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NUMERO 8 - AGOSTO-SETTEMBRE 2019 - ANNO LXXI Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 24/12/2003 n. 353 (convertito in Legge 27/2/2004 n. 46) Art. 1, comma 1. Pubbl. inf. 45% DCB/Milano - euro 1,03 (abbonamento annuo euro 15,00). DIRIGENTI INDUSTRIA MENSILE DELL'ASSOCIAZIONE LOMBARDA DIRIGENTI AZIENDE INDUSTRIALI L’Italia non è un Paese per manager (giovani e senior)

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NUMERO 8 - AGOSTO-SETTEMBRE 2019 - ANNO LXXI

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DIRIGENTIINDUSTRIA

MENSILE DELL'ASSOCIAZIONE LOMBARDA DIRIGENTI AZIENDE INDUSTRIALI

L’Italia non èun Paese per manager

(giovani e senior)

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DI AGOSTO-SETTEMBRE 2019 1

Editoriale

Bruno VillaniPresidente ALDAI-Federmanager

La rivoluzione 4.0inizia dalle personeIl mercato dei progetti di Industria 4.0 – tra soluzioni IT, componenti tecnologiche abilitanti su asset produttivi tradizionali e servizi collegati – ha raggiunto nel 2018 un valore di 3,2 miliardi di euro, di cui l’82% realizzato verso imprese italiane e il resto in export di progetti, prodotti e servizi. Secondo i risultati della ricerca dell'Osservatorio Indu-stria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano, stiamo parlando di un valore in crescita del 35% rispetto all’anno precedente, trainato dai frutti de-gli investimenti effettuati nel 2017 (e fatturati nel 2018) sulla spinta del Piano Nazionale Industria 4.0.Il mercato italiano dell’Industria 4.0 dunque, nonostan-te si stimi un rallentamento della crescita per il 2019 in-torno al +20-25% in base ai risultati del primo trimestre, corre sempre più veloce. Ma per continuare a crescere e a consolidarsi è necessario coinvolgere nella rivolu-zione 4.0 le persone: dai manager in primis che sono i veri attuatori e promotori di sviluppo e innovazione – solitamente il promotore delle iniziative 4.0 è un top manager (43,8% del campione) o direttore di produzio-ne o stabilimento (35,4%) – ai dipartimenti HR e lavora-tori coinvolti nella progettazione e nello sviluppo del-le soluzioni fino agli operai, fornendo a tutti gli attori coinvolti una formazione continua e mirata in grado di far fronte alla sfida e con essa anche alle opportunità, di questa nuova e rivoluzionaria ondata tecnologica. Come ALDAI-Federmanager abbiamo più volte sotto-lineato e ribadito in molteplici occasioni, dagli eventi alle iniziative realizzate in collaborazione con la nostra Federazione e con gli Enti bilaterali, come l’investimen-to nel capitale umano debba essere una priorità del nostro sistema, del nostro modo di fare impresa, ma anche delle Istituzioni e di tutti gli Stakeholder del territorio. Si tratta di uno skill divide che va colmato e al più presto: le persone sono i veri utilizzatori finali delle tecnologie e la formazione, attraverso l’acquisizione di

know-how in maniera rapida e continuativa, rappre-senta oggi il fattore competitivo in grado di determina-re il successo di un business.Ma servono ancora le conoscenze umanistiche e uma-ne in un’epoca di informatica onnipresente? Quanto è strategico lavorare sulle competenze di ciascuno di noi per innovare nel digitale? La risposta è che non solo servono (le competenze umane), ma sono diventate indispensabili. Questo perché un processo di innova-zione basato sulle competenze umanistiche oltre che scientifiche si è rivelato essere la chiave per offrire agli economisti competenze in grado di produrre previsioni migliori, modelli di analisi realistici e politiche struttura-te. Gli stessi dati di cui oggi siamo inondati necessitano di una profonda conoscenza della cultura piuttosto che dei numeri. Ecco perché è più che mai fondamentale oggi parlare anche di informatica umanistica, per sot-tolineare il ruolo strategico e l’alta valenza formativa e culturale che ne deriva.Non è un caso dunque che Dirigenti Industria di Agosto e Settembre abbia identificato il suo focus in “storie di manager”: in questo numero abbiamo raccolto inter-viste, racconti e testimonianze di donne e uomini che costruiscono, che guardano oltre e più lontano, che coltivano una prospettiva di futuro per la quale sono, e siamo tutti noi manager, chiamati all’opera costante-mente.È infatti attraverso la condivisione delle esperienze, insieme ad una visione sistemica e ad un’unità di in-tenti, che si cela la capacità, e con essa l’ambizione e il dovere, di immaginare, creare e costruire un Paese migliore. Ricordiamoci chi siamo dunque come prima cosa e ri-cordiamoci che la vera “rivoluzione“, la prima e la più importante, parte sempre da noi stessi. Solo così infatti possiamo essere finalmente protagonisti del cambia-mento che vogliamo vedere. ■

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PRESIDENZAPresidente: Bruno Villani - [email protected]: Manuela Biti - [email protected]: Mino Schianchi - [email protected]: Elisabetta Borrini

Segreteria Presidenza e Direzione - [email protected] Romagnoli 02.58376.204

Comunicazione e Marketing - [email protected] Tiraboschi 02.58376.237Ilaria Sartori 02.58376.208

SERVIZIO SINDACALECristiana BertolottiConsulenze riservate agli iscritti solo su [email protected][email protected]

Consulenze sindacali - previdenzialiCristiana Bertolotti - [email protected] Peretto - [email protected]

Consulenze previdenziali - Salvatore Martorelli1°, 2°, ultimo lunedì di ogni mese dalle 8:00 alle 15:303° mercoledì di ogni mese dalle 8:00 alle 15:30

Consulenze previdenza complementare / InpsRosanna Versiglia martedì e giovedì dalle 9:00 alle 14:00

Consulenze convenzione ENASCO / InpsSilvia BarbieriTutti i venerdì dalle 9:00 alle 12:003° lunedì di ogni mese dalle 14:00 alle 17:00 solo domande di pensione con telematica InpsConsulenze fiscaliNicola Fasano - martedì pomeriggio

Area sindacale - previdenzialeFrancesco Bono 02.58376.219Valeria Briganti 02.58376.221 Maria Caputo 02.58376.225 Francesca Sarcinelli 02.58376.222

SERVIZIO FASI/ASSIDAICristiana Scarpa [email protected] Frazzetto [email protected] riservati agli iscritti solo su appuntamentoTelefonate solo martedì, giovedì e venerdì dalle ore 14:30 alle ore 17:00

SERVIZIO ORIENTAMENTO E FORMAZIONESilvia Romagnoli [email protected]

SERVIZIO AMMINISTRAZIONE - [email protected] Bitetti - [email protected] Bergomi 02.58376.235 Viviana Cernuschi 02.58376.227Stefano Corna 02.58376.234 Laura De Bella 02.58376.231 Riccardo Fanton 02.58376.212

SERVIZIO TUTORINGper appuntamento: [email protected]

GRUPPO GIOVANI [email protected] Coordinatore: Ali Berri

ARUM S.R.L.SOCIETÀ EDITRICE E SERVIZI ALDAIPresidente: Franco Del VecchioRedazione “DIRIGENTI INDUSTRIA” - [email protected] Basilicata 02.58376.213

COMITATO NAZIONALE DI COORDINAMENTO DEI GRUPPI PENSIONATIPresidente: Mino Schianchi - [email protected]

FONDIRIGENTIAgenzia [email protected]

UNIONE REGIONALE FEDERMANAGER LOMBARDIAPresidente: Marco Bodini - [email protected]

SEGRETERIA CIDA LOMBARDIAFranco Del Vecchio - [email protected]

ALDAIASSOCIAZIONE LOMBARDA DIRIGENTI AZIENDE INDUSTRIALI

SEDE E UFFICI Via Larga, 31 - 20122 Milano M1 Duomo - M3 Missori Mezzi di superficie: 12 - 15 - 19 - 54

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FOCUS

Storie di manager

Sommario NUMERO 8AGOSTO-SETTEMBRE 2019ANNO LXXI

EDITORIALE 1 La rivoluzione 4.0 inizia dalle persone Bruno Villani

FOCUS 4 L'Italia non è un Paese per manager (giovani) Enrico Pedretti

8 Commenti dei giovani manager

10 Riflessioni di un giovane manager

12 Trovare una strada Marco Pepori Giuseppe Colombi

15 Riconoscimento del merito Michele Carugi

INDUSTRIA 18 Europa 4.Manager

MANAGEMENT 20 Il nuovo ruolo del manager Vincenzo Trabace

25 La cultura del rischio Roberto Maggi

LOMBARDIA 27 Dal PGT Milano 2030 all'assegnazione dei Giochi invernali a Milano-Cortina 2026 Ilaria Sartori Giuseppe Firrao

28 Facciamo volare Milano Chiara Tiraboschi

NOTIZIE CIDA 35 Nel rapporto Inps 2019 due novità sulle quali aprire un confronto

36 Uniti possiamo fare la differenza

38 Le cifre dimostrano i danni del mancato adeguamento delle pensioni all'inflazione

LAVORO 39 La carriera perfetta Claudio Ceper

PREVIDENZA 42 Questa volta non si tratta di contributo di solidarietà Antonio Dentato ALLE PAGINE 31-34

INSERTO ASSIDAI WELFARE 24

ENERGIA ED ECOLOGIA 45 Sviluppo Sostenibile Luciano Giannini

OPINIONI 47 La metamorfosi della leadership Augusto Calderoni

DI+ 50 Sean Scully. Long Light a Villa e Collezione Panza, Varese Anna Bernardini

CULTURA E TEMPO LIBERO 54 Concerto d'Autunno

56 Viaggio nello Spazio Roberto Innocenti

57 Cosa abbiamo imparato e nuovi strumenti per indagare lo Spazio Dino Pezzella

58 Politecnico di Milano, Giulio Natta e il Premio Nobel Mario Pinetto

• Strategia di prodotto per startup Eugenio Iannone

• Dalla gabbia all’avventura Giuseppe Iamele

• Tecniche di prototipazione rapida con la stampa 3D DI intervista ad Alessandra Cattaneo

• CIDA commenta i dati Istat sulla recessione economica e demografica

a cura della Redazione

• Conferimento “Stella al merito” Istruzioni per l’anno 2020

• Outplacement verso il sociale – Edizione 2019 Mauro Vaiani/Massimo Donati

• Manager nell’era della Digital Transformation Giovanni Viani

• L’organizzazione è la fonte in cui si creano le competenze e l’alveo in cui si diffondono

Nicolò Boggian

• E cosa amerò se non ciò che è enigma? Alberto Cantoni

NELL'EDIZIONE DIGITALE DELLA RIVISTA TROVERETE ANCHE

Per la lettura inserire una parte del titolo nel campo “ricerca” della rivista www.dirigentindustria.it

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DI AGOSTO-SETTEMBRE 20194

Focus - Storie di manager

Enrico Pedretti Marketing and communication director Manageritalia

In Italia abbiamo pochi mana-ger in assoluto e pochi mana-ger giovani rispetto ai prin-cipali Paesi avanzati e nostri

competitor. Basti pensare che i ma-nager pubblici e privati sono in Ita-lia l’1,3% dei lavoratori dipendenti, contro una presenza media euro-pea (Ue 28) del 4,9% e del 2,5% in Spagna, del 3,7% in Germania, del 6,7% in Francia e del 10,3% in UK.Altro aspetto è quello della pre-senza di manager giovani. Se l’età media dei manager europei è di 45,2 anni, quella italiana è di 50,2. E i confronti basati su dati Eurostat tengono conto delle differenti clas-sificazioni, considerando solo quei manager che hanno livelli dirigen-ziali e sono in posizioni di executive o di c-level. Quindi non ci sono di-storsioni, questa è la realtà.

L’Italia non è un Paese per manager (giovani)

hanno manager esterni alla fami-glia dell’imprenditore solo nel 33% dei casi, mentre li hanno nell’80% dei casi circa in Europa: 64% Spa-gna, 72% Germania, 74,2% Francia e 89,6% UK. Abbiamo poi pochi di-rigenti giovani e meno dei compe-titor per un’economia ancora trop-po fondata su aziende a gestione familiare. Ma anche perché abbia-mo meno aziende innovative e nei settori a elevata tecnologia, quelli dove far entrare e mettere in posi-zioni di comando manager giovani è un must per stare sul mercato e competere. Tutto ciò fa sì che senza questo bi-sogno i manager bravi vengono messi in posizioni dirigenziali, e

È una constatazione DI, di sei anni fa, valida per tutti i settori: dall’industria, al terziario, al pubblico. Un “gap” con altri Paesi che potrebbe compromettere le prospettive di sviluppo e che va analizzato condividendo le informazioni e risolto unendo le rappresentanze manageriali, partendo dalla confederazione CIDA, per sviluppare con istituzioni e opinione pubblica le iniziative correttive per la competitività del sistema-Paese. Con questa convinzione la redazione DI ri-pubblica l’articolo di Enrico Pedretti, del mensile "Dirigente", insieme alle interviste degli esperti

Abbiamo meno dirigenti in assolu-to perché le aziende familiari che in Europa hanno più o meno lo stes-so peso (80% delle aziende) da noi

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Focus - Storie di manager

Perché in Italia abbiamo pochi manager nelle aziende?

Giulio Bertazzoli “La crisi globale che ha investito i Paesi europei (e non solo), e nello specifico le aziende, ha portato attività di ristrutturazione, change manage-ment e riduzione dei costi che hanno colpito i dirigenti riducendone il numero. Consideriamo che, soprattutto nelle PMI, c’erano realtà già con pochi manager”.

Francesca Contardi “Credo che una delle principali ragioni per cui in Italia abbiamo pochi manager sia da ricercare nella natura del tessuto imprenditoriale italia-no, all’interno del quale troviamo, per lo più, imprese familiari e realtà medio-piccole che sono, molto spesso, guidate dall’imprenditore in persona”.

Simone Piana “Non credo ci siano meno manager ri-spetto all’estero. Le corporation con scopi internazio-nali e/o globali hanno modelli organizzativi piuttosto standard, quindi tendono ad avere un certo numero di manager a seconda di quanti dipendenti hanno nelle varie country. Quello che è vero e sempre più eviden-te è la tendenza a non avere manager di livello apicale essendo l’Italia spesso clusterizzata sotto Francia, Ger-mania o altre nazioni europee. Questo però ha più a che fare con la taglia e rilevanza economica del nostro Paese all’interno della regione Emea”.

Luca Vanni “Il tessuto economico produttivo italiano è fatto di molte aziende medio piccole, di genesi im-prenditoriale, che guardano più spesso all’interno ver-so passaggi generazionali piuttosto che chiedersi quali siano le competenze necessarie per assicurare un futu-ro all’impresa. Quindi, remore di tipo culturale, ma for-se anche paura di prendere a bordo persone ritenute costose e difficilmente amovibili, vero o falso che sia. Alcuni moderni approcci di temporary management e fractional management potrebbero aiutare a superare questa situazione, dando più confidenza nell’uso di ri-sorse manageriali”.

nominati dirigenti, più tardi. An-che se non mancano in Italia realtà multinazionali o innovative che per esigenze di competenze nuove li nominano prima.In ogni caso ai vertici i giovani stanno facendosi largo, così come le donne. Si tratta solo di facilita-re questo processo necessario per crescere puntando anche sui nuovi settori, quelli a più alto valore ag-giunto. Infatti, tra i dirigenti privati quelli under 35 sono meno del 2%, ma già gli under 40 sono il 7,5%. In ogni caso, nelle fasce giovani si fan-

no strada con forza le donne: anche se pesano solo il 17,1% tra tutti i dirigenti, ben il 32% sono tra gli un-der 35 e il 28% tra gli under 40.Che si tratti di giovani o di senior poco cambia. La realtà è che nelle aziende italiane la figura dirigen-ziale scarseggia.Cerchiamo di capire il perché e cosa ne pensa chi conosce bene il mer-cato del lavoro e si trova a stretto contatto con aziende e manager: HR manager, executive search, con-sulenti di organizzazione, talent management, e capire cosa fare.

HO RIVOLTO ALCUNE DOMANDE A: Giulio Bertazzoli, amministratore delegato Spinlight Counseling Francesca Contardi, managing director EasyHunters Simone Piana, VP of HR, head of talent Acquisition Int’l Luca Vanni, partner Exeo Consulting, previous VP HR & Organisational effectiveness Emea Region, NEC Corporation

La crisi globale che ha investito i Paesi europei e nello specifico

le aziende, ha portato attività di ristrutturazione che hanno colpito i dirigenti

riducendone il numeroGiulio Bertazzoli

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Focus - Storie di manager

Perché abbiamo meno manager giovani ai vertici delle aziende rispetto ai Paesi più avanzati?

Giulio Bertazzoli “Il limitare della crescita delle aziende ha provocato una riduzione di posizioni nella mobilità interna alle stesse e quindi negli ul-timi dieci anni c’è stato un invecchiamento del management. Inutile dire che riforme pensionistiche che trattengono i dipendenti per più tempo in azienda hanno reso ancora più difficile la crescita dei giovani”.

Francesca Contardi “Anche in questo caso, la ragione è da ricercare nella tipologia delle aziende del nostro Paese. La maggior parte delle piccole e medie imprese continua a privilegiare manager pescati all’interno della propria famiglia”.

Simone Piana “Il tema è delicato e meriterebbe una riflessione ampia. C’è un tema generazionale particolarmente vero per coloro che oggi hanno tra i 30 e 35 anni e che hanno visto il proprio percorso di crescita minato se non addirittura bloccato dalle grandi crisi di inizio millennio (precarietà continua e impossibilità di costruire vere competenze). Esiste un tema di formazione e qualità dell’istruzione universitaria con riflessi importanti sul-la comprensione delle dinamiche globali. A questo si aggiunga una certa ritrosia delle classi dirigenti mature a puntare e scommettere sulle nuove generazioni di leader, favorendo un naturale, sano e quanto mai necessario ricambio generazionale”.

Luca Vanni “È probabile che un imprenditore preferisca introdurre qualcuno di espe-rienza piuttosto che giovani brillanti magari percepiti più come alieni. Abbiamo una cultura nazionale ancora ab-bastanza legata a criteri di età per certe posizioni. In Italia si diventa manager molto più tardi. Spesso si diventa diri-genti per anzianità in azienda, premiando quindi la fedeltà in primis, non le capacità, o quantomeno non necessa-riamente le capacità legate al futuro. Il ritardo con cui le ultime due generazioni en-trano nel mercato del lavoro, la difficoltà a fare esperienze significative in modo velo-ce. Ahimè, i giovani manager brillanti vanno a lavorare all’e-stero. Scegliete voi le cause in questo mix infernale”.

Quando e perché serve un giovane?

Giulio Bertazzoli “I giovani servono sempre, come ricambio generazio-nale, per portare nuove idee e sicuramente più energia. Sui giovani però occorre investire in formazione e dargli il tempo di crescere”.

Francesca Contardi “Un manager giovane è essenziale in tutte le aziende legate al mondo della tecnologia, ma credo che una figura anagraficamen-te meno matura possa fare la differenza anche in settori più tradizionali perché ormai tutte le aziende, indipendentemente dalla grandezza e dal mercato in cui si muovono, sono costrette – in un modo o nell’altro – a fare i conti con il digitale”.

Simone Piana “Il giovane, così come il portatore di diversità in generale, serve proprio perché portatore sano di nuove visioni, prospettive e capa-cità di intendere il reale. A ciò si aggiunga l’evoluzione dei modelli di bu-siness guidati dal digitale, dall’automation e dai big data, che richiedono competenze che principalmente le nuove generazioni hanno e stanno svi-luppando. Questo è, o meglio sarebbe, ancora più impattante in un Paese a bassa informatizzazione come il nostro”.

Luca Vanni “Serve per portare energia e nuovi modi di pensare, compe-tenze digital intese non in senso strettamente tecnico, nuove visioni sui confini organizzativi molto più aperti in ottica di network ed ecosistemi; preparare una successione di personaggi chiave. Inoltre, la propensione media all’innovazione e al rischio è maggiore nei giovani che nelle persone più avanti nella carriera”.

La maggior parte delle

piccole e medie imprese continua a privilegiare

manager pescati all’interno della propria famigliaFrancesca Contardi

Esiste un tema di formazione e qualità

dell’istruzione universitariaSimone Piana

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Focus - Storie di manager

Cosa serve al nostro management per incidere sempre più sullo sviluppo?

Giulio Bertazzoli “Oggi sono necessarie competenze che solo pochi anni fa non solo non erano importanti ma ne-anche esistevano! Parliamo del digitale, di soft skill come intelligenza emo-tiva ed empatia e capacità di visione al di fuori del proprio ambito tecnico”.

Francesca Contardi “Penso che per poter incidere in modo sempre più significativo sullo sviluppo siano fondamentali la formazione e l’aggiorna-mento continuo. Un aspetto che nessuno, in azienda, può permettersi di trascurare”.

Simone Piana “Serve una visione globale, comprensione e consapevolez-za delle dinamiche sociali, economiche e finanziarie che incidono sui com-portamenti dei cittadini consumatori. Serve la volontà di mettersi e mette-re in continua discussione modelli di business che hanno cicli di vita assai più brevi rispetto a 2-3 decenni fa. Serve la volontà di circondarsi di talenti e competenze diverse e differenziate e costruire ecosistemi organizzativi che permettano alle persone di essere il meglio che sono”.

Luca Vanni “Serve confronto ed esperienza internazionale, attitudine al benchmarking e una classe politica che crei visione e spazi dove un mana-gement moderno possa creare innovazione, cultura d’impresa e della re-sponsabilità. Oggi siamo molto, molto lontani da questo scenario. Aggiun-gerei che dovremmo cambiare la cultura sul fallimento, sull’errore, questa è la più grave mancanza di conoscenza nella nostra cultura. Fallire non è consentito. Perciò il rischio viene limitato al massimo. L’ambiente diventa asfittico e i giovani brillanti se ne vanno”. ■

Pubblicazione dell'articolo autorizzata dall'autore e dal Comitato di Redazione di "Dirigente" il mensile di Manageritalia

Ma i senior?

Giulio Bertazzoli “I senior sono necessari in quanto portano la loro espe-rienza. Vengono scelti dalle aziende anche perché sono in grado, vista la loro competenza, di coprire i ruoli velocemente e di portare i risultati pri-ma”.

Francesca Contardi “I senior devono per forza di cose imparare ad adattar-si al mondo che, grazie alle tecnologie, cambia sempre più velocemente. Non è più possibile pensare di poter ragionare soltanto in maniera analo-gica”.

Simone Piana “La seniority è un asset indispensabile per le aziende poiché nutre e conserva i valori distintivi dell’organizzazione, permette alle azien-de di navigare mercati e tempi ambigui e in continua evoluzione, spesso non lineare. Garantisce una continuità aziendale anche in presenza di tur-bolenze violente. Il tema vero è come mettere tutto questo a disposizione di nuove generazioni di manager che siano in grado di portare i modelli di leadership verso il prossimo stadio di sviluppo”.

Luca Vanni “I senior continuano a essere preziosi, ma devono interioriz-zare che il mondo è cambiato, è veloce, è destrutturato, che la creazione di nuovi contenuti e competenze è tale che devono impegnarsi molto di più che in passato nel proprio autosviluppo. Ci sono tante cose nuove da padroneggiare, ma ci sono anche tante altre in cui forse è meglio dare spa-zio ai giovani, fornendogli nel contempo supporto e mentorship, in una relazione di arricchimento reciproco”.

Serve confronto ed esperienza

internazionale, attitudine al benchmarking e una classe politica che crei visione e spazi dove un management moderno possa creare innovazione, cultura d’impresa e della responsabilità

Luca Vanni

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DI AGOSTO-SETTEMBRE 20198

Focus - Storie di manager

Angela Melissari, 43 anni, Chief Compliance Manager

MM SpA

Quando sei diventata dirigente e con quale percorso?Sono dirigente da due anni. La qua-lifica mi è stata data cambiando azienda, anzi gli avanzamenti di carriera sono sempre avvenuti con questa modalità. Certamente è sta-to un percorso fatto di sacrificio, volontà e passione per il proprio lavoro.

