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Magazine della Società Italiana di Pediatria www.sip.it volume 3 | numero 7-8 | luglio-agosto 2013 Più uniti, più forti pagina22 pagina29 Mensile - Poste italiane spa - Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/13/2011 - Un fascicolo e 25 pagina 14 pagina 18 Il primo segnale d’intesa era stato lanciato a maggio al Congresso Nazionale della Società Italiana di Pediatria a Bologna. In quella occasione la SIP e la FIMP avevano annunciato un percorso di la- voro comune a difesa dell’Area Pediatrica co- me risposta “al tentativo di arretramento del- la Pediatria sul piano delle cure primarie, dell’assistenza ospedaliera e della ricerca universitaria”. Un percorso oggi in atto che, attraverso un tavolo di lavoro congiunto, do- vrà portare alla redazione di una piattaforma comune di proposte sulla riorganizzazione del- le cure pediatriche, da presentare alle istituzioni in autunno. Mentre la politica è andata in vacanza, la Pediatria si prepara al confronto, più unita. Per essere più forte. servizi alle pagine 10-11-12 Bambini in carcere Negli Istituti di pena italiani vivono, ma solo fino al compimento del terzo anno di vita, decine di bambini figli di detenute: un problema di difficile gestione. Maestri da imitare Due nomi prestigiosi e di spicco sono stati applauditi al Congresso Nazionale SIP: quelli di Lorenzo Pavone e di Alberto Vierucci, nuovi Maestri della Pediatria italiana. Li abbiamo intervistati per voi. È ancora appropriato parlare di terapia antipiretica? Messaggi dalle nuove linee-guida NICE sulla gestione della febbre nei primi anni di vita, commentate da Liviana Da Dalt. Ultime da Glasgow In Scozia si è svolto un affollatissimo Europediatrics 2013: per il Congresso dell’European Paediatric Association oltre 2500 i pediatri provenienti da più di 60 Paesi.

Pediatria magazine vol 3 | num 7-8 | 2013

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Pediatria magazine volume 3 | numero 7-8 | luglio-agosto 2013

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Magazine della Società Italiana di Pediatriawww.sip.it

volume 3 | numero 7-8 | luglio-agosto 2013

Più uniti, più forti

pagina22 pagina29Men

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pagina14 pagina18

Il primo segnale d’intesa era stato lanciato a maggio al Congresso Nazionale della Società Italiana di Pediatria a Bologna. In quella occasione la SIP e la FIMP avevano annunciato un percorso di la-voro comune a difesa dell’Area Pediatrica co-me risposta “al tentativo di arretramento del-la Pediatria sul piano delle cure primarie, dell’assistenza ospedaliera e della ricerca universitaria”. Un percorso oggi in atto che, attraverso un tavolo di lavoro congiunto, do-vrà portare alla redazione di una piattaforma comune di proposte sulla riorganizzazione del-le cure pediatriche, da presentare alle istituzioni in autunno. Mentre la politica è andata in vacanza, la Pediatria si prepara al confronto, più unita. Per essere più forte.

servizi alle pagine 10-11-12

Bambini in carcereNegli Istituti di pena italiani vivono, ma solo fino al compimento del terzo anno di vita, decine di bambini figli di detenute: un problema di difficile gestione.

Maestri da imitare Due nomi prestigiosi e di spicco sono stati applauditi al Congresso Nazionale SIP: quelli di Lorenzo Pavone e di Alberto Vierucci, nuovi Maestri della Pediatria italiana. Li abbiamo intervistati per voi.

È ancora appropriato parlare di terapia antipiretica? Messaggi dalle nuove linee-guida NICE sulla gestione della febbre nei primi anni di vita, commentate da Liviana Da Dalt.

Ultime da GlasgowIn Scozia si è svolto un affollatissimo Europediatrics 2013: per il Congresso dell’European Paediatric Association oltre 2500 i pediatri provenienti da più di 60 Paesi.

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Pediatria anno 3 | numero 7-8 luglio-agosto 2013

Magazine ufficiale della Società Italiana di Pediatria (SIP) via Gioberti 60 00185 Roma Tel. 06 4454912 www.sip.it [email protected]

DIrettore ScIentIfIco GIovannI corSello

DIrettore

Cinthia Caruso

BoarD eDItorIale

Rino AgostinianiLiviana Da DaltDomenico MinasiAndrea PessionAlberto TozziDavide Vecchio

reDazIone David Frati Sabrina BuonomoMarina Macchiaiolo Manuela Moncada

PuBBlIcItà e PromozIone

Tiziana Tucci Tel. 06 862 82 323 [email protected]

Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 586/2002

aBBonamentI 2013

Individuale E 40,00Istituti, enti, biblioteche E 80,00Estero E 120,00

PreSIDente GIovannI corSello

conSIGlIo DIrettIvo alBerto G. uGazIo (PaSt PreSIDent),alBerto vIllanI (vIcePreSIDente),luIGI Greco (vIcePreSIDente), rIno aGoStInIanI (teSorIere), faBIo carDInale, antonIo correra, lIvIana Da Dalt, DomenIco mInaSI, anDrea PeSSIon, maSSImo BarBaGallo, elvIra verDucI (conSIGlIerI), valerIo flacco (DeleGato SezIonI reGIonalI SIP), coStantIno romaGnolI (DeleGato SocIetà affIlIate SIP), GIan Paolo SalvIolI (DeleGato conferenza GruPPI DI StuDIo)

Il Pensiero Scientifico Editore Via San Giovanni Valdarno 8 00138 Roma Tel. 06 862 821 Fax 06 862 82 250 www.pensiero.it www.facebook.com/ PensieroScientifico twitter.com/ilpensiero

DIrettore reSPonSaBIle Giovanni Luca De Fiore

ProGetto GrafIco e ImPaGInazIone Typo srl, Roma

ImmaGInI © 2013 Photos.com

StamPa

Arti Grafiche Tris, Via delle Case Rosse, Roma luglio 2013

ISSN 2240-3183

In questo numeroAttualità

Le vitamine fanno male?A curA di Alberto e. tozzi 13

Bambini in carcere intervistA A roberto Piscitello 14

Tra i bambini della famiglia Medici molto diffuso il rachitismo 16

Pianeta SIP

Poster: ecco i magnifici tre 17

Maestri da imitare intervistA A lorenzo PAvone e Alberto vierucci 18

La nostra storiaUn pioniere a Palermo: Giovanni Di CristinaPAtriziA cincinnAti 20

FitoterapiaMirtillo rosso americano: la bacca che inibisce l’adesione fimbrialeA curA di vitAliA MurgiA 26

Pedi@triaUn social network per le foto di interesse medicoA curA di Alberto e. tozzi 27

AlimentazioneUltime da Glasgow 29

Alert giochiA curA di MAnuelA MoncAdA 30

NewsFresche di stampaA curA di Alberto e. tozzi 4

Mese di nascita e salute del bambino 6

Cosa ci insegna la storia di Alfie? 6

L’impatto delle mancate diagnosi di appendicite 7

Fiocco azzurro per la Next-Generation Sequencing 8

Autismo: l’ossitocina delude le speranze 8

Attività fisica nei pazienti oncologici pediatrici 9

Genitori separati e proteina C-reattiva, c’è un link? 9

Prevenzione della carie negli under 5, una revisione sistematicaA curA di dAvid FrAti 9

Primo pianoIntegrazione e continuità delle cure: il dialogo riparte da quiintervistA A giovAnni corsello e AlessAndro bAllestrAzzi 10

Seguici su facebook.com/societaitalianadipediatriaPediatria numero 7-8 - luglio-agosto 20132

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Cinthia CarusoDirettore di “Pediatria”

Giovanni CorselloPresidente

Società Italiana di Pediatria

Alham, Fawziya e il dramma delle spose bambine

Nelle scorse settimane i media hanno dif-fuso tante immagini e notizie riguar-danti i bambini. Quelle di Wadi, il bim-bo palestinese di soli cinque anni arre-

stato per aver tirato una pietra contro un’auto di coloni ebrei e quelle di Malala, la sedicenne paki-stana ferita dai talebani, che con le sue parole ha dato una lezione all’ONU: “Un bambino, un inse-gnante, una penna, un libro, anche solo uno di questi può cambiare il mondo”. E poi le immagini di Mohammad, Giovanni, Kamal, Samuel, Jacob e Canalp, i sei bambini affetti da gravi malattie trat-tati con successo con la tecnica messa a punto all’Istituto San Raffaele – Telethon per la terapia genica. E quelle di Alua, espulsa illegalmente dall’Italia insieme alla madre Alma, moglie del dis-sidente kazako Mukhtar Ablyazov. Non una parola è stata spesa invece per Alham, sposa bambina di 12 anni morta nello Yemen in seguito ad una emorragia vaginale tre giorni dopo

Neonatologia ieri e oggi

Noi siamo convinti che saremo ricordati per aver coniato i termini Neonatologia e neonatologo”. Con queste parole si apre il volume “Diseases of the Newborn” di Schaffer e Markowitz, edito nel 1960. E continua così: “Il periodo neonatale rappresenta l’ultima frontiera

della Medicina, un territorio che solo da poco ha cominciato ad essere esplora-to e che offre grandi opportunità per salvare delle vite umane”. Sono del 1963, esattamente cinquanta anni orsono, tre pubblicazioni che in campi diversi hanno segnato l’evoluzione della Neonatologia in tutto il mondo. La prima è la nota di Virginia Apgar sulla proposta di uno score utile per codi-ficare in modo rapido e universalmente accettabile lo stato di salute e di benes-sere del neonato alla nascita, in vista delle manovre di rianimazione. La seconda è la pubblicazione di Guthrie su un test semplice, rapido e di facile esecuzione per la diagnosi preclinica della fenilchetonuria, malattia genetica a trasmissione autosomica recessiva che si rendeva responsabile di danni gravi e irreversibili al sistema nervoso centrale. La terza è il lavoro di Lula e Lubchenco con la pubbli-cazione delle prime carte di accrescimento staturoponderale per i neonati delle varie età gestazionali, atto di nascita di tutti gli studi sulla crescita e lo sviluppo dei neonati pretermine. Ripensare oggi a quei veri e propri pionieri, alla luce degli immensi progressi ottenuti nell’assistenza ai neonati – anche a quelli con peso alla nascita molto

basso e ad età gestazionali estremamente basse, le cui percentuali di sopravvivenza sono oggi superiori al 90% – ha un valore di riconoscimento del loro ruolo nel progresso della Pediatria e della Medicina di tut-ti i Paesi. È anche un modo per dare testimonianza e rilievo al lavoro e all’impegno di tutti coloro che han-no creduto nella Neonatologia, garantendo non solo la sopravvivenza a questi bambini, ma anche la loro salute e quella delle loro famiglie. L’evoluzione della Neonatologia e la diffusione delle unità di Terapia

intensiva neonatale è una delle conquiste più impor-tanti della Pediatria di questi cinquanta anni. Ogni 1000 adolescenti, ne troviamo almeno 1 nato con un peso inferiore a 1500 grammi. Anche in Italia, a tren-ta anni di distanza dal primo Congresso Nazionale del Gruppo di Studio di Neonatologia della Società Italiana di Pediatria, tenutosi a Cefalù nell’aprile del 1983, possiamo andare fieri delle percentuali di so-pravvivenza e della qualità dell’assistenza neonatale e perinatale, pur con le disomogeneità territoriali evidenziate nelle indagini e nelle revisioni più recen-ti. A quei neonati che non riescono a sopravvivere, o che hanno esiti perinatali invalidanti perché la gra-vità delle loro patologie ha superato le possibilità di intervento e di trattamento, sono dedicati i nostri sforzi per garantire sempre di più e sempre meglio salute e benessere a tutti i neonati di tutte le aree geografiche, con l’obiettivo di ridurre sempre di più le differenze legate alla modulazione organizzativa dell’assistenza perinatale nelle diverse regioni del no-stro Paese e del mondo. La lotta per il diritto alla nascita in sicurezza di tutti i neonati, sancito dalla Organizzazione Mondiale della Sanità oramai da ol-tre venti anni, fa parte a pieno titolo della advocacy di tutti i pediatri. La salute dei bambini – e oggi lo sappiamo, anche la salute degli adulti – dipende da eventi accaduti in epoca prenatale e neonatale, non solo per gli aspetti genetici e per quelli ambientali, ma anche per la modulazione della programmazione endocrina, metabolica, immunologica che si realizza per l’intervento di meccanismi epigenetici. Il ruolo dei neonatologi di tutelare la salute dei neonati e di curare le complesse patologie collegate con la prema-turità, la malnutrizione intra ed extrauterina, con gli eventi perinatali, assume oggi una valenza straordi-naria nella prevenzione a distanza.

aver sposato un uomo di quasi 30 anni. La sua sto-ria, denunciata dallo “Yemen Observer” e riportata dalla rivista “Voci di Pace”, è solo la punta dell’ice-berg di una pratica odiosa ma incredibilmente dif-fusa in molti Paesi islamici. Secondo stime ONU sono 60 milioni nel mondo le bambine al di sotto dei 15 anni costrette dalle proprie famiglie al ma-trimonio con uomini di decenni più grandi. Non è infrequente che abbiano solo sette, otto anni. È l’infanzia negata, figlia della povertà e dell’igno-ranza: mantenerle costa troppo, così vengono date in sposa giovanissime, mentre resta inapplicata la legge yemenita approvata nello scorso febbraio che vieta i matrimoni alle ragazze di meno di 17 anni. Fawziya, anche lei costretta come Alham a soli 12 anni a sposare un uomo di decenni più grande, è morta di parto insieme al suo bambino nel settem-bre scorso. A 12 anni gravidanza e parto sono eventi molto più a rischio che a 20. “I matrimoni precoci violano nel modo più deplorevole i diritti dei bambini”, denunciò l’UNICEF subito dopo l’epi-sodio. Ma Alham, Fawziya e tante altre continuano a non aver diritti, a morire in silenzio.

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Edito

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Fresche di stampa

Quando i pazienti con infezione da HIV cresconoPolicy Statement from the American Academy of Pediatrics. Transitioning HIV-Infected Youth Into Adult Health Care. Pediatrics 2013; DOI: 10.1542/peds.2013-1073

Come altre malattie croniche anche l’infezione da HIV, miglio-rata l’efficacia dei trattamenti, vede giovani con infezione che diventano adulti. Il passaggio di competenze cliniche dovrebbe vedere il coinvolgimento diretto delle famiglie in modo che con gradualità l’adolescente che cresce possa gestire la responsabilità della malattia personalmente.

Dottore, ho mal di testa tutti i giorni!Lu SR, Fuh JL, Wang SJ, Juang KD, Chen SP, Liao YC, Wang YF. Incidence and Risk Factors of Chronic Daily Headache in Young Adolescents: A School Cohort Study. Pediatrics 2013; DOI: 10.1542/peds.2012-1909

Lo studio viene da Taiwan e dice che l’in-cidenza della cefalea giornaliera negli ado-lescenti è 1,13 per 100 anni persona. I fat-tori predittivi di questo disordine sono il sesso femminile, i problemi finanziari fa-miliari, l’obesità, e (ovviamente) una dia-gnosi di emicrania. La cefalea di tipo ten-sivo è più frequente nel sesso femminile.

La plagiocefalia posizionale è frequenteMawji A, Robinson Vollman A, Hatfield J, McNeil DA, Sauvé R. The Incidence of Positional Plagiocephaly: A Cohort Study. Pediatrics 2013; DOI: 10.1542/peds.2012-3438.

Questo studio di coorte canadese stima che quasi la metà dei bambini tra 7 e 12 settima-ne di vita ha una forma di plagiocefalia. La stragrande maggioranza dei casi, circa l’80%, presenta una forma lieve. Gli autori concludono suggerendo di confermare i ri-sultati del proprio studio con altri effettua-ti in diversi setting.

