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1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA MARKETING – SDA BOCCONI Report di ricerca Team di ricerca Andrea Rea Carlo Schettino Gabriele Troilo Karin Zaghi Research assistants Stefania Brivio Monica Grosso Stefania Costa Camilla Semenza Copyright SDA Bocconi

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OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO

AREA MARKETING – SDA BOCCONI

Report di ricerca

Team di ricerca

Andrea Rea Carlo Schettino Gabriele Troilo

Karin Zaghi

Research assistants

Stefania Brivio Monica Grosso Stefania Costa

Camilla Semenza

Copyright SDA Bocconi

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INDICE

Introduzione: il settore vinicolo nel triennio 2001-2003

1. Gli obiettivi e il disegno della ricerca

2. Il campione di ricerca

3. I risultati

La gestione del prodotto

La concorrenza

Le analisi e le decisioni di marketing

Le analisi di mercato Le decisioni di marketing: le scelte di distribuzione Le decisioni di marketing: le scelte di prezzo Le decisioni di marketing: le scelte di comunicazione Le relazioni con i fornitori specializzati di servizi di marketing

I fattori competitivi e le performance

Gli scenari futuri

4. Conclusioni

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Introduzione: il settore vitivinicolo nel triennio 2001-2003

Prima di descrivere obiettivi e risultati della ricerca, ci è sembrato utile riassumere

brevemente i tratti salienti del contesto settoriale, in cui le aziende vitivinicole si

trovano a operare. Nelle prossime pagine, quindi, verranno segnalati i dati relativi alla

produzione, al giro d’affari, all’export e all’import, che hanno caratterizzato il settore

nel triennio di interesse della ricerca: 2001-2004. I dati sono stati prodotti dalle fonti

istituzionali maggiormente significative e vogliono rappresentare una fotografia degli

elementi principali del settore di interesse.

Il comparto vitivinicolo in Italia, recentemente censito dal 5° Censimento Generale

dell’Agricoltura per il periodo 1999-2000, rispetto al totale della superficie investita in

produzioni agrarie di 13.212.652 ettari, è rappresentato da 675.580 ettari destinati a vite

per produzione di vino da tavola, 232.522 destinanti a vino DOCG – DOC, e 442.057 di

altri vini (IGT) (tabella 1).

Tabella 1 - Aziende e superficie investita nelle coltivazioni agrarie (n° di aziende ed ettari di superficie)Totale Legnose agrarie Vite per vino Vite per Doc-Docg Vite per altri vini

Aziende* 2.551.822 1.858.535 770.206 108.711 694.894Quota sul totale 100,0% 72,8% 30,2% 4,3% 27,2%Superficie agric 13.212.652 2.457.994 675.580 233.522 442.057Quota sul totale 100,0% 18,6% 5,1% 1,8% 3,3%*Riferite alla Sau.Fonte: Elaborazione Ismea su Censimento Istat 2000.

Le aziende che producono uva da vino risultano essere 770.206 nello stesso periodo

(2000) e dai dati relativi ai precedenti Censimenti generali (1982, 1990) si rileva un

sostanziale incremento delle superfici, a conferma dell’attrattività del settore (tabelle 2 e

3).

Tabella 2 - Aziende e superficie investita nella viticoltura (n° di aziende ed ettari di superficie)Uva da tavola Viti non innestate Viti madri da portinnesto Barbatelle

Totale per Doc-Docg per altri viniAziende 770.206 108.711 694.894 34.062 2.176 729 2.053Superficie investita 675.580 233.522 442.057 39.975 1.810 1.367 2.776Fonte: Elaborazione Ismea su Censimento Istat 2000.

