14
1 Age management e integrazione tra nuovi sistemi di welfare e modelli organizzativi d’impresa Maria Luisa Aversa e Luisa D’Agostino INAPP [email protected] [email protected] Sessione 29. Vecchie e nuove forme di welfare privato: definizioni, interpretazioni ed esperienze. Paper for the X ESPAnet Italy Conference The Welfare and the losers of globalization: social policies facing old and new inequalities” Forlì, 21-23 September 2017

Age management e integrazione tra nuovi sistemi di …...2 Age management e integrazione tra nuovi sistemi di welfare e modelli organizzativi d’impresa Maria Luisa Aversa, Luisa

  • Upload
    others

  • View
    5

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Age management e integrazione tra nuovi sistemi di …...2 Age management e integrazione tra nuovi sistemi di welfare e modelli organizzativi d’impresa Maria Luisa Aversa, Luisa

1

Age management e integrazione tra nuovi sistemi di welfare

e modelli organizzativi d’impresa

Maria Luisa Aversa e Luisa D’Agostino

INAPP

[email protected]

[email protected]

Sessione 29. Vecchie e nuove forme di welfare privato: definizioni,

interpretazioni ed esperienze.

Paper for the X ESPAnet Italy Conference

“The Welfare and the losers of globalization: social policies facing old and new

inequalities”

Forlì, 21-23 September 2017

Page 2: Age management e integrazione tra nuovi sistemi di …...2 Age management e integrazione tra nuovi sistemi di welfare e modelli organizzativi d’impresa Maria Luisa Aversa, Luisa

2

Age management e integrazione tra nuovi sistemi di welfare e modelli organizzativi d’impresa

Maria Luisa Aversa, Luisa D’Agostino1

1. Introduzione

1.1 Il contesto Negli ultimi anni, i sistemi di welfare dei paesi europei sono stati condizionati da una serie di cambiamenti - demografici, economici, sociali e culturali - che ne hanno gravemente compromesso sia i presupposti che le prospettive future. L’invecchiamento della popolazione e il relativo abbassamento del numero dei soggetti attivi nel mercato del lavoro, i cambiamenti in atto nella famiglia e l’accresciuta presenza nel mercato del lavoro delle donne ci spingono sempre più ad interrogarci sul modello sociale più appropriato. Le trasformazioni socio-demografiche e le disuguaglianze (di genere, di età, di reddito, di istruzione e occupazionali) appaiono come le strade precipue dove vengono prodotti i nuovi rischi sociali (Saraceno 2006). Gli individui a rischio di esclusione “non sono identificabili nelle categorie residuali dei disagiati e dei poveri, sono coloro che si collocano nei punti di snodo tra i diversi sottosistemi sociali, sul confine mobile e incerto che distingue, non in modo definitivo, l’integrazione dall’esclusione” (Ranci 2002, p. 331). I rischi sociali, aggravati dalla crisi economica iniziata nel 2008, sono mutati nella natura, nell’estensione e spesso nella possibilità di essere rappresentati, diventando sempre più diversificati ma anche trasversali ossia legati a singole fasi della vita. Sempre più spesso e a qualsiasi età si è costretti ad affrontare contemporaneamente gli innumerevoli stimoli verso il cambiamento e la domanda sociale di adattabilità ed elasticità. La realtà si dissolve in una serie di realtà multiple, dove ognuno di noi si trova ad entrare e uscire frequentemente e velocemente da “infinite province di significato” (Schütz, 1974). Nella società dell’insicurezza e del rischio, diviene fondamentale, come sostiene Castel (2004, p.51), “che per coloro che non dispongono di altri capitali, non solo economici, ma anche culturali e sociali, le protezioni, o sono collettive, o non lo sono” e ancora, “se si può parlare di insicurezza è in larga misura perché esistono frange della popolazione ormai convinte che saranno lasciate lungo la strada, impotenti a padroneggiare il loro avvenire, in un mondo di sempre più rapidi cambiamenti “. Quando si parla di tutela non si intende soltanto quella su taluni rischi sociali ma anche di tutela dei nuovi bisogni primari quali la formazione, la salute, la partecipazione sociale e il reddito ecc., al cui centro vi è l’individuo come portatore dei propri diritti di cittadinanza. È in questo panorama che si sviluppa il dibattito sul secondo welfare (riconducibile al welfare sussidiario orizzontale – privato e distinto dal welfare sussidiario verticale - pubblico), un welfare privato dunque che non si sostituisce allo stato sociale ma ne integra i servizi cercando un innesto virtuoso. Nasce quindi l’idea di un secondo welfare sostenuto dalla cooperazione dei diversi soggetti, pubblici e privati, che lavorano sul territorio e nelle comunità locali. Mezzi aggiuntivi che possono, in partnership con gli enti locali e attraverso un forte radicamento territoriale, concorrere a dare risposte a nuovi e vecchi bisogni, particolarmente di fronte all’arretramento del welfare state pubblico (Ferrara e Maino, 2012). Quello che si sta imponendo è dunque un modello di welfare di impianto universalistico, basato sulla realizzazione dei diritti dei cittadini oltre che naturalmente su misure di tutela economica. Un welfare universale rivolto a tutti, ma anche in grado di tutelare gli individui più svantaggiati, dotati di minori risorse e capacità, fornendo loro una serie di strumenti integrati, atti a garantire una maggiore fruibilità dei servizi. “Dai livelli centrali si assiste ad un maggior coinvolgimento di quelli periferici, e allo stesso tempo ad un allargamento delle reti di attori pubblici e privati che, in una prospettiva di welfare society, concorrono in maniera diffusa alla produzione di benessere” (Zucaro, 2014, p.24).

1 Autrici del testo: Maria Luisa Aversa (cap. 1) e Luisa D’Agostino (cap. 2); le conclusioni sono a cura di entrambe le autrici.

Page 3: Age management e integrazione tra nuovi sistemi di …...2 Age management e integrazione tra nuovi sistemi di welfare e modelli organizzativi d’impresa Maria Luisa Aversa, Luisa

