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Left (ITA) Paese: it Pagina: 22-25, 34 Diffusione: 20000 Tipo media: Settimanale Autore: Dario Giordo 28 Febbraio 2015 - 50007 This article is intended for personal and internal information only. Reproduction or distribution is prohibited. Page 1 / 5 Left (ITA) 28 Febbraio 2015 - 50007 STORIA DI COPERTINA di Dario Giordo Paese: it Pagina: 22-25, 34 Diffusione: 20000 Tipo media: Settimanale •OIaNTATONESO Sii A A O O SAN i Autore: Dario Giordo i i_ DIVENTATO NERO «Le persone sono razziste, è così e non cambie- raso. Lihan ihuram ha nove anni quando mamma Marianne gli svela la sua percezione delle cose. il 1981, e il piccolo Lilian ha da poco raggiunto la madre a Parigi, emigrata l'anno prima da Pointe à Pitre, Guadalupa. Vivono a La Fougeres, quar- tiere di Avon, alla periferia della capitale, non proprio un'immagine da cartolina. Ma Lilian è felice, studia, gioca a calcio per strada con gli altri bambini, e poco importa se sono bianchi o neri, se sono nati in Francia o sono figli d'immigrati. Usi giorno, a scuola, lo chiamano "Noiraude", come la mucca nera di un cartone animato in voga all'epoca. Noiraude è stupida, e l'etichet- ta non gli piace, così di ritorno a casa chiede spiegazioni alla mamma, che lo invita a farsene una ragione e ad accettare l'immutabiità della situazione. Intanto Lilian cresce, diventa uomo e calciatore di fama, insuperabile difensore che raggiunge nel 2008 il record di presenze con la Nazionale francese (142, tuttora imbattuto). Do- dici gol in carriera, ma due di questi valgono per cento: li fa a Parigi con la maglia dei Bleus, nel- la semifinale dei Mondiali '98. Quella partita la stava vincendo la Croazia, poi ci ha pensato lui, 22 spianando la strada alla Francia verso la conqui- sta del titolo. Il secondo gol è una perla di volontà e precisione. e dopo il tiro non strepita: s'inginoc- chia, porta la mano sinistra al volto, l'indice sul naso come se Stesse pensando. In quell'esultanza senza fronzoli c'è tutta l'essenza del personaggio, che non ha mai smesso di riflettere, nemmeno dopo aver appeso le scarpe al chiodo sette anni fa, per colpa di uiì cuore un pn difettoso. Ambasciatore Unicef dal 2010, porta avanti con la Fondazione Lilian Thuram un'intelligente battaglia contro i pregiudizi culturali e Stori- ci che opprimono le popolazioni di pelle nera. Battaglia combattuta anche con i libri: due, fi- nora, quelli scritti dall'ex difensore, Le mie stelle nere e Per l'uguaglianza (Add editore). Thuram nel suo ultimo libro Per l'uguaglian- za, si interroga sul perché gli uomini insistano a pensare all'esistenza di culture superiori ad altre. Il concetto di uguaglianza è fondamentale, la sua complensione viene prima di ogni altra cosa, pritna della lotta al razzismo, al sessismo, all'omufobia. E la prima cosa che dobbiamo di fendere e verso cui dobbiamo tendere, sapendo 25febbraio20 5 li Page 1 / 5 This article is intended for personal and internal information only. Reproduction or distribution is prohibited. QUANDO SONO Add Editore

QUANDO SONO DIVENTATO NERO - add editore · 2017. 9. 21. · stani, algerini, zairesi, c'era di tutto, le origini non importavano. Poi a scuola hanno comin-ciato a chiamarmì "Noiraude"

