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Scuola di Scienze Matematiche
Fisiche e Naturali
Corso di Laurea inFisica e Astrofisica
L'espansione dell'Universo e una sua possibile misura diretta con il telescopio E-ELT
The expansion of the universe and its possible direct measurement with the E-ELT telescope
Relatore Alessandro Marconi
CandidatoVirginia Bresci
Anno Accademico 2013/2014
Indice
1. Introduzione 2
2. La legge di Hubble e il Principio Cosmologico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
3. Il Modello Cosmologico Standard . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
4. Una misura diretta dell'espansione 16
4.1 Errore sulla misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
4.2 Accorgimenti nella misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
4.3 Risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
5. Conclusioni 24
Bibliografia 25
1
1.Introduzione
Dalla scoperta di Edwin Hubble nel 1929, molte energie sono state impiegate per completare il
quadro cosmologico. Quando Hubble scoprì la proporzionalità diretta tra il redshift di una galassia e
la distanza della galassia stessa, assumendo la Terra come un osservatore non privilegiato, mostrò
come l'Universo fosse in espansione. Fu proprio questa scoperta a far eliminare ad Einstein la
costante cosmologica dalle sue equazioni, da lui stesso introdotta per dare ragione di quell'Universo
statico suggerito dalle osservazioni precedenti.
Recenti misure hanno tuttavia mostrato come l'Universo sia entrato in una fase di espansione acce-
lerata. La ragione fisica di questa accelerazione non è ad oggi completamente conosciuta. Per deter-
minare quantitativamente l'evoluzione dell'universo è necessario identificare le componenti energe-
tiche che lo compongono e, se l'espansione trova riscontro in un Universo permeato da materia e
radiazione, quest'ultime non sono sufficienti a spiegarne l'accelerazione. Questa è la ragione che ha
portato alla reintroduzione, seppur con un significato diverso, della costante cosmologica, in un
modello di Universo in espansione nel quale è in grado di spiegarne l'accelerazione. Alternativa-
mente sono state proposte teorie che, invece di affiancare una nuova componente energetica a mate-
ria e radiazione, modificano la gravità stessa. Tuttavia il modo migliore per spiegare la natura
dell'accelerazione sarebbe quello di determinare la storia dell'espansione dell'Universo: come il
redshift è di per sé prova dell'espansione, così una variazione temporale del redshift, altrimenti detta
“redshift drift”, è prova dell'accelerazione. Questo implica che la storia dell'Universo possa essere
determinata, almeno in principio, da un diretto monitoraggio spettroscopico. Il primo a proporre un
metodo di questo tipo per ottenere, attraverso la misura del redshift a epoche diverse, la variazione
del redshift stesso, fu Allan Sandage nel 1962. La questione chiave del metodo è la precisione con
la quale si riescono a fare le misure di redshift e, in assenza di effetti sistematici della strumentazio-
ne, tale accuratezza dipende unicamente dalla definizione delle righe spettrali usate, dal numero di
righe accessibili e dal rapporto segnale-rumore (S/N) con cui vengono misurate. Quest'ultimo a sua
volta dipende, per un esperimento limitato dal solo rumore Poissoiniano dei fotoni, dalla grandezza
del telescopio, dal tempo di integrazione e dall'efficienza di telescopio e strumenti utilizzati. Per
quanto detto, se con le tecnologie esistenti nel 1962 non era possibile ottenere una misura significa-
tiva del “redshift drift”, essendo questo effetto molto piccolo, si potrebbero invece ottenere risultati
sufficientemente accurati con il telescopio di nuova generazione E-ELT.
Quanto detto fino ad ora verrà illustrato in dettaglio in questo lavoro di tesi, che sarà suddiviso in
due parti: la prima tratterà la teoria dietro all'espansione dell'Universo e la seconda la fattibilità di
una misura diretta di quest'ultima.
Nel primo capitolo introdurrò la legge di Hubble e il principio cosmologico, mostrando quali conse-
guenze hanno l'una sull'altro.
Nel secondo illustrerò il Modello Cosmologico Standard, fino ad arrivare all'equazione dell'espan-
2
sione, che spiega la dinamica dell'Universo. Infine nella seconda parte si tratteranno la misura
dell'espansione, discutendo la fattibilità di quest'ultima secondo la precisione ottenibile nelle misure
e operando tutti gli accorgimenti necessari, e i risultati raggiungibili a seconda dello scopo prefissa-
to.
3
2. La legge di Hubble e il Principio Cosmologico
Prima di introdurre il Modello Cosmologico Standard vediamo quali sono le principali basi su cui è
stato sviluppato: la prima è il cosiddetto Principio Cosmologico, la seconda è l'espansione dell'Uni-
verso.
Il Principio Cosmologico assume l'omogeneità e l'isotropia su larga scala dell'Universo. Per isotro-
pia si intende che l' Universo appare lo stesso in ogni direzione in cui lo si guardi, qualsiasi siano
gli osservatori comoventi in esso ad un determinato istante di tempo cosmico, coincidente con il
tempo misurato da un orologio a riposo con la materia circostante. Per omogeneità si intende invece
che ogni osservatore vede ovunque la stessa densità in funzione solo del tempo cosmico. Le osser-
vazioni più convincenti che supportano tali proprietà sono la distribuzione omogenea e isotropa di
galassie in cielo su scale superiori ai 20 Mpc, e la presenza di una radiazione cosmica di fondo
(CMB) nelle microonde nuovamente isotropa e considerevolmente omogenea.
L'espansione dell'Universo invece deriva dalla scoperta di Hubble del 1929.
Dagli studi condotti sugli spettri delle galassie, Hubble mostrò come queste sembrassero allontanar-
si da noi: lunghezze d'onda corrispondenti a transizioni atomiche e molecolari presenti negli spettri
risultavano maggiori di quelle note, ovvero presentavano un redshift z.
dove l'ultima relazione vale se si pensa al redshift come a un effetto Doppler applicato alle onde
elettromagnetiche.
