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GLOBAL COMMONS Limiti alla Crescita e Sviluppo Sostenibile Emanuele Campiglio Universita’ di Pavia 2009

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GLOBALCOMMONS

LimitiallaCrescitaeSviluppoSostenibile

EmanueleCampiglio

Universita’diPavia2009

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3

INDICEINTRODUZIONE………………………………..………………………………..…………………….51. LOSTATODELMONDO……………………………………………………………………….7

1.1 Popolazione…………………………………………………………………………......8

1.2 Reddito,consumoepovertà……………………………………………………17

1.3 Lerisorse:energia,acquaecibo……………………………………………...25

1.4 Impattoambientaleeriscaldamentoclimatico…………………………41

1.5 Governanceglobaleeistituzioni………………………..…………………….49

2 L’ECONOMIADELLASOSTENIBILITÁ………………………..……………………….57

2.1 L’economiapoliticaclassica………………………..………………………..…57

2.2 Glianni60:lariscopertadellanatura………………………..…………….60

2.3 TheTragedyofCommons………………………..……………………………...63

2.4 IlClubdiRomae“TheLimitstoGrowth”………………………..……….64

2.5 Georgescu‐Roegeneilconcettodientropia……………………………..70

2.6 HermanDalyelaSteady‐StateEconomics………………………..……...73

2.7 EconomiaambientaleedEconomiaEcologica………………………….75

3.LOSVILUPPOSOSTENIBILEELADECRESCITA……………………………………81

3.1Sviluppo:umanoesostenibile………………………………..……………….81

3.2LeConferenzedelleNazioniUnite…………………………………………..86

3.3.Ladecrescita………………………………..………………………………………..91

BIBLIOGRAFIA………………………………..………………………………..…………………….96

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INTRODUZIONEL’ispirazione prima chemi ha suggerito di approfondire i temi trattati inquestolavoromièstatadatadaungrafico,riportatoapagina8,chemostral’evoluzione della popolazione umana nell’arco degli ultimi millenni. Essoevidenziacomelanostrasocietàglobalesiritrovioggiinuncontestosenzaprecedenti, i cui tratti caratteristici sono dati dalla grande quantitá dipersone sul pianeta, dall’impatto sull’ecosistema del pianeta, dal veloceprocessodicrescitaesviluppoedaunainterdipendenzaglobalecherendeilmondosemprepiù“piccolo”eunito.Ilgraficononpuòchestupirel’osservatoreeportareunostudiosodiscienzesociali ad interrogarsi sui significati profondi e sulle conseguenze di talesituazione.Viviamounperiododifficiledagestire,incuidobbiamofarfrontea numerose questioni interconnesse e dinamiche, come la povertà e ilsottosviluppodi larghe regionidel pianeta, la fortedipendenzada fonti dienergiachesonodestinateadesaurirsi,laproduzionedialimentichesianosufficientianutrire l’interapopolazionemondiale, lagestionedelle risorseidriche globali, l’inquinamento dell’ambiente e le incerte conseguenze sulclimadelpianeta.Le domande sono sempre le stesse da molto tempo: la nostra società èsostenibile?Riusciremoagovernarelemoltepliciproblematicheeassicurarebenessereall’interapopolazione?Perquantotemporiusciremoafarlo?Dareunarispostacertaèpiùchedifficile.Il proposito di questo lavoro è dare una panoramica relativa ai diversiargomentiimportantiadinquadrarelaquestione.Essos’inserisceall’internodelmiopercorsodidottorato,erappresentaperciólostadioinizialediunaricercafuturapiùampia.Nelprimocapitolosivuoleoffrireunasortadirappresentazionedellostatodelmondo,ovverodiquellevariabili cheper loronaturanonpossonocheessere gestite a livello globale, e a cui mi riferisco con il termine “globalcommons”. Essa rappresenta la parte principale del lavoro, nella cuiscritturahoimpiegatolamaggiorpartedeltempo.Nel secondo capitolo ho invece trattato la teoria economica che si èconfrontatacon l’analisideiglobalcommonsedei limitiallacrescita.Sonopresentati diversi contributi ritenuti importanti, dall’economia ecologica aquellaambientale.Il terzo capitolo è infine dedicato al concetto di sviluppo sostenibile – neisuoi fondamenti teorici e politici – e a quello di decrescita, cherappresentanopossibilifuturicampidiricerca.Desideroringraziarel’Universita’diPaviaeinparticolareilDipartimentodiEconomia Politica e Metodi Quantitativi, il mio supervisore Prof. GianniVaggi, ildirettoredelDottorato inScienzeEconomichePaoloBertoletti e imieicolleghidottorandi.Nella scrittura ho inoltre beneficiato di proficue discussioni con SaraBaroud,LuigiCampiglioeLucaMantovan.

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1.LostatodelmondoIntroduzioneA partire dal 18˚ secolo, con l’avvento della Rivoluzione Industriale, lasocietà umana si è incamminata lungo un percorso di sviluppo senzaprecedenti, caratterizzato da una molteplicita’ di aspetti dinamici einterconnessi,chepersisteancoraaigiorninostri.Lapopolazioneumana, grazie al progresso tecnologico e almiglioramentodelle condizioni di vita, è letteralmente esplosa nel corso degli ultimi duesecoli, dopo essere rimasta pressoche’ stazionaria per lunghi millenni.Attualmentesulnostropianetasicontanoall’incirca6.7miliardidiindividui,eleproiezioniindicanounulterioreaumentoneiprossimidecenni,finoadunvaloredi9o10miliardiperil2050.L’aumentodellapopolazionehaavutoeffettifondamentalisututtoilresto.Perunversosièavutounforteincrementodellaproduzione,delconsumoedelreddito.Èmiglioratal’aspettativadivita,sonostatecostruiteeconomieesistemisocialisolidi,nuovetecnichehannopermessodiridurregliostacolial trasporto e alla comunicazione. Viviamo ora in un pianeta quasicompletamente globalizzato, dove informazioni, merci e persone sono ingradodispostarsidaunluogoall’altroconfacilita’permettendounaumentodellaproduttivitàdelprocessoeconomicoumano.Lagrandecrescitahatuttaviaavutoanchedegliimportantieffetticollateralinegativi, tra cui si possono includere il forte inquinamentodi aria, terra emari‐cheègiuntoaddiritturaadavereripercussionisullostessoequilibrioclimaticodelpianeta‐el’altotassodisfruttamentodellerisorsenecessarieallaproduzione,chehacausatounaprogressivadegradazionedellerisorseinquestione,fosseroessepesci,foreste,acquaopetrolio.Èevidentecomeoggilaclassegovernanteeglistudiosidieconomiaealtredisciplinesianochiamatiadaffrontarelasfidadiconciliarequestiduetrendcontrapposti in un equilibrio che sia allo stesso tempo sostenibile edinamico.Laprimapartediquestolavoroèpercio’dedicataall’analisidivariabilicheper loro natura sono “globali”, ovvero nonpossono essere adeguatamentegestitedaunasingolanazioneoregione.Comesivedra’,permoltediesseènecessarioindividuarealpiùprestoideeestrategieinnovative.Queste variabili verranno studiate sia in prospettiva storica che nella loroattualita’,mostrandodati,statisticherilevantie,dovenecessario,teoriecheleriguardano.

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1.1PopolazioneLa prima variabile da analizzare per cominciare ad avere una visionesistematica della sostenibilità del pianeta è senza dubbio la popolazionemondiale.Figura1.1Popolazionemondiale(miliardidiindividui)Fonte:WikipediaIl grafico 1.1 è altamente esplicativo della traiettoria seguita negli ultimimillennidallapopolazioneumana.Sipuo’vederecomefinoacircail1750,ovvero l’iniziodellaRivoluzioneIndustriale, lapopolazionemondialesisiamantenutaadunlivellostabile,osologradualmentecrescente.Come si spiega il fatto che permillenni la popolazione non sia cresciuta?Ancora oggi la teoria che meglio interpreta questo andamento è quella“malthusiana”1, che lega i processi demografici all’andamento del redditoprocapite. Se le condizioni di vita migliorano, ovvero sono disponibilimaggioriquantita’dicibo,lefamiglietendonoaprocrearedipiù.Cio’portaad un aumento della popolazione, senza peró che questa sianecessariamenteaccompagnatadauncontemporaneoaumentodellerisorsedisponibilialivelloaggregato.Lasopravvenutascarsita’dirisorseprocapitedisponibili interviene quindi per diminuire la popolazione tramite“preventive checks” (riduzioni intenzionali della fertilita’) e “positivechecks” (malattie e carestie). Come conseguenza il livello di popolazionetotalesimantieneadunlivellopiùomenocostante.Simile è l’andamento del reddito procapite medio: ogni innovazionetecnologicaomiglioramentodellaproduttivitàagricola si traduce inbrevetempo in un aumento della densita’ della popolazione piuttosto che inmiglioristandarddivita.Con l’avvento della rivoluzione industriale alcuni dei fattori chedeterminavanolastazionarieta’dellapopolazionesonoinvecevenutimeno.Lostraordinarioprogresso incampomedicohapermessoundrasticocalo

1 Il termine deriva da Thomas Robert Malthus (1766‐1834), autore nel 1798 del notoSaggio sul principio di Popolazione. La sua opera verra’ spiegata con più dettaglio nelsecondocapitolo.Perun’interessanteinterpretazionemodernasivedaGalor(2004).

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dei tassi di mortalita’, in particolare di quella infantile, e il cambiamentostrutturaledelsistemaeconomico,basatodaallora inpoisullaproduzioneindustriale, è stato in grado di aumentare a dismisura la varieta’ di benidisponibiliemiglioraresensibilmentelecondizionidivita.Di conseguenza, come è possibile evincere dalla figura, la popolazionemondialeèletteralmenteesplosa,aumentandoinmanieraesponenzialefinoaiquasi7miliardidiindividuiattuali.Inizialmente questa crescita ha avuto luogo in Europa e negli Stati Uniti,ovvero la parte “occidentale” del mondo, che prima di altre regioni haintrapresoilpercorsodisviluppoindustriale.Seandiamoavederecomesisono mossi I tassi di crescita della popolazione dal 18˚ secolo ad oggi,scopriamounacosainteressante,ovverochel’aumentodemografico,moltoveloce nei primi decenni, è gradualmente rallentato nel tempo, fino adarrivareailivellimoltobassichecaratterizzanooggilenazionisviluppate.Nelgraficosottostantesonoriportatiitassidicrescitadellapopolazionedal1750al2000.Figura1.2Transizionedemograficaneipaesisviluppati

Fonte:Galor(2004)Dauncertopuntoinavantiitassidicrescitadellapopolazionecomincianoadiminuire. A cosa è dovuto questo fenomeno? Le spiegazioni della teoriaeconomicasonodiverse.Ingeneralesipuo’direchesièavutoneltempouncambiamento di prospettiva riguardo ai figli, che sono passati dall’essereconsideraticomeunasset ingradodipartecipareallavitaproduttivadellafamigliaeassistereigenitoridurantelavecchiaia,alrappresentareuncostonettoperigenitori.Conlamodificazionedellastrutturasocialeedeglistilidivitadiventasempremeno“necessario”farefigli.Questo genere di spiegazioni rientra nella cosiddetta teoria dellatransizione demografica. Essa tenta di interpretare l’andamento dellapopolazione che si è registrato in tutti i paesi sviluppati e sta attualmenteavendoluogoinquelliinviadisviluppo.Nellafigura1.3èrappresentatoloschema usualmente utilizzato per spiegare la teoria, che si compone dialcunefasi:

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1. Nella società preindustriale i tassi di mortalita’ e natalita’ sonoentrambi molto alti e pressoche’ identici, nonostante periodichefluttuazioni.Diconseguenzaillivellodipopolazionerimanestabile.

2. Il tassodimortalita’ è ilprimoadiminuire.Cio’ èdi solito spiegatoconilprogressoincampoagricolo,tecnicoemedico,chemiglioraleaspettativedivitadellapopolazione.

3. Il tassodi natalita’ diminuisce invece solo in un secondomomento,con un ritardo rispetto al tasso dimortalita’. Le spiegazioni di taleritardo possono esseremolteplici e influenzate dai diversi contestisocio‐economici, ma in prima approssimazione si puo’ dire che lescelteriproduttivesonoinsitenellaculturadeipopoliepercio’moltopiù resistenti al cambiamento, e che le famiglie potrebbero averbisogno di un certo lasso di tempo per essere sicure che il declinodella mortalita’ sia permanente e decidere percio’ di diminuire ilnumerodifigli.Quello che è certo è che durante questo periodo la differenza tra itassidinatalita’ emortalita’provocaunaumentodellapopolazionetotale.Nasconopiùpersonediquantenemuoiano.

4. Alterminediquestoprocessodiassestamentoiduetassisiritrovanoadunlivellopiùomenoidentico,inferioreaquellodipartenza.Allostessomodolapopolazioneritornaadesserestabile,maadunvalorepiùaltodiquelloiniziale.

Figura1.3Lateoriadellatransizionedemografica

Fonte:WikipediaLa teoria della transizione demografica sembra affidabile e verificata daifatti. Tutte le nazioni occidentali hanno proceduto lungo questa via, e lostessosembranofareipaesiinviadisviluppo.Questiultimisitrovanoperóadunostadiodellatransizioneprecedenterispettoaquellodell’occidente,esonoancoralontanidallostabilizzarelapropriapopolazione.Dalgraficoinfigura 1.4 si puo’ vedere come i loro tassi di crescita siano ancora elevati,nonostante sia in America Latina che in Asia abbiano giá iniziato adiminuire.

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Figura1.4LatransizionedemograficaneipaesiinviadisviluppoFonte:Galor(2004)Alla lucediquantoesposto finoadora,quali sono leprevisionidi crescitanel futuro prossimo? Le stime “ufficiali” riguardanti l’aumento dellapopolazioneprovengonodallaPopulationDivisiondelleNazioniUnite,chepubblica all’incirca ogni due anni i suoi World Population Prospects.Nell’ultimo rapporto (2006) vengono calcolate, considerando i processi ditransizione demografica, diverse proiezioni dell’andamento demograficofino al 2050, rappresentate in figura1.5. I differenti scenaridipendonodadiverse ipotesi di partenza riguardo l’andamento dei tassi di fertilita’. Lavariantemedia,evidenziataingrassetto,èquellaconsideratapiùprobabile,edindicaunapopolazionedicirca9miliardidiindividuiperil2050.Figura1.5Proiezionidellapopolazionemondialeal2050

Fonte:PopulationDivision(2007)Sepoi si scomponequestaproiezionedimododaosservaregli andamentinelle varie regioni del mondo si ottiene un grafico come quellorappresentatoinfigura1.6.Comesièaccennatoinprecedenzaipaesiinviadi sviluppo si trovano ad uno stadio meno avanzato del processo ditransizionerispettoaquellisviluppati.Ladifferenzatraitassidicrescitasta

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quindimodificandoladisposizionegeograficadellapopolazionemondiale,econtinuera’ a farlo in futuro. Nella figura si osserva chiaramente come illivellodella popolazionedei paesi più sviluppati sia stabile,mentrequellodeipaesiinviadisviluppoaumenti,concentrandosiinparticolareinCina,inIndiaenelcontinenteAfricano.Figura1.6Crescitadellapopolazioneperregioni(miliardidiindividui)–variantemedia

Fonte:PopulationReferenceBureau(2008)La Population Division ha anche pubblicato nel 2004 un rapporto checontiene diverse proiezioni della popolazione mondiale che arrivano al2300. Deve essere specificato che parlare di un tempo tanto lontano nelfuturohaunarilevanzamodesta,poiche’cisimuovesuunterrenotroppoincertoperpotergiungereaconclusioniaffidabili.Allostessotempotuttaviacio’ rappresenta un buon esercizio per comprendere come le questioni eproblematichedell’umanita’nelsuocomplessononpossanoprescinderedaconsiderazionieottichedilungoperiodo.Figura1.7Proiezionidellapopolazionemondialeal2300

Fonte:PopulationDivision(2004)Leproiezionisonoriportateinfigura1.7.Siidentificanotrepossibiliscenari:una esplosione della popolazione (che sarebbe peró altamente

© 2008 Population Reference Bureau 3

WORLD POPULATION HIGHLIGHTSAfrica and Other Developing Regions Make Up an Increasing Share of World Population.As world population has risen from 2.5 billion in 1950 to 6.7 billion in 2008, the proportion living in the developing coun-tries of Africa, Asia, and Latin America and the Caribbean has expanded from 68 percent to more than 80 percent. India and China, with a billion-plus each in 2008, make up about 37 percent of the total. Projec-tions for 2050 show this shift to developing countries con-tinuing. The share living in the more developed countries is projected to drop from about 18 percent in 2008 to less than 14 percent in 2050. Africa’s population, currently growing faster than any other major region, is projected to account for 21 percent of world popula-tion by 2050, up from just 9 percent in 1950.

SOURCE: UN Population Division, World Population Prospects: The 2006 Revision, Medium Variant (2007).

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India

China

Africa

Other less developed countries

More developed countries

Population (billions)

1950 1970 20101990 2030 2050

There Has Been Little Improvement in Maternal Mortality in Developing Countries.A maternal death related to pregnancy or childbirth is a rare event in more developed countries: Just 9 women died for every 100,000 births in these countries in 2005, according to new estimates from the World Health Organization, UNICEF, the UN Population Fund, and the World Bank. But the ratio of maternal deaths to births is shockingly high in sub-Saharan Africa and South Asia. Even more worrisome, there has been little improve-ment over the past 15 years in developing regions as a whole, despite concerted efforts to improve mothers’ health. Pub-lic health experts emphasize the importance of prenatal care and skilled medical assistance during childbirth, including the availability of emergency care to deal with complica-tions. Such health care is often lacking in countries with poor infrastructure and inadequate health facilities.

SOURCE: World Health Organiza-tion et al., Maternal Mortality in 2005 (2006; www.who.int, accessed May 1, 2008).

920

430

400

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9550

180

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Maternal deaths per 100,000 births

2005

1990

More developed countries

Latin America/Caribbean

East Asia

South Asia

Sub-Saharan Africa

Less developed countries

WORLD

20051990

United Nations Department of Economic and Social Affairs/Population Division 13 World Population to 2300

Figure 6. Estimated world population: 1950-2000, and projections: 2000-2300

Figure 7. Change in world population over 50-year periods, estimates and three scenarios: 1950-2300

9.0 8.8 8.5 8.5 9.1 8.9

6.1

2.5

36.4

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1950 2000 2050 2100 2150 2200 2250 2300

Popula

tion (billions)

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2250-2300

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2150-2200

2050-2100

2000-2050

1950-2000

50-year population change (billions)

High

Medium

Low

Estimates

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insostenibile), il raggiungimento di uno stato stazionario attorno ai 9miliardi di individui, e una graduale decrescita della popolazione fino araggiungere un valore di circa 2 miliardi. Se tutti i paesi seguiranno unpercorso di transizione demografica simile a quello sperimentato dallenazioni sviluppate, la popolazione mondiale nel 2300 si trovera’probabilmente ad un valore compreso tra quelli previsti dagli ultimi duescenari.Unaltroaspettodaconsiderarequandosiparladipopolazioneriguardalastrutturad’eta’degliindividuichelacompongono.Aquestopropositovieneutilizzatalacosiddetta“piramidedellapopolazione”,chelasuddivideperfasce d’eta’ ponendo le eta’ minori a base della piramide e le eta’ piùavanzateallasuasommita’.InFigura1.8sonorappresentatedellepiramidiche corrispondono alle diverse fasi della transizione demografica. Al suoinizio, quando i tassi di mortalita’ cadono e i tassi di crescita dellapopolazione diventano elevati, si ha una struttura fortemente concentratasulle fasce d’eta’ più giovane, i nuovi nati. Man mano che si procede neltempolegenerazionigiovanidiventanoanziane,allargandolapartepiùaltadella piramide; il successivo calo del tasso di fertilita’ tende alla fine aderodernelabase.Cio’èconfermatodalleattualipiramididellapopolazionediItaliaeCina,riportateinFigura1.9.Figura1.8Lepiramididellapopolazionelungolatransizionedemografica

Fonte:WikipediaFigura1.9PiramididellapopolazionediItaliaeCina

Fonte:WikipediaIl cambiamento della struttura della popolazione è di fondamentaleimportanza in termini di politiche nazionali: una massa di giovani

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presuppone decisioni decisamente diverse da quelle necessarie quando lamaggioranza della popolazione è anziana. In particolare si avrannoripercussioni sulla struttura del mercato del lavoro, sulla propensione alrisparmioesuimeccanismidisicurezzasociale,conparticolareriferimentoaquellipensionistici.In questa sezione sulla popolazione introduciamo brevemente altre duetematiche strettamente collegateadessa: il processodiurbanizzazionee ifenomenidimigrazione.Urbanizzazione. Una delle conseguenze più importanti dell’incrementodella popolazione negli ultimi secoli è stato un suo progressivoconcentramentoinzoneurbane.Nellateoriaeconomicadellosviluppocio’èsolitamentespiegatoconilgrandebalzoinavantidellaproduttivitàagricola,dovuta a nuove tecniche di coltivazione, migliore irrigazione dei campi,meccanizzazionedellavoro,miglioramentogeneticodellesementieutilizzodifertilizzanti.Quando la produttività agricola è bassa ogni famiglia è infatti costretta acoltivaredirettamenteiproprialimenti,chesonosufficientiunicamenteallasuasussistenza.Manmanochelaproduttivitàaumentasiformaunsurplusagricolosempremaggiore,chepuo’essereutilizzatodacolorochedecidonodi lasciare la terraper lavorare inuncentroabitato.Èquindi l’aumentodiproduttività che si verifica nel processo di coltivazione degli alimenti cheliberarisorseeuominidaicampi,permettendoadunapartedellasocietàdiconcentrarsi in altre attivita’ produttive, che usualmente trovano unambientepiufavorevoleneicentriabitati.Il processo di urbanizzazione ha avutomolteplici effetti positivi. In primoluogo è nelle cittá dove avviene solitamente l’innovazione tecnologica escientifica, la diffusione delle conoscenze e la divisione del lavoro. Inoltrel’alta’densitadellapopolazioneneicentriabitatipermetteunariduzionedeicostiprocapiteperlacostruzionedistradeeinfrastruttureelafornituradienergia. Allo stesso tempo tuttavia la concentrazione della popolazione inspazi ristretti causa una vasta gamma di problemi: denso inquinamento,sovraffollamento,povertàdiffusa.Il cambiamento strutturale dell’economia dal settore agricolo a quelloindustrialehaquindiincentivatounamassicciamigrazionedalleareeruralialle cittá, che si sonogradualmenteespanse finoadiventare inalcuni casidelle vere e proprie regioni contenentimilioni di persone. Se nel 1950 leunichecittáconpiùdi10milioniabitantieranoNewYorkeTokio,nel2007sono diventate 19, e nel 2025 saranno 27, lamaggior parte delle quali sitrovanoinpaesiancorainviadisviluppo2.A livello globale, il 2008 è stato l’anno del sorpasso della popolazioneurbana su quella rurale, come si evince dal grafico sottostante. In questomomentolameta’dellapopolazionemondialerisiedeinunacittá.

2PopulationDivision(2008)WorldUrbanizationProspects:The2007Revision

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2! United Nations Department of Economic and Social Affairs/Population Division

World Urbanization Prospects: The 2007 Revision

whereas just 44 per cent of those in the less developed regions did so. Urbanization is expected to continue

rising in both the more developed and the less developed regions so that, by 2050, urban dwellers will likely

account for 86 per cent of the population in the more developed regions and for 67 per cent of that in the less

developed regions. Overall, the world population is expected to be 70 per cent urban in 2050.

Today’s 3.4 billion urban dwellers are distributed unevenly among urban settlements of different size. In

discussing urbanization, the focus often is on large cities, cities whose populations are larger than those of

many countries. In 2007, 19 urban agglomerations qualified as megacities because they had at least 10 million

inhabitants. Despite their visibility and dynamism, megacities account for a small though increasing

proportion of the world urban population: nearly 9 per cent in 2007 and nearly 10 per cent in 2025. At the

same time, over half of the urban population lives and will continue to live in small urban centres with fewer

than half a million inhabitants. These and other key findings of the 2007 Revision are summarized below.

Key Findings of the 2007 Revision

1. During 2008, for the first time in history, the proportion of the population living in urban areas will

reach 50 per cent (figure I.1). While in the more developed regions, the proportion urban was already nearly

53 per cent in 1950, in the less developed regions the 50 per cent level will likely be reached around 2019

(figure I.2).

Figure I.1. Urban and rural populations of the world, 1950-2050

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tion (millions)

Urban population Rural population

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Figure I. Trends in the number of international migrants for the world and major development groups, 1960-2005

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1960 1965 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005

World More developed regions

More developed regions without USSR Less developed regions

Least developed countries

• These trends have resulted in a growing concentration of international migrants in developed

countries. In 1960, 57 per cent of all migrants lived in the less developed regions but by 2005,

just 37 per cent did so.

• In 2005, Europe was hosting the largest number of international migrants (64 million), followed

by Asia (53 million), Northern America (44 million), Africa (17 million), Latin America and the

Caribbean (close to 7 million) and Oceania (5 million). Relative to the total population,

international migrants constitute the largest share in Oceania (15 per cent) and Northern America

(13 per cent). In Europe, international migrants account for nearly 9 per cent of the total

population. By contrast, international migrants account for less than 2 per cent of the population

of Africa, Asia and Latin America and the Caribbean.

• Refugees are an important component of the migrant stock in some regions. In 2005, the

estimated number of refugees stood at 13.5 million and they accounted for 7 per cent of the

world’s migrant stock. However, they constituted almost 18 per cent of the number of

international migrants in Africa and 15 per cent of those in Asia. Particularly large populations of

refugees were present in Western Asia (4.7 million refugees) and in South-central Asia (2.3

million).

• The number of countries that host a significant number of migrants has increased during the

period. In 1960, 30 countries hosted more than 500,000 migrants each; the number of such

countries had increased to 64 by 2005. The United States is the largest recipient of international

migrants, with 38 million migrants in 2005. It is followed by the Russian Federation (12 million),

Germany (10 million), Ukraine, France and Saudi Arabia (with over 6 million international

migrants each).

Figura1.10Popolazioneurbanaeruralealivelloglobale(1950‐2050)Fonte:PopulationDivision(2008)Migrazione. I movimentimigratori delle popolazioni esistono dall’originedella specie umana, ma il grande miglioramento nel sistema di trasportointernazionale avvenuto a partire dalla Rivoluzione Industriale ha fatto inmodochenonsiamaistatofacilemuoversidaunaparteall’altradelmondocome nei giorni odierni. Nella figura 1.11 il trend crescente dei flussimigratori appare chiaro, nonostante una discreta parte dell’aumento siadovuta a nuove divisioni geografiche sopravvenute nel tempo, conparticolareriferimentoalladissoluzionedell’UnioneSovietica.Figura 1.11 Trends nel numero di migranti, globale e per area geografica (milioni diindividui)Fonte:PopulationDivision(2006)

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La scomposizione dei flussi per diverse regioni del mondo permette diosservare come la loro direzione negli ultimi decenni sia stataprevalentementedirettaversoipaesisviluppati.Se la migrazione ha delle forti potenzialita’ positive per l’intero sistemainternazionale, come la diffusione delle conoscenze e la creazione di unmondoglobalizzatoemultietnico,allostessotempodevonoessereaffrontatii numerosi risvolti problematici del fenomeno, che vanno dalla difficileintegrazionetraculturediverse,all’inserimentodegliimmigratinelmercatodel lavoroevitandosacchedipovertà,alcambiamentodellastrutturadellapopolazione.Le nazioni dell’est europeo, ad esempio, hanno un tasso di crescita dellapopolazione giá negativo e destinato ad aggravarsi a causa della forteemigrazione, e devono quindi far fronte ad una società fortementesbilanciataversoleclassidieta’piùavanzata.Come conclusione, nonostante la varieta’ delle considerazioni a cui si èaccennato in questo paragrafo, si possono delineare alcuni punti chiaveriguardoallapopolazionemondiale:

• Lapopolazionedelmondoècresciutaatassielevatiapartiredal18˚secolo fino ad ora, e con ogni probabilita’ continuera’ a farlo neiprossimidecenni.LeprevisionidelleNazioniUniteindicanocheperil2050lapopolazionemondialesiaggirera’attornoai9‐10miliardidiindividui.

• Lamaggior parte della crescita avviene ed avverra’ nelle regioni inviadisviluppo.Alcontrario, ipaesisviluppatisperimentanogiáorauntassodicrescitadellapopolazioneprossimoallozero.

• Sembra essere verificata la tendenza dei tassi di crescita dellapopolazione a diminuire una volta raggiunto un certo livello disviluppo, a confermadella teoriadella transizionedemografica.Nellungo periodo questo significa la prospettiva di un futuro livellostazionario della popolazione, o di un picco dimassimo seguito daunadecrescita.

• La transizione demografica porta ad un generale invecchiamentodella popolazione, fenomeno che deve essere affrontato sottomoltepliciaspetti,einparticolarequellodeimeccanismidisicurezzasociale.

• L’aumentodellapopolazioneelacreazionediunsurplusagricolohafavoritolaconcentrazionedigrandimasseincentriabitati,fenomenoche ha effetti sia positivi che negativi, e per questo deve esseregestitoattentamente.

• Similmente le nuove tecniche di trasporto hanno facilitato lamigrazione di individui tra diverse aree del mondo, causando allostessotempoopportunita’esfidedaaffrontare

Le questioni legate alla popolazione e alla sua crescita hanno stimolatopreoccupazionieteorieapartiredall’antichita’finoaigiorninostri.Tuttaviamailasocietàumanasiètrovatanellasituazionechesiregistraoggi,maiil

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numerodiindividuiharaggiuntovaloritantoelevati:questofenomenodevepiùchemaioggiesserestudiato,analizzatoegestito.Inparticolaredifficilieambigue da affrontare sono le relazioni tra la popolazione umana el’ambiente che la supporta. Qual è la popolazione ottimale per il pianeta?Saremo in grado di raggiungerla e mantenerla prima di degradareirrimediabilmenterisorseeambiente?Checosabisognafareperevitareuneventualecollasso?Iproblemidisostenibilitàsonolegatisemplicementealnumerodiindividuiopiuttostoalsistemaattualediproduzioneeconsumo?Ilnostrosistemasipuo’definiresostenibile?1.2Reddito,consumo,disuguaglianzaepovertàContemporaneamente alla crescita della popolazione si è avutaun’esplosionenelredditoprocapitealivellomondiale.Lafigurasottostanteriporta l’andamento del GDP (Gross Domestic Product – Prodotto InternoLordo)totaleediquelloprocapitenegliultimiduemilaanni.Figura1.12EvoluzionedelGDPglobaleeprocapite

Fonte:CommissiononGrowthandDevelopment(2008)Sipuo’notare lasomiglianzatra lacurvaesponenzialedelredditoequelladellapopolazione.AlcontrariodiquantoteorizzatodaMalthus,validosoloaspiegare imeccanismiprecedenti allaRivoluzione Industriale, l’incrementodellapopolazionenonèstatoostacolatodalladisponibilita’dellerisorse,maanzièstatoaccompagnatodaunloroaumentoaltrettantoimpressionante.L’innovazionetecnologicahapermessoaiprocessiproduttividisvilupparsie diversificarsi, offrendo ai consumatori una sempremaggiore quantita’ evarieta’ di beni e servizi. I grafici in figura 1.13mostrano l’andamento dialcunevariabiliritenutesignificativeamostrarecomeilconsumoglobaleeprocapite sia enormemente aumentato negli ultimi decenni. Questofenomeno ha permesso ad una buona parte dell’umanita’ di godere dimiglioricondizionidivita,diaveredisponibilita’generalizzatadielettricita’e altre forme di energia, di avere accesso a mezzi di trasporto veloce, dipoter comunicare a distanza con sempre maggiore facilita’, di avere a

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disposizione un’ampia gamma di alimenti senza che ci sia la necessita’ dicoltivarli direttamente, di curare malattie fino a poco tempo fa mortali edisabilitanti.Figura1.13AndamentodialcunevariabilirilevantiFonte:NewScientist(2008)Ilmondo,inparticolareapartiredallafinedellasecondaguerramondiale,èstato “invaso” dalla ricchezza. A cosa è dovuto questo fenomeno? Comeabbiamodetto,unruoloprimarioèstatosvoltodall’innovazionetecnologicache ha permesso un forte aumento della produttività. Ma il progressotecnicononèl’unicofattorechespiegalanostracrescita.Inparticolarelagrandeinterdipendenzaeconomicachesièvenutaacrearenegli ultimi decenni sembra aver avuto un’importanza fondamentale nelpermettere l’aumento della ricchezza. Il processo di globalizzazione incorso ormai da 60 anni, processo per cui gli stati nazionali hannogradualmenteapertolelorofrontiereamerci,capitali,personeeconoscenzeprovenienti da altri luoghi, ha senza dubbio alimentato la diffusione dellaricchezza.Poche tematiche hanno suscitato dibattiti come quelli che si sono accesinello spiegare, interpretare e valutare il processo di “avvicinamento” dieconomie e società distanti tra loro in termini geografici, Non è questa lasede per discutere dei molteplici aspetti (positivi e negativi) dellaglobalizzazione attuale, ne’ risulta possibile offrire una rappresentazionedettagliatadelvivaceconfrontodiopinionichelariguarda;ci limitiamoadosservarecomeilprocessodiglobalizzazioneabbiaoffertoallecomunita’dituttoilmondolapossibilita’diampliarelaproprialiberta’disceltariguardoallostiledivitaediconsumo.Si veda ad esempio l’evoluzione delcommercio internazionale. In figura1.14èriportato ilvaloredelleesportazioniglobalinelperiodo1975‐2005,che segue chiaramenteun trend crescente, cosi’ come la percentualedelle

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152 The Growth Report: Strategies for Sustained Growth and Inclusive Development

6.8 International Trade

Since WWII, international trade has grown faster than global GDP. This is illustrated in the three graphs below.

