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Report: La "Villa Dei Papiri" a Ercolano e la sua Biblioteca Author(s): Tiziano Dorandi Source: Classical Philology, Vol. 90, No. 2 (Apr., 1995), pp. 168-182 Published by: The University of Chicago Press Stable URL: http://www.jstor.org/stable/270490 Accessed: 15/09/2010 06:39 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of JSTOR's Terms and Conditions of Use, available at http://links.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp. JSTOR's Terms and Conditions of Use provides, in part, that unless you have obtained prior permission, you may not download an entire issue of a journal or multiple copies of articles, and you may use content in the JSTOR archive only for your personal, non-commercial use. Please contact the publisher regarding any further use of this work. Publisher contact information may be obtained at http://links.jstor.org/action/showPublisher?publisherCode=ucpress. Each copy of any part of a JSTOR transmission must contain the same copyright notice that appears on the screen or printed page of such transmission. JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. The University of Chicago Press is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Classical Philology. http://links.jstor.org

Dorandi, Villa Dei Papiri a Ercolano e La Sua Biblioteca, Cph 90, 1995

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An Tard, 9, 2001, pp. 131-138Classical Philology 90, 1995Libraries in ancient RomePhilodemos

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Report: La "Villa Dei Papiri" a Ercolano e la sua BibliotecaAuthor(s): Tiziano DorandiSource: Classical Philology, Vol. 90, No. 2 (Apr., 1995), pp. 168-182Published by: The University of Chicago PressStable URL: http://www.jstor.org/stable/270490Accessed: 15/09/2010 06:39

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REPORT

LA "VILLA DEI PAPIRI" A ERCOLANO E LA SUA BIBLIOTECA

1. Chi abbia visitato, in un tempo pi'u o meno lontano, le suggestive rovine di Pompei e si sia soffermato a ammirare gli affreschi che ornano la cosi detta "Casa del Menandro," ha avuto modo di ammirare, accanto alle pi'u famose pitture di argomento mitologico, piccoli quadri che riproducono, in una visione prospettica, splendide ville arricchite di portici a colonne, di giardini e di belvederi prospicienti il Golfo di Napoli. Essi raffigurano le dimore patrizie di ricchi signori, che, stanchi della vita tu- multuosa e difficile di Roma, avevano scelto il litorale compano-da Sorrento fino a Bala, Pozzuoli, Cuma-quale luogo ideale per trascorrere momenti di quiete, dediti non solo all'ozio, ma anche, talvolta, alla meditazione e agli studi letterari. Resti di queste sontuose ville si scorgono ancora, tra Pompei e Torre Annunziata: la "Villa dei Misteri" fuori delle mura di Pompei, la "Villa di Poppea" a Oplontis.

Una di queste ville era costruita su un basso promontorio nelle immediate vicinanze di Ercolano e si protendeva, con il suo belvedere coperto, fino al mare. Le rovine della villa non sono oggi visibili agli occhi dei visitatori perch6 seppellite ancora sotto un'alta coltre di fango lavico eruttato dal Vesuvio nei fatidici giorni di fine agosto del 79 d.C.; ma l'edificio era stato esplorato attraverso una fitta rete di cunicoli sotterranei, a partire dal 19 ottobre 1752, dagli scavatori borbonici, che, su comando del re di Napoli Carlo VII di Borbone, procedevano alla ricerca selvaggia di opere d'arte negli antichi siti di Pompei e di Ercolano. Una pianta della villa fu tracciata, mano mano che procedeva l'opera sotterranea di scavo, dall'ingegnere svizzero Carl Weber.' La straordinaria struttura architettonica dell'edificio, la pregevolissima decorazione scul- torea e pittorica insieme con i resti di una ricca biblioteca composta in prevalenza di testi epicurei e, in particolare, di opere di un pressoche ignoto Filodemo di Gadara sono tutti elementi che indicano nel proprietario della villa una persona di notevoli ca- pacita finanziarie, colta e raffinata. A partire dal Comparetti, non ostanti le aspre riserve del Mommsen,2 ha predominato la proposta che la villa fosse appartenuta a L. Calpurnio Pisone Cesonino, suocero di Giulio Cesare e console nel 58 a.C. L'ipo- tesi sembra trovare oggi una ulteriore conferma nella convincente proposta di iden- tificazione del personaggio raffigurato in un busto che ornava la villa con Pisone Pontefice, figlio di Calpurnio Pisone Cesonino.3

In questa lussuosa dimora Filodemo, poeta raffinato e filosofo epicureo, che da Atene era giunto in Italia negli anni 80-70 del I sec. a.C. e aveva stretto saldi rapporti di amicizia con Pisone Cesonino, raccolse una imponente biblioteca che conteneva

1. La pianta del Weber e stata pi'u volta riprodotta: p. es., in Comparetti e De Petra 1972, t.XXIV e in AAVV, 8-9 e 20-21.

2. Comparetti e De Petra 1972, 1-53; cf. Mommsen 1880, 32-36. 3. Adamo Muscettola 1989, 145-55.

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i libri dei Maestri dell'Epicureismo e delle scuole filosofiche avversarie e soprattutto le copie delle sue molteplici opere, trascritte su innumerevoli rotoli di papiro. Nelle intenzioni di Filodemo, la Villa di Pisone con il suo ricco patrimonio librario e con la sua decorazione scultorea opportunamente predisposta secondo un preciso pro- gramma organizzativo, doveva apparire come una ideale rifondazione in terra italica del Giardino di Epicuro a Atene. Negli ambienti della Villa Filodemo si riuniva con i suoi amici e uditori in una sorta di contubernium dove si leggevano testi e si di- scuteva la filosofia di Epicuro. La Villa di Pisone a Ercolano diveniva cosi un centro importante di diffusione e di irradiazione della filosofia epicurea in Italia nei decenni centrali del I sec. a.C., accanto e forse in stretto rapporto con la villula di Sirone a Napoli, sulla punta di Posillipo.4 Alla morte di Filodemo, la ricca biblioteca fu fre- quentata per alcuni anni ancora; dopo i libri vennero dimenticati e trascurati. L'eru- zione del Vesuvio del 79 d.C. cancelIZo poi, per lunghi secoli, la loro memoria e quella dell'antico filosofo greco con la sua biblioteca.

A dire il vero, il nome di Filodemo si perpetuo, come autore di brillanti epigrammi di argomento erotico e conviviale, tramandati indipendentemente nella Antologia Greca.5 Un fugace accenno alla Storia deifilosofi di un tale Filodemo, che compare in Diogene Laerzio (10.3), non aveva, invece, attirato l'attenzione degli studiosi ne poteva, certo, far supporre la ricchezza della produzione del dotto autore n6 la vastita dei suoi interessi culturali.

