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Foto by Davide Gasperini Anno 2 N.15 Febbraio 2012 - Periodico quindicinale - Editore e Proprietario: eBookservice srl C.F./P.I. : 07193470965-REA: MI-1942227. Iscr. Tribunale di Milano n. 324 del 10.6.2011. L’IRONIA nel Nudo Livio Moiana L’anima nel segno di Roberto di Costanzo PERSONALE DI Davide Gasperini , per la nuova collezione su canvas e presentazione del nuovo libro fotografico, esposizione di Mutoid Art, in via orti 16 a MILANO. Design Group Giancarlo Zema numero 15 www.iocome.it

Io Come Artista 15

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Rivista dedicata agli artisti, fotografi, designers

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Foto byDavide Gasperini

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L’IRONIA nel NudoLivio Moiana

L’anima nel segno diRoberto di Costanzo

Personale didavide Gasperini,per la nuova collezionesu canvas e presentazionedel nuovo libro fotografico,esposizione di Mutoid art,in via orti 16 a Milano.

Design GroupGiancarlo Zema

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sommario

in copertinaFoto di Davide GasperiniDesigner

Giancarlo ZemaDesign Group

Boudoirdi Indira FassioniIntervistandoRoberto sells

FotografaoLivio Moianal’ironia nel nudo

Eventi del ½ meseGenovaMostra Mercato d’Arte ModernaContemporanea

ArtistaRoberto di CostanzoL’anima nel segno

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Le Civettedi Nadia GinelliNon c’è pace per Brera ...

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Verba volant, scripta manent, che tradotta letteral-mente, significa: “Le parole volano, gli scritti riman-gono”. Una locuzione latina considerata un proverbio ma che è una santa verità che non usa metafore for-zate e iperboli incomprensibili. Le parole vanno, ven-gono, sotto forma di promessa, di contratto, portate dal vento o urlate alla disperazione. Quelle, le parole, nel tempo saranno rimandate e modificate, taciute e soffocate e, infine, dimenticate.

Le canzoni parlano di amori urlati all’eternità, di dolo-ri taciuti e vestiti di giorno per sembrare meno terrifi-ci. Parole, parole, parole e soltanto parole ma quando vengono scritte allora e, solo allora, assumono una concretezza. Si parli di favole o promesse una volta incise su supporti (cartacei, rocciosi e chi più ne ha più ne metta) difficilmente, molto difficilmente vengo-no cancellate e, quindi, perdere di valore, di significa-to.

A questo punto vorrei soffermarmi a parlare di un ec-cellente artista di metà ‘900 che ha esplorato a fondo la concezione verbo-visiva: Emilio Isgrò. Questo gran-de poeta, pittore, cinematografo e giornalista che esordì cancellando intere enciclopedie e contribuen-do allo sviluppo in Italia della “poesia visiva” e dell’ar-te concettuale. Un artista ancora poco conosciuto visto il suo calibro e che ha molto da insegnarci sulla semiotica dell’arte visiva e sul valore della parola scritta.

www.emilioisgro.infoGmG

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le civettele civette

delle sponsorizzazioni, statunitensi ed ita-liane, le risorse necessarie per il restauro di circa nove opere barocche, tenute attual-mente nei depositi e che potranno, dun-que, essere di nuovo ammirate.

Attenzione: oltre al Romanino, pare che Brera sia in possesso di un’altra opera venduta a Parigi nel 1941, battuta all’Hotel Drouot in un’asta di opere confiscate agli ebrei dal governo di Vichy. Si tratta di una “Madonna col Bambino” di Bernardo Ze-nale, acquistato dall’Italia negli anni Set-

tanta, conservata però nei depositi. Ci auguriamo che almeno questa opera non venga presa in considera-zione per una futura esposi-zione, soprattutto all’estero.Si, perché l’Italia è già al la-voro, con il Consolato Ge-nerale d’Italia a Miami e con l’Istituto di Cultura di New York, per la realizzazione della seconda collabora-zione americana, ipotizzata nella cornice del Museo Ita-lia della Fritzgerald of Flo-rence Foundation.

dopo la delusione provata per le chiu-sure festive (e non dichiarate) della mostra “Brera incontra il Puskin – col-lezionismo russo tra renoir e Matis-se”, ecco un’altra ombra allungarsi sulla Pinacoteca di Brera: il “Cristo portacroce trascinato da un manigol-do” del romanino, non rientrerà più in italia!

Ma perché rischiare di prestare proprio quell’opera, già in contenzioso da diversi anni? Il prestito delle opere – la mostra è patrocinata dal Ministe-ro per i Beni e le Attività Culturali e personalmen-te auspicata dal Ministro Sandro Bondi – rientra in un piano economico a vantaggio di tutti e due gli Stati coinvolti. Agli Stati Uniti ha portato senz’altro il lustro di poter ammirare opere d’arte lombarda di grande valore, che copro-no gli anni dalla metà del Cinquecento fino alla fine del Settecento, e all’Italia, attraverso i fondi raccolti

Non c’è pace per Brera…

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È anacronistico il fatto, poi, che il Brogan Museum, a mostra finita, venga chiuso al pubblico a tempo indefinito, come si legge in una breve nota sul sito web (www.the-brogan.org): I membri dello staff del museo Mary Brogan riferiscono che il team della direzione del museo ha deciso di chiudere al pubblico a causa “dell’inventario perio-dico”.