Misurando poi la velocità di allontanamento v, tramite il redshift, e la loro distanza d, Hubble vide
che erano legate da una proporzionalità diretta:
v=H 0 d
con H 0 costante di Hubble.
Questo fatto dà l'impressione che la Terra sia il centro di un moto generale di recessione, in realtà
esso non ha un centro, in accordo con l'isotropia dell'Universo per cui non può esistere un osserva-
tore privilegiato. Infatti è lo spazio stesso a espandersi, modificando tutte le distanze che intercorro-
no tra gli oggetti in esso: date due distanze li e misurate a due tempi diversi t 1
e t 2 si ha, dalla definizione di espansione uniforme,
come si vede illustrato in Figura 1.
4
z=λoss−λ em
λ em= v
c
l j
l i(t 1)l j(t 1)
=li(t 2)l j (t 2)
=cost
Figura 1: La velocità di recessione è in realtà un moto apparente dovuto all'espansione dell'universo, e indipendente
dall'osservatore.
Dato che le posizioni e i tempi sono qualsiasi allora deve esistere una funzione universale del tempo
a(t) tale che
a(t) è detta fattore di scala.
Tutte le distanze variano a causa dell'espansione dell'Universo per un fattore di scala a(t), indipen-
dente dalla posizione e quindi se scegliamo un riferimento centrato su di noi, la distanza di una
galassia lontana varierà nel tempo secondo la relazione:
(1) x=a( t) r
dove r indica la posizione della galassia in coordinate comoventi, ovvero che seguono l'espansione
dell'Universo. Se indichiamo con r la posizione della galassia al tempo t 0 risulta a (t 0)=1 .
Derivando membro a membro la relazione 1) si ottiene:
5
l i(t 1)li(t 2)
=l j(t 1)l j( t 2)
=a (t 1)a( t 2)
v = a (t ) r =a (t )a (t )
x(t) = H (t ) x (t )
che, se calcolata a t=t0 , fornisce la legge di Hubble.
Vediamo adesso cosa succede alla radiazione elettromagnetica che si propaga tra due osservatori
comoventi al tempo t, separati spazialmente dalla quantità dx e in allontanamento dv dato, per quan-
to detto fino ad ora, da dv=H (t)dx=H (t)a(t)dr .
Il tempo che la luce impiega a coprire la distanza che separa i due osservatori è
e questi a causa dell'espansione misureranno un redshift :
integrando membro a membro tra t em , tempo a cui viene emessa la radiazione, e toss , tempo al
quale viene osservata, si ottiene infine
Questo prende il nome di redshift cosmologico, che non è propriamente un effetto Doppler, infatti
non si ha una vera e propria velocità di recessione ma una velocità apparente dovuta alla variazione
del fattore di scala a(t) causata dall'espansione dell'Universo.
Supponiamo adesso di osservare a t oss+Δ toss , una radiazione emessa a t e+Δ t e e consideria-
mo, in modo che a(t) rimanga costante durante le due misure, Δ toss≪ t oss e Δ t e≪t e . Ponen-
doci nell'origine del riferimento, la luce percorre la stessa distanza spaziale fino a noi data da
(1)
Separando l'intervallo di integrazione del secondo membro a destra dell' equazione in
(1) diventa
che con l'ipotesi fatta precedentemente per cui Δ t e(Δ toss)≪ t e( toss) , si riduce a
6
dt= dxc=a(t) dr
c
dz = d λλ = dv
c= H (t)a (t ) dr
c=
H ( t)c
a(t) c dta ( t)
= H ( t)dt = aa
dt = daa
λoss
λem=1+z=
a (t oss)a(t em)
∫r
0
dr=∫te
toss
ca (t )
dt= ∫te+Δt e
toss+Δt
ossc
a (t )dt
∫te
toss
ca ( t)
dt=∫te
toss
ca (t )
dt− ∫te
te+Δ t
ec
a (t )dt+ ∫
toss
toss+Δ t
ossc
a (t )dt
∫te
te+Δt
ec
a( t)dt = ∫
toss
toss+Δ t
ossc
a (t )dt
cΔ t e
a( t e)=
cΔ t oss
a(toss)
∫te+Δ te
toss+Δ t
oss
= ∫te+Δ te
toss
+ ∫toss
toss+Δ t
oss
=∫te
toss
− ∫te
te+Δ t
e
+ ∫toss
toss+Δ t
oss
da cui Δ toss= [1+ z( toss)] Δ t e , effetto noto come dilatazione cosmologica dei tempi.
Su una scala di tempo << Gyr la variazione del redshift è data al primo ordine da
Calcoliamo
(2)
Adesso prendiamo t oss=t 0 , allora:
• a (t0)=1
•
•
•
inserendo queste relazioni in (2) si ottiene
In conclusione otteniamo la relazione per il redshift drift z
z=(1+z)H 0−H (te)
7
Δ z = z (toss+Δ toss) − z (toss)≈ z( toss)Δ toss
z (t oss)=dz
dtoss
dzdtoss
= ddt oss
[a ( toss)a (t e)
− 1] = 1a( t e)
da( toss)dtoss
+ a (toss)d
dtoss
( 1a(t e)
) =
= 1a( t e)
da ( toss)dtoss
+ a (toss)d
da (t e)( 1a (t e)
)da( t e)dt oss
=
= 1a (t e)
da (toss)dt oss
− 1
a (t e)2 a( toss)
da (t e)dt oss
1a(t e)
=1+z ( t0)
a (t 0)= 1+z (t0) = 1+z
da (t0)dt0
= a( t0) = H 0
dt0= (1+z)dte →da( t e)
dt0
= 11+z
da(t e)dte
= 11+z
a (t e) =1
1+za( t e)H ( te)
z= 1a(t e)
da (t 0)dt0
− 1
a (t e)2 a( t0)
11+z
a ( te )H (t e)=
=(1+z)H 0− (1+z)2 1(1+z )2
H (t e)
Il redshift drift è dovuto alla variazione nel tempo del redshift di una sorgente cosmologica distante,
osservata da noi oggi. Questo effetto è causato dall'accelerazione o decelerazione dell'espansione,
cioè dal cambiamento del parametro di Hubble H(t), funzione del fattore di scala a(t),e costituisce
quindi una misura diretta della velocità di espansione.
