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www.missionaridafrica.org n.6 novembre-dicembre 2013 anno 91 Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 , DCB Milano.

Africa 06 2013 - Novembre-Dicembre 2013

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Africa Missione e Cultura - Bimestrale di informazione e cultura africana edito dai Padri Bianchi - Africa Missione e Cultura - Bimestrale di informazione e cultura africana edito dai Padri Bianchi - In questo numero il racconto fotografico di un anno denso di eventi che hanno scosso il continente. Per non dimenticare quello che è accaduto. Per capire il presente. E prepararsi al futuro

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ZambiaZambia

Missione Zambesi

Somalia

A cacciadi pirati

Ghana

La città della boxe

Etiopia

L’ospedale volante

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per naTale reGala e reGalaTi

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La prima cosa che dobbia-mo costatare è che i for-midabili livelli di crescita, vantati da molti Paesi afri-cani definiti paradisi per gli investitori mondiali, non sono evidentemente consi-derati una chance dai gio-vani africani.Dobbiamo prenderne atto ed evitare che il cliché del-la crescita diventi un nuovo luogo comune con il quale definire l’Africa. Certo, la crescita c’è e costituisce una grande speranza, un’oppor-tunità; ma evidentemente chi fugge non ha molta fi-ducia sul fatto che i vantag-gi economici determinati da quella crescita, saranno distribuiti equamente. Come dargli torto? Se si guarda schematicamente ai Paesi dell’Africa sub-sahariana, non si può fare a meno di rendersi conto che molti sono governati da Presidenti al potere ormai

oltre i mandati consenti-ti, o da classi politiche che sono le stesse da decenni, a volte dall’indipendenza. Qualche esempio? Etiopia, Eritrea, Angola, Mozam-bico, Ciad, Sudan, Congo-Brazzaville, Gabon, Togo, Zimbabwe, Uganda, Burki-na-Faso, Camerun. Oppure sono Paesi con guerre e conflitti interni gravi: Somalia, R.D. Con-go, Nigeria, Mali, Centra-frica. O ancora Paesi ridotti in miseria che, seppure cre-scano grazie ad investitori esterni, devono affidarsi a sporchi traffici interna-zionali come quello della droga: Guinea, Gambia, Guinea Equatoriale, Gui-nea-Bissau. Insomma, non c’è nul-la di definito, nulla che ci possa far prevedere che in primavera, quando le con-dizioni climatiche lo per-metteranno, ci saranno

meno migranti desiderosi di raggiungere le coste eu-ropee. Nulla che ci possa preservare da un nuovo tsu-nami emotivo e mediatico come quello determinato dalla sciagura autunnale di Lampedusa. O meglio, un motivo di speranza c’è, ed è il fatto che in molti Paesi è sempre più attiva e visi-bile la cosiddetta “Società civile” che si manifesta con proteste, critiche, conte-stazioni, proposte: Sudan, Togo, Uganda, Est del Con-go; sono settori della socie-tà che spingono perché la crescita sia realmente una opportunità per tutti.Ma hanno bisogno di un sostegno esterno, cioè che Europa, Onu, Stati Uniti aiutino la società civile a scaricare realmente i vec-chi dinosauri per fare spa-zio al “nuovo che avanza”, che in Africa c’è, eccome se c’è. •

La sciagura di Lampe-dusa sembra ormai lontana. Ma è solo

un’illusione: i barconi di migranti hanno smesso di arrivare con la frequenza di qualche mese fa solo per una questione climatica. Nelle profondità dell’Afri-ca le condizioni che spin-gono migliaia di giovani ad affrontare i pericoli di un lungo viaggio e di una traversata marittima che li porti nell’agognata Europa non sono per nulla cambia-te, anzi. A freddo, non obnubilati dalle emozioni suscitate dalla tragedia dei primi di ottobre, non possiamo far altro che costatare che quella invernale è solo una pausa. Poi il Mediterraneo -cimitero tornerà ad esse-re alimentato di nuovo da quel serbatoio di speranze deluse che è il continente africano.

editoriale

Sostenere, non giudicare

di Raffaele Masto

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sommario

copertinaAfrica 2013a cura di Marco Trovato

attualitàAfricanewsa cura di InfoAfrica

Guerra “verde” alle zanzaredi Nzioka Museru e Remi Benali

Surf estremodi Olivia Widmond

Privé Lubumbashidi R. Masto e G. Dubourthoumieu

L’ultimo ballo del caro estintodi Edwin Monroe

Il futuro è in Africadi Marco Trovato

societàLa memoria ritrovatadi M. Aime e X. Rossi Pictures

Kenya, lezioni high-techdi Desmond Nzioka

Gente che fa notiziaa cura della redazione

libri e musicaLibri e musicadi P.M. Mazzola e C. Agostoni

culturaI signori del miele di Eric Tourneret

Ritmi divinidi Olivier Goujon

Una lavagna per informaredi Eugene Lacoste

Giovani obiettividi Marco Trovato

sportRuanda sui pedalidi M. Pastonesi, B. Zanzottera e M. Trovato

viaggiFuga sul monte Kenyadi Bruno Zanzottera

chiesaBacchetta magicadi Alain Buu/Orizon

Notizie in brevea cura di Anna Pozzi

togu naa cura della redazione

vita nostraa cura della redazione

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COME RICEVERE AFRICAper l’Italia:

Contributo minimo consigliato30 euro annuali da indirizzare a:

Missionari d’Africa (Padri Bianchi)viale Merisio, 17 - 24047 Treviglio (BG)

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BCC di Treviglio e Gera d’Adda Missionari d’Africa Padri Bianchi

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africa rivista

EditorEProv. Ital. della Soc. dei Missionari

d’Africa detti Padri Bianchi

dirEttorE rEsponsabilEAlberto Rovelli

dirEttorE EditorialE

Paolo Costantini

CoordinatorEMarco Trovato

wEbmastErPaolo Costantini

amministrazionEBruno Paganelli

promozionE E UffiCio stampaMatteo Merletto

progEtto grafiCoE rEalizzazionEElisabetta Delfini

dirEzionE, rEdazionEE amministrazionE

Cas. Post. 61 - V.le Merisio 1724047 Treviglio (BG)

tel. 0363 44726 - fax 0363 [email protected]

www.missionaridafrica.orghttp://issuu.com/africa/docs

fotoSi ringrazia Olycom

CoordinamEnto E stampaJona - Paderno Dugnano

Periodico bimestrale - Anno 91novembre-dicembre 2013, n° 6

Aut. Trib. di Milano del 23/10/1948 n.713/48

L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forni-ti dai lettori e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione. Le informazioni custodite ver-ranno utilizzate al solo scopo di inviare ai lettori la testata

e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (legge 196 del 30/06/2003 - tutela dei dati personali).

222222 4040Dall’Africa c’è semprequalcosa di nuovo

Plinio il Vecchio (I secolo d.C.)

@africarivista

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1 Sudan,africani contro CpiI capi di Stato e di governo dell’Unione Africana, riu-niti ad Addis Abeba, hanno chiesto alla Corte penale internazionale un rinvio del processo a carico del Presidente sudanese Omar al-Bashir e di quello kenia-no Uhuru Kenyatta. Hanno annunciato la presentazio-ne di una richiesta all’Onu perché venga rispettato il principio dell’immunità per i capi di Stato.

2 Kenya, sindrome somalaLa Commissione parla-mentare keniana per la Difesa ha valutato la chiu-sura dei campi profughi per i rifugiati somali. Se-condo il presidente della Commissione, «alcune di queste strutture sono utilizzate come campi di addestramento». Il riferi-mento è all’attacco dello scorso 21 settembre contro il Westgate Shopping Mall di Nairobi, costato la vita a decine di persone e riven-dicato dal gruppo armato somalo al Shabaab.

3 Boom turisti,Sudafrica avantiUn rapporto della Banca Mondiale sottolinea il po-tenziale di espansione tu-ristica nei prossimi cinque anni dell’Africa subsaha-riana e di Botswana, Capo Verde, Namibia, Sudafrica e Tanzania in particolare. Dal 1990 il numero dei tu-risti in Africa è triplicato, con un record di 33,8 mi-lioni di presenze nel 2012. Il Sudafrica è il paese più attrezzato per ricettività e infrastrutture.

4 Somalia,arrestato leader piratiMohamed Abdi Hassan, considerato il numero uno dei pirati somali e ritenu-to dall’Onu tra i più peri-colosi, è stato arrestato in Belgio, ove si era recato attiratovi con un tranello. Si stima che dal 2005 ab-bia accumulato una consi-derevole ricchezza grazie alle sue attività crimina-li. Grande bocca, come è soprannominato, dovrà rispondere dell’attacco alla nave Pompei e del se-

questro dei dieci membri dell’equipaggio.

5 Liberia,Inghilterra per TaylorL’ex Presidente liberiano Charles Taylor, condanna-to a 50 anni di detenzione per le violenze commesse durante la guerra civile in Sierra Leone, sconterà la pena in un carcere britan-nico. L’ex capo di Stato ha però chiesto il trasferimen-to in un carcere ruandese perché teme per la propria vita.

6 Gambia,via dal CommonwealthIl Gambia ha deciso di ri-tirarsi dal Commonwealth, l’organizzazione che riu-

Africanews, brevi dal continente

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news a cura di www.infoafrica.it

nisce 54 Paesi quasi tutti anglofoni e con un passato coloniale britannico. In un comunicato il governo sot-tolinea che il Gambia «non farà mai più parte di un’i-stituzione neocoloniale». L’ultimo Paese a uscire dal Commonwealth è stato lo Zimbabwe, nel 2003.

7 Angola,Pechino più vicinaLa compagnia di bandiera angolana Taag ha raddop-piato i propri voli tra Luan-da e Pechino a causa delle relazioni sempre più strette tra i due Paesi e della pre-senza in Angola di una fol-ta comunità cinese che, si stima, conta circa 260mila persone.

20 novembre Mozambico (locali) 23 novembre Mauritania (legislative e locali) 24 novembre Guinea Bissau (presidenziali) 20 dicembre Madagascar (presidenziali e parlamentari

2° turno) 8 gennaio Puntland (presidenziali) 5 febbraio R.D. Congo (locali)

AL OTO

INFO

Africa

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copertina

Africa 2013

a cura di Marco Trovato foto Afp

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febbraioPistorius sotto accusaL’atleta sudafricano Oscar Pi-storius in Tribunale a Pretoria per l’udienza di convalida del suo arresto: è accusato di ave-re ucciso la fidanzata Reeva Steenkamp nel giorno di San Valentino. Secondo gli inqui-renti, l’ex corridore sparò «con l’intenzione di uccidere». Il processo avrà inizio il 3 marzo 2014. In caso di condanna Pi-storius rischia l’ergastolo.

gennaioCoppa d’AfricaTifosi del Mali nel villaggio di Douentza esultano per una rete segnata dalla loro nazionale im-pegnata nella Coppa d’Africa, svol-tasi in Sudafrica dal 19 gennaio al 10 febbraio: venti giorni di febbre calcistica che hanno paralizzato l’intero continente. In finale le Su-per Aquile della Nigeria (già cam-pioni continentali nel 1980 e 1994) hanno spezzato il sogno del Bur-kina Faso, piccolo e povero Paese del Sahel, vera sorpresa del torneo. Terzo classificato: il Mali, quarto il Ghana.