Uva da vino

Tabella 3 - I dati della vitivinicoltura negli ultimi censimenti (n° di aziende ed ettari di superficie)

Aziende Superficie investita Aziende Superficie investita Aziende Superficie investita 2000 1990 1982per vini Doc-Docg 108.711 233.522 92.590 190.852 105.019 209.794 2,15 2,06 2,00per altri vini 694.894 442.057 1.089.352 671.535 1.512.454 853.536 0,64 0,62 0,56Fonte: Elaborazione Ismea su Censimento Istat 2000.

Superficie media aziendaleAnno di censimento

2000 1990 1982

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I principali vitigni allevati – in termini di estensione della superficie investita (tabella 4)

– per la produzione di vini da tavola sono, per i bianchi, il Catarratto bianco comune, e

per i rossi il Sangiovese Nero: quest’ultimo si conferma essere la principale fonte di

produzione di vini DOCG-DOC e complessivamente il vitigno nazionale più

rappresentativo, in quanto diffuso su tutto il territorio.

Tabella 4 - Superficie investita ad uva da vino per vitigno - Censimento Istat 2000 (ettari)

Catarratto bianco comune B. 42.429Sangiovese N. 37.797Trebbiano toscano B. 32.224Montepulciano N. 20.690Merlot N. 17.599Trebbiano romagnolo B. 15.624Negro Amaro N. 14.383Barbera N. 12.096Calabrese N. 10.880

Vini da Tavola

Tabella 4.1 - Superficie investita ad uva da vino per vitigno - Censimento Istat 2000 (ettari)

Sangiovese N. 31.950Barbera N. 16.242Moscato bianco B. 10.668Trebbiano toscano B. 10.233Montepulciano N. 9.138

Vini DOCG - DOC

Le regioni più densamente sfruttate in termini quantitativi risultano essere quelle del

Sud Italia - tra cui principalmente la Sicilia e la Puglia - seguite immediatamente da

Veneto, Emilia Romagna e Toscana (tabella 5). Le ragioni di questa tipicità meridionale

sono notoriamente legate ad una concentrazione sulla produzione di materia prima

piuttosto che di prodotto finito: la tabella 56, infatti, evidenzia che, a fronte di regioni

come il Piemonte o il Friuli, in cui la percentuale della superficie vitata dedicata a

produzioni DOCG e DOC supera il 70%, la Sicilia mostra una percentuale pari allo

0,03%, la Puglia dell’11,6% e la Campania del 15,7%.

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Tabella 5- Superficie investita in uva da vino in Italia: I dati regionaliCensimento Istat 2000 (ettari)

per altri vini per Doc-Docg TotalePiemonte 13.186 39.400 52.585Valle d'Aosta 284 225 509Lombardia 6.530 15.426 21.956Liguria 1.567 760 2.327Trentino Alto Adige 1.441 12.380 13.821Veneto 40.223 33.413 73.636Friuli Venezia Giulia 4.820 12.936 17.755Emilia Romagna 35.255 24.602 59.857Toscana 23.473 34.798 58.271Umbria 8.762 5.441 14.203Marche 12.670 7.142 19.812Lazio 20.280 8.691 28.971Abruzzo 23.379 10.106 33.484Molise 4.998 868 5.866Campania 24.547 4.589 29.136Puglia 75.041 9.918 84.959Basilicata 6.392 1.316 7.708Calabria 10.754 2.704 13.459Sicilia 107.485 4.154 111.638Sardegna 20.970 4.655 25.625Totale Italia 442.057 233.522 675.580Fonte: Elaborazione Ismea su Censimento Istat 2000.

La produzione 2003 (Fonte: Il Sole 24 Ore - “Vino, Madrid sfida Roma” e “Parte bene

la vendemmia 2004”) è stata di circa 44 milioni di ettolitri (di poco inferiore a quella del

2002, a sua volta inferiore di circa il 15% rispetto al 2001 – tabella 6), a fronte di una

produzione media negli ultimi 5 anni pari a circa 54 milioni di ettolitri. La regione più

produttiva è stata il Veneto (7,37 milioni di ettolitri), seguita da Sicilia, Puglia, Emilia

Romagna, Piemonte e Toscana.