6.8.1 Evolution of World Exports and the Share of Developing Countries, 1975–2005

World exports grew from less than 20 percent of global GDP in 1975 to 30 percent in 2005. The share of developing countries in global exports increased from about 22 percent to about 28 percent. The increase came after a sharp decline in the mid-1980s when the oil price dropped to about US$10/bbl by about 1986. In constant United States dollar terms, the share of developing countries’ exports appear more stable.

Source: World Bank, World Development Indicators 2007.

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world exports of goods and services

share of global GDP developing countries’exports of goods andservices

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Developing countries’ share ofworld exports, constant US$

developing countries’exports of goods andservices

share of developingcountries’ exports in the world exports

esportazionisulprodottoglobale.Questoandamentositraducenellarealta’quotidiana in una disponibilita’ generalizzata di tessuti cinesi, tecnologiagiapponese, automobili tedesche, kiwi neozelandesi, grano etiope, ramecileno, film americani ed una varieta’ sterminata di altri beni e servizi daognipartedelmondo.Figura1.14Esportazionimondialieshareesportazioni/GDPFonte:CommissiononGrowthandDevelopment(2008)Naturalmente non solo benefici derivano dall’aumento del commercio. Adesempio laspecializzazioneproduttiva, fenomenoconseguenteall’aperturacommercialepercuiipaesitendonoaspecializzarsiinunagammaristrettadiprodottipercuigodonodiunvantaggiocomparato,puófacilmenteesseredeleterio per alcune economie, specialmente quelle poco sviluppate. Cuba,per citare un esempio, durante gli anni 70 e 80 si era fortementespecializzata nella produzione di zucchero, che veniva comprato ad unottimo prezzo dai loro alleati sovietici. Cambiate le condizioni esterne –ovverocrollatal’UnioneSovietica–ilpaesesièritrovatoinunadrammaticacrisi economica, da cui è riuscita ad uscire solo grazie ad unadiversificazionedellapropriaproduzione.Ipaesicheconcentranoilpropriosistema economico sull’estrazione di una risorsa prima abbondante cheviene esportata (come il Venezuela con il petrolio o i paesi africani con lerisorse minerarie) rimangono fortemente dipendenti dalla volatilita’ deiprezzisuimercatiinternazionali.Inoltrec’èchisostienechepotermangiarefruttafuoristagione(sempreperfare un esempio) sia un ampliamento della liberta’ di scelta irrilevanterispetto ai danni provocati, che vanno dall’abbandono delle coltivazionidomestiche con conseguente disoccupazione al grave inquinamentoprodottopertrasportarelemerci.Un discorso simile si puó fare per il movimento internazionale deicapitali.Lacreazionediun’unicagrandeeconomiaglobalizzatahafacilitatol’impiegodi capitali in investimenti lontanodalpaesediprovenienza.Essipossono assumere diverse forme: un investitore italiano puó decidere dicreare un’impresa all’estero, acquistare una partecipazione in un’impresastraniera giá esistente, comprare titoli di debito di una certa nazione, ocercare profitti speculando su una valuta estera.Nel complessopanorama

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158 The Growth Report: Strategies for Sustained Growth and Inclusive Development

6.11 Private Capital Flows to Developing Countries

Since the mid-1990s, private capital fl ows to developing countries have declined and developing countries now are net savers. The exception is FDI, whose role in recent years has increased, in both absolute and relative terms. This is illustrated in the fi gures below.

6.11.1 FDI Infl ows to Developing Countries, 1980–2005

The infl ows of FDI to developing countries are highly concentrated, with Latin America and China being the major recipients in the last 10 years. In aggregate terms, FDI to developing countries has been volatile. Between the mid-1990s and the early 2000s, infl ows declined from 35 percent of total world FDI to 10 percent. FDI infl ows have now recovered and are hovering around 30 percent of the world total.

Source: World Bank, World Development Indicators 2007.

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dei movimenti internazionali di capitale risulta difficile distinguere uninvestimento“giusto”dauno“sbagliato”.Quello che è certo è che la disponibilitá di capitali stranieri ha più volteconsentitoun’accelerazionedeitassidicrescitadipaesiinviadisviluppo.Sesiconsideraun’economiapovera, incui i tassidirisparmiosonocosíbassida non consentire un adeguato piano d’investimento, la possibilitá diattrarrecapitalistranieridiventafondamentale.E’ altrettanto certo tuttavia come in determinate occasioni l’aperturafinanziariaaicapitaliesteri,senonregolataadeguatamente,possageneraregrandi problemi. Secondo molte interpretazioni la gravita’ delle crisi delSud‐Est asiatico nel 1997 e dell’Argentina nel 2001 è stata determinataproprio dal fatto che i capitali esteri, lasciati liberi di muoversi, sianoletteralmente scappati in massa ai primi accenni di crisi economica,amplificandoenormementeisuoieffettisuipaesioggettod’investimento.Lafigura1.15riportal’andamentodegliinvestimentidirettiesterineipaesiinviadisviluppoapartiredal1980.Siosservacome,nonostanteunalieveflessionenelperiodo2000‐2003,illorovaloresiaincostanteascesa.Figura1.15InvestimentidirettiesterineipaesiinviadisviluppoFonte:CommissiononGrowthandDevelopment(2008)Riassumendo, diversi fattori interconnessi – progresso tecnologico,globalizzazione,commercioemovimentodicapitali–hannopermessounafortecrescitaglobaleinterminidiredditoedunnettomiglioramentodellecondizionidivita.Tuttavia,nonostantequestoprogressosipossacertamentedefinireglobale,lediverseregionidelmondohannoregistratoneltempotassidicrescitadelreddito molto differenti. Ciò ha creato di conseguenza una fortedisuguaglianza internazionale. Si considerino questi dati pubblicati nel20063:ilredditoprocapitemediodegliStatiUnitisiaggiraattornoai42,000

3IdatisonotrattidalloHumanDevelopmentReportdiquell’anno,esonoaggiustatipertenerecontodelladifferenzanelpotered’acquistotraidiversipaesi(dollariPPP).

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dollari,quelloitalianoattornoai28,000dollari,quellodelbrasileagli8,000,quellodell’Etiopiaai1,000.Questa“grandedivergenza”èdovutaalladiversatempisticaconcuisisonosviluppate le diverse aree del mondo. Come si può osservare dalla figura1.16EuropaeStatiUnitihannobeneficiatodiunforteaumentodelredditoprocapite fin dall’inizio del 19˚ secolo, mentre i paesi di Africa, Asia eAmericaLatinahannofaticatomoltodipiùacrescere.Ladivergenzaèsenzadubbio imputabileancheal sistemacoloniale, cadutosolodopo lasecondaguerramondiale,chesibasavasullosfruttamentomassicciodellerisorseedellapopolazionedelle colonie, conbeneficioquasi esclusivodellenazionioccidentali.Figura1.16Divergenzaneilivellidiredditoprocapite(1820‐1998)Fonte:Galor(2004)Questa divergenza tra regioni delmondo ha prodotto la creazione di duegrandi “blocchi”: un gruppo di paesi fortemente industrializzati e conreddito alto (USA, Europa occidentale, Giappone, Australia) e l’enormegruppo dei “paesi in via di sviluppo” che, nonostante le differenzegeografiche,eranoaccomunatidabassiredditiepovertàdiffusa.Negli ultimi decenni questo trend pare tuttavia essersi invertito, almenoparzialmente.Èinfattiargomentonotoaipiùiltassodicrescitaaltissimodiun gruppo di paesi in via di sviluppo, in particolare dei BRICs (Brasile,Russia, India e Cina) e del Sud‐Est asiatico, che si contrappone a quellomoltopiùmodestoottenutodaipaesi sviluppati. Senegliultimi10anni laCinaha avutoun tassodi crescitamediodell’8%annuo, i paesi europei sisonoattestatiormaidamoltianniadunavalorechesiaggiraattornoall’1o2%annuo.Lacrescitaglobalecontinuera’percio’anchenel futuroprossimo,nonsoloperché la popolazione con ogni probabilita’ non si arrestera’ prima diqualchedecennio,maancheperchéilredditodeipaesiinviadisviluppostacrescendoaritmiveloci,trainandoilrestodelpianeta.

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Stiamoquindiassistendoadunprocessodiconvergenza,termineconcuisiidentifical’avvicinamentodeipaesipiùpoveriaitenoridivitadeipaesipiùricchi. La tecnica solitamente utilizzata per verificare la convergenzaconsiste nel regredire i tassi di crescita di vari paesi in un intervallotemporalesulvaloredellororedditoall’iniziodelperiodo.Selarelazionehasegno negativo significa che chi all’inizio era più povero è cresciuto piùvelocemente di chi era più ricco. Varie stime della BancaMondiale e altrigruppidiricercasembranoconfermareilfenomeno.Ed effettivamente si puo’ affermare con buona approssimazione che il 21˚secolo sara’ il secolodell’Asia, che sorgera’ comenuovo centro economicomondiale. Cosi’ comeapartiredalla finedella secondaguerramondiale laleadershipeconomicaèpassatadallaGranBretagnaagliStatiUnitiduranteilprossimosecolosara’probabilmentel’Asialanuovapotenza,nelsensochein Asia si concentrera’ piu dellameta del prodotto globale. Se nel 1950 ilprodottointernolordoasiaticorappresentavasoloil18%diquelloglobale,talepercentualeèpassataal38%nel2000eraggiungera’, secondoalcuneproiezioni4,il54%nel2050.Nonostanteiprogressiosservatiesistonotuttaviaancoradiverseregionidelmondo che ancora faticano a svilupparsi, e dove ancora resistono larghesacche di povertà. Il concetto di povertà è spesso di difficile definizione,avendospessoipaesimodidifferentidimisurarla.AlivellointernazionaleèspessoutilizzataladefinizionedellaBancaMondiale,chestabiliscelasogliadi povertà ad un reddito di 1 o 2 dollari Usa al giorno, e attraverso cui èpossibile comparare secondo uno standard comune i livelli di povertà inregionidiverse.Attualmentecirca1miliardodipersonevivonoconmenodiundollaroalgiorno.Sesiutilizzainvecelasogliadeiduedollariovviamenteinumeriaumentano.Se la percentuale di poveri sulla popolazione totale è in declino nellamaggiorpartedelle regioni riportate in figura1.17,altrettantononsipuo’direperilnumeroassolutodipersonechevivonoinpovertà,conl’eccezionedella Cina. È quindi evidente come il declino della percentuale sia dovutosoprattuttoallacontemporaneacrescitadellapopolazionetotale.Nelleregionipoverel’alimentazioneèinsufficienteasoddisfareifabbisogninutrizionali della popolazione, l’accesso all’acqua potabile è fortementelimitatoespessononesistonoiservizidisanita’dibase,cosacheimpediscedicombattereefficacemente ladiffusionedimalattie infettive,alcunedellequalirappresentanosolounvecchioricordoneipaesiindustrializzati.C’è da osservare inoltre come i paesi poveri siano spesso quelli con imaggioritassidicrescitadellapopolazione(chenonaiutanoamigliorarelasituazione), quelli più instabili politicamente e inclini ai conflitti armati,oltrechequellichepeggiogestisconoilfortedegradoambientale.

4ProiezioniriportateinSachs(2008)

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Figura 1.17 Povertá nei paesi in via di sviluppo (termini assoluti e % della popolazionetotale)

Fonte:CommissiononGrowthandDevelopment(2008)Negli ultimi anni si è diffuso nella comunita’ internazionale il concetto ditrappoladellapovertà. L’ideaècheperusciredallapovertàsia inprimoluogonecessarioavereaccessoalletecnichechepermettonodimigliorarelaproduttività agricola ed industriale. Le tecnologie devono peró essereacquistate,mentre i poveri non sono in gradodi risparmiare a sufficienza(dato il basso reddito sufficiente unicamente a sopravvivere) e nemmenohanno facile accesso al credito. Questamancanza di risparmi da investire“intrappola” i poveri, negandogli la possibilita’ di migliorare la propriasituazione.JeffreySachs,notoeconomistaedirettoredelloUnitedNationsMillenniumProjectfinoal2006,èstatomoltoattivodurantegliultimianninelproporrecome soluzione un massiccio aumento dell’aiuto economico da parte delmondosviluppato.Segliaiuti,temporanei,raggiungesserounamassacriticasufficiente,essipotrebberosostituirsiairisparmiprivati,chenoncisono,epermettereun’uscitadallatrappola,inquestomodo:

Statistical Appendix 125

Source: Development Economics Research Group, World Bank.

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Aiutotemporaneoaumentodellaproduttivitàaumentodelredditoaumentodeirisparmiaumentodegliinvestimentiulteriorecrescita.Lagrandepovertàcheaffliggeancoravasteareedelpianetaèresaancorapiùinsopportabiledallaprofondadisuguaglianzacheancoracaratterizzaladistribuzioneglobaledelreddito.Senel1820lanazionepiuriccadell’epoca(GranBretagna)avevaunredditoprocapitemediocirca3voltepiugrandedellaregionepiupovera(AfricaSub‐sahariana)nel2005laproporzionetraregionepiùricca(USA)eregionepiùpovera(sempreAfricaSub‐sahariana)èpassatoadessere20a1.Nella figura1.18è invecerappresentata ladistribuzioneglobale in terminidiconsumo.Comesipuovedereil10%piùriccodellapopolazioneconsumail59%delprodottoglobale,piùdelrestante90%nelsuoinsieme.Figura1.18Distribuzioneglobaledelconsumo

Fonte:WorldDevelopmentIndicatorsAncheinquestocasosipossonoevidenziarealcunipuntichiave:

• Apartiredal19˚secololapopolazioneumananelsuocomplessohasperimentatounforteincrementodelproprioredditoedellepropriepossibilita’ di consumo. Si è avuto un generalemiglioramento deglistandarddivitatrainatodalleinnovazioninelcampodellamedicina,dellatecnologia,deltrasportoedellacomunicazione,chehannodatoviaadunprocesso“virtuoso”dicrescitaeprogresso.

• Il processo di globalizzazione ha alimentato la crescita, tramite unforte aumento degli scambi commerciali e dei movimentiinternazionali dei capitali. La globalizzazione ha avuto allo stessotempodeglieffettiambiguiperipaesiinviadisviluppo,cheinalcunicasisisonotramutatiindipendenzaeconomicaeforticrisi.

• La crescita della ricchezza, pur essendo un fenomeno diffusoglobalmente, è stata tuttavia distribuita in maniera fortementediseguale.Sealcuneregionidelmondohannoraggiuntovelocementealtilivellidireddito,mantenendolitaliperdecenni,altrezonehannoimboccatoilloropercorsodicrescitasolorecentemente,nonostanteattualmenteesibiscanotassidicrescitaspessoprossimialleduecifre.

• Come conseguenza le possibilita’ di consumo sono moltodifferenziatetra levarieregionidelpianeta. Inalcunicasi i livellidi

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reddito sono talmente bassi da cadere nella povertà. Ancora 1miliardo di persone vivono attualmente con meno di 1 dollaro algiorno. Tale diffusione della povertà, oltre ad essere moralmenteinaccettabile, crea diverse situazioni di insostenibilitá legate allacrescitadellapopolazione,usodellerisorseedegradoambientale.

1.3Lerisorse:energia,acqua,ciboIl tema delle risorse è probabilmente il più complesso da presentare,considerata l’enorme varieta di risorse che sono necessarie alla specieumana per il proprio sostentamento e per il continuo miglioramento delpropriobenessere.Tuttoquellochevieneprodottoeconsumatotrovalesueradiciinunabasemateriale. Ilcibovienecoltivatosulla terra, le industrieproduconobenieserviziutilizzandomaterieprimeestrattedallacrostaterrestre,iltrasportoè resopossibiledal petrolio eda altri combustibili fossili, le nostre stradesono illuminate dall’energia elettrica prodotta in centrali, le nostre caseriscaldate.Maalivelloancorapiùbasicolanostrasocietanonpotrebbedeltuttoesisteresenzaattingereinmodointensoecontinuativoall’atmosfera,all’energiaoffertadal sole, all’acquadegli oceani edei corsid’acquadolce,allepianteeforeste,allespecieanimalidiversedall’uomo.Lanostrainteravitasibasasull’utilizzodirisorseemateriali,nellorostatonaturaleogiámodificatidall’attivita’umana.Perognunodiqueste risorsevalgonoconsiderazionispecifiche,relativealle lorocaratteristichenaturali,capacita’ d’utilizzazione e potenzialita’ produttive. In questo capitolettocercheremoquindidioffrireun’analisidettagliatadellequestionilegateallevarie risorseoffrendoallo stesso tempounapanoramicageneraledi comel’uomointervienesullanatura.Propriocomeabbiamovistoperlapopolazionee ilredditoancheitassidiutilizzo di numerose risorsemostrano negli ultimi due secoli una crescitaesponenziale.Questonondovrebbestupireaffatto:daunaparteècresciutala popolazione e quindi l’impatto complessivo della specie umana sullerisorse,dall’altrasièavutounaumentodelredditoprocapitechesignificamaggiore“peso”individuale.Dalla Rivoluzione Industriale in poi le quantita’ di risorse estratte sonoaumentateadunritmosostenuto,chehaacceleratoancoradipiùapartiredal 1950, con la fine della guerra e la creazione di un unico mercatointernazionaleeglobalizzato,continuandofinoaigiorninostri.Alcunidatipossonoessererappresentativi.Laproduzioneglobaledicerealièpassatadacirca1milioneditonnellatenel1965alle2.2milionidel2005,raddoppiandopercio’nell’arcodi40anni.Ilconsumodicartae’passatoda77milioniditonnellatenel1961ai352milioniattuali.Ilpetrolioestratto,1miliardoemezzoditonnellatenel1965,ammontaoraaquasi4miliardiditonnellate. Il consumo di carne è quadruplicato nel periodo 1965‐2002

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arrivandoa246milioniditonnellatealivelloglobale.Dal1990ilconsumodielettricita’èpassatodagli11ai18milionidigigawatt/ora5.Queste cifre confermano la crescente pressione della societa umana sulpianeta e sulle sue risorse. Per una buona comprensione occorre tuttaviaeffettuaredelledistinzionitralediverserisorse.Inprimaapprossimazioneessepossonoesseresuddivisein:

• Risorserinnovabili.Unarisorsasidicerinnovabileseèsoggettaadunprocessodirigenerazioneneltempo.Risorserinnovabilisonoadesempio le foreste e il suolo, cosi’ come le specie animali, l’energiasolareedeolicaealtreancora.Ilfattocheunarisorsasiarinnovabilenon significa peró che essa non possa diminuire ed esaurirsi: se iltasso di sfruttamento della risorsa è più alto del suo tasso dirigenerazionelaconclusioneinevitabileèlasuascomparsa.

• Risorsenonrinnovabili.Essesonopresentisulpianetainquantita’fisse,anchesespessononconosciuteconprecisione.Anchelerisorsenon rinnovabili sono soggette a cicli di rigenerazione, ma essiavvengonosuscaletemporalididuratageologicaetalirisorsesonoquindi considerate come uno stock fisso da parte dell’uomo. Ilpetrolio, il gas e il carbone, ancora oggi le predominanti forme dienergia, sono risorse non rinnovabili, ed ogni loro sfruttamentocomportapercio’unariduzionepermanentedellaloroquantita’.

Nel seguito del capitoletto separeremo la presentazione e l’analisi dellerisorse,perevidenziare lequestionispecifiche legateadognunadiesse. Inparticolare ci concentreremo su quelle attualmente più rilevanti per lanostrasocietà:energia,acquaecibo.EnergiaL’intera struttura del nostro sistema sociale ed economico si basasull’utilizzo di energia. I sistemi e le reti di produzione e distribuzione dimerci non esisterebbero se non fossero massicciamente alimentati darisorseenergetichedidiversotipo.Nella figura 1.19 la domanda globale di energia viene suddivisa tra lediverse fonti. La più importante fonte di energia continua ad essere ilpetrolio,seguitadacarboneegasnaturale.Ilgraficoesplicitachiaramentelaforte dipendenza da fonti di energia non rinnovabile: la percentuale dicombustibili fossili sul totale è dell’81%. Il rimanente è spartito trabiomasse,nucleareealtrefontidienergiarinnovabile.Lamaggiorpartedeiproblemi legati all’usodei combustibili fossili risiedeproprio nella loro finitezza. Petrolio, gas e carbone sono materiali che sisono formati all’interno della crosta terrestre tramite processi duraticentinaiadimilionidianni,edèpercio’sensatoconsiderarlicomeunostockfinitodirisorse.5 I dati riportati provengono dal sito web www.earthtrend.wri.org, gestito dal WorldResourcesInstitute.

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Figura1.19Domandaglobaledienergiaprimariaperfonte(2005)

Fonte:FAO(2008)sudatidell’InternationalEnergyAgencySul pianeta ciascuna risorsa è presente solo in una quantita limitata e,considerata la loro importanza fondamentaleperassicurarebenessereallepropriepopolazioni,ègiustificabilelapreoccupazionedeigoverninazionalinelmantenereunaccessocostanteatalirisorse.Ilpetroliorivestesenzadubbioilruolodimaggioreimportanzatralefontienergetiche. Si tratta di un materiale dalla resa energetica alta, moltoflessibileemanipolabile,faciledaestrarre,trasportareeimmagazzinare.Gliultimiduesecolihannovisto ilpetroliocomebasematerialefondamentaleper lo sviluppo economico; attualmente senza il petrolio non sarebbepossibilecio’chenoichiamiamomondocivilizzato,eilnostrointerosistemaeconomicoesocialesifondasudiesso.Laprincipalequestionechedaalcunidecenniangosciagovernanti,scienziatiestudiosidituttoilmondoè:quantopetrolioèrimastodaestrarre?Le stime riguardanti le riserve di petrolio (e di tutte le altre risorse) nonsempresonoattendibili.Idativengonoraccoltidapocheagenzie,chealorovoltafannospessoaffidamentosuidati lorofornitidaisingolipaesi, iqualihannolatendenzaamodificarelestimeasecondadeipropriinteressi.Traleprincipalifontidiinformazionivalelapenacitarel’IEA(InternationalEnergy Agency, pubblica ogni anno un rapporto intitolato World EnergyOutlook), l’EIA (Energy Information Agency, del governo americano,pubblicaogniannol’InternationalEnergyOutlook)el’ASPO(AssociationfortheStudyofPeakOil&Gas).Levalutazionioffertedalleprimedueagenzietendonospessoa sovrastimare le riservedi risorseper imotivi accennati,mentreidatidell’Aspo,costituitadascienziati indipendentiepercio’menosoggettiapressioni,sisonosolitamenterivelatipiùaccurati.In base ai vari studi si puo’ con una buona approssimazione calcolare laquantita’dipetrolioestrattafinoadora(cheequivarrebbea900miliardidibarili6) e quella che ancora giace nelle riserve sotterranee, che siaggirerebbeattornoai1000miliardidibarili7.Abbiamoquindiconsumatofinoadoraall’incircameta’delpetrolioesistente.

6Ilbarile,unitadimisuradelpetrolio,equivalea42galloni,ovverocirca158litri.7QuesteedaltrestimerelativeaipicchidiproduzionepresentinelleprossimepaginesonotrattedaZeccaeZulberti(2007)

T H E S T A T E O F F O O D A N D A G R I C U L T U R E 2 0 0 84

relatively small part of the overall energy market. The world’s total primary energy demand amounts to about 11 400 million tonnes of oil equivalent (Mtoe) per year (IEA, 2007); biomass, including agricultural and forest products and organic wastes and residues, accounts for 10 percent of this total (Figure 1). Fossil fuels are by far the dominant source of primary energy in the world, with oil, coal and gas together supplying more than 80 percent of the total.

Renewable energy sources represent around 13 percent of total primary energy supply, with biomass dominating the renewable sector. The sources of primary energy differ markedly across regions (Figure 2). In some developing countries, as much as 90 percent of the total energy consumption is supplied by biomass. Solid biofuels such as fuelwood, charcoal and animal dung constitute by far the largest segment of the bioenergy sector, representing a full 99 percent of all biofuels. For millennia, humans have depended on the use of biomass for heating and cooking, and developing countries in Africa and Asia remain heavily dependent on these traditional uses of biomass. Liquid biofuels play a much more limited role in global energy supply and account for only 1.9 percent of total bioenergy. Their significance lies mainly in the transport

sector, but even here they supplied only 0.9 percent of total transport fuel consumption in 2005, up from 0.4 percent in 1990.

In recent years, however, liquid biofuels have grown rapidly in terms of volume and of share of global demand for transport energy. The growth is projected to continue, as illustrated by Figure 3, which shows historical trends as well as projections to 2015 and 2030, as reported in the World Energy Outlook 2007 (IEA, 2007).1 Nevertheless, the contribution of liquid biofuels to transport energy and, even more so, to global energy use, will remain limited. Global primary energy demand is, and will remain, overwhelmingly dominated by fossil fuels – with coal, oil and gas currently accounting for 81 percent of the total. This share is forecast at 82 percent in 2030, with coal increasing its share at the expense of oil. Biomass and waste products currently cover 10 percent of global primary energy demand, a share that is forecast to decline slightly to 9 percent by 2030. By the same year, liquid

1 The projection refers to the IEA’s so-called “Reference Scenario”, which “is designed to show the outcome, on given assumptions about economic growth, population, energy prices and technology, if nothing more is done by governments to change underlying energy trends”. The projections and underlying assumptions are discussed in Chapter 4.

Source: IEA, 2007.

FIGURE 1World primary energy demand by source, 2005

1% Other renewables

2% Hydro

6% Nuclear

10% Biomass and waste

21% Gas

25% Coal

35% Oil

28

Nel1956 il geofisico americanoMarionKingHubbertproposeunmodelloche cercava di studiare l’andamento nel tempo dell’utilizzo di una risorsanon rinnovabile. Tale teoria, nota come teoria del picco di Hubbert,prevede nel primo periodo una forte crescita dell’utilizzo della risorsadovuta alla sua iniziale abbondanza e alla sua facilita’ d’estrazione. Manmano che i giacimenti più accessibili si esauriscono sono necessariinvestimenti sempremaggiori per estrarre la risorsa. Questo porta ad unrallentamentodellacrescitaeinfineadunpiccodiproduzione,inseguitoalqualel’utilizzononpuo’farealtrochediminuire.Tale teoria, applicabile a qualunque risorsa dalle quantita finite, assumeparticolare rilevanza per quanto riguarda la produzione petrolifera. Laforma a campana della curva di Hubbert è mostrata in figura 1.20, doveviene riportato l’andamento della produzione di petrolio USA, che ha giátoccatoilsuopiccoduranteglianni70.Figura1.20ProduzionedipetrolionegliUsa(barilialgiornox1000)

Fonte:EnergyInformationAgencyQuandoèprevisto il raggiungimentodel piccodellaproduzione globaledipetrolio?Larispostadipendenonsolodallaquantitadelleriservemaanchedalle ipotesi sul consumo futuro. Il World Energy Outlook del 2008 hapresentatoilgraficoriportatoinfigura1.21comescenario“medio”.Sivedebene come non sia prevista alcuna diminuzione nella domanda dicombustibili fossili, ma al contrario un loro sostenuto incremento. Ladomandasiespandera’del45%daoggial2030,eilcarbonerappresentera’1/3dellacrescitatotale.In base a queste ed altre stime si prevede che il picco di produzionepetroliferaverra’raggiuntotrail2015eil2020.Per quanto riguarda il gas naturale, la quantita’ giá estratta si aggiraattorno ai 450 gboe8 mentre le riserve sono stimate in circa 1600‐1800gboe.Ilpiccodellaproduzionedigassitroverebbetrail2025eil2030.8Miliardidibariliinpetrolioequivalente.

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Figura1.21Evoluzionedelladomandadienergiaprimaria(Mtoe9)

Fonte:IEA(2008)Il carbone è un’altra fonte di energia fondamentale, fortemente utilizzatanei secoli passati e poi passata in secondo piano dopo la diffusione delpetrolio.Adettadimoltiosservatoripotrebberitornareinaugeinunfuturoprossimo,unavoltacheilpetroliosara’prossimoall’esaurimento.Ancheperil carbone tuttavia è previsto un picco produttivo, da qualche parte tra il2030e il 2050. Il carbone inoltre èun combustibile altamente inquinante,moltopiùdigasepetrolio.Sull’energiacisonopoidafarefondamentaliconsiderazionicheriguardanolasferadellageopolitica.Lerisorsenonsonodistribuiteinmodouniformesul pianeta, concentrandosi piuttosto in aree geografiche ristrette, il cuipossessoèstatoattribuitodallastoriaadalcunenazionipiuttostochealtre.Attualmentelemaggioririservedipetroliositrovanoneipaesiarabi(Iran,Iraq, Kuwait, Arabia Saudita), in Russia e Kazakistan, in Venezuela e inalcune regioni africane. I maggiori produttori mondiali sono da alcunidecenniriunitiinuncartellointernazionaledenominatoOPEC(Organizationof the Petroleum Exporting Countries). Considerando che le zone dimaggioreconsumosonoinvecealtre(gliUSAdasoli,conmenodel5%dellapopolazione mondiale, consumano il 24% della produzione totale dipetrolio;l’Europanelsuocomplessoarrivaacifresimili;laCinaal10%10),sipuo’ capire come l’accesso alle fonti di energia sia una variabiledeterminanteperlacondottadipoliticaesteradituttelenazioni.Numerosi argomenti attuali di geopolitica sono legati al possesso delleriservedipetrolio,eattornoadessosigiocanopartitedigrandeimportanza.Lamaggiorpartedei conflitti armatidegliultimianni si sonosvolti con la

9 Milioni di tonnellate in petrolio equivalente, misura utilizzata per confrontare fonti dienergiadiverse.10IdatisulconsumodipetrolioegassonotrattidallaStatisticalReviewdellaBPdelgiugno2008

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questionedelpetroliocomesottofondo,nonultimo l’invasionedell’IraqdapartedegliUSA.Un altro esempio recente riguarda la regione artica. Ultimamente loscioglimento dei ghiacci ha permesso maggiori possibilita’ di studiare ilterritorio. È molto probabile che i giacimenti artici di petrolio, ancorainutilizzati, siano molto consistenti. Queste ipotesi hanno scatenato negliultimi anni una “corsa all’artico”, che ha visto i paesi che vi si affaccianocompetere nello studio delle piattaforme continentali, allo scopo dirivendicare la propria sovranita’ sui giacimenti. Nel clamore mediatico irussisonoarrivatiadepositaresul fondalearticounabandieradititanioapiùdi4000metridiprofondita’.LeriservedigassonoinvececoncentratetrailMedioOrienteelaRussia,chedasolanepossiedeil25%deltotale.Laquestionedelgasèparticolarmentesentita in Europa, data la forte dipendenza del continente dal gasproveniente dalla Russia, che provoca spesso tensioni di diverso tipo. Perquantoriguardailgasesisteunproblemaaggiuntivolegatoalsuotrasporto,chepuo’avveniresoloattraversogasdotti(ilcuipassaggioinalcuneregioniprovocaulterioriquestionigeopolitiche)otramiteappositenavirefrigerate,chehannoperóbisognodiimpiantidiliquefazionealportodipartenzaedirigassificatoriaquellodiarrivo.Entrambelealternativerisultanoaltamentecomplesseecostose.I maggiori produttori di carbone sono invece Stati Uniti e Cina, che sonoancheimaggioriconsumatori.LaCinadasolaconsumail40%delcarboneprodotto a livello globale, equesta è il principale fattore chedetermina lospaventosoinquinamentocinese.Un’altra questione molto interessante riguarda il prezzo dei combustibilifossili. La figura1.22 riporta l’andamentodelprezzodelpetrolio apartiredal 1900, tenendo i valori del dollaro costanti al 2007 per tenere contodell’inflazione. Si puo’ osservare come il prezzo sia rimasto più o menostabile,aparteduegrandipicchineiperiodi1974‐1983e2001‐2007.Taleandamentoècontrointuitivo:essendoilcostodiestrazionecrescente–manmano che i giacimenti più vicini alla superficie si esauriscono bisognaraggiungere il petrolio più in profondita’, facendo lievitare i costi – sipotrebbesupporreunprezzoanch’essocrescente.La stabilita’delprezzodelpetroliodurante il20˚ secoloè spesso spiegatatramite il controllo che le grandi potenze, Stati Uniti in primo luogo,esercitavano sulla risorsa. Essendo il petrolio materia di enormeimportanza, e considerato che una sua fluttuazione avrebbe rilevantiripercussioni sull’intero sistema economico, i governi nazionali hannosempreesercitatoognipoteredicuidisponevanopermantenernestabileilprezzo,Come spiegare allora i due picchi? Il primo dei due, iniziato nel 1973 èdovuto al cosiddetto shock petrolifero, un improvviso e consistente tagliodella produzione deciso dal cartello dell’OPEC. L’offerta era diminuita, ilprezzo è salito. Nel caso dell’aumento del prezzo più recente, culminatonell’estatedel2008conilpetrolioa140dollarialbarile,nonsièriscontratainvecealcunadiminuzionedell’offerta.