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aprileBangui nell’anarchiaUn giovane ribelle della coalizio-ne Seleka a Bangui, nella Repub-blica Centrafricana. Il 24 marzo i miliziani hanno preso il controllo della capitale, costringendo alla fuga il presidente François Bo-zize (rifugiatosi in Francia). Il 18 agosto il capo dei golpisti Mi-chel Djotodia è stato nominato Presidente, aprendo un periodo di transizione che dovrebbe por-tare alle elezioni. La Repubblica Centrafricana è ricca di minerali ma poverissima e in preda all’a-narchia: i ribelli continuano a saccheggiare e a uccidere impu-nemente i civili, soprattutto nelle aree nord-orientali del Paese.

aprileTogo in fiamme

Un manifestante, maschera-to per evitare di poter essere identificato, affronta le forze di sicurezza del Togo durante i tafferugli scoppiati a metà aprile nella capitale Lomé. L’ex colonia francese, alle pre-se con una grave crisi econo-mica e sociale, è governata col pugno di ferro dal presidente Faure Gnassingbé, succeduto nel 2005 al padre, rimasto al potere per 35 anni. Nel 2013 diversi giornalisti scomodi e leader dell’opposizione sono stati incarcerati per ordine del regime.

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settembreIn spiaggia a Mogadiscio Un bambino con un fucile gio-cattolo cammina su una spiaggia vicino a Mogadiscio affollata di bagnanti. Dopo vent’anni di guer-ra civile e violenze fratricide, la capitale della Somalia cerca la nor-malità. Gran parte del territorio è tornato sotto controllo dall’eserci-to e dai soldati dell’Unione Afri-cana che difendono il governo di transizione. L’economia sta lenta-mente rimettendosi in moto, deci-ne di migliaia di cittadini fuggiti all’estero stanno tornando a casa. Ma per la ricostruzione del Paese e il ripristino della sicurezza servi-ranno aiuti ingenti.

settembreTerrore a NairobiUn commando terroristico fa ir-ruzione il 21 settembre nel centro commerciale Westgate Shopping Mall di Nairobi. L’attacco, riven-dicato dai ribelli somali al Sha-baab, si concluderà dopo quattro giorni di assedio da parte delle forze di sicurezza, con un bilan-cio pesante: 67 vittime (tra cui almeno 18 stranieri) e 62 feriti. Gli Shabaab hanno sostenuto di aver organizzato l’attacco in rap-presaglia alla presenza militare keniana nel sud della Somalia, roccaforte del gruppo islamista. Nella foto: due donne con i loro bambini, ostaggi all’interno del centro commerciale, tentano di fuggire dal commando terrorista.

Mohamed Abdiwahab

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Reuters/ Goran Tomasevic

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attualità

Si trova in un palazzo in vetro e cemento a Kisarani, periferia di

Nairobi, il quartier gene-rale degli scienziati anti-malaria. È qui che ha sede l’International Centre of Insect Physiology and Ecology (Icipe), un istitu-

to internazionale di ricerca specializzato nello studio degli insetti, specie dei pa-rassiti portatori di malattie pericolose per l’uomo. Nei suoi sofisticatissimi labora-tori operano alcuni dei mi-gliori entomologi e biologi al mondo. «Il nostro obiet-

testo di Nzioka Museru foto di Remi Benali/Lightmediation

Guerra “verde” alle zanzareKenya, visita al centro di ricerca e sviluppo sulle difese naturali antimalaria

Siamo entrati nei laboratori dell’Istituto di Entomologia di Nairobi dove gli scienziati studiano i segreti delle zanzare e lottano contro il morbo-killer. Senza utilizzare farmaci e pesticidi

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tivo - spiega il direttore Christian Borgemeister - è mettere a punto dei metodi intelligenti per contrastare e sconfiggere le peggiori patologie tropicali, prime fra tutte la malaria». Per perseguire questo risultato l’Icipe studia i segreti della

zanzara anofele responsa-bile della trasmissione del-la malattia. «Da cento anni sappiamo che le sue pun-ture sono il veicolo con cui il plasmodio della malaria infetta l’uomo, ma molto ci resta da capire sulle moda-lità con cui ciò avviene».

Armi naturaliIl motivo per cui il Kenya ospita dal 1970 un polo all’avanguardia a livel-lo mondiale per lo studio di questa malattia è pre-sto detto: a sud del Sahara si concentra il 91% delle morti per malaria. Il mor-

bo si diffonde in nazioni devastate da guerre, care-stie e migrazioni forzate, dove non può essere con-trollato. L’Africa nera, dunque, è il luogo in cui la comunità scientifica deve tenere sempre alta la soglia di monitoraggio.

Guerra “verde” alle zanzareKenya, visita al centro di ricerca e sviluppo sulle difese naturali antimalaria

MINUSCOLI KILLERNei laboratori di Nairobi i ricercatori dell’Icipe studiano il comportamento

delle micidiali zanzare anofeli. La malaria è una patologia causata

dall’infezione di parassiti del genere Plasmodium trasmessi

all’uomo dalla puntura di particolari zanzare (chiamate Anopheles).

Si manifesta con sintomi dovuti alla distruzione dei globuli rossi - febbre intermittente, brividi di

freddo e sudorazione - che possono presentarsi ciclicamente, fino a

degenerare in anemia, complicanze renali e cardiache. Nei casi più gravi (come la malaria tropicale, causata

dal Plasmodium falciparum) può portare alla morte.

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medici ambulantiA Kinshasa i ginecologiarrivano in furgoncinoNella capitale della RD Congo la clinica itinerante Maisha fornisce assistenza sanitaria a migliaia di donne povere e bisognose di cure

di Michel Yambuya

Un’ecografia, un lettino, pillole, garze, siringhe, bisturi, sacche di sangue, flebo, kit essenziale per il pronto soccorso... Un dottore, un’infermiera, un tecnico di laboratorio: il tutto stipato dentro un furgoncino rosso recuperato di seconda mano. È l’ospedale itinerante Maisha che porta soccorso a migliaia di donne bisognose. «Offriamo assistenza sanitaria a

domicilio a chi non ha un mezzo di trasporto né le possibilità economiche per recarsi in un nosocomio», spiega il promotore dell’iniziativa, Dieudonné Sengeyi, medico nel Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia degli Ospedali Universitari di Kinshasa. «Spesso le distanze dal più vicino centro di salute sono proibitive almeno quanto i costi per una visita in ambulatorio o per un ricovero ospedaliero». Risultato: solo il 35% delle donne congolesi può permettersi di farsi curare. Il resto deve lottare in solitudine per sopravvivere alle malattie. Malaria, Aids, infezioni intestinali e polmonari sono le principali cause di morte. «Le donne incinte sono particolarmente vulnerabili e bisognose di cure», spiega il dottor Sengeyi. In media ogni donna congolese porta a termine 5 maternità nella vita. Ma 8 bambini su 100 muoiono appena nati, e 6 madri su 100 soccombono durante il parto. «Per contrastare queste terribili statistiche abbiamo pensato di realizzare una clinica itinerante, in grado di assicurare cure mediche, check-up, esami diagnostici e prevenzione alle donne più povere che abitano nei villaggi in foresta e nei sobborghi degradati della capitale Kinshasa». Da quando è entrata in funzione, la Clinique mobile Maisha ha permesso di salvare centinaia di vite umane. «Ma per continuare abbiamo bisogno di sostegno economico», fa sapere il dottor Sengeyi. Per maggiori informazioni: [email protected]

Una nave-ospedale in CongoÈ approdata al porto di Pointe-Noire, nella Repubblica del Congo, e vi rimarrà ormeggiata fino alla prossima estate, la MV Africa Mercy, la nave-ospedale non governativa più grande al mondo. Dotata di sei sale operatorie e 78 posti

letti, ha un equipaggio composto da 400 volontari provenienti da ogni parte del mondo che assicurano a bordo circa 7.000 delicate operazioni in un anno. www.mercyships.ch/it/.

degli interventi di control-lo delle zanzare, insieme a un maggiore accesso ai test diagnostici, sono stati la chiave di questo progresso.

Nuove insidie Ma ancora molto resta da fare. Non basta distribuire pillole di chinino e zan-zariere per sconfiggere la malaria. Bisogna anzitut-to controllare le zanzare. «Sono principalmente gli interventi dell’uomo sulla natura a produrre le zone di proliferazione degli in-setti», sostiene John Githu-re, capo del dipartimento della sanità, che avverte: «A causa del riscaldamen-to dell’atmosfera, provo-cato dalle attività umane, la malaria ha fatto la com-parsa in regioni dove un tempo era sconosciuta. La malattia si è diffusa an-che in zone montagnose e piuttosto fredde, un tempo ritenute sicure. I cambia-menti climatici mettono a dura prova la capacità de-gli studiosi di contrastare l’insidia delle anofeli che, dal canto loro, hanno di-mostrato di essere in grado di adattarsi perfettamente alle nuove condizioni… Così come il morbo sa mo-dificarsi per eludere medi-cine e terapie chimiche. Di recente è stato scoperto in Cambogia un nuovo ceppo di malaria resistente ai far-maci, in particolare all’ar-temisina, geneticamente diverso dagli altri ceppi presenti nel mondo. Nei laboratori di Nairobi gli scienziati stanno già stu-diando un metodo naturale per rispondere alla nuova minaccia. •

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La regista sudafricana Sara Blecher ha realizzato il film Surfing Soweto per raccontare il passatempo estremo in voga tra i giovani disoccupati

delle bidonville sudafricane. Il lungometraggio, che ha richiesto tre anni di riprese, è uscito nel 2010. Protagonisti della pellicola sono tre ragazzi senza famiglia (Bitch Nigga, Lefa e Mzembe) con problemi di droga, alcool e soldi. Tre vite difficili - emblemi di una generazione allo sbando - giocate sul filo del pericolo estremo. Un documentario scioccante, pluripremiato nei più importanti festival internazionali. Da vedere.

È il tetto di una vettura ferroviaria, ma viene usato come una tavola

da surf. L’ebbrezza di ca-valcare un treno lanciato a tutta velocità, il brivido di sfidare la morte scansan-do all’ultimo momento un tunnel o un cavo dell’al-ta tensione. Lo chiama-no Train Surfing o Staff Riding, è un passatempo incosciente e potenzial-mente letale in voga tra gli adolescenti di Johanne-sburg.

