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Società Italiana di MEDICINA GENERALE Studio SIPONTO Adolescenza Etica professionale Apnee ostruttive del sonno Fibrillazione atriale BPCO e strategie preventive ISSN 1724-1375 4 2013 www.simg.it Edizione digitale Periodico bimestrale. Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 conv.in L.27/02/2004 n°46 art.1, comma 1, DCB PISA Aut. trib. di Firenze n. 4387 del 12-05-94 - IR - I.P. - Agosto

MedIcIna Generale · Anemia e terapia marziale. I dati di Health Search – Società Italiana di Medicina Generale ... applicano le linee guida più accreditate, utilizzano strumenti

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Società Italiana diMedIcIna Generale

Studio SIPONTO

Adolescenza

Etica professionale

Apnee ostruttive del sonno

Fibrillazione atriale

BPCO e strategie preventive 

ISSn 1724-1375

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Direttore ResponsabileClaudio Cricelli

Direttore EditorialeAlessandro Rossi

Direttore ScientificoGiuseppe Ventriglia

SIMGSocietà Italiana di Medicina GeneraleVia Del Pignoncino 9/11 • 50142 FirenzeTel. 055 700027 • Fax 055 [email protected] • www.simg.it

Copyright bySocietà Italiana di Medicina Generale

EdizionePacini Editore S.p.A.Via Gherardesca 1 • 56121 PisaTel. 050 31 30 11 • Fax 050 31 30 [email protected] • www.pacinimedicina.it

Marketing Dpt Pacini Editore Medicina

Andrea Tognelli Medical Project - Marketing Director Tel. 050 31 30 255 • [email protected]

Fabio Poponcini Sales Manager Tel. 050 31 30 218 • [email protected]

Manuela Mori Advertising Manager Tel. 050 31 30 217 • [email protected]

Alice Tinagli Junior Advertising Manager Tel. 050 31 30 223 • [email protected]

RedazioneLucia CastelliTel. 050 31 30 224 • [email protected]

StampaIndustrie Grafiche Pacini • Pisa

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Soci

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Rivista Società Italiana di Medicina GeneraleEditorialePer la Medicina Generale è … “Il Tempo delle Mele”G. Medea ........................................................................................................ 3

ASCOPortale ASCO in APP, sempre più a portata di mano!I. Cricelli, A. Tognelli.......................................................................................... 5

Studio SipontoStudio Siponto: studio finalizzato a valutare e a migliorare l’adesione dei pazienti ipertesi al trattamento farmacologico, nella città di ManfredoniaR. Sammarco ................................................................................................... 7

Obesità in adolescenzaRischi dell’attività sportiva fra gli adolescenti obesiF. Lemma, N. Sigismondi, B. Messini ............................................................... 12

Dermatite iatrogenaUn sospetto caso di dermatite iatrogenaG. Grassini, G. Casale, F. Pallavicino, A. Grassini ............................................... 15

Problemi eticiStudio pilota sui problemi etici emergenti fra i medici di medicina generale in ItaliaR. Piccinocchi, V. Tambone, G. Piccinocchi, M.A. Vitali ....................................... 20

AdolescenzaGli adolescenti assistiti dal medico di medicina generale … come migliorare la pratica M. D’Uva, M. Langella, G. Ragni ..................................................................... 24

OSAS La Medicina Generale e la sindrome delle apnee ostruttive del sonnoS.E. Giustini, A. Sanna .................................................................................... 29

OSAS - TTIIl Tavolo Tecnico Interdisciplinare (TTI). Sonnolenza e Sicurezza nei pazienti OSASS.E. Giustini ................................................................................................... 32

Anemia Anemia e terapia marziale. I dati di Health Search – Società Italiana di Medicina GeneraleO. Brignoli ..................................................................................................... 33

Riacutizzazioni di BPCOLe riacutizzazioni di BPCO e strategie preventiveG. Sevieri, P. Isidori ......................................................................................... 38

Fibrillazione atrialeFibrillazione atriale: un piano di aggiornamento integrato per i medici di medicina generaleD. Battigelli, O. Brignoli, G. Ermini, A. Filippi, B. Guillaro, S.E. Giustini ................. 45

Inserto specialeHS-Newsletter

Finito di stampare presso le Industrie Grafiche della Pacini Editore S.p.A. - Ottobre 2013Rivista stampata su carta TCF (Total Chlorine Free) e verniciata idro. L’editore resta a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare e per le eventuali omissioni.Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, [email protected], http://www.aidro.org.I dati relativi agli abbonati sono trattati nel rispetto delle disposizioni contenute nel D.Lgs. del 30 giugno 2003 n. 196 a mezzo di elaboratori elettronici ad opera di soggetti appositamente incaricati. I dati sono utilizzati dall’editore per la spedizione della presente pubblicazione. Ai sensi dell’articolo 7 del D.Lgs. 196/2003, in qualsiasi momento è possibile consultare, modificare o cancellare i dati o opporsi al loro utilizzo scrivendo al Titolare del Trattamento: Pacini Editore S.p.A. - Via A. Gherardesca 1 - 56121 Ospedaletto (Pisa).

Edito

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Per la Medicina Generale è … “Il Tempo delle Mele”

Gerardo MedeaConsiglio di Presidenza Nazionale SIMG (Brescia)

Rivista Società Italiana di Medicina Generalen.4>>> 2013 3

Quando negli anni ’80 cominciai la professione di medico di famiglia, il mio terrore (nel caso dell’edema polmonare acuto … un vero incubo) era imbattermi al domicilio del paziente in una delle tante e temibili emergenze mediche.

E non c’era settimana che ciò non avvenisse realmente, tant’è che era imperativo rifornire quasi giornalmente la piccola – ma a suo modo esaustiva – farmacia contenuta nella mia borsa da medico.

In ambulatorio poi l’emergenza era fronteggiare il presente, gestire e risolvere le acuzie quotidiane adattando l’attività ai bisogni contin-genti espressi dai pazienti.

Certo esistevano anche allora i pazienti ipertesi, diabetici, broncopneumopatici, ma non era la loro malattia cronica a emergere bensì i loro possibili quanto frequenti problemi acuti o qualcuna delle loro pericolose complicanze.

In cinque lustri non rimane più nulla di quel mondo, poiché sono cambiate le malattie, sono cambiati i farmaci per curarle, sono cambiati i pazienti e soprattutto sono cambiati (o comunque lo stanno facendo, obtorto collo, in questi anni) i medici, in particolare quelli delle cure primarie.

Il cambio di paradigma è stato così radicale che molti di noi, forse perché impreparati culturalmente o forse solo perché fiaccati da una professione che non ci ha restituito soddisfazioni equivalenti all’impegno e all’entusiasmo in essa profusi, hanno cominciato a manifestare sintomi di scoramento: qualcuno resiste a denti stretti, altri hanno rinunciato a qualsiasi tentativo di adattamento anticipando la pensione, qualcuno ha sviluppato una sindrome da burn-out.

Ma c’è stato anche chi, senza tentennamenti, ha cavalcato e in un certo senso anticipato l’onda del cambiamento.

Gestire i malati cronici (l’80% del quotidiano lavoro di un medico di medicina generale [MMG]) richiede, infatti, la concatenazione di tre elementi: conoscenze, strumenti professionali e organizzazione. Occorre poi che il processo di cura, sul singolo come su gruppi di pazienti, sia sistematicamente monitorato con indicatori di processo e di esito, oltre che economici affinché i professionisti possano ricevere stimoli al miglioramento continuo e gli amministratori utili indicazioni programmatorie. E per ultimo, ma non per importanza, è necessario definire un salario in parte agganciato ai risultati, all’appropriatezza e all’intensità delle cure erogate.

Formazione continua, cartella clinica strutturata per problemi (cartacea prima, elettronica poi), strumenti per l’audit e la valutazione singola e di gruppo, reti professionali, personale di studio, sono termini che fanno parte oramai del patrimonio culturale collettivo dei MMG italiani.

Ma quando, circa 30 anni fa, in tempi non sospetti, e con forte capacità anticipatoria, la Società Italiana di Medicina Generale cominciò a porre queste necessità all’attenzione della professione, nata con la riforma del 1978 sulle ceneri del sistema mutualistico, per molti si trattava di eresie, associate a un pizzico di follia divinatoria, e perciò magica e inattendibile.

Quei MMG (non pochi per fortuna) che hanno però creduto in quella “eresia”, hanno cominciato e continuano a rinfrescare le loro cono-scenze mediche, fanno riferimento alle migliori conoscenze scientifiche, applicano le linee guida più accreditate, utilizzano strumenti informatici evoluti per la gestione e il monitoraggio dei cronici, hanno disegnato nei loro studi avanzati modelli organizzativi sfruttando le risorse (assai modeste) messe a disposizione dal Contratto Collettivo Nazionale oppure in molti casi investendo del proprio. Non mancano poi i medici di famiglia che fanno ricerca clinica ed epidemiologica di alta qualità e impact factor.

Editoriale G. Medea

Rivista Società Italiana di Medicina Generale4

Manca però ancora la volontà di trasformare in “sistema” queste eccellenze.

Nel novembre 2012 il Ministro Balduzzi ha riformato l’articolo 8 della del Dlgs 502/92 (riordino delle cure primarie), nel quale la novità più grossa è l’obbligatoria partecipazione a gruppi organizzati di MMG (AFT o UCCP), con l’obiettivo forse più di rafforzare il territorio in tema di gestione delle acuzie/urgenze piuttosto che delle cronicità. Anche se nello specifico le Regioni potranno impiegare personale dipendente presso le nuove strutture multi professionali e stipulare accordi per l’erogazione di specifiche attività assistenziali per i pazienti cronici.

Nel decreto però prevalgono le ombre (assenza di risorse economiche), rispetto alle luci (restyling organizzativo delle cure primarie). Nulla è ancora accaduto di quanto era stato decretato. Entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge si doveva procedere all’adeguamento delle convenzioni, limitatamente agli aspetti organizzativi. Decorso il termine il Ministro della Salute, con decreto adottato di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze doveva emanare disposizioni attuative.

Nil est dictu facilius!

Nel frattempo alcune Regioni (Toscana, Lombardia, Veneto, Emilia e poche altre) stanno proponendo ciascuna un proprio modello di governo delle patologie croniche, in cui, a parte i buoni propositi generali (presa in carico dei cronici, spostamento dell’asse dell’assistenza dall’ospedale verso il territorio, efficienza) esprimono opinioni spesso assai divergenti su come i MMG debbano concretamente diventare i protagonisti in tema di gestione della cronicità. Noi a tal proposito abbiamo le nostre convinzioni, in verità già più volte enunciate, e la pretesa di fornire qualche buon consiglio per chi avrà il pregio di ascoltarlo.

Non è più demandabile il potenziamento organizzativo delle cure primarie. Queste ultime devono essere trasformate da un sistema a bassa a uno ad alta intensità di cure. Solo così si potrà far fronte ai nuovi bisogni derivanti dalla riduzione dei posti letto, dalla de-ospedalizzazione precoce, e dal crescente numero di persone con disabilità e fragilità.

Il riassetto, in assenza di risorse aggiuntive, potrebbe considerare anche ipotesi alternative quali quella di ridurre il numero dei MMG, aumentando (a isorisorse) quello del personale di studio, invertendo quell’infelice rapporto medici/infermieri che vede la Medicina Generale italiana agli ultimi posti in Europa. Oppure anche di affiancare ai medici di famiglia quelli di continuità assistenziale sottraendoli a un’attività professionale spesso avvilente o improduttiva. Ne verrebbe a guadagnare la medicina d’iniziativa, il governo dei malati cronici, le cure domiciliari ai malati terminali. Il modello toscano da questo punto di vista ci insegna che è praticabile, efficace ed esportabile.

AFT e UCCP, oggi sulla carta solo scatole vuote di contenuti e proposte professionali, sono un’opportunità per sperimentare iniziative di integrazione ospedale-territorio sulla scorta di modelli già sperimentati dalle Agenzie Sanitarie Americane come il Kaiser Permanente. Tutti i MMG italiani devono essere dotati di sistemi elettronici (Clinical Decision Support System, cruscotti di governance) per valutare l’appro-priatezza e il raggiungimento dei risultati di cura per singolo paziente e per singole patologie, onde innescare un circolo di miglioramento continuo.

Tali risultati devono essere condivisi in una rete professionale multilivello, i cui dati devono essere gestiti con meccanismi botton-up per la ricerca clinica sul campo, l’audit e il governo clinico. Gli stessi strumenti devono essere messi a disposizione dei Direttori di Distretto. Quest’ultimo deve diventare cuore (e mente) del governo della cronicità oltre che della prevenzione primaria e secondaria.

È inaccettabile, infine, che a fronte di una strategia così ampiamente condivisa che enfatizza lo spostamento dell’asse dell’assistenza dall’ospedale al territorio, in cui la presa in carico dei cronici è l’obiettivo qualificante, vi sia una politica del farmaco che preclude alla Medicina Generale la possibilità di prescrivere farmaci innovativi (ad esempio, nuovi anticoagulanti orali e incretine) destinati proprio alla cura dei malati cronici.

Sono i nostri convincimenti, ma sono anche le nostre “sfide”.

C’è ne sarebbe anche un’ultima, forse la più osteggiata.

Ci chiediamo, infatti, perché termini come “cambiamento, qualità delle cure, eccellenza nei comportamenti professionali, trasparenza”, facciano fatica a entrare nel vocabolario della nostra professione o meglio più correttamente in quello di chi dovrebbe incardinare tali termini nei contratti e negli accordi collettivi nazionali o regionali.

I medici di famiglia, come altri professionisti, non sono tutti eguali e non c’è accordo collettivo nazionale-regionale che possa annullare queste disuguaglianze.

Alcuni di Voi forse ricorderanno che, sempre negli anni ’80, spopolò nei cinema di tutta Europa il film “Il tempo delle mele” con la splendida Sophie Marceau. Raccontava delle turbolenze del passaggio dall’infanzia all’adolescenza in parallelo con la crisi di una coppia quaran-tenne. Tra crisi esistenziali, turbamenti, litigi e ri-innamoramenti, giovani e meno giovani si adattavano alle trasformazioni che la vita gli imponeva diventando infine e per davvero “adulti” e “maturi”. Anche per la Medicina Generale Italiana è “Il tempo delle mele”. Tempo di trasformazioni radicali, di rapidi e ineludibili adattamenti a nuove situazioni, di scelte complesse, di opportunità da sfruttare. È tempo per la Medicina Generale di diventare adulta e matura e dunque di diventare finalmente protagonista del proprio futuro.

“Il tempo delle mele” per la Medicina Generale … e “tempi duri” per le mele marce.

ASCOPortale ASCO in APP,

sempre più a portata di mano!

Iacopo Cricelli1, Andrea Tognelli21 Genomedics; 2 Medical Project – Marketing Director, Pacini Editore Medicina

Rivista Società Italiana di Medicina Generalen.4>>> 2013 5

più user friendly e integrati ai bisogni pro-fessionali) sia in termini di informazione e consultazione scientifica. Molte le novità nell’aria, tra cui inedite dina-miche che stanno delineando nuovi scenari di mercato e sostanziali cambiamenti delle nostre abitudini professionali.Una breve panoramica ci aiuta a compren-dere il repentino fenomeno e conoscere le nuove evoluzioni di uno strumento di lavoro come il Portale ASCO.

Sempre di più “mobile”Tablet e smartphone rappresentano un mercato in crescita, mentre si nota una flessione dei PC (e dei notebook): nel 2013

Sotto certi aspetti il settore dell’high tech è forse quello che in questi anni critici impar-tisce il maggior impulso innovativo ai propri prodotti, con evidenti ricadute nella sfera sociale e professionale. In pochi anni si sono affacciati sul mercato dispositivi che hanno reso possibile cambia-menti impensabili. La telefonia mobile dei primi anni ’90 sembra già un lontano ricordo se paragonata alle prestazioni delle ultime generazioni di smartphone; i personal com-puter hanno mutato sembianze e dimensioni incrementando le loro performance.La sfera medica è uno dei settori in cui la tecnologia si è manifestata con maggiore rapidità, sia nei supporti gestionali (sempre

-10% rispetto al 2012, mentre sembrano trovare pian piano collocazione di mercato anche PC ibridi-touch come gli ultimi pro-dotti proposti con Microsoft Windows 8.La crescita dei tablet è vertiginosa: 50-60% di vendite in più del 2012, mentre con cifre molto inferiori (circa il 4%) crescono i cellu-lari, smartphone inclusi.In parallelo si assesta anche il mondo dei sistemi operativi: Android è leader del mer-cato con circa 800 milioni di dispositivi ven-duti nell’anno, al secondo posto Windows (poco più di 300 milioni), iOs/MacOs (circa 300 milioni) e Rim (tra 20 e 25 milioni).

L’impatto sui media La rapida diffusione dei prodotti cosiddetti “mobile” sta generando un cambiamento radicale nella cosiddetta “dieta mediatica” cioè del tempo dedicato ai vari media disponi-bili (Fig 1). Si registra una progressiva flessio-ne della stampa, della radio, una stabilità della TV e Internet, ed una consistente tendenza alla crescita per il settore tablet e smartphone. Tutto questo comporta anche un rimodella-mento degli investimenti pubblicitari connes-si ai media, in cerca di adattamento ai nuovi comportamenti degli utenti e parametro fon-damentale per comprendere come raggiun-gere il cittadino e informarlo tempestivamente.

Medici digitali È sorprendente constatare che ormai 1 medico su 2 possieda uno smartphone e 1

Figura 1.

Percentuale di tempo dedicato dalla popolazione a vari media e relativa percentuale di investimenti pubblicitari (Fonte: http://www.slideshare.net).

ASCO I. Cricelli, A. Tognelli

Rivista Società Italiana di Medicina Generale6

su 3 un tablet. Inutile dire che il computer ha una diffusione ormai universale nella classe medica, con una alta percentuale di utenza anche per l’uso di Internet. Questi numeri ci consegnano la lettura del profes-sionista sanitario come “medico digitale”, abilitato e cosciente delle nuove opportunità per la pratica professionale, l’informazione e l’aggiornamento.

ASCO per i medici internauti Negli ultimi 6 anni abbiamo seguito l’evolu-zione del portale “progetto ASCO” registran-

do un costante e progressivo aumento degli accessi unici e delle pagine viste per sin-golo medico visitatore. La struttura del por-tale, le funzioni ed i servizi disponibili sono stati accuratamente ampliati e migliorati al fine di renderli sempre più interessanti e di rapida consultazione. Le opportunità di for-mazione a distanza, senza o con ECM, com-pletano il quadro, oltre alla newsletter che raggiunge circa 13.500 medici di medicina generale, ed un “archivio” di tutta la pro-duzione editoriale della SIMG, con le sue riviste e monografie calibrate sui bisogno di aggiornamento dei MMG (Fig. 2).

iPhone e iPad pronti per ASCO!Alla consultazione tramite Personal Computer è adesso possibile affiancare l’u-tilizzo di una APP (sistema iOS, scaricabile in APP Store) che offre la navigazione nei contenuti del portale in totale mobilità (iPho-ne - Ipad) senza pregiudicarne la fruibilità e l’accesso, mediante semplici gesti sugli oramai familiari “touch screen”.

Figura 2.

Evoluzione degli accessi unici mensili.

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toStudio Siponto*: studio finalizzato a valutare e a migliorare l’adesione dei pazienti ipertesi al trattamento farmacologico, nella città di Manfredonia

Renato SammarcoMedico di Medicina Generale, Manfredonia

7Rivista Società Italiana di Medicina Generalen.4>>> 2013

* Siponto è un sito archeologico (dalle sue rovine dopo decenni il Re svevo Manfredi ha dato origine nel 1232 alla città che porta il suo nome: Manfredonia) e frazione residenziale di Manfredonia.

del paziente e la scarsa consapevolezza dei rischi legati all’ipertensione non con-trollata. Ma non è solo il paziente a essere colpevole dello scarso controllo pressorio, gli ostacoli sono molti e possono dipendere anche dal medico, dalla sua aderenza alle linee guida  6, dall’inerzia terapeutica, cioè la scarsa attitudine a modificare le terapie qualora risultino inefficaci 7, e dall’organiz-zazione stessa del sistema sanitario. Le strategie che possono essere messe in atto per migliorare il problema aderenza e controllo pressorio sono diverse; dal punto di vista del clinico è importante prescrivere terapie che garantiscano il massimo dell’a-derenza e persistenza, prescrivendo per esempio farmaci a lunga durata d’azione e ben tollerati; importante è uno schema posologico semplice e chiaro, preferire ad esempio associazioni precostituite; evitare di “non agire”, l’inerzia terapeutica è un fat-tore chiave per l’insuccesso terapeutico. Da parte del paziente è importante fidarsi delle prescrizioni mediche, controllare la propria pressione arteriosa anche a casa e riferire al medico ogni evento avverso prima di deci-dere di modificare o sospendere la terapia 8.

Obiettivi La Medicina Generale è un contesto ide-ale nel quale valutare il problema della

Introduzione L’ipertensione arteriosa è uno dei princi-pali fattori di rischio di morbilità e mortalità cardio- e cerebrovascolare, il controllo dei valori pressori è dunque essenziale. L’uso corretto della terapia antipertensiva ha mostrato di ridurre il rischio di ictus e coronaropatie del 34 e del 21% rispettiva-mente 1, purtroppo però raggiungere il con-trollo pressorio non è sempre facile. I fattori potenzialmente responsabili di que-sta difficoltà sono molti, tra questi la scarsa aderenza è considerata l’ostacolo critico al successo terapeutico 2. L’“aderenza terapeutica” è il grado di ade-sione del paziente alle terapie prescritte; l’attitudine del paziente a proseguire la terapia per tutto il tempo indicato dal medi-co viene invece definita “persistenza”. Circa un quarto dei pazienti non aderisce completamente alle terapie prescritte  2 e quasi la metà interrompe il trattamento dopo 1 anno dall’inizio della terapia  3. Le scarse persistenza e aderenza al trattamento ridu-cono l’efficacia della terapia con conseguenti effetti sull’incidenza di eventi cardiovascolari (CV), sulle ospedalizzazioni e sui costi 3-5.I fattori legati alla scarsa aderenza alla terapia ipotensiva sono molti, i più comu-ni riguardano la tollerabilità dei farmaci, la complessità dello schema posologico, l’età

aderenza alla terapia ipotensiva e quindi progettare e attuare interventi finalizzati a migliorarla. Sulla base di questa premessa, l’obiettivo primario dello studio SIPONTO è stato valu-tare, in un contesto “non sperimentale”, l’efficacia di un intervento opportunistico educazionale nel migliorare l’aderenza dei pazienti al trattamento farmacologico. Obiettivi secondari sono stati: valutare la percentuale di adesione alla prescrizione terapeutica e le motivazioni addotte dai pazienti per la scarsa aderenza; analizza-re le modalità di intervento del medico in risposta al problema della scarsa aderenza e valutare l’efficacia dell’intervento in ter-mini di riduzione dei valori pressori e di rag-giungimento del target; in ultimo effettuare un’analisi descrittiva dei pazienti con alta aderenza per evidenziarne caratteristiche anagrafiche e cliniche.

Materiali e metodi Fasi dello studio

Lo studio si è svolto attraverso le seguenti fasi:a) interrogazione dei database per l’identi-

ficazione dei soggetti da includere; b) reclutamento dei pazienti eleggibili,

effettuato nell’arco di 3 mesi. I pazien-

Studio Siponto R. Sammarco

8 Rivista Società Italiana di Medicina Generale

ti reclutati hanno ricevuto lo schema posologico della terapia prescritta, un opuscolo educazionale sulla terapia antipertensiva e hanno effettuato un incontro programmato con il medico;

c) intervento del medico. In occasio-ne dell’incontro programmato con il medico sono state valutate le motiva-zioni della scarsa aderenza ed è stato pianificato e attuato un piano di inter-venti (cambio di posologia, cambio di terapia, suggerimenti comportamentali, eventuali ulteriori visite programmate) finalizzati a migliorare l’aderenza del paziente;

d) rivalutazione dell’aderenza. A distanza di 6 mesi dal reclutamento dell’ultimo paziente è stato nuovamente interro-gato il database con le stesse modalità per documentare eventuali variazioni della aderenza alla terapia.

Selezione dei medici inclusi nello studio

Hanno partecipato allo studio 14 medici di medicina generale attivi nel territorio della ASL FG e, in particolare, nel distretto di Manfredonia. I medici sono stati inclusi nello studio se in possesso dei seguenti requisiti:• almeno 750 assistiti in carico;• un software per la gestione della car-

tella clinica computerizzata per estrarre i dati dei pazienti ipertesi secondo le specifiche del progetto;

• un collaboratore di studio e/o di un infermiere;

• disponibilità a visitare i pazienti su appuntamento.

Popolazione in studio

I medici partecipanti allo studio hanno arruolato i pazienti di età ≥ 18 anni, con dia-gnosi di ipertensione arteriosa (ICD9 401-404), per i quali l’analisi delle prescrizioni nei 6 mesi precedenti lo studio evidenziasse un’aderenza inferiore all’80% per almeno una delle classi di farmaci antipertensivi prescritte. Sono stati esclusi i pazienti con storia di eventi cardio- e cerebrovascolari, i pazienti con scompenso cardiaco e con gravi malattie croniche (neoplasie in fase avanzata, psicosi, demenze) e i pazienti che

hanno rifiutato di sottoscrivere il documen-to di consenso informato. Sono stati inoltre esclusi quei pazienti per i quali la ridotta percentuale di giorni coperti dalla terapia potesse essere giustificata (posologia infe-riore a 1 cp al giorno, interruzioni concorda-te del trattamento, ecc).I pazienti con aderenza > 80% sono stati inclusi in una prima analisi descrittiva per evidenziarne le caratteristiche cliniche e anamnestiche.