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Figura1.22Prezzospotdelpetrolio(dollari2007)

Fonte:DatiBP(2008)La crisi è stata attribuita a diversi fattori, che vanno dalla speculazionefinanziaria, al deprezzamento del dollaro che i produttori di petrolio nonsono disposti a subire, ai disordini geopolitici in Medio Oriente, allacrescentedomandadienergiaprovenientedaipaesiinviadisviluppo,Cinae India in particolarmodo. Probabilmente la rilevanza delle diverse causedella crisi apparira’ in modo chiaro solo in futuro. Quello che peró vieneosservato da più parti è una probabile tendenza futura del prezzo adaumentare inmodostrutturale,oltrecheadesseremaggiormentevolatile:la crescente competizione globale per risorse scarse, il previstoraggiungimento del picco di produzione e la crescente presa di coscienzariguardo alle tematiche ambientali contribuiranno a rendere il petroliosempremenoaccessibileesemprepiùcostoso.Traquestevariabili ladomandadapartediqueipaesichestannovivendoora la loro esplosione industriale sembra sicuramente giocare un ruolofondamentale. In figura 1.23 sono riportate le previsioni dell’IEA riguardol’aumento(oladiminuzione)delladomandadipetrolioperilperiodo2007‐2030,dividendol’analisiperregione.L’impattodeipaesi inviadisvilupposullerisorsepetroliferesara’sicuramenteconsistente.Figura1.23Evoluzionedelladomandadipetrolio(2007‐2030)–milionidibarilialgiorno

Fonte:IEA(2008)

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Riassumendo, l’intero nostro sistema economico è basata sull’utilizzomassicciodirisorsenonrinnovabili,etaledipendenzaparenonaccennareadarrestarsi.Nonostantequesto,nellungoperiododovrannoesseretrovatedelle radicali soluzioni alternative. Cio’ è resonecessario dalla finitezza ditale risorse. Nonostante petrolio, gas e carbone siano in qualche modointercambiabili,esiconoscanogiáiprocessichimiciperutilizzareilcarboneal posto del petrolio, ogni soluzione tecnica sarebbe utile solo aprocrastinareilloroinevitabileesaurimento.Comeaffrontaretalesfida?Una prima risposta puo’ essere data da investimenti che migliorinol’efficienzaenergetica.Sesicontrollal’andamentoneltempodelconsumoprocapite globale di combustibili fossili si nota come, a seguito di un suoforte incremento fin dal 19˚ secolo, a partire dagli anni 70 esso si siaattestatoadunvalorepiùomenostabile.Cio’significachelanostrasocietàè andata man mano “dematerializzandosi”, orientando maggiormente lapropriastrutturaeconomicaversobenieserviziconbassaintensita’diusodelle risorsemateriali. Siamo riusciti a migliorare il nostro tenore di vitasenzaaumentarel’impattoindividualesullerisorse11.Ilfattocheilconsumoprocapite si sia stabilizzato a partire dagli anni 70 puo’ essere dovuto alprimoshockpetroliferoeallaconseguentepresadicoscienzadapartedellacomunita’internazionaledelleproblematicheambientaliedenergetiche.Tuttavia se si confrontano questi dati con le proiezioni del consumoenergeticofuturoeconlestimesulleriservedigiacimenti,siarrivaacapirecomeperriuscireadassicurarsiladisponibilita’dellefontidienergiafossileper un tempo sufficiente ampio per trovare soluzioni alternative non siasufficientemantenersiallivellodiconsumoprocapiteattuale,masiainveceassolutamentenecessariodiminuirloinmanieraconsistente.Attualmente la media mondiale si aggira attorno alle 1,5 tonnellate dipetrolioequivalenteatestanelcorsodiunanno.Daquestolivellodobbiamoscendere moltissimo perché il nostro sistema possa essere ritenuto“sostenibile”.Sepoi scomponiamo idatiper regionigeografichesiosservacome la diminuzione dovra’ essere ancora più drammatica per i paesiindustrializzati, che pesano maggiormente in termini di utilizzo dellerisorse.Il miglioramento tecnologico in campo energetico appare di naturamoltoincerta. Considerando anche la naturale incertezza sul futuro del pianeta,animato da variabili troppo complesse per essere pienamente gestite dapartedell’uomo,nonèpossibile formulareprevisioniattendibili sul futurodell’innovazione tecnologica e sulla sua abilita’ a far fronte a sfideimpreviste.L’unicacosagiudicabile,ilpassato,nonsembraoffrirecertezze:nonostantegliavanzamentitecnicidellasocietàumananegliultimisecoliilnostro peso sul pianeta che abitiamo si è fatto forte, costringendoci ora asostenereproblemiimportantiderivantidall’attivita’dell’uomocomeveloce11 Lo stesso non vale se si considera la popolazione nel suo complesso. Nonostante lacrescita del consumo di risorse pro capite si sia arrestata, il forte aumento dellapopolazionemondialeha infattideterminatounproporzionalerafforzamentodell’impattosullerisorsenonrinnovabili.

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crescitadellapopolazione,povertà,insufficienzaalimentare,inquinamentoecambiamentoclimatico.L’unicasoluzionedilungoperiodocheparepossibilesembrapercio’essereofferta dalla fonti di energia rinnovabile. Come si è giá scritto, anche lefonti rinnovabili sono soggette ad esaurimento. Se il tassodi sfruttamentodella risorsa è maggiore del tasso con cui essa si rigenera, si andra’inevitabilmenteincontroallasuafine.Sepeschiamopiùpescidiquantiseneriproducanoglioceanirimarrannovuoti,esedisboschiamopiùvelocementediquantoglialberiricrescanoprimaopoiessisiesauriranno.L’unicafontedienergiarinnovabilecheèutilizzabilesenzapreoccupazioneè quella solare. Il sole inonda costantemente il pianeta con un flusso diradiazioni ed energia che supera abbondantemente il nostro fabbisognoglobale, e non se ne prevede l’alteramento per alcuni miliardi di anni.Tuttavia l’energia solarearrivaanoi inmanieramoltodispersa, comeunalieve pioggia; per questo e altri motivi il costo per l’utilizzo dell’energiasolareèancorasuperioreaquellopericombustibilifossili.Comunque sia, per necessita’ di cose, nel lungo periodo l’umanita’ dovra’faremaggiormenteaffidamentosull’energiaprovenientedalsole,cheoltreaesserecompletamentegratuitaèancheresponsabilediemissioniinquinantilimitatissime.Anchealtrielementinaturalipossonoesseresfruttatipercreareenergia,tracui:

• Energiaeolica,generatasfruttandolaforzadelvento.• Energiageotermica,prodottasfruttandofontidicaloregeologiche.• Energia idroelettrica, ottenuta attraverso il movimento di grandi

massed’acqua. Per generare energia è necessario costruire dighe omodificare il corso dei fiumi, in modo da far passare l’acqua perdislivelli più o meni alti e sfruttarne l’energia potenzialegravitazionale trasformandola in energia elettrica. L’energiaidroelettricaèunafonterelativamentepulita,malemodificazionidelterritorio necessarie al suo sfruttamento ‐ costruzione di dighe ebaciniartificiali‐possonoavereunforteimpattoambientale.

• Energia nucleare. Si tratta della creazione di energia dallatrasformazionedeinucleidegliatomi.Esistonodueprocessidiversi:lafissione(rotturadinucleipiùpesanti)elafusione(unionedinucleipiù leggeri), entrambi generatori di grandi quantita’ di energia. Adoggil’uomoèingradodicontrollarelafissionedelnucleo,manonilprocesso di fusione. Le centrali nucleari a fissione soddisfanoattualmentecircail6%delladomandadienergiaprimariaglobale.Leprincipali controindicazionidell’energianucleare sono ilpericolodiguasti e fuoriuscite radioattive dalle centrali (come successe aChernobyl nel 1986), e il fatto che il processo produca delle scoriealtamenteinquinanti,chedevonoesserepercio’trattateedepositateinluoghisicuri.

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Un’altrafontedienergiarinnovabile,moltodiscussanegliultimianni,sonole biomasse. Si tratta di processi industriali volti a trasformare masseorganichedidiversotipoinenergia.Sipuo’distingueretra:

• Bioetanolo, ricavato dalla fermentazione di biomasse ricche dizucchero o amidi come cereali (mais, frumento, orzo), canna dazucchero,barbabietola,frutta,patate.

• Biodiesel, ottenuto da piante oleaginose, come ad esempio soia,girasole e colza, tramite la spremitura di semi e il successivotrattamentodell’olio.

• Biogas, prodotto dalla fermentazione di rifiuti organici urbani, discarichifognariediliquamizootecnici.

Negli ultimi anni alcuni paesi, e in particolare Stati Uniti e Brasile, hannoiniziatoadinvestireinmodomassiccioinquestotipodifonteenergetica,inparticolarenellaproduzionedibioetanolodacolturedimais.Attualmenteil10% del consumo globale di energia è soddisfatto dalle biomasse, cherappresentanol’80%deltotaledellefontirinnovabili.Questafontedienergiapresentatuttaviaalcuniaspettiproblematici.Innanzitutto ha suscitato scrupoli morali il fatto di utilizzare a scopienergetici colture destinate all’alimentazione, soprattutto considerandoquanto ancora sono diffuse nel mondo povertà e sottoalimentazione. Laproduzione globale di mais ad esempio viene utilizzata per il 60%nell’industria alimentare, per il 36% comemangime animale, e solo per il3%nellaproduzionedibioetanolo;tuttavia,mentreladomandadimaisperciboemangimicrescemediamentedell’1%annuo,quellaper ilbioetanolomostra un tasso di crescita del 20% annuo. La crescita della domanda dimaisharecentementecausatoun’impennatadelprezzo,cheèpassatoda2a3,9 dollari per bushel12, e una forte e costante diminuzione delle scorte.Durante il 2008 sono scoppiate in diverse zone del mondo proteste perl’aumentodelprezzodelcibo,eancheinpaesiindustrializzaticomel’Italiasièmoltoparlatodell’aumentodelprezzodipaneepasta.C’è poi il discorso legato all’efficienza della produzione di energia dabiomasse. Le colture, oltre ad offrire potenziale energia, ne richiedono ingrande quantita’. È evidente che se l’energia necessaria a coltivareintensivamente il mais è superiore all’energia che il trattamento delmaispuo’ assicurare, la produzione è inefficiente. Esistono diversi studi chetrattanolaquestione,conrisultatidiscordantiechedipendonodallacolturaanalizzata,masipuo’ragionevolmenteaffermarechealcunecolture(comeilmais)abbianounaresaenergeticamoltobassa.Gliinvestimentiinbiomasseappaiono quindi dettati più da interessi politici che da valutazionieconomiche.Infine deve essere considerato che le biomasse sono le fonti di energiarinnovabilipiùinquinanti.Lacoltivazioneintensiva,pocoefficientealivelloenergeticoespessoconditadausomassicciodifertilizzantiepesticidi,puo’contribuireseriamentealdegradoambientale.Un’ultimaconsiderazioneafavoredellefontidienergiarinnovabileriguardailororisvoltigeopolitici.Alcontrariodicombustibilifossiliealtrimateriali,

12Misuracorrispondentea25Kg.

35

si puo’ dire che le fonti rinnovabili siano distribuite più o menouniformementesulpianeta.Ovunquecisonocorsid’acqua,ovunquesoffianocorrentid’ariaeilsoleilluminaognipartedelpianeta.Esistonoovviamentedelle differenze geografiche, ma si puo’ sperare che l’utilizzo di fontirinnovabili attenui le tensioni geopolitiche e la competizione per l’accessoallerisorsefinite.AcquaL’acqua,tratuttelerisorseutilizzate,èsenzadubbiolapiùimportante,nonsolo perché necessaria alla sopravvivenza dei singoli individui, ma allastessaesistenzadellaspecieumanaedellavitanelsuocomplesso,datocheogniprocessoecologicosibasasull’acquaesullasuacircolazione.Sudiessasièbasatolosviluppodellanostracivilta’.La società umana con il tempo è giunta ad attingere pesantemente alleriserve di acqua sotterranee ‐ ad un tasso spesso più alto di quello dirigenerazione delle falde ‐ e amodificare inmodo consistente i complessiequilibri del ciclo idrologico. Abbiamo modificato il corso dei fiumi permeglioutilizzarliascopiagricoliedenergetici,ecostruitoenormidighechehannomutatopermanentemente il territorio.Comeconseguenzasoffriamooradinumerosiproblemi,comeilprosciugamentodilaghiemariinternioilfatto che alcuni tra imaggiori fiumimondiali ‐ come il Gange indiano o ilFiumeGiallodellaCina‐nonarrivinopiùalmare,conconseguenteingressodiacquasalinadalmarecherovinalecoltivazioni.L’inquinamentodell’acqua,dovutoall’utilizzodi fiumieoceanicome luogodiscaricodirifiutiindustriali,èunaltrograveproblemacheaffliggeipaesiindustrializzaticosi’comequelliinviadisviluppo.Inchemodolasocietàumanautilizzal’acqua?Ilgraficosottostanteriportalascomposizionedelsuosfruttamentotraagricoltura,consumodomesticoeproduzioneindustriale.L’agricolturaèsicuramenteilsettorechepesadipiùsulleriserved’acqua,inparticolareneipaesiinviadisviluppo.Figura1.24Utilizzoglobaledell’acquapersettore

Fonte:UNDP(2006)L’uso dell’acqua non è distribuito in modo uniforme tra le regioni delmondo.SenegliStatiUnitiognipersonautilizza inmediacirca580 litridiacquaalgiorno,talevaloresiriducea140litriperl’India,a90perlaCina,a40perlaNigeriaeacirca10perl’Etiopiaedaltripaesiafricani.Ancoraoggi

138 HUMAN DE VELOPMENT REPORT 2006

4

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developing world’s share rising from 79% to 82%. By 2050 the world’s agricultural systems will have to feed another 2.4 billion people.

Two important consequences !ow from these broad trends. First, water withdrawals in developing countries will increase: projected withdrawals are 27% higher for developing countries in 2025 than in the mid-1990s. "is is the reverse of the trend in rich countries. In the United States water use is lower today than it was three decades ago, even though popula-tion has increased by some 40 million.18 Sec-ond, there will be a redistribution of water from agriculture to industry and municipalities. Pro-jections point to a steady decline in the share of irrigated agriculture in global water use, to about 75% of the total by 2025.19 But this global

#gure understates the scale of the adjustment. In some parts of South Asia the share of non-agricultural users in water use will rise from less than 5% today to more than 25% by 2050 (table 4.1).

Behind these statistics are some questions with profound implications for human develop-ment. Most obviously, how will the world feed another 2.4 billion people by 2050 from a water resource base that is already under acute stress? In a world with about 800 million malnour-ished people, that question merits serious con-sideration. So, too, does a less prominent con-cern in international debate. As the distribution of water between sectors changes, there will be important implications for the distribution of water among people. An obvious danger is that people whose livelihoods depend on agricul-ture but who lack established rights, economic power and a political voice will lose out—an issue to which we return in chapter 5.

Breaching the limits of sustainable use—problems, policies and responses

"roughout history human societies have been largely river based. Historically, people had to locate near water supplies that could provide drinking water, carry o$ waste, supply irriga-tion and power industries. Over the past hun-dred years, industrial development came with an increased capacity to move and control water—along with a parallel increase in capacity to use more, waste more and pollute more. In many parts of the world humanity has been operating beyond the borders of ecological sustainability, creating threats to human development today and costs for generations tomorrow.

Beyond the limits of sustainabilityWhat happens when the limits to the sustain-able use of water are breached? Hydrologists address that question by reference to complex models designed to capture the functioning of river basin ecosystems. "e simpli#ed answer is that the integrity of the ecosystems that sus-tain !ows of water—and ultimately human life—are ruptured.

Source: FAO 2006.

Agriculture Domestic Industry

Figure 4.5 How the world uses its water

0 20 40 60 80 100

0 20 40 60 80 100

High-income OECD

Developing countries

Water use by sector in developed and developing countries,1998–2002 (%)

36

1.1miliardidipersonehannoaccessolimitatissimoafontidiacquapotabile.Lamaggiorpartediquestiutilizzanounamediadi5litrialgiorno,circaundecimodell’ammontarediacquaprocapiteutilizzatoperglisciacquonideibagnineipaesipiùricchi.Lalocalizzazionegeograficadell’emergenzaidricaèmostratainfigura1.25.L’edizione del 2006 dello Human Development Report, pubblicazioneannuale dell’UNDP (United Nations Development Programme), èinteramentededicatoalla crisiglobaledell’acqua. Inessosievidenziano legraviemoltepliciripercussionisullosviluppodellamancanzadiacqua, tracui si possono citare l’alta mortalita’ infantile, la diffusione di malattiewater‐related,l’utilizzodienergieetempopertrovareacquachespessononpermetteaibambinidiandareascuolaoalledonnedilavorare,conulterioriripercussioniinterminidipovertàesviluppopersonale.Figura1.25Personesenzaaccessoadacquapotabile(milioni)

Fonte:Undp(2006)Un’ulteriore importante problema è legato al prezzo dell’acqua. Cio’ cheavvieneèchegeneralmentel’acquacostamoltodipiùaipovericheairicchi,sia in terminirelativi– le famigliepiùpoveresonocostretteaspendere inacqua una percentuale consistente del proprio reddito,moltomaggiore diquella delle famiglie più ricche – che in termini assoluti. L’acqua costaeffettivamentedipiùneipaesiinviasisviluppo,comesiosservadallafigura1.26.Figura1.26Prezzidell’acquainalcunecittá(US$permetrocubo)

Fonte:Undp(2006) Nonostante l’evidente emergenza, le singole nazioni e la comunitainternazionale si occupano della questione ancora relativamente poco. Il

HUMAN DE VELOPMENT REPORT 2006 33

1

Ending the crisis in w

ater and sanitation

development, there has been progress in water and sanitation (!gure 1.1). Yet at the start of the 21st century one in !ve people living in the developing world—some 1.1 billion people in all—lacks access to clean water. Some 2.6 bil-lion people, almost half the total population of developing countries, do not have access to adequate sanitation. What do these headline numbers mean?

In important respects they hide the reality experienced daily by the people behind the sta-tistics. "at reality means that people are forced

to defecate in ditches, plastic bags or on road sides. “Not having access to clean water” is a euphemism for profound deprivation. It means that people live more than 1 kilometre from the nearest safe water source and that they collect water from drains, ditches or streams that might be infected with pathogens and bacteria that can cause severe illness and death. In rural Sub-Saharan Africa millions of people share their domestic water sources with animals or rely on unprotected wells that are breeding grounds for pathogens. Nor is the problem restricted to the

Shrinking slowly: the global water and sanitation deficitFigure 1.1

People with no access to an improved water source

LatinAmericaand the

Caribbean

ArabStates

East Asiaand

Pacific

Sub-SaharanAfrica

Share of total population (%)

0

40

50

60

100

SouthAsia

90

80

70

30

20

10

People with no access to improved sanitation

LatinAmericaand the

Caribbean

ArabStates

East Asia and

Pacific

Sub-SaharanAfrica

0

40

50

60

100

SouthAsia

90

80

70

30

20

10

World

1990

2004

World

1990

2004

South Asia228.8

East Asia andthe Pacific

406.2

Sub-SaharanAfrica314.0

Arab States37.7

Latin America andthe Caribbean

49.4

Total: 1.1 billionPeople with no access to improved water in 2004 (millions)

Share of total population (%)

Source: Calculated based on UNICEF 2006a.

East Asia andthe Pacific

958.2

South Asia925.9

Sub-SaharanAfrica436.7

Arab States80.1

Latin America andthe Caribbean

119.4

Total: 2.6 billionPeople with no access to improved sanitation in 2004 (millions)

HUMAN DE VELOPMENT REPORT 2006 53

1

Ending the crisis in w

ater and sanitation

!ese barriers help to explain inequalities in access to the network. In Accra, Ghana, connection rates average 90% in high-income areas and 16% in low-income settlements.57 People in Adenta and Madina, sprawling slum areas in the southeast part of the city, buy their water from intermediaries served by tanker truck associations, which in turn pur-chase in bulk from the water utility. !e up-shot: many of the 800,000 people living at or below the poverty line in Accra pay 10 times more for their water than residents in high-income areas. To add insult to injury, the vol-ume of water available for users in slums is o"en reduced because of overconsumption by households in high-income areas. Water pro-vided to slums in cities such as Accra and Nai-robi is reduced during periods of shortage to maintain #ows to high-income areas, where provision amounts to more than 1,000 cubic litres per person a day. Residents of the prosper-ous Parklands district in Nairobi receive water 24 hours a day. Residents of the Kibera slums are forced to spend an average of more than two hours a day waiting for water at standpipes that function for 4–5 hours a day or less.

!e interaction of price and locational dis-advantage helps explain the deep disparities in water provision that divide many cities. Abso-lute shortage is seldom the underlying problem: most cities have more than enough water to go around. !e problem is that water is unequally distributed:58

• Lima produces more than 300 litres of water per capita each day, but 60% of the popula-tion receives just 12% of the water.

• In Guayaquil, Ecuador, billions of litres #ow through the city each day in the Guayas River. High-income suburbs enjoy universal access to piped water. Mean-while, some 800,000 people living in low-income and informal settlements depend on water vendors. About 40% of the popu-lation has to make do with 3% of the piped water.

• In Chennai, India, the average supply is 68 litres a day, but areas relying on tankers use as few as 8 litres. In Ahmedabad 25% of the population uses 90% of the water.

• Many countries in Sub-Saharan Africa face a national crisis in water provision—but the crisis is unequally shared. Residents of the high-income Oyster Bay settlement in Dar es Salam, Tanzania, use an average of 166 litres of water a day, while households without piped connection in Moshi use an average of 19 litres a day ($gure 1.16). Wealth-based inequalities do not operate

in isolation. Within the household the gen-der division of labour means that women and young girls shoulder a greater burden of disad-vantage than do men because they are respon-sible for collecting water, cooking, and caring for young, elderly and sick family members. Be-yond the household, income inequality inter-acts with wider inequalities. Among the most important:• Rural-urban divides. One of the deep-

est disparities in water and sanitation is between urban and rural areas. For de-veloping countries as a group, improved water coverage is 92% for urban areas but only 72% for rural areas. Sanitation cov-erage is even more skewed: urban cover-age is twice rural coverage (figure 1.17). Part of the rural-urban gap can be traced to differences in incomes and poverty: income deprivation is generally more marked in rural areas. But other factors are also important. Delivering services is more difficult and often more costly per capita for dispersed rural populations than for urban populations. Political fac-tors also come into play, with people in rural areas—especially marginal areas— typically having a far weaker voice than their urban counterparts.

Water price (US$ per cubic metre)

0 421 3 5 6

Figure 1.15 Water prices: the poor pay more, the rich pay less

Barranquilla (Colombia)

Accra (Ghana)

Manila (Philippines)

London (UK)

New York (US)

Informalproviders

Utility

Source: Solo 2003; WUP 2003.

The water divide within countries: Kenya, Tanzania and Uganda

Figure 1.16

Water use, 2004 (litres per person per day)

Source: Thompson and others 2002.

50

100

0

90

80

70

60

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30

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150

160

170Oyster Bay, Dar es Salaam (Tanzania)

Tororo (Uganda)

Parklands, Nairobi (Kenya)

Mathare Valley,Nairobi (Kenya)Mulago (Uganda)Moshi (Tanzania)

Mukaa (Kenya)Mkuu (Tanzania)

Mwisi (Uganda)

Unpiped water, villages

Unpiped water, urban slums

Piped water

37

problema dell’acqua è anche stato inserito tra i Millennium DevelopmentGoals (obiettivo 7, target 10: dimezzare la proporzione della popolazionemondiale senza accesso sostenibile ad acquapotabile),ma lamancanzadiautorita’bendefiniteemeccanismiprecisipergestirelasituazionefasi’chelaquestionerimangatuttosommatononaffrontata.Chesoluzionisipossonooffrire?Unapropostamoltoinvogafinoapocotempofa,appoggiatadaWashington,èstatalaprivatizzazionedellagestionedell’acqua.Questanonsembraperóessere una buona strategia. La gestionedell’acqua assomigliamolto ad unmonopolio naturale, e privatizzarla significa passare da un monopoliopubblicoadunoprivato,chenonhainteressenell’assicurareaccessoidricoallatotalita’dellapopolazione.Uncompromesso,propostodaJeffreySachs,potrebbe essere quello di creare un’autorita’ nazionale di controllo cheimpongaalleimpreseprivatedigarantireallefamiglieunaquantita’gratuitadi acqua pari a quella necessaria per il soddisfacimento dei bisogniessenziali. Solo quando l’ammontare consumato supera questo livellominimosipotrannoapplicaretariffedimercato.Ci sarebbe poi la possibilita’ di agire dal lato dell’offerta, aumentando laquantita’d’acquadisponibile.Questosarebbepossibiletramiteiprocessididesalinizzazionedell’acquadelmare,chesonoperóancoramoltocostosi.Una strategia migliore potrebbe invece essere di agire sulla domanda diacqua, in particolare da parte del settore agricolo,maggiore consumatore.Innovazionitecnologichevolteamigliorarelaproduttivitàeladiffusionedisementi geneticamente modificate in modo tale da crescere con quantita’minimed’acquapotrebberoesseredellestrategierealisticheperilfuturo. CiboeagricolturaLequestionirelativealladisponibilita’dialimentisonostatetralemaggiorifonti di preoccupazione nella storia dell’uomo. Al contrario delle risorseenergetiche e dell’acqua, fino a pochi decenni fa considerate praticamenteillimitate,iprodottiagricolisonosemprestatisoggettiadaltavolatilita’deiprezzieavariazioninellaquantitadeiraccoltidiannoinanno.Alla fine del 18˚ secolo Malthus offriva come spiegazione della relativastabilita’ della popolazione inglese i differenti tassi di crescita checaratterizzavano gli andamenti della popolazione e delle risorse agricole,uno esponenziale e l’altro geometrico. La mancanza di cibo causavaperiodicamenteunarrestodellacrescitademografica.Proprio a partire dall’epoca in cui scriveva Malthus le sue considerazionihanno smesso di essere valide. La popolazione, come abbiamo visto inprecedenza,ècresciutaaritmielevatissimie,nonostantenumerosiepisodidicarestiaepovertà,sipuo’direcheanchelaquantitadicibodisponibileèaumentatapiùcheproporzionalmente,sostenendo lacrescitademografica.Nel periodo 1880‐1970 la produzione agricola per ettaro statunitense èpassatada0.5tonnellatedigranoa1,quellafranceseda1a4,quellaingleseda1a3.Allostessomodolaproduzioneagricolaperlavoratoremaschioè

38

aumentatada13a157tonnellatedigranonegliUsa,da7a60inFrancia,da16a88inInghilterra13.Anche in tempi più recenti il trend è confermato. Costruendo degli indicidella produzione alimentare pro capite e ponendo la media del periodo1979‐1981paria100,siosservache laproduzioneglobaleègiuntaadunvalore pari a 111nel 1996‐97, l’Asia nel suo complesso a 144.3, la Cina a192.3.Tutte le regionidelmondohannoaumentato lapropriaproduzioneprocapite,conl’eccezionedell’Africa,ilcuiindicenel1996‐97èparia9614.Figura1.27Indicidiproduzioneagricola,totaleeprocapite

Fonte:Fao(2008a)La figura 1.27, presa da un rapporto FAO, offre un’ulteriore conferma. Laproduzioneagricolatotalemostraalti tassidicrescitaovunque,e lostessoaccadeperlaproduzioneprocapite,ancheseinmisuraminore.Selaproduzionealimentareglobalemostrataliperformance,comespiegaredunquelapersistenzadifame,povertàecrisialimentari?Ancoraoggicirca850milionidipersone soffronodi sottoalimentazione. Si vedanella figura1.28lascomposizioneperareageografica.Evidentemente la produzione non è l’unico fattore a spiegare questofenomeno.

13DatitrattidaBoserup(1990).14DatitrattidaSen(1999).

W O R L D F O O D A N D A G R I C U L T U R E I N R E V I E W 105

equivalent units) rose by almost 6 percent in 2007 compared with the 2003–05 average (Figure 34).1 However, production shortfalls of 20 percent in Australia and Canada, two major cereal exporters, contributed to tighter export supplies. Together with Argentina and Brazil, these countries account for only 15 percent of global production of these

1 Crop and livestock product volumes are converted into a common unit for comparability. Crops are aggregated on a wheat basis based on relative prices in 2000–02. Livestock products are also aggregated into a common unit based on relative prices.

crops but 35–40 percent of world exports. Supply disruptions in these countries can have disproportionate implications for export supplies and international agricultural prices.

Looking ahead to 2010, world output of these crops is projected to rise by 7 percent compared with 2007. This outcome depends on weather and the effective transmission of price signals to producers in countries that have the capacity to expand production. Where governments intentionally dampen price transmission, producers may not receive the necessary incentive to expand production. Conversely, where costs of

05040302010099989796959493929190

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06

Source: FAO, 2008i.

FIGURE 33Agricultural production indices, total and per capita

Per capita agriculturalproduction

Total agriculturalproduction

Index (1999–2001 = 100)

05040302010099989796959493929190

80

90

100

110

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130

06

Index (1999–2001 = 100)

Developed countries

Least-developedcountries

Developing countries

World

Developed countries

Least-developedcountries

Developing countries

World

39

Figura1.28Numerodipersonesottoalimentate,2003‐2005(milioni)

Fonte:FAO(2008b)Nel suo libroDevelopment as Freedom, l’economista indiano Amartya Senriportal’interessantecasodellacarestiaavvenutainBangladeshnel1974,lostessoannoincuisiraggiungevailpiccodiproduzioneagricoladelperiodo1971‐75.Trail1979‐81eil1993‐95laproduzionealimentareprocapiteèscesadel12.4%inGiappone,del33.5%inBotswana,del58%aSingapore,eppureinnessunodiquestipaesisièosservatounaumentodellafame.Allostesso modo si può avere il caso di un paese che aumenta la propriaproduzione agricola ma ugualmente soffre di carestie (come accadde alBurkina Faso, la cui produzione pro capite è aumentata del 29.4% nellostessoperiodo).Piùchedidisponibilita’dicibobisognaquindiconcentrarsisull’accessoallerisorse alimentari, che dipende da molteplici variabili, e non solo dallaproduzione. Il commercio internazionale ad esempio offre ad un paese lapossibilita’didiminuire lapropriaproduzioneagricolaeallostessotempoaumentare l’accesso agli alimenti, concentrando la propria strutturaeconomicasualtrisettoriproduttivieacquistandoilcibodaunproduttoreestero.Similare importanza ha la situazione economica generale di un paese. Chinonproducedirettamenteglialimenticheconsuma(eneipaesisviluppatisitrattadellagrandemaggioranzadellapopolazione)puo’essere ingradodiacquistarlisulmercato,apattodigoderediunredditocheglieloconsenta.Percio’ l’accesso al cibo dipende dalla situazione occupazionale, dal livellodeisalari,dall’andamentodeisettorinonagricoliedalprezzodellederratealimentari.Iprezziagricolirivestonounruolofondamentale.Essisonoprobabilmenteilprincipalefattorechedeterminal’accessoallerisorsealimentari.Nellungoperiodopareesserviunatendenzastrutturaleadunadiminuzionedeiprezziagricoli in termini reali, pur costellata di discontinuita’ e picchi, comeevidenziatoinfigura1.29.

The State of Food Insecurity in the World 200812

Undernourishment around the world

Taking stock of world hunger: revised estimates

Global overview

FAO’s long-term estimates of undernourishment at the regional and country levels for

the period from 1990–92 to 2003–05 (using the FAOSTAT database) confirm insufficient progress towards the WFS and MDG hunger reduction targets even before the negative impact of soaring food prices. Worldwide, 848 million people suffered from chronic hunger in 2003–05, the most recent period for which individual country data are available. This number is slightly higher than the 842 million people who were undernourished in 1990–92, the WFS and MDG baseline period.

The vast majority of the world’s undernourished people live in developing countries, which were home to 832 million chronically hungry people in 2003–05. Of these people, 65 percent live in only seven countries: India, China, the Democratic Republic of the Congo, Bangladesh, Indonesia, Pakistan and Ethiopia. Progress in these countries

with large populations would obviously have an important impact on the overall reduction of hunger in the world. Among these, China has made significant progress in reducing undernourishment following years of rapid economic growth.

The proportion of people who suffer from hunger in the total population remains highest in sub-Saharan Africa, where one in three people is chronically hungry. Latin America and the Caribbean were continuing to make good progress in hunger reduction before the dramatic increase in food prices; together with East Asia and the Near East and North Africa, these regions maintain some of the lowest levels of undernourishment in the developing world (Table 1, page 48).