Quando gli scavatori borbonici, tra gli altri tesori di sculture in marmo e bronzo, oggi esposte nel Museo Nazionale di Napoli, portarono alla luce, dalle profonde ca- vita dei cunicoli sotterranei che si addentravano nelle viscere della Villa di Pisone, una quantita di cilindri anneriti simili a pezzi di carbone, la prima reazione fu quella di gettare via questo materiale, scambiato con resti di strutture lignee o con fagotti di tela o reti da caccia e pesca. Poi il caso volle che da qualche rotolo spezzato apparis- sero tracce di scrittura e finalmente ci si rese conto che non si trattava di pezzi di legno, ma piuttosto di antichi libri. Cominciava, in quel momento, l'avventura dei Pa- piri di Ercolano e la rinnovata fortuna di Filodemo.

2. Una volta che i dotti napoletani ebbero piena consapevolezza dell'immenso va- lore di quel tesoro, il primo e pi' grave problema che si present'o loro fu quello di come svolgere quei rotoli induriti e divenuti quasi pezzi di carbone.7 Dopo una prima serie di esperimenti con esiti disastrosi (tentati da Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero e dal Mazzocchi), il sistema piu efficace si dimostro quello della "scorzatura totale" messo in pratica dal Custode del Museo Reale di Portici, il pittore romano Camillo Paderni: i rotoli erano inumiditi con soluzioni idroalcoliche, solventi e glutinose e tagliati longitudinalmente in due semicilindri con un coltello; la superfi- cie interna della due porzioni era poi grattata finch6 si trovava una porzione di testo leggibile, che veniva trascritta prima di essere, a sua volta, distrutta per scoprire il foglio sottostante. Questo tipo di "scorzatura" salvava solo i fogli esterni dei due semi- cilindri detti "scorze," che venivano incollati su pezzi di tela o carta. Accanto al sistema della "scorzatura totale," lo stesso Paderni pratico anche un procedimento parallelo, che e stato efficacemente definito "scorzatura parziale." Esso consiste

4. Gigante 1990, 1-18. 5. Gow and Page 1968, 1:350-69, 2:371-400. Che la raccolta fosse piu ampia si deduce da POxy.

LIV 3724, su cui, da ultimo, Cameron 1993, 379-87. 6. Wojcik 1986, con le ulteriori considerazioni di Scatozza Horicht e Longo Auricchio 1987, 157-67. 7. Rimando solo a Angeli 1995.

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170 REPORT

nell'incidere il rotolo con due tagli longitudinali e talvolta anche con due tagli centrali perpendicolari all'altezza in modo da salvare la parte interna del cilindro, detta "mi- dollo." Solo alle due o quattro "scorze" esterne veniva applicato il metodo del raschi- amento; rimaneva, pertanto, il problema di come svolgere i "midolli." Un sistema ingegnoso per intervenire su queste porzioni di papiro fu escogitato da Antonio Piag- gio, un padre scolopio, gia scrittore di latino e custode delle miniature nella Biblioteca Vaticana, chiamato a Napoli per interessamento del re Carlo di Borbone. Nel 1753 il Piaggio ideo una ingegnosa macchina, che da lui prese nome e che rimase attiva fino agli inizi del 1900. Grazie a questa macchina lo scolopio riusciva a svolgere i "mi- dolli" dei rotoli senza distruggere i fogli di papiro che risultavano da quella operazi- one. Il rotolo veniva collocato in una vaschetta, si cercava il punto di attacco esterno del papiro, se ne spalmava una piccola porzione della superficie con colla e vi si ap- plicavano pezzetti di una membrana ricavata dal trattamento di intestini animali e, so- pra questi, fili di seta collegati alla parte superiore della macchina. Per mezzo della trazione con una serie di chiavi posizionate in alto alle quali erano legati i fili di seta, si riusciva lentamente a svolgere il rotolo. Quando si era recuperata una porzione di papiro di circa venti-trenta centimetri, si tagliava e si fissava su carta attaccata a una tavoletta lignea; successivamente la tavolette vennero conservate entro cornici prima di legno e poi di metallo. Altri scienziati del tempo (Th. Young, F. Sickler, H. Davy, J. v. Liebig, E. Drache) ricorsero agli esperimenti e ai mezzi piu strani e incredibili per tentare di aprire rotoli refrattari al metodo di svolgimento del Piaggio, senza doverli sottoporre al sistema di "scorzatura totale": i risultati furono sempre deludenti e por- tarono, nel migliore dei casi, all'abbandono dei singoli progetti o alla completa distruzione del materiale papiraceo utilizzato. Solo in tempi recenti, dopo un pioni- eristico tentativo del bibliotecario viennese Anton Fackelmann, significativi progressi nello svolgimento anche dei pezzi piu ostici sono stati ottenuti dall'equipe di studiosi e tecnici diretta da Knut Kleve della Universit' di Oslo. Il loro metodo biochimico consiste nell'uso di acido acetico e gelatina portati a elevata temperatura; questa mis- cela viene applicata sullo stato di papiro che deve essere sollevata; asciugatasi la colla, lo strato di papiro si solleva e puo essere staccato e successivamente incollato su un foglio di carta giapponese con la stessa colla impiegata nello "svolgimento" e conser- vato in cornici metalliche.

3. Sia che fosse applicato il metodo dello "svolgimento totale" sia quello "par- ziale" o la macchina del Piaggio, le singole porzioni di papiro aperte venivano con- testualmente trascritte, cioe disegnate su fogli di carta. Le trascrizioni dei pezzi sottoposti a "svolgimento totale" e quelli delle "scorze" esterne nel caso di "svolgi- mento parziale" rappresentano, e bene evidente, l'unico documento superstite dei contenuti di quei rotoli di papiro. Ma anche nel caso in cui si conservi ancora il foglio di papiro originale, i disegni costituiscono pur sempre documenti storici, testimoni di

una tradizione spesso piu ricca di quella attuale, a causa del continuo deteriorarsi della superficie dei papiri o della scomparsa della scrittura. Il loro contributo e, comunque, almeno in parte limitato dal fatto che spesso questi disegni tramandano una serie di segni incomprensibili e di grossolani errori dovuti alla totale ignoranza del greco da parte dei disegnatori. Esistono due serie di disegni, che prendono il nome dal luogo dove le copie originali sono conservate; gli apografi napoletani (Napoli, Officina dei Papiri Ercolanesi) e gli apografi oxoniensi (Oxford, Bodleian Library).