Valutazione dell’aderenza alla terapia

L’aderenza alla terapia farmacologica è stata valutata determinando, mediante interrogazione degli archivi computeriz-zati dei medici partecipanti, il numero di compresse prescritte per ciascuna classe terapeutica, nei sei mesi precedenti l’ini-zio dello studio. Poiché la maggior parte dei farmaci ipotensivi vengono utilizzati alla posologia di una compressa al giorno, abbiamo assunto che il numero di com-presse prescritte dovesse coincidere con il numero di giorni a cui le prescrizioni si riferivano. L’aderenza, pertanto, è stata misurata come la proporzione di giorni coperti dalla terapia (PGT). In accordo con quanto già definito in letteratura, i pazienti sono stati classificati nelle seguenti cate-gorie: alta aderenza (PGT ≥ 80%), aderen-za intermedia (PGT tra 40 e 79%), bassa aderenza (PGT < 40%) 4.Il valore del PGT è stato calcolato per cia-scuna classe di farmaci (alfa litici, beta bloccanti, calcio antagonisti, diuretici, ace-inibitori, sartani). Per i pazienti in politera-pia è stato calcolato un PGT “complessivo” rapportando il numero di tutte le compresse

prescritte al numero di compresse neces-sarie a coprire il periodo di 6 mesi.

RisultatiI pazienti in carico nei 14 centri di medicina generale sono risultati 18.130, di questi i pazienti ipertesi erano 3.601, il 19,9%, percentuale in linea con i dati di prevalen-za della patologia. L’età media è risultata di 68 ± 12,2 anni, il 55% era di sesso fem-minile e il 57,6% aveva anche diagnosi di diabete. La percentuale di pazienti a target nell’ultimo anno risultava del 77%.La valutazione dell’aderenza nella popola-zione inclusa nello studio ha mostrato che il 9,7% dei pazienti avevano una bassa aderenza (PGT < 40), il 35,3% un’aderenza intermedia (PGT tra 40 e 79) e il 55% un’a-derenza elevata (PGT > 80) (Fig. 1).I pazienti con alta aderenza sono stati stratificati per genere ed età, per numero di contatti con il medico, numero di far-maci prescritti e classi farmacologiche. I risultati di queste analisi mostrano che i pazienti maschi e coloro appartenenti alle età intermedie hanno più frequentemente una buona propensione a seguire le cure. I pazienti più giovani e i più anziani mostrano invece un’aderenza mediano/bassa in più della metà dei casi (Fig. 2).I pazienti che più spesso hanno contatti con il curante (> 6 nei 12 mesi) sono risul-tati più aderenti così come i pazienti con schemi posologici più semplici (il 60% dei soggetti in monoterapia aderenti rispetto a poco più del 30% di coloro in terapia con 4 farmaci) (Fig. 3a, 3b). Per quanto riguarda la classe farmacolo-

Figura 1.

Percentuali di aderenza nei pazienti ipertesi.

9,7%

Bassa Intermedia Alta

35,3%

55,0%

Studio SipontoStudio Siponto

9Rivista Società Italiana di Medicina Generale

gica, i pazienti in trattamento con farmaci bloccanti il sistema renina-angiotensina, in particolare i sartani, sono più frequente-mente aderenti (56,4%) rispetto alle altre classi di farmaci, in particolare i diuretici (32,6%) (Fig. 4).

Fase interventistica

I pazienti con aderenza intermedia e bassa (45%) sono stati arruolati nella fase interven-tistica dello studio. Sono stati dunque interro-gati per capire le ragioni della scarsa adesio-

ne alla prescrizione e sono stati poi sottoposti a intervento educazionale. Tra le motivazioni addotte dai pazienti per giustificare il com-portamento non aderente le principali sono state: la comparsa di effetti collaterali (34%) o la paura degli stessi (28,8%) e l’assunzio-ne contemporanea di troppi farmaci (25,3%). Tra gli altri, la decisione che la terapia non fosse indispensabile e la presenza di difficol-tà pratiche nel reperimento della prescrizione e dei farmaci (Tab. I).Gli interventi proposti ai pazienti sono stati quindi personalizzati in base alle esi-genze degli stessi. Nel 63,3 % dei casi è stato effettuato un intervento educazionale riguardante i benefici della terapia e i rischi correlati all’ipertensione. In circa il 50% dei casi è stato modificato lo schema terapeuti-co o la posologia (Tab. II).Al termine dei 6 mesi di follow-up dopo l’intervento educazionale è stata effettua-ta nuovamente l’analisi dei database degli sperimentatori, per evidenziare eventuali variazioni dell’aderenza terapeutica e del controllo pressorio.L’obiettivo principale dello studio è stato solo parzialmente raggiunto poiché solo i pazienti con aderenza intermedia (PGT tra 40 e 79) sono aumentati dal 35,3% al 41,8% mentre i pazienti con bassa aderen-za sono rimasti pressoché stabili. Si è rile-vato un calo dei pazienti con alta aderenza, che però non erano stati sottoposti a inter-vento educazionale. Infine, per quanto riguarda il controllo pressorio si è riscontrato un aumento dei pazienti con valori pressori a target dal 76,9 al 81,8% tra la I e la II estrazione (Fig. 5).

Figura 2.

Percentuale dei pazienti con alta aderenza nei diversi gruppi di età.

Figura 3.

Percentuale di pazienti con alta aderenza all’interno dei gruppi creati in base al numero di contatti (a) e al numero di farmaci assunti (b).

41,0%

59,9% 56,8% 57,5%52,0%

47,1%

< 50 50-59 60-69 70-79 80-89 ≥ 90

50

5060

6070

10 1020

2030

3040

40

0 0

< 6 contatti Monoterapiada 6 contatti a 12 contatti

Politerapia 2> 12 contatti Politerapia 3 Politerapia 4

%

%

a b

Tabella i.

Motivazioni riportate dai pazienti per giustificare la scarsa aderenza.

Paura di effetti collaterali 28,8%

Comparsa di disturbi attribuiti alla terapia ipotensiva 34%

Schema posologico complesso 9,6%

Assunzione contemporanea di troppi farmaci 25,3%

Terapia ritenuta non indispensabile 17,9%

Costo della terapia non sostenibile 0%

Difficoltà pratiche (difficoltà di accesso alla prescrizione, difficoltà di accesso alla farmacia, ecc.) 5,6%

Altro (specificare) 11,7%

Studio Siponto R. Sammarco

10 Rivista Società Italiana di Medicina Generale

Conclusioni

L’aderenza è uno dei fattori determinanti del controllo pressorio ed è stato dimostrato essere collegata agli eventi CV e dunque alle ospedalizzazioni e ai costi sanitari 5 6. Gli elementi che determinano l’aderenza sono imputabili ai pazienti ma anche ai medici che li hanno in cura. Lo studio SIPONTO,

svoltosi in un setting di Medicina Generale, ci ha fornito dati incoraggianti rispetto alla percentuale dei pazienti con pressione con-trollata, risultata del 77% e sostanzialmente in linea con i dati di pratica clinica nazionali provenienti dal database Health Search che indicano una percentuale di pazienti “non a target” del 21% nel 2011 9.La percentuale di aderenza intermedia (PGT compreso tra 40 e 79) è risultata aumenta-ta nella valutazione compiuta dopo l’inter-vento educazionale, non è stato possibile dimostrare invece un simile effetto sulla percentuale di bassa aderenza (PGT < 40). I soggetti con alta aderenza, non coinvolti in alcun intervento educazionale, sono invece diminuiti nel corso dei 6 mesi dello studio. Questo fenomeno, per quanto singolare, è spiegabile considerando il problema della persistenza terapeutica; la letteratura ci dice infatti che i pazienti ipertesi, anche se inizialmente aderenti, abbandonano le tera-pie nel 43% dei casi nel corso di un anno 3. Quindi, possiamo riassumere che l’obiet-tivo dello studio è stato solo parzialmente

raggiunto; l’intervento proposto è servito a fare in modo che i pazienti con aderenza già mediocre non peggiorassero ulteriormente la propria adesione alle cure, non è stato però sufficientemente incisivo a spronare quelli con bassa aderenza. Inoltre sarebbe probabilmente stato utile anche ai pazienti altamente aderenti che sappiamo, e abbia-mo visto essere, comunque a rischio per-sistenza.Questo studio ha evidenziato la difficoltà, da parte dei medici di medicina generale, a effettuare interventi terapeutici “eccezio-nali” rispetto alla normale attività clinica; e come spesso gli aspetti organizzativi del setting siano fondamentali per poter segui-re il paziente nel suo cammino verso una buona aderenza terapeutica. Gli impegni professionali e i carichi di lavoro sempre più gravosi imposti, negli ultimi anni, ai medici di medicina generale determinano la necessità di personale di segreteria e infer-mieristico che possa funzionare da filtro e, quando adeguatamente formato, essere il primo interlocutore di tutti i pazienti nel fornire informazioni di base sull’importanza dell’aderenza terapeutica. In conclusione, nonostante tutte le limita-zioni imposte da un contesto “non speri-mentale” e dall’assenza di un gruppo di controllo, questo studio ci ha permesso di intravedere come un intervento educa-zionale mirato possa migliorare l’aderenza alla terapia e aumentare quindi la possibi-lità dei pazienti di raggiungere il controllo pressorio. Per rendere efficace e fattibile tale intervento in tutte le realtà della medi-cina generale sono però indispensabili la presenza e il coinvolgimento di diverse figure professionali a supporto del lavoro del medico.

Ringraziamenti

Ringrazio con stima i colleghi di Manfredonia che hanno partecipato alla ricerca: Libero Scarano, Nicola Roberto Beverelli, Pasquale Claudio Barbato, Ciro Schiavone, Giuseppe Grasso, Antonio Accarrino, Antonio Castriotta, Bartolomeo Guerra, Pasquale Rinaldi, Giovanni Prencipe, Michele Santoro, Giuseppe Di Candia e Gaetano Trotta. Si ringrazia anche i colleghi: Gaetano Giorgio D’Ambrosio e Mario Domenico Dell’Orco, per l’elaborazione dei dati.

Figura 4.

Percentuale dei pazienti con alta aderenza all’interno dei gruppi creati in base alla classe farmacologica assunta.

Figura 5.

Percentuale dei pazienti a target nelle due rilevazioni.

50

60

10

20

30

40

0Alfa-bloccanti Diuretici Beta-bloccanti Calcio-

antagonistiACe-inibitori Sartani

%

51,7%

32,6%

47,0% 44,8%50,8%

56,4%

Tabella ii .

Interventi messi in atto dai medici in base alle esigenze dei singoli pazienti.

Intervento educazionale (benefici della terapia, complicanze dell’ipertensione) 63,3%

Modifica dello schema posologico 24,8%

Modifica della posologia 23,5%

Sostituzione di uno o più farmaci 16,1%

Coinvolgimento dei familiari 10,4%

76,90%

I estrazione II estrazione

81,80%

Pazienti a target

Studio SipontoStudio Siponto

11Rivista Società Italiana di Medicina Generale

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pressure to prevent myocardial infarction and stroke: a new preventive strategy. Health Technol Assess 2003;7:1-94.

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Obes

ità in

ado

lesc

enza

Rischi dell’attività sportiva fra gli adolescenti obesi

Francesco Lemma1, Natale Sigismondi2, Beatrice Messini31 Medico abilitato alla Medicina Generale; 2 Medico di Medicina Generale;

3 Dirigente Medico 1° livello, U.O. Pediatria Foligno e Responsabile Servizio Endocrinologia Pediatrica

12 Rivista Società Italiana di Medicina Generale n.4>>> 2013

è del 56%. Fra le femmine le prevalenze sono: 35, 42 e 39% 3. Negli Stati Uniti le visite effettuate nelle Emergency Rooms per traumi riconducibili a incidenti sportivi o ad attività ricreative sono circa 2,5 milioni per anno e rappre-sentano il 23% del totale di tutte le visite per trauma nei soggetti al di sotto dei 19 anni. Il sesso maschile, l’età compresa tra i 6 e i 18 anni, l’appartenenza alla razza bianca sono associati a un maggiore rischio di trauma sportivo 4.L’eccesso ponderale ha una grande influen-za sulla possibilità di incorrere in traumi fra i bambini e gli adolescenti 5; inoltre tra i traumatizzati l’essere sovrappeso si tradu-ce in ricoveri prolungati e incremento delle complicanze durante la degenza rispetto ai soggetti che hanno un peso normale 6-8. Tuttavia non è stata osservata un’associa-zione fra obesità e severità del trauma 5.Un’importante differenza fra obesi e non obesi sta nelle conseguenze che i traumi producono.I pazienti obesi presentano più frequente-mente traumi degli arti inferiori e nello spe-cifico si verificano più stiramenti muscolari e danni ai legamenti.Un’altra interessante evidenza è che que-sti stessi soggetti hanno un rischio minore di incorrere in traumi del capo, del volto e intraddominali 9 10. Una ricerca condotta nei Paesi Bassi presso i medici di famiglia e pubblicata nel 2009

Epidemiologia e fisiopatologiaLo studio retrospettivo che abbiamo con-dotto è volto a mettere in luce il fatto che il peso eccessivo in età adolescenziale può rappresentare un fattore di rischio per trau-ma durante l’attività fisica scolastica, al fine d’imporre un’attenta valutazione sulla tipo-logia di esercizi che questi pazienti dovreb-bero eseguire data la loro condizione.Gli adolescenti rappresentano il 15,4% della popolazione che si reca presso le Emergency Rooms (Pronto Soccorso) statunitensi e sono il 15,8% delle visite effettuate 1.Secondo il National Center for Injury Prevention and Control (www.cdc.gov/inju-ry), nel 2009 il 36,7% dei decessi fra ado-lescenti compresi tra i 12 e i 17 anni è stato causato da un trauma non intenzionale; di questi la metà è avvenuto in seguito a trau-ma della strada. Per quanto riguarda i trau-mi non fatali, dai dati aggiornati al 2010, emerge che il 19,8% degli adolescenti tra i 12 e i 17 anni che si era recato in Emergency Room, lo aveva fatto per cadute non intenzionali e il 14,6% per traumi legati all’eccessivo sforzo fisico. La prima causa (24,8%) è rappresentata dai colpi subiti 2.Lo studio HBSC ha valutato la prevalen-za dei traumi adolescenziali in Europa tra il 2009 e il 2010. Nello studio si fa riferi-mento a quanti pazienti di 11, 13 e 15 anni hanno avuto bisogno di almeno una visita medica per trauma. In Italia la prevalenza fra i maschi di 11 anni è del 52%, fra quelli di 13 anni è del 54% e fra quelli di 15 anni

ha dato risultati interessanti. Sono stati intervistati 2.459 soggetti fra i 2 e i 17 anni che sono stati poi suddivisi in due sotto-gruppi di età: 2-11 e 12-17.Rispetto ai non obesi, i pazienti in sovrap-peso e obesi avevano più problemi agli arti inferiori, soprattutto alle caviglie e ai piedi. Inoltre il sottogruppo tra i 12 e i 17 anni con eccesso ponderale aveva effettuato un maggior numero di visite ambulatoriali per patologie muscolo-scheletriche 11.L’obesità induce inoltre delle modificazioni patologiche dello scheletro come lo scivo-lamento dell’epifisi della testa del femore, la tibia vara dell’adolescente (malattia di Blount), il cattivo allineamento metafisi-diafisi e l’incremento dell’angolo di valgi-smo tibio-femorale. Tutto ciò si traduce in un aumento delle sofferenze osteoarticolari soprattutto alle ginocchia e alle caviglie.Le fratture sono 4,5 volte più frequenti fra gli obesi. Infatti l’aumento della mineralizza-zione delle ossa negli obesi non è sufficien-te a compensare l’incremento delle forze che si esercitano sugli arti in occasione di una caduta 12 13.Un altro aspetto interessante riguarda la locomozione: i bambini e gli adolescenti in sovrappeso presentano un’andatura tipica-mente più lenta e incerta con sovraccarico delle anche, delle ginocchia, delle caviglie e dei piedi 14.Nella popolazione pediatrica obesa si ha un maggiore appiattimento dell’arco plan-tare e una sua minore rigidità. In più, la

Obesità in adolescenzaRischi dell’attività sportiva fra gli adolescenti obesi

13Rivista Società Italiana di Medicina Generale

dorsiflessione attiva della caviglia a ginoc-chia flesse a 90° è significativamente ridotta; questa condizione può aumentare il rischio di contatto fra i piedi durante il cammino per un prolungamento della fase di appoggio del passo 15. Sono stati condotti pochi studi sul rapporto tra obe-sità adolescenziale e aumento del rischio di trauma durante l’attività sportiva. La maggior parte di essi sono pubblicazioni statunitensi che prendono come campione atleti di football americano.Non tutti concordano sul fatto che l’indice di massa corporea (BMI) eccessivo rappre-senti un fattore di rischio per trauma 16-18, ma quelli più recenti hanno messo in evi-denza come i ragazzi obesi abbiano il dop-pio delle probabilità di subire un infortunio sportivo rispetto ai soggetti normopeso 19 20.

Materiali e metodiQuesto è uno studio epidemiologico per coorte retrospettivo che ha preso in esame gli accessi in Pronto Soccorso per causa traumatica negli adolescenti di età compre-sa tra i 12 e i 17 anni nel periodo tra il 1° gennaio 2008 e il 31 marzo 2011. L’evento produttore del trauma era da ricercare nelle attività sportive scolastiche.Nella costruzione del gruppo dei sogget-ti con eccesso ponderale, sono stati presi in considerazione tutti gli adolescenti che, nel periodo indicato, avevano avuto accesso almeno una volta all’ambulatorio dedicato al trattamento dell’obesità dell’u-nità di degenza pediatrica dell’ospedale S. Giovanni Battista di Foligno, e che ave-vano ricevuto la diagnosi di sovrappeso, ossia un BMI compreso tra l’85° e il 94° percentile, o di obesità, ossia un BMI supe-riore al 95° percentile, secondo le tabelle internazionali elaborate dall’International Obesity Task Force 21. Il gruppo dei soggetti senza eccesso ponderale è stato realizzato accedendo alla banca dati dei pazienti del dottor Natale Sigismondi, medico di medi-cina generale che svolge la propria attività presso la ASL 3 della Regione Umbria nel distretto di Foligno. Sono stati selezionati gli adolescenti tra i 12 e i 17 anni che tra il 2008 e il 2011 erano stati valutati clinica-mente dal dottore e che presentavano un BMI inferiore all’85° percentile, ma supe-

riore al 5° percentile; condizione che defini-remo “normopeso”.Pertanto la popolazione presa in considera-zione, e che è esposta al fattore di rischio “sovrappeso/obesità”, è prevalentemente quella che risiede nel territorio di pertinenza della ASL 3 dell’ Umbria; si deve altresì con-siderare la possibilità che presso l’ambula-torio per il trattamento delle obesità siano giunti pazienti da comuni limitrofi a quello di Foligno, ma tale popolazione è comunque perfettamente assimilabile a quella residen-te a Foligno per ciò che riguarda l’ambiente, lo stile di vita e le abitudini alimentari.È stata quindi effettuata un’analisi delle car-telle cliniche realizzate in Pronto Soccorso e sono state messe in evidenza quelle che riportavano in dimissione una diagnosi di trauma la cui eziopatogenesi era legata ad attività sportive in ambito scolastico. Le strutture ospedaliere di riferimento per lo studio delle cartelle cliniche sono state gli ambulatori del Pronto Soccorso dell’Ospedale S. Giovanni Battista di Foligno e quelli dell’O-spedale di Assisi, facente parte della ASL n. 2. L’analisi delle cartelle cliniche è stata com-piuta utilizzando i programmi di archiviazione elettronica ospedaliera che forniscono infor-mazioni sugli accessi avvenuti nel compren-sorio di tutte e due le ASL umbre.

RisultatiSono state controllate complessivamente 111 cartelle cliniche di cui 51 appartenenti al gruppo dei soggetti con peso superiore all’85° percentile e 60 a quello dei pazienti definiti normopeso.I valori qui di seguito riportati si riferiscono al primo controllo effettuato sui pazienti nel periodo di riferimento 1° gennaio 2008-31 marzo 2011. Pertanto alcuni di essi aveva-no già una diagnosi di alto peso corporeo antecedente.Fra i soggetti sovrappeso/obesi l’età media alla prima visita era di 13 anni e 4 mesi con un minimo di 12 anni e un massimo di 16 anni e 7 mesi (mediana 12 anni e 11 mesi). L’altezza media era di 1,58 m (deviazione standard ± 0,079). Il peso medio era di 73,52 kg (DS ± 16,5). Il BMI medio risulta-va essere quindi di 28,86 kg/m2 (DS ±4,31) (Tab. I). I soggetti di sesso maschile erano 26. L’età

media era di 13 anni. L’altezza media era di 1,6 m (DS ±0,09). Il peso medio pari a 76,74 kg (DS ±17,22) con un BMI medio di 29,57 kg/m2 (DS ±3,96).I soggetti di sesso femminile erano 25. L’età media era di 13 anni e 8 mesi. L’altezza media era di 1,57 m (DS ± 0,065). Il peso medio pari a 70,18 kg (DS ± 15,35) con un BMI medio di 28,11 kg/m2 (DS ± 4,61).(Tab. II).Nel periodo di riferimento abbiamo avuto 10 pazienti che hanno effettuato un acces-so al Pronto Soccorso per trauma da attività fisica durante le ore di educazione fisica a scuola. Se invece consideriamo anche l’attività sportiva extrascolastica il numero totale di pazienti era 12.Tra i 60 soggetti normopeso abbiamo avuto 2 pazienti includibili nei criteri di selezione. In totale 7 se si considera anche l’attività extrascolastica (Tab. III).L’incidenza dei traumi da attività fisica a scuola fra i pazienti in sovrappeso o obesi è il 15,6%, mentre l’incidenza fra i normo-peso è il 3,3%.Il rischio relativo è: 4,705 (95% IC 1,04-21,17).Questo significa che i “sovrappeso/obesi” hanno un rischio quasi cinque volte mag-giore di subire un infortunio durante le ore di educazione fisica rispetto ai coetanei “normopeso”. Tale risultato è statisticamente significativo.Se consideriamo la globalità degli even-ti traumatici che abbiamo individuato fra i 111 pazienti selezionati, vediamo che, dei 19 casi di trauma, ben 10 (52,6%) sono avvenuti durante le ore scolastiche di edu-cazione fisica, 6 durante le partite di calcio (tutti maschi), 1 da caduta in bicicletta e 2 in concomitanza di attività sportive non pre-cisate.Inoltre dei 6 casi di trauma riportati duran-te le partite di calcio, solo 1 apparteneva al gruppo “sovrappeso-obesi”.

Tabella i.

Media

età 13 anni e 4 mesi

Peso 73,52 kg ± 16,5

Altezza 1,58 m ± 0,079

BMI 28,86 kg/m2 ± 4,31

Obesità in adolescenza F. Lemma et al.

14 Rivista Società Italiana di Medicina Generale

DiscussioneQuesti dati, al netto della limitatezza del cam-pione, possono essere interpretati in diversi modi. Attività fisica scolastica non idonea: lo sport praticato durante le ore di educa-zione fisica potrebbe non essere mirato alle problematiche della popolazione obesa, ma standardizzato e applicato indistintamente a tutta la popolazione scolastica.La scuola è l’unica sede dove si pratica sport: gli adolescenti potrebbero pratica-re poca attività sportiva extrascolastica e questo spiegherebbe perché più della metà degli incidenti si sono realizzati a scuola.Gli obesi vengono esclusi dalle società sportive: la bassa autostima, l’incapacità a ottenere risultati soddisfacenti in breve tempo, l’inadeguatezza a ricoprire i ruoli assegnati dall’allenatore, potrebbero spin-gere i ragazzi in sovrappeso ad abbando-nare precocemente le società sportive e a rinunciare a intraprendere altre esperienze. Il calcio, sport diffuso e amato in Italia e spesso eccessivamente competitivo anche a livelli amatoriali, potrebbe celare proprio questa problematica. Questo spiegherebbe perché, in 5 casi su 6, i pazienti infortunati durante le partite di calcio appartenevano al gruppo dei normopeso. Queste affermazioni sono comunque in

linea con quanto già espresso da altri autori.Si auspica pertanto che vengano intrapresi ulteriori studi che riguardino il rapporto tra traumatismo durante l’attività sportiva ed eccesso ponderale infantile e adolescen-ziale, allo scopo di sviluppare metodiche di allenamento che possano adattarsi a dei soggetti che, sebbene idonei a condi-videre le esperienze sportive con i coetanei, necessitano di maggiore attenzione per la loro peculiare condizione fisica.

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Tabella ii .

Media maschi Media femmine

età 13 anni 13 anni e 8 mesi

Peso 76,74 kg ± 17,22 70,18 kg ± 15,35

Altezza 1,6 m ± 0,09 1,57 m ± 0,065

BMI 29,57 kg/m2 ± 3,96 28,11 kg/m2 ± 4,61

Tabella ii i .

Trauma educazione fisica

Non traumi o traumi extrascolastici Totale

Obesi 8 43 51

Non Obesi 2 58 60

Totale 10 101 111

Derm

atite

iatr

ogen

a

Un sospetto caso di dermatite iatrogena

Giovanni Grassini1, Giacomo Casale2, Francesca Pallavicino3, Alberto Grassini4 1 Medico di Medicina Generale, SIMG, Scuola Piemontese di Medicina Generale, Asti; 2 Medico di Medicina Generale, Asti (Attestato di Formazione specifica in Medicina Generale); 3 Alba (III Anno del Corso di Formazione in Medicina Generale); 4 Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, Asti

15Rivista Società Italiana di Medicina Generalen.4>>> 2013

lazione temporale la lesione si presentava troppo localizzata per un’attribuzione certa alla terapia antiaritmica con dronedarone. Nel sospetto di una micosi, lo specialista dermatologo prescrisse terapia topica con econazolo (senza risultato a distanza di 30 giorni).Ad un secondo controllo il dermatologo ipo-tizzò una lesione eczematosa o una tinea corporis con eczematizzazione secondaria da farmaco topico. Per evitare una terapia antimicotica sistemica, date le possibili interazioni farmacologiche degli imidazolici e della terbinafina col dronedarone, lo spe-cialista consigliò medicazione con eosina 2% e antimicotici locali.Al successivo controllo l’eczema in sede di pregressa lesione appariva migliora-to ma esteso anche in sedi prima indenni dalla dermatite. Dopo un ulteriore tentativo terapeutico specialistico ex adjuvantibus con cortisonici locali e per os, senza alcun significativo miglioramento, la dermatite mostrava lesioni eritemato-squamo-crosto-se a livello degli arti superiori. Fu possibile documentare la presenza di lesioni più rade e meglio delimitate, circolari e squamo-crostose agli arti inferiori; vennero pertan-to consigliati accertamenti ematochimici e biopsia delle lesioni cutanee. Gli esami ematici prescritti dal dermatologo risultaro-no negativi per connettivopatie autoimmuni o altre patologie correlate mentre l’esame istologico orientava verso una dermatite fototossica verosimilmente iatrogena.