È importante precisare che il principio di omogeneità e isotropia dell'Universo vale solo su grandi
scale e l'espansione cosmologica vista da Hubble di conseguenza : una galassia tenuta insieme dalla
sua gravità non si espande, così come non si modifica la distanza Terra-Sole o le dimensioni di un
atomo, ovvero si ha espansione solo su quelle scale in cui forze gravitazionali o elettromagnetiche
risultano trascurabili.
8
3. Il Modello Cosmologico Standard
L'assunzione di un Universo omogeneo, isotropo e in espansione, porta alla scrittura di una metrica,
detta metrica di Robertson-Walker, in cui l'evoluzione nel tempo è completamente specificata dal
fattore di scala a(t). Introducendo tale metrica nelle equazioni di campo di Einstein della Relatività
Generale, si ottengono le equazioni di Friedman che descrivono l'evoluzione dell'Universo. La
prima equazione di Friedman si può ottenere anche seguendo un approccio puramente Newtoniano;
vediamo come.
Assumiamo un Universo omogeneo, isotropo e in espansione e prendiamo una superficie sferica di
raggio x (t )=a( t) r , riempita di gas cosmico di densità ρ( t) al tempo t. La massa racchiusa
nella sfera è
Al tempo t=t 0 , da cui per la conservazione della massa si
trova
Una particella o una galassia sulla superficie della sfera di raggio x(t) e in espansione con essa, sarà
soggetta al campo gravitazionale della massa stessa M(x):
Moltiplicando membro a membro per 2 a (t ) , questa equazione è facilmente integrabile in da :
(3)
con Kc2 costante di integrazione. Questa è la prima equazione che Friedman ricavò dalla Relati-
vità Generale.
Osserviamo che moltiplicando membro a membro l'equazione (3) per si ottiene la conserva-
zione dell'energia
Il segno di K ci dà informazioni su quale componente energetica (se quella cinetica o gravitaziona-
le) sia predominante, e quindi determina l'espansione dell'Universo.
9
M ( x)= 43π x (t )3ρ( t)= 4
3π a(t)3 r3ρ(t )
ρ( t)=ρ(t 0)
a (t)3=ρ0
a(t)3.
x (t ) =−GM ( x)
x (t )2=− 4
3πG
ρ0 r3
x ( t)2→ a (t )r =− 4
3πG
ρ0 r3
a (t)2 r2 → a (t )=− 43πG
ρ0
a(t)2
2 a a(t) =− 43πG
ρ0
a (t )22 a = 8
3πGρ0 [−
1a(t)2
a ( t)] → a (t )2= 83πGρ0
1a(t)
−Kc2
x(t)2
2−
GM ( x)x (t )
=−Kc2 r2
2
M 0=43πa (t0)
3 r3ρ(t 0)=43π r3ρ( t0)
r2
2
Figura 2 : i tre modelli di Universo A - aperto (k < 0), B - chiuso (k > 0) e C - piatto (k=0).
A) Modello di Universo aperto : K < 0
Dall'equazione 3) si vede che a (t )2>0 per ogni valore di a ovvero si ha un'espansione
finita e monotona. Un caso particolare è l'Universo di Milne, che corrisponde a una densità
di materia nulla e K= -1.Dall'equazione di Friedman si trova allora a (t )=ct , ovvero
un'espansione uniforme e costante.
B) Modello di Universo chiuso : K > 0
In questo caso si ha che per un valore risulta a (t )=0 ed essendo
a (t )<0∀a , dopo l'arrestarsi dell'espansione si avrà una contrazione destinata a culmina-
re in un Big Crunch.
C) Modello di Universo piatto : K= 0
Questo è il modello di Einstein-De Sitter , 3) si riduce a
ovvero
Se analizziamo l'andamento della derivata prima vediamo che per tempi molto
grandi tende a zero, ovvero l'espansione si arresta e si trova una condizione di staticità
dell'Universo, mentre per t che va a zero diverge. Il tempo cosmico per il quale a(t) tende a
zero è detto tempo del Big Bang.
Nel caso particolare in cui K=0, calcolando l'equazione di Friedmann per t=t 0 tempo cosmico
attuale, e ricordando che a (t 0)=1 e a (t 0)=H 0 si trova
densità caratteristica per un Universo piatto al tempo cosmico attuale.
10
a (t )2=83πGρ0
1a(t)
a (t )=8πGρ0
3kc2
a (t )∝a (t)−1 /2 → a( t)∝t 2 /3 .a (t )∝t−1 /3
ρcr=3H0
2
8πG=9.2×10−30 g /cm3
L'approccio Newtoniano, seppur non fisicamente appropriato (si applica il teorema di Gauss a una
distribuzione di massa infinita), porta comunque al risultato corretto. Tuttavia Friedmann trovò una
seconda equazione, che deriva proprio dalla teoria della Relatività Generale, che tiene conto dall'e-
quivalenza massa-energia ( E=mc 2 ).
Questa ci suggerisce che non si deve tenere in considerazione solo la densità di materia ordinaria,
ma tutte le densità di massa che contribuiscono alla densità di energia totale εi=ρi c2 , ad esempio
la radiazione cosmica di fondo che permea l'Universo avrà una sua densità di energia che corrispon-
de a una densità di massa.