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Pagina: 22-25, 34

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Autore: Dario Giordo

  28 Febbraio 2015 - 50007  

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28 Febbraio 2015 - 50007

STORIA DI COPERTINA

di Dario Giordo

Paese: it

Pagina: 22-25, 34

Diffusione: 20000

Tipo media: Settimanale •OIaNTATONESO

Sii A A O O SAN i

Autore: Dario Giordo i i_

DIVENTATO NERO

«Le persone sono razziste, è così e non cambie-raso. Lihan ihuram ha nove anni quando mammaMarianne gli svela la sua percezione delle cose.il 1981, e il piccolo Lilian ha da poco raggiunto lamadre a Parigi, emigrata l'anno prima da Pointeà Pitre, Guadalupa. Vivono a La Fougeres, quar-tiere di Avon, alla periferia della capitale, nonproprio un'immagine da cartolina. Ma Lilian èfelice, studia, gioca a calcio per strada con gli altribambini, e poco importa se sono bianchi o neri,se sono nati in Francia o sono figli d'immigrati.Usi giorno, a scuola, lo chiamano "Noiraude",come la mucca nera di un cartone animato invoga all'epoca. Noiraude è stupida, e l'etichet-ta non gli piace, così di ritorno a casa chiedespiegazioni alla mamma, che lo invita a farseneuna ragione e ad accettare l'immutabiità dellasituazione. Intanto Lilian cresce, diventa uomoe calciatore di fama, insuperabile difensore cheraggiunge nel 2008 il record di presenze con laNazionale francese (142, tuttora imbattuto). Do-dici gol in carriera, ma due di questi valgono percento: li fa a Parigi con la maglia dei Bleus, nel-la semifinale dei Mondiali '98. Quella partita lastava vincendo la Croazia, poi ci ha pensato lui,

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spianando la strada alla Francia verso la conqui-sta del titolo. Il secondo gol è una perla di volontàe precisione. e dopo il tiro non strepita: s'inginoc-chia, porta la mano sinistra al volto, l'indice sulnaso come se Stesse pensando. In quell'esultanzasenza fronzoli c'è tutta l'essenza del personaggio,che non ha mai smesso di riflettere, nemmenodopo aver appeso le scarpe al chiodo sette annifa, per colpa di uiì cuore un pn difettoso.Ambasciatore Unicef dal 2010, porta avanti conla Fondazione Lilian Thuram un'intelligentebattaglia contro i pregiudizi culturali e Stori-ci che opprimono le popolazioni di pelle nera.Battaglia combattuta anche con i libri: due, fi-nora, quelli scritti dall'ex difensore, Le mie stellenere e Per l'uguaglianza (Add editore).

Thuram nel suo ultimo libro Per l'uguaglian-za, si interroga sul perché gli uomini insistano apensare all'esistenza di culture superiori ad altre.Il concetto di uguaglianza è fondamentale, lasua complensione viene prima di ogni altracosa, pritna della lotta al razzismo, al sessismo,all'omufobia. E la prima cosa che dobbiamo difendere e verso cui dobbiamo tendere, sapendo

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STORIA DI COPERTINA

però che non è affatto scontata. Il fatto che si re-gioni ancora a compartimenti stagni - bianchi eneri", "uomini e donne", "eterosessuali e olnoses-suali" - fa capire come l'uguaglianza rappresen-ti una novità che deve essere ancora assimilatadalla società. In fondo l'apartheid in Sudafricaè stata sconfitta appena una ventina d'anni fa,le lotte razziali negli Stati Uniti erano vive neglianlli 60, noti in tutto il inondo le donne hanno ildiritto di voto e la piìl antica forma di gerarchia,quella che prevede la superiorità dell'uomo sulladonna, è ancora piuttosto diffusa.

Lei è "diventato" nero a 9 anni, quando è anda-to a vivere a Parigi. Com'è cambiata la sua vita?Non tanto, a dire il vero, I soldi erano pochi,ma ero sereno, andavo a scuola a piedi cd erotornato a vivere con mia madre dopo la suapartenza da Guadalupe. Giocavo a calcio perstrada cori gli altri bambini: portoghesi, paki-stani, algerini, zairesi, c'era di tutto, le origininon importavano. Poi a scuola hanno comin-ciato a chiamarmì "Noiraude" e ha scoperto diessere nero, Il razzismo comincia cnsi, quanrtoqualcuno ti dice "tu sei nero": è l'avanguardiadi un gruppo di persone che pensano di esseresuperiori alle altre.