Il Brogan Museum è nato dalla fusione, nel 2000, dei due precedenti musei e nel cor-so degli anni, ha avuto qualche difficoltà finanziaria. La chiusura avrà effetto dal 15 gennaio e, stante la necessità di rivalutare cosa realmente la comunità desidera dal museo, ci si augura nella sua riapertura en-tro un anno.Questo tipo di iniziative, aventi un mero fine commerciale e non più culturale, sono lon-tane anni luce dalle primitive idee che gli Artisti hanno dell’Arte: dipingere solo per se stessi, senza preoccuparsi del succes-so commerciale e del valore economico di ciò che producono direttamente dall’Ani-ma …

Ma forse, e ripeto forse, siamo sommer-si da tanta Arte e da tanti e tali Artisti, da avere una mole così numerosa di lavori che devono essere riscoperti, restaurati, valo-rizzati … da non riuscire a coprire i relativi costi di gestione.E allora, sempre sottolineando forse, il sa-crificio di un’opera è valsa la salvezza di altre nove, o no?

nadia Ginelli

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il fatto.Nel marzo 2011 l’opera del Romani-no, assieme ad altre 49 opere del Ba-rocco lombardo, parte per la mostra “Baroque Painting in Lombardy from the Pinacoteca di Brera”, al Mary Bro-gan Museum of Art and Science di Tallahassee, Florida (www.thebrogan.org).La mostra riscuote un notevole successo – e come altrimenti non poteva – tanto che si decide di prorogarla da luglio fino a settembre 2011. Al termine dell’esposizione, però, vengono restituite solo le altre 49 opere ma non quella del Romanino.

la questione leGale.Il “Cristo portacroce” che risale al 1538 circa, fu acquistato nel 1914 dalla fa-miglia ebrea Gentili; nel 1941 la collezione Gentili venne dispersa e molte ope-re furono acquistate da mercanti vicini al regime nazista e destinate a musei tedeschi o alle case private dei gerarchi. Tra queste anche l’opera in argomen-to, che venne infatti venduta all’asta dal governo Vichy e dal 1998 entra a far parte della collezione della Pinacoteca di Brera.Gli eredi della famiglia Gentili chiedono – fin dal 2000 - la restituzione delle opere disperse, non solo alla Pinacoteca ma anche al Louvre, il quale, a diffe-renza di Brera che ha fatto “orecchi da mercante”, ha provveduto a riconse-gnare cinque quadri.

la ConClusione:L’FBI, nella persona del Procuratore Pamela Marsh, ha comunicato la questio-ne alla direttrice del Brogan Museum e ne ha disposto il fermo.

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Tutto quello che so non è tutto quel-lo che vedo e tutto quello che vorrei vedere cerco di saperlo disegnan-dolo. Così inizia la ricerca smodata del di-venire adulti attraverso l’arte e le sue conseguenze fisiche. La ricerca im-pulsiva del non detto, del non cono-sciuto, dell’idealizzato, trascenden-te, dell’intelletto. Filosofia. Un segno dapprima generoso di studi, accademico, poi nel tempo nevrotico, poi smagrito dalla sintesi, ancora, ostaggio del ritratto ed in-vaghito della parola. Così l’illustra-zione. Nessuna dicotomia tra la pa-rola ed il segno che si intervallano a difesa del messaggio “chiaroscura-le”. Poi la sinestesia e con essa il gusto della migrazione lessicale; i segni diventano sospiri, i colori suo-ni, le ombre intervalli fumosi.Poi i paradossi, le grandezze seguo-no i desideri di chi osserva, le sago-me acquistano ali si allungano verso i bianchi poi i neri poi i vuoti. Le bar-che con gli amori immaginari ed i

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muscoli di ognuno a trainarli. Vorrei raccontare il bisogno emotivo che non trova un riparo sicuro nei nostri giorni color malta, in cui la malinconia deve vestirsi a festa e di-ventare misteriosa adulatrice per molti di noi. Il disegno fortifica le identità che immaginiamo ci tra-montino l’animo. La gelosia, il disa-gio, la malinconia, l’amore tradito, l’amore vilipeso dall’immaginario, la malattia, il non senso, la fragilità, l’inquietudine, il non essere.Vorrei descrivere gli infiniti scorci che portiamo dentro, nuove geome-trie figlie del sapere e del vissuto. Tutto questo nel l’attimo in cui im-maginiamo di divenire altro grazie l’arte e la sua generosa proposta di vita.