Di fronte a una lesione cutanea il medico di medicina generale (MMG) deve talvolta considerare la possibile interazione far-macologica tra una molecola di recente commercializzazione e una dermatite. Presentiamo un caso emblematico.

Storia clinicaMaschio di 83 anni, cardiopatia ipertensi-va, pregressa emorroidectomia; non ha mai lamentato problemi dermatologici significa-tivi. Nel 1995 primo episodio di fibrillazione atriale (FA) trattato con cardioversione (CVE); nel 2003 recidiva e risposta favorevole alla terapia con propafenone 325 mg  x  2/die; nel 2006 recidiva di FA e, dopo un’ulterio-re CVE, sostituzione del propafenone con amiodarone. Asintomatico sino al febbraio 2011 quando, a seguito di visita oculistica periodica, fu fatta diagnosi di cornea ver-ticillata da depositi di amiodarone interfe-renti con il forame pupillare e conseguente limitazione del visus (senza altre alterazioni regmatogene). Il paziente nega altri effetti avversi correlabili all’amiodarone.Il cardiologo, non riscontrando controin-dicazioni all’esame obiettivo e all’ECG, sostituì l’amiodarone con il dronedarone 400 mg x 2/die.Circa 10 giorni dopo l’inizio della tera-pia con dronedarone, il paziente iniziò a lamentare una dermatite pruriginosa a livello dell’avambraccio sinistro (lesione eritemato-desquamativa in parte essudan-te, simil-moniliforme). Nonostante la corre-

Sulla base di questi esami, lo specialista cardiologo sospese il dronedarone e, dati i problemi riscontrati a livello oculare per l’assunzione precedente di amiodarone, impostò terapia antiaritmica con sotalolo 40 mg x 3/die che si è dimostrò efficace. Sospeso il dronedarone le lesioni cutanee lentamente e progressivamente si attenua-no fino a scomparire. Tuttavia, dopo la riso-luzione della dermatite vescico-nodulare, il paziente continuò a lamentare una der-matite eritematosa intensamente prurigino-sa su pelle particolarmente secca e tipica del paziente anziano in cui la componente ghiandolare sebacea progressivamente si riduce. I dermatologi prescrissero creme idratanti e cortisoniche, in aggiunta ad anti-staminici orali a dosi piene.Inizialmente i risultati furono modesti ma il quadro si risolse del tutto a distanza di circa sei mesi dalla sospensione del dronedarone.

Discussione

Terapia per il mantenimento del ritmo

I farmaci per il controllo del ritmo cardia-co attualmente sul mercato (antiaritmici di classe Ia, Ic e III) hanno un’efficacia varia-bile e possibili effetti collaterali con conse-guenti limitazioni di sicurezza. L’amiodarone è considerato il farmaco con la maggior efficacia nel mantenimento del ritmo sinu-sale. Tra i suoi possibili effetti avversi molto frequente è la cheratopatia da accumulo di

Dermatite iatrogena G. Grassini et al.

16 Rivista Società Italiana di Medicina Generale

inclusioni lisosomali e depositi corneali, la cosiddetta cornea verticillata, che colpisce la quasi totalità dei pazienti in trattamento, nella maggioranza dei casi in forma asin-tomatica.Il dronedarone (Multaq, Sanofi Aventis) è un derivato dell’amiodarone, immesso nel 2011 sul mercato farmaceutico italiano, approvato dalla FDA per ridurre gli eventi cardiovascolari in pazienti con FA o flutter atriale. L’alterazione della struttura chimi-ca del dronedarone è stata introdotta per accorciare l’emivita, diminuire la lipofilicità e minimizzare la tossicità non cardiovasco-lare rispetto all’amiodarone. Dai risultati di diversi trial clinici, si evince che il drone-darone è efficace nel ridurre l’incidenza di ricorrenze di FA, sebbene in misura inferiore rispetto all’amiodarone. Le reazioni avverse più frequentemente osservate sono diarrea, nausea e vomito, stanchezza e astenia. Sono state anche segnalate, seppur con frequenza minore, reazioni a livello della cute e del sottocutaneo, in particolare rash cutanei (generalizzato, maculare, maculo-papulare); meno comuni sono stati eritemi, eczema, fotosensibilizzazione e dermatiti allergiche.

Reazioni fototossiche indotte da farmaci

Farmaci per via orale e topica possono scatenare reazioni di fotosensibilizzazione

cutanea qualora la pelle venga esposta a radiazioni ultraviolette. Fotoallergia e foto-tossicità possono verificarsi in pazienti sensibili nel caso le radiazioni ultraviolet-te interagiscano con sostanze chimiche presenti in sufficiente quantità nella cute. La fotosensibilizzazione farmaco-indotta costituisce una parte delle eruzioni cutanee iatrogene sebbene l’incidenza attuale non sia nota.Le reazioni di fotosensibilizzazione pos-sono essere suddivise in fotoallergia e fototossicità. Sebbene molti farmaci, in particolare antibiotici e antimalarici, pos-sano provocare entrambe le forme, tra le eziologie esistono non poche differenze (Tabb. I-III). Le reazioni fotoallergiche sono immunologicamente mediate, richiedono una precedente sensibilizzazione e clinica-mente hanno l’aspetto di dermatiti allergi-che da contatto; le reazioni fototossiche, invece, non richiedono una precedente sensibilizzazione e, all’esame obiettivo, mimano un’esagerata esposizione solare e si risolvono in un periodo temporale molto minore delle forme fotoallergiche.Tre passaggi sono necessari per il verificarsi di una reazione fototossica: il farmaco o una sua parte attiva deve raggiungere le cellule cutanee, una luce di appropriata lunghezza d’onda deve penetrare la pelle, l’energia deve essere assorbita.Clinicamente, le reazioni fototossiche

somigliano alla risposta della pelle a un’e-sagerata esposizione solare, dopo minuti o ore compare edema ed eritema; questi sintomi possono evolvere sfavorevolmen-te con vescicolazione e desquamazione. Molti pazienti lamentano dolore e senso di bruciore. Anche l’iperpigmentazione cuta-nea è piuttosto comune, può risultare da un’eccessiva proliferazione e migrazione di

Tabella i.

Reazioni da fotosensibilizzazione cutanea.

Fotosensibilità cutanea

1) Fotodermatite idiopatica

1) Dermatite polimorfa solare

2) Orticaria solare

3) Dermatite attinica cronica

2) Fotodermatite esogena

1) FototossicaÈ una forma molto più frequente di quella fotoallergica; può manifestar-si in ogni persona che abbia assunto una dose sufficiente di farmaci e di radiazioni luminose

2) Fotoallergica

Necessita di una precedente sensibilizzazione (tipo 4° msec. Gell e Coombs; si manifesta esclusivamente in soggetti predisposti (atopici). Il farmaco (od anche solo una parte della molecola) viene coniugato sotto l’azione della luce con una proteina che funge da vettore per formare un nuovo antigene che, a livello delle cellule del Langherhans, attiva i lin-fociti T che, in presenza di una nuova esposizione all’antigene, liberano citochine ed innescano una reazione infiammatoria

3) Fotodermatite endogena

Si associa ad alterazioni endogene metaboliche come la pellagra (carenza di vitamine del gruppo C ed in particolare niacina e/o triptofano) oppure le porfirie

Caratteristiche delle reazioni fototossi-che farmaco-indotte:• più comuni rispetto alle reazioni foto-

allergiche• richiedono una maggiore esposizione

alla sostanza• dose-dipendenti• si verificano minuti/ore dopo l’esposi-

zione al sole• non richiedono precedente sensibiliz-

zazione• clinicamente mimano un’esagerata

esposizione al sole• si risolvono in tempo più brevi delle

forme foto allergiche (se non compli-cate entro 48-72 ore)

• insorgono nella sede di contatto e si ripetono ad ogni esposizione

• all’esame istologico, si osservano necrosi cutanea e edema del derma

• non sono immunologicamente mediate• non sono necessariamente provocate

da cross-reazione tra farmaci

Box 1

Dermatite iatrogenaUn sospetto caso di dermatite iatrogena

17Rivista Società Italiana di Medicina Generale

Tabella ii .

Diagnosi differenziale DIC/DAC.

Dermatite allergica Dermatite irritativa

Predisposizione Sì (prevalentemente soggetto atopico) No

Incidenza statistica Bassa Alta

Dose dipendente No Sì

Dose attiva per indurre la lesione Minima Significativa

SintomiÈ necessaria una esposizione precedente per la sensibilizzazione (spesso misconosciuta e documentabile con una attenta anamnesi)

Già alla prima esposizione

Tempo di insorgenza Minuti/Ore Ore/Giorni

Tempo di guarigione Lento (anche con la sospensione della esposizione) Rapido (con la sospensione dell’esposizione)

Manifestazioni cliniche Inizialmente locali poi, con il progredire degli episodi, anche sistemica Sempre localizzata alla superficie di contatto

Pigmentazioni cutanee Occasionali Frequenti

Tabella ii i .

Fotosensibilità.

Fotoallergia Fototossicità Spettro d’azione(UV = ultravioletti)

Meccanismo d’azione

ORALE TOPICOAmantadina Sì UVA Sì

Aciclovir Sì UVA Sì Sì

Benzocaina Sì UVA Sì

Benzoil Perossido Sì UVB Sì

Celecoxib Sì UVA Sì

Chinidina Sì Sì UVA Sì

Chinino Sì Sì UVA Sì

Ciprofloxacina Sì UVA Sì

Coal Tar Sì UVA Sì

Dibucaina Sì UVA Sì

Fenotiazine(ad es.Clorpromazina) Sì

Idroclorochina Sì Sì UVB Sì

Idroclorotiazide Sì Sì UVA Sì

Idrocortisone Sì Sì UVA Sì

Ketoprofene Sì Sì UVA Sì Sì

Levofloxacina Sì UVA Sì

Lomefloxacina Sì UVA/UVB Sì

Naprossene Sì UVA Sì

Piroxicam Sì

Porfirine Sì UVB +Visibile Sì

Ranitidina Sì UVA Sì

Salicilati Sì Sì (solo UVA) UVA + UVB Sì

Solfoniluree Sì Sì UVA Sì

Tetracicline Sì UVA Sì

Tretionina Sì UVA/UVB Sì

Dermatite iatrogena G. Grassini et al.

18 Rivista Società Italiana di Medicina Generale

melanociti come nel caso dello psoralene oppure per il deposito del farmaco a livello della cute (ad es. amiodarone, clorpromazi-na, desipramina e argento).

Il sospetto di fotoallergia o fototossicità farmaco-indotta può generalmente esse-re fatta combinando una storia di utiliz-zo di farmaci fotosensibilizzanti con una

eruzione cutanea insorta dopo esposizio-ne solare. Dal momento che alcuni far-maci possono indurre sia fotoallergia che fototossicità, spesso si rende necessario ricorrere al fotopatch test per distinguere fra le due forme. Anche la biopsia cuta-nea può contribuire alla conferma della diagnosi.

ConclusioniNel caso clinico giunto alla nostra osser-vazione la terapia con dronedarone si era dimostrata sicuramente efficace nel con-trollo del ritmo cardiaco.La breve emivita del farmaco (30 ore, dichiarate in bibliografia) non sembrerebbe correlare con la lunga durata della manife-stazione cutanea, più verosimile per altre molecole della stessa classe farmacologi-ca a più lunga emivita come l’amiodarone (emivita tra i 20 e i 100 giorni).La lunga persistenza della sintomatologia cutanea potrebbe essere correlata ad una alterata funzione del sistema microsomia-le epatico che metabolizza il dronedarone (CYP3A4) anche se non abbiamo i mezzi per documentarlo.La dermatite del nostro paziente, nell’ipote-si in cui si tratti di reazione di fotosensibiliz-zazione, è classificabile come fototossicità dal momento che per manifestarsi non ha richiesto una precedente sensibilizzazione ed, all’esame istopatologico, a livello epi-dermico è stata osservata necrosi e non la spongiosi tipica delle reazioni fotoaller-giche. La nostra ipotesi è suffragata anche dal fatto che gli antiaritmici sono classifi-cati fra i farmaci potenzialmente fototossici. Non è da escludere che il dronedarone, per scatenare la manifestazione cutanea, abbia cross-reagito con uno degli altri farmaci assunti dal paziente e questa particolarità potrebbe anche essere una delle cause che ha indotto il lungo periodo per la restitutio ad integrum delle lesioni dermatologiche.La diagnosi dell’evento osservato sembre-rebbe suffragata dalla coincidenza tempo-rale nell’insorgenza e dalla lenta guarigione in seguito alla sospensione del farmaco. In questo caso, la lunga emivita del droneda-rone (anche se minore di quella dell’amio-darone) potrebbe aver influito sui tempi di recupero.

Figura 1.

Arto superiore nella fase iniziale della dermatite.

Figura 2.

Arto inferiore nella fase terminale ripartiva delle lesioni, dopo circa 3 mesi dall’insorgenza dei primi sintomi.

Dermatite iatrogenaUn sospetto caso di dermatite iatrogena

19Rivista Società Italiana di Medicina Generale

Nel rispetto della Legge, è stata compila-ta e inviata la scheda di segnalazione di sospetta reazione avversa (http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/modalità-di-segnalazione-delle-sospette-reazioni-avverse-ai-medicinali).Ricordando che non è corretto sul piano deontologico né etico fare una nuova prova di somministrazione per vedere se la derma-tite si ripete, e che non abbiamo mezzi dia-gnostici sofisticati a nostra disposizione, non possiamo fare altro che trarre alcune consi-derazioni di tipo puramente osservazionale:1. non è possibile escludere che il farmaco

possa aver agito da solo oppure in asso-ciazione con altre molecole innescando la dermatite ma resta il fatto che le lesio-ni si sono risolte con la sospensione del dronedarone in circa 3 settimane;

2. la biopsia cutanea evidenzia aspetti istologici tipici delle forme fototossiche (questo però non concorda con il lungo processo riparativo delle lesioni);

3. la persistenza, per alcuni mesi dopo

la sospensione, di una dermatite con caratteristiche differenti è suggestiva (ma non è stato possibile dimostrar-lo) per una polisensibilizzazione in un soggetto atopico in cui il dronedarone sia stato solo uno degli agenti pato-geni o scatenanti la reazione;

4. la persistenza di una dermatite, per giun-ta solo agli arti superiori, anche nei mesi in cui viene meno l’esposizione solare (o per lo meno la cute risulta coperta dagli indumenti), induce qualche dubbio sulla diagnosi del dermatologo che aveva individuato una componente fototossi-ca che, a nostro parere, può aver agito solo come meccanismo coadiuvante ed eventualmente innescante;

5. non riteniamo la diagnosi conclusiva. Resta il fatto che il paziente è attual-mente asintomatico ma permane tutto-ra sotto sorveglianza (sia da parte del MMG che dello specialista) per tentare di dirimere la/le cause alla base della sua patologia dermatologica.

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Prob

lem

i etic

i

Studio pilota sui problemi etici emergenti fra i medici di medicina generale in Italia

Roberto Piccinocchi2, Vittoradolfo Tambone2, Gaetano Piccinocchi1, Massimiliano Andrea Vitali2

1 SIMG Napoli; 2 Università Campus Bio-Medico Roma

Rivista Società Italiana di Medicina Generale n.4>>> 201320

razione e collegamento tra il mondo uni-versitario e la Società Italiana di Medicina Generale (SIMG).

Materiali e metodi È stato sviluppato un questionario carta-ceo volto a conoscere se esistano e come vengano percepite le problematiche etico/bioetiche nella professione del MMG, pro-vando a misurare quali siano connesse a questa professione sia in modo qualitativo sia in modo quantitativo e a comprendere quali modalità formative per questa catego-ria professionale assolvano maggiormente l’eventuale bisogno formativo della popola-zione esaminata. Il questionario, composto da 18 domande, cerca di esplorare le caratteristiche della popolazione intervistata (anno di Laurea, specializzazioni, numero di anni di attività come MMG), le caratteristiche del territorio in cui lavora l’intervistato (regione, provin-cia, distanza da ospedali/hospice, quantità di assistiti), le modalità di lavoro dell’inter-vistato (individuale, in équipe, in associazio-ne), la percezione da parte dell’intervistato di problematiche etiche/bioetiche (e le prin-cipali, eventuali difficoltà ad affrontarle) e infine l’ambito della formazione (ricevuta e desiderata). Il questionario è stato sottoposto, in forma anonima, ai partecipanti del 32° Congresso Nazionale della SIMG, tenutosi a Firenze nel novembre del 2011. Sono stati compilati 382 questionari e i dati

Introduzione - background Il medico di medicina generale (MMG), per la natura della sua professione si trova di fronte a problematiche etiche e bioetiche molto diverse, almeno in termini di appli-cazione, da quelle in cui si trovano i medi-ci ospedalieri, ma sino ad ora non sono disponibili evidenze che possano confer-mare questa ipotesi. Intuitivamente queste problematiche sembrano coinvolgere tutto il tessuto sociale e familiare e la medicina del territorio, all’interno di dinamiche che a volte rimangono ignorate e lontane anche dagli obiettivi didattici del sistema univer-sitario italiano. D’altra parte il MMG può, in quanto conoscitore dei suoi pazienti e dell’ambiente in cui vivono, essere coin-volto in problematiche che influiscono sulla salute della persona, intesa come completo benessere fisico, mentale e sociale, oltre che sull’emergere di un deciso riorietamen-to sul paziente della prassi e della ricerca clinica, che valorizzi entrambe le autono-mie, quella del paziente e quella del medi-co. Per questo ci è sembrato importante realizzare un’indagine conoscitiva su tutto il territorio nazionale inerente ai problemi etici emergenti tra i MMG: quello che presentia-mo è uno studio pilota volto a formulare e testare un questionario adeguato a tal fine. L’obiettivo di questo studio, e di quello che seguirà, è in primo luogo quello di racco-gliere dati oggettivi sufficienti per poter organizzare un piano formativo specifico che sarà un concreto ambito di collabo-

sono stati raccolti in una griglia di raccol-ta in Excel®. Per l’analisi statistica ci si è avvalsi del pacchetto statistico STATA 10®.

Risultati Il 74% della popolazione intervistata ha dichiarato di aver conseguito la laurea tra il 1975 e il 1984 e di avere più di vent’anni di esperienza nella medicina territoriale. Il 72% dei medici intervistati possiede una o più specializzazioni. Dei 359 rispondenti alla domanda sul numero di assistiti (94% degli intervistati totali), il 91% ha più di 1000 assistiti. Il 90% degli intervistati ha risposto alle domande riguardo ad ASL e distretto di appartenenza e i dati sono sintetizzati nella Figura 1 che mostra sulla mappa nazionale la distribuzione per regione di provenienza degli intervistati. Il 60% degli intervistati presta il suo servizio ad una distanza dall’ospedale più vicino infe-riore ai 5 km e molti di questi hanno anche un hospice/RSA nelle vicinanze. I medici che hanno risposto alla domanda “Sei l’unico medico nell’ambulatorio in cui lavori?” sono stati 370. Di questi 231 hanno dichiarato di non lavorare da soli. Tuttavia, alla domanda “Se hai risposto NO, lavori in associazione?” hanno dichiarato di lavorare in associazio-ne 250 intervistati, nonostante la domanda fosse rivolta solo ai 231 che avevano dichia-rato di non lavorare da soli. Nel 14% dei casi nell’associazione è presente un pediatra. Successivamente si chiedeva all’intervistato

Problemi eticiStudio pilota sui problemi etici emergenti fra i MMG in Italia

Rivista Società Italiana di Medicina Generale 21

se avesse mai dovuto affrontare dilemmi etici nello svolgimento della sua professione. Dei 363 intervistati che hanno risposto, il 73% ha risposto affermativamente e di questi il 60% ha poi dichiarato di aver avuto difficoltà nel risolverli. La domanda 14 sondava le possibili proble-matiche etiche connesse alla professione. Sono stati individuati 21 item differenti oltre alla possibilità di indicarne altri. Nell’85% dei casi è stata data almeno una risposta. Nel 14% dei questionari non c’è stata nes-

suna risposta. L’80% dei rispondenti ha indicato più temi di quelli richiesti disat-tendendo il limite di 5 dato dalla domanda stessa. In nessun caso è stato risposto alla domanda usando l’opzione “altro”. I dati delle risposte alla domanda sono rias-sunti, in ordine di frequenza, in Tabella I. Si è proceduto successivamente a verifi-care, laddove possibile, se l’ordine degli item indicati variasse in funzione delle altre variabili esplorate nel questionario. È risultato che, nella pratica medica, variabili

come la distanza dall’ospedale/hospice, il lavorare da soli o con altri colleghi, la pre-senza o meno di un pediatra non influiscono sulla percezione delle problematiche di tipo etico connesse alla professione in modo statisticamente significativo. Risulta molto interessante il fatto che ai primi tre posti i problemi etici percepiti risul-tano essere sempre, nell’ordine, i seguenti:• comunicazione di cattive notizie; • problemi familiari associati alle dipen-

denze (alcol, droghe, eccetera);• rapporto con i colleghi. Altrettanto interessante risulta che la “Comunicazione della prognosi infausta” non sia percepita come un problema rile-vante per la maggior parte del campione, nonostante la “Comunicazione di cattive notizie” sia stata espressa come problema attivo dal 50% degli intervistati. Le rispo-ste a questa domanda sono state poi stra-tificate per le altre variabili conoscitive: la variazione è di pochi punti percentuali nei 22 item e non statisticamente significativa. Dalle domande che sondavano l’aspetto della percezione del bisogno formativo è emerso che il 94% degli intervistati non ha sostenuto nell’arco del proprio “cur-sus studiorum” un corso di Etica Medica/Bioetica e di questi il 62% (211 intervistati) ha affermato di aver avuto modo di appro-fondire le tematiche etiche. Ciò nonostante in 315 hanno dichiarato di sentire la neces-sità di formazione per acquisire strumenti in quest’ambito. È stato quindi verificato se esistesse una relazione tra la difficol-tà a risolvere problemi etici e la necessità di dover acquisire strumenti formativi in quest’ambito. Questo è stato fatto utilizzan-do il test del c2 di Pearson, da cui è risul-tata una relazione statisticamente significa-tiva. (p < 0,05) In ultimo si è provato a indagare quale fosse la tipologia di strumenti formativi necessari secondo gli intervistati. I risultati sono ripor-tati in Figura 2.

Discussione e conclusioni Pensiamo che i risultati raccolti, studiati e qui presentati suggeriscano le seguenti riflessioni: 1. il fatto che, indipendentemente da altre

variabili, i tre principali problemi etici

Figura 1.

Distribuzione per regione di appartenenza.

Figura 2.

Modello formativo preferito per apprendere strumenti di risoluzione di problematiche etico/bioetiche.

0 50 100 150 200

Altro

Master

Corsi residenzali

Newsletter

Consulting on line

ECM

6

74

173

29

41

157

Problemi etici R. Piccinocchi et al.

Rivista Società Italiana di Medicina Generale22

riconosciuti come tali, e sempre nel medesimo ordine, siano la comunicazio-ne di cattive notizie, i problemi familiari associati alle dipendenze e il rapporto con i colleghi, è indice della rilevanza, spesso sottovalutata, della dimensio-ne relazionale nello svolgimento della professione del MMG. Mentre, infatti, i problemi legati alla comunicazione in letteratura rappresentano circa il 5% rispetto a quelli abitualmente conside-rati prioritari nel dibattito bioetico, quali aborto, fecondazione in vitro ed eutana-sia, dallo studio qui presentato emerge come questi siano prioritari nella perce-zione dei professionisti insieme a quelli derivanti dalla difficoltà nel relazionarsi con i problemi accessori a quelli stret-tamente sanitari, come ad esempio i

problemi familiari associati alle dipen-denze (alcool, droghe, ecc.). È da nota-re, inoltre, che i primi tre problemi etici segnalati centrano problematiche sia di relazionalità verticale (risposta 1 e 2), sia di relazionalità orizzontale (rispo-sta 3) e fanno riferimento a situazioni che sembrano protrarsi nel tempo. Questa nota temporale distingue il problema della comunicazione della diagnosi infausta (rank15) da quello della comunicazione di cattive notizie (rank1). Il problema etico emergente, in altre parole, non sarebbe tanto comu-nicare una diagnosi di una situazione a termine ma informare di una situazio-ne che comporta una problematica di futura gestione della vita del paziente e della sua famiglia (ad esempio, la

sterilità di coppia, una malattia cronico degenerativa, ecc.). Naturalmente que-sta ipotesi interpretativa dovrà essere controllata nel successivo studio con opportuni quesiti mirati. In ogni caso anche la risposta con rank17 dovrà essere rivalutata per comprendere se sia più opportuno abbinarla alla rispo-sta con rank1 o a quella con rank15: allo stato attuale la sua lettura rimane ambigua. Altro dato interessante è che gli item tra loro complementari, come ad esempio “Comunicazione della pro-gnosi infausta” e “Comunicazione di cattive notizie“ non si diluiscono tra loro nell’effetto, infatti il primo a differenza del secondo resta sempre scarsamente rilevante. Si può affermare, in base ai dati raccolti, che il sentire la necessità di acquisire strumenti formativi in ambi-to etico è in relazione all’esperienza della difficoltà a interagire con questa tipologia di problematiche, difficoltà che non varia in funzione degli anni lavora-tivi trascorsi: sembra pertanto un tema sempre attuale nell’ambito della cate-goria professionale studiata. Tale dato è confermato anche dal tasso di risposta affermativa (80% dei rispondenti) alla domanda 17 (“Senti la necessità di strumenti formativi?”) del questionario volta a sondare la volontà di acquisire strumenti per affrontare queste proble-matiche;

2. colpisce che il 27% dei medici intervi-stati (che affermano di non aver incon-trato problemi etici nello svolgimento della professione) si discostino in modo così radicale dal restante 73% (che affermano di aver incontrato problemi etici nello svolgimento della professio-ne). Era prevedibile una stratificazione riguardante la quantità e il tipo di pro-blemi etici ma non una frattura così netta all’interno di una stessa modalità di pratica professionale. Inoltre, il fatto di avere o meno ricevuto formazione etica non modifica in modo significativo il desiderio espresso di formazione;

3. raggruppando le risposte di rank 4, 5 e 16 da una parte e quelle di rank 6 e 8 dall’altra, risultano come problemi etici emergenti degni di nota anche l’eutanasia e l’aborto. Certamente un

Tabella i.

