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che-fare.com https://www.che-fare.com/in-difesa-dei-poor-media/ San Francesco regala il suo mantello a un povero, Giotto, 1297-1299 In difesa dei Poor Media Il titolo di questo testo rende omaggio al saggio In Defense of the Poor Image , in cui l’artista e scrittrice tedesca Hito Steyerl (2009) descrive quella specie di “spinta” che l’immagine povera – un’immagine che “è stata caricata, scaricata, condivisa, riformattata e rieditata” – acquisisce circolando in rete. Io sostengo che, nel campo dell’editoria digitale, i poor media, così come le immagini povere, sono in grado di “trasformare la qualità in accessibilità”. Essi confermano il potenziale di duplicazione e diffusione del libro come medium. Al contrario, i rich media sono il prodotto di una dottrina commerciale basata su una concezione ornamentale della tecnologia digitale, una retorica hollywoodiana di coinvolgimento, e un’idea reazionaria del processo editoriale. Prima parte: I rich media Indice di interesse temporale in Google Trends per il termine “rich media”. Fonte: https://www.google.com/trends/explore? q=%22rich+media%22#q=%22rich%20media%22&cmpt=q&tz Per poter elaborare il concetto di poor media, è necessario innanzitutto esplorare la nozione di rich media. Riferendosi al suo sistema pubblicitario, Google ne fornisce la seguente definizione: “Un annuncio rich media contiene immagini o video e implica una certa forma di interazione con l’utente. […] Mentre gli annunci di testo pubblicizzano tramite parole e quelli di visualizzazione tramite immagini, gli annunci Rich Media consentono al pubblico di eseguire molti tipi di attività sull’annuncio. Infatti, il pubblico può espandere l’annuncio, renderlo mobile, attivare l’espansione e la compressione e così via.” (“What Is Rich Media?” 2013). Secondo Wikipedia “il termine ‘rich media’ è sinonimo di multimedia interattivi” (“Multimedia” 2015).

In Difesa Dei Poor Media

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In Difesa Dei Poor Media, by italian artist and researcher Silvio Lorusso (language: italian)

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che-fare.com https://www.che-fare.com/in-difesa-dei-poor-media/

San Francesco regala il suo mantello a un povero, Giotto, 1297-1299

In difesa dei Poor Media

Il titolo di questo testo rende omaggio alsaggio In Defense of the Poor Image , in cuil’artista e scrittrice tedesca Hito Steyerl (2009)descrive quella specie di “spinta” chel’immagine povera – un’immagine che “è statacaricata, scaricata, condivisa, riformattata erieditata” – acquisisce circolando in rete. Iosostengo che, nel campo dell’editoria digitale,i poor media, così come le immagini povere,sono in grado di “trasformare la qualità inaccessibilità”.

Essi confermano il potenziale di duplicazionee diffusione del libro come medium. Alcontrario, i rich media sono il prodotto di unadottrina commerciale basata su unaconcezione ornamentale della tecnologiadigitale, una retorica hollywoodiana dicoinvolgimento, e un’idea reazionaria delprocesso editoriale.

Prima parte: I rich media

Indice di interesse temporale in Google Trends per il termine “rich media”. Fonte: https://www.google.com/trends/explore?q=%22rich+media%22#q=%22rich%20media%22&cmpt=q&tz

Per poter elaborare il concetto di poor media, è necessario innanzitutto esplorare la nozione di rich media. Riferendosial suo sistema pubblicitario, Google ne fornisce la seguente definizione: “Un annuncio rich media contiene immagini ovideo e implica una certa forma di interazione con l’utente. […] Mentre gli annunci di testo pubblicizzano tramite parolee quelli di visualizzazione tramite immagini, gli annunci Rich Media consentono al pubblico di eseguire molti tipi diattività sull’annuncio. Infatti, il pubblico può espandere l’annuncio, renderlo mobile, attivare l’espansione e lacompressione e così via.” (“What Is Rich Media?” 2013). Secondo Wikipedia “il termine ‘rich media’ è sinonimo dimultimedia interattivi” (“Multimedia” 2015).

Banner pubblicitario con rich media archiviato dal Banner Ad Museum, 2001. Fonte:http://web.archive.org/web/20001017172752/http://www.banneradmuseum.com/Galleries/richmedia.html

I rich media sono emersi in un periodo in cui la banda stava aumentando e le gif animate venivano sostituite daibanner interattivi creati in Flash. Siamo nel 2001 e “Rich media è il termine in voga, ma molti sono ancora all’oscuro dicosa siano veramente i ‘Rich media’. […] L’espressione Rich media si riferisce all’utilizzo di diverse tecnologie chepotenziano l’esperienza del ricevente. I Rich Media possono essere interattivi, e possono essere monitorati perdeterminare quanti tra i riceventi hanno aperto, visualizzato o risposto a una campagna” (“An Overview of Rich Media”2001).