Sua madre le suggerì di rassegnarsi.Mi spingeva a restare una vittima, ad accettarequesta situazione come semplice destino. lIopreferito farmi delle domande, e ho capito cheil razzjsino è una costruzione intellettuale chepuò essere abbattuta.

Poi è arrIvato il calcio.Fondamentale perla mia crescita, mi ha pernies-so di farmi degli amici e di capire l'importanzadi appartenere a un gruppo in modo sano, Gra-zie al calcio ho viaggiato, e ho capito cosa contadavvero nella vita: l'etica del lavoro, l'umiltà, lacapacità di ascoltare e di imparare dagli altri. Sesi vuole raggiungere un obiettivo bisogna impa-rare a rclazionarsi con le altre persone, e il coloredella pelle non ha più alcun valore.

Come nella Francia campione del mondo nel'98, di cui lei era titolare: c'erano Zidane che haorigini berbere, Djorkaeff e Boghossian annene,Lizarazubasche,Desaillyè nato in Ghana,Vieirain Senegal, Karembeu in Nuova Caledonia.Quella vittoria ha rappresentato una fase in cuila società francese ha dovuto riflettere su sestessa. Era l'affermazione di un cambiamentosociale di cui i francesi dovevano prendere co-scienza, La storia si evolve, gli uomini si muo-vono: per la Francia vincere i Mondiali ha si-

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Un Concetto che in Italia non vuole passare, sepensiamo alla goffe fatta dal presidente dellaFedercalcio Tavecchio sulle banane mangiatedal simbolico giocatore di fantasia nero OptìPobà prima di arrivare in Europa.Non era una gaffe, ha detto semplicementequello che pensava. È la verità clic viene a galla,e le società clic ne hanno appoggiato la candi-datura probabilmente sono dello stesso avvisn.Purtroppo l'episodio rende l'idea dell'aria che sirespira in Italia.

Certi politici non sono da meno: il segretariodella Lega Nord, Matteo Salvini, ha propostosu twitter di lasciare a largo gli immigrati checercano di sbarcare in Italia.Alla base del razzismo c'è il mancato riconosci-mento dcl diverso come essere umano. Salvini cer-ca consensi facendo passate il concetto che gli mi-migrati non sono uomini, isoli hanno i nosiri stessi

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gniflcato accettare definitivamente l'idea dellamulticulturalità e dei tanti colori.

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per sconfiggerlo bisogna parlarne non nascon-derlo. Serve un nuovo Umanesimo, tornare a ri-conoscere l'esscre umano come centro dell'uni-verso, affermandone definitivamente la dignità.

Serve un nuovoUmanesimo.Tornarea considerarel'essere umanocome centrodell'universo,affermandonedefinitivamentela dignità

IÌL

idiritti e possono anche moriresenza che cambi qualcosa. fi unPensiero estremamente pericolo-so, fonte d'ispirazione di tutte 1forme di schiavitù e genocidio: ri-petendolo spesso la gente fluiscepet farlo suo. Agli elettori di Salvi-

ni vorrei ricordare che gli immigrati sono anzituttoessere umani, proprio come loro: sarebbero davve-ro disposti a lasciarli morire in mezzo al mare?

A nove anni mi hannochiamato "Noiraude" eho scoperto di essere nero

Pensa che l'Italia sia un Paese razzista?Il razzismo è dappertutto, in Francia come inItalia. Le gerarchie basate sul colore della pelleesistono da sempre, sono insediate nella Societàe negano è da ipocriti. Il razzismo ha origini an-tiche, radicate generazione dopo generazione:

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Negli stadi italiani la situazione non è miglio-re: già dieci anni fa l'ivoriano Zoro minacciòdi abbandonare il campo durante un Messina-Inter a causa dei cori razzisti, e per lo stessomotivo il ghanese Boateng ha fatto interrom-pere uii'ainichevole del Milan. Ha mai pensatodi fare altrettanto in situazioni analoghe?Mai. Penso anzi che a uscire dal campo dovreb-bero essere i compagni di squadra dcl giocato-e coinvolto: sono loro che devono aiutare chiè vittima di cori razzisti, non farlo sarebbe unasorta di omissione di soccorso. Quando un'in-[era squadra liscirà dal terreno di gioco avremo[atto un bel passo avanti nella lotta al razzismo.

