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    Giurisprudenza

    Contratti in generale

    Svolgimento del processo1. L’architetto S. D. convenne dinanzi al tribunale di Pa-lermo il Comune di Ciminna chiedendone la condannaal pagamento del compenso per la progettazione dei la-vori relativi all’arredamento della casa comunale, affida-tagli con contratto del 26 maggio 1985. Nel contraddit-torìo fra le parti il tribunale condannò il Comune con-venuto al pagamento della somma di L. 38.500.000, ol-tre interessi, dichiarando nulla la clausola del contrattocon la quale l’attore aveva dichiarato di non pretenderealcun compenso in caso di mancato finanziamento del-l’opera da parte dell’amministrazione regionale. La sen-

    tenza venne appellata dal Comune e la Corte d’appellodi Palermo, con sentenza depositata il 2 febbraio 2004,in riforma della sentenza di primo grado, rigettò la do-manda e dichiarò improponibile l’ulteriore domanda exart. 2041 c.c.. Il S. ricorre avverso tale sentenza con attonotificato il 27 gennaio 2005, formulando due motivi. IlComune ha depositato una memoria notificata in data 4ottobre 2005. Il ricorrente ha anche depositato memo-ria.

    Motivi della decisione1. Non essendo stato depositato tempestivo controricor-so, il deposito della successiva memoria deve ritenersi

    precluso ed essa, pertanto, non può essere presa in esame.

    (Cass. SS.UU. 26 maggio 1979, n. 3062 e successiva con-solidata giurisprudenza).2.1. Con il primo motivo si censura l’affermazione dellaCorte d’appello secondo la quale alla fattispecie non sa-rebbe applicabile il disposto dell’art. 1359 c.c., in quantoil Comune non avrebbe avuto un interesse contrario al-l’avveramento della condizione e poiché la condizioneapposta alla convenzione con la quale era stato conferitol’incarico professionale (in base alla quale il pagamentodel corrispettivo era stato condizionato al finanziamentodell’opera da parte dell’amministrazione regionale) erauna condizione mista, cosicché il Comune non era obbli-

    gato a chiedere il finanziamento, con la conseguenza cheil suo mancato avveramento non sarebbe ad esso imputa-bile. Si deduce che tale interpretazione violerebbe le nor-me che impongono comportamenti di buona fede nellastipulazione, interpretazione ed esecuzione del contratto,svuotando di qualsiasi contenuto precettivo il contrattostesso e travisando l’accordo raggiunto fra le parti, essen-do di tutta evidenza che il verificarsi della condizione di-pendeva in parte dal Comune e in parte dall’amministra-zione regionale e il Comune aveva l’obbligo di richiedereil finanziamento, risultando altrimenti violato il doveredi comportamento secondo buona fede.Il motivo è fondato nei sensi appresso indicati.

    2.2. La sentenza ha rigettato la domanda di pagamento

    Condizione nel contratto

    Condizione mista o potestativa,finzione di avveramentoe risoluzione del contratto

    CASSAZIONE CIVILE, Sez. I, 3 giugno 2010, n. 13469 - Pres. Vitrone - Est. Felicetti - P.m.Sorrentino - S. D. c. Comune di Ciminna

    Nel caso di un contratto che deduca in condizione sospensiva, potestativa o mista, la prestazione del corri-

    spettivo, l’applicabilità dell’art. 1359 c.c. esige che il giudice accerti se la parte obbligata abbia tenuto un com-portamento conforme ad uno standard esigibile di buona fede (art. 1358 c.c.). Ove la sua condotta non possaconsiderarsi giustificata secondo questo criterio, la controparte ha il diritto di chiedere la risoluzione del con-tratto e il risarcimento del danno o, in alternativa, l’adempimento della controprestazione sulla base della fic- tio prevista dall’art. 1359 c.c.

    ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI

    Conforme Cass., 8 marzo 2010, n. 5492, in Giust. civ. Mass ., 2010, 3, 331; Cass., Sez. Un., 19 settembre 2005,n. 18450, in Vita not., 2006, 1, 289.

    Difforme Cass., 22 dicembre 2004, n. 23824, in Giust. civ. Mass ., 2005, 1; Cass., 18 novembre 1996, n. 10074,ivi , 1996, 1537; Cass., 26 aprile 1982, n. 2583, in Giur. it ., 1983, I, 1.

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    del compenso per l’opera professionale prestata, che se-condo il contratto stipulato con il Comune era subordi-nato al finanziamento dell’opera progettata da parte del-l’amministrazione regionale, affermando che era irrile-vante stabilire se il mancato finanziamento dell’operafosse dipeso o meno dalla condotta dell’amministrazionecomunale, ritenendo per un verso che l’art. 1359 c.c.,non fosse applicabile nel caso, come quello di specie, diun contratto con il quale una pubblica amministrazioneconferisca ad un professionista l’incarico di progettazionedi un’opera, subordinando il pagamento del compenso alfinanziamento dell’opera da parte di un terzo, in quantoin tale ipotesi non vi sarebbe un interesse dell’ammini-strazione contrario all’avveramento della condizione. Peraltro verso in quanto, versandosi in ipotesi di condizionemista, non poteva ritenersi che sussistesse un obbligo del-l’amministrazione a richiedere il finanziamento, cosicchénon poteva considerarsi tale omissione contraria a buona

    fede e fonte di responsabilità. Tali statuizioni muovonodall’affermazione della carenza di un interesse dell’ammi-nistrazione contrario all’avveramento della condizioneapodittica e non correlata a un’esatta interpretazione del-l’art. 1359 c.c. - a norma del quale “la condizione si con-sidera avverata qualora sia mancata per causa imputabilealla parte che aveva interesse contrario all’avveramentodi essa” - nonché della norma dell’art. 1358 c.c., secondola quale chi si sia obbligato sotto condizione sospensivadeve, in pendenza della condizione, comportarsi secondobuona fede per conservare integre le ragioni dell’altraparte.2.3. A proposito dell’art. 1358 c.c., questa Corte, a Sezio-

    ni Unite, con riferimento a fattispecie analoga a quella inesame, con la sentenza 19 settembre 2005, n. 18450 hastatuito che anche il contratto sottoposto a una condizio-ne potestativa mista è soggetto alla disciplina di tale arti-colo, dovendo la sussistenza dell’obbligo di comportarsisecondo buona fede durante lo stato di pendenza dellacondizione essere riconosciuto anche per l’attività di at-tuazione dell’elemento potestativo della condizione mi-sta. Ha affermato al riguardo che il principio di buona fe-de, intesa come requisito della condotta dei contraenti,costituisce criterio di valutazione e limite anche del com-portamento discrezionale del contraente dalla cui vo-lontà dipende (in parte) l’avveramento della condizione.E il suo comportamento non può essere considerato privodi ogni carattere doveroso, sia perché altrimenti la condi-zione finirebbe per risolversi nell’attribuzione a una partedi un potere meramente arbitrario in ordine alla determi-nazione dell’efficacia del contratto, contrario al dettatodell’art. 1355 c.c., sia perché aderendo a tale indirizzo siverrebbe ad introdurre nel precetto dell’art. 1358 una re-strizione che questo non prevede e che, anzi, condurreb-be ad un sostanziale svuotamento del contenuto dellanorma, limitandolo all’elemento casuale della condizionemista, cioè ad un elemento sul quale la condotta dellaparte (la cui obbligazione è condizionata) ha ridotte pos-sibilità d’incidenza, mentre la posizione giuridica dell’al-tra parte resterebbe in concreto priva di ogni tutela. In-

    vece è proprio l’elemento potestativo quello in relazione

    al quale il dovere di comportarsi secondo buona fede hapiù ragion d’essere, perché è con riguardo a quell’elemen-to che la discrezionalità contrattualmente attribuita allaparte deve essere esercitata nel quadro del principio car-dine di correttezza. E se è vero che l’omissione di un’atti-vità in tanto può costituire fonte di responsabilità inquanto l’attività omessa costituisca oggetto di un obbligogiuridico, deve ritenersi che tale obbligo, in casi comequello in esame, discenda direttamente dall’art. 1358c.c., che lo impone come requisito della condotta da te-nere durante lo stato di pendenza della condizione: cosic-ché la sussistenza di un obbligo siffatto va riconosciutaanche per l’attività di attuazione dell’elemento potestati-vo di una condizione mista, quale effetto “ex lege” delcontratto.Pertanto il giudice del merito, nel giudicare in relazionealle fattispecie quali quella in esame, deve procedere a unpenetrante esame della clausola recante la condizione e

