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Avvenire 12/13/2013 Page : A04 Copyright © Avvenire December 13, 2013 9:51 am / Powered by TECNAVIA Copy Reduced to 49% from original to fit letter page Pubblichiamo il Messaggio di France- sco per la XLVII Giornata mondiale del- la pace che sarà celebrata il 1°gennaio 2014.Titolo del Messaggio: «Fraternità, fondamento e via per la pace». MESSAGGIO DEL PAPA PER LA XLVII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 1. In questo mio primo Messaggio per la Giornata mondiale della pace, desidero rivolgere a tutti, singoli e popoli, l’augu- rio di un’esisten- za colma di gioia e di speranza. Nel cuore di ogni uomo e di ogni donna alberga, infatti, il desiderio di u- na vita piena, alla quale appartiene un anelito insopprimibile alla fraternità, che sospinge verso la comunione con gli al- tri, nei quali troviamo non nemici o con- correnti, ma fratelli da accogliere ed ab- bracciare. Infatti, la fraternità è una dimensione es- senziale dell’uomo, il quale è un essere relazionale. La viva consapevolezza di questa relazionalità ci porta a vedere e trattare ogni persona come una vera so- rella e un vero fratello; senza di essa di- venta impossibile la costruzione di una società giusta, di una pace solida e du- ratura. E occorre subito ricordare che la fraternità si comincia ad imparare soli- tamente in seno alla famiglia, soprattut- to grazie ai ruoli responsabili e comple- mentari di tutti i suoi membri, in parti- colare del padre e della madre. La fami- glia è la sorgente di ogni fraternità, e per- ciò è anche il fondamento e la via pri- maria della pace, poiché, per vocazione, dovrebbe contagiare il mondo con il suo amore. Il numero sempre crescente di inter- connessioni e di comunicazioni che av- viluppano il nostro pianeta rende più palpabile la consapevolezza dell’unità e della condivisione di un comune desti- no tra le Nazioni della terra. Nei dina- mismi della storia, pur nella diversità delle etnie, delle società e delle culture, vediamo seminata così la vocazione a formare una comunità composta da fra- telli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri. Tale vocazione è però ancor oggi spesso con- trastata e smentita nei fatti, in un mon- do caratterizzato da quella “globalizza- zione dell’indifferenza” che ci fa lenta- mente “abituare” alla sofferenza dell’al- tro, chiudendoci in noi stessi. In tante parti del mondo, sembra non conoscere sosta la grave lesione dei di- ritti umani fondamentali, soprattutto del diritto alla vita e di quello alla libertà di religione. Il tragico fenomeno del traffi- co degli esseri umani, sulla cui vita e di- sperazione speculano persone senza scrupoli, ne rappresenta un inquietan- te esempio. Alle guerre fatte di scontri armati si aggiungono guerre meno visi- bili, ma non meno crudeli, che si com- battono in campo economico e finan- ziario con mezzi altrettanto distruttivi di vite, di famiglie, di imprese. La globalizzazione, come ha affermato Benedetto XVI, ci rende vicini, ma non ci rende fratelli[1]. Inoltre, le molte si- tuazioni di spe- requazione, di povertà e di in- giustizia, segna- lano non solo una profonda carenza di fraternità, ma anche l’assenza di una cul- tura della solidarietà. Le nuove ideologie, caratterizzate da diffuso individualismo, egocentrismo e consumismo materiali- stico, indeboliscono i legami sociali, ali- mentando quella mentalità dello “scar- to”, che induce al disprezzo e all’abban- dono dei più deboli, di coloro che ven- gono considerati “inutili”. Così la convi- venza umana diventa sempre più simi- le a un mero do ut des pragmatico ed egoista. In pari tempo appare chiaro che anche le etiche contemporanee risultano in- capaci di produrre vincoli autentici di fraternità, poiché una fraternità priva del riferimento ad un Padre comune, quale suo fondamento ultimo, non rie- sce a sussistere[2]. Una vera fraternità tra gli uomini suppone ed esige una pa- ternità trascendente. A partire dal rico- noscimento di questa paternità, si con- solida la fraternità tra gli uomini, ovve- ro quel farsi “prossimo” che si prende cura dell’altro. «DOV’È TUO FRATELLO?» (GEN 4,9) 2. Per comprendere meglio questa vo- cazione dell’uomo alla fraternità, per ri- conoscere più adeguatamente gli osta- coli che si frappongono alla sua realiz- zazione e individuare le vie per il loro su- peramento, è fondamentale farsi guida- re dalla conoscenza del disegno di Dio, quale è presentato in maniera eminen- te nella Sacra Scrittura. Secondo il racconto delle origini, tutti gli uomini derivano da genitori comuni, da Adamo ed Eva, coppia creata da Dio a sua immagine e somiglianza (cfr Gen 1,26), da cui nascono Caino e Abele. Nel- la vicenda della famiglia primigenia leg- giamo la genesi della società, l’evoluzio- ne delle relazioni tra le persone e i po- poli. Abele è pastore, Caino è contadino. La lo- ro identità profonda e, insieme, la loro vocazione, è quella di essere fratelli, pur nella diversità della loro attività e cultu- ra, del loro modo di rapportarsi con Dio e con il creato. Ma l’uccisione di Abele da parte di Caino attesta tragicamente il ri- getto radicale della vocazione ad essere fratelli. La loro vicenda (cfr Gen 4,1-16) evidenzia il difficile compito a cui tutti gli uomini sono chiamati, di vivere uni- ti, prendendosi cura l’uno dell’altro. Cai- no, non accettando la predilezione di Dio per Abele, che gli offriva il meglio del suo gregge – «il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta» (Gen 4,4-5) – uccide per in- vidia Abele. In questo modo rifiuta di ri- conoscersi fratello, di relazionarsi posi- tivamente con lui, di vivere davanti a Dio, assumendo le proprie responsabilità di cura e di protezione dell’altro. Alla do- manda «Dov’è tuo fratello?», con la qua- le Dio interpella Caino, chiedendogli conto del suo operato, egli risponde: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?» (Gen4,9). Poi, ci dice la Ge- nesi, «Caino si allontanò dal Signore» (4,16). Occorre interrogarsi sui motivi profon- di che hanno indotto Caino a miscono- scere il vincolo di fraternità e, assieme, il vincolo di reci- procità e di comu- nione che lo le- gava a suo fratel- lo Abele. Dio stesso denuncia e rimpro- vera a Caino una contiguità con il male: «il peccato è accovacciato alla tua por- ta» (Gen 4,7). Caino, tuttavia, si rifiuta di opporsi al male e decide di alzare u- gualmente la sua «mano contro il fratel- lo Abele» (Gen 4,8), disprezzando il pro- getto di Dio. Egli frustra così la sua ori- ginaria vocazione ad essere figlio di Dio e a vivere la fraternità. Il racconto di Caino e Abele insegna che l’umanità porta inscritta in sé una voca- zione alla fraternità, ma anche la possi- bilità drammatica del suo tradimento. Lo testimonia l’egoismo quotidiano, che è alla base di tante guerre e tante ingiu- stizie: molti uomini e donne muoiono infatti per mano di fratelli e di sorelle che non sanno riconoscersi tali, cioè come esseri fatti per la reciprocità, per la co- munione e per il dono. «E VOI SIETE TUTTI FRATELLI» (MT 23,8) 3. Sorge spontanea la domanda: gli uo- mini e le donne di questo mondo po- tranno mai corrispondere pienamente all’anelito di fraternità, impresso in loro da Dio Padre? Riusciranno con le loro sole forze a vincere l’indifferenza, l’e- goismo e l’odio, ad accettare le legittime differenze che caratterizzano i fratelli e le sorelle? Parafrasando le sue parole, potremmo così sintetizzare la risposta che ci dà il Si- gnore Gesù: poiché vi è un solo Padre, che è Dio, voi siete tutti fratelli (cfr Mt 23,8-9). La radice della fraternità è con- tenuta nella paternità di Dio. Non si trat- ta di una paternità generica, indistinta e storicamente inefficace, bensì dell’a- more personale, puntuale e straordina- riamente concreto di Dio per ciascun uomo (cfr Mt 6,25-30). Una paternità, dunque, efficacemente generatrice di fraternità, perché l’amore di Dio, quan- do è accolto, diventa il più formidabile agente di trasformazione dell’esistenza e dei rapporti con l’altro, aprendo