La seconda equazione di Friedman si può trovare sulla base di considerazioni energetiche: avendo
assunto l'omogeneità e l'isotropia dell'Universo possono avvenire solo scambi energetici a bilancio
nullo tra elementi di volume di gas cosmico, cioè il gas può andare in contro solo a una trasforma-
zione adiabatica regolata da dU=− pdV ovvero
U=εV=εa ( t)3V c avendo indicato con V c il volume in coordinate comoventi.
L'equazione dell'energia diventa allora
ed infine
L'equazione che determina l'espansione dell'Universo è una combinazione delle due equazioni
appena trovate
•
•
Abbiamo visto che l'equivalenza massa-energia introdotta dalla Relatività Generale porta a conside-
rare una ρtot che include tutte le componenti energetiche dell'Universo, comprese quelle radiati-
ve, ma non bastano. La recente scoperta di un espansione accelerata ha infatti portato alla reintrodu-
zione della costante cosmologica Λ con il significato di componente energetica del vuoto. Tale
componente ha una natura repulsiva e si contrappone al collasso gravitazionale.
11
dUda=− p
dVda
V c
d (a( t)3ε)da
=V c [3a ( t)2ε+a(t)3 d εda]=−pV c
da (t)3
da=−pV c 3a (t)2
3ε+a(t) d εda=−3p
d εda=−3
ε+ pa
a (t )2=83πG ρ0
1a (t )
−Kc2=83πG ρ(t)a (t)2−Kc2
d εda=−3
ε+ pa
Allora la densità di massa che entra in gioco nell'equazione di Friedman sarà data da
ρtot=ρm+ρr+ρv
avendo indicato con m la materia ordinaria, con r la componente radiativa e con v quella equivalen-
te legata all'energia del vuoto.
Analizziamo le equazioni di stato per i singoli elementi.
Materia ordinaria
Pressione e densità di materia sono legate dalla legge del gas perfetto pm=cs2ρm , e la densità di
energia è data da εm=c2ρm . Dal momento che cs2≪c2 e pm≪εm , l'equazione dell'energia
risulta
da cui
già trovata dalla conservazione della massa.
Inserendo il parametro si ottiene
Radiazione e materia ultrarelativistica
Per la radiazione o la materia ultrarelativistica come ad esempio i neutrini, si ha l'equazione di stato
Allora
dove
Se consideriamo che la radiazione cosmica di fondo è un perfetto corpo nero, conosciamo la sua
densità di energia
con T 0 temperatura attuale, σB∼5,67×10−8W m−2 K−4 costante di Stefan-Boltzmann, da cui
posso calcolare
Energia di vuoto
All'energia di vuoto corrisponde una pressione negativa pv=−ρv c2 , dove la densità di materia
equivalente è data da
12
d εm
da= c2 d ρm
da=−3
εm
a=−3
ρmc 2
a
d ρm
da=−3
ρm
a→ ρm=
ρm,0
a (t )3
Ωm,0=ρm,0ρcr
= 8πG3 H 0
2 ρm,0 ρm=Ωm,0
a3 ρcr
pr=13εr=
13ρr c2
d εr
da=−3
εr+13εr
a=−4
εr
a→ εr=
εr ,0
a4
ρr =ρr ,0
a4 =Ωr ,0
a4 ρcr
Ωr ,0=ρr ,0ρcr= 8πG
3H02 ρr ,0
εr =4σB
cT 4= εr ,0 a−4=
4σ B
cT 0
4 a−4
ρr ,0 =εr ,0
c2
ρv =εv
c2 =Λ
8πG=cost.
Introducendo si ha
Confrontando al tempo cosmico attuale t=t 0 la densità di energia di materia e radiazione:
(4)
inserendo ρr ,0 della radiazione cosmica di fondo e (4) diventa
avendo sostituito i valori H 0=70 km s−1 Mpc−1 , T 0=2.738 K .
Utilizzando Ωm,0=0,3 si vede che al tempo cosmico attuale la materia è dominante rispetto alla
radiazione.
Mettendo solo i contributi di materia e energia del vuoto, l'equazione di Friedman risulta
La costante di integrazione si può ricavare valutando l'equazione al tempo cosmico attuale :
Si ottiene infine l'equazione di espansione
o equivalentemente
Possiamo anche usare una forma più compatta, scrivendo un'equazione generale di stato
pi=wiρi c2=wiεi dove i =1,2 e indica rispettivamente materia, w1=wm=0 , e energia di vuoto
w2=wΛ=−1 . In questo modo l'equazione dell'energia diventa
Integrando tra t 0 e t si trova εi=ε0 a−3(1+w i) → ρi=ρi ,0 a
−3(1+wi ) da inserire nell'equazione di
13
ρmρr=Ωm,0
Ωr ,0a (t 0) =
Ωm ,0
Ωr ,0=ρm ,0ρr ,0
ρm ,0=Ωm ,0 H 0
2
8πG
ρm,0ρr ,0
=Ωm,0 H 0
2 c3
32πGT 04σB
= 1.9×104Ωm ,0
a2= 8πG3
ρcr (Ωm ,0 a−3+ΩΛ)a2−Kc2= H 0
2 (Ωm ,0
a+ΩΛ a2)−Kc2
a (t0)2= H 0
2 (Ωm,0+ΩΛ) −Kc2 → K=H 0
2
c2 (Ωm ,0+ΩΛ−1)
a (t )2= H 02 [Ωm ,0(
1a−1)+ΩΛ(a (t )
2−1)+1]
H (t )2=a(t)2
a(t)2= H 0
2 [Ωm,0 a (t )−3+ΩΛ+a (t )−2(1−Ωm ,0−ΩΛ)]
d εi
da=−3
εi+ pi
a=−3
εi(1+wi)a
ρv=ΩΛρcr .ΩΛ =ρvρcr= Λ
8πG8πG3H0
2 =Λ
3H 02
Friedman:
Ricordando che
o
(5)
Nel capitolo due avevamo visto la relazione che lega il fattore di scala a al redshift cosmologico z :
e quindi (5) diventa in conclusione
Questa equazione combinata con quella ricavata in precedenza
ci mostra come varia il redshift in funzione del fattore di scala, contenuto in H(t), e a seconda dei
paramenti cosmologici Ωi ,0 .
