando ildiabete di tipo due tra le malattie me-taboliche, una vera piaga sociale quiin Inghilterra, al MRC hanno quin-di chiesto l’attivazione di uno studiomirato su questo problema che, se tra-scurato, provoca in chi ne soffre pro-blemi alla microcircolazione, agli oc-

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Negli ultimi anni infatti si è osservato che le malattiemetaboliche stanno aumentando mentre quelle vascolaridiminuiscono. Annoverando il diabete di tipo due tra le

malattie metaboliche, una vera piaga sociale qui inInghilterra, al MRC hanno quindi chiesto l’attivazione di

uno studio mirato su questo problema che, se trascurato,provoca in chi ne soffre problemi alla microcircolazione,

agli occhi, ai reni, sofferenze cardiovascolari ed altre patologie causate dall’eccesso di glucosio nel sangue.

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chi, ai reni, sofferenze cardiovascolaried altre patologie causate dall’ec-cesso di glucosio nel sangue. Attualmente il diabete di tipo due èin forte sviluppo sia in occidenteche tra le persone dei Paesi emergenti,particolarmente nel subcontinente in-diano. Come India, Bangladesh, Bhu-tan, Maldive, Nepal, Pakistan e Sri-Lanka. In questi luoghi in particola-re si è accertato che la popolazione hala tendenza ad accumulare il grassoattorno al girovita e si sono notatepersone non obese ma sovrappeso,con girovita ed addome grossi.Per la mia ricerca ho proposto alMCR NSHD una prima indaginesull’andamento del peso corporeonel tempo in relazione a certe parti-colari fasi della vita, incrociandoquesti dati con quelli sull’obesità’addominale, poi ho chiesto di poter ac-cedere alle loro informazioni perquanto riguardava le abitudini ali-mentari in rapporto al loro indice dimassa corporea.Il mio punto di partenza era il rap-porto tra l’aumento di peso in unacerta fase della vita e il suo effetto sufasi della vita successive. Sapere il mo-mento della vita in cui inizi ad esse-re obeso è infatti fondamentale per chisi occupa di salute pubblica per poterdecidere dove indirizzare gli sforzi dicontrasto a questa tendenza. Quelloche ho notato a partire dai dati delMRC è che prima si aumenta di pesoe più è difficile perderlo, così come, sesi è obesi da piccoli, più facilmente losi tornerà ad essere da adulti e più ingiovane età rispetto a chi da piccolonon era obeso. Raramente ho potutovedere tra i soggetti partecipantialla ricerca persone che hanno persoil peso acquisito. E questa tendenzapeggiora dopo i 50 anni di età. Eccoperché spesso qui in Inghilterra siconsiglia ai genitori di portare re-golarmente i figli ad un controllo me-dico e si è altresì notato che spessoquesto non avviene perché i genito-ri non gradiscono sentirsi dire che ilfiglio è grasso e che devono provve-dere a metterlo a dieta.

Ci sono certo stati casi di perdita dipeso, ma nei grandi lo sforzo per riac-quistare il peso forma è stato moltopiù forte che nei bambini. Ne conse-gue che è più facile prevenire l’au-mento di peso che curarlo. Tenendoanche conto che le ultime ricerchesuggeriscono che l’obesità non ècausata in forte misura da una pre-disposizione genetica ad accumularepiu peso, se non in pochi casi, ma di-pende soprattutto dall’ambiente in cuisi cresce e dall’incrocio tra questo ela predisposizione a mangiare di più.Questa si, invece, genetica.

Ma parliamo anche della secondaparte della sua ricerca. Dopo aver analizzato l’insorgere e losvilupparsi dell’obesità nei vari mo-menti della vita dei soggetti della ri-cerca, ho pensato che sarebbe stato in-teressante incrociare queste infor-mazioni con i dati in possesso delMRC sulle loro abitudini alimentarie l’insorgere di problemi di diabete.A partire dal compimento del loro36esimo anno di età, i ricercatori delMRC NSHD avevano infatti iniziatoa chiedere ai membri della ricerca in-formazioni sul loro stile alimentarenonché sui singoli alimenti che que-ste persone ingerivano durante tut-to l’arco di una giornata, per 5 gior-ni. I test sono stati loro sottopostiquando i soggetti avevano compiuto36 anni, poi 43, 53 e poi ancora a 63.Mai prima. Il modo di raccogliere i dati da par-te del MCR è stato sempre molto det-tagliato, diverso dalle principali me-todologie usate in campo epidemio-logico dove tramite un questionariosi chiede di sapere le porzioni man-giate ogni settimana. La metodologiadel MRC è più rara di quella usata inepidemiologia perché richiede moltopiù tempo ai soggetti per la compi-lazione. Si invitano infatti tutti imembri della ricerca a compilareper 3 - 5 giorni un “diario degli ali-menti” rispondendo alle domandesia su cosa hanno mangiato che le ri-spettive quantità, nel modo più pre-P

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Page 10: Spazio ai lettori - prevenzioneoggi.org · Silvio Garattini lancia l’appello: il metodo scientifico è l’unica arma contro le false cure scientifiche 17 pagina 23 Otite pagina

ciso possibile. Per facilitare la com-pilazione, i diari sono forniti anche diimmagini esplicative per aiutare adare l’idea di quanto esattamentemangiato. Le informazioni che si ri-cavano tramite lo strumento del dia-rio sono prevedibilmente molto ac-curate, cosa di solito difficile da ot-tenere in campo alimentare. Uno deiproblemi principali della ricerca incampo alimentare è l’acquisizione didati validi, che rispecchino la reali abi-tudini alimentari delle persone. A vol-te i questionari alimentari vengonoinfatti compilati in malafede, parti-colarmente da chi è obeso o sempli-cemente grasso, che dichiara di man-giar poco oppure di mangiare cosemeno caloriche di quelle realmente as-sunte. Poi però, se analizzi il meta-bolismo, relandolo al peso, l’età e l’at-tività fisica scopri che probabilmen-te hanno mentito. Con i questionariesiste anche il problema che i parte-cipanti devono ricordarsi dei cibimangiati durante i giorni, le setti-mane e a volte i mesi precedenti, au-mentando il rischio d’informazioniinaccurate. Con i diari invece si sa chequesto rischio è minore, soprattuttola gente non deve ricordarsi quelloche ha mangiato la settimana prima,ma compila giorno per giorno il test

e ha le figure per poter indicarne laquantità precisa. Per la mia ricerca hopreso in considerazione dati già pu-liti da imperfezioni o errori di rile-vazione e li ho collegati alle variabi-li relate al livello sociale e all’educa-zione. Nel guardare questi dati è ri-sultato evidente il rapporto tra salu-te ed elevata cultura: chi dei sogget-ti della ricerca è diventato un pro-fessionista o ha fatto l’università’ ten-de ad avere una alimentazione piùsana, con frutta e verdura, ed afare più esercizio fisico. Chi vi-ceversa ha potuto usufruire diun livello basso di educazionesi ammala di più e muore pri-ma. O magari è più obeso.Il vero problema che ho ri-scontrato in questa partedella mia ricerca è chenel tempo molte perso-ne si sono rifiutate dicompilare questi diari.Finché si era trattatodi fare esami per lapropria salute concontrolli gratuiti el’incentivo psicologi-co dato dal far parte diuna ricerca scientifica checoinvolgeva tanti tuoi connaziona-li, tutto è andato bene e le percentuali

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Tempi duri per gli anglosassoni e gliamericani. Obesi, malati e circondatida una valle di tentazioni. Ma par-

tiamo dai dati. Il 60% degli inglesi adulti e il30% dei bambini è in sovrappeso e le cifre,analizzate dal Time, per gli Stati Uniti1 sonoanche peggio. Giustificando l’uso della parolaepidemia per descrivere il fenomeno. Dal 1980 l’obesità tra i bambini dai 2 ai 19anni è triplicata: oggi il 32% di loro è sovrap-peso o obeso, il 17% obeso. Considerando ifigli di bianchi ed ispanici che vivono negliStati Uniti, i più colpiti risultano i bambini ri-spetto alle bambine, mentre tra i neri sono lebimbe a soffrire di più di peso elevato con un23% del totale affetti da problemi di sovrap-peso rispetto al 17% dei maschi. La ricerca

esposta dal Time punta i riflettori sui rischiche l’obesità in età così precoce può portarea fegato, pancreas, ormoni, cuore, tiroide,pelle e non da ultimo al cervello e all’appa-rato riproduttivo. “Le cellule di questi ragazzi,analizzate al microscopio, sono simili a quelledi persone molto più vecchie di loro e conalle spalle una vita di concessioni ai piaceridella tavola” si denuncia “Intorno ai dieci annii corpi di questi ragazzini affetti da obesità ar-rivano alla pubertà, quando questi individuinon sono ancora remotamente pronti per unavita sessuale attiva.” A rischio è la qualitàglobale della vita per questi bambini che diqui a 40 anni, quando dovrebbero essere nelpieno della loro vita attiva, rischiano di ritro-varsi a lottare con attacchi di cuore e dialisi.

Uno scenario davvero preoccupante. “Questoè l’incubo americano” sintetizza il giornale“che per la prima volta una generazione dibambini possa avere una aspettativa di vitapiù breve dei loro genitori”.Dopo aver scoperto di essere “the fat one”,ovvero “quello obeso”, a sua parziale di-scolpa si può dire che il popolo di lingua in-glese è spesso destinatario di campagne dicomunicazione contraddittorie. Se da un latoinfatti il Governo Cameron spinge l’accelera-tore con il Patto per la Responsabilità incampo alimentare ed i suoi “consigli per gliacquisti sani”, fatti a colpi di semaforo verdee rosso (v. articolo in questo numero di Pre-venzione Oggi), dall’altro il cittadino è bersa-glio di pubblicità che lo spingono ad

*Piccolo mioMa quanto pesi, sweet child of mine!*

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OBESITÀ INFANTILEIl problema dell’obesità infantile è oggetto di grande attenzione in diversi Paesi, tra cui gli Stati Uniti. L’eccesso di peso infatti porta a una crescita precoce e all’insorgenza di malattie solitamente legate in modo esclusivo all’età adulta

MENTE I bambini obesi hanno più probabilità di esseredepressi ed hanno generalmente poca autostima.

GOLA L’eccesso di tessuto adiposo restringe le vierespiratorie, rendendo il respiro più difficoltoso eaumentando le probabilità di apnea del sonno.

CUORE L’accumulo di colesterolo può ingrossare lepareti delle arterie, restringere il flusso sanguignoaumentando il rischio di problemi al cuore e infarti.

PANCREAS L’OBESITà può compromettere la capacità delpancreas di utilizzare l’insulina per controllare la quantità dizuccheri presenti nel sangue portando al diabete di tipo 2.

RENI La prolungata presenza di alta pressione nelsangue o l’ipertensione, possono danneggiare lafunzionalità renale.

FEGATO Il grasso accumulato causa ilmalfunzionamento del fegato proprio come fa ilconsumo eccessivo di bevande alcoliche.

azzannare, per esempio, una pizza che dasola apporta 2.880 calorie, molto sopra ilfabbisogno di calorie raccomandato per unmaschio adulto2. Interpellati dal giornalista diThe Observer sulle incongruenze di questosistema, i vertici del governo inglese prepostial tema alimentazione non hanno risposto.Ma gli anglofoni non sono da soli in questaemergenza. Come riportato sempre da TheObserver3, i cinesi stanno velocemente rag-giungendo le posizioni da primato negativodegli occidentali, in certi casi vicini addiritturaa tentarne il sorpasso. Nel settembre 2013 èstato pubblicato dalla Cina Noncommunica-ble Disease Surveillance Group un nuovo stu-dio sulle malattie presenti in Cina basatosull’analisi di circa 100.000 persone. I datisono allarmanti.Se nel 1980 meno dell’1% della popolazione

cinese era diabetica, al 1994 si era arrivati al2,5%, nel 2001 al 5,5% e sei anni dopo al9,7%. Il report rivela che attualmentel’11,6% dei cinesi è diabetico con un ulte-riore 50% che manifesta i segni di pre-dia-bete. Se l’America, che ha il primatomondiale per il numero dei “ciccioni”, devevedersela con “solo” 8,5% di diabetici, i datiappena esposti hanno fatto vincere alla Cinala competizione globale per il maggior nu-mero di persone sovra alimentate. The Ob-server fa quindi notare che, se per iltrattamento di ogni diabetico il Regno Unitospende annualmente 900 sterline (circa1300 euro), se anche solo un terzo dei pre-diabetici cinesi diventasse diabetico in pochianni la Cina si troverebbe un conto di 300miliardi di sterline all’anno. Le implicazioni fi-nanziarie della malattia sono enormi.

Per completare il quadro il giornalista e scrit-tore Jay Rayner avverte infine che la classemedia di Cina, India, Brasile ed Indonesia,cioè milioni di persone, sta iniziando ad acce-dere agli stili di vita e opportunità tipichedegli americani, compreso quindi il cibospazzatura. “Se tutti mangiassimo come gliamericani avremmo bisogno di quattro pia-neta Terra per soddisfare le nostre necessità”ricorda il giornalista “E non mi sembra cheattualmente ne abbiamo tanti a disposi-zione”. Infatti. (F.S.)

1 Time “Young kids, old bodies”, 10 marzo 2014

2 The Observer “Pizza Hut’s 2,880-calorie monster: ataste of a burgeoning global food crisis”, 2 Marzo 2014

3 The Observer “Pizza Hut’s 2,880-calorie monster: ataste of a burgeoning global food crisis”, 2 Marzo 2014

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di adesione alle attività proposte dairicercatori si sono mantenute intor-no all’80%. Nel tempo però le personeche sono restate nello studio sono ri-sultate quelle con più alto livello so-ciale e scolarizzazione, con un sensocivico più forte e spesso anche piùsane. Le altre, che hanno cominciatoa disertare gli appuntamenti, sonomalate, morte o non vogliono più par-tecipare. Ogni anno, per cercare di mantene-re il senso di appartenenza a questaricerca, MRC manda a tutti i mem-bri una cartolina per il compleannoma molti non hanno voglia di pren-der parte comunque alla cosa. Del re-sto a volte per compilare i questionariservono intere giornate, magari conviaggi anche a Londra o in altri po-

sti. Ora i membri assidui del gruppodi ricerca sono restati in 2700, sem-pre gli stessi dal 1946.

Cosa ha scoperto incrociando i dati di obesità, alimentazione e stili di vita delle persone oggetto della ricerca?Guardando i dati sui cibi mangiati daisoggetti, le quantità e la frequenzacon cui decidevano di alimentarsi,scelsi di puntare la mia attenzione sul-l’indice glicemico presente nei loro ali-menti. Questo fattore è molto im-portante infatti per il diabete manegli studi sugli stili alimentari qua-si nessuno aveva guardato a questoelemento insieme al quantitativo di fi-bre e di grassi negli alimenti. In In-ghilterra molti medici per esempionon prevedono diete particolari per

i pre-diabetici e i diabetici, diconosemplicemente “Devi dimagrire”. Interessante sarebbe stato capire seuna migliore alimentazione, oltre afarti ingerire calorie e grassi, avreb-be potuto ridurre il rischio diabete. Miinteressava vedere cioè se persone conun peso elevato ma con una dieta sanaed equilibrata avevano più o meno ri-schio di sviluppare il diabete rispet-to a persone più magre ma vicever-sa con una dieta con poche fibre, mol-ti grassi e ricca di cibi con alto indi-ce glicemico, come per esempio il panebianco, patate fritte, corn-flakes dimais o zucchero da tavola. La mia ipotesi era che l’indice glice-mico, nonché le fibre ed i grassi pre-senti normalmente nell’alimenta-zione di una persona, fossero im-portanti indizi, oltre al peso corpo-reo, per predire il possibile sviluppodel diabete. Mentre nella prima parte della mia ri-cerca avevo infatti affrontato il temadell’obesità’ attraverso gli anni e delgrasso che si forma intorno al giro-vita, incrociando questi fattori per ve-dere quando insorgeva il diabete,guardando agli stili alimentari sonopassata ad analizzare il cibo come ele-mento utile per comprendere questadisfunzione metabolica.Sovrapponendo i dati relativi ai livellidi fibre e indice glicemico negli ali-menti mangiati dai soggetti della ri-cerca, ho notato quindi che se gli obe-si migliorano il proprio stile alimen-tare possono diminuire il rischio didiabete rispetto a persone più magredi loro ma con dieta peggiore. Inol-tre è emerso dalla ricerca che, per lepersone più avanti d’età, la qualità delcibo diventa cruciale. In caso di cattiva alimentazione in-fatti, aumenta molto più sensibil-mente la probabilità di sviluppare dia-bete di tipo due in un cinquantennerispetto ad un trentenne con la stes-sa scadente alimentazione in termi-ni di apporto di grassi, poche fibre edindice glicemico alto. L’effetto del-l’alimentazione, in termini di diabe-te, per le persone oltre i 50 anni è

Negli ultimi anni infatti si è osservato che le malattiemetaboliche stanno aumentando mentre quelle vascolaridiminuiscono. Annoverando il diabete di tipo due tra le

malattie metaboliche, una vera piaga sociale qui inInghilterra, al MRC hanno quindi chiesto l’attivazione di

uno studio mirato su questo problema che, se trascurato,provoca in chi ne soffre problemi alla microcircolazione,

agli occhi, ai reni, sofferenze cardiovascolari ed altre patologie causate dall’eccesso di glucosio nel sangue.