Dopo i recenti attentati terroristici in Franciae Daiiiiìiarca, nell'immaginario collettivo il di-verso forse fa ancora più paura.\/iolenza e paura sono ormai concetti politici: ri-conosceodole come lali rischiamo di cadere nellatrappola, e non solo in Francia. Laprinsa reazionedes"essere quella di capire il grado di difficoltà dicerte persone nello sviluppo della libertà di pen-siero: è da qui che bisogna partire, dal compren-dere il tipo di educazione ricevuta e il pregressoprrsoriale. Poco conta che gli attentatori di Parigifossero francesi e mustilmani: l'estremismo nonc'entra, la chiave è l'uomo. D'altronde quanti mu-sulmani sono morti per mano dei jihadistF

Cosa pensa della satira di Charile Hebdo?Può dar fastidio, ma vivere in un Paese in cui èpossibile faie satira sulle religioni significa vive-re in un Paese libero.

Il discorso cambia quando c'è di mezzo il con-troverso comico (per alcune battute antisemi-

te), Dieudonné.Pessima gestione del personaggio: più l'opinio-ne pubblica lo attacca, più ne fa una vittima,rendendolo così ancora più popolare.

Cosa direbbe a Marine Le Pen che invoca lapena di morte per i terroristi?Gli estrenusti sono facilissirni da riconoscereperché cadono sempre nel tranello della violen-za. Dire sì alla pena di morte significa tornareindietro di secoli: il risultato sarebbe una socie-tà im'uluta in cui la regola dominante è quelladella brutalità. La violenza genera violenza, e iviolenti finiscono per uccideisi. Ricordatevelo,Salvini e Le Pen: la violenza porta solo morte.

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graziani stima in 150.000 i rnigrant u»orkers pre-senti a gennaio, un numero calato drasticamentenegli ultimi anni, complici le violenze, il razzismoe la contrazione dell'economia. Sarebbero invecefra i 400.000 e 460.000, a seconda delle fonti, glisfollati interni: cittadini libici costretti a lasciare leloro case per salvarsi la vita Un numero notevole,per un Paese di appena 6 milioni di abitanti. Seriportato all'italia il dato equivarrcbbe a quasi 5milioni di sfollati.

Come in ogni conflitto, la prima a essere sconfit-ta è la verità. al dati vanno presi con cautela»», av-verte Svoboda. '»flasseiiza di un controllo sul ter-rilorio e la mancanza di osservatori indipendentirende infatti complessa una verifica sul campodella situazione». Pur potendo rivedere al rialzo lestime delle organizzazioni internazionali e con-siderando la presenza di numerosi stranieri nonautorizzati, dunque non quantificabili, sembracomunque difficile prevedere l'arrivo in Sicilia dimezzo milione o più di miglanti, come pavenia-tu da diverse testate italiane,che citano fonti dell'intelligen.ce. Quello che è sicuro è che lapopolaziene libica, cittadinie stranieri, vive un'incertez-za estrema. le orgarsizzazioniumanitarie hanno ricevutosolo il 14 per cento dei 35 mi-lioni di dollari chiesti lo scorsoottobre per fai- fi-unte alle ne-cessità primarie di sfollati e ri-chiede.nti asilo, quali cibo, alt sanitari e scolastici.La scarsilà cli fondi unita ai rischi per la sicurezza,ha fatto partire dalla Libia molte organizzazionistraniere, compresa la Croce rossa. Colpa dellaframmentazione del potere»», suttolinea Svobo-da, »'per Cui 50 oggi prendo un accordo con unamilizia per far passare gli aiuti da un cfreckpointedomani quel tratto di strada è controllato da alto,non ho iiui garanzie e facciu rischiaro la vita aglioperatori umanitari»».