Sebbene l’espressione ‘rich media’ sembra aver avuto origine nel settore pubblicitario e il suo utilizzo nel tempoappare fluttuante, credo che essa rifletta con precisione la miscela di convinzioni e aspettative relative a quella cheall’epoca si chiamava editoria elettronica, successivamente divenuta digitale. Come discuterò, anche la suaconnotazione derivata dal marketing riecheggia nell’ambito editoriale.

Come accade con il Daily Prophet sfogliato da Harry Potter, i rich media hanno lo scopo di dar vita a un artefattoaltrimenti inerte aggiungendo un elemento “magico” alla pagina stampata. Anche il pioniere informatico Alan Kay(2001) parla di magia: secondo lui le metafore utilizzate nelle interfacce utente non dovrebbero letteralmente seguire ilmondo fisico ma esprimere ciò che lì non si può fare: “se [lo schermo] è simile a un foglio magico, allora è l’aspettomagico che conta.”

Un ebook fatto con iBooks Author. Fonte: https://www.apple.com/education/ipad/ibooks-textbooks/

Nel gennaio del 2012 la Apple lancia iBooks Author, un software per creare ebook arricchiti che possono includere“gallerie, video, diagrammi interattivi, oggetti 3D, formule matematiche e altro ancora” (iBooks Author 2012). Grazie airich media, “i contenuti prendono vita come non accadrà mai in un libro stampato” (“iBooks Author” 2012). iBooksAuthor non necessita approfondite conoscenze tecniche né la capacità di scrivere codice. Gli utenti possono infattiscegliere tra parecchi template preconfezionati e personalizzarli secondo i propri bisogni utilizzando un’interfacciaWYSIWYG. Una volta realizzati, i libri possono essere resi immediatamente disponibili nello store di Apple.

Un esempio tipico di linguaggio commerciale dell’editoria digitale, 2015. Fonte: http://publishingperspectives.com/2015/03/is-metabook-the-next-evolution-of-the-book/

Questo tipo di sfavillanti “enhanced books” prodotti, distribuiti e venduti all’interno dell’ecosistema Apple è ciò che ingenere viene in mente a editori, designer e lettori quando si parla di ‘futuro del libro’. Nonostante il fatto che i libriarricchiti rappresentino una piccola, poco redditizia fetta della produzione complessiva di ebook (Huffington Post2012), sia i professionisti del settore che il pubblico restano ancora sbalorditi di fronte a libri che si trasformano neltempo, libri che parlano, libri che si autodistruggono, libri che reagiscono all’umore del lettore, libri che si connettono alluogo fisico in cui vengono letti, ecc. Apparentemente questa è avanguardia. La verità è la ruota viene continuamentereinventata.

Per poter fornire giusto un assaggio della complessa storia dei rich media e per ampliare la definizione accennatasopra, discuterò brevemente alcune tecnologie, idee, e momenti particolari che hanno contribuito a sviluppare talenozione nell’ambito dell’editoria digitale.

E-Literature e narrativa ipertestuale

La definizione corrente di letteratura elettronica (e-literature o e-lit) fornita dall’Electronic Literature Organization (ELO)include “opere con importanti aspetti letterari che traggono vantaggio dalle capacità e dai contesti offerti dai computerstand-alone o interconnessi” (“What Is E-Lit?”). Molti generi possono essere considerati parte di ciò; uno di questi è lanarrativa ipertestuale.

Una schermata di afternoon, a story di Michael Joyce. Fonte: http://www.upf.edu/pdi/dcom/xavierberenguer/recursos/ima_dig/_7_/estampes/d2_14.html

I primi romanzi interattivi come afternoon, a story di Michael Joyce (1990) e Victory Garden di Stuart Moulthrop (1992)sono oggi considerati delle pietre miliari. Queste pubblicazioni sono caratterizzate una notevole quantità di percorsinarrativi scelti dal lettore/utente. Entrambi i romanzi sono stati realizzati utilizzando Storyspace, un software creato daDavid Bolter e dallo stesso Michael Joyce (un altro programma di successo per produrre narrative ipertestuali eraHyperCard della Apple).

Una schermata dell’interfaccia di Storyspace. Fonte: http://www.mprove.de/diplom/text/2.1.11_storyspace.html

Queste opere pioneristiche, insieme allo sviluppo della teoria dell’ipertesto, contribuirono ad alimentare l’idea, coltivatadagli e-writers, secondo cui l’interattività e le possibilità non-lineari offerte dal link ipertestuale potessero rivoluzionarela letteratura (vedi Hayles 2002, 27). Sulla rivista the New York Times Book Review, Robert Coover (1992) sanciva lafine dei libri intesi come esperienze statiche, monolitiche e unidirezionali. Al contrario, “con le sue reti di lexia collegati,le sue connessioni di percorsi alternativi […], l’ipertesto presenta una tecnologia radicalmente divergente, interattiva epolivocale, che favorisce una pluralità di discorsi a dispetto di un’espressione definitiva e libera il lettore dalladominazione dell’autore”.