Corsa mortaleNato per gioco alla fine degli anni Cinquanta tra i giovani di Soweto, è dila-gato negli ultimi dieci anni nei quartieri più poveri e disagiati della città, com-plice la frustrazione che attanaglia la prima gene-razione sudafricana post-apartheid, schiacciata dal peso della disoccupazione e della mancanza di op-portunità. Le inquietanti dimensioni del fenome-no - che ha già provocato

attualità

Surf estremoSudafrica, i giovani di Soweto sfidano la morte sui tetti dei treni

Per mostrare coraggio e rompere la noia decine di ragazzi si arrampicano sui convogli in corsa per sfiorare gallerie, pali e cavi dell’alta tensione. Un gioco folle che spesso finiscein tragedia

testo di Olivia Widmond

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decine di vittime - hanno spinto le autorità a interve-nire, aumentando i presidi della polizia nelle stazio-ni, attivando dei servizi di guardia sui convogli e promuovendo incontri di sensibilizzazione e pro-getti educativi nelle scuo-le. Tutto ciò ha permesso di diminuire i tragici in-cidenti. Ma non è bastato a fermare le folli bravate dei train-surfer che, spesso imbottiti di alcool e dro-ghe, raggruppati in gang

dai nomi temerari, ancora oggi si giocano la vita sulle ferrovie locali.

In cerca di gloriaI giovani fanno a gara a compiere acrobazie azzar-date che gli amici filmano coi cellulari e cairicano su YouTube.I video mostrano ragaz-zi che saltano e ballano sui tetti dei treni in corsa, sfiorando i pali e i cavi del-le linee elettriche, acca-sciandosi all’ultimo istante

prima di entrare in una gal-leria. Altri si aggrappano con le mani ai finestrini o alla fiancate del convoglio e resistono a gran velocità per chilometri e chilome-tri ondeggiando nel vuoto. Altri ancora si arrampica-no sulle carrozze in movi-mento per poi gettarsi da un ponte sopra un fiume. Oppure si stendono sul-la massicciata facendo-si passare il treno pochi centimetri sopra la testa. Sport estremi praticati per

fare il pieno di adrenalina, rompere la noia, ostentare coraggio e spavalderia. I filmati non mostrano i cor-pi carbonizzati dei ragazzi rimasti folgorati da tremi-la volt di corrente né quelli schiacciati dalle motrici o spiaccicati lungo le rotaie. Quelli sono stati fotogra-fati dal reporter sudafri-cano James Oatway. Chi se la sente può guardare il suo reportage train surfing soweto al sito web:www.jamesoatway.com •

Surf estremoSudafrica, i giovani di Soweto sfidano la morte sui tetti dei treni

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attualità

PrivéLubumbashi Corse di cavalli e fiumi di champagne:il “mondo a parte” dei ricchi nella RD Congo

testo di Raffaele Masto foto di Gwenn Dubourthoumieu

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PrivéLubumbashi Corse di cavalli e fiumi di champagne:il “mondo a parte” dei ricchi nella RD Congo

Spesso i ricchi non si accontentano di esserlo, debbo-no ostentarlo, e l’Africa è un palcoscenico ideale per mettere in scena la ricchezza. In questo continente

infatti la povertà e la miseria si vedono, sono una realtà diffusa che riguarda la grande maggioranza della popo-lazione. Di conseguenza la ricchezza non deve far quasi nulla per apparire, chi la possiede deve solo viverla. Auto-maticamente la ostenterà.

Insulto ai poveriI bianchi in Africa hanno un’esperienza lunga di secoli in questo campo e riescono a fare le cose con una raffinatezza che è quasi arte. In questo servizio fotografico da Lubum-bashi sembra proprio che alcune situazioni siano state cre-ate proprio per fare esattamente da contraltare alla fatica, al fango, al rischio continuo del lavoro in miniera di mi-gliaia di congolesi che hanno avuto la sfortuna di nascere a questa latitudine, in un luogo ricco d’oro, di diamanti, di rame, di coltan. Insomma, il luogo ideale per sentirsi ric-chi, per ricordarlo a sé stessi e agli altri. Cosa c’è infatti di più snob, di più superfluo dell’ippica nel bel mezzo della selva congolese? Forse questa pratica, e

Party in maschera, concorsi ippici, garedi golf e ricevimenti sfarzosi. Nella provincia mineraria del Congo la comunità degli affaristi europei e sudafricani si trincerain circoli esclusivi. Mentre attornola gente vive e muore nella miseria

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attualità

Pensavate di aver visto di tutto nella vita? Cercate su YouTu-be il video Ghanian funeral

dance e non crederete ai vostri oc-chi. L’ultima trovata delle agenzie di pompe funebri ad Accra, capitale del Ghana, è il funerale a tempo di musica reggae o rap. A lanciare l’i-dea è stato un paio di anni fa un noto impresario di onoranze funebri, tale Benjamin Aidoo, che per primo ha offerto ai propri clienti un servizio di ballerini (vestiti con completi bianchi e guanti immacolati) spe-cializzati in danze coreografiche con le bare sulle spalle. Una propo-sta stravagante, forse un po’ kitsch, che ha riscosso un successo ina-spettato. «Fatichiamo a stare dietro alle richieste», spiega mister Aidoo. «I portatori danzanti coi loro bal-li spettacolari sono richiestissimi perché rendono originale il corteo funerario e rallegrano un giorno segnato dalla tristezza». Oggi mol-te imprese funebri di Accra offrono

questo servizio a pagamento (costo medio: 400 dollari).

Creatività funerariaNon c’è da stupirsi. In Ghana la morte non fa paura e il culto dei defunti è praticato con passione e con fantasia. Questa è la patria del-le casse da morto personalizzate: a forma di cacciavite (per un mecca-nico), matita (per un artista), zuc-china (per un contadino), aragosta (per un pescatore), scarpa (per un calzolaio), autocisterna (per un benzinaio), Mercedes (per un tas-sista), utero (per una ginecologa). Le famiglie ghanesi spendono un patrimonio per assicurare ai loro amati una sepoltura memorabile. E naturalmente attorno al business del caro estinto prospera un’economia artigianale che dà lavoro a decine di migliaia di persone. I “funeral planner” organizzano tutto ciò che serve affinché il servizio in chiesa, il ricevimento e la sepoltura siano impeccabili. I “ghost writer” si oc-cupano di scrivere i tributi e memo-riali che verranno poi letti durante la cerimonia da amici e parenti del defunto. I disc-jockey e gli orche-strali assicurano l’accompagnamen-to musicale alle esequie. Fotografi e cameraman sono incaricati di im-

mortalare l’happening mortuario, le società di catering si preoccupa-no del rinfresco, i coiffeur curano le tradizionali acconciature funebri. Toccherà ai becchini-ballerini, con le loro performance irrefrenabili, scompigliare le zazzere impomatate dei famigliari in lutto. •

testo di Edwin Monroe

Clown al funerale In Nigeria alcuni funerali assomigliano a parate carnevalesche. Parenti e amici del defunto fanno a gara a vestire gli abiti più vistosi e appariscenti. In questa foto un uomo vestito da pagliaccio partecipa alle esequie dello scrittore nigeriano Chinua Achebe, lo scorso 23 maggio.

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In Ghana vanno di moda i funerali danzanti. A ritmo di musica reggae o rap,le bare vengono portate a spalla da gruppi di becchini-ballerini

L’ultimo ballo del caro estinto

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attualità

Il futuro è in AfricaUn team di giovani pubblicitari italiani sbarca in GhanaDa Milano ad Accra, l’agenzia pubblicitaria Now Available approda in Africa occidentale sull’onda dell’entusiasmo.Pronta a cavalcare il boom economico

testo di Marco Trovato

«Girando per la cit-tà si respira un’a-ria elettrizzante.

Energia pura. Dal tassista allo studente universitario, chiunque incontri sprigio-

na ottimismo, fiducia nel futuro, una vibrazione po-sitiva e contagiosa». Ema-nuele Nenna, manager della Now Available Afri-ca, (nowavailableafrica.

com), l’agenzia creata un anno fa dalla fusione con una struttura ghanese, è appena tornato da Accra, capitale del Ghana. E dal suo ufficio di Milano non nasconde l’entusiasmo: «L’Africa è il futuro. Un continente in pieno boom economico, con un’emer-gente classe media che spende e consuma a livelli mai visti prima».

Momento magicoMeno aiuti, più investi-menti: questo, in estrema sintesi, il nuovo approc-cio dell’Occidente al con-tinente nero. Obiettivo: recuperare il terreno per-duto, conquistato dalla Cina e dai nuovi partner commerciali. Passati di moda i filantropi, si muo-vono imprenditori e affa-risti. «Nel nostro settore si

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stanno aprendo grandi op-portunità di business», as-sicura Emanuele Nenna. A sud del Sahara gli analisti prevedono per il comparto pubblicitario una crescita degli investimenti superio-re al 10%. «E il Ghana, na-zione stabile e sicura, è il trampolino di lancio ideale per lanciarsi nell’avventu-ra africana». Nell’arco di tre anni questa ex colonia inglese affacciata sul Gol-fo di Guinea ha visto cre-scere il suo Pil del 21%, record africano. L’export è triplicato dal 2006 al 2012 fino a 15 miliardi di dolla-ri. Merito dell’estrazione del petrolio, scoperto sei anni fa al largo delle coste, ma più in generale dell’au-mento dei prezzi delle ma-terie prime e del volume

Il futuro è in AfricaUn team di giovani pubblicitari italiani sbarca in Ghana

sieme ad Alessia Oggiano e Stefano Pagani.

Ampi orizzontiTalenti in fuga dal Belpa-ese? «Siamo piuttosto alla ricerca di nuove sfide pro-fessionali. In Italia prevale un senso di rassegnazione, il mercato appare saturo e stanco. Al contrario, in Ghana abbiamo trovato un clima stimolante, l’oppor-tunità di metterci in gioco e realizzare dei progetti in-teressanti». Nell’arco di po-chi mesi l’azienda, prima agenzia pubblicitaria stra-niera nel Paese, ha già ac-quisito importanti clienti: Mitsubishi Pajero, Nescafé e la banca locale CAL Bank. Inoltre sono in fase di finalizzazione accordi con assicurazioni, univer-sità, finanziarie, operatori delle telecomunicazioni e della grande distribuzione. «Il nostro team ha il van-taggio di mettere assieme energie e culture diverse. Ai clienti offriamo com-petenza, creatività, serie-tà. Valori propulsivi che ci permetteranno di varcare i confini ghanesi. Perché l’Africa è una terra vergine dal punto di vista pubblici-tario». E i pionieri del mer-cato sono italiani. •

Lo sprint africanoNon rallenta la corsa dell’Africa. Da cinque anni il Pil cresce a ritmi impressionanti e anche nel 2014 si prevede un balzo del 6%. Lo sprint dell’economia, sostenuto dall’export minerario, è rafforzato dall’aumento dei consumi privati interni (in 10 anni il reddito pro capite è aumentato del 30%) e degli investimenti. Merito anche di una nuova classe politica, più preparata e meno corrotta, che ha messo in moto importanti processi di riforme fiscali e politiche. Dal 2000 circa 30 Stati africani sono riusciti a sistemare i debiti mentre l’inflazione è calata mediamente all’8% rispetto al 22% degli anni Novanta. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, nei prossimi cinque anni, il 50% delle economie a maggiore crescita si troveranno a sud del Sahara e il 10% nel Maghreb. E un recente studio dell’università di Johannesburg ha individuato le città ideali per fare affari in Africa: Accra (Ghana), Lusaka (Zambia) e Luanda (Angola).

delle esportazioni (oltre al greggio, oro, cacao, legna-me, bauxite, alluminio e diamanti).