gli uo- mini alla solidarietà e alla condivisione operosa. In particolare, la fraternità umana è ri- generata in e da Gesù Cristo con la sua morte e risurrezione. La croce è il “luo- go” definitivo di fondazione della frater- nità, che gli uomini non sono in grado di generare da soli. Gesù Cristo, che ha as- sunto la natura umana per redimerla, a- mando il Padre fino alla morte e alla mor- te di croce (cfr Fil 2,8), mediante la sua risurrezione ci costituisce co- me umanità nuova, in piena comunio- ne con la volontà di Dio, con il suo pro- getto, che comprende la piena realizza- zione della vocazione alla fraternità. Gesù riprende dal principio il progetto del Padre, riconoscendogli il primato su ogni cosa. Ma il Cristo, con il suo ab- bandono alla morte per amore del Padre, diventa principio nuovo e definitivo di tutti noi, chiamati a riconoscerci in Lui come fratelli perché figli dello stesso Pa- dre. Egli è l’Alleanza stessa, lo spazio per- sonale della riconciliazione dell’uomo con Dio e dei fratelli tra loro. Nella mor- te in croce di Gesù c’è anche il supera- mento della separazione tra popoli, tra il popolo dell’Alleanza e il popolo dei Gentili, privo di speranza perché fino a quel momento rimasto estraneo ai pat- ti della Promessa. Come si legge nella Lettera agli Efesini, Gesù Cristo è colui che in sé riconcilia tutti gli uomini. Egli è la pace, poiché dei due popoli ne ha fatto uno solo, abbattendo il muro di se- parazione che li divideva, ovvero l’ini- micizia. Egli ha creato in se stesso un so- lo popolo, un solo uomo nuovo, una so- la nuova umanità (cfr 2,14-16). Chi accetta la vi- ta di Cristo e vive in Lui, riconosce Dio come Padre e a Lui dona totalmente se stesso, amando- lo sopra ogni cosa. L’uomo riconciliato vede in Dio il Padre di tutti e, per conse- guenza, è sollecitato a vivere una frater- nità aperta a tutti. In Cristo, l’altro è ac- colto e amato come figlio o figlia di Dio, come fratello o sorella, non come un e- straneo, tantomeno come un antagoni- sta o addirittura un nemico. Nella fami- glia di Dio, dove tutti sono figli di uno stesso Padre, e perché innestati in Cristo, figli nel Figlio, non vi sono “vite di scar- to”. Tutti godono di un’eguale ed intan- gibile dignità. Tutti sono amati da Dio, tutti sono stati riscattati dal sangue di Cristo, morto in croce e risorto per o- gnuno. È questa la ragione per cui non si può rimanere indifferenti davanti al- la sorte dei fratelli. LA FRATERNITÀ, FONDAMENTO E VIA PER LA PACE 4. Ciò premesso, è facile comprendere che la fraternità è fondamento e via per la pace. Le Encicliche sociali dei miei Pre- decessori offrono un valido aiuto in tal senso. Sarebbe sufficiente rifarsi alle de- finizioni di pace della Populorum pro- gressio di Paolo VI o della Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II. Dalla prima ricaviamo che lo sviluppo integrale dei popoli è il nuovo nome della pace[3]. Dalla seconda, che la pace è opus soli- daritatis[4]. Paolo VI afferma che non soltanto le per- sone, ma anche le Nazioni debbono in- contrarsi in uno spirito di fraternità. E spiega: «In questa comprensione e ami- cizia vicendevoli, in questa comunione sacra noi dobbiamo [...] lavorare assie- me per edificare l’avvenire comune del- l’umanità»[5]. Questo dovere riguarda in primo luogo i più favoriti. I loro obblighi sono radicati nella fraternità umana e soprannaturale e si presentano sotto un triplice aspetto: il dovere di solidarietà, che esige che le Nazioni ricche aiutino quelle meno progredite; il dovere di giu- stizia sociale, che richiede il ricomponi- mento in termini più corretti delle rela- zioni difettose tra popoli forti e popoli deboli; il dovere di carità universale, che implica la promozione di un mondo più umano per tutti, un mondo nel quale tutti abbiano qualcosa da dare e da ri- cevere, senza che il progresso degli uni costituisca un ostacolo allo sviluppo de- gli altri[6]. Così, se si considera la pace come opus solidaritatis, allo stesso modo, non si può pen- sare che la frater- nità non ne sia il fondamento precipuo. La pace, afferma Giovanni Paolo II, è un bene indivisibile. O è bene di tutti o non lo è di nessuno. Essa può essere real- mente conquistata e fruita, come mi- glior qualità della vita e come sviluppo più umano e sostenibile, solo se si atti- va, da parte di tutti, «una determinazio- ne ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune»[7]. Ciò implica di non farsi guidare dalla «brama del pro- fitto» e dalla «sete del potere». Occorre a- vere la disponibilità a «“perdersi” a fa- vore dell’altro invece di sfruttarlo, e a “servirlo” invece di opprimerlo per il pro- prio tornaconto. [...] L’“altro” – persona, popolo o Nazione – [non va visto] come uno strumento qualsiasi, per sfruttare a basso costo la sua capacità di lavoro e la resistenza fisica, abbandonandolo poi quando non serve più, ma come un no- stro “simile”, un “aiuto”»[8]. La solidarietà cristiana presuppone che il prossimo sia amato non solo come «un essere umano con i suoi diritti e la sua fondamentale eguaglianza davanti a tut- ti, ma [come] viva immagine di Dio Pa- dre, riscattata dal sangue di Gesù Cristo e posta sotto l’azione permanente dello Spirito Santo»[9], come un altro fratello. «Allora la coscienza della paternità co- mune di Dio, della fraternità di tutti gli uomini in Cristo, “figli nel Figlio”, della presenza e dell’azione vivificante dello Spirito Santo, conferirà – rammenta Gio- vanni Paolo II – al nostro sguardo sul mondo come un nuovo criterio per in- terpretarlo»,[10] per trasformarlo. 4 Venerdì 13 Dicembre 2013 PRIMO PIANO PIETRO E IL MONDO Il fatto Nel Messaggio scritto per la Giornata mondiale del 1°gennaio, Francesco sottolinea che senza il farsi prossimo, prendendosi cura dell’altro, una società giusta è impossibile. «Una fraternità vera esige una paternità trascendente» La si inizia a imparare in famiglia, via primaria per la pace, perchè dovrebbe contagiare il mondo con il suo amore Una Giornata mondiale che si ripeta «come augurio e come promessa – all’inizio del calendario che misura e descrive il cammino della vita umana nel tempo – che sia la Pace con il suo giusto e benefico equilibrio a dominare lo svolgimento della storia avvenire». Con queste parole Paolo VI annunciava l’istituzione della Giornata mondiale della pace. La prima si tenne il 1° gennaio 1968 e il relativo messaggio, con l’annuncio dell’istituzione venne firmato l’8 dicembre 1967, anno in cui papa Montini aveva firmato l’enciclica «Populorum progressio» sullo sviluppo dei popoli. «La proposta di dedicare alla Pace il primo giorno dell’anno nuovo – scriveva il Papa nel suo primo messaggio – non intende qualificarsi come esclusivamente nostra, religiosa cioè cattolica; essa vorrebbe incontrare l’adesione di tutti i veri amici della pace, come fosse iniziativa loro propria, ed esprimersi in libere forme, congeniali all’indole particolare di quanti avvertono quanto bella e quanto importante sia la consonanza d’ogni voce nel mondo per l’esaltazione di questo bene primario, che è la pace». Poi l’auspicio: «Occorre sempre parlare di Pace – chiedeva Paolo VI –! Occorre educare il mondo ad amare la pace, a costruirla, a difenderla. Occorre suscitare negli uomini del nostro tempo e delle generazioni venture il senso e l’amore della pace fondata sulla verità». La storia La prima voluta da Paolo VI nel 1968 L’ABBRACCIO Papa Francesco in mezzo alla gente al termine dell’atto di omaggio alla statua dell’Immacolata in piazza di Spagna a Roma l’8 dicembre scorso (Ansa) Il Papa: la fraternità radice della pace «Nella famiglia di Dio tutti figli dello stesso Padre. Non ci sono vite di scarto» La fraternità si comincia ad imparare solitamente in seno alla famiglia grazie ai ruoli responsabili di tutti i suoi membri La solidarietà cristiana presuppone che il prossimo sia amato come immagine viva di Dio Padre, come un fratello Nella morte in croce di Gesù c’è anche il superamento della separazione tra popoli. Gesù riconcilia in sé tutti gli uomini continua a pagina 5