All I know is everything I see and everything I see I try to know it by drawing it.So begins the excessive pursuit of becoming adults through the art and its physical consequences. The search pulse of the unsaid, the unknown, of the idealized, tran-scendent, of’ intellect. Philosophy.A sign first generation of studies, academic, and neurotic over time, then the synthesis of thin, still ho-stage to the portrait and enamored of the word. So the illustration. No dichotomy between the word and the sign that space out to defend the post “chiaroscuro”. Then syne-sthesia and with it the taste of mi-gration lexical signs become sighs, sounds, colors, shadows smoky intervals.Then the paradoxes, the magnitu-des follow the desires of the obser-ver, the silhouettes acquire wings stretch towards whites then blacks, then the gaps. Boats with imagina-ry loves and muscles of everyone to pull them.I want to tell the emotional need that can not find a safe haven in

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our day-colored mortar, in which melancholy must dress up and be-come mysterious flattering for many of us. The design fortifies the identities that we imagine we do go down the soul. The jealousy, di-scomfort, sadness, the love betra-yed, the love reviled by imaginary illness, the nonsense, the fragility, the anxiety, not to be. I would describe the endless views that we carry, new geometries dau-ghters of knowledge and experien-ce. All this in the moment in which we imagine to become more throu-gh the art and his generous offer of life.

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Design GroupGiancarlo Zema

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Fermamente convinto che il nostro pianeta in continuo mutamento in un prossimo futu-ro porterà l’architettura a confrontarsi con nuove risorse finora inesplorate, Giancarlo Zema crede nel fascino di un nuovo orizzon-te di vita a stretto contatto con l’acqua.Consapevole dell’impatto che l’intervento umano ha da sempre suscitato sull’ambien-te, le sue architetture si distinguono per l’in-tento di conquistare nuovi spazi per l’abitare nel rispetto della natura. Inventando da zero una nuova tipologia abitativa in un mondo, quello sull’acqua, totalmente inesplorato, i progetti sono pensati per avere vita propria come vere e proprie “creature marine”: na-scono prendendo forma da linee organiche e sinuose, vivono attraverso l’inserimento di innovative tecnologie e si riproducono gra-zie all’uso di materiali eco-compatibili.

Da questa innovativa visione nasce nel 2001 a Roma la Giancarlo Zema Design Group, uno studio di architettura specializzato nella progettazione di strutture architettoniche semisommerse, case galleggianti, yacht e interior design. Con uno stile fortemente avveniristico ma allo stesso tempo così intrinseco nella natu-ra stessa da risultare inconsciamente attra-ente, l’architetto Giancarlo Zema riesce a interpretare in modo sempre nuovo e intri-gante ogni esigenza progettuale, dalle gran-di architetture agli oggetti di design. Sensi-bile ai problemi dell’ambiente, ama tenersi costantemente aggiornato per poter sempre

Roma, Italy, 1973

dotare i suoi progetti di sistemi tecnologici all’avanguardia e discreti nel totale rispetto della natura. Dinamico e flessibile lo Studio è in grado di garantire l’intero processo costruttivo, dal concept al dettaglio esecutivo.Grazie all’uso di avanzate tecnologie e sofi-sticati software di grafica riesce a realizzare modelli tridimensionali e simulazioni virtuali del prodotto finito per poter offrire al cliente tutte le informazioni necessarie alla com-prensione e sviluppo del progetto prima del-la sua realizzazione.

Dal 2003 la Giancarlo Zema Design Group è in partnership con la ZLH (Pty) Ltd, un pre-stigioso studio di ingegneria con sede in Sud Africa specializzato nell’ingegnerizza-zione di strutture navali.

Design GroupGiancarlo Zema

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Giancarlo Zema has born in Rome in 1973 and graduated in Architecture at the “La Sapienza” University of Rome with Prof. Giovanni Zuccon, one of most important naval designer in the international scene.

Brief but intense his experience at Giorgio Vafiadis’ studio and longer period at Jean Marc Schivo’s studio much contributed to his professional growth which has also been enriched by his collaboration with fo-reign companies in the naval design field.His great passion and creativity have given him the opportunity to work on alternative and innovative projects, where architectu-re and design merge to create new forms of art. He is sensitive to new technologies and used sophisticated high performance technological elements perfectly integra-ted in his organic design. The main cha-racteristics of his design are soft lines that clearly recall biomorphic forms. In 2001 he founded his personal architec-

ture studio named Giancarlo Zema Design Group (GZDG), located in Rome, Italy. The studio has developed skills in naval archi-tectures and Industrial design and has worked on outstanding projects to create thinking and design.

Since 2001 he has been collaborating as a designer with the Underwater Vehicles Inc. a Canadian society, leader in submarine and semisubmerged architectural structu-res.In 2003 he became a partners with the ZLH

Rome, Italy, 1973

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Designer

(Pty) Ltd a consulting engineers company in south Africa to engineer their naval projects.In 2004 he became part of the design team of the famous American Bugatti Yachts firm, creating unique superyachts with Bu-gatti Marine’s advanced electric propulsion systems.Some of Zema’s most remarkable projects are the Trilobis 65 (an innovative yacht with underwater view and hydrogen fuel cell engines), the Jelly-fish 45 (a floating house with underwater view) both designed for

UVI and finally the Poseidon 180 (a su-peryacht with diagonal connecting decks) for Bugatti Yachts Ltd. In the furniture design field, not to be for-gotten is the Ring Collection (table, chair and stool) for the Giovannetti srl and the innovative modular stand in DuPont™ Co-rian® for the Runtal srl.His projects are frequently shown on TV and presented at European exhibitions and international conventions. They are also published in the foremost magazines and books.