Staff multietnicoAccattivante Ghana. L’e-conomia corre, gli in-vestitori stranieri sono benvoluti e coccolati, l’av-vio di un nuovo business non è reso difficoltoso da corruzione e burocrazia: un paradiso per chi vuo-le fare impresa. Ne sanno qualcosa i giovani pubbli-citari italiani sbarcati ad Accra per lavorare nella sede locale dell’agenzia. Hanno subito affiancato di slancio i colleghi africani già operativi sul posto, una quindicina di professio-nisti della comunicazione promozionale provenienti da cinque differenti paesi. «Sono creativi, copywri-ter, web designer, digital strategist e art director. Uno staff multietnico in grado di integrare compe-tenze creative e strategiche con la conoscenza della lingua e della cultura loca-le», chiarisce Nenna, socio fondatore della società as-

Alcuni componenti dello staff internazionale e multietnicodi Now Available Africawww.naafrica.com

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società

A Timbuctù riaprono le bibliotechesfregiate dai fondamentalisti

testo di Marco Aime foto Xavier Rossi Pictures/LightMediation

la memoriala memoriarit rovat a30 africa · numero 6 · 2013

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rit rovat aafrica · numero 6 · 2013 31

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società

Kenya, lezioni high-tech

Entro dicembre il governo del Kenya darà inizio a un am-bizioso piano di e-learning

(costo stimato equivalente a 400 milioni di euro) che prevede la for-nitura di 1,4 milioni di tablet de-stinati a sostituire quaderni e libri degli studenti delle superiori.L’idea della scuola digitale è sta-ta accolta dall’opinione pubblica con un diffuso scetticismo e qual-che polemica: in tanti hanno fatto presente che il sistema scolastico avrebbe bisogno di interventi ben più urgenti.Molti istituti cadono letteralmen-te a pezzi, i black-out di corrente sono frequenti, le aule sono so-vraffollate, i docenti hanno sti-pendi da fame e richiedono di essere riqualificati, il tasso di ab-bandono agli studi è ancora ter-ribilmente alto. Il Kenya, si sa, si

vanta di essere il polo tecnologico dell’Africa orientale. A sessanta chilometri da Nairobi sorgerà nei prossimi anni una sorta di Silicon Valley nella savana - Konza City Tecnology - consacrata alla ricer-ca e all’innovazione. I tablet nelle aule scolastiche sono solo l’ultimo dei progetti governa-tivi che promette di proiettare nel futuro il Paese dei safari.Ma le contraddizioni sono evi-denti. Ancora oggi la metà dei 44 milioni di keniani vive sotto la so-glia di povertà e un terzo non ha accesso all’acqua sicura e ai ser-vizi sanitari. Il 17% dei bambini è malnutrito. E un milione di ra-gazzi in età scolare non frequenta le lezioni.Basterà la tecnologia per con-vincerli a tornare sui banchi di scuola? •

Il Governo di Nairobi distribuisce un milione e mezzo di tablet agli studenti. Ma l’innovativo progetto di e-learning non risolve i problemi delle scuole

testo di Desmond Nzioka

Il genIo delle scarpe elettrIche Problemi di autonomia con lo smartphone o il tablet? A Nairobi uno studente venticinquenne, Anthony Mutua, ha ideato un dispositivo che permette di ricaricare il proprio cellulare mentre si cammina. Il congegno, un chip inserito sotto le suole delle calzature, sfrutta la pressione che durante il movimento viene esercitata dal peso del corpo sulle scarpe. «L’energia così prodotta può essere usata per alimentare qualsiasi tipo di telefono o dispositivo elettronico portatile», spiega l’inventore che ha già venduto (per circa 35 euro cadauna) un migliaio delle sue speciali scarpe Am-utua e inserito 2500 chip nelle calzature dei clienti.

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L’imprenditrice dell’annoÈ bella, brava, determinata e ambiziosa. Coi suoi modi eleganti ma decisi sembra incarnare la voglia di riscatto di milioni di don-ne africane. Magatte Wade, nata a Dakar, cresciuta in Germania e Francia, approdata negli Usa, è additata come una delle più bril-lanti imprenditrici del momento. Nel 2004 ha fondato una società di bevande, la Adina World Beverages, che ha fatturato due milio-ni di dollari commercializzando in America una bibita tradiziona-le senegalese a base di karcadé: il bissap. Un anno fa ha lanciato un’impresa di cosmetici specializzata in prodotti naturali per la pel-le nera, la Tiossan: gli affari vanno a gonfie vele! E parte dei ricavi sono reinvestiti in opere sociali in Senegal. tiossan.com

società

Gente che fa notizia

a cura della redazione

Ci sono persone che non passano inosservate, anche se non sono famose.Nel bene e nel male, sono i volti di un’Africa vibrante che non smette di sorprendere

Swaziland, arriva la quattordicesima Ennesime nozze reali in vista nel piccolo Stato dello Swa-ziland. Il re Mswati III, 45 anni, ha infatti scelto la sua quattordicesima moglie. La futura consorte, 18 anni, neo-diplomata, si chiama Sindiswa Dlamini: verrà sposata dal sovrano appena rimarrà incinta. Il monarca, che finora ha resistito con forza alle riforme democratiche, è molto cri-ticato all’estero per il sontuoso e dissoluto stile di vita (lo Stato finanzia corte e harem) in un Paese in cui il 70 per cento della popolazione stenta a sopravvivere.

Burkina, sapone anti-zanzareUn sapone anti-zanzare offre la speranza di ridurre la pro-pagazione della malaria in Africa (vedi servizio a pg. 14-18): si chiama Faso soap ed è a base di citronella, karité e altri ingredienti naturali. Ha proprietà repellenti e sarebbe in grado di uccidere le larve delle zanzare. È stato inven-tato da due studenti dell’Istituto di ingegneria acquatica e ambientale di Ouadadogou, Moctar Dembélé e Gérard Niyondiko, che hanno ricevuto in premio 25.000 con cui avvieranno la produzione in Burkina Faso.

Atleti, inventori, politici e imprenditori:protagonisti di un continente in movimento

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Insulto, dunque sono

di Giovanna Buonanno

Gli slurs, insulti a carattere discrimina-torio, sono materia infinita e in perenne espansione. Partico-larmente odiosi quelli che inchiodano un in-dividuo al suo gruppo etnico, al colore della pelle o ad abitudini “strane”. In certi casi essi hanno scaldato i motori a veri geno-cidi - vedasi Ruanda. Tramite centinaia di esempi, questo libro approfondisce, fa an-che sorridere e… aiu-ta a smettere.

Emi 2013, pp. 235, 16 euro

libri di Pier Maria Mazzola

Le nozze di al-Zain

di Tayeb Salih

Dello stesso auto-re, sudanese (1928-2 0 0 9) , a b b i a m o salutato l’anno scor-so la riedizione di La stagione della migra-zione a Nord, capola-voro della letteratura araba. Arriva ades-so in italiano questa gustosa novella (del 1969) che, su un tono di commedia, offren-do uno spaccato di umanità varia, quel-la che ruota attorno ad al-Zain. Questi è uno sgorbio d’uomo, ma che pare avere un penchant mistico e che fa innamorare di sé una ragazza dopo l’altra, salvo poi ce-dere il passo ad altri pretendenti. Per que-sto, l’annuncio che in-fine al-Zain davvero convola a nozze (sarà vero?) è uno scoop per tutto il villaggio. Da non sottovaluta-re i due racconti in appendice, special-mente quello sulla nozione di sviluppo e la politica nazionale vista da un villaggio sul fiume.

Sellerio 2013, pp. 12514 euro

Il tempo dalla mia parte

di Mohamed Ba

«Lampedusa è un mi-racolo senza pietà. Quel gruppo di de-vastati ha un nemico, Bekor, lo stesso demo-ne che spazza Jolof con il suo fiato pestifero». Amed, il protagoni-sta senegalese - come l’autore - di questo bel romanzo, a Lampe-dusa ci arriva da nord, dopo essere emigrato dapprima a Parigi, con un confortevole volo da Dakar, e passato in seguito, via Nizza e, dopo qualche mese di galera per clande-stinità in Italia, fino a Milano (dove per lui il duomo è un «grande baobab»). È una mi-grazione sulle tracce dello scomparso Bi-ran, reincarnazione di un antenato, partito da Jolof prima di Amed per sconfiggere Bekor, «la bestia del Nord» che causa la grande siccità. Un tema dram-matico, che l’autore modula su registri di-versi, anche scanzona-ti, e che chiude con un folgorante Decalogo delle Differenze.

San Paolo 2013, pp. 13912 euro

La nostra Africa

di Michelangelo Bartolo

L’inglese dream si-gnifica “sogno”, ed è l’acronimo del pro-gramma contro l’Aids lanciato in Africa dalla Comunità di Sant’Egidio a inizio millennio. L’autore di queste “Cronache di un medico euroafri-cano” (sottotitolo) è uno degli iniziatori di Dream.Il libro è un diario dal Mozambico alla Tanzania fino alla… Africania, brioso a dispetto del tema, ma con pagine in cui il tono muta, come in occasione della visita al carcere di Maputo per una lezione di pre-venzione (!) dell’Hiv. Essendo un medico alle prese non solo con pazienti ma, per motivi organizzativi, anche con burocrazie e indolenze afrokaf-kiane, l’autore non ci risparmia l’ampia fa-retra di ironie di cui la sua penna dispone. Il divertimento è assicu-rato, l’amarezza pure. E l’Africa dei funzio-nari ci fa una ben tri-sta figura.

Gangemi 2013, pp. 29918 euro

Il ritorno

di Dulce Maria Cardoso

Tra la Rivoluzione dei garofani e le in-d ipendenze del le province portoghesi d’Africa (1974-75), oltre 500mila colo-ni si precipitarono in madrepatria, un pic-colo e povero Paese di 9 milioni di abitanti. Fu il dramma dei re-tornados, che l’au-trice, una di loro, fa rivivere in quest’ope-ra che l’ha consacra-ta tra le migliori voci delle lettere lusitane.Un dramma vissu-to con gli occhi di un adolescente, che fonde nella sua nar-razione gli eventi che si abbattono sulla sua famiglia - una ma-dre «debole di testa», una sorella di poco più giovane, il padre, senza dimenticare la cagnolina! -, i cam-biamenti epocali del momento, le pulsio-ni tipiche dell’età, il “normale” razzismo che serpeggiava nel-la società angolana coloniale, la diversità che i retornados spe-rimentano a loro volta in Portogallo.

Voland 2013, pp. 21914 euro

AFROPOLITANIPer una volta, l’etichetta pare gradita a chi se la trova appiccicata. Gli afropolitani vivono stabilmente iin Occidente; sono scrittori globali, con preoccupazioni che travalicano il loro continente d’origine e anche il pianeta immigrazione, ma non rinunciano a un punto di vista proprio. Paladina di questa tendenza è l’anglo-nigeriana Taye Selasi con La bellezza delle cose fragili (Einaudi).