3

L’attivazione viene quindi associata al concetto di empowerment così come inteso nelle moderne politiche sociali, ossia come partecipazione dei cittadini alla produzione del welfare sulla base di processi di cittadinanza attiva. Come Sostiene Sen (2010), quello che ha valore nei moderni sistemi sociali non sono le utilità, né i beni principali, ma le libertà sostanziali o capacitazioni, di scegliersi una vita cui si dia valore. L’uguaglianza delle capacità costituisce un principio distributivo innovativo, di fatto tutti coloro che vogliono misurare la disuguaglianza e contrastarla devono tener conto dell’accesso ai risultati e non soltanto limitarsi a verificare la mera difficoltà dei mezzi (Granaglia, 2007). Tale approccio sta trovando senso anche all’interno delle organizzazioni lavorative, dove si sta affermando un nuovo modello di welfare aziendale ispirato a criteri di valorizzazione della diversità e del dialogo intergenerazionale, che si fonda sulla gestione del ciclo di vita dei lavoratori. La progressiva riduzione della spesa pubblica è stata accompagnata da interventi volti a favorire e promuovere la diffusione del welfare occupazionale (aziendale e contrattuale), in particolare per la copertura dei nuovi rischi sociali legati alla transizione verso la società post industriale. Ad esempio, la femminilizzazione del mercato del lavoro, che richiede lo sviluppo di politiche volte a conciliare i tempi di vita e di lavoro; l’evoluzione tecnologica, che espone i lavoratori al rischio continuo di obsolescenza delle competenze e necessita di politiche di formazione continua; l’invecchiamento della forza lavoro e l’innalzamento dell’aspettativa di vita, che comportano l’adozione di politiche di age management2. Conseguenze significative si rilevano sia all’interno dell’impresa, in termini di struttura funzionale e di criteri di organizzazione del lavoro, sia all’esterno, in termini di sviluppo di nuove sinergie tra imprese, ma anche tra attori del contesto sociale e territoriale di riferimento. Una chiave di lettura per comprendere l’evoluzione del modello di sviluppo socio-economico (dallo sviluppo sostenibile, all’equilibrio demografico, al riequilibrio di genere) viene fornita proprio dalle misure di welfare aziendale adottate dalle imprese. L’affermarsi di un nuovo modello di welfare aziendale, trova conferma dai recenti interventi legislativi Legge di Stabilità del 2016 e Legge di Bilancio 20173. In passato, il welfare aziendale veniva considerato a sé rispetto al welfare contrattuale. Era, infatti, pensato come la conseguente evoluzione del c.d. welfare di fabbrica (insieme di servizi e prestazioni erogati ai lavoratori per iniziativa unilaterale e volontaria del datore di lavoro, senza nessun tipo di negoziazione od accordo con le rappresentanze dei lavoratori). Con tali recenti interventi viene superata l’identificazione del welfare aziendale con i caratteri dell’unilateralità e della volontarietà. Ora le disposizioni in materia fiscale non solo permettono l’esclusione dal reddito da lavoro anche del contenuto dei piani di welfare contrattati, ma ne prevedono la piena deducibilità dal reddito di impresa soltanto se non sono unilaterali e volontari, mentre nel caso di “volontà unilaterale” la deducibilità è limitata, come in precedenza, al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente. Viene distinto il welfare aziendale volontario (unilateralmente concesso dal datore di lavoro senza alcuna costrizione di natura legale, contrattuale o regolamentare), dal welfare aziendale obbligatorio (obbligato da una pattuizione sindacale o da un regolamento unilaterale). Spesso in letteratura si parla anche di welfare occupazionale che deriva dalla traduzione dell’espressione inglese “occupational welfare” (Titmuss, 1958), quando si parla sia di welfare aziendale che di welfare contrattuale4. Ma tale termine appare alquanto fuorviante in quanto in Italia viene utilizzato più

2 L’age management affronta il fenomeno dell’Invecchiamento come processo e non come condizione, in un’ottica di continuità che inizia con l’accesso al mercato del lavoro fino alla sua uscita ed oltre (per esempio, incentivando attività come il volontariato). 3 Legge di stabilità del 2016, dove viene stabilito che tutti i servizi di welfare aziendale contrattati con i sindacati sono totalmente esenti da tasse e, fino al limite previsto di 2.500 euro annui per ogni lavoratore, l’Agenzia delle entrate non deve più preoccuparsi che le imprese sostituiscano salario (tassato) con welfare (esente dalle tasse): entro quella somma, l’azienda può pagare in servizi invece che in salario. Anzi, è il lavoratore stesso che può decidere se il suo premio di produttività debba essere pagato in cash (in questo caso si applica un’imposta sostitutiva del 10 per cento) oppure in welfare (che è totalmente esente da tasse). E non è necessario che l’azienda fornisca servizi diretti, può ricorrere a voucher, che potranno essere spesi solo presso fornitori di servizi accreditati (per esempio asili nido o servizi di assistenza agli anziani). In questo modo, si favorisce la diffusione del welfare aziendale anche tra le imprese più piccole e si crea un settore di operatori che intermedia i voucher tra aziende e fornitori di servizi. Prima di questa legge il welfare aziendale era riservato soltanto a poche grandi aziende - con delle specifiche limitazioni. Legge di Bilancio del 2017 è intervenuta nuovamente sulla detassazione delle prestazioni erogate dai datori di lavoro nell’ambito dei c.d. piani di welfare aziendale. Dal 1° gennaio sono esenti da imposizione le somme, corrisposte anche in forma assicurativa, volte alla tutela del rischio di non autosufficienza o di malattia grave, nonché completamente detassati, oltre i limiti di importo stabiliti dal TUIR, i contributi alle forme pensionistiche complementari e i contributi di assistenza sanitaria, se versati in sostituzione di tutto o parte del premio di risultato. 4 Con il termine welfare di produttività (definizione introdotta dalla Legge di Stabilità del 2016) si descrive invece non tanto una tipologia di welfare, quanto piuttosto una modalità di erogazione dei premi di risultato o degli utili (Massagli e Spattini, 2017).

Page 4: Age management e integrazione tra nuovi sistemi di …...2 Age management e integrazione tra nuovi sistemi di welfare e modelli organizzativi d’impresa Maria Luisa Aversa, Luisa

4

comunemente per rappresentare la natura del nostro sistema di previdenza e assistenza sociale, prevalentemente finanziato dai contributi di chi lavora e le cui prestazioni sono destinate soltanto a persone precedentemente occupate. Se da un lato il welfare occupazionale apre importanti opportunità per l’allargamento dell’offerta di protezione sociale, prevedendo l’erogazione di benefici integrativi del welfare pubblico attraverso la promozione di interventi volti a migliorare la vita dei lavoratori in un determinato comparto/azienda (per esempio in tema di conciliazione e di formazione professionale), dall’altro lato tende a riprodurre/consolidare alcune delle fratture proprie del welfare italiano (distorsione contributiva). Per questo viene definito come un “Giano bifronte” (Pavolini, Ascoli e Mirabile, 2013). Il welfare occupazionale supporta efficacemente il processo di ricalibratura, per quanto riguarda la copertura dei nuovi rischi (aumenta l’offerta di protezione sociale rivolta a chi ha meno di 64 anni), mentre tende a incentivare lo sviluppo di un modello di protezione sociale in cui i lavoratori occupati nei settori forti dell’economia sono maggiormente coperti dalle prestazioni; tutti gli altri invece sono affidati a un sistema di welfare pubblico sempre più indebolito dalle politiche di riduzione della spesa – di fatto si rafforza l’impatto negativo del welfare occupazionale sul cleavage fra insider e outsider (Agostini, Ascoli, 2014). Secondo gli orientamenti dell’Unione Europea, nel primo welfare dovrebbero confluire i regimi di base previsti dalla legge e i regimi complementari obbligatori di protezione sociale che coprono i rischi fondamentali dell’esistenza (salute, infortuni sul lavoro, disoccupazione, vecchiaia, pensionamento e disabilità) oltre naturalmente le prestazioni e i servizi considerati vitali per una vita dignitosa e per una piena integrazione nella consorzio civile, garantendo dunque i diritti fondamentali di cittadinanza; nel secondo welfare dovrebbero convergere invece i programmi di protezione e misure di investimento sociale, da finanziarsi con risorse non pubbliche, messe a disposizione da un insieme ampio e multivariato di soggetti ancorati sul territorio - con forme di collaborazione translocale e/o transnazionale - e disponibili alla creazione di reti multi-stakeholder (Maino, 2012). Il “diamante di welfare” elaborato da Ferrera (2012)5 evidenzia il duplice ruolo dello Stato (uno dei protagonisti del sistema del welfare) come partecipante all’interazione, nonché come controllore e decisore sovrano, protagonista dunque all’interno delle politiche aziendali. Fondamentale appare anche il ruolo delle parti sociali che conferisce legittimità al sistema, ed è garanzia di continuità rispetto a quelle che erano, nella tradizione industriale italiana, politiche aziendali elaborate come dono di stampo paternalistico.