Gli Expanded Books della Voyager

In un episodio di Computer Chronicles del 1993, Bob Stein presenta alcuni prodotti della Voyager, società che hafondato nel 1985. Tra di essi, A Hard Day’s Night dei Beatles è un esempio di CD-ROM multimediale dove letradizionali categorie dell’editoria iniziano a convergere.

Jurassic Park Expanded Book, Voyager Company, 1991. Fonte: http://alfabravo.com/2011/08/early-ebooks-and-why-they-failed/

Stein mostra anche gli Expanded Books: una serie di ebook su floppy disk per Macintosh che “sembrano un libro e sicomportano come un libro” (“Electronic Publishing” 1993). Tra questi, Il Ritratto di Dorian Gray include funzioni come laricerca testuale e la possibilità di evidenziare e commentare dei brani. Il conduttore riconosce che ciò rappresenta piùuno strumento di ricerca che un libro, tuttavia non sembra completamente soddisfatto e chiede dunque se sonopresenti degli elementi grafici. Stein lo rassicura dicendo che il toolkit prodotto dalla Voyager permette di creare ebookche includono film, audio, immagini, ecc. Come mostra questo estratto, i primi ebook soffrivano di un complesso diinferiorità. La multimedialità era la cura: i video e l’audio rendevano un ebook unico e più accattivante di un librostampato.

L’iPad

Steve Jobs descrive le funzionalità chiave dell’iPad, 2010. Fonte: https://www.youtube.com/watch?v=_KN–5zmvjAo

Nel 2010 viene presentato il primo iPad. Durante la sua introduzione pubblica, Steve Jobs ne descrive le funzionalitàprincipali, ovvero le funzioni che questo nuovo dispositivo è in grado di svolgere in maniera migliore rispetto allosmartphone e al computer portatile. Queste sono: navigare in Internet, leggere email, guardare le foto e i video,ascoltare musica, giocare ai videogiochi, e, infine, leggere libri. Grazie alla sua maneggevolezza e all’alta definizionedel monitor multi-touch, l’iPad diviene presto l’ambiente naturale per le applicazioni dei rich media, fondendo leoperazioni chiave elencate prima.

La Digital Publishing Suite

Schermata dalla pagina web che presenta l’Adobe DPS. Fonte: http://www.adobe.com/products/digital-publishing-suite-enterprise/features.html?promoid=KKSDH

Nell’attuale contesto editoriale, iBooks Author non è l’unico software proprietario disponibile per produrre pubblicazionicon rich media. Principalmente utilizzata per creare magazine multimediali, la Adobe Digital Publishing Suite (DPS) èstata recentemente nominata “la soluzione leader per l’editoria digitale” (“Adobe Digital Publishing Suite” 2012). LaDPS permette di “creare, pubblicare, e ottimizzare applicazioni mobile content-centric” – un altro nome per lepubblicazioni arricchite. Presumibilmente, le applicazioni DPS sono ‘immersive’ e coinvolgenti, grazie “ai sofisticatitrattamenti del testo con video, audio, animazione, e altri elementi altamente interattivi.” Per non ‘traumatizzare’ i suoiutenti, Adobe ha progettato la DPS come un’appendice di InDesign, mantenendo il suo flusso di lavoro orientato allastampa praticamente intatto.

Social Reading

Tom Gauld per il New York Times, 2011. Fonte: http://www.nytimes.com/2011/03/06/magazine/06Riff-t.html

Il concetto di ‘social reading’ è emerso verso la metà del 2011 (“Social Reading” 2015) quando piattaforme comeGoodreads – più tardi acquisita da Amazon – crescevano velocemente e gli e-reader come il Kindle iniziavano apermettere agli utenti di condividere le proprie attività di lettura sui social media. Secondo la definizione fornita daOpenBookmarks, il social reading è “tutto ciò che circonda l’esperienza di lettura dei libri elettronici” (“What Is SocialReading?” 2011), come nel seguente esempio:

Stai leggendo un ebook. Trovi un passaggio che ti piace, selezioni il testo e lo invii via email a un amico.

Perché considero il social reading un aspetto dei rich media? Perché alcune delle funzionalità che fanno parte della

lettura sociale– come condividere le sottolineature – sono spesso incorporate all’interno degli enhanced book.