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musica di Claudio Agostoni

FLor dI bILA NeuzANeuza è nata nel 1985 sull’isola di Santiago, nell’arcipelago di Capo Verde. Sua madre, originaria dell’isola di Fogo, si trasferì nella capitale nella speranza di una vita migliore. Canta nei bar locali in cambio di cibo, bevande e tabacco, finché l’eccesso di quest’ultimo la stronca. Neuza ha solo 6 anni e torna a Fogo dalla madrina, facendo la spola tra le due isole per finire gli studi. È durante questi viaggi che impara le arie tradizionali dell’isola dominata dal Pico de Fogo, melodie eseguite dai passeggeri per combattere la noia e la paura del viaggio. Oggi che fa la cantante, è proprio in questi ritmi (telaia baxo, rabolo, samba…) che pesca il suo repertorio. Grazie a Neuza in Trabessado scopriamo anche la curcutiçan, una giostra vocale tradizionale dove le donne con ironia provocano la virilità maschile…

NhA vIdA CeuzANyCeuzany è la cantante del gruppo Cordas do Sol, la band che nel 2010 furoreggiò a Capo Verde con l’album Lume d’lena: 35mila copie vendute in un Paese che conta solo 350mila abitanti. Ceuzany è nata in Senegal, ma è a Mindelo che ha iniziato la carriera. A 12 anni partecipò al Festival des Petits Chanteurs. Vinse le selezioni svoltesi a São Vicente, ma alle finali di Praia si qualificò solo dodicesima. La rivincita arrivò nel 2008 quando a Fogo vinse un concorso che metteva in gara tutte le finaliste degli anni precedenti. Nel frattempo per vivere si esibiva negli hotel di São Vicente, dove fu notata da da Arlindo Évora, autore, compositore e cantante dei Cordas do Sol. L’ingaggio nella formazione più amata dai capoverdiani fu immediata. Oggi, con questo album, Ceuzany inizia l’avventura solista…

NhCeuzCeuzany è la cantante del gruppo Cordas do Sol, la band che nel 2010 furoreggiò a Capo Verde con l’album 350mila abitanti. Ceuzany è nata in Senegal, ma è a Mindelo che ha iniziato la carriera. A 12 anni partecipò al Festival des Petits Chanteurs. Vinse le selezioni svoltesi a São Vicente, ma alle finali di Praia si qualificò solo dodicesima. La rivincita arrivò nel 2008 quando a Fogo vinse un concorso che metteva in gara tutte le finaliste degli anni precedenti. Nel frattempo per vivere si esibiva negli hotel di São Vicente, dove fu notata da da Arlindo Évora, autore, compositore e cantante dei Cordas do Sol. L’ingaggio nella formazione più amata dai capoverdiani fu immediata. Oggi, con questo album, Ceuzany inizia l’avventura solista…

SpIrItMoMo SAidUn lavoro, questo di Momo Said, che è figlio di una storia fatta di migranti, di nuove generazioni e di spiriti liberi. Nato a Casablanca nel 1982 da emigranti marocchini, Momo è cresciuto nelle Marche, in provincia di Ancona, dove inizia un percorso musicale già a sei anni. Suo padre vende dischi e cassette nei mercati, ed è su quel bancone che Momo costruisce la sua cultura musicale. Suona il rullante nella banda del paese e a 18 anni compone le prime canzoni. Questo è il suo lavoro d’esordio, per il quale ha scelto di utilizzare la lingua inglese. Musicalmente è una miscela eterogenea di soul, beat, reggae, folk e funk. Un album completamente acustico, vivo, vero, suonato. L’energia, quella elettrica, è stata utilizzata solo dai registratori, per fissare a memoria questa energia umana positiva.

MusIcAsseTTe AFROBrian Shimkovitz, un etnomusicologo nativo di Chicago e residente a Los Angeles, da qualche anno ha fatto del raccogliere e postare in rete cassette afro la sua missione di vita. Forte del fatto che nel continente africano il nastro rimane ancora il supporto musicale più diffuso, Brian ne ha collezionati migliaia. Oggi il suo blog Awesome Tapes from Africa (awesometapes.com) è anche un’etichetta, ed è diventato un punto di riferimento imprescindibile per gli appassionati del genere.

LA RegINA deL POP TuNIsINO

Su YouTube è stato caricato un video che consente di rivivere gli echi dei concerti estivi di Emel Mathlouthi, indiscussa stella del pop tunisino post Ben Alì. Amante di Dylan e di Joan Baez, ma anche di Cheikh Imam, il trovatore egiziano scomodo al vecchio potere. Temperamento incandescente anche quello della Mathlouthi, artista dotata di una voce singolare.

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cultura

I signori del mieleAlla scoperta del dolce mondo dei Benna, i migliori apicoltori d’Etiopia

Nella Valle dell’Omo il popolo dei Benna si è specializzato nella raccolta e nella vendita del miele selvatico. I suoi uomini si arrampicano su alberi secolari ad altezze vertiginose. E armati solo di un tizzone ardente affrontano gli sciami delle api

testo e foto di Eric Tourneret/LightMediation traduzione di Silvana Leone

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I signori del mieleAlla scoperta del dolce mondo dei Benna, i migliori apicoltori d’Etiopia

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«Mio padre mi ha regalato il primo alvea-

re quando ero bambino. Oggi ne posseggo più di trenta». Oïta Woubiné ha quarant’anni, conosce i segreti delle api e sa come ammaestrarle. «Ogni volta che mi imbatto in uno scia-me in volo, batto le mani per attirarle nei miei alve-ari». Nelle sperdute savane dell’Etiopia meridionale, i Benna sono conosciuti come un popolo di raffina-ti apicoltori. Costruiscono delle casette artificiali in legno per le api selvatiche e le posizionano in cima agli alberi affinché possano es-sere abitate dalle colonie di insetti guidate dalle api regine. Poi si recano pe-

riodicamente a recuperare nelle arnie il miele prodot-to, fondamentale per l’e-conomia di questa tribù seminomade. Scambiato o venduto nei mercati, esso procura ai Benna una mi-nima quantità di denaro, indispensabile per l’acqui-sto di generi di utensili do-mestici.

Fango protettivo Sono venuto nella Valle dell’Omo per documen-tare la particolare attività di questa tribù. Assieme all’amico Oïta, al suo vici-no Sabi e agli altri uomini delle famiglie, mi sto inol-trando nella foresta, per si-stemare dei nuovi alveari e raccogliere il miele. Siamo in marcia all’alba. Gli uo-

Più furbi delle aPiCamerun, la cacciaal miele degliuomini-pagliaio Anche la tribù dei Gbaya, che vive nelle foreste dell’Africa centrale, ha ideato ingegnose tecniche per individuare e raggiungere gli alveari. E per difendersi dalle micidiali api selvatiche

Foto di Eric Tourneret/LightMediation

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cultura testo e foto di Olivier Goujon / LightMediation

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Burundi, il risveglio dei tamburi sacri

Ritmidivini

È grigio il cielo e i tuoni scuotono le colli-ne, c’è aria di pioggia. Ma nel villaggio di Ghisoro la gente continua a radunar-

si nel grande terrazzo di terra affacciato sulla vallata. Da un cespuglio all’improvviso sbu-cano una ventina di uomini vestiti con tessuti bianchi e rossi. Marciano in fila indiana con passo ritmato intonando una canzone. Sulle teste sorreggono degli enormi cilindri di le-gno: sono i tamburi sacri del Burundi. Non sono comuni strumenti a percussione, ma oggetti rituali custoditi in speciali santuari e rispolverati per le occasioni speciali. Hanno

uno status semidivino e annunciano eventi importanti come i matrimoni, i funerali, le feste nazionali. Un tempo scandivano le in-coronazioni e indicavano anche il momento del risveglio o dell’inizio del riposo notturno dei re, i quali, a loro volta, interpretavano i se-gnali divini veicolati dai tamburi traducendo-li in azioni di governo. Secondo la leggenda fu proprio un sovrano, braccato dagli eserciti coloniali tedesco e belga, a nascondere i tam-buri nel villaggio di Ghishoro, poco più di un grappolo di capanne, sperduto tra le alture che lambiscono il confine ruandese.

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Scappati dalla guerraLa processione dei percus-sionisti entra nella spiana-ta erbosa. Ora i tuoni del temporale hanno lasciato il posto alle possenti vi-brazioni dei tamburi che riecheggiano nella valle. Al centro dello spiazzo il Grand Tambourinaire guida il drappello dei suo-natori. I suoi salti e le sue

urla eccitate rievocano le gesta dei guerrieri, valo-rosi difensori di un regno minacciato nell’antichità dagli invasori provenienti da lontane pianure. «Pos-sa io morire se ho tradito il mio tamburo», ripete in uno stato di trance. Suo-nare i tamburi sacri è un privilegio trasmesso di ge-nerazione in generazione nelle famiglie di Ghisoro. Henri André si è specia-lizzato nella manutenzione di questi strumenti-feticci. «Sono fatti con pelle di bufalo e un tronco cavo ri-cavato dall’albero umuvu-gangoma». Suo padre era stato un grande percussio-nista. «Faceva parte di una band gloriosa», racconta Henri André. «Negli anni Ottanta aveva girato mez-zo mondo, da Parigi a New

Nel cuore dell’Africa tornano a riecheggiare i tamburi che nell’antichità scandivano la vita di re e sudditi. Come nel passato il loro irrefrenabile rullio comunica i messaggi delle divinità del pantheon animista

cultura

Dall’alto. La capanna ove sono custoditi i tamburi sacri. I suonatori entrano in scena battendo i tamburi portati sulle loro teste. Il tamburo centrale, l’Inkiranya, detta il ritmo che i tamburi Amashako e Ibishikiso, sui lati, seguono con un battito continuo mentre un bambino evoca con la danza i movimenti di un guerriero

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cultura

diano con il gessetto. «Nel mio Paese in pochi posso-no permettersi di acqui-stare un giornale, ancora meno sono quelli che di-spongono di un computer collegato alla Rete», spiega Alfred J. Sirleaf, fondatore del giornale di strada The Talk Daily (“La voce del giorno”). Anche le radio e le televisioni sono un lusso per la maggior parte dei li-beriani. «Ma l’informazio-ne deve essere accessibile a tutti - prosegue Alfred - Perché solo un popolo in-formato può costruirsi una coscienza civile e svilup-pare la nazione».