In figura 3 è mostrata l'evoluzione del redshift Δ z in funzione di Δ t=toss−t0 , per tre oggetti
di redshift attuale diverso e per tre combinazioni differenti dei parametri cosmologici. Per ciascuno
di questi il redshift va all'infinito per un tempo passato: il tempo del Big Bang accennato prima.
Solo se ΩΛ≠0 , si ha un'inversione di tendenza nel comportamento della variazione del redshift
che inizia a crescere nel momento in cui l'energia del vuoto diventa dominante rispetto alla compo-
nente di materia ordinaria.
Se mettiamo in relazione invece il redshift drift z con z , per diversi valori dei parametri cosmolo-
gici, vediamo che una regione in cui z>0 , ovvero una condizione di espansione accelerata, si
trova solo se ΩΛ≠0 (figura 4).
14
a (t )2= 8πG3∑iρi a
2−Kc2=∑i
8πG
3ρi ,0 a−(1+3w i)−Kc2
a (t )2=∑iH 0
2Ωi ,0
a1+3wi
+H 02 (1−∑i
Ωi ,0)
H (t )2=a(t)2
a(t)2= H 0
2 [∑iΩi ,0
a3(1+wi )
+ 1
a2(1−∑i
Ωi ,0)]
H (t )= H 0 [∑iΩi ,0(1+z)3(1+wi)+(1−∑i
Ωi ,0)(1+z)2] 1/ 2
z (t o) =vc= H 0(1+z)−H (t)∼ Δ z
Δ t o
= Δ vcΔ t o
Ωi ,0=8πG3H0
2 ρi ,0 K=H 0
2
c2 (Ωm ,0+ΩΛ−1) =H 0
2
c2 (∑iΩi ,0−1)
1a(t)
=1+z
Figura 3 : evoluzione del redshift per tre oggetti con redshift attuale di 0.5 , 3 e 8 in funzione del tempo di osservazione
e per tre diverse combinazioni dei parametri cosmologici come indicato; tratta da [1].
Figura 4: redshift drift z a sinistra e v=c z a destra in funzione del redshift per diverse combinazioni dei para-
metri cosmologici; tratta da [1].
15
4. Una misura diretta dell'espansione
L'evoluzione nel tempo dell'Universo è interamente caratterizzata dal fattore di scala a(t) . Noi
vediamo la variazione di a attraverso il suo effetto di “stiramento” delle lunghezze d'onda dei fotoni
che attraversano l'Universo e quindi l'accelerazione dell'espansione risulta in una variazione del
redshift delle sorgenti cosmologiche. Misurare il redshift drift z per un numero di oggetti di
redshift diverso, attraverso le osservazioni di righe spettrali a epoche diverse, ci permette di ricavare
a (z) e conoscere il corso evolutivo dell'Universo. Dal momento che il redshift drift è un effetto
molto piccolo ( come si evince dalla Figura 4, ad esempio per z=4 si ha un redshift drift di circa 6
cm/s in 10 anni ), si dovrà raggiungere una precisione di circa 1 cm/s nella determinazione delle
velocità radiali.
A priori non è ovvio quali siano le caratteristiche spettrali e gli oggetti che garantiscano un' indagi-
ne il più precisa possibile del redshift di una sorgente, tuttavia ci sono alcuni requisiti che mi aspet -
to migliorino la misura. Ad esempio vorrei sorgenti molto luminose e che seguissero fedelmente
l'espansione di Hubble, dal momento che moti peculiari potrebbero introdurre un errore sistematico,
con righe spettrali molteplici e ben definite e un campione che si estenda su vari redshift. Molti di
questi requisiti sono in conflitto tra loro, ad esempio è difficile trovare sorgenti molto luminose ad
alti redshift, e righe spettrali nitide si osservano in materiali freddi che solitamente si trovano in
dense regioni dentro profonde buche di potenziale. Esiste però una classe di “oggetti” che soddisfa-
no tutti i criteri eccetto uno: la cosiddetta Ly-alpha forest, insieme di righe di assorbimento che si
presentano negli spettri di QUASAR (quasi stellar radio sources) o di QSO (quasi stellar object). Il
maggior numero di questi assorbimenti avviene nel mezzo intergalattico da parte di nubi di gas
poste tra noi e i QSOs. I quasar sono tra gli oggetti celesti più luminosi, si trovano fino a redshift
z∼7 , e ogni spettro con z > 2 mostra centinaia di righe di assorbimento che però presentano una
larghezza di riga di circa 30 km/s. Oltre all'espansione di Hubble ci sono altri processi evolutivi a
cui è sottoposto il gas che potrebbero modificare la posizione delle righe di assorbimento su scale
temporali di decine di anni, come moti peculiari e variazioni nella profondità ottica del gas. Tuttavia
eventuali moti propri ci aspettiamo che siano orientati casualmente rispetto alla linea di vista e, da
un'analisi più approfondita, risulta che l'errore introdotto da questi è dell'ordine di 10−3 cm/s e
quindi trascurabile rispetto a quello con cui ci auguriamo di misurare il redshift. Anche il cambia-
mento delle proprietà ottiche del gas potrebbe simulare un redshift, ma, confrontando la variazione
della profondità ottica aspettata, conseguenza del redshift drift, con quella causata da un cambia-
mento delle proprietà fisiche del mezzo, si trova che quest'ultima è almeno di due ordini inferiore.