Il settore del vino rappresenta un giro d’affari in Italia stimato di 8 miliardi di euro, ma

l'intero patrimonio della filiera vitivinicola (compreso quindi anche il valore degli

impianti e strutture legate alla produzione di vini, liquori, distillati e aceti balsamici)

sfiora i 50 miliardi di euro (fonte: Università di Bologna/Federvini), con circa 1,2

milioni di occupati che sono legati al settore, compresa la fase della distribuzione

(stime: Università di Bologna).

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Tabella 6 - Produzione di vino in Italia (migliaia di ettolitri)1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

Piemonte 3.222 2.709 3.107 3.405 3.171 3.267 2.938 3.324 2.329 2.282Valle d'Aosta 31 28 47 22 26 31 27 18 16 18Lombardia 1.416 1.438 1.583 1.665 1.452 1.488 1.360 1.286 1.123 856Trentino Alto Adige 1.126 953 1.251 1.001 1.204 1.226 1.177 1.230 1.063 1.076di cuiBolzano 362 487 378 420 384 387 399 358 333Trento 591 764 623 784 842 790 830 705 743Veneto 7.544 5.953 7.861 6.785 8.276 9.265 8.825 8.668 6.847 7.369Friuli Venezia Giulia 1.176 1.086 1.200 1.018 1.224 1.155 1.152 1.111 1.006 1.113Liguria 273 131 160 165 157 158 169 104 93 106Emilia Romagna 7.192 6.002 6.874 4.733 6.494 7.143 6.915 7.116 5.682 5.305Toscana 2.694 2.808 2.873 2.156 2.554 2.665 2.540 2.220 2.319 2.274Umbria 1.003 969 919 740 838 979 966 879 776 812Marche 1.980 1.946 1.747 1.815 1.805 1.686 1.609 1.683 1.258 940Lazio 3.295 3.207 3.267 2.940 3.305 3.689 3.733 3.008 2.859 2.441Abruzzo 4.257 3.856 4.440 4.184 4.256 4.225 3.689 3.441 3.808 3.319Molise 406 377 416 360 323 346 310 342 307 274Campania 2.313 2.115 2.066 1.971 2.249 2.164 2.013 1.717 1.761 1.655Puglia 9.631 10.035 9.727 7.236 8.294 8.235 7.782 6.877 5.580 6.089Basilicata 469 532 532 481 484 525 473 391 309 284Calabria 925 968 874 753 743 718 613 884 531 476Sicilia 9.300 10.391 9.017 8.073 9.200 8.160 7.106 7.149 6.209 6.553Sardegna 1.037 698 584 1.062 1.085 947 693 845 729 856Italia 59.290 56.201 58.543 50.563 57.140 58.073 54.088 52.293 44.604 44.096Nord-Centro 30.951 27.230 30.888 26.444 30.506 32.753 31.409 30.647 25.370 24.592Mezzogiorno 28.339 28.972 27.655 24.119 26.634 25.320 22.678 21.646 19.234 19.505Fonte: Istat.

La produzione italiana rappresenta (dati 2002), il 16,1% della produzione mondiale

(tabella 7) e circa il 28% di quella dell’Unione Europea.

Tabella 7 - Principali Paesi produttori di vino (tonnellate)

Media 1990-1994 Media 1995-1999 2000 2001 2002 Quota 2002Francia 5.621.486 5.759.080 5.974.100 5.533.800 5.196.700 18,8%Italia 6.106.036 5.610.415 5.408.752 5.229.300 4.460.413 16,1%Spagna 3.044.080 2.950.920 4.557.200 3.393.700 3.941.900 14,2%Stati Uniti 1.757.460 2.099.420 2.660.000 2.300.000 2.540.000 9,2%Argentina 1.715.077 1.848.918 1.684.153 1.913.523 1.712.450 6,2%Australia 431.717 620.800 806.000 1.035.000 1.174.000 4,2%Cina 424.800 888.131 1.050.000 1.080.000 1.080.000 3,9%Germania 1.080.248 960.100 985.200 889.100 1.050.000 3,8%Sud Africa 738.200 795.258 694.917 647.077 718.831 2,6%Portogallo 791.600 677.863 669.350 742.580 626.500 2,3%Cile 337.352 416.886 641.937 545.179 562.323 2,0%