Le problematiche etiche connesse alla professione emerse in ordine di preferenza.

Tema etico emerso Rank %Comunicazione cattive notizie 1 50%

Problemi familiari associati a dipendenze (alcool, doghe, ecc.) 2 48%

Rapporto tra colleghi 3 45%

Rifiuto delle cure 4 38%

Idratazione e alimentazione in pazienti terminali 5 38%

Aborto 6 36%

Modalità di prescrizione farmacologica 7 34%

Contragestione (pillola del giorno dopo) 8 29%

Segreto professionale 9 27%

Gestione di dipendenze a rischio 10 22%

Gestione visite domiciliari 11 17%

Abbandono del paziente 12 16%

Procreazione artificiale 13 16%

Contraccezione 14 15%

Comunicazione della prognosi infausta 15 10%

Richiesta di eutanasia 16 10%

Dire/non dire la verità al paziente 17 10%

Richieste di medicina estetica 18 10%

eCM 19 8%

Comunicazione del rischio di ammalarsi 20 3%

Prescrizione test genetici 21 1%

Altro 22 0%

Problemi eticiStudio pilota sui problemi etici emergenti fra i MMG in Italia

Rivista Società Italiana di Medicina Generale 23

elemento di confusione deriva dall’aver erratamente equiparato la contragestio-ne alla pillola del giorno dopo anziché alla RU486;

4. le attività formative con maggiore per-centuale di scelta (corsi residenziali, ECM e Master) sono quelle che per-mettono maggiore relazione formativa interpersonale sia con docenti (relazio-ne verticale), sia con colleghi (relazione orizzontale). Tale tendenza è coerente con quanto discusso al punto 1 e sug-gerisce una particolare attenzione alla formazione relazionale che si può forse tradurre con l’inserimento di moduli di Psicologia Sociale e di Antropologia nella didattica formale. Sempre a que-sto riguardo sarà interessante indagare, attraverso lo studio successivo, il senso di solitudine e la percezione del peso

derivante dalla responsabilità personale nei MMG. Infine, la scelta di strumen-ti formativi esplicitamente universitari (Master) pur essendo presente, appare da rafforzare. Questo dato ci sembra derivare dalla scarsa offerta attuale e suggerire un maggior legame formativo tra MMG e mondo universitario.

Sulla base di quanto discusso sin qui cre-diamo di poter concludere che lo stru-mento e la metodologia sperimentata, pur con alcune correzioni, appare efficace e gradita. Inoltre, da quanto emerso dai dati analizzati, si può affermare che esiste una predominanza di temi riguardanti ciò che chiamiamo “etica del lavoro ben fatto” sulle problematiche tradizionali della bioetica cli-nica. Infine è utile che l’Università collabori con la SIMG per realizzare un’offerta forma-

tiva mirata sia per quanto riguarda la forma sia i contenuti, specialmente in vista della successiva indagine sul territorio nazionale che potrà dare indicazioni utili a controllare questa interpretazione e a mettere a fuoco una formazione continua consonante alle richieste dei MMG.

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esce

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generale … come migliorare la praticaStudio osservazionale sulla transizione degli adolescenti

con e senza condizioni patologiche croniche al sistemadelle cure per l’adulto nel Distretto 1 ASL Latina

Mario D’Uva1, Michele Langella2, Giuseppina Ragni31 Medico di Medicina Generale, SIMG Latina; 2 Medico non strutturato, Gruppo di Studio Collaborativo Cure Primarie

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Rivista Società Italiana di Medicina Generale n.4>>> 201324

appropriate che la prevenzione e l’educa-zione sanitaria personalizzata finalizzata al mantenimento e alla salvaguardia della salute. La nostra indagine descrittiva mostra che la transizione e l’attuale pratica assisten-ziale non sono ben strutturate e potrebbero essere ottimizzate.

Materiali e metodi

È stato disegnato uno studio osservaziona-le in forma di indagine con un questionario anonimo che aveva come obiettivo la cono-scenza, all’epoca della transizione alle cure dell’adulto, di opinioni, aspettative e com-portamenti dichiarati di adolescenti, loro genitori e medici delle cure primarie (PLS e MMG) del Distretto 1 Latina.Lo studio ha ottenuto l’approvazione del Comitato Etico locale. I questionari erano strutturati a domande chiuse e diversificati per le varie popolazioni oggetto di studio. Nei mesi da marzo a maggio 2013 sono stati intervistati 58 adolescenti con età compresa tra 14 e 18 anni, di cui 11 affetti da patologia cronica, e un loro genitore, dal quale è stato ottenuto il consenso informato esteso.In occasione di una riunione distrettuale è stato somministrato ai MMG un questio-nario inerente il comportamento tenuto sull’accoglienza e gestione dei loro assistiti fino a 18 anni. Hanno aderito 59 MMG.

IntroduzioneLo scopo di questo lavoro è quello di esplo-rare e analizzare la pratica assistenziale durante la transizione alle cure dell’adulto per la popolazione di adolescenti nell’am-bito della medicina primaria partendo dai dati di una nostra indagine osservazionale condotta nel Distretto 1 della ASL Latina. In particolare si descrive come i medici di medicina generale (MMG) accolgono e gestiscono i loro nuovi assistiti adolescenti, i comportamenti e le aspettative dei pazien-ti adolescenti (14-18 anni) e dei loro geni-tori e si discute per capire quali interventi possono essere messi in atto dal MMG per migliorare il processo stesso di transizione nel presupposto che ciò possa significare un guadagno di salute della popolazione.Sebbene venga riconosciuto agli interventi di educazione sanitaria un ruolo importante nel favorire i determinanti della salute della popolazione giovanile 1-4 non ci sono studi che provino l’evidenza di efficacia quando gli interventi sono attuati in maniera perso-nalizzata nel setting della medicina prima-ria e dai MMG in particolare sugli assistiti adolescenti. Comunque alcune istituzioni importanti raccomandano di far acquisire all’adolescente, nella fase di transizione, le competenze necessarie alla comprensione della sua condizione di giovane adulto e/o di malato cronico 5.Nel nostro sistema sanitario sono di compe-tenza dei MMG e dei pediatri di libera scelta (PLS) sia l’assistenza primaria con le cure

Risultati Le domande poste ai MMG erano sette, vedi Tabella I. Il 54% dei MMG dichiara di ricevere un report sulla storia clinica pregressa al momento della prima visita; l’89% dichiara di eseguire una prima visita

Tabella i.

Questionario per i MMG.

1. Al momento della prima visita, il genitore del paziente adolescente porta con sé un report redatto dal pediatra?

2. Al momento della presa in carico del nuovo assistito adolescente esegui una prima visita medica dedicata?

3. Nella tua pratica tieni conto, riguardo alla riservatezza e privacy, delle preferenze del paziente anche se minore?

4. Alle prime consultazioni formuli e descrivi con il paziente e la famiglia un programma di educazione terapeutica e di medicina preventiva personalizzato?

5. In particolare analizzi con l’adolescente di entrambi i generi un programma di educazione alla sessualità responsabile?

6. In caso di patologie croniche discuti con il paziente e la famiglia il programma di cure e follow-up?

7. Stabilisci un collegamento con il Centro di II o III livello per favorire l’aderenza alle cure e monitoraggio del paziente con malattia cronica?

AdolescenzaGli adolescenti assistiti dal MMG … come migliorare la pratica

Rivista Società Italiana di Medicina Generale 25

medica dedicata al paziente neo-iscritto adolescente; l’88% dichiara che tiene conto delle preferenze del paziente adolescente, anche se minore; il 71% dichiara di formulare un programma per-

sonalizzato di educazione terapeutica e per la salvaguardia della salute; infine il 54% riferisce di affrontare un programma per la sessualità responsabile in maniera opportunistica (Fig. 1).

Le domande poste agli adolescenti erano sette, vedi Tabella II.Il 47% degli adolescenti intervistati dichiara di non aver mai posto domande al medico riguardo al suo stato di salute; il 26% di non essere mai stato visitato dopo l’iscrizione con il MMG; il 35% riferisce di non aver mai avuto raccomandazioni sulla prevenzione sanitaria dal MMG; il 98% dichiara di recar-si alle consultazioni con il MMG accompa-gnato da un familiare; infine il 97% dichiara che nell’ultimo anno non ha dovuto fronteg-giare una situazione o rischio potenziale per la sua salute (Fig. 2).Le domande poste ai genitori degli adole-scenti erano tre, vedi Tabella III.Il 93% dei genitori dichiara che il proprio figlio partecipa alle decisioni che riguardano la sua salute; il 70% riferisce che il MMG non ha concordato con loro un piani di con-trollo e cura; il 34% ritiene che il livello di qualità percepita dell’assistenza si sia ridot-to nel passaggio alle cure dell’adulto presso il MMG (Fig. 3).

Figura 1.

Risposte dei MMG.

Figura 2.

Risposte degli adolescenti 14-18 anni.Tabella ii .

Questionario per gli adolescenti.

1. Hai posto in qualche occasione delle domande al pediatra su problemi correlati alla tua salute?

2. Quante volte sei stato dal medico di famiglia da quando è avvenuta la transizione?

3. Riguardo al tuo stato di salute ti sentivi più sicuro con il pediatra rispetto al medico di famiglia?

4. In qualche occasione di visita con il medico di famiglia ti è stata data qualche informazione di prevenzione sanitaria?

5. Ti è stato spiegato dal medico di famiglia il programma di visite mediche per la tua malattia cronica?

6. Quando ti sei recato dal medico di famiglia sei sempre stato accompagnato da un genitore o un familiare?

7. Durante l’ultimo anno ti sei trovato esposto e hai dovuto fronteggiare situazioni di rischio potenziale per la salute come fumo, alcool, droga, sessualità irresponsabile o altro?

Tabella ii i .

Questionario per i genitori.

1. Suo figlio partecipa attivamente alle decisioni che riguardano la salvaguardia del proprio stato di salute?

2. Il medico di famiglia che ha preso in cura suo figlio ha concordato con lei un piano o un programma di controllo e cura?

3. Ritiene che la transizione alle cure dell’adulto abbia ridotto il livello di qualità dell’assistenza sanitaria a suo figlio?

Adolescenza M. D’Uva et al.

Rivista Società Italiana di Medicina Generale26

Discussione Le informazioni raccolte nella nostra inda-gine si riferiscono a dichiarazioni e opinioni soggettive. Tuttavia, pur con questo limite, riteniamo che possano essere utilizzate per descrivere lo stato attuale della pratica e per capire dove è possibile, se si vuole, apportare modifiche per migliorarla.La mancanza di una pianificazione delle visite con un programma di interventi sem-bra un elemento importante per i genitori degli adolescenti dopo il passaggio dal PLS a MMG e infatti ritengono che il livello di qualità percepita dell’assistenza sanitaria si riduca. Molti adolescenti dichiarano di non aver mai ricevuto interventi di prevenzione e di edu-cazione sanitaria personalizzata, nonostante la gran parte dei MMG dichiari di effettuare una prima visita dedicata e di proporre una prevenzione ed educazione alla salvaguar-dia della salute anche non strutturata. È molto probabile che il MMG lo faccia solo in maniera opportunistica e quindi solo nei confronti degli adolescenti che accedono allo studio medico. Sappiamo che solo il 70% della popolazione adolescente tra i 12 e 18 anni ha almeno un contatto annuale con il MMG 8. Sembra che gli adolescenti abbiano scar-sa consapevolezza dell’esposizione a rischi potenziali per la salute, probabilmente la famiglia e la scuola non sono sufficienti a questa conoscenza.Mentre alcune revisioni della letteratura mostrano evidenze di efficacia sugli esiti di salute utilizzando modelli di coinvolgimento

proattivo dei pazienti affetti da condizioni patologiche-croniche durante la transizio-ne, non è così per gli interventi con modelli di transizione strutturata che comprendano anche aspetti di educazione alla salvaguar-dia della salute negli adolescenti altrimenti sani 10. Tuttavia alcune esperienze italiane indica-no che la prassi può essere migliorata con interventi strutturati programmati e integrati nella medicina primaria 6 7. Interventi che peraltro potrebbero risultare sostenibili considerando che la popolazione adolescenziale neo-iscritta con un MMG non supera in media le 5 unità per anno. Nella pratica si osservano molte varie situa-zioni da quelle in cui l’adolescente, accom-pagnato dai genitori, rimane indifferente o distratto, a quelle in cui accede da solo con le motivazioni tra le più varie che però pos-sono celare bisogni inespressi e che sono peculiari proprie di questa età. Si creano nell’adolescente nuove esigenze e bisogni da soddisfare, per effetto della maturazione del corpo e di altri fattori come le pressioni culturali, le aspettative sociali e le aspira-zioni individuali. Egli deve affrontare proble-mi e situazioni nuove i cosiddetti “compiti evolutivi” che tenta di risolvere attraverso strategie adattative, a cui non sempre è preparato. Le caratteristiche di questa epoca della vita sono la ricerca di una autonomia psicolo-gica, il conflitto tra dipendenza e indipen-denza dai genitori, la percezione del corpo che si modifica, la scoperta della sessualità, il desiderio di “rischiare”. L’adolescente è maggiormente esposto più delle altre epo-

che della vita a rischi per la salute (Tab. IV) e al possibile fallimento terapeutico per il rifiuto naturale della malattia e delle cure.Per migliorare la pratica nella medicina primaria bisogna ottimizzare le compe-tenze organizzative, relazionali e tecnico-scientifiche. Ci sono dunque aspetti organizzativi che possono essere ottimizzati dalla prima visita dedicata, alla pianificazione condivisa con adolescente e un genitore, di almeno 1 incontro per anno dai 14 ai 18 anni. Alcuni di questi incontri possono anche coincidere, in maniera opportunistica, con gli accessi per bisogni di salute degli adolescenti, ad esempio per le richieste di certificazioni o quando il MMG è chiamato a intervenire, direttamente o indirettamente per questioni che riguardano la salute dell’adolescente o per i conflitti con i genitori. Tutte queste occasioni che richiedono com-piti di assistenza sanitaria diagnostica e terapeutica già impegnano, e non poco, le abilità relazionali e comunicative del MMG. In ogni caso il suo necessario approccio bio-psico-sociale rende più facile svolgere anche compiti con interventi di natura preventiva e di educazione alla salvaguardia della salute soprattutto in questa fascia di età. È utile chiedere un report anamnestico redatto dal PLS che facilita l’inizio della rela-zione con l’assistito adolescente soprattutto se portatore di una condizione patologica

Figura 3.

Risposte dei genitori.

Tabella iV.

Rischi potenziali per gli adolescenti.

1. Alcool

2. Fumo di sigaretta

3. Droga

4. Malattie trasmesse per via sessuale

5. Gravidanze indesiderate

6. Violenza

7. Comportamenti antisociali

8. Disturbi dell’alimentazione

9. Sedentarietà

10. Isolamento in mondo virtuale

11. Traumi da incidenti stradali

AdolescenzaGli adolescenti assistiti dal MMG … come migliorare la pratica

Rivista Società Italiana di Medicina Generale 27

cronica, relazione che in ogni caso il MMG dovrebbe indirizzare verso quella di “tipo adulto”, rispondendo al bisogno di infor-mazioni anche non esplicite e sostenendo la maturazione della sua consapevolezza e autonomia. Infine nel costruire ed effettuare un piano di intervento educazionale personalizzato, integrativo a quello fornito dalla famiglia e dalla scuola, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) suggerisce 6 9 che gli obiettivi degli interventi educativi per la salvaguardia della salute sugli adolescenti siano prevalentemente quelli di rendere la persona consapevole e capace di prendere decisioni appropriate (life skills) circa i pro-blemi di salute (Tab. V).L’impatto organizzativo per implementa-re tutto questo cambiamento migliorativo potrebbe essere anche considerato soste-nibile in quanto la prevalenza media degli assistiti con età tra i 7 e 18 anni iscritti con un MMG varia dal 6 al 8%, mentre l’inci-denza di nuovi iscritti per anno è in media

inferiore a 1% e di fatto per ogni 1000 assi-stiti ci sono in carico circa 70 adolescenti di cui 5 nuovi per anno. Resta da valutare se questo cambiamento possa corrispondere a esiti di salute misu-rabili a distanza per la popolazione generale.

Ringraziamenti

Si ringraziano tutti i medici di medicina pri-maria del Distretto 1 ASL Latina.

Bibliografia1 Sawyer SM, Afifi RA, Bearinger LH, et al.

Adolescence: a foundation for future health. Lancet 2012;379:1630-40.

2 Viner RM, Ozer EM, Denny S, et al. Adolescence and the social determinants of health. Lancet 2012;379:1641-52.

3 Catalano RF, Fagan AA, Gavin LE, et al. Worldwide application of prevention science in adolescent health. Lancet 2012;28;379.

4 Patton GC, Coffey C, Cappa C, et al. Health of the world’s adolescents: a synthesis of internationally comparable data. Lancet 2012;379:1665-75.

5 American Academy of Pediatrics, American Academy of Family Physicians, and American College of Physicians, Transitions Clinical Report Authoring Group. Supporting the health care transition from adolescence to adulthood in the medical home. Pediatrics 2011;128;182.

6 Bernasconi S, Cremonini G, Melandri L, et al. Dal pediatra all’internista: una fase di transizione da organizzare. Pediatria Preventiva & Sociale 2007;4:7-12.

7 Maspero D, Pezzo G, Vanin V, et al. Collaborare si può! Esperienza con adolescenti in una medicina di gruppo mista. Rivista SIMG 2006;(6):21-4.

8 Rossi A. Incrementare le coperture vaccinali nell’adolescente: come può contribuire il medico di medicina generale? Rivista SIMG 2011;(5):8-91.

9 Life skills. Ginevra: WHO (Divisione della salute mentale) 1994.

10 Everson-Hock ES, Jones R, Guillaume L, et al. Supporting the transition of looked-after young people to independent living: a systematic review of interventions and adult outcomes. Child Care Health Dev 2011;37:767-79.

Tabella V.

Conoscenze che l’adolescente dovrebbe acquisire in fase di transizione.

1. Comprendere il funzionamento degli organi/apparati interessati dalla malattia ed essere in grado di spiegarlo agli altri

2. essere in grado di riconoscere un eventuale peggioramento clinico o di complicanze e di prevederle e prevenirle

3. Conoscere il funzionamento di piccole apparecchiature ed essere in grado di risolvere problemi relativi di piccola entità

4. Conoscere i nomi dei farmaci e i loro effetti e reazioni avverse, acquisendo piena autonomia nell’assunzione

5. Sapersi occupare della propria igiene personale

6. Riconoscere le figure di riferimento e supporto alle quali rivolgersi in caso di problemi

7. essere informati circa la sessualità responsabile e la prevenzione di malattie a trasmissione sessuale

8. essere a conoscenza dei rischi connessi all’abuso di fumo di tabacco, droghe e alcool

9. Conoscere e assumere una corretta alimentazione

10. Conoscere i rischi connessi con il gioco virtuale e l’isolamento in mondo virtuale

11. Praticare regolarmente attività fisica

Per richiesta di informazioni o comunicazioni: D’Uva Mario, C.so della Repubblica 256, Cisterna di Latina, E-mail: [email protected].

Luglio-Settembre 2013 Numero 4

HS-NewsletterHS-Newsletter

SOMMARIO

Health Search, istituto di ricerca della S.I.M.G.(Società Italiana di Medicina Generale)

HS-NewsletterLuglio - Settembre 2013

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News

Dolore, Mmg a lezione da TeseoI risultati del progetto formativo

promosso dalla Simg

Analisi del mese

Emicrania e cefalea nella Medicina Generale Italiana

a cura del Dr. Gino Cancian

MMG di Pordenone

Ultima pubblicazione HS

Identificazione degli eventi di infarto acuto del miocardio dai record-paziente informatizzati utilizzando differenti sistemi di codifica: uno studio

di validazione in tre paesi europei tratto da BMJ Open

Progetti Internazionali e Team Operativo

Come accedere al Database:ricerche ed analisi

SOMMARIO

News...

HEALTH SEARCH (SIMG)Via Sestese, 6150141 Firenze. Italia+39 055 4590716 +39 055 494900Orario: Lunedì - Venerdì 9.00-18.00E-mail: [email protected]: www.healthsearch.it

Emicrania e cefalea nella Medicina Generale Italiana

Emicrania e cefalea costituiscono un importante problema di salute pubblica. Considerando la diffusione di queste patologie nella popolazione generale, nonché la loro varietà di forme e difficoltà di classificazione, il Medico di Medicina Generale (MMG) rappresenta una figura centrale nell’identificazione, caratterizzazione e trattamento precoce di questa problematica clinica. Il problema diagnostico legato alle cefalee è senza dubbio complesso. La cefalea si distingue infatti in forme primarie, di cui l’emicrania ne è la forma più comune, nelle quali non sono evidenziabili cause organiche sottostanti, e forme secondarie, che sono dovute a lesioni organiche ben definite. In questo contesto è fondamentale formulare una corretta diagnosi per il paziente affetto da cefalea sì da favorirne il trattamento più corretto. continua alle pagine 2-3

Analisi del mese...

Contatti

CEGEDIM STRATEGIC DATAAssistenza TecnicaNumero Verde: 800.199.846Orario: Lunedì - Venerdì 10.30-12.30, 14.30-17.00E-Mail: [email protected]

Health Search, istituto di ricerca della S.I.M.G.(Società Italiana di Medicina Generale)

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Numero 4

Dolore, Mmg a lezione da Teseo

Un modello formativo su cure palliative e terapia del dolore focalizzato sui Mmg per dare concreta attuazione alle Aggregazioni funzionali territorialipreviste dalla legge 38/2010 e migliorare la qualità di vita dei pazienti. A partire da un primo intervento su 21 medici-formatori “con speciale interesse per le cure palliative” per arrivare a cascata al coinvolgimentodi 335 colleghi sul territorio, con un’attività continuativa di audit. È il progetto Teseo...

INSERTO SPECIALE

Luglio-Settembre 2013 Numero 4 Luglio-Settembre 2013 Numero 4

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Numero 4Luglio - Settembre 2013

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Dolore, Mmg a lezione da TeseoI risultati del progetto formativo promosso dalla Simg: coinvolti 21 medici formatori e 335 sul territorio

In un anno visite cliniche specifiche su 3.820 pazienti pari all’1,2% degli assistiti

(...continua dalla prima pagina)

Un modello formativo su cure palliative e terapia del dolore focalizzato sui Mmg per dare concreta attuazione alle Aggregazioni funzionali territoriali previste dalla legge 38/2010 e migliorare la qualità di vita dei pazienti. A partire da un primo intervento su 21 medici-formatori (T0) “con speciale interesse per le cure palliative” per arrivare a cascata al coinvolgimento di 335 colleghi sul territorio, con un’attività continuativa di audit (T2). È il progetto Teseo, presentato in occasione di Impact 2013, promosso da Simg con il grant educazionale di Angelini. «Essere seguiti da un medico specificatamente formato sul dolore - dichiara Pierangelo Lora Aprile, segretario scientifico, responsabile area dolore e cure palliative della Simg e referente scientifico del progetto Teseo - permette al paziente di essere sottoposto a un accurato esame clinico dedicato e a un percorso terapeutico finalizzato verso obiettivi con lui condivisi». I risultati sono interessanti: le visite cliniche specifiche per il dolore, che prima del progetto non rientravano nella pratica clinica del Mmg, hanno portato a diagnosticare e a tipizzare il dolore per 3.820 pazienti (pari all’1,2% del totale), somministrando una terapia appropriata. Nella metà è stato diagnosticato un dolore di tipo infiammatorio,in un terzo di tipo meccanico strutturale e in 1 paziente su 5 è stato identificato un dolore neuropatico. Sul totale dei pazienti tipizzati, 2.725 sono stati inseriti dai Mmg nel registro delle “early palliative care” con l’obiettivo di identificare precocemente i malati con bisogno di approccio palliativo. Di questi, solo il 28% è malato oncologico, mentre gli altri sono affetti da altre patologie, in primis di natura cardiovascolare (16%). Segno che l’ambito delle cure palliative si sta estendendo al «fine vita» in senso più ampio, anche oltre la sfera oncologica. I bisogni del paziente sono al centro anche di un altro progetto, lo studio osservazionale «Arianna», promosso da Agenas con l’obiettivo di migliorare l’accesso alle cure palliative domiciliari per i malati con patologie croniche in fase evolutiva, oncologiche e non, attraverso la sperimentazione di un modello organizzativo integrato secondo quanto previsto dall’intesa Stato-Regioni. Gli obiettivi: informare i pazienti e le famiglie della prognosi; prendere decisioni cliniche sull’interruzione di terapie curative, sull’uso di terapie oncologiche con intento palliativo, sulla riduzione al minimo dei rischi di un sottotrattamento o di un trattamento eccessivo, sulla definizione del “tempo opportuno” per l’avvio di un certo tipo di cure palliative.«Per ottenere questi obiettivi - sottolinea il vicepresidente Commissione nazionale cure palliative e terapie del dolore e responsabile scientifico del progetto Gianlorenzo Scaccabarozzi - è necessaria una larga integrazione tra cure palliative e geriatria, servizi per anziani e cure di fine vita, professionisti e assistenti familiari, medici specialisti e Mmg, decision makers e comunità».

Tratto da il Sole 24 Sanità

News

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Emicrania e cefalea nella Medicina Generale Italiana

(...continua dalla prima pagina)

PremessaEmicrania e cefalea costituiscono un importante problema di salute pubblica. Considerando la diffusione di queste patologie nella popolazione generale, nonché la loro varietà di forme e difficoltà di classificazione, il Medico di Medicina Generale (MMG) rappresenta una figura centrale nell’identificazione, caratterizzazione e trattamento precoce di questa problematica clinica. Il problema diagnostico legato alle cefalee è senza dubbio complesso. La cefalea si distingue infatti in forme primarie, di cui l’emicrania ne è la forma più comune, nelle quali non sono evidenziabili cause organiche sottostanti, e forme secondarie, che sono dovute a lesioni organiche ben definite. In questo contesto è fondamentale formulare una corretta diagnosi per il paziente affetto da cefalea sì da favorirne il trattamento più corretto. Conoscere e monitorare l’impatto epidemiologico della patologia, nelle sue forme principali, costituisce certamente un primo passo verso una gestione più attenta del fenomeno. La conoscenza della prevalenza di emicrania e cefalea nel database di Health Search (HS), assieme a quelli che sono i dati relativi al trattamento della patologia, costituisce quindi un’informazione utile al MMG per traslare queste informazioni alla propria pratica clinica.