Concludiamo quindi che questi effetti non sono rivelanti e non verranno pertanto trattati.
16
4.1 Errore sulla misura
In linea di principio per misurare il redshift drift si dovrà misurare la differenza delle velocità radia-
li, estratte da righe spettrali nello spettro dello stesso oggetto, tra due epoche di osservazione diver-
se e distanti tra loro molti anni. Quello di cui abbiamo bisogno è un metodo per stimare l'errore; per
fare questo seguiremo l'approccio di F. Bouchy, F. Pepe e D. Queloz, usato per l'ottimizzazione
della misura di velocità radiali nei pianeti extra solari. Alla prima osservazione misuriamo per un
dato pixel i l'intensità dello spettro S 1i , in fotoelettroni, e la lunghezza d'onda di una riga spettrale
selezionata λ i . Trascurando errori extra dello strumento (bias, flat field, dark), il flusso osservato
sull' i-esimo pixel alla seconda epoca può essere espresso come una piccola perturbazione su quello
della prima, dovuta al cambiamento delle righe spettrali per effetto dell'espansione :
Δ v i indica, per ciascun pixel i, la variazione della velocità radiale di una sorgente, dovuta al
moto di espansione in cui è immersa, sulla quale ci interessa conoscere l'errore che si ricava inver-
tendo la formula
(6)
Questa equazione mostra che la variazione della velocità si ottiene dal cambiamento dell'intensità in
ciascun canale spettrale. Invece di limitarci a considerare una singola riga spettrale, per aumentare
la sensibilità dello strumento e ridurre il rumore si possono analizzare più righe dello spettro e
sommare i contributi di ciascun pixel pesandoli con wi , inverso dell'errore
L'errore sul singolo pixel si ottiene dalla propagazione di (6)
17
S 2i= S1i+dS i
d λΔλ i
λ λi = S1i +dS i
d λΔ vi
cλi
Δ v i
c=
S 2i−S1i
λ i(dS i /d λ)=
S 2i−S1i
λi S ' i
Δ v =∑iΔ vi wi
∑iwi
=
∑i
Δ v i
σv i
2
∑i1
σv i
2
σvi
2 = [ cλi (dS i /d λ)
] 2σS 2i
2 +[ cλ i (dS i /d λ)
] 2σS 1i
2 +[ (S 2i − S1i)cλi
1
(dS i / λ)2] 2σS ' i
2
= [ cλ i(dS i /d λ)
] 2 [σS 1i
2 +σS 2i
2 +(S2i−S1i)
2
(dS i /d λ )2σ S ' i
2 ]
e quello totale
(7)
Si vede subito che la somma degli errori sugli spettri acquisiti è minima quando il tempo di integra-
zione della prima e della seconda epoca sono uguali, ovvero per un rapporto S/N uguale (e
minimo). Inoltre, come ci aspettiamo per una misura limitata dal solo rumore poissoniano dei foto-
ni, l'errore scala con l'inverso del rapporto segnale rumore che, in queste condizioni, dipende unica-
mente dalla luminosità della sorgente, dall'area di raccolta del telescopio, dal tempo di integrazione
totale e dal rapporto di fotoelettroni rilevati e fotoni incidenti (efficienza). In particolare:
con D diametro telescopio, t intg tempo di integrazione, ϵ efficienza totale, Z X , mX rispettiva-
mente magnitudine di punto zero e magnitudine apparente nella banda X della sorgente.
La regione Ly-alpha può essere scomposta in un insieme di righe di assorbimento che mostrano un
profilo essenzialmente caratterizzato da tre parametri: redshift, profondità delle righe e densità di
colonna dell'idrogeno neutro, prodotto tra densità del mezzo e lunghezza di quest'ultimo lungo la
linea di vista. Assegnando casualmente a questi parametri valori simili a quelli delle righe osservate
possiamo generare con il metodo Monte Carlo un elenco di righe di assorbimento a vari redshift,
utile per costruire spettri simulati. Una misura del redshift drift richiede una seconda epoca osserva-
tiva lungo la stessa linea di vista: una seconda lista di righe spettrali, simulate, si genera a partire
dalle prime semplicemente traslando il redshift secondo Δ z i = z( zi , H 0 ,Ωm ,ΩΛ) Δ t0 dove l'in-
tervallo di tempo tra le due epoche è Δ t 0 , H 0=70 km /s Mpc−1 e Ωm=0.3 ΩΛ=0.7 .
Questo è il metodo utilizzato da J.Liske, di cui di seguito mostriamo i risultati.
Figura 5; tratta da [1].
18
σv2=∑iσv i
2 wi2
∑iwi
2= 1
∑i
1
σv i
2
SN∝ [Z x 10
0.4(16−m X )( D42m
)2 t intg
10hϵ
0.25] 1 /2
L'immagine mostra in funzione del redshift il comportamento di σv per QSOs con 2≤ z ≤ 5 ,
ottenuto tramite l'equazione (7), su una singola coppia di spettri ognuno con S/N=1300.
In linea di massima si ha un buon accordo tra l'errore calcolato usando righe di assorbimento gene-
rate e prese dai cataloghi; la discrepanza maggiore si trova a bassi redshift e si dimostra che queste
differenze sono dovute al “clustering”, ovvero una disomogeneità del mezzo che provoca una
sovrapposizione di righe spettrali. Questo è confermato dall'aumento che si riscontra nell'errore
tenendo conto di tale effetto nella generazione di righe di assorbimento.