All Together Now

Una schermata tratta da Shakespeare’s Sonnets della Touch Press

Shakespeare’s Sonnets, un ebook come app per iPad creato dalla casa editrice londinese Touch Press, è un esempioriconosciuto nel campo delle pubblicazioni arricchite. I Sonnets incarnano molte delle caratteristiche dei rich mediadescritte sopra. Per esempio, ogni sonetto è recitato da un attore famoso. Le interpretazioni sono incorporate nel libroin forma di video coinvolgenti. I sonetti sono accompagnati da due differenti serie di annotazioni. È anche possibile

sfogliare un’edizione del libro del 1609 in quarto. Oltre a fondere testi, video e immagini, il libro rappresenta

un’esperienza sociale di lettura dato che gli utenti possono condividere brani via email, Facebook o Twitter.

Riassumendo, i libri in rich media sono arricchiti da multimedialità, interattività e funzionalità sociali. I rich mediapromettono un’esperienza di lettura attiva, coinvolgente e pubblica, grazie a delle intuitive – “naturali” – forme diinterazione, pressoché infiniti sentieri di esplorazione, e artefatti visivi dinamici e in alta definizione. Mentre i libri fisicisembrano al confronto obsoleti e inesorabilmente condannati all’estinzione, il processo per sviluppare i rich media èspesso idoneo al flusso di lavoro della stampa a cui i designer sono abituati, che viene quindi rinforzato.

La povertà dei rich media

Che cosa è cambiato dall’epoca degli Expanded Books di Voyager su floppy disk? Non molto. Ok, i libri non sono piùentità isolate bensì parte di un’esperienza condivisa, ma l’idea di socialità che promuovono sembra il più delle volteracchiusa all’interno degli stretti confini dei social media dominanti. Il social reading può essere qualcosa di più chetwittare brani. Lo stesso Bob Stein della Voyager ha più tardi fondato l’Institute for the Future of the Book, che tra lealte cose si concentra sulle tecnologie del social reading. Una di queste è CommentPress, un’estensione diWordPress che permette a utenti multipli di commentare ogni paragrafo, frase o parola di un determinato testo. Sia iltesto che i commenti non sono bloccati nel libro, al contrario possono essere estratti tramite copia-incolla o RSS feed.Come si è visto prima, la definizione di OpenBookmarks è ampia. Ecco qui un altro esempio:

Stai leggendo un libro su un dispositivo, ma a metà ti sposti su un altro ereader. La tua posizione e i tuoi bookmarkvengono automaticamente sincronizzati.

Il formato file di iBooks non permette tutto ciò appieno. I rich media spesso traggono vantaggio dagli sforzi compiutiper sviluppare degli standard aperti per l’editoria digitale senza dare nulla indietro. Benché il formato protetto di iBookssi basi sullo standard EPUB, esso non può essere letto da altri lettori ebook. Se da un lato iBooks permettefunzionalità custom, dall’altro impedisce agli utenti di abbandonare l’ecosistema Apple. Ed Bott riassume così lastrategia di Apple: “Inserire una categoria di prodotto supportando uno standard ampiamente utilizzato, estendere lo

standard con capacità protette e poi sfruttare quelle differenze per svantaggiare i concorrenti” (Bott 2012). Laconservazione è un’altra questione rilevante: come ci si comporta con molti standard in competizione? Guardandoindietro, non molto è sopravvissuto dell’era dei CD-ROM multimediali.

Sia gli enhanced ebook che i libri come app sono sottoposti a una verifica qualitativa per poter apparire negli scaffalivirtuali di Apple o Google. Ciò che queste società intendono con qualità non è così semplice come possa sembrare.Per esempio, un libro di Seth Godin è stato rifiutato da Apple poiché includeva “link multipli al negozio di Amazon”(Godin 2012). Geometric Porn, un’app che mostra “descrizioni non esplicite di organi o attività sessuali” (“GeometricPorn” 2012) è stata sospesa sia da Apple che da Google. Questi esempi indicano che il conflitto di interessi e lacensura non riguardano solo gli ebook interattivi, ma l’impatto su questi ultimi si rivela spesso maggiore. Gli utentipossono comunque installare un’app o scaricare un file di iBooks da un’altra fonte che non sia Apple Store o GooglePlay, ma si tratta di un processo poco pratico e frustrante.

All’interno dell’ideologia dei rich media, il coinvolgimento attraverso la multimedialità e l’interattività è considerato unvalore intrinseco. Le gestualità multi-touch e le transizioni sono reputate una modalità d’interazione con i dispositividigitali non mediata e quindi più profonda. La realtà è differente: per Dragan Espenschied (2013), “Azioni semplicicome ricerca, scrittura, revisione testi, calcolo e verifica diventano inutilmente difficoltose da eseguire […]”. La tastierafisica offre invece “la più semplice interfaccia a due livelli: gli utenti alle prime armi si possono orientare visivamente, ese si avvalgono di alcune funzioni più spesso o più in dettaglio, possono utilizzare precise combinazioni e scorciatoieda tastiera per eseguire funzioni che sono presenti nelle loro menti piuttosto che sullo schermo del computer.”