Il dolore cronico è femmina e adolescenteCoffelt TA, Bauer BD, Carroll AE. Inpatient Characteristics of the Child Admitted With Chronic Pain. Pediatrics 2013; DOI: 10.1542/peds.2012-1739.

Uno studio su diverse migliaia di casi di pazienti ricoverati per dolore cronico allo scopo di descriverne le caratteristi-che. L’età media dei pazienti osservati era 13,5 anni e le femmine erano due volte e mezza più rappresentate dei ma-schi. La maggior parte delle diagnosi erano a carico dell’ap-parato gastrointestinale. Frequenti le forme psichiatriche.

Riproduzione assistita: counseling sufficiente?Allen Merritt T, Lavery A, Gold JA, Clark RD, Oshiro B. Assisted Reproductive Technologies: The Need for Multi-Disciplinary Review of Its Impact on Neonatal/Perinatal Medicine and Medical Genetics. NeoReviews 2013; 14(7):e360-e368 DOI: 10.1542/neo.14-7-e360

Un commento sulla necessità di un approccio multidisci-plinare alla riproduzione assistita attraverso una revisione dell’impatto in termini di gemellarità, prematurità e difetti congeniti. Una riflessione anche sull’etica e un allarme sull’uso incontrollato di tali tecnologie in assenza di un’in-tegrazione tra diverse discipline.

We need to change our own minds. Children with disabilities are invisible because we don’t see their abilities

Tony Lake, Direttore esecutivo UNICEF

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Cosa ne sanno i genitori dei rischi associati alla TC del cranio nel bambino?Boutis K, Cogollo W, Fischer J, Freedman SB, Ben David G, Thomas KE. Parental Knowledge of Potential Cancer Risks From Exposure to Computed Tomography. Pediatrics 2013; DOI: 10.1542/peds.2013-0378

La discussione sui rischi di insor-genza di tumore associati alla diagnostica radiologica ha in-nescato uno studio sul livello di conoscenza dei genitori sulla questione. In questo trial canadese la propor-zione di genitori che ac-consentivano sicura-mente a una TC cranio per trauma passava dal 90,4% al 69,6% dopo aver avuto informazio-ni sui rischi associati.

A letto sempre alla stessa oraKelly Y, Kelly J, Sacker A. Time for bed: associations with cognitive performance in 7-year-old children: a longitudinal population-based study. J Epidemiol Community Health 2013; DOI:10.1136/jech-2012-202024

La regolarità negli orari del sonno sembra associata ad un corretto sviluppo cognitivo del bambino. Lo studio è stato effettuato su oltre 11.000 bambini inglesi di 7 anni. Ora-ri del sonno irregolari erano associati a peg-giore performance nella lettura, nella mate-matica e nelle abilità spaziali a 7 anni.

Diabete 1 e svezzamentoFrederiksen B, Kroehl M, Lamb MM, Seifert J, Barriga K, Eisenbarth GS, Rewers M, Norris JM. Infant Exposures and Development of Type 1 Diabetes MellitusThe Diabetes Autoimmunity Study in the Young (DAISY). JAMA Pediatr 2013; DOI:10.1001/jamapediatrics.2013.317

Questo studio suggerisce che l’introduzione troppo pre-coce o troppo tardiva dei cibi solidi può incrementare il rischio di sviluppare diabete di tipo 1. In particolare in questo studio l’introduzione precoce di frutta e l’intro-duzione tardiva di riso erano predittori di diabete 1, co-me anche un parto vaginale complicato. L’allattamento al seno durante lo svezzamento è risultato invece un fat-tore protettivo.

Allergie alimentari: attenzione alle diete troppo ristretteAlvares M, Kao L, Mittal V, Wuu A, Clark A, Bird JA. Misdiagnosed Food Allergy Resulting in Severe Malnutrition in an Infant. Pediatrics 2013; 132(1):e229-e232 DOI: 10.1542/peds.2012-2362

Dieta severamente limitata per allergia alimentare? Un ab-stract che suggerisce che i bambini a dieta per questa indi-cazione hanno peso e IMC (BMI) più bassi dei controlli. Inoltre un caso clinico di un paziente con errata diagnosi che a dieta ristretta ha sviluppato kwashiorkor e acroder-matite enteropatica.

45%Pazienti che dimenticano di assumere il farmaco nel momento della giornata indicato dal medico prescrittore, o che modificano di loro iniziativa il dosaggio (dati Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani e Medway School of Pharmacy).

NEC in aumento in SveziaAhle M. Necrotizing enterocolitis rate increased in Sweden. Pediatrics 2013; DOI:10.1542/peds.2012-3847

Studio sull’epidemiologia della NEC in uno studio di coorte dal 1987 al 2009 che misura l’incidenza di questa malattia in 3,4 casi per 10.000. A fronte di uno sta-bile incremento della NEC nel tempo, la letalità è andata progressivamente di-minuendo. La maggiore frequenza è stata registrata nel mese di novembre e la minore a maggio.

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6,20% Medici con meno di quarant’anni che si possono definire disoccupati o, meglio, “gettonisti” con contratto atipico e soluzione di continuità tra un impiego e l’altro. Il contratto atipico è quasi consuetudine nelle fasce d’età tra i 25 e 33 anni, sia per il settore pubblico che per quello privato.

Mese di nascita e salute del bambino

I bambini della scuola primaria provano un senso di rifiu-to e repulsione per i personaggi obesi di libri o fumetti, mentre accettano senza problemi quelli disabili. Lo rivela uno studio presentato al recente European Congress on Obesity (ECO), svoltosi a Liverpool da un team di ricerca-tori dell’University of Leeds.È stato sottoposto all’attenzione di 276 bambini britannici di quattro scuole primarie del West Yorkshire (età media 5,3 anni) un libro illustrato realizzato per l’occasione: la storia descrive le avventure di tre bambini alle prese con il salvataggio di un gatto su un albero. Il personaggio princi-pale, Alfie, è stato presentato in 3 versioni: normopeso, obeso o su una sedia a rotelle. Dopo aver letto il libro in classe, ai bambini è stato chiesto di “dare dei voti” ad Alfie e a un altro personaggio (Thomas, sempre normopeso) confrontandone gli skill. L’Alfie obeso e l’Alfie disabile han-no condiviso giudizi negativi sulle loro capacità motorie, e questo era scontato. Ma molto meno scontato era il fatto che all’obesità (e non alla disabilità) venga associato da parte dei bambini un fortissimo stigma sociale: secondo loro, l’Alfie obeso avrà meno amici, verrà invitato di meno alle feste, avrà un rendimento scolastico più scadente, sarà meno felice del suo aspetto e più facilmente sarà irrequieto

Cosa ci insegna la storia di Alfie?

Esiste una vasta letteratura sulla relazione tra mese del parto, gestazione e peso alla nascita. Alcuni ipotizzano un’influenza di fattori ambientali e stagionali, altri invece puntano il dito sui fattori socioeconomici, correlati anche al periodo di concepimento e quindi al mese del parto. Due economisti

del Center for Health and Wellbeing della Princeton University, Janet Currie e Han-nes Schwandt, hanno analizzato l’impatto della stagionalità sulla salute di 1.435.213 bambini (647.050 gruppi di fratelli e sorel-le) partoriti negli Stati di New Jersey, New York e Pennsylvania tra 1994 e 2006.È emerso che maggio è il mese meno indi-cato per concepire un bambino: questi ne-onati “invernali” hanno un 13% di proba-bilità in più di nascere prematuri, e una gestazione media inferiore di una settima-na. In termini di peso alla nascita del neo-nato, l’estate secondo questo studio pubbli-cato su “Proceedings of the National Aca-demy of Sciences” sarebbe la stagione idea-le per concepire, perché garantisce una media di 8 grammi in più. Incrociando i loro dati con i database dei Centers for Di-sease Control and Prevention, Currie e Sch-wandt hanno notato una evidente correla-zione tra l’andamento della durata della gestazione e le epidemie di influenza sta-gionale: a quanto pare il contagio da virus

in classe. L’Alfie disabile dal canto suo verrà “soltanto” in-vitato di meno alle feste e avrà un rendimento scolastico più scadente. Quasi plebiscitariamente i bambini inter-pellati dichiarano che vorrebbero come amico il “nor-male” Thomas e non Alfie, il che suggerisce una forte tendenza discriminatoria, che a un’analisi statistica più precisa pare crescere con l’età. “La nostra ricerca”, spie-ga Andrew Hill, professore di Psicologia medica all’University of Leeds, “dimostra la consapevolezza dei bambini anche piccoli della enorme importanza data dalla nostra società al peso corporeo e della negatività associata all’obesità. Tale negatività viene associata dai bambini anche alla disabilità, ma in misura molto minore”.

^̂^Harrison S, Rowlinson M, Hill AJ. No fat friend of mine: Very young children’s responses to over-weight and disability. European Congress on Obesity (ECO) 2013; abstract T3T4:OS5.6

influenzale è correlato a una gestazione più breve. “Questo fornisce un forte supporto all’indicazione del vaccino antinfluenzale nelle donne incinte”, afferma la Currie.Commenta Douglas Almond della Colum-bia University: “Si tratta di un’analisi impo-nente. Forse non sarà quella che si chiama in gergo una pistola fumante, ma è un’evi-denza molto più forte di quella che aveva-mo a disposizione finora”. “Una differenza anche di pochi giorni nella durata della ge-stazione è significativa”, spiega Hyagriv Simhan, ginecologo alla University of Pittsburgh School of Medicine. “Sebbene i neonati prematuri di meno di un mese non subiscano di solito conseguenze gravi sulla loro salute, il dato diventa importante quando prendiamo in esame una popola-zione vasta”.

^̂^Currie J, Schwandt H. Within-mother analysis of seasonal patterns in health at birth. PNAS 2013; DOI: 10.1073/pnas. 1307582110

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L’inquinamento da farmaci più alto d’EuropaL’area attorno a Milano ha questo primato negativo. Le quantità di medicinali che contaminano i suoli e le acque dell’area di Milano rappresentano ben il 12% del totale italiano. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista “Environment International”.

L’impatto delle mancate diagnosi di appendiciteQuanto pesa una mancata diagnosi tem-pestiva di appendicite sull’outcome clini-co? Se lo è domandato un team di ricerca-tori della Division of Pediatric Surgery dell’Ann & Robert H. Lurie Children’s Ho-spital di Chicago e della Northwestern University Feinberg School of Medicine, coordinato da Jessica A. Naiditch.Sono stati presi in esame i dati clinici di 816 pazienti pediatrici sottoposti ad ap-pendicectomia tra il 2007 e il 2010. Ogni paziente valutato in Pronto soccorso e di-messo senza una diagnosi di appendicite ma in seguito riammesso con appendicite istopatologicamente confermata entro 3 giorni è stato considerato una “diagnosi mancata di appendicite”. Il 4,8% dei pa-

zienti sottoposti ad ap-pendicectomia (n=39) in prima istanza non aveva ricevuto una dia-gnosi corretta. Le più comuni diagnosi errate iniziali sono risultate ga-stroenterite acuta (43,6%), costipazione (10,3%) ed emesi (ancora 10,3%). Il tempo medio intercorso tra prima diagnosi er-rata e corretta diagnosi di appendicite è stato 28,3 ore (scarto in-terquartile [IQR] da 17,0 a 39,6

ore). Una mancata diagnosi tempestiva di appendicite è risultata associata con

una più lunga ospedalizzazione media (5,8 giorni, [IQR da 4,0 a 8,1 giorni]

vs. 2,5 giorni [IQR da 1,8 a 4,6 gior-ni]; p<0,001), tassi più elevati di

perforazione (74,4% vs. 29,0%; p<0,001), complicanze più fre-

quenti (28,2% vs. 10,4%; p = 0,002), e tassi più elevati di

reintervento (20,5% vs. 6,2%; p = 0,003).

^̂^Naiditch JA, Lautz TB, Daley S, Pierce MC, Reynolds M. The impli-cations of missed op-portunities to diagno-se appendicitis in chil-dren. Acad Emerg Med 2013;20(6):592-6 DOI: 10.1111/acem.12144

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Assistenza ai malati rari: le criticità in un RapportoManca un adeguato impianto organizzativo sul territorio dedicato alle malattie rare, causa la carenza di sistemi informativi integrati e di finanziamenti ad hoc dei percorsi diagnostico-terapeutici (PDTA). È quanto emerge dal Rapporto sulle Reti di Assistenza ai Malati Rari (http://goo.gl/USqcS), la prima ricognizione completa sull’esperienza dei direttori generali ASL/AO in tema di malattie rare, curata da Federsanità-ANCI, CEIS Sanità e Recordati.

Fiocco azzurro per la Next-Generation Sequencing

È nato il 18 maggio a Philadelphia Connor Levy, il primo neonato concepito con tec-niche di riproduzione assistita durante la quale gli embrioni da impiantare nell’ute-ro materno sono stati selezionati mediante screening genomico utilizzando tecniche di next-generation sequencing (NGS). Le tecnologie di sequenziamento del DNA di nuova generazione stanno rivoluzionando la ricerca biomedica, permettendo di trat-tare ingenti volumi di dati a costi estrema-mente più bassi e in tempi più rapidi che in passato, e la loro applicazione nell’am-bito delle procedure di riproduzione assi-stita promette di cambiare radicalmente la pratica clinica e il mercato in questo setto-re. Marybeth Scheidts (36 anni) e David Levy (41 anni) si sono rivolti per una ri-produzione assistita alla clinica Main Line Fertility, in Pennsylvania. Nel quadro di un trial internazionale sono stati contattati da Dagan Wells dell’Institute of Reproductive Sciences dell’University of Oxford, che ha offerto loro di usufruire di un NGS per ve-rificare la presenza di anormalità cromo-somiche negli embrioni selezionati per l’impianto. Dai 13 embrioni selezionati per l’impianto alla Main Line Fertility sono state prelevate alcune cellule, inviate in Gran Bretagna per il sequenziamento ge-nico: è emerso che solo 3 degli embrioni avevano il corretto corredo cromosomico. “Utilizzare un NGS durante le procedure di FIVET non può darci embrioni migliori su

cui lavorare, ma può guidarci a scegliere i più adatti”, spiega Wells. “La mia assicura-zione copriva i costi di soli tre tentativi di impianto”, dichiara con sollievo David Le-vy al quotidiano “Guardian”, “e quindi sa-rebbe potuto facilmente succedere che i ginecologi tentassero l’impianto degli em-brioni meno adatti, fallendo. Oggi non avrei un figlio”. “Non è facile comprendere quanto sia rivoluzionaria l’applicazione di questa tecnica di sequenziamento al nostro lavoro”, commenta Michael Glassner, il gi-necologo che ha seguito i genitori di Con-nor alla Main Line Fertility. “Stimiamo un aumento dei tassi di gravidanza del 50% e una riduzione simile dei fallimenti, il tutto abbattendo significativamente i costi della procedura. Prevedo che nel giro di cinque anni questo protocollo sarà lo standard nelle procedure di riproduzione assistita”. Sempre che la legislazione dei vari Paesi

Risultati negativi e speranze deluse per il trattamento dell’autismo con ossitocina: la notizia arriva dal “Journal of Autism and Developmental Disorders”. Si era recentemen-te supposto che la somministrazione dell’ormone ossitocina – che serve a stimolare le contrazioni della muscolatura liscia dell’utero prima del parto, ma è anche coinvolto a quanto pare nella elaborazione dei sentimenti amorosi e nell’accoppiamento, e in qual-che modo anche connesso alla capacità umana di empatia – potesse avere effetti sull’at-tività cerebrale correlata alla formazione di legami sociali e quindi portare benefici ai bambini e ragazzi con disturbi dello spettro autistico. “Numerosi genitori di bambini autistici stanno già utilizzando spray nasali a base di ossitocina nell’ambito di alcuni trial in corso in tutto il mondo”, spiega Mark Dadds, professore di Psicologia all’University of New South Wales. “Si sperava fosse un trattamento valido, ma gli effetti a quanto pare sono limitati”. Un team di ricercatori coordinato dallo stesso Dadds ha condotto un trial randomizza-to su 38 ragazzi autistici tra 7 e 16 anni, somministrando a metà di loro ossitocina mediante spray nasale per quattro giorni consecutivi. Comparata a placebo, la terapia con ossitocina non ha portato a miglioramenti significativi nel riconoscimento delle emozioni, negli skill di interazione sociale, nei comportamenti ripetitivi. “Non si è regi-strato alcun tipo di miglioramento comportamentale né durante il trattamento né nel follow up a tre mesi”, spiega Dadds. “Questi dati sono purtroppo in contrasto con quel-li ottenuti in piccoli studi precedenti, che avevano evidenziato un effetto benefico dell’ossitocina sui comportamenti ripetitivi, la memoria sociale e il processamento del-le emozioni. Ma si trattava di studi con un esiguo numero di partecipanti, i dati ottenu-ti su una popolazione più ampia di pazienti suggeriscono cautela nel raccomandare un trattamento a base di ossitocina a bambini e ragazzi affetti da autismo”.

sappia e voglia adeguarsi a questa novità, beninteso.È molto probabile che la notizia rinfocoli le consuete polemiche sul timore di un ap-proccio eugenetico alla gravidanza. “La prospettiva di una scelta degli embrioni da impiantare condotta sulla base dei deside-ri di questo o quel tratto fisico da parte dei genitori – ammesso che sia mai legale – è molto remota”, rassicura Wells. “Di solito poi la FIVET ci garantisce al massimo una dozzina di embrioni, quindi la probabilità che uno di questi possegga eventuali carat-teristiche genetiche desiderate dai genitori è molto bassa. Si tratta poi di procedure ancora decisamente costose, quindi lo sce-nario di coppie che si affidano a una FIVET solo per un capriccio mi pare a dir poco fantasioso”.