Grecia 367.670 418.406 500.040 427.661 500.000 1,8%Altri 4.718.339 4.262.931 4.287.079 4.371.557 4.146.391 15,0%Mondo 27.134.065 27.309.127 29.918.728 28.108.475 27.709.508 100,0%

L’Italia è il primo Paese esportatore al mondo per quantità ed il comparto vino conferma

il ruolo primario delle esportazioni agroalimentari italiane (fonte: ISMEA).

Su un totale di quasi 800.000 aziende – di cui oltre 30.000 si occupano anche di

imbottigliamento – solo 1.200 risultano essere le aziende che esportano. L’export 2003,

2003: Il Sole 24 Ore

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si è attestato su un valore di 2.700 milioni di euro, registrando una flessione rispetto al

2002 del 3,0%, ma un aumento del 5,4% nel 2004 (tabella 9). Il prezzo medio del

prodotto è aumentato, infatti, del 15,4%, passando da 1,69 a 1,95 euro al litro (fonte:

Istat).

Gli USA rappresentano il mercato più importante in valore (tabella 8). Nel 2004,

l’aumento delle esportazioni verso gli Usa è stata circa del 4,2% (rispetto al 2003); è

proseguita la tendenza al rialzo che, da 5 anni, caratterizza la domanda statunitense di

vini stranieri: 5,5 milioni di ettolitri per una spesa di oltre 2,6 miliardi di dollari, +19%,

malgrado l’influenza negativa dell’euro rispetto al dollaro, che ha reso più cari i

prodotti. Infatti in valore assoluto sul quinquennio dal 2000-2004 l’aumento è del 36%,

che in media rappresenta un aumento annuo del 7,2%(inferiore al tasso medio di

crescita del mercato) ma che rappresenta un trend sostanzialmente positivo malgrado le

difficoltà valutarie e l’abbassamento della soglia di competitività dei ns prodotti che in

caso di riallineamento tra le valute, potrebbe segnare maggiori incrementi.

Tabella 8 – Esportazioni di Vino Italiano 2000-2004

Paesi EXPORT2000 EXPORT2001 EXPORT2002 EXPORT2003 EXPORT2004

Francia 137.169.403 111.355.672 92.052.154 75.247.392 78.719.340

Spagna 29.276.360 13.753.666 14.177.855 17.896.553 29.211.111

Australia 11.968.097 10.603.956 10.666.826 9.799.922 11.358.502

Cile 25.431 52.434 93.653 11.212 17.680

Stati Uniti 543.018.416 611.602.672 718.593.876 710.144.519 740.181.656

Germania 759.900.861 767.841.932 755.063.266 705.560.380 717.128.549

Sud Africa 508.340 523.888 451.530 463.621 714.585

Portogallo 20.427.110 9.922.217 8.013.301 8.509.234 8.512.525

Argentina 701.664 500.068 108.923 53.969 51.935

Regno Unito 241.062.804 266.131.966 287.206.959 295.063.377 320.470.912

Svizzera 137.981.785 167.458.528 172.789.482 174.833.880 192.215.532

Canada 105.722.160 113.314.283 126.707.683 127.264.531 140.501.745

Svezia 41.704.387 51.096.745 66.992.951 63.719.333 58.436.947

Austria 55.968.310 64.530.058 70.547.819 67.798.605 71.885.394

Giappone 100.827.701 112.603.979 115.780.223 110.162.308 104.422.284

Danimarca 46.306.588 50.780.877 60.135.184 59.605.415 70.840.603

MONDO 2.480.206.422 2.618.414.970 2.785.436.266 2.700.739.783 2.847.444.819

Esportazioni di Vino Italiano Vs principali Paesi in valore 000 (€) 2000-2004

Ns Elaborazione dati ISTAT

L’import, al 31 dicembre 2004, si è attestato sul valore di circa 2,53 milioni di Euro,

