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CORRISPONDENZA. Monsignor Conforti e il cardinal Ferrari: il conforto di un’amicizia cristiana ANNO XXIX N. 9 - 2011 - 5 IL VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA BENEDETTO XVI IN GERMANIA 22-25 SETTEMBRE 2011 nella Chiesa e nel mondo Diretto da Giulio Andreotti Chi vive nella grazia è santo www.30giorni.it MENSILE SPED. ABB. POST. 45% D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/04 N.46) ART.1, COMMA 1 DCB - ROMA. In caso di mancato recapito rinviare a Ufficio Poste Roma Romanina per la restituzione al mittente previo addebito. ISSN 0390-4539

DI PAPA BENEDETTO XVI ISSN 0390-4539 IN GERMANIA 22-25 ... 9 ITALIANA... · Grazie, Santo Padre, per la visita in Germania! Gerhard Ludwig Müller vescovo di Ratisbona 30GIORNIN.9

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CORRISPONDENZA. Monsignor Conforti e il cardinal Ferrari: il conforto di un’amicizia cristiana

ANNO XXIX N. 9 - 2011 - €5

IL VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA BENEDETTO XVI IN GERMANIA 22-25 SETTEMBRE 2011

nella Chiesa e nel mondo Diretto da Giulio Andreotti

Chi vive nella grazia è santo

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In copertina: nella foto sovrapposta, papa Benedetto XVI; nella foto grande, la veglia di preghiera con i giovaninella fiera di Freiburg im Breisgau, il 24 settembre 2011

EDITORIALE

Conferma i tuoi fratelli— di Gerhard Ludwig Müller 4

COPERTINA

BRICIOLE DI CATECHISMO

Chi vive nella grazia è santo— Il viaggio apostolico di papa Benedetto XVI

in Germania, 22-25 settembre 2011 38

RIFLESSIONI DI UN POLITICO TEDESCO

Il Papa resta fedele a sé stesso:date testimonianza della vostra fede— di Hans-Gert Pöttering 46

IN QUESTO NUMERO

CHIESA«La Chiesa in Cina non ha cambiato un solo iota della Tradizione apostolica che le è stata consegnata»intervista con Giovanni Battista Li Suguang— di G. Valente 30Il tesoro e i vasi di creta — di G. Valente 33

MEDIO ORIENTEUna primavera piena di enigmiintervista con Grégoire III Laham — di G. Valente 52

ATTUALITÀUna Civiltà di scrittori, poeti e navigatori della Reteintervista con Antonio Spadaro — di P. Mattei 64

CANONIZZAZIONEIntroduzione — di Rino Benzoni 72Il conforto di un’amicizia cristiana La corrispondenza tra il cardinal Ferrari e monsignor Conforti 72

NOVA ET VETERAIntroduzione — di L. Cappelletti 80Il tesoro da custodire è più importante del compito del custode— di L. Cappelletti 82

RACCONTI DALLE MISSIONIDalla Valtellina alle Ande — di G. Ricciardi 88

ARTERembrandt commosso dal volto di Gesù— di G. Frangi 94

RUBRICHE

LETTERE DAI MONASTERI 8LETTURA SPIRITUALE 12POSTA DEL DIRETTORE 2430GIORNI IN BREVE 58

330GIORNI N.9 - 2011

Racconti dalle missioniLa storia del salesiano Ugo de Censi,iniziatore,dell’Operazione Mato Grosso, e dei suoi amici

N. 9 ANNO 2011an

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XX

IXSommario

DIREZIONE E REDAZIONEVia Vincenzo Manzini, 45 - 00173 Roma - ItaliaTel. +39 06 72.64.041 Fax +39 06 72.63.33.95Internet:www.30giorni.it E-mail: [email protected]

Vicedirettori Roberto Rotondo - [email protected] Cubeddu - [email protected]

RedazioneAlessandra Francioni - [email protected] Malacaria - [email protected] Mattei - [email protected] Quattrucci - [email protected] Valente - [email protected]

GraficaMarco Pigliapoco - [email protected] Scicolone - [email protected] Viola - [email protected]

Ricerca iconograficaPaolo Galosi - [email protected]

CollaboratoriPierluca Azzaro, Françoise-Marie Babinet, Pina Baglioni, Marie-Ange Beaugrand, Maurizio Benzi,Lorenzo Bianchi, Lorenzo Biondi, Massimo Borghesi, Lucio Brunelli, Rodolfo Caporale, Lorenzo Cappelletti, Gianni Cardinale, Stefania Falasca, Giuseppe Frangi,Silvia Kritzenberger, Walter Montini, Jane Nogara, Stefano M. Paci, Felix Palacios, Tommaso Ricci, Giovanni Ricciardi

Hanno inoltre collaborato a questo numero: Gerhard Ludwig Müller (vescovo di Ratisbona),Hans-Gert Pöttering

Segreteria [email protected]

Ufficio legaleDavide Ramazzotti - [email protected]

3OGIORNI nella Chiesa e nel mondoè una pubblicazione mensile registrata presso il Tribunale di Roma in data 11/11/93, n. 501.La testata beneficia di contributi statali diretti di cui legge 7 agosto 1990, n. 250

Società editriceTrenta Giorni soc. coop. a r. l. Sede legale: Via V. Manzini, 45 - 00173 Roma

Consiglio di amministrazioneGiampaolo Frezza (presidente) Massimo Quattrucci (vice presidente)Giovanni Cubeddu, Paolo Mattei, Roberto Rotondo, Michele Sancioni, Gianni Valente

Direttore responsabileRoberto Rotondo

StampaArti Grafiche La Moderna Via di Tor Cervara, 171 - Roma

Distribuzione in libreriaMessaggero distribuzione srlPadova tel. 0498930922Milano tel. 027490679Roma tel. 0666166173

UFFICIO ABBONAMENTI E DIFFUSIONEVia V. Manzini, 45 - 00173 RomaTel. +39 06 72.64.041 Fax +39 06 72.63.33.95E-mail: [email protected] lunedì al venerdì dalle ore 9,00 alle ore 18,00e-mail: [email protected]

AbbonamentiItalia €45; Europa €60; Africa e Brasile €25; resto del mondo €70. Una copia €5; una copia con libro €6.Arretrati il doppio del prezzo di copertina

Versamenti• C/C postale n. 13974043 intestato a: Cooperativa Trenta Giorni Via V. Manzini, 45 00173 Roma;• oppure inviare assegno bancario non trasferibile intestato a Trenta Giorni s. c. r. l.,allʼUfficio abbonamenti;• oppure Bonifico bancario sul conto n. 074003252819,intestato a “Trenta Giorni scrl”, banca Intesa Sanpaolo,IBAN IT36 Y030 6903 2070 7400 3252 819, BIC BCITITMM

Mensile sped. abb. post. 45% D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/04 n.46) art.1, comma 2 - DCB - Roma

Questo numero è stato chiusoin redazione lʼ11 ottobre 2011Finito di stampare nel mese di ottobre 2011

3OGIORNInella Chiesa e nel mondo

Direttore Giulio Andreotti

CREDITI FOTOGRAFICI: Osservatore Romano: Copertina; pp.5,40,41,42,43,46-47,48; Associated Press/LaPresse:pp.4,5,31,34,35,52,55,56,59,65,66; Per gentile concessione de Il Cigno GG Edizioni, Roma:pp.8,11,17,18,19,21,22,24,25,26; Getty Images: pp.30,68; Afp/Getty Images: pp.32,38-39,44,47,49,53,54;Tino Veneziano: pp.33,53; LaPresse: pp.58,60,61,65; Magnum/Contrasto: p.66; Electa Mondadori: p.72;Archivio Missionari Saveriani: pp.72,73,75,76; Per gentile concessione di don Mirko Santandrea,Postulazione della causa di beatificazione e canonizzazione del servo di Dio Daniele Badiali:pp.88,89,90,91,92.

pag. 88

4 30GIORNI N.9 - 2011

Conferma i tuoi fratelli

Editoriale

Al termine del viaggio apostolico del Santo Padre in Germania

(22-25 settembre 2011), abbiamo chiesto un commento

al vescovo di Ratisbona, monsignor Gerhard Ludwig Müller.

Siamo lieti di poterlo pubblicare come editoriale di 30Giorni

Giulio Andreotti

È con grande gratitudine che ripensiamo alla visita del San-to Padre nella nostra patria. Egli è venuto come pastore

universale della Chiesa per confermarci nella fede e portarci ilmessaggio della salvezza in Gesù Cristo. Sono stati giorni digioia e di incontri solenni, nella grande comunione di coloroche sono portati dalla speranza in Gesù Cristo. Con le sue pa-role e con i suoi gesti egli ha invitato tutti a far sì che la ricerca diDio diventi il pensiero cardine per la nostra vita personale, maanche per l’intera società e il suo ordinamento.

L’entusiasmo suscitato dalla sua visita si è manifestato nellastraordinaria partecipazione dei fedeli a Berlino, Erfurt e Frei-burg. I diversi accenti del viaggio, per esempio quello sull’ecu-menismo nella città di Lutero, Erfurt, come quello del discorsoal Bundestag tedesco, hanno dato stimoli decisivi per il futurodella Chiesa in Germania.

Continueremo a portare con grande gioia i pensieri del SantoPadre nei nostri cuori. Ciò che abbiamo ascoltato ci farà riflette-re ancora a lungo, e ci porterà a una più profonda comprensio-ne della fede nel mondo di oggi.

Grazie, Santo Padre, per la visita in Germania!

Gerhard Ludwig Müllervescovo di Ratisbona

530GIORNI N.9 - 2011

Nella pagina accanto,Benedetto XVI durante la Veglia di preghiera con i giovani nella fiera di Freiburg im Breisgau il 24 settembre 2011; qui sopra, un momento della Veglia

Le immagini che illustrano le pagine delle Lettere e della Lettura spirituale sono relative adalcune delle quaranta icone russe esposte fino al 12 febbraio 2012 nelle Sale di Castel

SantʼAngelo a Roma, in occasione della mostra “Le icone russe (XV-XX secolo)” (catalogo acura de Il Cigno GG Edizioni). Le opere provengono dal Museo dellʼIcona Russa di Mosca,unʼistituzione privata nata solo un anno fa e che per la prima volta concede in prestito i suoiprestigiosi pezzi a un museo straniero. Inaugurata il 27 settembre scorso dal cardinaleRaffaele Farina, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, alla presenza di Andrei

Busygin, viceministro della Cultura della Federazione Russa, la rassegna rientra nelcontesto delle manifestazioni dellʼAnno della cultura e della lingua russa in Italia e dellacultura e della lingua italiana in Russia.

Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri

Madre di Dio Odigitria, fine XV secolo, Novgorod

CLARISSE DEL MONASTERO DI TREVIRI

Treviri, Germania

Da diversi anni ormai riceviamo la bellissima rivista 30Tage

Treviri, 1° giugno 2011

Egregio signor direttore Andreotti, da diversi anni ormai riceviamo la bella rivista 30Tageche lei ci fa avere in omaggio. Gliene siamo molto gra-te. Ci piacciono la veste tipografica di ottimo gusto e icontenuti veramente di valore, autenticamente cattoli-ci. Volentieri includeremo lei e le sue intenzioni nellenostre preghiere.

Siamo le clarisse cappuccine di Treviri, in Germania. Con i nostri cordiali saluti e la massima stima,

le sorelle di santa Chiara

SUORE COOPERATRICI DI CHABEUIL

Chabeuil, Francia

Un grazie dalla Francia

Chabeuil, 16 luglio 2011

Signor direttore,l’ultimo numero della sua rivista era accompagnato daun cd, Les chants de la Tradition. Il canto gregorianonon ha bisogno di lode, è lode, ma noi la ringraziamodi tutto cuore per questo piccolo dono.

Grazie anche per la qualità degli articoli e la realiz-zazione grafica, che è bellissima.

Preghiamo il Signore di benedire il suo apostolato,perché tale è il suo lavoro, per la gloria di Dio e al servi-zio della Chiesa, nostra madre.

Riceva, signor direttore, assieme a tutti i suoi colla-boratori, i nostri devoti saluti,

suore cooperatrici di Chabeuil

MONASTERO DE LA CONCEPCIÓN JERÓNIMA

Madrid, Spagna

Il libro Meditación sobre la santa Pascuaè prezioso e istruttivo

Madrid, 18 luglio 2011

Signor Giulio Andreotti,riceva la nostra più sincera gratitudine per l’invio dellabella, interessante, istruttiva e profonda rivista30Días, che ci fa vibrare e ci fa vivere con maggioreintensità la vita della Chiesa, le sue necessità e quelledel mondo. La leggiamo in comunità e ci fa sentire piùChiesa e più sorelle con tutti gli altri uomini.

La ringraziamo anche per il libro Meditación sobre lasanta Pascua, prezioso e istruttivo. Grazie mille!

Il Signore la ricompensi come merita: noi preghia-mo per questo.

la comunità delle gerolamine

CARMELITANE DEL MONASTERO DI ATENE

Atene, Grecia

30Giorni in Grecia

Atene, 18 luglio 2011

Signori,vi ringraziamo per la rivista 30Giorni che riceviamoqui in Grecia e che leggiamo con grande interesse macon difficoltà a causa della lingua. Vi preghiamo, quin-di, di inviarcela in francese affinché tutte le suore pos-sano leggerla.

Vi ringraziamo vivamente per la vostra dedizione,

suor Marie-Pierre

930GIORNI N.9 - 2011

Lettere dai monasteri Lettere dai monasteri

AGOSTINIANE DEL MONASTERO DI SAN PEDRO

Mutilva, Spagna

Leggiamo con interesse gli articoli suiPadri della Chiesa, fra i quali santʼAgostino

Mutilva, 21 luglio 2011

Signor direttore,riceva queste espressioni di ringraziamento per la rivi-sta 30Días che riceviamo da qualche anno. È una rivi-sta bella e istruttiva, la leggiamo con grande interesse,soprattutto gli articoli sui Padri della Chiesa, fra i qualisant’Agostino. Molte grazie.

Con tutto l’affetto e il ringraziamento, le offriamole nostre preghiere.

le monache agostiniane

CONCEZIONISTE FRANCESCANE

Borja, Spagna

Il cd ci fa gustare lʼincanto della musica gregoriana

Borja, 25 luglio 2011

Signor direttore,ancora una volta abbiamo ricevuto la sua rivista30Días, e dobbiamo ringraziarla per la sua delicatapremura di inviarcela. Abbiamo gradito il cd di cantiallegato a quest’ultimo numero: sono molto utili e ap-propriati. È bene ricordare le antiche antifone e tor-nare a gustare l’incanto e la solennità della musicagregoriana. Per tutto questo, grazie, mille grazie.

Come vede, siamo monache contemplative e ci so-no molto utili le informazioni sulla Chiesa e sul mondoche riceviamo attraverso i vostri articoli. La chiarezzae la precisione dell’esposizione ci fanno vivere più davicino i problemi che sorgono continuamente perpresentarli al Signore nella nostra preghiera.

La ricordiamo sempre nelle nostre preghiere echiediamo al Signore di continuare a darle forza e abenedire il suo lavoro apostolico.

Un saluto fraterno da tutta la comunità che la rin-grazia per la sua generosità,

suor Adoración Diez, oic

MONASTERO DI SANTA CATALINA DE SIENA

La Laguna, Tenerife, Spagna

Il nostro monastero compie quattrocento anni

La Laguna, 29 luglio 2011

Stimato signor Andreotti,da tempo volevo scriverle per inviarle i miei ringrazia-menti per la rivista 30Días che ci arriva sempre congrande puntualità. Il suo contenuto è di grande utilitàper tutte le consorelle e inoltre ci tiene al corrente ditutta la problematica del mondo e della Chiesa.

«Non abbiamo né oro né argento…» ma quello cheabbiamo lo diamo. Conti sempre sulla nostra preghie-ra affinché Dio, ricco di misericordia, faccia prospera-re tutti i progetti che lei ha in serbo.

Colgo l’occasione per renderla partecipe dell’e-vento che la mia comunità sta celebrando: quattro se-coli di fondazione di questo monastero di Santa Cate-rina da Siena. Una santa che dice molto a lei e a tuttigli italiani.

La saluto cordialmente e le rinnovo il mio profon-do ringraziamento e quello della mia comunità.

suor María Cleofé López Lantigua

Lettere dai monasteri

10 30GIORNI N.9 - 2011

1130GIORNI N.9 - 2011

CARMELITANE DEL CARMELO DI NOTRE DAME

Ho Chi Minh Ville, Viet Nam

30Giorni allarga il nostro cuore

Ho Chi Minh Ville, 29 luglio 2011

Caro signor direttoree voi tutti collaboratori di 30Giorni,vi porgiamo i nostri saluti e i nostri ringraziamenti perl’invio da molti anni di 30Giorni al nostro lontano eisolato Carmelo di Notre Dame.

Abbiamo particolarmente apprezzato l’articolo Vi-ta consacrata, sul n. 4/5 del 2011.

Grazie alla sua generosità e a quella di tutta la suaéquipe, i numeri di 30Giorni ci mettono al correntedegli avvenimenti mondiali, ci aiutano ad ampliare ilnostro orizzonte e ad allargare il nostro cuore e stimo-lano il nostro entusiasmo nella nostra vocazione dioranti e di penitenti.

Ancora una volta, grazie di tutto cuore. Grazie an-che per i canti gregoriani.

Vi assicuriamo le preghiere di tutta la comunità.

le carmelitane del Carmelo di Notre Dame

Annunciazione, fine quarto decennio del XVI secolo, Pskov

continua a p. 18

12 30GIORNI N.9 - 2011

Lettura spirituale Lettura spirituale

Fiducia! È la mano di Gesù che conduce tutto…

Santa Teresa di Gesù Bambino

Non stanchiamoci di pregare. La fiduciafa miracoli.

Santa Teresa di Gesù Bambino

Invito alla preghieraLa redazione di 30Giorni invita tutti, e in particolare le persone consacrate deimonasteri di clausura, a pregare per don Giacomo Tantardini. Da alcuni mesi sista curando per un tumore a un polmone. Che il Signore doni di chiedere con fi-ducia il miracolo della guarigione. Ai sacerdoti che stimano e vogliono bene a30Giorni chiediamo di celebrare la santa messa secondo questa intenzione. Aigenitori chiediamo la carità di far pregare i propri bambini.

1330GIORNI N.9 - 2011

Lettura spirituale Lettura spirituale

Nulla è bello come un bambino che s’addormenti nel dire la preghiera, dice Dio.

Vi dico, nulla è così bello al mondo.

E dire che ne ho viste di bellezze, nel mondo.

E me ne intendo. La mia creazione trabocca di bellezze.

La mia creazione trabocca di meraviglie.

Ce n’è tante da non sapere dove metterle.

Ho visto milioni e milioni d’astri ruotare sotto i miei piedi come le sabbie del mare.

Ho visto giornate ardenti come fiamme.

Giorni d’estate, di giugno, luglio, agosto.

Ho visto sere d’inverno distese come un mantello.

Ho visto sere d’estate calme e dolci come una pioggia di paradiso

Tutte disseminate di stelle.

Ho visto queste colline della Mosa e queste chiese che sono le mie case.

E Parigi e Reims e Rouen e cattedrali che sono i miei palazzi, i miei castelli.

Così belli che li conserverò nel cielo.

Ho visto la capitale del regno a Roma capitale della cristianità.

Ho sentito cantare la messa e i vespri trionfali.

Ho visto queste pianure e queste valli di Francia.

Che sono la cosa più bella.

La preghiera dei bambiniCharles Péguy, Il mistero dei santi innocenti

Cristo tra i fanciulli, Emil Nolde, Musem of Modern Art, New York

14 30GIORNI N.9 - 2011

Lettura spirituale Lettura spirituale

Ho visto il mare profondo, e la profonda foresta, e il cuore profondo dell’uomo.

Ho visto cuori divorati d’amore

Durante l’intera vita

Estatici di carità.

Che bruciavano come fiamme:

Ho visto martiri così animati di fede

Saldi come roccia sul cavalletto

Sotto i denti di ferro.

(Come un soldato che resista da solo per tutta la vita

Per fede

Per il suo generale (apparentemente) assente.)

Ho visto martiri in fiamme come torce

Prepararsi così le palme sempre verdi.

Ho visto stillare sotto gli uncini di ferro

Gocce di sangue splendenti come diamanti.

Ho visto stillare lacrime d’amore

Che dureranno più a lungo delle stelle del cielo.

E ho visto sguardi di preghiera, di tenerezza,

Estatici di carità

Che brilleranno in eterno per notti e notti.

Ho visto vite intere dalla nascita alla morte,

Dal battesimo al viatico,

Svolgersi come una bella matassa di lana.

Ora vi dico, dice Dio, non conosco nulla di così bello in tutto il mondo

Come un piccolo bimbo che s’addormenti nel dir la preghiera

Sotto l’ala dell’angelo custode

E che sorride da solo scivolando nel sonno.

E già mescola tutto insieme e non ci capisce più nulla

14 30GIORNI N.9 - 2011

1530GIORNI N.9 - 2011

Lettura spirituale Lettura spirituale

E arruffa le parole del Padre Nostro e le infila alla rinfusa tra

le parole dell’Ave Maria

Mentre già un velo gli cala sulle palpebre,

Il velo della notte sul suo sguardo, sulla sua voce.

Ho visto i santi più grandi, dice Dio. Ebbene, io vi dico.

Non ho mai visto nulla di più buffo e quindi di più bello al mondo

Di questo bimbo che s’addormenta nel dir la preghiera

(Di quest'esserino che s’addormenta fiducioso)

E che mescola Padre Nostro e Ave Maria.

Nulla è più bello, e in questo perfino

La Santa Vergine è d’accordo con me.

Su quest’argomento.

E posso ben dire che sia il solo punto su cui andiamo d’accordo.

Perché generalmente siamo di parere contrario.

Perché lei è per la misericordia.

E io, bisogna pure che io sia per la giustizia.

Così, dice Dio, come capisco mio figlio. Mio figlio l’ha detto e ridetto.

(Perché bisogna intendere alla lettera ogni parola di mio figlio.)

Sinite parvulos. Lasciate che vengano.

Sinite parvulos venire ad me. Lasciate che i piccoli vengano a me.

I piccoli bimbi.

Allora gli furono offerti dei piccini perché imponesse loro le mani e pregasse.

Ora i discepoli li rimproveravano.

Ma Gesù disse loro: Lasciate i piccoli, e non impedite che vengano a me:

talium est enim regnum coelorum. Infatti di costoro è il regno dei cieli.

A loro, a quelli come loro appartiene il regno dei cieli.

E dopo avere imposto loro le mani, se ne andò.

1530GIORNI N.9 - 2011

Lettura spirituale Lettura spirituale

La preghiera dei grandi che, per grazia, sono tornati bambiniLe quindici promesse del santo Rosario. Così la Madonna al beato Alano della Rupe

1. A tutti quelli che reciteranno devotamente il mio Rosario,

io prometto la mia protezione speciale e grandissime grazie.

2. Colui che persevererà nella recita del mio Rosario riceverà qualche grazia insigne.

3. Il Rosario sarà una difesa potentissima contro l’inferno; distruggerà i vizi,

libererà dal peccato, dissiperà le eresie.

4. Il Rosario farà fiorire le virtù e le buone opere e otterrà alle anime le più abbondanti

misericordie divine; sostituirà nei cuori l’amore di Dio all’amore del mondo,

elevandoli al desiderio dei beni celesti ed eterni. Quante anime si santificheranno

con questo mezzo!

5. Colui che si affida a me con il Rosario, non perirà.

6. Colui che reciterà devotamente il mio Rosario, meditando i suoi misteri, non sarà

oppresso dalla disgrazia. Peccatore, si convertirà; giusto, crescerà in grazia e diverrà

degno della vita eterna.

7. I veri devoti del mio Rosario non moriranno senza i Sacramenti della Chiesa.

8. Coloro che recitano il mio Rosario troveranno durante la loro vita e alla loro morte

la luce di Dio, la pienezza delle sue grazie e parteciperanno dei meriti dei beati.

16 30GIORNI N.9 - 2011

Lettura spirituale Lettura spirituale

9. Libererò molto prontamente dal purgatorio le anime devote del mio Rosario.

10. I veri figli del mio Rosario godranno di una grande gloria in cielo.

11. Quello che chiederete con il mio Rosario, lo otterrete.

12. Coloro che diffonderanno il mio Rosario saranno soccorsi da me

in tutte le loro necessità.

13. Io ho ottenuto da mio Figlio che tutti i membri della Confraternita del Rosario

abbiano per fratelli durante la vita e nell’ora della morte i santi del cielo.

14. Coloro che recitano fedelmente il mio Rosario sono tutti miei figli amatissimi,

fratelli e sorelle di Gesù Cristo.

15. La devozione al mio Rosario è un grande segno di predestinazione.

1730GIORNI N.9 - 2011

La Madonna

della Tenerezza,

fine del XVI secolo,

Mosca

CLARISSE DI CASTROJERIZ

Burgos, Spagna

Il canto gregoriano è stato fatto nei monasteri

Burgos, 31 luglio 2011

Cari amici di 30Días, continuiamo ogni mese a rice-vere la rivista ed è nostro dovere ringraziarvi perquesto grande dono che questo mese, con il cd dicanti gregoriani, è stato doppio. Vi ringraziamo infi-nitamente, perché amiamo molto questo canto checi aiuta nella nostra vocazione contemplativa.

Da molto tempo, nel nostro convento, cantiamoquesti canti belli e appropriati, perché, come dicevaun nostro insegnante di canto, «il canto gregoriano èstato fatto nei monasteri e per i monasteri». Così,questo libretto che avete pubblicato con i brani sceltie più popolari, ci è molto utile per continuare a can-tarli e a diffonderli fra le persone che vengono allenostre celebrazioni.