^̂^ Sample I. IVF baby born using revolu-tionary genetic-screening process. The Guardian 07/07/2013.^̂^Geddes L. First baby born after full gene-

tic screening of embryos. New Scientist 11/07/2013.

Autismo: l’ossitocina delude le speranze

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52.000Le diagnosi 2012 di tumore al colon-retto: si tratta della neoplasia a maggiore insorgenza nella popolazione italiana.

Cattive abitudini da teenagerL’80% dichiara di consumare i pasti guardando la tv, il 19% stando davanti al PC e il 22% parlando al telefono o mandando sms.

Attività fisica nei pazienti oncologici pediatrici

L’attività fisica ha effetti significativa-mente positivi sulla salute dei pazienti oncologici pediatrici. Lo dimostra la pri-ma revisione sistematica mai effettuata sull’argomento. I ricercatori tedeschi della Deutsche Sporthochschule Köln coordinati da Freerk Baumann hanno preso in esame la letteratura scientifica sull’argomento su PUBMED e sulla Co-chrane Library, identificando un totale di 17 studi. I dati, analizzati mediante il sistema messo a punto nel 2001 dall’Ox-ford Center for Evidence-Based Medici-ne, hanno dimostrato che la prescrizione di esercizio fisico durante il trattamento oncologico è sicura ed efficace, special-mente nei pazienti con leucemia acuta linfoblastica. Sono stati registrati effetti positivi sulla fatigue, la forza fisica e la qualità di vita in tutti i trial considerati. Singoli studi hanno evidenziato effetti positivi sul sistema immunitario, il son-no e i livelli di attività fisica. Sebbene si tratti di dati molto promettenti, è neces-saria altra ricerca di elevata qualità me-todologica per stilare raccomandazioni evidence-based sull’attività fisica dei pa-zienti oncologici pediatrici.

^̂^ Baumann FT, Bloch W, Beulertz J. Cli-nical exercise interventions in pediatric oncology: a systematic review. Pediatr Res 2013; DOI: 10.1038/pr.2013.123

Genitori separati e proteina C-reattiva, c’è un link?È noto da tempo che le avversità della vita patite durante l’infanzia sono spesso asso-ciate a outcome clinici negativi nell’età adulta. Un potenziale meccanismo patolo-gico alla base di questo fenomeno potreb-be essere rappresentato dai processi in-fiammatori. Un team di ricercatori del Department of Epidemiology and Public Health dell’Uni-versity College of London coordinato da Rebecca E. Lacey ha analizzato i dati di un database britannico che registra alcuni pa-rametri clinici dalla nascita all’età adulta in 7462 individui. È emersa una chiara corre-lazione tra separazione dei genitori subita in età infantile e livelli significativamente più elevati di proteina C-reattiva a 44 anni (ß=0,16 95% CI da 0,06 a 0,27). Questa as-

sociazione è largamente spiegata da Indice di Massa Corporea (BMI), fattori materiali e psicosociali. Gli svantaggi economici sus-seguenti a una separazione dei genitori e il percorso educazionale alterato sembrano particolarmente influenti. Gli autori dello studio sottolineano: “I dati raccolti eviden-ziano la necessità di supportare le famiglie che attraversano una separazione per mi-nimizzarne le conseguenze a lungo termi-ne sulla salute”.

^̂^ Lacey RE, Kumari M, McMunn A. Pa-rental separation in childhood and adult inflammation: The importance of material and psychosocial pathways Psychoneuro-endocrinology 2013; DOI:10.1016/j.psy-neuen.2013.05.007

Non c’è evidenza che un’attività di screening da parte dei medici di famiglia riduca l’incidenza della carie nell’infanzia. Supportato invece l’utilizzo di vernice al fluoro nei bambini a rischio elevato di carie. È quanto sostiene una revisione sistematica pubblicata su “Pediatrics” a cura del gruppo di Roger Chou, direttore del Pacific Northwest Evidence-Based Practice Center della Oregon Health & Science Universi-ty di Portland.I ricercatori hanno effettuato una ricerca su Medline e Cochrane Library includendo trial randomizzati e studi osservazionali controllati su efficacia e sicurezza di screening e trattamenti per la carie pediatrica. Nessuno degli studi presi in conside-razione ha evidenziato effetti positivi sull’outcome clinico di screening da parte dei pediatri di famiglia, tranne uno stu-dio di coorte che ha associato a questa attività una sensibi-lità di 0,76 nell’identificare bambini con carie. Non sono stati trovati studi recenti che valutassero l’efficacia della supplementazione di fluoro, mentre tre nuovi trial rando-mizzati hanno stabilito che l’applicazione di vernice al fluoro porta a una riduzione della crescita della carie compresa tra 18 e 59%. Tre studi che hanno valutato lo xilitolo hanno ottenuto risultati non significativi.

^̂^ Chou R, Cantor A, Zakher B, Mitchell JP, Pappas M. Preventing Dental Caries in Children <5 Years: Syste-matic Review Updating USPSTF Recommendation. Pediatrics 2013; DOI:10.1542/peds.2013-1469

Prevenzione della carie negli under 5, una revisione sistematica

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Intervista a Giovanni Corsello e Alessandro Ballestrazzi

In passato, si sa, non sono mancate divergenze tra Pediatria universitaria-ospedaliera da un lato e Pediatria del terri-torio dall’altro. Oggi SIP e FIMP, nel rispetto delle differen-ti mission, stanno lavorando a un progetto comune a di-fesa dell’Area Pediatrica. Da cosa nasce questa decisione?

E quali sono i punti condivisi per una proposta comune? Ce lo spiegano in questa intervista doppia il Presidente della SIP Gio-vanni Corsello e il Presidente della Federazione Italiana Medici Pediatri Alessandro Ballestrazzi.

Integrazione e continuità

delle cure:il dialogo

riparte da quieconomica dall’altro impongono una vera integrazione tra ospedale e territorio, obiettivo che vede riuniti intorno ad una proposta unitaria sia i pediatri di famiglia sia i pediatri ospedalieri e universitari.AlessAndro BAllestrAzzi Questa decisione nasce innanzitutto dalla necessità di difendere l’Area Pediatrica in quanto tale. Tuttavia, la riorganizzazione del Sistema Sanitario non può prescindere da una analisi e valutazione dei vari setting che insieme vanno a comporre, nel nostro caso, l’Area Pediatrica. Se il futuro sarà una valorizzazione delle cure primarie non è pensabile che questo possa avvenire senza che ci sia un confronto ed un ridimensionamento di altri livelli di cura, dal quale saranno reperite le risorse necessarie.

L’erogazione delle cure primarie 7 gg su 7 sembra comunque una strada obbligata. Ma proprio questo aspetto nei mesi passati ha rappresentato uno dei punti più controversi nel dibattito sulla riorganizzazione delle

cure pediatriche. Come stanno oggi le cose? Come si può realizzare un sistema di cure primarie che garantisca questa copertura?GiovAnni Corsello L’assistenza pediatrica deve essere continua, tutti i giorni dell’anno e in tutto il territorio nazionale. Può essere modulata in modo diverso nella fascia oraria diurna (8-20) rispetto alle ore notturne, ove sono prevalenti le attività in regime di Emergenza e urgenza. Può avere ambiti logistici e strutturali diversi sulla base del territorio e del contesto (metropolitano, urbano o rurale), ma deve essere

GiovAnni Corsello In realtà più che divergenze sono stati spesso modi diversi di interpretare una stessa esigenza: rispondere come pediatri a tutti i bisogni di salute dei bambini, dalla nascita all’adolescenza. Se prima si potevano tenere distinte le cure primarie da quelle ospedaliere sulla base di una organizzazione di lavoro differenziata, oggi la riduzione delle risorse da un lato e la congiuntura

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SIP e FIMP stanno lavorando

a un progetto comune a difesa

dell’Area Pediatrica

garantita a tutti i bambini, compresi quelli a rischio sociale quali i nati da genitori migranti o in condizioni di povertà. AlessAndro BAllestrAzzi La continuità dell’assistenza esiste già oggi ed è normata in tutte le leggi cogenti in materia. Quindi non è una novità del Decreto Balduzzi come qualcuno ha voluto far intendere. Da questo punto di vista non devono esistere disparità e tutti i cittadini, da 0 a 100 anni, hanno e devono avere gli stessi diritti assistenziali. Se si vuole modificare l’organizzazione attuale lo si deve fare tenendo in massima considerazione la

fascia debole rappresentata dai soggetti in età pediatrica. Le soluzioni possono essere varie, ma sicuramente ci dovrà essere il coinvolgimento di tutta l’Area Pediatrica tenendo conto delle reali necessità.

Di integrazione ospedale–territorio se ne parla da anni, ma nella realtà esiste solo in esperienze sperimentali e locali. Cosa manca al nostro sistema per realizzarla? Quali le cose più urgenti da fare? GiovAnni Corsello Dobbiamo andare al di là dello slogan, spesso abusato. Le esperienze locali di

integrazione sono utili per gli aspetti propositivi, ma essa va realizzata attraverso un sistema di rete integrata di servizi in cui pediatri di famiglia, pediatri ospedalieri e specialisti pediatri – ciascuno per la propria parte e sulla base di percorsi chiari e condivisi – intervengano nella erogazione delle cure primarie, delle cure in regime di Emergenza e urgenza, della presa in carico dei bambini e adolescenti con malattie croniche e complesse.AlessAndro BAllestrAzzi L’integrazione tra sistemi che hanno regole, contratti, responsabilità ed organizzazione profondamente diversi è sicuramente molto difficile. Credo si debba lavorare sull’individuazione delle competenze dei vari livelli di assistenza, sul “chi fa che cosa”, e sviluppare gli aspetti legati alla comunicazione diretta tra gli attori, sfruttando quello che oggigiorno la tecnologia ci mette a disposizione.

Sempre più il pediatra deve occuparsi di bambini con malattie croniche e complesse. Come va integrata la formazione dei pediatri per prepararli meglio a questo compito? GiovAnni Corsello La grande mole di progressi ottenuti anche nel nostro Paese in tema di diagnosi e di trattamento delle malattie croniche e complesse ci consegna una popolazione di persone con bisogni speciali, che sino a qualche decennio fa non si conosceva. L’esigenza di formazione in queste aree culturali specialistiche si è accresciuta sia tra i pediatri di famiglia che tra i pediatri ospedalieri, ed è necessario che il sistema dell’educazione medica continua e le Società e le associazioni scientifiche si attrezzino in tal senso. Vanno avviati processi formativi sin dalle Scuole di specializzazione orientati a

garantire in modo omogeneo nel territorio nazionale la salute di questi soggetti in età pediatrica. AlessAndro BAllestrAzzi Sono anni che chiediamo che la Pediatria di famiglia sia riconosciuta come una branca specifica nelle Scuole di specializzazione e che ad insegnarla siano gli stessi pediatri di famiglia. Purtroppo ancora oggi non succede, come non esiste ancora un’adeguata frequenza degli studenti nei nostri studi pediatrici. È un problema da risolvere al più presto.

La bozza di documento congiunto ha un focus molto forte sulle cure pediatriche, ma una delle maggiori sfide della Pediatria è la prevenzione ed in particolare l’adozione di stili di vita corretti e salutari sin dalle prime età della vita. Cosa possono fare i pediatri? È possibile pensare a iniziative comuni in questo ambito?GiovAnni Corsello La prevenzione oggi è parte integrante di ogni sistema di cure, ma ha il suo spazio maggiore in ambito di cure primarie, nella interazione tra bambino, famiglia, pediatra e istituzioni. L’adozione di stili di vita salutari – dal potenziamento dell’allattamento al seno esclusivo e prolungato alla riduzione degli apporti calorici e proteici nei primi anni di vita, alla promozione dell’attività fisica e motoria – è obiettivo di salute primario. Ogni pediatra deve trovare il modo di fare la sua parte nella promozione di salute e benessere dei bambini, anche per tutelare la salute degli adulti di domani. AlessAndro BAllestrAzzi Come il Ministro Lorenzin ha sottolineato nella sua relazione alle Commissioni Affari Sociali ed Igiene e Sanità, gli ambiti legati alla promozione della salute e dei

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I punti principali su cui lavora il tavolo congiunto SIP-FIMP�� Integrazione delle cure pediatriche primarie e ospedaliere con attuazione di specifici modelli organizzativi che prevedano la messa in rete dei pediatri di famiglia operanti in un determinato territorio, tra di loro e con gli ospedali di riferimento;

�� erogazione delle cure primarie pediatriche 7 giorni su 7 per le 12 ore diurne, attraverso opportune turnazioni nell’ambito delle associazioni Funzionali Territoriali e delle Unità Complesse di Cure Primarie;

�� ristrutturazione della Rete Pediatrica Ospedaliera mediante riorganizzazione e accorpamento delle Unità Operative esistenti in modo da garantire il ricovero ai bambini e agli adolescenti tra 0 e 18 anni in strutture “a misura di bambino”, dotate di guardia attiva h24, Pronto soccorso funzionale, OBI, attività specialistiche pediatriche in numero appropriato, organizzate in rete a livello regionale e sovraregionale per scongiurare duplicazione dei servizi e garantire un idoneo numero di posti di Terapia intensiva e semintensiva;

�� attuazione di percorsi diagnostico-terapeutici condivisi e di formazione comune tra pediatri di famiglia e ospedalieri.

corretti stili di vita, la prevenzione delle malattie infettive e degli incidenti domestici e stradali rappresentano temi ai quali dare massima rilevanza. La Pediatria di famiglia è pronta a collaborare e a rendere possibile un’azione efficace che deve essere indirizzata soprattutto ai soggetti in età pediatrica. Il Progetto Salute-Infanzia presente nel nostro contratto rappresenta un’occasione imperdibile per dare sostanza a queste necessità.