con un aumento, sul 2003 (stesso periodo), del 5,4% in valore che in assoluto segna nel

quinquennio un aumento del 23,4%. Il prezzo medio del prodotto estero sul mercato

italiano è stato di circa 2,10 euro al litro. In “pole position” c’è la Francia, con circa il

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67% delle importazioni, seguita da Spagna, Portogallo e Germania. Una nota

interessante è rappresentata dal superamento nel 2004 degli Stati Uniti a scapito della

Germania (probabilmente per la forza dell’Euro che sulle importazioni ha reso più

vantaggioso l’acquisto di vini da quel paese) con un notevole distacco (quasi il doppio)

rispetto alla concorrente. A differenza dei paesi target delle esportazioni Italiane, i

prodotti provenienti dal New World (Australia, Cile, Argentina, Sud Africa, Nuova

Zelanda) sono meno richiesti dal consumatore italiano. Tuttavia la competizione

valutaria è probabilmente la causa primaria di un rilancio dei prodotti di Argentina (+

38%), Australia (+ 100,1%), Cile (+ 36%).

Tabella 9 – Importazioni di Vino in Italia 2000-2004

Paesi IMPORT2000 IMPORT2001 IMPORT2002 IMPORT2003 IMPORT2004

Francia 171.695.237 136.518.891 169.432.548 172.834.408 170.642.842

Spagna 6.894.371 13.003.635 15.366.037 38.541.079 40.069.523

Australia 369.551 739.290 838.786 808.047 1.625.531

Cile 1.448.950 1.905.045 1.364.573 1.794.825 2.434.390

Stati Uniti 1.775.069 1.138.987 1.153.685 1.090.354 8.381.528

Germania 3.013.153 3.170.532 3.747.281 2.894.892 4.110.049

Sud Africa 854.904 466.398 286.053 369.686 334.650

Portogallo 9.776.458 9.812.379 12.350.576 12.069.995 14.540.253

Argentina 269.205 425.327 387.837 871.844 1.203.182

Regno Unito 2.192.570 7.607.738 2.523.015 2.306.331 2.104.663

Svizzera 1.155.410 882.337 554.253 458.987 561.756

Canada 160.936 47.417 109.178 69.192 143.651

Svezia 12.037 81.299 52.531 4.004 28

Austria 817.226 492.312 1.178.327 1.168.790 946.194

Giappone 83.245 907.007 94.362 14.977 77.244

Danimarca 40.057 139.008 98.678 20.355 6.394

MONDO 205.473.127 182.633.815 216.073.673 240.281.972 253.200.102

Importazioni in Italia di Vino da principali Paesi in valore 000 (€) 2000-2004

Ns elaborazione dati ISTAT

In conclusione, quindi, il settore vinicolo si conferma come uno dei settori portanti

dell’agricoltura italiana, sia in termini di produzione che di occupazione. In termini

strutturali appare che la tendenza alla razionalizzazione dei volumi a favore della qualità

del prodotto sia continuata anche negli ultimi anni, permettendo anche il rafforzamento

della presenza dei prodotti italiani sui mercati stranieri. In termini generali, dunque,

l’attenzione posta dai produttori verso il controllo dei fattori e dei processi produttivi ha

dato degli ottimi risultati, ormai acclarati e in via di consolidamento. Ciò di cui si ha

scarsa conoscenza sono invece le modalità con cui le imprese vinicole italiane

gestiscono le proprie relazioni con i mercati di riferimento. A questo tema è dedicata la

ricerca di seguito presentata.