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AnemoneArmchairPistoia, Italy, 2011Project: Giancarlo Zema Design GroupClient: Giovannetti Collezioni srlConsultants: Giovannetti Technical Team

Swimming as funny fishes in a warm sea full of shapes and then feeling safe in a colourful anemone. This is the inspi-ration that led the architect Giancarlo Zema to design for the prestigious Giovannetti Collezioni a soft and sprightly armchair of high sculptural value. Realized in polyurethane foam with bearing structure in treated steel and rotating base, cover in elastic fabrics.

Muoversi come pesci felici in un caldo mare di forme, sen-tirsi protetti perchè accolti all’interno di un coloratissimo anemone. Questa l’ispirazione che ha spinto l’architetto Giancarlo Zema a realizzare per la prestigiosa Giovanetti Collezioni una morbida e vivace poltroncina ad alto valore scultoreo. Realizzata in poliuretano schiumato su struttura in acciaio trattato e base di appoggio a terra girevole, rive-stimento in tessuto elasticizzato.

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Leaf CollectionTable + Chair in DuPont™ Corian®Roma, Italy, 2010Project: Giancarlo ZemaClient: Avanzini Group srlConsultants: DuPont Ltd - Bsolid srl

Like bending leaves, soft and flexible, this high scultural series of table and chair are realized in DuPont™ Corian®. A contemporary material shapes precious unique pieces, brightly coloured, like the flexible-backed chair that fits it-self to the body. The collection is an exclusive signed and numered limited edition of n.120 chairs and n.60 tables.

Una foglia sinuosa che si ripiega su se stessa, flessibile e morbida al tatto, questa la visione che ha portato l’architet-to Giancarlo Zema a disegnare una straordinaria collezione di arredi di design, composta da tavolo e sedia per Avan-zini Group Distributor of Quality. Un materiale contempora-neo come il Corian® DuPont™ da forma a preziosi pezzi unici dai colori brillanti, la sedia con schienale flessibile a memoria di forma si adatta alle curve del corpo. Una serie ad edizione limitata numerata, n.120 sedie e n.60 tavoli, realizzata per gli amanti del design altamente scultoreo.

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OctopusFloor lamp in DuPont™ Corian®Bergamo, Italy, 2011Project: Giancarlo ZemaClient: LumineXence srlConsultants: LumineXence Technical Team

Allungando uno dei suoi sinuosi tentacoli, un curioso e co-loratissimo polipo affiora dal fondo marino, portando con sè forma, colore e luce vitale. Con questa visione l’archi-tetto Giancarlo Zema progetta per la LumineXence una lampada da terra fortemente scenografica in DuPont™ Corian®. Realizzata in doppia colorazione con base in acciaio, dotata di tecnologia LED a variazione RGB con telecomando, 210 cm di altezza per 35 cm di diametro. Un intrigante oggetto di design/arte in edizione limitata nu-merata e firmata, n.120 pezzi.

Lengthening one of its sinuous tentacles, a curious and colorful octopus emerges from the seabed, bringing sha-pe, colour and vital light. With this vision, the architect Giancarlo Zema designs a floor lamp in DuPont™ Corian® for LumineXence. Bicoloured with a steel base, dynamic RGB LED technology with remote control, 210 cm height and 35 cm in diameter. An intriguing art-design object, in a limited edition of n. 120 pieces, signed and numbered.

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Sea UrchinSteel installationMilan, Italy, 2011Project: Giancarlo Zema Design Group Client: Fondazione Promozione AcciaioConsultants: Nord Zinc - CETA

Come uno spinoso ma intrigante riccio di mare, questa straordinaria scultura urbana “Sea Urchin” firmata dall’ar-chitetto Giancarlo Zema è realizzata utilizzando 150 tubo-lari in acciaio e relativi giunti in plastica. Un modo nuovo e artistico per trasformare anonimi elementi di cantiere in un colorato canneto strutturale. Un’opera nata come sim-bolo di una nuova ricostruzione della città all’insegna del rinnovamento e dell’eco-sostenibilità. Il progetto promosso dalla Fondazione Promozione Acciaio di Milano e MADE Expo è sponsorizzata da un pool di aziende di eccellenza nel settore delle costruzioni.

Like a spiny but intriguing “Sea Urchin” this unusual urban sculpture designed by the architect Giancarlo Zema is re-alized using 150 stainless steel tubes and related plastic joints. A new artistic way to transform anonymous scaffol-ding elements in a colorful cane structure. A work to be installed in parks or green small ponds, as a symbol of a new reconstruction of the city, dedicated to the renovation and the eco-sustainability. The project has been realized thanks to the Steel Promotion Foundation of Milan and MADE Expo, and sponsored by a pool of leader compa-nies in the constructuon field.

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SimoGiObject-holderNaples, Italy, 2010Project: Giancarlo ZemaClient: Bsolid srlConsultants: Bsolid Technical Team

Dal nome vagamente orientale, SimoGi by Giancarlo Zema, nasce dalla fusione di due anime, l’acqua e la ter-ra, prendendo ispirazione dall’abbraccio simbolico che la schiuma del mare genera intorno ad un ciottolo abbando-nato sulla spiaggia. Un piccolo ma prezioso porta-oggetti in DuPont™ Corian® realizzato da Bsolid per gli amanti del design altamente scultoreo in edizione limitata numerata e firmata, n.120 pezzi.