Sub-Saharan Africa

Sub-Saharan Africa’s population grew by 200 million between the early 1990s and 2003–05, to 700 million. This substantial increase, coupled with insufficient

overall and agriculture-sector development, placed a burden on hunger reduction efforts. However, while the overall number of undernourished people in the region increased by 43 million (from 169 million to 212 million),

40

Figura1.29EvoluzionedegliindiciFAOsuiprezziagricoli(1998‐2000=100)

Fonte:FAO(2008a)In questo trend decrescente si è tuttavia inserito un veloce aumento deiprezzi, cominciatonel2001e culminatodurante il 2008, anno in cui sonoscoppiate rivolte indiverseareedelmondoenumerosi governi sono staticostretti ad adottare misure di emergenza, come il controllo dei prezzi erestrizioni alle esportazioni. Tale aumento è ancora lontano dalladrammaticita’delpiccoraggiuntoameta’deglianni’70‐conseguenzadelloschock petrolifero – ma ugualmente rilevante. In particolare la comunita’scientificasistadomandandoselacrescitadeiprezzisiadaconsiderareunfenomenodibreveperiodoopiuttostorappresentiunprimosegnalediuncambiamentostrutturale.I fattori che vengono usualmente indicati come responsabili dell’aumentodei prezzi sono infatti molteplici, e si possono dividere tra fattoricongiunturaliestrutturali.Tralecausecongiunturalivisonogliandamenticlimaticisfavorevoli,l’aumentodelprezzodeicombustibilielaspeculazionefinanziaria.Lecausestrutturali sono invecedipiùdifficile lettura. Inprimo luogovièstato una crescita della domanda. Molti paesi, specialmente in Asia, sonoentratiinunpercorsodivelocecrescitaeconomica,fenomenochetendeadaumentare ladomandadidietepiù ricchediproteine,edi conseguenza ladomandadicerealidautilizzarecomemangimeanimale.Acio’siaggiungela questione dei bio‐carburanti, analizzata in precedenza, il cui ruolonell’aumentodeiprezzinonètuttaviaancorachiaro.Vi è infineda considerare ladiminuzionedegli investimenti inagricoltura,specialmenteneipaesiinviadisviluppo,disincentivatidaicrescenticostidiproduzioneedalla tendenzaalpeggioramentodelleragionidiscambiogiáevidenziata.Per concludere la sezione, evidenziamo alcuni punti chiave relativi allerisorse:

• Ilnostrointerosistemadiproduzioneeconsumosibasasull’utilizzodi risorse di diverso genere. A partire dalla Rivoluzione Industrialeabbiamo aumentato in modo consistente l’utilizzo di risorse, siarinnovabilichenonrinnovabili.

The State of Food Insecurity in the World 2008 9

Driving forces of high food prices

As agricultural commodity prices rose sharply in 2006 and 2007 and continued to rise

even further in early 2008, the forces behind soaring food prices were examined from various perspectives in an effort to design response options. This section lists some of the main drivers behind soaring food prices.1 Medium-term projections indicate that, while food prices should stabilize in 2008–09 and subsequently fall, they will remain above their pre-2004 trend level for the foreseeable future.2

The FAO index of nominal food prices doubled between 2002 and 2008. In real terms, the increase was less pronounced but still dramatic. The real food price index began rising in 2002, after four decades of predominantly declining trends, and spiked sharply upwards in 2006 and 2007. By mid-2008, real food prices were 64 percent above their 2002 levels. The only other period of significantly rising real food prices since this data series began occurred in the early 1970s in the wake of the first international oil crisis.

Be they policy measures, investment decisions or emergency interventions, appropriate actions to address the human and economic impacts of soaring food prices require a thorough understanding of the underlying driving forces. These driving forces are many and complex, and they include both supply-side and demand-side factors. Long-term structural trends underlying growth in demand for food have coincided with short-term cyclical or temporary factors adversely affecting food supply, thus resulting in a situation where growth in demand for food commodities continues to outstrip growth in their supply.

agriculture policies in recent years. One result has been significantly lower levels of cereal stocks compared with earlier years. The ratio of world cereal stocks to utilization is estimated at 19.4 percent for 2007/08, the lowest

Supply-side forces

Stock levels and market volatility. Several of the world’s major cereal producers (China, the European Union, India and the United States of America) have changed their

41

• L’energiaèunbenefondamentale,sucuiabbiamocostruitolanostrastruttura economica. Attualmente la grande domanda di energiaglobaleèsoddisfattaperlamaggiorpartedapetrolio,carboneegasnaturale, ovvero fonti di energia non rinnovabile. La loroconcentrazione geografica in ristrette regioni del mondo haimportanticonseguenzesullasferageopolitica.

• Nel futuro prossimo la domanda di energia aumentera’ulteriormente,trainatadallacrescitadellapopolazioneedelredditopro capite. Questo trend si scontra inevitabilmente con la finitezzadeicombustibilifossili.L’unicastrategiacheparepossibilenellungoperiodoèinvestiremassicciamentesullefontidienergiarinnovabile,einparticolaresull’energiasolare.

• Un’altrarisorsafortementesfruttataeinquinatadall’uomoèl’acqua,chevieneutilizzatainprimoluogoperilsettoreagricolo.Esisteunagrande disuguaglianza nell’accesso all’acqua tra paesi di diversoreddito. Ancora oggi 1.1 miliardi di persone vivono senza accessoall’acquapotabile.

• Per quanto riguarda gli alimenti, si è visto come la produzioneglobale di cibo appaia sufficiente a soddisfare le necessita’nutrizionalidellapopolazioneumana.Esistonotuttaviaancoravastearee geografiche pervase da povertà e sottoalimentazione, e larecente impennata dei prezzi agricoli ha causato crisi alimentari innumerosipaesi.

1.4ImpattoambientaleecambiamentoclimaticoAbbiamovistonellasezioneprecedentecome ilprocessoeconomicoabbialuogo solo grazie all’utilizzo di diversi tipi di risorse, che rappresentanoinput necessari. Ma la materia e l’energia che entra nel processonecessariamente ne esce, una volta terminata la sua trasformazione. Glioutputpossonoesseredidiversotipo,alcuni“benefici”,comeiprodottie iservizi che vengono consumati, e altri più “nocivi”, come ad esempiol’inquinamentoeirifiuti.UnanotaricercadiPeterM.VitousekapparsasullarivistaSciencenel1997cerca di calcolare il dominio o l’alterazione umana su alcuni componentifondamentalidelpianeta.Ilrisultatoèmostratoinfigura.Figura1.30Dominiooalterazionedialcunecomponentidell’ecosistematerrestre

Fonte:Vitouseketal.(1997)

crop agriculture or by urban-industrial ar-eas, and another 6 to 8% has been con-verted to pastureland (4); these systemsare wholly changed by human activity. Atthe other extreme, every terrestrial ecosys-tem is affected by increased atmosphericcarbon dioxide (CO2), and most ecosys-tems have a history of hunting and otherlow-intensity resource extraction. Be-tween these extremes lie grassland andsemiarid ecosystems that are grazed (andsometimes degraded) by domestic animals,and forests and woodlands from whichwood products have been harvested; to-gether, these represent the majority ofEarth’s vegetated surface.

The variety of human effects on landmakes any attempt to summarize land trans-formations globally a matter of semantics aswell as substantial uncertainty. Estimates ofthe fraction of land transformed or degradedby humanity (or its corollary, the fraction ofthe land’s biological production that is usedor dominated) fall in the range of 39 to 50%(5) (Fig. 2). These numbers have large un-certainties, but the fact that they are large isnot at all uncertain. Moreover, if anythingthese estimates understate the global im-pact of land transformation, in that landthat has not been transformed often hasbeen divided into fragments by human al-teration of the surrounding areas. This frag-mentation affects the species compositionand functioning of otherwise little modifiedecosystems (6).

Overall, land transformation representsthe primary driving force in the loss ofbiological diversity worldwide. Moreover,the effects of land transformation extendfar beyond the boundaries of transformedlands. Land transformation can affect cli-mate directly at local and even regionalscales. It contributes !20% to currentanthropogenic CO2 emissions, and moresubstantially to the increasing concentra-tions of the greenhouse gases methane andnitrous oxide; fires associated with it alter

the reactive chemistry of the troposphere,bringing elevated carbon monoxide con-centrations and episodes of urban-likephotochemical air pollution to remotetropical areas of Africa and South Amer-ica; and it causes runoff of sediment andnutrients that drive substantial changes instream, lake, estuarine, and coral reef eco-systems (7–10).

The central importance of land trans-formation is well recognized within thecommunity of researchers concerned withglobal environmental change. Several re-search programs are focused on aspects ofit (9, 11); recent and substantial progresstoward understanding these aspects hasbeen made (3), and much more progresscan be anticipated. Understanding landtransformation is a difficult challenge; itrequires integrating the social, economic,and cultural causes of land transformationwith evaluations of its biophysical natureand consequences. This interdisciplinaryapproach is essential to predicting thecourse, and to any hope of affecting theconsequences, of human-caused landtransformation.

Oceans

Human alterations of marine ecosystemsare more difficult to quantify than those ofterrestrial ecosystems, but several kinds ofinformation suggest that they are substan-tial. The human population is concentrat-ed near coasts—about 60% within 100km—and the oceans’ productive coastalmargins have been affected strongly byhumanity. Coastal wetlands that mediateinteractions between land and sea havebeen altered over large areas; for example,approximately 50% of mangrove ecosys-tems globally have been transformed ordestroyed by human activity (12). More-over, a recent analysis suggested that al-though humans use about 8% of the pri-mary production of the oceans, that frac-

tion grows to more than 25% for upwellingareas and to 35% for temperate continen-tal shelf systems (13).

Many of the fisheries that capture ma-rine productivity are focused on top pred-ators, whose removal can alter marine eco-systems out of proportion to their abun-dance. Moreover, many such fisherieshave proved to be unsustainable, at leastat our present level of knowledge andcontrol. As of 1995, 22% of recognizedmarine fisheries were overexploited or al-ready depleted, and 44% more were attheir limit of exploitation (14) (Figs. 2and 3). The consequences of fisheries arenot restricted to their target organisms;commercial marine fisheries around theworld discard 27 million tons of nontargetanimals annually, a quantity nearly one-third as large as total landings (15). More-over, the dredges and trawls used in somefisheries damage habitats substantially asthey are dragged along the sea floor.

A recent increase in the frequency,extent, and duration of harmful algalblooms in coastal areas (16) suggests thathuman activity has affected the base aswell as the top of marine food chains.Harmful algal blooms are sudden increasesin the abundance of marine phytoplank-ton that produce harmful structures orchemicals. Some but not all of these phy-toplankton are strongly pigmented (red orbrown tides). Algal blooms usually arecorrelated with changes in temperature,nutrients, or salinity; nutrients in coastalwaters, in particular, are much modified byhuman activity. Algal blooms can causeextensive fish kills through toxins and bycausing anoxia; they also lead to paralyticshellfish poisoning and amnesic shellfishpoisoning in humans. Although the exis-tence of harmful algal blooms has longbeen recognized, they have spread widelyin the past two decades (16).

Fig. 2. Human domi-nance or alteration ofseveral major compo-nents of the Earth sys-tem, expressed as (fromleft to right) percentageof the land surface trans-formed (5); percentageof the current atmo-spheric CO2 concentra-tion that results from hu-man action (17 ); per-centage of accessiblesurface fresh water used (20); percentage of terrestrial N fixation that is human-caused (28); percentageof plant species in Canada that humanity has introduced from elsewhere (48); percentage of birdspecies on Earth that have become extinct in the past two millennia, almost all of them as a conse-quence of human activity (42); and percentage of major marine fisheries that are fully exploited,overexploited, or depleted (14).

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Phase IV- Senescent

Phase III- Mature

Phase II- Developing

Phase I- Undeveloped

Fig. 3. Percentage of major world marine fishresources in different phases of development,1951 to 1994 [from (57 )]. Undeveloped " a lowand relatively constant level of catches; develop-ing " rapidly increasing catches; mature " a highand plateauing level of catches; senescent "catches declining from higher levels.

www.sciencemag.org ! SCIENCE ! VOL. 277 ! 25 JULY 1997 495

HUMAN-DOMINATED ECOSYSTEMS: ARTICLES

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15, 2009

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42

La ricerca ci dice che: circa il 40 % della superficie terrestre è statotrasformato dall’azione umana; la concentrazione di anidride carbonicanell’atmosfera è aumentata del 30% dal periodo preindustriale; più dellameta’dituttal’acquafrescadisuperficieaccessibileèutilizzatadall’uomo;èfissato più azoto atmosferico dall’umanita’ che da tutte le fonti naturaliinsieme; circa¼ delle specie di uccelli si sono estinte; circa il 70% dellespeciemarinesonosovrautilizzateoestinte.Considerati questi risultati appare chiaro come l’ecosistema terrestre siaormaicompletamentedominatodallarazzaumanaecomeilnostroimpattosull’ambiente sia divenuto più che consistente. Il grande aumento dellapopolazione e il progressivo miglioramento degli standard di vita e diconsumo ha causato un inasprimento del peso del sistema economico sulpianetainterminidiinquinamento.Nel 2005 è stato ultimato ilMillennium Ecosystem Assessment (MEA),una imponentericercacoordinatadalleNazioniUniteedurataalcunianni,cheharegistratolapartecipazionedipiùdimilleesperti internazionali.Loscopo del lavoro è stato quello di catalogare e studiare gli ecosistemiterrestrie l’impattodell’umanita’ sul lorobenesseree funzionamento,ediidentificarepossibilistrategied’azioneperilfuturo15.Gliecosistemi16delpianetaoffronounavastagammadi“benefici”eservizispessoconsideraticomescontati: laproduzionediossigeno, laregolazionedellecomponentichimichedell’atmosfera, ilmantenimentodelcicloidrico,laregolazionedelclima,larigenerazionedelsuoloemoltialtri.Talegruppodi servizièevidentementenecessarioalla sopravvivenzastessadelgenereumano,ancheseessinonvengonogeneralmentevalorizzatine’inclusinellacontabilita’nazionaleedinternazionale.LostudiodelMEAsièconcentratopropriosuiservizidegliecosistemi,elaconclusione è stata che negli ultimi 50 anni gli esseri umani hannomodificatogliecosistemiterrestriinunmodotalmenteveloceeprofondodanonavereprecedentinellastoria.Perriuscireafarfronteallacrescitadellapopolazioneealconseguenteaumentodelladomandadicibo,acqua,legno,terra, combustibili e altre risorse, si è provocata una forte perditairreversibiledibiodiversita’17.È stata distrutta più della meta’ delle foreste tropicali, si è occupato espianatocirca¼delleterreemerseper farespazioallacoltivazione,moltezone di barriera corallina sono state gravemente danneggiate, sono statiinquinati inmodopreoccupanteglioceani, i laghie icorsid’acquadolce.Ilnumerodellespecieestinteoinfortepericoloacausadall’attivita’antropicasono in costante aumento da decenni: basti pensare alla situazionedrammatica che riguarda il pescato, la cui disponibilita’ ammonta a solo

15IvoluminosirapportidelMEAsonodisponibilisulsito:www.millenniumassessment.org16Coniltermineecosistemasiindicaunsistemaaperto,complessoedinamicocostituitodaunastrutturadicomunitabiologiche(animali,piante,microorganismi,oltrechel’ambientenonbiologicochelecirconda)cheinteragisconoinun’unitafunzionale.17Con “biodiversita’” si intende lavariabilita’delle formedivitaall’internodiuna stessaspecie, di un ecosistema o dell’intero pianeta. La biodiversita’ è spesso utilizzata comemisuradellasalutediunsistemabiologico.

43

1/10 di quella pre‐industriale. All’incirca il 60% dei servizi forniti dagliecosistemirisultanooradegradatiosfruttatiinmanierainsostenibile.Tra le diverse fonti di pericolo, l’inquinamento dell’atmosfera è tra le piùproblematiche. E tra la grande varieta di sostanze che vengono immessenell’atmosfera attualmente la più grande preoccupazione è legata aicosiddettigas‐serra.I gas­serra sono delle sostanze che permangono per lungo temponell’atmosfera e hanno la particolarita’ di “bloccare” le radiazioni solari alsuo interno. Una certa quantita’ dell’energia derivante dal sole non vieneinfatti assorbita dal pianeta ma riflessa nuovamente dal pianeta verso lospazio.L’effettodeigas‐serraèquellodifarrimbalzareleradiazioniuscentisull’atmosfera e di rimandarle sulla superficie, come fanno i vetri di unaserra,chefannoentrarelalucedelsolemanonpermettonolafuoriuscitadicalore.Figura1.31LacurvadiKeeling

Fonte:WikipediaIl principale di questi gas è il biossido di carbonio, o anidride carbonica(CO2). La sua concentrazione nell’atmosfera è passata dai 280 ppm (partipermilione)delperiodopre‐industrialeall’attualelivellodicirca380ppm.Taleincrementoèprevalentementedovutoall’utilizzodicombustibilifossiliealladeforestazione.Nellafigura1.31èriportatalacurvadi“Keeling”,dalnomedelloscienziatochedaglianni50hacominciatoamisurareilvalorediconcentrazionediCO2sullamontagnahawaianadiMaunaLoa.Essamostrasial’andamentodibreveperiodo18chequellodilungo,evidenziandoilnettotrendascendentedelvalorediCO2.Non tutti sono peró responsabili dell’aumento nella stessa proporzione. Ilgrafico in figura 1.32 mostra la percentuale delle emissioni globali

18 Annualmente si svolge un ciclo nell’andamento del biossido di carbonio, una sorta di“respiro” naturale della Terra. Durante il periodo primaverile dell’emisfero nord, dove èconcentratalamaggiorpartedelleforeste,lepianteaumentanodivolumeeassorbonopiuCO2;d’autunnoinvecelefogliecadonoelalorodecomposizionerilasciaCO2nell’aria,cheaumentacosi’lapropriaconcentrazione.

44

attribuibiliadiversenazioni.Ipaesisviluppati,egliStatiUnitiinparticolare,sonoresponsabilidigrandepartedell’aumentodellaconcentrazionediCO2.Figura1.32PercentualediemissioniglobalidiCO2peralcunipaesi(1840‐2004)

Fonte:Undp(2007)Anchelaconcentrazionedialtrigasserraèaumentata:ilmetanoèpassatodai 700 ppb (parti per miliardo) del 18˚ secolo ai 1750 ppb del 2000; ilprotossidod’azotoda270ppba316ppbnel2000.Taliaumentisonoinveceprincipalmentedovutiall’agricoltura.Illivellodigasserranonèmaistatocosi’alto,esecondoleprevisioniilloroaumento non si arrestera’, almeno nei prossimi anni. La popolazionecrescera’ecosi’ l’utilizzodicombustibilifossili:amenochenonvisara’unimpressionante miglioramento dell’efficienza orientato all’utilizzo ditecnologie più sostenibili non sembra esserci alcun dubbio sul futuroincrementodellaconcentrazionedianidridacarbonicaealtrigas.Ilgraficoinfigura1.33riportaleproiezionifattedall’UNDPipotizzandounagraduale convergenza del livello di concentrazione di CO2 a 450 ppm,ovvero un valore giá molto più alto di quello attuale. Si veda comenonostantel’altovaloresianecessariaunadrammaticariduzionedellivellodi emissioni procapite, misurate in tonnellate di CO2. Per raggiungerequest’obiettivoogniregionedelmondo,mainparticolareipaesisviluppati,dovrebbe cominciare immediatamente a diminuire sensibilmente i propriconsumi,responsabilidelleemissioni.Comesipuo’capirequestaprevisioneèpregnadisignificatiperlostiledivitachelanostraspeciehaassunto.Figura1.33ProiezioniperleemissionidiCO2ipotizzandounaconvergenzaa450ppm

Fonte:Undp(2007)sudatiIPCC

40 HUMAN DE VELOPMENT REPORT 2007/2008

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CO2 from Mozambique is the same weight as a tonne of CO2 from the United States.

While each tonne of carbon dioxide carries equal weight, the global account masks large variations in contributions to overall emissions from different sources. All activities, all countries and all people register in the global carbon account—but some register far more heavily than others. In this section we look at the carbon footprint le! by emissions of CO2. Di" erences in the depth of carbon footprints can help to identify important issues of equity and distribution in approaches to mitigation and adaptation.

National and regional footprints—the limits to convergence

Most human activities—fossil fuel combustion for power generation, transport, land-use changes and industrial processes—generate emissions of greenhouse gases. # at is one of the reasons why mitigation poses such daunting challenges.

The breakdown of the distribution of greenhouse gas emissions underlines the scope of the problem ($ gure 1.3). In 2000, just over half of all emissions came from the burning of fossil fuels. Power generation accounted for around 10 Gt CO2e, or around one-quarter of the total. Transport is the second largest source of energy-related CO2e emissions. Over the past three decades, energy supply and transport have increased their greenhouse gas emissions by 145 and 120 percent respectively. # e critical role of the power sector in global emissions is not fully captured by its current share. Power generation is dominated by capital-intensive infrastructural investments. # ose investments create assets that have a long lifetime: power plants opening today will still be emitting CO2 in 50 years time.

Land-use change also plays an important role. Deforestation is by far the largest source of CO2 emissions in this context, releasing sequestered carbon into the atmosphere as a

Figure 1.4 Rich countries dominate the cumulative emissions account

Share of global CO2 emissions, 1840–2004 (%)

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UnitedStates

RussianFederation a

China Germany UnitedKingdom

Japan France India Canada Poland

Source: CDIAC 2007.

a. Includes a share of USSR emissions proportional to the Russian Federation’s current share of CIS emissions.

50 HUMAN DE VELOPMENT REPORT 2007/2008

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did, it is unlikely that they would embrace an agreement that allowed ‘free riding’.

Participation of the developing world in quantitative reductions is equally vital. In some respects, our ‘two-country’ model oversimpli! es the issues to be addressed in negotiations. " e developing world is not homogenous: the United Republic of Tanzania is not in the same position as China, for example. Moreover, what matters is the overall volume of emission reductions. From a global carbon budget perspective, deep reductions in sub-Saharan Africa carry negligible weight relative to reductions in major emitting countries.

However, with developing countries accounting for nearly half of worldwide emis-sions, their participation in any international agreement is increasingly important. At the same time, even high growth developing countries have pressing human development needs that must be taken into account. So too must the very large ‘carbon debt’ that the rich countries owe the world. Repayment of that debt and recognition of human development imperatives demand that rich countries cut emissions more deeply and support low-carbon transitions in the developing world.

We acknowledge that many other emissions’ pathways are possible. One school of thought

argues that every person in the world ought to enjoy an equivalent right to emit greenhouse gases, with countries that exceed their quota compensating those that underutilize their entitlement. Although proposals in this framework are o# en couched in terms of rights and equity, it is not clear that they have a rights-based foundation: the presumed ‘right to emit’ is clearly something di$ erent than the right to vote, the right to receive an education or the right to enjoy basic civil liberties.62 At a practical level, attempts to negotiate a ‘pollution rights’ approach is unlikely to gain broad support. Our pathway is rooted in a commitment to achieve a practical goal: namely, the avoidance of dangerous climate change. " e route taken requires a process of overall contraction in greenhouse gas % ows and convergence in per capita emissions (! gure 1.12).

Urgent action and delayed response—the case for adaptationDeep and early mitigation does not o$ er a short-cut for avoiding dangerous climate change. Our sustainable emissions pathway demonstrates the importance of the time lag between mitigation actions and outcomes. Figure 1.13 captures the lag. It compares the degree of warming above preindustrial levels associated with the IPCC’s non-mitigation scenarios, with the anticipated warming if the world stabilizes greenhouse gas stocks at 450 ppm CO2e. Temperature divergence begins between 2030 and 2040, becoming more emphatically marked a# er 2050, by which time all but one of the IPCC scenarios breach the 2°C dangerous climate change threshold.

" e timing of the temperature divergence draws attention to two important public policy issues. First, even the stringent mitigation implied by our sustainable emissions pathway will not make a di$ erence to world temperature trends until a# er 2030. Until then, the world in general and the world’s poor in particular will have to live with the consequences of past emissions. Dealing with these consequences while maintaining progress towards the MDGs and building on that progress a# er 2015 is a matter not for mitigation but for adaptation. Second, the real bene! ts of mitigation will build cumulatively across the second half of the 21st Century and beyond.

Emissions per capita for stabilization at 450 ppm CO2e (t CO2 per capita)

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Source: Meinshausen 2007.

Developed and transition countries

World

Developing countries

Figure 1.12 Contracting and converging to a sustainable future

Note: IPCC scenarios descr ibe plausible future pat terns of populat ion growth, economic growth, technologicalchange and associated CO 2

emissions. The A1 scenarios assume rapid economic and populat ion growth combined with rel iance on fossi l fuels ( A1F I ) , non-fossil energy ( A1T ) or a combinat ion ( A1B ) . The A2 scenario assumes lower economic growth, less globalizat ion and cont inued high populat ion growth. The B1 and B2 scenarios contain some mit igat ion of emissions, through increased resource ef f iciency and technology improvement ( B1) and through more localized solut ions ( B2 ) .

45

Ma perché il livello dell’anidride carbonica suscita tante preoccupazioni?Comesistabilisceilvalorediconcentrazioneottimale?La quantita’ di gas‐serra nell’atmosfera non sono tanto importanti in se’,quanto per il loro effetto sugli equilibri dinamici del complesso sistemanaturale che governa il nostro pianeta, composto da una molteplicita’ divariabili interconnesse e di cui non conosciamo ancora completamente lecaratteristiche.In particolare i gas serra paiono avere delle importanti conseguenze sulclima del pianeta. Si arriva a questa conclusione come spiegazione piùplausibileper unaseriedi fenomeniambientalichesisonoverificatinegliultimidecenni,comel’aumentodellatemperaturamedia,loscioglimentodeighiacciai, l’innalzamento del livello del mare, l’espansione dei deserti,l’intensita’elafrequenzadieventiestremi.Lameteorologiaeclimatologiasonoscienzetuttosommatorecentieancoraimperfettenell’affrontare lamonumentale complessita’del clima terrestre.Riusciamo tuttavia ad avere informazioni abbastanza accurate sul passatodelclimadellaTerra,principalmentetramiteilcarotaggiodeighiacciarticiche permette di studiare le bolle d’aria rimaste intrappolate. Esse ciraccontanodiunpianetadalclimamoltovariabile lungo leeregeologiche,dominato dall’alternanza di periodi glaciali e di altri più caldi. L’ultimaglaciazione è terminata circa 10,000 anni fa, e da allora le temperature sisono alzate, cosa che ha facilitato enormemente lo sviluppo delle primesocietàagricoleumane.Da allora un fattore prima inesistente si è inserito all’interno dei precariequilibri del pianeta: l’attivita’ umana. Nella nostra corsa al progressoabbiamo attinto alle risorse del pianeta senza darci limitazioni, bruciatoquantita’ enormi di combustibili fossili e inquinato l’atmosferamodificandone la composizionechimica.Tuttiquesti fattori rappresentanoulteriori variabili di instabilita’ in un contesto ambientale che noncontrolliamoapieno.Particolare rilevanza assumono inquesto scenario le emissioni inquinanti,che paiono aver dato il via ad unprocesso diriscaldamento globale. Sulfattochesiainattounatendenzadelletemperaturemedieadaumentarecisono pochi dubbi all’interno della comunita’ scientifica internazionale. Laquestione da affrontare è piuttosto se tali aumenti siano attribuibiliall’attivita’ umana. Esistono pareri discordanti su questa relazione, ma almomento molti importanti studi sembrano supportare l’ipotesi che sial’uomoilresponsabiledirettodelriscaldamento.Duediessiinparticolaremeritanodiesseremenzionati.Ilprimoèunostudiocommissionatodalgovernobritannicoadunteamdiscienziati guidati da Sir Nicholas Stern, giá chief economist della BancaMondiale.Ilrapporto,intitolato“TheSternReview:theEconomicsofClimateChange”, è uscito nel 2006 ottenendo subito un forte risaltomediatico. Lesue principali conclusioni sono che il riscaldamento climatico potrebbecausarenelfuturounaperditadiredditoebenessereconsistente,echeper

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evitare cio’ è necessario investire circa l’1% del prodotto interno lordoglobale indiversemisuredimitigazioneeadattamento.LoSternReviewèstato oggetto di interesse ma anche di diverse critiche provenienti daambienti accademici, che hanno messo in luce le diverse inesattezze e laopinabile struttura teorica che si trova alla base delle proiezioni delrapporto.Il secondo è la serie di rapporti pubblicati dall’IPCC (IntergovernmentalPanelonClimateChange).L’IPCCèunorganismointernazionalecreatonel1988dall’Organizzazionemeteorologicainternazionaleedall’UNEP(UnitedNations Environment Programme) allo scopo di monitorare e valutare leinformazioni scientifiche relative aimutamenti climatici indotti dall’uomo.L’IPCCnonèuncentrodiricercaveroeproprio,nelsensochenonproducestudioriginali,mapiuttostomonitoralepubblicazioniscientifichesultema,presentandopoirapportiunasortedienormerassegnadellaletteraturachedescrivelostatodell’arte.FinoadorailPanelhapubblicatoquattrorapporti,nel1990,1995,2001e2007. Il quarto e ultimo rapporto concludeva che “la maggior partedell’aumento delle temperaturemedie globali dallameta’ del 20˚ secolo èmoltoprobabilmentedovutoall’aumentoosservatodelle concentrazionidigas serra di origine antropica”. Si tratta di un passo avanti rispetto alrapportodel2001,chenongiungevaaconclusionitantonette,affermandosoloche“lamaggiorpartedelriscaldamentoosservatonegliultimi50annièmoltoprobabilmentedovutoall’aumentoosservatodelle concentrazionidigasserra”.All’IPCCèstatoassegnatonel2007ilNobelperlaPace,perisuoisforzi“percostruire e diffondereunamaggiore conoscenza sui cambiamenti climaticicausati dall’uomo, e per aver gettato le basi per le misure necessarie acontrastare tali cambiamenti”. Il premio è stato condiviso con l’ex vice‐presidenteUsaAlGore,anch’egliattivosulletematicheambientalieautoredi un libro e un documentario sul cambiamento climatico intitolati “AnInconvenientTruth”.Sipuo’direquindiche,nonostantealivelloscientificolecontroversietra“scettici”delcambiamentoclimaticoe“prudenti”nonsianoancorastaterisolte,alivellopoliticoi“prudenti”abbianoinvecegiávinto.Da questi e altri studi si osserva chiaramente come la media delletemperature nel periodo 1880‐2004 si sia alzata di circa 0.6‐0.8 gradiCelsius.Glianni90sonostatiundecenniomoltocaldo,eil1998l’annopiùcaldo degli ultimi mille anni. Il grafico in figura 1.34mostra l’andamentodelletemperaturemedieglobalidisuperficieperilperiodo1850‐2005.Inoltreilriscaldamentononaccennaafermarsi.Ancheselaconcentrazionedi CO2 nell’atmosfera rimanesse costante alle attuali 380 ppm (cosaaltamente improbabile) si verificherebbe comunque un ulteriore aumentodellatemperaturadi0.5gradi,perchéatmosferaeoceanihannobisognoditempoperadeguarsialletrasformazioni.

47

Figura1.34Temperaturemediedisuperficiealivelloglobale(1850‐2005)

Fonte:Stern(2006)Nellafigura1.35sonoriportateleproiezionibasatesuidatiIPCCriguardantil’andamento futuro della temperatura. Sembrano non esserci dubbi,nonostante lacreazionediscenaridifferenti: la temperaturamediaglobalecontinuera’adalzarsi.Figura1.35Previsionisullatemperaturaglobale

Fonte:Undp(2007)sudatiIPCCIl riscaldamento globale del clima è gravido di potenziali conseguenze eripercussioni che meritano di essere studiate a fondo, e ogni grado diaumentoamplificainmanieraesponenzialeisuoieffetti.Siconsideriilcasodi un corpo umano soggetto a febbre: passare da 36.5 a 37.5 gradi puo’essere accettabile, ma una febbre a 38.5 diventa debilitante, e a 39.5pericolosa.Perquestoilriscaldamentoclimaticodeveessereanalizzatoneldettagliodellesuemolteplicirelazioniconilpianetael’attivita’umana.Traleprobabiliconseguenzedelriscaldamentosipossonocitare:

Part I: Climate Change – Our Approach

As anticipated by scientists, global mean surface temperatures have risen over the past century. The Earth has warmed by 0.7°C since around 1900 (Figure 1.3). Global mean temperature is referred to throughout the Review and is used as a rough index of the scale of climate change. This measure is an average over both space (globally across the land-surface air, up to about 1.5 m above the ground, and sea-surface temperature to around 1 m depth) and time (an annual mean over a defined time period). All temperatures are given relative to pre-industrial, unless otherwise stated. As discussed later in this chapter, this warming does not occur evenly across the planet. Over the past 30 years, global temperatures have risen rapidly and continuously at around 0.2°C per decade, bringing the global mean temperature to what is probably at or near the warmest level reached in the current interglacial period, which began around 12,000 years ago

8. All of the ten warmest years on

record have occurred since 1990. The first signs of changes can be seen in many physical and biological systems, for example many species have been moving poleward by 6 km on average each decade for the past 30 – 40 years. Another sign is changing seasonal events, such as flowering and egg laying, which have been occurring 2 – 3 days earlier each decade in many Northern Hemisphere temperate regions.