Prototipo di Dynabook concepito da Alan Kay presso lo Xerox PARC, 1970. Fonte:https://www.parc.com/newsroom/media-library.html

In molti hanno paragonato l’iPad al Dynabook, un dispositivo prototipato di Alan Kay (quello del ‘foglio magico’) nel1972, che non è stato mai effettivamente realizzato a causa delle limitazioni tecnologiche del tempo. Alan Kay (2013)stesso non ha approvato il paragone, dato che il DynaBook era stato pensato come dispositivo per la produzioneintellettuale. L’iPad, al contrario, è orientato al consumo di contenuti. Non c’è bisogno di scrivere codice perrendersene conto, strutturare un breve saggio risulta già sufficientemente scomodo.

‘Rich media’ è uno slogan da addetti al marketing. Nell’ambito dell’editoria digitale, è l’idea stessa dei rich media aessere reclamizzata. Come accade nell’episodio di Computer Chronicles, non è il contenuto multimediale che conta,ma la sua stessa presenza, all’interno di una narrazione più ampia in cui lo sfavillio e l’alta risoluzione corrispondonoal progresso tecnologico. Allo stesso modo l’interattività è presente in quanto tale, agendo come pubblicità gratuita peril dispositivo, il software di lettura e l’ecosistema editoriale in generale. “Gli accessori aggiungono una magia multi-touch ai libri su iPad e Mac” (“iBooks Author” 2012). Questa non è la magia autentica di cui parlava Alan Kay; èpiuttosto un mero mucchio di trucchi chiassosi come i primi banner sul web.

Alcune esitazioni stanno emergendo: “Abbiamo inseguito le distrazioni e le abbiamo chiamate miglioramenti”. Conquesto tono caustico, Peter Mayers (2013), designer di ebook, riassume sul New York Times la recente storiadell’editoria digitale multimediale. Invece di ‘rich media’, forse dovrei parlare di ‘media barocchi’, media che ostentanola propria opulenza tramite una user experience ornamentale.

I software come iBooks Author e Adobe DPS sono semplici da usare: non è richiesta la scrittura di codice e il processodi lavoro del designer non cambia. “Per costruire il tuo libro, trascina quel che vuoi, dove vuoi.” (“iBooks Author” 2012).Anche se gli utenti possono creare i propri widget, iBooks Author è orientato alla customizzazione. La DPS èun’integrazione di inDesign. Entrambi sono il risultato di un’idea molto precisa di cosa sia l’editoria e di come si debbapraticare. Un’idea sviluppata tenendo a mente la stampa e con la fretta di raggiungere o costruire un pubblico digitale.Prestandosi bene ai volumi di grosse società editoriali, questi strumenti producono pubblicazioni e flussi di lavororeazionari. Generalmente si ritiene che i rich media non siano costosi in termini di tempo, denaro e lavoro. Questo èvero fino a quando i paradigmi codificati nel software vengono accettati. Florian Cramer (2014) la mette in questitermini: “[…] cerchiamo soluzioni pragmatiche di lavoro – non soluzioni di design stilose che, pur impressionando, nonrappresentano un modello funzionale alla vita reale […] Concentrarsi su progetti showcase è stato il tallone d’Achilledi tutti gli sforzi dell’editoria elettronica e multimediale dall’avvento del CD-ROM negli anni ‘90 in poi.”

Una notifica push di iOS

Uno degli ambiti in cui si suppone che i rich media abbiano un effetto rivoluzionario è l’istruzione. Il presupposto è chei ‘nativi digitali’ siano completamente a loro agio con la tecnologia digitale, quindi i metodi e gli strumenti diapprendimento si devono adattare a questa nuova modalità cognitiva secondo cui i libri di testo tradizionalirisulterebbero statici, noiosi e quindi obsoleti. La discussione è generalmente supportata dalle frequenti statistiche chedimostrano l’estinzione dei lettori forti. La soluzione risiederebbe nei libri in cui ci sono “immagini da guardare, oggetti3D che puoi toccare, approfondimenti, video e file audio da scoprire.” (“iBooks Textbooks for iPad” 2012).

Il filosofo italiano Roberto Casati (2013) chiama questo fenomeno “colonialismo digitale”. Condividendo le

preoccupazioni di Alan Kay, egli pone l’accento sul modo in cui i rich media scoraggiano la produzione intellettuale.Casati afferma inoltre che essi impongono il multitasking come condizione continua e faticosa. Oltre alle notifichepush, un bestiario di altre distrazioni abita l’ambiente dell’iPad. Secondo alcuni dei primi sostenitori della e-literature,l’hyperlink avrebbe dovuto rivoluzionare la letteratura. Oggi, la rassicurante consequenzialità e la pacifica inattività deilibri tradizionali sembra offrire una via di fuga da questo martellante sovraccarico di informazioni.