1.2 Corso di vita e welfare aziendale Negli ultimi anni l’Unione europea6 ha posto l’accento sull’opportunità di analizzare e sviluppare politiche di welfare in un’ottica di ciclo di vita, piuttosto che di target group isolati. Si è quindi consolidato un approccio orientato alla gestione dell’età e delle diversità lungo tutto l’arco dello sviluppo professionale (age management ed age diversity), tenendo conto dell’evolversi del rapporto fra individui, mercato del lavoro e vita familiare. Diversi studiosi (Maino, Ferrara, 2015) sostengono come il termine corso di vita risulti più appropriato rispetto a quello di ciclo di vita. Di fatto la visione del corso di vita mette in evidenza le modalità in cui una vita, individuale e/o familiare, viene realizzata nell’interazione tra le diverse traiettorie o carriere di cui si compone, e nella disposizione e riadattamento delle condizioni (previste o impreviste) che l’individuo incontra di volta in volta, mentre quando si parla di ciclo di vita l’attenzione si focalizza di più su il riconoscimento di particolari fasi ed eventi definiti precedentemente come degni di nota.

5 Il “diamante del welfare” così denominato è costituito da Stato, famiglia, mercato del lavoro e mondo associativo. I quattro protagonisti sono tutti attraversati dalla stessa crisi e sottoposti a sfide analoghe. L’ipotesi è che dalla capacità di individuare un nuovo equilibrio tra queste sfere dipenda la tenuta del sistema sociale, nonché l’individuazione di un nuovo modello di welfare rinnovato e sostenibile (Ferrera 2006). 6 La strategia di Europa 2020 si articola nel seguente modo i: 1) i sistemi di protezione sociale devono prestare attenzione e dare risposte ai nuovi rischi e bisogni sociali, 2) è necessario aumentare l’erogazione dei servizi limitando i trasferimenti, 3) è prioritario stimolare lo sviluppo del capitale umano, 4) è necessario ricorrere a soluzioni innovative sotto il profilo sociale, 5) è auspicabile ragionare in termini di ciclo di vita per garantire misure di welfare in tutte le fasi e rispetto ai bisogni che in ciascuna possono emergere. Il messaggio è dunque quello di promuovere lo sviluppo delle capacità individuali, l’istruzione e la formazione permanente di ogni singola persona.

Page 5: Age management e integrazione tra nuovi sistemi di …...2 Age management e integrazione tra nuovi sistemi di welfare e modelli organizzativi d’impresa Maria Luisa Aversa, Luisa

5

La teoria del corso di vita è attenta, quindi, non tanto al fatto che un evento o una transizione si compiono (ad esempio la nascita di un figlio o l’entrata nel mondo del lavoro), quanto invece al quando si verificano, in relazione ad altri eventi interni e esterni alla famiglia (cfr. Saraceno, 2006). Si può, quindi, parlare del corso della vita - individuale, ma ancor più familiare - come insieme di traiettorie strettamente interdipendenti dove è possibile individuare tanto il disegno complessivo del corso di vita che il senso dei singoli eventi e delle singole transizioni. Nel contesto attuale le innumerevoli variabili che incidono sui corsi di vita dei singoli individui e delle famiglie, tali da rendere quasi impossibile un ciclo di vita normale, conferiscono a questa prospettiva una collocazione particolarmente appropriata, nel contempo mostrano una chiave di lettura per inserire in un quadro logico i programmi del primo welfare e quelli integrativi/aggiuntivi del secondo, sia rispetto ai corsi di vita sia rispetto ai rischi e ai bisogni tipici di ogni loro fase (Maino, Ferrara, 2015). Famiglia e lavoro non sono monadi separate, ma due entità interconnesse, che si modificano nel corso del tempo e richiedono interventi di riformulazione delle politiche. La Strategia di Lisbona (2000) ha sottolineato l’aspetto polivalente e multivariato degli interventi di work-life balance che spaziano dalla funzione di promozione dell’accesso al mercato del lavoro e di garanzia di migliori condizioni per i lavoratori con responsabilità familiari, a quella di strumento per la risoluzione a macro-problemi come il disequilibrio strutturale della popolazione. Le misure di conciliazione devono, dunque, essere integrate e valutate all’interno di una più estesa strategia, in cui si collegano altresì alle azioni aziendali riferite alla responsabilità sociale d’impresa (Zucaro, 2013). Per welfare aziendale si intende l’insieme di benefit e servizi, concessi dall’azienda ai propri dipendenti al fine di migliorarne la vita privata e lavorativa, che spaziano dal sostegno al reddito familiare, allo studio e alla genitorialità, alla tutela della salute, fino a proposte per il tempo libero e agevolazioni di carattere commerciale. Prende sempre più spazio all’interno delle aziende, ma anche nelle amministrazioni pubbliche, la sfera del work-life balance. Le lavoratrici, divise tra lavoro e compiti di cura dei figli, ma anche donne over 50 con figli ancora adolescenti e genitori anziani non autosufficienti, si trovano ancora troppo frequentemente costrette a rinunciare al posto di lavoro a causa della mancanza di un’offerta adeguata di servizi (Mallone, 2015). Come emerge dall’evidenza empirica la maggior pare dell’offerta aziendale si focalizza precipuamente verso interventi di conciliazione famiglia e lavoro: flessibilità oraria, permessi retribuiti per motivi familiari, congedi parentali e rimborso dei costi connessi alla gestione dei figli (come l’asilo e le spese scolastiche). Inoltre, tra le azioni di welfare aziendale si riscontrano interventi connessi alla sfera della salute (assicurazione o cassa sanitaria, o del check-up e programmi di prevenzione) e il sostegno al reddito – in particolare per quanto riguarda il mantenimento del reddito durante l’età anziana, ma apprezzato anche quando si tratta di rimborsi spese. Infine, troviamo la formazione e l’istruzione. L’acquisizione e il continuo sviluppo delle proprie competenze in un’ottica di life-long learning sono fattori fondamentali per lo sviluppo professionale di ciascun individuo; seguire corsi di aggiornamento, di lingua o di informatica, così come il rimborso delle spese sostenute per completare la propria istruzione universitaria, diventano fondamentali per un proficuo sviluppo professionale individuale anche in vista del recente cambiamento introdotto da Industria 4.07. In Italia, la maggior parte delle grandi imprese (500 addetti e oltre) ha introdotto qualche forma di welfare aziendale. Un’indagine svolta su più di 300 aziende italiane evidenzia che il fenomeno interessa oltre l’80 per cento delle aziende con più di 500 addetti, circa il 37% delle grandi imprese offre infatti almeno quattro tipi diversi di prestazione, mentre il 43% ne offre due o tre tipi (Ascoli, Mirabile e Pavolini 2012). Differenziazioni negli interventi si evincono a seconda che derivino da contrattazione aziendale o categoriale: i contratti integrativi adottano soluzioni che rispondono a bisogni locali (per esempio offerta abitativa, borse di studio, agevolazioni ai consumi, prestiti, servizi per l’infanzia mentre quelli categoriali privilegiano l’istituzione di fondi sanitari, pensionistici e di long-term care e le prestazioni a sostegno del reddito.

7Per Industria 4.0 si intende l’intensa integrazione dell’hi-tech nelle fabbriche e l’evoluzione verso nuovi format produttivi. Tutti i principali paesi avanzati, Italia compresa, hanno formulato piani di politica industriale per governare e sfruttare tale processo, le cui direttrici fondamentali di intervento riguardano lo stimolo alla spesa privata in ricerca e innovazione e il rafforzamento delle competenze. Le competenze assumono un ruolo fondamentale nel processo di digitalizzazione e informatizzazione dei sistemi produttivi. Quello che diventa necessario non è soltanto il “mantenimento delle competenze”, ma anche lo sviluppo di nuove e specifiche competenze.