Dio vi ricompensi per tutto. Continuate a fare il la-voro meraviglioso che fate con la vostra pubblicazione.

Con molta gratitudine e preghiera per tutti voi,

le clarisse di Castrojeriz

18 30GIORNI N.9 - 2011

Presentazione di Gesù al Tempio, fine del XVI secolo,

area di Vologda; nella pagina accanto, Il battesimo di Gesù,

seconda metà del XVII secolo, Pskov

segue da p. 11

CONVENTO SANTA TERESA

Rio de Janeiro, Brasile

La nostra preghiera tra le vicissitudini della storia del Brasile

Rio de Janeiro, 3 agosto 2011

Carissimo senatore Giulio Andreotti,pax Christi!Desideriamo, con questo messaggio, ringraziarla perl’invio mensile della rivista 30Giorni che ci introduceagli avvenimenti più importanti della Chiesa e delmondo, motivandoci nella nostra vocazione contem-plativa di pregare incessantemente.

Siamo la comunità di suore carmelitane del con-vento di Santa Teresa di Rio de Janeiro, il primo con-vento delle carmelitane scalze fondato in terra brasilia-na, nel 1750, dalla giovane della nostra città, JacintaRodrigues Aires.

Attraverso tutte le vicissitudini della storia del Brasi-le e della Chiesa, il nostro monastero non ha mai la-sciato che si spegnesse la fiamma della preghiera edella lode perenne e, in questa ininterrotta preghiera,tutte le sue intenzioni e quelle di questa benemerita ri-vista sono perennemente incluse.

Con la nostra gratitudine fraterna e orante per tuttele vostre intenzioni,

le sue suore carmelitanedel convento Santa Teresa

Lettere dai monasteri

MONASTERO NUESTRA SEÑORA DE LA CONSOLACIÓN

Calabazanos, Spagna

Il gregoriano è un buon mezzo per trasmettere la fede

Calabazanos, 4 agosto 2011

Stimato signor Andreotti,pace e bene.La ringraziamo per l’invio dello splendido cd di cantigregoriani come pure per la rivista 30Días con l’attua-lità sulla Chiesa e sul mondo. Nella nostra comunitàconserviamo il canto gregoriano perché crediamo chesia un buon mezzo per trasmettere la fede come lasanta Chiesa ha sempre fatto.

Ci uniamo a tutti coloro che pregano per il Papa, inparticolare i giovani che presto parteciperanno all’in-contro con sua santità Benedetto XVI a Madrid, affin-ché quelle giornate, che affidiamo fin d’ora alla VergineMaria, nostra Madre, siano per tutti giornate di rinnova-mento spirituale.

Chiediamo al Signore di continuare a benedire ilsuo lavoro e quello di tutti i suoi collaboratori.

La ringraziamo molto per la sua rivista.In unione di preghiera,

suor María Clara de SF, osc, e le suore clarisse di Calabazanos

CARMELITANE DEL MONASTERO DEL CUORE IMMACOLATO

Naga City, Filippine

30Giorni ci aiuta a capire la Chiesa

Naga City, 4 agosto 2011

Gentile direttore Andreotti,Deo gratias! Abbiamo gradito molto il libretto The chants of Tradi-tion inviato con l’ultimo numero della vostra stupendarivista! Non immaginate con quanto entusiasmo cipiacerebbe studiare i canti gregoriani per la nostra li-turgia. È un dono mandato dal cielo! Allo stesso modoci lascia stupite la vostra generosità nel farci avere,mese dopo mese, la vostra meravigliosa rivista, unalettura preziosissima per noi qui nel Carmelo, che cispalanca svariate finestre sulle diverse realtà della

Chiesa, attiva e viva: in alcune aree perseguitata e almomento in gravi difficoltà, in altre fiorente e prospe-ra sempre sotto la guida di Dio nella sua grande sa-pienza. Ogni numero è ricco di ottime letture che ali-mentano il nostro interesse e la nostra sollecitudineper la Chiesa, e ci spingono a pregare ancor più perquelle realtà dove i nostri fratelli e le nostre sorelle han-no un grandissimo bisogno di essere illuminati, evan-gelizzati e di professare liberamente la loro fede. Inol-tre, quelle letture ci aiutano a capire meglio la varietàdelle condizioni nelle quali la Chiesa cattolica si trova avivere, a volte nella concordia, a volte in situazioni de-licate, altre ancora in circostanze complicate e ardue.La vostra bella rivista ci aiuta anche ad apprezzare lafede di cui ci è stato fatto dono nel nostro Paese, cosìpreziosa che altrove c’è chi muore per essa, mentrenoi corriamo in vario modo il rischio di darla per scon-tata. La vostra amata rivista ci fa, infine, apprezzaretantissimo gli insegnamenti del Magistero, gli scritti dipapa Benedetto XVI, le Chiese orientali, l’interpreta-zione di parti della Scrittura e dei simboli dell’arte reli-giosa, così ricchi di significati per la nostra fede e ilcuore e l’animo degli uomini.

Grazie dal più profondo del cuore per l’invio co-stante e regolare di una copia tutti i mesi: ogni volta cifa immancabilmente guardare con meraviglia allagrandezza, allo splendore e alla forza della nostraChiesa e del buon Dio che la sorregge.

Lei e i suoi collaboratori siete grandi evangelizza-tori e divulgatori.

Preghiamo perché la vostra rivista e le attività dicui vi occupate continuino a prosperare e a portarefrutto.

le carmelitane del Carmelo del Cuore Immacolato

20 30GIORNI N.9 - 2011

Lettere dai monasteri

CLARISSE DEL MONASTERO SANTA CLARA

Bolinao, Filippine

Preghiamo che molti apprezzino la bellezza dei canti della Tradizione

Bolinao, 15 agosto 2011

Gentili signor Andreotti e collaboratori di 30Giorni,pax et bonum!

La presente è per comunicarvi la nostra gratitudi-ne per il libretto e il cd The chants of Tradition, un

dono bellissimo per la nostra comunità, dal momen-to che già cantiamo alcuni di questi canti latini.

Fate davvero una grande opera nella Chiesa nelconservare le sue tradizioni. Speriamo e preghiamoche molti apprezzino la bellezza dei canti tradizionalidella Chiesa.

Siate certi delle nostre incessanti preghiere per lariuscita del vostro ministero.

Dio vi benedica e vi conceda sempre maggiorienergie.

In san Francesco e santa Chiara,

le clarisse di Bolinao

2130GIORNI N.9 - 2011

La Trasfigurazione, metà del XVI secolo, Pskov

CARMELITANE DEL MONASTERO MARÍA MADRE DE LA IGLESIA

La Vega, Repubblica Dominicana

Grazie per Quien reza se salva

La Vega, 23 agosto 2011

Signor Andreotti,stimatissimo in Gesù Cristo,la grazia, la pace e l’amore di Dio nostro Padre e laprotezione della Santissima Vergine nostra Madresiano sempre con lei e con quanti lavorano alla pub-blicazione di 30Días.

Le scrivo per ringraziarla vivamente per l’impor-tante lavoro di evangelizzazione e di informazioneche realizzate con tanto amore e dedizione, e per ladelicatezza che avete nei nostri confronti inviandocila rivista 30Días, che riceviamo con grande piace-re; ringraziamo in particolare per il libretto con ilcd, con le composizioni musicali in latino, e per le

quindici copie di Quien reza se salva che abbiamoricevuto di recente. Il Signore e la Vergine Santissi-ma, nostra Madre, vi ricompensino come solo Essisanno fare.

Abbiamo la gioia di comunicarvi che il prossimo21 novembre, se Dio vuole, celebreremo le “nozzed’oro” della nostra consorella María de los ÁngelesMárquez. In occasione di questa cerimonia, nel nostromonastero si ritroveranno i parenti della nostra conso-rella, provenienti da vari Paesi, tra i quali molti ragazzi,alcuni dei quali parlano solo inglese. Per questo moti-vo, sollecitiamo dalla sua generosità, se possibile,quindici copie del libretto Quien reza se salva in ingle-se, per donarlo come ricordo, nella speranza che siautile ai loro giovani cuori.

Rinnovandole ancora una volta la nostra gratitudi-ne e assicurandole il nostro continuo ricordo nella pre-ghiera, cordialmente in Gesù e Maria,

la priora suor María Cecilia Morini, oc, e comunità

22 30GIORNI N.9 - 2011

La Risurrezione, particolare, fine XVII secolo, bacino del Volga

TANTE STRADE DI CARITÀ

PASSANO PER UNA PICCOLA VIA

L’ASSOCIAZIONE PICCOLA VIA ONLUS è stata istituita sia per inviare gratuitamente

soprattutto nei Paesi di missione il mensile internazionale 30Giorni e il piccolo libro

Chi prega si salva, sia per venire incontro alle richieste di carità.

intestato a: ASSOCIAZIONE PICCOLA VIA ONLUSoppure: Assegno bancario o circolare, con l’indicazione non trasferibile, emesso a favore di

ASSOCIAZIONE PICCOLA VIA ONLUS

per saperne di più puoi contattarci scrivendo a: [email protected]

nella Chiesa e nel mondoVia Vincenzo Manzini, 45 - 00173 RomaTel. 06 72 64 041 Fax 06 72 63 33 [email protected] • www.30giorni.it

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attraverso un versamento sul conto corrente bancario:

DIOCESI DI GOYA

Goya, Argentina

Grazie per la meditazione sulla Santa Pasqua,bella e utile

Goya, 25 agosto 2011

Signor direttore,la ringrazio per l’invio regolare e gratuito della rivista30Giorni nella Chiesa e nel mondo da lei diretta.

Con la presente, desidero chiederle l’invio, sempregratuito, viste le umili condizioni della nostra diocesi, dialcune copie del supplemento al n. 1/2 del 2011 di30Giorni intitolato «El Hijo no puede hacer nada porsu cuenta (Gv 5, 19)», meditazione sulla Santa Pasqua didon Giacomo Tantardini.

È bene che altri fratelli possano trarne beneficio, trat-tandosi di una meditazione bella e utile.

La benedico e la incoraggio.

Ricardo Faifer, vescovo di Goya

La posta del direttore

Gagnoa, 24 agosto 2011

Signor direttore di 30Jours,la ringrazio per i numeri della sua rivista d’informazio-ne sulla vita della Chiesa che ci invia regolarmente.

È già qualche anno che le esprimo la mia ricono-scenza per il libretto Qui prie sauve son âme, che èstato molto apprezzato dai nostri fedeli. Quest’an-

no sarà inserito nei corsi di formazione dei nostricatecumeni e nelle scuole cattoliche.

Ho appena ricevuto due altri libretti, il primo inti-tolato Les chants de la Tradition, e il secondo «LeFils ne peut rien faire de lui-même» (Jn 5, 19).Méditation sur Pâques.

Le posso chiedere di spedirci altre copie di questilibretti per i nostri preti e per i nostri fedeli, se sonoancora disponibili?

Ringraziandola molto per la sua generosità, leassicuriamo, signor direttore, le nostre preghiereperché 30Jours viva.

Joseph Aké, arcivescovometropolita di Gagnoa

ARCIDIOCESI DI GAGNOAGagnoa, Costa dʼAvorio

Qui prie sauve son âmeper i catecumeni e gli studenti

DIOCESI DI EL ALTO

El Alto, Bolivia

I canti della Tradizione per i seminaristi

El Alto, 21 agosto 2011

Stimato signor Andreotti,riceva un cordiale saluto colmo delle benedizioni di Dionostro Padre, da questa diocesi di El Alto, in Bolivia.

La ringrazio per la gentilezza che ha nei miei confrontinell’inviarmi regolarmente la rivista 30Días, che mi aiutaad approfondire il mio amore per la Chiesa universale emi stimola all’unità e alla comunione con essa.

Mi aiuta anche ad ampliare il mio orizzonte ecclesialee a conoscere la vita delle Chiese particolari e gli avveni-menti che riguardano la Santa Sede. In modo particola-re, grazie per il cd con i canti della Tradizione che sarà in-dubbiamente di aiuto ai seminaristi del seminario dioce-sano “Jesús Maestro” che ha appena celebrato, congrande gratitudine a Dio, il suo diciassettesimo anniver-sario di fondazione.

Congratulazioni per la grafica della rivista, che ne ren-de agevole la lettura.

Nel rinnovarle i miei saluti, le assicuro un ricordo fra-terno nella preghiera.

Jesús Juárez Párraga, sdb, vescovo di El Alto

2530GIORNI N.9 - 2011

Nella pagina accanto, la Madre di Dio e Giovanni Battista;

sopra, l’Arcangelo Michele, fine XV-inizio XVI secolo, Rostov

PARROCCHIA MADONNA DEL MONTE CARMELO

Montréal, Québec, Canada

Chi prega si salva per una parrocchia di Montréal

Saint-Léonard, 12 settembre 2011

Stimato senatore Giulio Andreotti,salute e pace, nel Signore Gesù, sempre presente inmezzo al suo popolo.

Le siamo grati della cara rivista 30Giorni. La ringra-ziamo per il bene che lei apporta alla nostra crescita spiri-tuale. La nostra preghiera, così piccola e povera, sarà of-ferta al Signore per lei e per la sua missione in favore del-l’uomo che aiutiamo.

In parrocchia svolgo un aiuto di preparazione ai sa-cramenti per i giovani e per gli adulti e le scrivo perchiederle se è possibile ricevere trenta copie in inglesee trenta copie in italiano di Chi prega si salva per lepersone anziane che partecipano all’adorazione euca-ristica quotidiana.

Ringrazio di cuore lei e i suoi collaboratori fedeli nelloro apostolato.

La Madonna vi tenga stretti tutti sotto le sue alimaterne.

Riconoscente,

Giuseppe Spinato DIOCESI DI HUARI

Lima, Perù

Aspetto che arrivi 30Giorni

Lima, 12 settembre 2011

Stimato signor Andreotti,sono monsignor Dante Frasnelli Tarter, vescovo emeritodella diocesi di Huari, nella parte andina del Perù. Dieci an-ni fa ho consegnato la diocesi al mio successore, dopoaver compiuto, per 34 anni, il mio umile servizio di pastoredella suddetta giurisdizione. Ora mi trovo a Lima, per alcu-ne incombenze di carattere privato e personale con alcuniamici e conoscenti.

Ho ricevuto la sua prestigiosa rivista fino allo scorsoaprile. Poi, come ogni mese, ho aspettato i numeri succes-sivi ma finora non ho avuto la fortuna di riceverli. Ogni vol-ta che arrivava la rivista, leggevo con molta attenzione lenotizie riguardanti la Chiesa e anche le altre: gli articoli so-

La posta del direttore

Sopra, l’apostolo Paolo; sotto, l’apostolo Pietro,

fine XV-inizio XVI secolo, Rostov

no di grande profondità, dimostrano conoscenza dei temie favoriscono l’incremento della cultura religiosa; mi eranoutili per la mia vita spirituale.

Le chiedo di poter continuare a beneficiare del suo ge-sto fraterno e gradito attraverso la rivista, dato che perl’età non sono abituato a usare internet e nemmeno desi-dero farlo, mentre mi interessa la stampa scritta.

Con le mie preghiere e benedizioni per lei e per tutti co-loro che collaborano alla pubblicazione della rivista, la salu-to sperando in una risposta positiva alla mia richiesta.

Dante Frasnelli Tarter,vescovo emerito di Huari

DIOCESI DI SINCELEJO

Sincelejo, Colombia

Una copia del cd a ogni sacerdote

Sincelejo, 26 settembre 2011

Cari amici della rivista 30Días,i miei cordiali saluti. Con la rivista di questo mese, ho ricevuto il libretto e ilcd dei canti gregoriani. Molte grazie. Darò una copiadi entrambi a ogni sacerdote, alla prossima riunionedel clero.

Grazie per il bene che ci fate. Il Signore vi benedica.Cordialmente,

Nel Beltrán Santamaría, vescovo di Sincelejo

2730GIORNI N.9 - 2011

Dall’uffico stampa della Chiesa clande-stina di Shanghai, a nome del vescovoJoseph Fan Zhong-Liang, ci sono staterichieste alcune copie di 30Giorni in in-glese per i preti di Shanghai. Pubbli-chiamo la e-mail dell’8 settembre.

Shanghai, 8 settembre 2011

Desideriamo ringraziarla per l’inviogratuito delle copie della versione in-glese di 30Giorni e chiediamo la corte-sia di inviarci qualche copia del cd dicanti gregoriani e anche la meditazio-ne sulla santa Pasqua.

Nel nostro Signore Gesù Cristo, noipreghiamo per lei e per tutti i collabo-ratori di 30Giorni nella nostra messaquotidiana.

Ufficio stampa della Chiesa clandestina di Shanghai

UFFICIO STAMPA DELLA CHIESA CLANDESTINA DI SHANGHAIShanghai, Repubblica Popolare Cinese

Da Shanghai preghiere per 30Giorni

Benedetto XVI con alcuni fedeli cinesi

a piazza San Pietro, 5 maggio 2005

30 30GIORNI N.9 - 2011

A l venticinquesimo Incontrointernazionale di preghieraper la pace organizzato a

Monaco di Baviera dalla Comunitàdi Sant’Egidio c’era anche lui: Gio-vanni Battista Li Suguang, 46 an-ni, vescovo cattolico nella Cina Po-polare col consenso del Successo-re di Pietro e anche dei funzionarigovernativi di Pechino. Così giova-ne e timido da apparire quasi sper-duto, tra i tanti leader religiosi ri-

chiamati dall’11 al 13 settembrescorso nella capitale bavarese dallatrama di amicizie e prossimità sen-za confini che la Comunità fondatada Andrea Riccardi continua a tes-sere in tutto il mondo.

Eppure, quando ha preso la pa-rola in uno dei 35 panels che scan-divano la manifestazione ospitatadall’arcidiocesi di Monaco, la voceè apparsa decisa e le idee chiare. Ilsuo intervento è stato punteggiato

di allusioni e rimandi alla complessae irrisolta trama di rapporti trilatera-li che da secoli coinvolgono l’Occi-dente, la Chiesa cattolica e l’ex Ce-leste Impero. Come il proverbio ci-nese a cui monsignor Li è ricorsoper ricordare a tutti che nei tempifluidi della globalizzazione anche«una lunga distanza può diventarevicina come la prossimità». O comel’attestazione netta del fatto – speri-mentato nella sua esperienza di pa-

di Gianni Valente

Chiesa

«La Chiesa in Cina non ha cambiato un solo iota della Tradizione apostolicache le è stata consegnata»Intervista con Giovanni Battista Li Suguang, vescovo coadiutore di Nanchang

3130GIORNI N.9 - 2011

store d’anime – che «la Chiesa nonperde la sua universalità rispettandola cultura cinese e considerando lecircostanze reali in Cina».

Monsignore, lei come vesco-vo è parecchio giovane.

GIOVANNI BATTISTA LI SU-GUANG: Sono nato nel 1965, inun villaggio nella provincia delloShanxi dove la popolazione, di cir-ca duemila abitanti, condividevauna fede cattolica molto forte. Io so-no cresciuto così, in mezzo a tantepersone che volevano bene a Gesù.

Eppure quelli erano anni dif-ficili. Si era nel pieno della Ri-voluzione culturale.

Nel mio villaggio non ci furonotroppi problemi. C’erano due pretiche hanno continuato ad ammini-strare i sacramenti. Adesso, nel vil-laggio ce ne sono quattro o cinque.Nell’area circostante i sacerdoti so-no addirittura trentotto. E ci sonoanche tante suore.

Cosa l’ha aiutata a ricono-scere la vocazione al sacer-dozio?

È stato molto importante quelloche ho visto in famiglia. Avevouno zio sacerdote, e, quando eromolto piccolo, mia madre e miopadre mi mostravano come si pre-ga recitando le preghiere del mat-tino e della sera. Io ero il più picco-

lo della famiglia, e i miei genitorimi dicevano spesso che da grandesarei potuto diventare un sacerdo-te. Soprattutto mia madre ebbegrande influenza su di me, con lasua vita spirituale. Poi ha avuto unruolo importante anche un sacer-dote che ho incontrato al semina-rio diocesano di Pechino come pa-dre spirituale. Lì sono stato dal1987 al 1992. I nostri insegnantierano preti molto anziani, e abbia-mo studiato teologia usando so-prattutto vecchi manuali di primadel Concilio Vaticano II.

Come è cambiata la condi-zione della Chiesa rispettoagli anni della sua infanzia? ¬

Le omelie, le encicliche, i discorsi del Papa vengono fotocopiati e inviati a tutte le parrocchie. Così che tutti possano leggere e seguire il Papa. Questo è davvero il modo più semplice e concretopossibile di vivere la comunione col successore di Pietro, che tuttipossono vedere. Poi preghiamo per lui. Tutti i vescovi pregano per lui

A sinistra, fedeli cinesi in preghiera in una chiesa di Pechino; qui sopra, il battesimo di una ragazza in una chiesa della città di Hangzhou, nella provincia cinese dello Zhejiang

Quando ero un ragazzino, il Pae-se doveva ancora vivere la stagionedell’apertura. Nei villaggi era la de-vozione dei cristiani che custodiva lepratiche della vita di fede. Adessoc’è più possibilità di svolgere l’operapastorale. La domenica le chiesesono piene, certo di più che in mol-te parrocchie d’Europa. Nei villag-gi, quando suona la campana, lepersone escono dalle case e le vedicamminare insieme per le strade,dirette verso la chiesa. E anche lemesse quotidiane, la mattina pre-sto, sono molto frequentate.

Come può descrivere i lprofilo pastorale della suadiocesi?

Nella nostra provincia ci sono120mila cattolici, i sacerdoti in tuttala provincia sono meno di cinquan-ta. Così solo le parrocchie più gran-di hanno un sacerdote che rimanein maniera stabile come pastoredella comunità. Gli altri girano di vil-laggio in villaggio, da una parroc-chia all’altra, per amministrare i sa-cramenti. La cosa buona è che mol-ti di loro sono giovani, e al loro con-fronto io sono quello “vecchio”…L’età media dei sacerdoti nella miadiocesi è di 36 anni. A livello econo-mico, la diocesi possiede alcuni edi-fici a Shanghai che con le loro ren-dite contribuiscono a finanziare leattività ordinarie.

Quale è la cosa che più faci-lita l’annuncio cristiano?

La cosa più importante è la pre-senza di laici che annunciano e testi-moniano il Vangelo nei luoghi e

32 30GIORNI N.9 - 2011

Chiesa

Pur coi nostri limiti e con tutte le nostre mancanze e fragilità, noi facciamo parte, siamo del numero della Santa Chiesauniversale, condividiamo con tutti i nostri fratelli in ogni parte del mondo la fedeltà alla stessaTradizione apostolica. Non vogliamo cambiare niente

In alto, un negoziodi articoli religiosia Pechino; a destra, fedeliall’uscita dalla Cattedraledell’ImmacolataConcezione a Pechino

¬

3330GIORNI N.9 - 2011

INTERVISTA CON IL VESCOVO COADIUTORE DI NANCHANG

Il vescovo coadiutore di Nanchang intervistato in questepagine originariamente si chiamava Giovanni Battista Li

Shuguang. Il suo nome cinese si componeva di due ideo-grammi: 书 [shu] che significa libro e 光 [guang] che si-gnifica luce. Quando è diventato sacerdote, GiovanniBattista ha scelto di modificare il primo dei due ideogram-mi, trasformandolo da 书 [shu] a 稣 [su]. Un cambiamen-to lieve, quasi impercettibile per chi non parla il mandari-no, realizzato al solo scopo di inserirenel proprio nome lo stesso ideogram-ma che compare nel nome di Gesù (耶穌,Ye-su). Così che adesso lʼappella-tivo personale del vescovo si può tra-durre in italiano come “luce di Gesù”.

Nella Cina di oggi lʼaffezione a Ge-sù di quelli che portano il Suo nomepuò passare ed esprimersi anche at-traverso dettagli discreti, da cogliere alvolo, per interiore e implicita concor-dia. Analogamente, si possono legge-re in controluce anche diversi passaggidelle risposte che il vescovo di Nan-chang fornisce in queste pagine. Co-me quello in cui auspica che il vescovodi Roma tenga presente «la situazionesociale concreta in cui si trova a viverela Chiesa in Cina». O lʼaltro in cui indicacome segno e fondamento della co-munione con il successore di Pietro econ la Chiesa universale lʼunità intornoagli stessi sacramenti e alle stessepreghiere, nella fedeltà alla medesimaTradizione apostolica.

Giovanni Battista Li Suguang èstato ordinato vescovo il 31 ottobre2010 con lʼapprovazione della SantaSede e con il riconoscimento delleautorità cinesi. Alla liturgia di consa-crazione, oltre ai tre vescovi consa-cranti, erano presenti ottanta sacerdoti, compresi alcu-ni preti legati allʼarea ecclesiale cosiddetta “clandesti-na”. Dopo la celebrazione, il nuovo vescovo aveva pub-blicamente espresso la sua intenzione di favorire la ri-conciliazione tra le comunità cattoliche registrate pres-so gli apparati statali e quelle che si sottraggono allapolitica religiosa governativa.

Prima di Giovanni Battista Li Suguang, nel solo 2010altri otto giovani vescovi cinesi erano stati ordinati con ilconsenso del Papa e con il parallelo riconoscimento uffi-ciale del governo. In quella fase, la vicenda sempre trava-gliata dei rapporti sino-vaticani sembrava ancora poterprocedere verso sviluppi promettenti.