I rich media riflettono i privilegi dei paesi ricchi. Molte pubblicazioni arricchite sono sviluppate senza considerare lecondizioni hardware e della rete su scala globale. Nel 2012, il più leggero tra i primi otto libri di testo disponibili iniBooks pesava più di 700Mb. Alcuni erano addirittura più pesanti di 2Gb (Brownlee 2012). Tali file richiedono moltospazio disponibile e una connessione molto veloce.

I rich media sono ciò che i contenuti multimedia interattivi rappresentano

Una schermata da Blackbar. Fonte: http://mrgan.com/blackbar/press/

Un chiarimento necessario: non ho nulla in contrario alla multimedialità o all’interattività. Dopotutto, questo testoinclude video e link. Ci sono parecchie pubblicazioni interattive che apprezzo. Blackbar è la mia preferita: una distopiain forma testuale in cui il lettore deve indovinare una serie di parole censurate per poter procedere. Blackbar è statocreato nel 2013, ma poteva benissmo risalire a 30 anni fa. È un libro o un gioco? Chi può dirlo… Con ‘rich media’ nonintendo semplicemente i contenuti multimediali o interattivi, bensì il miope entusiasmo commerciale nei confronti diqueste funzionalità. In molti casi inserire contenuti multimediali e interattivi all’interno degli ebook ha senso dal puntodi vista del business. La Rete è un ambiente eccezionale per la multimedialità e l’interattività. Attualmente i browserinterpretano i codici HTML, CSS, e JavaScript in maniera decisamente migliore rispetto ai motori di render dei lettoriebook. Purtroppo però i siti web non sono così facili da vendere. Lincoln Michel (2014) suggerisce un territorioulteriore: “A dispetto della regolare promozione pubblicitaria dei libri arricchiti/ipertesti/app/libri interattivi, non ne vedouna diffusione al di fuori di pochi mercati specifici come quello dei libri dell’infanzia e dei libri di testo. Il problema è cheabbiamo già un’intera industria devota alla narrativa interattiva: quella dei videogiochi.” Tuttavia, gli editori vedono sestessi come produttori di libri e quando pubblicano libri enhanced promuovono indirettamente il dispositivo di lettura: lagente sarebbe interessata all’iPad senza nessuna applicazione che ne mostri il potenziale?

Parte 2: I poor media

Mentre i rich media enfatizzano le caratteristiche del libro come tecnologia di uso e consumo, i poor media esprimonoe corroborano il suo potenziale di duplicazione e diffusione. Poiché il modo in cui l’informazione è strutturata puòincoraggiare o, al contrario, inibire la duplicazione, i poor media includono anche le tecnologie di produzione.

Bibbia di Lutero, 1545. Fonte: http://library.dts.edu/Pages/TL/Special/sc_bibles.shtml

Come quello di rich media, “poor media” è un concetto ampio dotato di varie sfaccettature. Prima di delineare unadefinizione, descriverò alcuni episodi in cui l’editoria digitale appare come una pratica sostenuta, stimolata o attivatadai poor media. Prima di tutto una considerazione: l’intera storia del libro, non soltanto dall’avvento delle reti digitali,può essere interpretata come la rinuncia a una certa idea di qualità materiale in favore di una più veloce duplicazioneo un raggio d’azione più ampio. Secondo Cory Doctorow (2004), “ogni nuovo medium di successo ha sacrificato la sua‘essenza di artefatto’ – il livello in cui esso è popolato da pezzi di atomi su misura, intelligentemente inchiodati insiemeda esperti artigiani – a favore della facilità di riproduzione.” La Bibbia di Lutero non era decorata come le bibbieminiate dai monaci dal secolo precedente, i samiszdat antisovietici prodotti in copia carbone erano fragili e vulnerabili,le zine mimeografate erano per lo più economiche e disordinate.

Naturalmente le tecnologie di duplicazione economiche non erano utilizzate soltanto da attivisti e dissidenti. Pubblicitàper il Mimeograph, 1939. Fonte: http://pixshark.com/mimeograph.htm

Progetto Gutenberg

Il computer mainframe Xerox Sigma V. Fonte: https://ediebresler.wordpress.com/2011/09/09/long-live-the-e-book/

Nel 1971, durante la notte del quattro luglio, Michael S. Hart, all’epoca studente presso il corso in Human-MachineInterfaces dell’Università dell’Illinois, utilizzò il tempo disponibile presso il mainframe computer della sua università(tempo che valeva all’epoca milioni di dollari) per dattilografare e distribuire pubblicamente il testo della Dichiarazioned’Indipendenza degli Stati Uniti. In un’epoca in cui i computer erano per lo più utilizzati per processare dati, sfruttarliper la distribuzione di contenuti non era una scelta ovvia. Secondo lo stesso Hart (1992), “il più grande valore creatodai computer non sarà l’elaborazione informatica, bensì la conservazione, il recupero e la ricerca di ciò che èarchiviato nelle nostre biblioteche.”