Page 6: Age management e integrazione tra nuovi sistemi di …...2 Age management e integrazione tra nuovi sistemi di welfare e modelli organizzativi d’impresa Maria Luisa Aversa, Luisa

6

Le ragioni che sembrano favorire per lo più le imprese all’introduzione di welfare aziendale figurano la normativa fiscale, seguono la motivazione dei dipendenti e la costruzione di un buon rapporto tra azienda e lavoratore (Ascoli, Mirabile e Pavolini 2012). La ricerca condotta da McKinsey8 evidenzia che le misure di welfare aziendale sono molto apprezzate dai lavoratori. Dall’indagine emerge come l’employee engagement index dei lavoratori aumenta del 30% quando il welfare viene introdotto, e del 15% quando un servizio già esistente viene migliorato. Nonostante in Italia gli oneri della cura ricadano prevalentemente sulle donne, la ricerca rileva che sempre più uomini gradirebbero congedi parentali retribuiti e che i bisogni variano considerevolmente a seconda del posizionamento lungo il ciclo di vita: se a trenta e quarant’anni prevalgono quelli legati alla cura dei figli, dai cinquanta in poi i lavoratori iniziano a sentire la necessità di un aiuto per i familiari anziani. I dati di alcune ricerche mostrano che quando un’azienda è impegnata sul tema della conciliazione i lavoratori:

sono più soddisfatti e, quindi, maggiormente motivati a produrre (Family and Work Institute, 2007);

beneficiano di una migliore salute e benessere personale. Una maggiore autonomia e controllo del proprio lavoro nonché la flessibilità dello stesso sono, infatti, fattori che riducono lo stress in misura superiore rispetto a una riduzione del numero di ore trascorse al lavoro (Ganster, Fox, & Dwyer, 2001); l’introduzione di flessibilità lavorativa comporta una riduzione dello stress del 70% (WFC Resources, 2006).

In tale contesto, il paper rielabora i risultati di una ricerca qualitativa sulle buone pratiche di age management9 nelle grandi imprese italiane, realizzata dall’ISFOL (ora INAPP)10, alla luce del progressivo affermarsi di un nuovo modello di welfare aziendale. Lo scopo del lavoro è quello di analizzare i comportamenti delle imprese, verificando come, pur in un periodo di congiuntura economica sfavorevole, l’adozione di modelli innovativi di welfare aziendale, sia utilizzata come strumento per superare le difficoltà contingenti e darsi più ampi orizzonti di crescita.

2. Il welfare aziendale nelle grandi imprese italiane - I risultati di una ricerca INAPP sulle buone prassi di age management

2.1 Dall’age management al welfare aziendale I risultati della ricerca INAPP sulle buone pratiche di age management nelle grandi imprese italiane e di un recente follow-up focalizzato sul welfare aziendale11, hanno evidenziato come le esperienze più consolidate e innovative di gestione delle risorse umane e del ciclo di vita in azienda, si siano sviluppate nell’ambito di organizzazioni lavorative fortemente ispirate a criteri di responsabilità sociale e impegnate da anni nella definizione di un sistema di welfare volto al miglioramento del clima aziendale e delle condizioni di lavoro.

8 McKinsey & Company, una ricerca sulla domanda di servizi di welfare aziendale, presentata a Roma il 23 aprile 2013 al Forum di Valore D – l’associazione di grandi imprese creata nel 2009 in Italia per sostenere la leadership femminile. 9 Cfr. nota 2. Le dimensioni di age management considerate dalla ricerca sono: Ricerca e Selezione del Personale, Formazione, Percorsi di Carriera, Tutela della Salute, Uscita dal Lavoro. 10 Dal 1 dicembre 2016 l’ISFOL (Istituto Nazionale per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori), ha cambiato nome in INAPP - Istituto Nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (D.Lgs 150/2015 che definisce la rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro e declina le funzioni dell’ISFOL, e il D.Lgs 185/2016 che sancisce la nuova denominazione dell’Istituto). 11 La ricerca “Rilevazione delle Buone Pratiche realizzate da imprese private per fronteggiare il problema dell’invecchiamento della forza lavoro” è stata realizzata nel 2013-14 dal Gruppo di ricerca sull’invecchiamento della forza lavoro dell’INAPP, attraverso uno screening telefonico, con interviste CATI, su un campione di 152 imprese di grandi dimensioni, pari a circa il 10% delle grandi imprese attive in Italia, in specifici settori, estratto dall’Archivio Statistico delle Imprese Attive (ASIA) 2010. I settori identificati come maggiormente significativi, per gli aspetti più strettamente connessi al fenomeno dell’invecchiamento della forza lavoro, sono stati: attività manifatturiere, costruzioni, fornitura di energia e di acqua, attività editoriali e radiotelevisive, poste e telecomunicazioni, attività finanziarie e assicurative. Dalla ricerca è emersa, in primo luogo, una moltitudine di “Prassi Promettenti”, situazioni embrionali potenzialmente in grado di svilupparsi come interventi strutturati di age management. Sono state, inoltre, identificate 15 imprese che hanno implementato azioni di age management rispondenti a requisiti di “Buone Prassi”, delle quali 8 sono state analizzate come casi-studio con focus group e interviste in profondità a manager, rappresentanti sindacali e dipendenti (Hera spa, IBM Italia, Informatica Trentina, Intesa Sanpaolo, Novartis Farma, Reale Mutua Assicurazioni, Telecom Italia, UBI Banca). A giugno 2017 è stata avviata un’attività di follow-up sugli 8 case-study, attraverso l’analisi della documentazione tecnica disponibile (es. bilanci di sostenibilità) e interviste telefoniche di aggiornamento ai responsabili delle attività, i cui primi risultati sono stati integrati alle principali evidenze della ricerca per l’elaborazione del presente paper.

Page 7: Age management e integrazione tra nuovi sistemi di …...2 Age management e integrazione tra nuovi sistemi di welfare e modelli organizzativi d’impresa Maria Luisa Aversa, Luisa