Ti piace fare il manager e per-ché?Essere un manager è oggi molto complesso: occorre avere elevati skill professionali, ma anche le co-siddette “soft skill”. Inoltre bisogna avere conoscenza di tutti i processi della propria azienda, essere “open mind” verso i cambiamenti che la società moderna ci impone, por-tare valore aggiunto. Sicuramente essere un buon manager implica una quotidiana sfida con se stessi, voglia di crescere e migliorare. Quale contributo deve portare oggi un manager in azienda?Certamente oggi ai manager è

Commenti dei giovani manager

Ali Berri, 42 anni, Project Director ZTE Italia e Coordinatore Gruppo Giovani Dirigenti ALDAI-Federmanager

Quando sei diventato dirigente e con quale percorso?Sono dirigente dal 2017, dopo un percorso molto interessante rico-prendo diversi ruoli. Dopo il Ma-ster, Tecniche ed Economie delle Telecomunicazioni, conseguito presso l'Università di Padova ho iniziato la mia carriera lavorativa in Sirti SpA, società leader nel set-tore dell'impiantistica delle reti di telecomunicazioni, come Assisten-te Tecnico con la responsabilità di coordinare le attività del personale sociale e di subappalto. In seguito a quest'esperienza operativa in "can-tiere", ho iniziato a ricoprire ruoli sempre di maggiore responsa-bilità partendo da quello che mi è stato più formativo, ma anche molto divertente, Ingegneria di In-stallazione, che prevedeva l’analisi e la razionalizzazione dei processi produttivi attraverso l’innovazio-ne e l’implementazione dei nuovi modelli dell’organizzazione del la-voro, degli standard operativi e del relativo sistema informativo azien-

Abbiamo rivolto cinque domande a tre giovani colleghi per conoscere il loro contesto lavorativo, le motivazioni, il "sentiment", il contributo alla società e le sfide

richiesto di portare “valore ag-giunto”: questo concetto, molto dibattuto, è certamente collegato al fattore economico, alla produt-tività di un’azienda. Reputo tutta-via che oggi questa idea si debba espandere: infatti un’azienda è fatta anche di capitale umano e occorre saper investire in ciò. Un bravo manager deve valorizzare le proprie risorse ispirandosi a re-gole legate alla meritocrazia, allo sviluppo della “singola persona” e soprattutto deve responsabilizzare il proprio team.

Giovani e senior nel manage-ment e nel lavoro in generale: scontro o collaborazione?Personalmente reputo necessaria la collaborazione fra giovani e senior: è dal confronto e dal dialogo fra le due generazioni che si traggono vantaggi e successo. Certamente non sempre il dialogo è semplice, poiché le visioni spesso sono diver-se, ma questa diversità è la chiave per migliorarsi entrambi: i giovani hanno l’opportunità di apprendere il “know how” e i senior di vedere prospettive diverse.

Come vedi il futuro a livello professionale?Un crescendo di sfide da affron-tare con impegno, tenacia, de-terminazione e passione: credo e sono impegnata nell’azienda, nel mio lavoro, nel “quid plus” che pos-so dare per contribuire al miglio-ramento della società e a ciò che posso ricevere per crescere come professionista e come persona.

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Focus - Storie di manager

dale. Dopo 3 anni di responsabilità della Linea di Project Management della Rete d'Accesso, ho intrapreso un percorso commerciale, sempre in Sirti SpA, come Business Deve-lopment Manager per l'estero, in particolare nel Medio Oriente, fino a concludere la mia carriera in Sir-ti SpA come Branch Manager per l'Austria. Attualmente sono il Diret-tore Tecnico di ZTE Italia e mi occu-po principalmente della gestione dei lavori relativi alla realizzazione delle reti FTTH.

Ti piace fare il manager e per-ché?Fare il manager significa avere delle sfide in continuazione, come la responsabilità per il raggiungi-mento degli obiettivi dell'azienda o la ricerca e l'implementazione delle soluzioni di miglioramento o sem-plicemente l'attuazione delle politi-che aziendali. Mi piace tale respon-sabilità e non mi spaventa prendere delle decisioni.

Quale contributo deve portare oggi un manager in azienda?Il contributo del manager in azien-da oggi va oltre la sola esecuzione dei compiti. Essere manager oggi significa essere in grado di elabo-rare strategie, definire obiettivi, controllare i risultati, definire piani d'azione. In poche parole, non ave-re scuse per non far succedere le cose.

Giovani e senior nel manage-ment e nel lavoro in generale: scontro o collaborazione?Collaborazione senza dubbio.

Come vedi il futuro a livello professionale?Coerentemente con il percorso per-seguito finora, mi auguro di conti-nuare a superare molte sfide pro-fessionali e dare un importante contributo alla "mia azienda".

Luca Ancona, 39 anni, Italy & Albania Business Dev. Manager

Coca-Cola e Vicecoordinatore Gruppo Giovani Dirigenti

ALDAI-Federmanager

Quando sei diventato dirigente e con quale percorso?Sono diventato dirigente nel 2017 con un percorso marketing sia nel settore dell'elettronica di consu-mo, sia nei beni di largo consumo (FMCG). Ho ricoperto diverse po-sizioni in ambito marketing, sia a livello globale sia locale, per grup-pi come: The Coca-Cola Company, Luigi Lavazza SpA e Samsung Electronics. Recentemente ho ini-ziato un nuovo percorso professio-nale come responsabile Business Development. Ho vissuto e stu-diato in tre diversi Paesi europei oltre all’Italia e viaggiato in oltre 30 Paesi: è stato fondamentale per sviluppare sia una mentali-tà internazionale, sia una forte adattabilità a diversi contesti cul-turali e professionali.

Ti piace fare il manager e per-ché?Mi piace, soprattutto perché ho avuto la possibilità di lavorare per diverse aziende in modo olistico gestendo progetti relativi a prodot-ti esistenti e/o a lanci di nuove pro-posizioni in settori molto diversi tra loro. Ho potuto sempre constata-re e gestire l’impatto delle scelte sull’intera organizzazione azien-dale. Inoltre, l’essermi confrontato con diverse culture aziendali, euro-

pee e non e per aziende quotate e private, ha arricchito ulteriormente il bagaglio facendomi capire quan-to le singole scelte possano avere risultati diversi sulla base della real-tà aziendale.

Quale contributo deve portare oggi un manager in azienda?Sulla base della mia esperienza i contributi sono soprattutto due: essere portatore di soluzioni e facilitare, nella cultura di progetto, una visione organizzativa a 360°. Questi due elementi sono forte-mente interrelati tra loro e devono lavorare in sinergia in modo da uni-re la sfera tecnica (le soluzioni) a quella organizzativa (l’azienda).

Giovani e senior nel manage-ment e nel lavoro in generale: scontro o collaborazione?Mi sono misurato con realtà che fa-voriscono la collaborazione. Per me è sempre stato un elemento fonda-mentale visto che sono quasi sem-pre stato il più giovane membro del team a parità di grado o di funzione. Ho capito che ci sono due elementi fondanti per costruire questa colla-borazione: in primo luogo umiltà e capacità di ascolto a tutti i livel-li e in secondo luogo una cultura aziendale incentrata sul team, che faciliti quindi lo scambio.

Come vedi il futuro a livello professionale?Sempre più interdisciplinare e connesso, non solo in senso tec-nologico. Il vantaggio competitivo in un manager risiederà sempre più nella sua capacità di avere un approccio multidisciplinare ai pro-blemi e relative soluzioni e nel suo saper immaginare l’organizzazio-ne a breve termine. Questi saranno due ingredienti fondamentali per leggere scenari sempre più com-plessi e scegliere la migliore alterna-tiva, per la propria organizzazione, tra le tante possibili. Il tutto in un costante ciclo di apprendimento. ■

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Focus - Storie di manager

Quali sono stati i fattori deter-minanti per il tuo sviluppo ma-nageriale?Ho iniziato la mia carriera in consu-lenza manageriale nel 2005 presso McKinsey Italia, dove ho lavorato per due anni prima di trasferirmi all’ufficio brasiliano, dopo aver con-seguito un MBA alla Columbia Uni-versity. Nel 2015 ho deciso che era tempo di avventurarsi nel mondo dell’impresa e ho colto l’occasio-ne accettando il ruolo di Direttore Commerciale di Isagro, un’azien-da agrochimica a forte vocazione innovativa (spendiamo circa il 10% del fatturato in R&D). L'esperienza è stata finora molto positiva, al pun-to che nel marzo 2018 sono stato nominato Direttore Generale del Gruppo. I fattori determinanti per il mio sviluppo manageriale sono sta-ti l’internazionalità, il mentoring e l’imprenditorialità.

Quali contributi hai dato alle imprese e quale percezione hai lasciato ai tuoi collaboratori?L’esperienza in McKinsey mi ha inse-gnato l’importanza – per qualunque organizzazione – di avere una base di valori condivisi che costituiscano l’amalgama della società. Un valore in cui credo molto è la cosiddetta “accountability”, cioè la capacità

Riflessioni di un giovane manager

petere efficacemente a livello globale?Non mi sento sufficientemente pre-parato per dare una risposta com-pleta ad un tema così complesso, ma posso azzardare qualche com-mento sulla base della mia espe-rienza personale legata in partico-lare al nostro settore. A mio avviso l’Italia è svantaggiata su quattro dimensioni principali: • In primo luogo, le dimensioni

contano. Il sistema produttivo italiano – caratterizzato da azien-de di medie o piccole dimensioni – ha tenuto bene fintanto che la concorrenza si misurava su scala nazionale o continentale. Nel mo-mento in cui il mercato diventa globale, ci si trova a competere con aziende dalle risorse presso-ché illimitate, talvolta avvantag-giate da politiche protezioniste che favoriscono la creazione di extra profitti sul mercato interno da reinvestire all’estero (penso al caso delle aziende giapponesi nostre concorrenti), rendendo la sfida veramente impari.

• In secondo luogo, penso che la nostra leadership politica negli ultimi 40 anni abbia brillato per la sua incapacità di aiutare la nostra economia a “fare sistema”. Manca una visione chiara di quello che

DI intervista Davide Ceper, manager (quarantenne) con sette anni d’esperienza in Brasile, desideroso di contribuire allo sviluppo economico e sociale del nostro Paese sulla base dell’etica, della meritocrazia e una forte attenzione alla componente umana nella gestione d’impresa, specialmente in quest’epoca di grandi cambiamenti portati dalle nuove tecnologie

di delegare e rendere ogni colla-boratore responsabile dei propri ri-sultati, ma senza abbandonarli a sé stessi. Per quanto riguarda la perce-zione dei miei collaboratori, posso solo dire di essermi sempre sforzato di adottare uno stile di leadership “inclusivo”, ascoltando sempre con attenzione prima di prendere po-sizione e cercando di mantenere la massima obiettività nella valutazio-ne della performance.

Pensi che la tua esperienza in-ternazionale sia utile all’impre-sa per la quale lavori?Sono convinto che il mio back-ground in questo senso sia stato un elemento determinante per Isagro: la nostra azienda genera più dell’80% del fatturato fuori dall’Italia, abbiamo una decina di uffici commerciali sparsi nei 5 con-tinenti, una fabbrica in India e circa metà dei collaboratori del nostro gruppo sono stranieri. La capacità di stabilire relazioni di fiducia con clienti, fornitori, colleghi e partner industriali portatori di culture a volte profondamente diverse dalla nostra è un elemento fondamen-tale per lo svolgimento del mio lavoro.

Cosa manca in Italia per com-

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Focus - Storie di manager

l’Italia vuole rappresentare nel mondo, su quali punti di forza puntare, e se ci confrontiamo con Paesi come la Francia o la Germa-nia – che hanno apparati di sup-porto al settore produttivo molto più efficaci – lo svantaggio diventa evidente. Mi ha colpito molto an-che un grafico che mostrava come il livello di produttività dell’Italia sia rimasto inchiodato ai valori del 2000 mentre in Europa è aumen-tato del 15% nello stesso periodo. Significa che non siamo riusciti ad abbandonare il vecchio modello della “svalutazione competitiva” pur avendo perso l’indipendenza valutaria, e ne stiamo vedendo le conseguenze con la perdita di competitività che ha portato all’acquisizione progressiva di molte aziende italiane di prestigio da parte di gruppi stranieri. La len-tezza cronica nell’implementare riforme economiche (e politiche) a lungo andare porterà un prezzo sempre più alto da pagare.

• Il terzo fattore che vedo è pro-fondamente correlato ai prece-denti due e riguarda la difficoltà cronica del Paese a trattenere e sviluppare il capitale umano. Si discute tantissimo di meritocrazia e opportunità per i giovani, ma bi-sogna anche chiedersi per quale motivo un giovane brillante oggi

dovrebbe restare in Italia, quando può trovare opportunità di lavoro in qualunque parte del mondo con una facilità impensabile 10-15 anni fa (penso all’ubiquità di piattaforme come LinkedIn, o ai network di alumni delle universi-tà). Qualche iniziativa coraggiosa in questo senso c’è stata, come la legge bipartisan per il “rientro dei cervelli” appena rinnovata, ma bi-sogna ancora lavorare tantissimo sulla “professionalizzazione” della gestione delle aziende familiari, sulla meritocrazia, sulle opportu-nità di crescita professionale, al-trimenti sarà difficile trattenere i talenti, e questo è un vero delitto, perché secondo me l’Italia offre una qualità della vita tra le miglio-ri del mondo, soprattutto in una città come Milano che ha saputo reinventarsi radicalmente negli ultimi anni. Infine, occorre consi-derare che la capacità di attrarre talenti dall’estero è altrettanto importante e su questo fronte ne-gli ultimi due anni abbiamo fatto passi indietro, trasformando la diversità in un disvalore e proiet-tando all’estero l’immagine di un Paese chiuso, rendendolo meno attrattivo per manager, ricercatori, imprenditori e professionisti che altrimenti potrebbero considerare l’Italia come una valida destina-

zione, contribuendo a rendere il nostro Paese più competitivo nel mondo.

• Come ultimo elemento vor-rei citare la scarsa propensione all’investimento nella cosiddet-ta “economia della conoscenza”. Nonostante l’Italia sforni alcu-ne delle menti più brillanti nel campo della ricerca scientifica, il nostro Paese spende in R&S quasi la metà della media eu-ropea in rapporto al PIL. Il con-trollo di tecnologie innovative o di piattaforme digitali a grande diffusione porta enormi vantaggi competitivi (basti notare il potere di influenza degli Stati Uniti grazie alle aziende della Silicon Valley) e su questo punto temo che l’Italia sia condannata a inseguire molto da lontano i concorrenti.

Quali sono gli aspetti positivi e negativi dell’essere cittadini e manager del mondo in Italia?Tra gli aspetti positivi considero la capacità di valorizzare la diversità (culturale e non solo), l’abitudine a gestire situazioni impreviste o in-certe e la possibilità di contare su un network esteso e variegato. Di negativo – forse – la maggior facili-tà di confronto con il mondo ester-no. Il che, a volte, è un po’ demora-lizzante. ■

La lentezza cronica nell’implementare riforme economiche (e politiche) a

lungo andare porterà un prezzo sempre più alto da pagare

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DI AGOSTO-SETTEMBRE 201912

Focus - Storie di manager

T ipi particolari, i geno-vesi: abbiamo incon-trato questo sampdo- riano nato a Genova ma

con radici nell’entroterra ligure-pie-montese, manager di lungo corso sia nel pubblico che nel privato. La vocazione manageriale, Gemme dice di averla sempre avuta, fin da quando, ancora studente, dopo aver organizzato feste danzanti sui transatlantici del porto, mise in pie-di un locale di ritrovo che divenne popolarissimo nella Genova di De Andrè, Paoli, New Trolls, Ricchi e Poveri.Poi, da laureato, gli fu sufficiente rispondere ad un’inserzione e si tro-vò assunto presso l’Ansaldo, dove iniziò a fare, lui economista, un la-voro da ingegnere: e pare che non abbia più smesso.Oggi è il Presidente di Anas, prin-cipale gestore di strade in Europa, che ogni giorno fornisce un servizio di mobilità indispensabile al Paese, e sicuramente troverà terreno fer-

Marco Pepori Componente del Comitato di Redazione Dirigenti Industria

Giuseppe Colombi Consigliere ALDAI-Federmanager

tile per trasferire la sua esperienza.

Dr. Gemme, parliamo dei diri-genti italiani, come li vede?Occorre una maggiore capacità di visione di più lungo periodo, trop-po spesso si lavora per l’immediato creando un vuoto programma-tico per il futuro delle aziende e del Paese. Si tratta di un tema che riguarda da vicino anche un part-ner primario del manager, ovvero il politico, che ha il compito di creare le condizioni migliori per la cresci-ta dell’impresa. Dall’istruzione alla semplificazione burocratica, tan-to per fare esempi. Sono “barriere non tecnologiche” che impattano negativamente sull’impresa. Poli-tica e industria dovrebbero quindi costruire un nuovo collegamento, in nome di una comune visione del futuro. In Anas abbiamo professio-nalità elevatissime, ma il loro livel-lo “tecnologico” fatica a esprimersi per i freni dovuti a “camicie di forza” burocratiche esterne.

Trovare una stradaL’intervista con Claudio Andrea Gemme, Presidente di Anas, guarda al futuro del Paese

939,646 kmAutostrade in gestione diretta

Occorre una maggiore capacità di visione

di più lungo periodo, troppo spesso si lavora

per l’immediato creando un vuoto programmatico per il futuro delle aziende

e del Paese

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DI AGOSTO-SETTEMBRE 2019 13

Focus - Storie di manager

Parliamo di strade, la maggior parte della rete stradale risa-le agli anni ‘60/‘70 e presenta criticità legate proprio all’età. Cosa fa Anas? Non è un voler mettere le mani avanti, ma un dato di fatto. In passa-to il nostro Paese, come molti altri, ha ritenuto che tagliando la spesa per la manutenzione si potesse ri-sparmiare. In realtà in questo modo si è ingigantito di volta in volta un problema futuro. Svolgere invece una manutenzione costante annul-la il problema della data di nascita delle infrastrutture. Da alcuni anni (molto prima del disastro di Geno-va) grazie a opportune correzioni di rotta, Anas è stata messa nella con-dizione di poter investire fortemen-te, recuperando il gap manutentivo accumulato negli anni. Infatti la metà del nostro piano globale di investimenti che ammonta a 30 mi-liardi di euro è orientato alla manu-tenzione, con l’obiettivo di preveni-re le criticità e aumentare il comfort di guida, la sicurezza e funzionalità della rete.

A proposito di rete, sono di re-cente rientrati sotto la gestione di Anas migliaia di km di stra-de da regioni e province. Un bell’impegno…Si, parliamo di circa 3.500 km di ex strade statali gestite da regio-ni e province e abbiamo avviato l’iter per un passaggio di ulteriori

3.700 km di strade. L’obiettivo è di garantire una manutenzione e interventi più omogenei a vantag-gio della viabilità che potrà così beneficiare di standard di sicurez-za in linea con la rete Anas. Infat-ti, recuperare km di rete su tutto il territorio nazionale significa

un miglioramento della gestione dell’intera rete: gli interventi e la manutenzione sono più omoge-nei in tutto il Paese, con standard di sicurezza garantiti e benefici in termini di accessibilità a tutti i ter-ritori e alle aree interne. Per recu-perare il forte deficit manutentivo

22.431,875 kmStrade statali

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Focus - Storie di manager

accumulato, nel 2019 investiremo oltre un miliardo per interventi di manutenzione finalizzati alla mes-sa in sicurezza e alla riqualificazio-ne della rete.

Molti investimenti, ma come vi comportate con la complessità dell’iter approvativo? È necessario promuovere il riassetto dell’impianto normativo del settore appalti, soprattutto snellendo e semplificando le procedure. Ricor-do, solo a titolo esemplificativo, che fino a “ieri”, solo tra il concepimento dell’opera e l’affidamento dei lavo-ri mediamente trascorrevano oltre 5 anni. Di questi, Anas impiega circa 1/3 per lo sviluppo delle proprie at-tività progettuali, mentre i restanti 2/3 sono impegnati per attività svol-te all’esterno e la relativa interfaccia Ministeri, Enti Regionali, Comuni, Autorità. Il Governo ha operato e sta operando con diverse iniziative

legislative volte a velocizzare l’av-vio dei lavori, oltre che far ripartire quelli bloccati.

Oggi Anas è detenuta da FS: com’è il vostro rapporto con la capogruppo?Innanzitutto possiamo dire che c’è una logica nell’atto di portare Anas in FS, ed è quella di concepire la mobilità come un bene essenziale da rendere disponibile a tutti. Oggi FS è la capofila della mobilità italia-na. C’è sinergia: l’azionista in questo caso capisce le esigenze della con-trollata e Anas è nelle condizioni di poter operare al meglio.

Che cosa serve oggi all’Italia?Il tema più urgente è quello di far ri-partire gli investimenti, rapidamen-te. Da questo punto di vista, come accennavo, il decreto “Sblocca Can-tieri” sta ponendo le basi per un’ac-celerazione per far ripartire l’econo-

mia e non solo. A questo proposito, con l’incarico di Presidente di Anas, mi è stato affidato anche quello di Commissario Straordinario per i progetti a Cortina in vista dei mon-diali di sci del 2021. C’è l’urgenza di potenziare diversi tratti della Stata-le 51, con le opportune varianti: la negoziazione in termini di “barriere non tecnologiche” rende estrema-mente complesso operare. Ma la congiuntura, in questo mo-mento, sarebbe favorevole perché Governo, imprese ed Anas condi-vidono l’obiettivo di procedere. Ma non basta ancora.

Dunque come vede il futuro? È il caso di rassegnarsi?Ho sempre avuto l’ottimismo come progetto di vita: oggi in Anas abbia-mo i contenuti sostanziali. Si tratta di trasformarli in fatti, ed io sono fiducioso di riuscirci. Il premier Conte sa ascoltare, ed è un personaggio resiliente. Non dobbiamo perdere le speranze.Condivido con voi, e con il vostro sindacato Federmanager, il tema della valorizzazione dei manager interni e del fare cultura d’impresa. Stiamo estendendo la formazione e la valorizzazione del merito. Ho lavorato con colleghi di nazioni diverse, ho avuto azionisti di mag-gioranza americani, giapponesi e non solo. Alcuni molto capaci, altri rigorosi nella gestione ma troppo rigidi. Sono giunto alla conclusione che managerialità e internaziona-lizzazione sono molto importanti, ma ancor di più conta la disponibi-lità ad immedesimarsi e la capacità di mediazione positiva.Possibilmente, senza far pesare troppo le proprie competenze. La formula vincente è tutta qui.

Qui finisce l’intervista a Claudio Gemme, un manager che ha saputo trasformare la genovese “tendenza al mugugno” in atteggiamento costruttivo e apertura al futuro. ■

Il tema più urgente è quello di far ripartire gli investimenti, rapidamente. Da questo punto di vista, come accennavo,

il decreto “Sblocca Cantieri” sta ponendo le basi per un’accelerazione per far ripartire l’economia e non solo

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Focus - Storie di manager

In una trasmissione televisiva alla quale ho recentemente partecipato, una signora del pubblico (convocato ad hoc),

mentre cercavo di spiegare che le pensioni dei manager non sono affatto regalate, mi ha urlato che dovrei vergognarmi.Naturalmente le ho risposto che non mi vergogno affatto; non c’è stata la possibilità di spiegarle il perché, in quanto i tempi e i modi delle trasmissioni gridate non pre-vedono risposte esaurienti, ma se ne avessi avuto l’opportunità le avrei raccontato questa storia.