L'andamento di σv che si trova in funzione di z è dato da :
L'errore risulta migliore ad alti redshift perché maggiori sono le caratteristiche spettrali utilizzabili
per una misura della variazione della velocità. Tuttavia per z > 4 le righe di assorbimento tendono a
sovrapporsi l'un l'altra, impedendo a σv di migliorare ancora. Mettendo poi quest'ultimo in rela-
zione con la risoluzione spettrale R si trova che per R > 3×104 A , σ v è indipendente da R e la
regione Ly-alpha è completamente risolta.
Tutti questi risultati sulla precisione con la quale si può determinare la variazione della velocità
radiale di righe di assorbimento contenute nella Ly-alpha, possono essere quindi riassunti in un'uni-
ca relazione :
(8)
dove il rapporto S/N si considera lo stesso e pari a 2370 (per pixel) per entrambe le epoche e per
tutti gli oggetti del campione.
4.2 Accorgimenti nella misura
In pratica però non si riesce a misurare il redshift drift di un campione di oggetti semplicemente da
due osservazioni a epoche diverse separate da un intervallo di tempo Δ t0 , dal momento che non
si può considerare trascurabile il tempo di integrazione, necessario a raggiungere un buon rapporto
segnale-rumore, rispetto all'intervallo che separa le due epoche. Il tempo totale di integrazione
richiesto per l'accuratezza dell'esperimento viene così suddiviso in diverse epoche; questo aggiunge
alla precisione con cui si riescono a misurare le velocità radiali (8) un fattore di forma g che dipen-
de dal numero di epoche in cui si è suddiviso il tempo di integrazione e dalla frazione di t intg
usato alla j-esima epoca f j . Per una ripartizione realistica di t intg nelle diverse epoche, il fatto-
re di forma assume valori nell'intervallo 1.1 – 1.7 .
Negli spettri dei QSOs si trovano, oltre alla regione Ly-alpha, un' altra regione, Ly-beta, che contie-
19
σ v ∝(1+zQSO)
−1.7 zQSO< 4
(1+zQSO)−0.9 zQSO> 4
σ v= 2 ( S /N2370
)−1
(N QSO
30)−1/2
(1+zQSO
5)−1.7 (−0.9)
cm s−1 zQSO<4 (zQSO>4)
ne righe di assorbimento relative a transizioni a ordini superiori della serie di Lyman dell'idrogeno
neutro, e numerose righe di assorbimento da ioni metallici.
Se nella nostra analisi introduciamo queste righe spettrali si riesce a migliorare la misura di un
fattore ∼0.67 , per cui si ottiene il valore finale
dove adesso il rapporto segnale rumore indica quello totale, accumulato durante tutte le osservazio-
ni a epoche diverse, e non quello relativo ad una singola epoca, come precedentemente.
Il rapporto S/N abbiamo visto che dipende dalla magnitudine apparente della sorgente legata a sua
volta al flusso di fotoni emesso, da cui possiamo ricavare quello corretto per l'assorbimento dell'at-
mosfera terrestre e al centro della Ly-alpha, ovvero al centro della buca sullo spettro continuo della
sorgente creata dalla riga di assorbimento, N phot . Sfruttando le equazioni per il rapporto segnale-
rumore e per l'errore sulla variazione del redshift, si può calcolare, per una data combinazione di
N phot / zQSO , la precisione raggiungibile in una misura se tutto il tempo di integrazione fosse
impiegato per l'osservazione di un singolo oggetto del campione. Quanto detto è riportato in figura.
Figura 6 : i puntini mostrano la popolazione di QSO in funzione del flusso emesso al centro della Ly-alpha e del
redshift ; i colori di sfondo mostrano l'andamento dell'errore; tratta da [1].
Da questa si evince che effettivamente esistono QSOs sufficientemente luminosi o che giacciono a
redshift tali da rendere un buon valore di σ v , che saranno quindi quelli da includere nel campio-
ne osservativo.
20
σv=1.35 ( S /N3350
)−1
(N QSO
30)−1/2
(1+ zQSO
5)−1.7 (−0.9)
×g (N e , f 1...Ne)cm s−1 zQSO<4 ( zQSO>4) (9)
4.3 Risultati
Ci sono diverse possibilità su quali e quanti oggetti QSO osservare, e su come distribuire il tempo
di integrazione totale sugli oggetti del campione osservativo, la scelta migliore dipende dal tipo di
obiettivo che si vuole raggiungere. Supponiamo di voler misurare il redshift drift con la massima
precisione ottenibile, allora dovrò selezionare i QSOs che me lo permettono: quelli con cui riesco a
ottenere una misura il più precisa possibile, cioè con l'errore σv minore. Avendo scelto il campio-
ne N QSO migliore, in base alla figura 6, l'errore totale sul campione è :
dove σ v è dato da (9) e
Per un tempo di integrazione distribuito in modo uguale per tutti gli oggetti, mettendo in relazione
l'errore complessivo come funzione di O e N QSO , si ottengono i risultati in figura.
Figura 7 : errore totale sulla variazione di redshift in funzione del numero di oggetti con il migliore errore individuale
e delle caratteristiche del telescopio; tratta da [1].
Per esempio selezionando 20 oggetti, in base al criterio descritto precedentemente, troviamo che il telescopio E-ELT di D=39 m può raggiungere una precisione totale di ∼2.3cm s−1 in 4600h di tempo totale di osservazione. Per costruzione questo campione, formato da 20 QSOs e con O∼2 fornisce la misura più precisa possibile del redshift drift. Tuttavia, dato che molti degli oggetti sele-zionati giacciono a redshift tali da rendere un valore di z vicino a zero (Figura 8), il redshift drift
21
σvtot=[∑i
N QSO
σv−2( zQSO , f j ,O)]−1/2
O=( D42m
)2ϵ
0.25
t intg
2000h.
può essere misurato con una precisione relativa complessiva S=v /σ vtot=1.4 , v media pesata del
redshift drift atteso. Allora si potrebbero scegliere gli oggetti del campione che rendano un valorez≠0 con S massima, cioè quelli con rapporto maggiore v /σ v , con lo scopo di provare l'esi-
stenza di un cambiamento nel tasso di espansione dell'Universo. Per N QSO=10 , selezionati con
questo criterio, si è in grado di misurare un redshift drift diverso da zero con v /σ vtot=3.1 .