Dopo un primo periodo di assestamento e di ristagno dovuto anche alla morte di Padre Piaggio (1796), l'attivita dell'Officina dei Papiri (cos)i si chiamb quella parte

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del Real Museo Ercolanese di Portici dove erano custoditi i papiri) riprese con so- stanziale vigore durante il periodo in cui fu a Napoli il cappellano inglese John Hay- ter (I1802-6), chiamato da Ferdinando IV, su sollecitazione del principe di Galles, il futuro Giorgio IV di Inghilterra, con il compito di accelerare lo svolgimento e la trascrizione dei papiri. Sotto la guida di Hayter venne incrementata l'opera di svol- gimento e di trascrizione dei papiri. Nel 1806, in seguito all'occupazione di Napoli da parte delle truppe napoleoniche, Hayter si rifugio insieme con la Corte Borbonica a Palermo. Dopo il rientro di Hayter in patria (1809) I'ambasciatore inglese alla Corte di Napoli William Drummond riusci a ottenere che venissero spediti in Inghilterra gli apografi di tutti i papiri disegnati sotto la soprintendenza di Hayter nonche quelli approntati prima del suo arrivo a Portici allo scopo di prepararne l'incisione su lastre di rame in vista della loro pubblicazione. Questo materiale non fu pill restituito in- dietro e venne depositato nella Bodleian Library di Oxford.8

Il lavoro sui papiri continuo a Napoli anche durante il Periodo Francese sotto la direzione di Monsignor Carlo Maria Rosini, Vescovo di Pozzuoli. In questi anni e nei successivi della Restaurazione Borbonica si provvide a disegnare di nuovo tutti i papiri svolti (Apografi napoletani), si continuo l'opera di svolgimento dei rotoli e l'incisione dei disegni; si riprese lentamente la progettata prima raccolta di edizioni dei papiri: la Herculanensium Voluminum Collectio Prior. La pubblicazione del primo volume della serie, nel 1793, aveva segnato la data di nascita ufficiale della papirologia; altri dieci tomi seguirono, tra il 1827 e il 1855, per le cure dei membri della Accademia Ercolanese. Il progetto era stato concepito in maniera superba: ciascun volume in folio, conteneva il testo di uno o due papiri decifrato e integrato nelle lacune con inchiostro rosso, accompagnato da una traduzione latina, da una introduzione, da un ampio commentario e ornato dalla riproduzione a stampa delle incisioni in rame dei disegni. La ricchezza e la farraggine dell'apparato erudito non poco ostacolarono la pubblicazione di quei volumi e ne impedirono una adeguata conoscenza nel mondo della cultura europea contemporanea. Pochi anni dopo la conclusione della Collectio Prior, nel 1862, vide la luce, per iniziativa di Giulio Minervini, Ispettore della Sezione Numismatica e Epigrafia del Museo Nazionale di Napoli, il primo tomo della rinnovata seconda serie di edizioni dei papiri: Hercu- lanensium Voluminum Collectio Altera. L'opera era terminata, con l'undicesimo tomo, gia nel 1876. La celerita che caratterizzbo l'uscita dei singoli volumi fu dovuta a una scelta rivoluzionaria: per la prima volta, si pubblico solo la stampa della inci- sioni in rame dei disegni napoletani dei papiri. I volumi ebbero una larga diffusione soprattutto in Germania e Austria: su queste incisioni, e sugli apografi oxoniensi, fortunosamente riscoperti da Th. Gomperz nel 1863, sono fondate buona parte delle edizioni del secondo Ottocento dei Papiri di Ercolano. Nel 1914 D. Bassi, Direttore dell'Officina dei Papiri Ercolanesi, dette inizio all'ambizioso progetto di una Colle- ctio Tertia dei papiri in cui il testo criticamente ricostruito era accompagnato da una riproduzione fotografica dell'originale preparata dallo Stabilimento Alinari di Firenze. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale e altre difficolta limitarono la stampa al solo primo volume. II resto e storia recente e contemporanea.9

4. Che cosa contenevano quei testi, la cui scoperta aveva attirato l'attenzione im- paziente e curiosa dei dotti di tutta Europa?

8. Cf. Longo Auricchio 1992, 181-84. 9. Una rassegna di studi sulla storia dell'Officina ha curato Indelli 1993, 45-52.

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I1 "Prezioso tesoro di rotoli rari" che accese la fantasia poetica di Friedrich Schiller e davanti al quale-scriveva Mme de Stael: "On tremble de respirer, de peur qu'un souffle n'enleve cette poussiere oi' de nobles id6es sont peut-etre encore empreintes," non restituirono gli storici come Teopompo o Eforo, i giudizi di Aristotele sui poeti drammatici, le tragedie perdute di Sofocle e di Euripide, le commedie di Menandro e di Alessi ne tantomeno la Simmetria per i pittori di Panfilo e qualche trattato di ar- chitettura, come aveva sognato il Winckelmann.

Quando, nel 1793, venne pubblicato il primo papiro (PHerc. 1497) la delusione fu generale: altro non era che la verbosa conclusione del quarto libro dell'opera Sulla musica di un tale Filodemo. Anche gli altri testi che venivano decifrati, mano a mano che i papiri erano svolti e trascritti, non suscitarono grande attenzione. Erano, nella quasi totalita, scritti di Epicuro, Polistrato, Demetrio Lacone, di altri rappresentanti dell'Epicureismo piu antico e recente: Carneisco, Colote, Metrodoro. Essi forma- vano la ricca e specializzata Biblioteca di studio appartenuta a Filodemo giuntaci felicemente nella sua unita. Bisogno aspettare il risorgere degli interessi per le filo- sofie ellenistiche, nella seconda meta dell'Ottocento, perche quei testi fossero final- mente considerati e studiati nel loro effettivo valore.

Nelle pagine che seguono vorrei cercare di gettare uno sguardo globale sulla Biblioteca di Filodemo nella Villa di Pisone e offrire una succinta panoramica dei centenuti dei principali scritti in essa conservati.10

La Biblioteca era stata formata da Filodemo nel corso degli anni con la cura me- ticolosa di un bibliofilo mettendo insieme fondi librari pib antichi, alcuni riferibili addirittura alla prima meta del III sec. a.C. Al primitivo nucleo, che Filodemo aveva forse raccolto durante il suo soggiorno a Atene o portato con se dalla nativa Gadara, appartengono i rotoli del flHpi pt 6cvq di Epicuro (alcuni dei quali conservati in due o pi'u copie), degli scritti di Demetrio Lacone, coevi all'epoca in cui fiori il loro au- tore (II/I sec. a.C.), e di quelli di Polistrato e Carneisco. Questo fondo originario si accrebbe con I'aggiunta delle opere di Filodemo stesso durante il I sec. a.C., ma an- che con la copia di testi di autori pi' antichi perche deterioratisi o perche recuperati solo allora. La preponderante presenza di scritti filodemei e soprattutto l'individua- zione fra questi di rotoli con brogliacci e stesure provvisorie di alcune opere di quell'autore, conferma, senza ombra di dubbio, la supposizione che siamo di fronte alla biblioteca personale di Filodemo. Anche negli anni successivi alla morte del filosofo e fino almeno agli inizi del I d.C. la Biblioteca continuo a accrescersi. Ri- salgono a questo ultimo periodo la riproposizione, in nuova veste editoriale, non solo di alcuni "classici" del primo Epicureismo (Epicuro, Colote, Polistrato), ma an- che di alcuni libri di Filodemo.