Metodi

[numeratore] numero di pazienti (registrati da almeno un anno nelle liste dei medici di MG) che riportavano una diagnosi di emicrania (ICD9CM: 346*, 625.4*), cefalea ricorrente o da tensione (ICD9CM: 784.0*, 307.81) o nevralgie (ICD9CM: 350.1*, 729.2*); [denominatore] popolazione attiva nelle liste di assistenza del MMG con almeno 1 anno dalla presa in carico.Prevalenza di uso di farmaci (anno 2011) con almeno una delle diagnosi sopra elencate:[numeratore] numero di pazienti (registrati da almeno due anni nella liste dei medici MG) che riportavano almeno una prescrizione di triptani (ATC: N02CC01, 03, 04-07) o ergotamina (ATC: N02CA52) o paracetamolo (ATC: N02BE51) o indometacina ed altri (ATC: M01AB01, 51; N02CX*) o antiinfiammatori non steroidei (FANS; ATC: M01*, N02BA01, escluso M01AB01, 51); [denominatore] soggetti con una delle diagnosi di emicrania e cefalea precedentemente elencate al 31/12/2010. Tutte le stime ottenute sono state stratificate per area geografica, sesso e classi di età.

RisultatiIn Tabella 1 sono riportati i valori di prevalenza di emicrania e cefalea. Complessivamente la malattia riporta una prevalenza dell’ 11,38%, dove le forme ricorrenti e muscolo-tensive possiedono l’impatto più elevato (8,45%). Dal punto di vista della distribuzione geografica non si hanno differenze sostanziali, se non valori leggermente superiori al NORD EST e nelle ISOLE. Tendenzialmente, il CENTRO Italia mostra una prevalenza minore per tutte le forme di cefalea. Le donne presentano quasi il doppio dei casi rispetto agli uomini, mantenendo questa differenziazione in tutte le forme di cefalea. Meno evidenti sono le differenze di prevalenza tra donne e uomini per quanto concerne le nevralgie. La prevalenza della malattia varia col variare dell’età vedendo i 25-54enni con valori proporzionali superiori al 13%, dove le forme ricorrenti e muscolo-tensive sono di maggior rilievo. Sopra i 65 anni la prevalenza della malattia scende per tutte le sue forme. Il dato relativo al trattamento farmacologico risulta complessivamente in linea con quanto precedentemente riportato per la patologia, pur presentando delle differenze che sono meno evidenti. Complessivamente, le proporzioni di soggetti in trattamento è solo per i triptani leggermente superiore al 5%, seguiti dai pazienti trattati con FANS (3,74%). Ergotamina, paracetamolo, indometacina ed altri mostrano valori al di sotto dell’1% (Tabella 2).

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Analisi del mese

Tabella 1 e Tabella 2

ANALISI GEOGRAFICA EMICRANIACEFALEA

RICORRENTE O DA TENSIONE

NEVRALGIE TOTALE

NORD OVEST N % N % N % N %NORD EST 6282 3,05 17894 8,69 1787 0,87 24568 11,94CENTRO 6863 3,27 18245 8,70 2027 0,97 25568 12,20SUD 3653 1,93 13261 6,99 1358 0,72 17454 9,20ISOLE 5572 2,49 20154 8,99 2405 1,07 26415 11,78ANALISI PER GENERE 2826 2,64 9569 8,93 1027 0,96 12608 11,77

Maschi Femmine 6363 1,42 25765 5,75 2969 0,66 33721 7,53

ANALISI PER ETA’ 18833 3,85 53358 10,92 5635 1,15 72892 14,91<15 15-24 1966 2,04 8778 9,11 176 0,18 10513 10,9125-34 3940 3,10 12826 10,10 687 0,54 16601 13,0735-44 6318 3,74 16804 9,94 1338 0,79 22864 13,5345-54 6522 3,88 16709 9,94 1699 1,01 23357 13,9055-64 3814 2,69 11366 8,03 1664 1,18 15872 11,2165-74 1721 1,46 7050 5,99 1526 1,30 9726 8,26>=75 915 0,78 5590 4,79 1514 1,30 7680 6,58TOTALE 25196 2,69 79123 8,45 8604 0,92 106613 11,38

ANALISI GEOGRAFICA TRIPTANIN %

IERGOTAMINAN %

PARACETAMOLO N %

INDOMETACINA + altri

N %

FANSN %

NORD OVEST 1240 5,45 16 0,07 94 0,41 244 1,07 1039 4,56NORD EST 1316 5,43 27 0,11 143 0,59 322 1,33 1008 4,16CENTRO 822 5,08 20 0,12 70 0,43 165 1,02 678 4,19SUD 1071 4,31 16 0,06 76 0,31 105 0,42 638 2,57ISOLE 604 5,17 12 0,10 21 0,18 73 0,62 369 3,16ANALISI PER GENERE

Maschi 1004 3,21 22 0,07 96 0,31 194 0,62 891 2,85Femmine 4049 5,92 69 0,10 308 0,45 715 1,05 2841 4,15

ANALISI PER ETA’ 15-24 286 2,78 2 0,02 36 0,35 52 0,51 227 2,2125-34 680 4,27 8 0,05 72 0,45 96 0,60 506 3,1835-44 1492 6,84 22 0,10 108 0,50 234 1,07 1014 4,6545-54 1542 7,23 13 0,06 96 0,45 268 1,26 1063 4,9855-64 766 5,24 28 0,19 51 0,35 142 0,97 516 3,5365-74 225 2,55 10 0,11 26 0,30 86 0,98 275 3,12>=75 62 0,89 8 0,12 15 0,22 31 0,45 131 1,89TOTALE 5053 5,07 91 0,09 404 0,41 909 0,91 3732 3,74

Il parere del Medico di Medicina GeneraleQuesti risultati offrono spunti di riflessione sia dal punto di vista clinico-epidemiologico che da quello formativo. Dal confronto con la letteratura, in cui la prevalenza di emicrania si attesta tra l’8 ed il 12%, emerge una chiara sottostima della prevalenza della malattia. Ciò è da ricondursi ad una ridotta registrazione della diagnosi di emicrania nel database, fenomeno probabilmente dovuto sia ad una scarsa conoscenza e considerazione degli aspetti clinici correlati a questa malattia, sia ad una difficoltà oggettiva nel codificarla tramite l’uso dei soli codici ICD9, i quali possono presentare una scarsa specificità a fronte della complessa classificazione internazionale delle cefalee. Allo stesso modo, la scarsa proporzione di pazienti trattati con triptani (5,07%), farmaci di uso ormai consolidato nel trattamento di questa patologia, sottolinea la necessità di implementare degli strumenti negli attuali software di gestione del paziente in medicina generale, sì da sensibilizzare e formare e/o aggiornare il clinico a questa problematica e quindi favorire la corretta registrazione della diagnosi. Infatti, data l’importanza della cronicità di questa malattia il MMG risulterebbe la figura essenziale nella sua gestione, anche con la presa in carico totale, ossia senza un necessario ricorso allo specialista, nelle forme meno complesse. La creazione di un tool con l’attuale sistema internazionale di classificazione delle cefalee (“complementando” la scarsa specificità dell’ICD9) negli strumenti informatici ad oggi disponibili potrebbe essere un primo passo in questa direzione.

A cura del Dott. Gino Cancian e i Ricercatori di Health Search

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Ultima pubblicazione HS

Identificazione degli eventi di infarto acuto del miocardio dai record-paziente informatizzati utilizzando differenti sistemi di codifica: uno studio di validazione in

tre paesi europei Coloma PM, Valkhoff VE, Mazzaglia G, Nielsson MS, Pedersen L, Molokhia M, Mosseveld M, Morabito P, Schuemie

MJ, van der Lei J, Sturkenboom M, Trifirò G; EU-ADR Consortium.

L’obiettivo di questo studio consisteva nello stimare il valore predittivo positivo (PPV) per differenti sistemi di codifica di determinate patologie, utilizzando anche il “diario clinico” (i.e., descrizione della diagnosi in forma di testo libero), per quanto concerne la registrazione dell’infarto acuto del miocardio (IMA) presente in record-paziente informatizzati. Questo studio di validazione prevedeva l’identificazione dei casi di IMA, catturati nei record elettronici di medicina generale o nelle diagnosi di dimissione ospedaliera, utilizzando le informazioni presenti nel testo libero ed i codici del sistema di classificazione internazionale per il primary care (ICPC), della classificazione internazionale delle patologie, 9° versione e successive modifiche (ICD-9-CM) ed la sua 10° revisione (ICD-10). I database impiegati per la realizzazione dello studio comprendevano le informazioni cliniche raccolte routinariamente, dal 1996 al 2009, dalla medicina generale italiana ed olandese e dai ricoveri registrati in un database danese. Un totale di 4034232 pazienti, corrispondenti a 22428883 anni-persona di follow-up costituivano la popolazione in studio. Tra questi sono stati identificati 42774 casi di IMA, di cui 800 sono stati casualmente selezionati per condurre lo studio di validazione. I valori di PPV sono stati calcolati come complessivi e riferiti agli specifici codici /descrizioni presenti nel testo libero. I PPV del “Best-case scenario” e “worst-case scenario” sono stati calcolati per considerare la presenza di casi non identificabili o non classificabili. E’ stato inoltre valutato l’effetto della misclassificazione dei casi di IMA sulle stime di rischio durante l’esposizione a farmaci. Complessivamente sono stati identificati i record di 748 casi (93,5% del campione). Il sistema ICD-10 possedeva il “best-case scenario” con un valore di PPV del 100%., mentre l’ ICD-9-CM il 96,6%. ICPC possedeva il “best-case scenario” del 75% ed il testo libero oscillava tra il 20 ed il 60%. Tutti i valori corrispondenti di PPV dei “worst-case scenario” si riducevano. Quando si includevano i codici diagnostici con i valori di PPV più bassi si osservavano cambiamenti trascurabili delle stime di associazione con un’ esposizione ad un farmaco che notoriamente incrementava il rischio di IMA. Tuttavia, codici con i PPV più elevati comportavano un’attenuazione del rischio per le associazioni farmaco-IMA .I codici ICD-9-CM ed ICD-10 sembrano possedere un buon PPV nell’identificazione dei casi di IMA nei record-paziente informatizzati. Tuttavia, sono necessarie ulteriori strategie per ottimizzare l’utilità del sistema ICPC e la ricerca del testo libero. L’uso di codici specifici per l’IMA nella stima del rischio durante l’esposizione a farmaci può portare a piccole ma significative variazioni del rischio anche con una riduzione della precisione delle stime stesse.

a cura dei ricercatori di Health Search

tratto da BMJ Open

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Progetti Internazionali

SAFEGUARD: Safety Evalutation of Adverse Reactions in Diabetes www.safeguard-diabetes.orgIl progetto SAFEGUARD ha l’obiettivo di valutare e quantificare i rischi cardiovascolari, cerebrovascolari e pancreatici dei farmaci antidiabetici. Il progetto, oltre all’analisi delle segnalazioni spontanee e alla conduzione di studi sull’uomo, prevede l’impiego di database contenenti informazioni cliniche e terapeutiche di più di 1,7 milioni di pazienti in USA e in Europa, tra cui quelli inclusi in Health Search CSD LPD. Tale progetto consentirà di migliorare le conoscenze sulla sicurezza dei farmaci antidiabetici.

The EMA_TENDER (EU-ADR Alliance)www.alert-project.orgIl progetto EMA_TENDER (EU-ADR Alliance) nasce dal precedente progetto EU-ADR e ha lo scopo di studiare tre specifiche problematiche di sicurezza da farmaci: a) modalità e determinanti di impiego dei contraccettivi orali, b) monitoraggio dei rischi da pioglitazone e c) associazione tra bifosfonati e disturbi cardiovascolari. Il progetto impiega database clinici, tra cui Health Search CSD LPD, che coprono più di 45 milioni di pazienti provenienti da 5 paesi europei (Italia, Olanda, Regno Unito, Germania e Danimarca).

ARITMO: Arrhythmogenic potential of drugswww.aritmo-project.orgIl progetto ARITMO si propone di analizzare il profilo di rischio aritmogenico di circa 250 farmaci antipsicotici, anti-infettivi, ed anti-istaminici. La strategia consiste nell’utilizzo di dati provenienti da studi prospettici, database, tra i quali anche Health Search CSD LPD, e studi in-silico. Tutte queste informazioni verranno armonizzate con l’obiettivo di fornire un rapporto finale sul profilo di rischio aritmogenico dei farmaci osservati e sui determinanti clinici e genetici di tale rischio.

OCSE PSA: Early Diagnosis Project – PSA Il progetto OCSE si propone di valutare le modalità di impiego del test per i livelli del PSA (Prostate-Specific Antigen) nella diagnosi precoce del cancro della prostata. A tale fine il progetto utilizza database di medicina generale di diverse nazioni europee, tra cui Health Search CSD LPD per l’Italia. Lo studio consentirà di identificare le modalità di impiego del test PSA più efficienti nel diagnosticare in maniera precoce il cancro della prostata.

Health Search, istituto di ricerca della S.I.M.G. (Società Italiana di Medicina Generale)

Direttore Generale Direttore della Ricerca Direttore Tecnico

Iacopo Cricelli Francesco Lapi Alessandro Pasqua

Analisi Statistiche e Data Management

Serena Pecchioli Monica Simonetti Elisa Bianchini

Il team operativo

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Ricerche, Analisi e Studi

L’Istituto Health Search (HS) mette a disposizione le proprie informazioni e le proprie risorse ai fini di un’attività di promozione della ricerca scientifica “no profit”. Poiché ogni richiesta di estrazione richiede un carico di lavoro aggiuntivo rispetto alle attività “istituzionali” proprie della struttura è importante fornire alcune brevi linee guida atte a facilitare i soggetti proponenti la ricerca.

Al fine di una corretta programmazione ogni richiesta dovrebbe contenere le seguenti informazioni: finalità della richiesta (ad es. congressi, lavori per ASL, pubblicazioni scientifiche); obiettivi dell’indagine; scadenze; periodo di riferimento; caratteristiche della popolazione in studio; uso dei codici internazionali di classificazione delle patologie (ICD-9 CM) e delle prescrizioni (ATC); la richiesta di accertamenti, ricoveri, visite specialistiche deve essere effettuata precisando l’esatta dicitura con cui le prestazioni sono definite in Millewin®; le informazioni da ricavare dagli accertamenti con valore necessitano di ulteriori specifiche di estrazione, ad esempio: *ultimo valore rispetto ad una determinata data; * media dei valori in un determinato arco temporale

Richieste “Semplici” (modulo e informazioni disponibili nel sito www.healthsearch.it sezione “Health Search/CSD-LPD” da compilare e rispedire all’indirizzo [email protected])

In particolare rientrano in questa categoria tutte quelle richieste che si limitano alla valutazione di un evento di tipo descrittivo, come ad esempio:

• Prevalenza di patologia• Incidenza cumulativa o Rischio• Prevalenza d’uso di farmaci• Prevalenza d’uso di prescrizione di indagini diagnostico-strumentali

Richieste “Articolate” (modulo e informazioni disponibili nel sito www.healthsearch.it sezione “Health Search/CSD-LPD” da compilare e rispedire all’indirizzo [email protected])

Se la richiesta del medico ricercatore, alla luce della maggiore articolazione della ricerca (es. studio caso-controllo o coorte, valutazioni di efficacia di interventi formativi, studi di valutazione economica) non rientra in tali modelli si renderà necessario un processo di revisione da parte di un apposito comitato scientifico per l’approvazione finale della ricerca.

lorem ipsumCome accedere al database

Comunicazioni

Il Team di Ricerca HS con il contributo scientifico della SIMG ha partecipato allo sviluppo di un nuovo e affascinante programma: MilleGPG.

Health Search, per la sua struttura assolutamente non finanziata, non può permettersi di sostenere ulteriori costi; tuttavia Millennium a fronte della fruttuosa e lunga collaborazione ha ritenuto di poterci sostenere.

Ai ricercatori HS è pertanto dedicato un listino speciale per il primo anno, totalmente esclusivo e riservato; dando la possibilità di acquisire gratuitamente la licenza MilleGPG ad un costo ridotto del 50% per il contratto di manutenzione per il I anno al fine di premiare lo sforzo che quotidianamente fate per consentire la sopravvivenza della nostra rete di ricerca.

Per ulteriori informazioni vi invitiamo a contattare l’ufficio commerciale Millennium al numero verde: 800 949 502

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OSAS

La Medicina Generale e la sindrome delle apnee ostruttive del sonno

Saffi Ettore Giustini1, Antonio Sanna2

1 Medico di Medicina Generale, Modulo eCCM Montale (PT); Consulente AIFA Cure Primarie; Delegato nazionale Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) al TavoloTecnico Interdisciplinare Sonnolenza e Sicurezza nei pazienti OSAS; 2 Dirigente Medico, U.O. Pneumologia, Azienda USL 3, Pistoia; Delegato nazionale Associazione Interdisciplinare Medicina Apparato Respiratorio (AIMAR) al TavoloTecnico Interdisciplinare Sonnolenza e Sicurezza nei pazienti OSAS

29Rivista Società Italiana di Medicina Generalen.4>>> 2013

mentato rischio cardiovascolare tale valore soglia è comunque considerato diagnostico anche in assenza di sintomi 9. La OSAS è la più frequente causa medi-ca di eccessiva sonnolenza diurna (ESD) e con questa è responsabile del 21,9% degli incidenti stradali 10. I soggetti che ne sono affetti hanno un rischio per incidente stradale da 2 a 7 volte superiore a quello osservato nei soggetti sani 11 12. Tale rischio è più che doppio rispetto a quello imputa-bile all’abuso di alcool e/o al consumo di ansiolitici o cannabis 13. Studi recenti indi-cano che la OSAS è un significativo fattore di rischio anche per infortuni sul lavoro e ridotta performance lavorativa 14-16. È inoltre fattore di rischio per insufficienza respira-toria 17, ipertensione arteriosa sistemica e mordidità cardio- e cerebrovascolare 18 19. Il trattamento, oltre a misure di ordine gene-rale quali la riduzione del peso corporeo, evi-tare l’assunzione di alcool o ipnotici prima di andare a letto, evitare il fumo di siga-retta, trattare i processi infiammatori delle prime vie aeree, evitare il decubito supino durante il sonno, consiste di terapie speci-fiche tutte finalizzate a garantire la pervietà faringea durante il sonno 2 9. L’applicazione di una pressione positiva continua nelle vie aeree (CPAP) assicura la scomparsa o quantomeno la significativa riduzione del numero e durata delle apnee e ipopnee ostruttive sonno-correlate  20. Diminuisce inoltre il numero di incidenti stradali ai valori osservati nella popolazione genera-

La sindrome dell’apnea ostruttiva nel sonno (OSAS) è caratterizzata da ricorrenti episo-di sonno-correlati di ostruzione completa o parziale del rino- e/o dell’orofaringe, rispet-tivamente indicati come apnea e ipopnea, causa di alterazioni dello scambio gassoso, dell’emodinamica cardiovascolare e dell’ar-chitettura del sonno 1 2. Una qualsiasi modi-ficazione anatomica delle prime vie aeree combinata ad alterazioni neurofunzionali del controllo dei muscoli del distretto rino- e orofaringeo ne è la causa 3-5. L’obesità è il suo maggiore fattore di rischio; altri fattori di rischio modificabili sono il consumo di alcool e il fumo di sigarette. Non modifica-bili sono invece il sesso maschile, la meno-pausa, la razza nera e l’età 6. La OSAS ha una prevalenza che tra i 30 e 60 anni arriva fino al 24% nel sesso maschile e al 9% in quello femminile 7. Applicando tali dati alla Medicina Generale il numero dei soggetti che ne sono affetti è compreso tra i 90 e i 240 ogni mille assistiti. Il russamento abituale e persistente, le pause respiratorie durante il sonno, la son-nolenza diurna, i risvegli con sensazione di soffocamento, sono i sintomi caratterizzanti tale quadro sindromico 8. Questa sintoma-tologia, associata a documentazione poli-sonnografica notturna di almeno 5 eventi ostruttivi (apnea, ipopnea o risvegli asso-ciati a sforzo respiratorio) per ora di sonno, è diagnostica per OSAS 9. Poiché un dato strumentale pari a 15 o più eventi ostruttivi per ora di sonno è associato a un incre-

le 21-23 ed è sempre maggiore l’evidenza che corregge l’insufficienza respiratoria, riduce il rischio cardio- e cerebrovascola-re e migliora i deficit neurocognitivi  2 24-27. Anche perché riduce il numero delle visite mediche, dei giorni di ricovero, del consu-mo dei farmaci e la mortalità, la CPAP è ancora oggi considerato il trattamento di prima scelta della OSAS  2  9  24  25. A causa dell’incremento dell’incidenza e prevalenza dell’obesità patologica 28 è sempre più fre-quente documentare nello stesso individuo apnee e/o ipopnee e insufficienza respira-toria ipossiemico-ipercapnica da ipoventila-zione 29. In questi casi la somministrazione di un doppio livello di supporto pressorio, una vera e propria ventilazione meccanica non invasiva (NIV), risolve o meglio corregge rispetto alla CPAP, l’ipoventilazione e l’insuf-ficienza respiratoria 30. Non tutti i soggetti OSAS accettano di essere trattati con una CPAP o con una NIV, o non si adattano a tale modalità terapeutica 31. In questi casi il rimodellamento chirurgico delle prime vie aeree o l’applicazione di dispositivi orali sono valide alternative terapeutiche avendo come obiettivo il miglioramento del quadro clinico-strumentale e, nel caso dei dispositivi orali, una migliore adesione alla terapia 2 9.Poiché di lunga durata e abitualmente a lenta progressione la OSAS soddisfa i cri-teri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la definizione di malattia croni-ca 32. I sistemi sanitari dei paesi economi-

OSAS S.E. Giustini, A. Sanna

30 Rivista Società Italiana di Medicina Generale

camente avanzati prevedono che i soggetti con malattia cronica siano intercettati con screening di primo livello, diagnostica-ti precocemente, e quindi stratificati per livello di rischio e danno d’organo 32. Sono diversi gli strumenti validati per lo screening della OSAS e della ESD. Tra questi il Berlin Questionnaire, costruito appositamente per lo screening della OSAS nell’ambulatorio del medico di medicina generale (MMG) 33, e la Epworth Sleepiness Scale  34, per lo scree-ning della ESD nella popolazione generale, sono validati in lingua italiana 35, autosom-ministrati, e non sono time or money consu-ming. Sono quindi disponibili strumenti che rendono possibile lo screening sul territorio in modo sostenibile per il MMG e che faci-litano l’emersione di un quadro clinico che, sulla base dei dati di prevalenza interna-zionalmente noti, in Italia appare sottodia-gnosticato. Successivamente alla conferma diagnostico-strumentale e all’eventuale prescrizione del trattamento il MMG, d’in-tesa e in collaborazione con gli specialisti coinvolti nella gestione della OSAS, è figura centrale nella prevenzione e gestione delle complicanze cardio- e cerebrovascolari caratterizzanti la storia naturale della OSAS quando non diagnosticata o trattata in modo ottimale 36. Pur non essendo la OSAS, in Italia, ufficial-mente riconosciuta quale fattore di rischio per incidenti stradali e sul lavoro, è sempre più attuale l’attenzione del medico legale e del medico competente nel ricercarla e valu-tarla quando venga loro chiesto un giudizio di idoneità psico-fisica. L’acquisizione dei dati utili alla formulazione di tale giudizio ha inizio con il certificato anamnestico, redatto dal MMG, e si completa con il contributo del neurologo, odontoiatra, otorinolaringoiatra e pneumologo, se richiesto dalla commissio-ne medica locale 37. Il ruolo del MMG nella gestione del soggetto OSAS non è quindi confinato alla sola cura di un problema di salute del proprio assistito ma si sostanzia nella necessità di assolvere obblighi normati-vi stabiliti dal codice della strada 37. Nei paesi economicamente avanzati è documentata la difficoltà nell’accesso alla diagnosi e cura della OSAS 38. Una valu-tazione realizzata in Toscana indica pari a circa 300 giorni il tempo medio tra la pre-notazione della prima visita e l’inizio del

trattamento domiciliare con CPAP 39. Pur nell’attesa di norme che la riconoscano fattore di rischio per incidenti stradali e sul lavoro la crescente attenzione dedicata alla OSAS quando venga richiesto un giudizio di idoneità psico-fisica, ne sta rendendo sem-pre più difficoltoso l’accesso alla diagnosi e cura. Consapevoli di tali problematiche la Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) d’in-tesa con l’Associazione Interdisciplinare Medicina Apparato Respiratorio (AIMAR), l’Associazione Italiana Medicina del Sonno (AIMS), il Coordinamento Medici Legali Aziende Sanitarie (COMLAS), la Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale (SIMLII), la Società Italiana Medicina del Sonno Odontoiatrica (SIMSO), la Società Italiana di Neurologia (SIN), la Società Italiana di Otorinolaringoiatria (SIO) e la Direzione Medica di Rete Ferroviaria Italiana, partecipa al Tavolo Tecnico Interdisciplinare (TTI) Sonnolenza e Sicurezza nei pazienti OSAS. Tale TTI ha tra i suoi obiettivi, finalizzati alla formula-zione del giudizio di idoneità psico-fisica alla guida o lavorativa, l’armonizzazione dei linguaggi, delle informazioni e delle moda-lità operative delle diverse figure sanitarie deputate alla diagnosi e cura della OSAS, la condivisione e implementazione di per-corsi clinico-assistenziali sostenibili per il sistema sanitario, la produzione di proposte normative da offrire al legislatore. È atte-so che il TTI, oltre al raggiungimento degli obiettivi di cui sopra, permetta al MMG e a tutte le altre figure mediche coinvolte per quanto di loro competenza nella gestione medica e normativa del soggetto affetto da OSAS, di semplificare la parte burocratica e amministrativa rendendo più facilmente e più rapidamente fruibile l’accesso alla diagnosi e alla cura per i malati affetti da questa importante malattia.