With its oriental sounding name, SimoGi by Giancarlo Zema joins two elements, Water and Earth, taking inspi-ration from the symbolic embracement between sea foam and an abandoned stone on the shore. A precious little object-holder in DuPont™ Corian® realized by Bsolid in limited edition of n.120 signed pieces for exclusive design lovers.

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Bright Woods CollectionBrighting forniture / Arredi luminosiRoma, Italy, 2010Project: Giancarlo Zema Design Group Client: Avanzini Group srlConsultants: Lamellux Ltd

Like an enchanted forest of trees that light up at night, this fashinating ethnic collection of seats and low table, uses natural materials like wood scratched by several resin rings that lighten at sunset. Available in several colour and es-sences, they are ideal for the most exclusive interior deco-ration, from hotels to nautical furnishing. It is a signed and numered limited edition series of n.120 seats and n.60 low tables.

Un bosco incantato fatto di alberi che si illuminano al ca-lare della notte, questa la visione che ha portato Giancarlo Zema alla realizzazione di una esclusiva serie di arredi etni-ci per Avanzini Group Distributor of Quality. Una collezione dalle forme morbide e materiali naturali come il legno graf-fiato da una moltitudine di anelli in resina che si illuminano grazie alla tecnologia LED a variazione RGB. Una collezio-ne in edizione limitata, numerata e firmata, n.120 sgabelli e n.60 tavoli, ideale per arredare con gusto e poesia gli ambienti più esclusivi dall’alberghiero alla nautica.

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Boudoir

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i www.rosaspinto.net

Musicista resident al The Beach di Milano e con tre album già alle spalle, rober-to salis può vantare una carriera musicale che parte da lontano e che attraversa un insieme variegato di esperienze e collaborazioni.

Sardo di nascita, inizia a percorrere la regione di origine con la sua band sul-le note del blues elettrico, del country e del rock. Si trasferisce per un anno a Roma, intensificando la sua passione e la sua attività musicale.

E’ tuttavia con il suo arrivo a Milano che gli interessi di Salis si diversificano sen-sibilmente e prendono avvio la sua produzione discografica, a partire dal 2009 con L’Antidoto, le serate del venerdì, sabato e domenica al The Beach, nonché le sue apparizioni a manifestazioni quali il B-side e il Festival Internazionale della Musica MITO.

L’uscita nel 2011 del suo ultimo lavoro, D’azzardo, prosegue la linea di tendenza di un esercizio artistico in continua evoluzione, dove l’irruenza della passione si mescola alla leggerezza della creatività e la sperimentazione non cede il posto all’accademia.

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intervistandoRoberto Sells

roberto prima di intraprendere la carriera del musicista, che cos’hai fatto?Ho trascorso i miei primi 25 anni ad Iglesias nel sud-ovest della Sardegna. Dopo esser-mi laureato in Scienze dei Materiali (Facoltà di Chimica e Fisica) mi son trasferito prima a Roma per circa un anno, e successivamente a Milano, dove tutt’ora vivo.

Perché proprio Milano e cosa ti affascina di questa città?A Milano son venuto la prima volta nel 2003 per fare un provino per un programma televi-sivo e me ne sono innamorato a prima vista. Amo il suo fascino misterioso che si nasconde tra i palazzi e la nebbia. E’ una citta elettrica dove più che vedere si percepisce, non solo attraverso i sensi, ma anche con lo spirito.

quali sono stati i tuoi primi passi nel mon-do della musica?Ho iniziato a suonare la musica dei miei miti: Clapton, Dire Straitis, Pink Floyd, Rolling Sto-nes, Dylan, i grandi cantautori italiani come De Andrè, Bennato, De Gregori, Conte, Ca-possela e la musica blues in tutte le sue sfac-cetture, musica della quale mi sono innamo-rato visceralamente. Suonando ti rendi conto dell’importanza che questo genere ha avuto nel secolo scorso e di quanta musica grazie ad esso sia nata.

il tuo modo di suonare è riconoscibile e deli-nea uno tocco chitarristico molto personale.Forse perché non uso il plettro: mi piace il contatto diretto delle dita con le corde, che sia chitarra elettrica o acustica. Nel corso degli anni suonando in giro, vivendo tante si-

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e’ un aspetto curioso questo se paragona-to a quello che proponi su disco e nei live.tra l’altro i tuoi tre album pubblicati fin’o-ra (L’Antidoto, Amore Acustico e D’Azzardo) sono, per quanto riguarda gli arrangiamen-ti, abbastanza diversi tra loro.descriviceli a grandi linee.L’Antidoto ruota attorno alla chitarra acu-stica e ad arrangiamenti folk, con sprazzi di blues,swing e anche di pizzica.

Amore Acustico è un’album interamente stru-mentale di sola chitarra acustica, dove riela-boro canzoni d’amore famose italiane e non a modo mio.