5. Da Epicuro l'inizio. Dei trentasette libri del capovolavoro di Epicuro, lo scritto Sulla natura, i papiri di Ercolano hanno tramandato resti, piu o meno ampi, dei libri II, XI, XIV, XV, XXV, XXVIII e di altri incerti.

Nei frammenti conservati del II libro (PHerc. 1010 e 1 149/993)'' Epicuro affron- tava la dottrina degli ?'io?ka e, in particolare, discuteva della loro esistenza, della ra- pidita del loro processo di formazione e della velocita di movimento nello spazio. Non c'e traccia invece della dottrina del tempo, attribuita a quel libro da uno scolio

10. Cf. Cavallo 1983 e idem 1984, 5-30. 11. Edizione: Arrighetti 1973, frag. 24.

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all'Epistola a Erodoto.12 I1 libro XI (PHerc. 154 e 1042) era diviso in due parti di- stinte: la prima riguardava la forma, la posizione e la stabilita della terra, considerata piatta e non rotonda; la seconda era riservata a una vivace polemica contro l'ipotesi sostenuta dagli astrologi-matematici di Cizico che dalla terra si possano prendere misure obiettive delle orbite celesti e contro quella che le macchine astronomiche (opyava) costruite dai suoi avversari consentano di formarsi un modello mentale del fenomeno celeste che riproducono.13 Nel XIV libro (PHerc. 1148), Epicuro com- batte principalmente la dottrina degli elementi nel Timeo di Platone e insieme quelle dei filosofi monisti e pluralisti con l'aiuto che gli viene dalle critiche gi'a proprie di Aristotele nello scritto Sul cielo. Solo la filosofia epicurea, presentata come p6p[ta- Kov e medicina che lenisce gli affanni e i dolori, pub liberare l'uomo da turbamenti e angosce. Nei capitoli conclusivi del libro, il Maestro si scaglia contro alcuni filosofi definiti "confusionari," forse i Dialettici, combattutti anche nel libro XXVIII. 14 Nei frammenti del libro XV (PHerc. 1 151) si discute degli atomi e degli aggregati ato- mici.15 Ben piiu interessante il contenuto del libro XXV (PHerc. 697, 1420/1056 e 1 191),16 dedicato allo sviluppo psicologico dell'uomo, che Epicuro distingueva in due livelli: il naOokoyiK6q -cp6moq (relativo al piacere e al dolore) e l'aUio)Coyko6q Tp6?oq (comportamento umano in termini di cause). Si conserva soltanto la tratta- zione del secondo aspetto: Epicuro da importanza alle cause esterne, discute del fine della vita, del ruolo morale dell'io e degli UinoyCy7vv1jPCva (gli sviluppi successivi alla nascita: Sedley); affronta il problema della libert'a di agire che risolve con un netto rifiuto del determinismo.17 Nel XXVIII libro (PHerc. 1479/1417), infine, Epi- curo discute di questioni di epistemologia e linguistica in polemica con i filosofi Megarici viz. Dialettici, che avevano mosso obiezioni contro la teoria del linguaggio quale esposta da Metrodoro e da Epicuro stesso. I1 problema principale e quello di evitare l'ambiguit' espressiva che poteva essere implicita nell'uso del linguaggio co- mune che Epicuro consigliava al filosofo per designare sia gli oggetti che cadono sotto la percezione dei sensi sia quelli esterni a essa. Per il raggiungimento di questo fine, Epicuro indica strumenti di verifica, a suo dire, infallibili, perch6 fondati sul- l'evidenza delle prolessi (Tp6/i0ptq) e dei (patv6itva: la mancanza di attestazione, l'&vTtp[u Tp1jcYtq (controattestazione) e 1'brtkoy7ctq6q (calcolo empirico).'8

Nella Biblioteca di Filodemo erano conservati anche gli scritti degli altri membri della Scuola epicurea, dai primi e diretti discepoli di Epicuro fino ai rappresentanti delle generazioni piiu giovani. Si sono individuate tracce, purtroppo molto frammen- tarie, della opere Sulla ricchezza (PHerc. 200) e Contro i Dialettici di Metrodoro;19 del Filista di Carneisco (PHerc. 1027), incentrato sul tema della amicizia e sul motivo del ricordo degli amici morti;20 di due libelli di Colote indirizzanti polemicamente

12. Del tempo tratta il testo, probabilmente un libro incerto del [Flp! p6cyoEq, che leggiamo nel PHerc. 1413; edizione: Arrighetti 1973, frag. 37.

13. Cf. Sedley 1976, 31-43. 14. Cf. Leone 1984, 17-107 e eadem 1987, 49-76. 15. Cf. Millot 1977, 9-39. 16. Per l'identificazione del numero del libro, cf. Laursen 1987, 77-78. 17. Cf. Sedley 1983, 16-51 e Long and Sedley 1987, 1:102-4, 107-12, 2:104-8, 113. Per una diversa

interpretazione, cf. Laursen 1988, 7-18. 18. Cf. Sedley 1973, 5-83. 19. Cf. Tepedino Guerra 1978, 191-97; Spinelli 1986, 29-43; e Tepedino Guerra 1992, 119-22. 20. Capasso, 1988.

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174 REPORT

contro il Liside e l'Eutidemo di Platone (PHerc. 208 e 1032).2 Anche di Polistrato, terzo scolarca del Giardino dopo Ermarco, ci e giunta larga parte di un trattato Sul disprezzo irrazionale delle opinioni popolari (PHerc. 336/1150), rivolto contro co- loro che disprezzano le opinioni del volgo, ma ne condividono altre meno accettabili perche non fondate sulla ragione. Bersaglio di queste critiche sono, in particolare, gli scettici, ma anche Cinici, Stoici e Megarici. Scarsi, invece, i frammenti dell'altro opuscolo protrettico Sullafilosofia (PHerc. 1520).22

Notevole e soprattutto la presenza dell'opera scientifica di Demetrio Lacone, un epicureo del II secolo a.C. contemporaneo del maestro di Filodemo, Zenone di Si- done.23 Demetrio fu scrittore universale che si interesso di poetica, retorica, critica del testo, fisica e teologia. Scrisse due libri Sulla poesia (PHerc. 188 e 1014) con l'inten- zione di definire il metodo epicureo di ricerca da applicare al dominio della critica let- teraria. A sostegno delle proprie argomentazioni Demetrio cita numerosi estratti poetici (Omero, Eschilo, Euripide, Sofrone, Alceo e versi lirici anonimi). Singolare e il libro giunto anonimo e anepigrafo (PHerc. 1012), dove il Lacone discute alcuni lu- oghi difficili e contraddittori del testo di Epicuro e ne offre una spiegazione. Non si tratta di un commentario continuo a un'opera di Epicuro o a passi scelti, ma piuttosto di un trattato il cui intento doveva essere quello di definire la corretta lezione degli scritti del maestro perche il loro messaggio filosofico giungesse nella sua purezza e potesse cos)i avere piena efficacia sui suoi fruitori (philologia medicans).24 In un'opera giuntaci purtroppo molto frammentaria (PHerc. 1055) Demetrio affrontava alcuni problemi teologici, tra i quali la delicata questione dell'antropomorfismo divino. Negli scritti Sulla geometria (PHerc. 1060) e Le "Aporie" di Polieno, il Lacone proponeva un probabile modello di geometria anti-euclidea, che tenesse anche conto della teoria epicurea dei minimi atomici (?k6Xtiuct).