Nel Paese dove tele-visioni e computer sono un lusso per la

maggior parte della popo-lazione, un giornalista in-traprendente ha trovato un modo per dare informazio-ni quotidiane alle persone.La carta stampata non ha

Blogger di strada Tredici anni fa Alfred si è messo in testa di forni-re gratuitamente le no-tizie del giorno ai suoi connazionali. All’epoca si trattava di diffondere aggiornamenti sull’anda-mento della guerra civile che imperversava in Libe-ria. Oggi si tratta di dare notizie di ogni genere: po-litica, economia, società, sport, cultura, cronaca. L’intraprendente giornali-sta scrive ogni mattina ciò che accade nel Paese e nel mondo su una lavagna nera posizionata in uno snodo nevralgico della capitale

testo di Eugene Lacoste

futuro? Meglio tornare alla vecchia lavagna. Nell’era di Internet, mentre l’in-formazione web, gratuita, veloce, accessibile da qual-siasi smartphone, canniba-lizza i media tradizionali, c’è un giornalista della Li-beria che scrive un quoti-

Una lavagnaper informareA Monrovia, in Liberia, un quotidiano viene scritto col gessetto

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cultura

Per lungo tempo lo sguardo dell’uomo bianco ha determina-

to il modo con cui l’Africa è stata illustrata dalla gran-de stampa. Fino a poco tempo fa le fotografie pubblicate da quotidiani e magazine erano scattate esclusivamente da repor-ter europei o statunitensi. Alcuni, i più bravi, ci han-no regalato istantanee di grande pregio e impatto

Giovaniobiettivi

Guerra. Miseria. Malattie. Ma ci sono anche altri modi di rappresentare l’Africa. Ne sono convinti i giovani fotoreporter del continente. Determinati a stupire il mondo

emotivo, talvolta immagi-ni di assoluto valore stori-co e documentaristico. Ma l’approccio all’osservazio-ne e alla raffigurazione della realtà africana è stato spesso viziato da pregiudi-zi e distorsioni culturali.

Sguardi africani La parola Africa, nel vo-cabolario occidentale del fotogiornalismo, è stata - per certi versi, lo è tut-

testo di Marco Trovato

Occhi puntati sulla generazione emergente dei fotografi africani

Ecco le quattro fotografie vincitrici della 3a edizione del concorso estivo indetto dalla nostra rivista: Monica Mietitore (1), primo premio della sezione Tradizione con uno scatto dall’Etiopia (Danze hamer); Francesco Cosentini

(2) conquista la sezione Modernità con un’immagine che illustra La Cantina di Teddy, in Tanzania; Pietro Loredan (3) si afferma nella sezione Natura con questa foto che immortala una giraffa in Sudafrica. Una menzione speciale merita lo scatto di Vittorio Ricci, dal Sudafrica. Infine Silvia Pescivolo (4) si è meritata il Premio del pubblico con un’istantanea dal Togo ottenendo 82 Mi piace sulla pagina Facebook di Africa. Complimenti ai vincitori, a cui vanno in premio macchine fotografiche e chiavette Usb, e un ringraziamento a tutti coloro che hanno partecipato all’iniziativa

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tora - sinonimo di guerre, malattie, crisi umanitarie; oppure sinonimo di un mondo tribale, esotico e selvaggio, indifferente

allo scorrere del tempo. A spazzare via questi cli-ché oggi contribuisce una generazione emergente di fotografi africani che vuo-

le riappropriarsi della rap-presentazione del mondo nero. Sono reporter gio-vani e talentuosi - ognuno con il proprio stile incon-

fondibile - che non hanno inibizioni nel mostrare un continente dinamico, in ra-pida trasformazione, pieno di contrasti e contraddizio-

Alla sera questo viale di Brazzaville si riempie di

universitari che approfittano dell’illuminazione pubblica

per studiare. La foto è del congolese Baudouin

Mouanda, tra i fondatori del Collectif Generation Elili

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sport

Ruanda s ui pedali

testo di Marco Pastonesi foto di Bruno Zanzottera e Marco Trovato

Montagne, eroi e imprevisti: torna il Giro più emozionante d’Africa

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Il Tour of Rwanda è la più dura delle competizioni ciclistiche del continente.Una gara ricca di aneddoti, colpi di scenae straordinarie favole sportive

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Ruanda s ui pedaliMontagne, eroi e imprevisti: torna il Giro più emozionante d’Africa

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È il Giro del quasi. Ma non è un quasi Giro. È il Giro del quasi nel senso del circa, del più e del meno ma anche del più o meno, del su e giù ma anche del suppergiù. È il Giro del Ruanda o, come lo battezzano loro, il Tour of Rwanda. Per esempio, la prima tappa del

Tour of Rwanda 2010: quasi 150 chilometri a quasi 35 di media, ritrovo quasi alle 7, par-tenza quasi alle 8.15, il via fittizio quasi alle 8.20 - quasi 5 minuti di ritardo significa una puntualità quasi imbarazzante se non quasi sospetta -, quasi 13 chilometri tutti insieme per uscire da Kigali, che è una quasi metropoli, al via reale subito un quasi Gran premio della montagna, 5,9 chilometri al 6,8%, e il gruppo non fa a tempo a scattare che già esplode e si polverizza, e diventa un quasi gruppo.Sul primo colle rimangono in una trentina, cioè poco meno della metà (63 partenti: all’ap-pello sono mancati un francese e due del Burundi, nonché l’intera nazionale del Senegal), poi selezione naturale e stradale. Alla fine, l’ultimo della carovana avrà quasi due ore di ritardo. Ma nessuno sarà fuori tempo massimo.

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Corsa massacranteIl Tour of Rwanda con-ta quattro edizioni, ma se si considerano quelli corsi fin dagli anni No-vanta, le edizioni sareb-bero più di dieci. Solo che questi ultimi quattro sono professionistici, gli altri - raccontano - erano av-venturosi: si sapeva dove si partiva, ma non dove si arrivava. Delle corse a tap-pe africane (dal Burkina Faso al Marocco, dall’E-gitto al Gabon, in quasi tutti gli Stati, guerre per-mettendo), quella del Tour

Arcobaleno di maglieIl Tour of Rwanda è anche la corsa a tappe africana più democratica: ogni giorno vengono assegnate 13 ma-glie di leader. Oltre alla ma-glia gialla per il primo nella classifica generale, a quella a pois per i Gran premi del-la montagna e a quella bian-ca per il migliore giovane, ci sono la maglia rossa per il più combattivo, la maglia giallo-rosso-nera per il vin-citore della tappa, la maglia giallo-nera per il migliore africano, la maglia celeste con maniche gialle e profili

verdi per il migliore ruan-dese e sei maglie blu per i componenti la migliore squadra. La cerimonia pro-tocollare potrebbe durare un’oretta. Ma tanto, qui, il tempo non manca mai.

sport

Il Ruanda è conosciuto come “il Paese delle mille

colline” per i numerosi rilievi che lo caratterizzano.

I ciclisti del Rwanda Team si allenano sulle

montagne del complesso vulcanico dei Virunga, al

confine con il Congo. Info: teamrwandacycling.org

of Rwanda è all’unanimità giudicata la più dura per le salite e l’altitudine. Kigali, la capitale, partenza e arri-vo finale, è su un altopiano a 1526 metri. Ma tutto il resto del percorso si trova più su: ci sono frazioni in cui si gareggia quasi co-stantemente sopra i 2000 metri, l’altimetria fa pas-sare la voglia di andare in bici, e la Cima Coppi locale - il Sashwara - rag-giunge quota 2475. E le di-scese, con certi fondi tipo palaghiaccio, non sono meno impegnative.

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viaggi

Sulle orme della storia,alla conquista di una

montagna simbolo di libertà

testo e foto di Bruno Zanzottera/Parallelozero

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Sulle orme della storia,alla conquista di una

montagna simbolo di libertà

Il lIbroNel 1943 tre prigionieri di guerra italiani, Felice Benuzzi, Giovanni Balletto e Vincenzo Barsotti, evasero dal campo di prigionia britannico a Nanyuki per salire sul monte Kenya. Si erano preparati per mesi, di nascosto, procurandosi con mille espedienti i materiali per costruire ramponi, piccozze, corde… Non avevano carte topografiche e quasi alla cieca attraversarono la foresta equatoriale per giungere ai piedi della montagna. Il diario di quell’incredibile impresa diventò un libro nel 1947, stampato in inglese e italiano, ripubblicato di recente: Fuga sul Kenya. 17 giorni di libertà di Felice Benuzzi (Corbaccio 2012, pagine 343, euro 19,90).

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«Ed ecco tra gli al-beri oltre il ponte, spuntò improvvisa-

mente, nero-violaceo, non ancora toccato dal sole, il Kenya con le sue guglie dentellate, stagliato contro il cielo opalino, in un’aria ultra-nitida, fantastica vi-sione di durezza e di forza». Sono in tenda al campo Liki North a 3.993 metri d’altezza, le nuvole hanno

viaggi

da poco ricoperto la cima della montagna e io passo il tempo rileggendo alcuni passaggi di Fuga sul Ken-ya, il libro di Felice Benuz-zi, triestino con la passione per l’alpinismo. Inviato in Abissinia alla Direzione degli Affari Politici, con il compito di pacificare le popolazioni locali che si rifiutavano di accettare la presenza ita-

liana, Benuzzi venne fatto prigioniero dagli inglesi nel 1941, e trasportato al campo di prigionia 354 di Nanyuki, alle pendici di quel monte Kenya che di-venterà il principale prota-gonista dei suoi sogni.

Folle ideaArrivato durante la stagio-ne delle piogge, la monta-gna si negò alla sua vista

per molti giorni, finché un mattino «improvvisamente le nubi si spostarono e dal grigiore dell’estremo orien-te si stagliò il Monte delle Meraviglie, in mezzo al brillare dei ghiacciai… No, la bellezza non è morta ed è a portata di mano. A por-tata di mano? E se osassi?».Iniziò così a farsi strada nella mente del triestino l’idea un po’ folle di una

Nel 1943, tre prigionieri di guerra italiani evasero da un campo inglese in Africa orientale al solo scopo di scalare il monte Kenya. Settant’anni dopo, abbiamo ripercorso l’itinerario di quell’incredibile avventura

L’autore del servizio Bruno Zanzottera, in

un momento di pausa durante la scalata,

rilegge le pagine del libro Fuga sul Kenya

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chiese

Uomo della ProvvidenzaBrother Dario indossa pantaloncini e t-shirt, un berretto sulla testa, un paio di sandali usurati ai piedi. Ha un sorriso con-tagioso e una bella barba bianca. Si sposta di vil-laggio in villaggio con la sua bacchetta da rabdo-mante per individuare i fiumi sotterranei. La sua

Bacchetta magicaFratel Dario, «missionario dell’acqua» in Kenya

È l’indovino dell’acqua. Esplora le savane ri-arse dal sole con una

bacchetta di legno. In si-lenzio “ascolta” i rumori impercettibili della terra. E quando sente la “vi-brazione” giusta, segna il punto in cui bisogna sca-vare il pozzo. Fa sgorga-re l’acqua dal sottosuolo, ma non è uno stregone.

Comboniano e rabdomante,da trent’anni usa un bastoncino di legno per trovare l’acquanel sottosuolo della Rift Valley e… dissetare i pastori dell’arida regione del Turkana

fama di mago dell’acqua è conosciuta in tutta la vasta area del Turkana, dove le comunità di pa-stori seminomadi sono da sempre in guerra tra loro per contendersi le esi-gue risorse idriche (vedi Africa 5/2013). «Dio mi ha donato una sensibili-tà speciale per trovare la vita che scorre sotto ter-

testo e foto di Alain Buu/Orizon/LightMediation

È un missionario cattoli-co. Fratel Dario è nato in Friuli, nelle valli del Na-tisone, sessantadue anni fa. Nel 1975 è diventato comboniano. Poco dopo è partito per l’Africa orien-tale. Da allora vive alle estreme propaggini nor-doccidentali del Kenya: una regione sperduta e assetata.