Una storia di impegno responsabileSono nato in un paese della riviera toscana, una company town; mio padre era impiegato nell’unica in-dustria del luogo, una multinazio-nale chimica molto grande nella quale, prima di lui, aveva lavorato mio nonno come operaio.Come mio nonno aveva fatto con lui, mio padre aveva investito per me nei miei studi, prima il liceo scientifico e poi l’università. Per fre-quentare il liceo mi spostavo ogni mattina con un treno che partiva

alle 7:10 e tornavo con uno che ar-rivava alle 14:00; poi studiavo per il giorno dopo e alla fine della giorna-ta mi vedevo con qualche compa-gno di scuola.Per frequentare l’università a Pisa distante 45 km, partivo invece con il treno delle 6:40 e, siccome le ore di lezione di ingegneria erano molte, tornavo alla sera con un treno che mi riportava a casa intorno alle 21:00.Dopo essermi laureato con un certo ritardo, mentre mi godevo la prima estate da laureato in vacanza in Pu-glia, in una telefonata a casa, in pie-no agosto, seppi da mio padre che una delle aziende alle quali avevo inviato il mio CV mi offriva un lavoro a Milano, con inizio il 17 agosto. Sen-za sentirmi un “deportato” interruppi le vacanze e mi presentai a Milano dove vissi per un po’ in un monolo-cale nel quale si dormiva aprendo un divano letto nell’unica stanza.Da allora non ho mai smesso di la-vorare, quasi sempre nella zona di Milano tranne un breve periodo in Toscana e un anno a Bologna, pas-sato abitando in un residence.Lavorando per grandi multinazio-nali americane, ho viaggiato molto, andando e venendo dagli USA an-

Michele Carugi Consigliere ALDAI-Federmanager e Presidente della Commissione Previdenza e Assistenza Sanitaria

che più di una volta al mese nei pe-riodi più impegnativi, tutto questo anche dopo la nascita dei miei due figli per la buona crescita dei qua-li non finirò mai di ringraziare mia moglie.L’attività professionale mi ha dato molte soddisfazioni; credo per me-rito e anche per un po’ di fortuna, che non guasta mai, sono diventa-to dirigente a 32 anni e ho avuto il piacere di gestire con responsabili-tà operative e legali aziende metal-meccaniche di dimensioni medio grandi, tutte parti di grandi multi-nazionali. La principale soddisfazione profes-sionale è stata quella di aver lascia-to le aziende delle quali sono stato responsabile sempre con fatturati, utili e organici significativamente maggiori di come le ho trovate, ma, soprattutto, di aver avuto gene-ralmente dai dipendenti, e spesso perfino dalle controparti sociali, testimonianze di stima anche a di-stanza di tempo. Ho anche dovuto accettare che scelte strategiche delle proprietà a seguito di acquisizioni mi costrin-gessero mio malgrado a lasciare per reinventarmi in altri ruoli, per-

Riconoscimento del merito

Il racconto di uno dei tanti colleghi che si sono impegnati, più di altri, negli studi e nel lavoro, come i genitori si aspettavano. Una chiave per capire perché l’Italia è nelle ultime posizioni della meritocrazia e perché non è un Paese per manager

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Focus - Storie di manager

ché per noi dirigenti non è mai esistito il “posto fisso”; la precarietà fa parte del nostro ruolo e questo aspetto non viene mai considerato quando si danno giudizi sulle re-tribuzioni e le pensioni definite di-spregiativamente “d’oro”. Così come non si guarda mai all’aspetto delle responsabilità, sia quelle legali che sono sempre oggettivamente in capo ai dirigenti, sia quelle, più pe-santi, della sicurezza del lavoro dei propri dipendenti; responsabilità che possono logorare alla lunga.In particolare, la responsabilità del benessere dei dipendenti e del-le loro famiglie diventa corrosiva ogni volta che, numeri alla mano, ci si rende conto che l’andamento dell’azienda, che purtroppo dipen-

de in gran parte dalle condizioni economiche generali e non solo dal grado di efficienza, non consente la tenuta degli organici. In quel caso chi ha la responsabilità complessiva deve tenere in massima considera-zione la salvaguardia del maggior numero possibile di posti di lavoro, ma ciascun individuo, giustamente dal suo punto di vista, guarda alla propria specifica condizione. Questo genera un conflitto che non è risolvibile con la razionalità e for-tuna che esistono gli ammortizza-tori sociali, grazie ai quali ho potuto mediare e sono felice di non avere mai dovuto costringere qualcuno a lasciare il lavoro senza che avesse un atterraggio sicuro.Sono andato in pensione in antici-po rispetto all’età che viene richie-sta oggi, ma il montante di contri-buti che i miei datori di lavoro e io abbiamo versato sono superiori a quanto mi verrà restituito sotto for-ma di pensione negli anni che l’a-spettativa di vita prevedeva quan-do mi pensionai. Da allora, poiché si può lavorare anche in età avanzata, svolgo un’attività di consulenza, a fronte della quale verso contributi forse a fondo perduto e che vanno a pagare anche la pensione socia-le della signora che mi suggeriva di vergognarmi per l’importo della mia pensione.

Chi ha interesse a mettere in discussione il merito?Ecco, questa storia avrei raccontato alla signora e ai giornalisti presenti i quali senza avere la minima cogni-zione di cosa voglia dire assumersi responsabilità, emigrare, avere la valigia sempre pronta e dover dia-logare con proprietà che parlano un’altra lingua, pensano in modo diverso e hanno un set di valori di-verso dal nostro, pontificano sulle pensioni altrui sulla base dell’entità che, quasi sempre, è assai inferio-re ai cachet che essi percepiscono per fomentare l’odio sociale tra gli ascoltatori. ■

Sono andato in pensione in anticipo rispetto all’età che viene richiesta oggi, ma il

montante di contributi che i miei datori di lavoro e io

abbiamo versato sono superiori a quanto mi verrà restituito

sotto forma di pensione negli anni che l’aspettativa di vita

prevedeva quando mi pensionai

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Industria

Europa 4.Manager

Si è svolto il 24 e 25 giugno presso la Delegazione di Confindustria a Bruxelles il convegno "Il ruolo dei manager nei processi di ricerca e innovazione nell’Ue". DI ha intervistato Fulvio D'Alvia, Direttore Generale di 4.Manager, per comprendere il significato dell'evento e le prospettive per imprese e manager

Perché 4.Manager crede nell’Europa?L’Europa offre il contesto per una maggiore competitività delle no-stre imprese.Sul piano pratico, infatti, l’Europa è uno spazio economico importante sia per le imprese che per i mana-ger, è il principale mercato di riferi-mento per le esportazioni italiane. Secondo i dati del Centro Studi di Confindustria, il 66,9% delle espor-tazioni italiane avviene in Europa contro il 10,4% in America setten-trionale o l’8,8% in Asia Orientale (Rapporto 2019 “Dove va l’indu-stria italiana”). L’Italia, oltre a essere un esportato-re di prodotti finiti, riveste anche un importante ruolo di fornitore di beni intermedi, necessari ad altri si-stemi produttivi avanzati europei, il primo quello tedesco. In undici regioni italiane le esportazioni di beni verso la Germania pesano più del 20 per cento del valore aggiun-to manifatturiero.Inoltre, conoscere le regole euro-pee è fondamentale perché circa il 70% della legislazione che impatta sulle imprese è di origine comuni-taria. Un ulteriore rilevante aspetto è che l’Europa rappresenta un bacino di

opportunità enorme. L’Unione eu-ropea offre interessanti strumenti di finanziamento per le imprese e le startup innovative da non per-dere. In un periodo di crisi econo-mica, quando le risorse finanziarie scarseggiano e la competitività si fa sempre più spinta, diventa indi-spensabile conoscere ed accedere a questi importanti strumenti.Di conseguenza, le imprese hanno tutto l’interesse ad essere imprese europee. Devono essere sempre più competitive per affrontare le sfide europee e questo lo posso-no fare con manager preparati e costantemente aggiornati su cosa accade in Europa. Per passare dalla teoria ai fatti, 4.Manager con la Delegazione di Confindustria a Bruxelles ha pro-mosso il “Progetto Europa”, uno dei suoi primi “progetti di sistema” che ha due principali driver: uno studio condotto con l’Osservatorio di 4.Manager; percorsi di aggiorna-mento su dossier strategici per 60 manager, con la collaborazione di Federmanager. Abbiamo dedicato il primo di que-sti percorsi al tema della Ricerca e Innovazione, consapevoli che sia un driver fondamentale per la cre-scita delle imprese.

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Industria

Due giorni pieni di appuntamen-ti con relatori di alto livello che hanno avuto il merito di fornire ai manager informazioni utili per in-terpretare il cambiamento e le ini-ziative avviate dall’Ue nel paradig-ma dell’innovazione, per operare al meglio in un contesto in continuo divenire.Dato il successo dell’iniziativa ab-biamo già individuato i prossimi ar-gomenti da affrontare: sostenibili-tà e governance in chiave europea. Quali opportunità per le imprese?L’opportunità più grande è fare un salto culturale, che risiede nel trasferire alle PMI italiane la giusta mentalità per operare nel mercato europeo e in un contesto interna-zionale. L’Europa non è solo il luogo dei fi-nanziamenti, ma è uno stimolo co-stante a comprendere le migliori soluzioni di business per la propria impresa. Questo percorso cultura-le non può prescindere da cono-scenza e competenze, per aggan-ciare la nuova programmazione comunitaria 2021-2027. Si tratta complessivamente di oltre 1.000 miliardi di euro per rispondere alle sfide globali e favorire la crescita dell’Europa. Di sicuro interesse per l’industria sarà Horizon Europe. Con un bud-get di circa 100 miliardi di euro

sarà il più ambizioso programma di ricerca e innovazione di sempre, dove verranno sviluppati trasver-salmente tanti temi di interesse in-dustriale, con particolare attenzio-ne agli investimenti in tecnologia, soluzioni innovative, open innova-tion che contribuiscono al raggiun-gimento degli obiettivi delle po-litiche dell’Ue e dei Sustainability Development Goals.

Quali ruoli possono svolgere i manager in Europa?Il ruolo fondamentale dei mana-ger italiani in Europa è quello di orientare le imprese nel nuovo contesto competitivo europeo sia regolamentare e sia di mercato. In particolare, il manager diventa strategico nel processo di scoperta di quali possano essere le opportu-nità di business per un’azienda, da sviluppare in accordo agli stimoli europei.Il manager può essere la bussola delle imprese nel mare delle op-portunità europee, che deve usare tutti gli strumenti per individuare e gestire le strategie di lungo perio-do. Un altro ruolo fondamentale del manager è quello di aiutare le isti-tuzioni italiane nella definizione di proposte, iniziative e progetti che rispondano alle esigenze del siste-ma produttivo italiano.

Da sinistra: Bruno Villani, Presidente di ALDAI-Federmanager; Ambasciatore Michele Quaroni, Rappresentante Permanente Aggiunto della Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’Unione europea; Matteo Carlo Borsani, Direttore, Delegazione di Confindustria presso l’Ue; Fulvio D’Alvia, Direttore Generale di 4.Manager.

Per questo motivo 4.Manager in-tende sviluppare una serie di azio-ni presso le istituzioni europee fi-nalizzate a stringere collaborazioni ed elaborare progetti per iniziative nei settori di interesse.

Quali competenze sono richieste?Lavorare in Europa è complesso perché bisogna abbinare a compe-tenze di natura tecnica, giuridica ed economica anche soft skill tra-sversali tipiche della comunicazio-ne o della leadership. Le competenze manageriali impor-tanti sono le capacità di connettere mondi, insomma dei facilitatori che facciano da ponte tra le opportuni-tà europee e le strategie aziendali. Ad esempio: l’abilità predittiva, per definire strategie e obiettivi a me-dio-lungo termine; la capacità di ascolto e di analisi per individua-re le opportunità e gli strumenti adatti all’impresa e al mercato; fare squadra, tra le diverse aree azien-dali, nella filiera e con gli interlocu-tori europei.Le attività e i progetti che stiamo mettendo in campo intendono fa-vorire anche lo sviluppo della do-manda e dell’offerta di competenze manageriali e pertanto la presenza dei nostri manager nei contesti co-munitari è strategica per avvicinare le decisioni europee alle esigenze del tessuto produttivo italiano. ■

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Management

Vincenzo Trabace Chief Executive Officer Lanxess Italy

Il nuovo ruolo del manager

La natura del cam-biamento in ambi-to aziendale, eco-nomico-sociale, la

Brexit, l’evoluzione di in-dustria 4.0, le turbolenze commerciali USA-Cina, la politica italiana e le

sue attuazioni, ricordano la navigazione in acque tur-

bolente e costituiscono il tema centrale di questa mia riflessio-ne, che è indirizzata alla nostra associazione di rappresentan-za ALDAI-Federmanager e in particolar modo a tutti i col-leghi che guidati dallo spirito imprenditoriale sentono, in prima persona, la necessità, l’urgenza e la responsabilità

di assicurare un brillante futu-ro al Paese Italia, alla classe politi-ca-dirigenziale, alla propria azien-da e posizione lavorativa.

Riflessione di un manager che nel percorso di crescita ha assunto responsabilità crescenti nelle funzioni amministrative, nelle vendite, nella direzione di unità produttive nel settore chimico e farmaceutico in Italia e all’estero, per diventare direttore generale e amministratore delegato, partecipando alle iniziative delle organizzazioni di rappresentanza: Federmanager, Federchimica e collaborando con la Camera di Commercio Italo-Germanica di Milano e le Università: Luigi Bocconi, Statale di Milano e MIP Politecnico di Milano

Spesso l’esigenza di cambiamento è recepita quando si arriva in un modo o nell’altro a prendere atto che una certa situazione è divenu-ta insostenibile e non migliorerà nel breve termine. La politica deve cambiare, ma i soliti rimangono ag-grappati alla poltrona, la crisi deve essere affrontata e risolta... ma in pochi ci lavorano con impegno, le aziende si ristrutturano o chiudo-no… e i dirigenti vengono “sacrifi-cati”, cioè licenziati.Non poche aziende stanno in que-sti ultimi anni tremando davanti alla contrazione e talvolta al crollo del proprio segmento di mercato, oppure al palese declino dei propri prodotti o servizi, o per le recenti e diverse crisi economiche, finanzia-rie e recessioni… o più ancora per la presenza di rivali asiatici agguer-riti e in grado di occupare spazi che si ritenevano fino a ieri acquisiti,

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Management

quindi impenetrabili e al riparo da qualsiasi rischio.Molte aziende si sentono indifese, impreparate di fronte all’estrema volatilità del mercato, la cui tur-bolenza rischia di travolgerle, o di fronte all’imprevedibilità degli eventi economici, finanziari o sem-plicemente alla trasformazione di-gitale, alla mutevolezza dei clienti e dei mercati.Lo smarrimento nasce dalle diffi-coltà di dare una risposta credibile alle domande e azioni migliorative concrete: Cosa e chi può fare? Come recupe-rare il nostro mercato? Come dare fiducia ai nostri azio-nisti, clienti, dipendenti, creditori, fornitori? Come sviluppare linee strategiche valide ed efficaci? E qualora queste siano già disponibili, come mobili-tare tutte le energie e le risorse esi-stenti, incanalarle, ottenere la loro collaborazione, sviluppare mo-menti sinergici, risolvere i conflitti interni e allineare i comportamenti dei singoli con dette linee guida?E, in ultima analisi, come motivare il nostro personale e farne un mo-tore efficace trainante il cambia-mento?

Il manager deve essere in grado di dare risposta ai numerosi quesitiDalla mia esperienza e punto di vi-sta, emerge un concetto di fondo secondo cui il cambiamento può raggiungere i risultati desiderati solo ricercando e costruendo ele-menti e fattori essenziali interni del manager. Probabilmente la mag-gior parte di noi ha un’opinione

tenze funzionali, capacità organiz-zative e soft skill per sviluppare i talenti e favorire l’intelligenza col-lettiva.Siamo consapevoli che nelle nostre aziende tira aria di cambiamento (piantiamola di chiamarla crisi) e siamo sicuri che negli anni a veni-re saranno grandi quei manager e quelle organizzazioni capaci di gui-dare il processo di cambiamento. Proprio in quest’ambito sono certo che ALDAI e Federmanager ci da-ranno un grande aiuto.Molti dirigenti in servizio si rendo-no ormai conto di questo e stanno lavorando sodo per sviluppare ca-pacità e competenze necessarie per gestire le trasformazioni del proprio ruolo e conquistare ogni giorno la fiducia per difendere la propria posizione occupazionale.La dinamica che nelle grandi so-cietà genera iniziative di cambia-mento implica tre principali fattori:1. i dirigenti devono riqualificarsi

ben precisa sulla validità, sul conte-nuto del ruolo del manager e sulla necessità di avere un dirigente in azienda.

Gestire un’azienda è un esercizio pragmatico, lo si impara facendoloQuest’attività presenta certamente molte sfide intellettuali; oggigior-no, i prodotti e i servizi tendono ad avere un più elevato contenuto intellettuale. Tuttavia, la maggior parte di noi ha maggior rispetto per azioni astute che per le parole, maggior interesse nell’assunzio-ne intelligente di rischi che nella teoria della probabilità. Siamo ma-nager aziendali che apprezzano la concretezza e non hanno tempo per astrazioni.L’argomento è certamente al cen-tro dell’attenzione in quest’era eco-nomica: il cambiamento fa parte del ruolo del manager. Il contesto richiede di associare alle compe-

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e definire un nuovo ruolo im-ponendo obiettivi strategici. Se, in questo nostro ruolo-com-pito, siamo efficienti, noi pro-muoviamo l’instaurarsi di una visione e un impegno comune in tutta l’organizzazione;

2. presenza di dirigenti che abbia-no notevole iniziativa e spirito imprenditoriale, persone con-tinuamente alla ricerca di meto-di e mezzi per apportare miglio-ramenti significativi alle attività di loro competenza. Questi diri-genti spingono idee di cambia-mento verso il top management (membri del CdA) e verso gruppi funzionali alla loro dipendenza (quadri, impiegati, operai e con-sulenti);

3. esistenza di dirigenti che operi-no nel contesto strategico sta-bilito dal top management, che sanno prendersi il rischio... e che guidino e assistano i col-laboratori che faticano giorno dopo giorno nello svolgimento del loro lavoro.

Dobbiamo essere motore di cambiamentoA mio parere l’atteggiamento del nuovo dirigente si dovrebbe espri-mere in funzione di quattro valori:• Un nuovo livello di onestà. I

vestiti dell’imperatore sono spa-riti dappertutto (tra pochissimo anche nelle banche…) e bisogna avere il coraggio di affrontare la realtà e comunicare onestamen-te. Onestà e franchezza sono fon-

damentali nelle organizzazioni che necessitano di prestazioni elevate.

• Un nuovo livello di coraggio. Si parla molto di “abbattere le muc-che sacre”, poche lo sono; la mag-gior parte muore di vecchiaia. Raramente il mandato di attuare il cambiamento è sufficientemen-te sicuro da permettere il supera-mento di ostacoli radicati lungo la strada del cambiamento. Nei cam-biamenti organizzativi su grande scala ci si trova di fronte a molte decisioni difficili. Occorre essere coraggiosi e saper prendere i ri-schi necessari per il cambiamento.

• Un nuovo rispetto per la diversi-tà. La forza lavoro sta cambiando, stranieri che occupano brillante-mente posizioni dirigenziali e non solo, validi quadri e ottimi impie-gati che stanno assumendo sem-pre maggiore importanza nelle aziende… ma sono ancora troppo

pochi i dirigenti responsabili di ge-stire i cambiamenti che attingono dalla diversità di idee e da punti di vista rappresentati da questi individui per arricchire il processo di cambiamento. Cambiamento è anche creatività e allora cari col-leghi serviamoci di tutti gli stru-menti possibili per sviluppare una “tempesta” di nuove idee.

• Una nuova sensibilità verso gli stakeholder. Proprio come i mer-cati sono continuamente ridefini-ti in segmenti sempre più piccoli e più specifici… anche il program-ma dei dirigenti dovrà segmenta-re gli stakeholder e riconoscerne gli interessi. Se non conosciamo le aspettative non possiamo capi-re come raggiungere l’obiettivo. E questo vale anche per le asso-ciazioni di rappresentanza che devono soddisfare i fabbisogni dei dirigenti in servizio, quelli in pensione e quelli dei disoccupati.

Le competenze del manager, che tutti vogliono vincenteNon vi è un vero nuovo ruolo del manager se quest’ultimo non ha sviluppato determinate competen-ze chiave (skill) che vanno al di là di ciò che si ha acquisito durante il percorso universitario, dai master, dalla propria cultura ed educazio-ne. Ritengo che il “pacchetto mi-nimo” di competenze del dirigen-te, dovrebbe garantire:Competenze individuali: con-trollo e gestione di se stessi, pen-siero logico e critico, gestione del

Management

... il cambiamento fa parte del ruolo del manager.

Il contesto richiede di associare alle competenze funzionali, capacità organizzative e soft skill per sviluppare i talenti e

favorire l’intelligenza collettiva Dal 2003 ci dedichiamo al tuo sorriso e alla tua salute

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proprio tempo, gestione delle incertezze e delle ambiguità, cre-atività, fiducia in sé stessi e asser-tività, comunicazione verbale e scritta, saper ascoltare, risoluzio-ne dei problemi e capacità deci-sionale, auto sviluppo e appren-dimento.Gestione delle relazioni: gestione delle prestazioni, capacità di intrat-tenere relazioni ad ampio raggio (networking), capacità di delegare, capacità di influenzare, gestire le difficoltà altrui, capacità di porre domande e ottenere risposte, ca-pacità di motivare, capacità di la-vorare in gruppo.Acutezza nel business: consa-pevolezza del mercato, consape-volezza finanziaria, competenze statistiche ed analitiche, consape-volezza strategica, sensibilità poli-tica, helicoptering (visione d’insie-me), avere una visione (strategica).

Nessuna qualità manageriale può mancare in un mercato altamente competitivoUna volta accertata la completez-za e la presenza di queste compe-tenze, posso immaginare il nuovo ruolo del manager come un insie-me di tutti questi elementi:Direzione: individua e ottiene l’ap-poggio e l’impegno dei principali leader all’interno dell’organizzazio-ne in cui è in atto il cambiamento e la gestione ordinaria dell’azienda.Visione: definisce un quadro chia-ro ed essenziale del modo in cui l’organizzazione funzionerà e sarà strutturata dopo l’attuazione del cambiamento o durante la gestio-ne ordinaria.Valutazione: determina il tipo e l’entità delle conseguenze che sa-ranno causate dal cambiamento nei vari settori aziendali: essere

Management

propositivi e prendere iniziativa per individuare e prepararsi ad af-frontare le conseguenze anziché essere reattivi dopo che queste si sono verificate.Competenze specifiche: vendita e marketing, logistica, produzione, amministrazione e finanza, HR e legale, IT e organizzazione, ecc. ri-corre alle normali tecniche di ogni area/disciplina per fare progredire i cambiamenti e mettere in risalto i vantaggi ottenuti, per gestire le attività ordinarie aziendali.Partecipazione: incoraggia il coin-volgimento attivo di tutte le per-sone influenzate direttamente o indirettamente dal cambiamento o preposte alla gestione ordinaria dell’azienda affinché lo sentano come cosa propria.Comunicazione: avvia uno scam-bio regolare di informazioni accu-rate sui cambiamenti e la gestione

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ordinaria aziendale, in modo aper-to e propositivo.Formazione: insegna i concetti e le specializzazioni occorrenti per attuare il cambiamento o per ge-stire le attività ordinarie dell’azien-da e massimizzare il rendimento dopo la sua attuazione, ciò anche attraverso il supporto di consulenti esterni.Integrazione: coordina le molte-plici attività e iniziative che proba-bilmente dovranno essere intra-prese dai quadri, impiegati, operai e/o consulenti per sostenere i cam-biamenti e le attività ordinarie dell’azienda… nel contesto di ogni progetto importante.Sostegno: deve rafforzare le infra-strutture necessarie per sostenere i cambiamenti e la gestione ordi-naria dell’azienda che si dovranno realizzare.Transizione: prepara tutto per as-sicurare un trapasso senza scosse dalle condizioni ambientali, so-cio-economiche attuali, progetti di ristrutturazione o di Merger & Acquisition e quello a cui si vuole arrivare.

Le aree di competenza attribuite al managerPer dare maggiore valore a ciò che realmente il manager (dirigente) è in grado di influenzare attraverso il suo ruolo e responsabilità, elenco alcune aree interessate:Cultura: influenza i valori e le con-vinzioni basilari dell’organizzazio-ne.Struttura organizzativa: definisce e implementa le strutture formali e informali da utilizzare per organiz-zare l’azienda, le divisioni, i reparti in condizioni ordinarie e/o partico-lari cambiamenti.Processi e procedure aziendali: definisce le modalità operative per lo svolgimento delle attività azien-dali quotidiane; il modo in cui le risorse impiegate vengono trasfor-mate in prodotti e servizi.Definizione delle mansioni: defi-

nisce le funzioni, le responsabilità e l’autorità attribuita a specifiche mansioni nell’ambito dell’organiz-zazione.Specializzazione e conoscenze necessarie: provvede all’identi-ficazione delle conoscenze, delle specializzazioni e le capacità che i dipendenti devono possedere per svolgere efficacemente il loro lavo-ro.Motivazione dei collaboratori: definisce i riconoscimenti e le ri-compense formali e informali dati ai dipendenti, le promozioni in-terne, le sanzioni e provvedimenti disciplinari, le motivazioni dei lavo-ratori e il grado di correlazione tra riconoscimenti e motivazioni.Comunicazioni: definisce i model-li formali e informali di comunica-zione e di flusso di informazioni all’interno dell’azienda e la corri-spondenza tra questi modelli e le motivazioni dei lavoratori.Politiche operative: definisce i principi guida formali ed informali per le attività quotidiane; le poli-tiche forniscono i principi guida generali che devono essere con-siderati dai quadri, mentre le pro-cedure definiscono le necessarie operatività specifiche che devono essere gestite dagli impiegati, ope-rai e consulenti.Gestione delle risorse umane: definisce le attività gestionali rela-tive alla ricerca, selezione, mante-nimento e sviluppo dei collabora-tori a carico dei quadri e esclusivi impiegati di primo livello.Interfacce tecnologiche: defini-sce e impiega tecnologie occorren-

ti per svolgere le mansioni e l’entità e la natura delle interfacce tra uti-lizzatori e tecnologie.