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pressoché immediato e le tracce di unacattiva dieta si conservano moltopiù a lungo su una persona anzianarispetto ad una più giovane. Dettoquesto però, nel Regno Unito il dia-bete e l’obesita si stanno sviluppan-do sempre di più in età giovanile e loStato, nonostante le ingenti risorseprofuse in campagne di sensibilizza-zione sul problema non è riuscito abloccarne lo sviluppo ma, forse, soloa rallentarlo. Da questo punto di vi-sta molto interessante è stato l’appellolanciato da Jamie Oliver durante unnotissimo programma di cucina in-glese1. Lo chef ha segnalato in direttatv come nelle mense delle scuolepubbliche inglesi i bambini manginoquotidianamente pochissima frutta everdura fresca e consumino fritturee grassi in quantità molto superioria quelle considerate salubri per la loroetà e per il loro futuro sviluppo, de-nunciando anche come con una spe-sa per la mensa scolastica di ciascu-no studente pari a meno di una ster-lina, la cattiva alimentazione nellescuole sia più che un rischio.

Quali le conclusionea cui è pervenuta?Dalla ricerca fatta direi che è emer-so che prima inizi ad aumentare dipeso più diventa difficile dimagrire epiù facile continuare invece ad in-grassare. Obesità ed età sono fatto-ri che si cumulano e quindi la pre-venzione resta la cosa più importan-te che ognuno possa fare. Dai dati che ho analizzato è risulta-to poi che il grasso accumulato sul gi-rovita, oltre che il peso corporeo ingenerale, è un dato da tenere moltopiù sottocontrollo, perché può esse-re un fattore di rischio per il diabetee il medico dovrebbe sempre moni-torare la circonferenza addominalesenza fermarsi al mero peso corporeodel paziente.Analizzando l’alimentazione invece,ho riscontrato che i cibi che proteg-gono dal diabete sono sempre gli stes-si, anche al cambiare dell’età deisoggetti, ovvero frutta, cibi integra-

li e latticini magri, mentre i cibidannosi variano con gli anni. Se all’inizio delle indagini, a 36 anni,i soggetti della ricerca mangiavanosoprattutto patate e carne rossa, bur-ro e latticini grassi, a 43 anni la die-ta del campione osservato si è arric-chita di altri ingredienti pericolosi perl’insorgere del diabete come il panebianco, prosciutti, insaccati in gene-re, bacon e patate fritte. Questi ali-menti sono apparsi sulle tavola deiprotagonisti della ricerca per poi re-starvi ed essere sempre più dannosicon l’avanzare della vecchiaia di chili mangia.

Quali i prossimi passi per la sua ricerca?Alcuni dei miei dati sono stati già pre-sentati ad alcune conferenze scienti-fiche. I risultati della mia ricerca sa-ranno resi pubblici questa estate conla pubblicazione della mia tesi. Suc-cessivamente, alcuni dei risultati sa-ranno sottoposti alle pubblicazioniscientifiche dove saranno disponibi-li per la comunità di ricercatori e me-dici che ne faranno richiesta. In futuromi piacerebbe approfondire il legametra girovita e dieta. Nel campione delMRC infatti chi mangia molte fibre,a parità di peso corporeo, è risultatoavere un girovita più stretto. Il lega-me tra potenziali fattori di rischio peril diabete, quali un girovita largo euna dieta povera di fibre, è in effettimolto interessante. Credo sarebbe sti-molante indagare in modo più ap-profondito il rapporto giro vita-ali-mentazione. Magari prendendo uncampione di persone ad hoc e dandoad una parte di essi una alimentazionericca di fibre e ad altro una diversa pervedere che succede.

Ascoltando le parole di Silvia Pastori-no penso “Allora è proprio vero che l’ap-petito vien mangiando…”. Che si trat-ti di fame di cibo o fame di sapere.

F. S.

1 Famosissimo chef inglese, scrittore e stardei fornelli in Inghilterra.

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Vi ricordate la pubblicità del-la banana Ciquita? Quellache spiegava che una bana-na si riconosce dal bollino?In quel caso a garantire la

qualità, e quindi la bontà del frutto, eraun bollino di colore blu’ intenso. Ades-so anche in Inghilterra, per riconosce-re i cibi migliori, i sudditi di Sua Mae-stà guardano i bollini o, più precisa-mente, le luci di un semaforo. Cerchiamo di spiegare. Lo scorso giugno il premier inglese Da-vid Cameron, dati alla mano sulle spe-se sostenute dal Sistema Sanitario Na-zionale del suo Paese per aiutare i cit-tadini in sovrappeso, ha chiesto a pro-duttori e distributori di alimentari distampare sulle confezioni un segnale, ilsemaforo appunto, che in modo intui-tivo e incontrovertibile chiarisse aiconsumatori che cosa stavano per met-tere nel proprio carrello. Se sul prodottoalimentare si accende (ovvero si trovastampato sopra la confezione) una lucerossa il consiglio è di evitare quel cibo,o quanto meno diminuirne drastica-mente le dosi perché contiene livelli digrassi, zucchero e sale considerati ec-cessivi per una dieta equilibrata. Se laluce semaforica è ambrata i grassi con-tenuti nell’alimento sono sulla soglia diguardia, mentre se la luce è verde nonc’è problema. Si può anche abbondare.Questo sistema non è stato introdottoin Inghilterra come un obbligo di leg-ge ma piuttosto come una richiesta a cuiaderire, un “patto di responsabilità”come lo hanno chiamato quelli del Go-verno Cameron, per incoraggiare il pub-blico a scelte di stili di vita più sani. “Sedobbiamo supportare la gente nel pren-dere buone decisioni per la loro dieta”ha dichiarato all’epoca Susan Jebb, re-

sponsabile del progetto e nutrizionista“le offerte di cibo che offriamo sono ele-mento cruciale e critico”1. Alla propo-sta Cameron hanno aderito oltre il98% dei supermercati britannici, non-ché vari ed importanti protagonistidell’industria alimentare a livello in-ternazionale. Il problema del resto non è certo di pococonto. Oltre la metà della popolazioneinglese è sovrappeso, con una aspetta-tiva di vita più bassa di molti altri Pae-si europei, e solo lo scorso anno, con11.000 casi di ricovero tra il 2012 ed il2013 per cause legate direttamente al-l’obesità2, si è toccato in Gran Bretagnaun record in questo senso. Eppure il Re-gno Unito, per curare le malattie lega-te ai disturbi alimentari, spende 5 mi-liardi di sterline. Un’epidemia quindi,quella del sovrappeso, che non potevacerto lasciare il governo fermo.Ma quando il pragmatismo inglese si faesemplificazione estrema, citando leparole di Leonardo Misiano dalle co-lonne del Sole24Ore, ecco che appaio-no alcune macroscopiche storture. Que-sto fantasioso metodo per dare consigliai consumatori infatti, nonostante a pri-mo avviso potrebbe sembrare anchemolto utile, vista la sua intuitività, haperò bollato, è il caso di dirlo, come pe-ricolosi alimenti come l’olio d’oliva, lamozzarella e molte altre nostre spe-cialità gastronomiche da noi esportatecon successo oltre Manica. Leccorniecome il prosciutto di Parma, il lardo diColonnata, la mortadella, per non par-lar dei dolci, che per la nostra economia,solo in Inghilterra, valgono qualcosacome 2,25 miliardi di euro, con un trenddi crescita di oltre il 4%. Si è così cal-colato che la politica dei semafori di Ca-meron potrebbe far perdere all’Italia non

IL CIBO ITALIANO BLOCCATODA UN SEMAFORO ROSSO

La strana storia delle etichette inglesi sugli alimenti

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meno di 632 milioni di euro. A questo punto sono prevedibilmentescattate le proteste dei produttori ita-liani e di tutta la filiera. La Coldiretti hacontestato “la visione tecnicistica dellaqualità, che rischia non far distinguo” traprodotto scadente ed eccellenza culi-naria.Da fine anno scorso, e la questione nonsi è ancora chiusa, il semaforo ingleseè diventato il casus belli di una dura bat-taglia tutt’oggi in corso a Bruxelles,presso la sede del Parlamento europeo.In campo, accanto all’Italia, si sono schie-rate le altre grandi nazioni europee chedell’export alimentare in Gran Breta-gna sono le protagoniste: Spagna eFrancia in primis. Una dieta sana, diconoin coro gli “avversari del semaforo” sibasa non solo sui valori nutritivi dei sin-goli alimenti ma anche sulla quantità chesi decide di introitare nell’organismo. Ècioè una questione di bilanciamento trai vari alimenti. Quello che si contesta allascelta di Cameron è poi anche la gene-ricità delle indicazioni. Con un appiat-timento di tutti gli alimenti ai solicontenuti tradotti in valori di grasso, salee zuccheri c’è il rischio reale di mischiareil prodotto buono a quello scadente. Eallora non stupisce che con questa lo-gica il latte per esempio è segnalatocome alimento a rischio, perché ricco digrassi, mentre la Diet Coke ha semaforoverde. Rilievi sono stati mossi anche da diversialtri rappresentanti parlamentari dei variPaesi europei che si sono schierati con-tro il semaforo, fino ad ora già 17membri dell’Europa Unita. Il Semafo-ro, si legge in alcuni commenti prove-nienti da Bruxelles, è in grado di in-fluenzare in maniera immediata oltre il41% delle donne inglesi e il 30% degliuomini inglesi che prendono in mano unprodotto così etichettato. Questa elevata capacità di attirare l’at-tenzione del consumatore, si è fatto no-tare, spinge però a non leggere più la ta-bella nutrizionale, quella si obbligato-ria per una legge europea di qualcheanno fa, creando situazioni in contrastocon una informazione corretta. In sin-tesi, il semaforo tenderebbe a dere-

sponsabilizzare chi “legge” le luci se-maforiche perché distoglierebbe la suaattenzione dalle etichette UE, più chia-re e trasparenti, portandolo a farsi unaidea distorta e alla fine errata dell’ali-mento che decide o meno di compraree mangiare.Dalle ultime informazioni in nostro pos-sesso3, al momento della stesura del pre-sente articolo, l’Italia è alla guida delgruppo degli scontenti ed ha presentatodue ricorsi che hanno portato all’aper-tura da parte della Commissione Eu-ropea di indagini (EU Pilot) per ana-lizzare se effettivamente questo sistemadi etichettatura possa essere contrarioalle regole del mercato interno. Anchela Francia ha presentato due ricorsi a fir-ma dell’associazione francese dei tra-sformatori delle industrie lattiero ca-searie (Atla) e delle industrie agroali-mentari (Ania).Parrebbe infatti che il sistema inglese sistia rivelando discriminante, dandoampi margini di manovra alla grandedistribuzione, che ha ormai quasi com-pletamente adottato il nuovo sistema dietichettatura, e facendo pressione sui pic-coli marchi. Anche la Rappresentanzaeuropea delle Piccole e Medie Imprese(Ueapme) la pensa nello stesso modo eper questo vorrebbe venisse elaboratauna valutazione di impatto di tale eti-chettatura sul sistema industriale.Il Regno Unito, che per ora mantienee difende la sua scelta, parla di praticalegittima, di natura volontaria, utilizzataanche da altri Paesi in differenti forme.Ribadendo l’ultilità di questo stru-mento per combattere l’obesità. La domanda viene spontanea: possibi-le che gli inglesi non si sappiano con-trollare a tal punto da aver bisogno delsemaforo rosso per smettere di man-giare? Non erano loro quelli freddi e ra-zionali? Alla Commissione europeal’ardua sentenza.

Fernanda Snaiderbaur

1 Da un articolo di Jay Rayner apparso su The Obser-ver il 2 marzo 2014

2 Fonte: The Guardian, febbraio 2014

3 fonte: Europae, rivista affari europei. www.europaerivista.eu

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Un esempio di bollino applicatonel Regno Unitosui cibi italiani

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Perché mangiare ci appaga,gratifica e, in questo attopiù che in molti altri, cirende simili gli uni agli al-tri in ogni parte del globo

terrestre? Una mostra, aperta in an-teprima a Milano e dal 28 marzo vi-sibile a Bologna, cerca di dare una ri-

Ma quanto ci piace mangiare?Una mostra, aperta in anteprima a Milano e poi dal 28 marzo al 13 aprile a Bologna,

ha cercato di dare una risposta a questa domanda usando gli strumenti che la scienza e l’arte contemporanea ci mettono a disposizione.

sposta a questa domanda usando glistrumenti che la scienza e l’arte con-temporanea ci mettono a disposizio-ne. “Gola. Arte e scienza del gusto”,questo il titolo scelto per l’iniziativapromossa della Fondazione MarioGolinelli, indaga così sul gusto e sul-la nutrizione, intesa come esperien-

L’idea di dipingere o più genericamente ritrarre su teladei prodotti della quotidianità, quali quelli cheognuno di noi può trovare e comprare andando al

supermercato, non è certo nuova. Dalla volta in cui Andy Warholpresentò la sua versione della zuppa Campbell nel 1968abbiamo infatti visto ogni genere di rielaborazione in tal senso.Comprese sculture e ologrammi. Eppure a febbraio diquest’anno il New Yorker ha presentato in un suo articolo lastoria e l’opera del pittore Brendan O’Connell. Quest’uomo viverealizzando quadri che traggono il proprio soggetto dagli scaffalidei supermercati. File di prodotti dello stesso genere e con lastessa marca, allineati coscienziosamente lungo le corsie,

diventanoispirazione per

O’Connell che trasforma ciòche ogni uomo occidentale ha sotto

gli occhi in quadri che vende a non meno di 1000 dollari atela. “Trovo visivamente eccitante entrare in un negozio dialimentari” ha dichiarato il pittore 45 enne, aggiungendo chesecondo lui “Le marche rappresentano il livello a cui noi siamoarrivati come cultura”. La tecnica pittorica di O’Connell prevedeuna prima stesura del colore, con un ritratto piuttosto realisticodel soggetto, ed un secondo momento in cui l’artista modificaleggermente le immagini ritratte dando all’insieme una maggioreastrattezza. “Una serie di atti che portano l’osservatore di fronteall’opera di O’Connell a completare lui stesso, con la suaimmaginazione, il resto del quadro - ha spiegato una galleristache ad aprile esporrà le opere di O’Connell ad Atlanta - questa

Dipingere i cibi esposti sugli scaffali del supermercato

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za multisensoriale che coinvolge pri-ma di tutto il cervello, strutturandoun percorso didattico suddiviso in cin-que sezioni tematiche: I dilemmi del-l’onnivoro, I sensi del gusto, Buonoda pensare, I segreti dei cibi-spazza-tura e La ri-costruzione del gusto. Lo scopo dell’iniziativa, rivolta a tut-ti i cittadini italiani ma soprattutto airagazzi di età scolare ed alle loro fa-miglie, vuole essere quello di inse-gnare ai giovani a porsi domande, pri-ma ancora che a trovare rispostegiuste, per capire come le nostrescelte in fatto di gusto e degustazio-ne siano fortemente influenzate nonsolo dalla fisiologia ma anche da ciòche vediamo, udiamo nonché dalle no-zioni che abbiamo appreso dalla no-stra cultura. Particolarmente inte-ressanti risultano le sezioni dedicateal piacere di mangiare, indicato comelo stratagemma utilizzato dalla naturaper guidare le nostre scelte a tavolaverso cibi con le quantità di energia,vitamine e carboidrati che ci servono,nonché la sezione di approfondi-mento sul cibo-spazzatura, il junk-food. Si viene così ad apprendereche anche se nella storia dell’umani-tà non abbiamo mai auto a disposi-zione così tanto cibo, le nostre mutateabitudini di vita ci hanno portato adavere bisogno di meno calorie di un

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FONDAZIONE MARIOGOLINELLINata ufficialmente nel 1988, la Fondazione Mario Golinelli hasede a Bologna ed è riconosciuta alivello nazionale come ente dipromozione della cultura scientificache lavora al fine di promuovereuna percezione positiva dellascienza nella società. Le sueattività, tra cui spicca il LifeLearning Center creato perl’insegnamento e la ricerca dellescienze, si muovono in tutti i settoridelle scienze, comprese le numeroseapplicazioni nel settore scientifico,sociale, morale e legale ed hannol’obiettivo di offrire corsi edoccasioni di aggiornamento per studenti, insegnanti nonché pertutti i cittadini. (F.S.)

tecnica lascia che il senso emerga dalla tela davanti agli occhidell’osservatore”. Per capire il successo che questi quadri stannoottenendo, laddove in alcuni casi si parla di tele da parecchiemigliaia di dollari, va certamente tenuto in considerazione ilfattore “nostalgia”. I suoi compratori infatti sono quasi tuttipersone che acquistano arte per la prima volta e che scelgono isoggetti di O’Connell perché gli ricordano l’infanzia, quando peresempio da piccoli la madre dava loro da mangiare quegli stessialimenti che ora sono ritratti nei quadri. Lo stesso O’Connell delresto ricorda come la nostalgia sia in grado di rendere tutto piùcaldo e confortevole e come questa venga costantementeevocata dalle sue pennellate mai completamente precise. Maiperfettamente nitide.Per questa sua scelta in merito al soggetto dei quadri, lemarche dei supermercati, O’Connell è stato tacciato diconnivenza con il consumismo, avendo realizzato opere chesembrano legittimarlo ma, hanno replicato alcuni critici “ adesso

le persone non vivono più questo fatto come un problema. Ilconsumismo è ovunque e nulla vi sfugge”. Ed i quadri diO’Connel ne sono una prova. Rappresentano un’immersione inun mondo pieno di loghi e marche che si dimostrano ormaiinseparabili dalla vita di ognuno. I nostri ricordi sono popolati dipersone, luoghi e… Confezioni di prodotti. “Consumismo non èuna brutta parola. Consumare è qualcosa di profondamenteumano, qualcosa di cui le marche dei prodotti consumati sonoun fattore incidentale” ha dichiarato O’Connell “È partedell’essenza dell’esistere, il consumare. Per percepire edapprezzare l’arte, per esempio, devi prima consumare, inserirequalcosa dentro di te”. (F.S.)