La transizione dall’età pediatrica a quella adulta è uno dei momenti più delicati, soprattutto per i bambini con malattie croniche e complesse. Come andrebbe gestita al meglio questa fase?GiovAnni Corsello Tra gli adolescenti si calcola che oggi il 10% circa abbia una malattia cronica, rara o complessa. Questo pone anche il problema della transizione, del trasferimento del paziente cronico allo

specialista dell’adulto, che spesso non conosce e non si è misurato con la patologia del bambino. Malattie con un esordio sempre più precoce e una storia naturale fortemente influenzata dalle nuove opportunità di trattamento. Molti adolescenti e giovani adulti con malattie croniche continuano a richiedere le cure del pediatra specialista che deve gestire in modo non traumatico e con continuità le cure a questi soggetti anche da parte del medico di Medicina generale o dello specialista. AlessAndro BAllestrAzzi I soggetti con patologie croniche dovrebbero essere accompagnati con gradualità nel passaggio dallo specialista pediatra al medico di Medicina generale, prevedendo la possibilità per le famiglie di scegliere di rimanere in carico al pediatra che già conosce e segue la patologia in atto fino al diciottesimo anno, età riconosciuta universalmente come inizio dell’età adulta. �

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Prendi Paul Offit. Lui è pure un pediatra, noto perlopiù per la sua “tigna” contro gli antivaccinatori. Si lancia in una di-squisizione sugli effetti delle vitamine

(http://goo.gl/mrPNy) nientemeno che sul “New York Times” per sconsigliarle come supplemento negli individui sani. E figuriamoci gli americani, che sono abituati a consumarne discrete quantità tanto da riempire i drugstore di scaffali con tutti i tipi possibili. Beh, le evidenze dicono che le vita-mine non fanno un bel niente, cioè non migliora-no la salute né prevengono le malattie cardiova-scolari o altro. La brutta notizia è che fanno male. Negli studi che includono pazienti con lunga du-rata del follow-up, le vitamine sono associate ad un modico incremento del rischio di morte e di insorgenza di tumori. E Paul Offit quindi scorag-gia gli americani dall’imbottirsi di vitamine a co-lazione. Il principio è corretto: ma le vitamine fanno male a tutti? Scusate la disquisizione filosofica, ma io ho avuto la fortuna di seguire i corsi di Ken Rothman, l’insigne epidemiologo autore di “Modern Epide-miology”. E non posso non far notare che l’associa-zione tra causa ed effetto nelle malattie e nei feno-meni biologici passa per la concomitanza di diver-si fattori che, quando tutti presenti, producono un effetto specifico. Queste combinazioni di fattori comprendono elementi che spesso non conoscia-mo, da un particolare assetto genetico ad una coin-cidente esposizione ambientale. Questo è il motivo per il quale le cause di malattia o i farmaci che stu-diamo non hanno mai un effetto nel 100% della popolazione studiata. Non tutti i fumatori si am-malano di cancro, e non tutti quelli che prendono le vitamine muoiono precocemente. L’approccio migliore di cui disponiamo per studiare queste co-se – almeno per quanto riguarda i farmaci – sono gli studi randomizzati controllati in doppio cieco. Ma da un po’ di tempo si discute su come andare oltre i limiti di questo disegno di studio. Il primo tentativo è stato studiare durante i clinical trial an-che il profilo genetico dei pazienti inclusi. L’ap-proccio ha dato i suoi frutti, se pensiamo che nella terapia oncologica oggi possono essere identificati precocemente i responder a una determinata tera-pia attraverso la Genetica.

Le vitamine fanno male?Una dura presa di posizione di Paul Offit è l’occasione per riflettere sul rapporto tra linee guida EBM e Medicina personalizzata

Alberto E. TozziCoordinatore

Area di Ricerca malattie multifattoriali e fenotipi complessi, Ospedale Pediatrico

Bambino Gesù, Roma

Ma ci sono anche altri fattori che possono essere implicati nella relazione causa-effetto, in parte no-ti e in parte ignoti. E così, ecco che nel giro di po-che settimane compaiono un articolo sul JAMA e uno sul BMJ sull’applicabilità delle linee guida e sulla Medicina personalizzata. Diciamo la verità: non abbiamo ancora modo di personalizzare le te-rapie come vorremmo. Ci stiamo appena renden-do conto di avere molte più informazioni di prima, ma non siamo ancora in grado di usarle appropria-tamente. È chiaro che sarà necessario fare un salto culturale nello studio dell’efficacia dei farmaci per superare i limiti dei disegni di studio attuali e met-tersi nelle condizioni di comprendere l’effetto del-le terapie non solo in popolazioni omogenee e se-lezionate, ma anche nei sottogruppi di pazienti con caratteristiche specifiche. È ormai facile studiare il profilo genetico degli individui, ma la diffusione di dispositivi che attraverso il telefonino misurano quanto dormiamo, quanto mangiamo, quanto ci muoviamo, la frequenza cardiaca e una quantità di altri parametri produce una massa di dati che ci vengono offerti su un piatto d’argento. Personaliz-zazione? Per uno che ha fatto l’epidemiologo come me è uno shock passare dalla dimensione di popo-lazione a quella dell’individuo. Ma è anche una prospettiva entusiasmante. Ok, ma nel frattempo che facciamo? Per il momento le linee guida rap-presentano la base decisionale migliore per la pra-tica clinica. Ma consapevoli del fatto che esistono delle eccezioni. In fondo il mestiere del medico ruota proprio attorno alla capacità di prendere delle decisioni complesse in situazioni complesse, e non nel seguire pedissequamente le linee guida. Altrimenti basterebbe un computer. �

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Quali accorgimenti sono stati previsti e attivati per rendere meno dura l’esperienza del carcere?Le donne presenti in carcere costituiscono una percentuale pari al 4% circa del totale dei ristretti, e per esse, a differenza di quanto accade per le sezioni maschili, non si riscontrano problemi dovuti al sovraffollamento. Nel corso dell’ultimo decennio, l’amministrazione penitenziaria ha posto particolare attenzione alle necessità connesse alla presenza dei bambini a seguito delle madri detenute, emanando nel 2008 un regolamento interno incentrato sulla tutela della dimensione affettiva, sulle specifiche necessità sanitarie, sul diverso rapporto con le

Intervista a Roberto Piscitello

Bambini in carcere

Negli Istituti di pena italiani vivono, ma solo fino

al compimento del terzo anno di vita, decine

di bambini figli di detenute: un problema

di difficile gestione

Quarantasette bambini di età compresa tra 0 a 3 an-ni vivono nelle carceri italiane, anche se ovvia-mente non hanno commesso alcun reato. L’alter-nativa, forse peggiore, sarebbe la separazione dal-la madre detenuta, ecco perché la legge italiana consente alle donne di portare con sé i figli dietro

le sbarre fino al compimento del terzo compleanno. Come vivo-no questi bambini? A che punto sono le misure alternative al carcere previste dalle legge? Ne abbiamo parlato con Calogero Roberto Piscitello, a capo della Direzione generale dei detenuti e del trattamento del DAP (Dipartimento Amministrazione Pe-nitenziaria) del Ministero della Giustizia.

esigenze della propria fisicità e sulle necessità di offrire pari opportunità di reinserimento sociale. Indispensabile è inoltre l’opera di educazione, informazione e sostegno che gli operatori penitenziari svolgono per sostenere e stimolare la donna detenuta, che rappresenta l’unico punto di riferimento affettivo e familiare del bambino, a svolgere al meglio il proprio fondamentale ruolo. Particolari servizi vengono garantiti nelle strutture interessate dalla presenza di donne con prole. Si pensi alla presenza di un ginecologo, all’organizzazione di asili nido ove sussista un’esigenza continuativa di assistenza alle gestanti, alle puerpere e ai bambini oppure all’istituzione di ludoteche, alle quali, talora,

hanno collaborato Enti Locali o associazioni di volontariato. Altri esempi in tal senso possono essere fatti, fra questi il servizio organizzato presso la Casa Circondariale Femminile di Roma Rebibbia dove personale appartenente ad un’associazione di volontariato provvede ad accompagnare quotidianamente i bambini presso l’asilo comunale esterno, al fine di consentire loro lo svolgimento e la partecipazione alle attività ludico-pedagogiche. Presso la Casa Circondariale Femminile di Venezia Giudecca da alcuni anni viene organizzata una colonia estiva per portare i bambini al mare.

Nel corso degli ultimi anni il numero dei bambini detenuti

nelle carceri al seguito delle loro madri si è ridotto? Se sì per effetto di quali misure?Nel corso degli ultimi anni il numero dei minori presenti all’interno degli istituti si è attestato su una presenza media di circa cinquanta unità. Si deve tener presente, infatti, che la grande maggioranza di donne con bambini al seguito è costituita da straniere extracomunitarie e da rom, le quali difficilmente hanno situazioni familiari esterne che consentano la concessione, da parte della magistratura, degli arresti o detenzione domiciliare o di misure alternative alla detenzione. In questo senso la legge 62/2011 prevede non solo la costituzione degli ICAM (Istituti a Custodia Attenuata per Madri detenute) che sono strutture dell’amministrazione penitenziaria, ma anche la previsione di case famiglia protette, presso le quali, anche in assenza di riferimenti socio-familiari e di un domicilio disponibile, la magistratura procedente o quella di sorveglianza potrà indirizzare le donne – ma a determinate condizioni previste dalla stessa normativa anche i padri – revocando la

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Trascorrere nelle primissime fasi dello sviluppo lunghi periodi con un solo genitore, in un momento in cui è in gioco la costruzione della propria individualità, è uno degli aspetti più critici della condizione di questi bambini. “Vivere con una madre reclusa può significare non avere a disposizione una figura maschile paterna con cui confrontarsi, stare sempre in braccio, essere allattati al seno ad oltranza, avere poche occasioni di stimolo o di incontro con figure altre. Elementi regressivi e di scarso confronto con il mondo esterno, quando la forza propulsiva di questi anni prevedrebbe la progressione verso una sempre maggiore autonomia personale”, spiega Carlo Di Brina, Neuropsichiatra Infantile della ASL che presta la propria attività nella sezione “nido” del carcere di Rebibbia, considerata una struttura

custodia cautelare o applicando misure alternative.

Che caratteristiche hanno gli ICAM, chi può beneficiarne e a che punto è la loro attuazione? Gli ICAM, pur mantenendo lo status giuridico di istituti penitenziari, si distinguono nettamente dal carcere “tradizionale”, poiché si tratta di immobili di civile abitazione non dotati di apparati di sicurezza visibili dai bambini (ad esempio sbarre alle finestre o muro di cinta) all’interno dei quali il personale penitenziario opera vestendo abiti civili. Tali caratteristiche strutturali consentono, di per loro, un evidente miglioramento delle condizioni di vita delle madri detenute e dei loro figli e, al

contempo, rendono più agevole anche il contatto della ristretta con eventuali altri figli che si trovano all’esterno. Inoltre, la presenza di servizi educativi per la prima infanzia e di strutture sociosanitarie – messi a disposizione dagli Enti Locali competenti – consente di attuare percorsi di reinserimento e recupero sociale delle donne tramite progetti di istruzione, formazione, accompagnamento al lavoro e mediazione linguistica e culturale. Tali esperienze consentono, inoltre, di programmare – congiuntamente ai servizi territoriali – il percorso verso la separazione dalla madre al raggiungimento del terzo anno di età dei bambini, nonché la loro collocazione in un ambito

ove possa essere garantita la continuità del rapporto genitoriale. Un primo esempio di ICAM è già funzionante a Milano, grazie alla collaborazione fra Amministrazione Penitenziaria, Ministero dell’Istruzione, Comune e Provincia di Milano nonché Regione Lombardia. Tale struttura può ospitare sino a dodici madri con i loro bambini ed offre diversi servizi alla persona in collaborazione con i consultori pediatrici e familiari. In prossimità della stessa, inoltre, si trovano spazi verdi e parchi giochi dove i bambini, accompagnati da volontari, possono trascorrere momenti all’aria aperta. Analoga struttura è di prossima apertura a Venezia, mentre sono in fase di progettazione in altre realtà regionali: a Torino, Firenze, Roma e Napoli. È intenzione di questa Amministrazione di replicare tale positiva esperienza in altre parti del territorio nazionale, in modo da dotarsi di una quantità di posti sufficiente ad ospitare il maggior numero possibile di madri con figli in tenera età. Il completamento delle iniziative attualmente in corso doterà il sistema penitenziario italiano di un congruo numero di posti ove ospitare, in condizioni pienamente rispettose delle esigenze dei bambini, le detenute madri.

“modello”, in cui opera un’equipe sociosanitaria della ASL RMB (composta da un pediatra, una neuropsicomotricista, puericultrici, infermieri) dedicata alla salute psicofisica del bambino. “In alcune situazioni il carcere risulta addirittura protettivo, perché garantisce un’alimentazione più regolare e conseguentemente un migliore sviluppo staturo-ponderale”, spiega il pediatra dell’equipe di Rebibbia Aldo Migliardi. Il momento del distacco dalla madre, al compimento dei tre anni, è uno dei passaggi più delicati. “Dovrebbero essere previsti – aggiungono Di Brina e Migliardi – percorsi standardizzati che prevedano momenti di incontro e periodi di frequenza anche notturna con le famiglie affidatarie, in modo che il bambino si prepari al distacco. Sarebbe assolutamente auspicabile una rete di servizi: Comune, ASL e Carcere che si attivi almeno sei mesi prima dello scadere dei 3 anni del bambino. Tutto ciò non può essere lasciato alle associazioni di volontariato o alla buona volontà dei singoli, ma va codificato attraverso procedure concordate. Ciò significa tutelare i soggetti fragili, in particolare quando si lavora con madri straniere o zingare già ab origine in condizioni di precarietà socio-culturale”.

Il momento del distacco, una fase cruciale

Detenute madri con prole al seguito. Situazione al 28/06/2013Regione di detenzione

Istituto Detenute madri

Figli al seguito

Abruzzo Teramo CC 1 1Campania Avellino “Bellizzi” CC 2 2Emilia Romagna Bologna CC 1 1Lazio Roma “Rebibbia femminile” CCF 18 18Lombardia Milano “San vittore” CCF 10 11Piemonte Torino “Lorusso e Cutugno” CC 3 4Puglia Foggia CC 2 2Sardegna Sassari CC 1 1Sicilia Messina CC 1 1Toscana Firenze “Sollicciano” CC 2 2Veneto Venezia “Giudecca” CRF 4 4Totale 45 47Fonte:Ufficio per lo Sviluppo e la Gestione del Sistema Informativo Automatizzato - Sezione Statistica

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Tra i bambini della famiglia Medici molto diffuso il rachitismo

Vita al chiuso e allattamento prolungato le cause della malattia dei piccoli principi fiorentini?