ConclusioneIl processo di cambiamento in atto per identificare il nuovo ruolo del manager (dirigente), così come ho provato a descrivere, è impegnati-vo, ma penso realistico e allineato alle aspettative degli stakeholder (clienti, azionisti, dipendenti, for-nitori, ecc.) che desiderano tutti prospettive di successo e creazione di valore nel lungo periodo. La po-sta in gioco è elevata, ci sono molti aspetti che richiedono un’incessan-te e risoluta attenzione, l’abbiamo capito tutti fin da quando il nostro Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) era rimasto “fermo” da anni in diverse sue parti.Ci sono ancora molti gruppi di sog-getti (stakeholder, politica, associa-zioni di categoria, proprietari d’a-zienda, mezzi di comunicazione, opinione pubblica in generale) che ci devono riconoscere e apprezzare come nuovi manager (dirigenti) in grado di contribuire nelle imprese e sempre più nella società come soggetti portatori di cultura e valo-ri etici per lo sviluppo.Attuata in questo modo serio e inflessibile, la rappresentanza ma-nageriale del nuovo ruolo del ma-nager (dirigente), è un’impresa dif-ficile nell’attuale contesto, ma tutti noi sappiamo che il cambiamento, se visto come un progetto vitale per la nostra categoria e per il Paese, ha un inizio, una fase centrale e una fine. Usando un noto slogan: “il suc-cesso è un viaggio” proviamo quin-di tutti insieme, uniti ad enfatizzare il nostro valore/ruolo, l’importanza dei corpi intermedi, per un vero e sentito riconoscimento del nostro operato e presenza in azienda, nel-la società, nella politica nel nostro Paese. Conseguentemente anche i proprietari d’azienda, i collaborato-ri, le persone e la società in genera-le, lo riconosceranno. ■

...tutti noi sappiamo che il cambiamento, se visto

come un progetto vitale per la nostra categoria e per il Paese, ha un inizio, una fase centrale

e una fine

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Roberto Maggi Managing Partner PK Consulting - [email protected]

La cultura del rischio

Cultura del rischio e gestio-ne del rischio sono argo-menti molto comuni in questi anni, se ne parla di

continuo, in maniera più o meno approfondita, e in diverse occasio-ni. Anche in una calda serata mila-nese di luglio se ne è dibattuto con due relatori di spicco: • Paola Musile Tanzi, docente SDA

Bocconi School of Management – dove ha diretto l’Area Intermedia-zione Finanziaria e Assicurazioni – ordinario di Economia degli In-termediari finanziari presso l’Uni-versità degli Studi di Perugia.

• Alberto Grando, ordinario del Dipartimento di Management e Tecnologia presso l'Università Bocconi, Dean della SDA Bocconi School of Management, Proretto-re per l’Attuazione del Piano Stra-tegico presso la stessa Università.

Gli interventi, molto apprezzati dal-la numerosa platea, hanno trattato l’argomento in maniera trasversale: il rischio come opportunità di bu-

In questo numero e in altri a venire approfondiremo il tema della gestione dei rischi, presentando anche il punto di vista di eccellenti relatori. Per cominciare: cosa vuol dire rischio come opportunità?

siness e, perché no, di crescita per-sonale, il rischio e le competenze, il rischio e la leadership. Partiamo da un esempio, lo stesso che ci ha proposto Paolo Cupola, presidente della giuria di Lucca Comics, che ha moderato la tavola rotonda e ha introdotto il dibattito partendo da un aneddoto: qualche anno fa, a un noto fumettista ven-ne suggerito di provare a gestire un periodo difficile della propria vita attraverso la scrittura di un fumetto. Ne nacquero una storia e un personaggio che divennero uno straordinario successo editoriale: dalla crisi all’opportunità, profes-sionale e personale, ovvero una rinascita. Per non abusare sull’uso del binomio crisi-opportunità basti sapere che il quarto numero della collana detiene il record di ven-dite e, per molti anni, la creatività espressa nella scrittura ha svolto una funzione terapeutica per l’au-tore (a cui vanno tutti i migliori au-guri e ringraziamenti).

Certo, per raggiungere un tale ri-sultato (da crisi ad opportunità), il rischio va percepito, analizzato, conosciuto, gestito secondo le quattro strategie possibili e, ove la situazione di crisi si verificasse, af-frontato e auspicabilmente tradot-to in vantaggio.

Ma un fumetto cosa c’entra con il business se non siamo degli editori?Le organizzazioni devono avere una percezione dei propri rischi e della propria propensione ad essi; ciò fa si che siano interessati a co-noscerli, attraverso una robusta analisi interdisciplinare, al fine di progettare e realizzare dei sistemi di controlli interni che siano coe-renti con la scelta della più idonea combinazione di strategie di ge-stione, ovvero: accettazione, mi-tigazione, mancata esposizione o trasferimento. Le organizzazioni operano in un contesto in continuo cambiamento, anche dal punto di

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teresse di una platea composta da manager, imprenditori e professio-nisti. Interesse dimostrato anche dallo scambio di battute tra rela-tori e moderatore quando è emer-so un altro aspetto fondamentale della gestione del rischio: trasfor-marlo in opportunità è sì possibile ed auspicabile, ma si deve anche sottolineare che un approccio sif-fatto contribuisce a preservare il patrimonio di un’azienda, non solo quello finanziario, ma quello forse ancora più prezioso: la reputazio-ne.Rafforzare la cultura del rischio aiuta a prevenire un danno alla reputazione che potrebbe com-promettere, in casi estremi, la vita stessa dell’azienda. Non dimenti-chiamo che viviamo in piena era digitale dove l’impatto derivante dalla commissione di illeciti (dolosi e colposi), dalla perdita o mancata protezione di dati e di informazio-ni, dalle interruzioni di servizio, da violazioni dei sistemi informativi, dalla insufficiente attenzione a

Cultura del rischio temi quali l’ambiente, la salute e la sicurezza dei lavoratori, dal man-cato rispetto di normative cogenti e volontarie in generale, potrebbe generare un grave danno econo-mico nonché portare ad azioni in-terdittive, ma soprattutto a un dan-no reputazionale.Secondo Marchionne “ci sono un’infinità di modi per fare i numeri in azienda, e poi c’è un modo di farli che è socialmente sostenibile” e, da qualunque punto di vista si voglia vedere la sostenibilità, le persone sono al centro di questo scopo; pertanto, la cultura del rischio e della legalità devono permeare l’a-zienda in tutte le sue componenti.Anche in una calda serata milanese di luglio si può dibattere di cultu-ra del rischio e considerarlo come elemento centrale dell’evento per celebrare i vent’anni di PK Consul-ting, società da sempre orientata a “dare valore tangibile e cultu-ra d’impresa ai nostri clienti e alle nostre persone” e della quale sono Managing Partner.Dal 1999 ad oggi abbiamo amplia-to e approfondito le conoscenze e competenze in ambito di Analisi dei Rischi, Gestione dei Rischi e Ge-stione delle Crisi diventando così partner di valore per i clienti nella gestione degli stessi. Far parte di una squadra di accountable peo-ple, significa essere visionari, ma avere sempre un piede ben anco-rato a terra; essere innovativi, ma con competenza e professionalità; essere sempre coerenti con i pro-pri valori e accettare solo progetti commisurati alle proprie cono-scenze. Con il fine di trasferire cultura d’im-presa riprenderemo in altri articoli il tema della gestione del rischio, coniugandolo con le competenze e la leadership, e mostrando come l’attuazione di una determinata metodologia permetta alle azien-de di rimanere agili nel governare questo tema che può avere un cer-to grado di complessità. ■

Dal 1999 ad oggi abbiamo ampliato e approfondito le conoscenze e competenze in ambito di Analisi dei Rischi,

Gestione dei Rischi e Gestione delle Crisi diventando così partner di valore per i clienti nella gestione degli stessi

vista normativo, ed evolvono, sul piano societario, operativo, perso-nale e culturale; pertanto, si rende necessario valutare nel tempo l’an-damento dei rischi e il sistema dei controlli interni in termini di idoneità e grado di attuazione. Questi due elementi a loro volta hanno una relazione di interdipen-denza reciproca con la propensio-ne al rischio, l’analisi dei rischi, la scelta della giusta combinazione delle strategie di gestione e la con-sapevolezza delle persone. In ulti-ma analisi con la cultura del rischio.Ciascuno dei fattori indicati richiede cultura manageriale, competenze verticali, interdisciplinarità, espe-rienza, costante aggiornamento, metodo. In altri termini, la gestione dei rischi in un’organizzazione non è così immediatamente realizzabile ma può, e deve, essere attuata per generare valore all’organizzazione stessa.Anche in una calda serata milanese di luglio si può dibattere di cultura del rischio e farlo suscitando l’in-

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Lombardia

Dal PGT Milano 2030 all’assegnazione dei Giochi invernali a Milano-Cortina 2026

sono stati fissati cinque obiettivi: una città connessa, metropolita-na e globale; una città di oppor-tunità, attrattiva e inclusiva; una città green, vivibile e resiliente; una città, 88 quartieri da chia-mare per nome; una città che si rigenera.Ci piace terminare questa relazione con un’ultima citazione dall’artico-lo “Caccia grossa a Milano. Sviluppo di una città”: “La vittoria su Stoccol-ma (per l’assegnazione delle Olim-piadi invernali 2026) è tutt’altro che scontata… ma Milano resterà nel gruppo comprendente Londra, Pa-rigi, Berlino, Amburgo, Amsterdam e pochi altri grandi centri urbani, quelli in cui si concentrano gli inve-stimenti degli operatori globali del real estate”.E, invece, abbiamo vinto. ■

Sull’Espresso del 16 giugno 2019 Vittorio Malagutti e Francesca Sironi hanno scrit-to un articolo molto impor-

tante per la realtà e il futuro della nostra città: “Caccia grossa a Milano. Sviluppo di una città” e verso la fine dell’articolo i due giornalisti hanno introdotto il parere di due urbanisti dell’Università Iuav Ca’ Foscari di Venezia, Stefano Munarin e Maria Chiara Tosi sul “rischio che la città si frammenti in isole per ricchi, crean-do nuove differenze”, che bisogna colmare. L’incipit di “Caccia grossa a Milano” e l’opinione di Munarin e Tosi as-severano l’importanza dell’incon-tro dello scorso 17 maggio1 con Pierfrancesco Maran, Assessore a Urbanistica, Verde e Agricoltura, introdotto dal nostro Presidente Villani con queste parole: “L’incon-tro con l’Assessore Maran si colloca all’interno di un dialogo con le isti-tuzioni e la Città di Milano volto a favorire un incontro e un confron-to con i manager su tematiche di interesse relative al territorio, ma anche a sottolineare la volontà e l’impegno di noi dirigenti ad esse-re in prima linea, a dare il nostro contributo, facendoci parte attiva e mettendo a fattor comune compe-tenze e know-how”. Il Presidente Villani ha poi ricordato come i manager si facciano carico quotidianamente nelle rispettive aziende di una responsabilità so-ciale che è essa stessa dimensione strutturale della vita dell’impresa.“Nell’urbanistica, nelle opere e nelle infrastrutture – ha concluso infine Villani – vediamo modernità e accelerazione, soprattutto in una

Lombardia e in una Milano che da sempre sono e sono state la culla del rinnovamento del Paese. Tutto questo con uno sguardo attento allo sviluppo sostenibile, tema su cui il nostro Paese, ma anche l’U-nione europea, è ora impegnato a declinare gli obiettivi strategici dell’Agenda 2030”.La parola è quindi passata all’As-sessore per l’illustrazione del PGT (Piano di Governo del Territorio2), reso pubblico il 15 maggio, solo due giorni prima della sua confe-renza presso di noi.I piani da soli non bastano ma for-niscono un quadro di insieme, ha esordito Pierfrancesco Maran; essi servono a fissare nuove regole e devono fornire sia ai cittadini che all’Amministrazione obiettivi, che devono essere divulgati affinché siano condivisi. Nel caso particolare di Milano 2030 il lavoro più importante è stato quello di disegnare un PGT che unisse quanto già fatto con i progetti futuri, partendo dai fattori di cambiamento… e arrivando a tre strategie principali: la cresci-ta deve essere per tutti, senza lasciare indietro nessuno; deve riguardare tutti i quartieri, deve essere sostenibile e migliorare la qualità della vita. Per realizzarle,

Ilaria Sartori Comunicazione e Marketing ALDAI-Federmanager

Giuseppe Firrao Componente Commissione Studi ALDAI-Federmanager

Note:1) L'incontro è stato preceduto il 16 maggio da una

conferenza di Alberto Lunghini. Il testo dell’intervento è disponibile su www.dirigentindustria.it

2) Il PGT nella sua interezza è disponibile sul sito www.aldai.it, sezione Eventi, 17 maggio.

Nell’edizione digitalewww.dirigentindustria.it

È disponibile la versione integrale dell'articolo.

Da sinistra: Fabio Pansa Cedronio, Bruno Villani e Pierfrancesco Maran.

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DI AGOSTO-SETTEMBRE 201928

Lombardia

La recente assegnazione all’ Italia e allo specifico a Mi-lano-Cortina delle Olimpia-di invernali 2026, oltre ad

alimentare un po’ di sano orgoglio nazionale, rappresenta per il Bel Paese un’occasione di investimenti in opere infrastrutturali e in strade di collegamento, nonché di conse-guenti e benefiche ricadute sul ter-ritorio. Una prima stima infatti sem-bra calcolare che da questa nomina possano arrivare alle casse dello Stato introiti complessivamente per 5 miliardi e 600 milioni di euro.Una notizia accolta positivamente, oltre che dalle istituzioni, dagli at-leti stessi e dall’opinione pubblica, anche da Alessandro Fidato, Diret-tore Airport Management Sea che, in un incontro sul territorio, oltre ad esprimere apprezzamento per l’opportunità, ha sottolineato l’im-pegno, già in atto, per migliorare il traffico e il collegamento aeropor-tuale di Malpensa e Linate.

Chiara Tiraboschi Giornalista e Responsabile Servizio Comunicazione e Marketing ALDAI-Federmanager

Ed è proprio su quest’ultimo, con l’annuncio di lavori di manutenzio-ne straordinaria che porterà tutto il traffico aereo a spostarsi su Mal-pensa, che si è recentemente spo-stata l’attenzione dei cittadini lom-bardi e non solo.Un passaggio doveroso per ga-rantire ai passeggeri livelli di si-curezza sempre elevati, ma che contribuiranno al tempo stesso a rendere Milano ancora più acces-sibile e connessa, grazie a un’infra-struttura completamente rinnova-ta, accogliente e funzionale, capace di ottimizzare i flussi dei passeggeri e di regalare un’esperienza di viag-gio completa e agevole.Ne abbiamo parlato con Alessan-dro Fidato che a Dirigenti Industria ha concesso una lunga intervista per spiegare come “Milano conti-nuerà a volare, grazie all’aeroporto di Malpensa pronta a gestire ed ad accogliere una mole di passeg-geri pari a quella che avrebbe con un traffico annuale di 30 milioni di persone, val a dire 5,3 milioni in più rispetto al record di passeggeri re-gistrato nel 2018”.

Facciamo volare Milano

Alessandro Fidato, Direttore Airport Management SEA, ci illustra come cambierà il volto di Linate dopo i 3 mesi di manutenzione straordinaria

10 milionii passeggeri che ogni anno transitano dall'aeroporto milanese

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Lombardia

Linate si appresta a diventa-re un city airport moderno ed europeo grazie a questi inter-venti. In che cosa consistono e come trasformeranno il volto del secondo polo aereo d’Ita-lia?“Il primo degli interventi che ver-rà realizzato durante la chiusura dell’aeroporto sarà il rifacimento della pista di decollo e atterraggio di Linate, ma contemporaneamen-te prenderanno il via i lavori di restyling dell’area imbarchi. Rin-noveremo anche l’impianto che riceve le valigie (BHS) e le prepara per l’imbarco nelle stive degli aerei, aumentando ancor di più il livello di security dell’aeroporto, grazie a nuovi sistemi all’avanguardia.Così facendo, amplieremo l’offerta commerciale dell’aeroporto con nuovi negozi in grado di incontrare i gusti della nostra clientela busi-ness.La riapertura di Milano Linate è pre-vista per il 27 ottobre 2019, ma alcu-ni cantieri rimarranno ancora aperti perché il percorso di rinnovamento e ampliamento dell’aerostazione continuerà sino al 2021. La nuova

Linate avrà sicuramente un’immagi-ne più moderna e iconica”.

Nel 2018 è stata completata la prima fase dei lavori con il restyling della facciata e la vip Lounge Leonardo. Nel 2019 i lavori riguarderanno il rifaci-mento della pista, il nuovo si-stema di gestione dei bagagli e l’ampliamento dell’aerostazio-ne. Cosa ci aspetta nella terza fase prevista nel 2021?“Dopo i primi lavori di restyling, sia-mo passati nel 2019 alla seconda parte, quella più importante sotto il profilo della sicurezza e dell’im-pegno economico (21,8 milioni di euro di investimento).Fino al 27 ottobre 2019 Linate chiude per rifare la pista e le vie di rullaggio, come previsto dalla nor-mativa vigente che ne impone la manutenzione straordinaria ogni 20/25 anni.Questo intervento – ci tengo a sot-tolinearlo per rispondere alle tante domande in merito – è fattibile sol-tanto nel periodo estivo, poiché la lavorazione della pista e delle sue componenti richiede un meteo sta-

bile, sereno, e un clima caldo per essere apportata al meglio.Un’altra parte dei lavori riguarderà l’adeguamento del BHS (Baggage Handling System), ovvero l’impian-to che gestisce le valigie e le pre-para prima dell’imbarco sull’aereo, alle più recenti normative europee (10,9 milioni di euro di investimen-to). Questi interventi garantiranno livelli di sicurezza ancora più elevati e diminuiranno i tempi di controllo e smistamento.La terza e ultima fase che invece avrà luogo nel 2021 è quella che verrà maggiormente percepita dal passeggero una volta completata perché riguarda il restyling e l’am-pliamento dell’aerostazione (per un investimento di 27,2 milioni).Sarà volta alla creazione di una nuova area commerciale dedicata principalmente agli affari e in gra-do di incontrare i gusti della nostra clientela business, di un’area food &beverage e di spazi più ampi, lu-minosi e accoglienti per rendere il percorso del viaggiatore più piace-vole.Al termine di queste tre fasi, Linate sarà un city airport moderno e all’a-

La timeline dei lavori

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semplice, lo sanno tutti. Durante il periodo di chiusura di Linate lo sarà ancora di più, grazie ai treni di collegamento in partenza da Mila-no Cadorna, Milano Garibaldi e Mi-lano Centrale che aumenteranno la loro capacità e grazie ai pullman dalla Stazione Centrale di Milano e da Fiera Milano City/Fiera Rho Pero che aumenteranno le frequen-ze. Inoltre, il comune di Milano in partnership con SEA metterà a di-sposizione un servizio speciale di taxi per la condivisione del viaggio point-to-point da e per l’aeropor-to di Malpensa a tariffe agevolate. Infine, grazie alla convenzione con Telepass, se raggiungi in auto Mal-pensa passando dalla A4 e usufru-isci dei parcheggi ufficiali dell’ae-roporto, ti sarà rimborsato il costo dell’autostrada!“.

Milano continua a volare dunque ma non solo. Con queste premesse si appresta a confermarsi una città moderna e all’avanguardia, al servi-zio di chi viaggia ed è cittadino del mondo. ■

vanguardia, votato all’accoglienza dei passeggeri per garantire loro sempre il massimo in termini di si-curezza, di comfort e di servizio”.

Anche Malpensa però non starà a guardare visti i 18 mi-lioni di euro di investimento per aiutarla ad accogliere il tra-sferimento dei voli da Linate.“Malpensa negli ultimi anni ha re-gistrato una continua crescita per traffico di persone e di merci, e questo periodo di lavoro più inten-so anticipa quella che, presumibil-mente, sarà l’attività ordinaria del prossimo futuro dello scalo inter-continentale di Milano.Abbiamo allestito una nuova isola check-in per potenziare le strutture di ricezione e assistenza dei pas-seggeri in partenza dal Terminal 1 di Malpensa, un intervento neces-sario per consentire una migliore gestione dell’aumento del traffico previsto per il periodo di chiusura di Linate e che permetterà all’aero-porto di smaltire in tempi più brevi l’imbarco dei bagagli e l’accettazio-ne dei passeggeri.L’aumento del traffico dovuto alla

chiusura di Linate impatta principal-mente sulla gestione dei passeggeri nell’area Schengen per via della ti-pologia di traffico di Linate, la quale copre soltanto destinazioni presen-ti all’interno dell’Unione europea. Questo comporta un maggiore stress per l’area di Malpensa desi-gnata a queste destinazioni, la quale vedrà aumentare in maniera sensi-bile la presenza di passeggeri. Per questo motivo si è reso indispensa-bile l’ampliamento e l’ammoderna-mento dei gates 24/26 e 32/39, così da rendere più agevole e conforte-vole l’imbarco dei passeggeri”.

Gli interventi in corso a Linate non sono quindi un’eccezione, bensì la regola. Badare alla sicurezza dei passeggeri è il primo obiettivo di chi gestisce gli aeroporti, per que-sto, ci ricorda Fidato, anche le piste e i piazzali di Malpensa vengono manutenuti regolarmente.

Infine, un’ultima domanda, la più pragmatica forse... Come ci arriviamo a Malpensa dal cen-tro città?“Arrivare a Malpensa da Milano è

Lombardia

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ANNO 6 NUMERO 6

Pantone Orange 021 C Pantone 418 C

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Welfare24I l V a l o r e d e l l e P e r s o n e p e r A s s i d a i

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“Manager, dormire bene aiuta a essere leader e a preservare la propria salute” Secondo l’esperto Peverini bisogna riposare tra le sette e le otto ore a notte

corro core

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SALUTE

QUALITÀASSISTENZA

WELFARE

BENEFIT

LA PAROLA AL PRESIDENTE

“C’ è stato un m o m e n t o in cui il ma-nager mi-

gliore era considerato quello che, insieme ai suoi col-laboratori, dormiva poco, rinunciava ai pasti e lavorava anche la notte e in viaggio. Oggi, grazie a più ragionevoli e utili interpretazioni di dati scientifici sul nostro sonno, siamo tornati a una concezione più vicina alla fisiologia umana: per rispondere in modo ade-guato agli stimoli lavorativi e al problem solving serve la giusta quantità di sonno e questo vale per tutti i lavori, non solo per i dirigenti”. Francesco Peverini, medico internista, Presidente della Fondazione per la ricerca e la cura dei disturbi del sonno Onlus, docente ed esperto dello studio e del trattamento dei disturbi del sonno, sposa pienamente la tesi sostenuta da uno studio di McKinsey, secondo il quale il leader migliore è quello che dorme bene.Dottor Peverini, qual è la dose di sonno ideale per un individuo?

Se parliamo della popo-lazione in età lavorativa, direi tra le sette e le otto ore. Una quantità inferiore può essere accettabile per i co-siddetti dormitori brevi, che tuttavia sono una parte molto esigua della popo-lazione. Invece, tutti coloro che affermano di lavorare bene dormendo 4 o 5 ore dovrebbero essere coscienti di condurre una vita a ri-schio sotto vari profili, tra cui quello cardiovascolare.Quali sono i danni più significativi che può causare la carenza di sonno a una persona che ricopre ruoli di responsabilità?

Il sonno è una compo-nente fondamentale del- la nostra vita: un riposo adeguato ci permet-te di godere di buona salute e anche di af-frontare la giornata lavo- rativa con la lucidità necessaria per pren-dere decisioni. Il ragionamento vale a mag- gior ragione per i manager, come ci con-ferma l’intervista al Professor Francesco Peverini, medico e specialista dei disturbi del sonno, che apre questo numero di Welfare 24. Il leader migliore è quello che dorme bene: Lo dice una ricerca di McKin-sey, secondo cui anche il lavoro in team, per funzionare, deve avvenire tra persone che abbiano pienamente recuperato le fatiche del giorno precedente. Per farlo, riportiamo anche un decalogo, facile da mettere in pratica, che aiuta a godere di un buon sonno. Da non dimenticare il consueto spazio dedicato a una struttura convenzionata con Assidai: in questo caso il Gruppo San Donato, punto di riferimento della Lom-bardia per la capacità di essere vicino al paziente. Infine, l’editoriale del Presidente di Federmanager Stefano Cuzzilla che ri-corda il provvedimento contenuto nel DL Crescita appena approvato, in cui viene riconosciuta la natura non commerciale di enti e casse sanitarie, valorizzando così il loro cruciale ruolo di intermediazione della spesa sanitaria privata.

di Tiziano neviani - PresidenTe assidai

Calo di concentrazione, di memoria e di attenzione. Non solo: si sviluppa un senso di urgenza esagerato per le cose e, nell’affrontare i problemi, un’apprensione del tutto superiore rispetto a una persona che ha invece ripo-sato adeguatamente. Altre manifestazioni sono insi-curezza, incertezza e dif-ficoltà nel decidere subito il miglior percorso da affron-tare oltre che nel mantenere la calma davanti a eventi improvvisi e inaspettati. Da non dimenticare l’elevata conflittualità all’interno di un team.