Rispetto ad allora, lo scenario attuale appare di nuovovolgere al peggio. Tra il 20 novembre 2010 e il 14 luglio2011, tre nuove ordinazioni episcopali senza consensodella Santa Sede imposte dagli apparati patriottici in ap-

plicazione degli slogan sulla pretesa «indipendenza» del-la Chiesa di Cina hanno riazzerato le prospettive di solu-zione concordata sulla questione delle nomine dei vesco-vi che da sempre rappresenta il nervo scoperto nei rap-porti tra Cina Popolare e Vaticano. Per la prima volta dal1958 – anno in cui in Cina iniziarono le ordinazioni illegitti-me imposte da Pechino – la scomunica latae sententiaedi due dei vescovi ordinati illegittimamente è stata pubbli-

camente confermata in pronunciamen-ti ufficiali di parte vaticana.

Anche il gruppo di nuovi “vescoviragazzini” di cui fa parte Li Suguang(che lo scorso 14 luglio ha partecipatoallʼordinazione illegittima di GiuseppeHuang Bingzhuang quale vescovo diShantou) viene chiamato in causa dal-lʼennesima fase negativa dei rapportitra Cina e Vaticano. I quarantenni checon il salto di una generazione si ritro-vano a capo della Chiesa di Cina ven-gono da più parti tacciati di arrendevo-lezza rispetto al dirigismo della politicareligiosa governativa. Riaffiorano neiloro confronti diffidenze e sospetti discarsa fedeltà simili a quelli riservatinei decenni passati a quei vescovi chein varia misura avevano accettato disottoporsi al dirigismo del regime incampo religioso. Compresi i grandivescovi-testimoni come Antonio LiDuan e Mattia Duan Yinmin, che ave-vano affrontato persecuzioni e priva-zioni per seguire fino in fondo la pro-pria vocazione sacerdotale negli annidella Rivoluzione culturale.

Rispetto a quella dei loro prede-cessori, la nuova generazione di ve-scovi appare a molti osservatori piùfragile e intimidita. Si registrano sia

nelʼarea “ufficiale” sia nellʼarea cosiddetta “clandesti-na” casi di carrierismo clericale, con giovani preti allacontinua ricerca di sponde ecclesiastiche e politicheper raggiungere lʼepiscopato.

La situazione complessa consiglia prudenza e pon-derata valutazione di tutti i fattori in gioco nei singoli casi.Gli stessi eventuali episodi di opportunismo clericale inchiave cinese non possono essere separati dallʼoffusca-mento che si registra anche altrove riguardo alla naturapropria del ministero episcopale. Non è certo una produ-zione esclusiva made in China la concezione erroneache interpreta le nomine dei vescovi e i loro spostamentida una sede allʼaltra come altrettanti premi e onorificen-ze concessi a funzionari di una burocrazia universale di-stintisi per la capacità di coltivare rapporti di potere.

G.V.

Il tesoro e i vasi di creta

Giovanni Battista Li Suguangin occasione del venticinquesimoIncontro internazionale di preghiera per la pace organizzato a Monaco di Baviera dalla Comunità di Sant’Egidio lo scorso settembre

nelle circostanze in cui tutti vivono.E poi sono molto importanti le ope-re di carità. Dalle nostre parti ognicomunità religiosa è chiamata adaiutare e sostenere un gruppo etni-co minoritario. Lo facciamo anchenoi cattolici, assistendo alcune co-munità etnicamente minoritarie,che non sono di fede cristiana.

Ci sono molti battesimi dipersone che non provengonoda famiglie cristiane?

Ne abbiamo quasi tremila all’an-no. Per due terzi sono giovani, poic’è un terzo di adulti e di anziani. Lamaggior parte viene dai villaggi dicampagna. Chiedono il battesimosoprattutto perché rimangono col-piti dalla testimonianza dei lorocompagni e amici cristiani, o per-ché vedono lo spettacolo dei cri-stiani che si prendono cura dei po-veri e di chi è in difficoltà.

Quali sono le sorgenti chealimentano la vita ordinaria equotidiana dei fedeli?

La messa è il cuore di tutto, in-sieme alla preghiera e alla parteci-pazione alle attività proposte dallaparrocchia.

Ci sono figure di santi chesuscitano particolare devo-zione?

Nella nostra regione è moltoforte la devozione a sant’Antonioda Padova e alla piccola Teresa diGesù Bambino. E poi, certo, la ver-gine Maria. Tutti hanno Maria San-tissima come patrona della propriavita spirituale.

Quali sono le realtà sociali ele condizioni esistenziali che vitrovate davanti nel vostro la-voro pastorale?

Per il veloce sviluppo dell’eco-nomia cinese, tante persone sonosotto pressione nella loro vita. Lorohanno davvero bisogno di qualcu-no che li aiuti. Qualcuno che dia lo-ro conforto e consolazione, che lisostenga. Molti si accorgono chenon ce la fanno da soli, senza unaiuto. E questo allarga il campo incui la Chiesa è chiamata a operaree a mostrare l’amore di Cristo perognuno. Non si può rimanere indif-ferenti davanti a queste condizionireali. E occorre favorire un’operapastorale che sia di sostegno realeper i nostri concittadini che stannoaffrontando problemi e difficoltànelle loro vite.

Ha letto la Lettera che Bene-detto XVI ha scritto per i catto-lici cinesi nel 2007? E quali so-no per lei i contenuti più im-portanti di quel documento?

Dal mio punto di vista, il fattostesso che il Papa abbia scritto unalettera specifica ai cattolici cinesi èstato un grande incoraggiamentoper la Chiesa in Cina. In particola-re, mi hanno colpito le cose che ilPapa ha suggerito ai sacerdoti.

Lei è stato ordinato vescovonel 2010 con il consenso dellaSede apostolica. Come vive inconcreto la sua comunione conil Vescovo di Roma? E come laesprime, nel suo ordinario la-voro pastorale?

Non solo io, ma anche gli altrivescovi della Cina, leggiamo sem-pre e diffondiamo non solo la Lette-ra del Papa ai cattolici cinesi del2007, ma anche tutti i suoi inter-venti, le omelie, le encicliche, i di-scorsi. Vengono fatte le fotocopie e

inviate a tutti i preti e a tutte le par-rocchie. Così che tutti possano leg-gere e seguire il Papa nel suo magi-stero ordinario, e possano così tro-vare spunti per la loro vita nelle si-tuazioni che si trovano a vivere. Inquesto modo condividiamo la fededel successore di Pietro, e questo èdavvero il modo più semplice e con-creto possibile di vivere la comunio-ne col Papa, che tutti possono ve-dere. Poi preghiamo per lui. Tutti ivescovi pregano per lui. Io pregoper lui, e prego anche per me, che ilSignore mi aiuti a essere un buonvescovo.

Come vede l’approccio dellaSanta Sede alla questione ci-nese? Se potesse parlare colPapa, cosa gli direbbe perspiegare meglio la condizionereale della Chiesa in Cina?

Sarebbe un grande dono se ilPapa potesse capire la Cina, cioèla cultura e la situazione socialeconcreta in cui si trova a vivere la

34 30GIORNI N.9 - 2011

Chiesa

Santa messa di Pasqua nella chiesa di Santa Teresa di Gesù Bambino a Shanghai

Chiesa in Cina. C’è molto da sa-pere, molto da comprendere. Avolte c’è chi trascorre una settima-na in Cina e poi torna a casa e co-mincia ad atteggiarsi come se sa-pesse tutto delle vicende dei catto-lici cinesi. Invece le situazionicomplesse vanno riconosciute erispettate per quello che sono. Iospero davvero che le relazioni traCina e Vaticano possano ripren-dere la giusta direzione. Sarebbeuna cosa buona per noi e per tuttala Chiesa.

Se lei volesse suggerire an-che al Papa un indizio di comeDio ha custodito e continua anutrire la fede dei cattolici ci-nesi, per documentare che laChiesa di Cina condivide lastessa fede con la Chiesa di Ro-ma, cosa gli direbbe?

La domanda fondamentale è co-me anche i vescovi cinesi vivono edesprimono la propria fede in unio-ne con il Successore di Pietro e contutta la Chiesa universale. Ecco, iocredo che dall’inizio fino a ora la no-stra Chiesa in Cina non abbia maicambiato un solo iota della Tradizio-ne apostolica che le è stata conse-gnata. Non abbiamo cambiato unavirgola della dottrina che riguarda lafede e la grande disciplina dellaChiesa. Siamo uniti intorno aglistessi sacramenti, recitiamo le stes-

se preghiere, nella continuità dellasuccessione apostolica. Questa è labase della autentica comunione.Pur coi nostri limiti e con tutte le no-stre mancanze e fragilità, noi faccia-mo parte, siamo del numero dellaSanta Chiesa universale, condivi-diamo con tutti i nostri fratelli inogni parte del mondo la fedeltà allastessa Tradizione apostolica. Nonvogliamo cambiare niente.

Alcuni osservatori invece so-stengono che c’è chi ancoracerca di costruire una nuovaChiesa indipendente e autosuf-ficiente, differente dalla Chiesacattolica apostolica romana.

Questo è il pensiero di altri. Sonoopinioni di altri, non le nostre. Nes-suna Chiesa è autosufficiente, nes-suna Chiesa può vivere senza il do-no dello Spirito di Cristo. Lo ripeto,

adesso in Cina nessun prete e nes-sun vescovo ha intenzione di cam-biare la dottrina della Chiesa. Anchein Cina, l’amore di Cristo si manife-sta come accoglienza e comprensio-ne. Nel mondo di oggi, nonostante iprocessi della globalizzazione, ci so-no ancora tante differenze. Adesempio, tra Cina ed Europa è diffi-cile comprendersi. Occorre trovarepunti di contatto, e il dialogo, giornodopo giorno, è l’unica via per avvici-nare mondi così diversi. Così speroche anche la Chiesa universale ac-colga e riconosca la Chiesa di Cinaper quello che realmente è. Senzaisolarla e maltrattarla, affinché cre-sca la comunione come segno del-l’amore di Cristo. Come vescovo,spero solo che lo spirito dell’amoredi Cristo si diffonda e rifulga anchein tutta la Cina. q

INTERVISTA CON IL VESCOVO COADIUTORE DI NANCHANG

Nessuna Chiesa è autosufficiente,nessuna Chiesa può vivere senzail dono dello Spirito di Cristo. Spero che anche la Chiesauniversale accolga e riconosca la Chiesa di Cina per quello che realmente è. Senza isolarla e maltrattarla, affinché cresca la comunione come segnodell’amore di Cristo

Sopra, un’immaginetta di papaBenedetto tra le pagine di un piccolomessale in una chiesa a Pechino; a sinistra, il coro della Cattedraledell’Immacolata Concezione a Pechino

38 30GIORNI N.9 - 2011

COPERTINA

Il viaggio apostolico di papa Benedetto XVI in Germania

22-25 settembre 2011

BRICIOLE DI CATECHISMO

3930GIORNI N.9 - 2011

Chi vive nella grazia

è santo

Il Signore risorto: perdono e nuovo inizio

«In questo tempo il Signore risorto ci offre un rifugio, un luogo di luce, di speranza e fiducia, di pace e sicurezza. Dove la siccità e la morte minacciano i tralci, là in Cristo c’è futuro,vita e gioia, là c’è sempre perdono e nuovo inizio, trasformazionedentro il suo amore».

Santa messaOmelia

Olympiastadion di Berlinogiovedì 22 settembre 2011

40 30GIORNI N.9 - 2011

COPERTINA

«“Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola” (Gv 17, 20): così ha detto Gesù nel Cenacolo, al Padre. Egli intercede per le generazioni future di credenti. Guarda al di là del Cenacolo verso il futuro. Ha pregato anche per noi. E prega per la nostra unità. Questa preghiera di Gesù non è semplicemente una cosa del passato. Sempre Egli sta davanti al Padre intercedendo per noi, e così inquest’ora sta in mezzo a noi e vuole attrarci nella sua preghiera. Nella preghiera di Gesù si trova il luogo interiore, più profondo, della nostra unità. Diventeremo una sola cosa, se ci lasceremo attiraredentro tale preghiera».

Nella preghiera diGesù la nostra unità

Celebrazione ecumenicachiesa dell’ex convento degli Agostiniani di Erfurt

venerdì 23 settembre 2011

BRICIOLE DI CATECHISMO

«“Noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio,per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno” (Rm 8, 28): è quanto abbiamo appena sentito nella lettura tratta dalla Lettera aiRomani. In Maria, Dio ha fatto concorrere tutto al bene e non cessa di far sì che, attraverso Maria, il bene si diffonda ulteriormente nel mondo. Dalla Croce, dal trono della grazia e della redenzione, Gesù ha dato agli uomini come Madre la propria Madre Maria. Nel momento del suo sacrificio per l’umanità, Egli rende Maria in certomodo mediatrice del flusso di grazia che deriva dalla Croce. Sotto la Croce, Maria diventa compagna e protettrice degli uomini nel loro cammino di vita. “Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata”(Lumen gentium, 62), così l’ha espresso il Concilio Vaticano II. Sì, nella vita noi attraversiamo alterne vicende, ma Maria intercede per noi presso il Figlio suo e ci aiuta a trovare la forza dell’amore divino del Figlio e ad aprirci ad esso».

Vespri marianiWallfahrtskapelle di Etzelsbach

venerdì 23 settembre 2011

La materna carità di Maria

42 30GIORNI N.9 - 2011

4330GIORNI N.9 - 2011

«Cari amici, l’apostolo san Paolo, in molte delle sue lettere, non teme di chiamare “santi” i suoi contemporanei, i membri delle comunità locali. Qui si rende evidente che ogni battezzato – ancor prima di poter compiere opere buone – è santificato da Dio. Nel Battesimo, il Signore accende, per così dire, una luce nella nostravita, una luce che il catechismo chiama la grazia santificante. Chi conserva tale luce, chi vive nella grazia è santo».

Chi vive nella grazia è santo

Veglia di preghiera con i giovani fiera di Freiburg im Breisgau

sabato 24 settembre 2011

BRICIOLE DI CATECHISMO

30GIORNI N.9 - 201144

«Non esiste alcun santo, fuorché la beata Vergine Maria, che non abbia conosciuto anche il peccato e che non sia mai caduto. Cari amici, Cristo non si interessa tanto a quante volte nella vitavacilliamo e cadiamo, bensì a quante volte noi, con il suo aiuto, ci rialziamo. Non esige azioni straordinarie, ma vuole che la sua lucesplenda in voi. Non vi chiama perché siete buoni e perfetti, ma perché Egli è buono e vuole rendervi suoi amici. Sì, voi siete la luce del mondo, perché Gesù è la vostra luce. Voi siete cristiani – non perché realizzate cose particolari e straordinarie– bensì perché Egli, Cristo, è la vostra, nostra vita. Voi siete santi, noi siamo santi, se lasciamo operare la Sua grazia in noi».

Veglia di preghiera con i giovani fiera di Freiburg im Breisgau

sabato 24 settembre 2011

Noi siamo santi, se lasciamo operare la Sua grazia in noi

COPERTINA

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46 30GIORNI N.9 - 2011

Le parole di papa Benedetto XVI nella sua terra natale possono essere lette come un accorato appello a tornare all’essenziale e a trarne le conseguenze. Così Hans-Gert Pöttering, già presidente del Parlamento europeo

Il Papa resta fedele a sé stesso: date testimonianza della vostra fede

di Hans-Gert Pöttering

COPERTINA

L a visita di Benedetto XVI èstata un evento commoven-te. Un papa tedesco è venuto

nella sua terra natale. Ha portatoun messaggio profondamenteteologico: il rinnovamento dellaChiesa può avvenire solo attraver-so la disponibilità alla conversionee da una fede rinnovata. Egli haparlato in modo così appassiona-to e convincente di Dio, tanto cheè stato perfino sorprendente perun teologo successore di Pietrocome Benedetto XVI.

Il suo discorso al Bundestag te-desco all’inizio del suo viaggio aBerlino è stato particolarmente si-gnificativo. In quell’occasione si èinterrogato sull’essenza dell’attivitàpolitica, sul fondamento del diritto esulla distinzione tra bene e male. Hacollocato le sue riflessioni all’inter-no del grande contesto delle tradi-zioni di pensiero europee: la filoso-fia greca, il diritto romano e la fedein Dio ebraico-biblica, che formanol’«identità profonda dell’Europa».Nella ricerca di un fondamento co-mune per la costruzione del dirittoproprio l’Europa non dovrebbe li-mitarsi a una pura visione positivi-stica. Questo è riduttivo della realtàtotale dell’uomo. Egli ha paragona-to una tale limitazione a una costru-zione in cemento senza finestre. Ta-gliato fuori da tutto ciò che accadeall’esterno, l’uomo si atrofizza. In-vece, in una visione globale, potreb-be cogliere tutti gli influssi. Qui è en-trata in gioco «l’ecologia dell’uo-mo», come nell’enciclica Caritas inveritate. L’emergere del movimen-to ecologista è stato un’«invocazio-ne di aria fresca» che non si potevanon ascoltare. L’uomo dovrebbe

ascoltare il linguaggio della natura.Se fa attenzione ad essa e la acco-glie come qualcosa che non è pro-dotto da lui stesso, la libertà dell’uo-mo trova compimento. Siccomeperò le norme possono derivaresoltanto dalla volontà, esse presup-pongono il riconoscimento della“ragione creatrice” di Dio. E, hachiesto Benedetto XVI in manieraquasi provocatoria: «È veramentesenza senso chiedersi se la ragioneoggettiva, che si mostra nella natu-ra, non presupponga una ragionecreatrice, un Creator Spiritus?».

Il Papa ha insistito particolar-mente coi politici sull’esempio delre Salomone, che aveva desidera-to un “cuore docile” per cercare ilvero diritto, per servire la giustiziae la pace. Poiché l’intervento delPapa al Bundestag è stato in primoluogo teologico e di principio, egliin quell’occasione non si è occupa-to delle concrete esigenze dellaChiesa tedesca benché molti se loaspettassero e lo sperassero.Tutt’altro è stato il suo discorso alKonzerthaus di Friburgo, che ha ir-ritato alcuni. Lì si è rivolto soprat-tutto alla Chiesa tedesca. Ha invi-tato a concentrarsi sull’essenziale,al di là di ogni ragionamento di ca-rattere istituzionale. Il concetto di“mondanizzazione” potrebbe es-sere frainteso, ma non sono nuoviquesti pensieri di Benedetto XVI.Li aveva espressi già alla fine deglianni Sessanta. Esprimono una vi-sione di fondo, autocritica sullaChiesa intera. Egli l’ha intesa inprospettiva storica e ha richiamatol’attenzione sul fatto che la testi-monianza della Chiesa sarebbe piùlimpida se fosse libera «da fardellimateriali e politici». Allora essa po-trebbe meglio dedicarsi ai veri va-lori cristiani nel mondo intero, es-sere veramente aperta al mondo.La Chiesa sarebbe tanto più credi-bile quanto più si concentrasse sulsuo proprio ambito, sul suo mes-saggio centrale.

Il Papa ha concepito tutto que-sto, come ha detto egli stesso, noncome una nuova tattica per otte-nere maggiore considerazione perla Chiesa, ma come la volontà dicercare una «totale sincerità, chenon censura niente della verità delnostro oggi, ma realizza piena-mente la fede nell’oggi». ¬

4730GIORNI N.9 - 2011

A sinistra, Benedetto XVI in visita al Bundestag, a Berlino, il 22 settembre2011; sotto, in occasione dell’incontrocon i cattolici impegnati nella Chiesa e nella società, al Konzerthaus di Friburgo, il 25 settembre

VIAGGIO APOSTOLICO IN GERMANIA. Riflessioni di un uomo politico

Proprio i tedeschi, come ha rile-vato l’arcivescovo di Freiburg imBreisgau Robert Zollitsch, non sidovrebbero lasciar distogliere, at-traverso il loro zelante organizza-re, strutturare e riformare, da que-sta ricerca di Dio. Tuttavia, poichéil Papa non ha dato altre indicazio-ni pratiche su ciò che egli intendaper “fardelli mondani”, c’è biso-gno di ulteriori colloqui e discussio-ni su quali conseguenze siano datrarre per promuovere la fede co-me il Papa ha indicato. Si vedrà neiprossimi mesi se sia da intenderecome un rifiuto del sistema tedescodella tassa per il culto e del collau-dato rapporto Stato-Chiesa, comealcuni hanno interpretato spingen-dosi molto avanti, o se il suo di-scorso non sia stato molto più unaccorato appello a tornare all’es-senziale e a trarne le conseguenze.

Questo invito a concentrarsi sul-l’essenziale del messaggio bibliconon è stato rivolto solamente ai cat-tolici in Germania, il suo sguardo siè rivolto anche all’Europa. Ambitonel quale le condizioni della convi-venza di Chiesa e Stato nei secoli sisono sviluppate in modo molto di-verso. A questo proposito è da ri-cordare che l’articolo 17 del Tratta-to di Lisbona garantisce a ogni Pae-se europeo il mantenimento del suotradizionale rapporto tra Stato eChiesa. È decisivo mantenere inpiedi il dialogo con le Chiese e por-tare nella nostra politica le sollecita-zioni che il Papa proprio in Germa-

nia ci ha dato. Si tratta della realiz-zazione dei valori cristiani nella pra-tica politica.

E infatti Benedetto XVI proprioquesto ha promosso nelle sue ome-lie: la fede in Dio non dovrebbe ri-manere qualcosa di privato, ma do-vrebbe manifestarsi nella società.Ha incoraggiato i cristiani a impe-gnarsi con frutto nella società ed es-sere lievito. Si tratta di imprimere ivalori cristiani nel discorso sociale,ma anche di accogliere le preoccu-pazioni dell’uomo e di sostenerle.Questo ha detto il Papa nella suaomelia a Friburgo, la città della Ca-ritas. Qui ha ringraziato esplicita-mente tutti quelli che si occupano

del prossimo negli asili e nelle scuo-le, ma anche dei bisognosi e dei di-sabili nelle molte istituzioni sociali ecaritative in Germania e nel mon-do. Questo è un impulso molto im-portante proprio per i politici. Lafede ha conseguenze per la nostravita sociale e nel nostro agire pub-blico. Per questo è necessario d’orain poi che i cattolici si impegninonella politica, nell’economia e nellasocietà e anche in servizi sociali diaiuto concreto.

In questo senso a Erfurt ha lodatol’impegno dei cristiani che sulla basedella fede si sono opposti al regimetotalitario della Ddr. Nonostante cir-costanze avverse, essi sono rimasti

48 30GIORNI N.9 - 2011

A sinistra, Benedetto XVI al Konzerthaus di Friburgoin occasione dell’incontro con i cattolici impegnatinella Chiesa e nella società, il 25 settembre; sopra, durante l’incontro con i rappresentanti delle comunità musulmane presenti in Germania,nella Nunziatura di Berlino, il 23 settembre; sotto, al termine della messa celebrata sul sagratodel Duomo di Erfurt, il 24 settembre

COPERTINA

fedeli a Cristo. Anche ora nella Ger-mania orientale si ricercano vie nuo-ve per promuovere la fede cristianain un ambiente fortemente distantedalla fede e per parlare proprio a chicerca orientamento e risposte alledomande ultime.

Anche il ponte che BenedettoXVI ha gettato verso i musulmaninell’incontro di Berlino dimostrache il Pontefice si pone proprio co-me “costruttore di ponti” per lapratica pubblica della religione.Egli ha detto molto esplicitamenteche vorrebbe che anche i musul-mani contribuissero al bene comu-ne a partire dalla loro religione, eche quindi a partire dalla loro fededifendessero la causa di una convi-venza pacifica nella società. Anchequi si rispecchia il riconoscimentodel nostro tipo di rapporto tra Sta-to e religione, che deve essereaperto anche ai musulmani.

Proprio perché per il Papa inquesto viaggio si è trattato soprat-tutto di un approfondimento dellafede, il desiderio di rapidi cambia-menti concreti inevitabilmente do-veva essere disatteso. E questo valeanche per la questione dell’ecume-

nismo con la Chiesa evangelica inGermania. È stato già di per sé unsegno importante, una tappa diportata storica, che il Papa abbia in-contrato nel convento agostinianodi Erfurt i rappresentanti della Chie-sa evangelica. È un luogo di grandevalenza simbolica per i protestantitedeschi. Lì ha vissuto e operatoMartin Lutero. Per questo già il ge-sto è stato un segno di apertura.Con insistenza e con lo sguardo ri-volto al futuro, il Papa ha citato Lu-tero nella sua ricerca di un Dio mise-ricordioso. Qui ha intravisto grandicomunanze tra le confessioni ri-spetto al mondo secolarizzato: legrandi Chiese devono occuparsi in-sieme della domanda di Dio e devo-no mantenere desta la domanda diDio nel mondo secolarizzato. A Be-nedetto interessavano i fondamentidella fede cristiana in risposta alledomande esistenziali “da dove ve-niamo” e “dove andiamo”.

Tuttavia molti avevano speratoche dal Papa provenisse un «passoinequivocabile per il superamentodella divisione tra le Chiese», comeha detto Norbert Lammert, presi-dente del Bundestag. In realtà –secondo le parole dell’arcivescovoRobert Zollitsch – bisogna far rife-rimento alla Conferenza episco-pale tedesca per tradurre le rifles-sioni fondamentali del Papa e, in-sieme con i rappresentanti dellaChiesa evangelica in Germania,trovare vie per un approfondi-mento dell’ecumenismo. Nikolaus

Schneider, presidente del “Consi-glio della Chiesa evangelica inGermania”, ha parlato di un «ecu-menismo di doni» e ha propostocosì una via per proseguire il cam-mino comune. C’è da sperare chei problemi dei matrimoni e dellefamiglie formate da membri di di-verse confessioni cristiane riguar-do alla comune vita di fede, ma an-che le limitazioni per i divorziati ri-sposati, possano essere ripensatidopo la visita del Papa e che pos-sano essere compiuti realistici pas-si di riconciliazione.