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Bacchetta magicaFratel Dario, «missionario dell’acqua» in Kenya

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La drammatica testimonianza di un missionario minacciato dai Seleka. «Questa volta è toccato a me avere la

visita dei Seleka». Comincia così la lette-ra di padre Beniamino Gusmeroli, classe 1961, originario di Tartano (Sondrio). Pre-te della congregazione del Sacro Cuore di Gesù di Betharram (Betharramiti), vive da 24 anni a Bouar, in Centrafrica. Comincia così, in modo molto semplice. Anche se l’esperienza è stata alquanto traumatica. Mentre altre regioni e altre diocesi del Paese sono state ripetutamente e pesan-temente prese di mira dai ribelli della Coalizione Seleka - solo ufficialmente dissolta dall’autoproclamato Presidente Michel Djotodia - Bouar era stata sinora risparmiata. Sino alla notte tra il 27 e il 28 settembre. Padre Beniamino, che è parro-co di Notre Dame de Fatima, se l’è vista brutta. E come lui, fratel Martial. «Nel cuore della notte - continua il raccon-to - Martial si è trovato fuori dalla stanza un uomo armato che lo spinge all’interno e lo minaccia col fucile. Si fa dare quello che ha: soldi, computer, macchina foto-grafica... Dopo aver messo a soqquadro

tutta la stanza, lo ha costretto a mostrargli la mia camera. Io, nel sonno, sento bussa-re, esco e mi trovo un kalashnikov puntato contro il naso. Mi sono detto: “Ci siamo!” E ho iniziato a invitare alla calma il mi-litare. Questi, dopo aver spinto in malo modo Martial nella mia stanza, lo costrin-ge a sdraiarsi per terra e inizia a minac-

chiesa in africa a cura di Anna Pozzi

kenyA

Religioniper la paceDopo l’attentato presso il Centro commerciale Westgate di Nairobi, in Kenya, per opera dei terroristi somali del gruppo Shabaab, i responsabili religiosi del Paese hanno riaffermato la loro volontà di pace e di buona intesa tra tutte le religioni. In particolare, il Segretario generale del Consiglio supremo dei musulmani del Kenya ha dichiarato: «Noi, come leader religiosi, siamo impegnati in un dialogo vigoroso per assicurare che le nostre relazioni non solo vengano mantenute ma diventino ancora più forti. Siamo convinti oltre ogni dubbio che il tentativo di seminare discordia tra musulmani e cristiani fallirà miseramente e che rimarremo uniti». Il messaggio è stato ripreso dal vescovo anglicano di Nairobi e dall’arcivescovo cattolico di Nairobi. Il bilancio ufficiale della strage è di 72 morti e circa 200 feriti. Rimangono comunque senza risposta molte domande sull’accaduto e sull’intervento delle forze dell’ordine.

È morta dopo dodici giorni di coma, massacrata a colpi di machete per una rapina il 26 settembre scorso. Si tratta di Afra Martinelli, una missionaria laica originaria del bresciano, 78 anni, 30 dei quali al servizio della Chiesa nigeriana a Ogwashi-Okwu, una cittadina di circa 30mila abitanti. Fortemente impegnata per il diritto allo studio e per l’inserimento professionale dei ragazzi e delle ragazze del Delta del Niger, dirigeva il Centro Regina Mundi, una struttura che ospita ragazzi e ragazze, con una scuola di informatica che lei stessa aveva contributo a fondare e un collegio per chi abita lontano. Il Centro Regina Mundi era diventato un riferimento essenziale per gli studenti della città e dei villaggi vicini che avevano bisogno di internet. Dopo averla colpita alla testa con un machete, gli aggressori hanno portato via computers e soldi. «Aveva solo tanta voglia di condividere; con i cristiani, che nel Delta del Niger sono maggioranza, con gli animisti e i fedeli di altre religioni», ricorda Enrico Martinelli parlando di sua sorella.

Nigeria •Uccisa missionaRia italiana

repubblica centrafricana • «HO VISTO LA MORTE IN FACCIA»

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ciare me: vuole i soldi. Le uniche parole di francese che conosce sono: Donne l’ar-gent! (dammi i soldi). E Je vais vous tuer (vi ammazzo)».Padre Beniamino riesce a mantenere la calma e, mentre qualche preghiera gli af-fiora sulla labbra, viene costretto a dare tutto quello che ha. «Mi sembravano mo-

menti interminabili e mi chiedevo sino a quando sarebbe rimasto lì. Finita questa consegna forzata e con qualche calcio, mi costringe a sedermi sulla sedia vicino al letto, mi lega stretto, mi serra il volto con del nastro adesivo: la bocca, le orecchie, gli occhi e le spalle». Quando riesce finalmente a liberarsi, pa-dre Beniamino corre a cercare Martial e il guardiano. Quest’ultimo è legato, ma Martial non c’è. «Alle 4.30 circa torna, dicendo che lo hanno costretto ad accom-pagnarli fino all’ospedale e poi lo hanno rilasciato». Tanta paura, ma questa volta i banditi/ribelli non hanno ucciso né feri-to nessuno. Anzi, da questa drammatica vicenda, padre Beniamino riesce a trarre anche qualche elemento di speranza: «La mattina di sabato, tanti gesti di solidarietà della gente, i missionari, le radio locali, i militari venuti a certificare l’accaduto; in-somma, un via vai di gente. Il giorno dopo, la festa dei 75 anni di presenza dei frati in Centrafrica, con due nuove ordinazioni. L’importante - conclude - è il messaggio di pace del Vangelo che si rinnova e con-tinua».

Per l’Egyptian Center for Developement Studies and Human Rights, un’ong egiziana vicina alla Chiesa copta-ortodossa, riservare alcuni seggi in Parlamento

a gruppi sociali definiti su base religiosa contraddice il principio di uguaglianza tra i cittadini. L’ong respinge anche la definizione dei copti come “minoranza” in quanto «i copti sono parte del tessuto della nazione». Anche il vescovo copto-cattolico di Minya, Botros Fahim Awad Hanna, ritiene che il sistema delle quote «favorisca la

divisione del Paese su base settaria. Tutto deve essere posto sotto una legge che garantisca a tutti i cittadini uguali diritti e aiuti a selezionare persone competenti, a prescindere dalla loro confessione e pratica religiosa. Così non avremo più bisogno di escamotage cui si è fatto ricorso in passato per evitare che i copti disertassero in massa le elezioni».

Nigeria •Uccisa missionaRia italiana

Egitto •tutti uguali davanti alle urne?

BURKINA FASO

La Chiesa non va in Senato

Anche in Burkina Faso la Chiesa rifiuta di implicarsi direttamente in politica e, dichiara in una nota la Conferenza Episcopale, «non siederà in Senato». Lo scorso maggio è stata, infatti, approvata una nuova legge che istituisce la Camera Alta. Una riforma molto controversa e criticata dalla stessa Chiesa, perché molti ritengono che il nuovo Senato possa essere usato dal presidente Blaise Compaoré, al potere da più di trent’anni, per ricandidarsi nel 2015. La nuova legge, inoltre, prevede che un certo numero di seggi venga assegnato a rappresentanti nominati dai capi religiosi. La Chiesa cattolica, però, non ci sta e fa sapere che «fedele a sua natura e alla sua missione, non parteciperà agli organi deliberativi, esecutivi, legislativi o giudiziari. La partecipazione a un tale processo ci porterebbe ad allinearci su questa o quella posizione, togliendoci così ogni possibilità di esercitare il nostro ruolo primario di autorità morale per illuminare, promuovere la coesione sociale e, se necessario, mediare, al servizio della maggioranza e dell’opposizione» .

repubblica centrafricana • «HO VISTO LA MORTE IN FACCIA»

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76 africa · numero 6 · 2013

e dallo sguardo triste per sollecitare la generosità dei benefattori. Per que-sto ho molto apprezzato la vostra ultima copertina: finalmente l’immagine di un’Africa che “scoppia” di salute e di benessere. Con-tinuate così. Per aiutare l’Africa non bisogna com-patirla.

Elsa Limonta, Milano

La tragedia dei migrantiDopo la tragedia di Lam-pedusa c’è una sola cosa da fare: chiedere all’UE di in-staurare un corridoio uma-nitario per aiutare profughi, perseguitati politici, richie-denti asilo. Io ho firmato l’appello, invito tutti a farlo. Basta omicidi di Stato, anzi di Stati (Europa) perché è di quello che si tratta: omi-cidi premeditati.

Rosanna Conti,via Facebook

principale è il sostegno e la gestione dell’Ospedale Raoul Follereau specia-lizzato nella cura degli ammalati di tubercolosi, una malattia che rappre-senta ancora un gravis-simo problema per tutti. In Guinea-Bissau i morti a causa della tubercolosi sono circa 400 all’anno e annualmente si mani-festano 3.000 nuovi casi. Chiunque desidera aiutar-ci e avere maggiori infor-mazioni può contattarci sul sito: ahead-onlus.org. Michele Toniato, via mail

Questione di immagine

Ho 64 anni, pensionata, e dedico il mio tempo libe-ro a sostenere i missionari con raccolta fondi e ini-ziative a favore dell’Afri-ca. Ma francamente sono stufa di ricevere riviste, bollettini e notiziari che mettono sempre in evi-denza immagini di bam-bini sofferenti, scheletrici

Fuga ai tropici

Sono una donna di 58 anni. Mi piacerebbe gestire una piccola pensione sull’isola di Boa Vista, a Capo Ver-de. Non sono ancora in pensione, ma il mio stipen-dio (1.300 euro al mese, busta paga da dipendente comunale) non è sufficien-te a coprire tutte le spese della casa. E poi le tasse e via discorrendo! Poi il lavoro che faccio non mi piace ed è per me fonte di frustrazione e amarezza. Sono spaventata, perché mi attende una vecchiaia di miseria. Non cerco illu-sioni, perciò spero in una risposta realistica e con-creta.