Fonti:The Culture, TimeNew Yorkershttps://brendan-oconnell-xw77.squarespace.com

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tempo mentre i meccanismi biologi-ci del gusto, che non si sono evolutiquanto le nuove circostanze in cui citroviamo a vivere invece richiede-rebbero, ci portano a continuare a de-siderare e cercare quei sapori che pertanto tempo ci hanno assicurato la so-pravvivenza. “Il risultato” si dicenella mostra “è che nel mondo gliadulti sovrappeso oppure obesi sonoun miliardo e seicento milioni: ildoppio di quelli che soffrono la fame”. In Italia oltre il 30% della popolazioneè sovrappeso e più del 10% in stato diconclamata obesità. Ma la colpa, se-condo le fonti raccolte da “Gola.Arte e scienza del gusto” è anche inchi produce il cosiddetto cibo spaz-zatura. Per junk food (letteralmentecibo spazzatura in lingua inglese) sidevono ritenere molti cibi confezio-nati e da fast food, alimenti studiatiin laboratorio per super stimolarel’appetito e sopraffare i sistemi chenormalmente controllano il sensodi sazietà. Ma non solo. Questi cibi sono programmati perdare assuefazione e, come nel caso del-le droghe, attivano gli stessi mecca-nismi cerebrali suscitati dagli stupe-facenti spingendoci a ricercarli e,col tempo, rendere un’abitudine laloro consumazione da parte nostra.

Così si finisce per attivare una cate-na di comportamenti pericolosa-mente inconsapevole, sempre più au-tomatica e quindi, in ultima analisi, in-controllabile. Il rischio di questa po-litica alimentare è molto forte: se at-tualmente nel mondo la proporzionedelle persone sovrappeso ed obese èraddoppiata rispetto al 1980, entro il2030 potrebbe raddoppiare ancora.Soprattutto considerando che coloroche sono più a rischio sono anche ipiu’ poveri del pianeta. Il junk food èinfatti più economico e più gratifi-cante rispetto ad altri cibi maggior-mente sani ma anche più costosi. Risposte uniche e certe per questi pro-blemi la mostra non ne propone.Solo consigli, accompagnando i videoesplicativi sulla ultime scoperte scien-tifiche in materia con alcune perfor-mance artistiche di personalità emi-nenti del mondo dell’arte contempo-ranea quali Marina Abramovic, So-phie Calle, Gabriella Ciancimino e ilfotografo della Magnum Martin Parr.Il tutto nella convinzione, espressa dalcuratore stesso della mostra GiovanniCarrada, che “Se capiamo il gusto pos-siamo capire anche altre cose su noistessi. Comprese molte che con il gu-sto non hanno nulla a che fare”.

F. S.

In Italia oltre il 30% dellapopolazione è sovrappeso e

più del 10% in stato diconclamata obesità.

Ma la colpa, secondo lefonti raccolte da “Gola.

Arte e scienza del gusto” è anche in chi produce il

cosiddetto cibo spazzatura.Questi cibi sono

programmati per dareassuefazione e, come nel

caso delle droghe, attivanogli stessi meccanismi

cerebrali suscitati daglistupefacenti spingendoci a

ricercarli e, col tempo,rendere un’abitudine la

loro consumazione da parte nostra.

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Lo scorso 11 febbraio, in oc-casione dell’inaugurazionedell’anno accademico del-l’Università Statale di Mila-no nonché in coincidenza

con il novantesimo anno dalla fonda-zione di questa stessa, il professor Sil-vio Garattini ha ricevuto la laureahonoris causa in Chimica e TecnologiaFarmaceutica. La motivazione recita-va quanto segue: “Per aver contribui-to allo sviluppo delle conoscenze far-macologiche e delle loro applicazionialla prevenzione, diagnosi e cura del-le malattie, fondando e dirigendo l’Isti-tuto di Ricerche Farmacologiche “Ma-rio Negri”, uno dei più prestigiosiEnti di Ricerca mondiali, e per aver rap-presentato con rigore e passione, nelcorso della sua lunga attività profes-

sionale, le ragioni e la funzione civilee sociale della scienza”. Nella lectio magistralis “Le responsa-bilità dell’Accademia nello sviluppo eimpiego dei farmaci”, tenuta dal pro-fessore a chiusura della cerimonia,Garattini ha tratteggiato un quadro ge-nerale del settore farmaceutico, ci-tando esempi dalle situazioni in Europaed in Italia. Se nel nostro Paese è sta-to confermato il dato di forte spere-quazione tra le diverse regioni anchenel settore della sanità pubblica, comenel caso di Veneto e Calabria dove la dif-ferenza di spesa sostenuta dalle due re-gioni per la salute dei propri cittadiniarriva a 60 euro procapite, nuovi, in-teressanti informazioni sono emerse in-vece dalla comparazione tra l’Italia edaltri Paesi membri dell’Unione Euro-

Educazione e ricerca scientifica Silvio Garattini lancia l’appello: il metodo scientifico è l’unica arma contro le false cure scientifiche, va insegnato nelle scuole. E le accademie non devono più restare a guardare

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pea. A parità di patologia infatti, le scel-te dei distinti sistemi sanitari nazionalidivergono spesso, a volte anche inmaniera molto vistosa. “Il farmaco più prescritto in Italia pertrattare la colesterolemia, contenuto nelprontuario dei medicinali rimborsabi-li, in Germania si trova soltanto alla 569esima posizione nella lista dei farma-ci più prescritti in quel Paese” ha fat-to notare il professor Garattini “Datointeressante questo, che può fornirelumi sui fattori che dominano le pre-scrizioni fatte dai medici ai propri pa-zienti. A parità di informazioni sulla va-lidità di un preparato e sull’utilità del-la sua somministrazione, emerge quichiaramente come la scelta di prescri-vere questo o quel medicinale dipendada molti eterogenei fattori oltre alla pa-tologia stessa dei pazienti, con conse-guenti gravi rischi per i malati”.

Un dato resta invece comune a tutti iPaesi dell’Europa ed è il crescere del-la spesa farmaceutica nel corso deglianni sia a livello pubblico che privato.Nella sua lectio Garattini ha fatto no-tare come a questo dato si sommi il for-te rallentamento dell’industria farma-ceutica nella produzione e immissionesul mercato di medicinali veramente in-novativi. “Rispetto a 20 anni fa” ha avu-to modo di mostrare Garattini “a pa-rità di risorse spese, il numero dei far-maci validi ottenuti è molto diminui-to. Si sono prodotti pochi nuovi farmacie spesso in contrasto con le necessitàdei pazienti. Tra il 1999 ed il 2008 peresempio, solo il 2% dei 961 nuovi far-maci immessi sul mercato francese èstato dichiarato realmente utile men-tre sono trent’anni che non viene piùprodotto un farmaco innovativo inpsichiatria e le industrie hanno ab-

bandonato il campo. Anche se le ma-lattie mentali rimangono la maggiorcausa di disabilità al mondo”. In questa situazione Garattini ha ri-cordato i quattro concetti fondamentali,quattro parole chiave, che dovrebberosempre essere guida nella sperimen-tazione dei nuovi farmaci. “Per deter-minare quale farmaco adottare bisognache ci sia una sua evidenza scientifica,rilevabile tramite uno studio clinicocontrollabile che permette di supera-re il rischio di introdurre un tratta-mento inattivo o tossico per il pazien-te oppure viceversa di perdere un trat-tamento attivo. Serve operare secondoetica, con una legislazione adeguata einfine con appropriatezza. Ovvero usa-re il farmaco senza abusarne. Medica-lizzare immediatamente il pazientepuò essere un grave errore perchè si ri-schia di dare troppi farmaci e troppo infretta. Con il concreto pericolo di fareincorrere in effetti collaterali in chi as-sume più farmaci insieme e si trova, inun circolo vizioso, a dover contrasta-re le conseguenze di alcuni medicina-li ingerendone altri”. Abbiamo incontrato il professore dopoaver seguito la sua Lectio magistralispresso l’Università Statale e gli abbia-mo chiesto di approfondire alcuni deipunti da lui toccati nella relazionepubblica appena tenuta.

La sua lectio è suonata come unasorta di chiamata alle armi, una ri-chesta di maggior coinvolgimentodel mondo accademico e no profitnel settore farmaceutico che appa-re chiara fin dal titolo del suo in-tervento:“La responsabilità del-l’Accademia nello sviluppo e nel-l’impiego dei farmaci”. Perché que-sto invito?“Sono convinto che sia tempo chel’Accademia assuma la leadership nel-lo sviluppo e nello studio dei farmaci.Spetta a lei preparare i nuovi profes-sionisti del settore e tenerli aggiorna-ti con strumenti adeguati. Perché se ifarmaci vengono studiati male c’è il con-creto rischio di un loro cattivo impie-go. Ancora oggi l’Accademia è spesso

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Sono convinto che sia tempo che l’Accademia assuma la leadership nello sviluppo e nello studio dei farmaci.

Spetta a lei preparare i nuovi professionisti del settore e tenerliaggiornati con strumenti adeguati.

Perché se i farmaci vengono studiati male c’è il concreto rischio di un loro cattivo impiego.

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passiva esecutrice dei dettami delle casefarmaceutiche. Per ragioni di tradizione,perché fin’ora si è sempre fatto così, macertamente anche per altre motivazioni.Studiare un nuovo farmaco, propostodalle case farmaceutiche, non solo per-mette di avere maggiori fondi ma an-che di fare pubblicazioni, essere chia-mati per relazioni e convegni ed ac-quisire quella possibilità di mettersi inevidenza che tanto attrae i giovani ri-cercatori. Chiedere che le Accademie diventinocentrali nella ricerca e nella speri-mentazione di nuovi farmaci non èqualcosa che si possa ottenere imme-diatamente, da un giorno all’altro. Diquesto ne sono ovviamente conscio.Tuttavia ritengo che bisognerebbeiniziare un percorso in questa direzio-ne, creando degli antidodi alla situa-zione odierna in cui sono le industriefarmaceutiche a dominare mentre le or-ganizzazioni no profit come Universi-tà, Fondazioni e Accademie in generalesono sempre su posizioni più defilate.E per antidodo intendo, per esempio,non accettare progetti alla cui elabo-razione non si è partecipato, parteciparealla preparazione del protocollo deglistudi clinici controllati o chiedere qua-le si sia seguito. Ma anche avere la pro-prietà dei dati su cui si sta studiando epoter accedervi in ogni momento. I datiriguardanti gli studi clinici e preclini-ci sui farmaci devono essere pubblica-ti indipendentemente dal fatto chesiano positivi o negativi. Se la situazionenon cambia, come ho detto nella lectio,continueremo ad avere pochi farmacinuovi, veramente innovativi, e molti de-nari saranno spesi per preparati nontroppo dissimili dai precedenti anzichécercarne di utili, per esempio, per le ma-lattie orfane (ovvero ancora senza unacura ndr). Bisognerebbe si facesse unaanalisi delle priorità, basandosi sulle ne-cessità e sui bisogni non ancora sod-disfatti degli ammalati. Penso peresempio alla ricerca di nuovi antibio-tici, più adatti ai batteri resistenti,penso alle oltre 6000 malattie rare cheaspettano delle cure e penso anche allemalattie mentali, di cui anche durante

Silvio GarattiniSilvio Garattini è nato a Bergamo il 12novembre 1928. Laureatosi in Medicinaall’Università di Torino, ottenne la liberadocenza in Chemioterapia e Farmacologiae divenne ben presto parte del vivacegruppo di giovani farmacologi che neglianni ’50 animavano l’Istituto diFarmacologia dell’Università degli Studi diMilano.Fu con questo gruppo che entrò incontatto in quel periodo Mario Negri(1891-1969), il filantropo milanesevivamente interessato alla biologia ed allamedicina che alla sua morte, nel 1960,

con un apposito lascito testamentario rese possibile la realizzazione diquella che diventerà la prima Fondazione italiana interamente dedicata allaricerca biomedica, designandone direttamente Garattini alla direzione. Daallora, da quel primo nucleo dei 22 di Farmacologia della Statale, l’Istitutodi Ricerche farmacologiche “Mario Negri”, diventato nel frattempo Istituto diRicerca e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), ha conosciuto uno sviluppostraordinario: oggi conta 800 tra tecnici e ricercatori ed è distribuito su tresedi. In oltre 50 anni di attività, sempre sotto la direzione di Silvio Garattini,l’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”ha prodotto oltre 13.000pubblicazioni scientifiche e circa 250 volumi, nei settori dell’oncologia,della chemioterapia e immunologia dei tumori, dellaneuropsicofarmacologia e della farmacologia cardiovascolare e renale. Dei50 ricercatori italiani di tutte le discipline scientifiche attualmente più citatinel mondo, quattro appartengono al “Mario Negri”.Accanto all’attività di ricerca scientifica nei campi della farmacocinetica,della farmacologia dell’immunologia, della biologia cellulare, dellagenomica e della proteomica, l’Istituto ha dedicato grande impegno edattenzione anche alla attività di formazione. Sono oltre 7000 i giovanilaureati e tecnici che si sono specializzati in questo periodo presso il “MarioNegri”. Attentissimo al valore della divulgazione, da direttore del “Mario Negri”Silvio Garattini ha guidato numerose campagne di informazione, spessocontrocorrente: in difesa dell’ambiente, nella lotta contro il fumo e la droga,sui rischi e benefici associati all’impiego di farmaci, promuovendo la libertàdi ricerca dalle ideologie politiche e religiose e l’attenzione per i diritti deglianimali. Silvio Garattini è stato membro di vari organismi, tra i quali ilConsiglio Nazionale delle Ricerche, la Commissione Unica del Farmaco delMinistero della Sanità, l’European Medicine Agency (EMA), l’AgenziaItaliana per il Farmaco (AIFA). Attualmente è membro del ConsiglioSuperiore di Sanità e del Comitato Nazionale di Bioetica ed è Presidente delComitato Scientifico del Centro Nazionale Prevenzione e Controllo delleMalattie. Fa parte del Gruppo 2003, che riunisce i ricercatori italiani piùcitati nella letteratura scientifica internazionale.Autore di molte centinaia di lavori scientifici pubblicati in riviste nazionali edinternazionali e di numerosi volumi nel campo della farmacologia, Garattiniè fondatore dell’European Organization for Research on Treatment ofCancer e presidente della Società Europea di Farmacologia Biochimica. Trai numerosi premi e onorificenze ricevute, vanno ricordate la Legion d’Onoredella Repubblica Francese per meriti scientifici, il titolo di Grande Ufficialedella Repubblica Italiana e la Medaglia d’Oro al Merito della SanitàPubblica, conferita dal Ministro della Salute. Garattini ha ricevuto duelauree honoris causa, dalle università di Bilystok, Polonia, e di Barcellona,Spagna. (F.S.)