Edwin Abbott Abbott, Flatland: a Romance of Many Dimensions, 1884. Frontespizio.

Michael Hart era profondamente cosciente del potenziale di duplicazione dei computer, che considerava una forma di“tecnologia replicativa”. Questa attitudine, insieme all’adozione del “Plain Vanilla ASCII,”, uno standard per il testouniversalmente accessibile, portò allo sviluppo di Project Gutenberg, una piattaforma su base volontaria la cuimissione è di “incoraggiare la creazione e la distribuzione degli eBooks” (Hart 2004). Tutti i libri presenti su Gutenbergsono rilasciati in pubblico dominio e sono liberamente scaricabili.

Frontespizio di Flatland, versione del testo non formattato convertito nel 2008. Fonte:www.gutenberg.org/cache/epub/201/pg201.txt

Alle volte le intrinseche limitazioni del testo non formattato hanno portato allo sviluppo di soluzioni interessanti perincludere le illustrazioni e gli elementi paratestuali di una pubblicazione. Si prenda in considerazione questofrontespizio di Flatland creato nel 2008. Evidentemente si tratta allo stesso tempo di qualcosa di meno e di più di unacopia neutrale.

E-Zines

Ritorniamo per un attimo all’episodio di Computer Chronicle. Jerod Pore, parlando della sua e-zine Factsheet Five suThe WELL, loda la disponibilità istantanea offerta da internet, sottolineando quanto poco costoso sia produrre e

distribuire un’opera sia in termini di tempo che di denaro. Allo stesso tempo non dimentica di rimarcare che l’editoria

elettronica come quella su carta non è gratuita se si considerano le risorse naturali.

Vomit e-zine. Fonte: http://textfiles.com/magazines/VOMIT/vomit001.txt

Come i primi ebook del progetto Gutenberg, le e-zine erano originariamente formattate come testo ASCII. All’inizioerano diffuse attraverso il sistema BBS (bulletin board system). Secondo Jason Scott (1999), archivista presso

textfiles.com, “Invece di perdere file di testo individuali nel mare delle BBS, molti scrittori scelsero invece di muoversi

verso il modello della ‘Rivista’, dove potevano collegare insieme i file di testo e pubblicarli come un gruppo. Questorafforzava la possibilità di sopravvivenza dei file e faceva sì che i file diventassero piuttosto pesanti, un segnale diqualità per gli utenti dei siti.”

Bookwarez

Testata di Tor Library, una collezione bookwarez accessibile in Deep Web. Fonte: http://am4wuhz3zifexz5u.onion/

Parlando di ebook, Cory Doctorow (2004) indica un fenomeno che va sotto il nome di ‘bookwarez’. Dal punto di vistadi Doctorow, gli ebook non sono necessariamente delle pubblicazione digitali prodotte e distribuite da una casa editricevera e propria, ma possono altrettanto essere “edizioni elettroniche ‘piratate’ o non autorizzate di un libro, di solito fattetagliandolo a pezzi e scansionandone una pagina alla volta, per poi trasformare le immagini in ASCII attraverso unprogramma di riconoscimento dei caratteri e in seguito rivedere il testo manualmente. Questi ‘libri’ sono pieni di erroriintrodotti dal programma di conversione (OCR).”

Markdown

Schermata dall’editore Mou che mostra sia la fonte di Markdown che il risultato tradotto in HTML. Fonte:http://25.io/mou/

Creato da John Gruber nel 2004, Markdown è un pratico linguaggio di marcatura che permette di creare un testofacilmente convertibile in HTML (ma anche EPUB, PDF e altro ancora). Al contrario dell’HTML, Markdown èfacilmente leggibile dall’occhio umano: per esempio < em>corsivo< /em> diventa *corsivo*. Al contrario del formato.doc, Markdown non necessita di un elaboratore di testi dedicato: si può scrivere in Mardown su TextEdit come suGedit o TextPad. “Markdown è un prodotto della cultura di internet. Esso comprende segni di formattazione ad hoc cheerano usati normalmente nelle email e nelle chat e sono stati più tardi resi popolari attraverso le piattaforme di blog[…]” (Digital Publishing Toolkit Collective 2014). Sebbene limitato e in qualche modo rigido, Markdown incoraggia la

duplicazione e la creazione di istanze multiple di un testo in differenti formati. Esso facilita inoltre l’archiviazione dato

che la sua struttura semantica è manifesta.