Il Papa: la fraternità radice della pace · 13/12/2013  · 2014. Titolo del Messaggio: «Fraternità, fondamento e via per la pace». MESSAGGIO DEL PAPA PER LA XLVII GIORNATA MONDIALE

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Page 1: Il Papa: la fraternità radice della pace · 13/12/2013  · 2014. Titolo del Messaggio: «Fraternità, fondamento e via per la pace». MESSAGGIO DEL PAPA PER LA XLVII GIORNATA MONDIALE

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Pubblichiamo il Messaggio di France-sco per la XLVII Giornata mondiale del-la pace che sarà celebrata il 1°gennaio2014. Titolo del Messaggio: «Fraternità,fondamento e via per la pace».

MESSAGGIO DEL PAPAPER LA XLVII GIORNATAMONDIALE DELLA PACE

1. In questo mio primo Messaggio per laGiornata mondiale della pace, desiderorivolgere a tutti, singoli e popoli, l’augu-

rio di un’esisten-za colma di gioiae di speranza.

Nel cuore di ogniuomo e di ognidonna alberga, infatti, il desiderio di u-na vita piena, alla quale appartiene unanelito insopprimibile alla fraternità, chesospinge verso la comunione con gli al-tri, nei quali troviamo non nemici o con-correnti, ma fratelli da accogliere ed ab-bracciare.Infatti, la fraternità è una dimensione es-senziale dell’uomo, il quale è un essererelazionale. La viva consapevolezza diquesta relazionalità ci porta a vedere etrattare ogni persona come una vera so-rella e un vero fratello; senza di essa di-venta impossibile la costruzione di unasocietà giusta, di una pace solida e du-ratura. E occorre subito ricordare che lafraternità si comincia ad imparare soli-tamente in seno alla famiglia, soprattut-to grazie ai ruoli responsabili e comple-mentari di tutti i suoi membri, in parti-colare del padre e della madre. La fami-glia è la sorgente di ogni fraternità, e per-ciò è anche il fondamento e la via pri-maria della pace, poiché, per vocazione,dovrebbe contagiare il mondo con il suoamore.Il numero sempre crescente di inter-connessioni e di comunicazioni che av-viluppano il nostro pianeta rende piùpalpabile la consapevolezza dell’unità edella condivisione di un comune desti-no tra le Nazioni della terra. Nei dina-mismi della storia, pur nella diversitàdelle etnie, delle società e delle culture,vediamo seminata così la vocazione aformare una comunità composta da fra-telli che si accolgono reciprocamente,prendendosi cura gli uni degli altri. Talevocazione è però ancor oggi spesso con-trastata e smentita nei fatti, in un mon-do caratterizzato da quella “globalizza-zione dell’indifferenza” che ci fa lenta-mente “abituare” alla sofferenza dell’al-tro, chiudendoci in noi stessi.

In tante parti del mondo, sembra nonconoscere sosta la grave lesione dei di-ritti umani fondamentali, soprattutto deldiritto alla vita e di quello alla libertà direligione. Il tragico fenomeno del traffi-co degli esseri umani, sulla cui vita e di-sperazione speculano persone senzascrupoli, ne rappresenta un inquietan-te esempio. Alle guerre fatte di scontriarmati si aggiungono guerre meno visi-bili, ma non meno crudeli, che si com-battono in campo economico e finan-ziario con mezzi altrettanto distruttivi divite, di famiglie, di imprese.La globalizzazione, come ha affermatoBenedetto XVI, ci rende vicini, ma nonci rende fratelli[1]. Inoltre, le molte si-

tuazioni di spe-requazione, dipovertà e di in-giustizia, segna-lano non solo una profonda carenza difraternità, ma anche l’assenza di una cul-tura della solidarietà. Le nuove ideologie,caratterizzate da diffuso individualismo,egocentrismo e consumismo materiali-stico, indeboliscono i legami sociali, ali-mentando quella mentalità dello “scar-to”, che induce al disprezzo e all’abban-dono dei più deboli, di coloro che ven-gono considerati “inutili”. Così la convi-venza umana diventa sempre più simi-le a un mero do ut des pragmatico edegoista.In pari tempo appare chiaro che anchele etiche contemporanee risultano in-capaci di produrre vincoli autentici difraternità, poiché una fraternità privadel riferimento ad un Padre comune,quale suo fondamento ultimo, non rie-sce a sussistere[2]. Una vera fraternitàtra gli uomini suppone ed esige una pa-ternità trascendente. A partire dal rico-noscimento di questa paternità, si con-solida la fraternità tra gli uomini, ovve-ro quel farsi “prossimo” che si prendecura dell’altro.

«DOV’È TUO FRATELLO?»(GEN 4,9)

2. Per comprendere meglio questa vo-cazione dell’uomo alla fraternità, per ri-conoscere più adeguatamente gli osta-coli che si frappongono alla sua realiz-zazione e individuare le vie per il loro su-peramento, è fondamentale farsi guida-re dalla conoscenza del disegno di Dio,quale è presentato in maniera eminen-te nella Sacra Scrittura.

Secondo il racconto delle origini, tutti gliuomini derivano da genitori comuni, daAdamo ed Eva, coppia creata da Dio asua immagine e somiglianza (cfr Gen1,26), da cui nascono Caino e Abele. Nel-la vicenda della famiglia primigenia leg-giamo la genesi della società, l’evoluzio-ne delle relazioni tra le persone e i po-poli.Abele è pastore, Caino è contadino. La lo-ro identità profonda e, insieme, la lorovocazione, è quella di essere fratelli, purnella diversità della loro attività e cultu-ra, del loro modo di rapportarsi con Dioe con il creato. Ma l’uccisione di Abele daparte di Caino attesta tragicamente il ri-getto radicale della vocazione ad esserefratelli. La loro vicenda (cfr Gen 4,1-16)evidenzia il difficile compito a cui tuttigli uomini sono chiamati, di vivere uni-ti, prendendosi cura l’uno dell’altro. Cai-no, non accettando la predilezione diDio per Abele, che gli offriva il megliodel suo gregge – «il Signore gradì Abelee la sua offerta, ma non gradì Caino e lasua offerta» (Gen 4,4-5) – uccide per in-vidia Abele. In questo modo rifiuta di ri-conoscersi fratello, di relazionarsi posi-tivamente con lui, di vivere davanti a Dio,assumendo le proprie responsabilità dicura e di protezione dell’altro. Alla do-manda «Dov’è tuo fratello?», con la qua-le Dio interpella Caino, chiedendogliconto del suo operato, egli risponde:«Non lo so. Sono forse il guardiano dimio fratello?» (Gen4,9). Poi, ci dice la Ge-nesi, «Caino si allontanò dal Signore»(4,16).Occorre interrogarsi sui motivi profon-di che hanno indotto Caino a miscono-scere il vincolo di fraternità e, assieme,

il vincolo di reci-procità e di comu-

nione che lo le-gava a suo fratel-lo Abele. Dio stesso denuncia e rimpro-vera a Caino una contiguità con il male:«il peccato è accovacciato alla tua por-ta» (Gen 4,7). Caino, tuttavia, si rifiuta diopporsi al male e decide di alzare u-gualmente la sua «mano contro il fratel-lo Abele» (Gen 4,8), disprezzando il pro-getto di Dio. Egli frustra così la sua ori-ginaria vocazione ad essere figlio di Dioe a vivere la fraternità.Il racconto di Caino e Abele insegna chel’umanità porta inscritta in sé una voca-zione alla fraternità, ma anche la possi-bilità drammatica del suo tradimento.Lo testimonia l’egoismo quotidiano, cheè alla base di tante guerre e tante ingiu-stizie: molti uomini e donne muoionoinfatti per mano di fratelli e di sorelle che

non sanno riconoscersi tali, cioè comeesseri fatti per la reciprocità, per la co-munione e per il dono.