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la mia lectio magistralis ho accennato.Ed una volta stabilite le necessità eidentificate le priorità bisognerebbe poirispettarle. Se persiste ancora da de-cenni un diverso scenario invece, cer-to lo si deve anche al fatto che l’indu-stria si adatta alla legislazione vigen-te, poco capace di spingere al miglio-ramento da questo punto di vista. Se in-fatti la legge parla soltanto in terminidi qualità, efficacia e sicurezza, perchéle case farmaceutiche dovrebbero fareanche ulteriori e costosi studi di com-parazione, cercando il valore terapeu-tico aggiunto del nuovo preparato ri-spetto a quel che già esiste? Solo se ver-rà obbligata da leggi ad hoc, l’industriafarà questo tipo di studi comparativi.Come tutte le industrie infatti, anchela farmaceutica è flessibile e si adatta aquel che le viene richiesto. Ci vuole peròla volontà politica che renda obbliga-

torio per l’industria farmaceutica unadeguamento a nuove direttive, chemetta in atto uno sbarramento, con li-nee chiare, ai farmaci che non si sianodimostrati superiori ai precedenti. Inquesto senso, se forze no profit non aiu-teranno i governi a sviluppare questatendenza non c’è alcuna chance che siriesca a superare la supremazia del-l’industria farmaceutica, forte com’è diuna sua organizzazione, soldi e strut-ture per fare pressione a sua volta sul-la politica e opporsi in vari modi ad uncambiamento di rotta del settore. Siaben chiaro, non si tratta di andare con-tro l’industria “cattiva” ma far si che lepotenzialità delle società farmaceutichevengano orientate verso progetti ef-fettivamente di interesse dei pazienti enon solo per aumentare il mercato. Pen-so ai molti farmaci poco efficaci in com-mercio. Come gli antitumorali. Sono co-

stosi e consentono un aumento delladurata di vita dei pazienti mediamen-te di soli due mesi a fronte di un vistosopeggioramento della loro qualità. Var-rebbe la pena usare i soldi di quei far-maci, nell’ultima fase della vita dei pa-zienti con tumore, per irrobustire le te-rapie palliative. Impegnandosi mag-giormente ad aumentare la qualitàdella vita di queste persone.Abbiamo bisogno di richiedere di piùdall’industria. Ma in questo l’Accade-mia, le società scientifiche e ricerca nondevono più essere latenti, lascianocampo libero alle lobby farmaceutiche.Ecco perché secondo me l’Accademiava richiamata ad assumere la leadershipdel settore, per comprendere gli obiet-tivi da centrare.

Quali altre proposte concrete sisente di fare per migliorare il siste-ma dello sviluppo ed impiego deifarmaci in Italia?Penso al prontuario nazionale dei far-maci. In Italia non si è più fatta una re-visione ed una razionalizzazione dei me-dicinali iscritti in questo elenco daquando, nell’ormai lontano 1993, cimettemmo mano per l’ultima volta ioed alcuni colleghi. In quell’occasione larevisione portò a togliere farmaci perun fatturato di oltre 3mila miliardi dilire. Si può dire che nessuno se ne ac-corse, a parte le case farmaceutiche, per-ché i diretti interessati, ovvero sia i me-dici che i pazienti, non protestarono.Tutti erano consci che i farmaci espun-ti non servivano più ormai da tempo,divenuti com’erano obsoleti e non ef-ficaci. Ora sarebbe il caso di rifare que-sta operazione. Da allora infatti sonopassati oltre vent’anni e l’elenco ènuovamente ridondante, colmo di far-maci più o meno simili che si somma-no di anno in anno, inseriti quasi au-tomaticamente nel prontuario dopol’approvazione prima dell’EMA (l’Or-ganismo per l’approvazione dei farmacieuropeo: European Medicne Agencyndr) e poi dell’AIFA (Agenzia Italianaper il Farmaco, il corrispondente or-gano per l’Italia ndr).L’organismo di approvazione dei far-

Penso al prontuario nazionale dei farmaci. In Italia non si èpiù fatta una revisione ed una razionalizzazione dei

medicinali iscritti in questo elenco da quando, nell’ormailontano 1993, ci mettemmo mano per l’ultima volta io ed

alcuni colleghi. In quell’occasione la revisione portò a toglierefarmaci per un fatturato di oltre 3mila miliardi di lire.

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maci europeo, se approva un farmaco,ne permette la messa in circolazione nei27 paesi dell’Unione entro 90giorni. Unfarmaco così approvato non vuol direche sia rimborsabile, come molti erro-neamente pensano, ma passa al vagliodall’AIFA, che si occupa di valutare sesia adatto al nostro Sistema SanitarioNazionale. Io ritengo che dovremmo es-sere più attenti ad inserire nel pron-tuario nazionale i farmaci, non agendoautomaticamente solo perché il farmacoha avuto l’approvazione europea ma sce-gliendo solo medicinali che offronomaggior benefici. Attualmente invecenon solo succede raramente che un far-maco venga rifiutato, ma ancora più ra-ramente che venga tolto dalla lista. Inol-tre, all’aggiunta di un nuovo medicinale,quelli già esistenti nel prontuario nonvengono mai tolti dall’elenco ma vi sivanno a sommare perché, in effetti, spes-so non si tratta di preparati talmente in-novativi da soppiantare i precedenti.Una revisione si rende davvero neces-saria. La presenza di tanti farmaci nelprontuario può infatti certamente fa-vorire la prescrizione disinvolta e la pre-senza ipertrofica delle medicine nelle ri-cette per i pazienti.

Nella sua lectio ha citato l’appro-priatezza come una delle quattro pa-role chiave per la ricerca. Cosa in-tende? Attualmente c’è la tendenza alla me-dicalizzazione immediata dei pazienti,spinta sia da interessi economici chedalla disinformazione propagata daimass media e dai social networks chedalle promesse esagerate fatte dai ri-cercatori clinici e sperimentali. Il rischioche questo atteggiamento comporta èche si comprometta ulteriormentel’equilibrio di pazienti già fragili, pen-so soprattutto ad anziani e malati in ge-nerale, con cure non adeguate. Tenendoconto che le soglie di normalità, rela-tiva per esempio ai dati di glicemia, co-lesterolemia e pressione arteriosa,sono molto variati dagli anni 70 adoggi, bisogna evitare che si instauri ilcircolo vizioso dell’aumento delle pre-scrizioni, con il conseguente aumento

di effetti collaterali, più interazionitra farmaci e quindi ulteriori effetti col-laterali che richiedono nuove prescri-zioni aggiuntive. Come detto prima, bi-sogna cercare di usare un nuovo far-maco quando esso si sia dimostrato mi-gliore e non solo non inferiore a quel-lo precedente, come invece si fa oggi,cercando di rilevarne con uguale at-tenzione sia i lati positivi che i danniprovocati. Ma l’appropriatezza non riguarda solol’astenersi dal prescrivere farmaciquando non necessari ma anche usaredei parametri per i test sui farmaci chesiano rilevanti per il paziente, come ilmiglioramento della qualità di vita, nonescludendo dallo studio sul medicina-le quelle popolazioni che poi sarannoimplicate nell’uso dello stesso. Peresempio, inserendo nei test anziani,donne e anche bambini, quando questoè pertinente, non testare i farmaci conil solo, classico uomo bianco entro i 60anni.

Che ruolo riveste l’etica in questosettore?L’etica si gioca sulla bontà della ricer-ca, sul metodo scientifico, sul non de-legare ad altri le proprie responsabili-tà. L’ etica nello studio e sviluppo deifarmaci coincide con la legittimitàdella ricerca, lo studio clinico con-trollato.La prima regola etica è infatti condurrela ricerca stilando un protocollo al me-glio, sottoponendo per esempio il far-maco a condizioni in cui può dimostrareche ha qualità per agire meglio rispettoad altri, magari comparandone gli ef-fetti con un altro farmaco e non con unplacebo. Come generalmente invece av-viene. Se creiamo disegni di non infe-riorità per testare i farmaci, anzichécercarne la superiorità, non facciamoil meglio. A domanda importante, quale la salu-te, si deve una risposta che tenga in pri-ma evidenza l’interesse degli ammala-ti e non del mercato. Se dominante èquest’ultimo aspetto, il protocollo de-gli studi clinici darà tutte le chance alfarmaco di superare i test e non sarà in-

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vece orientato a renderne difficile il suosuperamento dimostrando che sia ve-ramente meglio rispetto a ciò che esi-ste oggi. L’obiettivo del sistema del far-maco dovrebbe essere sempre quello diporre al centro gli ammalati ed i lorobisogni. Certo, è un obiettivo utopico,mi rendo conto, ma deve valere comel’orizzonte per chi cammina. Forsenon lo si raggiungerà mai ma cammi-nando in quella direzione si continue-rà a progredire e migliorare”.

Parliamo del metodo scientifico.Tra le motivazione della sua laureaad honorem c’è la sua battagli in di-fesa delle regole che sorreggono l’in-tera comunità scientifica.Negli ultimi anni assistiamo purtrop-po, e soprattutto nel nostro Paese, a di-versi tentativi di mettere in discussio-ne il metodo su cui si fonda l’avanza-

mento delle nostre conoscenze scien-tifiche a livello mondiale. Penso alMetodo Di Bella o a Stamina. Il fattoche in Italia, e non in altri Paesi euro-pei, siano attecchite ed abbiano fattoproseliti ciarlatanerie di questo gene-re dimostra come la cultura scientifi-ca non sia mai entrata in modo ade-guato e paritario nell’insegnamentoscolastico e non abbia quindi potutocontribuire per la sua parte alla for-mazione dei nostri cittadini. Non ab-biamo insegnanti preparati sul meto-do scientifico e la scienza e del resto intutte le riforme scolastiche hanno do-minato sempre figure provenienti dauna estrazione culturale letteraria, fi-losofica e giuridica e quindi, non in gra-do di proporre efficaci corsi scientifici.Quella che constato in Italia è una verae propria anomalia. Il mondo cultura-le italiano che conta ritiene che la scien-

za non faccia parte della cultura, mapiuttosto la equipara e confonde con latecnologia. Mentre è ciò che condizionala vita di ogni giorno. Manca l’inse-gnamento della metodologia scientifi-ca, dei principi scientifici. E così attec-chiscono le credulonerie. In Europa,dove la preparazione in questa disci-plina è molto forte e precoce, non ho vi-sto casi come Di Bella e Stamina. Cisono ciarlatani dappertutto, certo, main nessuna circostanza hanno creatocasi nazionali come da noi. I colleghieuropei che ho sentito in merito eranotutti meravigliati per la reazione dei no-stri connazionali ed i commenti nonsono stati certo lusinghieri a questo ri-guardo. Sul caso Di Bella bisogna am-mettere che la comunità scientifica ita-liana ha avuto le sue colpe. Il mondo ac-cademico è molto mancato nel dire lapropria versione e gli oncologi non han-no preso di petto la cosa, lasciando checircolassero voci false. Diverso inveceè stato sicuramente il comportamentocon Stamina, dove chi aveva le com-petenze per parlare si è schierato net-tamente e la gente ha capito che que-sta Stamina non ha base scientifica edha rappresentato inutili illusioni per imalati che vi si sono affidati e per i lorofamiliari. Il fatto però che le terapie DiBella o Stamina non siano state subi-to collocate nella maniera correttadagli italiani, è un campanello di al-larme che dimostra quanto sia man-cante il sistema educativo nazionalequando si parla di metodo scientifico. Se alle persone fosse stato insegnato,partendo dalla pratica di laboratorio,quanto è difficile stabilire il rapporto tracausa ed effetto, non avremmo questasituazione. Le persone saprebbero faredomande per sapere il metodo con cuiè stata realizzata una proposta e po-trebbero vagliarne da soli la bontà. Cre-do che l’introduzione della metodolo-gia scientifica nelle scuole sia essenzialeper prevenire altri casi Stamina ed an-che se il percorso richiede tempi lun-ghi bisogna che si inizi questo cam-biamento. Se non cominciamo non ar-riveremo mai.

Fernanda Snaiderbaur

Credo che l’introduzione della metodologia scientifica nelle scuole sia essenziale per prevenire altri casi Stamina ed anche se il percorso

richiede tempi lunghi bisogna che si inizi questo cambiamento.Se non cominciamo non arriveremo mai.

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Tutti noi almeno una volta nellavita abbiamo sofferto di doloriad un orecchio soprattutto in in-verno quando il freddo e l’umi-dità favoriscono le malattie co-

siddette da raffreddamento quali il raf-freddore, le faringiti e anche alcune formedi otiti. L’orecchio da una parte è in col-legamento con l’esterno attraverso il con-dotto uditivo esterno (orecchio esterno)dall’altra è in contatto con la parte poste-riore del naso (rino faringe) attraverso latuba di Eustachio (orecchio medio); que-ste due parti sono tra loro separate da unastruttura chiamata timpano, una mem-brana molto importante per assicurare unacapacità uditiva ottimale. Il fatto che le dueparti siano aperte una verso l’esterno e l’al-tra verso il rino-faringe fa sì che la pres-sione dell’aria sulla membrana del timpa-no sia uguale sulle due facce della mem-brana e possa così rimanere tesa in modoequilibrato. E’ esperienza comune quan-do si scende rapidamente da luoghi di altamontagna alla pianura, ad esempio attra-verso la funivia, di avere la sensazione di

orecchio tappato, fastidio che rapidamen-te si risolve con l’atto di inghiottire. Infattila sensazione sgradevole è legata ad untemporaneo squilibrio della pressioneesterna sulla membrana timpanica ri-spetto a quella del lato del rino-faringe, si-tuazione di squilibrio che prontamente siristabilisce con l’atto di inghiottire. L’orec-chio medio è rappresentato da una picco-la cavità (cassa timpanica) contenente trepiccoli ossicini: il martello posto nello spes-sore del timpano, l’incudine e la staffa, te-nuti sospesi nella cavità stessa. Queste pic-cole strutture ossee sono deputate alla tra-smissione delle vibrazioni sonore dellamembrana ai recettori nervosi di senso del-l’orecchio interno. Nella parte interna dell’orecchio sono al-loggiate alcune strutture (coclea) conte-nenti i recettori acustici che convoglianoi segnali sonori al nervo acustico e quin-di al cervello: funzione uditiva. L’orecchiointerno accoglie inoltre altre strutture im-portantissime: i canali semicircolari del co-siddetto labirinto con i due recettori ner-vosi (utricolo e sacculo) sensibili alle ac-

otite

MEMBRANATIMPANICA

CANALEUDITIVO

CATENAOSSICOLARE

COCLEA

TROMBADI EUSTACHIO

CASSATIMPANICA

ORECCHIO ESTERNO MEDIO ORECCHIO INTERNO

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celerazioni lineari della testa e che insie-me alle informazioni visive e muscolari for-niscono al cervello le informazioni indi-spensabili che permettono la stazioneeretta e l’equilibrio. Anche l’orecchio nelsuo insieme è soggetto a processi infiam-matori di varia origine a cui si attribuisceil nome di otite. L’otite che coinvolge l’orec-chio esterno può essere localizzata, comenel caso di un foruncolo di solito dovutoallo stafilococco aureo, oppure diffuso a tut-to il condotto uditivo esterno. Questo casoè particolarmente frequente nella stagio-ne estiva ed è dovuta alla colonizzazioneda parte di batteri che trovano un ambientefavorevole alla loro crescita sia in presen-za di ristagni d’acqua, quali si osservanodopo bagni nell’acqua di mare o in pisci-na e di detriti squamosi da parte di cellu-le dell’epidermide. La macerazione dellacute favorisce infatti l’invasione di batterie quindi l’infiammazione. Di regola ilcondotto esterno si pulisce autonomamentee non è necessario intervenire meccani-camente dall’esterno in alcun modo, sal-vo casi eccezionali. I tentativi di pulizia delcanale acustico esterno non sono utili, inquanto favoriscono l’accumulo di detriti nel-la parte profonda pre-timpanica. Anche ibastoncini di cotton-fiocc devono essere uti-lizzati limitatamente all’interno del padi-glione dell’orecchio e mai introdotti nel ca-nale. Se si è in presenza di tappi di ceru-me è bene utilizzare quei farmaci che nefavoriscono lo scioglimento, mentre nelcaso di corpi estranei è bene evitare ma-novre che potrebbero peggiorare il pro-blema e rivolgersi ad un otorino per il trat-tamento più opportuno. I sintomi dell’otiteesterna sono caratterizzati da un dolore chetalora viene accentuato dalla pressione sul-l’orecchio o lo stiramento dello stesso. Fre-quente è il prurito e talora una riduzionedella capacità uditiva nella parte colpita. Nelcaso di otite esterna di solito sono sufficientifarmaci antibiotici e cortisonici per uso lo-cale; i foruncoli devono essere lasciatidrenare spontaneamente e di solito bastanodei soli antidolorifici. L’otite che colpisce l’orecchio medio puòessere di origine batterica o virale e di so-lito è secondaria a processi infettivi del ri-nofaringe di cui rappresenta una compli-canza. E’ particolarmente frequente nei