Da Atene, o forse dalla sua patria, oltre ai rotoli con le opere dei Capiscuola del Giardino, Filodemo aveva portato con se anche i libri di filosofi delle scuole avver- sarie, in particolare quelli degli stoici: tra gli altri una raccolta di Questioni logiche (AoytK& 41TuIJaTU: PHerc. 307) di Crisippo e un trattato sulla provvidenza (Tp6voIa)

attribuibile al medesimo filosofo (PHerc. 1038 e 1421). Sarebbe riduttivo pensare che la loro lettura servisse a Filodemo solo e esclusivamente per scopi polemici e non anche per arricchimento culturale.25

6. Scarse e incerte le notizie sulla vita di Filodemo.26 La sua patria fu Gadara nella Decapoli; la data di nascita e da porre intorno al 110 a.C. Ancora giovane, Filodemo aveva lasciato Gadara per recarsi a Atene, dove fu discepolo del filosofo epicureo Ze- none di Sidone. Di [a, passb in Italia, probabilmente tra la fine degli anni 80 e gli inizi degli anni 70, e si ferm'o a Roma dove conobbe L. Calpurnio Pisone Cesonino, al quale si legb di una salda amicizia. I rapporti fra Pisone e Filodemo e possibile ricostruire attraverso la narrazione ambigua e poco attendibile della orazione (In Pisonem) che Cicerone diresse, nel 51 a.C., contro il suo acerrimo nemico Pisone. In un momento

21. Cf. Cronert 1965, 165-73 e Angeli e Acosta MNendez 1992, 53-91. 22. Cf. Indelli 1978 e Capasso 1976, 81-84. 23. Rimando solo a Dorandi 1994, 637-4 1. 24. Seguo l'interpretazione di Erler 1993, 281-303. 25. Bibliografia recente in Capasso 1989, 220-2 1. 26. Per tutto il capitolo su Filodemo pub essere sufficiente rimandare ai due articoli di Dorandi 1990a

e Asmis 1990. II referimento a questi due contributi mi esime da un apparato di note e da ulteriori richiami bibliografici.

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imprecisato, Filodemo lascio Roma e si trasferi in Campania, a Ercolano nella Villa di Pisone. In Campania, centro della diffusione dell'Epicureismo in Italia, Filodemo fu in rapporti con Sirone, che teneva scuola a Napoli. Presso di lui ebbe modo di incon- trare i poeti augustei Quintilio Varo, Lucio Vario Rufo, Plozio e Virgilio. Filodemo moei approssimativamente dopo il 40 a.C.

Filodemo non fu solo filosofo, ma anche fine poeta d'amore. Cicerone, certo non be- nevolo verso gli Epicurei, espresse un giudizio entusiastico sui suoi epigrammi: "Filo- demo compone versi cos)i graziosi, cos)i armoniosi, cos)i eleganti che non si potrebbe trovare niente di pi'u raffinato."

Questa attivit' non lo poneva in contrasto con l'ortodossa dottrina di Epicuro, che negava ogni valore etico alla poesia, anzi l'aveva addirittura bandita dal suo sistema filosofico in quanto causa di gravi turbamenti che avrebbero ostacolato il raggiungi- mento della quiete dell'anima. Si tratta, in realta, di un falso problema se si consid- era che gli epigrammi furono scritti da Filodemo in epoche e in luoghi diversi. Filodemo si avvicino all'Epicureismo quando aveva gia svolto buona parte della sua attivit' di poeta epigrammatico: da Gadara e da Atene, Filodemo aveva portato in Italia le poesie che aveva gia scritte prima della sua formazione filosofica. In Italia continub a comporre epigrammi nei quali soli e consentito ravvisare coerenza con la dottrina epicurea.27

Piu attuale sarebbe semmai indagare la personalita e il pensiero di Filodemo nella storia del Giardino. Filodemo, pensatore non troppo originale, fu: "a typical teacher of Epicureanism, spreading his school's gospel at the intersection of the Greek and Roman worlds"? Fedele ammiratore e seguace del suo maestro Zenone, Filodemo ne avrebbe perpetuato la memoria e diffuso l'insegnamento con opere che, talvolta al- meno, appaiono solo come aggiornamenti degli appunti presi a lezione durante il soggiorno a Atene?28 Oppure: nuovo Panezio del Giardino, Filodemo introdusse nella filosofia epicurea sfumature che, pur non intaccandone i principi basilari, I'adeguarono alle rinnovate esigenze dei tempi mutati e della realta romana?29 Lo stato delle ricerca non permette di dare, a tutt'oggi, una risposta definitiva a queste domande, ma le premesse sono favorevoli a una pi' chiara valutazione.

7. Il grosso dell'opera di Filodemo e costituito dai suoi scritti in prosa. I loro contenuti spaziano nei piu disparati campi del sapere e mettono appieno in evidenza la larghezza dell'orizzonte culturale dell'uomo: dalla biografia filosofica alla rivalutazione di discipline proprie degli ?YK6KkAW pXIO1~QTQ (retorica, poetica, mu- sica), da opere di spiccato carattere polemico a altre di riorganizzazione di concetti etici (vizi e virt' contrapposte, modi di vita, affezioni), da scritti di teologia a altri di logica inferenziale fino ai due trattati Sulla morte e Ethica " Comparetti " nei quali il filosofo si impegna in un personale e sentito ripensamento di due capisaldi della dot- trina epicurea: la paura della morte e i mezzi concessi al vero sapiente per vincerla.

Questa, in una rapida rassegna, che segua nei limiti del possible lo svolgimento della loro cronologia, una succinta esposizione dei contenuti dei libri filodemei.