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OSAS La Medicina Generale e la sindrome delle apnee ostruttive del sonno

31Rivista Società Italiana di Medicina Generale

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36 Marin JM, Carrizo SJ, Vicente E, et al. Long-term cardiovascular outcomes in men with obstructive sleep apnoea-hypopnoea with or without treatment with continuous positive airway pressure: an observational study. Lancet 2005;365:1046-53.

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OSAS

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TI

Il Tavolo Tecnico Interdisciplinare (TTI) Sonnolenza e Sicurezza nei pazienti OSAS

Saffi Ettore GiustiniDelegato SIMG

32 Rivista Società Italiana di Medicina Generale n.4>>> 2013

conseguimento della patente di guida) della Direttiva 91/439/CEE, riferimento normativo obbligato per i codici della strada di tutti gli stati membri. In ambito comunitario l’Italia è per questo rappresentata dalla Direzione Medica di Rete Ferroviaria Italiana (RFI) su delega del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. In Italia, pur non essendo la OSAS formal-mente riconosciuta quale fattore di rischio per incidenti stradali e sul lavoro, è sempre più attuale l’attenzione del medico legale e del medico competente nel ricercarla e valutarla quando venga loro chiesto un giu-dizio di idoneità psico-fisica. Già nel 2010 il Coordinamento Medici Legali Aziende Sanitarie (COMLAS) ha concretizzato il suo interesse a quest’argomento dedicando un intero capitolo delle sue “Linee guida per gli accertamenti in ambito Commissione Medica Locale” alla valutazione dell’idonei-tà psico-fisica alla guida dei soggetti OSAS. L’acquisizione dei dati utili alla formulazio-ne di tale giudizio ha inizio con il certificato anamnestico, redatto dal medico di medicina generale, e si completa con il contributo del neurologo, odontoiatra, otorinolaringoiatra e pneumologo, tutti protagonisti nel porre dia-gnosi di OSAS e nel curarla. Recenti valutazioni condotte in diverse aree territoriali dell’Italia indicano la reale e signi-ficativa difficoltà nell’accesso alla diagnosi e cura. È infatti spesso di molti mesi l’interval-lo di tempo tra la prenotazione della prima visita e l’inizio del trattamento, in particolare quello domiciliare con CPAP. Pur nell’attesa di norme che la riconoscano fattore di rischio per incidenti stradali e sul lavoro la crescente attenzione dedicata alla OSAS quando venga

La sindrome dell’apnea ostruttiva nel sonno (OSAS) è caratterizzata da russamento abi-tuale e persistente, pause respiratorie ed eccessiva sonnolenza diurna (ESD). Riconosce l’obesità quale maggiore fattore di rischio e si osserva in entrambi i sessi con una prevalenza che tra i 30 e 60 anni arriva fino al 9% in quel-lo femminile ed al 24% in quello maschile. È la più frequente causa medica di ESD e con que-sta è responsabile del 21,9% degli incidenti stradali. I soggetti OSAS hanno un rischio per incidente stradale da 2 a 7 volte superiore a quello osservato nei soggetti sani. Tale rischio è più che doppio rispetto a quello imputabile all’abuso di alcol e/o al consumo di ansiolitici o cannabis. Più recenti studi indicano che la OSAS è un significativo fattore di rischio anche per infortuni sul lavoro e ridotta performance lavorativa. Un’analisi condotta con il contributo dell’Istituto Superiore di Sanità ha stimato pari a euro 838.014.400 e 101.083.761 i costi socio-sanitari per anno attribuibili rispettiva-mente ad incidenti stradali e lavorativi nei sog-getti OSAS. Il loro trattamento con applicazio-ne di una pressione positiva continua nelle vie aeree abbatte il numero di incidenti stradali ai valori osservati nella popolazione generale con riduzione dei costi sanitari diretti ed indiretti. Più recenti studi indicano che tale trattamento riduce anche il numero di incidenti domestici e sul lavoro.Sulla base di tali dati è atteso che l’ottimale gestione sanitaria, anche relativa all’idonei-tà psico-fisica alla guida dei soggetti affetti da OSAS, riduca l’infortunistica stradale dei cittadini residenti in Europa. Per questo la Comunità Europea ha recentemente avviato le valutazioni per l’inserimento della OSAS nell’allegato III (requisiti fisici e psichici per il

richiesto un giudizio di idoneità psico-fisica, ne sta rendendo sempre più difficoltoso l’ac-cesso alla diagnosi e cura. Consapevoli di tali problematiche diverse società scientifiche e la Direzione Medica di RFI partecipano al Tavolo Tecnico Interdisciplinare Sonnolenza e Sicurezza nei pazienti OSAS. L’Associazione Interdisciplinare Medicina Apparato Respiratorio (AIMAR), l’Associa-zione Italiana Medicina del Sonno (AIMS), il COMLAS, la Società Italiana di Medicina Generale (SIMG), la Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale (SIMLII), la Società Italiana Medicina del Sonno Odontoiatrica (SIMSO), la Società Italiana di Neurologia (SIN), la Società Italiana di Otorinolaringoiatria (SIO) e la Direzione Medica di RFI hanno individuato ed approva-to gli obiettivi da perseguire e raggiungere. Questi sono: 1) armonizzare i linguaggi e le modalità operative delle diverse figure medi-che deputate alla diagnosi e cura della OSAS quando finalizzate alla formulazione del giudi-zio di idoneità psico-fisica alla guida o lavora-tiva; 2) produrre percorsi clinico-assistenziali finalizzati alla valutazione dell’idoneità psico-fisica alla guida o lavorativa che siano facil-mente e rapidamente fruibili per il cittadino e sostenibili per il sistema sanitario; 3) produrre proposte normative da offrire al legislatore italiano ed in sede comunitaria. Il Tavolo Tecnico Interdisciplinare Sonnolenza e Sicurezza nei pazienti OSAS, primo esempio in Italia di integrazione paritetica fra professionisti e rappresentanti delle istituzioni deputate alla produzione di norme in materia di idoneità psi-co-fisica, è pienamente operativo dal mese di gennaio del corrente anno. (28 marzo 2013).

Anem

ia

Anemia e terapia marzialeI dati di Health Search - Società Italiana di Medicina GeneraleHighlights Simposio - Relatore: Adriana MasottiCongresso Nazionale SIMG 2012

Ovidio BrignoliSocietà Italiana di Medicina Generale

Rivista Società Italiana di Medicina Generalen.4>>> 2013 33

Database Health Search: prevalenza dell’anemia sideropenica in ItaliaHS è l’unico database della Medicina Generale validato a livello nazionale e inter-nazionale ed è attivo dal 1998; esso contie-ne attualmente i dati clinici di circa un milio-ne di persone distribuite uniformemente sul territorio nazionale, raccolti da oltre 1.000 medici di medicina generale (MMG).Lo studio della prevalenza dell’anemia sideropenica nel database HS ha preso in considerazione i dati dal 2007 al 2011 compresi; i dati più recenti, quelli relativi al 2011, saranno considerati come base per l’esposizione. I dati presi in considerazione riguardavano l’anemia sideropenica codificata secon-do l’International Classification of Disease (codice ICD-9: 280) e quella non codifica-ta, quest’ultima individuata dalla presenza contemporanea di anemia (Hb < 12 g/dl nelle femmine, < 13 nei maschi), microcito-si (MCV < 80 fl) e ipoferritinemia (< 12 ng/ml nelle femmine, < 20 nei maschi). Per anemia “non codificata” si intendono i casi nei quali il medico registra la patologia “anemia” NON utilizzando il codice ICD-9 per la codifica della stessa.I dati relativi alla prevalenza di anemia si intendono riferiti all’anno 2011.L’andamento della prevalenza dell’ane-mia sideropenica si dimostra crescente all’aumentare dell’età e riveste particolare

IntroduzioneLa carenza marziale è considerata una delle più importanti sindromi da malnutrizione ed è l’unico tipo di malnutrizione ancora signi-ficativamente diffuso nelle nazioni indu-strializzate 1. L’anemia sideropenica che ne deriva è la forma più comune di anemia, rappresentandone circa il 50% dei casi, ed è una patologia molto diffusa: i dati epide-miologici indicano che essa colpisce circa 500 milioni di persone nel mondo e si stima che possa causare ogni anno oltre 800.000 morti, prevalentemente in Africa e in Asia 2. Negli Stati Uniti, tra gli adulti interessa circa il 12% delle donne in premenopausa non gravide e il 2% degli uomini. Oltre che da un punto di vista clinico, l’anemia sideropenica ha una notevole rilevanza sociale, in quanto non solo limita la crescita e l’apprendimen-to nel bambino, ma riduce anche la capaci-tà lavorativa dell’adulto. Purtroppo gli studi osservazionali ed epi-demiologici esistenti riguardano principal-mente i paesi del terzo mondo; gli studi effettuati in occidente sono stati condotti su popolazioni estremamente selezionate (popolazioni pediatriche, pazienti in dialisi, ecc.). In questo lavoro saranno presentati i dati relativi a un campione rappresentativo della popolazione italiana, provenienti dal database di Health Search (HS), riguardanti l’anemia sideropenica e la terapia marzia-le; tali dati sono stati confrontati con quelli provenienti dalla letteratura internazionale.

evidenza nella popolazione femminile nella fascia di età 35-54 anni, cioè in quel-la fascia di popolazione che racchiude le donne in età fertile e in fase premenopau-sale (Figg. 1, 2). È possibile inoltre osservare come nella popolazione anziana il trend è sovrappo-nibile nei due sessi, anche se le femmine sono più esposte, perché anche nel caso in cui non presentino una carenza marzia-le manifesta hanno depositi di ferro meno abbondanti.Nella popolazione con anemia sideropeni-ca, il 59% dei soggetti è rappresentato da donne con età < 55 anni, il 25% da donne con età ≥ 55 anni e solo il 16% da maschi (Fig. 2).

Aspetti fisiopatologiciDal punto di vista fisiopatologico 4, il patri-monio di ferro di un individuo adulto è pari a 3-5 g: gran parte del ferro (circa il 68%) è legato all’eme sotto forma di emoglobina, in piccola parte è contenuto nella mioglobi-na e in enzimi ossidativi (5%), per la parte restante è ferro di deposito contenuto nella ferritina e nella transferrina (27%, pari a circa 1 g). Per quanto riguarda il ricambio giornaliero, le perdite sono dovute all’escre-zione con le urine e il sudore e al ricambio cellulare (in particolare a livello dell’epider-mide e della mucosa intestinale); tali per-dite ammontano a 1 mg al giorno e sono compensate da un assorbimento giornalie-ro equivalente, pari a circa il 10% dell’in-

Anemia O. Brignoli

Rivista Società Italiana di Medicina Generale34

troito alimentare (una dieta varia contiene circa 15-30 mg di ferro). Nella donna in età fertile, le mestruazioni fanno aumentare le perdite di ferro a una media di circa 3 mg al giorno, rendendo più difficile il reintegro con la dieta.Le cause di carenza marziale e di anemia sideropenica sono costituite da un aumen-tato fabbisogno di ferro (accrescimento cor-poreo nei giovani, mestruazioni, gravidanza e parto, allattamento), da aumentate perdi-te (menorragia, emorragie gastrointestinali, interventi chirurgici), da ridotta assunzione (diete squilibrate o carenti, vegetariane, alcolismo, età avanzata) o da ridotto assor-bimento (celiachia, patologie gastroduode-

nali, gastroresezione o bypass intestinale, insufficienza renale).La carenza marziale lieve o moderata in assenza di anemia 5, caratterizzata dalla sola ipoferritinemia, è più frequente (secon-do alcuni fino a 3 volte) dell’anemia sidero-penica; i suoi sintomi sono costituiti da per-dita di capelli, affaticamento, intolleranza al freddo, irritabilità. Il test diagnostico fonda-mentale è rappresentato dalla determina-zione della ferritina sierica, che rappresenta un ottimo indice delle riserve di ferro. Lo screening della popolazione generale non è raccomandato e i potenziali pazienti vanno identificati attraverso la storia clinica e la valutazione dei sintomi.

Diagnosi: linee guida e indagine Health SearchI dati HS sulla diagnostica dell’anemia sideropenica sono stati confrontati con le linee guida internazionali contenute in due lavori recenti: il primo a cura della British Columbia Medical Association del Canada 6 sulla carenza marziale e l’altro della British Society of Gastroenterology 7 sull’anemia sideropenica.Le linee guida sull’anemia sideropenica 7, con un grado di raccomandazione A in tutti i maschi e B nelle femmine dopo la meno-pausa, consigliano di prendere in conside-razione l’esecuzione di una gastroscopia e una colonscopia, a meno che non vi sia un’anamnesi di significative perdite emati-che non gastrointestinali.È noto che le principali cause di sanguina-mento occulto gastrointestinale nei pazienti con anemia sideropenica sono rappre-sentate, nell’ordine, dall’utilizzo di FANS, dal carcinoma del colon o dello stomaco, dall’ulcera peptica e dall’angiodisplasia 3. Nell’analisi del database di HS si conferma questa correlazione diretta tra utilizzo di FANS e prevalenza di anemia sideropenica dal momento che si osserva un’aumentata percentuale di pazienti che abbiano avuto una prescrizione di FANS nella popolazio-ne con anemia sideropenica (27,2%) vs. la popolazione generale del database (22,7%).Questa correlazione diretta è conferma-ta anche dall’aumentata percentuale di pazienti che abbiano ricevuto tre prescri-zioni di FANS nella popolazione con ane-mia sideropenica (7,7%) vs. la popolazione generale del database (5,7%).Inoltre, nella popolazione esaminata da HS, la percentuale di pazienti affetti da ane-mia sideropenica ai quali è stato prescrit-to almeno una volta nell’anno 2011 una gastroscopia o una colonscopia è stata solo del 5%, con una leggera prevalenza del sesso maschile in tutte le fasce di età e in particolare fra i 55 e i 74 anni.Andando a esaminare la percentuale di pazienti affetti da anemia sideropenica ai quali è stato prescritto almeno una volta negli ultimi 5 anni una gastroscopia o una colonscopia, le percentuali aumentano in maniera significativa, attestandosi intorno al 30% nei maschi e nelle femmine in meno-

Figura 1.

Prevalenza di anemia sideropenica (codificata e non codificata) nel database Health Search, suddivisa per sesso e fascia di età. Anno 2011.

Figura 2.

Prevalenza di anemia sideropenica (codificata e non codificata) di sesso maschile e femminile distinto per fascia d’età. Anno 2011.

%

15-24 25-34 35-44 45-54 55-64 65-74 75-84 ≥ 85

Maschi 1,7 0,9 0,7 0,9 1,1 2 3,9 6,1

Femmine 5,7 7,3 9,3 10,5 5,2 3,4 5,7 7,5

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

25%16%

59%

Maschi

Femmine < 55 anni

Femmine ≥ 55 anni

AnemiaAnemia e terapia marziale

Rivista Società Italiana di Medicina Generale 35

pausa e intorno al 16-17% nelle femmine in premenopausa.Le linee guida sull’anemia sideropenica 7 8 indicano inoltre che lo screening sierologico per la celiachia (anticorpi anti-transglutami-nasi tissutale) dovrebbe essere eseguito in tutti i pazienti, con un grado di evidenza B, dal momento che nei soggetti con anemia sideropenica la probabilità di diagnosi di celiachia è relativamente elevata (intorno al 5%) 9.Al contrario, nel database di HS la per-centuale di casi di celiachia rilevata nella popolazione con anemia sideropenica si attesta all’1,6% nell’anno 2011, mentre la prevalenza osservata in tutta la popolazione HS è risultata dello 0,5% (Fig. 3); tali dati indicano una netta sottostima della preva-lenza della celiachia, probabilmente dovu-ta al fatto che il test viene eseguito troppo raramente, come dimostra il fatto che solo il 2,4% dei pazienti con anemia sideropenica è stato sottoposto al test per la celiachia.

TrattamentoLo scopo del trattamento dell’anemia sidero-penica è quello di ottenere la normalizzazione del livello di emoglobina e del volume eritro-citario e il ripristino delle riserve di ferro nei depositi, oltre che di rimuovere e correggere con un intervento mirato la causa scatenan-te. Per quanto riguarda la gestione della tera-pia marziale, la terapia orale è più sicura per il paziente e ha un migliore rapporto costo/efficacia rispetto a quella parenterale. Si devono preferire i composti di ferro allo stato bivalente (ferroso) 1 8, che sono assorbiti meglio dello ione trivalente, scegliendo il pre-parato sulla base della tolleranza individuale. La dose terapeutica può variare da 100 a 200 mg di ferro elemento al giorno in una o due dosi, preferibilmente a stomaco vuoto. Il controllo della risposta alla terapia richiede l’esecuzione di un esame emocromo dopo 2-4 settimane, che dovrebbe mostrare un incremento dei livelli di emoglobina di 1-2 g/dl 8 10. Se il dosaggio terapeutico è appropria-to e la causa del deficit di ferro è stata rimos-sa, si ottiene la correzione dell’anemia in 2-4 mesi, anche se è opportuno continuare il trattamento per altri 4-6 mesi per ripristinare le riserve di ferro 10. L’analisi condotta sul database HS analiz-

zando il periodo 2007-2011 ha permes-so di evidenziare come la percentuale di pazienti affetti da anemia sideropenica che abbiano ricevuto almeno una prescrizione all’anno di terapia marziale orale, risulti sempre inferiore al 20% (15% nell’anno 2011) (Fig. 4). Allo stesso modo nello stes-so arco temporale la percentuale di pazienti affetti da anemia sideropenica che hanno ricevuto almeno tre prescrizioni di terapia marziale orale in un anno è molto più bassa ed è di poco superiore al 3% (Fig. 5).I dati di HS evidenziano quindi chiaramente come venga attuato un insufficiente tratta-mento farmacologico del paziente affetto da

anemia sideropenica con terapia marziale orale.Di conseguenza questi dati sicuramen-te impongono alla Medicina Generale una riflessione sul perché vi sia un tale sotto-trattamento, sia esso legato a una sottova-lutazione dei rischi collegati all’anemia che basato su considerazioni riconducibili alla scarsa tollerabilità dei farmaci disponibili in commercio.

Tollerabilità della terapia marziale e aderenza al trattamento

È quindi plausibile che i dati di HS riflettano anche una ridotta aderenza al trattamento

Figura 3.

Confronto popolazione generale di Health Search vs. popolazione generale di Health Search con anemia sideropenica per prevalenza di persone con problema celiachia. Anno 2011.

% d

i pop

olaz

ione

con

cel

iach

ia

Popolazione HS con anemia sideropenica

Popolazione HS0

0,5

1

1,5

2

2,5

2,4%Percentuale di pazienti affetti da anemia sideropenica ai quali è stato

prescritto almeno una volta il test per la celiachia nell’anno 2011

Figura 4.

Percentuale di pazienti affetti da anemia con prescrizione di terapia marziale orale (almeno una prescrizione in ciascun anno).

0

5

10

15

20

25

30

2007 2008 2009 2010 2011

Anemia sideropenica 19 18,3 18,4 17,2 15

%

Anemia O. Brignoli

Rivista Società Italiana di Medicina Generale36

da parte dei pazienti, dovuto alla scarsa tol-leranza alla terapia marziale per os: in effet-ti il problema dell’intolleranza alla supple-mentazione orale di ferro è molto comune e si manifesta con nausea, vomito, dispepsia, che sono dose-dipendenti, oltre a stipsi e diarrea. Per ridurre i sintomi è opportuno iniziare con dosaggi più bassi e aumentarli in 4-5 giorni, frazionare il dosaggio giorna-liero e/o assumere il ferro ai pasti, anche se ciò determina una riduzione dell’assor-bimento.La scarsa tolleranza al trattamento, che si traduce in una ridotta compliance (adesio-ne al trattamento) da parte del paziente, è chiaramente testimoniata da un altro dato rilevato dal database di HS: solamente il 6% dei pazienti affetti da anemia sideropenica

aveva almeno uno switch (cioè il passaggio da un preparato farmaceutico a un altro) di terapia marziale orale nel corso degli anni presi in considerazione (Fig. 6).Il solfato ferroso è, come indicato dall’OMS, il preparato di riferimento per la terapia marziale orale ma allo stesso tempo è il preparato che presenta maggiori eventi avversi a livello gastrointestinale 11. Va segnalata la recente introduzione sul mercato italiano di un farmaco a base di solfato ferroso 80 mg unito a un comples-so polimerico (nome commerciale Tardyfer, classe di rimborsabilità A), che dimostra un superiore profilo di tollerabilità rispetto agli altri preparati orali determinando quindi una superiore compliance da parte del paziente.Una recente metanalisi effettuata su oltre

10.000 pazienti, indica che questo prepara-to ha un’incidenza di eventi avversi a livello gastrointestinale pari al 3,7%, nettamente inferiore (p < 0,002) rispetto alle altre for-mulazioni di ferro 11. In conclusione, i dati epidemiologici sull’a-nemia sideropenica e la carenza marziale provenienti dal database HS confermano quelli presenti nella letteratura internazio-nale. È evidente che solo una minoranza dei pazienti affetti da anemia sideropenica viene trattato farmacologicamente, proba-bilmente anche a causa della scarsa tolle-rabilità gastrointestinale delle preparazioni attualmente in commercio.La recente disponibilità, in fascia A del prontuario terapeutico SSN, di una nuova formulazione di solfato ferroso a rilascio prolungato, dotata di ottima biodisponibilità ed eccellente tollerabilità, può consentire un trattamento efficace della carenza marzia-le con una buona compliance da parte del paziente.

Bibliografia1 Stoltzfus RJ, Dreyfuss ML. Guidelines for

the use of iron supplements to prevent and treat iron deficiency anemia. International Nutritional Anemia Consultative Group (INACG), World Health Organization (WHO), United Nations Childrens Fund (UNICEF). ILSI Press 1998.

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3 Rockey DC. Occult and obscure gastrointestinal bleeding: causes and clinical management. Nat Rev Gastroenterol Hepatol 2010;7:265-79.

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6 British Columbia Medical Association guidelines: Iron Deficiency - Investigation and Management. http://www.bcguidelines.ca/pdf/iron_deficiency.pdf.

7 Goddard AF, James MW, McIntyre AS, et al.; British Society of Gastroenterology. Guidelines for the management of iron deficiency anaemia. Gut 2011;60:1309-16.

8 Clark SF. Iron deficiency anemia: diagnosis and management. Curr Opin Gastroenterol 2009;25:122-8

9 Hershko C, Skikne B. Pathogenesis and

Figura 5.

Percentuale di pazienti affetti da anemia con prescrizione di terapia marziale orale (almeno tre prescrizioni in ciascun anno).

Figura 6.

Percentuale di pazienti affetti da anemia con switch di terapia marziale orale (almeno due molecole prescritte in ciascun anno).

0

0

1

2

2

4

3

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4

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6

12

2007 2008 2009 2010 2011

Anemia sideropenica 3,4 3,4 3,6 3,4 3,1

2007 2008 2009 2010 2011

Anemia sideropenica 6,3 6,5 6,2 5,9 6,3

%

%

AnemiaAnemia e terapia marziale

Rivista Società Italiana di Medicina Generale 37

management of iron deficiency anemia: emerging role of celiac disease, Helicobacter pylori, and autoimmune gastritis. Semin Hematol 2009;46:339-50.

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11 Cancelo-Hidalgo MJ, Castelo-Branco C, Palacios S, et al. Tolerability of different oral iron supplements: a systematic review. Curr Med Res Opin 2013;29:291-303.

1. Lo scopo del trattamento dell’anemia sideropenica è di ottenere la normalizzazione del livello di emoglobina e del volume eritro-citario e il ripristino delle riserve di ferro nei depositi, oltre che di rimuovere e correggere la causa scatenante

2. La terapia marziale per os è più sicura per il paziente e ha un migliore rapporto costo/efficacia rispetto a quella parenterale

3. Secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, si dovrebbero preferire i composti di ferro allo stato bivalente (ferroso), che sono assorbiti meglio dello ione trivalente, scegliendo il preparato sulla base della tolleranza individuale

4. La dose terapeutica può variare da 100 a 200 mg di ferro elemento al giorno in una o due dosi, preferibilmente a stomaco vuoto

5. Il problema della scarsa tolleranza alla terapia marziale per os è molto comune e si manifesta con nausea, vomito, dispepsia, che sono dose-dipendenti, oltre a stipsi e diarrea; gli effetti collaterali con il solfato ferroso sono presenti in circa il 32% dei pazienti

6. Per ridurre i sintomi è opportuno iniziare con dosaggi più bassi e aumentarli in 4-5 giorni, frazionare il dosaggio giornaliero e/o assumere il ferro ai pasti, anche se ciò determina una riduzione dell’assorbimento

7. La carenza marziale lieve o moderata in assenza di anemia, caratterizzata dalla sola ipoferritinemia, è più frequente dell’anemia sideropenica conclamata e si accompagna a sintomi come perdita di capelli, affaticamento, intolleranza al freddo, irritabilità

8. La terapia marziale deve essere proseguita a lungo (per almeno 4-6 mesi), per cui appare particolarmente importante disporre di preparati che consentono una maggiore aderenza al trattamento

9. La recente disponibilità in fascia A di una formulazione di solfato ferroso più complesso polimerico (che ne garantisce un assor-bimento prolungato), dotata di ottima biodisponibilità ed eccellente tollerabilità, può consentire un trattamento efficace della carenza marziale con una buona aderenza al trattamento da parte del paziente

Messaggi chiave

Riac

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Le riacutizzazioni di BPCO e strategie preventive

Gianfranco Sevieri1, Pierpaolo Isidori21 Specialista Malattie Apparato Respiratorio, International Fellow American College of Chest Physicians;

2 Responsabile U.O.S.D. Pneumologia, A.O. “Ospedali Riuniti Marche Nord”, Presidio di Fano (PU)

Rivista Società Italiana di Medicina Generale n.4>>> 201338

(fumatori, fumatori discontinui ed ex fumatori), ha confermato che una sola riacutizzazione è in grado di incrementare il declino del FEV1 di 7 ml/anno 5.

Questi eventi acuti sono inoltre responsa-bili di una percentuale significativa di visite mediche, di accessi in Pronto Soccorso e in particolar modo di ospedalizzazioni 1, che si rendono necessarie per quei pazienti che presentano una funzionalità respiratoria più compromessa (FEV1 < 40%) e/o per il falli-mento della terapia domiciliare, con impor-tanti ripercussioni sulla spesa sanitaria 6. In Italia il costo medio annuo è di € 2.100 a paziente, le visite specialistiche e gene-rali variano da 3 a 5 all’anno, un terzo dei pazienti non trae beneficio in qualità della vita (QoL), mentre i ricoveri per riacutizza-zioni di BPCO sono triplicati nel quinquen-nio 2000-2005 con una mortalità pari a 5.5/100.000 abitanti 7.