bambini piccoli tra i 3 mesi e i 3 anni, finoall’ 80 %, ma può verificarsi in qualsiasi età.Frequentemente segue ad un raffreddore.I germi migrano attraverso il condotto udi-tivo interno di Eustachio dal rinofaringedeterminando l’infiammazione della par-te. Nelle otiti virali medie non è infrequenteuna sovrapposizione batterica, che causauna secrezione talora purulenta. I sinto-mi dell’otite media sono caratterizzati daun intenso e persistente dolore della par-te (otalgia) con una riduzione dell’udito. Neibambini sono frequenti la nausea, il vomito,febbre elevata e diarrea. Alla osservazio-ne esterna attraverso l’otoscopio, la mem-brana appare arrossata ed estroflessa.Talora la membrana timpanica si perforaspontaneamente e si ha fuoriuscita di se-crezione sanguigna, siero-sanguigna ed an-che pus. Non sempre il dolore all’orecchioè da attribuirsi ad un processo infettivo in-fiammatorio. Un dolore nella zona del-l’orecchio che compare quando si apre o sichiude la bocca non è indice di otite, ma èdovuta ad una disfunzione dell’articolazionetemporo mandibolare, altre volte è lega-ta ad una malattia della gola che, se per-sistente ed interessa una sola parte, devemettere in allarme soprattutto nel fuma-tore, in quanto potrebbe essere una spia ditumori del laringe o del faringe.Un caso di dolore all’orecchio, più spessobilaterale, è quello che si osserva in chi pra-tica lo sport subacqueo ed è dovuto ad im-provvise variazioni della pressione sui duelati della membrana timpanica. Per man-cata apertura della tromba di Eustachio lapressione esercitata sulla parte interna del-la membrana timpanica risulta minore diquella esterna; ciò causa una irritazione nel-l’orecchio medio con formazione di ver-samento sieroso. La prevenzione delle otiti è importante ela si può attuare tenendo le fosse nasali li-bere anche durante il raffreddore mediantelavaggi con soluzione fisiologica. Per l’oti-te esterna evitare di praticare abrasioni del-la cute del condotto uditivo esterno. L’oti-te del nuotatore può essere evitata tenen-do ben asciutto l’orecchio esterno, utiliz-zando ad esempio una cuffia durante il nuo-to, o dei tappi, soprattutto se si pratica im-mersione di tutta la testa.

Dott. Gaetano Bianchi

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L’orecchio non è soltantol’organo chepermettedi sentire isuoni ma è impor-

tante anche per regolare l’equilibrio. Lacomparsa di vertigini della durata di po-chi minuti o anche qualche ora, può di-pendere dalla sindrome di Meniere, undisturbo che colpisce l’orecchio e che puòessere curato anche grazie ad una die-ta adeguata.

La sindrome di MeniereLa sindrome di Meniere causa nausea,vomito, sudorazione intensa, deficit del-l’udito e acufene che è un ronzio o unfischio fastidioso.Le vertigini provocano spessoviolenti capogiri che costrin-gono la persona che ne sof-fre a sdraiarsi.La struttura dell’orecchio col-pita dalla sindrome di Meniere è il la-birinto, una parte dell’orecchio interno,in cui si verifica un accumulo eccessivodi un particolare liquido, l’endolinfa.Non si conoscono le cause di questo di-sturbo che potrebbe essere dovuto a in-fezioni o traumi e per la cura si pre-scrivono farmaci diversi che hanno loscopo di diminuire la pressione del li-quido nell’orecchio o di alleviare la nau-sea e le vertigini. Anche i consigli nu-trizionali come l’astensione dall’alcol edal caffè, che potrebbero scatenare la cri-si, e una dieta iposodica, per evitare laritenzione idrica, possono rivelarsi mol-to utili a combattere la sindrome di Me-niere.

Il sodioIl sodio è un minerale che svolge l’im-portante funzione di regolare il volume

dei liquidipresenti fuori dalle cel-lule. In condizioni nor-mali il nostro organi-smo elimina ogni gior-no da 0,1 a 0,6 g di so-dio che sono reinte-grati facilmente grazie alcontenuto di sodio pre-sente nella dieta quoti-diana.L’aggiunta di sale ai cibinon è necessaria perchébasta il sodio contenutoin natura negli alimentiper coprire le necessitàdell’organismo. Solo incondizioni di sudorazioneprofusa i fabbisogni di so-dio possono aumentare. Un eccesso di sodio nell’orga-nismo richiama l’acqua fuori dalle cel-lule e provoca un aumento del volumedei liquidi che può portare alla comparsadi gonfiori o edemi.

UNA DIETA PER L’ORECCHIO?

L’orecchio èimportante anche perregolare l’equilibrio.La comparsa divertigini delladurata di pochiminuti o anchequalche ora, puòdipendere dallasindrome di Meniere,un disturbo checolpisce l’orecchio eche può essere curatoanche grazie ad unadieta adeguata.

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Il sodio si trova in percentuali molto ele-vate nel sale da cucina, nei dadi da bro-do, nei formaggi stagionati, salumi, e ali-menti conservati sotto sale o in salamoia.Un grammo di sale contiene circa 0,4g di sodio.Si è stimato che un adulto italiano in-gerisce in media circa 10 g di sale algiorno (cioè 4 g di sodio), quindi mol-to più di quello che necessiti all’orga-nismo.

La dieta iposodicaI nutrizionisti consigliano a tutti di uti-lizzare poco sale da cucina e di evitaredi mangiare spesso gli alimenti che con-tengano sodio in quantità eccessiva.Troppo sodio nella dieta, infatti, au-menta il rischio di ipertensione, di tu-more allo stomaco e di osteoporosi do-vuta a un’aumentata perdita di calciocon le urine, in risposta all’alto tasso disodio nell’organismo.Nella dieta giornaliera è sempre pre-sente una certa percentuale di sodio chesi trova naturalmente nell’acqua e ne-gli alimenti come verdura, frutta, car-ne pesce, ma in piccole quantità, se glialimenti non sono stati preparati oconservati con il sale.Il problema dell’eccesso di sodio deri-va dal sale aggiunto ai cibi mentre si cu-cina, a tavola o dal sodio contenuto ne-gli alimenti trasformati (artigianali o in-dustriali).Anche il pane comune e i prodotti da for-no come biscotti, crackers, grissini,merendine e cereali da prima colazio-ne contribuiscono ad aumentare il con-tenuto di sodio della dieta, perché con-sumati tutti i giorni.Anche alcuni condimenti utilizzati in cu-cina come dadi da brodo, salse e ketchupapportano sodio e devono essere con-

sumati con moderazione.Una dieta con poco so-

dio si definisce dietaiposodica.

Una quantità eccessiva di sodio nella die-ta provoca una ritenzione idrica e unadieta iposodica è utile in tutti i casi in cuisi verifica nell’organismo un’ eccessivoaccumulo di liquidi.Oltre ad essere utile alle persone che sof-frono della sindrome di Meniere, unadieta iposodica può aiutare a preveni-re e a combattere la pressione alta delsangue, e altre malattie: cardiache, deivasi sanguigni, dei reni o del fegato; opuò essere utile in tutti i casi in cui sia-no presenti edemi e ascite (che è la pre-senza di un versamento di liquidi nel-l’addome).Ridurre la quantità di sale che si con-suma giornalmente non è difficile, so-prattutto se la riduzione avviene gra-dualmente. Infatti il nostro palato siadatta facilmente, ed è quindi possibi-le rieducarlo a gusti meno salati. Entropoco tempo, questi stessi cibi appari-ranno saporiti al punto giusto, mentresembreranno troppo salati quelli con-diti nel modo precedente. Le spezie e leerbe aromatiche possono sostituire il saleo almeno permettere di utilizzarneuna quantità minore, migliorando il sa-pore del cibo. Aggiungendo agli alimentiil succo di limone e l’aceto e’ possibiledimezzare l’aggiunta di sale e di otte-nere cibi ugualmente saporiti perchéquesti ingredienti agiscono come esal-tatori di sapidità.

Frutta e verdura La frutta e la verdura contengono po-tassio importante per mantenere l’equi-librio del sodio e combattere la riten-zione idrica.Frutta e verdure di stagione possiedo-no il miglior patrimonio nutrizionaleperché sono state fatte maturare sullapianta e non hanno dovuto affrontarelunghi viaggi che le avrebbero impo-verite di nutrienti.Kiwi e albicocche, tra i

Anche il panecomune e i prodotti

da forno comebiscotti, crackers,

grissini, merendine,e cereali da prima

colazionecontribuiscono ad

aumentare ilcontenuto di sodiodella dieta, perché

consumati tutti i giorni.

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frutti freschi sono i più ricchidi potassio.

Leggere le etichette degli alimentiPer poter scegliere alimenticon meno sodio è utile leggereattentamente le etichette, in cuisono indicate molte notizieutili come:

- la denominazione di ven-dita, cioè il nome specificodel prodotto, che ci permettedi capire cosa stiamo effettiva-mente mangiando (latte, uova,olio…) e il trattamento che l’ali-mento ha subito: per esempio, caffèdecaffeinato o olive in salamoia;

- l’elenco degli ingredienti impiegatinella preparazione del prodotto ali-mentare, in ordine decrescente dipeso, compresi gli additivi. La dici-tura, sale o cloruro di sodio tra i pri-mi ingredienti ci fa capire che il pro-dotto contiene molto sodio.

Su molti prodotti vi è anche un’etichettanutrizionale che riporta il valore calo-rico e la quantità di nutrienti presentinell’alimento, informazioni indispensa-bili a chi vuole nutrirsi in manieraequilibrata perché permettono di valu-tare la quantità di energia e nutrienti chesi introduce con quel dato alimento; per-mettono inoltre di scoprire, per esem-pio, che un prodotto che vanta di ave-re poco sale ha un contenuto di sodio,effettivamente inferiore, rispetto a unprodotto analogo.Anche molti additivi contengono sodio:il glutammato monosodico (E621), peresempio, usato per esaltare il sapore deicibi, come altri glutammati (E620 –E622) presenti nei dadi e in moltipiatti pronti, aumentano notevolmen-

te il contenuto di sodio dell’ali-mento.

Cristina Grande

1Non aggiungere mai sale a tavola.

2Non aggiungere sale o aggiungere po-chissimo sale durante la cottura deglialimenti

3Evitare l’uso di condimenti alternativicontenenti sodio (dado da brodo, ket-chup, salse ecc..)

4Insaporire i cibi con succo di limone oaceto ed erbe aromatiche (come aglio,cipolla, basilico, prezzemolo, rosmari-

no, salvia, menta, origano, maggiorana,sedano, porro, timo, semi di finocchio) e spe-zie (come pepe, peperoncino, noce moscata,zafferano,curry).

5Scegliere il pane toscano (senza sale)al posto del pane comune

6Evitare gli alimenti in scatola e tutti glialimenti sotto sale o in salamoia (tipocapperi, olive ecc..)

7Evitare tutti i formaggi ad eccezione del-la ricotta, tutti i salumi, patatine fritte, sa-latini, crackers, grissini e snack salati

I CONSIGLI PER RIDURRE IL SODIO

NELLA DIETA

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All’alba del terzo millennio ilmondo sta diventando sempredi più un “villaggio globale”.Gli scambi commerciali, glispostamenti delle persone e le

mescolanze delle diverse etnie fanno sì che ilvivere delle persone oggi non sia più quelloa cui eravamo abituati. Anche le pietanze, icibi e le abitudini alimentari, non sfuggonoall’effetto di questo veloce processo di mon-dializzazione.Pochi anni fa i cibi e le bevande che si po-tevano trovare dappertutto nel mondo era-no molto poche: coca cola, pasta, chili con car-ne, cuscus, hamburger, pizza, caffè e sushi,oggi ovunque in commercio, si incontrano ma-terie prime e pietanze “strane e diverse”, che

non appartengono alla cultura culinaria me-diterranea. Nasce dunque un interrogativo:quali cibi che non fanno parte della nostratradizione hanno proprietà vantaggiose?Come orientarci?A guidarci in un ipotetico viaggio delmondo alla ricerca di risposte e consigli è Et-tore Corradi: Direttore dellaStruttura Com-plessa di Dietetica e nutrizione clinica del-l’Ospedale Niguarda Ca’ Granda.

Quale posto per i nuovi cibi nella no-stra alimentazione?“La combinazione della dieta mediter-ranea con altre diete può essere una pro-mettente strategia per la prevenzionedelle patologie croniche così da assicu-

CIBO E STILI DI VITANUOVE ABITUDINI ALIMENTARI

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rare la salute e un sano invecchiamen-to. Ad esempio la dieta mediterranea siaccomuna a quella asiatica per la pre-senza di frutta, verdura e olio di pesce,ricco di omega 3.In entrambe le tradizioni ci sono inol-tre alimenti contenenti sostanze “utili”quali il resveratrolo nel vino, l’oleuro-peina nell’olio d’oliva, gli isoflavoni del-la soia e l’epigallocatechingallato del thèverde.Vi sono però nella dieta asiatica al-cuni prodotti ancora scarsamente diffusinella nostra alimentazione che possonoinvece essere protettivi: ad esempio le al-ghe che sono ricche di antiossidanti e vi-tamine. Uno studio ha dimostrato che anchel’unione della dieta mediterranea conquella indiana ricca in acido alfa linole-nico (con cereali non raffinati comegrano, miglio, riso, legumi e olio di se-nape), risulta maggiormente efficacenella prevenzione primaria e secondariadelle malattie coronariche”.

Aspetti culturali nell’approccio ainuovi cibi?“In base all’articolo 2 del regolamentoCE 178/2002 viene definito “alimento”(o “prodotto alimentare”o “derrata ali-mentare”) qualsiasi sostanza o prodot-to trasformato, parzialmente trasformatoo non trasformato destinato ad esser in-gerito o di cui si prevede ragionevol-mente che possa essere ingerito, da es-seri umani. Rientrano in questa defini-zione anche le bevande, le gomme da ma-sticare e qualsiasi sostanza, compresal’acqua, intenzionalmente incorporata ne-gli alimenti nel corso della loro produ-zione, preparazione o trattamento. L’alimento non è però solo questo, il ciboe il modo di alimentarsi costituisconocontinuità, legame con le culture e conle tradizioni famigliari, rappresentandouno spazio identitario.Assumere cibi particolari, memoria delPaese di origine o della propria infanzia,è un’occasione per rafforzare “l’involu-cro protettivo della casa”, “la sicurezzain emigrazione” ma è anche un modo perscoprire gli altri mondi senza abbando-nare il proprio. Le diverse abitudini ali-mentari possono esser spiegate più fre-P

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Ettore CorradiDirettore della Struttura Complessa di Dietetica e Nutrizione ClinicaOspedale Niguarda Ca’ Granda

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1989all’Università degli Studi di Milano, ha svolto attivitàclinica e ambulatoriale come specialista in nutrizioneclinica presso l’Ospedale San Carlo Borromeo di Milanodal 1992 al 1999. Nel 1999 diviene dirigente medicodella Dietetica e Nutrizione Clinica dell’A.O. OspedaleNiguarda Ca’ Granda, di cui è Direttore facentefunzione dal 2013.Ha conseguito la Specializzazione in Scienzadell’Alimentazione presso la Facoltà di Medicina eChirurgia dell’Università degli Studi di Milano nel1993.Durante la sua esperienza all’A.O. Niguarda Ca’Granda ha particolarmente approfondito leproblematiche diagnostiche e di cura riguardanti pazientiobesi e grandi obesi (adulti e adolescenti), sviluppandocompetenze di alta professionalità sulle valutazionipsico-nutrizionali, sulla gestione diretta della terapiacognitivo comportamentale e nutrizionale integrata esullo sviluppo di nuovi protocolli clinici di intervento peril trattamento integrato della grande obesità.Ha svolto attività didattica in qualità di docente ai corsidi laurea in Dietista e in Scienze Infermieristichedell’Università degli Studi di Milano, e ai Master di IIlivello dell’Università di Siena su Nutrizione Artificialee Nutrizione Clinica e Dietetica (2009-2010). Dal 1994al 2012 è stato tutor alla scuola di Specializzazione inScienza dell’Alimentazione dell’Università degli Studidi Milano, dove ora ha un incarico di docente acontratto.Dal 1994 partecipa in qualità di relatore acorsi di aggiornamento e riunioni scientifiche di interessenazionale riguardo tematiche nutrizionali.