    del comportamento delle parti, nel contesto del negozioin cui la clausola è contenuta, al fine di verificare, allastregua degli elementi probatori acquisiti, se corrisponda-no ad uno standard esigibile di buona fede le iniziativeposte in essere al fine di ottenere il finanziamento, ovve-ro se sussistessero circostanze che giustificassero, inconformità di detto standard, la desistenza o la mancataadozione di dette iniziative.2.4. Riguardo, poi, all’art. 1359 c.c., va considerato che leparti, con il contratto condizionato, intendono ricollega-re gli effetti del contratto alla situazione esistente al mo-mento del negozio, estrapolando da tale situazione unelemento di rischio - collegato ad un determinato fatto

    futuro e incerto - che una o entrambe le parti non inten-dono assumersi. Ricollegandosi la funzione della condi-zione alla garanzia da tale rischio dal quale si vuole copri-re l’obbligato, il legislatore, con gli artt. 1358 e 1359 c.c.,ha inteso sanzionare il suo comportamento ove sia statotale da incidere sulle probabilità di avveramento del fat-to dedotto in condizione, alterando indebitamente il fat-tore di rischio e quindi anche il sinallagma contrattuale.L’art. 1359 c.c., pertanto, con l’espressione “la condizionesi considera avverata qualora sia mancata per causa im-putabile alla parte che aveva interesse contrario all’avve-ramento di essa” ha inteso semplicemente riferirsi a coluiche risulterebbe liberato dall’obbligazione se la condizio-ne non si verifichi ed al mancato verificarsi della condi-zione per cause a lui imputabili.Inoltre il mancato avveramento della condizione, che de-termina le conseguenze previste da tale articolo, può con-sistere non solo in un comportamento commissivo dellaparte che in caso di mancato avveramento della condi-zione sarebbe liberata dalla sua obbligazione, ma anche inun suo comportamento omissivo, se essa era tenuta ad un“ facere” in relazione alla possibilità di avveramento dellacondizione, come - secondo quanto sopra esposto - puòaccadere in relazione all’elemento potestativo delle con-dizioni miste.Pertanto, nel caso di contratto con una pubblica ammi-nistrazione in cui il pagamento del compenso per l’opera

    professionale pattuita sia subordinato al finanziamento

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    Giurisprudenza

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    Giurisprudenza

    Contratti in generale

    dell’opera progettata da parte di un soggetto terzo al qua-le l’amministrazione debba richiedere il finanziamento,intendendosi l’amministrazione stipulante coprirsi dal ri-schio della mancata concessione del finanziamento, essanon può tenere - salvo il sopravvenire di particolari ra-gioni ostative - un comportamento che, impedendo il ve-rificarsi del finanziamento, renda inoperante il suo obbli-go di pagamento del compenso. Ne deriva che, per rite-nere applicabile o non applicabile l’art. 1359 c.c., a se-guito del mancato avveramento della condizione su dettail giudice di merito deve accertare se, in base ai doverigravanti sull’amministrazione contraente in forza dell’art.1358 c.c. - secondo l’interpretazione datane dalla sopramenzionata sentenza delle sezioni unite di questa Corte -essa si sia attivata per ottenere il finanziamento e le ini-ziative prese a tal fine corrispondessero “ad uno standardesigibile di buona fede”. Deve quindi accertare, ove nonsi sia attivata o abbia desistito dall’attivarsi, se ciò possa

    considerarsi, in relazione alla situazione concretamentedeterminatasi, conforme agli obblighi nascenti dall’art.1358 c.c., ovvero se ciò sia ingiustificabile alla stregua ditali obblighi.In tale secondo caso, dalla violazione del su detto doverecomportamentale conseguono, sia ai sensi dell’art. 1358il diritto della controparte di chiedere la risoluzione delcontratto e il risarcimento del danno (Cass. 18 marzo2002, n. 3942; 3 aprile 1996, n. 3084; 2 giugno 1992, n.6676); sia, in alternativa, sulla base della “ fictio” previstadall’art. 1359, il diritto di chiedere l’adempimento delcontratto e quindi il pagamento del compenso pattuito.2.5. Quanto all’onere della prova circa l’esistenza delle

    condizioni per l’applicabiltà dell’art. 1359 c.c., va consi-derato che il contratto sottoposto a condizione sospensi-va si perfeziona immediatamente - anche se è inefficacefino a quando la condizione non si avveri, mentre cessa diesistere se la condizione non si avvera - e durante il pe-riodo di pendenza le parti si trovano in una posizione diaspettativa che è fonte di effetti preliminari. In particola-re, in pendenza della condizione sospensiva il contratto aprestazioni corrispettive vincola i contraenti al puntualeed esatto adempimento delle obbligazionì rispettivamen-te assunte, comprese quelle strumentali rispetto al verifi-carsi della condizione nascenti dall’applicazione dei prin-cipi ricavabili dall’art. 1358 c.c., la cui violazione, comesi è detto, può dar luogo a risoluzione per inadempimen-to alla specifica obbligazione di ciascun contraente dicomportarsi in pendenza della condizione secondo buonafede.La violazione di tale obbligazione, pertanto, da luogo aresponsabilità contrattuale ed è regolata dai relativi prin-cipi. Risulta conseguentemente applicabile anche in talecaso il principio, consolidato nella giurisprudenza di que-sta Corte (Cass. sez. un. 30 ottobre 2001, n. 13533 e suc-cessivamente, ex multis, Cass. 13 giugno 2006, n. 8615 eCass. 12 febbraio 2010, n. 3373) secondo il quale il cre-ditore che agisca per la risoluzione contrattuale e il risar-cimento del danno, ovvero per l’adempimento, deve soloprovare la fonte del suo diritto, limitandosi alla mera al-

    legazione dell’inadempimento della controparte, mentre

    è il debitore a dovere provare l’adempimento della pro-pria obbligazione e quindi, nel caso di specie, di quellanascente, in base al contratto, dall’art. 1358 c.c.. Ne deriva che, nel caso di contratto con una pubblicaamministrazione in cui il pagamento del compenso perl’opera professionale pattuita sia subordinato alla circo-stanza che essa ottenesse un finanziamento dell’operaprogettata da parte di un soggetto terzo, il creditore dellaprestazione deve unicamente provare il contratto, men-tre sarà l’amministrazione debitrice “sub condicione” delcompenso a dovere dimostrare, in relazione ai suoi dove-ri nascenti dall’art. 1358 c.c., riguardo al comportamentoche doveva tenere al fine del finanziamento, che il pro-prio comportamento fu conforme a detti doveri secondoi principi sopra esposti.2.6. Deriva da quanto sopra che la sentenza impugnata,nell’affermare che nel caso di specie era irrilevante stabi-lire se il mancato finanziamento dell’opera da parte della

    Regione fosse dipeso o meno dalla condotta dell’ammini-strazione comunale, si fonda sull’affermazione del tuttoapodittica circa l’inesistenza di un interesse della pubbli-ca amministrazione contrario all’avveramento della con-dizione, non correlata con la corretta interpretazione del-l’art. 1359 c.c., nonché sull’erronea affermazione dell’i-nesistenza, nella condizione mista, di quegli obblighicomportamentali viceversa derivanti, secondo quantosopra esposto, al soggetto passivo dell’obbligazione sotto-posta a tale condizione dall’art. 1358 c.c..Pertanto il primo motivo deve essere accolto.3.1. Va invece rigettato il secondo motivo, con il qualeinfondatamente si censura la sentenza della Corte d’ap-pello per avere ritenuto che l’attore non poteva esperirel’azione sull’arricchimento senza causa essendo tale azio-ne residuale, risultando, sulla base di quanto sopra dettocirca l’esistenza di altre azioni esperibili, la relativa sta-tuizione conforme al disposto dell’art. 2042 c.c..4.1. La sentenza va quindi cassata in relazione all’accogli-mento del primo motivo con rinvio della causa, ancheper le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appel-lo di Palermo in diversa composizione, che farà applica-zione dei sopra esposti principi di diritto.

    P.Q.M.La Corte di cassazione accoglie il primo motivo. Rigettail secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al

    motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corted’appello di Palermo in diversa composizione.