D’Azzardo è il mio ultimo lavoro. E’ caratteriz-zato da un’atteggiamento “roots” dove viene data importanza all’immediatezza tipica del live; infatti è stato registrato quasi interamen-te dal vivo in studio con poche sovraincisioni, senza l’utilizzo di plug-in o sequenze precam-pionate, dando spazio a dilatazioni strumen-tali. Per quanto riguarda i testi l’Antidoto è più ermetico rispetto a D’Azzardo che è più schietto e diretto.

durante il tuo percorso, con quali perso-ne hai avuto occasione di collaborare e in quali manifestazioni hai avuto occasine di esibirti?Quando stavo a Roma ho avuto occasione di comporre le musiche per alcuni cortometraggi del centro Sperimentale cinema Roma e nello specifico di Sonicaonirica di G.Marco Floris; ho inoltre intrapreso una collaborazione live con Carlo Martinelli (percussionista turnista

tuazioni diverse, credo di aver sviluppato un finger-style personale non accademico. Que-sto non è altro che il denominatore comune di tutto quello che amo suonare.

da questo quadro musicale vien fuori uno stile molto vintage. Però da 2 anni sei mu-sicista resident in uno dei più famosi loca-li fashion di Milano il the Beach. Come si sposa questo col tuo genere musicale?Al The Beach suono da circa 2 anni ed im-provviso con la chitarra acustica, amplificata in filodiffusione per tutto il locale, su musica strumentale lounge, chillout, deep house; fa-cendo con lo strumento la “voce” dei brani che vengono messi ed improvvisandoci su. Se queste musiche vengono spogliate dagli arrangiamenti elettronici noti che le matrici sono il funky, la fusion e lo swing ; quindi è qui che si sposa con ciò che io suono. Alla fine sono serate incentrate sull’improvvisazione strumentale.

intervistandoRoberto Sells

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che ha lavorato con Britti, Cammariere, Ciotti, Tiromancino, Stewart).Trasferitomi a MIlano circa 5 anni fa, ho ini-ziato a collaborare con la compaglia teatrale della Brianza “La Manifattura”, occupandomi della creazione di musiche in presa diretta Voce-chitarra e loop per degli spettacoli in-centrati sui grandi autori della letteratura ita-liana e straniera quali Neruda, Levi, Pasolini, De Andrè, Pratt,Calvino. Ho avuto occasio-ne di suonare come chitarrista live di G.Luca Massaroni (prodotto da Ramazzotti) al B-Side festival, di lavorare dal 2010 come chitarrista live della grande Irene Fargo, e sempre nel 2010, di suonare alla manifestazione interna-zionale MITO fringe di Milano con la formazio-ne blues “Roberto Salis blues band”.

Nel 2011 ho avuto l’onore di suonare per la chiusura della mostra su De Andrè alla roton-da Besana di Milano interpretando a modo mio brani del grande Faber, e di recente fare da gruppo spalla alla Bandabardò al Meta-rock di Pisa.Queste esperienze sono state intervallate da live con la band e come “one man band” per il centro-nord Italia.

internet ha dato una mano d’aiuto alla mu-sica o l’ha penalizzata?Internet è andato fuori controllo e ha fatto sì che sia i musicisti che gli artisti in generale siano finiti tutti nel calderone.

Credo non ci sia più una strategia di marketing standard, in quanto cd se ne vendono sem-pre meno (quasi niente), così l’unica soluzione

resta il live, che trovo sia anche l’aspetto più sincero della musica.Non trovo esagerato dire che avere un mana-ger che ti “sbatta” in giro per i palchi sia da ritenere un fattore importante.

quali sono i tuoi impegni futuri dopo que-sto contesto?Attualmente promuovere l’album”D’Azzardo” in vista dei live che varieranno a seconda del-la formazione: con la band o da solo come “one man band”.

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Il fascino borghese della fotografia.Politica, costume e società dall’Archivio Fotografico del Borghese

a cura di dario reteuna con la collaborazionedi elisa Paola lombardo.

inaugurazione venerdì 2 febbraio, ore 17.30

(Polo Culturale – via Vittorio Emanuele II, 1 - Chieri)

MOSTRA FOTOGRAFICA3 FEBBRAIO - 10 MARZO 2012

Biblioteca Civica “nicolò e Paola francone”

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Incisioni di Tina Ciravegna Giacone.inaugurazione sabato 18 febbraio, ore 18

Apertura mar-sab ore 16.30-19info tel. 011 940 86 72 - cell. 360 444 264      inGresso liBero

(Palazzo Solaro - Salone del Ghetto Ebraico - via della Pace, 8 - Chieri)

GALLERIA D’ARTE “IL QUADRATO”18 FEBBRAIO - 17 MARZO 2012a cura di il quadrato con il patrocinio di Città di Chieri

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Ciao livio, da dove possiamo cominciare?Direi proprio dalla tua seconda parola. Il mio nome. Agli inizi usavo solo quello, senza il cognome, perché spera-vo che così facendo le persone mi dessero del Tu inve-ce che del Lei. Non ho mai amato le formalità, i fronzoli e tutte quelle appendici inutili della forma. Preferisco so-stanza e concretezza. Amo l’educazione e il rispetto che non sono però in antitesi al TU. Nella lingua inglese ad esempio non c’è distinzione tra Tu e Lei. Perciò Livio.