7

In siffatti contesti, l’orientamento alla valorizzazione delle competenze e della diversità punta proprio sullo sviluppo, professionale e non, delle proprie persone per affrontare le difficoltà della crisi e le sfide dei nuovi mercati. In particolare emerge una stretta relazione tra la scelta di una gestione HR responsabile e innovativa e una consolidata cultura d’impresa che fa leva sui principi della responsabilità sociale, della sostenibilità e dell’equità. Le imprese appaiono sempre più consapevoli dell’importanza della Corporate Social Responsibility (CSR), sia come riconoscimento del loro ruolo di attori territoriali e sociali, sia come fattore strategico di crescita e di successo nel medio-lungo periodo. Negli ultimi anni si è avvertita sempre di più l’esigenza di avvicinare la responsabilità sociale alle attività di business, di integrarla alla mission aziendale, così da poterne pienamente beneficiare come opportunità di creazione di valore a vantaggio non solo dei collaboratori, degli stakeholder e, più in generale, della società nel suo complesso, ma anche e soprattutto del profitto aziendale, obiettivo imprescindibile di ogni impresa. Si pensi, ad esempio, a Telecom Italia e IBM che, per la natura del proprio business, sono esse stesse attori del processo di trasformazione tecnologica in atto in questi anni, in grado di offrire servizi innovativi a vantaggio sia dei propri clienti che dei propri collaboratori, anche attraverso lo sviluppo di soluzioni tecnologiche personalizzate e accessibili ad ogni tipo di utente (es. disabili). Sempre in ambito tecnologico, Informatica Trentina, come impresa di servizi collegata alla Provincia di Trento, realizza corsi per la sicurezza informatica presso le scuole. Il gruppo Hera, come multiutility del settore energetico, opera nel rispetto dell’ambiente e per la promozione di stili di vita orientati al benessere e al miglioramento della qualità della vita. I gruppi bancari e assicurativi (Sanpaolo, UBI Banca e in particolare Reale Mutua Assicurazioni che, per la sua natura mutualistica vive una corrispondenza cliente-associato) possono attivare iniziative volte a favorire l’inclusione e l’educazione finanziaria e assicurativa, dove l’una può agevolare l’altra favorendo la creazione di un circolo virtuoso di creazione del valore. Come esplicitamente enunciato in alcuni bilanci di sostenibilità, la solidità e la serietà di un’impresa si misurano, ormai, anche sulla base degli indicatori di responsabilità sociale. La reputazione dell’impresa è direttamente proporzionale alla credibilità delle sue iniziative di sostenibilità: se queste ultime non sono serie e verificate, si ritorcono sulla reputazione aziendale con un effetto-boomerang; allo stesso modo, se un’impresa non gode di una buona reputazione, ne risentono negativamente anche i suoi progetti di sostenibilità, che saranno considerati poco credibili. Nelle imprese coinvolte nella ricerca, il concetto di CSR ha effettuato negli anni un percorso evolutivo che ne ha modificato il paradigma in maniera sostanziale, con implicazioni significative anche sullo sviluppo del loro sistema di welfare. La maturazione di una nuova consapevolezza rispetto alla propria funzione sociale ha giocato un ruolo fondamentale per il completo superamento di una concezione di responsabilità che vedeva l’impresa agire nel sociale come uno sponsor, a beneficio esclusivo della propria immagine. Negli anni più recenti si è invece sviluppata un’idea di responsabilità sociale in cui l’impresa acquisisce consapevolezza del proprio ruolo di attore, non solo economico, che opera in un contesto socio-ambientale di riferimento e ne condivide, insieme alle istituzioni e agli altri membri della collettività, la tutela e lo sviluppo attraverso la gestione responsabile delle sue attività. In tale contesto il welfare aziendale non rappresenta solo uno strumento di contenimento del costo del lavoro e di integrazione del welfare statale, ma assume anche la funzione di elemento innovatore nella gestione delle risorse umane, generando effetti positivi sulla produttività con il sostegno all’engagement, all’empowerment e al miglioramento delle condizioni di vita dei collaboratori e delle loro famiglie. Nei piani di sostenibilità elaborati dalle imprese, nell’ambito dei quali si sviluppano i sistemi aziendali di welfare, la matrice di materialità consente di identificare ogni anno le macroaree tematiche nelle quali realizzare interventi coerenti con le strategie di business e compatibili con la redditività aziendale12, tramite la lettura incrociata di due prospettive: la rilevanza rispetto agli obiettivi interni all’impresa e la rispondenza alle sollecitazioni/aspettative del contesto esterno. Negli ultimi anni, tra le tematiche di maggiore rilevanza sotto entrambi i profili, figurano sempre più spesso: la tutela dell’occupazione, la gestione responsabile delle risorse umane e la qualità della vita in azienda.

12 La matrice di materialità costituisce una rappresentazione grafica, su un sistema di assi cartesiani, dell’integrazione tra le priorità nelle istanze, negli obiettivi e nelle aspettative del contesto di riferimento esterno, da una parte, e le priorità negli obiettivi, negli impegni e nelle strategie dell’impresa, dall’altra. Nel quadrante in alto a destra, pertanto, si posizionano quegli interventi che rappresentano contestualmente una rilevanza prioritaria per le strategie aziendali e per gli interessi degli stakeholder.

Page 8: Age management e integrazione tra nuovi sistemi di …...2 Age management e integrazione tra nuovi sistemi di welfare e modelli organizzativi d’impresa Maria Luisa Aversa, Luisa

8

L’obiettivo di mantenere e sostenere i livelli di occupazione porta spesso con sé l’attuazione di consistenti politiche di contenimento dei costi aziendali che possono essere causa di situazioni di tensione nei rapporti con il personale e le rappresentanze sindacali. A questo tipo di problematiche sono riconducibili molti interventi volti al rafforzamento dell’engagement e della motivazione, o al miglioramento dell’ambiente di lavoro, accompagnati da un progressivo allargamento dei servizi e riconoscimenti offerti ai dipendenti, che si arricchiscono di proposte sempre nuove ad integrazione della remunerazione economica. Le imprese intervistate sottolineano come le persone costituiscano un patrimonio di competenze, saperi ed esperienza da salvaguardare e valorizzare, perseguendo l’obiettivo di un ambiente lavorativo inclusivo, dove nessuno si ritrovi escluso e ciascuno sia messo nelle condizioni di esprimere il meglio di sé, mettendo in pratica le proprie potenzialità e partecipando a tutte le opportunità di crescita professionale. In tale ottica c’è chi sostiene che ci sia un passaggio, fluido e continuo, dall’age management13 al welfare aziendale, per preservare la persona e accompagnarla nella sua crescita individuale a 360 gradi. L’obiettivo si sposta dal contrasto alla discriminazione, dall’abbattimento delle barriere legate all’avanzare dell’età, alla creazione di un sistema di welfare che dia a tutte le persone, giovani e meno giovani, gli strumenti per preservare il proprio capitale fisico e mentale, nonché per sviluppare la propria capacità lavorativa. L’orientamento prevalente è quello alla “Centralità della persona”, intesa come valorizzazione del contributo di ognuno nelle strategie e nelle scelte aziendali, perseguita ricercando la soddisfazione delle sue aspettative e dei suoi bisogni, oltre che investendo in modo significativo nella formazione e nello sviluppo professionale. La formazione, già identificata come strategia prioritaria dell’age management in quanto strumento trasversale che sostiene lo sviluppo di diverse azioni anche in altri ambiti d’intervento (es. salute e sicurezza, sviluppo di carriera ecc.), si rende ancor più necessaria nell’attuale contesto economico e sociale. Oggi, infatti, i mercati, divenuti sempre più globali e competitivi, stanno vivendo una fase di evoluzione rapidissima, nella quale la tecnologia digitale sta compiendo quella che molti definiscono una nuova rivoluzione industriale, destinata a stravolgere l’organizzazione e la concezione stessa del lavoro, oltre che la comunicazione e la gestione delle relazioni sociali14. L’informazione sulle opportunità del digitale e la formazione tecnica per il suo corretto utilizzo, non solo in ambito professionale, diventano quindi un terreno prioritario di intervento sia per supportare l’innovazione dei processi produttivi e rafforzare dell’employability dei lavoratori, sia per l’introduzione di nuovi servizi di welfare anche a vantaggio dei loro figli e delle loro famiglie.