L’esplorazione delle Cappelle Medicee nella basilica di San Lorenzo a Firenze e la sco-perta di una cripta nascosta sotto un disco di marmo, considerato fino a pochi anni

fa un semplice elemento decorativo del pavimento, ha portato al rinvenimento delle tombe di nove bambini appartenenti alla famiglia Medici di età compresa tra 0 e 5 anni, vissuti e morti tra il XVI e il XVII secolo. Lo studio condotto su questi resti sche-letrici da un’equipe di ricercatori dell’Università di Pisa guidati da Gino Fornaciari, direttore della Divi-sione di Paleopatologia, ha dimostrato che i bambini della potente famiglia di regnanti toscani erano af-fetti da rachitismo. L’esame sia macroscopico sia ra-diologico dei reperti ha evidenziato una serie di ano-malie ossee, in particolare la presenza diffusa di nuo-vo osso periostale e la marcata incurvatura delle ossa lunghe, probabile risultato dalle attività di gattona-mento e deambulazione su ossa estremamente mal-leabili. Le lesioni patologiche riscontrate (evidente porosità del cranio, del tetto delle cavità orbitali, del-le coste e delle articolazioni costo-condrali; presenza di placche di accrescimento tra metafisi ed epifisi, allargamento delle metafisi e delle estremità delle coste sternali, incurvatura delle ossa lunghe) sono state interpretate come conseguenze del rachitismo. Uno dei bambini, Filippo (1577-1582), noto come “don Filippino”, mostra anche un anomalo allarga-mento della teca cranica. Ma l’aspetto più sorprendente è che la malattia sia forse attribuibile allo stile di vita privilegiato in cui

furono allevati i bambini. Il rachitismo è considerato una malattia dell’industrializzazione, solitamente associato a condizioni di vita precarie in città sovraf-follate, nelle quali l’esposizione al sole è molto limi-tata. Il rachitismo si previene facilmente mangiando cibi come uova e formaggio e trascorrendo un po’ di tempo al sole, che stimola la sintesi della vitamina D attraverso la cute. Per indagare l’alimentazione di questi bambini i ricercatori hanno analizzato gli iso-topi 15N e 13C nel collagene delle ossa, indicatori degli intake di proteine e carboidrati. Dallo studio paleonutrizionale è emerso che i bambini erano sta-ti allattati fino ai due anni di vita, una pratica tradi-zionale in epoca rinascimentale. Il latte materno, pur essendo il miglior nutrimento per i neonati, è caren-te di vitamina D, tanto che oggi se ne raccomanda l’integrazione alimentare. Le fonti storiche suggeri-scono che in epoca rinascimentale il latte materno era integrato con pappe preparate con pane e mele; ma i cereali sono molto poveri di vitamina D, mentre la frutta non ne contiene affatto. Inoltre nel XVI se-colo era usanza diffusa avvolgere i bambini in pesan-ti fasce e i piccoli Medici probabilmente dovevano passare gran parte del loro tempo nei grandi palazzi

e nelle lussuose ville di pro-prietà della famiglia, e dun-que non avevano modo di trascorrere molto tempo al-l’aria aperta e di esporsi alla luce solare come i loro coe-tanei meno fortunati.Tra i bambini dei Medici i cui resti sono stati presi in esame, anche due neonati mostrano segni di rachiti-

smo. Il team di Fornaciari ha ipotizzato che le stesse madri soffrissero di carenza di vitamina D a causa delle loro ripetute gravidanze; ad esempio Eleonora di Toledo (1522-1562), moglie di Cosimo I, mise al mondo ben 11 bambini in 14 anni. Nel Rinascimen-to l’ideale di bellezza femminile poi imponeva un incarnato pallido e le donne di alto rango – per di-stinguersi dalle contadine che si abbronzavano la pelle durante i lavori nei campi – evitavano accura-tamente l’esposizione al sole, usando anche un pe-sante trucco per mantenere la pelle bianchissima.

^̂^ Giuffra V, Vitiello A, Caramella D, Fornaciari A, Giustini D, Fornaciari G. Rickets in a High Social Class of Renaissance Italy: The Medici Children. International Journal of Osteoarchaeology 2013, DOI: 10.1002/oa.2324

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Durante il 69° Congresso Nazionale SIP il Presidente Gio-vanni Corsello ha premiato con l’iscrizione gratuita al 70° Congresso gli autori dei tre poster che hanno rac-colto il maggior numero di preferenze tra quelli presen-

tati. Ecco gli abstract dei lavori in questione.

Tra i bambini della famiglia Medici molto diffuso il rachitismo

Poster: ecco i magnifici tre

PRIMO CLASSIFICATO

Posizionamento non-invasivo di un drenaggio ventricolare esterno in una neonata Extremely Low Birth Weight con idrocefalo post-emorragico progressivo.

L. Corvaglia¹, M. Zucchelli², S. Martini¹, S. Galletti¹, E. Galassi², C. Stu-riale², G. Faldella¹.¹ U.O. Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale – Azienda Ospedaliero – Uni-versitaria di Bologna Policlinico Sant’Orsola-Malpighi.² Pediatric Neurosurgery, IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna.

L’idrocefalo post-emorragico è un’importante complicanza della prematurità ed una delle cause principali di deficit neurocognitivo. Sebbene i neonati Extremely Low Birth Weight (ELBW) siano i più colpiti, il management terapeutico ottimale in questi pazienti è ancora controverso per il significativo tasso di complicanze as-sociate agli approcci neurochirurgici; è pertanto auspicabile consolidare strategie terapeutiche temporanee che consentano di ridurre l’ipertensione endocranica e rinviare l’intervento neurochirurgico definitivo. Descriviamo il posizionamento non invasivo di un drenaggio ventricolare esterno, effettuato presso la nostra Terapia Intensiva Neonatale (TIN) in una neonata ELBW (età gestazionale 23 settimane, peso neonatale 550 g) con idrocefalo post-emorragico progressivo. Dopo aver individuato un punto di ingresso (margine destro della fontanella anteriore) ed uno di uscita (regione temporale destra), si è introdotto il drenaggio nel tunnel sotto-cutaneo creato tra i due fori. A livello del punto di ingresso si è quindi effettuata una piccola perforazione della dura madre, attraverso cui la punta smussata del drenaggio è stata condotta nel ventricolo. Il punto d’ingresso è stato ricoperto con colla di fibrina, mentre l’estremità esterna del drenaggio è stata chiusa con un tappo sterile. In caso di aumentata tensione fontanellare e/o allargamento dei ventricoli all’ecografia cerebrale si è proceduto alla rimozione di circa 5 ml di liquor per volta. Nella nostra esperienza non si sono osservate complicanze peri e post-operatorie. Dopo 21 giorni, raggiunto il peso di 1 kg e condizioni cliniche più stabili, la piccola è stata sottoposta a derivazione ventricolo-peritoneale ed il drenaggio è stato rimosso. Benché siano necessari ulteriori casi trattati con la tecnica descritta, questa potrebbe costituire un promettente approccio terapeu-tico temporaneo in neonati ELBW con idrocefalo post-emorragico progressivo e controindicazioni all’intervento neurochirurgico. Rispetto a simili tecniche prece-dentemente descritte che hanno utilizzato un ago per perforare il ventricolo, il danno al tessuto nervoso è ridotto e la stretta adesione del catetere all’anello durale contribuisce a prevenire perdite liquorali ed complicanze infetti vive.

SECONDO CLASSIFICATO

Valutazione di un dispositivo portatile a raggi infrarossi, infrascanner™, per l’identificazione di emorragie intracraniche secondarie a trauma cranico minore in età pediatrica.

S. Bressan¹, F. Martinolli¹, F. Mario¹, D. Donà¹, M. Daverio¹, C. Stefani², G. Dei Tos², L. Da Dalt².¹ Pronto Soccorso Pediatrico, D.A.I.S. per la salute della Donna e del Bambino, Università degli Studi di Padova.² U.O.C. di Pediatria, Ospedale Ca’ Foncello di Treviso.

Introduzione. Il rischio di emorragie intracraniche (EI) conseguenti a trauma crani-co minore (TCM) in età pediatrica è <5%. La TC cerebrale rappresenta l’esame gold standard per l’identificazione di EI. L’esecuzione di tale indagine deve esse-re attentamente ponderata per il rischio radiante e l’eventuale necessità di seda-zione. Recentemente un dispositivo portatile a raggi infrarossi per l’identificazione di emorragie intracraniche, Infrascanner™, ha riportato una buona accuratezza diagnostica in soggetti adulti con trauma cranico. Non vi sono tuttavia dati sulla sua applicabilità ed accuratezza nella popolazione pediatrica con TCM.Obiettivi. Valutare l’applicabilità e l’accuratezza di Infrascanner in bambini con TCM in Pronto Soccorso Pediatrico (PSP).Metodi. Studio pilota prospettico osservazionale condotto presso i PSP di Pado-va e Treviso su pazienti <15 anni valutati per TCM, a rischio intermedio-alto di emorragia intracranica secondo l’algoritmo PECARN [Kupperman et al.,Lancet 2009]. L’indagine con Infrascanner™ è stata eseguita su tutti i pazienti in modo cieco ed indipendente rispetto all’eventuale esecuzione della TC cerebrale.Risultati. Sono stati arruolati 110 pazienti, di cui 52 (47%) <2 anni. Il completa-mento dell’indagine con Infrascanner™ è stato possibile in 102 pazienti (93%), con un tempo medio di 4,4±2,9 minuti. La TC cerebrale è stata eseguita in 18 pazienti (17.6%), positiva per emorragia intracranica in 1 paziente. La misurazio-ne con Infrascanner™ è risultata positiva in 9 (9%), di cui 1 con TC cerebrale positiva nella regione corrispondente alla positività rilevata da Infrascanner™. Nessuno dei pazienti non sottoposti a TC cerebrale si è ripresentato in PSP o ha eseguito TC in altro ospedale come verificato al follow-up telefonico.Conclusioni. Infrascanner™ sembra uno strumento di agevole utilizzo anche nell’urgenza pediatrica, dato l’alto tasso di completamento senza necessità di sedazione e i tempi di esecuzione limitati. Il basso numero di TC cerebrali positive non consente di valutarne l’accuratezza diagnostica. Solo studi multicentrici con maggiore numerosità potranno meglio valutarne l’accuratezza diagnostica ed il possibile impiego in PSP nell’approccio al bambino con TCM.

TERZO CLASSIFICATO

Associazione tra FMF e patologie a patogenesi autoimmune.

U. Corpora¹, E. Adrignola¹, T. Fragapane¹, L. Bruno¹, F. Campisi¹, C. Aliz-zi², M.C. Maggio², G. Corsello¹.¹ Dip. di Scienze per la Promozione della Salute e Materno Infantile “Giuseppe D’Alessandro”, di Palermo.² Clinica Pediatrica Osp. G. Di Cristina di Palermo.

La Febbre Mediterranea Familiare (FMF) è una patologia autosomica recessiva dovuta a mutazioni del gene MEFV; sono note associazioni con malattie autoim-muni. Riportiamo due casi di associazione di FMF con Artrite Idiopatica Giovanile (AIG) e Porpora di Schonlein-Henoch (PSH).C.L., 12 aa, presenta febbre e artralgie da circa 2 mesi, trattate con cefalosporina e prednisone con ricomparsa dei sintomi alla sospensione. Piastrinosi, anemia e indici di flogosi alterati; esami sierologici, colturali e autoimmunità negativi. Dopo una settimana per la persistenza del quadro clinico-laboratoristico, si associa terapia steroidea, alla cui riduzione incremento degli indici flogistici e recidiva delle artralgie. Inizia terapia con Canakinumab e colchicina per riscontro di muta-zione in eterozigosi del gene MEFV (E148Q). L’uso della terapia biologica trova il suo razionale nel ruolo patogenetico dell’IL1ß sia nell’AIG sia nella FMF. R.T., 10 aa, si ricovera per febbre, manifestazioni purpuriche agli arti inferiori, ar-tralgia alla caviglia destra e dolore addominale. Aumento degli indici di flogosi, delle IgA e presenza di sangue occulto fecale. Beneficia di terapia con FANS. Dopo sei mesi recidiva della sintomatologia, persistenza delle IgA elevate e di sangue occulto fecale, aumento della sieroamiloide. Per il riscontro di mutazione in eterozigosi composta del gene MEFV (E148Q/R202Q) inizia terapia con colchi-cina con miglioramento del quadro clinico-laboratoristico. L’eterogeneità genetica della FMF correla con un’altrettanta eterogeneità clinica. L’eterozigosi non esclude la diagnosi poiché può esservi una seconda mutazione non nota o forme di pseu-dodominanza. Le mutazioni E148Q e R202Q non devono essere considerate un polimorfismo della struttura nativa della pirina ma mutazioni che determinano variazioni (seppur lievi) della molecola che possono avere ripercussioni sul feno-tipo. L’indagine genetica per mutazioni del gene MEFV in tali pazienti permette inoltre di prevenire temibili complicanze della FMF come l’amiloidosi renale che, se non adeguatamente trattata, può portare a insufficienza renale cronica.

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Intervista a Lorenzo Pavone e Alberto Vierucci

Maestri da imitare

Due nomi prestigiosi e di spicco sono stati applaudi-ti al Congresso Nazionale SIP: quelli di Lorenzo Pavone e di Alberto Vierucci, nuovi Maestri della Pediatria italiana. Entrambi con una ricca e lunga esperienza clinica alle spalle, le loro ricerche hanno

contribuito a livello nazionale e internazionale al progresso scien-tifico in campo pediatrico: il primo nell’ambito della Neurologia, il secondo dell’Allergologia e Immunologia. Percorsi diversi ma con più punti in comune: a partire dal fatto che entrambi i me-dici sono stati forti promotori dell’ingresso delle specialità di cui si occupano, prima considerate di principale interesse dell’adulto, nella Pediatria. Ma non solo: le loro lunghe carriere hanno per-messo loro di vedere e di partecipare dei grandi cambiamenti in atto sia nella Neurologia che nella Allergologia e Immunologia non solo dal punto di vista clinico, ma anche da quello delle me-todiche diagnostiche e delle tecnologie a supporto della clinica.

IntervIstA A Lorenzo PAvone

Nella sua esperienza, quali sono state le grandi novità e scoperte che hanno segnato la storia della Neurologia pediatrica negli ultimi 20-30 anni?Indubbiamente l’affinamento delle metodiche neuro-radiologiche e il perfezionamento delle indagini genetico molecolari, che hanno rivoluzionato le prospettive cliniche e diagnostiche per la Neurologia pediatrica. La TC e in particolare la RMN con le sue diramazioni consentono di valutare con molta precisione le anomalie presenti nel SNC e quando necessario anche sul rachide e in altri distretti organici. Con queste tecniche è possibile il riconoscimento di una serie di patologie malformative cerebrali che spesso si associano a ritardo psicomotorio e a crisi

epilettiche. Le stesse tecnologie ci consentono di rilevare alterazioni della sostanza bianca che hanno base metabolica o neuro-immunitaria. Notevole è stato l’impulso della TC e della RMN anche alla evidenziazione precoce dei tumori cerebrali. Per quanto riguarda le tecnologie genetico molecolari, hanno affiancato con successo le indagini cromosomiche. Queste nuove metodiche comprendono le microarray (array-comparative genomic hybridation, CGH) che consentono di evidenziare circa il 15% dei pazienti con ritardo mentale non altrimenti diagnosticabile; la SNP (single nucleotide polymorphism genotyping arrays) che viene impiegata per evidenziare le variazioni del numero di copie (delezioni o duplicazioni di parte) del DNA e, non ancora diffusa in Italia, la tecnica dell’exome sequencing che permette di individuare gli esoni (coding units) di geni.

Lei si è dedicato molto anche all’aspetto divulgativo della professione medica. Cosa pensa della comunicazione in ambito scientifico e di quella rivolta al paziente?

A che punto sono i medici italiani?La comunicazione è un tema molto sentito dai medici e in particolare dai pediatri. Ci sono molte riviste altamente qualificate che si rivolgono direttamente ai genitori, li informano su tutte le novità riguardanti la Pediatria e trattano i vari argomenti in modo semplice, appropriato e aggiornato. Come dimostrato dalla notevole mole di articoli pubblicati sulle più importanti riviste scientifiche internazionali e dalla sensibile riduzione dei “viaggi della speranza” verso strutture estere, i medici italiani hanno raggiunto un ottimo livello di preparazione scientifica e clinica.

Una persona che ha dato un grande contributo alla scienza come lei deve aver accumulato anche una grande esperienza umana. Ci lascia una sua testimonianza?L’attività di un pediatra è particolare. Io credo che noi pediatri abbiamo una predisposizione per esprimere nel nostro lavoro passione, abnegazione e competenza. Per quanto mi riguarda, molte volte sono stato coinvolto emotivamente dalla malattia di un bambino, dal suo dolore e da quello dei suoi familiari. Due episodi mi hanno particolarmente colpito, sono avvenuti anni addietro ma mi sono rimasti impressi: il caso di un bambino che mi chiedeva a voce alta di salvarlo, che mi raccontava la sua paura di morire, e che ho rincuorato sapendo perfettamente di non potere fare nulla per salvarlo; l’altro episodio riguarda una madre che nell’intento perverso di danneggiare il proprio figlio si ostinava a somministrargli ripetutamente e di nascosto

farmaci non prescritti fin quasi a causarne la morte. La cosa fu notata da un familiare che ci informò quando il piccolo era ricoverato in Terapia d’urgenza e quasi sul punto di non riprendersi più.