Come è nata la passione per la fotografia?l’avevi fin da bambino?No veramente ho avuto e ho moltissime passioni e inte-ressi ma tra questi non c’è la fotografia. Verso la fine della quinta Liceo si avvicinava il momento della scelta su cosa fare. Per chi frequentava lo Scientifico il passo verso l’università era quasi obbligato. Io però all’idea di dover lavorare, una volta laureato, in giacca e cravatta 6 giorni su 7 mi sentivo soffocare. Amo le comodità e la libertà (la cravatta non rientra tra queste) perciò quando il papà fotografo di un mio amico gli propose di diventa-re fotografo (lui rifiutò e penso fece bene visti i risultati professionali avuti) colsi la palla al balzo. Mi informai e vidi che c’era una scuola di 4 anni dove si studiavano diverse discipline, tra cui la fotografia. Un istituto in cui gli studenti venivano da tutto il mondo. Scelsi di diven-tare fotografo di Moda. L’idea di potermi vestire come volevo, di poter viaggiare e conoscere culture diverse (viaggiare è una delle cose che ho amato di più), poter parlare inglese (altra cosa che adoro) mi attirava parec-chio. E così fu.

la fotografia oggi è diventata una delle tue passioni?Sì oggi lo è. Assolutamente. Amo fotografare, soprattut-to persone. È un lavoro che non cambierei con nessun’al-tro al mondo.

Guardando le tue foto si nota che spazi tra generi molto diversi tra loro. Come riesci a coniugare tutto ciò?La fotografia per me, in fondo, è l’espressione di ciò che ho dentro, dei miei stati d’animo oppure del carattere della persona che ritraggo. Tutto comunque si ricondu-

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ce alle emozioni (il vero motore delle immagini). Poter diversificare mi dà la possibilità di non annoiarmi. Una delle cose che cerco di avere con più frequenza nella vita è avere stimoli nuovi e migliorare. Non amo la rou-tine, fare le stesse cose ogni giorno e avere la quoti-dianità uguale in tutto. Un esempio.. anche in casa ogni tanto devo modificare qualcosa nell’arredamen-to. Non riesco a tenere tutto uguale per anni. Le foto sono così.

qual’è l’elemento che ti dà maggiore soddisfazione nel fotografare?Sicuramente la collaborazione con la persona che posa per me. È uno scambio di energie, di sforzi, con-centrazione, un aiutarsi reciprocamente per arrivare insieme a raggiungere il risultato finale. È un lavoro di squadra, un fattore che ho sempre amato avendo gio-cato a pallacanestro per oltre 20 anni. Un buon risulta-to non può mai essere merito di una persona sola. Ar-rivare alla fine e sorridendo poter vedere di aver fatto un buon lavoro è una soddisfazione meravigliosa.

Come nascono le tue foto?Questa è forse la parte che amo di più. La progetta-zione di ogni immagine nasce a casa mia, in solitudine ma in compagnia di tanta musica a volume alto, un block notes e una penna per annotare le mie idee. Lì la mente viaggia in libertà e la musica sembra quasi sospingere le foto fuori da me, tra il suono di un bas-so, un assolo di chitarra, il suono della batteria o un acuto di voce. La musica prende per mano idee ed emozioni e le accompagna sul foglio sotto forma di inchiostro. Io sono solo il tramite.È una sensazione di libertà bellissima.

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Come sei in studio?Molto pignolo. L’aver studiato still life in cui prima di scattare bisogna curare tutti i dettagli ha influito mol-to. Non amo guardare le foto e dire “bella.. peccato però per... (particolare sfuggito all’attenzione)”.

Cos’è per te la fotografia di nudo?Dipende, ci sono nudi e nudi. Amo fotografi che hanno creato vere opere d’arte attraverso il corpo umano, primo fra tutti Herb Ritts. Ci sono invece migliaia di fotografi per cui ciò che conta è mostrare un seno o un gluteo forse per motivi che con l’arte non hanno nulla a che vedere. E forse anche con la reale voglia di diventare professionisti. Il nudo per me è normalità, è il corpo umano con cui viviamo tutti i giorni. In foto diventa qualcosa di magico perché il corpo si trasfor-ma in un insieme di linee (dita, braccia, gambe, collo, etc) che con il movimento, il mutare della postura dan-zano come un corpo di ballo formando coreografie apparente non visibili.Il corpo è una galleria d’arte in cui le opere devono ancora essere scoperte e mostrate. È un tratto d’in-chiostro che posandosi su carta disegna e crea grazie alle emozioni che ne spingono il tratto. In tutto questo il bianco e nero è fondamentale perché rende la foto come un disegno a matita in cui si possono immagi-nare i colori. Ci lascia spazio interpretativo, non ci fa sentire passivi ma ci regala la possibilità di vivere quel-la foto soggettivamente, come sentiamo dentro di noi.Il nudo può anche essere ironico. Prenderlo e pren-dersi troppo sul serio non aiuta a stare meglio. Saper ridere e un po’ di ironia ma soprattutto autoironia sono importanti nella vita.

Il nudo può anche essere ironico. Prender-lo e prendersi troppo sul serio non aiuta a stare meglio. Saper ridere e un po’ di ironiama soprattutto autoironia sono importanti nella vita.