Molte sono le questioni aperte: èsicuramente troppo presto per fareun bilancio. I risultati dei molteplicie intensi incontri con il Papa, gli im-pulsi e le sollecitazioni che egli haofferto saranno elaborati nelle di-scussioni e nei dibattiti delle prossi-me settimane e dei prossimi mesi.Lì si vedrà come possa sussistere laChiesa in Germania nel tempo pre-sente e come i singoli fedeli possa-no essere testimoni della fede nel lo-ro ambiente.

Per me, come politico e comecattolico, rimane l’invito a rifletteresui principi della mia politica alla lu-ce delle sollecitazioni che il Papa hafatto nella sua visita. Benedetto XVIcon il suo messaggio non semprefacile, non sempre comodo, ha por-tato noi tedeschi a riflettere. Glidobbiamo profonda gratitudine perle sue parole, per l’incoraggiamen-to a vivere la fede, per la visita nellasua terra natale. q

4930GIORNI N.9 - 2011

A sinistra, Benedetto XVI con Nikolaus Schneider, presidente del Consiglio della Chiesaevangelica in Germania, nel convento degli Agostiniani, a Erfurt, il 23 settembre;sopra, da sinistra, il presidente della Repubblica Federale Tedesca Christian Wulffe consorte, il ministro della Difesa Thomas de Maizière (in seconda fila), il presidente del Bundestag Norbert Lammert, e il cancelliere Angela Merkel, assistono alla messacelebrata da Benedetto XVI nello Stadio olimpico di Berlino, il 22 settembre 2011

VIAGGIO APOSTOLICO IN GERMANIA. Riflessioni di un uomo politico

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52 30GIORNI N.9 - 2011

Grégoire III Laham, patriar-ca di Antiochia dei Greco-Melkiti, ha la sua residenza

abituale nel cuore della vecchiaDamasco, a poche decine di metridal luogo in cui san Paolo fu bat-tezzato da Anania. Il suo è un pun-to d’osservazione unico per deci-frare con occhi di vescovo quelloche sta succedento in Siria.

Per indole, sua Beatitudinenon è tipo da starsene tranquillo esilente davanti alle convulsioniche tormentano le vite dei suoifratelli mediorientali, a comincia-re dai cristiani. Già lo scorso mar-zo aveva convocato nella sede delPatriarcato quindici ambasciatoridi nazioni occidentali e arabe resi-denti a Damasco: una consulta-

Medio Oriente

di Gianni Valente

Sopra, una manifestazionecontro il presidente sirianoBashar Assad a Talbiseh, nella provincia di Homs, in Siria, il 27 maggio 2011; a destra, una manifestazione a favore del presidente sirianonel centro di Damasco il 23 agosto 2011

Una primavera piena di enigmi

zione aperta per discernere insie-me l’apporto più lungimiranteche la comunità internazionaleavrebbe potuto fornire al supera-mento del conflitto siriano, perevitare che degenerasse in guerracivile. Poi, ad aprile, Grégoire haraccolto spunti e suggerimentiemersi in quel colloquio in una let-tera-documento, subito inviata atutti i capi di Stato dell’area.

30Giorni ha incontrato il Pa-triarca dei Greco-Melkiti a Monacodi Baviera, dove Grégoire III hapreso parte al venticinquesimo In-contro internazionale di preghieraper la pace convocato nella capita-le bavarese dalla Comunità diSant’Egidio.

Tra i capi delle Chiese cri-stiane del Medio Oriente sem-bra crescere l’allarme per lepossibili conseguenze dellacosiddetta primavera araba.

GRÉGOIRE III LAHAM: Perfavore, evitiamo di confondere iproblemi legati alle rivoluzioni diquesti mesi con quelli connessi allerelazioni tra cristiani e musulmani.Quello aperto dalle rivoluzioni èuno scenario nuovo per il MedioOriente, è piuttosto una questionedi potere. E in contesti come quel-lo della Siria le implicazioni religio-se toccano soprattutto i rapportidei musulmani tra di loro. I cristia-ni non sono di per sé un bersaglio.Ma se perdura una situazione dicaos, di instabilità e di conflitto peril potere, le cose per i cristiani peg-gioreranno. In Medio Oriente èsempre avvenuto così. Nelle situa-zioni di caos e nelle rivoluzionisanguinose i cristiani sono i primia pagare, sempre e dovunque.“L’esperimento” iracheno è co-stato molto al piccolo gregge deicristiani di quel Paese.

Cosa è riuscito a capiredella situazione siriana?

L’unica cosa evidente è che adifferenza di altri posti le rivoltenon sono partite dal malcontentoeconomico-sociale. In Siria erainiziato già dagli ultimi anni di po-tere di Assad padre un certo svi-luppo nell’agricoltura, nell’indu-stria, nella costruzione delle stra-de. C’era un sistema educativo esanitario che ha garantito a tutti al-meno l’alfabetizzazione e l’assi-

5330GIORNI N.9 - 2011

¬

Il patriarca di Antiochia dei Greco-MelkitiGrégoire III Laham in occasione del venticinquesimoIncontrointernazionale di preghiera perla pace organizzatoa Monaco di Bavieradalla Comunità di Sant’Egidio lo scorso settembre

L’allarme per il destino dei cristiani. I conflitti tra gruppi di potere che rischiano di degenerare in guerra civile. Le occasioni perdute dei leader arabi e gli interventi interessati delle potenzeoccidentali. Intervista con Grégoire III Laham,patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti,su tutte le incognite che assillano il Medio Oriente

stenza medica. Non si può realisti-camente dire che a fare la rivolu-zione sono i poveri.

E allora, cosa è successo?Secondo me una radice della

protesta è quella politica, con alcu-ne implicazioni religiose. Nel par-tito Ba’ath che guida il Paese le le-ve del potere sono tutte in manoalla minoranza islamica alawita. Isunniti, che pure occupano l’ot-tanta per cento dei posti nella bu-rocrazia statale, non controllano iposti-chiave.

Sui media occidentali tuttoviene narrato in “bianco e ne-ro”, come una battaglia per lalibertà contro un regime dit-tatoriale.

C’è senza dubbio un desideriogenerale di maggiore libertà politi-ca. Ma c’è anche la contrapposi-zione di gruppi in lotta per avere inmano il controllo della situazione.E in questo anche il denaro giocala sua parte.

Che vuol dire? Chi usa ildenaro?

Le racconto un episodio. C’erauna donna che faceva le pulizie acasa di un’anziana signora di miaconoscenza. A un certo punto,non si è fatta più vedere. L’anzia-na allora l’ha chiamata: cara, per-ché non vieni più da me? E quellale ha risposto: signora, io escoogni giorno a manifestare unamezz’ora, e in tre giorni guadagnoquello che lei mi dà per un mese…Anche a Derhaia una persona che

conosco mi ha raccontato di gio-vani che uscivano a manifestareper una mezz’ora, con macchinefotografiche e cineprese, per poitornare ognuno a casa propria. In-somma, c’è qualcosa di strano, dienigmatico.

Anche lei, Beatitudine, pen-sa che ci sia un complotto?

Non si tratta di tirare in ballocomplotti. Ma certo ci sono mani-polazioni e aspetti che rimangonoenigmatici. Tutte le rivoluzioni delmondo arabo contengono questielementi. Per quarant’anni i regimidi Mubarak e degli altri sono stati al-leati riconosciuti dell’Occidente de-mocratico, e poi dal giorno alla not-

30GIORNI N.9 - 2011

Medio Oriente

54

Nelle rivolte in Siria c’è senza dubbio un desiderio generale di maggiore libertà politica. Ma c’è anche la contrapposizione di gruppi in lotta per avere in mano il controllo della situazione. E in questo anche il denaro gioca la sua parte. Le racconto un episodio. C’era una donna che faceva le pulizie a casa di un’anziana signora di mia conoscenza. A un certo punto, non si è fatta più vedere. L’anziana allora l’ha chiamata: cara, perché non vieni più da me? E quella le harisposto: signora, io esco ogni giorno a manifestare una mezz’ora, e in tre giorni guadagno quello che lei mi dà per un mese…

Manifestanti antigovernativi in piazza Tahrir, al Cairo, dove lo scorso febbraio ha avuto inizio la rivolta contro il presidente Hosni Mubarak

te, come per magia, sono diventatidittatori… C’è qualcosa di artefat-to. Io mi sono sempre augurato unprocesso di maturazione democra-tica che coinvolga le istituzioni, leuniversità e i centri culturali, le na-scenti organizzazioni professionali,gli uomini di religione. Solo una si-

mile maturazione, che comprenda idati culturali e diffonda la consape-volezza dei diritti dei singoli, puòdavvero portare allo sviluppo pienodi strutture democratiche. Invece,nel cambiamento repentino che citroviamo davanti, rimane sullosfondo qualcosa di indecifrabile. IPaesi arabi non sono preparati aun’instaurazione fulminea dei mo-delli europei di democrazia. E certiaspetti fanno temere che con le ri-volte si possa tornare indietro.

Eppure la dirigenza siriana,negli ultimi anni, puntava adaccreditare davanti al mondoun profilo innovativo e riformi-sta, a mostrarsi intenzionataad accompagnare e favorire iprocessi di avanzamento eco-nomico e sociale in atto nelPaese. Come mai poi l’unicaparola è stata quella della re-pressione?

Quando sono iniziate le rivoltein Tunisia ed Egitto, si sarebbe do-

vuto iniziare un cammino più deci-so di apertura. Questo è mancato.Hanno prevalso la logica e i mec-canismi degli apparati di sicurez-za. Adesso le cose sono degenera-te e non si recuperano da un mo-mento all’altro. Da una parte edall’altra c’è chi adesso pensa solo

a prevalere, ad avere tutto in ma-no, e non cerca soluzioni di dialo-go e compromesso. Nessuno vuo-le ascoltare le ragioni dell’altro.Non c’è altro da sperare se non inun aiuto da fuori. All’interno tuttosembra muoversi all’insegna dellaformula mors tua, vita mea.

Auspica un intervento in-ternazionale, magari milita-re? La Siria come la Libia?

Credo che non lo faranno. Lastessa Europa non sembra avereuna posizione univoca sulla situa-zione siriana. Un intervento mili-tare non è certo da auspicare. An-che l’arma delle sanzioni, invocatee sostenute da molti Paesi occi-dentali, non mi sembra opportu-na, se si pensa che nessuna san-zione è mai scattata nei confrontidelle politiche di Israele. Ci sareb-be bisogno di un altro tipo di inter-ferenza. Un’ingerenza esterna, dicarattere diplomatico, che accom-pagni governo e opposizione nel

cammino dei negoziati anche at-traverso vie di comunicazione ri-servate. E aiuti a riprendere queiprocessi di cambiamento che giàerano iniziati.

Chi dovrebbe lavorare inquesta direzione?

Un ruolo potrebbe averlo laTurchia. Ma anche il cosid-detto Quartetto [Usa, Ue,Russia e Onu, ndr] che ac-compagna i negoziati di pa-ce tra Israele e Autorità pale-stinese. Non si può separarequello che avviene in Siria ein tutto il mondo arabo dalleprospettive di una pace pos-sibile e durevole tra israelia-ni e palestinesi.

Lei cita la Turchia.Molti osservatori vedo-no nell’esperienza poli-tica di Erdogan un mo-dello di conciliazione traislam e democrazia chepotrebbe essere ripresoanche nei Paesi arabi.

Mi sembra difficile che gliarabi possano seguire esem-pi proposti da chi al tempodell’impero ottomano hacercato di cancellare la lin-gua, la letteratura e la civiltàaraba. Rimane il fatto che fi-nora non c’è stata una posi-zione araba veramente de-

gna e nobile, che fosse all’altezzadi ciò che succede. Non capiscocome mai i Paesi arabi non abbia-no ancora convocato un summitper trattare questi problemi e tro-vare insieme soluzioni condivise,per non compromettere il futuro.Se noi arabi, e non gli altri, non cimettiamo insieme per affrontarela nuova situazione che si è apertacon le rivolte e i loro tragici svilup-pi, e non ce ne facciamo carico in-sieme, con l’aiuto della comunitàinternazionale, il futuro del mondoarabo rischia di diventare oscuro.Le diverse rivolte del mondo arabopotrebbero ritrovarsi l’una control’altra. E il mondo arabo rischia disbriciolarsi in una serie di staterelliconfessionali in lotta tra loro.

Da cosa dipende l’esito?Come se ne esce?

Io spero davvero che si arrivi acodificare una nuova Carta di leggie diritti adatti al mondo arabo mo-derno. Ma questo può avvenire

5530GIORNI N.9 - 2011

INTERVISTA CON GRÉGOIRE III. Una primavera piena di enigmi

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Papa Shenouda III, patriarca copto di Alessandria, con il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan, al Cairo, il 14 settembre 2011

solo attraverso processi graduali,con un’evoluzione da lasciar matu-rare passo dopo passo. Invece lerivoluzioni aprono nuove feriteche poi si cicatrizzano con diffi-coltà. Insomma, le parole-chiavedevono essere evoluzione e matu-razione, e non rivoluzione. In que-sta prospettiva, anche i cristianipotrebbero diventare con più deci-sione operatori di cambiamento.

Secondo alcuni osservatorii cristiani dovrebbero provaresimpatia immediata per rivol-te che mettono in crisi regimiautoritari e auspicano anche

in Medio Oriente l’avvento disistemi democratici di stile oc-cidentale.

In genere in Siria i cristiani san-no che col regime possono andareavanti, e magari partecipare aun’evoluzione del regime in sensopiù democratico. Mentre hannopaura del caos. Hanno paura dimanipolazioni esterne che posso-no mettere in crisi la tradizionaleconvivenza coi propri concittadinimusulmani. Ci sono stati alcuni ca-s i inquietant i nel distretto diHoms, con i facinorosi che dalla

moschea lanciavano appelli perandare ad assediare e cacciare icristiani. Alcuni musulmani vicinidi casa di famiglie cristiane sonofuggiti per paura di essere coinvol-ti in un attacco. In questi casi di pe-ricolo immediato si può vedere an-che l’intenzione di allargare il caose usare lo “schermo” del conflittoislamico-cristiano per coprire al-tro. Mettere in mezzo i cristianiper aumentare la tensione e l’allar-me. Ad animare queste provoca-zioni erano forestieri, gente venu-ta da fuori, non i compaesani deivillaggi. Vicino a Homs sono stati

anche bruciati negozi e case di cri-stiani. Occorre pregare, e rimane-re all’erta, per non aver paura da-vanti alle provocazioni.

Il presidente Assad conti-nua a indicare fondamenta-listi e mercenari come i veriispiratori dei moti antiregi-me. Negli ultimi anni leggi eregolamenti statali avevanol’intento di arginare la diffu-sione delle «idee estremi-ste». Una tale repressionenon ha avuto forse l’effettocontrario?

Alcune di quelle misure, comeil divieto per le insegnanti di por-tare il velo integrale nelle scuole,poi di fatto non hanno avuto unalarga applicazione. Certo, gli isla-misti vogliono aumentare la loroinfluenza. Ma rimango convintoche la Siria non sia un terreno fer-tile per le loro strategie d’espan-sione. La Siria ha una storia laicagià prima dell’avvento al poteredel partito Ba’ath. Non vedo nellasocietà siriana una grande richie-sta dei vincoli che i fondamentali-sti cercano di imporre alla vita so-ciale. I capi religiosi islamici sono

legati al governo, di fattosi muovono come funzio-nari religiosi. I rivoltosi dimatrice islamica si muo-vono fuori dagli apparatiufficiali centrali.

Come valuta l’at-teggiamento del laSanta Sede davanti al-le convulsioni di diver-so tipo che nel 2011hanno avuto luogo neiPaesi arabi?

Dopo le vicende egi-ziane, la Santa Sede haevitato di moltiplicare in-terventi. Il Papa ha parla-to bene. Forse, in qualcheoccasione, gl i organid’informazione vaticananel riportare le notiziesembrano accodarsi unpo’ troppo acriticamentea network orientati comeAl Jazeera. Se posso ag-giungere un’annotazionepersonale, mi piacerebbesentire di più la partecipa-zione e la vicinanza delleChiese nazionali, e in par-ticolare degli episcopati

europei. Potrebbero provare amettere in campo iniziative per fa-vorire il dialogo.

Un’ultima domanda: se-condo alcuni, quello che stasuccedendo oggi nei Paesi delMedio Oriente ha molte somi-glianze con quanto avvennenel 1989 nei Paesi dell’Esteuropeo. Concorda?

No. La realtà religiosa e socio-culturale e storico-politica qui è deltutto diversa. Si tratta di un parago-ne del tutto fuori luogo. O forse èsolo propaganda fuorviante. q

56 30GIORNI N.9 - 2011

Medio Oriente

La preghiera del venerdì nella Moschea degli Omayyadi a Damasco

Spicchi Spicchi SpicchChiesa/1 Ecclesiam Suam

«Saldamente ancorati nellafede alla pietra angolareche è Cristo, rimaniamo inLui come il tralcio che nonpuò portare frutto da séstesso se non rimane nellavite. Solamente in Lui, perLui e con Lui si edifica laChiesa, popolo della nuovaAlleanza. Ha scritto in pro-posito il servo di Dio papa

Paolo VI: “Il primo fruttodell’approfondita coscienzadella Chiesa su sé stessa è larinnovata scoperta del suovitale rapporto con Cristo.Notissima cosa, ma fonda-mentale, indispensabile, manon mai abbastanza cono-sciuta, meditata, celebrata”(enciclica Ecclesiam Suam,6 agosto 1964: AAS 56[1964], 622)». Così Bene-detto XVI all’Angelus di do-menica 2 ottobre.

3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3

58 30GIORNI N.9 - 2011

Sull’Osservatore Romano del 25 settembremonsignor Enrico dal Covolo, rettore della Ponti-ficia Università Lateranense, ha commentato leparole dell’apostolo Paolo nella seconda Letteraai Tessalonicesi, capitolo II, versetti 6-7. In parti-colare il presule ha evidenziato come i Padri an-tiocheni hanno risposto all’interrogativo su «chi»o «che cosa» trattenga (tò katèchon) il misterodell’iniquità.

«La quarta omelia di Giovanni Crisostomoesordisce, entrando subito nel merito del proble-ma, ponendosi due domande: innanzitutto checosa sia questo katèchon; poi perché Paolo siesprima in un modo così oscuro. Nelrispondere alla prima domanda Cri-sostomo rievoca, respingendola,l’interpretazione di Severiano di Ga-bala, il quale identificava il katèchoncon la grazia dello Spirito. AncheTeodoro di Mopsuestia concordacon il Crisostomo nel respingere l’i-dentificazione di Severiano. Sulla ba-se delle loro obiezioni, che qui nonpossiamo commentare, è da sup-porre che Severiano identificasse inuna Chiesa dei carismi il migliore epiù efficace baluardo contro la prevaricazionedelle forze del male. Respinta l’opinione di Seve-riano, Crisostomo ne enuncia una seconda, alla

quale dice di aderire lui stesso: quella che identifi-ca il katèchon con l’impero romano. Paolo, se-condo il Crisosotomo, avrebbe usato un linguag-gio oscuro ed enigmatico per evitare di esporsitroppo, proprio perché identificava nel katèchonl’impero romano. La venuta dell’Anticristo sareb-be avvenuta al crollo dell’impero romano, il qua-le, cessando di “trattenere”, avrebbe aperto lastrada della parusìa, prima quella dell’Anticristo,e poi finalmente quella del Signore Gesù. L’impe-ro “trattiene” attraverso la paura che incute; fin-tantoché durerà questa paura, nessuno potrà in-staurare l’anomia».

L’autore dell’articolo riporta enpassant anche la riflessione di CarlSchmitt: «Io credo nel katèchon;per me è l’unica possibilità di com-prendere la storia da cristiano e ditrovarla sensata».

CRISTIANESIMO«Chi» o «che cosa» trattiene il misterium iniquitatis

A sinistra, san Giovanni Crisostomo;

qui sotto, il Colosseo

Paolo VI

con il cardinale

Ratzinger

hi Spicchi Spicchi Spicchi

Chiesa/2Caffarra: il primoservizio della Chiesaalla società civile è la celebrazionedell’Eucaristia

«Così è sfuggita, ovviamen-te, ai più una pagina dell’o-melia che il cardinale di Bo-logna Carlo Caffarra hapronunciato per la festa disan Petronio, il 4 ottobre.Anche lui, come d’uso, haparlato in quell’occasionedella città. Si è chiesto qualè “il primo servizio” che laChiesa offre alla vita comu-ne. E ha sostenuto che nonconsiste principalmente inun apporto di dottrina mo-rale o in un’etica civile, manel far accadere dentro la vi-ta concreta una vera frater-nità: che non rivendica persé spazio o appalti, ma sipropone come comunione

che riceve dalla mensa eu-caristica la sua norma nor-mante non normata. “Il pri-mo e fondamentale serviziodella comunità cristiana èpertanto la celebrazionedell’Eucarestia, sacramentodella passione del Signo-re”». Così Alberto Mellonisul Corriere della Seradell’8 ottobre.

Sacro CollegioGli ottant’anni delcardinale Mazombwe

Il 24 settembre il porporatoafricano Joseph MazombweMedardo, arcivescovo eme-rito di Lusaka creato cardi-nale da Benedetto XVI nel2010, ha compiuto ot-tant’anni. A fine settembrequindi il Collegio cardinaliziorisulta composto di 193 car-dinali di cui 113 elettori.

3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI

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30GIORNI N.9 - 2011 59

«Due sorprese nel giro di trenta giorni. Dopo essersi rican-didato a riprendersi il posto di presidente della Federazio-ne Russa, Vladimir Putin già rende noto al suo popolo e almondo intero quale sarà il grandioso progetto che eglipromuoverà subito dopo la vittoria elettorale di marzo, da-ta da tutti per sicura: la ricostituzione, con progressivo eparziale allargamento, di una parte dello spazio geograficoche fino al 1991 si chiamava Unione Sovietica. Lo annun-cia lo stesso Putin, in attesa di spiccare il salto dal governoalla terza presidenza, firmando nelle Izvestia un articolodal linguaggio morbido, invitante, non allarmante, in cui itermini economicisti del progetto attutiscono accortamen-te quelli di significato più politico. Eccone il passo essen-ziale: “Proponiamo il modello di una potente unione so-vranazionale, in grado di diventare uno dei poli del mondomoderno e di svolgere un ruolo di efficace legame tra l’Eu-ropa e la dinamica regione Asia-Pacifico”». Così Enzo Bet-tiza sulla Stampa del 5 ottobre.

MONDOLe sorprese di Putin

Vladimir Putin

Carlo Caffarra durante la messa per la festa di san Petronio

il 4 ottobre 2011

Spicchi Spicchi Spicch3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3

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StoriaLa Chiesa ambrosianacontro il fascismo

L’Avvenire del 4 ottobre hapubblicato uno scritto diGiorgio Rumi, scomparsonel 2006, nel quale l’autore-vole storico cattolico rievo-cava i rapporti conflittualitra l’autorità fascista di Mila-no e l’allora cardinale arci-vescovo, il beato IldefonsoSchuster: «Sul finire deglianni Trenta, i rapporti traChiesa e regime, in quellaterra ambrosiana da cui era-no partite le tre grandi con-testazioni all’Italia liberale(quella cattolica, socialista einfine fascista), sono chiari enetti rapporti di forza: il fe-derale di Milano non ha dub-bi nel rievocare il camminopercorso e a riaffermare lasua visione delle cose: “Cin-que anni or sono fui chiama-to dalla vostra fiducia a reg-gere le sorti del fascismo mi-

lanese [...]. Il cardinale, aquell’epoca [1933] era no-toriamente antifascista, edostacolava, a volte aperta-mente, a volte occultamen-te, l’azione del fascismo mi-lanese; [...] mentre decisa-mente [...] io puntavo sulpopolo, alle spalle avevo ilcardinale e tutta l’Azionecattolica che persistevanonella loro opera di disgrega-zione [...]”». Punto di rotturadefinitivo, lamenta il federa-le di Milano, è «l’allocuzionepronunziata dal cardinaleSchuster, con cui si combat-te la nostra politica sulla raz-za». In seguito a questo in-tervento, il federale scrive aMussolini: «Ho rotto natu-ralmente col cardinale ognie qualsiasi rapporto».

CattoliciErnesto Oliveropremiato comecittadino europeodell’anno

Il 2 ottobre il Parlamentoeuropeo ha insignito delpremio “Civi EuropaeoPraemium”, Ernesto Olive-ro, fondatore del Sermig,che da tempo opera nelcampo del volontariato, del-l’integrazione e del dialogotra i popoli. La candidaturaè stata avanzata dal leghista

Sul Corriere della Sera del 14 settem-bre, Armando Torno ha recensito il librodi Aldo Maria Valli, Storia di un uomo.Ritratto di Carlo Maria Martini. Nel-l’articolo, dopo aver descritto il porpora-to come persona estremamente sempli-ce, Torno scrive: «In fondo, e lo ricordain questo utilissimo libro Valli, il suo stilesi potrebbe compendiare con una frasedi sant’Agostino: “È più importante inse-gnare agli amici l’umiltà che sfidare i ne-mici con la verità”». Titolo dell’articolo:Martini, il coraggio dell’umiltà.

Aldo Maria Valli, Storia di un uomo.

Ritratto di Carlo Maria Martini, Ancora,

Roma 2011, 208 pp., euro 16,00

STORIA DI UN UOMO. RITRATTO DI CARLO MARIA MARTINI

«È più importante insegnare agli amici l’umiltà che sfidare i nemici con la verità»

Ildefonso Schuster

Ernesto Olivero

Oreste Rossi e il premio èstato consegnato all’interes-sato dal vicepresidente delParlamento europeo GianniPittella. Ne ha dato notizial’Avvenire del 6 ottobre.

CuriaNuovi vertici alla Prefettura degli Affari economici

Il 21 settembre il Papa hanominato il nuovo presiden-te della Prefettura degli Af-fari economici della SantaSede. A succedere al cardi-nale Velasio De Paolis, 76anni, è stato chiamato mon-signor Giuseppe Versaldi,68 anni, dal 2007 vescovodi Alessandria, che è statoanche elevato alla dignità diarcivescovo.