«E VOI SIETE TUTTI FRATELLI»(MT 23,8)

3. Sorge spontanea la domanda: gli uo-mini e le donne di questo mondo po-tranno mai corrispondere pienamenteall’anelito di fraternità, impresso in loroda Dio Padre? Riusciranno con le lorosole forze a vincere l’indifferenza, l’e-goismo e l’odio, ad accettare le legittimedifferenze che caratterizzano i fratelli ele sorelle?Parafrasando le sue parole, potremmocosì sintetizzare la risposta che ci dà il Si-gnore Gesù: poiché vi è un solo Padre,che è Dio, voi siete tutti fratelli (cfr Mt23,8-9). La radice della fraternità è con-tenuta nella paternità di Dio. Non si trat-ta di una paternità generica, indistinta estoricamente inefficace, bensì dell’a-more personale, puntuale e straordina-riamente concreto di Dio per ciascunuomo (cfr Mt 6,25-30). Una paternità,dunque, efficacemente generatrice difraternità, perché l’amore di Dio, quan-do è accolto, diventa il più formidabileagente di trasformazione dell’esistenzae dei rapporti con l’altro, aprendo gli uo-mini alla solidarietà e alla condivisioneoperosa.In particolare, la fraternità umana è ri-generata in e da Gesù Cristo con la suamorte e risurrezione. La croce è il “luo-go” definitivo di fondazione della frater-nità, che gli uomini non sono in grado digenerare da soli. Gesù Cristo, che ha as-sunto la natura umana per redimerla, a-mando il Padre fino alla morte e alla mor-

te di croce (cfr Fil2,8), mediante lasua risurrezioneci costituisce co-me umanità nuova, in piena comunio-ne con la volontà di Dio, con il suo pro-getto, che comprende la piena realizza-zione della vocazione alla fraternità.Gesù riprende dal principio il progettodel Padre, riconoscendogli il primato suogni cosa. Ma il Cristo, con il suo ab-bandono alla morte per amore del Padre,diventa principio nuovo e definitivo ditutti noi, chiamati a riconoscerci in Luicome fratelli perché figli dello stesso Pa-dre. Egli è l’Alleanza stessa, lo spazio per-sonale della riconciliazione dell’uomocon Dio e dei fratelli tra loro. Nella mor-

te in croce di Gesù c’è anche il supera-mento della separazione tra popoli, trail popolo dell’Alleanza e il popolo deiGentili, privo di speranza perché fino aquel momento rimasto estraneo ai pat-ti della Promessa. Come si legge nellaLettera agli Efesini, Gesù Cristo è coluiche in sé riconcilia tutti gli uomini. Egliè la pace, poiché dei due popoli ne hafatto uno solo, abbattendo il muro di se-parazione che li divideva, ovvero l’ini-micizia. Egli ha creato in se stesso un so-lo popolo, un solo uomo nuovo, una so-la nuova umanità (cfr 2,14-16).

Chi accetta la vi-ta di Cristo e vivein Lui, riconosce

Dio comePadre e aLui dona totalmente se stesso, amando-lo sopra ogni cosa. L’uomo riconciliatovede in Dio il Padre di tutti e, per conse-guenza, è sollecitato a vivere una frater-nità aperta a tutti. In Cristo, l’altro è ac-colto e amato come figlio o figlia di Dio,come fratello o sorella, non come un e-straneo, tantomeno come un antagoni-sta o addirittura un nemico. Nella fami-glia di Dio, dove tutti sono figli di unostesso Padre, e perché innestati in Cristo,figli nel Figlio, non vi sono “vite di scar-to”. Tutti godono di un’eguale ed intan-gibile dignità. Tutti sono amati da Dio,tutti sono stati riscattati dal sangue diCristo, morto in croce e risorto per o-gnuno. È questa la ragione per cui nonsi può rimanere indifferenti davanti al-la sorte dei fratelli.

LA FRATERNITÀ, FONDAMENTOE VIA PER LA PACE

4. Ciò premesso, è facile comprendereche la fraternità è fondamento e via perla pace. Le Encicliche sociali dei miei Pre-decessori offrono un valido aiuto in talsenso. Sarebbe sufficiente rifarsi alle de-finizioni di pace della Populorum pro-gressio di Paolo VI o della Sollicitudo reisocialis di Giovanni Paolo II. Dalla primaricaviamo che lo sviluppo integrale deipopoli è il nuovo nome della pace[3].Dalla seconda, che la pace è opus soli-daritatis[4].Paolo VI afferma che non soltanto le per-sone, ma anche le Nazioni debbono in-contrarsi in uno spirito di fraternità. Espiega: «In questa comprensione e ami-cizia vicendevoli, in questa comunionesacra noi dobbiamo [...] lavorare assie-me per edificare l’avvenire comune del-l’umanità»[5]. Questo dovere riguarda in

primo luogo i più favoriti. I loro obblighisono radicati nella fraternità umana esoprannaturale e si presentano sotto untriplice aspetto: il dovere di solidarietà,che esige che le Nazioni ricche aiutinoquelle meno progredite; il dovere di giu-stizia sociale, che richiede il ricomponi-mento in termini più corretti delle rela-zioni difettose tra popoli forti e popolideboli; il dovere di carità universale, cheimplica la promozione di un mondo piùumano per tutti, un mondo nel qualetutti abbiano qualcosa da dare e da ri-cevere, senza che il progresso degli unicostituisca un ostacolo allo sviluppo de-gli altri[6].Così, se si considera la pace come opus

solidaritatis, allostesso modo,non si può pen-sare che la frater-nità non ne sia il fondamento precipuo.La pace, afferma Giovanni Paolo II, è unbene indivisibile. O è bene di tutti o nonlo è di nessuno. Essa può essere real-mente conquistata e fruita, come mi-glior qualità della vita e come sviluppopiù umano e sostenibile, solo se si atti-va, da parte di tutti, «una determinazio-ne ferma e perseverante di impegnarsiper il bene comune»[7]. Ciò implica dinon farsi guidare dalla «brama del pro-fitto» e dalla «sete del potere». Occorre a-vere la disponibilità a «“perdersi” a fa-vore dell’altro invece di sfruttarlo, e a“servirlo” invece di opprimerlo per il pro-prio tornaconto. [...] L’“altro” – persona,popolo o Nazione – [non va visto] comeuno strumento qualsiasi, per sfruttare abasso costo la sua capacità di lavoro e laresistenza fisica, abbandonandolo poiquando non serve più, ma come un no-stro “simile”, un “aiuto”»[8].La solidarietà cristiana presuppone cheil prossimo sia amato non solo come «unessere umano con i suoi diritti e la suafondamentale eguaglianza davanti a tut-ti, ma [come] viva immagine di Dio Pa-dre, riscattata dal sangue di Gesù Cristoe posta sotto l’azione permanente delloSpirito Santo»[9], come un altro fratello.«Allora la coscienza della paternità co-mune di Dio, della fraternità di tutti gliuomini in Cristo, “figli nel Figlio”, dellapresenza e dell’azione vivificante delloSpirito Santo, conferirà – rammenta Gio-vanni Paolo II – al nostro sguardo sulmondo come un nuovo criterio per in-terpretarlo»,[10] per trasformarlo.

4 Venerdì13 Dicembre 2013P R I M O P I A N O PIETRO

E IL MONDO

Il fattoNel Messaggio scrittoper la Giornatamondiale del1°gennaio, Francescosottolinea che senzail farsi prossimo,prendendosi curadell’altro, una societàgiusta è impossibile.«Una fraternitàvera esige una paternitàtrascendente» La si inizia a impararein famiglia, viaprimaria per la pace,perchè dovrebbecontagiare il mondocon il suo amore

Una Giornata mondiale che si ripeta «comeaugurio e come promessa – all’inizio delcalendario che misura e descrive il camminodella vita umana nel tempo – che sia la Pacecon il suo giusto e benefico equilibrio adominare lo svolgimento della storiaavvenire». Con queste parole Paolo VIannunciava l’istituzione della Giornatamondiale della pace. La prima si tenne il 1°gennaio 1968 e il relativo messaggio, conl’annuncio dell’istituzione venne firmato l’8dicembre 1967, anno in cui papa Montiniaveva firmato l’enciclica «Populorumprogressio» sullo sviluppo dei popoli. «Laproposta di dedicare alla Pace il primo giornodell’anno nuovo – scriveva il Papa nel suoprimo messaggio – non intende qualificarsicome esclusivamente nostra, religiosa cioècattolica; essa vorrebbe incontrarel’adesione di tutti i veri amici della pace,come fosse iniziativa loro propria, edesprimersi in libere forme, congenialiall’indole particolare di quanti avvertonoquanto bella e quanto importante sia laconsonanza d’ogni voce nel mondo perl’esaltazione di questo bene primario, che èla pace». Poi l’auspicio: «Occorre sempreparlare di Pace – chiedeva Paolo VI –!Occorre educare il mondo ad amare la pace,a costruirla, a difenderla. Occorre suscitarenegli uomini del nostro tempo e dellegenerazioni venture il senso e l’amore dellapace fondata sulla verità».