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Perché le tue foto non hanno un titolo?Perché ogni volta che le guardo me ne viene in mente uno diverso, in base allo stato d’animo del momento. Vorrei che chi le guarda si sentisse libero, totalmente libero di interpretarle o anche di non provare nulla. La libertà è tutto. Per questo motivo non amo chi giudica con toni assolutistici una creazione (foto, dipinto, scul-tura o uno scritto). Bello o brutto. Preferisco dire che piace o non piace. In fondo le creazioni della mente riguardano la sfera della sensibilità che è personale. Si tratta di emozioni soggettive.

quali elementi senti frequenti in te al momento di progettare le tue foto?Principalmente sono due: il contrasto e l’emozione spinta all’estremo. In foto non amo le vie di mezzo. Se ci deve essere uno stato d’animo questo deve arrivare diritto come un pugno allo stomaco o la più dolce del-le carezze.

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Hi Livio, where can we start from?I’d say from your second word. My name. In the real beginning i used to say only that without mentioning my last name because i hoped that way people would have been less formal to me. I’m a very easy person not really into the “Mr” stuff. I love politeness and re-spect but that has nothing to do to with the easy talk. So. Livio.

How did you start to love photography? Did you like it since you were a kid?No, honestly i have and i have had a lot of passions and interests but not photography among them.When i was going to finish my high school the following step would have been going to university, as for all my classmates. I couldn’t stand the idea of working and wearing a suite and tie 6 days a week. That’s not me. So when i heard about a school of photography i grab-bed the idea right away. I went and got some informa-tions and i saw that there were students coming from all over the world. That was cool. I chose to study and become a fashion photographer. The idea to be able to dress the way i feel, to travel and to get in touch with different cultures and way of living (i’ve always loved to travel) and to speak english (i always loved it) was really interesting. So it went that way.

Is today photography one of your passions?Yes now it is! Absolutely. I love to take photos, espe-cially of persons. I would never in the world change my job with another.

Looking at your images i notice that you run through different types of photos. How can you manage it?Photography to me is what i have inside, my feelings, moods or those of the person i’m taking photos of.

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Everything leads to emotions (the real engine of every shot). To do different shootings is a great way to not get bored. In my life i’m always looking for new inputs and to improve my skills. I don’t like doing the same things everyday. Even at home i sometimes feel like changing something, moving furniture or hanging new photos on the wall. I can’t have my house just the same way for years and years. With photos it’s the same.

What does it make you feel mostly satisfied in taking photos?Working together with people, sharing energies, ef-forts, concentration, helping each other to reach the final result. It’s a team work, something i’ve always lo-ved having played basketball for over 20 years. A great result can’t just depend on a single person. Getting to the end together, smiling and realizing to have done a good job is simply wonderful.

How do you get ideas for your photos?This is the part i love the most. The project of every photo of mine begins at home, in total loneliness but together with very loud music, a block notes and a pen to draw sketches and lay outs. There my mind and soul walk free and music seems to almost push pho-tos out of me, among the sound of a bass, a guitar solo, drums or a great voice singing high notes. Music takes my ideas and emotions by the hand and lead them walking together on a piece of paper with an ink shape. I’m just the wheels. It’s a unbelievable feeling of freedom.

Can you describe yourself when you are working in your studio?I’m very picky. Having studied still life, where you have to check every detail before shooting, has influenced

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a lot my way of planning and working.I don’t like the idea of finding myself watching a photo and thinking “cool one, i like it... BUT! (detail i didn’t take care of)”

What is nude photography for you?It depends on what type of photography we are talking about. There are photographers who have created real Art through human bodies, first of all Herb Ritts.There are instead thousands of photographers who only care about showing a breast or other parts maybe for reasons that have nothing to do with arts or beco-ming a professional photographer.

Nude is something normal to me, it’s the body. We live everyday with our body. In photos it can turn into so-mething magic because it gets into a bunch of lines (fingers, harms, legs, neck, etc.) that, together with movements and the change of the pose, dance like a ballet creating choreographies apparently not visible.It’s an ink sign posing itself on paper which draws and creates shapes thanks to emotions who push it to that.Black and white is essential in my photos because it gives you the chance to feel free to feel colors and emotions. We are free to interpret, we are not passive in front oh these photos and it gives us the gift of living them inside yourself, just the way you feel them.

Nude can be ironic. Being too serious to nude or to us doesn’t help to be better. Being able to smile or a little of irony, but above all selfirony it is so important in life.

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Why does your photos not have a title?It’s because every time i look at them i feel a different title, depending on my mood.I’d like everybody to be free to live them or even not to feel anything, but without being led on a track to ride. That wouldn’t be freedom and freedom is everything.For this reason i don’t like absolute judgements about creations (photos, paintings, sculptures, writings). Good or bad. I’d rather prefer “i like it or not”. Crea-tions and arts involve feelings that are totally personal.

Which elements do you feel the most when you plan and create your photos?I can say 2: contrast and emotions pushed to the ex-treme side.I don’t like middle ways in photos. If there has to be a feeling this has to reach your face like a hard punch or the sweetest caress.

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