>>> Continua a pagina 2

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“LA PERDITA DI SONNO CI RENDE IRRITABILI E DIFFIDENTI” “HEALTHY MANAGER”, ALTRA CAMPAGNA, NUOVO SUCCESSOCIFRA RECORD DI OLTRE 6.500 PRENOTAZIONI PER LA VISITA DERMATOLOGICA, COMPLETA DI MAPPATURA DEI NEI, OFFERTA GRATUITAMENTE A TUTTI GLI ISCRITTI ASSIDAI

N uovo, grande successo per la campagna “Healthy Ma-nager” lanciata a giugno da Assidai e Federmanager che

vede come partner i colossi assicurati-vi Allianz e Generali Welion. Quest’an-no, per tutti gli iscritti al Fondo, è stato possibile sottoporsi, in modo completa-mente gratuito presso la rete di struttu-re sanitarie aderenti all’iniziativa, a una visita dermatologica comprensiva di mappatura completa dei nei. L’obietti-vo? Prevenire eventuali patologie della pelle, a partire dal melanoma, una delle forme di cancro a maggior tasso di cre-scita negli ultimi anni.

Ci sono anche effetti negativi nel rapporto con gli altri?Chi dorme meno, ha una ir-ritabilità maggiore e una su-scettibilità eccessiva: è diffi- dente anche verso chi propone soluzioni ai problemi. Inoltre, cambia la percezione del volto dell’interlocutore: chi dor- me poco o male, tende a ri-conoscere meno le espressioni facciali, diminuendo così la possibilità di interagire effi-cacemente nel confronto con gli altri, siano essi collabo-ratori o interlocutori. In defini- tiva direi che il rapporto sociale non può che peggiorare. Quali sono invece le conse-guenze negative dal punto di vista fisico?La perdita di qualità o quan- tità del sonno è legata stret- tamente alle malattie cardio- vascolari. Già la sola priva-zione cronica di sonno può aumentare la pressione arte- riosa o peggiorare un’iperten-sione presente. Dormire meno accentua poi il senso di fame per una relazione diretta con l’ormone dell’appetito, la gre- lina: i bambini, che oggi dor-mono in media un’ora e mezzo meno rispetto a 10 anni fa,

LA SOLA PRIVAZIONE CRONICA DI SONNO PUÒ AUMENTARE LA PRESSIONE ARTERIOSA O PEGGIORARE L’IPERTENSIONE SE PRESENTE. INOLTRE DORMIRE MENO ACCENTUA IL SENSO DI FAME PER MECCANISMI ORMONALI.

Francesco Peverini Medico Internista, docente di Medicina Interna e Farmacologia, si occupa da venti anni dello studio e del trattamento dei disturbi del sonno. È responsabile del Centro Multidisciplinare per la ricerca e la cura dei disturbi del sonno di Roma e di Firenze. Con la Fondazione per la Ricerca e la Cura dei Disturbi del Sonno Onlus, di cui è Presidente, è impegnato nella ri-cerca e nella divulgazione delle conoscenze sulla Medicina del Sonno.

pesano mediamente di più; lo stesso vale per gli adulti. Ciò causa la comparsa o il peggio- ramento di alterazioni meta- boliche e di conseguenza an-che di rischio cardiovascolare. La carenza cronica e non trattata di sonno, infine, si comporta come una malattia sistemica: con il passare del tempo può generare uno sta- to di infiammazione cronica dell’organismo che si mani-festa con varie alterazioni (vascolari e coagulatorie in primis) e riduce le difese immunitarie con maggiore in- cidenza di patologie, da vira-li come raffreddamento e in- fluenza, fino a minare l’inte- grità dell’organismo renden-dolo vulnerabile a patologie molto più importanti. Possiamo aiutare il sonno con una buona alimentazione? Naturalmente. Soggetti privati di un sonno efficace, tendono a mangiare più facilmente ali- menti ricchi di grassi, car-boidrati artificiali e meno ver- dura. Va invece rispettato il bio- ritmo e dovrebbe essere man-tenuta una regolarità oraria nei pasti: tutto ciò aiuta ad avere meno problemi con il

>>> continua dalla prima pagina - Intervista a Francesco Peverini

dro clinico. Elemento impor-tantissimo che solo una visita medica può identificare. La cronicizzazione di un distur-bo del sonno, ossia che si trascina per più di tre mesi, potrebbe essere dovuta a di-sfunzioni della tiroide, alla più nota e subdola sindrome delle apnee notturne o alla meno nota patologia delle gambe senza riposo. In so-stanza, condizioni organiche il cui trattamento condurrà anche alla soluzione del pro-blema del sonno.

sonno. Una persona che lavora dovrebbe consumare alimenti semplici e poco elaborati. La sera è opportuno mangiare carboidrati e verdure rispet-to alle proteine, da preferire a pranzo; da evitare gli alcolici la sera e anche l’esercizio fisico praticato troppo tardi. Un disturbo del sonno può es-sere sintomo di altre patologie? I disturbi del sonno possono essere sia un problema prima-rio, come un’insonnia di bre-ve o lunga durata, o essere in- vece il sintomo di un altro qua

Imparare a dormire bene è una condizione fondamentale per ren-dere meglio al lavoro, soprattutto per i manager. Un buon sonno non migliora solo l’umore e la salute, ma anche le performance lavorative, quindi il fatturato dell’azienda. È questa la tesi di una ricerca di McKinsey, società di consulenza a livello mondiale, secondo la quale il leader migliore è quello che dorme bene. Il motivo? Vari studi scientifici hanno dimostrato che non riposare a sufficienza com- promette le prestazioni dei manager, soprattutto perché mina le qualità di leadership. A dif-ferenza di altre aree del cervello, infatti, la corteccia prefrontale, che

dirige le facoltà mentali di grado superiore (come il problem sol- ving, il ragionamento e la piani-ficazione) non è in grado di far fronte a un’insufficienza di sonno.In particolare, secondo McKisney dormire poco o male influisce ne-gativamente sulle quattro quali- tà principali dei leader: forte orientamento ai risultati, capacità

di risolvere i problemi, individua-re punti di vista alternativi e aiu-tare gli altri. La soluzione? Gli esperti del colosso della consulenza sug- geriscono alcune metodiche - ap-positamente pensate per le azien-de - per aiutare i dipendenti a rag-giungere performance lavorative più elevate grazie a un sonno mi-

gliore. Come prima cosa bisogna verificare che i dipendenti non sof-frano di disturbi come insonnia o apnee notturne che causano son-nolenza e deficit d’attenzione. Van- no introdotti turni e lavoro da casa per diminuire lo stress, bloccando le e-mail fuori orario d’ufficio per frenare l’abitudine di lavorare fino a tardi la sera. Poi vacanze obbligatorie: è fonda- mentale prendere ferie e, so- prattutto, non lavorare mentre si è in vacanza. Infine, stanze in ufficio appositamente pensate per dormire: secondo le ricer- che un pisolino della durata da 10 a 30 minuti migliora l’attenzione e la produttività fino a due ore e mezza.

ANCHE PER MCKINSEY IL SONNO È FONDAMENTALE PER LE PERFORMANCE DEL MANAGER

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Pantone Orange 021 C Pantone 418 C

C 0, M 55, Y100, K 0 C 0, M 0, Y30, K 75

“LA PERDITA DI SONNO CI RENDE IRRITABILI E DIFFIDENTI” “HEALTHY MANAGER”, ALTRA CAMPAGNA, NUOVO SUCCESSOCIFRA RECORD DI OLTRE 6.500 PRENOTAZIONI PER LA VISITA DERMATOLOGICA, COMPLETA DI MAPPATURA DEI NEI, OFFERTA GRATUITAMENTE A TUTTI GLI ISCRITTI ASSIDAI

soliti dedicare al cuore e al cervello”, ha ripetuto per anni l’uomo simbolo della lotta contro il cancro, il Professor Um-berto Veronesi. Un concetto che riflet-te perfettamente lo spirito della nuova campagna di prevenzione lanciata da Assidai e Federmanager, che da molti anni si fanno promotori di iniziative per tutelare la salute degli iscritti, ricordan-do quanto sia importante rispettare un corretto stile di vita in aggiunta a picco-li ma fondamentali accorgimenti come gli screening di prevenzione primaria efficaci per diminuire o diagnosticare preventivamente l’insorgenza di serie patologie.

N uovo, grande successo per la campagna “Healthy Ma-nager” lanciata a giugno da Assidai e Federmanager che

vede come partner i colossi assicurati-vi Allianz e Generali Welion. Quest’an-no, per tutti gli iscritti al Fondo, è stato possibile sottoporsi, in modo completa-mente gratuito presso la rete di struttu-re sanitarie aderenti all’iniziativa, a una visita dermatologica comprensiva di mappatura completa dei nei. L’obietti-vo? Prevenire eventuali patologie della pelle, a partire dal melanoma, una delle forme di cancro a maggior tasso di cre-scita negli ultimi anni.

I numeri stimati ad oggi (dati campagna ancora in fase di elaborazione) parlano di oltre 6.500 prenotazioni: un ulteriore passo in avanti rispetto alla campagna 2018, che offriva un esame Ecocolordoppler dei tronchi sovraortici (considerato fondamentale dagli esperti per prevenire l’ictus) e che era arrivata a quota 5.933 prenotazioni (il 57% in più rispetto al 2016 in occasione della precedente campagna di prevenzione). Una progressione che testimonia da una parte la maggiore consapevolezza degli iscritti su questo tema, cruciale sia per la tutela della salute sia per il mantenimento, in prospettiva, degli equilibri del Servizio Sanitario Nazionale e dall’altra il crescente impegno di Assidai sul fronte della prevenzione. Dai dati IEO (Istituto Europeo di Onco-logia), in Italia vengono diagnosticati annualmente oltre 7.000 nuovi casi di melanoma, che può insorgere ad ogni età, ed è uno dei tumori più frequenti negli adulti di età compresa tra i 30 e 40 anni. Per questo, la nostra pelle “è un organo da proteggere, curare e pre-servare con amore, lo stesso che siamo

ULTERIORE PASSO IN AVANTI RISPETTO ALLA CAMPAGNA 2018, CHE OFFRIVA UN ESAME ECOCOLORDOPPLER, ED ERA ARRIVATA A QUOTA 5.933 PRENOTAZIONI, A LORO VOLTA IL 57% IN PIÙ RISPETTO ALLE 3.777 DELL’INIZIATIVA LANCIATA NEL 2016

LA SOLA PRIVAZIONE CRONICA DI SONNO PUÒ AUMENTARE LA PRESSIONE ARTERIOSA O PEGGIORARE L’IPERTENSIONE SE PRESENTE. INOLTRE DORMIRE MENO ACCENTUA IL SENSO DI FAME PER MECCANISMI ORMONALI.

gliore. Come prima cosa bisogna verificare che i dipendenti non sof-frano di disturbi come insonnia o apnee notturne che causano son-nolenza e deficit d’attenzione. Van- no introdotti turni e lavoro da casa per diminuire lo stress, bloccando le e-mail fuori orario d’ufficio per frenare l’abitudine di lavorare fino a tardi la sera. Poi vacanze obbligatorie: è fonda- mentale prendere ferie e, so- prattutto, non lavorare mentre si è in vacanza. Infine, stanze in ufficio appositamente pensate per dormire: secondo le ricer- che un pisolino della durata da 10 a 30 minuti migliora l’attenzione e la produttività fino a due ore e mezza.

ANCHE PER MCKINSEY IL SONNO È FONDAMENTALE PER LE PERFORMANCE DEL MANAGER

SULLA NOSTRA PELLE.

Partner dell’iniziativa:

Giugno è il mese di prevenzione del melanoma.

Prevenire è il modo migliore di curare. Ecco perché Assidai e Federmanager offrono a tutti gli iscritti al Fondo, a titolo gratuito, il pacchetto “Healthy Manager” che prevede, per tutto il mese di giugno, la possibilità di prenotare presso le strutture sanitarie aderenti all’iniziativa una visita dermatologica e una mappatura completa dei nei per prevenire eventuali patologie della pelle.

IL FUTURO SI GIOCA

Consulta le strutture sanitarie aderenti all’iniziativa sul sito www.assidai.it, chiama la struttura più vicina a te per prenotare l’accertamento e comunica la prenotazione effettuata alla centrale operativa al numero verde 800855888.

e

IL DECALOGO PER IL SONNO PERFETTOSCEGLI BENE LA BIANCHERIA

La scelta oculata di lenzuola, coperte, piumoni, pigiami, rappresenta il primo passo verso la ricerca del comfort necessario per un buon riposo notturno: piumone e cuscini devono avere proprietà anallergiche.

IL MATERASSO VUOLE LA SUA PARTEIl materasso giusto permette un sonno profondo, consentendo di svegliarsi senza dolori o rigidità muscolare. Per sceglierlo dobbiamo sempre immaginare la pressione del corpo su di esso: minore sarà il piano di contatto con il corpo, maggiore sarà la contropressione e più si tenderà a cambiare posizione.

FAI IL CAMBIO DI STAGIONE

A CUSCINI E MATERASSILa maggior parte dei materassi ha una durata di circa otto anni: il modo migliore per capire se cambiarlo è valutare il comfort e la qualità del sonno. I cuscini vanno sostituiti ogni due anni.

OCCHIO ALLA TEMPERATURA GIUSTAUna stanza fresca, tra 18 e 22 gradi, rende migliore il sonno. Un ambiente troppo caldo può interferire con il sonno: alcune forme di insonnia sono associate a una regolazione impropria della temperatura corporea.

SOGNI D’ORO PROFUMATIAlcuni odori possano avere effetto sul son- no: ad esempio, la lavanda diminuisce la frequenza cardiaca e la pressione del san- gue, aiutando il rilassamento. Si possono usare oli, candele e bustine profumate.

PREPARA LA SERA PRIMARiporre ordinatamente chiavi, portafoglio, cellulare e cartelle già pronti per il mattino successivo, contribuisce a eliminare un motivo di agitazione. Bastano 10 minuti e ci si sveglierà con meno preoccupazioni.

FAI LO STYLING ALLA CAMERA DA LETTOLa camera da letto è il nostro ‘santuario del sonno’: per questo, è indispensabile che sia pulita e ordinata, con una disposizione

dei mobili che sia visivamente piacevole. Meglio evitare pc e televisore.

STAI ALLA LARGA DAL RUMOREIl rumore può ostacolare il sonno causando risvegli indesiderati o variare le fasi del sonno. Con un contro-rumore si può bilanciare la frequenza negativa: un ventilatore d’estate, il rumore del treno o della musica rilassante in cuffia.

DORMI AL BUIO SENZA CELLULARESi dorme meglio al buio. Inoltre utilizzare computer, videogiochi o telefono cellu-lare prima di dormire rende più difficile addormentarsi, poiché la loro luce altera il ritmo giorno-notte. Dunque stop all’elet- tronica almeno un’ora prima di coricarsi.

CIBO E SONNOCerti alimenti possono favorire un son-no più efficace, ma la scelta migliore in assoluto è di mangiare poco, se possibile 2 ore prima di dormire, evitando alcool o sostanze stimolanti come la caffeina.

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Welfare24I l V a l o r e d e l l e P e r s o n e p e r A s s i d a i

Il Sole 24 Ore Radiocor Agenzia di Informazione Registrato al n. 185 del 16.5.2014 presso il Tribunale di Milano Direttore responsabile: Lorenzo Lanfrancone

Proprietario ed editore: Il Sole 24 Ore S.p.A.Sede legale e redazione: via Monte Rosa 91, 20149 Milano Tel: 02.3022.4602-3 - Fax 02.3022.481Progetto grafico e artwork: Lucia Carenini

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www.assidai.it

ISSN 2532-7739

IL PUNTO DI VISTA

Assidai, così come il FASI di cui per molti co-stituisce l’integrazione, è un Fondo sanitario senza scopo di lucro. Garantisce prestazioni

competitive e trasparenti, in un sistema reso sostenibile, tra l’altro, dalla mutualità tra gli associati e dalla solidarietà intergenerazionale. È la natura non profit a consentire di non porre vincoli di età in entrata né di permanenza, di

non chiedere lo stato di salute a chi vuole iscriversi. Dunque è positivo vedere riconosciuta, nel DL Crescita appena approvato, la natura non commerciale degli enti e casse sanitarie. Il DL Crescita non ha accordato privilegi ai Fondi sanitari, come frettolosamente è stato scritto. Si è limitato piuttosto a sanare un vuoto legislativo che si era creato con la riforma del Terzo Settore. I Fondi sanitari integrativi possono operare ora in un contesto normativo armonizzato che

valorizza il loro ruolo di intermediazione della spesa sanitaria privata, quella che sempre più spesso sosteniamo di tasca nostra. La sanità integrativa calmiera i costi delle prestazioni, assicura la compliance contro fenomeni di infedeltà fiscale, supporta il SSN nell’erogazione di prestazioni socio-sanitarie che sono a rischio. Solo estendendo la possibilità di aderire alla sanità integrativa potremmo colmare la domanda sanitaria degli italiani e mantenere il sistema in equilibrio.

SENZA SCOPO DI LUCRO DI STEFANO CUZZILLA, PRESIDENTE FEDERMANAGER

ISTITUTI CLINICI ZUCCHI, IL PAZIENTE SEMPRE AL CENTRO

FANNO PARTE DEL GRUPPO SAN DONATO, SONO ACCREDITATI CON IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE E RAPPRESENTANO UN PUNTO DI RIFERIMENTO PER IL TERRITORIO LOMBARDO CON ECCELLENZE A LIVELLO NAZIONALE

I l Gruppo San Donato, co-stituitosi nel 1957, oggi con 19 ospedali, 16.894 collaboratori e 5.731 me-

dici si prende cura di più di quattro milioni di pazienti all’anno in tutte le specialità. È convenzionata con Assidai la maggior parte delle strut-ture del Gruppo San Donato, che vanta un’esperienza di 60 anni che gli ha consentito di maturare un modello or-ganizzativo unico - fondato sull’interazione tra attività clinica, didattica e ricerca - e che ha portato il network GSD a essere fra i primi gruppi ospedalieri europei e il primo in Italia. Gli Istituti Clinici Zucchi, con la sede “storica” di Monza (in attività da oltre 100 anni) e i presidi di Carate Brianza e Brugherio, sono parte del

Gruppo dal 2002. Accredi-tati con il Servizio Sanitario Nazionale, sono un punto di riferimento per il territorio brianzolo e lombardo, con eccellenze cliniche a livello nazionale. Al cuore dell’attività c’è infatti la professionalità di oltre 200 medici, accomunati da un approccio che mette sempre i pazienti al centro del percorso di cura, offrendo un supporto multidisciplinare. Numerosi sono i centri degli Istituti Clinici Zucchi dove équipe con specialisti diversi prendono in carico il paziente in sinergia, per un approccio terapeutico più efficace e personalizzato: è il caso dei Centri di Vulnologia, dell’Hernia Center “Monza-Brianza”, dedicato alle patologie chirurgiche della

parete addominale, del nuovo Pelvic Center, dove colon-proctologi, ginecologi, urologi, radiologi, fisio-terapisti, psicologi, nutrizio-nisti e terapisti del dolo-re garantiscono una valu-tazione polispecialistica delle malattie pelvico-perineali e del Centro di Medicina della Riproduzione e Biogenesi, ai primi posti della casistica italiana nel settore della fecondazione assistita.Altamente specializzato an- che il team dedicato all’Orto- pedia, soprattutto nella chi-rurgia protesica dell’anca e del ginocchio e nella trauma-tologia dello sport: gli spor-tivi possono contare anche su un’unità di Riabilitazione specialistica, dotata delle tec-nologie più avanzate per il re-cupero neuro-motorio.

Il presidio di Carate Brianza, dedicato alla riabilitazione in ambito neurologico, or-topedico e psichiatrico, si distingue da anni anche per il proprio programma di As-sistenza domiciliare integra-ta accreditata con il SSN. Il servizio offre visite mediche specialistiche, prestazioni infermieristiche e fisiotera-piche a domicilio per i citta-dini con difficoltà di accesso alle strutture ambulatoria-li. Nella sede vi sono anche un’unità di Riabilitazione psichiatrica, due centri resi-denziali per l’assistenza a chi è affetto da malattie psichia-triche e un’unità di Cure pal-liative per i pazienti termi-nali che, oltre all’assistenza residenziale (Hospice) svolge parte della sua attività presso il domicilio del paziente.

Nelle immagini, da sinistra, la sede “storica” di Monza e il presidio di Carate Brianza degli Istituti Clinici Zucchi

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DI 35AGOSTO-SETTEMBRE 2019

Notizie

Nel rapporto Inps 2019 due novità sulle quali aprire un confronto

cui afferma che il sistema pensio-nistico è solido, ritenendo tuttavia necessaria una riflessione di traspa-renza contabile sulla divisione rea-le tra spesa pensionistica e spesa assistenziale, essendo quest’ultima finanziata solo con la fiscalità ge-nerale. Un’operazione chiaramente finalizzata a una contabilità rinno-vata e non a interventi normativi, per rendere, sono parole di Tridico, maggiormente comprensibili i confronti internazionali in tema di spesa pensionistica. CIDA, i cui rappresentati sono stati e sono tuttora oggetto di campagne me-diatiche per i loro trattamenti pen-sionistici, non può che accogliere favorevolmente un’iniziativa, ma-turata in seno all’Inps, destinata a fare finalmente chiarezza fra spesa assistenziale e quella previdenzia-le. Perché avvalorerebbe un con-cetto che da tempo ribadiamo: pur con la necessità di un attento mo-nitoraggio e nella consapevolezza degli andamenti demografici, la spesa pensionistica è sotto control-lo. Ci auguriamo che così cessino gli inutili allarmismi e la ricerca dei capri espiatori”, ha concluso Mantovani. ■

Accolte con interesse da CIDA le proposte di previdenza complementare pubblica e la distinzione dei conteggi fra previdenza e assistenza. Di seguito il comunicato stampa CIDA

Roma, 10 luglio 2019. “Il primo rapporto annuale Inps firmato dal nuovo presidente, Pasquale Tri-

dico, segna senza dubbio una di-scontinuità d’impostazione rispet-to al passato e sembra prefigurare un ruolo maggiormente politico di Inps. Presenta anche due novità sulle quali riflettere: un fondo pub-blico di previdenza integrativa; una più accentuata trasparenza conta-bile fra la spesa assistenziale e quel-la previdenziale”. Lo ha detto Mario Mantovani, Presidente di CIDA, la confederazione dei dirigenti e delle alte professionalità, commentando la relazione annuale dell’Istituto, presentata a Montecitorio. “Tridico ha proposto l’adozione di una forma di previdenza comple-mentare pubblica gestita dall’Inps – ha detto il presidente di CIDA – per provare a colmare il gap di adesioni a questi fondi. Adesioni che in Italia non arrivano al 30% dei lavoratori. L’obiettivo, oltre a garantire una pru-dente gestione dei fondi, secondo quanto illustrato dal neo-presiden-te dell’Inps, dovrebbe essere quello di sostenere una maggiore canaliz-zazione degli investimenti in Italia. In particolare, Tridico ha rilevato l’anomalia rappresentata dal fatto che il maggior ente di previdenza europeo non abbia un proprio fon-do integrativo pubblico. Eppure,

ha spiegato, nel 2018 i fondi pen-sione hanno gestito risorse per 167,1 miliardi, pari al 9,5% del PIL, molti dei quali investiti all’e-stero. Per Tridico, quindi, la sfida del fondo Inps dovrà essere quella di aumentare il numero delle adesio-ni attraverso la costituzione di una valida alternativa ai fondi privati, ma anche quella di aumentare gli inve-stimenti diretti in Italia. Il limite all’e-spansione dei fondi andrebbe però ricercato – ha detto il presidente di CIDA – nell’obsoleta distinzione tra lavoro dipendente e autonomo, che impedisce d’introdurre nuove forme contrattuali strutturate, e quindi inclusive di versamenti alla previdenza complementare, e nello stesso tempo flessibili nella forma, nei tempi e nella remunerazione delle prestazioni. La suggestione del fondo Inps di previdenza com-plementare potrebbe essere invece sviluppata nell’ambito della con-trattazione dei dipendenti pubblici, per cogliere specificità settoriali e di funzione, facilitare la flessibilità in uscita e ridurre gli effetti della di-scontinuità, ormai presenti anche in questo ambito. Quanto alla limitata quota d’investimenti diretti in Italia occorre analizzarne le cause, che non derivano certamente dalla ca-renza di capitali privati disponibili”.“Altrettanto interessante è il pas-saggio della relazione di Tridico in

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DI36 AGOSTO-SETTEMBRE 2019

Notizie

Uniti possiamo fare la differenzaÈ il leitmotiv di Mario Mantovani, nuovo Presidente di CIDA, la Confederazione dei dirigenti e delle alte professionalità. In occasione della sua prima assemblea da Presidente della Confederazione, Mantovani ha indicato le linee programmatiche del mandato triennale, rivolgendosi non solo alle Federazioni aderenti e agli iscritti, ma inviando un messaggio politico alle istituzioni e alla società civile

Intervento del Presidente CIDA all'Assemblea del 5 luglioCIDA è un interlocutore aperto al dialogo con ogni forza politica e lo pratica concretamente. Non è però nelle nostre corde rinunciare a esprimere opinioni, né inseguire la notizia del giorno, finendo per dimenticare le priorità. Le nostre e quelle che riteniamo essere del nostro Paese. Con un occhio all’at-tualità abbiamo parlato perciò di Unione europea, prendendo una chiara posizione verso la maggiore integrazione e il superamento del-le visioni nazionali. Credo che sia, oltre che un’opinione politica, un

interesse concreto dei nostri rap-presentati.