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    Giurisprudenza

    Contratti in generale

    IL COMMENTOdi Martina Grandi 

    Nella sentenza che precede il Supremo Collegio affronta il tema del comportamento secondo buona fede inpendenza della condizione e conferma l’applicabilità della finzione di avveramento alle condizioni miste e po-testative quale alternativa rimediale alla risoluzione del contratto per inadempimento.

    Il caso

    La Suprema Corte è chiamata a giudicare il caso diun contratto d’opera professionale, che subordina ilpagamento del corrispettivo alla concessione di unfinanziamento pubblico in favore del committente.Il prestatore d’opera, dopo aver eseguito la progetta-zione dei lavori di arredamento della casa comunale,

    agisce contro il Comune per il pagamento del com-penso, sostenendo che l’omessa richiesta del finanzia-mento sub condicione integri un comportamento con-trario a buona fede e renda conseguentemente appli-cabile la finzione di avveramento ex art. 1359 c.c.Mentre il giudice di prime cure condanna il Comu-ne all’adempimento dell’obbligazione contrattuale,la pronuncia d’appello respinge la domanda, scor-gendo un duplice limite applicativo alla fictio legale,ossia la natura mista della condizione e la carenza,nella P. A. committente, dell’“interesse contrario al-l’avveramento”, che l’art. 1359 c.c. invece richiede.

    La Corte di Cassazione è chiamata, quindi, ad espri-mersi sulla compatibilità dell’obbligo di buona fedecon l’elemento potestativo della condizione mista e,in subordine, a stabilire se il negligente comportamen-to di una parte consenta all’altra di invocare, in alter-nativa alla tutela risolutoria, la finzione di avveramen-to della condizione (art. 1359 c.c.) e la condanna delcontraente obbligato all’adempimento. Suffragando latesi della parte attrice, il Supremo Collegio rispondeaffermativamente in entrambi i casi.

    Il condizionamento parziale

    La validità del patto che deduce in condizione so-spensiva la prestazione del corrispettivo nel contrat-to d’opera professionale è oggetto, ormai da tempo,di una discussa problematica: mentre la dottrina in-voca la nullità del contratto ex art. 1418 c.c. percontrarietà alle norme sui minimi tariffari dei com-pensi per ingegneri e architetti (l. n. 340 del 1976) oper lesione del “decoro” professionale e della libertàdi concorrenza (arg. ex art. 2233 comma 2 c.c.) (1),la giurisprudenza ne afferma quasi unanime l’ammis-sibilità (2).La pronuncia in epigrafe non definisce, sul piano

    funzionale, la natura del contratto da cui origina la

    lite ed esclude indirettamente eventuali profili diinvalidità del regolamento di interessi come plasma-to dalla condizione.Le parti hanno affidato alle sorti dell’evento futuro edincerto non l’intero contratto, ma la sola prestazionepecuniaria, quindi l’inadempimento della condicionon può incidere sul titolo della controprestazione e

    fondarne il recupero (3), né la parte svantaggiata dalcorso degli eventi può invocare rimedi contro il suc-cessivo squilibrio contrattuale (4). In caso contrario,Note:

    (1) Per un inquadramento sintetico del dibattito dottrinale v. Ar-cioni, In tema di contratto di prestazione d’opera intellettuale , inGiur. it., 2007, 2708; amplius Salanitro, Contratti onerosi con pre- stazione incerta , Milano, 2003, 241 ss.

    (2) Pur seguendo percorsi logico-giuridici diversi la Cassazione èormai concorde: ex multis Cass., 8 marzo 2010, n. 5492, in Giu- st. civ. Mass., 2010, 3, 331; Cass., 8 febbraio 2007, n. 2770, inGiur. it., 2007, 12, con nota di Arcioni; Cass., Sez. Un., 19 set-tembre 2005, n. 18450, in Vita not., 2006, 1, 289; Cass., 8 otto-bre 2004, n. 20039, in Boll. legisl. tecnica , 2005, 182; Cass., 22

    settembre 2004, n. 19000, in Mass. Giur. It., 2004; Cass., 26gennaio 2000, n. 863, ivi , 2000; Cass., 21 luglio 2000, n. 9587, inquesta Rivista , 2000, 1104; Cass., 22 gennaio 2001, n. 897, inGiust. civ. Mass., 2001, 139; Cass., 3 maggio 2001, n. 7003, ibi- dem, 1035, che definisce il corrispettivo un elemento “naturale”del contratto e, come tale, deducibile in condizione. Contra Cass., 3 marzo 1994, n. 10393, in Rep. giur. it., 1994, 108; Cass.,23 maggio 2002, n. 7538, in Giust. civ., 2003, I, 1611.

    (3) Diversamente dal codice abrogato, che parlava di “obbligazio-ni condizionali” (art. 1157), riducendo la condicio facti a contenu-to eventuale dell’obbligazione (cfr. Ferrini, Manuale di pandette ,4ª ed., Milano, 1953, 171 ss.), l’art. 1353 ne accentua, con fedeltàal modello romanistico, il profilo dell’accidentalità e individua nelcondizionamento integrale del contratto la declinazione “tipica”dell’istituto. Distingue tra operatività “tipica” e “atipica” dellacondizione Amadio, La condizione di inadempimento. Contributo 

    alla teoria del negozio condizionato , Padova, 1996, 148 ss. Sulladisciplina del vecchio codice v. Coviello, Manuale di diritto civile italiano , Milano, 1924, 422 ss.; per ampi spunti bibliografici Nato-li, Della condizione nel contratto , in AA.VV., Commentario al codi- ce civile, a cura di D’Amelio-Finzi, Firenze, 1948, 419-420.

    (4) Lenzi, Condizione, autonomia privata e funzione di autotute- la. L’adempimento dedotto in condizione, Milano, 1996, 88; Rop-po, Il contratto , in Trattato Iudica-Zatti , Milano, 2001, 621.Afferma in modo deciso che la condizione possa rendere un con-tratto aleatorio Petrelli, La condizione «elemento essenziale» del negozio giuridico. Teoria generale e profili applicativi , Milano,2000, 299 ss. Contra Nazzaro, La condizione tra uso atipico e abuso , in AA.VV., La condizione nel contratto tra “atto” e “atti- vità” , a cura di Alcaro, Padova, 2008, 376 ss., secondo cui, men-tre l’alea modifica il regolamento contrattuale, rendendo incertidiritti e obblighi delle parti, la condizione ne plasma irreversibil-

    (segue) 

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    l’opera intellettuale eseguita nel corso della penden-za, ossia quando l’obbligazione contrattuale non è an-cora sorta, deve essere restituita ex art. 2033 c.c. (5),dopo che il giudice abbia accertato, naturalmente, la

    definitiva inefficacia del contratto.Questa particolare modalità applicativa degli artt.1353 ss. c.c. conferma la diffusione di un approccio« fonctionel»” (6) alla condizione che, ove si intendaimpedirne lo snaturamento (7), obbliga il giurista adistinguere fra atipicità e abuso dell’istituto (8).Pur configurandosi il modo sospensivo come ineffica-cia ex utroque latere del regolamento contrattuale, ladisciplina codicistica non è imperativa. L’art. 1353c.c. non solo consente alle parti di «subordinare l’ef-ficacia […] di un singolo patto», intendendo con que-sta formula ellittica un patto accessorio (9), ma può

    essere derogato, secondo il pensiero dominante (10),condizionando una sola prestazione contrattuale.L’ammissibilità del condizionamento ex uno latere puòavere, però, se genericamente e indiscriminatamenteaffermata, un’incidenza distorsiva sui profili caratteri-stici dell’istituto. Quando snatura il tipo o ibrida lacausa del contratto, la condizione opera sul pianostrutturale del regolamento, dissipando l’accidenta-lità “qualificatoria” propria della logica normativisti-ca e conservando, invece, l’accidentalità “in sensoprecettivo oggettivo”, che secondo la moderna dottri-na indica il confine di tipicità del nomen juris (11).