La storia La prima volutada Paolo VI nel 1968

L’ABBRACCIOPapa Francesco inmezzo alla gente altermine dell’atto di

omaggio alla statuadell’Immacolata in piazza

di Spagna a Roma l’8dicembre scorso (Ansa)

Il Papa: la fraternità radice della pace«Nella famiglia di Dio tutti figli dello stesso Padre. Non ci sono vite di scarto»

La fraternità si comincia adimparare solitamente in seno allafamiglia grazie airuoli responsabili ditutti i suoi membri

La solidarietà cristianapresuppone che il prossimo siaamato comeimmagine viva di Dio

Padre, come un fratello

Nella morte in croce di Gesù c’èanche il superamento dellaseparazione trapopoli. Gesù riconciliain sé tutti gli uomini

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Page 2: Il Papa: la fraternità radice della pace · 13/12/2013  · 2014. Titolo del Messaggio: «Fraternità, fondamento e via per la pace». MESSAGGIO DEL PAPA PER LA XLVII GIORNATA MONDIALE

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La presentazioneIl Messaggio di papa Francescoillustrato dai responsabilidel Pontificio Consigliodella giustizia e della paceIl segretario del dicastero, Toso:sono stati indicati solo alcunidei possibili cammini di pace,che derivano dall’assunzionee dalla coniugazionedel principio della fraternità

Anche quest’anno la Chiesa italiana si metterà incammino nella notte di San Silvestro per celebrarela 47ª Giornata mondiale della pace. Un camminoche in questi anni ha toccato diverse diocesi. Il 31dicembre l’appuntamento è nell’arcidiocesi diCampobasso-Bojano. Proprio nel capoluogomolisano i partecipanti si ritroveranno nellaparrocchia di San Giuseppe, dove riceveranno ilsaluto del sindaco di Campobasso Luigi DiBartolomeo e del vescovo di Pavia GiovanniGiudici presidente di Pax Christi Italia. Lungo il

percorso della marcia sono previste soste inalcuni luoghi significativi e anche interventi ditestimoni: Agostino Burberi, della Scuola diBarbiana, Domenico Quirico, giornalista delquotidiano «La Stampa», e Luigi Borgiani,segretario generale Aci. Nella sosta presso ilcarcere ci sarà l’intervento don FrancescoEsposito, cappellano del carcere di Poggioreale aNapoli, mentre presso la chiesa di Sant’AntonioAbate si svolgerà la preghiera ecumenica e ci saràl’intervento del vescovo di Lodi Giuseppe Merisi,presidente della Caritas Italiana. A concludere lamarcia della pace sarà la Messa in Cattedralepresieduta dall’arcivescovo di Campobasso-Bojano Giancarlo Bregantini.

Marcia Appuntamentoil 31 a Campobasso

«Da Francesco sollecitudineper il singolo e per tutti»Turkson: dall’aborto all’eutanasia, all’assassinioogni soppressione di vita innocente è un fratricidioGIANNI CARDINALEROMA

a fraternità è una qualità umana essen-ziale, poiché noi siamo esseri relaziona-li. Ma ciò non rende la fraternità auto-

matica». Lo ha evidenziato il presidente del Pontifi-cio Consiglio della giustizia e della pace, il cardinalePeter Turkson, nel suo intervento per la presentazio-ne del primo Messaggio per la Giornata mondiale perla pace di papa Francesco, che si è svolta ieri nella Sa-la Stampa vaticana. Il testo del porporato - assente per-ché ancora non rientrato dal Sudafrica per le com-memorazioni per Mandela - è stato letto dal «porta-voce» padre Federico Lombardi. In esso il cardinale,dopo aver citato Benedetto XVI («La globalizzazioneci rende vicini: ma non fratelli»), ha ricordato come ilprimo crimine fu il fratricidio di Caino contro Abele.

L«E ha ribadito che «ogni soppressione di una vita in-nocente - aborto, assassinio, eutanasia, riduzione al-la fame o guerra - è, di fatto, fratricidio». Il porporatoha voluto indicare in Mandela un esempio che, conla sua leadership, «ha facilitato la conversione dei cuo-ri allontanandoli dal fratricidio». E ha sottolineato co-me papa Francesco abbia portato «al papato grandeapertura ed energia creativa». «Anzi – ha aggiunto –egli ha personificato proprio la paternità e fraternitàdel messaggio odierno - sollecitudine paterna e fra-terna per il singolo e per tutti». Perché, ha sottolinea-to, in questo Messaggio per la 47ª Giornata mondia-le per la pace che cade il prossimo 1° gennaio, papaFrancesco «riflette sui poveri, sulla pace, sul creato, sot-to l’onnicomprensivo e significativo titolo di frater-nità».Alla conferenza stampa, oltre a Vittorio Alberti - offi-ciale del dicastero -, è poi intervenuto il vescovo Ma-

rio Toso, segretario del Pontificio Consiglio. Il presu-le salesiano da parte sua ha sottolineato come nelMessaggio del Papa, tra l’altro, vengano presentati«solo alcuni dei possibili cammini di pace, che deri-vano dall’assunzione e dalla coniugazione del prin-cipio della fraternità» e specificatamente quelli che «siinoltrano negli ambiti cruciali della povertà, dell’e-conomia, della corruzione, della guerra, oltre che del-la natura». Il Pontefice comunque, osserva monsi-gnor Toso, «mostra la strada, indica il metodo da se-guire», che però dev’essere applicato con riferimen-to anche «ad altri problemi, mediante approfondi-menti e ricerche, condotti a livello di studio e di spe-rimentazione». Il segretario del dicastero nota poi chenel Messaggio «rispetto all’impegno culturale e civi-le richiesto, papa Francesco non rinuncia a segnala-re la peculiarità dell’apporto dato dalla fede e dal cri-stianesimo». E questo perché «le stesse etiche con-

temporanee, proprie del neocon-trattualismo, del neoutilitarismo e delle varie teoriedialogiche, appaiono incapaci di produrre vincoli difraternità tra le persone». Così non basta proporre lafraternità «come un imperativo categorico astratto,che non motiva all’azione, ma neppure come un va-lore fondato sul mero consenso sociale». Infatti «lafraternità, privata del riferimento alla Trascendenza,purtroppo, non riesce a sussistere».Monsignor Toso ha inoltre fatto notare che la frater-nità «consente di superare il divorzio che spesso siverifica tra classi dirigenti e cittadini rappresentati».E riferendosi alle tensioni in atto in Ucraina tra go-verno e dimostranti filoeuropeisti, ha spiegato che «ilprincipio della fraternità, come principio architetto-nico di vita sociale, dovrebbe fare scoprire il princi-pio dell’autodeterminazione».