L'incontro con ilPresidente MattarellaAbbiamo parlato di economia, esprimendo chiaramente il timore verso operazioni rischiose, velleita-rie, orientate al consenso di breve termine. Nelle poche parole scam-biate con il Presidente della Repub-blica Sergio Mattarella in occasione delle celebrazioni del 2 giugno ho espresso la nostra domanda di sta-bilità, condizione fondamentale per lo sviluppo di organizzazioni sane, siano esse imprese, servizi pubblici o pubbliche amministrazioni. Ero

accompagnato da mia figlia e gli ho espresso anche una grande fidu-cia nei nostri giovani. Ai quali però dobbiamo consegnare un Paese non dico in piena salute, ma alme-no capace di svolgere le sue funzio-ni vitali fondamentali. La grave crisi demografica, evidenziata anche dai dati del 2018, l’anno con meno na-scite da un secolo e mezzo, ci pone sulla via stretta che obbliga a gestire con grande attenzione le risorse fi-scali e le spese pubbliche. La grave arretratezza di molte zone del Paese non consente di operare cambia-menti rapidi di direzione senza cor-rere il rischio di abbandonare a loro stessi migliaia di concittadini.

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DI 37AGOSTO-SETTEMBRE 2019

Notizie

Un occhio al futuroI prossimi due decenni vanno af-frontati con grande prudenza, non è tempo di cure shock e forse nep-pure di grandi riforme strutturali. Abbiamo purtroppo perso le mi-gliori occasioni per cambiare passo, in particolare tra la fine del secolo scorso e l’inizio di questo decennio. Anni di straordinaria crescita glo-bale che per noi passeranno alla storia come anni di crisi. E ancora purtroppo se ne cercano i colpe-voli. Tra questi siamo spesso inclusi anche noi. Il racconto strumentale – e poco corretto nei contenuti – di un’élite o classe dirigente/classe media contrapposta a un popolo sfruttato, penalizzato ingiustamen-te, vessato da burocrati, banchieri, assicuratori, baroni, ricchi in gene-rale, ha necessità di bersagli con-creti. I nostri pensionati sono con-siderati perfetti per il ruolo e anche molti nostri dirigenti.

La sfida di CIDAPer sfuggire a queste trappole, an-che lessicali, dobbiamo fare atten-zione alle regole del gioco, provare a selezionare gli ambiti d’interven-to, ignorarne altri. Facciamo meno notizia, ma siamo più apprezzati se riusciamo a promuovere casi positi-vi, contributi attivi, storie di succes-so costruite con merito e impegno. Possiamo farlo solo se lavoriamo insieme. Insieme possiamo fare la differenza, è il pay-off che ho iniziato a usare. Il network di CIDA deve rafforzarsi, attraverso lo scam-bio continuo, il rilancio reciproco, sui media, nei convegni, nei contat-ti privati. CIDA è la moltiplicazione delle nostre forze, siamo tutti CIDA, non solo chi lo ha scritto sul bigliet-to da visita.Senza annacquare le nostre diffe-renze, senza logorarci in una con-tinua ricerca di allineamento tra i vertici delle Federazioni, dobbiamo rafforzare il sentire comune. Linee d’azione distinte, ma convergenti verso gli stessi obiettivi.

Il primo punto del programma di CIDA nei prossimi tre anni è l’avvia-mento delle Aree di lavoro. Il loro successo è basato sulle persone che metteranno a disposizione il loro impegno, il loro tempo e le compe-tenze. Hanno l’obiettivo di generare collaborazioni proficue tra i diversi mondi che compongono CIDA. Le aree rappresentano le nostre priori-tà e su quelle vogliamo mantenere alta l’attenzione, rafforzare la nostra credibilità, con un’attività costante nel tempo. Ciascuna area definirà azioni e obiettivi da raggiungere, che andranno a comporre gradual-mente il programma operativo del-la Confederazione.Il secondo punto programmatico riguarda le CIDA regionali. Il ruolo attivo che CIDA può svolgere nelle regioni è percepito come una reale opportunità, nonostante le risorse disponibili siano limitate. Non dob-biamo però perdere l’occasione per rafforzare la nostra azione: saremo presenti nei territori che mostrano progettualità, capacità d’azione, interlocuzione qualificata con gli stakeholder. Seguiremo con attenzione parti-colare il percorso delle regioni che hanno richiesto maggiore auto-nomia: un percorso che compor-ta notevoli rischi per molti di noi, ma anche alcune opportunità. Un obiettivo concreto di medio termi-ne, in questo ambito, è che CIDA si doti di una sede politica confe-derale, un centro di competenza

anche a Milano. La forte presenza delle nostre organizzazioni in Lom-bardia, e nel nord Italia in generale, richiede un presidio rafforzato.

Nasce un laboratorioIl terzo punto di programma af-fronta la necessità di avviare una reale capacità d’elaborazione poli-tica in CIDA, con la partecipazione di tutte le Federazioni. Per politica non intendo soltanto la discussio-ne dell’agenda parlamentare, dei provvedimenti o delle dichiarazioni dei membri del governo. L’obietti-vo, ambizioso, è che CIDA diventi un vero laboratorio, di idee e di proposte originali. Nei prossimi mesi potremmo vive-re un periodo difficile per il nostro Paese: se dovessero esplodere le contraddizioni insite nel contrat-to di governo, se alcuni potenziali focolai globali di crisi dovessero deflagrare, correremmo rischi gra-vi, dovuti alle debolezze strutturali dell’Italia. Vi sono però forze che lavorano per la stabilità, per orientare e gui-dare i cambiamenti della società evitando i conflitti. Non sono forze misteriose e segrete: sono persone che hanno davvero a cuore il loro Paese, che ogni giorno lavorano per obiettivi di pace, di ricchezza morale e materiale. Noi siamo tra queste. Cerchiamo i nostri alleati, uniamo le forze. Perché non è solo uno slogan: uniti, possiamo fare la differenza. ■

Il network di CIDA deve rafforzarsi, attraverso lo scambio continuo, il rilancio reciproco, sui media,

nei convegni, nei contatti privati. CIDA è la moltiplicazione delle nostre forze, siamo tutti CIDA,

non solo chi lo ha scritto sul biglietto da visita

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DI38 AGOSTO-SETTEMBRE 2019

Notizie

Le cifre dimostrano i danni del mancato adeguamento delle pensioni all’inflazione

CIDA si è impegnata in una sostan-ziale contestazione dei multifor-mi attacchi che la politica sta da tempo perpetrando ai danni dei pensionati ‘colpevoli’ di ricevere un assegno di importo medio alto. Innanzi tutto, sul piano ‘ideologico’ e lessicale, respingendo al mitten-te il falso ed ipocrita appellativo di ‘pensionati d’oro’. Poi nel merito, con azioni giudizia-rie finalizzate ad ottenere un giudi-zio obiettivo ed esaustivo da parte della Corte Costituzionale. Ancora, sul piano sindacale, sostenendo i nostri iscritti, pensionati e non, in ogni fase della vita lavorativa prima e in quiescenza poi. Infine, sul fronte politico, portando nelle sedi istituzionali le nostre ra-gioni per far valere i nostri diritti e contrastare leggi sbagliate o impe-dirne il varo.“Spesso i tecnici sono dalla nostra parte e, come nel caso dello studio realizzato dagli esperti Brambilla e Mundo, ci danno forza ed argo-menti per proseguire nelle nostre battaglie. Sta ora alla politica fare le scelte giuste e alzare lo sguardo da mio-pi interventi finalizzati a fare cassa, per cogliere il segnale di allarme che le migliori categorie produtti-ve lanciano al Paese”, ha concluso Mantovani. ■

Dimezzata in 13 anni la tredicesima. CIDA si è impegnata in una sostanziale contestazione dei multiformi attacchi che la politica sta da tempo perpetrando ai danni dei pensionati “colpevoli” di ricevere un assegno di importo medio alto. Contestazione sul piano ‘ideologico’ e sulla necessità di garantire certezza del diritto

“Il parziale adeguamento delle pensioni all’infla-zione non è affatto in-dolore per i pensionati

coinvolti, ma in molti casi deter-mina pesanti decurtazioni dell’im-porto annuale: dal 2006 ad oggi per gli assegni da 2mila euro men-sili, la perdita stimata ammonta a mezza annualità”. Lo ha detto Ma-rio Mantovani, presidente di CIDA, la confederazione dei dirigenti e delle alte professionalità, commen-tando uno studio degli economi-sti Alberto Brambilla e Antonietta Mundo. “Le cifre parlano chiaro, la reiterata, mancata o parziale indi-cizzazione delle pensioni al costo della vita, non è altro che un’altra versione del pensionato-bancomat che i Governi recenti e passati han-no introdotto. Alla quale va poi a sommarsi l’abusato contributo di solidarietà, una forma sussidiaria e a nostro parere incostituzionale

di prelievo fiscale che, in quanto tale, dovrebbe essere applicato a tutti i cittadini compresi nelle ca-tegorie individuate e non solo ai pensionati colpevoli di ricevere una pensione medio-alta commisurata a una vita contributiva corrispon-dente. Ora – prosegue il presiden-te di CIDA – finalmente, Brambilla e Mundo, dimostrano che proprio quei pensionati che i contributi e le imposte le hanno pagate per tutta la vita, e grazie ai quali perce-piscono pensioni pari o superiori a 4 volte il trattamento minimo, cioè 2.052 euro lordi al mese, sono quel-li più colpiti dalla parziale indicizza-zione dei loro emolumenti al costo della vita. Una palese ingiustizia, sia perché va a colpire persone che hanno contribuito attivamente alla crescita ed allo sviluppo del Paese, sia perché il tutto viene camuffato da operazione di equità sociale e di sanatoria di presunti privilegi".

CIDA è la Confederazione sindacale che rappresenta unitariamente a livello istituzionale dirigenti, quadri e alte professionalità del pubblico e del privato. Le Federazioni aderenti a CIDA sono: Federmanager (industria), Manageritalia (commercio e terziario), FP-CIDA (funzione pubblica), CIMO (sindacato dei medici), Sindirettivo (dirigenza Banca d’Italia), FENDA (agri-coltura e ambiente), FNSA (sceneggiatori e autori), Federazione 3° Settore CIDA, FIDIA (assicurazioni), SAUR (Università e ricerca), Sindirettivo Consob (dirigenza Consob), Sumai-Assoprof (Sindacato Medici ambulatoriali).

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DI AGOSTO-SETTEMBRE 2019 39

Claudio Ceper Medico delle Carriere

La carriera perfetta

Il mondo del lavoro è sempre più dinamico e per far carriera non basta l’impegno personale e i buoni risultati. È necessario

farsi conoscere e creare le condi-zioni per il prossimo salto, le nuove sfide professionali. Bisogna prepa-rarsi per non essere colti di sorpre-sa dalla prossima riorganizzazione aziendale, perché è meglio pre-venire che curare. In fondo non è necessario investire molto tempo per migliorare il percorso di carrie-ra; l’importante è far bene le cose giuste.Il seminario fa parte del ciclo di cin-que incontri dedicati alle politiche attive e approfondisce le buone pratiche e gli errori più frequenti che ho visto commettere nei miei 28 anni in Egon Zehnder e ancor più negli ultimi 6 anni da Medico delle Carriere.Nel seminario condivideremo i tre grandi temi alla base di una carrie-ra perfetta: il mentoring, gli head hunter e il cv, in un’ottica di ap-profondimento pratico, con alcune checklist di facile comprensione e di utilizzo efficace.Pochi sanno, ad esempio, che oggi in Italia solo il 15% dei cambi pro-fessionali manageriali avvengono attraverso i cacciatori di teste (head hunter). Nel seminario spieghere-mo il fenomeno e la prima delle checklist menzionate chiarisce pro-prio come contattare i cacciatori di teste e mantenere i rapporti con

Nella vita lavorativa si cambiano mediamente sei aziende e il successo è determinato dal prossimo cambiamento lavorativo. Per questa ragione abbiamo organizzato mercoledì 18 settembre un seminario sulle "best practice" per conseguire i risultati desiderati

Il seminario si terrà in ALDAIsala Viscontea Sergio Zeme - via Larga 31 - Milano

mercoledì 18 settembre dalle ore 17:30 alle ore 19:30

È possibile partecipare all'incontro anche in videoconferenza Zoom. Per utilizzare il sistema Web Seminar Zoom consigliamo di leggere l'articolo "Videoconferenza ZOOM" per apprendere come usare l'applicazione e come scaricarla gratuitamente. Dopo aver aperto l'applicazione Zoom potrai accedere ai seminari inserendo il codice della Conference Zoom 3483234759 oppure cliccando "Web Seminar".

SAVETHE DATE

loro, in modo efficace e selettivo. La seconda si chiama decalogo del buon networker e descrive detta-gliatamente le 6 cose da fare e le 4 da non fare mai; e che invece la maggior parte dei manager da me incontrati, fa regolarmente. Tra le cose che tratteremo, nel pianifica-re la propria carriera, c’è anche la Work Life Balance (WLB) altro fat-tore spesso trascurato nei cambi di azienda. Altri due dati emergono in modo chiaro: la circolazione di cv che nel 2017 ha raggiunto la cifra record di 146 milioni, secondo i dati CV Cert, e questo spiega, almeno in parte, perché oggi gli head hunter rispondono sempre meno alle can-didature spontanee. Poi la cronica incapacità di noi italiani di gestire un buon processo di networking, sia aziendale che personale, si ritro-va nelle indagini e lo sa fare solo il 58% rispetto a una media europea del 72%.C’è infine una terza checklist impor-

tante e cioè gli errori che la maggio-ranza dei manager fa nel redigere il proprio cv, convinta che più cose si scrivono e meglio è, un errore fa-tale anche secondo Zengher-Folk-mann, una delle maggiori società di coaching statunitensi.La parte interattiva, che nei miei seminari non manca mai, in questo caso è costituita da 2 partecipanti volontari, idealmente un uomo e una donna manager, per via dei diversi stili comunicazionali che ci contraddistinguono. Entrambi si presenteranno ai partecipanti del seminario in 5 minuti, rigorosa-mente cronometrati. In contempo-ranea proietteremo e distribuire-mo i loro cv e al termine delle loro presentazioni apriamo il dibattito con commenti, suggerimenti e critiche sia alle due presentazioni che ai relativi cv, innescando un interessante processo di “learning by doing”, sia per i protagonisti, sia per i presenti. Questa presenta-zione, la cosiddetta “5 minute self presentation”, è un fattore chiave per il successo nei contatti prelimi-nari di networking e si abbina all’al-tra classica presentazione, “l’eleva-tor pitch”, che di solito prevede di non superare il minuto di tempo, e va utilizzata in situazioni di incontri non programmati. ■

Lavoro

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Grazia MallusPrivate [email protected]+39.335.6749622

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Grazia MallusPrivate [email protected]+39.335.6749622

Le “3E”: la sostenibilità al centro della strategiaIn un mondo in rapida evoluzione, il nostro obiettivo prioritario è di ottenere rendimenti sostenibili a lungo termine per i nostri clienti. Siamo consapevoli dei rischi per la sostenibilità che incombono minacciosi e che BNPP AM, nel ruolo di gestore di investimenti, ha l’opportunità, anzi l’obbligo, di agire per contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi e degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) promossi dalle Nazioni Unite.

Ecco perché abbiamo assunto l’impegno di porre la so-stenibilità al cuore della nostra strategia, integrando le pratiche di investimento sostenibile in tutte le strate-gie di investimento.Secondo noi sono tre i temi che rappresentano delle precondizioni fondamentali per un sistema economico più sostenibile e inclusivo: la transizione energeti-ca, la sostenibilità ambientale e l’eguaglianza e crescita inclusiva. Li abbiamo definiti le “3E”, dalle iniziali delle parole Energy, Environment ed Equality in inglese.BNPP AM sta adeguando la ricerca in materia di inve-stimenti, la composizione dei portafogli e le iniziative di engagement presso le società e le autorità di rego-lamentazione in modo da essere in linea con ciascuno di tali obiettivi e nel quadro del nostro approccio alle “3E” disponiamo di vari strumenti di cui avvalerci: in-vestimenti, disinvestimenti, stewardship e integrazio-ne di criteri e competenze nei processi di gestione.• Possiamo investire nelle aziende e nei settori che

rappresentano parte della soluzione alle sfide della sostenibilità, incoraggiandone la crescita e benefi-ciando del loro successo attraverso la nostra alloca-zione di capitale.

• Possiamo disinvestire da quelle società che rite-niamo corrano il rischio di subire inevitabili cambia-menti strutturali e la cui condotta si discosta ecces-

sivamente dai nostri principi e dalle preferenze degli investitori.

• Possiamo esercitare la nostra stewardship attraver-so il voto per delega e le iniziative di engagement, nonché attraverso il dialogo con le autorità politiche e di regolamentazione e con i governi.

• Integriamo le nostre conoscenze e le nostre pre-visioni relative alle “3E” nei processi di investi-mento su tutte le classi di attivo, contribuendo così a proteggere e migliorare le performance.

BNPP AM si impegna a svolgere il ruolo di future ma-ker, utilizzando i propri investimenti, la propria voce e la propria influenza per plasmare un futuro migliore. Questo approccio è nell’interesse finanziario dei nostri clienti e dell’economia in generale.

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DI AGOSTO-SETTEMBRE 201942

Previdenza

Antonio Dentato Componente Sezione Pensionati Assidifer-Federmanager

Questa volta non si tratta di contributo di solidarietà

I pensionati lo hanno visto almeno sei volte negli ultimi vent’an-ni, per non parlare di

quelli visti prima. Se ne ricordano i più vecchi. Al-cuni ne hanno “incontrati”

perfino due contempora-neamente. Ne conoscono bene i tratti essenziali. Ne conoscono la durata e le conseguenze applicative. La definizione usata è del gergo giornalistico, per rendere immediatamente

comprensibile l’argomento, ma è facile capire che non è

lui, perfino dal nome. Sul cedolino mensile di quelli precedenti c’era scritto: “contr. solidarietà”; ora c’è scritto: “riduzione pensione”. E durerà cinque anni invece dei tra-dizionali tre. A prima vista, i prelievi sembrano simili, ma esaminandoli più da vicino, risultano completa-mente diversi. Sotto il profilo eco-nomico, ma soprattutto dal punto di vista formale.

La riduzione della pensione è rintracciabile, più facilmente, nella dimensione politica in cui è maturata, nelle successive fasi di approvazione legislativa e applicazione, dimenticando il riconoscimento del merito e la certezza del diritto

La diversità tra le due tipologie d’intervento si trova nei loro di-versi effetti economici. Al riguardo ne abbiamo parlato a lungo in un articolo pubblicato su questa Rivi-sta (“Le mani nelle tasche dei pensio-nati”, giugno 2019). Le diversità più indicative e sulle quali, purtroppo, ci si è soffermati di meno, sono la formazione di questo nuovo inter-vento e la sua finalità. Nel seguito ci soffermeremo principalmente su questi aspetti.L’idea di fondo da cui nasce il prov-vedimento non appare quella di voler utilizzare la “solidarietà” come fattore di sostegno collettivo ai più svantaggiati, alle persone più biso-gnose di aiuto sociale. La misura è posta a carico della sola categoria dei pensionati. Una limitazione as-solutamente fuori linea rispetto al progetto politico che pure ha su-scitato adesioni, speranze e larghi consensi: “abolire la povertà”. Un tale modo di gestire la politi-ca sociale, discriminatorio, è di-ventato inaccettabile. Un modo da tempo giudicato ir-ragionevole dalla giurisprudenza costituzionale (V. Sent. Cost. n. 116/2013). Questa nuova misura certamente non avrebbe trovato opposizione se fosse stata adotta-ta come “misura di solidarietà forte, mirata a puntellare il sistema pensio-nistico”. (Cfr. Sent. Cost. n. 173/2016). Ma a guardare la dimensione del gettito (viste le incidenze fiscali) sarà di 350 milioni circa, in cinque anni. Nessun significativo muta-mento dell’assetto distributivo del sistema pensionistico.

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DI AGOSTO-SETTEMBRE 2019 43

Previdenza

È un intervento che non ha obiettivi di solidarietàRisponde ad altri criteri, rispetto a quelli degli anni passati che pure erano fortemente criticati in ragio-ne della loro frequenza, ma que-sto nuovo provvedimento nasce da altre valutazioni. Valutazioni fortemente critiche sulle politiche previdenziali dei decenni passati e fa seguito a considerazioni ne-gative sulle modalità di formazio-ne delle prestazioni maturate con il sistema “retributivo”. Per dirla a chiare lettere: intende dare visibi-lità al “sospetto” di prestazioni che non siano state coperte da corrispondenti contributi previ-denziali. Dimostrare che questo non è vero, non è bastato. Al di là della condivisione o meno delle valutazioni che sono alla base del provvedimento, risulta chiaro che il nuovo provvedimento non nasce per obiettivi solidaristici. Una nuova chiave di lettura del provvedimento di riduzione della pensione è rintracciabile, più facilmente, nella dimensione politica in cui è maturato e nelle successive fasi di approvazione le-gislativa e concreta applicazione. Procediamo per tappe:

1. Il nuovo corso politico. Nel preparare il “consenso” popolare a questo provvedimento, sono stati scelti i bersagli più facilmente in-dividuabili: le pubbliche istituzioni. Come sono state gestite negli anni passati e le persone che ne erano i rappresentanti, compresa la classe dirigente di allora. Una struttura fatta di alte professionalità dello Stato che hanno rivestito eminenti ruoli di responsabilità (e connessi rischi), in Italia e all’estero; dirigen-ti di aziende pubbliche e private, senza nessuna distinzione, esibiti come quelli che, durante gli anni di lavoro, avrebbero tratto profitto della partecipazione alla gestione del precedente corso politico, per costruirsi condizioni di “privilegio”

per gli anni della vecchiaia. A leg-gere, dai media, le espressioni a motivazione dei provvedimenti poi adottati, ne esce offesa la dignità di quelli colpiti. Parole come pietre: “grandi pensionati che da quattro-mila euro in su non hanno versato i contributi”, “gente che ha rubato il futuro alle nuove generazioni”, “pri-vilegiati”, “parassiti sociali”. E ancora, “nababbi”, “d’oro”, che hanno pre-stazioni superiori ai contributi ver-sati” [Cfr. Il Punto, Pensioni & Lavoro, 5/6/2019. Pensioni: tagli e prelievi, le promesse mancate (2)]. Ne risulta il racconto di gente furbastra che ha pensato a crearsi “ambiti privilegia-ti” per vivere una vita “dorata” negli anni della vecchiaia. Pertanto, ora è chiamata ad una sorta di risar-cimento, al di là di ogni oggettivo riscontro con la realtà. Tutti “sospet-tati”, è questo il filo conduttore da cui partire per comprendere le ini-ziative legislative che, in successio-ne, hanno colpito gli assegni di una parte dei pensionati. Una minoran-za sociale composta da 24.287 per-sone, per lo più di età tra 85/90anni. Persone che hanno raggiunto e, in molti casi, anche superato il mas-simo dell'anzianità pensionabile e che, spesso, hanno versato più con-tributi di quelli presi in conto ai fini pensionistici. Pensionati che non beneficiano di alcuna agevolazione o deducibilità ai fini della dichiara-

zione dei redditi, già assoggettati a tassazione superiore al 40% e che ora se la vedranno aumentare ulte-riormente tra il 15% e il 40%. [Cfr. Il Punto, Pensioni & Lavoro, 5/6/2019. Pensioni: tagli e prelievi, le promesse mancate (2)]. È una minoranza di pensionati i cui trattamenti sono a carico dell’INPS. Con esclusione di tutti gli altri. Qui la discriminazione appare evidente.