Qual è il suo messaggio per i giovani pediatri? I giovani pediatri hanno, rispetto al passato, dovuto superare due notevoli ostacoli nel loro cammino professionale: la selezione per l’ingresso alla Facoltà di Medicina e per l’ingresso alla Scuola di Specializzazione. Quindi la preparazione è in linea di massima più approfondita. Inoltre, l’introduzione dell’obbligatorietà dell’aggiornamento clinico permette ai giovani pediatri di partecipare con maggiore frequenza ai congressi e quindi di avvalersi del continuo contatto con le novità cliniche e del confronto con docenti di varie scuole di appartenenza. Ritengo che debba essere rafforzata la formazione dei giovani pediatri con una specifica attenzione alle patologie di routine e a quelle malattie non molto frequenti, che non hanno riscontro quotidiano.

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Lorenzo Pavone e Alberto Vierucci hanno ricevuto l’ambita onorificenza di Maestri della Pediatria allo scorso Congresso SIP

IntervIstA A ALberto vIeruCCI

Lei è tra i fondatori dell’Allergologia e dell’Immunologia pediatriche in Italia. Come è cambiata la pratica clinica in questi rami della Pediatria? Quali sviluppi ci si deve aspettare in futuro?Negli ultimi anni si è assistito ad un miglioramento dell’assistenza al bambino grazie alle maggiori conoscenze relative ai meccanismi immunologici e allergologici, in particolare a quelle sull’immunità innata. L’lmmunologia ormai interessa in senso trasversale quasi tutti i campi della patologia, dalle malattie autoimmuni allo sviluppo dell’immunità, fino al rigetto dei trapianti. Il futuro riguarderà sopratutto l’uso di farmaci biologici capaci di bloccare le citochine infiammatorie e l’autoimmunità. Migliorerà

anche l’applicazione dell’immunogenetica, con particolare riguardo al campo infettivologico, in cui sono attesi anche nuovi vaccini. Da un punto di vista allergologico si conosceranno sempre di più i meccanismi dell’infiammazione e di patologie gravi come l’anafilassi e si affinerà la diagnostica molecolare con l’uso di peptidi che potranno essere utilizzati anche per l’immunoterapia specifica. Occorrerà tenere conto dei rischi legati all’inquinamento ambientale, agli additivi alimentari e allo stress che sono alla base di mutamenti a livello genico studiati dall’epigenetica. Dal punto di vista terapeutico si assiste alla mancanza negli ultimi anni di farmaci innovativi. L’ultimo di questi, l’anti I-gE, trova una scarsa applicazione in Pediatria. In futuro si dovrà tenere più conto anche degli aspetti sociali e psicologici che l’allergia determina.

Lei può essere considerato in Italia il padre del vaccino anti-epatite B. Ci può raccontare qualcosa di questa esperienza?Quando Baruch S. Blumberg scoprì a Filadelfia nel 1966 una nuova proteina nel sangue di un aborigeno australiano (da

qui il nome di “antigene Australia”, in seguito HBsAg) si pensò che fosse correlata a un qualche agente infettivo: infatti due tecnici e una biologa che studiavano i sieri di pazienti con questi antigeni andarono incontro ad epatite acuta. Al microscopio elettronico si evidenziavano particelle particolari che successivamente risultarono essere il rivestimento del virus dell’epatite B (HBV). La pubblicazione di questa scoperta fu rigettata da un’importante rivista americana che obiettava l’impossibilità di coltivare questo eventuale nuovo virus! Negli anni successivi venne confermata la natura virale dell’HBV con l’attribuzione nel 1976 del Premio Nobel a Blumberg. La particella superficiale (antigene Australia o HBsAg) risultò capace d’indurre un’immunità protettiva nei confronti dell’HBV. Nel 1980 in uno storico congresso a New York si stabilì ufficialmente che questo vaccino poteva essere impiegato a scopi preventivi. Si calcola attualmente che circa 100 milioni di persone ogni anno possono beneficiare di questa prevenzione. Personalmente ho avuto il privilegio di assistere a questi eventi che hanno permesso al nostro gruppo dell’Ospedale Meyer di descrivere per primi la presenza dell’HBV in Europa e di effettuare anche le prime vaccinazioni.

Cosa le hanno insegnato dal punto di vista umano e professionale le sue esperienze internazionali? Quando si lavora in un Paese diverso dal proprio possono nascere alcuni problemi legati alla mentalità, alla lingua, agli usi e costumi del Paese ospitante e si richiede quindi una capacità di adattamento rapido alla nuova situazione. Devo ammettere che da un punto di vista umano sopratutto negli Stati Uniti ho sempre trovato una grande disponibilità e comprensione

che hanno permesso una perfetta integrazione. Ho avuto anche la fortuna che il mio arrivo nel 1966 a Filadelfia coincidesse con la scoperta dell’antigene Australia e col clima di entusiasmo che ci circondava. Blumberg, con la sua innata cordialità e modestia, dava a tutti la possibilità di partecipare attivamente alle nuove ricerche; ricordo la sua determinazione nel difendere la propria scoperta anche se famosi scienziati non credevano alla presenza di questo nuovo virus. Professionalmente ho anche appreso che un medico deve avere come scopo quello di migliorarsi ogni giorno anche affinando le sue capacità assistenziali. Blumberg era solito affermare che “salvare anche una sola vita significava salvare in prospettiva un mondo di persone”.

Lei è attualmente docente presso la Scuola di specializzazione di Clinica pediatrica dell’Università di Firenze. Qual è il suo messaggio per i giovani pediatri?Aggiungerei, oltre a quanto detto rispetto all’esperienza con Blumberg, che la professione del pediatra deve richiedere profonda passione, spirito di sacrificio e curiosità culturale per i progressi scientifici in atto. Sono fondamentali i rapporti umani e il massimo rispetto dei piccoli pazienti: “Maxima debetur puero reverentia”. Occorre anche una buona capacità di empatia sia nei confronti del bambino che della sua famiglia. Nella terapia è da tenere sempre presente il concetto del “primum non nocere” e il saper comunicare in modo comprensivo le modalità dei trattamenti, anche per rafforzare l’aderenza alle terapie. Sono molto importanti la modestia e la pazienza; la presunzione e la fretta sono cattivi consiglieri.

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impiegando vaccini lisizzati secondo un suo ori-ginale procedimento. Studia a lungo i meccani-smi della malattia tubercolare, volto a coglierne i possibili punti di attacco o ad effettuarne la pre-venzione migliore. A tal fine sostiene anche una generosa iniziativa filantropica che porta alla re-alizzazione, in un bel sito della Conca d’Oro, del-la “Casa del Sole”, destinata alla cura dei bambini tubercolotici. I primi risultati appaiono già così interessanti da essere oggetto di comunicazione al IX Congresso Nazionale di Pediatria. E si appas-siona anche al problema eziopatogenetico della scarlattina. Ma molte sono le patologie infantili esplorate da Di Cristina. Tra queste c’è anche l’anemia pseudoleucemica tipo Jaksch, oggi inter-pretata come forma talassemica. Poco nota è la sorprendente lettura che ne fa il professore in una lezione dell’Anno Accademico 1922-’23: “Si ha una distruzione esagerata di corpuscoli rossi che dipende da una aumentata labilità di essi, che di-pende a sua volta da alterazioni midollari primi-tive …(omissis)… il midollo osseo dà origine a corpuscoli rossi avariati e presenta una labilità congenita come conseguenza dell’azione di fatto-ri ereditari”. Le sue memorie scientifiche hanno un taglio stra-ordinariamente moderno, che dice molto sul ca-rattere dell’autore. Ridotti all’essenziale gli ante-cedenti bibliografici, si è quasi subito introdotti alla casistica clinica sottoposta ad una analisi ri-gorosa e stringente. Le conclusioni appaiono ine-vitabili e cristalline. Alcune di tali memorie com-paiono su riviste estere quali “Archiv für Kin-derheilkunde” o “Revue d’igiene e de médicine infantile”, ma ancor più sono quelle pubblicate sull’italiana “La Pediatria”, di cui contribuiscono non poco ad assicurare il crescente prestigio an-

Un pioniere a Palermo:Giovanni

Di Cristina

Chi di noi pediatri si rivolgesse oggi al passato, curioso delle proprie origini culturali, avrebbe delle sorprese. Scoprirebbe una serie di conquiste di raro spessore a punteggiare il

cammino della Pediatria in Italia. E scoprirebbe, insieme a percorsi scientifici originali, personaggi ancora capaci di entusiasmare. Giovanni Di Cri-stina è un protagonista della Pediatria italiana delle origini. Laureatosi a Palermo nel 1902, affi-na gli studi da Böllinger all’Istituto di Anatomia patologica di Monaco, da Salkowski a Berlino e presso la Clinica di von Leube a Würzburg. Tor-nato in Italia, nel 1906 è all’Università di Napoli, dove si dedica a ricerche di Patologia generale, diventando uno tra gli allievi prediletti del Gale-otti. Quindi si indirizza sempre più alla ricerca clinica e nel 1907 consegue la libera docenza in Patologia speciale dimostrativa medica. Amareg-giato tuttavia dalla tepidezza dell’ambiente acca-demico, nel 1909 torna a Palermo dove viene ac-colto da Rocco Jemma alla Clinica pediatrica universitaria. La preparazione già maturata nel campo dell’in-vestigazione scientifica gli consente di bruciare le tappe. Partecipa alle ricerche sulla leishmaniosi viscerale e mette a punto con Giuseppe Caronia la prima terapia efficace contro una malattia dif-fusa e quasi invariabilmente mortale. La comuni-cazione dei risultati impone gli autori e la Pedia-tria italiana all’attenzione internazionale. Ma il 40enne professore è alla ricerca di mezzi per con-trastare anche altre gravi patologie infettive, qua-li meningite cerebro-spinale e febbre tifoide. Li individua nella vaccinoterapia, che perfeziona

Una nuova puntata della rubrica che ricorda

le grandi figure della storia della Società Italiana

di Pediatria

Patrizia Cincinnati Pediatra in Roma

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che all’estero. Di-rettore della Clinica pe-diatrica di Palermo dopo la chia-mata di Jemma a quella di Napoli, è infine circondato da una schiera di allievi di valore cui dispensa con generosità insegnamenti e consigli e con i quali garantisce all’Istituto ricerche e proce-dure terapeutiche d’avanguardia. A fronte di tan-ta attività scientifica sta una quotidianità schiva,

riservata, che cela tuttavia una grande sensibilità.

Così entra nel ricordo popolare anche un Di Cristina che non nasconde la propria gioia quando coglie la guarigione di una

piccola paziente. O che durante il periodo natalizio

si reca in clinica, lui senza figli, carico di doni da distribuire ai

piccoli pazienti. Giovanni Di Cristina muore 52enne il 27

febbraio 1928. L’anno successivo alla sua scomparsa vennero a lui intitolati l’Ospedale

dei bambini di Palermo e una via nei pressi dell’ospedale. In coerenza con la propria sensibi-lità ha chiesto una cerimonia privata, senza di-scorsi ufficiali. La sua volontà viene rispettata, ma una folla interminabile lo accompagnerà, fer-mandosi solo poco prima del Cimitero di S. Or-sola. Cosa lascia dietro di sé un uomo così che se ne va? Oltre alle tante conquiste scientifiche, Di Cristina ci lascia uno stile di vita: ampiezza di orizzonti, studio profondo e appassionato, riser-bo e autenticità nelle relazioni. Una provocazio-ne, per il nostro presente. Grazie soprattutto per questo, maestro.

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È ancora appropriato parlare di terapia antipiretica?

Messaggi dalle nuove linee-guida NICE sulla gestione della febbre nei primi anni di vita

Che paracetamolo e ibuprofene siano gli unici farmaci per il trattamento della febbre raccomandati in età pediatrica, che nel bambino febbrile tali farmaci debbano essere utilizzati solo quando

alla febbre si associ un quadro di malessere generale, che il loro uso combinato o alternato non sia racco-mandato sulla base delle scarse evidenze disponibi-li riguardo la sicurezza e l’efficacia rispetto alla tera-pia con un singolo farmaco, tutto questo è certa-mente parte fondamentale del bagaglio culturale di ogni pediatra. E non può che essere così, considerato che la febbre è uno dei problemi di più grande impatto nell’attivi-tà del pediatra perché tra i più comuni nel bambino (si stima che nei primi 5 anni di vita la febbre giusti-fichi un terzo delle richieste di visita pediatrica e un 15-20% degli accessi al Pronto soccorso) e che la ri-cerca scientifica relativa alla gestione di tale sintomo è ricchissima e molte sono ormai le raccomandazio-ni per la pratica clinica pubblicate su tale tema, non ultime quelle messe a disposizione nel sito del Siste-ma Nazionale per le Linee Guida (SNLG) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) dalla nostra Società (http://www.snlg-iss.it/lgss_LG_febbre_SIP).D’altro canto però un importante divario esiste tra quanto le evidenze scientifiche dimostrano e le linee guida di conseguenza raccomandano e tra quanto invece ancora accade nella pratica clinica. È un di-vario che abbiamo la sensazione di toccare con ma-no ogni giorno ma sul quale anche la letteratura ci

allerta. Volendo citare solo alcuni studi degli ultimi 2 anni, leggiamo ad esempio che nei reparti pedia-trici non intensivi del Royal Children Hospital di Melbourne, per il 69% dei bambini il trattamento antipiretico prescritto è costituito da una combina-zione di paracetamolo e ibuprofene, che l’80% di 900 pediatri svizzeri intervistati dichiara di iniziare un trattamento antipiretico avendo come motiva-zione principale la tranquillità dei genitori, mentre il 77% dichiara di consigliare un regime alternato paracetamolo-ibuprofene e che tale regime è quello usualmente adottato anche dal 27% di un campione di 480 pediatri italiani recentemente intervistati.In questo scenario si colloca, ed è benvenuta, la re-centissima pubblicazione delle linee guida del Na-tional Institute for Health and Care Excellence (NICE) britannico revisionate rispetto alla prece-dente edizione del 2007 e pubblicate “to offer best practice advice on the care of children younger than 5 years with feverish illness”. Pur essendo mol-te delle originali raccomandazioni mantenute, due importanti cambiamenti caratterizzano questa più recente edizione: la revisione dei segni e dei sintomi da valutare all’esame clinico, con l’inclusione della tachicardia come segno predittivo di gravità di ma-lattia; la revisione della sezione sul trattamento del-la febbre, riscritta in modo da incoraggiare un uso più razionale e “per gradi” dei farmaci.Relativamente a quest’ultimo punto – l’unico che tratteremo in questo articolo – la sintesi delle racco-mandazioni è riassunta nella tabella.