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quentemente dalle tradizioni gastrono-miche di un popolo, dalla sua cultura ali-mentare, dai suoi commerci e scambicommerciali.Il processo di cambiamento delle abi-tudini alimentari è ormai una consue-tudine nella nostra cultura, agisce sul fat-to che l’alimentazione subisce sostanzialimodifiche a causa dell’introduzione dinuovi cibi ottenuti grazie all’evoluzio-ne della tecnologia, o di nuovi prodottiprovenienti da culture diverse.Il cibo, le abitudini, gli stili alimentari mu-tano per questioni economiche, sociali,religiose o più semplicemente contin-genti.Lo scambio alimentare e cultura-le diventa un vero e proprio setting dicomunicazione: portano al loro internol’intenzione di volersi integrare. Il ciboassume quindi una valen-za straordinariamente so-cializzante”.

Cosa abbiamo da impa-rare e cosa stiamo im-parando dalle altre cul-ture riguardo al rappor-to con il cibo?“Dobbiamo recuperare ilvero significato del mo-mento del pasto che do-vrebbe essere sinonimo dicondivisione, di scambiodi parole, emozioni, cul-tura.Nel mondo occidentale latecnologia ha permessodi conquistare, grazie ai frigoriferi e aiforni a micronde, traguardi inimmagi-nabili fino a poco tempo fa nella prepa-razione e nella conservazione dei cibi;così come ci ha concesso di ridurre i tem-pi di preparazione e la fatica in cucina.Tuttavia, purtroppo, i vantaggi legati allosviluppo tecnologico sono stati assimi-lati in maniera distorta: il pasto è di-ventato qualcosa da consumare veloce-mente, qualcosa che molto spesso deveessere già pronto e preparato da altri,qualcosa da risolvere in modo sbrigati-vo e superficiale.È necessario interrogarsi e ridisegnarele nostre abitudini, riuscire a farlo si-gnifica recuperare la qualità della vita ,

delle relazioni, e anche allargare i mar-gini della nostra salute”.

Quali i rischi dei prodotti sani al-l’origine, ma trasformati in merce glo-bal?“La risposta pone la necessità di una ri-flessione sulle peculiarità della prepa-razione industriale e su quella domestica,con i loro vantaggi e svantaggi.Credo checi siano due possibili pericoli legati alladisponibilità di prodotti pronti. Il primo è di natura comportamentale:ho 50 anni e quando ero bambino qual-che volta si andava dal fornaio e si com-pravano un paio di brioches. Eranoprodotti freschi, senza conservanti, ca-lorici ma si consumavano in via ecce-zionale. Oggi invece, grazie alle confe-

zioni salvafreschezza e aiconservanti, nelle nostredispense possiamo sem-pre avere a disposizione in-tere scatole di briochescorrendo il rischio di abu-sarne e assumere un quan-titativo eccessivo di calorie:è un altro esempio di usoscorretto della tecnologia.Questo uso spregiudicatodei vantaggi tecnologiciha tolto anche la magia chelegava alcuni prodotti allefestività: basta pensare alpanettone, che nella gran-de distribuzione si trova dasettembre a febbraio, o

dell’uovo di Pasqua i cui surrogati sonodisponibili tutto l’anno...insomma non c’èpiù la sorpresa!Il secondo si lega invece alla trasfor-mazione alimentare che consente diottenere sapori che prescindono dallaqualità originale, che resta nascosta o ad-dirittura scompare senza che il consu-matore se ne accorga. Recuperare la qua-lità deve essere l’obiettivo primario deiprossimi anni. Per farlo anche i consu-matori possono fare il primo passo: adesempio scegliendo gli ingredienti e cu-cinando direttamente, non delegando lapreparazione, evitando il rischio di so-fisticazioni.Attenzione va fatta anche ai nuovi cibi,

Nel mondo occidentale la tecnologia ha permessodi conquistare, grazie aifrigoriferi e ai forni amicronde, traguardi

inimmaginabili fino apoco tempo fa nellapreparazione e nella

conservazione dei cibi;così come ci ha concesso

di ridurre i tempi dipreparazione e la fatica

in cucina.

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dei quali solo nei prossimi decenni po-tremo valutare le conseguenze. È giàsuccesso, ad esempio con la margarinanegli anni ‘70: era considerata un toc-casana per la prevenzione delle malat-tie cardiovascolari perchè derivata dagrassi di origine vegetale e non daquelli animali ritenuti dannosi all’epo-ca, putroppo con il tempo si è compre-so che portava addirittura ad un rischiomaggiore. Qualità e attenzione devonoessere le parole guida per un cambio ditendenza.

Giro del mondo: quali gli alimenti dacomprare e mettere in valigia?“Sarebbero un’infinità - prosegue Cor-radi - ma in realtà dobbiamo compren-dere che salute e gusto possono conci-liarsi se si segue un cor-retto modello alimentare.Oggi, putroppo, l’atteg-giamento diffuso è quellodi esaltare i singoli nu-trienti decontestualizzan-doli dal contesto alimen-tare complessivo: è assur-do assumere antiossidan-ti e poi mangiare regolar-mente nei fast food pre-tendendo di non essere arischio di malattie cardio-vascolari. Come sempremisura e buon senso sonole migliori linee guida an-che per scegliere quegli ali-menti, utili e preziosi perla salute, che pur proveniendo da altreculture oggi sono accessibili grazie allaglobalizzazione.Nel nostro ipotetico viaggio però po-tremmo acquistare prodotti di grandeinteresse in tutti i continenti.

IN ORIENTEALGHE: una risorsa di antiossidanti, vi-tamine e acidi grassi polinsaturi omega3 utili per la prevenzione delle malattiecardiovascolari. Le alghe hanno proprietàanticancerogene soprattutto per il tu-more al seno nelle donne in postmeno-pausa.SOIA: una eccellente risorsa di protei-ne(36-56%) e di peptidi con attività bio-

attive con un buon ruolo antiipertensi-vo, ipocolesterolemico, antiobesiogeno,antiossidante. È stato mostrato un effettoprotettivo dato dagli isoflavoni sul tu-more al polmone e seno (nelle donne inpost menopausa). Anche i derivati del-la soia quali il latte di soia e i prodotti fer-mentati risultano avere buone proprie-tà biologiche e una buona fonte di pep-tidi bioattivi (frammenti di specifiche pro-teine che hanno un impatto positivo sul-le funzioni corporee e possono in ulti-mo influenzare la salute).

IN AFRICACORIANDOLO: erba della famiglia del-le apicacee che nasce nel Sud Europa enel Nord Africa. Il suo costituente prin-cipale è il Linalolo. Alcuni studi effettuati

sugli animali mostranoche i semi di coriandolosono in grado di promuo-vere il sistema antiossi-dante epatico. Il coriando-lo è stato messo inoltre inrelazione con l’attività anticancerogena, ma ulterioristudi sono necessari inmerito.FOGLIE DELLA PATA-TA DOLCE: sono risorsedi vitamine, antiossidanti,fibre dietetiche e acidi gras-si essenziali. I componen-ti bioattivi contenuti inquesti vegetali miglioranola funzione immunitaria, ri-

ducono lo stress ossidativo e il danno deiradicali, riducono il rischo di malattirecardiovascolari e la crescita delle cellu-le cancerogene. Attualmente sono con-sumate negli Stati Uniti, in Africa e Asia.

IN SUD AMERICASEMI DI CHIA: la chia è una pianta an-nuale della famiglia delle Lamiaceae cheproduce semi ricchi di nutraceutici conun elevato quantitativo di proteine. Unaraccolta di studi mostra una possibile ef-ficacia di tale alimento per allergie, an-gina, miglioramento performance atle-tiche, cancro, prevenzione delle malat-tie cardiovascolari, disordini ormonali,iperlipidemia, ipertensione, stroke e va-

Oggi, putroppo,l’atteggiamento diffuso

è quello di esaltare i singoli nutrienti

decontestualizzandolidal contesto almentarecomplessivo: è assurdo

assumere antiossidanti epoi mangiare

regolarmente nei fastfood pretendendo di non

essere a rischio dimalattie cardiovascolari.

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sodilatazione. Il numero esiguo degli stu-di, però, richiede ulteriori approfondi-menti.Uno studio differente eseguito su un ri-dotto campione di donne in postmeno-pausa mostra un aumento dei valori ema-tici di EPA e ALA dopo una sommini-strazione per quasi due mesi di semi dichia macinati. GUARANA’: è una pianta dell’Amaz-zonia che gli indigeni hanno usato persecoli come anti-fatica e per le sue pro-prietà termogeniche. Tali proprietàpossono essere ascritte alla sua elevatadose di caffeina. Uno studio l’ha messain relazione con le vampate di calore nel-le donne sopravvissute al cancro alseno con beneficio sia sul numero che sul-la durata; nessuna controindicazione èstata trovata. Ulteriori studi sono ne-cessari per confermare tali ritrovamen-ti. È stato riportato un beneficio mag-giore sull’umore e sulle funzioni cogni-tive dall’assunzione di un multivitami-nico con aggiunta di guaranà rispetto aduno senza.STEVIA: è una pianta perenne cono-sciuta per il suo naturale (e di importanzadietetica) contenuto di dolcezza delle fo-glie. Le foglie di stenia essiccate sono sta-te usate come dolcificante non calorico,attualmente sono utilizzate nell’industriaalimentare nelle preparazioni e nelle be-vande in alternativa allo zucchero ancheper contrastare l’aumento di DMT2,obesità e sindrome metabolica . I ricercatori attualmente sono concor-di sugli effetti anti-iperglicemici della ste-via, ma differiscono nel contributo chepuò dare a questa patologia.Una raccolta di studi sui cibi e le bevandecontenenti dolcificanti non calorici mo-stra che non vi sono dati sufficienti perindicare che questi possono portare aduna riduzione degli zuccheri o dei car-boidrati ingeriti, o benefici sul control-lo glicemico, sul bilancio energetico o ilcontrollo del peso.È bene perciò ricordare che rimpiazza-re gli zuccheri con i dolcificanti può es-sere di aiuto, ma non può sostituire lo sti-le di vita e l’alimentazione sana; in altritermini una bevanda con il dolcificantepuò o non può essere indicata come be-

vanda migliore rispetto ad altre, ma nonsarà mai una bevanda di per sé saluta-re come può esserlo invece l’acqua.Inoltre in tali alimenti, per garantire lasicurezza e la standardizzazione è ne-cessario istituire procedure di control-lo della qualità.

IN NORD AMERICAIl Nord America, ed in particolare gliUSA, sono molto più noti per i “junkfood” come testimoniato da uno studiosvolto sui bambini dal 2003 al 2006 incui le prime tre fonti energetiche delladieta sono: latte, torte e biscotti, pane;se poi queste fonti vengono or-dinate solamente in base aicarboidrati troviamo: be-vande zuccherate, pane,caramelle. Non solo la ti-pologia di alimenti, maanche i metodi di cottu-ra portano alla forma-zione di sostanze muta-gene negli alimenti so-prattutto carne (le fa-mose steak), attualmen-te ancora oggetto distudio , ma che nel lun-go periodo potrebberoessere fonte di rischio perla salute.

Quali sono le sette meravi-glie del mondo a livello ali-mentare?a) OLIO DI OLIVA EXTRA-VERGINE: rappresenta la principalefonte lipidica della dieta mediterranea,È elevata risorsa di acidi grassi mo-noinsaturi (in particolare acido oleico) haun apporto basso di grassi saturi. È si-gnificativa fonte di polifenoli che hannopotenziali effetti benefici risultanti dal-la loro attività antimicrobica, antiossi-dante e antiinfammatoria (contribuiscealla proprietà antiaterogenica ascritta)come dimostrato da vari studi in vitroe in vivo.b) VINO un moderato consumo divino, soprattutto se rosso, è correlato adun effetto protettivo e ad una riduzionedel rischio nei confronti di malattiecardiovascolari e dell’ictus. Inoltre è sta-

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to osservato l’effetto sulla riduzionedel rischio del 30% di DMT2 nei con-sumatori moderati di alcol. Il ruoloprotettivo del vino è dovuto, in gran par-te, alla frazione non alcolica ricca di so-stanze di tipo polifenolico a documen-tata azione antiossidante. Tra questi gliacidi fenolici (caffeico, ferulico, vanilico),i flavonoidi (catechine, quercitine, epi-catechine, bquercitina, antocianine) e inon flavonoidi (resveratrolo). In parti-colare gli effetti benefici del vino rossopotrebbero essere dovuti soprattutto al

resveratrolo ed alla quercitina. Il vino bianco invece è ricco di ti-

rosolo e acido caffeico anch’es-si potenziali antiossidanti e an-tiinfiammatori.c) SPEZIE e ERBE: sonoconosciute per possedereun’insieme di proprietàantiossidanti e altre attivitàbiologiche. L’attività an-tiinfiammatoria e antios-sidante delle erbe e dellespezie può essere collega-

ta a 3 principali gruppi dicomposti: terpeni, acidi fe-

nolici e flavonoidi.Sono i componenti fenolici ad

essere associati con l’attività an-tiossidante ed attualmente stan-

no acquistando grande interes-se perché possono essere utili

contro lo stress ossidativo ed ilprocesso infiammatorio. È stato di-

mostrato in vivo e in vitro che l’attivi-tà antiossidante dei composti bioattivitrovati nelle erbe e spezie potrebbegiocare un ruolo importante nella sop-pressione della crescita cellulare, nella re-plicazione virale, nella prevenzione delcancro e delle malattie cardiovascolari.Vari componenti e derivati delle erbehanno anche mostrato avere attività an-tiinfiammatoria.d)AGLIO: è stato riconosciuto per la pre-venzione e il trattamento delle malattiecardiovascolari, nell’ipertensione, nel-l’iperlipidemiai in quanto abbassa lipidiematici, per trombosi, demenza, per ildiabete ed ha effetti antiaterogeni e sulcancro. Hanno iniziato ad emergere ef-fetti positivi sulla fisiologia neuronale e

sulle funzioni. Sono stati persino tro-vati composti antiossidanti nella bucciadell’aglio.e)AVENA: è conosciuta per abbassare ilivelli di LDL e di colesterolo, effetti at-tribuiti alla presenza delle fibre solubi-li quali i beta glucani ed ai composti bio-attivi fitochimici in particolare ai poli-fenoli; sulla base di ciò possiamo asserireche abbia proprietà positive rispetto allemalattie cardiovascolari. Inoltre è statodimostrato che i polifenoli dell’avena pos-sono avere effetti antiinfiammatori, an-tiproliferativi e anti-prurito che posso-no garantire un’ulteriore prevenzionenelle malattie cardiovascolari, nel can-cro colon rettale e nelle irritazioni cu-tanee.f) KIWI è un frutto con significanti ef-fetti sulla salute umana includendo at-tività antiossidante e antiinfiammatoria.Inoltre, essendo un frutto con il 2-3% difibre e attività lassativa è stato utilizza-to per 4 settimane nei soggetti con sin-drome dell’intestino irritabile e si è vi-sto ridurre il tempo di transito intesti-nale, aumenta la frequenza di defecazionee migliora la funzione intestinale.Inoltre recenti studi han messo in luce(da indagare ulteriormente) tra le pro-prietà benefiche dei kiwi già citate qua-li gli antiossidanti, aggiungiamo la se-rotonina che è stato visto potrebbe mi-gliorare la comparsa del sonno, la duratae l’efficienza negli adulti che auto-ri-portano disturbi del sonno.g) NOCI: contengono acidi grassi po-linsaturi che è stato visto ridurre l’inci-denza della patologie cardiovascolari edoffrire benefici alle funzioni cognitive. Lenoci contengono però anche altri nu-trienti, come gli antiossidanti che pos-sono anch’essi essere benefici nei con-fronti delle patologie cardiovascolari. Ipolifenoli e i tocoferoli trovati nellenoci non solo riducono lo stress ossi-dativo e infiammatorio nelle cellule ce-rebrali, ma migliorano il segnale inter-neuronale. Inoltre tali alimenti sono sta-ti inclusi nella lista dei cibi con maggiorquantitativo di antiossidanti. Un mag-gior consumo di noci è stato visto inol-tre abbassare significativamente il rischiodi insorgenza di DMT2 nelle donne.P

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Qual è la dieta migliore?Le uniche certificate sono la Mediter-ranea e la Dash: ecco proprietà e van-taggi.Dash diet (Dietary Approaches to StopHypertension) è una dieta ricca di frut-ta, vegetali, latticini magri, carboidraticomplessi e mira a ridurre l’apporto digrassi e i grassi saturi in particolare, co-lesterolo, carne, dolci e bevande zuc-cherate. Nella DASH diet non è previ-sta una riduzione del sodio aggiunto aglialimenti.La Dash diet mostra una riduzione deivalori di pressione in individui conpreipertensione e stadio I di ipertensione.La dieta Mediterranea è conosciutacome uno degli schemi dietetici più sa-lutari: è basata sul consumo di vegeta-li, frutta, cereali, legumi efrutta secca, prevede ancheil consumo di pesce e cro-stacei, carne bianca, uovae latticini. Il consumo dicarne rossa, carne pro-cessata, cibi ricchi di zuc-cheri semplici e grassidovrebbero essere limita-ti sia in quantità che fre-quenza. La principale ri-sorsa di lipidi della dieta èl’olio di oliva, l’idratazio-ne è importante e ancheun moderato consumo divino è raccomandato.Anche la stagionalità e labiodiversità sono elementiimportanti.La dieta mediterranea è sta-ta associata con una più bassa inciden-za di mortalità per tutte le cause (malattiecardiovascolari, DMT2, patologie neu-rodegenerative e certamente il can-cro).Vari studi indagano su queste diete in re-lazione a diverse patologie. Entrambe lediete sono associate con un aumento del-le funzioni cognitive. Altro studio evi-denzia i benefici di entrambe le diete nel-la protezione per il rischio di adenomacolon rettale.Un ruolo protettivo per patologie car-diovascolari è stato riscontrato solamentenella dieta mediterranea e non nellaDASH diet.Anche per l’ictus si sono ri-

scontrati miglioramenti significativiper uno stile di vita salutare come quel-lo proposto sia dalla dieta mediterraneache dalla DASH, con un maggior ridu-zione del rischio per la dieta mediter-ranea.