    Sotto questo profilo si avverte una spiccata diversitàdal caso in cui le parti deducano in condizione l’a-dempimento, considerato che, pur sospendendounilateralmente l’efficacia del contratto (12), lacondizione non altera la causa, al contrario potenziail sinallagma (13) tutelando l’interesse alla «ricom-posizione qualitativa del patrimonio» della parte fe-dele (14); diversamente, nel contratto d’opera pro-fessionale con prestazione incerta, la condizioneproduce uno squilibrio fra le prestazioni, che inner-va nel regolamento “una paludata aleatorietà” (15).L’ammissibilità di questo approccio nei confronti

    dell’istituto, diffusamente problematizzata nel dibat-tito sulla condizione di adempimento, sembra inve-ce indirettamente accreditata, o forse ritenuta tra-scurabile, dopo la pronuncia con cui le Sezioni Uni-te hanno asserito la validità del patto che deduce incondizione sospensiva la prestazione del compensoper l’opera professionale (16).

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    Giurisprudenza

    Contratti in generale

    Note:

    (continua nota 4) 

    mente il contenuto secondo l’interesse divisato nel “momento regolamentare ” (Scalisi, Invalidità e inefficacia. Modalità assiolo- giche della negozialità , in Riv. dir. civ., 2003, I, 208).

    (5) Affermano la natura indebita della prestazione eseguita in pen-

    denza della condizione sospensiva Andreoli, La ripetizione dell’in- debito , Padova, 1940, 125 ss.; Oppo, Adempimento e liberalità ,Milano, 1947, 346-347; Pelosi, La pretesa retroattività della condi- zione , in Riv. trim dir. proc. civ., 1965, 933; Breccia, La ripetizione dell’indebito , Milano, 1974, 207 ss., distinguendo, però, tra condi-zione potestativa semplice in favore del solvens e condizione ca-suale: nel primo caso, il pagamento «costituisce comportamentounivoco, idoneo a far considerare avverata la condizione potestati-va; e il manifestarsi di una volontà diversa ormai sarebbe vano»;nel secondo caso, invece, la prestazione è tendenzialmente ripeti-bile, pur essendo demandato al giudice un prudente accertamen-to delle ragioni addotte dalle parti, che escluda la modificazionedel contratto per facta concludentia , qual è l’esecuzione della pre-stazione indebita. Conf., in giurisprudenza, App. Torino, 10 giugno2004, in De jure ; contra Cass., 26 aprile 2010, n. 9948, in Dir. giu- st., 2010. In genere, sulla ripetibilità delle prestazioni eseguite inpendenza di una condizione sospensiva, successivamente non av-veratasi, v. App. Napoli, 13 gennaio 1970, in Dir. giust., 1970, 240.

    (6) Come intuì felicemente Derouin, Pour une analyse “fonctionel- le” de la condition, in Rev. trim. dr. civ., 1978, 1. Definisce la condi-zione un “congegno multifunzionale , pur se a struttura precettivacostante” Amadio, La condizione di inadempimento , cit., 296.

    (7) Di “sviluppo ipertrofico” della condizione parlava già Falzea,La condizione e gli elementi dell’atto giuridico , Milano, 1941, 3,sotto l’imperio del codice abrogato.

    (8) Cfr. Nazzaro, La condizione tra uso atipico e abuso , cit., 343.

    (9) Gambino, L’assicurazione nella teoria dei contratti aleatori ,Milano, 1964, 137; Lenzi, In tema di adempimento come condi- zione: ammissibilità, qualificazione e disciplina , in Riv. not., 1986,91. In giurisprudenza v. Cass., 24 giugno 1993, n. 7007, in Giur.it ., 1994, I, 902, con nota di Calvo.

    (10) Inter alios : Gorla, La compravendita e la permuta , Torino,1937, 244, nt. 9; Rubino, La fattispecie e gli effetti giuridici preli- minari , Milano, 1939; Falzea, La condizione e gli elementi dell’atto giuridico , cit., 252; Perlingieri, I negozi su beni futuri , Napoli, 1962,135 ss.; Pelosi, La proprietà risolubile nella teoria del negozio con- dizionato , Milano, 1975, 222 ss., con particolare riguardo al trasfe-rimento della proprietà nella vendita con patto di riscatto o di ri-servato dominio. In giurisprudenza v. Cass., 21 luglio 2000, n.9587, in Foro it ., 2001, I, 2613, ove si esclude la vessatorietà del-la clausola, cui adde Cass., 22 settembre 2004, n. 19000, in Giust.civ., 2005, I, 1247; Cass., 2 dicembre 2005 n. 26257, ibidem, 10;Cass., 27 settembre 2007, n. 20319, in Giust. civ. Mass., 2007, 9.

    (11) Amadio, La condizione di inadempimento , cit., 124 ss., chedefinisce “qualificatoria ” l’accidentalità incapace di modificare iltipo contrattuale e “precettiva in senso oggettivo ” l’accidentalitàfondata sulla prova di resistenza, ossia sulla validità dell’atto allostato puro; Petrelli, La condizione «elemento essenziale» del ne- gozio giuridico , cit., 36, 256 ss., che parla di “estrinsecità strut-turale” distinguendola dalla “estrinsecità assiologica”.

    (12) Negando alle parti il potere di scandire l’efficacia del con-

    tratto nel tempo, la condizione sospensiva di adempimento in-vertirebbe l’ordine logico fra momento dell’efficacia, che do-vrebbe essere il prius , e momento esecutivo, che dovrebbe in-vece essere il posterius , a meno di riscontrare “nel medesimocomportamento, un valore programmatico e, quindi, la nascitadell’effetto un istante logico anteriore alla realizzazione dell’inte-resse mediante esecuzione”: Petrelli, La condizione «elemento essenziale» del negozio giuridico , cit., 451 ss.

    (13) Lenzi, Condizione, autonomia privata e funzione di autotute- la, cit.; Amadio, La condizione di inadempimento , cit., 306-308;Petrelli, La condizione «elemento essenziale» del negozio giuri- dico , cit., 85.

    (14) Amadio, La condizione di inadempimento , cit., 306.

    (15) Bellizzi, La finzione di avveramento della condizione quale tecnica di tutela , in AA.VV. La condizione nel contratto , cit., 170.

    (16) Cass., Sez. Un., 19 settembre 2005, n. 18450, cit.

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    Giurisprudenza

    Contratti in generale

    In tal modo - afferma il decisum in epigrafe - la con-dicio facti predispone una forma di “garanzia” controun “rischio”, che «una o entrambe le parti non in-tendono assumersi» e che, altrimenti, sarebbe irrile-

    vante (17). Com’è intuibile, però, simile forma dicondizionamento, incidendo o persino escludendo a posteriori il sinallagma contrattuale, può giustificar-ne l’abuso, se indistintamente riassorbita nel domi-nio dell’aleatorietà. Si impone quindi un solertescrutinio della struttura contrattuale che, dopo averaccertato eventuali ripercussioni della condizionesulla regolarità del contratto, individui secondo leg-ge il rimedio applicabile all’anomalia riscontrata.

     Nel caso giunto in Cassazione lo squilibrio fra le presta-zioni è successivo ed eventuale, il che esclude, in limine,la nullità del contratto per difetto di causa (art. 1418

    comma 2 c.c.) o la sua rescindibilità (art. 1448 c.c.).Devono egualmente escludersi la nullità per inde-terminatezza o impossibilità dell’oggetto contrattua-le, dato che la condizione non incide sul «profilostatico» e strutturale del rapporto, ma sul «profilodinamico del suo divenire» (18) e la nullità per con-trarietà all’art 2233 comma 2 c.c., quale norma im-perativa che tutela il “decoro” professionale o la li-bertà di concorrenza, dal momento che la condizio-ne non incide sul quantum del corrispettivo (19).Per escludere l’invalidità del contratto deve infinevalutarsi se operi in queste ipotesi il divieto della

    mera potestatività (art. 1355 c.c.). Nel pensiero dominante, la potestatività è semplicequando la condizione tutela un interesse reale e nonpretestuoso della parte che assume l’obbligo: nel ca-so di specie, l’interesse (unilaterale) dell’ammini-strazione è impedire l’investimento di denaro pub-blico in opere di incerta realizzabilità (20).Sembra quindi potersi concludere che la “struttura-zione eventuale” della “riserva volitiva” (21) favori-sce la produzione dell’evento, riducendone il marginedi incertezza e rendendo inapplicabile l’art. 1355 c.c.,quando l’esecuzione dell’opera professionale “a ri-

    schio” del prestatore risponda al fine di accrescere leprobabilità del finanziamento, consentendo all’Am-ministrazione committente di allegare il progetto allarichiesta o, più in genere, di presentare una domandacompleta e corredata delle informazioni necessarie auna consapevole valutazione dell’ente pubblico inter-pellato. Al contrario, se l’interesse del debitore è ar-ricchirsi dell’opera intellettuale, la condizione asse-conda un capriccio idiosincratico e immeritevole ditutela, che importa necessariamente la nullità delcontratto ex art. 1355 c.c. (22). L’omessa richiesta difinanziamento costituisce, in simile prospettiva, un

    indice persuasivo, e non solo ai fini dell’art. 1355 c.c.:

    provando che l’Amministrazione non intendeva aborigine attivarsi per l’avveramento si profila l’assenzadi accordo tra le parti, con conseguente nullità delcontratto (art. 1418 comma 2 c.c.).