Sempre il 21 settembre èstato nominato il nuovo se-gretario della Prefettura. Sitratta del sacerdote spagno-lo Lucio Ángel Vallejo Balda,50 anni, dal 1991 ammini-stratore generale del vesco-vado di Astorga.

Economia«Soltanto gli Eurobondpossono salvare l’Ue»

La Stampa dell’11 ottobreha pubblicato un’intervista aChristopher Sims e ThomasSargent, insigniti, il giornoprecedente, del Premio No-bel per l’economia. Interpel-lato sulla crisi europea, Simsrisponde: «Uno degli studiche abbiamo fatto parlavaproprio delle premesse pre-carie dell’unione monetaria.C’è un grave vizio d’origine:avete la banca centrale, manon esiste un’autorità chepossa decidere le politiche fi-scali o emettere bond. Così,in situazioni di crisi comequella attuale, non si capiscechi abbia il potere di prende-re le decisioni necessarie. Le

prospettive dell’euro sonocupe, se non aggiungeretepresto alla banca centraleun’autorità capace di emet-tere eurobond e coordinarele politiche fiscali». A quelladi Sims, fa seguito un’analo-ga riflessione di Sargent:«Quando furono creati gliStati Uniti, alla fine del Sette-cento, le condizioni dell’A-merica di allora erano simili aquelle dell’Europa di oggi.

C’erano tredici Stati che ave-vano tutti il potere di batteremoneta, contrarre debito edecidere le loro politiche fi-scali, a fronte di un governofederale estremamente de-bole. Questi Stati potevanoaddirittura decidere le pro-prie regole nel settore delcommercio estero, esponen-do l’America a forti penaliz-zazioni da parte di Londra. Ipadri fondatori, che in larga

parte erano creditori dei variStati, scrissero la Costituzio-ne proprio allo scopo di cor-reggere questo vizio di fon-do. Il governo centrale si fececarico dell’intero debito deitredici Stati, che in cambiopersero l’autonomia econo-mica assoluta che avevanoavuto fino a quel momento».Il titolo dell’intervista: «Sol-tanto gli Eurobond posso-no salvare l’Ue». q

«All’11 settembre conseguì innanzi tuttola presa di coscienza da parte della comu-nità internazionale di una minaccia e diuna sfida inaudite, e si comprese beneche quella minaccia e quella sfida non era-no dirette soltanto all’America, agli StatiUniti. Lo si comprese molto prima chel’attacco fosse portato, come poi avven-ne, anche in Europa, in grandi città euro-pee come Parigi, Londra, Madrid. E quin-di quello che io posso mettere in eviden-za, è che cambiò qualcosa di profondo nelmodo di concepire la propria sicurezza,ma non solo da parte di alcuni Stati. Quel-lo che forse fu un effetto non previsto dacoloro che ordirono l’attacco alle Torrigemelle, fu un avvicinamento tra i mem-bri della comunità internazionale. E a par-tire da quel momento, Stati anche moltodiversi e anche non alleati tra loro, dagliStati Uniti agli Stati dell’Unione europea,dalla Russia alla Cina, compresero di do-ver affrontare insieme un nemico comu-ne. E questo è stato essenziale per tutti glisvolgimenti successivi. [...] Perché nelcorso di quegli stessi dieci anni è cambia-to, per tanti aspetti, il mondo. Il fatto fon-damentale fu capire che non bisognava,soprattutto noi, Stati occidentali, Ameri-ca ed Europa, lasciarsi attirare in quelloche si pretendeva, da parte di al-Qaeda,potesse essere uno scontro tra civiltà. Bi-sognava non confondere l’attacco terrori-stico né con la religione musulmana nécon la cultura islamica; bisognava anzi

trovare la strada per dissipare motivi di in-comprensione e di contrapposizione tramondi diversi, per arrivare a una conce-zione comune della sicurezza, dello svi-luppo. In fin dei conti, della pace e dellagiustizia tra le nazioni». Così Giorgio Na-politano intervistato da Bruno Vespa aPorta a Porta il 10 settembre del 2011,in occasione dei dieci anni dell’attaccoterroristico alle Torri gemelle.

30GIORNI N.9 - 2011 61

ITALIAIl presidente Napolitano, l’11 settembre e lo scontro di civiltà

hi Spicchi Spicchi Spicchi3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI IN BREVE 3OGIORNI

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64 30GIORNI N.9 - 2011

P adre Antonio Spadaro è dal-lo scorso settembre il nuovodirettore della Civiltà Catto-

lica, il quindicinale “ad alta divul-gazione” della Compagnia di Ge-sù. Fondata nel 1850, è, come no-to, l’unica rivista cattolica le cuibozze sono esaminate dalla Segre-teria di Stato della Santa Sede.

Nato a Messina nel 1966, pa-dre Spadaro è laureato in Filosofiae ha conseguito il dottorato di ri-cerca in Teologia nella PontificiaUniversità Gregoriana di Roma,dove insegna dal 2002 presso ilCentro interdisciplinare sulla Co-municazione sociale. Entrato nelnoviziato della Compagnia di Ge-

sù nel 1988, è diventato sacerdotenel 2007.

Nel 1993 ha incominciato ascrivere sulla Civiltà Cattolica,della cui redazione fa stabilmenteparte dal 2000. Sulle pagine dellarivista si occupa di critica lettera-ria, con particolare attenzione agliautori contemporanei italiani e

A ttualità

di Paolo Mattei

Padre Antonio Spadaro

Padre Antonio Spadaro è il nuovo direttore della Civiltà Cattolica. Sulla rivista della Compagnia di Gesù si occupa da anni di letteratura, musica, arte e nuove tecnologie della comunicazione. Intervista

Una Civiltà di scrittori, poeti e navigatori della Rete

GiuseppeUngaretti

agli scrittori statunitensi. Scriveanche di teoria della letteratura,musica, arte, cinema e nuove tec-nologie della comunicazione.

Abbiamo posto alcune domandeal neodirettore.

Quando e come si è fattaavanti la vocazione al sacerdo-zio? E come è nata la decisio-ne di entrare nella Compa-gnia?

ANTONIO SPADARO: È sem-pre difficile rispondere a questadomanda. La vocazione è qualco-sa che cresce “biologicamente”con noi, con la nostra storia perso-nale. Considero però un momen-to importante un corso di esercizispirituali in Toscana al quale parte-cipai casualmente, nei miei primianni universitari, dopo aver lettoun volantino di invito trovato su untavolo. Un’esperienza del tutto di-

versa da quelle che ero abituato afare, giorni di completo silenzio.Guardai in prospettiva i miei primivent’anni di vita e provai una con-sonanza molto profonda con l’e-sperienza spirituale che stavo vi-vendo. Una consonanza che nonavevo mai provato prima. Non homai più dubitato della verità di quelmomento.

Quello fu il suo primo con-tatto con l’Ordine di sant’I-gnazio?

No, avevo frequentato le scuolemedie presso l’Ignatianum, l’Istitu-to dei Gesuiti della mia città. Fuun’eccellente esperienza culturalee creativa, tanto da farmi dire, avolte, che ancora oggi vivo di ren-dita di alcuni atteggiamenti di fon-do che ho maturato proprio in que-gli anni. Il metodo di insegnamentodei gesuiti non aveva un’imposta-zione, diciamo così, tradizionale.

Era un insegnamento che passavasempre per la scoperta personale.

Come da pedagogia igna-ziana…

Esatto. E come spiega anche sanTommaso: «Dei due modi di acqui-stare la scienza – la scoperta perso-nale (inveniendo) e l’apprendimen-to (addiscendo) – è principale il pri-mo, secondario l’altro». In quellascuola, materie normalmente consi-derate complementari, come l’edu-cazione artistica o l’educazione mu-sicale, erano molto valorizzate.

Quando è nata la sua pas-sione per la letteratura?

Come le vocazioni, anche lepassioni nascono e si sviluppanoattraverso percorsi talvolta incon-sueti e difficilmente tracciabili. L’a-more per la letteratura non si è ac-ceso presto, a dire il vero. Da ra-gazzino non leggevo molti libri,prediligevo i fumetti. Ricordo peròche un giorno rimasi affascinato daun libro di fantascienza per ragazzi,nel quale mi immersi completa-mente. Non diventai, come usa dir-si, un “divoratore” di libri, ma co-minciai a “immergermi” in quelliche mi piacevano.

Gli autori prediletti in etàgiovanile?

Kafka, Pirandello e Leopardi,scrittori che si “sposano” bene coitormenti dell’adolescenza. In essiperò coglievo qualcosa che “mi su-perava”, che anzi resisteva alle in-quietudini tipiche di quell’età. Maun posto speciale merita Ungaretti.In terza media i gesuiti mi feceroleggere buona parte dell’opera diquesto grande poeta. A ripensarcioggi mi chiedo come sia stato pos-sibile. La sua lettura, i suoi «atomi diemozione», mi hanno segnatoprofondamente. Sono molto gratoai suoi versi.

Poi la letteratura ha comin-ciato a prendersi più spazionella sua vita…

Come le ripeto, il mio rapportocon la letteratura si è sviluppato neltempo, legato soprattutto ad autoriin grado di farmi pensare, cioèscrittori-filosofi, diciamo così.Quindi la passione per le storie, lanarrazione, la densità della parolapoetica si è sviluppata soprattuttodopo gli studi universitari. Il miocursus studiorum è stato infattieminentemente filosofico: mi so- ¬

6530GIORNI N.9 - 2011

INTERVISTA

A sinistra, una pagina autografa del poeta statunitense Walt Whitman

Giacomo Leopardi

no laureato in Filosofia all’Univer-sità di Messina nell’88, e due annidopo ho concluso il curricolo di ap-profondimento filosofico a Padova,presso l’Istituto Aloisianum. Il gran-de amore per la letteratura è natoquando ho iniziato a insegnarla. Imiei superiori, alla fine del 1991,dopo i primi anni di formazione – ilperiodo che noi chiamiamo di “ma-gistero” –, mi chiesero di insegnareLettere presso il nostro liceo scien-tifico di Roma, il Massimiliano Mas-simo. La passione dei ragazzi, chemi ritornava come feedback dallecose che proponevo loro nelle oredi lezione, mi ha legato all’espe-rienza della parola e del racconto,che ho cominciato a percepire co-me capace di una lettura profondae ricca dell’esistenza. Con gli stu-denti ho approfondito la metaforadel “viaggio” nell’immaginario col-lettivo occidentale. Da quel lavoro ènato un volume di testi e commenti,Tracce profonde. Il viaggio tra ilreale e l’immaginario. Ed è nataanche la certezza che del mio per-sonale viaggio la letteratura sareb-be stata una compagnia fedele.

La Civiltà Cattolicaha ospi-tato anche molti suoi articolisulla letteratura americana.

Sì. Ho incominciato a occupar-mene più o meno nel 2002, l’annoin cui sono andato negli Usa, nellaProvincia dei gesuiti di Chicago –precisamente a Milford, in Ohio,pieno Midwest –, per la mia ultima

tappa di formazione come gesuita.È stata la scoperta, bellissima, diuno sguardo fresco sulla realtà…

La stessa impressione chefece a Pavese l’incontro con gliscrittori d’Oltreoceano…

In effetti… I poeti e i narratoriamericani in cui m’imbattevo rac-contavano la realtà come se la sor-prendessero nel momento dellacreazione. Uno sguardo immedia-to, a volte ingenuo, ma proprioquesta ingenuità mi piaceva, e mipiace. Era precisamente quantosentivo mancare nella letteraturaeuropea, soprattutto in quella delNovecento, che percepivo comeun tormentato prodotto dei mean-dri della coscienza, il frutto di undiuturno rovello su sé stessa con de-boli contatti con la realtà…

Quali gli autori americaniprediletti?

Molti: Edgar Lee Masters, Syl-via Plath, Jack London, EmilyDickinson, Jack Kerouac… Ma trein modo particolare: Walt Whit-man, di cui sono stato anche tra-duttore; Raymond Carver, al qualeho dedicato uno dei pochi saggispecifici in circolazione in italiano;e, soprattutto, Flannery O’Con-nor, della quale lo scorso maggioho pubblicato per la Rizzoli alcuniscritti inediti [Il volto incompiuto,ndr]. La passione per le opere diquesta grande scrittrice america-na, morta nel 1964 a trentanoveanni, mi ha condotto a visitare va-

rie volte la sua fattoria a Milledge-ville, in Georgia, e a entrare in re-lazione con chi l’ha conosciuta efrequentata. Se di Whitman mi col-pisce lo “sguardo sorgivo” sulle co-se, e di Carver – in primis del Car-ver poeta – l’incomparabile capa-cità di ridurre all’essenziale le emo-zioni che descrive, della O’Connoramo la prospettiva paradossale egrottesca sulla realtà, presente inogni suo romanzo e racconto. Leg-

30GIORNI N.9 - 2011

A ttualità

66

Sopra, Cesare Pavese; a destra, Raymond Carver

Bruce Springsteen

gerla mi aiuta a guardare il mondoda punti di vista sempre diversi esorprendenti.

Lei ha portato nelle paginedella Civiltà Cattolica ancheil rock americano: ha scritto,tra gli altri, di Bruce Spring-steen e Tom Waits. Perchéqueste predilezioni?

Anche qui ha giocato il caso, eprobabilmente la mia curiosità. Un

giorno mi capitò di ascoltare Theghost of Tom Joad di Spring-steen, e rimasi incantato dalla mu-sica e dai testi. Canzoni in grandeconsonanza con certi aspetti del-l’opera della O’Connor che, in se-guito, seppi essere stata tra le lettu-re del cantautore americano aitempi del suo disco acustico Ne-braska. Dopo The ghost of TomJoad ho voluto ascoltare e leggere

tutto quello che Springsteen avevacomposto. Da qui è nata l’idea discrivere qualcosa sulla Civiltà Cat-tolica, idea che ha preso definitiva-mente corpo in occasione dell’u-scita di The Rising [«La Risurre-zione» di Bruce Springsteen,2002, IV, 13-26, ndr], l’albumispirato agli eventi tragici dell’11settembre, del quale in Italia sem-brava fosse passata sotto silenzio la

fondamentale impronta religiosa ela preghiera che lo informavano.Del resto Springsteen convive conl’immaginario biblico e religioso findal tempo della sua formazionescolastica primaria, avendo fre-quentato l’istituto cattolico SantaRosa da Lima di Freehold, nel NewJersey, e alcuni suoi gesti, comel’accendere un cero alla Madonnanella Basilica di San Petronio du-

rante la sua tournée bolognese del1998, o l’indossare una medagliache rappresenta san Cristoforo,patrono dei viandanti, dicono, nel-la loro semplicità, una forma dirapporto con i simboli della devo-zione cristiana. Da questo articolosu Springsteen sono poi venutiquelli su Tom Waits, Nick Drake eNick Cave. A me sembra che ilrock sia in grado di descrivere ladomanda di salvezza dell’uomo inmaniera più potente di altre formeespressive.

Ha mai percepito perples-sità o imbarazzo tra gli scritto-ri della redazione, oppure inSegreteria di Stato, per questescelte?

No, niente affatto, ho trovatoaccoglienza e persino competenza:riguardo all’articolo su Springsteenmi arrivò addirittura una piccolaprecisazione relativa alla data dicomposizione di una canzone gio-vanile del cantautore mai pubblica-ta in un disco…

Nessuna critica nemmenoquando ha proposto i nomi diJovanotti e Ligabue?

No, nemmeno allora. In quelmomento, era il 1999, stavo stu-diando i narratori più giovani, quelliche oggi sono grosso modo qua-rantenni. Volevo però aprire pureuna finestra su quei cantautori chea un certo punto della carriera deci-dono di pubblicare testi narrativinon destinati alla combinazionecon musica e suoni. Cosa che Jova-notti e Ligabue avevano da pocofatto con i due libri analizzati in quelmio articolo. Trovavo e trovo il fe-nomeno molto interessante. Nelgennaio dell’anno scorso, nellaCappella Universitaria della Sa-pienza di Roma, ho avuto anchemodo di organizzare un incontrocon Jovanotti sul tema del “succes-so”. Disse cose molto suggestive e,giocando con le parole ma nontroppo, spiegò che il “successo”«come participio passato di succe-dere» non gli interessava…

Uno degli scrittori contem-poranei da lei più apprezzati èPier Vittorio Tondelli, mortoventi anni fa, lo “scandaloso”romanziere di Altri libertini...

Anche in questo caso, l’incontroè stato fortuito. Era il 1992, Tondel-li era morto da un anno, all’età di

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INTERVISTA

I poeti e i narratori americani in cui m’imbattevo raccontavano la realtà come se la sorprendessero nel momento della creazione. Uno sguardo immediato, a volte ingenuo, ma proprio questa ingenuità mi piaceva, e mi piace

Padre Antonio Spadaro, a destra nella foto, con Jovanotti in occasione dell’incontroorganizzato nella Cappella Universitaria della Sapienza di Roma nel gennaio scorso

trentasei anni, e io non conoscevo isuoi scritti. Un giorno, poco primadi iniziare un lungo viaggio in treno,mi trovai un suo romanzo tra le ma-ni. All’epoca insegnavo al Massimoe mi occupavo, come ho accenna-to, di letteratura di viaggio. In una li-breria presso la stazione, in anticiposull’orario di partenza del treno, sfo-gliavo un po’ distrattamente le pri-me pagine di quel libro, Camere se-parate, e capii che si stava parlandodi un viaggio in aereo… La coinci-denza mi sorprese. In quel roman-zo, l’ultimo scritto da Tondelli, nel1989, e negli altri che poi avrei lettoin ordine anticronologico, conobbila densità di una grande esperienzaletteraria. Mi imbattei nella profon-dità di uno scrittore impegnato in un

corpo a corpo con la propria esi-stenza, con la propria vita, nellaquale la fede aveva avuto un ruolodecisivo. Sapevo tra l’altro che Ton-delli era stato negli anni Ottantaideatore del progetto «Under 25»,una sorta di laboratorio di scrittura adistanza che aveva coinvolto moltigiovani aspiranti scrittori: era unacosa che interessava anche il mio la-voro. Leggendo Tondelli scoprii un

autore di formazione cattolica che,immerso nel “postmoderno italia-no”, come ebbe a definire gli anniOttanta, esprimeva la tensione fon-damentale alla salvezza propria diogni uomo. Mi resi conto di come lesue domande non fossero per nullasuperficiali, e per nulla puramente,diciamo così, “postmoderne”: era-no le grandi domande di ogni uo-mo. Ho incominciato così a studiarele sue carte, le sue annotazioni, hoavuto la fortuna di frequentare il suoambiente familiare. La sua bibliote-ca personale conservava i testi dellasua formazione, tra i quali la Bibbia,l’Imitazione di Cristo, i mistici me-dievali e santa Teresina di Lisieux.E, nel corso degli anni, ho scrittosulla sua opera articoli e libri.

Dello scrittore di Correggioha pubblicato anche appuntiinediti, come quello, moltobello e suggestivo, in cui silegge: «La letteratura non sal-va, mai tantomeno l’innocen-te. L’unica cosa che salva è lafede, l’Amore e la ricadutadella Grazia…». Un’osserva-zione che pare un suggeri-mento per critici e appassio-nati di letteratura…

Nel 1996 ho trovato questosuo appunto scritto a matita suuna pagina della Traduzione del-la prima Lettera ai Corinzi diGiovanni Testori, probabilmentel’ultimo libro che egli lesse pocoprima di morire e che si era fattocomperare dal padre quando eragià in ospedale. Come molti scrit-tori al termine della loro esistenza,

Tondelli si poneva delle domandesul valore delle proprie esperienzeletterarie e sul peso che esse ave-vano avuto per lui. È un’espressio-ne, quella citata, che ricorda le pa-role di Jean Cocteau a JacquesMaritain: «La letteratura è impos-sibile, bisogna uscirne, ed è inutilecercare di tirarsene fuori con la let-teratura perché solo la Fede e l’a-more ci consentono di uscire danoi stessi». Lo scrittore si rendeconto che la letteratura non è ingrado di salvare un’esistenza uma-na, per quanto grandiosa. È certoun suggerimento per chi fa criticaletteraria o ama la letteratura. Nonsiamo chiamati a verificare seun’opera corrisponda a criteri mo-rali o meno, o a vagliare i testi sulla

base della dogmatica, quanto piut-tosto a confrontare il nostro giudi-zio col Giudizio universale. Adaver presente che il giudizio suun’esperienza artistica si staglia suuno sfondo di eternità. Secondome l’appunto di Tondelli mette inluce questa intuizione.

Ha parlato di scritturacreativa. Nel 1998 ha fonda-to il laboratorio “BombaCar-ta”, che si occupa di questo.

È un’idea nata da un cassetto.Ero seduto alla cattedra della clas-se in cui insegnavo e andavo cer-cando una penna nel cassetto, cheera difettoso. Lo tirai quindi conun po’ troppa energia verso di me,e lo cavai completamente fuoridalla sua sede. Sul fondo vidi inci-sa una poesia, anonima, ma il cuiautore era evidentemente uno stu-

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A

Una quindicina di anni fa, scritto a matita su una paginadella Traduzione della primaLettera ai Corinzi di Testori, trovai un appunto inedito di Tondelli, in cui si legge: «La letteratura non salva... L’unica cosa che salva è la fede, l’Amore e la ricadutadella Grazia...»

ttualità

A destra, lo scrittore Pier Vittorio Tondelli; sotto, il saggio di Antonio Spadaro Lontano dentro se stessi.L’attesa di salvezza in Pier Vittorio Tondelli

dente. La cosa mi colpì: i ragazzi,mi dissi, fanno fatica a scrivere i te-mi poi incidono poesie nei casset-ti. Allora affissi un avviso in bache-ca invitandoli a condividere i lorodiari, le loro scritture private, le lo-ro poesie. Al primo incontro citrovammo in quarantadue. Capiiche c’era qualcosa da approfondi-re. Quell’esperienza iniziale non siè più interrotta: abbiamo conti-nuato gli incontri, creato una mai-ling list e un sito internet. Sonoentrate in contatto con noi altrepersone da altre parti d’Italia equindi sono nati gruppi di “Bom-baCarta” in varie città: ora è unafederazione di associazioni e di la-boratori di scritture creative.

All’inizio di quest’anno haallestito un blog sulla “cyber-teologia” (www.cyberteolo-gia.it), «intesa come l’intelli-genza della fede al tempo dellaRete»… È nota la sua attenzio-ne all’universo delle reti socialiinformatiche. Ha parlato di“etica hacker e visione cristia-na” su Civiltà Cattolica, in unarticolo recentemente rilancia-to anche dall’Economist… Co-me è nato questo interesse?

La Rete, cui mi sono avvicinatograzie ancora alla letteratura, è di-

ventata un ambiente abituale dell’e-sistenza quotidiana, dove semprepiù persone formano la propria co-noscenza e le proprie relazioni. Lamia domanda è stata molto sempli-ce: se la Rete sta cambiando nonsolo le nostre abitudini, ma anche ilmodo di pensare e di conoscere ilmondo, non cambierà forse ancheil modo di pensare la fede? Da que-sta domanda, nata tenendo unaconferenza che mi era stata chiestadalla Cei, ho poi notato che c’eraproprio bisogno di avviare una ri-flessione di questo tipo. Fidesquaerens intellectum: questo èsempre stato vissuto come lo sco-po, il senso della teologia. Pensoche la ricerca dell’intelligenza ogginon possa prescindere dalla Rete.Ho trovato grande simpatia e inte-resse da parte della Chiesa a vari li-velli. Certo i discorsi del Papa suquesti argomenti sono di grande in-coraggiamento.

E ora la direzione della Ci-viltà Cattolica. Le pesa mol-to questo incarico?

Lo vivo con trepidazione, chespesso, devo dire, mi toglie il son-no… Sento una grande responsa-bilità. La rivista ha 162 anni di vi-ta, sono consapevole del suo ruo-lo storico, e assumerne la direzio-ne mi fa percepire il peso e l’im-portanza di questa fonte di infor-mazione. Allo stesso tempo houn grande desiderio di dare i lmassimo, in un momento in cui ilmodo di comunicare sta cambian-do. Del resto, La Civiltà Cattoli-

ca nacque in un tempo di grandicambiamenti, facendo delle pro-poste innovative: era una rivistaculturale ecclesiastica non in lati-no, ma in lingua italiana, e facevauso di un linguaggio piano anchetrattando temi specialistici; eradiffusa in tutta Italia quando l’Ita-lia non esisteva… Attualmenteabbiamo un sito, una pagina Fa-cebook, un account Twitter. Cer-cheremo di rendere sempre piùvivace questa presenza.

Da direttore continueràcomunque a occuparsi di let-teratura e di nuove tecnolo-gie della comunicazione?

Sono agli inizi, devo trovareancora gli equilibri giusti. È previ-sto un mio libro di “cyberteolo-gia” per gennaio. Poi un saggiosulla letteraura americana duran-te i l prossimo anno… Ma peradesso la direzione della rivista hala priorità. q

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INTERVISTA

A sinistra, la home page del sitowww.cyberteologia.itcurato da padreSpadaro

Sotto, la home pagedel sito internet della Civiltà Cattolica

Quando due santi si incontrano, spesso siinstaura tra di loro un rapporto profon-

do, basato sul fatto che entrambi vivono larealtà sotto la particolare luce della volontà diDio e vibrano all’unisono di fronte al suo mo-do, per noi strano, di pensare e di agire.

Ma è anche interessante notare che taleorientamento forte verso Dio spesso fa nasceretra di loro un’amicizia umana fruttuosa per en-trambi. Essi, magari senza volerlo, si sostengo-no nel cammino della vita, aiutandosi l’un l’altroa scoprire quello che Dio vuole da loro.