9

Figure 1.3 The Earth has warmed 0.7°C since around 1900. The figure below shows the change in global average near-surface temperature from 1850 to 2005. The individual annual averages are shown as red bars and the blue line is the smoothed trend. The temperatures are shown relative to the average over 1861 – 1900.

Source: Brohan et al. (2006)

The IPCC concluded in 2001 that there is new and stronger evidence that most of the warming observed over at least the past 50 years is attributable to human activities.

10 Their confidence is

based on several decades of active debate and effort to scrutinise the detail of the evidence and to investigate a broad range of hypotheses. Over the past few decades, there has been considerable debate over whether the trend in global mean temperatures can be attributed to human activities. Attributing trends to a single influence is difficult to establish unequivocally because the climate system can often respond in unexpected ways to external

8 Hansen et al. (2006)

9 Parmesan and Yohe (2003) and Root et al. (2005) have correlated a shift in timing and distribution of 130 different plant and animal

species with observed climate change. 10

IPCC (2001a) - this key conclusion has been supported in the Joint Statement of Science Academies in 2005 and a report from the US Climate Change Science Programme (2006).

STERN REVIEW: The Economics of Climate Change 5

1

The 21

st Century clim

ate challenge

HUMAN DE VELOPMENT REPORT 2007/2008 35

Heading for dangerous climate changeIn two important respects the IPCC’s best-estimate range for the 21st Century might understate the problem. First, climate change is not just a 21st Century phenomenon. Temperature adjustments to rising concentra-tions of CO2 and other greenhouse gases will continue to take place in the 22nd Century. Second, IPCC best-estimates do not rule out the possibility of higher levels of climate change. At any given level of stabilization, there is a proba-bility range for exceeding a speci! ed temperature. Illustrative probability ranges identified in modelling work include the following:• Stabilization at 550 ppm, which is below

the lowest point on the IPCC scenarios, would carry an 80 percent probability of

overshooting the 2°C dangerous climate change threshold.40

• Stabilization at 650 ppm carries a probability of between 60 and 95 percent of exceeding 3°C. Some studies predict a 35–68 percent likelihood of overshooting 4°C.41

• At around 883 ppm, well within the IPCC non-mitigation scenario range, there would be a 50 percent chance of exceeding a 5°C temperature increase.42

Probability ranges are a complex device for capturing something of great importance for the future of our planet. An increase in average global temperature in excess of 2–3°C would bring with it enormously damaging ecological, social and economic impacts. It would also create a heightened risk of catastrophic impacts, acting as a trigger for powerful feedback e" ects from temperature change to the carbon cycle. Temperature increases above 4–5°C would amplify the effects, markedly increasing the probability of catastrophic outcomes in the process. In at least three of the IPCC scenarios, the chances of exceeding a 5°C increase are greater than 50 percent. Put di" erently, under current scenarios, there is a far stronger likelihood that the world will overshoot a 5°C threshold than keep within the 2°C climate change threshold.

One way of understanding these risks is to re# ect on what they might mean in the lives of ordinary people. We all live with risks. Anybody who drives a car or walks down a street faces a very small risk of an accident that will create serious injury. If the risk of such an accident increased above 10 percent most people would think twice about driving or taking a stroll: a one in ten chance of serious injury is not a negligible risk. If the odds on a serious accident increased to 50:50, the case for embarking upon serious risk reduction measures would become overwhelming. Yet we are on a greenhouse gas emission course that makes dangerous climate change a virtual certainty, with a very high risk of crossing a threshold for ecological catastrophe. $ is is an overwhelming case for risk reduction, but the world is not acting.

In the course of one century or slightly more, there is a very real prospect that current

Global temperature forecast: three IPCC scenarios

Figure 1.2

Source: IPCC 2007a.

Mean surface warming projections (°C)

IPCC scenario A1B IPCC scenario A2 IPCC scenario B1

Note: IPCC scenarios descr ibe plausible future pat terns of populat ion growth, economic growth, technological change and associated CO 2

emissions. The A1 scenarios assume rapid economic and populat ion growth combined with rel iance on fossi l fuels ( A1F I ) , non-fossil energy ( A1T ) or a combinat ion ( A1B ) . The A2 scenario assumes lower economic growth, less globalizat ion and cont inued high populat ion growth. The B1 and B2 scenarios contain some mit igat ion of emissions, through increased resource ef f iciency and technology improvement ( B1) and through more localized solut ions ( B2 ) .

4

3

2

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2.5

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0.5

–0.5

Dangerous climate change

Relative to preindustrial levels Relative to 1990 levels

2000 2025 2050 2075 2100

Uncertainty range

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• Lo scioglimento dei ghiacciai. È da quasi due secoli che il ghiaccioarticostadiminuendo,maultimamentelavelocita’discioglimentoèaumentatacondecisione.Nel2007lacalottaglacialesieraridottaa3milionidikm2,unquartoinmenorispettoa30annifa, tantocheilfamoso“passaggioanord‐ovest”ètornatoadesserenavigabile

• L’innalzamento del livello del mare. L’IPCC prevede un ulterioreinnalzamentoduranteil21˚secolocompresotrai20ei60cm.Cio’causerebbegraviproblemiperlaconsistentefettadipopolazionedelmondo cheviveneipressidelle coste.Alcunepiccole isole, come leMaldive, sarebbero completamente sommerse costringendo lapopolazione ad emigrare. L’innalzamento provocherebbesconvolgimenti anche legati all’acqua salata che potrebbe risalire icorsi dei fiumi rovinando le coltivazioni, e infiltrarsi nelle faldeacquifere.

• Modificazioni della produttività agricola. Un effetto positivo delriscaldamentopotrebbeesserequellodirenderecoltivabiliterrecheattualmente sono ghiacciate, come la Groenlandia o il nord dellaRussia. Allo stesso tempo si verificherebbe una forte diminuzionedellepossibilita’agricolenellezonepiùcaldecomeilMediterraneoel’Africa Sub‐Sahariana, che vedrebbero invece avanzare ladesertificazione.

• Il riscaldamento promette di avere ripercussioni pesanti sugliecosistemiterrestri,condistruzionedihabitatnaturaliedestinzionedispecieanimalievegetali.

Questienumerosialtrifattoriinterconnessiinterferisconoconilcomplessomix di variabili presenti sul pianeta, e attualmente non siamo in grado diprevedereconcertezzaeprecisionelatotalita’delloroeffetto.Sicuramentevisarannocambiamenticheinfluirannosullasocietàumana,malaloroscalarimaneperilmomentoancoraunmistero.Secondo un principio di precauzione dovremmo comunque cercare dilimitare il più possibile il nostro impatto sulle determinanti dell’equilibrioterrestre,almenofinoachenonsaremoingradodigestiremeglioiflussiinentrataeinuscitadelnostroprocessoproduttivo.Checosaèstatofattofinoadora?Essenzialmentebenpoco.Sicuramentec’èstata una progressiva presa di coscienza collettiva riguardo agli effettidell’attivita’ umana sul pianeta e sul clima: il riscaldamento climatico èoggettodisemprepiùstudi, libriearticoli.Tuttaviaall’interessescientificosièfinoadoracontrappostounasostanzialeimmobilita’politica.Ilpiùimportanteaccordointernazionalevoltoamitigareglieffettisulclimatramiteunariduzionedelleemissioni inquinanti, ilProtocollodiKyoto, èsoprattuttonotoperesserestatolargamenteignorato.IlProtocollo,siglatonel 1997, prevede l’impegno delle nazioni firmatarie a ridurre ‐ di unapercentuale spesso ritenutamodesta ‐ le proprie emissioni di biossido dicarbonioealtrigas‐serra,conparticolareriferimentoaipaesimaggiormenteresponsabilidell’inquinamento,quelliindustrializzati.Il trattato prevedeva la ratifica da parte di un numero di stati cherappresentasseroalmenoil55%delleemissioniglobali,edèquindientrato

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in vigore solo nel 2005, dopo la ratifica da parte della Russia. Tuttavia laportata del trattato è stata quasi del tutto annullata a causa del rifiuto aratificare da parte di alcuni paesi, ed in particolare da parte degli USA,convinticheKyotosarebbecostatoeccessivamente,essendoloroiprincipaliresponsabilidelleemissioni.IlProtocollodiKyotoha identificatoancheun interessantemeccanismodiemissiontrading,chepermetterebbeloscambiodiquotediemissionidigasserra. Un paese molto inquinante potrebbe cioe’ comprare quote diemissionidaunaltropaesechelehainvecediminuiteinmisuramaggioreaipropri obiettivi. L’inquinamento atmosferico diventerebbe cosi’ un vero epropriobeneeconomico.Ipuntichiavediquestasezionesonocosi’riassumibili:

• L’impatto della specie umana sull’ecosistema terrestre è statoenorme. Ci siamo impossessati di grande parte dei servizi offertidall’ambiente, e inmolti casi li abbiamo sfruttati eccessivamente edegradati.Numerosistudiconfermanol’aumentodell’inquinamento,la modificazione degli equilibri naturali e la costante perdita dibiodiversita’.

• L’inquinamento atmosferico appare attualmente come il problemapiù rilevante. Il nostro sistema di produzione e consumo, basatosull’utilizzomassicciodicombustibili fossili,hacausatounaumentodei cosiddetti gas serra, che sembrano essere la principale causadell’innalzamentodelletemperaturemedieglobali.

• Il riscaldamento climatico è un fenomeno complesso e dinamico, dicuiconosciamosolo inparte lecaratteristiche.Essorischiadiavereuna serie di ripercussioni ambientali importanti, tra cui loscioglimento dei ghiacci, l’innalzamento del livello dei mari,l’avanzamento dei deserti e l’aumento di intensita’ e frequenza deifenomeninaturaliestremi.

• Nonostantelenumerosepotenzialiconseguenzesullasocietàumana,ancora poco è stato fatto a livello internazionale per gestire lasituazione.IlprotocollodiKyoto,maggiorerisultatofinoraraggiunto,poneobiettivimodestiedèstatolargamentenonrispettato.

1.5GovernanceglobaleeistituzioniSi è visto nei capitoletti precedenti come la nostra società umana siacostretta ad affrontare numerose questioni profondamente interconnesse.Lapopolazionemondialestaancoracrescendoaritmivelociequestohaunaserie di conseguenze non sempre facilmente gestibili come povertá,disuguaglianza,inquinamento,riscaldamentoglobale,dipendenzadafontidienergianonrinnovabile,scarsita’d’acquaecrisialimentari.Queste problematiche si aggiungono alle numerose questioni regionali enazionalia cui tutti ipaesi sonoobbligatia fare frontequotidianamente,echerientranonellasferaeconomica,sociale,politicaereligiosa.

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Economia.Ogninazioneè tenutaa farquadrare ipropri conti, sfidamoltocomplessa,eaffrontareproblemicomeladisoccupazione,ildebitopubblico,la gestione dei sistemi di sicurezza sociale (in particolare il sistemapensionistico), e dell’apparato di amministrazione statale. Oltre a questodeve inserirsi nello scenario economico internazionale, preoccuparsidell’andamentodellapropriavalutasuimercati,gestireilcommerciodibenieserviziconglialtripaesi.Societá.Iproblemisocialivarianoperareageografica.Sicuramenteunodeimaggiori problemi che affliggono ogni parte del mondo è la povertà el’emarginazione sociale, diffusa ancora oggi anche nei paesi sviluppati.Secondo loUSCensusBureaunegliStatiUnitivivono inregimedipovertàcirca 37milioni di persone, che rappresentano il 12.5%della popolazionetotale.Politica. Ingranpartedelpianetasièormai imposto il sistemadigovernodemocratico basato sulla divisione dei poteri. Ogni paese deve quindiscegliere la propria classe governante, che deve poi gestire le questionipolitiche interne ed internazionali. La politica internazionale èparticolarmente impegnativa: è necessario tenere conto dello scacchiereinternazionaleepoideciderecomecollocarsialsuointerno,conqualipaesistringere maggiore amicizia e collaborazione. Esistono ancora conflittiarmati sia internazionali che regionali e nazionali (Medio Oriente, Africaetc.).Ognigiorno lecircostanzedelsistemasimodificanoe ipaesidevonofar fronte ai cambiamenti armati del proprio corpo diplomatico e alcunevoltedelloroarsenalemilitare.Religione. Ancora adesso la religione è un fattore fondamentale per lacondivisione dello spazio del pianeta. Numerosi paesi e regioni devonocostantemente gestire le tensioni di carattere religioso che pervadono leloro società e che spesso sfociano in violenze e conflitti, come avviene adesempiodadecenniinIndiaePakistan.La complessita’ delle questioni è straordinaria. Esiste peró una differenzaessenziale tra esse e le problematiche esposte invece nelle sezioniprecedenti. Gli stati nazionali sono dotati di un apparato di potere e digestione, che solitamente è ben strutturato e preparato. Nei territorinazionaliesistonoregolesicure,laleggeèsuscettibiledicambiamentimaèfatta rispettaregrazieaorganigiudiziarieapparatidipolizia.Lastrutturadellostatosidiversificadisolito insotto‐sistemiecentridiautorita’,acuivengono attribuiti poteri specifici su determinate questioni, come iministeri.Le questioni presentate invece nei paragrafi precedenti non sono sotto lagestionedinessuno.Chi decide la politica demografica delmondo?Nessuno. Ogni stato decidepercontosuo,eanzimoltospesso ledecisionisonodisegnooppostodatochelecondizionicambianoasecondadelcontestoedellageografia.LaCinaadesempiostaseguendodaalcunianniunapoliticacoercitivacheimponedi limitare a uno il numero dei figli; l’India durante gli anni 70 avevapredispostopianidisterilizzazionedimassapoifalliti;l’Italiainvece,chesenonfosseperl’immigrazioneavrebbetassidicrescitanegativi,cercadifare

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ilcontrario,incentivandolariproduzione.Inalcunicasiledecisioniriguardoaifigliavvengonosuunosfondopolitico‐religioso,comeaccadeadesempioinPalestina.Comeconseguenzaovvialapopolazionemondialeèfuoriognicontrollo.Lasuaevoluzioneèabbastanzafacilmentestudiata,scompostaeanalizzatamail più delle volte le conclusioni che ne derivano non sono utilizzate daigoverni come base per prendere decisioni. Soprattutto nei paesi africani igoverninonsonoabbastanzafortiperimplementarepolitichedemograficheefficaci e la riproduzione rimane nell’esclusiva sfera di decisione dellesingole famiglie, fenomeno che in contesti di povertà porta solitamente atassidicrescitaelevati.Oppure: chi decide i tassi di estrazione delle risorse necessarie allaproduzione?Appare evidente come almomento le risorse non rinnovabilisiano gestite in modo non ottimale. La teoria economica si è spessodomandata quale sia il sentiero ottimale di risorse finite; tuttavia ilproblema è che nella realta’ il loro utilizzo dipende in primo luogo daconsiderazioni “politiche”, che sono difficilmente inseribili in modelliesplicativi.Il petrolio ad esempio è una risorsa fondamentale per l’intero nostrosistemaeconomicoe sociale, eppureancoraoggi la suagestioneè affidataprevalentementeapolitica,diplomaziaeguerre.Sefosseununicopaeseadestrarreeconsumareilpetrolioprobabilmentesipotrebbe individuare un percorso di sfruttamento “sostenibile”, cioe’ chepreveda tassidi consumocompatibili con la creazionedinuove tecnologiepronteasostituireilpetrolio.Ilfattocheleriservesianodistribuiteinmodononuniformelungolacrostadelpianeta‐legatoallavitaleimportanzachela risorsa rivesteovunque, ancheneipaesi senza riserve ‐ rende invece lasua gestione incredibilmente più complicata. Gli Stati Uniti, maggioreconsumatore di combustibili fossili a livello globale, sono impegnati dadecenniinpolitichecheassicurinoallasuapopolazioneuncostanteflussodirisorse, senza le quali l’intero sistema di american way of life nonrisulterebbe possibile. Cio’, unitamente ad altre ragioni ugualmentepolitiche, ha fatto si’ che la gestione globale del petrolio non assomiglinemmenolontanamenteaquellasuggeritadallateoria.I conflitti armati lungo la storia dell’uomo sono spesso stati legati aquestioni relative al possesso e all’utilizzo delle risorse, e le guerre piùrecentinonfannoeccezione.LaprimaguerradelGolfo,l’invasionedell’Iraqdel 2003, le frequenti guerre civili e ribellioni in ogni parte dell’Africa, letensioni geopolitiche tra gli USA e paesi ricchi di petrolio come Iran eVenezuela,ogliattrititralaRussiaeleex‐repubblichesovietiche:tuttocio’si inserisce nel complesso quadro di competizione internazionale perl’accessoallerisorse.Undiscorsosimilesipuo’fareperl’inquinamento.Leemissionidigasnocividipendonoinmododirettodalsistemadiproduzioneeconsumo.Lenazioniindustrializzate, e in particolare gli USA, hanno un stile di vitaparticolarmente “pesante” ‐ nel senso che consumano tanto e inquinanotanto ‐ a cuiperónonhannonessuna intenzionedi rinunciare.Allo stesso

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modo le nazioni in via di sviluppo stanno velocemente aumentando leproprieemissioni,ma leconsiderazioniambientalihannopocapresasudiloro, che hanno come primo obiettivo quello di svilupparsi emigliorare illivellodiredditodellapopolazione.Èripetutoovunquechesetuttiicinesiadottasserolostessostilediconsumodegliamericaniillivellodiinquinamentodiventerebbeinsostenibile.Questoèprobabilmentevero:se ipaesi inviadisviluppocrescesseronellostessomodo dei paesi industrializzati, ci ritroveremmo quasi sicuramente in unpianetadegradatoinmodoirreparabile.Il punto essenziale è che nessuno puo’ obbligare i paesi ad inquinare dimeno, ameno che siano gli stessi paesi ad impegnarsi inmaniera seria eresponsabile ad una riduzione delle emissioni. Tale obiettivo, accettato inlineateoricapiùomenodatutti,siscontraperóconaltreconsiderazionidicarattere economico e politico –come ad esempio scongiurare effettinegativi sulla crescita economica – che hanno un orizzonte di piu breveperiodo,eperciorisultanospessopiuimportantiagliocchideigovernanti.Come nel caso delle risorse, nonostante l’evidente importanza delleconseguenzederivantidaunpianetainquinato,nonsièriuscitifinoadoraadarrivareadunalineadicondottacomune,allacostituzionediunsistemacondivisodiregole,oallacreazionediautorita’regolatorie.Ancoraoggiglistati, presi dalle circostanze, preferiscono agire per conto e interesseproprio.Aquestogenerediquestionièstatodatoilnomediglobalcommons.Il termine “commons” ‐ originariamente utilizzato per indicare i terrenicondivisidaunacomunita’perfarpascolareilbestiame‐sipuo’tradurrein“risorsecomuni”,mailsuosignificatoèpiùampio,indicandoessononsolorisorse in senso stretto,ma questioni e problematiche comuni, legate allagestione di variabili, flussi o stock, che devono essere condivisi da unamolteplicità di soggetti. Percio’ si usa il termine non solo per i fiumi chescorrono in regioni e paesi diversi, ma anche per la questionedell’inquinamento, che non è di certo una risorsa, o della crescita dellapopolazione.Nel caso specifico si aggiunge il termine “global”, per indicare come icommons siano di pertinenza dell’intero pianeta e della specie umana nelsuocomplesso.Checosaèstatofattofinoadorapergestireiglobalcommons?Conununcertomarginediapprossimazionesipuo’direchetuttocio’cheèattualmentemessoinattoatalescopoèricompresonelcomplessosistemadelleNazioniUnite.Gianelprimodopoguerradiversenazioniavevanoritenutodi crearedelleassembleeperprenderedecisionicomuni.Nel1919,aseguitodelTrattatodi Versailles, venne creata la Societá delle Nazioni, principalmente voltaallaprevenzionedeiconflittiarmatieallagestionediterritoricoloniali.Purcostituendountentativodiarmonizzazioneinternazionalesenzaprecedenti,laSocietádelleNazionisoffrivadialcunigravidifetti–comeilcaratterepiùeuropeochemondiale,soprattuttodopoladecisionedegliStatiUnitidinon

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entrare a farne parte, il potere di veto concesso ad ogni membro che neostacolavailfunzionamentoelamancanzadiunapropriaforzamilitare–evenneinfinetravoltadalloscoppiodellasecondaguerramondiale.Il processo d’integrazione venne ripreso solo a conflitto ultimato conl’istituzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) duranteun’apposita conferenza internazionale svoltasi a San Francisco nel 1945.Sulla Carta delle Nazioni Unite sono enunciati i suoi obiettivi, checomprendonoilmantenimentodellapaceedellasicurezzainternazionale,losviluppodi relazioni amichevoli trapaesi e la cooperazione internazionalevoltaallasoluzionediproblemicomuni.LaCartaspecificaanchelastrutturadell’Organizzazione.Suoiorganiprincipalisono:

• L’AssembleaGenerale.Essaèformatadairappresentantidituttiglistati membri (che sono al momento 19219). L’assemblea, oltre acostituire un forum aperto di discussione, elegge il SegretarioGenerale, i giudici della Corte Internazionale e i dirigenti degli altriorganiOnu, assumedecisioni amministrative e di budget, decide inmeritoamodificazionidellaCartaeall’ingressodinuovimembri.

• Il Consiglio di Sicurezza. Il Consiglio ha come scopo principale ilmantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Ècostituitoda15membri,dicui5permanenticonpoterediveto(USA,Russia, Francia, Gran Bretagna e Cina) e 10 eletti dall’AssembleaGeneraleperunperiododidueanni inmodotaledarappresentaretutti i continenti. Al contrario dell’Assemblea, che puo’ solo fornire“raccomandazioni”, le decisioni prese dal Consiglio hanno caratterevincolante.

• Il Segretariato. Tale organo ricopre le funzioni amministrativedell’Onu.ÈguidatodalSegretarioGenerale,elettodall’Assembleasusegnalazione del Consiglio di Sicurezza, che rimane in carica per 5anni.IlSegretarioGeneraleèunafiguradifondamentaleimportanzanel sistema Onu, essendo l’anello principale di ogni processo dimediazioneenegoziazionee la “faccia”ufficialedelleNazioniUnite.Dal2007ilruoloèricopertodaBan‐Ki‐Moon,sudcoreano.

• Il Consiglio Economico e Sociale. Esso svolge un ruolo diconsultazione e di coordinamento delle attivita’ di carattereeconomico e sociale dell’Onu e delle sue istituzioni specializzate. Sicomponedi54membrielettiperunperiododitreanni,esiarticolainnumerosecommissioni, tecniche(commissionesullapopolazione,sulla condizione della donna, sulle sostanze stupefacenti, etc.) eregionali(commissioneeconomicaperl’Africa,perl’AmericaLatinaeiCaraibi,etc.)

• LaCorteInternazionalediGiustizia.Sitrattadelprincipaleorganogiurisdizionale delle Nazioni Unite e ha lo scopo principale didirimere ledisputetrastatimembrie fornireconsulenzegiuridiche

19GliunicistatinazionalicheancoranonfannopartedelleNazioniUnitesonoCittádelVaticanoeTaiwan

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Principal Organs

The United Nations System

Trusteeship Council

Military Staff Committee

Standing Committee and ad hoc bodies

Peacekeeping Operations and Missions

Counter-Terrorism Committee

Programmes and Funds UNCTAD United Nations Conference on

Trade and Development

ITC International Trade Centre (UNCTAD/WTO)

UNDCP1 United Nations Drug Control Programme

UNEP United Nations Environment Programme

UNICEF United Nations Children’s Fund

Research and Training Institutes UNICRI United Nations Interregional

Crime and Justice Research Institute

UNITAR United Nations Institute for Training and Research

Other UN Entities UNOPS United Nations Office for Project Services

UNU United Nations University

Other UN Trust Funds8

2 UNRWA and UNIDIR report only to the GA.

4 In an exceptional arrangement, the Under-Secretary-General for Field Support reports directly to the Under-Secretary-General for Peacekeeping Operations. 5 IAEA reports to the Security Council and the General Assembly (GA). 6 The CTBTO Prep.Com and OPCW report to the GA. 7 Specialized agencies are autonomous organizations working with the UN and each other through the coordinating machinery of the ECOSOC at the

intergovernmental level, and through the Chief Executives Board for coordination (CEB) at the inter-secretariat level. 8 UNFIP is an autonomous trust fund operating under the leadership of the United Nations Deputy Secretary-General. UNDEF’s advisory board recommends

funding proposals for approval by the Secretary-General.

International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia (ICTY)

International Criminal Tribunal for Rwanda (ICTR)

Economic and Social Council

International Court of Justice

Functional Commissions Commissions on:

Narcotic Drugs Crime Prevention and Criminal Justice Science and Technology for

Development Sustainable Development Status of Women Population and Development

Commission for Social Development Statistical Commission

Regional Commissions Economic Commission for Africa (ECA)

Economic Commission for Europe (ECE)

Economic Commission for Latin America and the Caribbean (ECLAC)

Economic and Social Commission for Asia and the Pacific (ESCAP)

Economic and Social Commission for Western Asia (ESCWA)

Other Bodies Permanent Forum on Indigenous Issues

United Nations Forum on Forests

Sessional and standing committees

Expert, ad hoc and related bodies

Related Organizations WTO World Trade Organization

IAEA5 International Atomic Energy Agency

CTBTO Prep.Com6 PrepCom for the Nuclear-Test-Ban Treaty Organization

OPCW6 Organization for the Prohibition of Chemical Weapons

Specialized Agencies7

ILO International Labour Organization

FAO Food and Agriculture Organization of the United Nations

UNESCO United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization

WHO World Health Organization

World Bank Group IBRD International Bank

for Reconstruction and Development

IDA International Development Association

IFC International Finance Corporation

MIGA Multilateral Investment Guarantee Agency

ICSID International Centre for Settlement of Investment Disputes

IMF International Monetary Fund

ICAO International Civil Aviation Organization

IMO International Maritime Organization

ITU International Telecommunication Union

UPU Universal Postal Union

WMO World Meteorological Organization

WIPO World Intellectual Property Organization

IFAD International Fund for Agricultural Development

UNIDO United Nations Industrial Development Organization

UNWTO World Tourism Organization

Security Council General Assembly

Subsidiary Bodies

Main committees

Human Rights Council

Other sessional committees

Standing committees and ad hoc bodies

Other subsidiary organs

Advisory Subsidiary Body United Nations Peacebuilding

Commission

NOTES: Solid lines from a Principal Organ indicate a direct reporting relationship; dashes indicate a non-subsidiary relationship. 1 The UN Drug Control Programme is part of the UN Office on Drugs and Crime.

3 The United Nations Ethics Office, the United Nations Ombudsman’s Office, and the Chief Information Technology Officer report directly to the Secretary-General.

UNDP United Nations Development Programme

UNIFEM United Nations Development Fund for Women

UNV United Nations Volunteers

UNCDF United Nations Capital Development Fund

UNFPA United Nations Population Fund

UNHCR Office of the United Nations High Commissioner for Refugees

WFP World Food Programme

UNRWA2 United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East

UN-HABITAT United Nations Human Settlements Programme

UNRISD United Nations Research Institute for Social Development

UNIDIR2 United Nations Institute for Disarmament Research

UN-INSTRAW United Nations International Research and Training Institute for the Advancement of Women

UNSSC United Nations System Staff College

UNAIDS Joint United Nations Programme on HIV/AIDS

Subsidiary Bodies

UNFIP United Nations Fund for International Partnerships UNDEF United Nations Democracy Fund

Secretariat

Departments and Offices OSG3 Office of the

Secretary-General

OIOS Office of Internal Oversight Services

OLA Office of Legal Affairs

DPA Department of Political Affairs

UNODA Office for Disarmament Affairs

DPKO Department of Peacekeeping Operations

DFS4 Department of Field Support

OCHA Office for the Coordination of Humanitarian Affairs

DESA Department of Economic and Social Affairs

DGACM Department for General Assembly and Conference Management

DPI Department of Public Information

DM Department of Management

UN-OHRLLS Office of the High Representative for the Least Developed Countries, Landlocked Developing Countries and Small Island Developing States

OHCHR Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights

UNODC United Nations Office on Drugs and Crime

DSS Department of Safety and Security

!"

UNOG UN Office at Geneva

UNOV UN Office at Vienna

UNON UN Office at Nairobi

Published by the United Nations Department of Public Information

DPI/2470—07-49950—December 2007—3M

adAssembleaeConsiglio.Ècompostadi15giudiciindipendenticonunmandatodi9anni.

Intornoaquestiorganiprincipalisiègradualmentecostituitouncomplessosistemacompostodafondi,programmi,commissionieagenzie.Figura1.36IlsistemaNazioniUniteFonte:www.un.orgEsistono all’interno del sistema Onu diverse istituzioni preposte allagestione dei global commons che sono stati descritti. Ne presentiamo quialcune.Undp(UnitedNationsDevelopmentProgramme).Creatonel1966,sioccupadi realizzare progetti e ricerche su questioni legate alla riduzione dellapovertà, alla governance partecipata dello sviluppo territoriale, allapromozionedelruolodelladonnaealtreancora.L’Undpèunodeimaggiorisostenitoriediffusoridelconcettodisviluppoumanosostenibile.Ogniannopubblica lo Human Development Report, in cui viene calcolato lo HumanDevelopment Index, un indice di sviluppo dei paesi che considera altrevariabili oltre alla crescita economica, come aspettativa di vita e grado diistruzione.HasedeaNewYork.Unep (United Nations Environmental Programme). Nato nel 1972 con loscopodiincentivarelatutelaambientaleel’utilizzosostenibiledellerisorse

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naturali, con sede a Nairobi. Pubblica numerosi rapporti su diverseproblematiche ambientali specifiche, cosi’ come rapporti piu generali. Nel2007 ad esempio ha pubblicato un interessante e voluminoso rapportointitolatoGlobalEnvironmentOutlook(GEO4).Fao (Food and Agriculture Organization). Si tratta di un agenziaspecializzata,consedeaRoma,chehatraisuoiobiettiviquellidiaiutareadaccrescere i livelli di nutrizione, aumentare la produttività agricola emigliorare la vita delle popolazione rurali. Pubblica numerosi rapporti sualimentazione, agricoltura e food security, come lo State of Food andAgriculture e loStateof Food Insecurity. Inoltre gestisceFaoStat, unodelleprincipalibanchedatisuquestionilegateall’agricoltura.Unctad(UnitedNationsConferenceonTradeandDevelopment).Creatanel1964, con sedeaGinevra, l’Unctad si occupadi commercio, investimenti esviluppo, con particolare attenzione ai paesi in via di sviluppo. Pubblicaannualmente il Trade and Development Report, che analizza i trendeconomicielequestionidipolicydirilevanzainternazionale.Sempre ricomprese nel sistema Onu, ma molto più indipendenti, vi sonoalcuneistituzionidicarattereeconomico:WorldBank (WB). Si trattadiunabanca internazionale creatadurante laConferenzadiBrettonWoodsnel1944. LaBanca è in realta’ compostadapiùorganizzazioniconscopiparzialmentedifferenti.Ingeneralesipuo’direche il suo scopo sia quello di assicurare assistenza finanziaria e tecnica aipaesiinviadisviluppoperridurrelapovertà,ediconcedereallostessofineprestitiegaranzie.OgniannopubblicailWorldDevelopmentReport.InternationalMonetaryFund(IMF).Creatonel1946,essosipreoccupadipromuovere la cooperazione monetaria internazionale e di mantenerestabilita’eordinedei rapportidicambio.Concede inoltreprestitiagli statiperaffrontaretemporaneidisequilibrinellabilanciadeipagamenti.IlFondoè stato oggetto di numerose critiche negli ultimi anni, soprattutto per iprogrammidiriformachecondizionanoiprestiti, improntatisuunateoriaeconomica iperliberista.Pubblicaognianno ilWorldEconomicOutlook e ilGlobalFinancialStabilityReport,oltrechenumerosestatistiche.WorldTradeOrganization (WTO).Nato nel 1995 a seguito dell’UruguayRound, un lungo processo di negoziazioni svoltosi tra i paesi aderenti alprecedenteGatt (GeneralAgreementonTradeandTariffs). I suoiobiettivisonol’espansionedelcommerciointernazionaleelariduzionedellebarrieretariffarie ‐ e non – applicate su beni, servizi e proprieta’ intellettuali.Funziona come forum di negoziazione sulle normative che regolano ilcommercio e come organo per la risoluzione delle dispute commerciali.L’ultimorounddinegoziazioni,ilDohaRound,sièrecentementeinterrottoacausadelledivergenzetrapaesiindustrializzatieinviadisviluppo.Nonostante la complessita’ del sistema esiste tuttavia un problemafondamentalecherischiadilimitarnel’efficacia,ovverocheleNazioniUniterimangonosempreecomunquerappresentazionedellavolonta’deglistatichenefannoparte,edaessiultimamentedipendono.Per questo sono dotate di limitato potere impositivo e la loro azione èspesso ostacolata inmododeterminante dalle ritrosie degli stati nazionali

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ad impegnarsi. Abbiamo ricordato nel paragrafo precedente come ilProtocollodiKyotosisiarivelatototalmenteinefficaceacausadellascarsapropensionedialcunipaesiarispettarneleindicazioni.