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FRATERNITÀ, PREMESSA PERSCONFIGGERE LA POVERTÀ

5. Nella Caritas in veritate il mio Predecessorericordava al mondo come la mancanza di fra-ternità tra i popoli e gli uomini sia una causaimportante della povertà[11]. In molte societàsperimentiamo una profonda povertà relazio-nale dovuta alla carenza di solide relazioni fa-miliari e comunitarie. Assistiamo con preoc-cupazione alla crescita di diversi tipi di disa-gio, di emarginazione, di solitudine e di varieforme di dipendenza patologica. Una similepovertà può essere superata solo attraverso lariscoperta e la valorizzazione di rapporti fra-terni in seno alle famiglie e alle comunità, at-traverso la condivisione delle gioie e dei dolo-ri, delle difficoltà e dei successi che accompa-gnano la vita delle persone.Inoltre, se da un lato si riscontra una riduzio-ne della povertà assoluta, dall’altro lato nonpossiamo non riconoscere una grave crescitadella povertà relativa, cioè di diseguaglianzetra persone e gruppi che convivono in una de-terminata regione o in un determinato conte-sto storico-culturale. In tal senso, servono an-che politiche efficaci che promuovano il prin-cipio della fraternità, assicurando alle perso-ne – eguali nella loro dignità e nei loro dirittifondamentali – di accedere ai “capitali”, ai ser-vizi, alle risorse educative, sanitarie, tecnolo-giche affinché ciascuno abbia l’opportunità diesprimere e di realizzare il suo progetto di vi-ta, e possa svilupparsi in pienezza come per-sona.Si ravvisa anche la necessità di politiche cheservano ad attenuare una eccessiva spere-quazione del reddito. Non dobbiamo dimen-ticare l’insegnamento della Chiesa sulla co-siddetta ipoteca sociale, in base alla quale se èlecito, come dice san Tommaso d’Aquino, an-zi necessario «che l’uomo abbia la proprietà deibeni»[12], quanto all’uso, li «possiede non so-lo come propri, ma anche come comuni, nelsenso che possono giovare non unicamente alui ma anche agli altri»[13].Infine, vi è un ulteriore modo di promuoverela fraternità – e così sconfiggere la povertà –che dev’essere alla base di tutti gli altri. È il di-stacco di chi sceglie di vivere stili di vita sobried essenziali, di chi, condividendo le propriericchezze, riesce così a sperimentare la comu-nione fraterna con gli altri. Ciò è fondamen-tale per seguire Gesù Cristo ed essere vera-mente cristiani. È il caso non solo delle perso-ne consacrate che professano voto di povertà,ma anche di tante famiglie e tanti cittadini re-sponsabili, che credono fermamente che sia larelazione fraterna con il prossimo a costituireil bene più prezioso.

LA RISCOPERTA DELLA FRATERNITÀNELL’ECONOMIA

6. Le gravi crisi finanziarie ed economiche con-temporanee – che trovano la loro origine nelprogressivo allontanamento dell’uomo da Dioe dal prossimo, nella ricerca avida di beni ma-teriali, da un lato, e nel depauperamento del-le relazioni interpersonali e comunitarie dal-l’altro – hanno spinto molti a ricercare la sod-disfazione, la felicità e la sicurezza nel consu-mo e nel guadagno oltre ogni logica di una sa-na economia. Già nel 1979 Giovanni Paolo IIavvertiva l’esistenza di «un reale e percettibi-le pericolo che, mentre progredisce enorme-

mente il dominio daparte dell’uomo sul

mondo delle cose, di questo suo dominio egliperda i fili essenziali, e in vari modi la sua u-manità sia sottomessa a quel mondo, ed eglistesso divenga oggetto di multiforme, anche sespesso non direttamente percettibile, mani-polazione, mediante tutta l’organizzazionedella vita comunitaria, mediante il sistema diproduzione, mediante la pressione dei mez-zi di comunicazione sociale»[14].Il succedersi delle crisi economiche deveportare agli opportuni ripensamenti dei mo-delli di sviluppo economico e a un cambia-mento negli stili di vita. La crisi odierna, purcon il suo grave retaggio per la vita delle per-sone, può essere anche un’occasione propi-zia per recuperare le virtù della prudenza,della temperanza, della giustizia e della for-tezza. Esse ci possono aiutare a superare imomenti difficili e a riscoprire i vincoli fra-terni che ci legano gli uni agli altri, nella fi-ducia profonda che l’uomo ha bisogno ed ècapace di qualcosa in più rispetto alla mas-simizzazione del proprio interesse indivi-duale. Soprattutto tali virtù sono necessarieper costruire e mantenere una società a misuradella dignità umana.

LA FRATERNITÀ SPEGNE LA GUERRA

7. Nell’anno trascorso, molti nostri fratelli e so-relle hanno continuato a vivere l’esperienzadilaniante della guerra, che costituisce unagrave e profonda ferita inferta alla fraternità.Molti sono i conflitti che si consumano nel-l’indifferenza generale. A tutti coloro che vi-vono in terre in cui le armi impongono terro-re e distruzioni, assicuro la mia personale vi-cinanza e quella di tutta la Chiesa. Quest’ulti-ma ha per missione di portare la carità di Cri-sto anche alle vittime inermi delle guerre di-menticate, attraverso la preghiera per la pace,il servizio ai feriti, agli affamati, ai rifugiati, a-gli sfollati e a quanti vivono nella paura. LaChiesa alza altresì la sua voce per far giungere

ai responsabili il grido di dolore di quest’u-manità sofferente e per far cessare, insieme al-le ostilità, ogni sopruso e violazione dei dirittifondamentali dell’uomo[15].Per questo motivo desidero rivolgere un forteappello a quanti con le armi seminano vio-lenza e morte: riscoprite in colui che oggi con-siderate solo un nemico da abbattere il vostrofratello e fermate la vostra mano! Rinunciatealla via delle armi e andate incontro all’altrocon il dialogo, il perdono e la riconciliazioneper ricostruire la giustizia, la fiducia e la spe-ranza intorno a voi! «In quest’ottica, apparechiaro che nella vita dei popoli i conflitti armaticostituiscono sempre la deliberata negazionedi ogni possibile concordia internazionale,creando divisioni profonde e laceranti feriteche richiedono molti anni per rimarginarsi. Leguerre costituiscono il rifiuto pratico a impe-gnarsi per raggiungere quelle grandi mete e-conomiche e sociali che la comunità interna-zionale si è data»[16].Tuttavia, finché ci sarà una così grande quan-tità di armamenti in circolazione come quel-la attuale, si potranno sempre trovare nuovipretesti per avviare le ostilità. Per questo fac-

cio mio l’appello dei miei Predecessori in fa-vore della non proliferazione delle armi e deldisarmo da parte di tutti, a cominciare dal di-sarmo nucleare e chimico.Non possiamo però non constatare che gli ac-cordi internazionali e le leggi nazionali, puressendo necessari ed altamente auspicabili,non sono sufficienti da soli a porre l’umanitàal riparo dal rischio dei conflitti armati. È ne-cessaria una conversione dei cuori che per-metta a ciascuno di riconoscere nell’altro unfratello di cui prendersi cura, con il quale la-vorare insieme per costruire una vita in pie-nezza per tutti. È questo lo spirito che animamolte delle iniziative della società civile, in-cluse le organizzazioni religiose, in favore del-la pace. Mi auguro che l’impegno quotidiano

di tutti continui aportare frutto e che sipossa anche giunge-re all’effettiva appli-cazione nel diritto in-ternazionale del di-ritto alla pace, qualediritto umano fon-damentale, pre-con-dizione necessariaper l’esercizio di tut-ti gli altri diritti.

LA CORRUZIONEE IL CRIMINE ORGANIZZATOAVVERSANO LA FRATERNITÀ

8. L’orizzonte della fraternità rimanda alla cre-scita in pienezza di ogni uomo e donna. Le giu-ste ambizioni di una persona, soprattutto segiovane, non vanno frustrate e offese, nonva rubata la speranza di poterle realizzare.Tuttavia, l’ambizione non va confusa con laprevaricazione. Al contrario, occorre gareg-giare nello stimarsi a vicenda (cfr Rm12,10).Anche nelle dispute, che costituiscono unaspetto ineliminabile della vita, bisognasempre ricordarsi di essere fratelli e perciòeducare ed educarsi a non considerare ilprossimo come un nemico o come un av-versario da eliminare.La fraternità genera pace sociale perché creaun equilibrio fra libertà e giustizia, fra re-sponsabilità personale e solidarietà, fra be-ne dei singoli e bene comune. Una comu-nità politica deve, allora, agire in modo tra-