2. Un accordo/contratto delle forze di governo nel quale (parag. n. 26), al disegno politico che pre-vedeva di eliminare gli eccessi e i privilegi connessi a vitalizi, auto blu, uso degli aerei di Stato, ecc., è stata associata anche la necessità di “un intervento finalizzato al taglio delle cosiddette pensioni d’oro (supe-riori ai 5.000 euro netti mensili) non giustificate dai contributi versati”. Provvedimenti correttivi di presta-zioni, dunque che, ad un ricalcolo, sarebbero risultate non coperte da corrispondenti contributi.

3. La Relazione di accompagna-mento alla proposta di legge per il ricalcolo contributivo, con effetti retroattivi, di tutte le pensioni supe-riori a 4.500 euro mensili (proposta AC. n. 1071) (non più 5.000) propo-neva, infatti, la correzione di presta-zioni, in tutto o in parte, non dovu-te, se non coperte da contributi. Dal

24.287pensionati

85/90 anni età media

colpiti dalla riduzione della pensione

della maggioranza dei pensionati interessati dalla decurtazione della pensione

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DI AGOSTO-SETTEMBRE 201944

Previdenza

ricalcolo ne sarebbero derivate mo-difiche ad un sistema pensionistico dove “continuano a sussistere ambiti privilegiati, quale quello dei fruitori delle cosiddette pensioni d’oro”. Un’e-spressione, questa, a forte carica emblematica, che ha voluto sottin-tendere pensioni in tutto o in parte, non guadagnate. Un falso ideolo-gico ha detto CIDA (V. Comunicato 6 giugno 2019). Un’espressione uti-lizzata, purtroppo, con “colpevole ingenuità”, da tutti, sottovalutando-ne il perverso effetto che produce: astio, rancore e invidia sociale.

4. La legge n. 145 del 30 dicem-bre 2018 (commi n. 261-268) ha sostituito la proposta di ricalcolo appena citata, precipitosamente ritirata per manifesta illegittimi-tà e perché tecnicamente imprati-cabile. Infatti l’operazione avrebbe comportato una rimodulazione delle “regole” in modo retroattivo e pertanto una lesione della certezza del diritto con profili di incostitu-zionalità (Cfr. A. Brambilla e altri, Os-servazioni sulla proposta di ricalcolo delle pensioni, approfondimento 2018, Centro Studi e Ricerche Itine-rari Previdenziali). Di fatto, la nuova legge non reintroduce il ricalcolo e prescinde dal principio della “soli-darietà”. La parola non è enunciata né in via diretta, né indirettamente e definisce l’obiettivo, che è un al-tro: la “riduzione” della pensione. La legge n. 145/2018 (comma n. 261) dispone, chiaro e netto, sen-za nessun altro elemento di riferi-mento, che dal primo gennaio 2019 i trattamenti pensionistici superiori a 100mila euro lordi sono “ridotti” di un’aliquota di riduzione percentuale, per scaglioni progressivi crescenti, dal 15% al 40%. Escluse “le pensioni interamente liquidate con il sistema contributivo” (comma n. 263) la “ri-duzione” è circoscritta agli assegni superiori a 100mila euro lordi/anno. Ma, attenzione alle pensioni miste! È sufficiente che questi assegni si-ano appena “contagiati” anche da

una sola quota retributiva ed ecco che scatta il “sospetto” di essere, in tutto o in parte, il frutto di malver-sazioni. Un “taglio” generalizzato, dunque, che non c’entra proprio niente con l’idea di correggere prestazioni non coperte da con-tributi e neppure con il principio della “solidarietà”.

5. La finalità della “riduzione” dell’importo lordo, è indefinita. A leggere tutto l’impianto normativo introdotto dalla nuova legge di bi-lancio, non si trova nessun elemen-to per dire che i soldi tolti ai pensio-nati sono destinati alla “solidarietà”. Si leggeva nella Relazione di ac-compagnamento alla proposta di legge per il ricalcolo con effetto retroattivo, citata, (AC. n. 1071) che le somme recuperate dall’operazio-ne sarebbero state destinate “all’in-tegrazione delle pensioni minime e delle pensioni sociali”, ma quella proposta è stata ritirata, per incosti-tuzionalità e impraticabilità tecnica, come detto. Le somme tolte con il provvedimento della nuova leg-ge (L. n. 145/2018, comma n. 265) non hanno destinazione solidale. Al contrario “confluiscono” in un “Fon-do risparmio sui trattamenti pen-sionistici di importo elevato” e qui “restano accantonate”. Altro che solidarietà. L’obiettivo è un altro, e sta scritto proprio nella funzione del Fondo: accantonare i risparmi che derivano da trattamenti pen-sionistici d’importo elevato.

L’altro nome della “solidarietà”Forse la cosa non è d’interesse ge-nerale (in fondo riguarda una mino-ranza di poco più di 24mila perso-ne, anziani, per lo più di 85/90anni), perciò il provvedimento continuerà a circolare “sotto mentite spoglie” (per usare un’espressione un po’ retorica, ma facile da ricordare). In verità, i media, in qualche caso, hanno provato ad usare anche un'altra terminologia. Hanno parla-

to di “espropriazione” e di “confisca”, ma l’“espropriazione” è misura che prevede un indennizzo (Cost. art. 42, comma n. 3) e questo non ci riguarda (manco a dirlo!); la “confi-sca” è termine che si trova nel codi-ce penale (art. 640), si applica a chi procura "a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno" e anche questo non è il caso che ci riguarda. Occorrerebbe andare molto in-dietro nel tempo per trovare l’ap-plicazione della “confisca” per altri motivi. Ad esempio, come pena accessoria inflitta a chi aveva con-diviso responsabilità di regimi che si erano macchiati di gravi reati po-litici e ne avevano tratto vantaggi personali. Niente di tutto questo è riscontrabile nella nostra legisla-zione moderna. A nostro avviso, i termini usati dai media hanno lo scopo di dare enfasi a taluni com-menti, ma non vanno intesi nel loro significato tecnico/giuridico. Diranno gli esperti qual è la natura giuridica del trasferimento allo Sta-to di somme sottratte ai redditi da pensioni sulla base delle premes-se politiche citate all’inizio e suc-cessive disposizioni di legge (L. n. 145/2018). I pensionati seguiranno attenta-mente il percorso delle “vie giudi-ziarie” intraprese dagli Organi di Rappresentanza, Federmanager/CIDA. Attenderanno fiduciosi le pronunce dei diversi livelli di giuri-sdizione. Intanto, e non solo dalla lettura del cedolino mensile, sanno che non stanno pagando un “con-tributo di solidarietà”. ■

A leggere tutto l’impianto normativo introdotto dalla

nuova legge di bilancio, non si trova nessun elemento per dire

che i soldi tolti ai pensionati sono destinati alla “solidarietà”

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DI 45AGOSTO-SETTEMBRE 2019

Energia ed ecologia

Il nostro intero pianeta insieme all’inte-ra comunità mondiale è da lungo tem-po sotto stress: cambiamenti climatici, uso non sostenibile delle risorse natu-

rali, disuguaglianze sociali, deterioramento ambientale e sociale ecc. Diventa quindi sempre più urgente pensare ad un approc-cio strategico-politico a livello globale, non essendo le iniziative di tipo locale (regiona-le o nazionale) da sole sufficienti per dare risposte adeguate e di lungo respiro.Dopo un lungo percorso che parte dalla Di-chiarazione dei Diritti dell’Uomo, nel 2015 le Nazioni Unite hanno chiesto ad ogni Paese di pianificare una strategia che pre-vedesse il tema dello sviluppo economico, insieme a quello dell’inclusione sociale e della sostenibilità ambientale, prospettan-do un’azione integrata a livello locale, na-zionale e internazionale. Così è nata l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, firmata da tutti i Paesi facenti parte dell’ONU, che sta diventando sem-pre più un framework di riferimento per la messa a punto di politiche nazionali, regio-nali ed aziendali. L’Agenda è costituita da 17 macro-obiettivi, Sustainable Development

Sviluppo sostenibileAgenda 2030 dell’ONU

Goals (SDG’s), che impattano su molte criti-cità del pianeta, come: la povertà, la siccità, il cambiamento climatico, l’accesso all’e-nergia pulita, la qualità della vita dell’intero ecosistema della terra, e tanti altri che coin-volgono in modo integrato l’intera vita del Pianeta.Il mondo della grande finanza inizia a foca-lizzarsi su investimenti che hanno anche un impatto sugli SDG’s. II mondo dell’energia si interroga sugli aspetti della sostenibili-tà che lo riguardano, ma anche il mondo dell’impresa e della vita nelle nostre città va ripensato nell’ottica di garantire uno svi-luppo sostenibile di lungo periodo per le attuali e le future generazioni. Sostenibile è uno sviluppo che produce maggior benessere per le attuali genera-zioni ma non a scapito delle generazioni future. La nozione di sostenibilità, introdot-ta nel 1987, è stata sviluppata e precisata, e oggi si parla di sostenibilità ambientale, economica e sociale (si discute anche se la tutela e lo sviluppo delle culture costitui-sca una quarta e distinta dimensione del-la sostenibilità). Come può uno sviluppo essere sostenibile se comporta distruzione

Luciano Giannini Socio ALDAI-Federmanager - Responsabile del Comitato Energia

Proprio per creare una

consapevolezza condivisa fra la

classe dirigente, su un tema critico

per il futuro e allo stesso tempo

molto attuale, gli argomenti

dell’Agenda 2030 saranno oggetto di una prossima

conferenza in ALDAI-

Federmanager

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DI46 AGOSTO-SETTEMBRE 2019

Energia ed ecologia

1 Povertà zero: azzerare la povertà nel mondo;

2 Fame zero: azzerare la fame nel mondo, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e implementare un’agricoltura sostenibile;

3 Salute e benessere: assicurare la salute e il benessere per chiunque;

4 Istruzione di qualità: fornire un’istruzione di qualità, equa e inclusiva;

5 Uguaglianza di genere: raggiungere l’uguaglianza di genere;

6 Acqua pulita e igiene: gestire in maniera sostenibile l’acqua e le strutture igienico-sanitarie, e renderle accessibili a tutti;

7 Energia pulita e accessibile: gestire in maniera sostenibile i sistemi di energia, renderli puliti, economici e accessibili a tutti;

8 Lavoro dignitoso e crescita economica: assicurare un lavoro dignitoso per tutti e incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile;

9 Industria, innovazione e infrastrutture: promuovere l’innovazione e una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile;

10 Ridurre le disuguaglianze: ridurre le ineguaglianze;

11 Città e comunità sostenibili: rendere le città e le comunità inclusive, sicure, resilienti e sostenibili;

12 Consumo e produzione responsabili: sviluppare modelli sostenibili di produzione e di consumo;

13 Agire per il clima: adottare tutte le misure necessarie per contrastare il cambiamento climatico e le sue conseguenze;

14 La vita sott’acqua: preservare ed utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine;

15 La vita sulla terra: preservare e utilizzare in maniera sostenibile le risorse e l’ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione e la perdita di biodiversità biologica;

16 Pace, giustizia e istituzioni forti: promuovere all’interno delle società la pace e la giustizia e creare istituzioni efficaci, responsabili e inclusive a tutti i livelli;

17 Partnership per gli obiettivi: rafforzare e rinnovare la collaborazione mondiale per perseguire uno sviluppo sostenibile.

I 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 sono stati modellati in riferimento al benessere delle persone e ad un’equa distribuzione dei benefici dello sviluppo:

Obiettivi dell’Agenda 2030

dell’ambiente, se mantiene nella povertà una parte della popolazione emarginando-la dal resto della società, compromettendo il futuro dei suoi figli e mettendone a ri-schio la continuità culturale?Proprio per creare una consapevolezza condivisa fra la classe dirigente, su un tema critico per il futuro e allo stesso tem-po molto attuale, gli argomenti dell’Agen-da 2030 saranno oggetto di una prossima conferenza in ALDAI-Federmanager. Questa sarà l’occasione di illustrare l’intero Framework dei 17 obbiettivi (vedi illustra-zione), le azioni portate avanti dall’ASVIS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibi-le), a cui partecipano le principali Fondazio-ni, Organizzazioni sindacali, Associazioni di categoria ecc. illustrando azioni e soluzioni volte alla rimozione delle cause o alla ridu-

zione degli effetti dei principali ostacoli allo sviluppo sostenibile. Sarà anche l’occasione per presentare le te-matiche della transizione energetica nella traiettoria indicata dall’Accordo di Parigi e dal rapporto IPCC AR 1.5 e gli aspetti eco-nomici e sociali correlati, così come sintetiz-zati nel recente documento ASVIS “Priorità per una transizione ambiziosa, giusta e sostenibile”, sulle problematiche attuative nel contesto europeo e italiano. ■

La conferenza si terrà in ALDAIsala Viscontea Sergio Zeme - via Larga 31 - Milano

giovedì 19 settembre dalle ore 17:00 alle ore 19:00Per prenotazioni vedi box a pagina 59.

SAVETHE DATE

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DI 47AGOSTO-SETTEMBRE 2019

Opinioni

Nella crescente complessità nella quale si trovano oggi a gestire organizzazioni e risorse, i leader sono sempre più sollecitati da

sfide che richiedono competenze in grado di interpretare e governare il cambiamento. Le nuove tecnologie e modalità di intercon-nessione tra persone e processi rendono le organizzazioni più “liquide” e le interazioni più veloci.Al leader si chiede sempre di più di saper ispirare gli altri, valorizzare le persone e le diversità, gestire la non ottimalità, l’instabi-lità e l’incertezza. Riusciremo mai a trovare per tutti i livelli dell’organizzazione leader con tutte queste capacità, persone nuove in grado di gui-dare ed ispirare i collaboratori elevandone qualità e prestazioni? È una sfida su cui interrogarsi, pensando che forse, continuando a puntare sempre e solo sui leader, rischiamo di allargare il di-vario con il resto dei dipendenti. La metafo-ra “la velocità della flotta è quella della nave

Augusto Calderoni Socio ALDAI-Federmanager - Fondatore e Presidente di COLGO - Collaborative [email protected]

La metamorfosidella leadershipDalla governance gerarchica alla governance collaborativa

più lenta” vale, in una certa misura, anche per le organizzazioni.Risposte immediate e competenti agli sce-nari imposti dal cambiamento sono state normalmente assicurate dalla gerarchia, che ha fornito lo stimolo e il collante per te-nere focalizzate le persone verso i comuni obiettivi. Nell’attuale contesto socio-eco-nomico si sta diffondendo la sensazione che la gerarchia in sé non basti più: appare sempre più necessaria una qualche meta-morfosi verso nuove forme organizzative che facciano scaturire lo stimolo da ciascun singolo individuo e il collante dal gruppo stesso in cui il singolo lavora.Cambia il mercato, ma cambiano anche le coscienze: l’uomo di oggi reclama motiva-zione e responsabilizzazione, ma è ancora tenuto prigioniero in strutture organizzati-ve basate sulla dipendenza anziché sull’au-tonomia, focalizzate sul controllo anziché sulla delega, orientate al personalismo an-ziché alla collaborazione. Il tema della Collaborazione sta diventan-do un tema universale e da qualche anno a questa parte appare sempre più frequen-temente nella letteratura manageriale; ad uno sguardo attento, sembra che stia ero-dendo lo spazio che negli ultimi decenni era stato occupato senza rivali dal tema della Leadership: l’aumento della produtti-vità delle organizzazioni, imprese, pubbli-ca amministrazione, servizi e terzo settore passa sempre di più dalla capacità di colla-borare delle persone di tutti i livelli. Non ci si può più rivolgere solo ai leader, bisogna coinvolgere l’intero organismo sociale.Se osserviamo i comportamenti delle per-sone all’interno delle organizzazioni e i comportamenti delle organizzazioni verso

MODELLODI GOVERNANCE

MOTIVAZIONERESPONSABILIZZAZIONE

COLLABORAZIONE

Fig. 1

Al leader si chiede sempre di più di saper ispirare gli altri, valorizzare le persone e le

diversità, gestire la non ottimalità,

l’instabilità e l’incertezza

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le persone possiamo osservare una cor-relazione tra il modello di governance che un’organizzazione ha adottato e il livello di motivazione, responsabilizzazione e col-laborazione che le persone riescono ad esprimere: un modello molto gerarchico impone per sua natura una sorta di limite al livello di motivazione, responsabilizzazio-ne, collaborazione che le persone riescono a raggiungere; polarmente l’aumentare della motivazione, responsabilizzazione e collaborazione delle persone richiede che il modello di governance sia pronto ad evol-vere verso forme più avanzate (fig. 1). Se questo non avviene la crescita in termini di motivazione, responsabilizzazione e col-laborazione si arresta con un impatto nega-tivo su efficacia, efficienza e, in ultima anali-si, produttività. Purtroppo le organizzazioni non sono consapevoli di questa relazione di reciprocità e mostrano una grossa rilut-tanza a far evolvere il loro modello orga-nizzativo per tener dietro alle aspettative che si creano al crescere della motivazione, responsabilizzazione e collaborazione delle loro persone.Le organizzazioni che vogliono evolvere verso livelli di motivazione, responsabiliz-zazione e collaborazione più elevati devo-no quindi prepararsi ad una evoluzione del loro modello organizzativo allentando pro-gressivamente la stretta di una gerarchia cui faticano a rinunciare ma anche accom-pagnando gli individui all’assumere le re-sponsabilità a cui tendono, che spesso non sanno gestire senza qualcuno che li diriga.La governance collaborativa ci indica i principi fondamentali di questo pro-cesso di metamorfosi: far sì che ogni individuo acquisisca gradualmente ma rapidamente la più ampia autono-mia e responsabilità sulle sue scelte operative; dare al gruppo stesso cui l’individuo appartiene il compito di esercitare il coordinamento ed espri-mere il consenso; restituire al leader del gruppo la possibilità di ampliare il suo sguardo verso l’esterno della strut-tura, da dove vengono le opportunità di business che determinano il futuro; ma anche verso l’interno della strut-tura stessa – gli altri gruppi funzionali – perché nell’interazione virtuosa tra tutte le sue parti si annidano le oppor-

tunità di collaborazione indispensabili per vincere la sfida col futuro. La fig. 2 illustra in modo intuitivo il gesto della metamorfosi da una struttura gerarchica ad una struttu-ra collaborativa.Mi rendo conto che questo articolo si li-mita a mettere il problema sul tavolo: l’at-tenzione esclusiva verso la leadership non risponde adeguatamente alle necessità poste dalla complessità, c’è un’istanza nel-le generazioni più giovani di motivazione e responsabilizzazione che le organizzazioni indirizzano verso il personalismo anziché verso la collaborazione e infine l’ipotesi che l’obiettivo di far crescere motivazione, responsabilizzazione e collaborazione deb-ba trovare un riscontro nell’evoluzione del modello di governance. Ho introdotto il concetto di governance collaborativa connotando sommaria-mente i nuovi atteggiamenti che devono assumere individuo, gruppo e leader e fornendo una rappresentazione solo intui-tiva del gesto della metamorfosi della go-vernance da un punto di partenza preva-lentemente gerarchico ad un nuovo futuro tendenzialmente collaborativo.Gli ostacoli, le modalità per affrontarli, il percorso di trasformazione necessario, le sfide che nel frattempo pone l’intelligenza artificiale, saranno oggetto di un prossimo articolo in cui affronterò il tema di come far sì che la collaborazione non rimanga solo uno slogan ma diventi il naturale atteggia-mento operativo di ogni persona. ■

Fig. 2

La governance collaborativa ci indica i principi fondamentali di questo processo di metamorfosi:

far sì che ogni individuo acquisisca

gradualmente ma rapidamente

la più ampia autonomia e

responsabilità sulle sue scelte

operative

Opinioni

DI48 AGOSTO-SETTEMBRE 2019

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DI50 AGOSTO-SETTEMBRE 2019

rEPORTAGE

aTTUALITÀ

sOCIETÀ

tERRITORIOAnna Bernardini Direttore Villa e Collezione Panza e curatore della mostra

Sean Scully. Long Light a Villa e Collezione Panza, VareseLa mostra Long Light dedicata a Sean

Scully, artista americano di origini irlandesi classe ‘45, si inserisce nel percorso di valorizzazione di Villa e

Collezione Panza volto a individuare i valori che il luogo esprime e a moltiplicarli attra-verso una programmazione di mostre tem-poranee, acquisizione di opere site specific, attività collaterali quali incontri tematici e progetti didattici, ma anche proposte di visite personalizzate per gruppi turistici e aziende.

La mostra, visitabile fino al 6 gennaio 2020, prende dunque corpo dall’identità e dai caratteri di Villa Panza e della collezione permanente raccolta da Giuseppe Panza di Biumo nella villa varesina a partire da-gli anni ‘50 e coinvolge un importante nu-cleo di ottanta lavori realizzati da Scully tra il 1970 e il 2019 - dipinti, carte, fotografie, sculture, installazioni e video - che ripercor-rono circolarmente i momenti chiave della produzione dell’artista.Le opere, allestite seguendo un percorso

L'artista americano di origini irlandesi

(è nato a Dublino nel 1945) qui in posa

davanti ad una sua opera.

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DI 51AGOSTO-SETTEMBRE 2019

Anna Bernardini Direttore Villa e Collezione Panza e curatore della mostra

Sean Scully. Long Light a Villa e Collezione Panza, Varesecronologico-tematico e in un dialogo con-tinuo e costante con gli spazi della villa, offrono un excursus dai primi lavori degli anni Settanta (Supergrids) in cui intricate trame di linee creano illusioni spaziali da capogiro e generano spazi dinamici e pro-fondi attraverso una particolare vivacità cromatica. Tuttavia, già a partire dal 1974, la ricerca di Scully evolve e con i Black Paintings il colo-re sfocia in tonalità più discrete e la materia appare quasi monocroma, come nella serie

articolo in esclusiva e in collaborazione con

Overlay e poi con Change 1 del 1975, Fort #1 del 1978 e Upright Horizontals Red Black dell’anno successivo in cui emerge un biso-gno inesauribile di sperimentazione. Proseguendo il percorso di visita s’incontra una sequenza di dipinti realizzati tra il 1981 e il 2005 – anno in cui Scully termina il suo lavoro su Any Questions – che raccontano un nuovo passaggio della sua ricerca, dal Minimalismo all’Espressionismo astratto. Seguono le opere della serie Passenger, re-alizzate dal 1999 al 2004, nelle quali l’artista accoglie “inserti” che descrive come “dipinti nel dipinto e paesaggi come finestre aperte sul mondo esterno”. In essi si affaccia l’ur-genza di creare una doppia visione attra-verso una finestra, dispositivo che connette il mondo interiore con il mondo esteriore.Volgendo invece lo sguardo dalle opere pittoriche alle fotografie, si scorgono im-magini di superfici, forme architettoniche, paesaggi spettrali, rovine, dimore, granai, facciate di edifici abbandonati, immagini di assenza che rivelano un mondo ai mar-gini, in cui l’artista rivede i luoghi della sua infanzia. Le stampe, esposte nella veranda di Villa Panza, documentano alcuni viaggi a Santo Domingo, Londra e nei quartiere di Brixton, Valencia, Barcellona e San Paolo del Brasile e sono per l’artista immagini di luoghi della memoria che portano in sé le tracce della storia.Si giunge quindi nello studio di Giuseppe Panza, dove è allestito un lavoro della serie Doric, omaggio ad Atene, un tributo ai va-lori fondanti di simmetria e armonia della cultura classica. In Doric 8.18.18, pastello su carta, Scully mette in relazione la struttu-ra rigida e austera degli ordini classici con l’impalpabile e inconsistente pulviscolo del colore, descrivendo così la dissolvenza delle architetture. L’opera dialoga qui con Omaha Double Snow Door, una fotografia scattata dall’artista durante un viaggio in

Villa e Collezione Panza, è una villa situata sul colle di Biumo a Varese.

È di proprietà del FAI, Fondo Ambiente Italiano.È nota per la sua collezione d'arte contemporanea.