Silvana Belfiore, Arezzo

Gentile Sig.ra Silvana, mi capita spesso di riceve-re lettere come la sua. Con la crisi, la prospettiva di una fuga tenta sempre più persone. Mettersi in gioco

alla sua età è ammirevo-le, e non voglio spegnere il suo entusiasmo. Tut-tavia non esiste un posto ideale per vivere, esistono solo posti in cui ci sentia-mo più o meno bene. E ciò che può funzionare per me non è detto che vada bene a lei.Non resta che provar-ci senza colpi di testa (mi sembra una donna sag-gia); provi a parlare con qualche connazionale che vive e lavora sul po-sto Sono tanti. Vada a Boa Vista. Recuperi tutte le informazioni possibili. Se questo l’avrà convin-ta chieda un periodo di aspettativa. E ci provi. Se andrà male avrà sempre un paracadute in Italia. Se le andrà bene potrà tornare a vivere serena e soddisfatta. E avrà già un cliente per la sua pensio-ne, il sottoscritto. Auguri

Marco Trovato(coordinatore rivista Africa)

SolidarietàVorrei segnalare ai letto-ri di Africa un’iniziativa di solidarietà che seguo da alcuni anni in Guinea-Bissau con l’associazione Ahead. Il nostro progetto

togu na - la casa della parola a cura della redazione

lettere

Dopo l’ennesima strage di migranti a Lampedusa ritieni che il governo italiano debba: 77% Chiedere all’Unione Europea un corridoio umanitario per aiutare profughi, perseguitati

politici, richiedenti asilo 13% Presidiare con più attenzione le coste per soccorrere i barconi di migranti 7% Collaborare con le autorità dei Paesi dai quali i barconi partono per impedirne la partenza 3% Respingere ai Paesi di partenza i barconi che cercano di attraccare in Italia

africarivista

sonDaggio Pareri raccoLti suLLa Pagina Facebook Di aFrica

www.missionaridafrica.orgn.5 settembre-ottobre 2013

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Missione Zambesi

Somalia

A cacciadi pirati

Ghana

La città della boxe

Etiopia

L’ospedale volante

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www.missionaridafrica.orgn. 6 novembre . dicembre 2013

padri bianchi . missionari d’africa

Camminandoinsieme

a cura della redazione

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Ecco i progetti realizzati dai missionari grazie al vostro aiuto... e quelli che vorremmo realizzare assieme

In queste pagine vi informiamo sullo stato di avanzamento dei progetti di solidarietà promossi dai Padri Bianchi e so-stenuti dalla generosità dei lettori di Africa. Assieme abbia-mo fatto grandi cose. Assieme potremo farne molte altre...

Mozambico . progetto 09.2010Il Centro Santi Innocenti referente, padre Claudio ZuccalaNato nel 1998 su iniziativa di suor Delfina Tamega, una religiosa mozambicana, il Centro Santi Innocenti ha l’obiettivo di aiutare un centinaio di ex meninos de rua, bambini e bambine, dai tre anni in su, finiti a vivere sulla strada. Il progetto ha raccolto fino ad oggi quasi 80mila euro di offerte. Tra i benefattori ci sono molti lettori e abbonati di Africa che ringraziamo di cuore. Le donazioni sono state usate per assicurare cibo, igiene personale e istruzione ai giovani ospiti del centro, ma anche per ristrutturare il vecchio stabile e costruire una cucina e alcune aule scolastiche. Si può continuare ad aiutare Suor Delfina e i suoi ragazzi contribuendo alle varie necessità del centro (vitto, abbigliamento, materiale scolastico, manutenzione ordinaria) oppure adottando a distanza un bambino. Per maggiori informazioni contattare Padre Claudio Zuccala,[email protected]

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78 africa · numero 6 · 2013

Burkina-FasoUn centro per studenti referente, padre Pierre Béné

Situato nella città di Ouagadougou, nel cuore della povera nazione del Sahel, Il Pellicano è un centro di formazione e di incontro per giovani studenti. Ma non solo: con la sua attività favorisce soprattutto l’incontro e il dialogo tra giovani di ogni religione: musulmana, cristiana e animista. Il centro aveva bisogno di un piccolo finanziamento di circa 1.500 euro per la ristrutturazione della sala di lettura e l’acquisto di nuovi libri. La risposta dei benefattori è stata veloce e generosa. Le donazioni sono già state inviate in Burkina-Faso e utilizzate per lo scopo! Un grande grazie a chi ha aiutato.

Kenya . progetto 07. 2010Un sostegno ai seminaristiPadri Bianchireferente, padre Luigi Morell

Ideato nel settembre 2010 da padre Luigi Morell, il progetto si prefigge di sostenere le spese di 24 giovani candidati Padri Bianchi, per gli studenti di teologia. Provengono da Burkina, Congo, Nigeria, Togo, Uganda, Kenya... Ad ogni candidato va pagata la retta scolastica (circa 1.300 euro annui) a cui si sommano i costi per vitto, alloggio e trasporto. Nel corso del 2013 i lettori di Africa hanno donato 3.100 euro: aiuti preziosi; ma lo sforzo finora profuso per sorreggere questi giovani non basta: il costo della vita nella capitale del Kenya continua a crescere e il cammino intrapreso dai seminaristi deve proseguire.

Uganda . progetto 16.2012Scuola di speranzareferente, padre Jean Le Vacher

Nel nord del Paese, ai confini con il Sud-Sudan, padre Jean Le Vacher e una comunità di suore ugandesi gestiscono una scuola per centinaia di bambini meno fortunati: orfani, rifugiati, ex baby-soldati, abbandonati, amputati… Tutti bisognosi di aiuto. La scuola è dedicata al “Beato Damiano”, il santo eroe di Molokai. Attualmente la struttura ospita più di 600 allievi, ugandesi e sudanesi. Il numero degli alunni è in continuo aumento e le strutture non bastano. C’è bisogno di nuovi dormitori, un refettorio, qualche aula di studio in più, più docce e servizi igienici, un’infermeria... E anche una cappella. Per questo progetto sono stati raccolti e inviati 4.667 euro.

Burkina-Faso Kenya . progetto 07. 2010

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padri bianchi . missionari d’africa africa · numero 6 · 2013 79

Mali . progetto 04.2011Un dispensario per Gaoreferente, padre Alberto Rovelli

Il progetto è stato lanciato da padre Alberto Rovelli con lo scopo di sostenere il dispensario della missione a Gao, in pieno Sahara. La zona è tornata sotto il controllo governativo dopo i mesi di occupazione da parte dei miliziani islamisti che hanno saccheggiato la piccola struttura sanitaria, portando via tavoli, sedie, medicinali, il microscopio per le analisi di laboratorio.Sul posto sono rimasti gli infermieri che assistono i malati come possono; ma hanno bisogno di un aiuto economico per garantire cure e assistenza alla popolazione locale, in particolare a donne e bambini. I lettori di Africa possono contribuire all’acquisto di medicine, strumenti diagnostici e l’arredo sanitario.

Mozambico . progetto 19.2013Un pozzo per una scuolareferente, fratel Franco Pinna

Suor Zaida è una francescana mozambicana. Da molti anni dirige un collegio che ospita una settantina di ragazze con situazioni famigliari difficili alle spalle. L’obiettivo del centro è di aiutare le ragazze a crescere in un ambiente sano e sicuro affinché possano diventare donne mature e responsabili. Un problema cronico che affligge le giovani residenti è la mancanza d’acqua dovuta a una rete di distribuzione inesistente. Per questa ragione suor Zaida ha preso la decisione di far trivellare un pozzo azionato con una pompa. La Onlus Amici dei Padri Bianchi ha accettato di sostenere l’iniziativa, con l’aiuto dei lettori di Africa. Costo preventivato per il pozzo: 2.000 euro.

Italia . progetto 20.2013Un aiuto ai missionari anzianireferente, padre Paolo Costantini

Hanno dedicato la loro vita agli ultimi, ai più bisognosi. In Africa hanno costruito scuole, pozzi, dispensari, strade, rifugi per bambini di strada e donne maltrattate. Hanno vissuto decenni di fatiche e sofferenze a stretto contatto con la guerra, la miseria, la malattia. Oggi sono missionari anziani e avrebbero diritto a riposarsi in Italia, trascorrendo ciò che ancora resta da vivere con dignità e serenità. Molti di loro hanno bisogno di cure mediche e assistenze infermieristiche: spese ingenti e necessarie per le quali richiediamo un aiuto generoso a tutti coloro che apprezzano il lavoro dei missionari.

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80 africa · numero 6 · 2013

Idea RegaloI Missionari Padri Bianchi hanno una lunga sto-ria alle spalle che prende il via alla fine dell’Otto-cento grazie all’insegnamento e alla predicazio-ne di un cardinale francese, Charles Lavigerie. Per far conoscere la sua eccezionale vita è ora disponibile Il cardinale Carlo Lavigerie (Editrice Velar), pubblicazione a cura di Massimiliano Taroni, che in poche pagine, chiare e di faci-le lettura, ripercorre la formidabile avventura umana e missionaria di un uomo di Chiesa che

fra i primi si batté contro lo schiavi-smo e per lo svi-luppo delle popo-lazione africane. La sua avventura continua oggi con le due congrega-zioni missionarie da lui fondate, i Padri Bianchi e le Suore Bianche, impegnate nel

nome del Vangelo a lottare contro ogni sorta di sfruttamento umano. Il libro può essere richie-sto al costo di 5 euro (spese di spedizione inclu-se): tel. 0363 44736, [email protected]

GhanaUna moto per rompere l’isolamentoreferente, padre Richard K Baaworbr

Tom Zendaagagn è un villaggio di circa 500 abitanti, nel nord est del Ghana: un posto piuttosto isolato. Padre Richard K. Baawobr ha richiesto l’acquisto di una motocicletta da donare alla comunità locale. «Il mezzo permetterà di raggiungere alcuni punti nevralgici, come centri medici e pozzi distanti tre chilometri dal centro abitato», spiega. «In particolare garantirà il trasporto di anziani, donne e malati». La spesa preventivata era di 2mila euro: somma prontamente raccolta in donazioni e già inviata in Ghana. Grazie al vostro sostegno.

Algeria -TunisiaScolarizzazione femminileIstituo Iblareferente, padre José Maria Cantal

Il missionario spagnolo padre José Maria Cantal aveva richiesto un aiuto economico per sostenere gli studi di alcune ragazze algerine in situazioni particolarmente difficili e aggiornare una biblioteca a Tizi Ouzou. Entrambi i progetti sono già stati realizzati con successo. Le donazioni pervenute in questi ultimi mesi alla Onlus sono state destinate, con l’accordo dei benefattori, ad un altro progetto urgente sopraggiunto nel frattempo: la ristrutturazione dell’Istituto Ibla, a Tunisi, distrutto da un incendio nel gennaio 2010 (vedi Africa 2/2010, pag. 78). La somma raccolta - 6.600 euro - ha permesso l’acquisto di cinque computer per la consultazione e due impianti di deumidificazioni indispensabili per la preservazione dei libri.

Come aiutarei missionariCiascuno può fornire un aiuto econo-mico, anche piccolo, per contribuire alla realizzazione dei progetti di soli-darietà promossi di missionari Padri Bianchi. È sufficiente specificare nella propria donazione il titolo o il numero del progetto preferito. Le offerte vanno invitate a: Onlus Amici dei Padri Bianchi (c.f. 93036300163), specificando il numero del progetto, tramite:Online www.missionaridafrica.org\progetti POSTA (CCP: numero 9754036)BAnCA (Iban: IT73 H088 9953 6420 0000 0172 789) Chi effettuerà un’offerta di almeno 50 euro riceverà come ringraziamento Il cardinale Carlo Lavigerie Info: Tel. 0363 44736, [email protected]

Ghana Algeria -Tunisia

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Fai una donazione di almeno 60 euro entro il 31 dicembre 2013 specificando nella causale Sostegno ai missionari

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Le donazioni, fiscalmente deducibili, vanno intestate aOnlus Amici dei Padri Bianchi (C.F. 93036300163)CCP 9754036IBAN IT 73H0 8899 5364 200000 0172 789Online dal sito: www.missionaridafrica.org/progettiInformazioni allo 0363 44726 [email protected]

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Uno sgUardo sUll’africa?

Meglio dUe

www.missionaridafrica.orgn.4 luglio-agosto 2013

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