sparente e responsabile per favorire tuttociò. I cittadini devono sentirsi rappresenta-ti dai poteri pubblici nel rispetto della lorolibertà. Invece, spesso, tra cittadino e istitu-zioni, si incuneano interessi di parte chedeformano una tale relazione, propiziandola creazione di un clima perenne di conflit-to.Un autentico spirito di fraternità vince l’e-goismo individuale che contrasta la possi-bilità delle persone di vivere in libertà e inarmonia tra di loro. Tale egoismo si svilup-pa socialmente sia nelle molte forme di cor-ruzione, oggi così capillarmente diffuse, sianella formazione delle organizzazioni cri-minali, dai piccoli gruppi a quelli organiz-zati su scala globale, che, logorando inprofondità la legalità e la giustizia, colpi-scono al cuore la dignità della persona. Que-ste organizzazioni offendono gravementeDio, nuocciono ai fratelli e danneggiano ilcreato, tanto più quando hanno connota-zioni religiose.Penso al dramma lacerante della droga, sul-la quale si lucra in spregio a leggi morali e ci-vili; alla devastazione delle risorse naturalie all’inquinamento in atto; alla tragedia del-lo sfruttamento del lavoro; penso ai trafficiilleciti di denaro come alla speculazione fi-nanziaria, che spesso assume caratteri pre-datori e nocivi per interi sistemi economicie sociali, esponendo alla povertà milioni diuomini e donne; penso alla prostituzioneche ogni giorno miete vittime innocenti, so-prattutto tra i più giovani rubando loro il fu-turo; penso all’abominio del traffico di es-seri umani, ai reati e agli abusi contro i mi-nori, alla schiavitù che ancora diffonde il suoorrore in tante parti del mondo, alla trage-dia spesso inascoltata dei migranti sui qua-li si specula indegnamente nell’illegalità.Scrisse al riguardo Giovanni XXIII: «Una con-vivenza fondata soltanto su rapporti di for-za non è umana. In essa infatti è inevitabileche le persone siano coartate o compresse,invece di essere facilitate e stimolate a svi-luppare e perfezionare se stesse»[17]. L’uo-mo, però, si può convertire e non bisognamai disperare della possibilità di cambiarevita. Desidererei che questo fosse un mes-saggio di fiducia per tutti, anche per coloroche hanno commesso crimini efferati, poi-ché Dio non vuole la morte del peccatore,ma che si converta e viva (cfr Ez 18,23).Nel contesto ampio della socialità umana,guardando al delitto e alla pena, viene an-che da pensare alle condizioni inumane ditante carceri, dove il detenuto è spesso ridot-to in uno stato sub-umano e viene violato nel-la sua dignità di uomo, soffocato anche in o-gni volontà ed espressione di riscatto.

In molte societàsperimentiamo unaprofonda povertàrelazionale dovuta allacarenza di solide

relazioni familiari ecomunitarie. Una similepovertà può esseresuperata soloattraverso la riscopertae la valorizzazione dirapportifraterni

Le guerre costituiscono il rifiuto pratico a impegnarsi perraggiungere quelle grandi mete economiche esociali che la comunità internazionale si è data.

Per questo faccio mio l’appello dei mieiPredecessori in favore della non proliferazione delle armi

Il tema. Una via per vincere la povertàL’ipoteca sociale: chi ha beni li usi anche per giovare agli altri

5Venerdì13 Dicembre 2013 P R I M O P I A N OPIETRO

E IL MONDO

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La tratta degli esseri umanicrimine contro l’umanitàIl Papa: credenti e no uniti per contrastarla

MATTEO LIUT

a persona umana «non si do-vrebbe mai vendere e comprarecome una merce» e «chi la usa e

la sfrutta, anche indirettamente, si ren-de complice di questa sopraffazione».È da questo principio che ieri papaFrancesco ha attinto per lanciare unforte allarme contro la tratta di esseriumani, una «vergogna» contro la qua-le è necessaria un «impegno concerta-to» che coinvolga «quanti sono di buo-na volontà, che si professino religiosi ono».L’appello è stato lanciato dal Ponteficenel discorso tenuto in occasione dellapresentazione delle lettere credenzia-li dei nuovi ambasciatori presso la San-ta Sede di 17 diversi Paesi: Algeria, I-slanda, Danimarca, Lesotho, Palesti-

Lna, Sierra Leone, Capo Verde, Burun-di, Malta, Svezia, Pakistan, Zambia,Norvegia, Kuwait, Burkina Faso, U-ganda e Giordania.Durante l’incontro il Papa ha volutosoffermarsi su «una questione che mipreoccupa molto». Una piaga che ri-chiede un «profondo esame di co-scienza», poiché spesso è alimentataanche dalla nostra cultura, dal mondodella comunicazione: quante volte, in-fatti, ha chiesto il Pontefice, tolleriamo«che un essere umano venga conside-rato come un oggetto, esposto per ven-dere un prodotto o per soddisfare de-sideri immorali?». Ma la tratta di esse-ri umani «è una vera forma di schia-vitù, sempre più diffusa, che riguardaogni Paese, anche i più sviluppati, e chetocca le persone più vulnerabili dellasocietà: le donne e le ragazze, i bambi-

ni e le bambine, i disabili, i più poveri,chi proviene da situazioni di disgrega-zione familiare e sociale», ha afferma-to Bergoglio. In queste vittime, ha ag-giunto, «noi cristiani riconosciamo ilvolto di Gesù Cristo, che si è identificatocon i più piccoli e bisognosi». Ma «al-tri, che non si riferiscono a una fede re-ligiosa, in nome della comune uma-nità condividono la compassione perle loro sofferenze». Insieme, quindi,credenti e no, possono e devono im-pegnarsi per «mettere fine a questo or-ribile commercio». Si tratta di «milionidi vittime del lavoro forzato, lavoroschiavo, della tratta di persone per sco-po di manodopera e di sfruttamentosessuale. Tutto ciò non può continua-re – è stato il richiamo –: costituisce u-na grave violazione dei diritti umanidelle vittime e un’offesa alla loro di-

gnità, oltre che una sconfitta per la co-munità mondiale. Quanti sono di buo-na volontà, che si professino religiosi ono, non possono permettere che que-ste donne, questi uomini, questi bam-bini vengano trattati come oggetti, in-gannati, violentati, spesso venduti piùvolte, per scopi diversi, e alla fine ucci-si o, comunque, rovinati nel fisico e nel-la mente, per finire scartati e abban-donati. È una vergogna».È necessario, quindi, «unire le forze»per «fermare questo crimine contro l’u-manità» che oggi minaccia anche «i va-lori fondanti della società e anche la si-curezza e la giustizia internazionali, ol-tre che l’economia, il tessuto familiaree lo stesso vivere sociale».La formula per vincere tale piaga risie-de in «una presa di responsabilità co-mune e una più decisa volontà politi-

ca»: responsabilità nei confronti dellevittime e dei loro familiari e impegnoper «impedire che i corrotti e i crimi-nali si sottraggano alla giustizia ed ab-biano l’ultima parola sulle persone».Un intervento legislativo «nei Paesi diprovenienza, nei Paesi di transito e neiPaesi di arrivo, anche in ordine a faci-litare la regolarità delle migrazioni, puòridurre il problema».Certo non sono mancati gli interventidei governi e della comunità interna-zionale contro questo crimine «non dirado collegato al commercio delle dro-ghe, delle armi, al trasporto di migran-ti irregolari, alla mafia». Ma, ha notatoil Papa, «non possiamo negare che tal-volta ne sono stati contagiati anche o-peratori pubblici e membri di contin-genti impegnati in missioni di pace».

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2,4MILIONI DI VITTIMESecondo le stime dell’Organizzazione interna-zionale del lavoro (Ilo) nel mondo vi sono pocomeno di due milioni e mezzo di vittime della traf-fico di esseri umani, sia entro i confini degli Sta-ti che a livello internazionale.

7-35MILIARDI DI DOLLARILa tratta di esseri umani e in particolare di don-ne e bambini rappresenta attualmente uno deicommerci più lucrativi. Dal punto di vista finan-ziario, rappresenta un valore tra i 7 e i 35 miliar-di di dollari statunitensi.

6 Venerdì13 Dicembre 2013P R I M O P I A N O PIETRO

E IL MONDO

La Chiesa fa molto in tutti questi ambiti, il piùdelle volte nel silenzio. Esorto ed incoraggio afare sempre di più, nella speranza che tali azionimesse in campo da tanti uomini e donne co-raggiosi possano essere sempre più sostenutelealmente e onestamente anche dai poteri ci-vili.