2.2 L’employability come strategia prioritaria e l’esigenza di azioni concrete “Le imprese devono uscire dal power point …” La parola-chiave dei piani di sviluppo è oggi employability. Le linee di intervento sono infatti orientate alla responsabilizzazione delle persone rispetto alla loro occupabilità e, in particolare, alla partecipazione consapevole alle soluzioni di sostegno all’empowerment create dall’azienda. Queste devono tenere conto soprattutto dell’innovazione tecnologica, in particolar modo della rivoluzione digitale e della velocità dei tempi di adattamento imposti dalla rapidità con cui evolve il contesto. È necessario saper anticipare il cambiamento in modo da essere pronti ad affrontarlo nel modo giusto, al momento giusto e le persone devono essere rese consapevoli e responsabili per poter cogliere le opportunità di sviluppo offerte dall’impresa. A questo nuovo approccio è legato un cambiamento nel paradigma della formazione e dello sviluppo. Si sta passando da una concezione di formazione intesa come aggiornamento delle competenze legate al lavoro

13 In alcune imprese si parla oggi di longevity management, più che di age management, per indicare la gestione di organizzazioni la cui curva demografica tende a seguire la curva demografica del Paese, accorciandosi nelle classi di età più giovani, allungandosi in quelle di età più elevata e registrando un progressivo aumento dell’età media aziendale. 14

A tal proposito alcuni referenti aziendali intervistati osservano che la tradizionale concezione che vede i giovani più competenti sulle nuove

tecnologie e i lavoratori anziani in difficoltà per l’utilizzo delle stesse, starebbe cedendo il passo di fronte a una diffusione di tecnologie sempre più indipendenti rispetto al fattore umano e sempre più utilizzate da tutte le classi di età, anche le più anziane, che sarebbero invogliate ad acquisirne la padronanza, sia in ambito professionale (dove spesso possono rendere molto più facili lavori un tempo troppo faticosi per essere svolti in età avanzata), sia in altre sfere della loro vita personale.

Page 9: Age management e integrazione tra nuovi sistemi di …...2 Age management e integrazione tra nuovi sistemi di welfare e modelli organizzativi d’impresa Maria Luisa Aversa, Luisa

9

svolto (o da svolgere), a una formazione finalizzata più in generale a rafforzare l’employability delle persone, con l’apprendimento e lo sviluppo di nuove competenze spendibili anche in altri settori dell’impresa o del gruppo del quale essa fa parte. La modalità stessa di accesso alla formazione è passata da un approccio top-down a percorsi che, partendo dal coinvolgimento, la sensibilizzazione e la responsabilizzazione della persona, la portano ad una scelta consapevole, eventualmente effettuata consultandosi con il proprio responsabile, dei percorsi più utili tra quelli presenti nell’offerta formativa aziendale. Analogamente, per quanto riguarda lo sviluppo, si sta passando da una situazione nella quale normalmente la persona attendeva di conoscere il settore nel quale essere collocata, al coinvolgimento dei lavoratori in processi finalizzati a renderli consapevoli del proprio profilo e delle proprie caratteristiche, in modo da poter scegliere con criterio le attività nelle quali esprimere al meglio il proprio potenziale e che offrano loro migliori opportunità di crescita professionale e sviluppo di carriera. A corollario di tali trasformazioni, talvolta è stata rivista anche l’organizzazione interna, con la creazione di poli unici che accorpano le funzioni formazione, sviluppo HR e comunicazione. In un’ottica di centralità della persona, il lavoratore può essere così seguito nel suo percorso di carriera a 360 gradi, lungo tutto il ciclo di vita. La persona, a sua volta, può più facilmente fare riferimento in modo univoco alla stessa struttura per tutto ciò che riguarda la sua partecipazione alle attività aziendali e lo sviluppo del proprio percorso professionale. Si osserva, a tal proposito, una maggiore attenzione alla comunicazione interna, che viene sviluppata, migliorata e incentivata con la creazione di social aziendali, o iniziative specifiche per informare costantemente e puntualmente tutto il personale sui progetti strategici e i cambiamenti organizzativi dell’impresa, aumentando l’engagement dei dipendenti. A fronte dell’elevata attenzione che il mondo accademico e le istituzioni dedicano all’evoluzione demografica, da una parte, e ai sistemi di welfare dall’altra, il mondo imprenditoriale avverte l’esigenza imprescindibile di azioni concrete e non solo teoriche. Questo implica talvolta la messa in discussione di alcuni strumenti già sperimentati anche con successo, come il mentoring e reverse mentoring, ma in realtà considerati oggi poco applicabili alla realtà quotidiana, perché considerati spesso dai lavoratori maturi come un modo garbato per essere messi da parte, “parcheggiati”. Preferibili, sotto il profilo dell’applicazione pratica all’organizzazione attuale del lavoro, sono considerati invece altri strumenti come il revolving door o il job posting, 15, lo smart working, le scuole di mestiere. Analizziamo, quindi, sinteticamente, obiettivi e contenuti delle diverse tipologie di interventi di welfare aziendale rilevati nelle aziende coinvolte negli studi di caso. Essi possono essere raggruppati nelle seguenti macroaree:

Conciliazione

Educazione e Istruzione

Volontariato

Tempo libero

Salute e Benessere

Inclusione Conciliazione I servizi riconducibili a questa macroarea sono volti a sviluppare un migliore equilibrio tra vita lavorativa e vita extra-lavorativa, mirando in particolare a facilitare la conciliazione degli impegni lavorativi con quelli familiari.

15 La locuzione revolving door (dall’inglese: porte girevoli) è prestata dalla terminologia politica per indicare lo svolgimento di più ruoli contemporaneamente da parte dello stesso individuo, o il suo transito da un comparto all’altro. In questo caso l’espressione viene utilizzata da alcune imprese per indicare una forma di mobilità interna, organizzata in modo che la persona passi un periodo limitato di tempo in settori diversi, mettendo a disposizione le proprie competenze in un differente contesto lavorativo e acquisendone contestualmente di nuove. Con il job posting l’impresa utilizza il proprio sito per la pubblicazione degli annunci di lavoro. In questo caso è inteso come strumento di mobilità interna che viene resa più agevole e trasparente con la pubblicati degli annunci che i collaboratori hanno l’opportunità di valutare per decidere se candidarsi.

Page 10: Age management e integrazione tra nuovi sistemi di …...2 Age management e integrazione tra nuovi sistemi di welfare e modelli organizzativi d’impresa Maria Luisa Aversa, Luisa

10

Si annoverano tra questi: smart-working, telelavoro, part-time e altre forme di flessibilità o riduzione dell’orario di lavoro; forme di integrazione ai periodi di congedo previsti dalla legge; asili nido, scuole materne aziendali e soggiorni estivi per i figli, supporto all’assistenza di familiari anziani o non-autosufficienti (es. convenzioni con cooperative o con servizi comunali), sevizi che facilitano lo spostamento casa-lavoro e l’attivazione di servizi di pubblica utilità presso la sede aziendale (es. servizi postali). Educazione e istruzione Questa tipologia d’interventi, rivolta prevalentemente, ma non esclusivamente, alle persone appartenenti al nucleo familiare del collaboratore, favorisce l’empowerment dei futuri lavoratori e la mobilità sociale. Questi alcuni esempi: rimborso tasse universitarie, borse di studio, soggiorni all’estero per l’apprendimento delle lingue, sussidi, partecipazione a progetti di alternanza scuola-lavoro in collaborazione con scuole e MIUR; incontri di orientamento degli studenti presso le scuole; tirocini presso l’azienda. Volontariato Questi servizi sono finalizzati a favorire, con l’intermediazione aziendale, la partecipazione dei collaboratori alla vita della collettività e a rafforzarne la motivazione e lo sviluppo individuale con lo svolgimento di attività di significativo valore etico e sociale. Tra questi interventi si annoverano: interventi formativi nelle scuole, collaborazione con enti di volontariato, donazione di sangue, vendita di prodotti solidali, organizzazione di attività fisiche in gruppo a scopo benefico (es. Race for the Cure), che hanno anche la funzione di sviluppare lo spirito di gruppo. Tempo Libero Obiettivo degli interventi afferenti a questa macroarea è di facilitare le attività ricreative del dipendente e della sua famiglia, contribuendo al perseguimento di una migliore qualità della vita e della crescita personale con lo svolgimento di attività stimolanti nel tempo extra-lavorativo. Rientrano in questa macroarea: le convenzioni con agenzie di viaggio, palestre e centri sportivi, sconti per cinema, teatro, concerti, mostre ed altri eventi, circoli ricreativi aziendali. Salute e Benessere La finalità di questa tipologia di interventi è quella di preservare l’integrità fisica e mentale delle persone, anche in un’ottica di longevity management, stimolando il rispetto di stili di vita salutari. Significativa la complessità e la strutturazione di queste azioni che sono studiate per essere specificamente dedicate sia alla salute e all’integrità del fisico (ivi compresa una corretta e sana alimentazione), sia al benessere mentale. Molteplici e variegate le azioni realizzate in quest’ambito: dai più tradizionali interventi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, programmi di prevenzione con visite mediche anche specialistiche e assistenza sanitaria integrativa, ai programmi di sostegno al rientro in azienda dopo lunghi periodi di malattia; alle postazioni ergonomiche e le campagne contro il fumo, agli incontri di formazione sugli stili di vita corretti e sulle attività per mantenere sana e attiva la mente, alla palestra aziendale (anche con disponibilità di un coach per training individuale), fino ad arrivare ad accordi con le ditte fornitrici dei distributori automatici per l’erogazione di cibi e bevande più sani, all’istituzione di commissioni mensa con il compito di monitorare periodicamente la qualità del servizio aziendale, o ai programmi a supporto della mobilità sostenibile (es. auto condivisa) per minimizzare l’impatto ambientale. Inclusione Questa macroarea raggruppa tutte le tipologie di intervento volte al superamento degli ostacoli che impediscono alle persone di far pienamente parte della vita dell’organizzazione. E’ considerato in molte aziende l’ambito di welfare più complesso e a maggior valore aggiunto, poiché racchiude al suo interno alcune tematiche particolarmente delicate e importanti, come la diversability, la longevità lavorativa e l’occupabilità, dove pesano particolarmente gli interventi a prevalente contenuto formativo che, seppur presenti in tutte le precedenti macroaree, qui svolgono un ruolo chiave.