Quali invece i segreti delle diete an-tiche?Nella preistoria (circa 4.000.000 anni fa)l’alimentazione umana era basata pre-valentemente su uova e frutta. In seguito(3.000.000 anni fa) si è provveduto an-che ad integrare l’alimentazione con l’uc-cisione di animali di maggiori dimen-sioni.8000-9000 a.C. inizio coltivazionedelle piante, raccolta (prevalentementedi radici, piccoli animali, erbaggi, noci,bacche, ritrovati inoltre ceci, lenticchie

e fagioli selvatici) e dome-sticazione di animali.Perciòall’origine la dieta era ric-ca di alimenti non trasfor-mati, cereali complessi, le-gumi che per essere repe-riti, tra l’altro richiedevanouna costante ed a volte in-tensa attività fisica.Una sostanziale variazionenell’alimentazione e perciònella dieta è stata riscon-trata in Italia dagli anni ’60ad oggi. In generale ilquantitativo di alimenticonsumati è andato via viaaumentando.Tra gli anni ’60 e il 2000 si

è evidenziato un consumo quasi rad-doppiato di acidi grassi saturi e cole-sterolo, probabilmente dovuto al con-sumo di carne triplicato nel periodo pre-so in esame, aumenti presenti ma piùcontenuti per frutta, verdura e pesce. Uncalo invece è stato riscontrato nei cereali.Già da questo spaccato possiamo nota-re la perdita graduale della connotazionedi “mediterraneità” della dieta.Dai datidel 2013 della Coldiretti si registra in Ita-lia una riduzione dei consumi soprattuttoper i prodotti ittici (-10%), cereali e de-rivati, ortofrutta (mai stati tanto bassi dainizio secolo), prodotti lattiero-caseari,oli e grassi vegetali.Da questi dati si può capire come i ta-

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Tra gli anni ’60 e il 2000 si è evidenziato

un consumo quasiraddoppiato di acidi

grassi saturi e colesterolo,probabilmente dovuto al

consumo di carnetriplicato nel periodo

preso in esame, aumentipresenti ma più contenuti

per frutta, verdura epesce. Un calo invece

è stato riscontrato nei cereali.

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gli alimentari in seguito alla crisi sianofatti sulla qualità degli alimenti, dimi-nuendo in particolar modo tutti queglialimenti salutari che facevano partedella sana alimentazione e delle nostretradizioni. Gli alimenti caratterizzanti ladieta mediterranea che rappresentano ilgold standard dell’alimentazione salu-tare si stanno via via riducendo portandola dieta italiana verso l’occidentalizza-zione. Inoltre ciò che è cambiato rispettoall’alimentazione antica è anche la qua-lità degli alimenti consumati dovuta adallevamenti intensivi e sostanze chimi-che ammesse nelle coltivazioni. In sin-tesi i maggiori cambiamenti negativi sipossono ascrivere all’aumento dellaquota di acidi grassi saturi o acidi gras-si trans ingeriti, soprattutto prove-nienti da alimenti di ori-gine animale e da “ali-menti pronti”, riduzionedei consumi di frutta, ver-dura fresche e legumi.

Tra le nuove abitudinic’è anche la tendenza al“no global” con il cre-scente fenomeno deiGruppi di acquisto so-lidale: vantaggi e svan-taggi di un’alimenta-zione a Km 0.Gli alimenti “a Km zero”,rientranti nel terminepiù tecnico “a filiera cor-ta”, sono prodotti localiche vengono venduti o somministra-ti nelle vicinanze del luogo di produ-zione. Questi alimenti oltre a provenireda una specifica zona di produzione, of-frono maggiori garanzie di freschez-za e genuinità proprio per l’assenza, oquasi, di trasporto e di passaggio.Inoltre con questa scelta di consumo,si valorizza la produzione locale, si for-nisce al consumatore un prodotto conmigliori caratteristiche organoletti-che e si recupera il legame con le pro-prie origini.La Legge Finanziaria 2008, art. 1,comma 268 definisce”gruppi di ac-quisto solidale” i soggetti associativisenza scopo di lucro costituiti al fine

di svolgere attività di acquisto collet-tivo di beni e distribuzione dei mede-simi, senza applicazione di alcun ri-carico esclusivamente agli aderenti,con finalità etiche, di solidarietà socialee di sostenibilità ambientale in diret-ta attuazione degli scopi istituziona-li con finalità etiche e con esclusionedi attività di somministrazione e ven-dita. La filiera corta punta a stabilireuna relazione diretta fra chi consumae chi produce.Attualmente il mondo agricolo si staindirizzando, sempre di più, versouna agricoltura sostenibile o meglioancora ecocompatibile, che punta an-che alla qualità del prodotto, oltre chealla quantità, per soddisfare l’esigen-za di un consumatore sempre più

sensibile alla conserva-zione ambientale.Tra i vantaggi sottolineol’ampia gamma di pro-dotti di alta qualità, arti-gianali, l’elevata etica diproduzione condivisa traproduttori e consumatoricentrata sul sostegno del-le economie locali e dellerisorse ambientali.Tra gli svantaggi il fattoche i consumatori nonsempre sanno dove si puòaccedere a questi prodot-ti, o non hanno il tempo, oi mezzi per raggiungeretali punti vendita soprat-

tutto se si trovano nelle fattorie ed ilfatto che le condizioni climatiche pos-sono minacciare la produzione e ridurrela varietà degli alimenti proposti. Si èin attesa dell’esame dei disegni di leg-ge recanti norme per la valorizzazio-ne dei prodotti agricoli e alimentariprovenienti da filiera corta a chilome-tro zero e di qualità” (C. 77, 1052 e1223). Il termine “filiera” indica tuttoil percorso che compie un particolareprodotto per arrivare al consumatore:dal campo alla tavola appunto. Questopercorso, però, deve essere sempre piùrispettoso dell’ambiente: il nostro te-soro più prezioso”.

Clelia Epis

Attualmente il mondoagricolo si sta

indirizzando, sempre dipiù, verso una agricoltura

sostenibile o meglioancora ecocompatibile, chepunta anche alla qualitàdel prodotto, oltre che allaquantità, per soddisfare

l’esigenza di unconsumatore sempre più

sensibile allaconservazione ambientale.

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Oggi la cucina italiana rap-presenta uno dei settori dipunta del made in Italy, ilperchè è legato alla storia diuomini di un’epoca lonta-

na, che hanno lasciato un’eredità straordi-naria: la dieta mediterranea. Per com-prendere il presente è necessario dunque ri-percorrere la strada della storia, ci aiuta ilprofessor Franco Cantarelli. “L’umanità stacambiando comportamento in modo deci-so - esordisce Cantarelli - per due secoli inOccidente, e per 50 anni in Italia, si è an-dati a caccia del profitto, sono aumentati gliinteressi materiali della popolazione, sonostati utilizzati prodotti che hanno portatoad un aumento demografico mai registra-to. Nella prima metà dell’800 la popolazionemondiale era di 1 miliardo di persone, oggisiamo a 7 e nel 2050 l’Onu stima che sa-remo 9 miliardi. Questa fase è stata im-portante anche per l’Italia, che è diventatauno dei Paesi più sviluppati economicamentee si è inserito tra quelli più industrializza-ti, ma questo periodo sta finendo. Oggi ladisponibilità di alimenti e la capacità di pro-durre materie prime alimentari ha prodottoun aumento demografico tale che il piane-ta non può più sopportarlo. Fortunatamentesi registra un’inversione di tendenza, si stavivendo quello che ho nominato Umanesi-mo di ritorno, si stanno rivalutando il mon-do classico e l’antropologia culturale, si stan-no aprendo una serie di questioni sul rap-porto tra uomo e ambiente: perchè l’uomo hacapito che in un mondo inquinato non puòvivere”.

Quale la posizione dell’Italia?“Stiamo cercando di recuperare l’equi-librio. L’Italia sta rivalutando il Mez-zogiorno perchè è il luogo dove è natala dieta mediterranea, sulla falsa riga diquella mesopotamica, dalla quale ha trat-

to quasi tutte le componenti base ad ec-cezione della carne suina. La dietaMesopotamica è infatti giunta attraversoil mare e il canale di Sicilia in Campa-nia, Puglia, Lucania, Sicilia, Calabria edè stata adottata dagli autoctoni che gra-datamente hanno abbandonato il no-madismo, si sono installati su un terri-torio, hanno avviato il processo agricolotrasformandosi da cacciatori in racco-glitori, ponendo le basi per una gran-de civiltà. Questo passaggio storico hasegnato la nascita della dieta mediter-ranea, nella quale i cereali, i legumi, ealtri vegetali sono consumati in preva-lenza; nella quale la carne o il latte o ilformaggio o il pesce sono pochi; nellaquale la bevanda principale è il vino el’olio d’oliva alimento fondamentale, pre-zioso e sano”.

Quale il ruolo dell’Italia nel sistemaalimentare antico?Nel 500 a.c. le colonie, grazie alla pro-duzione di prodotti alimentari cheesportavano verso la madrepatria gre-ca (dove la richiesta era alta e la resa mi-nore, tanto che si coltivava l’orzo anzi-chè il grano), giunsero ad un livello diricchezza strepitoso. La resa era alta an-che perchè nelle fasi di produzione ve-nivano impiegati gli schiavi e, dunque,il guadagno era davvero notevole. Unguadagano che in una prima fase si con-cretizzava nel pagamento in opere d’ar-te (ne sono un esempio i Bronzi di Ria-ce) e poi in denaro quando si raggiun-se all’indroduzione del sistema mone-tario.

Gatronomia o cultura?A Siracusa c’erano 2 scuole per cuochii cui allievi erano richiesti come pro-fessionisti nell’intero bacino Mediter-

STORIA E CULTURE ALIMENTARI

NELLA STORIA IL PERCHÉ DEI COMPORTAMENTI UMANI

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raneo. In tutta la Magna Grecia, ed inparticolare in Sicilia, la cucina e la ga-stronomia erano delle vere e proprie de-clinazioni della cultura.In Sicilia esistevano 72 tipi di pane di-verso, i panettieri erano anche pasticcerie le diverse specialità erano richieste intutto il Mediterraneo: l’alimentazionesi caratterizzava per l’alta qualità. LaGrecia imparava dalle colonie, ricor-diamoci che i filosofi della madrepatriada Diogene a Socrate erano celebri peressere decisamente morigerati.

Fino a quando perdurò questa lea-dership?Il sistema fu messo in crisi dall’arrivo deiRomani in occasione della 2° Guerra Pu-nica. In quel frangente le popolazioni lo-cali chiesero aiuto ai Romani che arri-varono, s’insediarono, assimilarono leabitudini locali tanto da dirottare le ec-cedenze verso il porto di Ostia e la ca-pitale. Si ruppe dunque l’equilibro chedurava da tempo.

Quali altre contaminazioni chiave perla cultura alimentare europea?“La dieta Mediterranea, come abbiamovisto, ha avuto grande successo in Ita-lia e Occidente, poi è stata bloccata daiCelti. I Celti sono giunti non per mare,ma per terra ferma ed erano una partedelle popolazioni mesopotamiche. Era-no degli emigranti perchè in patria la di-sponibilità di terra e di beni alimenta-ri non era più sufficiente.Gli emigranti presero dunque due vie.La prima li vide scendere lungo la co-sta orientale dell’Adriatico e incanalar-si nel canale danubiano, per poi prose-guire fino al Mare del Nord, e ancora ri-discendere nell’Europa dell’Est e in quel-la Centrale, fino ad arrivare nel Sud Ita-lia. Qui l’onda dei Celti risospinse la die-ta mediterranea nell’area originariadelle 5 regoni colonie della MagnaGrecia. La dieta però si era radicata e la-sciando componenti fondamentali neglietruschi, nei Romani e negli Umbri, nonfu mai eradicata. Un’altra parte delle po-polazioni celtiche risalì la costa delNord Africa, attraversando il canale diGibilterra, risalendo in Spagna e Fran-

Fausto Cantarelli

Medaglia del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.Accademico dell’Académie d’Agriculture de France.Fondatore e primo presidente della Società Italiana Agro-Alimentare.Fondatore e direttore della Rivista scientifica di Economia Agro-Alimentare.Fondatore e Presidente dell’Accademia Alimentare Italiana.Promotore della Fondazione per la Dieta Mediterranea,sorta nel 2012 a Catania, e membro del Consiglio diAmministrazione e del Comitato Scientifico.

Per saperne di piùLa primogenitura storica della Sicilia alimentare,Fausto Cantarelli

Economia agro-alimentare, storia e contestoalimentari, cap. 2, 2003, Franco Angeli Editore

cia occidentale. Per loro il trasferimen-to sulla terraferma fu determinante e im-plicò la sostituzione degli alimenti ve-getali prevalenti in origine nella loro die-ta, con prodotti derivanti dagli anima-li che viaggiavano al seguito delle ca-rovane. Si diffuse allora, per logica e pernecessità, il consumo di carne, latte, for-maggio, burro e strutto come condi-menti, birra come bevanda (che prove-niva dalla Mesopotamia)”.

Tradizione mediterranea e tradizio-ne celtica riuscirono ad integrarsi?“Ai tempi di Giulio Cesare i Galli era-

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no diventati amanti del vino, tanto cheCicerone diceva che un Gallo avrebbesacrificato uno schiavo per del buonvino”.

Cosa può insegnarci la storia?“A questo punto esaminando la situa-zione capiamo che i consumi derivanoda quei passaggi storici. Tutta l’Euro-pa oggi consuma carni e formaggi di ori-gine animale, che non sono alimenti na-turalmente adatti agli uomini. La die-ta mediterranea nasce dalle esigenze del-la nostra specie. Non dimentichiamo chel’uomo 6 milioni di anni fa viveva nel-le foreste dell’Africa centrale sfamandosicon bacche e alimenti vegetali, e che solodopo essere fuoriuscito da questo am-biente, non trovando più quello con cui

tradizionalmente si alimentava, ha co-minciato a mangiare piccoli animali di-ventando onnivoro. Da quel momento l’uomo non ha piùcambiato ambiente mentre la sua die-ta ha continuato a spingersi, sull’ondadi quei viaggi difficili e faticosi, verso ilconsumo di prodotti derivanti dagli ani-mali. Con il tempo, anche dove possibile,l’uomo non ha più lasciato questa die-ta perchè i cibi di origine animale sonopiù sapidi, più gustosi e non ci ha ri-nunciato”.