Liviana Da Dalt Professore Associato

di Pediatria - Dipartimento di Salute

della Donna e del Bambino - Università di Padova

Direttore UOC di Pediatria – Treviso

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Si osserva come il termine “distress” sia quello che più compare nelle raccomandazioni, per ribadire con forza che l’endpoint terapeutico dell’uso dei far-maci antipiretici non è tanto quello di ottenere un abbassamento della temperatura, quanto quello di migliorare lo stato generale del bambino e che il monitoraggio dello stato generale del bambino deve essere l’unico parametro guida nella scelta di come la terapia vada mantenuta o riformulata. È noto in-fatti che la febbre è una comune e normale risposta fisiologica dell’organismo che risulta in un innalza-mento del set-point ipotalamico in risposta a piro-geni esogeni ed endogeni, che molte febbri sono di breve durata ed assolutamente benigne, che la feb-bre può avere un effetto protettivo sull’ospite nel combattere l’infezione e che non vi sono evidenze che il trattamento della febbre riduca la morbilità e la mortalità derivate dalla malattia che è in causa. D’altro canto è esperienza di tutti – ed alcuni dati dalla letteratura lo confermano – che i bambini feb-brili sono spesso irritabili, interrompono le loro normali attività, presentano un ritmo sonno-veglia alterato e difficoltà nell’alimentazione. E riportare alla normalità la qualità di vita di ogni bambino du-rante la sua malattia è obiettivo irrinunciabile di ogni intervento del pediatra. A fronte di tali raccomandazioni il Gruppo di lavo-ro deputato alla stesura della linea guida NICE rico-nosce però come il concetto di “distress” nel bambi-no e della reazione ad esso da parte dei genitori sia poco noto (motivazioni dei genitori a chiedere una visita medica, a somministrare gli antipiretici e a cambiare un antipiretico con un altro). Per questo si raccomanda che vengano in futuro condotti an-che studi in tal senso. Entrando nello specifico delle strategie di tratta-mento, la linea guida ribadisce che non vi sono né evidenze scientifiche né ragioni fisiopatologiche per l‘uso della terapia fisica. Infatti interventi come le spugnature tiepide, l’applicazione di ghiaccio, lo

Linee guida NICE 2013: principali raccomandazioni sul trattamento della febbre

Considerare l’uso di paracetamolo e ibuprofene solo nei bambini febbrili che appaiono “distressed” [novità 2013]

Non utilizzare gli antipiretici con il solo scopo di ridurre la temperatura corporea [novità 2013]

Nell’utilizzare paracetamolo e ibuprofene nei bambini con febbre:continuare soltanto fintanto che il bambino appare “distressed”;considerare di cambiare farmaco se “il distress” del bambino

non è alleviato;non dare entrambi i farmaci contemporaneamente; considerare di alternare tali farmaci solo se ”il distress” persiste

o ricompare prima di poter somministrare la seconda dose dello stesso. [novità 2013]

svestire il bambino, non agendo sul meccanismo della febbre, sortiscono come unico effetto un tran-sitorio raffreddamento a cui non possono che segui-re brivido e successivo rialzo della temperatura, con efficacia quindi nulla sulla febbre e solo aumento del disturbo per il bambino.Paracetamolo ed ibuprofene vengono invece confer-mati come gli unici due farmaci da utilizzare nella pratica clinica, in considerazione della loro dimo-strata efficacia sul trattamento della febbre e sul mi-glioramento della qualità di vita e del loro buon profilo di sicurezza. Il Gruppo di lavoro riconosce che l’associazione tra i due farmaci è spesso usata dai pediatri e dai genitori, ma ribadisce che tuttora non vi sono evidenze né sull’aumentata efficacia né sulla sicurezza di tale approccio. La raccomandazio-ne è quindi di scegliere un solo farmaco, di mante-nerlo se efficace, e di considerare l’alternanza con l’altro solo sulla base di una mancata risposta clini-ca misurata come miglioramento generale del bam-bino e non come raggiungimento dell’eutermia. Riteniamo che queste raccomandazioni abbiano an-che un grande impatto educativo sulle famiglie. Fo-calizzarsi sulla riduzione della febbre significherebbe infatti dare ai genitori il messaggio che la febbre è pericolosa, il che non potrà che aumentare quell’esa-gerata preoccupazione della febbre che tutti cono-sciamo come “fever phobia”. Inoltre prescrivere rou-tinariamente più farmaci può essere confondente, potenzialmente aumentando il rischio di errore. L‘auspicio è quindi che questi ulteriori messaggi che ci porta la nuova linea guida NICE davvero incorag-gino tutti i pediatri ad un uso più razionale dei far-maci antipiretici. Continuare con un uso liberale di tali farmaci significherebbe ignorare gli importanti messaggi che ci vengono dalla ricerca.

Consulta le Linee guida NICE

^̂^ Feverish illness in children: Assessment and initial management in children younger than 5 years. NICE clinical guidelines 2013; http://publications.nice.org.uk/feverish-illness-in-children-cg160

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“Un uomo si misura da come tratta qualcuno da cui non può ricevere assolutamente nulla in cam-bio”: è con questa citazione del poeta e biografo inglese Samuel Johnson che Don Dante Carraro, direttore del CUAMM, ha concluso il suo intervento alla sessione ONSP del 69° Congresso Nazionale SIP. Non una conclusione ma un vero e proprio intervento “programmatico” che, in un dialogo mai interrotto, ha visto ancora una volta gli specia-lizzandi in Pediatria protagonisti di un’intera ses-sione dedicata ai Paesi in via di Sviluppo al X Con-

In fila all’aeroporto… con Geronimo StiltonNel terminal 1 di Milano Malpensa, dal 28 giugno al 26 agosto 2013, l’immagine di Geronimo Stilton indirizzerà le famiglie verso una corsia dedicata e personalizzata – la Family Lane – che consentirà di accedere più velocemente ai filtri di sicurezza. La Family Lane sarà dedicata a chi viaggia con bambini e ragazzi fino ai 12 anni compiuti e sarà attiva venerdì, sabato, domenica e lunedì.

Oltre l’orizzonteI vincitori del concorso fotografico dedicato al lavoro nei Paesi in via di sviluppo

gresso Nazionale ONSP di Cagliari, nonché di un’importante novità: una mostra-concorso foto-grafica dedicata.Convinti infatti che “formazione” significhi anche portare il nostro entusiasmo, le nostre energie e competenze nelle aree più marginali del mondo, abbiamo chiesto agli specializzandi che hanno par-tecipato recentemente a progetti di cooperazione internazionale di inviarci una immagine rappre-sentativa della loro esperienza e di quanto ricevuto durante i mesi di attività. Fra le decine di contribu-ti pervenuti, 20 le immagini selezionate ed inserite in un book fotografico, e 4 le foto premiate che abbiamo deciso di pubblicare e condividere in questa rubrica per proporvi parte di un viaggio... quello di tre giovani colleghi – Martina, Marta ed Antonio – attraverso la densità delle emozioni, quelle senza voce, quelle che solo le immagini rie-scono compiutamente ad esprimere.

1° CLASSIFICATO Martina Mazzocco – Nanoro, Burkina Faso

“I pensieri che più della sabbia mi bruciano gli occhi...”

2° CLASSIFICATO Antonio Liguori – Boussè, Burkina Faso

“…questi occhi che ancora ringraziano di essere qui...”

3° CLASSIFICATOMarta Balzarini – Rio Kwanza, Angola

“…ed una strada di terra che inizia ai confini del niente ed il mio tutto che si ostina a cercare una via...”

PREMIO SPECIALE “Renzo Galanello”Martina Mazzocco – Nanoro, Burkina Faso

“…e la notte qui è notte davvero, è la madre del buio ed il nero... è soltanto un colore della realtà”.

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I nativi americani facevano largo uso del cranberry (Vaccinium macrocarpon Aiton) co-me cibo, agente terapeutico e colorante dei tessuti. I marinai americani lo usavano nei lunghi viaggi per prevenire lo scorbuto. Il cranberry è coltivato in tutto il nord degli Sta-ti Uniti ed è disponibile in forma fresca e la-vorata (succhi, succhi concentrati, estratti). I frutti, bacche di colore rosso vivo, sono ricchi di proantocianidine (PAC), sostanze che pos-siedono delle proprietà antiadesive uniche, in particolare il tipo A (PAC-A). Fino a qualche anno fa si riteneva che il cranberry esercitasse la sua azione grazie a un processo di acidifica-zione delle urine. Ora è noto che il suo effetto benefico è dovuto soprattutto alla capacità di prevenire il legame dei batteri, in particolare l’Escherichia coli, alla superficie delle mem-brane cellulari. Escherichia coli è responsabile della gran parte delle infezioni delle vie urinarie e come molti batteri uropatogeni è capace di aderire alle cellule uroepiteliali. L’adesione gli permette di

non essere trascinato via dal flusso delle urine e di avviare il processo infettivo. Specifiche adesine localizzate sulle fimbriae (o pili) me-diano l’attacco a particolari glicoproteine o glicolipidi dei tessuti dell’ospite. Si conoscono fimbrie di tipo 1, tipo P e X. Gli Escherichia coli P-fimbriati sono spesso associati a pielo-nefrite. Numerosi studi hanno dimostrato che le PAC-A sono in grado di bloccare l’adesione dei batteri patogeni alla cellula uroepiteliale. Non è noto se esse siano l’unico fattore che inibisce l’adesione degli E. coli all’uroepitelio, visto che il succo di cranberry in toto ha un’attività antiadesiva maggiore rispetto a quella delle PAC-A isolate. L’incubazione con succo di cranberry modifica la conformazione molecolare dell’Escherichia coli e la sua capa-cità di agglutinazione e ne riduce significati-vamente anche la capacità di formare biofilm. I componenti del succo di cranberry con atti-vità antiadesiva vengono assorbiti e raggiun-gono il tratto urinario mantenendo proprietà inibenti significative.

Mirtillo rosso americano: la bacca che inibisce l’adesione fimbriale

83 adulti su 100Italiani tra i 15 e i 70 anni che consumano latte caldo o freddo: si tratta di 36,2 milioni di persone.

Vitalia Murgia Pediatra, docente al Master di II livello in Fitoterapia - “Sapienza” Università di Roma

Consumo di pesce 6 bambini su 10 mangiano meno di 2 porzioni di pesce a settimana (Dati Osservatorio Nutrikid Nestlé – Fondazione ADI).

In un recente studio canadese randomizzato e controllato coinvolgente soggetti in età pedia-trica, un succo di cranberry ricco di PAC-A as-sunto per 12 mesi ha mostrato un’efficacia si-gnificativa nel ridurre la frequenza delle infe-zioni delle vie urinarie, rispetto a un succo senza PAC che fungeva da controllo. Numerosi studi scientifici confermano l’azione protetti-va del succo o degli estratti di cranberry nei confronti della ricorrenza di infezioni batteri-che delle vie urinarie, in particolare nelle don-ne adulte. Non è confermata invece la sua effi-cacia nel trattamento delle infezioni acute. Una recente revisione Cochrane ha messo in dubbio l’efficacia dei succhi e suggerito studi più approfonditi sulle forme concentrate, pur riconoscendo che essi possano essere altrettan-to efficaci quanto gli antibiotici (“[...] they may be as effective as antibiotics”). Il mirtillo rosso americano in vitro si è dimostrato in gra-do anche di limitare lo sviluppo dei rotavirus. Nella prevenzione delle infezioni delle vie uri-narie ESCOP (The Scientific Foundation for Herbal Medicinal Products) consiglia 300-750

ml di succo di cranberry al giorno o 200-500 mg di estratto secco o succo

concentrato 2 volte al giorno. La somministrazione va

protratta per almeno 12 mesi. La compliance è migliore se si fanno uti-lizzare prodotti sotto forma di capsule, com-presse o sciroppo con-tenenti estratto secco o

succo concentrato. La dose pediatrica è estrapo-

lata dalle quantità utilizzate in studi clinici sugli adulti.

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Hai letto gli ultimi articoli di Pediatrics di luglio?Prevention of Unintentional Injuries: A Global Role for Pediatricians

Serum Uric Acid and Blood Pressure in Children at Cardiovascular Risk

Plastic Bags for Prevention of Hypothermia in Preterm and Low Birth Weight Infants

Implementation of a Parental Tobacco Control Intervention in Pediatric Practice

Accedi a oltre 1500 riviste gratuitamentehttp://sip.it/formazione-aggiornamento/ riviste/riviste-full-textUn servizio per consultare senza costi la letteratura scientifica pediatrica più importante in formato elettronico comodamente da casa, seduti al proprio computer.

Le riviste della SIPArea Pediatrica, Prospettive in Pediatria, Italian Journal of Pediatrics, Pediatria, Conoscere per crescere.

Alberto E. Tozzi Coordinatore Area di Ricerca malattie

multifattoriali e fenotipi complessi, Ospedale Pediatrico

Bambino Gesù, Roma

È una app che serve per condividere le foto di casi clinici particolari sui quali discutere ed eventualmente ricercare la diagnosi differen-ziale. Si chiama Figure 1 (http://figure1.com) e già sta facendo discutere. L’ideatore ha pen-sato di creare un semplice sistema che per-mettesse a una comunità di soli professionisti della salute di discutere di casi clinici mante-nendo la privacy del paziente. L’applicazione, in modo automatico, impedisce di registrare le fotografie del volto e cancella i segni parti-colari come i tatuaggi. L’utility per cancellare i segni particolari può essere applicata in qualsiasi sezione dell’immagine. L’utente può creare una collezione di immagini e “marcare i favoriti”. L’applicazione ha anche un consen-so informato incorporato ad ulteriore garan-zia per il paziente. L’idea è nata pensando soprattutto agli studen-ti e al motto “un’immagine vale più di mille parole”. La discussione sulla sicurezza dell’ini-ziativa però imperversa: Figure 1 è molto facile da usare, anche troppo, e potrebbe facilmente prendere la mano a chiunque abbia lo scatto facile anche in situazioni improprie. In parti-colare l’applicazione si presta a chi... vuole fare colpo, o magari solo scherzare o divertirsi. Nel-la versione attualmente distribuita la registra-zione al servizio è consentita anche a coloro che non sono professionisti della salute, ma solo come osservatori “non attivi”. Alcuni utenti se-

gnalano tuttavia che il meccanismo di verifica dell’affiliazione ad un’organizzazione medica professionale non è ancora perfettamente fun-zionante. Infine gli utenti che inviano le foto non vengono identificati. In una comunità di professionisti questo è probabilmente un limi-te. Ma una delle critiche più importanti riguar-da l’assenza del contesto clinico. Può davvero essere utile condividere le immagini senza co-noscere la storia del paziente? In fondo non dovrebbe essere difficile modificare la piatta-forma per far posto anche a queste informazio-ni. E poi, gli strumenti per il mantenimento della privacy del paziente sono davvero ade-guati? Il consenso informato per la condivisio-ne dell’immagine sarà accettabile da parte di un comitato etico?Ora pensate: siete in ambulatorio, visitate un bambino con un esantema morbillifor-

me. Estraete il vostro telefo-nino dalla tasca e chiedete alla madre di firmare il con-senso informato. Qualche spiegazione e riuscite a con-vincerla, scattate la foto che sarà un ottimo spunto per una discussione sulle mani-festazioni cliniche del mor-billo. Ma che reazioni avrà avuto l’autore di una foto che appare in questo articolo (http://goo.gl/WFtyr) che ritrae una mano amputata, quando ha chiesto il consen-so informato?

Il packaging shock? Funziona Le scritte minacciose sui pacchetti di sigarette riducono il consumo di tabacco, e se fossero associate a immagini scioccanti sarebbero ancora più efficaci (il 47% dei fumatori afferma che in questo modo sarebbe più consapevole dei danni del fumo alla salute). Lo rivela una ricerca del Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive di “Sapienza” – Università di Roma.

Un social network per le foto di interesse medico

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A Glasgow, in occasione del 6° Congresso dell’Associazione Europea di Pediatria (Eu-ropean Paediatric Association, EPA/UNEPSA), oltre 2500 i pediatri provenienti da più di 60 Paesi a confronto tra loro su temi clinici, di ricerca biomedica e sociali. L’organizzazione delle cure pediatriche tra territorio ed ospe-dale nelle diverse realtà europee ha occupato diverse sessioni in cui si è ribadita la centra-lità dell’area pediatrica per garantire, tutela-re e promuovere la salute e il benessere del bambino e dell’adolescente. I progressi in tema di malattie croniche sono stati oggetto di interventi di alto profilo: in-novazione tecnologica e reti assistenziali in-tegrate e multidisciplinari sono stati oggetto di approfondimento e vivace dibattito. Sulla ipotermia neonatale si è ribadita la necessità

Controllo degli spot: ma in quali programmi?Le severe norme introdotte in Gran Bretagna per limitare gli spot televisivi di alimenti non sani durante i programmi per bambini hanno a quanto pare uno scarso impatto, perché non riguardano i programmi tv realmente più seguiti dal pubblico infantile. La denuncia arriva da uno studio dell’University of Liverpool presentato all’European Congress on Obesity.