Page 11: Age management e integrazione tra nuovi sistemi di …...2 Age management e integrazione tra nuovi sistemi di welfare e modelli organizzativi d’impresa Maria Luisa Aversa, Luisa

11

La tipologia di attività è numerosa e variegata: incontri di sensibilizzazione, informazione e formazione per diffondere la cultura della diversità; formazione per il diversity management; interventi per la facilitazione del lavoro dei disabili e corsi di disability management; programmi di supporto alla genitorialità; interventi per le pari opportunità e per il sostegno del lavoro femminile e della maternità (dal sostegno al rientro dopo la maternità, ai parcheggi per le mamme); interventi per l’equiparazione di LBTG16 alle coppie conviventi; contributi per l’abbonamento ai mezzi pubblici; canoni e prestiti agevolati (es. acquisto prima casa, ristrutturazione casa, gravi motivi familiari, ecc.). Le imprese coinvolte nella ricerca mostrano una propensione all’apertura verso l’esterno e alla collaborazione con la collettività. Elaborano piani di welfare completi e strutturati che in alcuni casi hanno anche ricevuto premi e riconoscimenti a livello nazionale, dotandosi delle certificazioni necessarie ed esportandoli anche al di fuori della propria struttura organizzativa. In primo luogo, viene incentivata, con concorsi di idee aziendali, la partecipazione dei lavoratori ad iniziative che premiano progetti da loro ideati ed elaborati, sia nell’ambito dell’innovazione sociale e della solidarietà, sia in quello dell’innovazione digitale tesa al miglioramento di alcuni servizi di pubblica utilità. Si rilevano iniziative analoghe, aperte a proposte esterne, volte alla promozione di idee imprenditoriali ad alto impatto positivo per la collettività. Inoltre appare molto diffusa la partecipazione delle imprese a iniziative territoriali e nazionali di promozione del welfare, sia, come abbiamo visto all’inizio del paragrafo, mettendo a disposizione il proprio business (es. assicurativo, finanziario, informatico, tecnologico, ecc.), sia partecipando alla diffusione e/o al trasferimento delle proprie esperienze interne di welfare aziendale, sia partecipando ad attività di studio e ricerca su questo tema. È il caso, ad esempio, di Novartis che partecipa alla rete GIUNCA17, o di UBI Banca che, in collaborazione con ADAPT, ha avviato un Osservatorio sul Welfare18. Infine, attraverso la collaborazione con le associazioni datoriali e con le organizzazioni del terzo settore, le imprese partecipano allo sviluppo dei sistemi di welfare territoriale in sinergia con gli altri attori locali. I recenti incentivi al welfare aziendale stanno sicuramente favorendo lo sviluppo di questo tipo di iniziative. Le imprese intervistate hanno già sottoscritto, o stanno concludendo accordi con i sindacati per i premi di risultato, considerati un’opportunità importante per allargare la loro offerta di welfare aziendale, peraltro già molto ricca, con ulteriori servizi da sviluppare negli ambiti dove rilevano nuovi bisogni o dove ritengono di essere più carenti. Tali incentivi sono considerati anche un utile supporto al rilancio e al rafforzamento del dialogo con i sindacati e della contrattazione di secondo livello, molto diffusa per l’implementazione dei sistemi di welfare aziendale e delle strategie di age management, ma talvolta ostacolata dalle situazioni di tensione che si sono create negli anni più difficili della crisi economica.

3. Conclusioni

Il prolungamento della vita lavorativa - obiettivo prioritario delle politiche di age management - si dovrebbe correttamente esplicare attraverso diverse e multivariate azioni, quali le politiche formative e di uscita dal lavoro, l’offerta di adeguati servizi sociali e sanitari e, infine, con la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’età. Soltanto attraverso la sinergia tra tutti gli attori coinvolti nel processo, ovvero i singoli lavoratori, le imprese, le organizzazioni sindacali, le reti territoriali, nonché la società nel suo complesso, si ritiene possibile contribuire a migliorare e rafforzare sia l’occupabilità dei lavoratori, in particolare di quelli maturi, sia la qualità di una permanenza gioco forza prolungata al lavoro, in accordo con le dimensioni di workability ed emplyability teorizzate da Illmarinen19. Ciò può avvenire anche e

16 LBTG (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) è un acronimo utilizzato in riferimento alla diversità delle culture basate su sessualità e identità di genere, a volte utilizzato per riferirsi a chiunque sia non-eterosessuale. 17 La rete di imprese GIUNCA (Gruppo di Imprese Unite nel Collaborare Attivamente), alla quale aderiscono dieci aziende, è stata creata nel 2012 in provincia di Varese al fine di proporre nuove iniziative di welfare aziendale a vantaggio dei propri dipendenti. 18 L’Osservatorio UBI Welfare è un’iniziativa di analisi e ricerca nata da una collaborazione con ADAPT, la Scuola di Alta Formazione in relazioni industriali e di lavoro fondata da Marco Biagi, con l’obiettivo di elaborare indicatori e chiavi di lettura in particolare sul tema del welfare. 19 Secondo Illmarinen il concetto di occupabilità da solo non è sufficiente a spiegare e risolvere il problema dell’occupazione della forza lavoro matura. Seguendo questo approccio, il concetto di capacità di lavoro (workability), valida per ogni gruppo di età, nasce dall’interazione tra i fattori individuali propri di ciascuna persona (salute, istruzione, competenze, valori e motivazioni) e il suo ambiente lavorativo. L’invecchiamento e i continui cambiamenti nell’organizzazione del lavoro fanno sì che la workability di ciascun individuo sia soggetta a successive trasformazioni nel

Page 12: Age management e integrazione tra nuovi sistemi di …...2 Age management e integrazione tra nuovi sistemi di welfare e modelli organizzativi d’impresa Maria Luisa Aversa, Luisa