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2.L’economiadellasostenibilitáIntroduzioneAbbiamo visto nel primo capitolo come le questioni globali che la societàumana si ritrovi attualmente ad affrontare siano complesse e legate darelazioniprofondeedinamiche.Popolazione,povertà,risorse,inquinamentoe governance non sono tuttavia argomenti nuovi per l’analisi sociale edeconomica.Loscopodelsecondocapitoloèquellodioffrireunapanoramicadelleidee,dei filoni teorici e dei contributi della disciplina economica che hannoaffrontatolequestionipresentatenelprimocapitolo.2.1L’economiapoliticaclassicaNonostante una “economia della sostenibilitá” propriamente detta trovi lesuebasi nel filonedell’economia ecologica, disciplina chenasce solamentenellasecondapartedel20˚secolo,esistonodeiprecedentidifondamentaleimportanza tra alcuni autori “classici”, quando ancora l’economia politicafacevapartedelgrandecampodellafilosofiamorale.L’ideachelacrescitaeconomicapossaaveredeilimitielaprospettivacheilraggiungimento di uno stato stazionario sia nel lungo periodo inevitabileerano ben presenti nelle analisi dell’economia politica classica. Nellamaggior parte dei casi l’esaurirsi della crescita era vista come unaprospettivaadirpocospiacevole.Ad esempio Adam Smith, uno dei grandi padri dell’economia moderna,autorediTheWealthofNations(1776),analizzandolatendenzadeltassodiprofittoadiminuire,ipotizzavaunconseguenterallentamentodellacrescitae un avvicinamento ad uno stato stazionario. Tuttavia secondo Smith cio’sarebbedacombattereedevitarepoiche’”lostatodiprogressoèinrealta’lostato felice e sano di tutti i diversi ordini della società” mentre quellostazionariosarebbe“tedioso”,equellodideclino“malinconico”.Anche DavidRicardo, altro grande economista britannico, credeva che ilsistema economico tendesse verso uno stato stazionario a causa dellapressione demografica sulle terre coltivabili e dei rendimenti agricolidecrescenti,maeraallostesso tempoconvintoche l’umanita’ fosseancoralontanadaunasituazione“cosi’spiacevole”.Sono peró altri due economisti classici ad essersi guadagnati il maggiornumerodicitazionineilavoridedicatiallosvilupposostenibile:JohnStuartMilleThomasRobertMalthus.J.S. Mill (1806‐1873), filosofo ed economista britannico, affronta laquestione dello stato stazionario nei suoi Principi di Economia Politica(1848). A differenza di Smith e Ricardo la prospettiva di un esaurimentodella crescitanon sembra angosciare l’autore. Scrive infattiMill: “confessochenonmipiacel’idealedivitasostenutodacolorochepensanochelostatonormaledegliuominisiaquellodiunalottaperprocedereoltre;chel’urtarsielospingersigliuniconglialtri,cheformailtipoesistentedellavitasociale,

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sialasortemegliodesiderabileperilgenereumano,enonunodeipiùtristisintomidiuna fasedelprogressoproduttivo”. SecondoMill “la condizionemigliore per la natura umana è quella in cui, mentre nessuno è povero,nessuno desidera di divenire più ricco, ne deve temere di essere respintoindietrodaglisforzideglialtriperavanzare”.Le nazioni si sforzano allo spasimo per ottenere un aumento dellaproduzione e dell’accumulazione di capitale ma tale aumento èsostanzialmente inutile fino a che l’incremento della popolazione o altrecause impediscono una diffusione del benessere conquistato all’interasocietá.Perquestomotivo seneipaesi arretratiunamaggioreproduzioneha ancora un senso, in quelli progrediti vi sarebbe solo bisogno di unamigliore distribuzione, accompagnata da una rinuncia alla frenesia diaccumulodiricchezza.”Scrive ancora Mill: “una condizione stazionaria del capitale e dellapopolazionenonimplicaaffattounostatostazionariodelprogressoumano.Visarebbesemprealtrettantoscopoperognispeciediculturaintellettuale,e per il progresso morale e sociale; ed altrettanto campo di perfezionarel’arte della vita, con una probabilita’ molomaggiore di perfezionarla, unavolta che lementi degli uomini non fossero più assillate dalla gara per laricchezza. Anche le arti industriali potrebbero essere coltivate con ugualeintensita’ e con uguale successo, con questa sola differenza, che invece dinon servire ad altro scopo che all’accrescimento della ricchezza, imiglioramenti industriali produrrebbero il loro effetto legittimo, quello diabbreviareillavoro”.Comesivedra’nelprosieguodelcapitolo, le ideediMillhannofortementeinfluenzatomoltistudiosidel20˚secolo,esuggeritoadHermanDalylasuateoriasullasteady‐stateeconomy.Ancorapiùnotaeinfluenteèl’operadiT.R.Malthus(1766‐1834).Nel1798Malthus,reverendodellaprovinciainglesepocopiùchetrentenne,pubblicail suoSaggio sulPrincipiodiPopolazione, unpamphletdestinatoa causarenumerosidibattitineidecenniesecoliaseguire.Nel saggio è esposta con grande chiarezza e forza esplicativa una singolaidea, poi sviluppata e argomentata con le statistiche disponibili all’epoca:esiste una stretta relazione tra l’andamento della popolazione umana e lerisorsenecessarieal suosostentamento.Principalecaratteristicadiquestarelazione è la differenza nei passi di crescita tra le due variabili. Lapopolazione, formata da individui incapaci di controllare i propri istintisessuali,cresceseguendounaprogressionecheMalthuschiamageometrica(1,2,4,8,16 e cosi’ via: oggi la chiameremmo esponenziale); le risorsealimentari invece, limitate dalla “avarizia della Natura”, evolvono secondounaprogressionearitmetica(1,2,3,4etc.).Appareevidentecomeconilpassaredeltemposicreiunadivergenzatralamassa della popolazione e i mezzi necessari al suo sostentamento.Considerato peró che le due grandezze devono alla fine coincidere, lapopolazioneècostrettaasvilupparsisecondoilritmodellerisorse:sideveristabilire un equilibrio tra l’esplosione demografica e le possibilita’alimentaridelpianeta.

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Malthus individua due possibili ostacoli all’aumento della popolazione. Inprimo luogo sono gli stessi individui che possono decidere di limitare ilnumero di figli, in considerazione dell’ammontare di risorse di cuidispongono.Siparla inquestocasodi“preventivechecks”.Segliuominisirivelano invece incapaci di programmare con saggezza il proprio futurofamiliare, sara’ la Natura stessa a mettere in atto una seconda classe diostacoli,icosiddetti“positivechecks”,ovveromortalita’infantile,epidemie,guerre e carestie. Questi meccanismi hanno l’effetto di riportare lapopolazioneadunlivelloadeguatoaimezzidisussistenzadisponibili.Figura2.1Evoluzionedipopolazioneecibonellateoriamalthusiana

Fonte:WikipediaL’opera incontro’, all’epoca della sua pubblicazione, accese resistenze ecritiche che evidenziavano limiti e difetti nell’analisi, che indubbiamenteesistono. Nonostante questo Malthus ebbe il merito di evidenziare per laprimavoltaconchiarezzalemoltepliciconnessionicheleganol’evoluzionedellapopolazioneconladisponibilita’dellerisorseeconl’ambiente.Di certo le pessimistiche previsioni di Malthus non si sono (per ora!)avverate.Proprioapartiredal18˚secolo,comesièvistonellaprimaparte,si è avuta una esplosione demografica senza precedenti, che non è statalimitatadaalcunalimitatezzadellerisorse,maèstataanziaccompagnatadaunlorostraordinarioaumento.SonoinparticolaredueifattoricheMalthusnonavevaconsideratonellasuaanalisi. Il primo è l’enorme e veloce progresso tecnologico dei secolisuccessivi,trainatodallascopertaedalladiffusionedinuovetecnicheutiliatrasformare l’energia in lavoro, che ha causato un forte aumento dellaproduttivitàagricola20.Ilsecondofuilprocessoditransizionedemografica,che vide una graduale ma generale diminuzione del tasso di fertilita’ neipaesichepercorrevanolastradadellosviluppoeconomico.

20Sivedanoidatiriportatinellasezione1.4

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In ogni caso sarebbe uno sbaglio non considerare del tutto le suggestionievocate daMalthus, che non sono state dimenticate, e anzi hanno offertoanchedurante il 20˚ secolonumerosi spuntididibattito. Il problemadellapopolazione, e del suo rapporto con le risorse, ha continuato arappresentare una problematica scottante, ed è stato ancora molte volteanalizzato.Vale la pena accennare qui ad alcuni altri contributi che hanno avutorilevanzanellosviluppodell’economiadellasostenibilità.Adesempio la visionedel sistemaeconomico comeun sistema “organico”,piuttostochemeccanico,risaleallascuoladeiFisiocratici,ed inparticolareal loro principale esponente, Francois Quesnay (1694‐1774). Quesnay,influenzatodallasuaformazioneinmedicina,vedevalasocietàel’economiacomesoggettealle legginaturali, inmodosimileadunorganismovivente.Anchelastrutturaeconomicadiunanazioneècostituitadadiversiorgani,ela circolazione della ricchezza puo’ essere assimilata alla circolazione delsangue: per questo motivo il funzionamento dell’economia puo’ essereparagonatoalfunzionamentodiuncorpoumano,estudiatoinmodosimile.Anche Alfred Marshall (1842‐1924), solitamente ricordato per il suocontributo alla fondazione marginalista dell’economia neoclassica, avevascritto nei suoiPrincipi di Economia del 1890 che “l’azione della natura ècomplessa,enullasiguadagna(...)pretendendochesiasempliceecercandodi descriverla in una serie di proposizioni elementari”, e che se glieconomisti vogliono affrontare questa complessita’ è alla biologia chedevono rivolgersi per trovare gli strumenti e i metodi corretti d’analisi.ScriveMarshall: “laMeccadell’economistaè labiologiadinamica,piuttostocheladinamicaeconomica”.Infine va ricordata l’opera di un allievo di Marshall, Arthur Cecil Pigou(1877‐1959), che ha introdotto nell’analisi neoclassica il concetto diesternalita’,ovverodicostiobeneficiderivantidaun’attivita’economicachenon vengono presi in considerazione da chi producema che hanno effetti(positivionegativi)sualtriagenti.L’inquinamentoèunclassicoesempiodiesternalita’ negativa. Tale impianto teorico è stato utilizzato con grandefrequenza dal filone dell’economia ambientale sviluppatosi nella secondameta’del20secolo.2.2.Glianni60:lariscopertadellaNaturaSipuo’abuonaragioneaffermarechedopo leanalisideiprimieconomisticlassici,iltemadelrapportotraeconomia,popolazioneerisorsesiapassatoin secondo piano nell’agenda della ricerca economica per lungo tempo.L’affermazionedell’economianeoclassicamarginalistaduranteil19˚secoloha avuto come effetto un progressivo distaccamento tra la disciplina e larealta’ economica, che ha portato a sottovalutare l’importanza delletematicheambientali.Aspiegazionediquestatendenzasipuo’direchefinoa qualche decennio fa gli economisti non ritenevano affatto necessarioaffrontare il problema della sostenibilità, ingannati da un’apparentedisponibilita’illimitatadellerisorse.

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Fu solamente a partire dalla fine della seconda guerra mondiale edall’instaurazione del sistema produttivo moderno, capitalistico eglobalizzato, che le questioni della sostenibilità e delle relazioni trapopolazionee ambiente ritornaronoad interessare con forzaeconomisti estudiosidialtrediscipline.Cio’èattribuibileadiversifattoridicuisiinizio’aprenderepienacoscienzasolo in quei decenni e che hanno preparato il terreno per la comparsadell’economiaecologicaedambientale.Inprimoluogovifuuncambiamentodipercezioniriguardol’inquinamentoepiùingeneralel’ambiente:sidiffusein quegli anni una nuova consapevolezza sul fatto che la società umana èinserita in un ecosistema più grande con il quale interagisce in manieradinamica e che deve essere preso in considerazione. L’opinione pubblicascopri’chelosviluppoeconomico,portatoredibenessere,potevaallostessotempo avere conseguenze nefaste sull’ambiente, e creare all’uomo danniinvece che benefici. Tematiche come l’inquinamento nucleare, l’usomassicciodipericolosipesticidiinagricolturaelagestionedeirifiutiumanicominciaronoadesserediscussieanalizzati.Allo stesso tempo un altro argomento comincio’ a preoccupare numerosistudiosi, quello della sovrappopolazione e della sufficienza alimentare. Lagrandeesplosionedemograficadiquegliannirischiavadiannullaredeltuttoglieffettipositividelprogresso,inparticolarmodoneipaesiancorainviadisviluppo. Ci si inizio’ ad interrogare sulla capacita’ di carico del pianeta,ovverosullaquantita’dipersonecheilpianetaè ingradodisostenere,eachiedersiseglialimentiprodottisarebberostatisufficientipertutti.Altro temadi fondamentale importanza fuquellodell’energia, inparticolarmodo dopo la crisi petrolifera del 1973, a seguito della quale i prezzi deiprodotti petroliferi aumentarono vertiginosamente. Tale crisi porto’ nellavitaquotidianalacoscienzadellaprofondadipendenzadelnostrosistemadiproduzioneeconsumoneiconfrontidellematerieprimeerisorsenaturali.Durante gli anni 60 e 70 furono diversi i lavori che contribuirono adallargare il dibattito sulle tematiche di sostenibilità, sia offrendo nuoviimpianti teorici per l’analisi che divulgando idee e proposte all’opinionepubblicainternazionale.Nepresentiamobrevementealcuni.Nel1968esce“ThePopulationBomb”,delbiologostatunitensePaulEhrlich,chemetteinluceimolteplicieproblematiciaspettilegatiallavelocecrescitadellapopolazione(povertà,disoccupazione,degradoambientale, carestieeguerra). Il libroèdecisamentepessimisticonellesueprevisioni,eproponecome soluzione stringenti politiche di controllo della popolazione, daadottareancheconmezzicoercitivi.Nello stesso annoEhrlich, insieme ad altri studiosi, fonda l’organizzazioneZero Population Growth, che diffondeva l’idea che fosse necessariostabilizzare la popolazione mondiale ad un livello adeguato rispetto allerisorse disponibili. Dal 2002 il nome del movimento è stato cambiato inPopulationConnection.Nel1971unaltrobiologostatunitense,BarryCommoner,pubblicaunlibrodi grande successo intitolato “The Closing Circle”. Secondo Commoner i

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fenomeni naturali si svolgono infatti in cicli chiusi (il ciclo dell’aria,dell’acqua etc.), nei quali non esistono rifiuti comenoi li intendiamo, datoche anche le spoglie animali e vegetali diventano fonti di vita per altriorganismi. Il cerchio della Natura è stato peró brutalmente spezzatodall’uomo,chehaprodottomercinonbiodegradabili,accumulatomontagnedirifiuti,einquinatoterra,ariaeacqua.Ilproblemasecondol’autorenonèriducibileallapopolazione,comeinvecesostenevaEhrlich;devonoessereconsideratianchelesceltetecnologicheegli stili di consumo e produzione capitalistici, che offrono alla crescentepopolazioneunaquantita’enormedibenimaterialisenzatenereinminimoconto il forte inquinamento prodotto. L’analisi di Commoner è quindiparzialmente politica, vertendo su una critica sistematica del modellocapitalistico.Le soluzioni proposte da Commoner coincidono ancora in modosorprendente con quelle dei sostenitori attuali dello sviluppo sostenibile:orientare la struttura produttiva al soddisfacimento dei bisogni necessari,una migliore distribuzione della ricchezza, uno sfruttamento più attentodelle risorse non rinnovabili, riciclo dei rifiuti. Il rallentamento dellapopolazione si deve ottenere non attraverso imposizioni autoritarie, macreandoquellecondizionidisviluppo,istruzioneeliberta’cheincentivanolepersoneadiminuireilpropriotassodifertilita’.Nel1979esceGaia.ANewLookatLifeonEarth,scrittodaJamesLovelock,un biologo britannico. Lovelock proponeva di considerare le diversecomponenti geofisiche del pianeta (l’atmosfera, gli oceani, la crostaterrestre)comepartidiuncomplessosistemainteragente:ununicograndeorganismo che Lovelock chiama Gaia, dal nome della divinita’ grecarappresentazione della Terra. Tale super‐organismo sarebbe in grado diautoregolamentarsi attraverso meccanismi di feedback in modo damantenere le condizioni adatte al proseguimento della propria vita. Cio’sarebbe dimostrato dalla relativa costanza attraverso i secoli di variabilifondamentali alla vita come la temperatura, la salinita’ dei mari e lacomposizionechimicadell’atmosfera.LeteoriediGaiavennerocriticatedapiùparti,siaperchéconsideratecomeunasortadireligionenewage,siaperchéilfattocheGaiasarebbeingradodi fare fronte a ogni modificazione imposta dall’esterno (e quindi anchedall’uomo) giustificherebbe qualsiasi azione distruttiva nei confronti degliecosistemi. Allo stesso tempo peró fu recepita in numerosi ambientiaccademicienon,comedimostralaDichiarazionediAmsterdamdel2001inoccasionedellaGlobalChangeOpenScienceConferencecheriunivaigrandiprogetti di ricerca internazionale nel campo della sostenibilita’. LaDichiarazionecitainfattitraipuntifermidellaricercascientificailseguente:“Il sistema Terra funziona come un unico sistema autoregolatocomprendentecomponentifisiche,chimiche,biologicheeumane”.L’obiettivo del resto del capitolo è quello di presentare come la disciplinaeconomica abbia affrontato le questioni presentate. Come prima cosaintrodurremodueimportanticontributicheservonoacomprendere il tipodidibattitosvoltosidurantequeglianni,l’articolodiGarrettHardindel1968

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sullatragediadei“commons”eilprimorapportodelClubdiRoma,“ILimitidellosviluppo”.Cio’cipermettera’di introdurrealcune ideeeconcetticheverrannopoiripresieanalizzaticonpiùcuranellapartededicataallateoriaeconomicasullasostenibilità.Presenteremo percio’ i maggiori esponenti dell’economia ecologica (e inparticolareNicholasGeorgescu‐RoegeneHermanDaly),perpoiaffrontareitemi proposti dall’economia ambientale e descrivere il dibattito e ledivergenzed’opinionetraleduescuole.2.3TheTragedyofCommonsUn buon punto di partenza per iniziare ad esplorare la letteratura e ildibattitosuitemilegatiallasostenibilita’èl’articoloapparsonel1968sullaprestigiosa rivista Science a firma dello statunitense GarrettHardin, TheTragedyoftheCommons.Questofamosoarticolocostituisceancoraoggiunadiffusabaseconcettualeper affrontare la questione dei “commons”. Il termine “commons”, usatooriginariamenteper indicare leporzionidi terrenocondivisedagliabitantidiunvillaggio,solitamenteper farpascolare ilbestiame,ègiuntoadavereun significato più ampio, che comprende tutte quelle risorse che per loronaturanonsonogestibilidaunasingolapersona,comunita’onazione.Hardin,biologo,citanelsuoarticoloAdamSmithelasuateoriadella“manoinvisibile”,secondocuiledecisionirazionalmentepresedaisingoliindividuiin base alla loro utilita’ personale sarebbero, coordinate dalla mano delmercato, le decisioni migliori anche nell’interesse della collettivita’. Cio’tuttaviasecondoHardinnonaccadeseoggettodelledecisionidaprenderesonolerisorsecomuni.Si immagini una terra comune in cui più allevatori possono andare a farpascolareiloroanimali.Qualèl’utilita’delsingolopastoreadaggiungereunaltroanimaleal suogregge?Esistonoduecomponentidaconsiderare,unapositiva(l’utilitacheverra’procuratadallavenditadeiprodottidell’animale,o dalla sua macellazione) e una negativa (una componente di costo,rappresentata dall’esaurirsi dell’erba della terra comune consumatadall’animale aggiuntivo). Esiste peró una differenza sostanziale tra le due:mentre l’utilita’ positiva ricade interamente sul singolo allevatore che haallargatoilsuogregge,ilcostodell’esaurimentodellerisorseècondivisotratuttigliallevatoricheusanolaterra,epercio’ricadesoloinpiccolapartesulsingolo.Di conseguenza aumentare il gregge di un’unita’ avra’ sempre un’utilitanetta positiva, e l’allevatore razionale decidera’ di farlo. Allo stessomodofaranno tutti gli altri allevatori. Seguendo questa logica si arrivera’ ad unsovrautilizzo della risorsa comune, che presto o tardi si esaurira’completamentesottoilpesodell’eccessivapopolazionedibestiame.Equesto,secondoHardin,èl’inevitabiledestinocheaspettatuttiicommons,se vengono lasciati tali. Le diverse soluzioni che si possono tentare perrisolvereilproblema,dallaprivatizzazionedellerisorseallalorogestionedapartediun’autorita’comune,sonotutteopinabili,macomunquemiglioridellasciarelerisorselibereepercio’condannatealladegradazione.

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La “tragedia” evocata da Hardin puo’ essere applicata ancora oggi anumerose questioni legate alla sostenibilita’ ambientale. Sono diversi gliesempi di “global commons”, risorse che non possono essere gestiteunicamente dalle singole nazioni, come l’atmosfera, il ciclo idrologico, glioceani,ilclima,lerisorsenaturalieleforeste.Usare l’acquadi un fiumeper la produzioneporta vantaggi unicamente alproduttore, mentre i costi di inquinamento sono condivisi da tutta lacollettivita’, incentivando cosi’ i singoli ad aumentare senza limite laproduzionee l’inquinamento.Tagliare gli alberidi una foresta assicuraunbeneficio economico unicamente a chi disbosca, mentre i costi legati alladegradazione atmosferica sono condivisi con tutto il resto del pianeta,diventando cosi’ irrisori per il singolo. Cosi’ come per il pascolo degliallevatori, questo meccanismo minaccia di portare all’esaurimento e alladegradazione dei beni comuni (inquinamento e scarsita’ dell’acqua,deforestazione,inquinamentodell’ariaecambiamentoclimatico,distruzionediecosistemietc.).Perquantoriguardaibenicomuniglobaliesistonoproblemiaggiuntivinellaricerca di una soluzione, dovuti al fatto che non esiste una vera e propriaautorita’ globale che si possa occupare della buona gestione delle risorse.Esistono leNazioniUniteed isuoinumerosiorganismi,ma l’efficaciadellaloroazioneèspessolimitatadallaritrosiadeisingolistatiadimpegnarsi.2.4IlClubdiRomaeILimitidelloSviluppoIl testo che viene più citato quando si parla di sostenibilita’, e allo stessotempo ilpiùnotoall’opinionepubblica,èprobabilmente ilprimorapportodelClubdiRoma,pubblicatonel1972eintitolatoILimitidelloSviluppo.IlClubdiRomaera(edètuttora)21unthinkthankinformale,unpensatoiointernazionalepopolatodistudiosididiversedisciplineededicatoall’analisidellegranditematichedisostenibilita’globale.L’impulsoprincipaleallasuacreazione, avvenuta nel 1968, è dovuta ad Aurelio Peccei, una sorte dimanager illuminato, che dopo aver lavorato per la Fiat ed essere statoamministratoredelegatodellaOlivetti, hadedicato il restodella suavita adare forma e sostanza al Club di Roma e a stimolare il dibattito e laconoscenzadei“dilemmidell’umanita’”.IlClubèsoprattuttoconosciutoperaverpubblicatonel1972ilrapportoTheLimitstoGrowth,cheebbeampiorisaltointernazionale.Nell’edizione italiana il titolo fu tradotto come “I Limiti dello Sviluppo”, adenotare quanto grande ancora fosse la confusione sui diversi concetti dicrescita e di sviluppo. E proprio questo era il principale obiettivo delrapporto, quello di favorire una presa di coscienza sui temi della

21NelGiugnodel2008siètenutaaRomaunagrandeConferenzadiduegiornidaltitolo“StrategieperunPianetaSostenibile”,organizzatainoccasionedel40˚anniversariodellafondazionedelClub.Permaggioriinformazionisivisitiilsitowww.clubofrome.org.

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sostenibilita’ e di cercare di “catalizzare in energie innovatrici la diffusasensazioneche,conl’avventodell’eratecnologica,qualcosadifondamentaledeve essere modificato nelle nostre istituzioni e nei nostricomportamenti”22.L’impianto teorico de I Limiti dello Sviluppo è basato sulle ricerche di ungruppodistudiosididinamicadeisistemidelMIT(Massachusset InstituteofTechnology).Ladinamicadeisistemièuninteressantecampodistudioche parte dal considerare le variabili d’interesse come inserite inmanieradinamicaeinterdipendenteinunsistemapiùcomplesso,incuialterazionidiognunadilorosidiffondononelsistemamodificandononsolotuttelealtre,ma,attraversoretipiùomenolunghediinfluenze,anchelastessavariabiledacuièpartitol’impulso.Vienecioe’riconosciutoeanalizzatoilfattochelerelazioni strutturali tra fattori possano essere più importanti dei singolifattoriperspiegareilfunzionamentodelsistemanelsuocomplesso.La dinamica dei sistemi è applicabile a numerose discipline, e funzionaparticolarmente bene con i sistemi chimici ed elettronici. Per quantoriguarda le scienzesociali il suopotereesplicativoèminore,perchémoltospesso le variabili da considerare e le relazioni tra esse sono tropponumerose per poter essere riprodotte nella loro complessita’, o sonodifficilmentemisurabili. Questa limitatezza era ben chiara nellementi deiricercatori del MIT, i quali avvertono esplicitamente di non voler offrireprevisioni precise, ma allo stesso tempo ‐ considerata l’importanza degliargomenti‐siritengonoconvintidell’utilita’difornirecomunqueunaprimaapprossimazione.Come si legge nella premessa del Rapporto, “lo studio ha come scopo didefinirei limitifisicielecostrizionirelativeallamoltiplicazionedelgenereumanoeallasuaattivita’materialesulnostropianeta”.Vengonoindividuate5variabilichiave,considerateesseresoggetteaitrendpiùrilevanti:

1. Popolazione2. RisorseNaturali3. Inquinamento4. Alimentiprocapite5. Prodottoindustrialeprocapite

Questi fattori hanno tra loro numerosi legami e interdipendenze. Unacrescitadellapopolazione,adesempio,causera’unaumentodelladomandadi prodotti industriali, domanda che sara’ soddisfatta attingendomaggiormente alle risorse naturali disponibili. Esse, una volta uscite dalcicloproduttivosottoformadirifiuti,produrrannoinquinamento,cheasuavoltaandra’ ad influire sul sistemadiproduzionedegli alimenti, chea suavoltaavra’ripercussionisullapopolazione,eviadicendo.La dinamica dei sistemi è servita agli autori del rapporto a formalizzarel’intreccio di relazioni che lega queste variabili, insieme a molte altre. Ilconcetto base da comprendere è quello dell’anello di “retroazione”, o

22Meadowsetal.(1972)

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“feedback”. Espandendo semplici anelli in relazioni più complesse con ilrestodelsistema,iricercatoridelMIThannocostruitounasortadi“sistemadelmondo”,unmodellomatematicodelsistemasociale,dicuimostriamoinfiguraunapiccolaporzione.Figura2.2Anellidiretroazione

Fonte:Meadowsetal.(1972)Comecontuttiimodellitroppocomplessiperessererisoltianaliticamente,sonostatisvoltidegliesperimentidisimulazioneconl’aiutodeicalcolatorielettronicipiùall’avanguardiadiallora.Èstatapercio’raccoltaunaingentemoledidatiquantitativisullevariabilidelmodello;questisonostatiinseritinelprocessore,esièfatto“girare”ilmodello.Isorprendentirisultatidellasimulazionesivedonoinfigura2.3.Nella primameta’ del grafico si ha una forte crescita della popolazione edell’outputprocapite (sia agricolo che industriale).Adessa si accompagnaperó un aumento dell’inquinamento e, cosa ancora più grave, una velocediminuzione delle risorse naturali. L’esaurimento di queste, ad un certopunto, causa un collasso della produzione e, poco più tardi, dellapopolazione.Nonèdicertounabuonaprevisioneperilfuturo!Il rapporto procede allora con diverse altre simulazioni, cambiando iparametri del modello. Viene ipotizzato ad esempio un raddoppio dellerisorsenaturalidisponibilieaddiritturaunalorodisponibilita’illimitata,mail collasso del sistema si verifica comunque, causato dall’esplosionedell’inquinamento.Ancheaggiungendotecnologiepiùefficienticheportanoad una forte diminuzione del tasso di inquinamento la simulazione portacomunqueal collasso, trascinatodal crollodeglialimentiprocapitedovutoall’eccessivapopolazioneeallafinitezzadellaterracoltivabiledisponibile.

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Figura2.3Simulazioneecollasso

Fonte:Meadowsetal.(1972)Nonostantequestefoscheprospettive,ilRapportomettebeneinchiarochenon tutto è perduto, identificando una serie di ipotesi per cui si riesce adevitareilcollasso,tutteinseritenelmodelloapartiredal1975.Essesono:

1. Uncontrollodellenasciteefficaceedaattuarealpiùpresto,dimododastabilizzarelapopolazionemondiale.

2. Una riduzionedel consumodimaterieprimeperunita’diprodottoindustriale ad¼diquellodel1970 (ovverounamigliore efficienzaproduttivacheriducalaquantita’diinput).

3. Unatrasformazionedell’attivita’economicanelsuocomplessochesiindirizzi verso la produzione di servizi piuttosto che verso laproduzionedibenimaterialidiconsumo.

4. Unariduzionedell’inquinamentoperunita’diprodottoindustrialeeagricoload¼delvaloredel1970.

5. Uncondivisosforzoperlaproduzionedialimentiperlapopolazionetutta,anchequandocio’possaapparire“antieconomico”.

6. Una diffusione di tecniche di arricchimento e di conservazione deisuoli.

7. Unallungamentodellavitamediadeiprodotti.I risultati della simulazione che utilizza queste ipotesi di partenza èmostratoinfigura2.4.Lapopolazionesistabilizzaadunvaloreleggermentepiùaltodiquellodel1970, il prodotto industriale procapite raggiunge uno stato stazionario adun livello più alto, la disponibilità di alimenti procapite raddoppia, el’inquinamento rimane irrilevante. Anche in questo caso si ha una

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diminuzione delle risorse naturali ma ad un tasso molto basso, giudicato“sostenibile”.Figura2.4Simulazioneestatostazionario

Fonte:Meadowsetal.(1972)Secondo gli autori del Rapporto questo equilibrio non deve essereconsiderato come una perdita di possibilita’ di miglioramento: statostazionariononvuoldire stagnazione!Leparoledel rapporto ricordano leriflessionifattedaJ.S.Millpiùdiunsecoloprima:“lapopolazioneeilcapitalesono le uniche grandezze che devono rimanere costanti, in equilibrio.Qualsiasiattivita’umanachenon impegni tropperisorsenonrinnovabilienon contamini gravemente l’ambiente puo continuare a svilupparsi senzalimitazione; in particolare potranno fiorire liberamente quelle attivita chemolta gente considera fonte delle piu autentiche soddisfazioni: istruzione,arte,musica,letteratura,religione,filosofia,ricercascientifica,sport,attivitasociali.” Quello configurato sarebbe quindi un equilibrio dinamico, il cuiscopoècrearelecondizioniperunamaggioreliberta’.ILimitidelloSviluppononèstatoesentedacritiche.Ilmodello si basa effettivamente su alcune semplificazioni rilevanti, comel’aggregazionedellapopolazionemondialeinun’unicavariabile“media”,chenecessariamente tiene conto in modo solo approssimativo delle grandidifferenze tra popolazioni diverse. Anche le risorse naturali sonoaccomunateinun’unicamateriaprimatipo,nonostantel’enormegammadirisorse differenti e i diversi meccanismi che ne regolano estrazione,lavorazione,utilizzoproduttivoesmaltimento.Nel modello non ci sono divisioni nazionali, si tiene conto poco delladistribuzione, non si considerano processi importanti come i flussimigratori, il commercio mondiale, le condizioni climatiche e le variabilipolitiche. Viene rilegata ai margini l’analisi dell’innovazione tecnologica enonsiconsideralateoriadellatransizionedemografica.