Questo è stato senz’altro vero per il cardi-nal Andrea Carlo Ferrari e monsignor GuidoMaria Conforti, suo seminarista e in seguito,

come lui, vescovo della Chiesa italiana. Duecaratteri molto diversi ma, proprio per que-sto, capaci di una profonda complementaritàe di una vera unione spirituale per il bene delpopolo di Dio loro affidato.

In occasione della canonizzazione di monsi-gnor Conforti, possiamo umanamente affer-mare che senza l’influsso di Ferrari fin dallaprima giovinezza, probabilmente GuidoConforti non sarebbe stato uno dei vescovipiù significativi della Chiesa italiana dell’iniziodel XIX secolo e magari nemmeno sarebbe di-ventato santo.

padre Rino Benzonisuperiore generale dei Saveriani

Il conforto di un’amicizia

cristiana

La corrispondenza Ferrari - Conforti

Da sinistra, monsignor Guido Maria Conforti

e il cardinal Andrea Carlo Ferrari

San Guido Maria Conforti e il beato Andrea Ferrari

Ènota l’amicizia tra il cardinal Andrea Carlo Ferrari, arci-vescovo di Milano, e monsignor Guido Maria Confor-

ti, arcivescovo di Ravenna e poi vescovo di Parma.Andrea Carlo Ferrari nacque a Lalatta (Parma) il 13 ago-

sto 1850; ordinato sacerdote nel 1873, fu rettore del semi-nario vescovile di Parma dal 1877 al 1890, anno in cui fu no-minato vescovo di Guastalla. Nel 1891 divenne vescovo diComo e nel 1894 arcivescovo di Milano e cardinale. Morì il 2febbraio 1921, dopo ventisette anni di governo dell’arci-diocesi di Milano. È stato beatificato da Giovanni Paolo IInel 1987.

Guido Maria Conforti nacque a Casalora di Ravadese(Parma), il 30 marzo 1865; divenne sacerdote nel 1888.Arcivescovo di Ravenna nel 1902, divenne vescovo diParma nel 1907. Morì il 5 novembre 1931. Proclamato

beato il 17 marzo 1996, sarà canonizzato il 23 ottobredi quest’anno.

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Mercoledì ultimo scorso, venivo chiamato a Roma a mezzo di pressagiungevo e mi presentavo, circa alle ore 10, al Prelato il quale con grandsere ricevuto in udienza dal santo Padre che desiderava parlarmi. AllSommo Pontefice assieme a mons. Maffi, attuale amministratore di Rpendomi dar ragione di quanto succedeva, ma quando poi Sua Santità mons. Maffi, mi sentii come venir meno e proruppi in lacrime. Pregai i

dottrinabisogni presenti del Seminario delle Missioni da me di recente fondato, m

Nomina a Ravenna

Conforti aveva fondato a Parma nel 1895 l’Istituto emiliano per lemissioni estere, che sarebbe diventato congregazione religiosa tre annidopo. Il vescovo di Parma lo aveva nominato vicario generale delladiocesi di Parma fin dal 1895. Il 16 maggio 1902 si recò a Roma,chiamato dal papa Leone XIII che gli comunicò di averlo nominatoarcivescovo di Ravenna. Nella lettera al cardinal Ferrari, Confortiracconta l’evento ed esprime il suo sgomento per tale nomina. Accettain obbedienza al Papa, nella convinzione di fare la volontà di Dio.Non manca un’espressione di velato rimprovero a chi ha contribuitoalla sua nomina. L’allusione al cardinal Ferrari è evidente.

Nella lettera di risposta del cardinale appare la grande stima cheegli aveva del Conforti.

Monsignor Conforti al cardinal Ferrari

Parma, 22 maggio 1902

Eminenza,è con l’animo agitato da mille affetti e sentimenti e non senza confusione che questa volta

m’induco a scrivere a V. E. a cui nulla ho mai potuto celare di ciò che in qualche modo mi ri-guardasse.

Mercoledì ultimo scorso, venivo chiamato a Roma a mezzo di pressante lettera, e tosto messo-mi in viaggio a quella volta, il giorno appresso vi giungevo e mi presentavo, circa alle ore 10, al pre-lato il quale con grande mia sorpresa mi invitava in Vaticano per le 18 del giorno stesso per esserericevuto in udienza dal Santo Padre che desiderava parlarmi.

All’ora convenuta mi trovai colà e tosto venni messo all’augusta presenza del Sommo Ponteficeassieme a monsignor Maffi, attuale amministratore di Ravenna, chiamato esso pure d’urgenza. Ilcuore forte mi batteva non sapendomi dar ragione di quanto succedeva, ma quando poi Sua San-tità mi disse che mi destinava arcivescovo di Ravenna, dandomi ad ausiliare monsignor Maffi, misentii come venir meno e proruppi in lacrime. Pregai il Santo Padre a risparmiarmi un tanto peso,adducendo la poca mia virtù e dottrina, la mia inesperienza, la malferma salute, la debolezza delmio carattere, i bisogni presenti del Seminario delle Missioni da me di recente fondato, ma nessu-na di queste ragioni ebbe per buona. Lo pregai a scambiare le parti mettendo al mio posto monsi-gnor Maffi, a petto del quale sotto ogni aspetto puer sum et nescio loqui, ma invano. Lo scongiurai in-fine se era volontà Sua che io fossi vescovo a darmi almeno una diocesi meno illustre ed impor-

Della corrispondenza Ferrari-Conforti riportiamo solo cinque lettere che si riferiscono

a due momenti drammatici della vita del Conforti: la sua nomina ad arcivescovo

di Ravenna e le sue dimissioni da quella sede per motivi di salute

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Guido Maria Conforti, arcivescovo di Ravenna

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Mercoledì ultimo scorso, venivo chiamato a Roma a mezzo di pressagiungevo e mi presentavo, circa alle ore 10, al Prelato il quale con grandre ricevuto in udienza dal santo Padre che desiderava parlarmi. All’oSommo Pontefice assieme a mons. Maffi, attuale amministratore di Rpendomi dar ragione di quanto succedeva, ma quando poi Sua Santità mons. Maffi, mi sentii come venir meno e proruppi in lacrime. Pregai idottrina, la mia inesperienza, la malferma salute, la debolezza del mio carrecente fondato, ma nessuna di queste ragioni ebbe per buona. Lo pregai

tante di Ravenna ed a quest’ultima replica, con accento piuttosto vibrato, mi rispose con questeprecise parole che mai potrò dimenticare: «Non insistete oltre e molto meno fate insistere da altriperché allora mi costringereste ad un imperioso comando. Al Vicario di Cristo bisogna obbedireprontamente. Vi ho invitato a venire in persona a Roma appunto per rompere ogni indugio e per-ché intendeste dalla bocca stessa del Papa quello che Egli vuole da voi. Disponetevi dunque a farela volontà di Dio che vi sarà largo della sua grazia».

Sono uscito dal Vaticano coll’animo profondamente agitato ed una forte febbre mi travagliò pertutta quella notte. Oh, quanto mi sento impari all’altezza della missione che si vuole affidare allamia debolezza! Solo il riflesso di compiere la divina volontà, di cui non posso dubitare perché ma-nifestatami dal Vicario di Cristo, mi apporta qualche conforto.

Solo la speranza di trovare nel nuovo ufficio, a cui sono dall’obbedienza chiamato, animebuone che vorranno aiutarmi e sapranno compatirmi m’infonde un po’ di coraggio. Voglia il Cie-lo che quanti hanno con retto fine contribuito alla mia nomina non abbiano poi per colpa mia apentirsene. Ai primi del venturo mese, se me lo consente, verrò costì ad importunarLa, avendoestremo bisogno di effondere l’animo mio con V. E. che sempre mi è stato largo di benevolenza edi compatimento.

Il cardinal Ferrari a monsignor Conforti

Milano, 22 maggio1902

Monsignore reverendissimo,cessato ormai l’obbligo del segreto, ben altro da quello affidatomi da suor Ghezzi, Le mando

questo foglio; ma il mio scrivere potrebbe quasi quasi arieggiare a quello di san Bernardo (sebbeneio sia tutt’altro che santo) quando la prima volta scriveva a Eugenio III, allora allora eletto Papa. Inquell’antico Padre potrei in qualche modo trovarmici anch’io; e se le cose vanno di questo passo, ilpadre diventerà figlio e il figlio padre.

Ma lasciamo tutto questo; e siccome non ho tempo, come non ne avrà Lei in questi giorni, senzatante cerimonie, Le fo congratulazioni, e se non le vuole, allora le fo con Ravenna, e a Lei augureròtutte quelle grazie che Le saranno indispensabili per fare davvero da buon Cireneo. Facilmenteperò Ella potrà immaginarsi quanto volentieri La vedrei; ma un po’ non avrà tempo, e più che unpo’ son io che non sum dignus. E con distinto ed affettuoso ossequio

sono l’aff.mo Suo nel Signore+ Andrea C. Card. Arciv.

La rinuncia a Ravenna

L’arcivescovo Conforti si trovò a reggere una diocesi in cui la propaganda anticlericale aveva allonta-nato il popolo dalla fede: le chiese erano deserte, non si battezzavano più i bambini e nemmeno i mortivenivano portati in chiesa. Inoltre, trovò un clero diviso in schieramenti opposti. Le difficoltà e il climainfluirono sulla sua già precaria salute. Nel 1904 l’arcivescovo ebbe ripetuti sbocchi di sangue, tantoda fargli pensare a tubercolosi a rapido decorso. Perciò decise di presentare le sue dimissioni al Papa.Racconta al cardinale le ragioni di questo grave passo e lo prega di interporre le sue raccomandazioniper ottenere il consenso dal santo padre Pio X.

La corrispondenza Ferrari - Conforti

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ante lettera, e tosto messomi in viaggio a quella volta, il giorno appresso vide mia sorpresa mi invitava in Vaticano per le 18 del giorno stesso per esse-’ora convenuta mi trovai colà e tosto venni messo all’augusta presenza del

Ravenna, chiamato esso pure d’urgenza. Il cuore forte mi batteva non sa-mi disse che mi destinava arcivescovo di Ravenna, dandomi ad ausiliare

il S. Padre a risparmiarmi un tanto peso, adducendo la poca mia virtù erattere, i bisogni presenti del Seminario delle Missioni da me dii a scambiare le parti mettendo al mio posto mons. Maffi, a petto del quale

L’arcivescovo Conforti al cardinal Ferrari

In omnibus Christus!

Parma, 11 settembre 1904

Eminentissimo Principe,mi permetta di aprire l’animo mio a V. E. con quella con-

fidenza che mi ispira la Sua bontà e d’implorare il Suo ap-poggio in cosa di grave momento, che potrà forse recare di-spiacere, ma che dovrà riconoscere per me indispensabile.

Dacché mi sono recato a Ravenna, la mia povera salute èandata quasi di continuo deperendo ed ora mi trovo incondizioni tutt’altro che confortanti. Lo scorso anno al so-praggiungere della stagione estiva, che a Ravenna corre as-sai calda ed afosa, fui preso da tosse continua, da insonniae da frequenti febbri che durarono per più di tre mesi, alpunto di ingenerare nei medici il timore fondato di tuber-colosi incipiente. Mi recai nell’agosto per alcun tempo aParma e l’aria nativa e le cure assidue determinarono in meun notevole miglioramento, per cui feci ritorno alla miasede e mi rimisi al lavoro con discreta alacrità. Non tardai però ad accorgermi d’un notevole peg-gioramento ed infatti non è passato mese in cui non abbia dovuto restare a letto per alcuni giorni.Il ritorno poi della stagione estiva mi ha prodotto i soliti incomodi di tosse e di febbre che ho pro-curato di sopportare con certa noncuranza, soddisfacendo alla meglio ai miei impegni, il che hacontribuito a peggiorare la mia salute, come potevano farne fede i non infrequenti sputi di sangue,che sempre occultai a quelli di casa per non contristarli.

Alla fine dello scorso luglio mi recai a Parma, ove ancor mi trovo, ma in condizioni assai deplo-revoli. Ai primi dell’agosto ebbi due sbocchi di sangue, a pochi giorni di distanza, e se al presente,in conseguenza delle cure diligenti a cui mi sono assoggettato, mi sento di molto migliorato, nonposso però dire d’essere totalmente guarito, emettendo di tanto in tanto sputi sanguigni. Non dis-simulo a V. E. che questo insieme di cose mi addolora assai, ben poco potendo ripromettermi perl’avvenire in fatto di salute, massime quando penso che anche per il passato ebbi sempre, fin daglianni più teneri, una grande tendenza alle malattie di petto.

Ma ancor più mi addolora il riflesso di non potere svolgere a Ravenna tutta quella operosità edenergia che la gravità delle locali condizioni morali richiederebbero. Quella illustre archidiocesi èora caduta in basso pel fatto che da cinquant’anni a questa parte è sempre stata governata da arcive-scovi, commendevoli bensì per pietà e dottrina, ma venuti in sede già vecchi ed infermi, per cuiben poco hanno potuto fare a bene della medesima.

Il pensiero quindi che anche per cagione mia s’abbia a prolungare questo doloroso stato di co-se mi affligge profondamente e non mi lascia un istante di pace. Per questo, e non già per le croci ele pene inseparabili dal ministero episcopale, son venuto nella incresciosa determinazione dirassegnare nelle auguste mani del Santo Padre le mie dimissioni, il che ho fatto poche settimaneor sono. N’ebbi risposta che Sua Santità non sapeva indursi ad accettare la mia rinunzia e mi pro-poneva la scelta d’un ausiliare o di un coadiutore di mia fiducia. Risposi ringraziando dell’atten-zione, ma insistendo nello stesso tempo per la rinunzia, facendo sommessamente osservare

Guido Maria Conforti

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Mercoledì ultimo scorso, venivo chiamato a Roma a mezzo di pressagiungevo e mi presentavo, circa alle ore 10, al Prelato il quale con grandre ricevuto in udienza dal santo Padre che desiderava parlarmi. All’oSommo Pontefice assieme a mons. Maffi, attuale amministratore di Rpendomi dar ragione di quanto succedeva, ma quando poi Sua Santità mons. Maffi, mi sentii come venir meno e proruppi in lacrime. Pregai ildottrina, la mia inesperienza, la malferma salute, la debolezza del mio cafondato, ma nessuna di queste ragioni ebbe per buona. Lo pregai a scambi

che una tale scelta avrebbe creatouno stato di cose anormale, cheavrebbe potuto durare a lungo,stante la mia non avanzata età, a ta-cere che la Mensa, ad onta che siacreduta assai ricca, non offriva mar-gine sufficiente per un convenientecompenso al coadiutore stesso.Non ho peranco ricevuto risposta aquesta mia replica, epperciò pregoquanto so e posso V.E. a voler al-l’uopo interporre i Suoi buoni uffici presso il Santo Padre.

Non è vano timore che mi induce al grave passo, ma il desiderio della maggior gloria di Dio edel maggior bene delle anime, che certamente si avrebbe dalla mia rinunzia. Ravenna ha bisognod’un vescovo capace della massima energia ed attività, ed io mi sento fisicamente impari al gravecompito. Dal canto mio non domando che di potermi ritirare nella solitudine del mio Istituto perle Missioni, ove impiegherò il resto dei miei giorni, che non possono essere molti, nell’educaretanti cari giovani anelanti alle pacifiche conquiste della fede ed al martirio. È questa l’unica miaaspirazione in questa terra.

Se il Santo Padre vorrà assegnarmi qualche provvigione pecuniaria io l’accetterò con animo gra-to a beneficio dell’umile Opera, a cui ho consacrato tutte le mie sostanze. Mi perdoni anche questavolta se troppo abuso della Sua bontà, che so essere grande assai, e mi benedica.

Risposta del cardinal Ferrari

J.M.J.Eccellenza illustrissima e reverendissima,il Santo Padre, sebbene a malincuore, ha dovuto riconoscere il grave peso delle ragioni addotte

da V. E. nella ripetuta Sua istanza, e già sta pensando ad un provvedimento per quella archidiocesi.Ho soggiunto un cenno riguardo alla provvigione, ed Egli ha risposto che, come è troppo giusto,saprà tenerne conto. Con gran pena ho adempiuto l’ufficio che Ella mi aveva commesso, ma conLei ho levato gli occhi al Cielo ed ho detto: “Fiat voluntas Dei”. Voglio però sperare che la Provvi-denza La riservi a far del bene ancora e tanto; e una volta ricuperata florida salute, specie per mezzodi un assoluto riposo, si può bene augurare che V. E. non solo al Suo Seminario, ma alla cara dioce-si parmense prodigherà le Sue forze ed il santo Suo zelo.

Sono spiacente di dover passare da Genova, partendo oggi alle 2.40, perché avrei voluto far-Le una visita a Parma. Ma un po’ più innanzi non potrò vederla a Milano? Ne sarei felicissimo elo spero.

Il Santo Padre La benedice con tutto l’affetto, ed io rinnovandoLe l’ossequio di venerazioneprofonda, Le bacio umilmente le mani.

Di V. E. Rev.maRoma, 16 settembre 1904

umil.mo dev.mo aff.mo+ Andrea C. Cardinal Ferrari

Arciv. di Milano

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Guido Maria Conforti, vescovo di Parma

ante lettera, e tosto messomi in viaggio a quella volta, il giorno appresso vide mia sorpresa mi invitava in Vaticano per le 18 del giorno stesso per esse-’ora convenuta mi trovai colà e tosto venni messo all’augusta presenza del

Ravenna, chiamato esso pure d’urgenza. Il cuore forte mi batteva non sa-mi disse che mi destinava arcivescovo di Ravenna, dandomi ad ausiliare

il S. Padre a risparmiarmi un tanto peso, adducendo la poca mia virtù earattere, i bisogni presenti del Seminario delle Missioni da me di recentebiare le parti mettendo al mio posto mons. Maffi, a petto del quale sotto ogni

L’arcivescovo ringrazia e afferma nuovamente le ragioni della rinuncia: «Al benecomune deve cedere il privato; ed io di buon grado ho ottemperato a questo per medoveroso sentimento».

In omnibus Christus!

Parma, 18 settembre 1904

Eminentissimo Principe,appena ricevuta la venerata Sua, mi sono recato in cappella per ringraziare il Signore dell’otte-

nuta grazia, ed ora soddisfo al dovere di esprimere a V. E. i sentimenti della viva mia gratitudine peibuoni ed efficaci offici interposti presso il Santo Padre onde venissi esaudito.

Mi sembra d’essere rinato a novella vita, ora che sono stato liberato da quell’immane croce che,due anni or sono, mi veniva imposta e che io accettavo in ossequio al Vicario di Cristo. Avvezzo ariconoscere nelle umane vicende la volontà di Dio, che tutto dispone pel nostro meglio, non sentoalcun rimorso pel passo increscioso da me fatto, di fronte alle difficoltà non lievi che mi toglievanodi poter fare tutto quel bene che avrei voluto. Mi pare anzi d’aver compiuto un sacro dovere coll’a-doperarmi perché sia mandato a Ravenna un arcivescovo che possa e sappia far quello che io, per lamalferma mia salute, non avrei potuto che desiderare.

Al bene comune deve cedere il privato; ed io di buon grado ho ottemperato a questo per me do-veroso sentimento. D’ora innanzi i miei pensieri e le mie cure saranno rivolte ad educare per l’apo-stolato cattolico tanti cari giovani; occupazione questa punto disdicevole all’eccelso carattere epi-scopale, di cui contro ogni mio merito sono stato insignito. V. E. sempre buona, sempre paternacon me, mi aiuti colle Sue preghiere, affinché possa raggiungere questo scopo nobilissimo e saluta-re e per simil guisa almeno non mi renda affatto inutile alla Chiesa di Dio nel tempo, forse nonlungo, che ancor mi resta di vita.

Ringrazio V. E. anche della bella lettera pastorale che mi ha mandato in dono e del cortese invitoche mi fa di recarmi a Milano. Troppo vivo è il desiderio che sento di rivedere ed ossequiare V. E.perché non ne abbia ad approfittare in tempo non lontano.

Le bacio con profondo ossequio la Sacra Porpora e con esuberante riconoscenza e gratitudinemi rassegno a Voi, eminentissimo Principe.

Devotissimo obbligatissimo affezionatissimo Figlio in Cristo+ Guido M. Arcivescovo

Così si concluse la vicenda di Ravenna e monsignor Conforti tornò a Parma nelsuo Istituto. Essendosi sufficientemente ripreso in salute, nel 1907 dal papa Pio Xfu nominato coadiutore del vescovo di Parma con diritto di successione. Gli succe-dette infatti a fine dicembre di quell’anno e governò la diocesi per 24 anni, fino allamorte. L’amicizia con il cardinal Ferrari e gli scambi di lettere durarono fino allamorte del cardinale nel 1921.

A cura di padre Augusto Luca, sx

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di Lorenzo Cappelletti

Più volte negli ultimi giorni papa Benedetto ha citato passaggi dell’EcclesiamSuam di Paolo VI. Domenica 25 settembre al Konzerthaus di Freiburg im Brei-

sgau, nell’incontro, non a caso, con cattolici impegnati nella Chiesa e nella società:«Se la Chiesa, come dice papa Paolo VI, “cerca di modellare sé stessa secondo il ti-po che Cristo le propone, avviene che la Chiesa si distingue profondamente dal-l’ambiente umano in cui essa pur vive” (Ecclesiam Suam 60)». La domenica imme-diatamente successiva, all’Angelus, rievocando la parabola dei vignaioli omicidi,ecco che il Papa esplicitava l’essenza di un tale tipo di Chiesa: «Solamente in Lui,per Lui e con Lui si edifica la Chiesa, popolo della nuova Alleanza. Ha scritto in pro-posito il servo di Dio Paolo VI: “Il primo frutto dell’approfondita coscienza dellaChiesa su sé stessa è la rinnovata scoperta del suo vitale rapporto con Cristo. No-tissima cosa, ma fondamentale, ma indispensabile, ma non mai abbastanza cono-sciuta, meditata, celebrata” (Ecclesiam Suam 37)».

Tale tipo di Chiesa tradotto (e compreso, bisognerebbe aggiungere, perchénormalmente si fraintende, non capendo che le due città convivono su questa ter-ra) secondo le categorie agostiniane delle due città è quello della città di Abele dellibro XV del De civitate Dei. «Nella Scrittura si legge che Caino costruì una città,mentre Abele in quanto pellegrino non la costruì». Dove il punto non sta tanto nelcostruire o meno, ma nel sapere chi costruisce e come. Agostino prosegue infattidicendo che ci troviamo di fronte a due forme di città su questa terra: «Una che (se-condo una traduzione pregnante di Del Noce in un vecchio articolo del 1986 sulCorriere, in occasione del centenario della conversione di Agostino) attesta la pro-pria presenza, l’altra che per mezzo della sua presenza serve da segno per la cittàceleste». Una che ha il problema di attestarsi (suam praesentiam demonstrantem),l’altra che semplicemente c’è per un Altro (sua praesentia servientem).

Tale tipo esprime la mens del Vaticano II sulla Chiesa, come ricordava padreCottier in una riflessione sulla Lumen gentium comparsa nello scorso numero di30Giorni: «L’ultimo Concilio riconosce che il punto sorgivo della Chiesa non è la

Caino costruisce la città, Abele offre ciò che Dio gli dona

30GIORNI N.9 - 2011

PRIMOMILLENNIO

Chiesa stessa, ma la presenza viva diCristo che edifica personalmente laChiesa. La luce che è Cristo si riflettecome in uno specchio nella Chiesa. Lacoscienza di questo dato elementare(la Chiesa è il riflesso nel mondo dellapresenza e dell’agire di Cristo) illumi-na tutto ciò che l’ultimo Concilio hadetto sulla Chiesa».

Ma più generalmente tale tipo diChiesa esprime la tradizione apostoli-ca, che è rimasta luminosa e pacificasoprattutto nel primo millennio dellaChiesa indivisa (come nei più svariatiautori sempre più di frequente si puòleggere, da Messori a Morini, da Ma-gister a Melloni). Ma che riemerge an-che, se si fa attenzione, proprio neimomenti più critici del secondo. Ba-sterebbe riandare al Decreto sulla giu-stificazione del Concilio di Trento, chenon a caso ha costituito ai nostri giornila base più solida e fruttuosa nel dialo-go coi luterani, proprio perché non èinnanzitutto antiprotestante ma anti-pelagiano. O riandare al Vaticano I,quando si “autolimita”, potremmopur dire, affermando che «la dottrinadella fede che Dio ha rivelato non è

stata proposta all’intelligenza umana come un sistema filosofico da perfezionare,ma è stata affidata alla Sposa di Cristo perché la custodisca fedelmente e infallibil-mente la proclami» (Dei Filius).

L’articolo che segue mostra quale significato concreto ha rivestito tale pro-spettiva negli interventi di papa Celestino I (422-432) negli stessi anni e secondola stessa mens con cui Agostino veniva componendo il De civitate Dei. Ma puòcostituire anche oggi un’immagine semplice e bella di Chiesa che non si fa da sécome, ripetendo le parole dell’Ecclesiam Suam, ha riproposto in questi tempipapa Benedetto XVI. q

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Novavetera

et

Cristo in trono che presiede il Concilio di Nicea

82 30GIORNI N.9 - 2011

PRIMOMILLENNIO

La Tradizione secondo le lettere di papa Celestino I (422-432)

Il tesoro da custodire è più importante del compito del custode

D ieci settembre 422, il nuo-vo vescovo di Roma è Ce-lestino I. Alla sede di Pietro

sale un uomo la cui biografia ci èpraticamente sconosciuta, mache, dai pochi scritti che ci restano,sappiamo essersi richiamato allafede del pescatore di Galilea comeunico motivo del suo essere e agirein quella sede. Il suo epistolario,giunto frammentario per le nume-rose distruzioni subite dall’archiviodella Chiesa di Roma, è fresco distampa, per la prima volta in bellatraduzione italiana completa adopera di Franco Guidi, per i tipi diCittà Nuova. È costituito in granparte dai suoi interventi nella crisinestoriana, prima, durante e dopoil Concilio di Efeso del 431. Attra-verso essi non intendiamo, qualicacciatori di eresie, indagare l’er-rore di Nestorio condannato ap-punto in quel Concilio, ma metterepositivamente in luce i criteri chehanno guidato Celestino.