12

soprattutto se le politiche regolatorie e gli interventi di politica attiva di livello nazionale e regionale contribuiscono a creare un ambiente favorevole all’adozione e al rafforzamento delle pratiche di diversity management non solo in termini di caratteristiche dei lavoratori (genere, disabilità, appartenenza etnica, religiosa, orientamento sessuale, ecc.), ma anche di esigenze diverse in relazione all’evolversi del ciclo di vita individuale. Il welfare aziendale si configura, pertanto, come la chiave di volta di uno cambiamento nel rapporto tra imprese e lavoratori che, attraverso una migliore comprensione dei loro bisogni e un allargamento del concetto di retribuzione, miri al rafforzamento dell’engagement, della fidelizzazione e della loro partecipazione all’organizzazione aziendale. Un cambiamento da supportare, oltre che con politiche del lavoro adeguate, anche attraverso il rilancio delle relazioni industriali. Il prolungamento della vita lavorativa dipende dunque da un insieme di fattori: dal contesto normativo, dalle regole del mercato del lavoro rispetto alla gestione delle risorse umane e dalle strategie di welfare messe in campo dalle singole imprese, sia al loro interno, che nell’ambito dei network aziendali di cui fanno parte. Le organizzazioni lavorative possono sostenere la permanenza prolungata al lavoro dei propri dipendenti promuovendo cambiamenti culturali che, ispirandosi a criteri di responsabilità sociale, si riflettano sui modelli gestionali e organizzativi. Le politiche industriali e del lavoro, da parte loro, possono adeguare il quadro normativo di riferimento, oltre ad offrire alle organizzazioni lavorative incentivi di natura finanziaria.

corso della sua vita lavorativa. Lo sviluppo e l’incremento della workability dovrebbe dunque fungere da supporto al processo di employability, poiché, soltanto facendo interagire queste due dimensioni, strettamente interconnesse e interrelate, è possibile contribuire al miglioramento dell’occupazione in termini di qualità del lavoro e della vita in generale, in tutte le fasce di età e in particolare, nel target più maturo (Illmarinen, 1999).

Page 13: Age management e integrazione tra nuovi sistemi di …...2 Age management e integrazione tra nuovi sistemi di welfare e modelli organizzativi d’impresa Maria Luisa Aversa, Luisa

13

Bibliografia Ascoli U. e Ranci C. (a cura di), Il welfare mix in Europa, Carrocci, Roma, 2003 Ascoli U., Mirabile M.L., Pavolini E., Tempi moderni. Il welfare nelle aziende in Italia, Il Mulino, Bologna, 2013 Agostini C., Ascoli U., Il welfare occupazionale: un’occasione per la ricalibratura del modello italiano?, Politiche Sociali, Il Mulino, Bologna, 2/2014 ASTRIL – Associazione Studi e Ricerche Interdisciplinari sul Lavoro, Il welfare aziendale al tempo della crisi: la rete di imprese “giunca” di Gianluca Urbisaglia, Working Paper n° 16/2015, 2015 Aversa L. D’Agostino L. Parente M., (a cura di) “L’age management nelle grandi imprese italiane. I risultati di un’indagine qualitativa”, ISFOL, I libri del Fondo Sociale Europeo, settembre 2015 Castel R., L’insicurezza sociale. Che significa essere protetti?, Torino, Einaudi, 2004

Families and Work Institute, National Study of the Changing Workforce, 2007

Ferrera M. (a cura di), Le Politiche Sociali, Il Mulino, Bologna, 2012

Granaglia E., L’uguaglianza di capacità. Un’innovazione terminologica o una nuova concezione di uguaglianza di opportunità?, in QA Rivista dell’Associazione Rossi-Doria, 2007 Eurofound, A Guide to good practice in Age Management, 2006 Fiore T, Welfare aziendale: l’esperienza di Telecom Italia, Bollettino ADAPT, 2 marzo 2011 Ganster D.C., Fox M.L., Dwyer D.J., Explaining employees‟ health care costs: a prospective examination of stressful job demands, personal control, and physiological reactivity, «Journal of Applied Psychology», 86, 5, pp. 954-964, 2001

Grandi D., Il valore generato dal welfare aziendale, in Massagli E. (a cura di), Il welfare aziendale territoriale per la micro, piccola e media impresa italiana Un’indagine ricostruttiva, ADAPT LABOUR STUDIES e-Book series, n. 31, 2014 Illmarinen J., Ageing workers in the European Union. Status and promotion of workability, employability, employment, Helsinki, Finnish Institute on Occupational Health, Ministry of Social Affairs and Health, 1999 Illmarinen J., Trent’anni di work ability e venti di age management, in Marcaletti F., Zanfrini L., L’invecchiamento delle forze di lavoro. Lo stato del dibattito in Europa, Franco Angeli, Milano, 2012 Intesa Sanpaolo, Bilancio di Sostenibilità 2016 ISTAT, Rapporto annuale 2016. La situazione del Paese, ISTAT, Roma, 2016 ISTAT, Rapporto BES 2016. Il benessere equo e sostenibile in Italia, ISTAT, Roma, 2016 ISTAT, Rapporto annuale 2016. La situazione del Paese, ISTAT, Roma, 2017 Maino F., Il secondo welfare: contorni teorici ed esperienze esemplificative, Politiche sociali, 4/2012

Page 14: Age management e integrazione tra nuovi sistemi di …...2 Age management e integrazione tra nuovi sistemi di welfare e modelli organizzativi d’impresa Maria Luisa Aversa, Luisa

14

Maino F., Ferrera M., (a cura di), Secondo Rapporto sul secondo welfare in Italia, Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi, Torino, 2015

Mallone G., Il secondo welfare in Italia: esperienze di welfare aziendale a confronto, Centro di Ricerca e documentazione “Luigi Einaudi”, 2015 Massagli E., Spattini S., (a cura di), Cosa intendiamo quando parliamo di welfare aziendale?, Bollettino Adapt, 23 gennaio 2017 Mauro A., Welfare aziendale: una chiave di lettura della proposta di Linee Guida per le aziende bergamasche, Bollettino ADAPT del 3 Luglio 2017 Mazzucchelli S. (a cura di), Conciliazione Famiglia e lavoro, Osservatorio Nazionale sulla famiglia, 2011 Pantrini P., Valorizzare la diversità per incrementare la produttività - Intervista a Consuelo Battistelli, Diversity engagement partner di IBM Italia, (www.secondowelfare.it, 19 novembre 2016) Ranci C., Le nuove disuguaglianze sociali in Italia, Bologna, Il Mulino, Bologna, 2002 Ranci C., Politiche sociale. Bisogni sociali e politiche di welfare in Italia, Il Mulino, Bologna, 2004 Reale Group, Bilancio di Sostenibilità 2016

Saraceno C., Modelli di welfare e rischi sociali vecchi e nuovi, Polis, Il Mulino, Bologna, 2006

Schütz A. (1974), La fenomenologia del mondo sociale, Il Mulino, Bologna Sen A., L’idea di giustizia, Mondadori, Milano, 2010 TIM, Bilancio di Sostenibilità 2016 Titmuss R. M., Essays on the Welfare State, 1958 Walker A., Individuazione buone prassi, in C. Malpede e C. Villosio (a cura di), Dal lavoro al pensionamento, F. Angeli, 2005 WFC Resources (2006), The Most Important Work-Life Studies 2005-2009

Zucaro R. , La conciliazione vita-lavoro nei contesti aziendali, in Massagli E. (a cura di), Il welfare aziendale territoriale per la micro, piccola e media impresa italiana, Adapt, 2014