Ultime da GlasgowIn Scozia si è svolto un affollatissimo Europediatrics 2013

di una linea guida condivisa su scala euro-pea, anche in vista di una riduzione ulterio-re delle percentuali di danni, disabilità ed handicap neuropsichici collegati alla patolo-gia asfittica ad esordio perinatale. Non sono mancate sessioni dedicate alla prevenzione, dalle nuove vaccinazioni agli stili di vita sa-lutari, tesi a ridurre in tutte le regioni euro-pee le allarmanti percentuali di obesità e sovrappeso registrate nel corso degli ultimi anni ed evidenziate nei report delle organiz-zazioni sanitarie nazionali e della Unione europea. Di grande interesse la sessione de-dicata alla possibilità di prevenire in età pe-diatrica alcune malattie dell’adulto causa di mortalità e di elevata morbilità, come le pa-tologie cardiovascolari e dismetaboliche.La promozione della salute tra gli adolescen-

ti e il ruolo dei pediatri in questa prospettiva sono stati al centro di sessioni e dibattito. Gli adolescenti sono oggi tra il 13 e il 20% della popolazione nei paesi dell’Europa e rappresentano una parte fragile e spesso non tutelata nei diversi contesti e e tessuti socia-li. Un congresso a vera dimensione europea, fortemente caratterizzato dalla integrazione tra esperienze diverse.

(Giovanni Corsello)

Relazione RASFF 2012, allarmi alimentari in caloLa relazione annuale sul Sistema di Allerta Rapido per Alimenti e Mangimi (RASFF) pubblicata dalla Commissione europea rivela che nel 2012 il totale delle notifiche è stato di 8797. Il 40% è rappresentato da notifiche originali (ossia notifiche di allarme, notifiche di informazione e notifiche di respingimento alle frontiere), mentre il 60% è rappresentato da notifiche di follow-up (notifiche concernenti informazioni supplementari rispetto alla notifica originale). Sono state 526 le notifiche riguardanti rischi gravi riscontrati in prodotti immessi sul mercato, un 14% in meno rispetto al 2011. La maggioranza delle notifiche su allergeni negli alimenti ha riguardato la presenza di latte non dichiarato come ingrediente, seguita dalla presenza di solfiti non dichiarati. La Cina è il Paese che ha subito più notifiche riguardanti riso GM o prodotti a base di riso GM provenienti dalla Cina,altre notifiche riguardano papaya proveniente dalla Thailandia e riso basmati GM proveniente dal Pakistan. Il numero di notifiche riguardanti le micotossine nel 2012 è sensibilmente calato rispetto all’anno precedente. Tuttavia si è registrato un incremento di segnalazioni concernenti la presenza di aflatossine nei fichi secchi provenienti dalla Turchia. Sono state 32 invece le notifiche riguardanti la presenza di ocratossina A. Rispetto al 2011 si sono registrate più notifiche riguardanti i molluschi bivalvi e cefalopodi dovute a Salmonella, Norovirus ed Escherichia coli. Per i prodotti della carne (escluso il pollame) si è assistito nel 2012 ad un aumento delle notifiche dovute a Salmonella. Sono scese invece le segnalazioni riguardanti la presenza di agenti patogeni nei prodotti della pesca. Nel 2012 si è registrato per il terzo anno consecutivo un forte aumento delle notifiche RASFF riguardanti la presenza di residui di fitosanitari. Le sostanze più notificate sono state triazophos, acetamiprid, acephate e monocrotophos.

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Giochi pericolosi. Le segnalazioni del sistema di allerta RAPEX

Prima versione pubblicata in inglese come“Weekly overview reports of RAPEX notifications” Dalla Direzione Generale per la Salute e i Consumatori della Commissione Europea sul sito ufficiale dell’Unione Europea attraverso il Sistema di allerta rapida dell’Unione Europea per i prodotti non alimentari (RAPEX)http://ec.europa.eu/rapex © European Union, 2005 – 2012 I punti ufficiali di contatto degli Stati Membri e degli Stati EFTA-EEA forniscono l’informazione pubblicata in questi report settimanali. Sotto i termini dell’Appendice II.10 della Direttiva sulla Sicurezza Generale dei Prodotti (2001/95/EC) la responsabilità per l’informazione fornita risiede nel soggetto notificante. La Commissione non è responsabile per l’accuratezza dell’informazione data. Traduzione italiana: Società Italiana di Pediatria (2012) La responsabilità della traduzione è totalmente a carico della Società Italiana di Pediatria.

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Il cioccolato dei compleanni è più buono I rituali legati al consumo di cibo (per esempio soffiare sulle candeline prima di gustare una torta di compleanno) attivano più profondamente alcune aree cerebrali rendendo più gradevoli i sapori. Lo rivela uno studio pubblicato su “Psychological Science” da un team di ricercatori dell’University of Minnesota coordinato da Kathleen D. Vohs.

Prodotto Pistola con accessori Air Gun Super Shoot Game

Categoria Giocattoli

Marchio Canhui

Paese d’origine Cina

Tipo/numero di modello

Modello: BB905A; codice a barre: 5904265204492

Descrizione Pistola ad aria con sei proiettili di gomma morbida e un mirino. La pistola è fatta di plastica colorata ed è lunga circa 250 mm. I proiettili di gomma sono lunghi circa 65 mm e terminano con una ventosa. Il mirino di plastica ha applicati degli adesivi con immagini colorate.

Pericolo Soffocamento. Le ventose possono facilmente essere rimosse dai proiettili e potrebbero venire messe in bocca e bloccare le vie respiratorie. Il prodotto non è conforme alla direttiva sulla sicurezza dei giocattoli e alla norma europea EN 71-1.

Misure prese Misure volontarie: ritiro del prodotto dal mercato.

Prodotto Bikini

Categoria Abbigliamento per bambini

Marchio Leonardo

Paese d’origine Cina

Tipo/numero di modello

Modello: Art: C31 Codice a barre: sconosciuto

Descrizione Bikini azzurro e bianco per bambine di 7-8 anni di età. Il prodotto è decorato con fiori applicati e con l’immagine stampata di una bambina.

Pericolo Strangolamento, incidenti. Il prodotto presenta un rischio di strangolamento a causa dei cordoncini liberi nella zona del collo. Inoltre presenta un rischio di incidenti a causa dei cordoncini che devono essere legati sulla schiena e intorno alla vita. Il prodotto non è conforme allo standard europeo EN 14682.

Misure prese Misure obbligatorie: ritiro del prodotto dal mercato.

Prodotto Giocattoli di plastica per il bagnetto

Categoria Giocattoli

Marchio New Toys

Paese d’origine Cina

Tipo/numero di modello

Modello: sconosciuto: codice a barre: 101G436252

Descrizione Il prodotto contiene sei pesciolini di plastic, due blu, due arancioni e due gialli. I pesci sono venduti in un sacchetto di plastica.

Pericolo Chimico, ambientale. Il prodotto presenta un rischio chimico perché I pesci arancioni contengono fino al 2.5% di di-etilesil-ftalato (DEHP) e finoal 29% di disolbutil-ftalato (DIBP). Ai sensi del regolamento REACH gli ftalati DEHP, DBP e BBP sono vietati in tutti i giocattoli e articoli per bambini, mentre gli ftalati DINP, DIDP e DNOP sono vietati nei giocattoli e negli articoli per bambini che possono essere messi in bocca. Il prodotto presenta un rischio ambientale (inquinamento chimico) perché i pesciolini contengono fino al 7.1% di paraffina clorurata a catena corta (SCCP). Il prodotto non è conforme al Regolamento della Commissione 519/2012 sugli inquinanti organici persistenti (regolamento POP). Inoltre il packaging in PVC contiene fino a 425 mg/kg di cadmio.Il prodotto non è conforme al Regolamento REACH 1907/2006.

Misure prese Misure volontarie: ritiro del prodotto dal mercato.

Prodotto Set di sonaglietti

Categoria Giocattoli

Marchio Beilexing

Paese d’origine Cina

Tipo/numero di modello

Modello: 194 - 34686 C / RDOS Codice a barre: 8435010934687

Descrizione Il prodotto contiene 8 sonagli ed è venduto in una scatola di cartoncino con una finestra trasparente. La confezione contiene informazioni contraddittorie perché riporta che il prodotto è indicato per bambini di età superiore a sei mesi, ma presenta anche il simbolo relativo alle restrizioni d’uso per l’età sotto i tre anni di età.

Pericolo Soffocamento. Il prodotto presenta un rischio di soffocamento in quanto contiene piccole parti (le piccole campane) che facilmente si staccano e possono essere ingerite dai bambini piccoli. Il prodotto non è conforme alla direttiva sulla sicurezza dei giocattoli e alla norma europea EN 71-1.

Misure prese Misure obbligatorie: importazione respinta.

Prodotto Trattore

Categoria Giocattoli

Marchio New Holland Agriculture

Paese d’origine Cina

Tipo/numero di modello

Item code T7040; codice a barre: 800129495151

Descrizione Trattore di tre colori che riproduce I trattori originali del marchio New Holland Agriculture tractors. La confezione di cartoncino presenta una finestra di plastica trasparente e un’etichetta con delle raccomandazioni.

Pericolo Chimico. Il prodotto presenta questo rischio perché contiene fino al 17% di peso di di-etilesil-ftalato (DEHP). Ai sensi del regolamento REACH gli ftalati DEHP, DBP e BBP sono vietati in tutti i giocattoli e articoli per bambini, mentre gli ftalati DINP, DIDP e DNOP sono vietati nei giocattoli e negli articoli per bambini che possono essere messi in bocca.

Misure prese Misure volontarie: ritiro del prodotto dal mercato.

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Pediatria numero 7-8 - luglio-agosto 201330

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4.9 SovradosaggioNon segnalate reazioni da sovradosaggio.

5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE5.1 Proprietà farmacodinamicheOtalgan® ha una pronta azione antidolorifica ed antin-fiammatoria nelle affezioni auricolari senza perforazione timpanica.

5.2 Proprietà farmacocineticheLa procaina cloridrato ha azione anestetica di superficie rapida, viene idrolizzata da esterasi ed è ben tollerata.Il fenazone esplica attività antiflogistica topica e pre-senta in vivo effetti inibitori sulla cicloossigenasi.Con l’instillazione di Otalgan® nel condotto uditivo ester-no non viene riscontrato, con metodiche altamente sen-sibili, un assorbimento del fenazone a livello sistemico.

5.3 Dati pre-clinici di sicurezzaOtalgan® ha dimostrato di essere sicuro: la sua tollera-bilità viene confermata dall’impiego clinico pluriennale.

6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE6.1 Lista degli eccipientiGlicerolo, butilidrossianisolo.

6.2 IncompatibilitàNon segnalate.

6.3 Validità36 mesi a confezionamento integro.

6.4 Speciali precauzioni per la conservazioneChiudere bene il flacone dopo l’uso.

6.5 Natura e contenuto del contenitoreFlacone da 6 g trasparente, incolore, in polietilene con con-tagocce in polietilene e chiusura di sicurezza in polipropilene bianco.

6.6 Istruzioni per l’usoAttenzione: non utilizzare il medicinale dopo la data di scadenza indicata sulla confezione. La data di scadenza si riferisce al prodotto in confezionamento integro, cor-rettamente conservato.

7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’ IMMISSIONE IN COMMERCIOVifor France SA, 7-13 Boulevard Paul-EmileVictor F-92521 Neuilly Sur Seine Cedex - Francia.

8. NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’ IMMISSIONE IN COMMERCIO004398018

9. DATA DI PRIMA AUTORIZZAZIONE/REVISIONE TESTOGennaio 1951- Marzo 2000.

10. RINNOVO AUTORIZZAZIONE Maggio 2005.

1. DENOMINAZIONE DELLA SPECIALITÀ MEDICINALE 1%+5% gocce auricolari, soluzione. Antalgico ed antinfiammatorio nelle affezioni dell’orecchio.

2. COMPOSIZIONE QUALITATIVAE QUANTITATIVAPrincipio attivo:100 g contengono:- procaina cloridrato 1g- fenazone 5g

3. FORMA FARMACEUTICAGocce auricolari, soluzione.

4. INFORMAZIONI CLINICHE4.1 Indicazioni terapeutiche Otalgie.

4.2 Posologia e modo di somministrazioneInstillare nel condotto uditivo esterno2-4 volte al giorno:Adulti: 5-8 gocce ogni volta.Bambini: 4-5 gocce ogni volta.Non superare le dosi consigliate.

4.3 ControindicazioniIpersensibilità individuale accertata verso i componen-ti del prodotto. In caso di perforazione della membrana timpanica astenersi dall’uso.

4.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’usoSi consiglia di intiepidire il flacone prima dell’uso. Quale misura precauzionale, prima di somministrare il prodot-to, assicurarsi dell’integrità della membrana del timpa-no. Non protrarre la somministrazione del farmaco oltre i 10 giorni; in ogni caso dopo breve periodo di trattamen-to,1-2 giorni, senza risultati apprezzabili, consultare il me-dico. Nella primissima infanzia il prodotto deve essere somministrato sotto il diretto controllo del medico e solo nei casi di effettiva necessità. Il prodotto può essere usa-to a qualsiasi età. Tenere il medicinale fuori dalla portata e dalla vista dei bambini.

4.5 Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazio-neNon segnalate.

4.6 Gravidanza e allattamentoNon sono segnalati particolari rischi. Somministrare sotto il diretto controllo del medico e solo nei casi di effettiva ne-cessità.

4.7 Effetti sulla capacità di guidare e sull’uso di macchineNessuna interferenza.

4.8 Effetti indesideratiI prodotti per applicazione topica possono dare origine a fenomeni di sensibilizzazione o di irritazione. In tali casi in-terrompere il trattamento e consultare il medico. In caso di perforazione del timpano, il prodotto a contatto con la strut-tura dell’orecchio medio può determinare effetti collaterali a tale livello. L’uso del fenazone, sia pure per via sistemica, è stato associato ad un elevato rischio di agranulocitosi; que-sto farmaco, come la procaina, può dare reazioni allergiche in soggetti sensibilizzati ed in seguito ad adsorbimento si-stemico anche manifestazioni anafilattiche.

RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO

1%+5% GOCCE AURICOLARI, SOLUZIONE

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Otite media acuta? La scelta primaria per i piccoli pazienti è il controllo dell’otalgia.(1)

Prezzo a discrezione del farmacista. Medicinale di automedicazione. Classe C bis.

CC 1

0130

1000

00Antidolorifico-antinfiammatorio ai primi sintomi di otalgia.(3)

In caso di otite media acuta, le Linee Guida della Società Italiana di Pediatria indicano come rimedio primario la somministrazione di antidolorifici.(1)

Nei bambini dai 6 mesi in su, con una diagnosi non certa, si suggerisce di adottare un approccio di “vigile attesa”, ovvero ritardare la prescrizione di antibiotici per 48 ore controllando il dolore(2) con una terapia analgesica mirata.

1) Linee-Guida della SIP. Otite Media Acuta: dalla diagnosi alla prevenzione. Coordinatori Paola Marchisio, Nicola Principi, Luisa Bellussi. Febbraio 20102) Subcommittee on Management of Acute Otitis Media, Diagnosis and Management of Acute Otitis Media, Pediatrics, 2004; 113; 1451-14653) Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Destinato alla classe medica. Depositato AIFA il 24/05/2013