L'insicurezza diffusa preoccupa anche AdelioCruz, cirargé d'aJjdires dell'ambasciata fihippinaa Tripoli. Sono trent'anni»», racconta Cruz al te-lefono, «che i filippini lavorano in libia, soprat-tutto nella sanità e nelle aziende petrolifere. Oggiperò stiamo cercando di convincerli a tornare inpatria>. Degli 11.000 filippini presenti a giuglin2014, sono rimaste circa 4.000 persuile. Dopo il

rapimento di tre lavoratori lo scorso 6 febbraio,

durante un attacco a un impianto di estrazione,il governo ha accelerato i rimpatri attraverso lal'unisia, ma niolti preferiscono continuare a la-vorare invece di partire senza prospettive». Unasituazione condivisa, seppur con sfumature di-

versc, da lavoratori barigladesi, thailandesi, india-ni e dai pur vicini tunisini, algerini ed egiziani, ilcui rientro in territori economicamente depressiè spesso complicato. Fra le poche organizzazio-ni interns7iorìsli ancora attive in ambito uma-nitario c'è il L)anisln refugee couricil, che accantoal lavoro di sminamento e disinnesco di ordigniinesplosi, visita i centri di detenzione per stranieriper distribuire beni di prima necessità. In un co-municato del 9febbraio l'ong danese denunciavacome »»i migranti siano presi di mira dalle violen-ze, rischiando di Lruvarsi liloccati tra i fronti op-posti della battaglia»».

Tutte le strade portano ancora lì, nell'inferno li-bico, nuisostante questo scenario, culmine di de-cennali violenze. Perquesto, il tentativo diblocca-re le partenze invocato da più parti non avrebbeche l'effetto di consegnare i migranti a ulteriorisuprusi. Come sarebbe accaduto ad Abdcrr senon fosse partilo. Ahdurr alza la niaglia: ison trovamodn migliore per raccontare il suo viaggio lun-

go due anni. Da Bardera, roc-caforte del gruppo islamista AlShabaab nella Sumalia del sud,ha raggiunte Addis Abeba at-traverso il varco di Giggiga, nelnord del Paese. Gli chiediamuse hainai pensato di rivolgersi aun'ambasciata europea e scop-pia in una risata. <Per avere unvisto bisogna coniprarlo e co-sta almeno diecimila dollari'»,

dice. Così dall'Etiopia ha raggiunto il confine conil Sudan dove ha pagato il primo dazio ai soldatisudanesi er raggiungere Omdurman, nella zonanord di Khartoum. È qui che i trafficanti organiz-zano la maggior parte dei viaggl verso la libia. Lofacevano con Gheddafi e lo fanno ora coni mii-ziani. Insieme ad altre 30 persone è salito su unpick-up bianco che ha iniziato la sua corsa versoil confine. «Cinque persone sono cadute nelle di-stese di sabbia, ma il pilota non si fermava, tantoavevamo già pagato»». Poi il passaggio più difficile,dal Sudan alla Libia. Lì un soldato di una milizialibica gli ha lasciato sulla pelle i segni di un ferroincandescenie. Non aveva più denaro da offrire,così è finito nel campo di detenzione di Kufrah,dove è stato per olio Illesi prinia di essere con-segnato ad altri srafficanti. Quando chiediamoad Abderr e Fared cosa pensano della possibilitàdi essere ospitati in un campo profughi fuori daiconfini somali, come vorrebbero gli accordi del"processo di Khartoum", promosso durante il se-mestre europeo di presidenza italiana, ci guarda-no con gli occhi shan'ati. »»Non andiamo via dallaSnnìalinc per vivere in un nuovo recinto'», dicono.Ma l'Europa sembra faccia fatica a capirlo.

25febbraio2015

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Tutti fuggonodalla Libia.

Ma i dati vannopresi con cautela.

E difficilequa.ntificare

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