     Naturalmente, il giudizio sulla mera potestativitàdeve fondarsi su un criterio oggettivo e definito, co-me la sopportazione di una “perdita giuridica” o “al-tro sacrificio” (23) patrimoniale della parte che as-sume l’obbligo, non su un rinvio generico e sfuggen-te alla meritevolezza dell’interesse sub condicione.Ove questo, invece, si esaurisca nell’assicurare al de-bitore un pentimento gratuito dall’affare, il suocomportamento omissivo viola il divieto di venirecontra factum proprium (24), rendendo quindi appli-cabili la finzione di avveramento ed eventualmenteil risarcimento del danno.

    Buona fede, abuso del diritto e finzionedi avveramento della condizione

    Statuendo l’operatività dell’art. 1359 c.c. oltre lapura casualità, il Supremo Collegio conferma un

    Note:

    (17) Cfr. Nazzaro, La condizione tra uso atipico e abuso , cit., 364,368, che definisce forme simili di condizionamento come moda-lità di “giuridicizzazione del rischio” e individua il discrimen fraatipicità ed abuso nel principio di proporzionalità fra le prestazio-ni (arg. ex art. 1322 c.c.).

    (18) Il distinguo è compiuto, in un diverso contesto, da Perlingie-ri, Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempi- mento , in AA.VV., Commentario Scialoja-Branca, Libro IV. Delle obbligazioni (art. 1230-1259) , Bologna-Roma, 1975, 443.

    (19) Opportunamente il Supremo Collegio ha diversificato l’ipote-si di clausole in deroga alla disciplina del tariffario minimo e pre-stazione d’opera intellettuale gratuita o con diritto condizionato alcompenso: cfr. Cass., 9 gennaio 2001, n. 247, in Foro pad., 2001, I, 69, con nota di Ticozzi; Cass., 22 gennaio 2001, n.897, in Giust. civ. Mass ., 2001, 139. Per Salanitro, Contratto d’o- pera intellettuale e controprestazione incerta: i dubbi sulla validità della clausola subordinativa del compenso, e sull’applicabilità alla stessa della disciplina della condizione, davanti alle sezioni unite ,in Nuova giur. civ. comm., 2006, I, 425, la deficienza della condi-zione rende inutilizzabile l’oggetto della prestazione intellettualee, conseguentemente, non incrina l’equilibrio sinallagmatico.

    (20) Così Cass., 27 settembre 2007, cit.: «la clausola […] è ga-

    ranzia di un accorto uso del denaro pubblico, che viene impiega-to solo per la realizzazione di progetti concreti e positivamentevalutati dall’ente finanziatore».

    (21) Definisce con questa formula l’oggetto della condizione po-testativa Bellizzi, La finzione di avveramento quale tecnica di tu- tela , cit., 176.

    (22) Somarè, Condizione potestativa e finzione di adempimento ,in Giust. civ., 1983, I, 1827.

    (23) Cfr. Sacco, La condizione , in Trattato Rescigno , X. Obbliga- zioni e contratti , 2, Torino, 1982, che apostrofa il «frasario se-squipedale e involuto» adoperato dalla giurisprudenza per distin-guere la potestatività in semplice e mera; Navarretta, Il contrat- to e l’autonomia privata , in AA.VV., Diritto privato. Parte prima ,Torino, 2009, 309.

    (24) Cfr. Bellizzi, La finzione di avveramento della condizione quale tecnica di tutela , cit., 183.

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    moderno orientamento delle Sezioni Unite (25) chenega l’incompatibilità tra la finzione di avveramen-to e la condizione potestativa o il segmento potesta-tivo della condizione mista (26). Invero, mentre la

    disciplina che il codice civile dedica all’istituto ècomplessivamente legata al modello casuale, l’art.1359 c.c. sembra proprio evocare la condizione po-testativa quando richiede, come presupposto appli-cativo implicito, la governalibilità dell’evento (27).L’evento sub condicione, ossia l’erogazione del finan-ziamento, necessita di un impulso procedimentaledella P. A. la cui doverosità giuridica riposa necessa-riamente sull’art. 1358 c.c., quale comportamentoconservativo delle ragioni dell’altra parte destinatoa rendere probabile l’avveramento (28). La richiestanon configura, perciò, un obbligo di produzione del-

    l’evento, ma l’antecedente necessario ad un regolaredecorso del suo iter causale (29).Il brocardo condicio non est in obligatione esclude,quindi, che l’evento formi oggetto della prestazioneper la parte che assume l’obbligo, ma non consentedi turbare l’intrinseca incertezza del segmento ca-suale (30). Diversamente, ove le parti affidino il de-stino del contratto non alla concessione, ma alla do-manda di finanziamento, la condizione potestativa,che pur non sfugge all’art. 1358 c.c., rimetterebbel’avveramento nella completa disponibilità del-l’Amministrazione, rendendo efficace il contratto

    persino in caso di rifiuto dell’ente richiesto di finan-ziare l’opera (31). Sostenere, però, che l’evento fu-turo ed incerto corrisponda alla concessione del fi-nanziamento induce a rivalutare la natura della con-dicio facti che, pur essendo naturalisticamente mista,potrebbe rivelare sul piano giuridico un’indole ca-suale, scaturente dall’obbligatorietà ex art. 1358 c.c.del comportamento volontario (32).Secondo questa dottrina, definendo potestativa la so-la condizione in cui «la necessità del fatto di una delleparti» ai fini dell’avveramento esprime la volontà diabdicare alla “libera scelta” del contraente beneficiato

    la cessazione o la prosecuzione dello stato di pendenza,non solo l’art. 1359 c.c. può essere agevolmente appli-cato alle condizioni “falsamente” e “solo apparente-mente «potestative»”, ma si recupera un valido discri-men fra potestatività semplice e mera (33).In merito alle modalità applicative dell’art. 1359c.c., la pronuncia in epigrafe merita di essere consi-derata sotto un duplice profilo.La riaffermata compatibilità fra libertà d’azione del-l’obbligato e finzione di avveramento illumina ilrapporto sinergico degli artt. 1358 e 1359 c.c. (34):mentre il primo enuclea il precetto, ossia l’obbligo

    “di neutralità o non interferenza” (35) sindacabile

    ex fide bona, il secondo declina la regola della corret-tezza “mediata dalla logica dell’abuso del diritto”, lacui applicazione in ambito contrattuale “si traduceprevalentemente nel rimedio dell’inefficacia” (36).

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    Giurisprudenza

    Contratti in generale

    Note:

    (25) Cass., Sez. Un., 19 settembre 2005, n. 18450, cit.; conf.Cass., 8 marzo 2010, n. 5492, in Red. Giust. civ. Mass., 2010, 3,che affronta peraltro un caso identico.

    (26) Sull’inapplicabilità dell’art. 1359 c.c. alle condizioni potesta-tive inter alios : Rescigno, voce Condizione (dir. vig.) , in Enc. dir.,VIII, Milano, 1961, 797, che, però, ne asserisce l’applicabilità al-la condizione mista; Id., L’abuso del diritto , in Riv. dir. civ., 1965,I, 258; Bianca, Diritto civile , 3 , Il contratto , Milano, 2000, 555;Roppo, Il contratto , cit., 633. In giurisprudenza, ex plurimis :Cass., 26 aprile 1982, n. 2583, in Giur. it., 1983, I, 1; Cass., 18novembre 1996, n. 10074, in Giust. civ. Mass., 1996, 1537;Cass., 22 dicembre 2004, n. 23824, ivi , 2005, 1.