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Inoltre le relazioni che legano le variabili sono costruite in manieradeterministica e non probabilistica: uno stesso aumento del capitaleindustriale avra’ sempre il medesimo effetto, in termini quantitativi, sulprodottoindustriale,aprescinderedalmomentoincuiavviene,dalpaese,edatuttelealtrecondizioni.Tuttavia, nonostante questi problemi, si puo’ dire che il Rapporto abbiasenza dubbio raggiunto i suoi obiettivi, che erano quelli di accendere unampio dibattito sul tema della sostenibilita’ del nostro attuale modello disviluppo, di formalizzare le diffuse preoccupazioni sull’ambiguo rapportotracrescitaeconomicael’ambiente,ediportarleall’attenzionedell’opinionepubblica,degliambitiaccademiciedelmondopolitico.Nel1974vienepubblicatounSecondoRapportodelClubdiRoma,scrittodaMihajlo Mesarovic e Eduard Pestel, e intitolato “Mankind at the TurningPoint”. Esso costituisce un avanzamento e un lieve cambiamento di rottarispettoalrapportodel1972.Sileggeinfatti:“Leargomentazionigeneriche“a favore” o “contro” la crescita sono ingenue: crescere o non crescerecostituisceunaquestionene’bendefinitane’pertinentequando lasiponesenzaaverdefinitoinprecedenzailluogo,ilsenso,ilsoggettodellacrescitaelostessoprocessodicrescitaesaminatoinsestesso”23.Nel lavoro si effettua una distinzione importante tra due diversi tipi dicrescita:crescitaindifferenziataecrescitaorganica.Laprimaèquellatipicadeigameti,odellecelluletumorali,chesidividonoindue,quattro,otto,etc.finche’noncisonomiliardidicellule.Nellacrescitaorganicainvecesihaunprocesso di differenziamento, i diversi gruppi di cellule iniziano adifferenziarsicomestrutturaefunzione,perraggiungereinfineunostatodiequilibriodinamico.Questasecondastradaèquellachesecondogliautorilasocietàumanadovrebbecercaredipercorre.Nel1992glistessiautoridelrapportodel1972hannopubblicatounnuovolavoro, intitolatoOltre iLimitidelloSviluppo. Inessosiconfermavaquantoscritto vent’anni prima, ma con un nuovo risultato: l’umanitá aveva giáoltrepassato i limiti della sostenibilità, ovvero l’uso di risorse esauribili el’inquinamento avevano giá superato i tassi considerati adeguati allacapacitádi caricodelpianeta.Perevitare il collasso sonoquindinecessariper gli autori due cambiamenti: una complessiva revisione delle politichechetendonoaperpetuarelacrescitademograficaedeiconsumimateriali,eundrasticoaumentodell’efficienzaproduttiva.Nel2004infineèuscitounulteriorerapporto,INuoviLimitidelloSviluppo,incuisievidenziacomelapressioneumanasugliecosistemisiaaumentataancora,ecome lasocietàstiagravando inmodosemprepiùpericolososulpianeta.

23MesarovicePestel(1974)

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2.5Georgescu­RoegeneilconcettodientropiaSeILimitidelloSviluppohaavutoilmeritodioffrireunarappresentazionecomprensibileaipiùdeitemidisostenibilita’cheiniziavanoadinteressarelacomunitascientificaduranteglianni60,l’economistaGeorgescu‐Roegenèsenzadubbiodaconsiderarecomeilprincipalepadreteoricodell’economiadellasostenibilita’.NicholasGeorgescu­Roegen(1906‐1994)nasceaCostanza,inRomania.Siforma comematematico e statistico tra Romania, Inghilterra e Stati Uniti(dove ha l’occasione di conoscere e lavorare con Schumpeter, Leontieff eKaldor),primadidecideredidedicarsicompletamenteall’economiapolitica.Ilsuofilonediproduzionescientificapiùnotorisaleaglianni70,decennioincui Georgescu‐Roegen costruisce un’articolata critica delle basi fondantidell’economia neoclassica del tempo, approfondendo e divulgando ilconcettodientropiaapplicatoalprocessoeconomico.Ilsuoprincipalelibrosull’argomento, del 1971, si intitola infatti The Entropy Law and theEconomicProcess.Unodeglierroridell’economiamainstreamcheGeorgescu‐Roegenpiùvoltemetteinluceèquellodiconsiderareilprocessoproduttivocomeunflussocircolare “perpetuo” tra imprese che acquistano fattoriproduttivi (come illavoro)eproduconobeni,econsumatoricheacquistanoprodottieoffronolavoroerisparmialleimprese.Sesiapreunqualunquetestouniversitariodieconomia,neiprimicapitolicisiimbattera’solitamenteinungraficosimileaquelloriportatoinfigura2.5.Figura2.5Flussoeconomicocircolare

Fonte:WikipediaÈ questa la rappresentazione usuale del processo economico, un flussocircolaretraproduzioneeconsumochesiautoalimenta,esembranonaverealcuna connessione con altri sistemi; una sorta di “giostra” perpetua eautosufficiente,cheritornacontinuamenteallostessopuntodipartenza.Maquesta, secondo Georgescu‐Roegen, è una rappresentazione fuorviante: il

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processo economico non puo’ esser considerato come isolato, poiche’ nonpotrebbenemmenoesisteresenzauncontinuointerscambioconl’ambienteche lo circonda. Esso si costituisce di flussi in entrata di risorse naturalinecessarie alla produzione, e flussi in uscita di scarti della produzione. Ilprocessoeconomicoprovocacambiamentinell’ambiente,easuavoltaneèmodificato. Questi cambiamenti sono irreversibili, poiche’ provocano unadegradazionepermanentedell’ecosistemaglobale.Per questo motivo sarebbe più appropriato rappresentare il processoeconomicocomeinfigura2.6.Figura2.6Economiacomesottosistema

Fonte:WikipediaDallafigurasievinceinmodochiarolafondamentalediversita’diapprocciotra Georgescu‐Roegen (e gli altri economisti ecologici) e gli economistitradizionali. Nella figura il sistema economico è solo un sotto‐sistemadell’ecosistema globale: da esso trae energia e materiali necessari allaproduzione, e ad esso rilascia gli scarti della produzione. Il processoeconomicononpuo’quindiesserevistocomeunciclochesiautoalimenta,perché ad ogni nuovo “giro” le condizioni in cui tale processo ha luogo sisonomodificateinmodoirreversibile.L’errore,secondoGeorgescu‐Roegen,derivadaundifettomoltoprofondoeradicato dell’economia neoclassica, ovvero la sua stretta aderenzaall’epistemologia meccanica. La fisica meccanica (quella newtoniana, perintenderci) prevede solo la locomozione, che è un fenomeno reversibile esenzacaratteriqualitativi.L’economianeoclassicaragionaallostessomodo,essendo nata proprio per applicare i caratteri della fisica meccanica alsistemasocialeedeconomico.Tuttavia,nellostessoperiodoincuiJevonseWalrascostruivanol’economianeoclassica, nel campo della fisica era giá in atto una fondamentale

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rivoluzione,quellatermodinamica,inizialmentebasatasulriconoscimentodel concetto base che il calore si trasferisce sempre dal corpo più caldo aquello più freddo, e mai viceversa. Questa scoperta, apparentementeirrilevante,hainveceportatoacapirecheesistonoinnaturafenomeninonspiegabiliattraversolameccanica.Prendiamo l’esempiodiuna locomotivaavapore.Se la sialimentacondelcarbone,quellochesiottieneèche il trenosimuove,ovvero locomozione.Ma non è tutto, c’è qualcos’altro che cambia. Il carbone è bruciato, e si ètrasformatoincalore,cenereefumo.Interminiquantitatividienergianullaècambiato(primoprincipiodellatermodinamica:l’energianonsicreane’sidistrugge).Lamodificazionepercio’deveesserestataqualitativa.Esistonoinfattiduestatidienergia:energiadisponibile‐olibera‐chepuo’essereutilizzata,edenergianondisponibile‐olegata.L’energiachimicainunpezzodi carboneè energia liberaperchéè trasformabile in caloreo inlavoromeccanico.Nelprocessoperól’energiaperdegradualmentequalita’,fino a che non si disperde nel sistema diventando inutilizzabile (nonpossiamoutilizzaredinuovoleceneriperalimentarelalocomotiva).L’entropia è proprio l’indice dell’ammontare relativo di energia nondisponibile in un sistema isolato; ancora più precisamente, il grado dientropia indica quanto equamente è distribuita l’energia nel sistema. Peressere disponibile l’energia deve essere infatti distribuita in modo nonuniforme, deve essere “concentrata” nel pezzo di carbone, e non dispersanell’atmosfera. Si ha quindi alta entropia in un sistema in cui la maggiorpartedell’energiaè legata, ebassaentropia inun sistemadove l’energiaèancoraampiamentedisponibile.Il secondo principio della termodinamica sancisce che l’energia in unsistema isolato passa continuamente e irreversibilmente da uno statoutilizzabileadunoinutilizzabile.L’entropiadell’universoadesempio,cheèun sistema isolato, crescera’ costantemente fino al punto in cui l’energiasara’ distribuita in maniera perfettamente uniforme dappertutto, e sara’percio’talmentedispersadaessereinutilizzabile.Poiche’ l’energia liberasipresentasolitamente inunastrutturaordinata,el’energia legata invece in una distribuzione caotica, l’entropia è ancheinterpretatacomeunindicedeldisordinedelsistema.Cos’ha a che fare l’entropia con il processo economico? È evidente: Ilprocesso produttivo non consiste in altro che in una trasformazione dienergiaabassaentropia (le risorsenaturali) inenergiaadaltaentropia (irifiuti).Taleprocessoèirrevocabile,poiche’latrasformazioneda“buona”a“cattiva”energiaèunprocessochenonèpercorribileinsensoinverso.Èquindifondamentalechel’analisieconomicasioccupianchedellerisorsenaturali e dell’inquinamento, in quanto input e output inevitabili delprocesso produttivo e della crescita. Cio’ non è stato fatto dall’economiatradizionaleproprioacausadellasuavisionemeccanicisticadell’economia,chel’haportataadignorarelanaturaevolutivadelprocessoeconomicoeaprendereinvececomepresuppostolacompletareversibilitàdeiprocessidaunostatodiequilibrioall’altro.

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Nel suo libro Energia e Miti Economici, Georgescu‐Roegen propone alcunipunti di un “programma bioeconomico minimale”, che è interessanteriportare:

1. La produzione di tutti i mezzi bellici deve essere completamenteproibita. Cio’, oltre ad eliminare i conflitti, libererebbe una enormequantita’dirisorseperaltriscopi.

2. Bisogna aiutare le nazioni in via di sviluppo ad arrivare il piuvelocementepossibileadunbuon‐manonlussuoso‐tenoredivita.

3. Il genereumanodeve gradualmente ridurre la propria popolazionead un livello in cui l’alimentazione possa essere adeguatamentefornitadallasolaagricolturaorganica.

4. Finche’l’usodirettodell’energiasolarenondiventaunbenegeneraleo non si ottiene la fusione controllata, ogni spreco di energia “persurriscaldamento, superraffreddamento, superaccelerazione,superilluminazione”deveessereattentamenteevitato.

5. Dobbiamocurarcidallapassionemorbosapericongegnistravaganti,come le automobili cosi’ ingombranti da non entrare nemmeno ingarage.

6. Dobbiamo liberarci della moda. Non è concepibile gettare via unagiacca che puo’ servire ancora allo scopo solo per adeguarsi allamoda. Se i consumatori saranno in grado di rieducare se’ stessi iproduttori si vedranno obbligati a concentrarsi sulla durabilita’ deiloroprodotti.

7. Ibenidevonoessereresipiudurevolitramiteunaprogettazionecheconsentalalororiparazione.

8. Ènecessario liberarsi della “circumdrome”del rasoio, che “consistenel radersi più in fretta per aver piu tempo per lavorare ad unamacchinacheradapiùinfretta,perpoiaverpiutempoperlavoraread una macchina che rada ancora piu in fretta, e cosi’ via, adinfinitum.”

2.6HermanDalyelaSteady­StateEconomyHerman Daly è senza dubbio una delle principali figure dell’attualeeconomia della sostenibilità. Nato nel 1938 e formatosi come economista,diventaallievodiGeorgescu‐Roegeneda luieredita lapassionescientificaperlequestioni legateallasostenibilita’delprocessoeconomico.Dalyèunottimo e prolifico divulgatore ed è stato essenziale per la fondazionedell’economiaecologicamoderna,instaurandorapportiecollaborazioniconnumerosi studiosi di diverse discipline. Nel 1988 è tra i fondatori dellaInternational Society for Ecological Economics, società chepubblica tuttoraEcologicalEconomics,laprincipalerivistadelsettore.Daly fonda il suopensiero suuna critica sistematicadi cio’ che lui chiama“growth‐mania”. Inognipartedelmondo,qualunquesia il sistemapoliticovigente,laclassegovernanteèossessionatadalperseguimentodellacrescitaeconomica a tutti i costi, senza considerare ne’ l’impatto umanosull’ambientecircostantene’leprospettivedilungoperiodo.Cio’èfavoritoanche da una disciplina economica miope e poco interessata alla

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sostenibilitàditaleprocessodicrescita.Seinfatti l’economia“mainstream”sioccupamoltodell’allocazioneefficientedellerisorse,e(meno)della lorodistribuzione, la questione della scala ottimale dell’economia èpraticamenteassentedall’analisi.Esattamente come un’impresa ‐ nella teoria economica ‐ ha la sua scalaottimalenelpuntoincuiilricavomarginalecoincideconilcostomarginaledellaproduzione,allostessomodol’economianelsuocomplessoavra’lasuascala ottimale nel livello di output per cui il beneficio marginale dellacrescita(l’utilita’derivantedaunaumentodelcapitalemanufatto)eguagliail costo marginale della stessa (derivante dall’esaurimento delle risorserinnovabili,dall’inquinamento,daldegradodeiserviziambientali,etc.).Dalyè convinto che la società umana si trovi attualmente molto oltre questopunto ottimale e che il processo economico sia troppo “pesante” perl’ambientechelosostiene.Glieconomisti“mainstream”sonoconvintichelacrescitasiabuonaperdefinizione;ma,scriveDaly,selapioggiapuo’essereconsiderata una buona cosa, lo stesso non si puo’ dire per un acquazzonetorrenziale.Esiste quindi un problemadi “scala” da affrontare.Daly fa l’esempio dellaLinea di Plimsoll, cioe’ la linea di galleggiamento a pieno carico. Se inun’imbarcazionel’acquasuperatalelineasignificacheilcaricodellanaveèeccessivo e che la navigazione non è sicura. Senza dubbio se il caricoall’internodellanaveèdistribuitomalel’acquatocchera’laLineadiPlimsollpiù velocemente, ma anche nel caso di una distribuzione perfettal’imbarcazioneaffondera’comunque,seilcaricoètroppopesante.Daly riprende un’idea giá esposta da Kenneth Boulding, un economistaamericano che nel 1966 presento’ un importante lavoro chiamato “TheEconomics of theComing SpaceshipEarth”. In essoBoulding sosteneva chementre l’economia del passato poteva essere vista come una “cowboyeconomy”, incuil’uomositrovavadifrontearisorsenaturalipraticamenteillimitate, l’economia del futuro era destinata ad essere una “spaceshipeconomy”. Esattamente come gli astronauti, che possono trarre risorseunicamentedallospaziolimitatodellaloronavicellaechedevonoallostessotempocontenereinessairifiutidalorogenerati,cosi’lasocietàumanapuo’contaresolosulpropriopianeta,anch’essogrande“navicellaspaziale”,perottenere gli input necessari al processo produttivo e per immagazzinare isuoiscarti.Ilpuntodipartenzadelragionamentoèchiaro:laTerraèunsistemafinitoin uno stato approssimatamente stazionario. La massa del pianeta noncresce,ne’diminuisce,egliscambidimateriaconilrestodell’universosonopressoche’ nulli. Allo stesso tempo questa limitatezza e stazionarieta’ nonimpedisceperócambiamentiqualitativi.Inquestasituazionepensaredipotercrescerepersempreè illusorio.Manmanocheilsistemaeconomicooccupasemprepiùspazionell’ecosistema,ilprimo si deve conformare alle caratteristiche del secondo. Per questomotivo Daly ha proposto e diffuso l’idea di una steady­state economy,ovvero di un sistema sociale ed economico in cui popolazione e stock dicapitalerimangonocostanti,eilflussodithroughput–laquantitádienergia

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e materiali che attraversa il processo economico ‐è minimizzato, mentretuttoilrestopuòliberamentecontinuareacrescere.Unsistemaquindiincuisismettedi“crescere”insensostretto,elerisorseliberatepossonoessereusateper“svilupparsi”.ComescriveDaly,“Growthismoreofthesamestuff,developmentisthesameamountofbetterstuff”24.SipossonoriassumereiprincipiguidadellepropostediDaly(eingeneraledell’economiaecologicacomedisciplina)neiseguentipunti:

1. La scala dell’intervento umano sull’ecosistema deve essereproporzionato alla capacita’ di carico (carrying capacity)dell’ecosistemastesso.

2. Il progresso tecnologico deve essere indirizzato ad aumentarel’efficienza del processo economico e la produttività del capitalenaturale; laquantita’di inputdimaterieprimeedenergianecessariallaproduzionenondeveaumentareinalcunmodo.

3. Il tasso di utilizzo delle risorse non rinnovabili ‐ e in generale delcapitalenaturale‐nondevesuperareillorotassodirigenerazione

4. Il tasso di emissione degli scarti non deve superare il tasso diassorbimentodeisisteminaturali

Dalyhapoiapprofonditoneltempolasuapropostadisteady‐stateeconomyformulandoancheunaseriedipropostepiù“politiche”,comel’imposizionedilimitiminimiemassimialredditopersonale,lacreazionediunsistemadi“licenzeriproduttive”trasferibilipermantenerelapopolazionecostante,unimpianto di quote di sfruttamento delle risorse e di tassazione sul loroutilizzo,ealtreancora.Georgescu‐Roegennonerainveced’accordoconlapropostadiun’economiastazionaria. Scrive infatti in Energia e Miti Economici: “la conclusionenecessariachesitraedalleargomentazioniinfavorediquellaconcezioneèchelostatopiùdesiderabilenonsiaquellostazionario,maunodideclino”.Neanche un’economia stazionaria sarebbe quindi sostenibile nel lungoperiodo, e l’unica strada percorribile per la società umana è quella di unagradualedecrescita.Questo genere di riflessioni è stato recentemente ripreso da una serie distudiosi‐ilcuiprincipaleesponenteèl’antropologoedeconomistafranceseSergeLatouche‐sostenitoridellanecessita’diunadecrescita.Questofilonedipensieroverra’presentatonelseguitodellavoro. 2.7EconomiaambientaleedeconomiaecologicaNellavastaletteraturachesioccupadellerelazionitraeconomiaeambientesiusageneralmentedistinguere i contributi teorici indue categorie legatemadistinte:l’economiaecologicael’economiaambientale.I due filoni di ricerca si occupano di problematiche simili e in alcuni casicoincidenti (come lo studio del capitale naturale e delle sue funzioni

24Daly(2008)

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economiche, il rapporto tra processo di sviluppo e natura, la gestionedell’inquinamento,etc.),mausandodueapproccidifferenti.Se infatti l’economia ecologica – i cui maggiori esponenti abbiamopresentato nei paragrafi precedenti ‐ si basa su una critica articolataall’economia neoclassica e invoca un cambiamento strutturale delladisciplina per tenere conto del fatto che il sistema economico èprofondamente interconnesso con il grande ecosistema del pianeta,l’economiaambientaleinveceèdefinibilecomeiltentativodiformalizzarelequestioniambientaliediinserirlenelloschemateoricotradizionale.Questasezionehal’obiettivodipresentarealcunedellequestioniaffrontatedagli studiosi di economia ambientale e il dibattito teorico generatosiattornoadesse.CurvadiKuznetsAmbientaleLa pubblicazione de “I Limiti dello Sviluppo” e la nascita dell’economiaecologicahaspinto‐pocotempodopo–anchegliambientiaccademicipiùmainstreamadinvestigaregliaspettieconomicilegatiall’ambiente.Uno dei loro grandi “cavalli di battaglia” è stato, ed è tuttora, l’idea che,superataunacertasogliadireddito,l’impattoprocapitesull’ambientetendaa diminuire. Ci si riferisce usualmente a tale teoria parlando di Curva diKuznetsAmbientale(indicataconl’acronimoEKC–EnvironmentalKuznetsCurve).La Curva di Kuznets originale ‐il cui nome deriva dall’economista SimonKuznets‐sostenevacheledisuguaglianzediredditonelprocessodicrescitaeconomica tendano dapprima ad aumentare, per poi raggiungere unmassimo e quindi diminuire. La curva mostra percio’ la forma di una urovesciata.Figura2.7CurvadiKuznetsAmbientale

Fonte:WikipediaIl concettoè stato inseguitoripresoeutilizzatonell’economiaambientale,per indicare la traiettoriadell’impattoambientalepro‐capite (sinotibene:procapite), che inizialmente aumenterebbe con il crescere del reddito

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procapite,perpoiinvecegradualmentediminuire.Taleteoria,severificata,significherebbe che la crescita economicaè esattamente cio’ che serveperproteggerel’ambiente.Comespiegarequestoandamento?Nel primo periodo di sviluppo, caratterizzato da alti tassi di crescita delreddito, lepreoccupazioniper l’ambientesonoquasi irrilevantie l’impattodelprocessoeconomicosull’ambienteaumenta.Tuttaviaconiltempoalcunifattoriinterverrebberoadinvertireiltrend:

• In primo luogo si ha un cambiamento strutturale del sistema, chepassa da un’economia basata sulla produzione industriale adun’economiadi servizi, ritenutameno inquinante emeno “pesante”interminidiutilizzodirisorse.

• Il progresso tecnologico migliora in modo sostanziale l’efficienzaproduttiva,percuiènecessariaunaquantita’sempreminorediinputperavereun’unita’diprodotto.

• Ilmiglioramentodelredditoprocapiteedelbenesserecreaunapiùdiffusa sensibilita’ ambientale, per cui consumatori e produttoritendono a preferire sempre di più prodotti e tecniche “eco‐compatibili”. L’ambiente è considerato un bene superiore25, la cuidomandacrescerebbepercio’all’aumentaredelreddito26.

Lavalidita’dellaEKCèancorafortementedibattuta.Esistonoineffettideglistudi empirici relativi ad alcune forme di inquinamento che sembranoconfermarelateoria,mostrandocomeleemissioniprocapitediminuiscanoal crescere del reddito. La stessa non sembra tuttavia valere per altresostanze,e inparticolareparenonapplicabileal casodell’energia,benedifondamentaleimportanza,ilcuiconsumopro‐capiteaumentaalcresceredelreddito.Esiste poi una questione di scala, giá evidenziata in precedenza. Se anchel’impatto ambientale individuale diminuisse con il crescere del reddito,probabilmente l’effetto positivo sarebbe annullato dalla crescita dellapopolazione, che nel suo complesso sta aumentando il proprio peso sulpianeta.Infine c’e da sottolineare come, seppur sia vero che le nazioni sviluppateabbiano ridotto in termini relativi propri settori agricoli e industriali, essisiano comunque cresciuti in termini assoluti; e molte volte siano statisemplicemente “spostati” in altre regioni del mondo, continuando cosi’ apesaresull’ambienteglobale.CapitalenaturaleecapitalemanufattoÈ necessario introdurre la distinzione tra “Capitale naturale” e “capitalemanufatto”.Ilcapitalemanufatto(cheindicheremod’orainpoiconKk)èdefinibile come l’insieme di beni e servizi creati dall’uomo attraverso un

25 Si parla di bene superiore quando la domanda per tale bene cresceall’aumentaredelredditoinmanierapiùcheproporzionale.26SivedaBeckerman(1974)

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processo produttivo basato su alcuni fattori di produzione (ad esempio illavoro)edeterminatetecnologie.Il capitale naturale è definibile invece come l’insieme di materiali edenergia di origine naturale (indipendente dall’attivita’ umana) da cui si èpossibiletrarreflussidibenieservizi.Essoècompostodadiversecategoriegiáanalizzatenelprimocapitolo:

• Serviziecologici• Risorserinnovabili• Risorsenonrinnovabili

Ilcapitalenaturaleèunavariabilemoltopiùdifficiledamaneggiarerispettoal capitale manufatto, in particolare a causa dell’ampia gamma di sistemipossibiliperlasuamisurazione.Comemisurareinfattiinterminieconomiciilvaloredell’atmosfera?Una delle più importanti ricerche sulla questione è stato pubblicato sullarivista Nature nel 1997, con il titolo “The value of the world’s ecosystemservices and natural capital”. Il lavoro, opera dello statunitense RobertCostanza, aveva lo scopo di “aiutare a modificare i sistemi di contabilitànazionalepermeglio tenere contodel valoredei servizidegli ecosistemiedelcapitalenaturale”.La conclusione dell’articolo indicava una valore per l’intera biosferacompresotrai16,000ei54,000miliardididollariall’anno,conunamediadi33,000miliardi,daintendersicomestimaminimale.Il lavoroèstatoovviamenteoggettodicritiche,dapartedichiconsideravala stima troppo bassa, o troppo alta, o completamente priva di senso.L’economista indiano Partha Dasgupta scrive infatti a proposito: “(…) se iservizidell’ambientecessasserodeltutto,lavitasarebbeimpossibile;machiriceverebbe i vantaggi annuali per 33,000 miliardi se, per ottenerli,l’umanita’avessesmessodiesistere?”27.A prescindere dalla questioni legate al suo valore monetario, il capitalenaturaleè‐unitamentealcapitalemanufatto‐necessarioallaproduzioneealconsumo.Sulla relazione tra Kk e Kn, e in particolare sulla loro potenzialesostituibilitá, si è concentrato buona parte del dibattito economico daglianni ’70 in avanti, e in base alle opinioni riguardo a tale sostituibilitá si ègiuntiadistinguereunasostenibilità“debole”dauna“forte”.Robert Solow, grande economista e padre della teoria moderna sullacrescita, nel 1974 affermava: “è molto facile sostituire altri fattori allerisorse naturali, perció in teoria non ci sonoproblemi. In effetti, ilmondopuo’andareavantisenzarisorsenaturali.”28.Taleaffermazionerispecchiavauna convinzione molto diffusa negli ambienti accademici del tempo, chefosse cio’ possibile sostituire liberamente le due forme di capitale.Supponiamo che la funzione di produzione possa essere scritta come unafunzioneCobb‐Douglas:Y=KαLβRγ

27Dasgupta(2004)28Solow(1974)

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Dove K è il capitale manufatto, L il lavoro ed R le risorse naturali, conα+β+γ=1. Appare chiaro come uno stesso valore di output possa essereottenuto con diverse (infinite) combinazioni dei fattori produttivi. Inparticolareèpossibilepensaredidiminuirel’usodirisorsenaturalifinoadunvaloreprossimoallozero,ediaumentareinproporzioneK:ilvaloredellaproduzionenoncambierebbe.Questaideaèunadellebasidellacosiddettasostenibilitàdebole,secondocuiun’economiaèdefinitasostenibileseassicuraunostockdicapitaletotalenon decrescente nel tempo. Essendo il capitale totale formato da capitalemanufatto e capitale naturale, ed essendo le due forme di capitalecompletamentesostituibili,adognidiminuzionedelcapitalenaturaledovutaallosfruttamentodellerisorseoalladegradazioneambientaleèsufficientecontrapporre un incremento di capitale manufatto dello stesso valore.SimileaquestaanalisièlacosiddettaRegoladiHartwick,secondocuiunacomunita’ che dispone di una risorsa non rinnovabile puó godere di unflusso di consumo costante nel tempo se le rendite derivanti dall’utilizzodellarisorsasonorisparmiateeinvestiteincapitalefisicorinnovabile.A quella debole si contrappone una sostenibilità forte, che riconosce ladifferenzastrutturaletracapitalenaturaleecapitalemanufatto,consideratientrambinecessari al processoproduttivo, e quindicomplementi piuttostochesostituti. ScriveapropositoHermanDalyche l’ideadi sostituibilitàdeineoclassicièsimilealvolerpreparare“unatortaconsolouncuocoelasuacucina.Nonabbiamobisognodifarina,uova,zuccheroetc.,nédielettricita’ogasnaturale,enemmenodilegno.Sevogliamounatortapiùgrande,ilcuolosemplicementemescolapiùvelocementeinunrecipientepiùgrandeecuoceilrecipientevuotoinunfornopiùgrandecheinqualchemodosiriscaldadasolo”.Apartel’evidenteironia,èchiaral’intenzionedimostrareidifettiteoricidiuna visione economica che non tiene conto dell’importanza insostituibiledellerisorseedelcapitalenaturale.

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3.LoSviluppoSostenibileelaDecrescitaIntroduzioneDopoaverdatounarappresentazionedellequestioniglobaliche lasocietàumanasitrovacostrettaoggiadaffrontare,eaverpresentatoalcunimodiincui la teoria economica ha cercato di analizzarle, è giunto il momento dipresentare nella sua interezza il concetto di sviluppo sostenibile, che dacirca25annirappresentalaprincipalevisionealivellointernazionalevoltaaconciliarelacrescitaeconomicaconun’equadistribuzioneeilrispettoperl’ambiente.3.1Sviluppo:umanoesostenibile“Sviluppo” è un termine che negli ultimi cinquant’anni è stato fra i piùdibattuti. Esistono numerose definizioni, ognuna delle quali si focalizza suundeterminatoaspettoche‐asecondadelcontestopoliticoedeconomicoincuisiinserisce,edell’epocastorica‐vieneconsideratoilpiùimportante.Sviluppononècertamenteuntermineutilizzatosolonelcampoeconomico,significando in generale “una modificazione quantitativa che avviene neltempo conunavanzamentoper stadi intermedi daun livello adunaltro”29.Può essere utilizzato nel campo della biologia, così come in quello dellasociologia o della psicologia. Per quanta riguarda l’ambito economico ilterminevieneutilizzatodiffusamentesoloapartiredalventesimosecolo,einparticolarmododallafinedellasecondaguerramondiale.La“nascitaufficiale”delconcettomodernodisviluppo–edisottosviluppo‐viene generalmente fatta risalire ad un famosodiscorsodell’ex‐presidentedegli Stati Uniti Harry Truman, che nel 1949 afferma: “(…) dobbiamolanciare un nuovo programma che sia audace e che metta i vantaggi delnostro progresso scientifico e industriale al servizio del miglioramento edella crescitadelle regioni sottosviluppate.Piùdellameta’dellepersonediquestomondoviveincondizioniprossimeallamiseria.Illoronutrimentoèinsoddisfacente.Sonovittimadimalattie.Lalorovitaeconomicaèprimitivaestazionaria.Laloropovertàcostituisceunhandicapeunaminaccia,tantoperloroquantoperleregionipiùprospere.Perlaprimavoltanellastorial’umanita’ è in possesso delle conoscenze tecniche e pratiche in grado dialleviarelasofferenzadiquestepersone30”.È fuori dalle possibilita’ di questo lavoro un’analisi dettagliatadell’evoluzionedelleteorieedellepoliticherelativeallosviluppoeconomicochesisonosuccedutenelcorsodeidecenni.Sipuótuttavia,accettandoundiscretogradodiapprossimazione,offrireunalorobrevedescrizione.Durante gli anni 50 – e oltre – il concetto di sviluppo coincideva quasicompletamenteconquellodicrescitaeconomica,e lacrescitadelprodotto

29Volpi(1994)30TraduzionetrattadaBologna(2008)

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interno lordo costituiva l’obiettivo principale delle politiche di sviluppo. Alivello teorico ció coincideva con la “teoria degli stadi” propostadall’economista Walt Rostow, che si basava sulla convinzione che ilpassaggio di una società da una situazione di sottosviluppo ad una piùavanzatasicomponessediunaserieprecisadipassidacompiere:peripaesiarretratisarebbestatosufficienteseguireunprestabilitosetdiregole,ecióavrebbeportatoall’avviodelprocessodisviluppo31.Neidecenni successivi taleottica si evolsee raffino’,maallo stesso temponacquero delle visioni alternative. Tra di esse vale la pena ricordare lascuola strutturalista, che poneva l’accento sui fattori – economici e non –necessari adoperare il cambiostrutturaledaun’economiaagricolaadunaindustrialeeurbanizzata; le teoriedelladipendenza,secondocui ipaesi inviadisvilupposonointrappolatiinunarelazionedidipendenza‐dominanzacon i paesi industrializzati che soffoca il loro processo autonomo disviluppo; l’approccio dei “basic needs”, promosso con forza dall’ILO(Organizzazione Internazionale del lavoro) che si concentrava sullanecessita’ di garantire alle fasce più povere della popolazione un redditominimo,taledacoprireilorobisogniprimari(cibo,abitazione,vestiario,maancheigienepubblica,trasporti,curemedicheeistruzione).Ildibattitosullosviluppovennebruscamenteinterrottoduranteglianni80,decennio che videdaunaparte una serie di numerose crisi economiche esituazioni di povertà nei paesi in via di sviluppo, e dall’altra un decisoritornoritornoalmercatoqualeistituzioneingradodiregolareinmanieraefficiente i rapporti economici. Gli anni 80 furono un periodo talmentedensodiproblemiequestioniirrisoltecherimasenellamemoriacome“thelostdecade”.Conglianni90siassiste inveceadunnettocambiodiparadigma, favoritodalnuovocontestointernazionale,appenacreatosiconilcrollodell’UnioneSovieticaelafinedellaguerrafredda.Perdeforzalavisionecheconsideravalo sviluppo come un percorso unilineare (una successione predefinita distadi, identiche per tutti i paesi), unifattoriale (in cui a predominare è lasferaeconomica)eirreversibile.Sisviluppaalsuopostounnuovomododiguardareallosviluppo,basatosulladimensioneumanaelocale,esostenutodalsistemadelleNazioniUnite:losviluppoumanosostenibile.Una visione che ha molto influito la nascita di tale concetto è contenutanell’analisi dell’economista indiano Amartya Sen, premio Nobel perl’economia nel 1998, il quale introduce i concetti di “funzionamenti” e“capacità”. SecondoSennonsono tanto importanti lemercio ibeni che sipossiedonoquantopiuttosto ciò che con talimerci e beni si realizza, datocheindiversicontesti,operpersonediverse,allestessecosepossonoessereattribuiti valori differenti. I funzionamenti sono quindi le esperienzeeffettive che le esperienze effettive, i risultati che gli individui ottengononelle diverse dimensioni della loro vita; le capacità indicano la liberta’ di31LefasicheRostowidentificasonocinque:lasocietàtradizionale,unafaseditransizioneinpreparazionedel“take‐off”,il“take‐off”,ilpercorsoversolamaturitàeinfineilconsumodimassa.Motoredellosvilupponellasuateoriasonoirisparmieiconseguentiinvestimentiche,sesufficientementeelevati,provocanounacrescitaauto‐sostenuta.