L'opuscolo II buon re secondo Omero (PHerc. 1507), composto da Filodemo nei primi anni del suo soggiorno in Italia e dedicato a Pisone, si distingue all'interno

27. Cf. Gigante 1989, 129-5 1. 28. Cf. Sedley 1989, 103-5; citazione da p. 103. 29. Cf. Erler 1992, 171-200.

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della sua produzione letteraria: il libro non pub essere interpretato ne in chiave allegorica ne in chiave politica. Con esso Filodemo presenta al suo protettore uno speculum principis, concepito verisimilmente con un probabile fine protrettico.

Con l'opera, in almeno dieci libri, intitolata Xv6vactl T(o)V pIXocO6qpv Filodemo si prefiggeva di scrivere una storia della filosofia in cui le vicende delle principali scuole filosofiche greche erano organizzate e narrate in maniera obiettiva a partire dal modello della successioni (diadochai). La Y6vTactl avrebbe dovuto costituire un grande manuale istituzionale con fini didattici concepito non soltanto per i mem- bri della scuola epicurea, ma anche per i minuls docti, la societ'a colta di Roma e del- l'Italia. Di questo complesso ci sono giunti soltanto tre libri relativi alla Academia, alla Stoa e al Giardino di Epicuro. In ognuno di questi libri, Filodemo delinea la sto- ria esteriore delle singole scuole nel loro sviluppo cronologico ne trascura aspetti dossografici delle principali dottrine in esse insegnate. La cosi detta Academicorum historia (PHerc. 164 e 1021) narra le vicende della Academia da Platone fino a An- tioco di Ascalona e a suo fratello e successore Aristo; la Stoicorum historia (PHerc. 10 18) quelle della scuola stoica, da Zenone di Cizico a Panezio e ai suoi discepoli. Negli scarni resti della Epicureorumn historia (PHerc. 1780) troviamo tracce di ep- isodi che si riferiscono al periodo degli scolarcati di Polistrato e di Dionisio di Lamptrai, rispettivamente secondo e terzo successore di Epicuro nella direzione del Giardino.

Alla vita di Epicuro Filodemo aveva dedicato uno scritto in almeno due libri in- titolato Su Epicuro (PHerc. 1289 e 1232). Intenti biografici e possibile ravvisare pure nello scritto che riunisce documenti di Epicuro e altri Epicurei, meglio noto con il titolo di Pragmateiai (PHerc. 1418 e 310). I1 libro e composto di una raccolta di lettere di e a Epicuro, a partire dalle quali Filodemo intendeva ricostruire una biografia storicamente documentata del Fondatore del Giardino. Forse a Filodemo pub essere ricondotta anche la anonima Vita di Filonide di Laodicea a Mare (PHerc. 1044), un singolare Epicureo vissuto alla corte dei Seleucidi nel secondo secolo a.C. e cultore, tra l'altro, di studi matematici.30

Con la grande trilogia sui paOwOiIaTa: la Retorica, la Poetica, e la Musica, Filodemo affronta, in maniera sistematica e affatto nuova, temi che erano stati trascurati o re- spinti dal primo Epicureismo.

La Retorica, forse in sette libri, discute il problema se questa disciplina possa es- sere considerata o meno una TrgXv1 (ars): Filodemo cerca di dimostrare che tale e solo la retorica sofistica o epidittica, non quella politica. La retorica non conferisce all'u- omo politico qualita morali e lo Stato sara tratto in salvo dai buoni politici, non in quanto politici, ma in quanto buoni. A tale scopo molto giova lo studio della filosofia. Gli stessi retori sofisti non sono i soli a possedere una conoscenza universale, una mo- rale superiore e uno stile elegante. Al di sopra di qualsiasi genere di retorica si col- loca, pur sempre, conclude Filodemo, la "divina filosofia," la quale sola ci mostra come trovare e usare tutte quante le cose che concorrono al raggiungimento della vera felicita. Nei primi due libri sono considerati gli argomenti a favore e contro una defin- izione della retorica come arte; nel terzo Filodemo cerca di dimostrare che la retorica sofistica non pub formare buoni uomini di stato; nel quarto critica i retori sofisti e le loro pretese di superiorita. I1 quinto libro contiene una polemica contro Nausifane di

30. Cf. Dorandi 1990b.

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Teo, il maestro rinnegato di Epicuro, e Aristotele; il sesto e rivolto contro gli stoici e Diogene di Babilonia e contro un peripatetico Aristone. Nel settimo e ultimo libro viene ripresa, infine, l'antica querelle fra retorica e filosofia, che si risolve in una entusiastica presa di posizione, da parte di Filodemo, a tutto favore della filosofia.

Pi'i o meno contemporanea alla Retorica, e la composizione dei cinque libri della Poetica. In polemica con le scuole rivali, Filodemo vuole rispondere, non da esperto di critica letteraria, ma da filosofo, alla domanda: quali sono le qualita che rendono buona una poesia? Una poesia e buona non quando soddisfa l'udito con il ritmo e la melodia ne tantomeno per la sua composizione verbale (CuveOtn T-V O'VOPaT(V),

ma quando raggiunge una perfetta combinazione di pensiero e contenuto. Funzione della poesia non e quella di istruire, ma quella di arrecare piacere sia all'udito sia so- prattutto alla mente. I primi tre libri dell'opera sono incentrati sulla polemica rela- tiva al dibattito sul rapporto forma/contenuto e FM(povia/c(yvOFcwYt contro Cratete di Mallo e oscuri personaggi definiti kritikoi. Nel quarto, Filodemo attacca Aristotele, mentre nel quinto discute della definizione del buon poeta (dyaO6% TCoMTlTi) e del valore della poesia (dpvril noti,xow).

Nella Musica, infine, Filodemo sostiene che quella disciplina non ha nessun effetto morale ne pub essere ritenuta una via verso la virt'u. Alla musica va attribuito soltanto il piacere che ne promana e che genera nell'animo una disposizione alla bellezza e al bene, ma senza intento etico. La musica deve essere amata di per se, per il piacere che apporta a chi la ascolta, per la sua interiore bellezza. L'opera occupava almento quattro libri: i frammenti che ci sono giunti sono probabilmente da riportare tutti al IV libro.

Una delle caratteristiche salienti della produzione di Filodemo e, senza dubbio, il suo spirito polemico, acuto e talvolta feroce, con cui combatte contro gli avversari.

Nell'opuscolo Gli Stoici (PHerc. 339 e 155), Filodemo critica con pungente ironia le Politeiai di Zenone stoico e di Diogene cinico, avvicinate per le comuni caratte- ristiche negative. Il confronto fra i due scritti e I'acuta difesa della loro autenticit'a consente al Gadareno di metterne in evidenza gli aspetti pitu scabrosi e di liberare gli Epicurei da false e infamanti accuse morali.