    (27) Così Costanza, Condizione mista: art. 1359 c.c. e altri rime- 

    di , in Giust. civ ., 2005, 1879 ss.(28) Secondo la Corte, sostenere il contrario comporterebbe de facto lo “svuotamento” dell’art. 1358 c.c., indebitamente limita-to all’elemento casuale della condizione mista (punto 2.3.).

    (29) Bruscuglia, Pendenza della condizione e comportamento se- condo buona fede , Milano, 1975, 123; Bigliazzi Geri, voce Buona fede nel diritto civile , in Dig. disc. priv., sez. civ., II, 1988, 183.

    (30) Cfr. Cass., 22 marzo 1969, n. 926, in Mass. Giust. civ., 1969;Cass., 22 luglio 1980, n. 1379, ivi , 1980, 2: l’art. 1358 c.c. «im-pone l’obbligo di astenersi da quanto possa pregiudicare gli inte-ressi dell’altro contraente e di compiere quanto, se del caso, sianecessario affinché l’evento condizionante si verifichi»; Cass., 2giugno 1992, n. 6676, in Giur. it., 1993, I, 1308.

    (31) Si veda, in merito, Restivo, Note critiche sul ruolo della regola di buona fede nella disciplina della condizione , in Giur. it., 2006, 1143 ss.

    (32) Cfr. Carusi, Appunti in tema di condizione , in Rass. dir. civ.,1996, 80 ss.

    (33) Carusi, Condizione e termini , cit., 324-326. Affine il parere diBianca, Diritto civile , 3, cit., 548-549, per cui «la condizione po-testativa tutela l’interesse della parte a decidere una propria azione e non l’interesse a decidere in ordine al contratt o. […]Condizione meramente potestativa è dunque quella che fa di- pendere l’efficacia o la risoluzione del contratto dalla semplice manifestazione di volontà della parte ». Non è, quindi, «una verae propria condizione ma un potere di revoca o recesso».

    (34) Inter alios : Maiorca, voce Condizione , in Dig. disc. priv. Sez.civ., III, 1988, 313 ss.; Bruscuglia, Pendenza della condizione , cit.,31; Galgano, Diritto civile e commerciale , II, Padova, 1990, 470,497, che definisce la finzione di avveramento come ipotesi di «ese-cuzione in forma specifica del dovere di buona fede». In giurispru-denza v. Cass., 4 aprile 1975, n. 1204, in Foro it., 1975, I, 1990. Nel-la dottrina europea, questo connubio normativo è verbalizzato, conformula adamantina, dal Draft Common Frame of Reference , cherende applicabile la fictio iuris «when a party, contrary to the duty of good faith and fair dealing or the obligation to co-operate, inter- feres with events so as to bring about the fulfilment or non-fulfil- ment of a condition to that party’s advantage » (art. III. - 1: 106, par.4): cfr. Von Bar-Clive (edited by), Principles, definitions and model rules of European private law: draft common frame of reference (DCFR): Full edition, 1, Monaco, 2009, 694 ss.

    (35) Vitucci, Condicio est in obligatione: ex lege (sulla finzione di avveramento e la condizione potestativa) , in Studi in onore di Pie- tro Rescigno , III, Obbligazioni e contratti , 3, Milano, 1998, 730.

    (36) Busnelli-Navarretta, Abuso del diritto e responsabilità civile , inStudi in onore di Pietro Rescigno , V, Responsabilità civile e tutela 

    (segue) 

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    Quanto al procedimento sussuntivo, il caso di speciepresente tutti gli elementi necessari a fondare un’ap-plicazione consapevole dell’art. 1359 c.c.: il vantag-gio che la parte responsabile trae dalla irrealizzata

    condizione, ossia l’opera professionale ricevuta sen-za dover sostenere sacrifici patrimoniali, la condottaimpeditiva dell’evento e il danno alla controparte(37), elemento “implicito, ma indiscutibile” (38).

     Non essendole richiesto di esprimersi in merito, laCorte trascura il problema del criterio con cui valu-tare la “causa imputabile”.Mentre l’orientamento più diffuso considera suffi-ciente, ai fini dell’art. 1359 c.c., la prova della colpa(39), la dottrina che invoca l’abuso del diritto infe-risce dalla natura sanzionatoria della fictio iuris l’irri-levanza dell’elemento soggettivo, che determina, in-

    vece, la risarcibilità del danno (40). Pur omettendoil profilo dell’imputabilità, i giudici sembrano svi-luppare indirettamente questa traccia ermeneutica:dopo aver affermato che l’obbligo di comportarsi se-condo buona fede assume, nel modello potestativo,una particolare pregnanza, la pronuncia riconosceall’art. 1359 c.c. un fondamento sanzionatorio, lu-meggiando nella finzione proprio «la disciplina del-l’abuso della libertà» (41).

    La risoluzione per inadempimentodi un’“obbligazion(e) strumentale”

    Dopo aver collegato la finzione di avveramento all’i-nosservanza dell’obbligo di conservare integre le ragio-ni della controparte (art. 1358 c.c.), il Supremo Colle-gio individua un secondo rimedio, alternativo e gerar-chicamente equiordinato all’art. 1359 c.c.: la risoluzio-ne per inadempimento, il che sottintende un amplia-mento indiretto del suo ambito applicativo (42).Secondo l’art. 1453 c.c. costituiscono oggetto di ina-dempimento le obbligazioni nascenti da un contrattosinallagmatico, ossia le obbligazioni attuative delloscambio; nel caso de quo, invece, la caducazione ri-sponde all’“inadempimento” di un obbligo “strumen-

    tal(e)” di fonte legale, il cui referente non è la presta-zione convenuta dalle parti, ma un comportamentodeducibile dal contenuto tipico dei loro diritti (43).Diventa quindi necessario stabilire, in primis, se l’azio-nabilità della tutela risolutoria per violazione dellabuona fede esecutiva costituisca applicazione direttao analogica della disciplina codicistica e, nel secondocaso, la rispondenza del procedimento ermeneutico alcriterio dell’eadem ratio (art. 12 disp. prel. c.c.).Per chi nega possa esservi inadempimento contrat-tuale pendente condicione, il principio affermato dallaCorte opera un’inversione logica del rapporto tra la

    finzione di avveramento, che costituisce il prius, e la

    risoluzione, che identifica, invece, un possibile svi-luppo del contratto efficace, ma frustrato da una di-sfunzione sopravvenuta (44).

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    Giurisprudenza

    Contratti in generale

    Note:(continua nota 36) 

    dei diritti , Milano, 1998, 89; Vitucci, Condicio est in obligatione: ex lege , cit., 734-735; Costanza, La condizione e gli altri elementi ac- cidentali , in AA.VV., I contratti in generale , a cura di Gabrielli, inTrattato dei contratti , diretto da Rescigno, II, Torino, 2006, 979 ss.,secondo cui l’art. 1359 tutela il «diritto all’amministrazione della vi-cenda condizionale», diritto «avente un contenuto non costante»e subordinato al coefficiente di casualità della condizione.

    (37) Così Roppo, Il contratto , cit., 633, aggiungendo che il com-portamento dell’obbligato rende azionabile la finzione se «il man- camento realizza proprio il rischio » garantito dalla condizione,qual è, in questo caso, il denegato finanziamento.

    (38) Carusi, Condizione e termini , III. Effetti , a cura di Costanza,in Trattato del contratto , diretto da Roppo, Milano, 2006, 319,

    che nega l’autonoma risarcibilità del danno quando il creditore,pur potendo trarne un vantaggio, non agisce per la finzione di av-veramento, manifestando quindi un disinteresse “alla tutela delcontratto” che preclude il ricorso al medio risarcitorio (p. 322).

    (39) Inter alios : Rescigno, voce Condizione (dir. vig.) , cit., 798;Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile , Napoli,1973, 199; Mirabelli, Dei contratti in generale , Torino, 1980, 252;Peccenini, La finzione di avveramento della condizione , Padova,1994, 55; Bianca, loc. cit. Contra Natoli, Della condizione nel con- tratto , cit., 470. Affine è la giurisprudenza, che fonda l’applicabi-lità dell’art. 1359 c.c. sul criterio della colpa: v., ex multis , Cass.,26 giugno 1968, n. 2186, in Mass. Giust. civ., 1968, 1120; Cass.,13 aprile 1985, n. 2646, ivi , 1985, 5; Cass., 8 marzo 2010, n.5492, cit. Secondo l’orientamento maggioritario, l’art. 1169 c.c.abr. richiedeva, invece, l’imputabilità per dolo o colpa grave: v.,amplius , Peccenini, op. ult. cit., 49 ss.