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scelta tra funzionamenti, ovvero il set di funzionamenti diversi tra cui gliindividuisonoliberidiscegliere.Losviluppodiunapersonaèquindimisurabileinbaseaduevariabili:

• l’ampliamento delle sue alternative (il tipo di lavoro, lo stile diconsumo,lapossibilitàdicurarsiediavereunavitalunga,etc.)

• l’ampliamentodellalibertàdisceglieretraloroLe teoriediSenhannoavutoun’importanza fondamentalenelcostituire labaseteoricapericoncettidisvilupposostenibileeumano.Essisonocategorie intrecciatemadistinte,ecometaliverrannoesaminatenelseguitodelcapitolo.Tracceremoinfinelecaratteristichedellosviluppoumanosostenibile,cheraccoglieinse’idueapprocci.LosviluppoumanoQuesto termine viene coniato dall’Undp nel suo Primo Rapporto sulloSviluppo Umano, edito nel 1990 e redatto sotto la guida dell’economistaMahbubulHaq,exministrodellefinanzepakistano.Illavorosiaprecosí:"QuestoRapportosioccupadellagenteedelmodoincuilosvilupponeamplialescelte.Sioccupadiquestionichevannoaldilàdiconcetti quali crescita del PNL, reddito e ricchezza, produzione di beni eaccumulazionedi capitale.La facoltàdiunapersonadi avereaccessoaunreddito rappresenta una di queste possibilità di scelta, ma non la sommatotaledelleaspirazioniumane”32Treaspettidirilievodellosviluppoumanorisaltanodaquesteparole:

1. Gliuominieledonnerivestonounruolofondamentalenelprocessodisviluppo,nonsoloinquantosuoibeneficiarimasoprattuttocomesuoi artefici. Il secondo Rapporto specifica che si tratta di uno“sviluppodellepersone,promossodallepersone,perlepersone”33.

2. Il concetto di sviluppo non può essere ridotto alla dimensionestrettamente quantitativa e monetaria. L’attenzione rivolta allequestioni sociali non significa tuttavia che lo sviluppo umano siaopposto o indifferente all’obiettivo di crescita economica, mapiuttosto che esso non considera tale crescita come l’unicomotoredellosviluppo.Esoprattuttochesioccupanonsolodellacrescitamaanchedell’equadistribuzionedeisuoifrutti.

3. Il fine principale dello sviluppo risulta essere l’allargamento deglispazi che racchiudono le opzioni e le scelte a disposizione dellepersone,nellaformazioneenelpotenziamentodellecapacitàumane

Più avanti lo sviluppo umano viene definito come il processo diampliamentodell’arcodellescelteindividualiche“consentaagliindividuidigoderediunavita lungae sana, essere istruiti eavereaccessoalle risorsenecessarieaunlivellodivitadignitoso”34.

32Undp(1990)33Undp(1991)34Undp(1990)

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Losvilupposostenibile L’idea di sostenibilità, e della sua applicazione allo sviluppo, precede diqualche annoquella di sviluppoumano. Il suo campod’applicazione è piùampio, riguardando sia il sistema delle scienze sociali che quello dellescienzenaturali. L’espressione sviluppo sostenibile diventa popolare negli anni ’80 ma leproblematiche a cui essa si riferisce erano diventate argomento didiscussionegiàvent’anniprima.E’infattineglianni’60chealcuniproblemiambientali assumono dimensioni tali da provocare forti reazionidell’opinionepubblicamondialee la creazionedimovimenti ambientalisti,che propongono una radicale revisione del paradigma della crescita. Lapercezionedelproblemadiventapoicomuneconlacrisipetrolifera. Il problema della sostenibilità ambientale entra ufficialmente nell’agendainternazionalenel1972,quandoleNazioniUnitepromuovonolaConferenzaONUsull’ambienteumano,conosciutaanchecomeconferenzadiStoccolma.Tra i risultati della conferenza si può annoverare la creazione dell’UNEP(United Nations Environmental Programme), giá presentato nel primocapitolo.Laquestioneambientaledivienedinuovooggettodidibattitointernazionalealla Conferenza di Ginevra del 1979; in quell’occasione viene lanciato unprogrammaspecificosulclima–ilWorldClimateProgramme–eapprovatounprotocollosull’inquinamentoatmosfericotransnazionale.Nel 1987poi vienepubblicato ilRapportoBrundtland, conosciuto anchecon il titolo “Our Common Future”, che aveva il compito di analizzare lepossibilità di armonizzazione tra sviluppo sociale ed economico eprotezionedell’ambiente.Inessoècontenutaladefinizione“ufficiale”disvilupposostenibile:“Lo sviluppo è sostenibile se soddisfa i bisogni delle generazioni presentisenzacomprometterelepossibilitàperlegenerazionifuturedisoddisfareipropribisogni.”35.Comesipuònotarequindi ilconcettodisostenibilitàriferitoaiprocessidisviluppo può essere declinato secondo due accezioni diverse macomplementari:

• Laprimafariferimentoalproblemaambientaleesiconcentrasuunavisionedellosvilupporispettosadell’ambienteedellerisorse.

• La seconda invece pone la sua attenzione sul concetto di equità tragenerazioni.Ancheinquestocasosipuòdistingueretra:

o equità intergenerazionale: le generazioni di domani hanno imedesimi diritti di godere di un mondo sano e delleopportunitàcheessopuòoffrire.

o equità intragenerazionale: anche all’interno di una stessagenerazione, persone appartenenti a diversi contestieconomici,politiciesocialihannoglistessidirittidisoddisfareipropribisogniedaspirazioni.

35Brundtland(1987)

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LosviluppoumanosostenibileSecondo il Sesto Rapporto dell’Undp l’edificio dello sviluppo umanosostenibilesibasasualcunipilastri:

• Eguaglianza. Lo sviluppo deve coinvolgere tutte le personeindiscriminatamente: tutti devono vedere riconosciuta loro lapossibilitàdiampliareilventagliodellescelte.Unprocessodisviluppoche ammetta delle disuguaglianze (e le principali sono quelle cheriguardanoledifferenzedigenere)nonèdestinatoadurare.

• Sostenibilità.Ilprocessodisviluppodeveessereingradodigarantirela riproduzione delle forme di capitale fisico, umano, sociale eambientale,dimododaassicurareilsuoperdurareneltempo.

• Partecipazione. Le persone devono essere soggetti attivi dellosviluppo, e non semplici spettatori. Ogni meccanismo di esclusione,discriminazione,impedimentoalprocessopartecipativoneiconfrontidiunqualunqueindividuo,rappresentaunasconfittaper losviluppoumano.

• Produttività.Lepersonedevonoesseremesseingradodiparteciparepienamente al processo di produzione dei redditi. Come si vede lasferaeconomicadellosviluppononvienemessadaparte,maentraafarpartediunavisionepiùampiaearticolata.

Anche se l’Undp non lo riporta si può affermare che un altro importanteconcettostaallabasedell’approcciodellosviluppoumano:

• Libertà. Per poter effettivamente disporre delle scelte di cui si èparlatoènecessariochelepersonesianodavvero liberediscegliere.Lalibertà,oltreadessereunobiettivodellosviluppo,nerappresentaanche ilprincipalemezzo: soloattraverso il rispettoe la tuteladellelibertàfondamentalidegliuominisipuòintraprendereunprocessosisviluppochevadaavantaggioditutti,enonsolodipochi.Questelibertàsiricolleganoadiversesferedellavita:

o Sfera politica: diritti civili e la possibilità di partecipare inmodoattivoesenzaimpedimentiallavitapolitica.

o Sfera economica: diritto di partecipare alle attività diproduzione,diconsumoediscambio.

o Sferasociale:dirittoallasalute,all’istruzioneeatuttequelleopportunità che le società dovrebbero offrire e garantire aipropricittadini.

o Sfera culturale: rispetto e difesa dei valori di riferimento edelleidentità.

Le caratteristiche essenziali del concetto di sviluppo umano sostenibile sipossonocosíriassumere:

1. Si valorizza la processualità e la multidimensionalità: sferaeconomica,politicaesociales’intreccianoinmanieraarticolataecomplessa e non regolata da rapporti di causalità lineare. Lacrescitaeconomicaperdelasuacentralità.Crescelavisionedellosviluppocomeunprocessodallenumerosevariabili: losviluppo

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non segue un percorso predefinito, ma si deve adattare alcontestoincuiavviene,rispettandoimodellidisviluppolocali.

2. Si riconosce la pluralità di soggetti interessati dallo sviluppo eche ne costituiscono gli attori attivi. E’ valorizzata la loroeterogeneità, seguendo l’idea che le differenze (di pensiero,culturaetc.)aiutanolosviluppoenonloostacolano. Si pone quindi il problema della definizione dei ruoli e dellecompetenze all’interno dei singoli contesti. E’ necessario ancheridisegnare il rapporto tra soggetti pubblici e privati, che deveessere basato sulla complementarietà piuttosto che sullacompetizione.

3. Lo sviluppo è visto come possibilità di scegliere, per cui ènecessaria un’uguaglianza nelle opportunità di realizzazionedellepropriecapacità. Il concettodisviluppoumanosostenibileha in sé alcuni elementi della teoria dei basic needs e delleriflessionidiAmartyaSen.

4. I processi di sviluppohannoacquistatounadimensione globalegrazie alla crescente interdipendenza tra i paesi, causata dalmiglioramento tecnologico e delle comunicazioni. Lo sviluppoumanononèunconcettoelaboratoperipaesiinviadisviluppo,mainteressaSudeNorddelmondoindiscriminatamente,giacchè “si preoccupa sia delle possibilità di generare una crescitaeconomicachedelladistribuzioneditalecrescita;riguardasiailsoddisfacimentodeibisogniessenzialidegliindividuichetuttolospettro delle aspirazioni umane, e i dilemmi che si pongono alNordhannoper talenozione la stessa importanzadellamiseriachepredominaalSud,percuisiapplicaatuttiipaesi,qualunquesiaillorolivellodisviluppo”36.

5. Uno dei concetti essenziali dello sviluppo umano è quello disostenibilità: le risorse naturali devono essere utilizzate inmaniera tale da assicurare alle generazioni future ugualiopportunitàdisceltadivita. Lasostenibilitànonpresupponesoloun attento consumo delle risorse ma anche una crescitaeconomicaaccompagnatadamaggioreequitàsociale.

3.2LeConferenzedelleNazioniUnite Dall’iniziodegli anni ’90 l’Onuhadedicatonumerosimomenti a tematichelegate allo sviluppoumano sostenibile: Conferenze Internazionali, Sessionispecialidell’AssembleaGenerale,Commissionispecifiche. Costituirebbeargomentoasél’analisidellediversedecisionipreseinquesteoccasioni,einchemanieraessesisonoevoluteneltempo,perciòverrannopresentati solo i momenti più importanti. Va sempre tenuto inconsiderazione il fatto che tali Conferenze non costituisconomomenti traloro indipendenti bensì parti di un unico processo volto a costruire unmiglioremodellodisviluppo.

36Undp(1993)

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1992RiodeJaneiro‐Conferenzasull’ambienteelosviluppo Alla Conferenza, anche conosciuta come Vertice sulla Terra, hannopartecipato183paesi. I risultati sono stati l’istituzionedella Commissionesullosvilupposostenibile(CommissiononSustainableDevelopment‐CSD)elafirmadiimportantiaccordi,traiquali:1. La Dichiarazione di Rio, un documento di carattere prettamente

politico, che richiama l’attenzione su alcuni temi: l’equitàintergenerazionale, i bisogni dei paesi più poveri, la cooperazione trastati, la responsabilità civile, la compensazionedeidanni ambientali, lavalutazionediimpattoambientale.

2. La Convenzione quadro delleNazioni Unite sul cambiamento climaticoche fissa degli obiettivi per la riduzione delle emissioni di anidridecarbonicaneipaesiindustrializzatientroil2000.

3. La Convenzione sulla diversità biologica che intende promuovere unaccessoequilibratoallerisorsedeglieco‐sistemi.

4. L’Agenda21(Programmadiazioniperil21°secolo),unpianodiazioneche contiene strategie e propone interventi concreti per fermare einvertire gli effetti del degrado ambientale e per promuovere unosviluppo compatibile con l’ambiente. Il piano, sottoscritto da circa 150paesi,deveessereattuatoapartiredaglianni90eperl’interoXXIsecolo;la sua attuazione implica il coinvolgimento di una varietà di attori cheoperanosuscaledifferenti(globale,nazionaleelocale):perquestosonostatecreatenumeroseAgende21,alivellodipaese,regione,oprovincia.

LaconferenzadiRiosièanchecaratterizzataperesserestato l’eventocheha sancito l’assunzione di un ruolo importante da parte delle ONG sullascenainternazionale.1995Copenaghen‐Verticemondialesullosvilupposociale IlVertice rappresentaunmomentoparticolarenel processodi definizionedellosviluppoumanosostenibile:senelleconferenzedeglianniprecedentil’argomentoerasemprestatotoccato,puroccupandosidialtro(ades.1993aViennaConferenzasuidirittiumani,oppure1994alCairoConferenzasupopolazione e sviluppo), a Copenaghen il tema è proprio quello dellosviluppoedellasuanuovadeclinazione. I governi dei paesi che partecipano stilano una Dichiarazione d’intentisuddivisa in 10 obiettivi, e fanno propria una concezione di sviluppo chepresentaalcuniaspettidiparticolarerilevanza: • Interdipendenza: si riconosce il carattere multidimensionale edintegrato dello sviluppo; crescita economica, sviluppo sociale epolitico,protezioneambientale,sonopartiugualmenteindispensabiliperunosvilupposostenibile

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• Globalità: i temi e i problemi dello sviluppo hanno assunto unaconnotazione transnazionale e trasversale alla stessa distinzioneNord‐Sud

• Processualitàdellosviluppo • Pluralitàedeterogeneitàdeisoggettidellosviluppo

Proprioariguardodiquest’ultimopuntovannosegnalatidueaspetti: 1. AlVerticehannopartecipatonumeroseONG,nonsoloorganizzando

un Forum parallelo come era successo a Rio nel ’92, ma anchedurante la preparazione e lo svolgimento della conferenzaintergovernativa,cercandodifarepressionesiasulledelegazionidelpropriopaesesiasullerappresentanzeregionali.UngruppodiquesteONGhadecisodi lanciareilSocialWatch, ilcuicompito è quello di controllare i governi riguardo al rispetto degliimpegniassuntiecomparareirisultaticongliobiettivistabiliti.SocialWatch pubblica ogni anno un Rapporto che mostra i progressicompiutidaigoverninellosforzodiraggiungerelemetefissate.

2. Per la prima volta vengono riconosciute come attori attivi leamministrazioni locali e la società civile, che vengono esortate adassumereunruolopiùimportanteneiprocessidisviluppo.

La Conferenza di Copenaghen ha quindi rappresentato una tappaimportante;l’unicaosservazionecriticacheleèstatamossaèquelladinonaverfissatountermineultimo,unadataounprecisolassoditempoentroilqualeportarea termine ilcompitostabilito.E’stato lasciatotroppopoterediscrezionale ai governi, che in molti casi hanno mostrato uno scarsoimpegnonelrealizzaregliobiettivi.2000NewYork‐AssembleadelMillennio Nel1998leNazioniUnitehannodecisodidareunsignificatoparticolarealla55°sessionedell’AssembleaGenerale,l’ultimadelXXsecolo.Questaavrebbedovuto segnare un momento di rinnovato impegno delle Nazioni Unite edell’interasocietàinternazionalesulfrontedellapaceedellaprotezionedeidirittiumani.Il Summit è statoprobabilmente il più grande radunodi capi di stato edigoverno mai organizzato. Al di là dei momenti formali, esso ha offertoun’occasionepreziosaperdiscuterealmassimolivellopolitico‐diplomaticolestrategieperaffrontarelesfidedelnuovosecolo.Ilprincipalerisultatoèstata la Dichiarazione del Millennio, con cui i 189 Capi di Stato e diGovernohannosottoscrittounpattoglobaletraNordeSuddelmondo,voltoa sconfiggere la povertà, debellare le malattie endemiche, proteggerel’ambienteeingeneralegarantireatuttilestesseopportunitàdisviluppo.Dalla Dichiarazione sono stati poi estrapolati otto obiettivi, iMillenniumDevelopmentGoals (MDGs), da realizzare entro il 2015, che individuanounpercorsoversounmondopiùgiusto,sicuroesostenibile:

1. Sradicarel'estremapovertàelamalnutrizione2. Garantirel'istruzioneprimariaatuttiibambinieatuttelebambine3. Promuoverel'equitàdigenereecombatterelediscriminazioni

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4. Ridurredidueterzilamortalitàinfantile5. Migliorarelasaluteriproduttiva6. Ridurredellametà ladiffusionedimalattiequaliHIV/AIDS,malaria

edaltre7. Assicurarelasostenibilitàambientale8. Sviluppareunapartnershipglobaleafavoredellosviluppo

GliottoobiettividelMillenniorappresentanolagrandesfidachelacomunitàinternazionale,attraverso leNazioniUnitee lesueagenzie, siè impegnataad affrontare negli anni a venire nel tema della riduzione delledisuguaglianze tra i popoli e della promozione di uno sviluppo umano esostenibile.Essi sonostati formulati inoccasionedellaDichiarazionedelMillennionelsettembre del 2000, ma ricalcano gli International Development Goals(IDGs) già individuati dal DAC (Development Assistance Committee) nel1996,inundocumentointitolato“Shapingthe21thcentury”,chetraducevain obiettivi concreti gli impegni presi dai Governi durante diverseConferenzeinternazionaliprecedenti.GliMDGsconsistonoin:

• 8obiettivigenerali• 18risultati(perogniobiettivovengonoindividuatideisotto‐obiettividetti“target”)

• 48 indicatori (per ogni target vengono indicati degli indicatori a cuifareriferimentopervalutarelostatodiavanzamentodelprocessodiraggiungimentodegliobiettivi)

Si trattadiobiettiviquantificabiliemisurabiliversocui tuttigliorganidelsistema ONU orientano la propria strategia, ricercando unità d’intenti esinergied’azione.Lo sforzo per il raggiungimento dei MDGs è gestito tramite diverseoperazioniestrumenti.Iprincipalisono:

• Global Millennium Campaign: campagna internazionale volta amobilitareilsostegnopoliticoperiMDGs.

• Millennium Project: si è trattato di un comitato consultivoindipendente commissionato dal Segretario Generale delle N.U. ediretto da Jeffrey Sachs. Esso ha presentato il suo rapporto finale“Investing inDevelopment:APracticalPlan toAchieve theMillenniumDevelopmentGoals”nel2005.

• MillenniumReports: periodicamente il Segretario Generale presentadei Rapporti di valutazione degli impegni presi per raggiungere gliobiettivi; ogni 5 anni c’è anche unmomento più generale di verificadellestradeintraprese.

• Country Operations: documenti grazie a cui si tracciano le lineestrategicheper il coordinamentodelle azionidelle varie agenzie cheoperanosulterritoriodiunostessopaese.

GliobiettividelMillenniorappresentanounutilequadrodiriferimentoacuigoverni, organizzazioni internazionali e tutti coloro che si occupano disviluppo possono (e devono) far riferimento per impostare le loro lineed’azione.

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Gli MDGs infatti concorrono, insieme agli obiettivi dei programmi disviluppo nazionali, alla formulazione degli NDGs (National DevelopmentGoals),obiettiviriadattatialcontestonazionale(politico,sociale,culturale)specificodelpaeseinviadisviluppoconsiderato.ApartiredaiNationalDevelopmentGoalsognipaeseelaborailproprioPRSP(Poverty Reduction Strategy Paper), un documentomolto importante, chespiega le strategie che il paese intende adottare per ridurre la povertà eavvicinarsialraggiungimentodegliobiettivistabiliti.2002Monterrey‐ConferenzaInternazionalesulfinanziamentoelosviluppo I vari eventi dedicati allo sviluppo durante gli anni ’90 avevano postonumerosesfideacuiipaesidelmondo,einparticolarequellipiùsviluppati,dovevanofarfronte.Sidovevaperòancoraaffrontareunproblemagravoso:perchésipotesserealizzareilmodellodisviluppoteorizzatoeranecessariounforteaumentodellerisorsefinanziarieadessodestinate.Ciòeraancorapiù necessario dopo che le Nazioni Unite avevano elaborato i MilleniumGoals.L’obiettivoprimariodellaConferenzadiMonterreyeraquindi fareappelloallacreativitàdellacomunitàinternazionaleperreperireemettereincampotutte le risorse necessarie alla realizzazione degli obiettivi stabiliti. Manell’agendaeranostateinclusenumerosealtretematiche:laregolazionedeiflussifinanziariinternazionali,gliinvestimentidirettiesteri,l’enormedebitodeipvs,illegameintercorrentetracommercioesviluppoelagovernancedelsistemaeconomicoefinanziariomondialePer queste ragioni Monterrey rappresentava un evento cruciale perdiscutere, con tuttigliattori,unadelleagendepiùdelicateper la lottaallapovertàeperladefinizionediunnuovoparadigmadisviluppo.NeidueannidipreparazionedellaConferenzaperòildocumentopoliticoèstato progressivamente annacquato ed impoverito. Durante l’ultimoComitato Preparatorio si è arrivati al consenso sul documento finale, ilMonterrey Consensus, consistente in un elenco di misure da adottare sulpiano nazionale e internazionale per garantire condizioni di vita piùaccettabiliallepopolazionideiPaesipoveri.Questo documento però è privo di tutte le proposte innovative che eranostate più volte ribadite (ad es. raggiungimentodello 0.7%del Pil dedicatoalla cooperazione, creazione di una tassa sulle transazione finanziarie,meccanismi di stabilizzazione dei mercati finanziari), degli spuntiimportanti, e soprattuttodi impegniprecisiaccompagnatidaparametriedindicatoridivalutazione.Gliunicirisultaticoncretichesisonoottenutisonostatiicinquemiliardididollari promessi dagli Stati Uniti (ma già condizionati all’attuazione dipolitiche di apertura dei mercati) e i 7 miliardi promessi dall’UnioneEuropea, nonostante alcune stime effettuate su quante risorse finanziariefossero necessarie per il raggiungimento degli obiettivi del millennioavesseroparlatodialmeno50miliardiall’annoapartiredal2002.La Conferenza diMonterrey è stata quindi vissuta come un fallimento dapartedelleorganizzazioninongovernativeedelleassociazionidellasocietà

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civile, ma, soprattutto, da parte dei paesi in via di sviluppo che avevanoripostotantesperanzeinessa. 2002Johannesburg‐VerticeMondialesulloSviluppoSostenibile PochimesidopoMonterrey,eadieciannidallaConferenzadiRio,siapreinSud Africa una nuova Conferenza, con l’obiettivo di valutare quanto fattofinoaquelmomentoariguardodeiprogrammidell’Agenda21ediadottarenuove strategie e ridare slancio alla cooperazione internazionale allosviluppo. LaConferenzaadottaduedocumentiprincipali:

• IlPianod’azione,chescaturivadaiComitatiPreparatori,costituiscelarispostapoliticadeiGovernidi tutto ilmondoalle grandi sfidedellosviluppo.Tuttavia leconclusionidelletrattativenonhannocostituitounsignificativoavanzamentorispettoaRio.

• La Dichiarazione d’intenti, nella quale si afferma che l'umanità ègiuntaadunbivioecheirappresentantideigovernidevonocercaredidareunarispostaallanecessitàdiprodurreunpianopraticocheportiallo sviluppo sostenibile e allo sradicamento della povertà. Il testoribadisce il ruolo indispensabile della democrazia e dello stato didiritto e riafferma il "principio delle responsabilità comuni madifferenziate"frapaesiindustrializzatiepaesichenonlosonoancora,sottolineando che il progresso socio‐economico è una componenteessenzialedellosvilupposostenibile.I Paesi che hanno aderito si impegnano a contrastare il degradoambientale, l'inquinamento, la desertificazione, l'eccessivosfruttamento dei mari e degli oceani; a limitare i processi dicambiamento del clima; a preservare l'ecosistema planetario, acombattere la povertà e a ridurre le ineguaglianze sociali edeconomichetragliStatiedadimezzarelapercentualedipersonechenonhannoaccessoall’acquapulitaedaiservizisanitaridibase.La Dichiarazione poi elenca una serie di altre raccomandazioniriguardantil'accessodelledonneaiprocessidecisionali,laprogressivaeliminazione del lavorominorile, l'avvio di progetti in cooperazionetra pubblico e privato, l'incremento delle alleanze e deiraggruppamentiregionali,ilsostegnoaltrasferimentodelletecnologieaipaesipiùpoveri, lariduzionedel lorodebitoestero, lagaranziadiun commercio internazionalepiùequoe lanecessitàdidare seguitoagliaccordiinternazionalisottoscrittiinmateriadienergia

3.3LaDecrescitaNegliultimiannisièdiffusounfiloneteoricomoltointeressanteeancorainformazione, che ha preso il nome di decrescita. Esso fonda le sue basinell’analisi economica di Georgescu‐Roegen, il quale, come abbiamo vistonel secondo capitolo, era convinto che fosse necessario un declino

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dell’attivita’economicaumana,piuttostocheilraggiungimentodiunostatostazionario,propostaavanzatainvecedaHermanDaly.Tale declino sarebbe reso inevitabile dall’impatto devastante dell’attualesocietàumanasulpianeta,nellesuemolteplicidimensioniambientali.Nonsolo quindi sarebbe necessario arrestare la crescita, ma costruire di sanapianta un nuovo sistema economico che risponda a un paradigmaradicalmentediversodaquellomoderno.Le idee di Georgescu‐Roegen, rielaborate e mescolate ad altri filoni dipensierodicarattereanti‐modernista,rappresentanoilnucleoteoricodiunmovimento intellettuale che propone, oggi più chemai, unamodificazionestrutturaledelsistemacheriportil’uomoadunrapportopiùarmoniosoconlanatura.Il principale esponente delle teorie della decrescita è senza dubbiol’antropologoedeconomistafranceseSergeLatouche37,chedaannipubblicalibriearticolisull’argomento.Ancheilmovimentoperladecrescitaitalianoè molto attivo, e vede tra i suoi animatori Mauro Bonaiuti e MaurizioPallante.Tali autori contestano – cosí come fecero i primi studiosi di economiaecologicaneglianni60e70–ilmitoimperantedellacrescitaeconomicachesembraaccomunare igovernantidi tutto ilmondo, indipendentementedalloro colore politico. Questa religione della crescita sarebbe altamentedannosaperilpianetaediconseguenzaperleprospettivedilungoperiododell’intera società umana. Il sistema capitalistico di crescita illimitata,trainato dalla ricerca di profitti sempre maggiori, considera solomarginalmenteiproprieffettiglobali‐chevannodalsaccheggiodellerisorsenaturaliaidisastrosieffettisullabiosfera‐piantandoinquestomodoisemidellapropriaautodistruzione.Scrive Latouche: “Decrescita è una parola d’ordine che significaabbandonare radicalmente l’obiettivo della crescita per la crescita, unobiettivo il cuimotore non è altro che la ricerca del profitto da parte deidetentoridelcapitaleelecuiconseguenzesonodisastroseperl’ambiente.Arigor del vero, più che di decrescita, bisognerebbe parlare di a‐crescita,utilizzando la stessa radicedia‐teismo,poiche’ si trattadiabbandonare lafedeereligionedellacrescita,delprogressoedellosviluppo”38.SiricordicomesecondoJ.S.Mill ilsistemacapitalisticotenderebbeinmodonaturale ad uno stato stazionario, più rispettoso della natura. Il parere diLatouche è invece che non ci sia nulla di naturale nel cambiamento diparadigma, chedeveessere inveceprovocato, tramiteuna rottura radicaleconilsistemacapitalistico,ilconsumismoeilproduttivismo.Latouche è molto critico anche nei confronti dello sviluppo sostenibile,sostenendo che il termine “sviluppo sostenibile” non sia altro che unossimoro,unafiguraretoricacheconsistenell’accostamentodidueterminiin forte antitesi tra loro. Al contrario di Herman Daly o degli autori deirapporti sui limiti allo sviluppo – i quali sostengono che “crescita

37SivedaLatouche(2008).38Ibidem

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sostenibile” sia l’ossimoro e che invece “sviluppo sostenibile” possarappresentare una categoria concettuale utile e proficua – Latouche siritieneconvintochenonpossaessercisvilupposenzacrescita,echequindilosvilupposostenibilenonsiaaltrocheuntentativodicamuffarelostessoordinedicrescitasfrenatadietrounvelodibuoneintenzioni.UnacriticaarticolataèrivoltaanchealGDP(oPIL–ProdottoInternoLordo)comeindicatoredibenessere.Ilmovimentofasuoundiscorsopronunciatoda Robert Kennedy nel 1968, che recita: “Il nostro Pil comprende anchel’inquinamento dell’aria, la pubblicita’ per le sigarette e le corse delleambulanze che raccolgono i feriti sulle strade. Comprende la distruzionedellenostre forestee ladistruzionedellanatura.Comprende ilnapalme ilcosto dello smaltimento delle scorie radioattive. (…) il Pil non tiene contodella salute dei nostri figli, della qualita’ della loro istruzione, deldivertimento dei loro giochi, della bellezza della nostra poesia o dellasolidita’ dei nostri matrimoni. Non considera il nostro coraggio, la nostraintegrita’, lanostraintelligenza,lanostrasaggezza.Misuratutto,tranneciòcherendelavitadegnadiesserevissuta.”39.IlfattocheilPILsiaingradodicalcolaresololaproduzionediricchezzanonlorende ingradodiafferrare imoltepliciaspettidellosviluppo.Daquesteconsiderazioni nasce l’esigenza di nuovi indicatori. Ad esempio il GenuineProgress Indicator, costruito e calcolato dal think thank statunitenseRedifiningProgress,prendeinconsiderazionenumerosealtrevariabilioltreallacrescita,comeladistribuzionedelreddito,l’educazione,lasicurezza,losfruttamentodirisorse,l’inquinamentoealtre.Si veda in figura 3.1 l’evoluzione di PIL e GPI nel periodo 1950‐2004.L’andamento dell’indice di progresso genuino appare molto menosoddisfacentediquellorelativoallaproduzione.Figura3.1ProdottoInternoLordo(GDP)eIndicatorediProgressoGenuino(GPI)

Fonte:RedifiningProgress

39Ibidem

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Decrescita significa invece invertire le proporzioni: far diminuire il PILmantenendostabile‐ofacendocrescere‐ilGenuineProgressIndicator.Percostruireunasocietàdelladecrescitabisognacambiareradicalmenteilsistema economico, attraverso una rilocalizzazione della produzione e delconsumo di alimenti, una forte diminuzione dei movimenti di merci ecapitali, una consistente riduzione dei trasporti ‐ che inquinano molto eutilizzanograndiquantitàdi energia ‐, un aumentodel periododi vitadeiprodottiperdiminuirelamassadirifiuti.Nelsuolibrodel2008Latoucheesponealcuneproposteperfarpartireuncircolovirtuosodidecrescita.Leriportiamo:

• Tornareaunimpattoecologicosostenibileper ilpianeta,ovveroadunaproduzionematerialeequivalenteaquelladeglianni60‐70.

• Internalizzareicostiditrasporto.• Rilocalizzareleattivita’.• Ripristinarel’agricolturacontadina.• Trasformare l’aumento di produttività in riduzione del tempo di

lavoroecreazionediimpieghi,finoquandoesisteladisoccupazione.• Incentivarela“produzione”dibenirelazionali.• Ridurrelosprecoenergiadiunfattore4.• Penalizzarefortementelespeseperlapubblicita’.• Decretareunamoratoria sull’innovazione tecnologica, tracciarneun

bilancio serio e orientare la ricerca scientifica e tecnica in funzionedellenuoveaspirazioni.

Abbiamo giá notato come le teorie della decrescita siano ancorarelativamente recenti e in via di formazione. Uno dei grandi problemi èproprioilfattocheancoramanchiunaveraepropriaformalizzazionedelleteorie, che possa rendere l’idea “leggibile” anche al mondo accademicotradizionale.Finoadoralosviluppodelleteorieèstatoprevalentementedicarattereargomentativo,eciòharidottolasuacapacitàdipresa.Tuttavia il tema della decrescita rappresenta uno dei campi di ricercaeconomica più innovativa e all’avanguardia, e probabilmente nei prossimianni si assistera’ ad una sua maggiore formalizzazione. Si segnala a talproposito la conferenza internazionale intitolata “Economic Degrowth forEcological Sustainability and Social Equity”, tenutasi a Parigi nell’aprile2008,chehavistounprimotentativodistrutturareleconoscenzeacquisitefinoadorasull’argomento.

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