Nell'altra opera intitolata Agli amici di scuola (PHerc. 1005), Filodemo si scaglia contro gruppi di epicurei definiti "dissidenti" (GoncUYaT) che proponevano una in- terpretazione della dottrina di Epicuro alternativa a quelle "ortodossa" della scuola di Atene. Oggetto di dibattito erano la definizione del c pacpi6, il problema del- 1'efficacia della letteratura compediaria e della sYKSyUKktoq Trat6cia.

Il grande trattato Sui vizi e le virtu' contrapposte, comprendeva almeno dieci libri, ognuno dei quali era rivolto all'esame di un vizio o della virtu a esso contrap- posta. Particolare attenzione era riservata all'adulazione: la difesa di Epicuro dalla accusa di piacenteria (a'p'Kcia) nei confronti dei potenti, doveva inserirsi nella at- tualita del mondo italico contemporaneo a Filodemo dove i suoi rapporti di amici- zia con Pisone potevano essere stati facilmente travisati. La virt'u contrapposta alla adulazione era la verita. Il nono libro (PHerc. 1424) riguardava l'amministrazione della casa (oiKovopia) e i mezzi consentiti al sapiente epicureo per procurarsi il necessario per vivere. Il vizio contrapposto sembra fosse la avidita di denaro (pDtkapyupia): di un rIHpi ptkapyVpiac si conservano alcuni frammenti. Su argo- menti affini Filodemo ritorna nell'opera Sulla ricchezza (Hl?pi nkO6IOV: PHerc. 163). L'arroganza (vU'ppciavia) era esaminata nel decimo libro (PHerc. 1008): le

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178 REPORT

circostanze avverse della vita fanno capire agli uomini superbi quale deve essere la correta condotta da tenere.

Dell'opera Sui generi di vita (HIcpi ii0Ov Kai Iiwv) faceva parte lo scritto Sulla li- berta di parola (PHerc. 1471). La liberta di parola (ltappflGia) e considerata da Filo- demo una cexvnq capace di operare sugli individui come la medicina; e l'arte del soccorso e, nello stesso tempo, della cura. La libert'a di parola e la direttrice della vita in comune che si svolgeva a Atene e a Ercolano, nella scuola di Zenone Sidonio e in quella di Filodemo, dove maestri e allievi ricercavano insieme la verit'a nel ricordo di Epicuro e dei Capiscuola del passato all'insegna della gratitudine e dell'amicizia.

Alla medesima opera Sui generi di vita e possibile siano da ricondurre, con la dovuta cautela, libri come quello dedicato a La gratitudine (PHerc. 1414) e a La conversazione (PHerc. 873). La conversazione (6p0dia), soprattutto, era per gli Epi- curei un motivo di primaria importanza legato alla amicizia e alla comune ricerca (cuTflcyt). Essa era parte integrante della educazione del sapiente, capace di

procurargli un intimo piacere proprio della attivit'a del conversare. Probabilmente, Filodemo compose anche un trattato dedicato alle passioni

(maO,q). Un libro di questo era rivolto all'analisi dell'ira (PHerc. 182). Filodemo di- stingue sottilmente tra ira (6pyii) e irascibilita (Ou6p6); anche il sapiente, sostiene, puo andare soggetto a momenti di ira, ma mai di irascibilit'a.

Alla fase piti tarda della attivit'a letteraria di Filodemo deve essere ricondotto il trattato Sugli dei. Se ne sono conservati soltanto due libri. Nel primo (PHerc. 26), il filosofo ribadisce i dannosi effetti che provengono dalla concezione popolare della divinit'a e il fatto che sono le false opinioni sugli dei, insieme con il timore della morte, a impedire il raggiungimento della quiete dell'anima. II terrore degli dei e quello della morte sono indissolubilmente legati fra loro e non l'uno pi'u dell'altro e causa di turbamento maggiore per gli uomini. Solo il sapiente e capace di liberarsi di entrambi e di acquisire cosi la felicit'a. il terzo libro (PHerc. 152/157) discute gli attributi degli dei in polemica con gli Stoici. Filodemo si sofferma sulla conoscenza del futuro in rapporto con il conseguimento della felicit'a; sulla onnipotenza divina, che non interferisce nelle faccende umane. Esamina questioni relative alla vita con- dotta dagli dei e al loro possesso di oggetti di uso quotidiano: si domanda se gli dei dormono, mangiano, quale lingua parlano.

Decisivo per la ricostruzione del pensiero teologico epicureo e anche l'altro scritto intitolato Sulla pieta religiosa, in due libri. I1 primo contiene una esposi- zione delle idee di Epicuro sul vero sentimento della pieta religiosa (c wcwLa). Gli dei esistono e devono essere onorati secondo le leggi della citt'a, ma gli uomini non possono aspettarsi da parte loro ne danni ne benefici. Gli de vivono beati, liberi da ogni turbamento e felici senza curarsi degli uomini e delle loro azioni. Nel secondo, diviso in tre sezioni, leggiamo: una critica dei miti e degli dei come rappresentati da poeti e pensatori, una critica della credenze religiose popolari e, infine, una critica alla teologia dei filosofi, in particolare, stoici.31

Legato agli interessi di Filodemo per la logica e il trattato Sui netodi inferenziali (PHerc. 1065). Nelle tre sezioni in cui e diviso sono riprodotte le discussioni sulla inferenza analogica (p-T(icT yt KcLO' 6pot6TclT(a) proposte nell'ambito della scuola

epicurea. D'accordo con i principi logici e gnoseologici di Epicuro, Filodemo difende il procedimento della inferenza per analogia, che permette it passaggio dal

3 1. Accetto la ricostruzione dell'opera proposta da Obbink nell' edizione del Hlp'l c6Gc4cia; (in stampa).

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mondo fenomenico ((paw6vpivov) al non conosciuto (&6rlkov). Considerevoli sono altres)i le pagine dedicate alla questione del libero arbitrio e della causalit'.

All'estremo periodo della produzione di Filodemo e alla sua piena maturit'a lette- raria e artistica sono stati assegnati due scritti etici che mostrano fra loro indiscutibili consonanze di lingua, contenuti e pensiero: l'Ethica "Comparetti" (PHerc. 1251) e i libri Sulla morte.

Particolarmente significativa, quasi testamento spirituale di Filodemo, e la chiusa del quarto libro Sulla morte (PHerc. 1050): Filodemo rivive in una visione sofferta l'ortodossia della dottrina epicurea alla luce della considerazione che la morte, di cui non dobbiamo avere paura, e comune a tutti: sapienti e stolti, forti e deboli; sono la ineluttabilit' e l'eternit'a che distinguono gli dei dagli uomini. I mortali sono soggetti a disgregazione degli atomi di cui sono costituiti; non una lunga serie di anni render'a l'uomo felice, ma la consapevolezza che la morte e nulla per noi; dobbiamo evitare il desidero di vivere e la paura della morte, non cercare la morte prima del tempo, n6 dimenticare la vita per paura della morte. Non importa il modo in cui si muore n6 dove; non ci deve addolorare la morte in terra straniera o una ingiusta condanna, la mancanza di una sepoltura o la dimenticanza che pub seguire una volta che siamo morti. Al saggio e concesso morire sereno perch6 la vita, trascorsa senza paura del futuro, nel costante pensiero della morte, gli appare come una somma di piaceri.