EPUB

TrekStor Pyrus Mini, il più piccolo lettore E Ink disponibile sul mercato. Fonte: http://the-digital-reader.com/2013/01/24/review-hands-on-with-the-worlds-smallest-ereader/

Originariamente sviluppato intorno al 1998, l’EPUB (all’epoca OEB) è uno standard aperto per libri digitali sviluppatodall’International Digital Publishing Forum (IDPF). EPUB 3, la sua versione versione più recente, può includere audio,video ed elementi interattivi programmati con Javascript. Ciononostante lo considero parte dei poor media. Eccoperché: “Un concetto chiave dell’EPUB è che la presentazione del contenuto si deve adattare all’Utente anzichél’Utente si debba adattare a una particolare presentazione del contenuto” (International Digital Publishing Forum2011). Invece di imporre le proprie caratteristiche, un file EPUB cerca di fare il meglio che può in ogni situazione, daipiccoli lettori E Ink ai tablet multi-touch. Inoltre la sua architettura interna è cristallina e facilmente accessibile. Un libroEPUB è in sostanza un sito portatile: una serie compressa di file HTML e CSS insieme a metadati e struttura.

PDF

Transaction Record di Michael Nardone, 2014. Pubblicato da Gauss PDF come un file PDF. Fonte: http://www.gauss-pdf.com/post/75707986262/gpdf097-michael-nardone-transaction-record

Il formato PDF fu creato da Adobe più di 20 anni fa sulla base di PostScript – un linguaggio che ha profondamentecontribuito alla nascita del Desktop Publishing – e più tardi rilasciato come standard aperto. Praticamente tutti i wordprocessor possono esportare PDF. Questo formato è usato per tipi di documenti estremamente diversi tra loro, dairomanzi agli scontrini fiscali. Sebbene sia possibile introdurre elementi interattivi e video, qui mi riferisco alla sua

quintessenza: “un biglietto aereo stampato o mostrato su uno smartphone, oppure il manuale che spieghi lo

smartphone stesso, o ancora il rendiconto quadrimestrale che la società dello smartphone pubblica per i suoiinvestitori” (Gitelman 2014). Benché i PDF fossero originariamente pensati per la stampa, i browser ordierni limostrano senza che sia necessario scaricarli. Come nota Alessandro Ludovico (2014), il PDF può essere visto comeuna sorta di sotto-medium, poiché da uno standard di produzione è passato a essere uno standard indipendente.

Print on Demand

Doppia pagina tratta da Dear Lulu, un libro sperimentale prodotto nel 2008 che riflette sulle limitazioni del sistemaPOD. Fonte: http://p-dpa.net/work/dear-lulu/

Il Print on demand (POD) è un sistema che permette di stampare anche una sola copia di un libro e di renderequest’ultimo disponibile per la vendita senza alcun investimento preventivo. Si può considerare ciò editoria digitale? Mipiace pensare di sì. I libri in POD rappresentano un genuino ibrido di processi digitali e analogici: immesso attraversoil regolare sistema postale, il libro fisico è la punta dell’iceberg di un’infrastruttura che trae vantaggio dalla stampadigitale, dal Desktop Publishing, dal formato PDF e dal Web 2.0. Inoltre, come N. Katherine Hayles (2007) ci ricorda,“Le tecnologie digitali sono ora così profondamente integrate con i processi di stampa commerciali, che la stampadovrebbe essere considerata più propriamente un particolare output del testo elettronico piuttosto che un mediumcompletamente a sé.”

Dal punto di vista di un graphic designer, il POD è molto limitante: la scelta è spesso tra paio di carte diverse e unaserie di formati standard. Quando il numero di libri ordinati è esiguo, la stampa in bianco e nero è l’unica checonviene. Tuttavia, i libri in POD sono prodotti e distribuiti rapidamente: carico il PDF, ottengo un ISBN e il mio libro èpronto per essere acquistato (o scaricato). Immediatamente dopo, posso revisionarlo quante volte desidero. Laversione trionfa sull’edizione. Non c’è bisogno di nessun intermediario, oltre alla piattaforma POD scelta.

I poor media favoriscono la duplicazione e incrementano la circolazione. Sono leggeri. Essi suggeriscono un utilizzoattivo: di frequente possono essere convertiti, dissezionati, remixati, riorganizzati, aggiornati. La modesta semplicitàdei poor media non contraddice la possibilità di preservarli. L’aura di riproduzione che portano con sé ne amplifica la

resilienza: “molte copie mettono l’opera al sicuro” affermano gli archivisti. La povertà dei poor media è in realtà una

forma di frugalità, poiché è caratterizzata da una conscia e serena rinuncia all’ornamento a favore dell’accessibilità edella diffusione. L’aspetto spartano dei poor media potrebbe non essere bello, ma è senza dubbio affascinante.

Pubblicato originariamente in inglese all’interno di Printed Web 3, curata da Paul Soulellis, 2015, qui sul blogdell’autore – Traduzione dall’inglese di Veronica Giossi.