Le opere, allestite seguendo

un percorso cronologico-

tematico e in un dialogo continuo

e costante con gli spazi della villa, offrono

un excursus dai primi lavori degli

anni Settanta

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DI52 AGOSTO-SETTEMBRE 2019

rEPORTAGE

aTTUALITÀ

sOCIETÀ

tERRITORIO

Nebraska in cui le aperture di forme rego-lari, inserite in frammenti di muratura, con-fermano un’insistita ricerca di geometrie.Attraversati gli ambienti di Dan Flavin nei rustici, nella prima stanza delle rimesse del-le carrozze, appare la sequenza di dipinti Wall of Light in cui le abbondanti campiture di coppie di colore, accostate in un dialo-go serrato e circoscritte nella forma fon-damentale del rettangolo, trascrivono con ampie pennellate, su supporti di lino, allu-minio e tela, il ricordo della luce accecante del Messico. Nella seconda stanza delle rimesse ci accol-gono tre dipinti inediti del 2019 intitolati Madonna: le immagini derivano da fotogra-fie scattate sull’isola di Eleuthera e “trasfe-rite” su pannelli metallici, per cogliere una versione contemporanea dell’eterna rela-zione tra Madre e Figlio.

Looking Outward, 2019. 27 finestre di vetro colorate nella serra di Villa e Collezione Panza.Courtesy Magonza. Photo Michele Alberto Sereni.

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DI 53AGOSTO-SETTEMBRE 2019

Infine un corposo nucleo di lavori della se-rie Landline (2014-16) testimonia un’ulte-riore evoluzione nella poetica del maestro che rompe la griglia, abbandona la trama delle linee replicate e ripetitive delle sue opere precedenti e crea fasce di partiture di colore orizzontali, espressive, irregolari e discontinue, che raccontano di paesaggi e si estendono lungo l’intera ampiezza del dipinto con contorni distesi e sfumati.Il percorso espositivo si conclude con un lavoro site specific nella serra nel parco, Lo-oking Outward, opera che si aggiunge ai lavori che, dal 2010 ad oggi, gli artisti ac-colti in villa per progetti espositivi tempo-ranei hanno realizzato e donato dando un contribuito sostanziale allo sviluppo della

A sinistra Landline Inwards, 2015 (olio su alluminio, 215,9x190,5 cm), a destra Landline Sea, 2014 (olio su lino, 215,9x190,5 cm),nel Salone Impero di Villa e Collezione Panza.Courtesy Magonza. Photo Michele Alberto Sereni.

collezione permanente. Scully per questo lavoro progetta una landline di ventisette windows (20x40 cm ciascuna) che corre in orizzontale per tutta la lunghezza del-la parete sud della ser-ra. L’opera è composta da variegate partiture orizzontali di colore, in densa pasta di vetro, de-limitate da linee talvolta indecise, ma vigorose in cui la giustapposizione di tonalità calde e fred-de crea un’atmosfera in-tima di riflessi cangianti. Le landline di Looking Outward, attraverso il fil-tro del vetro e della luce naturale o artificiale, si riflettono all’interno e all’esterno della serra e incidono sulla percezio-

ne dello spazio, trasformando l’ambiente in un raffinato caleidoscopio di luci e cromie.I lavori convocati in mostra sono stati in-dividuati per raccontare gli aspetti medi-tativo ed emozionale, figurativo-astratto e geometrico-figurativo, che convivono da sempre nella poetica dell’artista e che egli ridisegna e riafferma con ogni sua opera. La sua poetica, espressiva e minimalista allo stesso tempo, e la sua ricerca sul colore, il gesto, gli equilibri, le geometrie e la luce dialogano con le opere della collezione permanente, con l’architettura del museo, i suoi spazi interni e l’ambiente esterno, ri-badendo ancora una volta la volontà della Fondazione di proporre mostre legate al luogo che le ospita. ■

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Mercoledì30 ottobre 2019

alle ore 20:45

Teatro Dal Vermevia San Giovanni sul Muro 2

Milano

Concertod’Autunno

Ingresso libero con prenotazione obbligatoria sul sito www.aldai.it

fino ad esaurimento posti

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Novembre 1945, Milano: debutta l’Orchestra I Pomeriggi Mu-sicali. Nel dopoguerra, nasce un’orchestra dal solido repertorio classico e vocazione alla contemporaneità. Il successo è imme-diato e l’Orchestra contribuisce alla divulgazione in Italia della musica del Novecento. Affiancando a ciò una tenace attività di commissione, arriva a contare su un repertorio che va dal Barocco al contemporaneo e, negli anni, diviene trampolino di lancio verso la celebrità per molti artisti. Riconosciuta dallo Stato come ICO e dalla Regione Lombardia come ente prima-rio di produzione musicale, l’Orchestra dei Pomeriggi svolge la propria attività a Milano, dove ha sede presso il Teatro Dal Verme, e in tutta la regione.

Ludwig van Beethoven (1770–1827)

Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92

ProgrammaLudwig van Beethoven

(1770–1827)Coriolano, ouverture in do minore,

op. 62

Wolfgang Amadeus Mozart (1756–1791)

Concerto per flauto arpa e orchestra K.299 in do maggiore

Francesco Cilluffo, direttoreDiplomato in direzione d’orchestra e composizione e laureato in storia della musica al DAMS, ha conseguito a Londra un master alla Guidlhall School of Music and Drama e un dottorato al King’s College, perfezionandosi con Michael Tilson Thomas, Gianluigi Gelmetti, Ivan Fischer. È stato diretto-re assistente di Rani Calderon e Sir John Eliot Gardiner. Ha diretto molte prestigiose orchestre italiane e internazionali, tra cui l’Orchestra Filarmonica di Torino, Orchestra Filarmonica di Santiago del Cile, l’Orchestra della Toscana. Ha diretto un gala verdiano alla Čaikovskij Concert Hall di Mosca, la prima mondiale dell’opera Le braci di Marco Tutino, Roméo et Juliette di Gounod all’Opera di Tel Aviv, concerti sinfonici con i Bremer Philharmoniker. Tra i suoi prossimi impegni: Isabeau di Mascagni alla New York City Opera.

Luisa Prandina, arpa Si diploma a 15 anni col massimo dei voti presso la Civica Scuola di Musica di Milano. A 10 anni vince il primo premio assoluto al concorso “Bellini” di Como. È stata prima arpa delle Orchestre della Radio di Francoforte e della Chamber Orchestra of Europe. Dall’età di 23 anni è prima arpa nell’orchestra del Teatro alla Scala. Svolge un’intensa attività cameristica e solistica con orchestre quali la Filarmonica della Scala, Virtuosi di Mosca, Mahler Chamber Orchestra. È visiting professor al Conservatorio di Namur, alla Scuola di Musica di Fiesole e alla Scuola Internazionale Claudio Abbado di Milano.

Angela Citterio, flautoÈ diplomata a Brescia e laureata presso la Royal Academy of Music a Londra, dove ha ottenuto l’am-bito DIP-RAM. Ha collaborato con le più prestigiose orchestre italiane (Opera di Roma, Carlo Felice, Maggio Musicale Fiorentino). Ha vinto numerosi concorsi nazionali e internazionali (Cremona, Mar-kneukirchen, Bucarest, Barcellona). Appassionata di jazz, si dedica anche a questo ambito musicale in veste di esecutrice e compositrice. È docente presso l’Accademia di Perfezionamento “Incontri con il Maestro” di Imola. Dal marzo 2004 ricopre il ruolo di Primo Flauto presso l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano.

Orchestra I Pomeriggi Musicali

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Cultura e tempo libero

DI56 AGOSTO-SETTEMBRE 2019

Lo Spazio è “troppo” grande:

la sua visione globale non è immaginabile e anche le sue viste parziali

sono difficili da comprendere e complicate da rappresentare

V iaggiare nello Spazio è un’espe-rienza affascinante, ma richiede preparazione e nervi saldi. Lo Spazio è “troppo” grande: la

sua visione globale non è immaginabile e anche le sue viste parziali sono difficili da comprendere e complicate da rappresenta-re. Partiamo ad esempio dal Sistema Sola-re: se una lampadina da 1 cm al centro del campo dello stadio di San Siro rappresenta il Sole, la Terra è un pulviscolo da 0,1 mm che ruota a un metro, Giove un granello di pepe a 5 metri e poi per l’orbita di Plutone ci vuole tutto il campo. Con le comete e i pianetini conosciuti il modello arriva a 1 km, ma se volessimo comprendere tutti i corpi che si pensa ruotino intorno al Sole dovremmo estenderci fino a Brescia. Allora si costruisce un nuovo modello, in scala molto più grande, che contenga in miniatura al suo interno quello visto prima.Procederemo così per modellini successivi, uno dentro l’altro, espandendo le dimen-sioni come in una matrioska. Ma la vertigi-ne è assicurata, perché le matrioske saran-no più di 10!

Roberto Innocenti

Viaggio nello Spazio(Unità Astronomica = distanza Terra-Sole);

• il 3° modellino comprende i miliardi di corpi celesti della Nube di Oort che arriva ai li-miti del campo gravitazionale del Sole, circa 100.000 UA, pari a 1,5 Anni-Luce (AL).

2ª TAPPALa 2 ª tappa è dedicata alla nostra galassia, la Via Lattea:• prima le costellazioni zodiacali;• poi le stelle vicine nella Bolla Locale e

quindi quelle del Braccio di Orione;• quindi la struttura della galassia, una spi-

rale di 110.000 AL di diametro, cioè 7 mi-liardi di volte la distanza Terra-Sole (com-prende 36.000 volte il Sistema Solare).

3ª TAPPANella 3 ª tappa usciremo dalla nostra galas-sia e visiteremo: • le altre galassie;• gli Ammassi di galassie; • e infine con i Super-ammassi arriveremo

a 13 miliardi di anni luce da noi.

Quindi i corpi più lontani sono quelli che 13 miliardi di anni fa si trovavano a 13 miliardi di anni luce da noi? Ma oltre questo limite che cosa c’è? Il nostro viaggio si ferma qui, siamo alle Colonne d’Ercole. Andare oltre significa superare il limite delle conoscenze astrofisiche “sicure” (condivise ad oggi dalla comunità scientifica) ed entrare nel mondo delle congetture e dei modelli ancora in discussione. Se l’Universo è in espansione dove sono oggi le stelle che vediamo? Ci sono stelle che non vedremo più? E stelle che non vedremo mai? Citeremo qualche teoria che potrebbe modificare il nostro modello di Universo. ■

L'incontro si terrà in ALDAIsala Viscontea Sergio Zemevia Larga 31 - Milano

giovedì 17 ottobre alle ore 17:30Per prenotazioni vedi box a pagina 59.

SAVETHE DATE

1ª TAPPANella 1ª tappa del viaggio esploreremo il Sistema Solare, utilizzando 3 modellini: • il primo è quello di cui abbiamo detto;• seguiremo poi il viaggio del Voyager (par-

tito nel 1977) che ha ormai superato i limiti del Vento Solare e ora si trova a circa 150 UA

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DI 57AGOSTO-SETTEMBRE 2019

Cultura e tempo libero

DI 57AGOSTO-SETTEMBRE 2019

Con rinnova-to piacere ed entu-siasmo an-

che quest’autunno il Gruppo Cultura ospiterà una serie di conferenze astro-nomiche in collabo-razione con il Grup-po Amici del Cielo (GAC), un sodalizio di appassionati di scienze naturali de-dicato alla divulga-zione scientifica e all’osservazione della volta celeste. Infat-ti, fin dal 2010, gli Amici del Cielo sono stati ospiti annuali nella sede di via Lar-ga presentando ven-ticinque argomenti astronomici con nu-merosi relatori che hanno spaziato dalla ricerca della vita nel cosmo alle recenti

scoperte ed esplorazioni nel sistema solare, dagli esopianeti all’astrofisica stellare, alla fisica nucleare e sottolineando anche il de-licato (e ancora poco conosciuto) problema dell’inquinamento luminoso in cui l’Italia primeggia in Europa e nel mondo.Le quattro serate dell’anno scorso hanno affrontato degli argomenti astronomici le-gati alla conoscenza dei quattro corpi roc-ciosi del sistema solare interno (Mercurio, Venere, Luna e Marte).A partire dal mese di ottobre 2019, il GAC porterà all’attenzione dei soci ALDAI- Federmanager altri quattro nuovi argo-menti astronomici. ■

Dino Pezzella

Cosa abbiamo imparato e nuovi strumenti per indagare lo Spazio

Foto della costellazione dello Scorpione in piena Via Lattea, scattata da un membro del gruppo.

Gli incontri si terranno in ALDAIsala Viscontea Sergio Zemevia Larga 31 - Milano

CALENDARIO DEGLI INCONTRI

8 ottobre: “Le maree”a cura di Dino Pezzella: le influenze degli astri sulla Terra, attraverso una conferenza dedicata alle forze di marea e un’analisi delle interazioni mareali nel sistema solare.

15 ottobre: “A caccia di asteroidi” a cura di Ivan Proserpio: due sonde spaziali (americana e giapponese) sono in orbita stabile da qualche mese attorno a due piccoli asteroidi (Bennu e Ryugu). Obiettivo raccogliere campio-ni di roccia e riportarli a Terra fra qualche anno affinché si capisca come sono fatti e soprattutto come fronteggiare il rischio di impatto.

22 ottobre: “La terra primordiale”a cura di Stefano Tosi: come è nata la Terra? Come è riuscita a diventare quel meraviglioso pianeta che conosciamo oggi, unico nel Sistema Solare a presentare una varietà così straordinaria di vita? In un remoto angolo della nostra galassia, 4,6 miliardi di anni fa, una vasta ma tranquilla nube di gas e polveri, venne sconvolta dall’improvvisa esplosio-ne di una stella gigantesca giunta alla fine della sua vita, una supernova. La tremenda onda d’urto fece collassare la nube innescando la formazione di stelle e pianeti, compresa la nostra Terra.

29 ottobre: “Le onde gravitazionali”a cura di Alessandro Fumagalli: dopo la sco-perta, il premio Nobel della fisica e la visione anche della controparte ottica, le onde gravita-zionali aprono le porte ad un nuovo paesaggio celeste. Non solo onde elettromagnetiche a tutte le frequenze per scrutare i segreti del cosmo. Sia-mo solo all’inizio di una rivoluzione che amplierà le conoscenze umane sui fenomeni universali che avvengono in condizioni critiche di pressio-ne/temperatura e che fra qualche decennio ci potrebbe far vedere anche il Big Bang!

Per prenotazioni vedi box a pagina 59.

SAVETHE DATE

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Cultura e tempo libero

DI58 AGOSTO-SETTEMBRE 2019

Nell’ambito del ciclo dedicato alla “Milano degli anni ‘50-‘60, Cro-cevia della Cultura” non poteva mancare il riconoscimento del

contributo dato alla scienza dalla comu-nità scientifica milanese. A rappresentare questo contributo non poteva essere che la figura del Prof. Giulio Natta, premio No-bel per la chimica nel 1963. Nell’incontro in

Politecnico di Milano, Giulio Natta e il premio Nobel

programma il prossimo 9 ottobre, benché incentrato sulla figura del Prof. Natta, sarà dato spazio a ciò che era il Politecnico di Milano, ove ha insegnato e ha svolto le sue ricerche negli anni ‘50 e ’60. Il Politecnico aveva visto, proprio in quegli anni, un vi-stoso incremento delle iscrizioni, a cui con-tribuiva in modo sostanziale l’accesso agli studi universitari di studenti che spesso erano i primi, nelle loro famiglie, a fare in-gresso nel mondo universitario, rappresen-tanti di categorie sociali che in precedenza non contribuivano allo sviluppo degli studi superiori. Per meglio inquadrare lo scenario in cui il Prof. Natta operava, verrà brevemente trat-tato lo sviluppo dell’industria chimica in Italia nel periodo fra le due guerre e il do-poguerra. In particolare si illustrerà come nel periodo prebellico la spinta alla ricerca di nuovi materiali, ricavati dalle più diverse fonti per sopperire alla cronica mancanza di materie prime acuita dall’autarchia, con-tribuì a costruire una scuola di chimici, in particolare industriali e ingegneri chimici, orientati alla ricerca di base finalizzata a realizzare in tempi brevi l’utilizzo pratico delle scoperte. Scuola di chimici e ingegne-ri chimici, a cui il Prof. Natta apparteneva di “diritto”, che potè svilluppare tutte le sue potenzialità a partire dai primi anni ‘50, al-lorchè il petrolio, che nel frattempo aveva sostituito il carbone come materia prima di base per l’industria chimica, divenne facil-mente disponibile e a basso costo. Riguardo al Prof. Natta saranno forniti alcuni dati biografici soffermandosi sulla precocità della carriera, anche studentesca, si laureò Ingegnere a 21 anni. Verranno ri-cordate le sue capacità di chimico di largo spettro, in grado di operare nei più svaria-ti campi di questa scienza, le sue capacità intuitive che gli permisero di capire la po-

Mario Pinetto Socio ALDAI-Federmanager

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DI 59AGOSTO-SETTEMBRE 2019

Cultura e tempo libero

tenzialità di una ricerca di farle trovar spa-zio nell’applicazione industriale, le sue ca-pacità manageriali che gli permisero sia di costruire una squadra di ricercatori giovani, talentuosi ed entusiasti sia, soprattutto, di stipulare accordi con le grandi industrie, in particolare la Montecatini, ottenendo i finanziamenti adeguati agli sforzi di ri-cerca. Questa collaborazione tra universi-tà pubblica e industria privata, permise di effettuare ricerche che valsero a Natta l’as-segnazione del premio Nobel e un notevo-lissimo ritorno industriale per l’investitore. Questa forma di cooperazione rappresenta tuttora un unicum di fruttuosa collabora-zione fra Università e mondo dell’industria. Uno spazio adeguato verrà riservato alla descrizione delle ricerche che portarono all’assegnazione del premio Nobel, ricerche che portarono alla scoperta del metodo per ottenere polimeri dapprima da propilene in seguito da butadiene ed anche copolime-ri etilene propilene. Il metodo consisteva nel far reagire la molecola di base, nel caso propilene e poi butadiene, in presenza di catalizzatori costituiti da alluminio trietile e cloruri di titanio, il tutto a bassa pressio-ne e basse temperature, implicando quin-di bassi costi di produzione industriale. Si tratterà delle due grandi intuizioni di Natta: la prima fu capire le potenzialità dei risul-tati delle ricerche del professor Ziegler, del Max Planck Institut di Muehlheim an Ruhr, sull’ottenimento di polietilene operando a bassa pressione con i catalizzatori suddet-ti, convincendo la Montecatini all’acquisto delle licenze per l’utilizzo dei brevetti del Prof. Ziegler, la seconda fu applicare la stes-sa tipologia di reazione al propilene per ottenere polipropilene. Ci si soffermerà in particolare sui risultati conseguiti nel 1954, anno definito magico da alcuni collabora-tori di Natta, risultati che la comunità in-ternazionale degli operatori nel campo dei polimeri definì “A revolution in the Polymer Science” e che condussero all’assegnazione del premio Nobel al 50% ai Proff. Natta e Ziegler nel 1963. In quel 1954 fu ottenuto in laboratorio, in modo costantemente ripeti-bile, un polimero cristallino da propilene avente caratteristiche meccaniche e di re-sistenza al calore che sino ad allora non si erano registrate. La presenza nel team di Natta di validissimi

strutturisti chimici esperti in cristallografia permise di scoprire la particolare struttura nello spazio della macromolecola del poli-propilene ottenuto con il tipo di reazione descritta. In quel momento la stereochi-mica delle macromolecole fece un enorme balzo in avanti, fu anche introdotta una nuova terminologia. Il polipropilene con questa caratteristica struttura molecolare fu definito Isotattico, termine in seguito accettato e utilizzato in tutto il mondo. Se-guendo gli stessi schemi di reazione, furono in seguito ottenuti polimeri Isotattici da bu-tadiene e copolimeri da etilene propilene, ambedue utilizzabili per la produzione di gomma sintetica. Altrettanto importante fu il rapidissimo passaggio dalla fase di ricerca di laboratorio alla fase di impianto pilota ed infine di impianto industriale. Già nel 1957 entrava in produzione il primo impianto polipropilene su scala semindustriale, se-guito l’anno dopo dal primo di polibutadie-ne; risultati che anche ora sarebbero consi-derati eccezionali. Infine si porrà l’accento su come le scoperte di Natta abbiano avuto una rilevante influenza nei più svariati cam-pi per esempio: industria automobilistica, produzione cavi elettrici, pneumatici, edi-lizia, ecc., nonché nella nostra vita di tutti i giorni. Da ultimo si farà un breve cenno a cosa i brevetti del Prof. Natta rappresenta-rono per la Montecatini, divenuta poi Mon-tedison, per la quale divennero un punto fisso da cui sviluppare le proprie strategie, in particolare nei momenti difficili. ■

Ci si soffermerà in particolare sui

risultati conseguiti nel 1954, anno

definito magico da alcuni collaboratori

di Natta, risultati che la comunità

internazionale degli operatori nel campo dei polimeri definì “A revolution in the

Polymer Science” e che condussero

all’assegnazione del premio Nobel

L'incontro si terrà in ALDAIsala Viscontea Sergio Zemevia Larga 31 - Milano

mercoledì 9 ottobre alle ore 17:00Per prenotazioni vedi box sottostante.

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Prenotazioni online - www.aldai.itSelezionare il menu EVENTI per visualizzare il calendario mensile. Scegliere l'evento di interesse. Cliccare sul titolo per consultare l'agenda. Registrare la partecipazione compilando i campi obbligatori. IMPORTANTE: inserire il flag (✔) in basso a sinistra per evidenziare il bottone verde.Prenotazioni a mezzo fax: Inviare la comunicazione al numero 02/5830.7557 indicando nell'oggetto il titolo dell'argomento prescelto.Le date pubblicate, nella rivista cartacea, potrebbero variare successivamente alla stampa. Invitiamo i lettori all'aggiornamento tramite le periodiche newsletter, il sito e la rivista digitale.

COME PRENOTARSI AGLI EVENTI DI QUESTO NUMERO

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QUESTO NUMERO È STATO CHIUSO IN TIPOGRAFIA IL 24 LUGLIO 2019

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DIRETTORE RESPONSABILE Bruno Villani

COORDINATORE DELLA RIVISTA E DEGLI ALTRI MEZZI DI COMUNICAZIONE ALDAI Franco Del Vecchio

SEGRETERIA DI REDAZIONE Luca Basilicata

COMITATO DI REDAZIONE Luca Basilicata, Michela Bitetti, Giuseppe Colombi, Ezio Costa, Franco Del Vecchio, Luciano De Stefani,Mario Giambone, Fabio Pansa Cedronio, Marco Pepori, Mino Schianchi, Chiara Tiraboschi, Bruno Villani

SOCIETÀ EDITRICE ARUM Srl, Via Larga 31, 20122 Milano Partita IVA 03284810151Tel. 02.58376.1 - Fax 02.5830.7557PEC: [email protected] al Registro Nazionale della Stampa con il numero 5447, vol. 55, pag. 369, del 20.11.1996.Società soggetta alla direzione e coordinamento dell’ALDAI (Associazione Lombarda Dirigenti Aziende Industriali).

MENSILE DELL’ASSOCIAZIONE LOMBARDA DIRIGENTI AZIENDE INDUSTRIALI

Poste Italiane SpA Spedizione in abbonamento postale Decreto Legge 24/12/2003 n. 353 (convertito in Legge 27/2/2004 n. 46) Art.1, comma 1. Pubbl. inf. 45% DCB/Milano euro 1,03.Autorizzazione del Tribunale di Milano, 20 novembre 1948, numero 891.

STAMPARotolito SpA - Pioltello - Milano www.rotolito.it - www.rotolito.com

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HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMEROBruno Villani, Enrico Pedretti, Marco Pepori, Giuseppe Colombi, Michele Carugi, Vincenzo Trabace, Roberto Maggi, Ilaria Sartori, Giuseppe Firrao, Chiara Tiraboschi, Claudio Ceper, Antonio Dentato, Luciano Giannini, Augusto Calderoni, Anna Bernardini, Roberto Innocenti, Dino Pezzella, Mario Pinetto

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www.oculus3000.itE-mail: [email protected] trovi su Facebook alla pagina Ottica Oculus SrlOrari: lunedì 15.00-19.00Da martedì a sabato 10.00-14.00 - 15.00-19.00

Da Oculus ho visto la differenzaSconti40% su lenti e montature20% su montature firmate30% su occhiali da sole10% su lenti a contatto usa e getta

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Gli sconti Oculus sono validi per i Dirigenti dell’ALDAI, i loro familiari e i dipendenti.

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4.Manager è l’associazione costituita da Confindustria e Federmanager per la crescita della competitività del Paese attraverso lo sviluppo della cultura d’impresa e delle politiche attive del lavoro.

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