8. La Biblioteca della Villa di Pisone non conteneva solo opere di carattere filosofico ne solo testi scritti in greco. Considerevole, seppure nel pessimo stato di conservazione, e un piccolo gruppo di papiri latini.32 I1 piu famoso e, senza dubbio, il rotolo che restituisce alcuni esametri mutili di un poemetto sulla battaglia di Azio (PHerc. 817) di incerto autore (Rabirio? L. Vario Rufo?) e dalla cronologia oscil- lante tra il 31 a.C. e il 79 d.C. I1 carme risponde, per molti aspetti, alle esigenze della letteratura filo-augustea, sollecitata dal Princeps a sostegno del suo programma po- litico. Nella parte conservata vengono descritte la presa di Pelusio, le esitazioni di Cleopatra successive alla sconfitta, la conquista di Alessandria da parte delle truppe di Cesare.33 Residui di opere di oratoria politica e giudiziaria sono stati individuati nei due PHerc. 1067 e 1475: la loro cronologia e contenuto sono incertissimi a causa della estrema frammentarieta.34 In tempi recenti sono stati recuperati probabili versi dai libri III, IV e V del Rerum natura di Lucrezio (PHerc. 1829-31) e dagli Annales di Ennio (PHerc. 21).35 Dal tutto appare ben evidente l'esistenza nella Villa di Pisone di una Biblioteca latina depositaria di testi della letteratura romana piu antica e della tarda Repubblica e inizi dell'Impero. La presenza di Lucrezio apre, inoltre, nuove prospettive non solo per quanto riguarda i rapporti che il poeta pote avere con il cenacolo filosofico di Ercolano e l'influenza reciproca che pote esservi tra il poema lucreziano e gli scritti di Filodemo, ma ripropone anche il dibattito delle fonti di Lucrezio. Appare lecita la domanda: lesse Lucrezio il HIcpi (picysW di Epicuro nella Biblioteca della Villa di Pisone?

9. Nel febbraio 1765 difficolta di carattere politico, amministrativo, finanziario e tecnico avevano costretto a sospendere l'esplorazione sotterranea della Villa dei

32. Cf. Kleve 1994, 3 13-20. 33. Ultima edizione Courtney, 1993, 334-40. Per I'attribuzione a Vario, cf. Gigante 1991, 87-125. Tenuto

conto della data della battaglia di Azio e della cronologia di Vario il poemetto sarebbe stato composto tra il 31 e il 14 a.C.

34. Costabile 1984, 591-606. 35. Cf. Kleve 1989, 5-27 e idem 1990, 5-16.

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Papiri a Ercolano. Tutti i pozzi di accesso ai cunicoli attraverso cui procedeva lo scavo vennero sigillati con muri. L'oblio ripiombo sulla Villa di Pisone, su quella parte della sua Biblioteca e dei suoi tesori che gli antichi scavatori non erano riusciti a portare alla luce o non avevano avuto il tempo di trovare. Sono trascorsi 221 anni da quella data prima che, il 16 ottobre 1986, la Soprintendenza Archeologica di Pompei, in seguito alla scoperta di uno dei pozzi borbonici di accesso alla Villa, abbia dato inizio a una nuova fase dell'esplorazione dell'edificio con criteri e mezzi mod- erni. Purtroppo, dopo pochi mesi di alacre ripresa, il lavoro venne interrotto e e at- tualmente bloccato per motivi, ancora una volta, di ordine amministrativo e finanziario.36 La necessit'a di proseguire e portare a conclusione lo scavo e innega- bile: non solo sar'a possibile recuperare il resto della Biblioteca di Filodemo, in par- ticolare, la sezione latina, le cui primizie sono state appena assaggiate, ma anche e soprattutto restituire un patrimonio di opere d'arte e una struttura architettonica su- perba, fonte di incredibile arricchimento delle nostre conoscenze di storia dell'arte tardo-ellenistica e della Roma Repubblicana.

In attesa che, in un futuro non troppo lontano, nuovi rotoli greci e latini ricom- paiano dalle profondit' inesplorate della Villa, il lavoro e la ricerca fervono intorno ai vecchi rotoli carbonizzati, finalmente studiati e fatti conoscere in maniera adeguata.

Novita significative sono venute dall'impegno tecnico e scientifico dell'equipe norvegese diretta da K. Kleve.37 Del metodo di svolgimento dei papiri ho gia detto. Grazie all'impiego di una soluzione alcolica e stato messo in pratica un efficace sistema per rimuovere, senza danneggiarli, i cosi detti "sovrapposti," cioe frammenti di papiro che coprono il testo sottostante. Un lessico filodemeo fondato sulla gia es- istente Concordantia Philodemi, depositata nell"'Officina dei Papiri," e in attuazi- one. Sono stati progettati due metodi computerizzati per la ricostruzione dei testi lacunosi. I1 primo e stato definito lacunology: il computer pub offrire tutta una serie di supplementi per le lacune del testo deducendoli dall'intera letteratura greca e lat- ina; l'altro e stato definito literatology: attraverso un confronto di lettere frammenta- rie con altre intere scritte dalla medesima mano, il computer pub aiutare a ricostruire le lettere originali. Con il ricorso a questi strumenti della tecnica piu avanzata i diffi- cili e oscuri testi carbonizzati della Biblioteca di Filodemo continuano a svelare tutti i loro segreti con indubbio e inestimabile vantaggio per le nostre conoscenze della letterature greca e latina e delle filosofie di epoca ellenistica, non solo dell'Epicure- ismo.

1 0. I pochi titoli della bibliografia che segue hanno l'unico scopo di offrire una rassegna necessariamente limitata di scritti di maggior rilievo o utilita pratica sui papiri della Biblioteca di Filodemo e sulla Villa di Pisone. Un repertorio bib- liografico, pressoche completo, sui singoli papiri e reperibile nel Catalogo dei Pa- piri Ercolanesi, sotto la direzione di M. Gigante (Napoli, 1989) e in M. Capasso, "Primo Supplemento al Catalogo dei Papiri Ercolanesi," CErc 19 (1989): 193-264.

TIZIANo DORANDI

Centre National de la Recherche Scientifique, Paris

36. Cf. gli articoli di Conticello e De Simone 1987, 1-13 e 15-36. 37. Cf. Kleve 1991, 62-64.

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LA "VILLA DEI PAPIRI" A ERCOLANO E LA SUA BIBLIOTECA 181

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