Figura 8 : redshift drift in funzione di z per 3 diversi obiettivi di misura , tutti con O circa 2, e parametri cosmologici
h70=1 ,Ωm=0.3 ,ΩLAMBDA=0.7 . I punti blu rappresentano una selezione di 20 oggetti con l'errore migliore sul
redshift ; dato che questi coprono un intervallo 2.04< z < 3.91 sono stati raggruppati in 4 intervalli di redshift di ugua-
li dimensioni . I quadrati gialli rappresentano invece un campione di soli 10 oggetti, suddivisi in due intervalli, selezio-
nati in modo da ottenere il miglior risultato di S; tratta da [1].
Un altro possibile obiettivo potrebbe essere quello di dimostrare l'accelerazione dell'Universo, e
quindi di misurare un redshift drift positivo e con il più alto rapporto possibile v /σ vtot . Sfortunata-
mente, come si vede in Figura 8, si hanno redshift drift positivi a bassi redshift che non riusciamo a
misurare, essendo la regione Ly-alpha accessibile da terra solo per valori z >≈1.7 .
Sebbene non sia possibile misurare direttamente z >0 , potremo farlo implicitamente se riuscissi-
mo a trovare ΩΛ≠0 , che nel Modello Cosmologico Standard spiega l'accelerazione dell'espan-
sione.
Se consideriamo solo due QSO a due dati z, e utilizziamo per v=Δ v /Δ t0 il valore che ci aspet-
tiamo dall'equazione di espansione
v=H 0(1+ z)−H 0[(1+ z)3Ωm+ΩΛ+(1−Ωm−ΩΛ)(1+z)2] 1 /2
22
possiamo trovare ΩΛ in funzione di Ωm :
Tale relazione è riportata in grafico e rappresentata dalle rette, una rossa e una blu, corrispondenti ai
due diversi redshift.
Figura 9 : relazione tra le costanti cosmologiche del Modello Cosmologico Standard e rappresentazione dell'ellisse di
confidenza; tratta da [1].
L'ellisse in figura è detta ellisse di confidenza, rappresenta gli errori sulle misure simulate descritte
prima dei due parametri cosmologici, ottenuti dalla distribuzione del χ2 a due gradi di libertà. Ci
permette di escludere il valore ΩΛ=0 al 98.2% di livello di confidenza, ovvero si hanno il 98.2%
di probabilità che il valore della costante cosmologica cada entro l'ellisse di confidenza, che esclude
il valore nullo.
23
1− v(1+z)H 0
=[(1+z)Ωm+ΩΛ
(1+z)2+1−Ωm−ΩΛ]
1/ 2= [ zΩm+ΩΛ
(1+z)2(1−(1+z )2) +1] 1 /2
(1− v(1+ z)H 0
)2
−zΩm−1=ΩΛ
(1+z)2(1− (1+z)2)
ΩΛ=(1+z )2
(1+z)2−1[ zΩm+ 1−( 1 − v
(1+z)H 0
)2
]
5. Conclusioni
Riuscire a misurare la variazione nel tempo del redshift di sorgenti cosmologiche, causata dal
cambiamento nel tasso di espansione dell'Universo, rappresenta una misura diretta dell'evoluzione
dell'espansione.
Abbiamo visto, generando righe spettrali attraverso il metodo Monte Carlo, che è possibile mettere
in relazione da una parte la precisione con cui si riesce a misurare il redshift di una sorgente con il
redshift stesso e dall'altra la luminosità degli oggetti con il rapporto segnale-rumore, unico contribu -
to all'errore in un esperimento limitato dal solo rumore poissoiniano dei fotoni. Scegliendo in modo
opportuno il campione osservativo e la distribuzione del tempo di integrazione per ogni oggetto, un
telescopio E-ELT sarebbe in grado di raggiungere la precisione necessaria per poter misurare in
modo significativo il redshift drift. Un ulteriore miglioramento della misura si ottiene in base ai
risultati che si vogliono conseguire nello specifico: con l'obiettivo di misurare un redshit drift con la
massima precisione ottenibile, il telescopio E-ELT sarebbe in grado di raggiungere un'accuratezza
di 2.3 cm/s in 4600 h di tempo totale di osservazione o di escludere al 98.2% di livello di confiden-
za un valore nullo della costante cosmologica, con il fine di spiegare l'accelerazione dell'Universo.
Ricostruire la storia dell'espansione dell'Universo sarebbe di fondamentale importanza, potrebbe ad
esempio dimostrare l'esistenza di una materia oscura o confermare uno dei modelli cosmologici
esistenti. La misura diretta dell'accelerazione dell'Universo rientra, non a caso, in uno degli obiettivi
scientifici prefissati del progetto E-ELT .
24
Bibliografia
[1] J. Liske, http://arxiv.org/pdf/0802.1532v1.pdf
[2] F. Bouchy, F. Pepe, and D. Queloz, http://www.aanda.org/articles/aa/pdf/2001/29/aa1316.pdf
[3] A. Marconi, http://www.arcetri.astro.it/~marconi/Lezioni/Cosmo14/04_osservazioni.pdf
[4] A. Marconi, http://www.arcetri.astro.it/~marconi/Lezioni/Cosmo14/08_parametri.pdf
[5] A. Marconi, http://www.arcetri.astro.it/~marconi/Lezioni/IntAst14/Lezione16-cosmologia.pdf
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