    (40) Così Bigliazzi Geri, op. loc. ult. cit. «Il […] carattere sanzio-natorio» dell’art. 1359 c.c. «non presuppone la violazione dolosao colposa di un obbligo: quasicché si avesse sanzione solo in ta-li casi, non anche in presenza dell’abuso di un diritto». Per unadiffusa critica all’identificazione dell’abuso nella violazione colpo-sa di un obbligo v. Busnelli-Navarretta, Abuso del diritto e re- sponsabilità civile , cit., 99 ss. Secondo Costanza, La condizione e gli altri elementi accidentali , cit., 984, l’imputazione soggettivaa titolo doloso o colposo è logicamente successiva all’imputa-zione oggettiva, fondata su un rigido criterio di casualità e seguela disciplina comune della responsabilità contrattuale.

    (41) Interpreta l’art. 1359 c.c. come “disciplina dell’abuso della li-bertà” Vitucci, Condicio est in obligatione: ex lege , cit., 734, mu-tuando la formula coniata da Rescigno, L’abuso del diritto , cit.,284, nota 12.

    (42) Considerano ammissibile la domanda di risoluzione per inadem-pimento nel corso della pendenza Cass., 10 luglio 1971, n. 2335, inForo it., 1972, 1361; Cass., 10 ottobre 1975, n. 3299, in Mass. Giust.civ., 1975; Cass., 2 giugno 1992, n. 6676, cit.; Cass., 18 marzo 2002,n. 3942, in questa Rivista, 2003, 443, con nota di Trentini. In dottrinav. Perlingieri, I negozi sui beni futuri , Napoli, 1962, 219; Belfiore, Pen- denza negoziale e conflitto di diritti , in Riv. dir. civ., 1971, I, 184, nt. 9;Pelosi, La proprietà risolubile , cit., 325, nota 72.

    (43) Bruscuglia, Pendenza della condizione , cit., 82. Conf. Bi-gliazzi Geri, Buona fede nel diritto civile , cit., 183.

    (44) Rescigno, Condizione , cit., 764; Bruscuglia, loc. cit.; Bellizzi, La finzione di avveramento della condizione quale tecnica di tutela , cit.,174, secondo cui, mentre «l’alternativa tra adempimento ed inadem-pimento pertiene al momento esecutivo della norma contrattuale”,l’obbligo di non interferenza “pertiene […] al momento conformati-vo”, quale “norma di «procedura contrattuale»”, che fonda “un dirit-

    to procedimentale” al ragionevole affidamento della controparte.

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    L’applicabilità dell’art. 1453 c.c. nel corso della pen-denza prefigura, quindi, un’alternativa inconsuetatra l’imposizione ai contraenti di un obbligo legaledi avveramento, che tradisce la natura e la discipli-

    na dell’istituto, e una riconcettualizzazione dell’ina-dempimento, che oltrepassi le “prestazioni corri-spettive” oggetto del contratto, per estendersi all’os-servanza di regole di comportamento (45).Muovendo da un’aggregante concezione sanziona-toria di entrambe i rimedi, l’orientamento contrarione limita la fungibilità al caso in cui la scorrettezzadi una parte nel corso della pendenza ritardi l’avve-ramento della condizione, incrinando eventualmen-te l’equilibrio contrattuale (46). Ebbene, se per l’art.1359 c.c. può affermarsi, e nella sola prospettiva delresponsabile (47), che la fictio iuris possieda un’indo-

    le sanzionatoria, per la risoluzione ex art. 1453 c.c. èinvalso, ormai da tempo, il modello causalistico del-la disfunzione sopravvenuta (48).Enucleata la ratio della tutela, sostenere che il com-portamento contrario a buona fede ne renda applica-bile la disciplina non solo impone un consapevole “ac-certamento ermeneutico-ricostruttivo” (49) della fun-zione concretamente perseguita dal regolamento, maequivale a considerare la richiesta di finanziamentocome l’oggetto di un’obbligazione contrattuale. Èquindi imprescindibile valutare l’incidenza del rischiogarantito sul programma economico convenuto e sta-

    bilire, conseguentemente, se la condizione alteri lacausa di scambio del contratto d’opera professionale.Il contratto è aleatorio per volontà delle parti quando«l’alea incide sull’oggetto […] in modo […] necessa-rio» al punto che la causa di scambio “si determina”geneticamente secondo l’incertezza che domina unadelle prestazioni corrispettive (50). Il rischio diventaquindi «un presupposto causale esterno all’atto» dacui dipende «il suo concreto funzionamento» (51) ela cui assenza o impossibilità originaria comporta lanullità del contratto per difetto di causa (art. 1418comma 2 c.c.) e, più in genere, per impossibilità della

    condizione (art. 1354 comma 2 c.c.) (52).Se, invece, il rischio cessa in un secondo tempo, la«frustrazione della funzione concreta dell’atto», va-lutata secondo buona fede nella prospettiva «del ri-sultato giuridico», può essere affrontata applicandola disciplina della risoluzione (53). Il ricorso al rime-dio impugnatorio si rivela perciò fondato se la con-dizione inserisce nel regolamento contrattuale unpatto aleatorio, che subordina la funzione di scam-bio ad un elemento oggettivo estrinseco (54). Alcontrario, l’indiscriminato ampliamento del suo rag-gio applicativo alla violazione della buona fede ese-

    cutiva asseconda un “aggiramento della fattispecie”

    che risente di un approccio autenticamente rime-diale e frequentemente adottato, in giurisprudenza,

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    Giurisprudenza

    Contratti in generale

    Note:

    (45) Il pensiero dominante riconosce all’art. 1359 c.c. natura san-zionatoria: inter alios  Natoli, Della condizione nel contratto , cit.,469; Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale , I, Milano,1957, 589; Trimarchi, Finzione di avveramento e finzione di non av- veramento della condizione , in Riv. trim. dir. proc. civ., 1966, 811;Rescigno, voce Condizione (dir. vig.) , cit.., 798; Mirabelli, Dei con- tratti in generale , cit., 250; Bianca, Il contratto , 3 , cit., 556; La Torre,La finzione nel diritto , in Riv. dir. civ., 2000, I, 328; Petrelli, La con- dizione «elemento essenziale» del negozio giuridico , cit., 200. Con- tra Bruscuglia, Pendenza della condizione , cit., 115, che definiscela finzione di avveramento come l’«elemento conclusivo della fatti-specie complessa produttiva del rapporto giuridico fondamentale».

    (46) Chiesi, La buona fede in pendenza della condizione , Padova,2006, 73 ss.

    (47) L’art. 1359 c.c. «opera come rimedio (in forma specifica) per

    la parte lesa, e come sanzione per la parte responsabile della le-sione»: Roppo, Il contratto , cit., 632.

    (48) Nel vigore del nuovo codice l’accostamento della risoluzio-ne al difetto causale del contratto è proposto, per la prima volta,da Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile , cit., 263,ed esprime, nel pensiero giuridico moderno, l’orientamento do-minante: v., per tutt i, Tamponi, La risoluzione per inadempimen- to , in Trattato dei contratti , cit., 1709 ss. La concezione sanzio-natoria del rimedio è delineata, invece, da Auletta, La risoluzione per inadempimento , Milano, 1942, passim, in aperta opposizio-ne al modello soggettivistico della condizione tacita.

    (49) Navarretta, La causa e le prestazioni isolate , Milano, 2000,269 ss.; Breccia, La causa , III. Il contratto in generale , in Trattato Bessone , Torino, 1999, 54, che definisce la causa «una stella fis-sa in presenza di una costellazione variabile», «l’esito puntuale diuna selezione destinata a mettere a fuoco il nucleo di senso del

    contratto»; C. Scognamiglio, Problemi della causa e del tipo , inTratto del contratto diretto da Roppo, II, a cura di Vettori, Milano,2006, 83 ss., spec. 106, ove si parla della «misura di adeguatez-za e di funzionalità con gli scopi che i contraenti si ripromett(ono)di raggiungere attraverso la regola contrattuale»; Checchini, Re- golamento contrattuale e interessi delle parti (intorno alla nozio- ne di causa) , in Riv. dir. civ., 1991, I, 241, per cui la causa indicail «rapporto fra gli strumenti usati dalle parti e gli interessi con- creti che con quei mezzi si devono soddisfare , interessi che so-no convenzionalmente posti alla base di quel ragionamento e inrelazione ai quali sono scelti determinati meccanismi, pratici, pri-ma ancora che giuridici di realizzazione».