La fede trasmessaci dagli apostoli con pienezza e con chiarezza deve essere salvaguardata da aggiunte e da detrazioniCiò che colpisce a tutta prima nel-l’affronto della questione da partedi Celestino è che non si preoccu-pa minimamente di discutere lateologia di Nestorio e le ragioniper le quali costui pensa di doverpreferire per Maria il termine Ch-ristotòkos (madre di Cristo) aquello di Theotòkos (madre diDio). È un terreno minato. Ma so-prattutto non compete al carismadi Roma, la cui originalità, si po-trebbe dire, è quella di mancare dioriginalità teologica, di non pro-porre soluzioni proprie. Celestinosta alla formula del Credo aposto-lico che afferma con semplicitàche il Figlio unigenito di Dio si èfatto carne da Maria. ¬

8330GIORNI N.9 - 2011

In queste pagine, immagini dei mosaici della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Qui sotto, particolare dell’arco trionfale: il Trono divino affiancato dai santi Pietro e Paolo con l’iscrizione Xystus episcopus plebi Dei

di Lorenzo Cappelletti

veteraNovaetNovaetArchiv io d i 30Giorn i - Settembre 1996

Al contempo Celestino fa tesorodell’esperienza passata. All’iniziodella lettera che invia a Nestorionell’agosto del 430 ripercorre le re-centi vicende della sede costantino-politana: «Dopo la sua morte [lamorte di Attico, vescovo di Costan-tinopoli dal 406 al 425] fu grandis-sima la nostra preoccupazione,perché ci chiedevamo se il suo suc-cessore gli sarebbe succeduto an-che nella fede, dal momento che èdifficile che il bene duri a lungo. In-fatti spesso gli succede e prende ilsuo posto il male. Tuttavia dopo co-stui abbiamo avuto il santo Sisinnio,che ci avrebbe abbandonati presto[già nel 427], un collega lodato per

la sua semplicità e santità che predi-cava la fede che aveva trovato. Evi-dentemente, egli con la sua sempli-ce santità e la sua santa semplicitàaveva letto che bisogna piuttostoavere timore che scienza profonda;e altrove, che non bisogna scrutaretroppo profondamente, e di nuovo:“Chi predicherà diversamente dacome noi abbiamo predicato, siaanatema”» (pp. 109-110). Lapreoccupazione di Celestino è che«l’eccessivo discorrere» (p. 111) di

Nestorio, che «ha preferito mettersial servizio delle proprie idee piutto-sto che di Cristo» (p. 107) e che vuo-le «ragionare del Dio Verbo diversa-mente da come ritiene la fede co-mune» (p. 111), arricchisca o privi,fa lo stesso, il depositum fidei:«Non si deve turbare la purezza del-la fede tradizionale con parole bla-sfeme su Dio. Chi mai non è statogiudicato degno di anatema, se ab-bia aggiunto o tolto qualcosa alla fe-de? Infatti la fede trasmessaci dagliapostoli con pienezza e con chia-rezza deve essere salvaguardata daaggiunte e da detrazioni. Leggiamonei nostri libri che non si deve ag-giungere né detrarre alcunché. In-fatti chi aggiunge e chi sottrae vienecolpito da una grande pena [...].Noi ci lamentiamo che siano statetolte dal Credo tramandato dagliapostoli le parole che promettono anoi la speranza di tutta la nostra vitae della salvezza» (p. 113). E ancorapiù personalmente, mettendo daparte il pluralis maiestatis: «Agiturut mihi totius spei meae causa tolla-tur», cioè: «Si tratta di essere privatodella ragione di ogni mia speranza»(p. 116). Passaggio veramente de-cisivo: non ci può essere altra fedeche la fides communis, la fede de-gli apostoli, perché, paradossal-mente, solo la fede comune è ingrado di nutrire la personale e ra-gionevole speranza di un uomo.Non c’è nulla di meccanico nella cu-stodia del deposito, è un agire libe-ro, è un amore: «La custodia delladottrina tramandata non è menoimportante del compito di chi tra-manda [la sottolineatura inversa cuioggi assistiamo non indica forseuna mancanza di amore?]. Gli apo-stoli hanno gettato i semi della fede,la nostra sollecitudine li custodisca,affinché il nostro padrone al suo ar-rivo trovi frutti abbondanti; a lui sol-tanto va senza dubbio attribuita laproduttività [oggi qualche dubbiodeve essere sorto, se ci si agita tan-to]. E infatti come dice il vaso d’ele-zione [san Paolo], non basta pianta-re e irrigare, se Dio non fa crescere.Dunque dobbiamo darci da fare in-sieme per conservare gli insegna-menti che ci sono stati affidati e cheattraverso la successione apostolicaabbiamo fatto nostri fino ad ora» (p.144). Così scriveva al Concilio ra-

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L’apparizione del Signore ad Abramo, formella della navata centrale

PRIMOMILLENNIO

dunato ad Efeso l’8 maggio del431. Qualche anno prima, avendodi mira le originalità disciplinari eteologiche della provincia di Arles,Celestino mostrava che tanto la fe-de degli apostoli nutre la speranzapersonale, quanto la ricerca dellenovità sfocia in superstizioni illuso-rie: «Sappiamo che alcuni sacerdotidel Signore [cioè vescovi] si sonomessi al servizio della superstizionepiuttosto che della purezza dellamente ovvero della fede [...]. Se co-minciamo a ricercare la novità, cal-pesteremo le norme trasmessecidai padri, e faremo spazio a super-stizioni senza valore. Dunque nondobbiamo spingere le menti dei fe-deli verso tali esteriorità. Infatti van-no educati e non illusi». Ai vescovidelle province di Vienne e Narbon-ne, 26 luglio 428 (pp. 61-62).

La custodia della dottrina tramandata non è meno importante del compito di chi tramandaA dire il vero un altro motivo dipreoccupazione presso Celestinoaccomunava fin da allora Nestorioai vescovi della Provenza: l’aver pre-varicato le norme tradizionali in me-rito alle elezioni episcopali. Il vesco-vo, per Celestino, deve essere scel-to di mezzo al clero della propriaChiesa, dovendo trattarsi di un can-didato che abbia già dato buonaprova di sé nei vari gradi degli ordiniminori e maggiori. Lo spiega nellalettera appena citata: «A nessunosia imposto un vescovo indesidera-to. Sia richiesto il consenso e si ten-ga conto del desiderio del clero, delpopolo e degli appartenenti agli or-dini. Si elegga un altro, appartenen-te a un’altra Chiesa, allorquandonon si sia potuto trovare alcuno de-gno tra i chierici della città per laquale si deve ordinare un vescovo,eventualità che non crediamo si ve-rifichi. Infatti in tal caso bisogna pri-ma riprovare quei chierici, accioc-ché siano preferiti giustamente al-cuni appartenenti ad altre Chiese.Ciascuno raggiunga il frutto del pro-prio servizio nella Chiesa nella qualeha trascorso il tempo della propriavita svolgendo tutte le funzioni. Nes-suno assolutamente metta le manisu servizi, e nessuno osi pretendere

per sé la ricompensa dovuta ad altri.I chierici abbiano la facoltà di fareopposizione, se ritengono di sop-portare un peso troppo grave, enon temano di rifiutare quelli chevedono che sono introdotti per vietraverse; devono esprimere libera-mente il loro parere su colui che lidovrà governare, se non è la perso-na che meritano» (pp. 67-68). Qual-che anno dopo, lodando il nuovovescovo di Costantinopoli, Celesti-no contesterà a Nestorio (che ormaiera stato allontanato da Costantino-poli) anche la sua condizione di teo-logo famoso venuto da altrove:«[Massimiano] non è sconosciuto,non è stato portato da un’altra loca-lità. Avete avuto un giudizio elogiati-vo su una persona che è tra di voi,voi che nel recente passato siete sta-

ti ingannati, per sua disgrazia, dallafama di un personaggio assente». Alclero e al popolo di Costantinopoli,15 marzo 432 (p. 180).

Vince in voi Lui, la cui divinità si riteneva che potesse essere messa in discussioneÈ a vittoria ottenuta, peraltro, che sipuò apprezzare come la fede chepur vince – e si vede: «Il nostro Dionon sopporta che resti celato quel-lo che elargisce, perché mai i bene-fici celesti restano nascosti» (p.183) – non ha niente a che fare conun progetto di annientamento del-l’errante. Celestino resta fedele aquanto aveva fatto scrivere nel nu-mero 8 dell’Indiculus: «Che cer- ¬

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Il passaggio del Mar Rosso, formella della navata centrale

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veteraNovaetNovaetArchiv io d i 30Giorn i - Settembre 1996

te cose siano chieste a Dio non inmodo superficiale o inutilmente lodimostra il risultato concreto, dalmomento che Dio si degna di recu-perare molti da ogni genere di erro-re, e, dopo averli strappati dal pote-re delle tenebre, li trasferisce nel re-gno del Figlio del suo amore, e davasi d’ira li trasforma in vasi di mise-ricordia. E tutto questo è inteso co-me opera divina, tanto che a Dioche fa queste cose è sempre rivoltoil rendimento di grazie e l’espres-sione di lode per aver illuminato ecorretto costoro» (p. 82). Così,quando si tratta delle condanne deiseguaci di Nestorio, papa Celestinochiede che i padri conciliari di Efesolo ascoltino: «Di coloro poi che ri-sulta che abbiano condiviso con pa-ri empietà la dottrina di Nestorio esi unirono come compagni dei suoicrimini, quantunque nella vostrasentenza si legga anche la loro con-danna, tuttavia anche noi decretia-mo ciò che sembra opportuno» (p.188). E consiglia che si usi la stessamagnanimità che è stata usata confrutto verso i pelagiani: «In tali que-stioni bisogna tener conto di tanti

elementi di cui la Sede apostolicaha sempre tenuto conto [non ulti-mo indizio della cattolicità è la ca-pacità di tener presente la totalitàdei fattori]. Quello che diciamo èdocumentato dai fatti di cui sonoprotagonisti i celestiani [i pelagia-ni], i quali hanno fin qui sperato nelConcilio. Essi, se si ravvedono,hanno la possibilità di tornare, cosanon permessa solo a quelli che con-sta, per la sottoscrizione di tutti ifratelli, essere stati precisamentecondannati insieme agli autori del-l’eresia. Infatti grazie alla misericor-dia di Dio siamo contenti che alcunidi loro siano già tornati da noi [...].Consiglio la vostra fraternità a se-guire questo esempio» (pp. 188-189). Celestino non infierisce con-tro i poveri “pelagiani anonimi”,contro cui si erano scagliati stru-mentalmente i seguaci di entrambele scuole contrapposte ad Efeso. Ilfatto è che la vittoria di Efeso non è

la vittoria di una teologia (quellaalessandrina) su un’altra (quella an-tiochena). In realtà «vince in voi lui,la cui divinità si riteneva che potes-se essere messa in discussione [...].Secondo le parole del Signore, nonpoteva essere sradicata una pianta-gione che era stata piantata dal Pa-dre e che in lui dimostrava di porta-re buoni frutti. Il Signore d’Israeleha conservato la propria vigna. Lavigna del Signore è la casa d’Israe-le, e perciò non bisogna meravi-gliarsi se la sua casa fu preservatadai ladri, il cui custode, come si leg-ge, non dorme, né sonnecchia [...].Perciò, fratelli carissimi, rimanetein colui che è in voi perché vinciate(permanete in eum qui est, ut vin-catis, in vobis)» (pp. 168; 177;181). Coloro che pretesero avervinto in nome di una teologia an-dranno presto alla deriva. MortoCirillo (444), il patriarca di Alessan-dria che a Efeso era stato il veroprotagonista della riaffermazionedella fede apostolica, prende il suoposto Dioscoro. Il nuovo patriarca,non appoggiandosi più alla fede diPietro (che quella sede, fondata da

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L’Annunciazione, mosaico dell’arco trionfale

PRIMOMILLENNIO

san Marco evangelista, condividevacon Roma), ma alla genialità dellascuola di Clemente, di Origene, diApollinare, darà vita nel 449 a quelconcilio passato alla storia come la-trocinium ephesinum, che delConcilio di Efeso fu il più infametradimento, non solo per la profes-sione di una fede chiaramente ere-tica ma anche per l’intolleranzaprevaricatrice che lì fu usata. LeoneMagno che allora regnava (dopoessere stato, secondo la tradizione,fedele diacono di Celestino) si saràripetute le parole del suo predeces-sore: «È difficile che il bene duri alungo. Infatti spesso gli succede eprende il suo posto il male».

Perciò, fratelli carissimi,rimanete in Colui che è in voi perché vinciateResta da trattare brevemente del -l’idea che Celestino aveva del ruo-lo dell’autorità politica nelle vicen-de della Chiesa. Lo faremo stavol-ta a partire dalla citazione non diCelestino, ma di un brano dell’In-troduzione di Franco Guidi: «Cele-stino riconosce anche che l’auto-rità imperiale deriva da Cristo, mail riconoscimento non è fatto peresaltarla, quanto piuttosto per insi-

nuare che essa deve essere subor-dinata a Cristo e quindi agli interes-si della Chiesa di Cristo. E nellastessa chiave va intesa l’esortazio-ne all’imperatore a preoccuparsipiù della causa della fede che dellesorti del l’impero, che dipendonodalle sorti della Chiesa. Come sivede, si tratta di una tesi contrap-posta alla politica cesaropapista diCostantino e di Costanzo II, anchese non siamo ancora all’afferma-zione del primato dell’auctoritassacrata pontificum, che tanta im-portanza avrà per la definizionedei rapporti tra Chiesa e potereimperiale nel Medioevo» (p. 33). Cipermettiamo dissentire e conside-rare anacronistica tale interpreta-zione. Sembra quasi che la conce-zione di Celestino preveda neces-sariamente lo sbocco egemonicogregoriano come contrapposizio-ne speculare al cesaropapismo bi-zantino. Celestino sembra preoc-cupato di imbrigliare un potere po-litico ribelle. In realtà, se si leggonoi testi, si trova una concezione mol-to più laica: Celestino non ricono-sce l’autorità politica né «per esal-tarla», né «per insinuare...», la rico-nosce e basta. Tutto ciò è moltopiù corrispondente all’inizio deltredicesimo capitolo della Lettera

ai Romani o alla prima Lettera diPietro o alla Città di Dio di Agosti-no che certo, per vicinanza idealee temporale, Celestino doveva co-noscere meglio... delle pretesegregoriane. Celestino a Cirillo diAlessandria, 7 maggio 431: «Nonè inutile, soprattutto nel caso diquestioni divine, l’attenzione del-l’autorità imperiale riguardo a Dio,che fedelmente dirige i cuori dei re-gnanti» (p. 141). Celestino al Con-cilio di Efeso, 15 marzo 432: «Néstupisce che il cuore del re, che ènelle mani di Dio, sia in sintoniacon coloro che sa essere suoi sa-cerdoti» (p. 185).

A testimonianza di quale fossestata da vivo «la ragione di ogni suasperanza» (p. 116), Celestino volleriposare da morto ad nymphassancti Petri, presso le catacombedi Priscilla, nel luogo che l’anticatradizione vuole fosse stato deputa-to da san Pietro al battesimo dei pri-mi cristiani a Roma. Chiunque l’ab-bia composto, il suo epitaffio rie-cheggia quella «fiducia che nascedalla semplicità» (p. 176) che avevaaccompagnato il Papa in vita: «Quiè il sepolcro del corpo: ossa e cene-ri riposano, né muore nulla; la car-ne tutta risorge nel Signore». q

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L’adorazione dei Magi, mosaico dell’arco trionfale

veteraNovaetNovaetArchiv io d i 30Giorn i - Settembre 1996

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di Giovanni Ricciardi

Racconti dalle missioni

«Ho sempre desiderato vedere con i miei occhi come fosse l’oratorio di Valdocco quando c’era don Bosco. Il mio desiderio è stato esaudito qui, ai piedi delle Ande».

Così il cardinale Martini visitando la missione del salesiano Ugo de Censi, iniziatore dell’Operazione Mato Grosso.

Ne raccontiamo la storia

Dalla Valtellina alle Ande

P adre Ugo de Censi oggi ha ottanta-sette anni, e sessanta di sacerdozionella congregazione salesiana. Dal

1976 vive a Chacas, un paesino sperdutodell’est del Perù, ai piedi della Cordiglieradelle Ande, che gli ricordano, nella loromaestosità, le montagne della sua Valtellina.Un luogo dove la vita è precaria, i mezzi disostentamento devono ogni giorno esserestrappati alla montagna, e la povertà è lacondizione di tutti.

«Con los pobres de la tierra quiero yomi suerte echar», canta una delle più famo-se melodie latinoamericane, Guantaname-ra: un verso che riassume, nella sua bellez-za, la bellezza dell’esperienza missionaria dipadre Ugo: «Con i poveri della terra vogliogettare la mia sorte». Gettare la sorte, scom-mettere, seminare un seme che a Chacasha dato un frutto eccezionalmente abbon-dante, tanto che il cardinale Martini, quan-do visitò la missione per inaugurare una ca-sa donata dalla diocesi di Milano, disse: «Hosempre desiderato vedere con i miei occhicome fosse l’oratorio di Valdocco quandoc’era don Bosco. Il mio desiderio è statoesaudito qui, ai piedi delle Ande».

Padre Ugo ritorna ogni tanto in Italia perincontrare i gruppi di volontari che da moltianni gli danno una mano raccogliendo ognimese cibarie, vestiti, e lavorando gratuita-mente per inviare denaro alla missione: un’e-sperienza aconfessionale, senza un’identitàgiuridica nella Chiesa, in cui sono accolti tuttiquelli che hanno voglia di dare una mano.Dagli anni Settanta, il suo nome non è cam-biato: si chiama Operazione Mato Grosso.Padre Ugo predica dei ritiri per chi desideraun momento più spiccatamente cattolico al-l’interno del movimento. Le formule sonosemplici, si prega secondo la tradizione dellaChiesa, si sta in ginocchio, anche per confes-sarsi. C’è tanta gente, che in silenzio prendeappunti che il padre detta, come un maestroelementare, aggiungendo poco a voce. Que-st’anno il tema è stato: “Bernadette eAquerò”. Scopo del ritiro: “Imparare a farbene il segno di croce”.

Il riferimento a Lourdes non è un caso, mauna tappa fondamentale nella vita di questosalesiano “vivace, allegro e contestatore”, co-

me lo definivano i suoi superiori. Ma anchecagionevole di salute. La spondilite tuberco-lare che gli fu diagnosticata in seminario loaveva tenuto fermo per tre anni in ospedale.E la fistola aperta che lo costrinse a una de-genza così lunga si chiuse solo davanti allagrotta di Massabielle. Così padre Ugo, final-mente ristabilito, poté essere ordinato pretenel 1951 dal cardinale Schuster, nel Duomodi Milano. «Ma i superiori», racconta, «mi con-sideravano comunque una testa calda. E così,per “farmi passare la voglia di scherzare” midiedero l’incarico di direttore spirituale di unriformatorio maschile ad Arese». Lì rimaseper ben vent’anni: «E lì ho imparato che le pa-role religiose non servono a niente. I ragazziche ascoltavano i miei sermoni si giravanodall’altra parte. E alla fine, di fronte alla miadelusione, qualcuno diceva: “Ma ti sei guar-dato? Ma non vedi che faccia hai? Cerca al-meno di volermi un po’ di bene”».

E così, sul finire degli anni Sessanta,commosso dai racconti dei confratelli mis-sionari che parlavano della povertà e delleimmense esigenze delle missioni, iniziò aviaggiare in Sud America e a organizzareaiuti per queste opere salesiane. Finché, nel1976, a 52 anni, prese la decisione di anda-re a vivere stabilmente in Perù, a Chacas. Adaccompagnarlo, alcuni ragazzi usciti dalriformatorio di Arese. «Avevo perso moltodell’esteriorità della religione. Ma a Cha-

8930GIORNI N.9 - 2011

Il santuario

di Pomallucay

in Perù (presso

il quale dal 1992

sorge il seminario

della diocesi

di Huari) progettato

e realizzato

dai volontari

dell’Operazione

Mato Grosso

Nella pagina

accanto,

padre Ugo de Censi

con padre

Daniele Badiali

a Yanama, in Perù,

nel 1992

Operazione Mato Grosso

¬

cas sono ritornato bambino. E ho riscopertole cose semplici della fede: la vita di Gesù e ladevozione, cantare bene in chiesa, tenere lemani giunte nella preghiera. Queste cose leho riprese con i ragazzi della missione».

«Io per ora faccio il prete», scriveva nei pri-mi mesi della sua permanenza sulle Ande:«Chacas ha una chiesa enorme, la domenicasi riempie di gente, tutti silenziosi. Io mi sentoa casa mia, li sento la mia gente. Mi piace farlicantare. Sento che mi vogliono bene, vorreiconoscerli uno ad uno». E ancora: «Io credoche qui farò proprio il prete all’antica: cate-chismo, canto, visitare gli ammalati, messe…con questa gente che ha bisogno di pane,strade, lavoro, igiene. Per trovare soluzione aquesti bisogni mi aiuteranno i ragazzi dell’O-perazione che verranno».

E questo avvenne, negli anni a seguire.Con l’aiuto dei volontari dell’OperazioneMato Grosso, padre Ugo ha realizzato un nu-mero impressionante di opere di carità:scuole professionali per intagliatori del le-gno, per infermiere e maestre di scuola, unospedale a Chacas, case per bambini orfanio abbandonati, riparazione e costruzione diponti e strade, addirittura la realizzazione diuna centrale idroelettrica che fornisce ener-gia al paese. Tutte queste opere portano i no-mi di don Bosco o di Maria Ausiliatrice, nellapiù genuina tradizione salesiana. E natural-mente, non poteva mancare l’oratorio per

migliaia di bambini e ragazzi, che loaffollano ogni domenica.

«Dovreste venire a Chacas», scri-ve di padre Ugo un suo confratello ecollaboratore salesiano, «per cono-scere la sua casa, perché possiatescoprire la ricchezza di un cuore li-bero come il suo, un cuore del qualeè facile innamorarsi. Scopriresteche la casa del padre Ugo è unapiazza senza mura, senza porte,

non perché non ci siano ma perché sono sta-te buttate giù dalla gente che alla porta si è ac-calcata per entrare in casa. Un po’ come diceil Salmo: “Della vigna del Signore sono stateabbattute le mura di cinta e ogni viandante nefa vendemmia”».

In questi anni, centinaia di volontari italia-ni hanno fatto l’esperienza di dedicare alcunimesi ad aiutare padre Ugo nella sua missio-ne. Qualcuno si è fermato per più di un an-no, qualcun altro ha deciso di rimanere persempre. Altri hanno sentito per l’esempiodel padre il desiderio di seguirlo sulla via delsacerdozio. Padre Ugo ha fondato così unseminario per aspiranti al sacerdozio chepoi vengono “donati” alle diverse diocesi delPerù, non avendo l’Operazione Mato Gros-so un inquadramento giuridico nella Chiesa.Tra loro, c’è stato un giovane prete italiano,padre Daniele Badiali, che ha concluso lasua esistenza terrena nel 1997, assassinatoda un gruppo di banditi che lo avevano rapi-to per chiedere un forte riscatto.

Padre Daniele aveva maturato la sua vo-cazione nell’Operazione Mato Grosso. Dueanni di volontariato a Chacas, dal 1984 al1986, lo portano a prendere la decisione de-finitiva. Rientra a Faenza, studia nel Semina-rio regionale di Bologna e, subito dopo la suaordinazione per la diocesi di Faenza – Modi-gliana, viene inviato come sacerdote fideidonum alla diocesi di Huari in Perù, per aiu-

90 30GIORNI N.9 - 2011

Sopra, la nuova

chiesa di San Luis,

in Perù, inaugurata

il 18 marzo 2007;

in alto, a destra,

al lavoro

per la decorazione

del coro della chiesa,

i ragazzi della scuola

professionale per

intagliatori del legno

fondata

da padre Ugo

Racconti dalle missioni

tare padre Ugo nella sua missione, prenden-do in carico, il 1° settembre 1991, la parroc-chia di San Luis, sulla Cordillera Blanca: unterritorio vasto, con più di sessanta paesinisparsi sulle montagne, che si raggiungonosolo a piedi o a cavallo. Padre Daniele cercadi raggiungere tutte le comunità, anche le piùlontane, e la sua casa parrocchiale diventa unpunto di riferimento per i tantissimi bisognidei poveri. In una sua lettera descrive questacondizione: «Ho rubato questo tempo perscrivere alla gente che continuamente bussaalla mia porta per chiedere viveri, per chiede-re medicinali, per chiedere, per chiedere, perchiedere… Sono intontito da questi assalticontinui, mi è difficile uscire di casa, subitovedo che mi corrono dietro per cercarmi, perchiedere. Non so cosa fare… Scapperei difronte a tutto questo, perché non so dire di sìe sento bene che non posso negargli l’aiu-to… Sono chiamato a dare via tutto sapendoche domani ricomincio daccapo e devo dareancora via tutto. La spina me la mettono i po-veri ed è un dolore continuo che vorrei cal-mare ma non dipende da me. È mezzogior-no, vado a mangiare con i ragazzi del taller[officina, ndr], una vecchietta è qui sull’usciodi casa. Non parla, altri invece ti supplicanofino a stancarti. Il suo silenzio mi è arrivato alcuore, chiudo gli occhi, vado giù a prendereuna scodella di minestra, la pasta è quella ita-liana: gliela do, mi vergogno, è lei che deveimplorare a Gesù la grazia che mi salvi. Miringrazia con un sorriso che mi sembra dol-cissimo. Se dietro questa vecchietta cosìsporca ci fosse davvero Gesù?».