LA FRATERNITÀ AIUTA A CUSTODIREE A COLTIVARE LA NATURA

9. La famiglia umana ha ricevuto dal Creatoreun dono in comune: la natura. La visione cri-stiana della creazione comporta un giudiziopositivo sulla liceità degli interventi sulla na-tura per trarne beneficio, a patto di agire re-sponsabilmente, cioè riconoscendone quella“grammatica” che è in essa inscritta ed usan-do saggiamente le risorse a vantaggio di tutti,rispettando la bellezza, la finalità e l’utilità deisingoli esseri viventi e la loro funzione nell’e-cosistema. Insomma, la natura è a nostra di-sposizione, e noi siamo chiamati ad ammini-strarla responsabilmente. Invece, siamo spes-so guidati dall’avidità, dalla superbia del do-minare, del possedere, del manipolare, dellosfruttare; non custodiamo la natura, non la ri-spettiamo, non la consideriamo come un do-no gratuito di cui avere cura e da mettere a ser-vizio dei fratelli, comprese le generazioni fu-ture.In particolare, il settore agricolo è il settore pro-duttivo primario con la vitale vocazione di col-tivare e custodire le risorse naturali per nutri-re l’umanità. A tale riguardo, la persistente ver-gogna della fame nel mondo mi incita a con-dividere con voi la domanda: in che modo u-siamo le risorse della terra? Le società odiernedevono riflettere sulla gerarchia delle prioritàa cui si destina la produzione. Difatti, è un do-vere cogente che si utilizzino le risorse dellaterra in modo che tutti siano liberi dalla fame.Le iniziative e le soluzioni possibili sono tantee non si limitano all’aumento della produzio-ne. E’ risaputo che quella attuale è sufficiente,eppure ci sono milioni di persone che soffro-no e muoiono di fame e ciò costituisce un ve-ro scandalo. È necessario allora trovare i modiaffinché tutti possano beneficiare dei frutti del-la terra, non soltanto per evitare che si allarghiil divario tra chi più ha e chi deve accontentarsidelle briciole, ma anche e soprattutto per un’e-sigenza di giustizia e di equità e di rispetto ver-so ogni essere umano. In tal senso, vorrei ri-chiamare a tutti quella necessaria destinazio-ne universale dei beni che è uno dei principi-cardine della dottrina sociale della Chiesa. Ri-spettare tale principio è la condizione essen-ziale per consentire un fattivo ed equo acces-so a quei beni essenziali e primari di cui ogniuomo ha bisogno e diritto.

CONCLUSIONE

10. La fraternità ha bisogno di essere scoper-ta, amata, sperimentata, annunciata e testi-moniata. Ma è solo l’amore donato da Dio checi consente di accogliere e di vivere pienamentela fraternità.Il necessario realismo della politica e dell’eco-nomia non può ridursi ad un tecnicismo pri-vo di idealità, che ignora la dimensione tra-scendente dell’uomo. Quando manca questaapertura a Dio, ogni attività umana diventa più

povera e le personevengono ridotte a og-

getti da sfruttare. Solo se accettano di muo-versi nell’ampio spazio assicurato da questaapertura a Colui che ama ogni uomo e ognidonna, la politica e l’economia riusciranno astrutturarsi sulla base di un autentico spirito dicarità fraterna e potranno essere strumento ef-ficace di sviluppo umano integrale e di pace.Noi cristiani crediamo che nella Chiesa siamomembra gli uni degli altri, tutti reciprocamen-te necessari, perché ad ognuno di noi è statadata una grazia secondo la misura del dono diCristo, per l’utilità comune (cfr Ef 4,7.25; 1 Cor12,7). Cristo è venuto nel mondo per portarcila grazia divina, cioè la possibilità di parteci-pare alla sua vita. Ciò comporta tessere una re-

lazionalità fraterna, improntata alla recipro-cità, al perdono, al dono totale di sé, secondol’ampiezza e la profondità dell’amore di Dio,offerto all’umanità da Colui che, crocifisso erisorto, attira tutti a sé: «Vi dò un comanda-mento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Co-me io ho amato voi, così amatevi anche voi gliuni gli altri. Da questo tutti sapranno che sie-te miei discepoli: se avete amore gli uni per glialtri» (Gv 13,34-35). È questa la buona novellache richiede ad ognuno un passo in più, un e-sercizio perenne di empatia, di ascolto dellasofferenza e della speranza dell’altro, anchedel più lontano da me, incamminandosi sullastrada esigente di quell’amore che sa donarsi

e spendersi con gra-tuità per il bene di o-gni fratello e sorella.Cristo abbraccia tuttol’uomo e vuole chenessuno si perda. «Dionon ha mandato il Fi-glio nel mondo percondannare il mondo,

ma perché il mondo sia salvato per mezzo dilui» (Gv 3,17). Lo fa senza opprimere, senza co-stringere nessuno ad aprirgli le porte del suocuore e della sua mente. «Chi fra voi è il piùgrande diventi come il più piccolo e chi go-verna diventi come quello che serve» – diceGesù Cristo – «io sono in mezzo a voi come u-no che serve» (Lc 22,26-27). Ogni attività deveessere, allora, contrassegnata da un atteggia-mento di servizio alle persone, specialmentequelle più lontane e sconosciute. Il servizio èl’anima di quella fraternità che edifica la pace.Maria, la Madre di Gesù, ci aiuti a compren-dere e a vivere tutti i giorni la fraternità chesgorga dal cuore del suo Figlio, per portarepace ad ogni uomo su questa nostra amataterra.

FrancescoDal Vaticano, 8 dicembre 2013

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NOTE[1] Cfr Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno2009), 19: AAS 101 (2009), 654-655.[2] Cfr Francesco, Lett. enc. Lumen fidei (29giugno 2013), 54: AAS 105 (2013), 591-592.[3] Cfr Paolo VI, Lett. enc. Populorum progres-sio (26 marzo 1967), 87: AAS 59 (1967), 299. [4] Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudorei socialis (30 dicembre 1987), 39: AAS 80(1988), 566-568.[5] Lett. enc. Populorum progressio (26 marzo1967), 43: AAS 59 (1967), 278-279).[6] Cfr ibid., 44: AAS 59 (1967), 279.[7] Lett. enc. Sollicitudo rei socialis (30 dicem-bre 1987), 38: AAS 80 (1988), 566.[8] Ibid., 38-39: AAS 80 (1988), 566-567.[9] Ibid., 40: AAS 80 (1988), 569.[10] Ibid.[11] Cfr Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno2009), 19: AAS 101 (2009), 654-655.[12] Summa Theologiae II-II, q. 66, art. 2.[13] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chie-sa nel mondo contemporaneo Gaudium etspes, 69. Cfr Leone XIII, Lett. enc. Rerum no-varum (15 maggio 1891), 19: ASS 23 (1890-1891), 651; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollici-tudo rei socialis (30 dicembre 1987), 42: AAS 80(1988), 573-574; Pontificio Consiglio della Giu-stizia e della Pace, Compendio della Dottrinasociale della Chiesa, n. 178.[14] Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo1979), 16: AAS 61 (1979), 290.[15] Cfr Pontificio Consiglio della Giustizia edella Pace, Compendio della Dottrina socialedella Chiesa, n. 159.[16] Francesco, Lettera al Presidente Putin, 4settembre 2013: L’Osservatore Romano, 6 set-tembre 2013, p. 1.[17] Lett. enc. Pacem in terris (11 aprile 1963),17: AAS 55 (1963), 265.

L’appello. La politica si apra a DioLe istituzioni favoriscano l’equilibrio tra libertà e giustizia

Il discorso

Parlando a 17 nuovi ambasciatori pressola Santa Sede Francesco ha lanciato unappello perché si metta fine a questoorribile commercio: «Una vera forma dischiavitù, sempre più diffusa, cheriguarda ogni Paese, anche i piùsviluppati, e che tocca le persone piùvulnerabili della società». Un fenomenoche riduce le persone a oggetti

Ecco l’elenco dei Paesi che hannoaccreditato ieri il loro nuovoambasciatore presso la Santa Sede:Algeria, Islanda, Danimarca, Lesotho,Stato della Palestina, Sierra Leone,Capo Verde, Burundi, Malta, Svezia,Pakistan, Zambia, Norvegia, Kuwait,Burkina Faso, Uganda e Giordania.

I PAESI

Diplomatici provenientida Asia, Africa ed Europa

segue da pagina 5

Solo se accettano di muoversi nell’ampio spazio assicuratodall’apertura a Colui che ama ogni uomo e ogni donna, lapolitica e l’economia riusciranno a strutturarsi sullabase di un autentico spirito di carità fraterna e

potranno essere strumento efficace di sviluppo umano