    (50) Nicolò, voce Alea , in Enc. dir., 1958, I, 1029, insistendo sul-l’irriducibile incompatibilità tra contratti aleatori e contratti condi-zionali, che è affermata, però, nella prospettiva del condiziona-mento ex utroque latere . Sul concetto di alea e sulla discussa ca-

    tegoria del contratto aleatorio v. Di Giandomenico, Il contratto e l’alea , Padova, 1987; Capaldo, Dai contratti aleatori all’alea: at- tualità di una categoria , in Obbl. e contr., 2006, 296, nota 1; Ead.,Contratto aleatorio e alea , Milano, 2004.

    (51) Navarretta, La causa e le prestazioni isolate , cit., 285-286.

    (52) È riscontrabile, in ipotesi, l’impossibilità originaria ed ogget-tiva che la giurisprudenza esige ai fini dell’invalidità ex art. 1354c.c.: cfr. Cass., 5 gennaio 1993, n. 63, in Giust. civ., 1993, I,2141, con nota di Bozza.

    (53) Navarretta, La causa e le prestazioni isolate , cit., 365 ss.,368.

    (54) Analogamente a quanto accade nella risoluzione dell’assicu-razione per cessazione del rischio (art. 1896 c.c.), “dove la ca-renza funzionale dell’atto trascende la presenza dl sinallagma,poiché non tocca direttamente una delle due prestazioni corri-

    spettive”: Navarretta, La causa e le prestazioni isolate , cit., 370.

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    per reintegrare l’interesse leso dal comportamentoscorretto di una parte in danno dell’altra (55).Sembra quindi potersi concludere che, pur non es-sendovi incompatibilità assoluta fra risoluzione e

    pendenza del contratto, l’applicazione dell’art. 1453c.c. non può prescindere da uno scrupoloso accerta-mento causale. Il nesso di alternatività istituito dal-la Suprema Corte tra la finzione di avveramento,che prelude alla conservazione del rapporto contrat-tuale, e la risoluzione, che ne produce, invece, l’e-stinzione, vuole forse accrescere la tutela creditoria,assicurando l’interesse di volta in volta prevalente,ma questo non giustifica la fungibilità indiscrimina-ta tra rimedi aventi funzioni diverse.L’opportunità di un accorto dosaggio della tutela ca-ducatoria affiora, inoltre, dalla tipizzazione legale di

    uno specifico rimedio (l’art. 1359 c.c.), che la Corteuniforma sul piano probatorio alle azioni di adempi-mento e di risoluzione, addossando al debitore laprova contraria di non aver impedito il verificarsidella condizione (56). Questo principio di diritto,contraddicendo la giurisprudenza pregressa (57) etrascurando la spiccata diversità dei  facta probanda,assimila la condotta contraria a buona fede all’ina-dempimento contrattuale e oblitera in punto di pro-va il rapporto di conseguenzialità tra la richiesta diapplicazione della fictio iuris e la successiva domandadi adempimento (art. 1453 comma 1 c.c.). Mentre

    nei rimedi ex art. 1453 c.c. il debitore deve provarela non imputabilità dell’inadempimento o del ritar-do, nel caso dell’art. 1359 c.c. costui deve provare dinon aver determinato o concorso a determinare ladeficienza dell’evento, onere che la littera normativanon suffraga sul piano testuale, quantomeno diretta-mente. Ove, invece, l’obbligo di conservare integrele ragioni dell’altra parte si estrinsechi in un com-portamento negativo, il principio di vicinanza edeconomia della prova applicato dalle Sezioni Uniteritrasferisce l’onere processuale sul creditore (58).Prescindendo dalla fondatezza logico-giuridica del

    pareggio probatorio fra i rimedi evocati, la statuizio-ne del Supremo Collegio può sfavorire eccessiva-mente il debitore quando le parti adottino il model-lo casuale e il creditore, nel cui interesse la condi-zione è pattuita, strumentalizzi la domanda di finzio-ne per conseguire l’adempimento della controparte:se il debitore non riesce a provare l’ininfluenza delproprio comportamento sull’iter formativo dell’e-vento, il giudice può egualmente condannarlo adeseguire la controprestazione e persino al risarci-mento del danno.Un brevissimo appunto, infine, per glossare l’ultimo

    motivo di ricorso, con cui il prestatore d’opera cen-

    surava l’improponibilità dell’azione di arricchimentosenza causa (art. 2041 c.c.), statuita dal giudice diprime cure e confermata in appello per carenza disussidiarietà (art. 2042 c.c.), elemento questo su cui

    ordinariamente la giurisprudenza fonda l’inapplica-bilità del rimedio. La domanda comprova l’osserva-zione che la sporadica operatività dell’art. 2041 c.c.si esaurisce, de iure condito, negli arricchimenti versola pubblica amministrazione scaturenti da prestazio-ni di fare difficilmente adattabili alla disciplina del-l’indebito (59). Ugualmente, il rigetto del ricorso adopera del Supremo Collegio dimostra come il realeintendimento dei codificatori fosse di assecondareun «progressivo ampliamento […] dell’antica condic-tio indebiti», facendone l’ammenicolo del principio dicausalità degli spostamenti patrimoniali e costruen-

    do un sistema di vasi comunicanti in cui la diffusivitàdel pagamento dell’indebito accompagna l’inesorabi-le marginalità dell’actio de in rem verso (60).

    Note:

    (55) L’espressione è proposta, in altro contesto, da Mazzamuto,La nozione di rimedio nel diritto continentale , in AA.VV., Reme- dies in contract. The common rules for a European law , a cura diVettori, Padova, 2008, 156 ss.: «l’approccio rimediale consentedi elaborare strategie di protezione diverse ed articolate a fronte

    di un unico valore generale leso: tante tutele specifiche quantisono gli interessi concreti che emergono a seguito della lesionedel singolo valore». Sulle applicazioni rimediali della buona fedev. D’Angelo, La tipizzazione giurisprudenziale della buona fede contrattuale , in Contr. e impr., 1990, 702.

    (56) Definendo l’obbligo di conservare integre le ragioni dell’altraparte come “effetto ex lege ” collegato alla conclusione del con-tratto e fonte di responsabilità contrattuale, il Supremo Collegioestende all’art. 1359 c.c. il principio di diritto secondo cui il cre-ditore che agisce per l’adempimento, la risoluzione o il risarci-mento del danno deve provare solo il proprio titolo, mentre èonere della controparte dimostrare di aver eseguito corretta-mente la prestazione dovuta (così Cass., Sez. Un., 30 ottobre2001, n. 13533, in Foro it., 2002, I, 769, Inadempimento ed one- re della prova: le sezioni unite e la difficile arte del rammendo ).

    (57) Cass., 13 luglio 1984, 4118, in Giust. civ. Mass., 1984, 7;

    Cass., 8 marzo 2010, n. 5492, cit. In dottrina v. Carusi, Condizio- ne e termini , cit., 328.

    (58) Cfr. Dellacasa, La risoluzione , in Trattato del contratto , diret-to da Roppo, IV, 2, Torino, 198, secondo cui la ratio decidendi della pronuncia a Sezioni Unite si identifica, sul piano “sostan-ziale”, con i principi di vicinanza ed economia della prova e, sulpiano “formale”, con il cd. “principio di persistenza del diritto”.

    (59) Moscati, Ingiustificato pagamento e pagamento dell’indebi- to , in Riv. dir. civ., 2006, 499, lanciando la provocazione per cui«si deve avere il coraggio di dire che l’azione di arricchimentonon serve a nulla, come anche l’esperienza pratica insegna».Sull’interpretazione giurisprudenziale dell’azione di arricchimen-to senza causa nei rapporti fra cittadini ed ente pubblico si rinviaalle considerazioni di Breccia, L’arricchimento senza causa , inTrattato Rescigno , IX, 1984, 849-851.

    (60) Moscati, op. ult. cit., 495.