Inizia il lavoro dell’oratorio con i bambini.Nel marzo del 1992 ne prepara quattrocentoalla prima comunione. Nell’ottobre di quello

stesso anno, un volontario e amico di Danie-le, Giulio Rocca, che stava maturando an-ch’egli la vocazione al sacerdozio, viene ucci-so da un gruppo di terroristi. Daniele scrivecosì della sua morte: «Giulio è morto come unmartire, non l’ha scelto lui, la situazione dellecose l’ha portato a morire con una morte vio-lenta simile a quella dei martiri. Ora è chiaroanche per me il cammino dell’OperazioneMato Grosso: perdere la vita fino al martirio.Tutto ciò mi spaventa, ma nello stesso temposento una quiete dentro di me…».

Negli anni seguenti, a parte qualche rien-tro in Italia per motivi di salute, si dedica ani-ma e corpo al lavoro della missione. Costrui-sce un rifugio andino con i suoi ragazzi per ac-cogliere scalatori e turisti e ricavare con i gua-dagni un aiuto economico ai più poveri. Nel1997, pur avendo programmato un ritornoin Italia, decide di restare in Perù assumendo-si anche gli impegni di padre Ugo, venuto inItalia per predicare i ritiri ai volontari. Passaotto settimane nel paese di Yanama per por-tare ottocento bambini alla cresima. Tutti i ve-nerdì li prepara alla confessione: è il momen-to più importante per padre Daniele, che inquell’ultimo anno della sua vita lo descrive co-sì: «Oggi è il giorno della Passione. Sono sen-za parole, vorrei solo piangere. Ho sentitofreddo. Desideravo la mano dei ragazzi, nonchiedevo che venissero al mio posto, ma soloche mi dessero la mano. Cosa vuol dire darela mano a uno che soffre? Dovevo parlaredella morte di Gesù, non potevo dirla comeuna favola. La distrazione dei ragazzi mi ritor-nava dritta al cuore come le risa del diavolo:“Cosa ti affanni, cosa ti agiti, è tutto inuti-

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Padre Ugo e padre

Daniele durante

una processione

Padre Daniele

durante

una confessione

Operazione Mato Grosso

¬

le…”. Almeno dovevano pregare o tenere lemani giunte. Ma non si può pretendere, biso-gna solo dare… perdonare. Mi sono sentitoun condannato, la stessa scena della Passionesi ripeteva qui. Ricevevo tutti i colpi. Ho dovu-to accettarli tutti, sarebbe stato un errore nonvolerli. Spero solo che questo soffrire serva aqualcuno. Lo offro. Dio mio, solo di Te desi-deravo dire ai bambini».

Al suo ritorno nella parrocchia di San Luis,il 10 marzo 1997, incomincia la preparazio-ne per la comunione di cinquecento bambini:due settimane di intensa condivisione, divisatra catechismo, preghiera e giochi, fino alGiovedì Santo in cui avrebbero ricevuto per laprima volta Gesù. Padre Daniele lavora in-stancabilmente e insieme attende il ritorno dipadre Ugo dall’Italia. In quei giorni scrive: «Miritrovo incapace di abbandonarmi, di lasciarea Dio condurre ogni cosa: anche se mi sem-bra di giocare tutto, mi ritrovo che ancora de-vo scommettere a favore di Dio. Essere serviinutili è davvero chiamare il padrone, lasciar-gli in mano ogni cosa, non voler condurre nul-la. Essere servi di Gesù è davvero invocarlo

con le sue stesse armi: la bontà, ilperdono, l’abbandono, la pazien-za, un sorriso… il morire».

Sei giorni dopo, il 16 marzo,una domenica, dopo aver celebra-to la messa serale nel paesino diYauya, si trova improvvisamentela strada bloccata da pietre. Com-pare un bandito armato che chie-de una persona in ostaggio. Unavolontaria italiana, Rosamaria, faper scendere dalla jeep, ma Danie-le la ferma: «Vado io, tu rimani». Inun biglietto da consegnare a padreUgo è indicata una richiesta di ri-scatto per il prigioniero. Ma duegiorni dopo, il 18 marzo, il corpodi padre Daniele viene ritrovato inuna scarpata piena di pietre. Gior-ni prima, quando era ancora in li-bertà, aveva scritto a un amico inItalia, a proposito della “buonabattaglia” della fede: «Soprattuttoci si accorge che la battaglia a favo-re di Dio è già persa… si deve mo-rire sul campo di battaglia perchéentri Dio a vincere il nemico, il dia-volo. Noi dobbiamo solo prepara-

re la venuta di Dio. Costa tanto, perché dob-biamo dare la vita per un Dio che conta sem-pre meno nella vita degli uomini. Te ne ac-corgerai ben presto, che quel Dio al quale de-sideri servire non è poi così tanto cercato eben voluto dagli uomini. E più andrai avanti,più ti sembrerà che questo Dio scompaia dal-la vita degli uomini, anche dalla nostra. Ti la-scia da solo a rappresentarlo sul campo dibattaglia. Ti chiederai spesso: “Ma quandoarriverà il Signore?”. Non sentirai nessuna ri-sposta, tu stesso dovrai dare la risposta con latua vita. Il generale entrerà quando e comevorrà Lui… Non conosciamo né il momento,né l’ora… L’unica cosa certa sono le disposi-zioni lasciate per combattere il nemico: “Va’,vendi quello che hai e dallo ai poveri… Sevuoi essere mio discepolo prendi la mia crocee seguimi…”. Tuo compagno di battaglia,padre Daniele». Ora, presso la diocesi diFaenza – Modigliana, si è dato l’avvio al suoprocesso di beatificazione.

Dal martirio di padre Daniele è nato unfiorire di vocazioni nell’Operazione MatoGrosso. Oggi il seminario della diocesi diHuari ha circa quaranta aspiranti al sacer-dozio e la missione di padre Ugo è più attivae florida che mai. Anche se lui, a quasi no-vant’anni di età, non ne vuole sapere di no-minare un successore, né di dare una regolaalla sua opera: «Se è opera di Dio», ripetespesso, «allora resterà. Altrimenti è meglioche finisca».

Alla sua veneranda età, sembra veramen-te tornato un bambino: «Dio non è ciò cheho», dice, «ma ciò che mi manca e che più de-sidero. Non so far altro che riconoscere lamia incredulità. Essere peccatore, essere in-capace di vivere di Dio, essere un poveraccioche ha bisogno solo della misericordia di Dio,bisogno di Dio. Che Dio mi prenda e faccia dime ciò che Lui vuole. Ma che mi prenda». q

92 30GIORNI N.9 - 2011

Operazione Mato Grosso

Ci puoi contattare via e-mail allʼin-dirizzo [email protected] informazioni riguardanti lʼomg,i gruppi di lavoro in Italia, i campi dilavoro estivi e su come aiutarelʼomg, contatta direttamente lʼindi-rizzo [email protected], oppure visita il sito www.ope-razionematogrosso.it.

Per contribuire al processo dibeati fi cazione e canonizzazionedi padre Daniele Badiali (dando lapropria testimonianza su padre Da-niele, portando lettere scritte da lui,fornendo racconti di eventi miraco-losi attribuiti alla sua intercessione)rivolgersi a don Alberto Luccaroni,giudice delegato. Per ricevere infor-mazioni e pubblicazioni su padreDaniele rivolgersi a don Mirko San-tandrea, vicepostulatore.

Per ulteriori informazioni visita il sito www.padredanielebadiali.it

PER SAPERNE DI PIÙ

Racconti dalle missioni

Padre Daniele

con i ragazzi

dell’oratorio

di Yanama nel 1992

Si possono inoltre richiedere altre copie del cd e del libretto, al prezzo di 2 euro più spese di spedizione, telefonando al numero verde gratuito

Cd e libretto sono disponibili anche in lingua francese, inglese, portoghese, spagnola e tedescacon le stesse modalità

oppure scrivendo a: 30GIORNI, via Vincenzo Manzini, 45 - 00173 Roma o all’indirizzo e-mail: [email protected]

I canti gregoriani più semplici che i fedeli sono invitati a imparare

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sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium

È possibile scaricare gratuitamente sia il CDche il LIBRETTOsul nostro sito internetwww.30giorni.itnell’area download

Nel luglio del 1656 Rem-brandt sull’orlo della banca-rotta si era deciso a mettere

all’asta tutti beni conservati nellagrande casa di Jodenbreestraat.Come da procedura il 24 e 25 diquel mese venne realizzato l’inven-tario a cura della Desolate Boedel-skamer di Amsterdam. Un inven-tario lunghissimo, nel quale a uncerto punto vengono elencate tretavole rappresentanti il volto diCristo. Una in particolare viene de-finita in questi termini: «Cristus tro-nie nae’t Leven». Letteralmente:«Testa di Cristo dal vero». Che cosaindicava quella specifica “dal ve-ro”? Il primo studioso che nel1834 pubblicò quell’inventario,pensò si trattasse di una svista delmagistrato olandese, e non trovòdi meglio che far finta di niente esopprimere quella dicitura. Dueanni dopo, un osservatore attentonotò quella censura e per risolverel’enigma ne propose un’interpre-tazione decisamente forzata: “agrandezza naturale”. Ma in olande-se quel “nae’t leven”, contrazionedi “naar het leven”, non lascia spa-zi ad ambiguità: significa “presodal vero”, cioè da modello vivente.Perché l’anonimo inventarista ave-va sentito la necessità di quella pre-cisazione, quasi si trattasse di untratto identificativo di quella seriedi piccole teste di Cristo? Per ri-spondere a questa domanda il Lou-vre e i musei di Philadelphia e De-troit hanno messo insieme le forzeper organizzare una del le piùstraordinarie mostre di questi annirecenti. La mostra che a Parigi eraintitolata Rembrandt e la figura diCristo – e che nelle due tappeamericane di Filadelfia (fino al 30ottobre) e Detroit (da novembre afebbraio 2012) ha un titolo moltopiù diretto: Rembrandt e il voltodi Cristo – è accompagnata da unbellissimo catalogo, pubblicato per

Il grande artista olandese dipinse una serie di “ritratti” del Signore, facendo posare come modello un ebreo di Amsterdam. Per essere il più possibilevicino al vero. Per la prima volta questeopere, spesso poco considerate dalla critica, sono state radunate in una mostra bellissima che dopo Parigi è approdata negli Stati Uniti

A rte

Rembrandt commossodal volto di Gesù

di Giuseppe Frangi

30GIORNI N.9 - 201194

MOSTRE. Rembrandt e il volto di Cristo

9530GIORNI N.9 - 2011

altro da un editore italiano (Offici-na Libraria, in vendita a 37 euro suAmazon.it).

Il cuore della mostra, che ha ra-dunato alcuni capolavori assoluticome le varianti che Rembrandt di-pinse sul soggetto della Cena diEmmaus, è costituito dalla sala do-ve le tre teste citate nell’inventariosono state riunite ad altre quattro,tutte su tavola, che la critica neltempo ha rintracciato. Che questiquadri avessero un’importanzaparticolare per il pittore lo dimo-stra il fatto che due di essi, secondol’inventario, risultavano appesi nel-la sua camera da letto: ma questonon è bastato per convincere la cri-tica della loro autografia. Così ilRembrandt Research Project, un’i-stituzione che nell’immensa massadi opere riferite al maestro olande-

se è chiamata a “certificare” quellesicure di sua mano, aveva espuntole sette tavole dal catalogo. Ora illavoro della squadra di critici, sup-portato anche dalle analisi scientifi-che effettuate sulle opere, è giuntoa garantire l’autografia di quattro diqueste Teste, lasciando per le altreun’attribuzione «all’atelier di Rem-brandt». Ma nel frattempo si sonoaggiunte anche un paio di copieche certamente documentano al-trettanti originali perduti. Segnoche per Rembrandt questo era unsoggetto di grande importanza eche in tanti glielo chiedevano.

Ma qual è il motivo di un cosìsottile ostracismo della critica ver-so queste opere? Certamente c’en-tra quel “nae’t leven” che ha lascia-to interdetti gli studiosi per tantotempo. Rembrandt viveva in unasocietà ormai solidamente prote-stante, in cui anche la concezionedell’arte era profondamente cam-biata. Decenni prima, nel 1566, ilconflitto con il cattolicesimo erasfociato in una violenta campagnaiconoclasta, con la distruzione ditantissime opere nelle chiese deiPaesi Bassi. A sud della Schelda icattolici avevano ripreso il control-lo della situazione, tornando ariempire le chiese di Anversa gra-zie all’energia fluviale di Pieter PaulRubens; al nord, invece, la storiaera cambiata per sempre. Gli artistisi erano dirottati su scene di gene-re, alimentando un mercato chenon aveva più grandi committentima una nuova classe di ricchi com-pratori. I soggetti religiosi si eranomolto rarefatti, con una netta pre-valenza di scene dell’Antico Testa-mento. Quanto all’immagine diGesù, era al centro di un dibattitoacceso: uno degli allievi di Rem-brandt, Jan Victors, aveva addirit-tura sostenuto che c’era un rischiodi “idolatria”.

Rembrandt in questo contesto simosse invece in assoluta libertà.Certo, la sua produzione era a cir-colazione privata se non addiritturaper sé stesso. Ma è evidente che luisentisse un bisogno profondo, qua-si insopprimibile, di confronto conla figura di Cristo. L’esperienza diCaravaggio, che aveva sottratto lerappresentazioni della vita di Gesùdalla prospettiva idealistica e loaveva riportato in un orizzonte di ¬

La cena in Emmaus, 1648, Rembrandt,Museo del Louvre, Parigi; sopra, il particolare del volto di Cristo

credibilità realistica, gli aveva forni-to una sponda essenziale. Rem-brandt va oltre su quella strada, fa-cendo i conti con il contesto in cuisi trova ad agire. Era molto attentoalle fonti per i particolari concretiche potevano fornire. Aveva stu-diato la storia di Flavio Giuseppe,come dimostra un’incisione del1659, San Pietro e san Paolo allaporta del Tempio, in cui l’edificio èdisegnato seguendo le indicazionitratte dalle Antichità giudaiche.

Il “nae’t leven” di cui parla l’in-ventario suggerisce, in questo sen-so, un elemento essenziale. Rem-brandt, come scrive Lloyd DeWitt,uno dei curatori della mostra,cercò un modello nella comunitàebraica di Amsterdam, un po’ persancire i buoni rapporti che lo lega-vano a quella comunità ma soprat-tutto per avere davanti un tipoumano «etnograficamente vicino aCristo». Questo rappresentava «un

rifiuto sia degli stereotipi iconogra-fici sia dell’idolatria, attraverso ilrealismo». Non è un caso che lamostra e le relative scoperte sianostate ampiamente sottolineate dal-la stampa israeliana. In particolaredal quotidiano Haaretz che hapubblicato un articolo dal titolomolto significativo: Rembrandt’sJewish Jesus.

Secondo un altro critico, WillemAdolph Visser’t Hooft, «a prima vi-sta, il ritratto sembra quello di unrabbino, il più profondo e delicato

possibile. Ma si avverte subito chec’è un qualcosa di misterioso. Que-sto Cristo è lontano dall’impressio-narci per la sua maestà. Al contra-rio è “senza forma né bellezza”,non “alza la voce”». In queste sotto-lineature c’è la sostanza delle imma-gini di Cristo dipinte da Rembrandt.“Senza forma né bellezza” indical’assenza di ogni retorica, di ogniidealismo estetico. Cristo ci sor-prende in un contesto di assolutanormalità, sia nell’ambientazionesia nella calma riflessiva del suo at-

teggiamento. E poi “non alza la vo-ce”, perché Rembrandt lo immagi-na in un istante di dialogo profondoe amichevole con chi gli sta attorno.Cristo è immaginato in un momen-to di intimità, dietro le quinte dellasua avventura pubblica. Un Cristoantieroico, vero nello struggimentodel suo sguardo e nella tenerezzadel legame che instaura con il suointerlocutore. Sono immagini che siponevano in continuità ambientalerispetto ai luoghi a cui erano desti-nate, come a sottolinearne la con-temporaneità. È questo che proba-bilmente Rembrandt cercava, pri-ma di tutto per sé ma poi anche peruna piccola comunità di personeche non s’arrendeva a quel vuotoche il protestantesimo aveva impo-sto. Oggi le sue Teste di Cristo fan-no breccia proprio perché nella lo-ro elementarità iconografica, nonhanno bisogno di chiavi interpreta-tive, non richiedono una “prepara-zione” particolare. Chiedono solodi essere guardate. q

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A rte

Sopra, Testa di Cristo,1648 circa, Rembrandt,Museum Bredius, L’Aia,Paesi Bassi; a sinistra,Ritratto del busto di un giovane ebreo,1663, Rembrandt,Kimbell Art Museum,Fort Worth, Texas, Usa

Un arcipelago di servizi

Per arcipelago di servizi intendiamo un sistema di integrazione di risorse sociali che presenta una gam-ma di possibilità nella scelta del servizio appropriato. Archipelagos è una libera aggregazione che unisce varie cooperative che operano al servizio dellepersone, delle comunità, degli enti pubbliici e privati ponendo maggiore attenzione ai più deboli e allaqualità dei servizi offerti.

La Cooperativa Sociale e diLavoro è stata costituita aRoma nel 1995 su iniziati-va di un gruppo di psicolo-gi e assistenti sociali. Lacooperativa in convenzio-ne con il Comune di Romasvolge numerosi servizi at-ti a migliorare la qualitàdella vita delle famiglie at-traverso interventi miratiad alleviarne il disagio e aprevenirne le cause, aiu-tandole ad inserirsi nellarete sociale. È attivo il pro-getto “Buon Samaritano”con il contributo della Pro-vincia di Roma consistentenel portare aiuti alimentarialle persone povere.

La H3A è specializzata nel-la gestione di tutti gliadempimenti richiesti dal-le normative vigenti,d.lgs.81/08, per piccole,medie e grandi Aziende, inmateria di salute e sicurez-za sui luoghi di lavoro e nel-l’edilizia. Oltre ai servizi diinformazione e formazione,sorveglianza sanitaria, an-tincendio, fornisce servizidi igiene, analisi ambien-tali e di acque, misurazionistrumentali, rischio chimi-co, biologico e da polveriavvalendosi di tecnici spe-cializzati come chimici, fi-sici, biologi e ingegneri.

La Cooperativa Insiemefondata nel 2005 da ungruppo di donne si occu-pa di pro gettare, realizza-re e gestire servizi rivolti aiminori. Attualmente ge-stisce l'asilo nido privato“Mondo Bimbi”a LatinaScalo, ed un nido Comu-nale a Latina. La Coopera-tiva ha altre tipologie disevizi con diversi progetticome ad esempio: Inte-grazione di alunni stranie-ri, centri socio-educativi,attività assistenziali ri-volte a soggetti diversa-mente abili e centri estivi.

La cooperativa C’era duevolte nasce nel 2000 dallesingole esperienze di al-cune giovani donne cheinsieme decidono di fon-dare strutture e servizi in-teramente dedicatiall’infanzia. La cooperati-va ha avviato con succes-so vari progetti a caratteresocio/educativo , formati-vo, ludico/ricreativo, cre-ando diversi servizi quali2 Micronidi in convenzionecon il Comune di Roma e ilservizio “Tages mutter”per bimbi delle fasce d’età0/6 anni, nel territorio delXII municipio.

La Manser Cooperativa So-ciale Integrata, nasce nel1996 in seguito all’incon-tro tra operatori sociali egiovani dei quartieri di TorBella Monaca e Spinaceto,nell’ambito di interventisocio educativi gestiti dal-la Comunità Capodarco diRoma. Si occupa di favorirel’inserimento lavorativo dipersone svantaggiate, conparticolare attenzione asoggetti con disabilità psi-co fisica e mentale all’in-terno delle proprie attivitàimprenditoriali. È di pros-sima apertura il ristorantenel parco degli Acquedotti.

I SERVIZI OFFERTI: ASSISTENZA DOMICILIARE E CENTRI DI AGGREGAZIONE PER MINORI • ASILI NIDO• GESTIONE DI CENTRI SOCIO EDUCATIVI • TAGESMUTTER • ASSISTENZA AGLI STUDENTI DISABILI •CENTRO PER LA FAMIGLIA • ATTIVITÀ DI SOSTEGNO ALLE PERSONE BISOGNOSE • ANALISI AMBIENTALI EDI ACQUE • MISURAZIONI DI SOSTANZE CHIMICHE • CONSULENZA IN MATERIA DI SICUREZZA SUI LUO-GHI DI LAVORO • ASILI NIDO • FESTE, ANIMAZIONI • CENTRI ESTIVI • SPAZI DI ASCOLTO E CONSULENZAPSICOLOGICA • MICRONIDI • TAGESMUTTER • PULIZIE • MANUTENZIONE IMPIANTI • RISTORAZIONE •INSERIMENTI LAVORATIVI PER GIOVANI E ADULTI

ArchipelagosVia F. Antolisei 25

00173 RomaTel. 06 72480682Fax 06 72480640

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Coop. Insieme

Manser

2010 2009PROVENTI E ONERI ISTITUZIONALI

114.934 221.027 327.261 527.790

374.048 442.442 328.551 596.839

59.914 221.415 1.290 69.049

TOTALE PROVENTI IST. 626.838 925.390

TOTALE ONERI IST. 832.018 941.375

ONERI DI SUPPORTO GENERALE

38.678 36.621

RISULTATO DI GESTIONE -243.858 -52.606

Rendiconto della gestione

2010 2009ATTIVO

TOTALE ATTIVO 1.818.941 2.170.622

PASSIVO

TOTALE PATRIMONIO NETTO 1.274.388 1.719.574

TOTALE PASSIVO 1.818.941 2.170.622

Stato patrimoniale

CASE DI ACCOGLIENZA, SCUOLE, ATTIVITÀ LAVORATIVE, ADOZIONI A DISTANZA

LA FAMIGLIA I PIÙ PICCOLI E POVERI VIVE COME UNA VERA E PROPRIA FAMIGLIA

SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH

PER SOSTENERCI:

Da dove vengono i fondi

Come sono utilizzati i fondi

LA

1.404-ondiolta pubblica di fcacR

1.310ti pubblicion entti catronC

24.210113.124tiaivonazioni prD

85.000-ogettiibuti su prtronC

R.dtaliaItititi riparenvorP

I ISTITUZIONAL ONERI EVENTIOPR

2010OIN EUR

endiconto della gestioneR

e aiutandoLA FAMIGLIAAenendo sost

omuoprATTIVITÀ LAVORATIVE,CASealizzando, rongo. Ctalia e in R.din I

USLNOIBERTÀLEEMOREAOMUNITÀCCOAALDEESEMPIO’LEOLLMODELSUOSTRUITACCO

LA

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125.757

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52.000

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85.000

R.dtaliaI

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.C.R.d

TIVOTALE AATTTAOTTO

Liquidità

otestimenvondi inF

eevediti a brrC

ialiertmmobilizzazioni maI

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Stato patrimoniale

.I PIÙ PICCOLI E POVERI e aiutando

,ADOZIONI A DISTANZAA,endo le vomuo

SE DI ACCOGLIENZA, SCUOLE,

IALFAMIGPROPRIAEVERAUNAOMECCOVIVEUSAZARETHNNADIIALAMIGFFARACASSAALL .

2.170.622

87.732

1.818.941

119.279

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.amlibwwwo:editta di crarC

940 353 90 486e fiscale):odic5 PER MILLE (c

Da dove vengono

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DONAZIONI

-243.858O DI GESTIONETTOAATTTARISULLT

38.678

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29.855aliSpese gener

ALEO GENERONERI DI SUPPORTO

832.018.ALE ONERI ISTT.TTAOTTO

15.529ondi. fcaczione e romoi di prOner

626.838.OVENTI ISTT.ALE PRTTAOTTO

9.548titiiparti non renvoi prltrA

221.41559.914ti)envoti (prolaondi vincvim. foM

-221.415-259.113titaipar. istituzionale rtto atisultaR

442.442374.048

95.60493.963titiiparti rtamenmmorA

346.838280.085titaiparttività istituzionale rA

titineri riparO

221.027114.934

24.480500tienvoi prltrA

1.404ondiolta pubblica di fcacR

-52.606

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527.790

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17.388

221.027

2.162

332.644

24.480

1.404

ASSIVOALE PTTAOTTO

ei passivitaR

tiutui e finanziamenM

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itnccoA

otdinao subororvTfr la

OTTOTTRIMONIO NEAATALE PTTAOTTO

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La tracciaLa tracciaL’insegnamento di Benedetto XVI

L’unico mensile in Italia che raccoglie tutti i discorsi e i documenti completi del Santo Padre. Encicliche, viaggi pastorali, messaggi e lettere, traduzioni in italiano dei discorsi in lingua straniera. Ogni volume è corredato di tre indici: cronologico, per temi e per nomi. Ogni anno, in omaggio, la copertina per rilegare i volumi e l’indice generale.

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«Sono molto contento che 30Giorni faccia una nuova edizione di questo piccolo librocontenente le preghiere fondamentali dei cristiani maturatesi nel corso dei secoli.A questo piccolo libro auguro che possa diventare un compagno di viaggio per molticristiani».

dalla presentazione del cardinale Joseph Ratzinger del 18 febbraio 2005 (eletto Papa il 19 aprile 2005 con il nome di Benedetto XVI)

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Il piccolo libro, di cui 30Giorni ha già distribuito centinaia di migliaia di copie,contiene le preghiere più semplici della vita cristiana,

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