Fattori che incrementano il rischioLa tosse e il catarro cronici 8, la gravità della broncocostrizione (FEV1), la scarsa qualità di vita, la presenza di reflusso gastroeso-fageo, l’incremento dei leucociti sono stati identificati come potenziali fattori di rischio nello studio Eclipse 9. Ulteriori fattori capaci di ridurre le difese immunitarie sono risultati la presenza di comorbilità 10 e, in particola-re, la colonizzazione batterica 11 favorita dal

Introduzione

La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una condizione caratterizzata da ostruzione cronica delle vie aeree, costel-lata periodicamente da episodi di recrude-scenza dei sintomi respiratori già presenti in fase di quiescenza clinica della malattia.L’aumento della dispnea, della tosse, con abbondante produzione di escreato che spesso vira verso la purulenza, sono i segni che definiscono “clinicamente un episodio acuto“ che costringe il paziente a richiedere l’intervento medico e il curante a modificare e a rendere più aggressivo il trattamento. Questi episodi, paragonabili all’angina instabile, influenzano negativamente il decorso della BPCO perché accelerano il declino funzionale, foriero di ulteriori reci-dive facendo progredire la malattia verso l’insufficienza cardio-respiratoria 1. Se il paziente percepisce l’episodio come un evento che limita fortemente le sue nor-mali attività, la realtà è diversa e documenta non solo un deterioramento della funzione respiratoria, un aumento della flogosi nelle vie aeree con conseguente distruzione del tessuto polmonare 2, ma anche un aumen-tato rischio di morbilità e di mortalità a breve e a lungo termine 3 4.

Il Lung Health Study valutando le conse-guenze delle riacutizzazioni sul dato fun-zionale, per cinque anni in 6.000 pazienti

ristagno delle secrezioni e dalla continua esposizione ad agenti nocivi (fumo di siga-retta, inquinanti ambientali o occupazionali, infezioni virali) che alterano le difese natu-rali del polmone. I batteri che colonizzano le vie aeree dei pazienti con BPCO non sono semplici commensali o innocenti spettatori ma producono, nel loro interno, forti quan-tità di sostanze flogogene 12, che alimen-tano il sottostante processo infiammatorio, responsabile di un ulteriore danno anatomi-co e funzionale nel distretto respiratorio e di una caduta “aggiuntiva” dei poteri difensivi locali, creando pertanto un circolo vizioso capace di autoalimentarsi (Fig. 1) 13.

I batteri, pertanto, svolgono un ruolo importante sia come fattori stimolanti il decadimento funzionale in fase stabile della malattia, sia come agenti causali delle riacutizzazioni e, spesso come com-plicanza, di virosi respiratorie 14 15.

Gli altri agenti patogeni sono i virus che svolgono un ruolo importante sia nella insorgenza della BPCO sia come responsa-bili di riacutizzazioni. Innanzitutto le infezioni virali da adenovirus contratte durante l’infanzia e in età giova-nile possono rappresentare un reale fattore di rischio per lo sviluppo della BPCO in età adulta 16.Gli adenovirus, infatti, hanno la prerogativa di persistere, per lunghi periodi, in forma latente nelle cellule delle vie aeree renden-

Riacutizzazioni di BPCOLe riacutizzazioni di BPCO e strategie preventive

Rivista Società Italiana di Medicina Generale 39

dole più vulnerabili ai batteri e alle noxae esterne. In secondo luogo, più di un terzo degli episo-di acuti è da riferire a un’infezione virale 17.Infine, le lesioni anatomofunzionali e il peg-gioramento dell’infiammazione bronchiale provocati da questi microrganismi facilite-rebbero la proliferazione batterica culmi-nante poi nella riacutizzazione 17.

L’infezione virale, infatti, è responsabile di una riduzione transitoria delle difese dovuta all’effetto citopatico sulle cellu-le ciliate, indotto sull’epitelio bronchiale e sulle cellule immunocompetenti, che favorisce una maggiore adesività batte-rica alla mucosa respiratoria 17.

Tra i batteri, Haemophylus influenzae, Streptococcus pneumoniae, Moraxella catarrhalis, definiti “trio infernale”, sono i patogeni di più frequente riscontro sia durante la fase stabile della malattia sia in corso di riacutizzazione. L’H. influenzae resta, comunque, l’agen-te infettivo maggiormente isolato dalle vie aeree, con la peculiarità di riuscire non solo ad aderire alla mucosa bronchiale ma di penetrare all’interno delle sue cellule (internalizzazione) per proteggersi dall’azio-ne degli antibiotici e dall’attività battericida anticorpo mediata, trasformandosi in un “reservoir di infezione” in grado di incre-mentare una risposta infiammatoria che perpetua il circolo vizioso (Fig. 1) 18-20. Le indagini condotte in fibrobroncoscopia con catetere protetto 21 22 hanno documen-tato che durante un episodio acuto il nume-ro di colonie batteriche risulta più elevato e di conseguenza maggiore il rilascio di citochine infiammatorie (IL

6. IL

8, TNF

a, LTB

4,

proteina C reattiva) rilevabili nell’escreato e nel plasma 23 24 associate a incremento nelle vie aeree e nel sangue periferico di neutrofili 25 e di eosinofili 26, che contribui-scono al declino del FEV1, diretto responsa-bile di ulteriori recidive.La grave ostruzione (FEV

1 < 40%), le

comorbilità (cardiopatie di varia natura, diabete), l’impiego protratto di antibiotici a largo spettro o di steroidi orali, i frequen-ti accessi, per varie cause, in ospedale o abitudini voluttuarie (alcool, fumo) posso-no essere predittivi di altre specie batte-

riche infettanti quali enterobatteri Gram negativi (Klebsiella, E. coli, Enterobacter) o Pseudomonas 28 29. L’escreato purulento 30 31 diventa, invece, un importante indicatore di riacutizzazione ”batterica”.

La resistenza batterica Molte specie batteriche da diversi anni sono diventate resistenti a molti antibiotici: tale fenomeno, che ha assunto ormai dimen-sioni preoccupanti nel mondo, sarebbe da imputare allo spropositato, immotivato e talora non appropriato impiego degli anti-microbici.Questa pressione selettiva sui batteri asso-ciata alla mancata introduzione in commer-cio di nuovi preparati e sovente alla scarsa aderenza al trattamento antibiotico, spesso sospeso in anticipo rispetto alla prescrizio-ne, ha modificato nei patogeni la sensibilità agli antimicrobici.Queste mutazioni batteriche che Darwin definiva “selezione naturale” sono divenute causa di fallimenti terapeutici nel terzo mil-lennio e causa di morbilità e mortalità. I batteri si difendono e sono varie le moda-lità con cui essi possono affilare le loro armi …Oltre a una resistenza trasferibile che si attua mediante il passaggio di frammenti di DNA (plasmidi) da una cellula batterica all’altra, esiste una resistenza “acquisita” e una resi-stenza definita “fenotipica”, il biofilm. La resistenza “acquisita” insorge con diversi meccanismi:

1. i patogeni possono modificare il ber-saglio su cui agiscono gli antimicro-bici: per i b-lattamici il bersaglio sono le PBPs (Penicillin Binding Proteins), enzimi deputati alla sintesi della parete e alla morfologia batterica. S. pneumo-niae e Staphylococcus aureus attuano tale tipo di resistenza. Per i macrolidi il bersaglio è la subunità 50S riboso-miale di cui necessitano per attuare la sintesi proteica. S. pneumoniae diventa resistente modificando questo sito di attacco. Molti batteri alterano, invece, l’enzima DNA girasi, il bersaglio dei fluorochinoloni per impedire la loro replicazione;

2. altro tipo di resistenza è la produzione di b-lattamasi, enzimi inattivanti i beta-lattamici, messa in atto da H. influen-zae, M. catarrhalis e dagli enterobatteri Gram negativi, o di carbapemenasi, che inattivano i carbapenemici, attuata in particolare da Klebsiella pneumoniae. Inoltre, molte Enterobacteriaceae e diverse specie di Pseudomonas chiu-dono i pori della loro membrana ester-na impedendo il passaggio di molecole antimicrobiche. Se l’internalizzazione aveva rappresentato per i batteri un ulteriore potenziale rimedio per sfug-gire alla pressione degli antibiotici, prima dell’immissione nella farmaco-pea di macrolidi e fluorochinoloni, con il biofilm, definito la resistenza del terzo millennio, forse hanno raggiunto il loro obiettivo. Il biofilm è un ulteriore mezzo di difesa messo in atto, ormai, da molti

Figura 1.

Il circolo vizioso dell’infezione (da Sethi, 2005, mod. 27).

Infezione

Difese locali

Danno tissutale

Flogosi

Neutrofili

Riacutizzazioni di BPCO G. Sevieri, P. Isidori

Rivista Società Italiana di Medicina Generale40

patogeni implicati sia in patologia respi-ratoria sia in altre infezioni (rinosinusiti, prostatiti, uretriti, cistiti, ecc.). Questi microrganismi, dopo essersi ancorati alla superficie di diverse mucose oppu-re su materiali inerti (protesi, valvole cardiache, ecc.), iniziano una lenta fase moltiplicativa originando microcolonie che cominciano a secernere una matrice mucopolisaccaridica (slime) che impe-disce la penetrazione di antibiotici e li protegge dalle difese immunitarie dell’o-spite 32-35. All’interno di questa matrice sono scavati minuscoli canali d’acqua che si anastomizzano fra loro, formando una sorta di sistema circolatorio. I germi che vivono all’interno di questo microco-smo biologico, riescono a comunicare fra loro inviandosi molecole-messaggio (Quorum sensing) necessarie alla pro-duzione del biofilm, regolata genetica-mente, ma anche per liberare all’esterno ceppi particolarmente virulenti destinati a colonizzare altre sedi complicando e cronicizzando l’infezione. Il CDC di Atlanta (Centers for Disease Control and Prevention) stima che la formazione dei biofilm batterici sia implicata almeno nel 65-80% di tutte le infezioni.

Per fronteggiare tale fenomeno occorre, pertanto ottimizzare l’impiego di antibiotici “già esistenti“; questo rappresenta il più efficace approccio per ridurre la diffusione di batteri resistenti preservando l’efficacia degli antimicrobici.

La prescrizione di un antibiotico non deve essere un atto routinario, automatizza-to  …  la scelta deve essere fatta cono-scendo e valutando tutte le caratteristiche, efficacia, dosaggio, potenzialità e il giusto intervallo fra le dosi perché il successo terapeutico dipende dalla sua capacità di raggiungere, nella sede di infezione, una concentrazione efficace a produrre un effet-to battericida.Un antibiotico “ottimale” dovrebbe pos-sedere una rapida azione battericida, un ampio spettro di attività, eccellente profilo farmacocinetica/farmacodinamica, buona tollerabilità, possibilmente somministrato in dose singola, consentire una breve dura-ta di trattamento e una ridotta capacità a indurre resistenze.

Trattamento

Uno dei principali compiti che il trattamento deve assolvere è ridurre numero e gravità delle riacutizzazioni che i pazienti BPCO subiscono annualmente 36.Gli obiettivi terapeutici sono: alleviare i sintomi, in particolare la dispnea con l’impiego di broncodilatatori short acting di classi diverse (b-adrenergici e antico-linergici) per nebulizzazione 37; ridurre la flogosi mediante corticosteroidi orali che, oltre ad agire sull’edema e l’ipersecrezio-ne, incrementano sia la SLPI (Secretory Leucoproteinase Inhibitor) ad attività anti-virale e antibatterica, sia il FEV1 38 39. La presenza di espettorato purulento inve-ce giustifica l’impiego dell’antibiotico 40. In questo caso è fondamentale l’eradicazione batterica per evitare l’insorgenza di ceppi resistenti e un nuovo episodio dopo un breve periodo. Infatti, più si riduce il cari-co batterico nelle vie bronchiali, più lungo sarà il tempo necessario ai patogeni per moltiplicarsi e indurre una nuova riacutiz-zazione 41. Il trattamento antibiotico deve essere pre-coce e appropriato 42 onde evitare rischi certi (nuova visita, uso di un antimicrobico alternativo, nuove indagini, ospedalizzazio-ne, incremento costi) o potenziali (sviluppo di resistenza e fallimento con una moleco-la prima efficace).

Il ricorso all’antibiotico è giustificato in presenza dei 3 Criteri di Anthonisen (Fig. 2) e da pazienti con esacerbazioni gravi che richiedano ventilazione mec-canica invasiva o non invasiva; la scelta dell’antibiotico deve essere in accordo a quanto previsto dalle linee guida stilate dall’ERS (European Respiratory Society) e dall’ESCMID (European Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases) 44 tenendo in considerazione i livelli di resi-stenza “clinicamente rilevabili“.

Prevenzione Qualsiasi intervento in grado di rallentare il calo funzionale respiratorio può prolungare la sopravvivenza del paziente con BPCO.La cessazione dell’abitudine tabagica 45, l’impiego appropriato di broncodilatatori long acting di classi diverse 46 47 associati o meno a corticosteroidi inalatori 48 49, sono alcune delle strategie da attuare per evitare le riacutizzazioni della BPCO. La vaccinazione antinfluenzale e antipneu-mococcica 50 51, i programmi di riabilitazione respiratoria 52, la profilassi con antibiotici a dosaggi ottimali 53 sono ulteriori presidi vali-di a prevenire gli episodi acuti.Un elemento chiave nel controllo della BPCO e nella prevenzione delle esacerbazioni infettive è rappresentato dall’OM-85, un immunostimolante ottenuto per lisi chimica di microorganismi Gram+ e Gram- spesso presenti nelle infezioni respiratorie. In parti-

Figura 2.

Criteri di Anthonisen (da Anthonisen et al., 1987, mod. 43; Woodhead et al., 2011, mod. 44).

Tipo 13 presenti

• Aumento espettorazione • Escreato purulento• Peggioramento dispnea

Tipo 22 presenti

Tipo 3*1 presente

* IAVR (infezione delle alte vie respiratorie) nei 5 giorni precedenti l’episodio.

Riacutizzazioni di BPCOLe riacutizzazioni di BPCO e strategie preventive

Rivista Società Italiana di Medicina Generale 41

colare, OM-85 è costituito da H. influenzae, Branhamella catarrhalis, K. pneumoniae, K. ozaenae, S. pneumonia, S. pyogenes, S. viridans e S. aureus 54. L’estratto liofiliz-zato viene somministrato oralmente e con-tiene proteine, peptidi, tracce di acidi grassi, acidi lipoteici e lipopolisaccaridi detossifica-

ti. La formulazione di OM-85 contiene 7 mg dell’estratto batterico, mentre quella pediatrica ne contiene 3,5 mg. I passaggi di OM-85 nel tratto gastrointestinale e i suoi effetti sul sistema immunitario sono sche-matizzati nella Figura 3 54.Gli effetti protettivi di OM-85 sono essen-

zialmente dovuti al suo ruolo modulatorio sia nelle risposte umorali sia in quelle cellu-lari. In particolare, dati recenti suggeriscono che gli effetti immunoprotettivi di OM-85 sono mediati dalla stimolazione della rea-zione cellulare Th1 55 e dall’induzione della sintesi di immunoglobuline (Ig), essenzial-mente IgA, da parte delle cellule B.In contemporanea all’induzione della rispo-sta cellulare, OM-85 aumenta anche la risposta immunitaria innata nei polmoni, stimolando l’attività dei fagociti e quindi aumentando la distruzione dei patogeni invasivi 56.Sono stati suggeriti vari meccanismi mediante i quali OM-85 può stimolare cellu-le fagocitiche. Mauel et al. hanno dimostra-to che immunomodulatori batterici incre-mentano la produzione di superossido e nitrito dei macrofagi alveolari incrementan-do così le attività microbicide e citolitiche 57. Inoltre, dati sperimentali hanno dimostrato che OM-85 incrementa l’espressione delle molecole di adesione 58 e che l’attivazione dei fagociti è innescata da una via CD-14 indipendente. I principali meccanismi di azione di OM-85 sono illustrati in Figura 4. I componenti immunostimolanti di OM-85 – porina, mureina e la porzione N-terminale di lipoproteina 59 – probabilmente attivano i sistemi immunitari innati mediante intera-zione con i recettori toll-like (TLR) e con un meccanismo dipendente dalla proteina di adattamento al segnale MyD88 55 60 61. L’attività preventiva svolta da OM-85 nel ridurre gli episodi di esacerbazioni in pazienti anziani con bronchite cronica e BPCO è stata confermata da Collet et al. in uno studio spontaneo in doppio cieco, ran-domizzato, controllato vs. placebo, condotto in 381 pazienti di età compresa tra 58 e 75 anni 62. I pazienti, ex fumatori (più di un pacchet-to al giorno per 20 anni), presentavano un volume espiratorio forzato in un secondo tra il 20 e il 70%, con un miglioramento dopo test con salbutamolo inferiore al 15%.Il trattamento prevedeva l’assunzione a sto-maco vuoto di una capsula al giorno per 30 giorni consecutivi, seguita da una capsula al giorno per 10 giorni consecutivi nei succes-sivi 3 mesi (Fig. 5).Anche se nei due gruppi di trattamento non è stata evidenziata alcuna differenza tra il

Figura 3.

I cinque stadi dell’OM-85 (da De Benedetto e Sevieri, 2013, mod. 54).

Figura 4.

Effetti sul sistema immune (da De Benedetto e Sevieri, 2013, mod. 54).

OM-85

Aumento risposta Th1: Produzione INF-g

Riduzione risposta Th2:Riduzione produzione IL-4

Riduzione livelli IgE

Fagocitiproduzione NO2– produzione O2–

molecole di adesione

Aumento dei livelli di:IgA secretorie

IgA, IgM, IgG (IgG4) sieriche

Aumento attività macrofagica e monocitaria

Aumento produzione IL-11 Aumento produzione IL-12

Riacutizzazioni di BPCO G. Sevieri, P. Isidori

Rivista Società Italiana di Medicina Generale42

numero degli episodi di riacutizzazione regi-strati, è stato però possibile evidenziare una differenza tra alcuni parametri che in una valutazione globale possono essere consi-derati come minor gravità degli episodi di riacutizzazione (Tab. I) 62.I risultati di questo studio suggeriscono che il trattamento di questo tipo di paziente, con un prodotto dotato di efficacia immunomo-dulante come OM-85, può avere un effetto favorevole sulla progressione della malattia, riducendo la probabilità di eventi respiratori gravi da richiedere l’ospedalizzazione.Inoltre, sempre nel gruppo trattato con OM-85 sono state evidenziate anche le favorevoli implicazioni economiche in ter-mini di riduzione dei costi diretti, correlati a visite mediche, prescrizioni di antibiotici, indagini diagnostiche, degenze ospedalie-re, e di costi indiretti, rappresentati da un minore numero di ore destinate all’assi-stenza e da minore perdita di giornate lavo-rative anche da parte dei familiari 63.L’efficacia immunostimolante è stata con-

fermata da Solér et al. 64 su un gruppo di 273 pazienti (età media 58 anni) con diagnosi di BPCO di grado lieve o da bronchite cronica, in uno studio in doppio cieco, randomizza-to, controllato verso placebo. Utilizzando lo stesso schema terapeutico scelto da Collet (Fig. 5), gli Autori hanno riscontrato una probabilità significativamente elevata di non incorrere in episodi di riacutizzazione (p = 0,014) nel gruppo di pazienti trattati con OM-85. Inoltre, l’effetto del trattamento era più significativo tra i pazienti colpiti da due o più episodi di esacerbazione acuta, dal momento dell’inclusione nello studio, o fra i fumatori (p = 0,001).Dati riguardanti la situazione in Oriente sono stati forniti da uno studio randomizza-to, controllato vs. placebo, su 384 pazienti affetti da bronchite cronica ed esacerbazio-ni acute di BPCO 65. Al termine dello studio la frequenza di episodi di esacerbazioni nel gruppo trattato con il farmaco era significa-tivamente diminuita rispetto al gruppo trat-tato con placebo, (23 vs. 33%, p < 0,05).

Inoltre, i risultati hanno anche dimostrato che, tra i pazienti con esacerbazioni, quelli con esacerbazioni ricorrenti erano minori nel gruppo trattato con OM-85 rispetto al gruppo di controllo (38,7 vs. 73,1, p <0,01) e che la percentuale di antibiotici sommini-strati era minore nel gruppo attivo rispetto a quello trattato con placebo (37,8 vs. 63%, p < 0,05) 65. Gli effetti di OM-85 sono stati sperimentati anche su una popolazione di pazienti HIV positivi. Questi pazienti hanno elevata pre-valenza di BPCO e sono ad alto rischio di sviluppare ITR stagionali 66. Lo studio ha coinvolto 130 pazienti, trattati con OM-85 10 giorni al mese per tre mesi, ogni anno per quattro anni, in considerazione dell’alta compliance dimostrata dai pazien-ti. Il confronto degli eventi infettivi registrati nel gruppo, nel periodo precedente il tratta-mento e in quello successivo, ha mostrato una riduzione del numero delle infezioni delle vie respiratorie nel gruppo di pazienti con BPCO (da 92 a 13 in un biennio), della sinusite ricorrente (da 47 a 11) e in misura minore quelli di otite acuta ricorrente (da 15 a 4). Inoltre al termine del periodo di studio è stata registrata un diminuzione dei cicli di terapia antibiotica somministrata ai pazienti da 259 a 54. Nonostante si tratti di uno stu-dio osservazionale e soffra per questo delle caratteristiche limitazioni, quali mancanza di un trattamento di controllo e di rando-mizzazione, mancanza di una valutazione dell’effetto della terapia di base dei pazienti, mancanza di una valutazione della variabi-lità stagionale durante il corso degli anni, le caratteristiche osservate si sono mantenute costanti nel corso degli anni di trattamen-to, quindi si può affermare che il OM-85 riduce la frequenza degli eventi respiratori che richiedono il trattamento antibiotico in tutti i gruppi trattati, in particolare nei fuma-tori ad alto rischio e nei pazienti affetti da BPCO 54 67. Infine, oltre alle linee guida GOLD 2011, che hanno definito l’uso di agenti immuno-stimolanti una scelta utile nel trattamento del paziente broncopneumopatico cronico, dal 2012 l’utilizzo degli immunostimolanti, e in particolare di OM-85, è stato inserito nelle linee guida dell’ERS/EAAC (European Respiratory Society/European Academy of Allergy and Clinical Immunology) e viene

Figura 5.

Schema trattamento (da Collet et al.,1997, mod. 62).

Tabella i.

Confronto tra i pazienti trattati con OM-85 e placebo. Parametri scelti per indicare la gravità degli episodi (da Collet et al.,1997, mod. 62).

Trattati con OM-85

Trattati con placebo p

Rischio di ospedalizzazione per problemi respiratori 16,2% 23,2% p = 0,089

Giorni di ospedalizzazione 1,5 3,4 p = 0,037

Dispnea dopo riesacerbazione Migliorata Peggiorata p = 0,028

Schema posologico utilizzato da Collet

Una capsula al giorno per 30 giorni consecutivi, seguita da una capsula al giorno per 10 giorni consecutivi

nei 3 mesi successivi

1° mese 2° mese 3° mese 4° mese

30 giorni 10 gg 10 gg 10 gg

giorni di trattamento giorni di NON trattamento

Riacutizzazioni di BPCOLe riacutizzazioni di BPCO e strategie preventive

Rivista Società Italiana di Medicina Generale 43

considerato trattamento aggiuntivo alla terapia della rinosinusite cronica senza polipi 37 68.

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Fibr

illaz

ione

atr

iale

Fibrillazione atriale: un piano di aggiornamento integrato per i medici di medicina generale

Doriano Battigelli, Ovidio Brignoli, Giuliano Ermini, Alessandro Filippi, Bruno Guillaro, Saffi Ettore GiustiniGruppo di lavoro Medicina Generale

Rivista Società Italiana di Medicina Generalen.4>>> 2013 45

con età maggiore di 15 anni 1 (prevalen-za quasi doppia rispetto a quella di studi precedenti), aumenta con l’età: da 0,16% fino ai 50 anni, a 10,65% sopra gli 85. L’incidenza annuale è circa 0,25%.Un medico di medicina generale (MMG) con 1500 assistiti ha in media 27 pazienti con FA. Ogni anno 2-3 pazienti svilupperanno una FA.Sono a maggior rischio di FA persone con:• età > 65 anni; • ipertensione arteriosa; • obesità; • diabete che richieda un trattamento far-

macologico; • ipertrofia ventricolare sinistra o la dila-

tazione dell’atrio sinistro;• insufficienza cardiaca;• cardiopatia congenita valvolare o

ischemica; • disfunzione tiroidea (soprattutto tireo-

tossicosi);• apnee notturne (OSAS); • BPCO; • insufficienza renale cronica; • abuso di alcool (etilismo cronico o

acuto) o assunzione di cocaina.La FA viene classificata in 2: • parossistica, se si è risolta spontanea-

mente entro 7 giorni dall’insorgenza (di solito entro 48 ore);

• persistente, se dura più di 7 giorni o richiede cardioversione farmacologi-ca o elettrica per ripristinare il ritmo sinusale;

Un programma di aggiornamento artico-lato su:• Guida Pratica Disease Management

SIMG: edizione cartacea distribuita in allegato al fascicolo n. 3 della Rivista SIMG. Ulteriori approfondimenti online: www.progettoasco.it/dm/fa;

• Modulo di formazione a distanza con 4 ECM nel portale www.progetto-asco.it, disponibile da novembre 2013.

Di seguito riportiamo un quadro sinotti-co per focalizzare la fibrillazione atriale e il suo significato in Medicina Generale anche alla luce della disponibilità dei nuovi farmaci anticoagulanti orali.Si descrive anche in modo puntuale un caso clinico, come anticipazione di quel-li compresi nel modulo di formazione a distanza ECM.

Sinossi clinico-assistenziale

Fibrillazione atriale (FA): aritmia sopraventri-colare caratterizzata dalla perdita da parte degli atri di attività elettrica organizzata con conseguente contrazione atriale inefficace, da cui possibile produzione di trombi intra-atriali e/o insufficienza cardiaca e aumenta-to rischio di mortalità per eventi ischemici cerebrovascolari e per scompenso cardiaco.