Quale la realtà odierna?“Oggi il 10% della popolazione italianaè vegetariana, stiamo rientrando nelladimensione originale, più legata alla na-tura. Torna la voglia di riscoprire gli ali-

CRISTINA GRANDE:«MANGIARE

È COMUNICARE»

Il primo assioma della comunicazio-ne dice Non si può non comunicare,altrettanto così accade mangiando :

“ Il cibo - spiega la nostra Cristina Gran-de - trasmette informazioni su di sé, suirapporti interpersonali, sull’ambiente,contribuendo a definire l’identità di un in-dividuo o di un popolo”.

Approfondiamo l’aspetto sociale dellanutrizione: cosa comporta nutrirsi bene onutrirsi male?“La domanda apre uno scorcio interes-sante sulle dinamiche che legano le per-sone al cibo, basta pensare che la mag-gior parte delle diete vengono seguite,con i relativi sacrifici, per obiettivi legatiall’ambito sociale. Se le diete infatti sonoconsigliate dal medico per motivi stretta-mente legati alla salute, il paziente spes-so è riluttante, fa fatica a seguirle e il me-dico deve convicerlo sugli esiti positividel percorso. Tuttavia molto spesso lepersone non sono invece reticenti a se-guire diete famose, ad esempio la Du-

kan, che promettono bellezza e sono dimoda.L’alimentazione oggi è soprattutto un fat-to sociale anche per i più giovani. I ra-gazzi, maschi, vogliono un fisico definitoe scultoreo: per riuscirci abbinano pale-stra e cibo, putroppo seguendo anche incampo nutrizionistico le diete consigliatedai personal trainer identificati che, inve-ce, non sono dei medici specialisti.Le ragazze invece vorrebbero esseresempre più magre di che quel sono, de-siderano raggiungere un traguardo dibellezza discutibile ma identificato comepunto ideale per ottenere il riconosci-mento sociale.

Quanto il peso incide sulla qualità dellavita?“Per una persona obesa perdere unapercentuale del peso corporeo miglioradavvero la qualità della vita: riesce acamminare meglio, a respirare meglio,può fare cose che prima gli erano pre-cluse.L’invito è dunque, in particolare per i gio-vani, a evitare il rischio dell’obesità detta-ta dalle cattive abitudini alimentari. E’ ne-cessario capire che chi mangia in modopoco equilibrato e scorrettamente è aforte rischio: bisogna dunque evitare un

consumo regolare di cibo presso i fastfood, dove i grassi abbondano, e dellebibite zuccherate che contengono tantecalorie. Un fenomeno preoccupante èproprio legato alle bibite che sempre piùspesso sostituiscono l’acqua nella dietadelle persone, a lungo andare il rischio èquello di non distinguere più fame e seteperchè alla richiesta di acqua del corposi risponde con l’immissione di zuccherie il cervello perde i parametri grazie aiquali aveva imparato ad orientarsi nellescelte alimentari”.

In questi anni si nota una crescita d’inte-resse attorno al tema della cucina natu-rale, è davvero così?“È vero ed è bello: c’è una diffusa risco-perta dell’alimentazione naturale, dellagastronomia locale, dei prodotti a km 0,ma anche in questo caso dobbiamo fareattenzione. Ad esempio è aumentato ilconsumo di latte crudo che ha più sapo-re ed è più ricco di sostanze nutritive, mache non va bene per tutti: ad esempioper i bambini piccoli, le gravide o gli an-ziani a rischio d’infezione o per chi soffredi malattie croniche non lo consiglierei.Qualora lo si scelga è importante ricorda-si che va consumato bollito e che in ognicaso ha un rischio microbiologico più

L’aspetto sociale della nutrizione

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menti originari.Oggi l’obiettivo dell’uomo, ora che ha ab-bandonato caccia e profitto, è quello dipuntare sulla qualtà di una vita lunga (fa-vorito dai traguardi della medicina e del-la ricerca, basta pensare che in 30 annila vita media si è allungata di 8). Diventaimportante vivere meglio e più a lungo,senza più lo stress e l’ansia del guada-gno.Siamo in una fase di cambiamento e inquesta logica il Mezzogiorno italiano sipresenta come depositario della cultu-ra originaria, perché è lì che la dieta me-diterranea è nata. Oggi il nostro Sud èin condizione di poter dimostrare comela sua cultura alimentare originaria siala migliore”.

C. E.

alto rispetto a quello pastorizzato dallagrande distribuzione. Non dobbiamo nem-meno abusare di prodotti a base di erbeperchè possono contenere principi adazione farmacologica e sostanze chepossono interferire con i farmaci assunti enon sono adatte a tutti indistintamente.Il consumo di prodotti locali è più che po-sitivo, così come di quelli biologici, mastiamo attenti alla freschezza, alla prove-nienza, alla sicurezza delle fasi preparato-rie, alla conservazione e a leggere bene leetichette. Purtroppo quello che spesso èdefinito naturale o biologico non semprelo è. Spesso questi termini sono abusatidalla propaganda, ad esempio comprarein un supermercato natural non significaessere garantiti a priori. Siamo noi consu-matori a poterci proteggere per mangiaremeglio e migliorare la nostra salute, sce-gliendo controllati, prodotti DOP (Denomi-nazione Origine protetta), controllando leetichette e i valori nutrizionali”.

Quale il traguardo per il futuro?“Aumentare la capacità critica del consu-matore perchè diventi capace di ricono-scere la qualità, capace di capire cosa staconsumando, capace di scegliere inmodo consapevole”.

EXPO MILANO 2015Nutrire il Pianeta, Energia per la VitaÈ possibile assicurare a tutta l’umanità un’alimentazione buona, sana, sufficiente esostenibile? Con questa domanda si apre la sfida dell’Esposizione Universale diMilano 2015. Il Tema di Expo Milano 2015 si propone di affrontare il problema dellanutrizione per l’Uomo, nel rispetto della Terra sulla quale vive e dalla quale attinge lesue risorse vitali ma esauribili. Alimentazione, sostenibilità, ricerca e sviluppo sono ifocus su cui si concentrerà l’evento con l’obiettivo di garantire cibo e acqua a tutta lapopolazione mondiale. Ad Expo Milano 2015 i Paesi partecipanti porteranno le lorocompetenze nei settori dell’agricoltura, della produzione industriale, del commerciodei prodotti e della ricerca scientifica. Prendendo spunto da queste expertise, loscopo sarà quello di trovare dei modelli di sviluppo per assicurare a tutta l’umanitàun’alimentazione buona, sana e sostenibile capace di tutelare la biodiversitàindispensabile per la salute del Pianeta. Il semestre di lavori, incontri, seminari lasceràutili spunti per ottimizzare la catena alimentare proponendo nuove prospettive,riducendo gli sprechi, aumentando la sicurezza alimentare e recuperando il valorenutrizionale del cibo. Per coinvolgere i partecipanti e i visitatori il confronto tra soluzioniinnovative verrà articolato lungo cinque itinerari tematici.STORIA DELL’UOMO, STORIE DI CIBOArti, mestieri, tecniche d’insediamento, commerci, ma anche gli aspetti degradantidella colonizzazione e dello sfruttamento che racconteranno la storia dell’uomo nellasua evoluzione. Interessante sarà l’interpretazione di questi temi attraverso la storia delcibo: le tecniche di coltivazione, allevamento, trasformazione e mutazione deglialimenti che evidenzieranno le caratteristiche della dieta degli individui.ABBONDANZA E PRIVAZIONE: IL PARADOSSO DEL CONTEMPORANEOContraddizioni nel cibo e nella sua disponibilità: una parte della popolazione mondialevive in condizioni di sotto-nutrizione e mancato accesso all’acqua potabile, un’altraparte presenta malattie fisiche e psicologiche legate alla cattiva/eccessiva nutrizione eallo spreco. Possono scienza, educazione, prevenzione, cooperazione internazionale,ingegneria sociale e politica ambire al superamento di questo doloroso paradosso?Questa sarà una delle domande a cui rispondere.IL FUTURO DEL CIBOQuale sarà il cibo del domani? Quale la dieta dei nostri figli? Il primo passo perrispondere sarà quello di far conoscere le tecnologie, le scoperte scientifiche, itraguardi della ricerca di oggi che sono la base di partenza per la formazione delcapitale umano del domani, attento sia all’ottimizzazione delle filiere agroalimentari,sia alla qualità dei prodotti che finiscono sulle nostre tavole.CIBO SOSTENIBILE = MONDO EQUOCome si può responsabilizzare l’Uomo affinché mantenga uno sviluppo equilibrato trala produzione del cibo e lo sfruttamento delle risorse? L’Expo di Milano dedicata altema del cibo e della nutrizione sarà la piattaforma di discussione dalla quale lanciarei nuovi obiettivi per un millennio sostenibile, dove sia salvaguardata la biodiversità daun lato, tutelati i saperi, le tradizioni e intere culture dall’altro.Il gusto è conoscenzaNutrirsi è certamente un atto necessario, ma può essere anche uno dei più gioiosiper l’uomo. Il piacere del palato diventa strumento di conoscenza: i sapori e gli odoridelle cucine internazionali raccontano la storia e le culture delle società del pianeta.Expo proporrà un itinerario a cavallo tra manifestazioni culturali e degustazioni diffuse,dove oltre ai prodotti finiti troveranno posto anche le tecniche di conservazione deicibi, le diverse modalità di cottura, e le altre ‘invenzioni’ finalizzate a modificare omantenere i sapori.

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Anche quest’anno la sezione di San Giorgio su Legnano del-l’Aido ha incontrato nella sala Consigliare Giacomo Bassi i ra-gazzi della terza media per far conoscere la sua attività. Al-l’incontro hanno partecipato il presidente dell’ Aido di San Gior-gio su Legnano Alfredo Festa, la signora Donata Colombo, cheda anni si reca nelle scuole della zona per far conoscere l’as-sociazione e il dottor Liverta, medico coordinatore dell’attivitàdi prelievi d’organi a scopo di trapianto. Per l’amministrazio-ne comunale sono intervenuti il consigliere Fiorenzo Lennae il sindaco Walter Cecchin che ha introdotto l’evento porgendoil benvenuto agli ospiti e ai ragazzi delle scuole, invitandoli adascoltare attentamente e a riflettere sul significato della pa-rola “donare”, perché è soprattutto da questi ragazzi che do-vrà arrivare il cambiamento per una società migliore. Nessu-no degli studenti era a conoscenza dell’Aido, ma tutti hannosubito prestato molta attenzione alle parole della signora Do-nata Colombo: «La vita è il più grande dei doni e va vissuta conconsapevolezza e amore. Amore per se stessi e amore per glialtri, che è così forte da rendere il dono della vita trasmissibi-le tramite la donazione di organi. Proprio prendendo coscienzadella capacità di donare vita, potremo vivere la nostra con l’in-tensità che merita». La Signora Colombo ha proseguito dicendocome la donazione degli organi sia un gesto di umana soli-darietà e come il trapianto sia l’unica soluzione per curare mol-te malattie gravi, che colpiscono gli organi del corpo umanoe che non sono curabili in altro modo. Il trapianto consenteal paziente una durata e una qualità di vita migliore, che nes-suna terapia è in grado di garantire. In Italia, ogni anno si ese-

guono circa 3.000 trapianti, ma sono oltre 9.000 i malati in li-sta di attesa per un organo. Sicuramente toccante e d’effet-to è stata anche la testimonianza di Maurizio che ha raccon-tato la sua esperienza da ricevente d’organi. Venti anni fa haricevuto un rene che gli permette oggi di avere una vita as-solutamente normale. Maurizio ha invitato i ragazzi a non tra-scurare mai la salute minandola con comportamenti dannosi,ma di avere sempre una cura massima di se stessi. Infine, il dott.Liverta ha illustrato le severe procedure per accertare la mor-te del donatore, il prelievo, l’attività per mantenere in vita gliorgani e farli arrivare in brevissimo tempo agli ospedali chehanno già individuato un malato compatibile. L’incontro, mol-to interessante, si è chiuso con numerose domande fatte da-gli studenti ai relatori per meglio comprendere la difficile si-tuazione che coinvolge sia il donatore con i suoi familiari cheil ricevente. Quest’anno i soci Aido sangiorgesi si sono presiun compito importante: ognuno di loro dovrà portare un nuo-vo iscritto. Se così fosse l’anno prossimo San Giorgio avrà ol-tre 600 iscritti e diventerà una delle sezioni più numerose del-la provincia di Milano. (Pubblicato il 2 aprile 2014)

Massimiliano Lini - www.legnanonews.comSi ringrazia Legnano News per la gentile concessione alla pubblicazione

Massimo Bonetti nuovo presidente

Dopo anni passati in Aido come Consigliere Regionale, Pre-sidente Provinciale e Presidente Comunale, Dalmazio Bala-sini rassegna le proprie dimissioni in anticipo rispetto allascadenza del proprio mandato ritenedo giunto il momentoper un ricambio con forze più giovani e più preparate sullenuove tecnologie oggi indispensabili anche nel mondo delvolontariato. Dopo aver avuto come esempio il rag. ArturoAffini, è stato di sicuro maestro al nuovo Presidente Mas-simo Bonetti. Nato a Suzzara il 2 luglio 1971, dopo aver con-seguito la laurea in matematica oggi lavora presso laBondioli e Pavesi, si è sposato nel 2003 con Antonella Cerioli(a sua volta segretaria Aido) e da pochissimo sono fortunatigenitori adottivi. L’Aido, da oltre 40 anni, opera nella spe-ranza che in un numero sempre maggiore di cittadini le idee

di società e solidarietà si uniscano a quella di responsabilità.Acconsentire al prelievo dei nostri organi e tessuti dopo lamorte diventa in quest’ottica manifestazione della nostraconsapevolezza che le malattie degli altri, le loro difficoltà avivere normalmente, devono coinvolgere anche noi. “Senzadonazione non c’è trapianto”.

Notizie dalle Sezioni

L’Aido di San Giorgio ha incontratoi ragazzi delle scuole medie

SUZZARA (MN)

SAN GIORGIO SU LEGNANO (MI)

Da sinistra: Cristina Altomani, Valentina Veltri, Antonella Cerioli, Monica Sogliani, Ilaria Truzzi,Massimo Bonetti, Balasini Dalmazio, Chilesi Liviana, Carlini Fabio, Giuseppe Gorgone.

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BergamoSezione Provinciale24125 - Via Borgo Palazzo, 90 Presidente: Monica VescoviTel. 035.235326Fax [email protected]

Cremona Sezione Provinciale26100 - Via Aporti 28Presidente: Enrico TavoniTel./Fax [email protected]

Lecco Sezione Provinciale23900 - C.so Martiri Liberazione, 85Presidente: Carlo CasariTel./Fax 0341.361710 [email protected]

LodiSezione Provinciale26900 - Via Lungo Adda Bonaparte, 5Presidente: Emerenziano AbbàTel./Fax [email protected]

Brescia Sezione Provinciale25128 - Via Monte Cengio, 20Presidente: Lino LovoTel./Fax 030.300108 [email protected]

Como Sezione ProvincialePresso A.O. Ospedale Sant'Anna22100 - Via Napoleona 60Presidente: Mario Salvatore BoscoTel./Fax 031.279877 [email protected]

Aido Consiglio Regionale Lombardia Sede: 24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Presidente: Leonida Pozzi Tel. 035.235327 - Fax 035.244345 [email protected]

Aido Nazionale Sede: 00192 Roma, Via Cola di Rienzo, 243 Presidente: Vincenzo PassarelliTel. 06.97614975 - Fax 06.97614989 [email protected]

Brescia

Bergamo

Sondrio

Melegnano - MelzoLegnanoMilano

Lecco

ComoVarese

Pavia Lodi

Cremona Mantova

L’A

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Mantova Sezione Provinciale46100 - Via Frutta, 1Presidente: Daniela Rebecchi Tel. 0376.223001Fax [email protected]

MilanoSezione Provinciale20066 - Melzo (Mi)Via De Amicis, 7Presidente: Felice RivaTel./Fax [email protected]

Monza-BrianzaSezione Provinciale20052 - Monza (Mi)Via Solferino, 16 Presidente: Enrica ColzaniTel.039.3900853Fax [email protected]

Pavia Sezione ProvincialePresso Policlinico Clinica Oculistica27100 - Piazzale Golgi, 2 Presidente: Enrica NegroniTel./Fax 0382.503738 [email protected]

Sondrio Sezione Provinciale23100 - Via Nazario Sauro, 45Presidente: Stefano RossattiniTel./Fax [email protected]

Varese Sezione Provinciale21100 - Via Cairoli, 14Presidente: Roberto BertinelliTel./Fax [email protected]

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