Prevalenza/incidenza e classificazione

Presente in Italia nel 2,04% delle persone

• permanente o cronica, se è accettata dal paziente (e dal medico) e non si ritengono utili tentativi (ulteriori) di car-dioversione;

• di nuova insorgenza, se viene diagno-sticata per la prima volta;

• ricorrente, qualsiasi forma di FA recidiva.La FA permanente è quasi la metà di tutte le FA, le percentuali della FA parossistica e della persistente sono sostanzialmente simi-li 1 3. Nel 18% la FA è di nuova insorgenza.

Screening e gestione del paziente con FA• In circa il 30% dei casi la FA rimane

asintomatica e non è diagnosticata.• Le linee guida europee 4 raccomanda-

no lo screening opportunistico con la palpazione del polso nelle persone di età > 65 anni.

• Momento fondamentale per identifi-care la FA asintomatica in Medicina Generale è la misurazione della pres-sione arteriosa, soprattutto nei soggetti più a rischio, durante la quale si può valutare la regolarità del polso.

• Eventuali sfigmomanometri automati-ci usati da medico o paziente devono essere dotati di algoritmo validato in grado di segnalare una possibile FA.

• La diagnosi certa è solo ECGrafica. • Se ECG negativo e FA sospetta per

sintomi a essa imputabili (cardiopal-mo, vertigini, lipotimia, sudorazione,

Fibrillazione atriale D. Battigelli et al.

Rivista Società Italiana di Medicina Generale46

dispnea, dolori precordiali, spossatezza, ecc.), utile un monitoraggio elettrocar-diografico prolungato (Holter o loop recorder).

Di fronte a un paziente con polso aritmico in cui sospetti una FA non nota, il MMG dovrebbe seguire il percorso diagnostico-terapeutico proposto dalla flow-chart illu-strata nella Figura 1.• Scopo della cura dei pazienti con FA

è ridurre i sintomi e prevenire le gravi complicanze associate. Questi risul-tati devono essere perseguiti insieme, specialmente nei casi di FA di nuova insorgenza.

• La prevenzione delle complicanze della

FA si basa sulla terapia antitrombotica, il controllo della frequenza ventricolare e il trattamento delle malattie cardiache concomitanti.

• La risoluzione dei sintomi della FA potrebbe richiedere una trattamento per il controllo del ritmo cardiaco, ottenibile attraverso la cardioversione elettrica, i farmaci antiaritmici o la terapia ablativa.

• La prescrizione di questi trattamenti è solitamente fatta dal cardiologo, tuttavia la gestione ambulatoriale del paziente può essere condivisa col MMG.

• Il MMG nei pazienti anziani asintomati-ci/paucisintomatici, per i quali le linee guida  5 raccomandano come tratta-

mento il controllo della frequenza ven-tricolare, e se ritiene di poter impostare adeguatamente la terapia antitromboti-ca, può rinunciare alla consulenza car-diologica.

Il trattamento globale della FA è illustrato nella Figura 2.

Prevenzione del tromboembolismo• L’evento più temibile (e potenzialmente

evitabile) della FA è l’ictus cerebrale, il cui rischio, a parità di età e di patologie sottostanti, è 5 volte quello di chi è in ritmo sinusale 6.

Figura 1.

Flow-chart: approccio al paziente con FA di nuovo riscontro in Medicina Generale.

Polso totalmente aritmico da sospetta FA

di nuovo riscontro

Valutare:palpitazioni, dispnea, vertigini, angina, segni sintomi di ictus o embolia periferica, tempo di

comparsa del disturbo

No sintomi o no difficoltà a svolgere le usuali azioni quotidiane,

no angina, no embolie, insorgenza > 48 h o ignota

Difficoltà o incapacità a svolgere le usuali azioni

quotidiane, segni di embolie, insorgenza < 48 h,

concomitanti patologie acute severe

Follow-up MMG

Invio urgente in Pronto Soccorso e valutazione cardiologica urgente

ed eventuale cardioversione

Anamnesi, ECG, rx torace, esami (emocromo, creatinina, glicemia, elettroliti, TSH, test coagulativi)

Non conferma della FA

Percorso del paziente con palpitazioni

anamnestiche

Visita cardiologica in tempi brevi

(< 10-15 giorni) o urgente

Conferma della FA

Correzione fattori precipitanti

Eventuale inizio terapia

antitrombotica

Controllo della frequenza

ventricolare

Fibrillazione atrialeFibrillazione atriale: un piano di aggiornamento integrato per i MMG

Rivista Società Italiana di Medicina Generale 47

• L’entità del rischio di tromboembo-lia (TE) differisce in base all’eziologia della FA (valvolare o non-valvolare) e alla presenza di altre patologie in atto o pregresse.

• La terapia anticoagulante orale (TAO)(farmaci anti vitamina k – AVK – e nuovi anticoagulanti orali – NAO) si è dimostrata efficace nel ridurre in modo significativo gli ictus tromboembolici e, pur potendo provocare emorragie, è considerata la terapia di prima scelta nella prevenzione della TE 3.

• Anche gli antiaggreganti piastrinici riducono gli ictus, pur in percentua-le minore di 1/3 rispetto alla TAO, ma essendo associati, soprattutto negli anziani, a un rischio emorragico simile agli anticoagulanti, dovrebbero essere presi in considerazione (ASA 100 mg + clopidogrel 75 mg) solo nel caso in cui il paziente rifiuti la TAO o ci siano chiare controindicazioni alla stessa 4 7.

• Il rapporto rischio/beneficio della profi-lassi antitrombotica è pertanto cruciale nella decisione di instaurare una terapia.

• Per la FA di origine valvolare (malattia valvolare reumatica o protesi valvolari) il rischio è sempre tale da indicare l’uso

della TAO (solo gli AVK hanno oggi que-sta indicazione).

• Per la FA non-valvolare, la profilassi anti-trombotica deve essere guidata da una corretta stratificazione del rischio TE: ciò si ottiene con il sistema a punteggio CHA2

DS2-VASc 5 8, illustrato in Tabella I.

• Più alto è il punteggio più alto è il rischio di ictus.

• La profilassi con AVK deve mantenere il valore di INR fra 2 e 3.

La Figura 3 illustra il comportamento oggi ritenuto più adeguato.

Ogni paziente con FA deve considerarsi meritevole di profilassi antitrombotica fino a prova contraria.

• Le emorragie costituiscono una pos-

Figura 2.

Approccio globale alla fibrillazione atriale.

Fibrillazione atriale ECG

Prevenzione del tromboembolismo

Valutazione del rischio tromboembolico

Controllo della frequenzae del ritmo

Tipo di FASintomi Controllo frequenza

± Controllo ritmoCardioversioneAblazione

Anticoagulanti oraliAspirinaNessuna terapia

Sintomi Malattie associateValutazione iniziale

Trattamento della patologia sottostante

Tabella i.

Valutazione del rischio trombotico.

Lettera Fattori di rischio Punti

C scompenso Cardiaco/disfunzione ventricolo sn 1

H (Hypertension) ipertensione arteriosa 1

A età ≥ 75 anni 2

D Diabete mellito 1

S Stroke/AIT/embolia sistemica 2

V malattia Vascolare (pregresso IM, AOCP, placca aortica) 1

A età 65-74 anni 1

Sc Sesso categoria – femmina (non si calcola in caso di “lone AF”* e < 65 anni) 1

* “lone AF”: FA senza storia/evidenza di cardiopatia associata; AOCP: arteriopatia ostruttiva cronica periferica; AIT: attacco ischemico transitorio; IM: infarto miocardico.

Fibrillazione atriale D. Battigelli et al.

Rivista Società Italiana di Medicina Generale48

sibile grave complicanza della terapia antitrombotica.

• Nel decidere la profilassi TE è necessario considerare anche il rischio emorragico.

• Per valutare il rischio di emorragie viene raccomandato l’uso del sistema a punteggio HAS-BLED 5, illustrato in Tabella II.

• Si considera a rischio elevato di emor-ragie un punteggio ≥ 3.

• Un HAS-BLED ≥ 3 non deve essere usato per rinunciare alla TAO (perché nel bilancio ictus ischemico/emorra-gia intracranica prevale nettamente il beneficio della TAO anche nei pazienti con un punteggio HAS-BLED elevato), ma indica controlli più stretti e sugge-risce la correzione dei fattori di rischio emorragico potenzialmente reversi-bili (ad esempio, PA elevata o uso di FANS).

• Calcolo particolarmente consigliato nei pazienti con un rischio intermedio (CHA

2DS

2-VASc = 1), per i quali in

caso di HAS-BLED ≥ 3 potrebbe essere ragionevole un rinvio della TAO con AVK o l’uso di NAO.

La recente comparsa dei nuovi anticoagulanti orali ha modificato l’approccio alla profilassi antitrombotica.

I nuovi anticoagulanti orali (NAO)• Il rischio di emorragie intracraniche e la

non semplice gestione della TAO con AVK vengono attenuate dai NAO con azione diretta contro la trombina (dabigatran) o antagonisti del fattore X della coagula-zione (rivaroxaban, apixaban, edoxaban).

• Sono simili, se non superiori, agli AVK nel prevenire l’ictus e l’embolismo sistemico 8.

• Le linee guida Europee 4 e Nord-Americane 9 10 consigliano preferenzial-mente la profilassi del TE con i NAO.

• Attualmente i NAO non vanno usati nella FA valvolare.

Vantaggi

• Hanno comportato una riduzione sta-tisticamente significativa di emorragie intracraniche e di sanguinamenti mag-giori rispetto agli AVK.

• Devono essere assunti regolarmente in dose fissa.

• Non sono influenzati dall’alimentazione né dalle terapie concomitanti (controin-dicati antifungini sistemici, ciclosporina, tacrolimus, dronedarone).

• Non richiedendo aggiustamenti posolo-gici e controlli dell’INR per regolare le dosi, superando di fatto gli ostacoli di tipo organizzativo /logistico che limitano la TAO con AVK.

• Il costo elevato dei NOA si ritiene comun-que giustificato dai benefici apportati e dal conseguente risparmio di risorse ottenibi-le 11, dato l’alto costo sanitario e sociale di ictus ed emorragie intracraniche.

Precauzioni d’uso

• In caso d’insufficienza renale moderata (VFG calcolato < 50 ml/min) è opportu-no ridurne il dosaggio.

• Se ne sconsiglia l’uso in caso di grave insufficienza renale (VFG < 30) e, come per gli AVK, in caso di grave insufficien-za epatica.

• Va valutata periodicamente la funziona-lità renale.

Figura 3.

Scelta della terapia antitrombotica nella FA.

< 65 anni e “lone” FA* (femmine comprese)

Nessuna terapia

CHA2DS2-VASc = 0Nessuna terapia

CHA2DS2-VASc ≥ 1NAO (prima scelta‡) o AVK (con INR 2-3)

FA

Non valvolare

Valvolare: AVK

Se non possibileASA + clopidogrel

* Senza storia/evidenza di cardiopatia.

‡ Secondo linee guida EU e USA.

Fibrillazione atrialeFibrillazione atriale: un piano di aggiornamento integrato per i MMG

Rivista Società Italiana di Medicina Generale 49

• In caso di intervento chirurgico, la sospensione va effettuata da 1 a 5 gior-ni prima in base alla gravità dell’inter-vento e alla funzione renale.

• Al momento non esiste un antidoto.

L’ Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), con una decisione contraddittoria, ha deciso di consentire la prescrizione di questi farmaci solo a cardiologi, neuro-logi, internisti, ematologi e geriatri, con piano terapeutico on-line da rinnovarsi ogni anno. Se il messaggio che AIFA ha lanciato ai MMG invita implicitamen-te a un disimpegno su questo fronte, la responsabilità etica e professionale nei confronti dei pazienti rimane però assolutamente invariata e l’uso quoti-diano corretto di questi farmaci, la far-macosorveglianza e l’intervento in caso di effetti negativi cade inevitabilmente sulle spalle dei MMG, il cui ruolo si può cosi sintetizzare:• identificare i pazienti con indicazione ai

NAO secondo le indicazioni AIFA;• inviarli agli specialisti con adeguata

documentazione;• contribuire all’informazione/formazione

del paziente e familiari;• verificare periodicamente la compren-

sione delle informazioni;• favorire la continuità/aderenza tera-

peutica;• intervenire in caso di dubbi/problemi/

effetti indesiderati;

• evitare le interazioni farmacologiche;• verificare periodicamente l’assenza di

controindicazioni all’uso dei NAO.Criteri stabiliti da AIFA per la rimborsabilità di dabigatran (a luglio 2013, dabigatran ete-xilato è il solo rimborsato dal S.S.N. nell’in-dicazione: prevenzione di ictus ed embolia sistemica in pazienti adulti con fibrillazione atriale non valvolare con uno o più fattori di rischio. Altri nuovi anticoagulanti orali sono in attesa della rimborsabilità da parte dell’AIFA), almeno uno dei seguenti:1. CHA2

DS2-VASc ≥ 1 e contemporanea-

mente HAS-BLED > 3;2. INR instabile negli ultimi sei mesi con

tempo trascorso in range (fra 2 e 3) (TTR) < 70%;

3. difficoltà oggettive nell’eseguire i con-trolli INR.

Per la comunicazione allo specialista invian-do il paziente per eventuale piano terapeu-tico, si propone l’utilizzo della scheda infor-mativa illustrata nella pagina successiva, conforme ai criteri AIFA, scaricabile dal sito www.simg.it, Area Cardiovascolare, suppor-ti professionali.

Controllo della frequenza cardiaca e controllo del ritmo cardiaco• In acuto, la scelta di controllare il ritmo

cardiaco (cardioversione elettrica o far-macologica +/o terapia antiaritmica di

mantenimento del ritmo/profilassi delle recidive o, in casi selezionati, ablazio-ne trans catetere) oppure la frequenza ventricolare (farmaci modulatori nodali: beta-bloccanti, calcio-antagonisti non diidropiridinici, digossina; in rari casi: ablazione trans catetere del giunto atrio-ventricolare: “ablate and pace”) è di solito compito del cardiologo.

• Il MMG deve sapere che, in cronico, i pazienti asintomatici con un adeguato controllo della frequenza (accettabile fino a 110 bpm) non dovrebbero gene-ralmente ricevere farmaci per il control-lo del ritmo 5 perché:

− il trattamento con antiaritmici è moti-vato dai tentativi di ridurre i sintomi;

− l’efficacia degli antiaritmici nel mantenere il ritmo sinusale è modesto;

− gli antiaritmici possono ridurre più che eliminare le recidive di FA;

− sono frequenti pro-aritmie far-maco-indotte ed effetti collaterali extra-cardiaci;

− il confronto fra il controllo farma-cologico del ritmo e quello della frequenza non ha dimostrato dif-ferenze nella sopravvivenza e nella qualità della vita 12.

• Il MMG deve poi fare attenzione ad associare agli antiaritmici altri farmaci che possono scatenare aritmie anche importanti o che interferiscano col metabolismo degli antiaritmici.

• Prima di prescrivere un nuovo farmaco a un paziente in trattamento anti-aritmico è opportuno consultare il sito: www.qtdrugs.org, dove viene continuamente aggiornato l’elenco dei farmaci che pos-sono favorire la comparsa di pro-aritmie secondarie.

Caso clinico• Maschio, 66 anni, circonferenza addo-

minale 127 cm, non fuma, non beve, fa uso di psicofarmaci, vive in una casa protetta, iperteso in trattamento con ACE-inibitori/HCT.

• Il MMG durante un controllo di routine della PA riscontra una tachiaritmia asin-tomatica e lo invia a eseguire un ECG in urgenza 24 h.

Tabella ii .

Valutazione del rischio emorragico.

Lettera Caratteristiche cliniche Punti

H (Hypertension) ipertensione arteriosa sistolica > 160 mmHg 1

A funzione renale e/o epatica Anormali (1 punto ognuna)* 1 o 2

S Stroke precedente 1

B (Bleeding) sanguinamento anamnestico o predisposizione (anemia) 1

L INR labile (< 60% del tempo in range terapeutico TTR) 1

e età > 65 anni 1

D uso concomitante di FANS, antiaggreganti piastrinici (Drugs) o consumo di alcol (1 punto ognuno) 1 o 2

* Per funzione renale anormale si intende dialisi renale, trapianto renale o creatinina ≥ 2,2 mg/dl; per funzione epatica anormale si intende una cirrosi o valori di bilirubina > 2 volte il valore superiore del normale con ALT o AST o fosfatasi alcalina > 3 volte il valore superiore del normale.

Fibrillazione atriale D. Battigelli et al.

Rivista Società Italiana di Medicina Generale50

• Il cardiologo, evidenziando all’ECG una FA con FC 160 bpm, manda il paziente in Pronto Soccorso (PS) dove viene sot-toposto a cardioversione farmacologica (metoprololo e digossina e.v.) che ripri-

stina il ritmo sinusale. Eseguiti in PS: rx torace, elettroliti, glicemia, creatinina, VFG, pro-BNP, transaminasi, bilirubina, PT e PTT risultati tutti normali.

• Dimesso il paziente dal PS e riaffidato

al MMG col consiglio di eseguire visi-ta cardiologica e controllo dell’ECG ‘a breve’ e con terapia ASA 100 mg e altiazem 60 mg t.i.d.

• Il MMG richiede con urgenza differita (7-10 gg) visita cardiologica con ECG (tracciato normale con ritmo sinusale a FC 120 bpm) ed ecodoppler car-diaco (non valvulopatie né cardiopatia dilatativa o ipertrofica) e gli esami di funzionalità tiroidea, non eseguiti in PS, che evidenziano un ipertiroidismo con TSH  < 0,01 e FT4 54,7.

• Il cardiologo conferma la terapia con altiazem e ASA, ma il MMG, persistendo la FC sui 120 bpm, sostituisce autono-mamente altiazem con metoprololo che al dosaggio di 150 mg b.i.d riduce e mantiene la FC a 85 bpm. Il MMG inizia poi una terapia tireostatica con tapazole e invia con urgenza differita il paziente dall’endocrinologo.

• CHA2DS

2-VASc = 2 (> 65 anni, iperten-

sione arteriosa) e HAS-BLED = 1 (> 65 anni): indicata pertanto la TAO che però non viene prescritta, su richiesta delle persone che gestiscono la casa, per la difficoltà di gestirla (prelievi per INR, variazioni di dosaggio degli AVK), per cui si conferma l’ASA 100 mg/die.

• In questo caso la prescrizione di un NAO, allora non possibile, ma che oggi soddisfa i criteri AIFA, potrebbe ovviare al problema logistico.

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Egregio Collega,ti invio ................................... per valutare l’opportunità di prescrivere terapia con nuovi anti-coagulanti (NAO) per FA non valvolare• Ti confermo che non è presente significativa valvulopatia e che sono stati eseguiti gli esami

pre-trattamento (emocromo, PT, PTT, transaminasi, creatininemia); Cockroft & Gault = ....• Sotto riportati i valori di CHA

2DS

2-VASc e HAS-BLED

• Il paziente NON è in TAO perché i regolari controlli INR non sono possibili in quanto ...................................................................................................................................

• Paziente è in TAO con TTR negli ultimi sei mesi: .................%: valori e date ultimi INR ...................................................................................................................................

• Numero test con INR < 2 negli ultimi sei mesi: ...............................................................• Numero test con INR > 4 negli ultimi sei mesi: ...............................................................

Lettera Fattori di rischio Punti

C scompenso Cardiaco/disfunzione ventricolo sn 1

H (Hypertension) ipertensione arteriosa 1

A età ≥ 75 anni 2

D Diabete mellito 1

S Stroke/attacco ischemico transitorio/embolia sistemica 2

V malattia Vascolare (pregresso infarto miocardico, arteriopatia ostruttiva cronica periferica, placca aortica)

1

A età 65-74 anni 1

Sc Sesso categoria – femmina 1

TOTALE =

Lettera Caratteristiche cliniche Punti

H (Hypertension) ipertensione arteriosa sistolica > 160 mmHg 1

A funzione renale e/o epatica Anormali (1 punto ognuna) 1 o 2

S Stroke precedente 1

B (Bleeding) sanguinamento anamnestico o predisposizione (anemia) 1

L INR labile (< 60% del tempo in range terapeutico TTR) 1

e età > 65 anni 1

D uso concomitante di FANS, antiaggreganti piastrinici (Drugs) o consumo di alcol (1 punto ognuno) 1 o 2

TOTALE =

Ulteriori elementi utili:..........................................................................................................................................

Medico di Medicina Generale:

Nome .................................................Cognome .................................................................Codice ASL .........................................................................................................................

Fibrillazione atrialeFibrillazione atriale: un piano di aggiornamento integrato per i MMG

Rivista Società Italiana di Medicina Generale 51

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Vitaros®, il primo farmaco topico in crema per il trattamento della disfunzione erettile,

ha ottenuto l’approvazione europeaIn Italia sarà Bracco a distribuire in esclusiva il farmaco

dell’azienda americana Apricus Bio

Milano, 24 giugno 2013 – Apricus Bio, azienda di San Diego specializzata nella ricerca e nello sviluppo di prodotti farmaceutici innovativi, ha annunciato che Vitaros®, farmaco topico per il trattamento della disfunzione erettile, ha ottenuto la Registrazione Europea con Procedura Decentralizzata.

Vitaros® è una crema, a base di Alprostadil, di facile applicazione in grado di aumentare rapidamente l’afflusso sanguigno determinando l’erezione. Il profilo del nuovo farmaco è tale da poter soddisfare le esigenze dei pazienti non trattabili o non-responders agli attuali trattamenti disponibili per la disfunzione erettile. Alprostadil è un principio attivo largamente utilizzato come alternativa agli inibitori di PDE-5 e Vitaros®, che è stato valutato positivamente prima dalle Autorità Canadesi e Europee per la sua tollerabilità ed efficacia, offre una forma farmaceutica estremamente maneggevole e di rapida azione.

Bracco, attende ora il recepimento della registrazione da parte delle Autorità Italiane per presentare nei dettagli le caratteristi-che del farmaco alla classe medica e procedere alla commercializzazione sull’intero territorio nazionale.

Il Gruppo BraccoBracco è un Gruppo integrato multinazionale che opera nel settore della salute attraverso quattro Business Unit: Bracco Imaging (diagnostica per immagini), Farma (farmaci etici e da banco), Acist (dispositivi medicali e sistemi avanzati di som-ministrazione di mezzi di contrasto) e il CDI – Centro Diagnostico Italiano di Milano. Complessivamente il Gruppo occupa oltre 3300 dipendenti, con un fatturato consolidato di oltre 1,2 miliardi di euro, di cui circa il 70% sui mercati esteri, ed è presente in tutto il mondo. L’azienda investe annualmente in Ricerca & Sviluppo oltre il 10% del fatturato di riferimento nell’imaging diagnostico e nei dispositivi medicali avanzati e vanta un patrimonio di oltre 1500 brevetti.

Per ulteriori informazioni:Micaela Colamasi, Ufficio Stampa BraccoTel. 02 21772966 – Fax 02 21772770

E-mail: [email protected]

Il progressivo invecchiamento della popolazione e l’impennata delle malattie croniche stanno determinando un’evolu-zione del ruolo della nutrizione, delinean-do una nuova area che si colloca tra la nutrizione tradizionale ed il farmaceutico.Oggi le innovazioni nel campo genetico e tecnologico ed un modello di assistenza sanitaria sempre più centrata sul paziente stimolano lo sviluppo di soluzioni nutrizionali mirate, basate su un forte approccio scientifico per il trattamento dieto-terapico delle condizioni patologiche.

Nestlé Health Science, operativa dal primo Gennaio 2011, mira a diventare leader globale in questo nuovo spazio compreso tra food e pharma.

L’avventura di Nestlé Health Science è iniziata con l’acquisizione della divisione Medical Nutrition di Novartis C.H. e conti-nua oggi, sia attraverso acquisizioni stra-tegiche, che grazie ai forti investimenti interni in ricerca e sviluppo, fra i quali l’inaugurazione a Losanna (Svizzera) del Nestlé Institute of Health Science che si unisce ai 28 centri di ricerca e sviluppo esistenti nel gruppo.

Alcuni risultati sono già visibili: il portafoglio di Nestlé Health Science vanta infatti una serie di soluzioni nutrizionali innovative.

Ne sono esempio i prodotti per patologie debilitanti come la malattia di Crohn, i pro-dotti per l’idratazione e la nutrizione sicura del paziente disfagico o il Meritene® Protein che, con i suoi 11,4 g di Proteine, 23 fra Vitamine e Minerali, rappresenta un valido

aiuto durante periodi di aumentato fabbiso-gno o ridotto apporto di nutrienti come ad esempio durante una convalescenza. Meritene® Protein rappresenta infatti un valido aiuto sia per il paziente che per il medico.

La ventata di cambiamento ed innovazione ha coinvolto anche Meritene® Protein.

Un restyling dell’ etichetta, la creazione del nuovo sito internet, lo sviluppo di nuovi materiali di informazione e promozione, si sono affiancati alla più importante novità dell’anno: il lancio di una nuova formu-lazione dal gusto Neutro, che non altera il sapore degli alimenti arricchiti.

Meritene® Protein Neutro, infatti, grazie alla sua elevata solubilità ed al suo gusto neutro, può essere aggiun-to a una gran varietà di alimenti sala-ti o dolci e bevande calde o fredde, senza alterarne il sapore. Un concen-trato di proteine con elevato valore biologico, 15 minerali e 13 vitamine, privo di glutine con ampie possibilità

di utilizzo: • per correggere le carenze

a l imentar i• in caso di inappetenza• per un più rapido recupero dei

convalescenti• per suppor tare le d i fese

immuni tar ie • per combattere la spossatezza e

l’astenia durante i cambi di sta-gione o i periodi di particolare stress.

Meritene® Protein è indicato anche nei casi di aumentati fabbisogni nutrizionali, per esempio adolescenti o sportivi.

Grazie alla nuova formulazione dal gusto Neutro che si affianca ai tre gusti già in commercio (Vaniglia, Cioccolato e Caffè), Meritene® Protein può essere utilizzato sia durante i pasti che come spuntino o merenda nutriente.

Per maggiori informazioni

www.Meritene.it

Un aiuto nutrizionale dalla colazione alla cena

Meritene® Protein è il consiglio di fiducia da oltre 40 anni, ed è da oggi disponibile anche nella versione neutra che non altera i sapori degli alimenti