Page 9: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

9

1. Gli obiettivi e il disegno della ricerca

La ricerca dell’Osservatorio sul marketing del vino è stata pensata come una ricerca

iniziale sullo stato dell’arte dell’applicazione dei principi, delle metodologie e delle leve

operative del marketing nel settore vinicolo italiano. La ricerca, quindi, è il primo

tassello di un Osservatorio che si pone l’obiettivo di un monitoraggio sistematico dei

cambiamenti nel tempo delle strategie e delle decisioni operative di marketing di un

campione rappresentativo di aziende vinicole italiane.

Gli obiettivi di dettaglio che la ricerca si pone sono molteplici. A fronte di un interesse

primario verso la cultura e le scelte di marketing, il primo obiettivo è quello di fornire

una fotografia dell’evoluzione strutturale in termini sia di assetti produttivi – superfici

vitate, produzioni, varietà colturali – sia dimensionali generali – numero di dipendenti,

età dell’azienda, settore di provenienza dell’imprenditore. Il perseguimento di tale

obiettivo è motivato, da un lato, dalla necessità di verificare la rappresentatività del

campione di ricerca rispetto all’universo delle aziende vinicole italiane, dall’altro, dalla

volontà di costruire una database che, aggiornato regolarmente, permetta di dare

evidenza alle variazioni strutturali del settore.

Il secondo obiettivo di ricerca – abbastanza legato alle variazioni strutturali – è relativo

alla gestione del prodotto da parte delle aziende. Vista la tradizionale attenzione delle

aziende del settore verso la qualità dei prodotti, si è deciso di focalizzare l’attenzione

sulle scelte di produzione che hanno più impatto sulla qualità: quindi i materiali per

l’affinamento, la tipologia di package, le tipologie di tappi.

Gli elementi strutturali e quelli relativi al prodotto influenzano le strategie competitive

delle imprese. Un altro obiettivo che la ricerca si dà, di conseguenza, è quello di

approfondire le modalità di identificazione degli ambiti concorrenziali da parte delle

imprese e le percezioni relative ai fattori competitivi su cui le imprese costruiscono il

proprio vantaggio concorrenziale.

Il cuore della ricerca è, come anticipato, relativo al marketing. La ricerca quindi si pone

il fine di fornire evidenza alla diffusione degli strumenti di analisi del mercato e alle

modalità con cui le imprese assumono le decisioni strategiche e operative di marketing,

relativamente alla distribuzione, al prezzo, alla comunicazione.

L’ultimo obiettivo è quello di rilevare le percezioni sul futuro. Si è quindi dedicata

l’ultima parte della ricerca all’evidenziazione dei fattori relativi al contesto competitivo,

alle decisioni produttive e di marketing ritenuti di importanza crescente nel prossimo

futuro.

Page 10: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

10

Per poter raggiungere questi risultati si è optato per un disegno di ricerca quantitativo,

tramite la metodologia della survey (sondaggio). Il campione è stato costruito attraverso

le principali guide specializzate sul settore vinicolo italiano (Gambero Rosso, Veronelli,

Espresso, Luca Maroni, AIS Bibenda). Si è costruito un database di tutte le imprese

presenti in queste guide negli anni dal 2002 al 2004, pervenendo quindi a un numero

complessivo di 2.526 imprese. A ognuna è stato inviato – fra giugno e settembre 2004 -

un questionario strutturato le cui domande fossero in grado di ottenere le informazioni

obiettivo della ricerca. Il questionario è stato inviato via posta all’attenzione del

Direttore Marketing o del Direttore Commerciale dove le figure fossero presenti, oppure

dell’imprenditore in caso di mancanza dei precedenti. Dopo il primo invio è stato

effettuato un follow up telefonico e sono stati inviati nuovamente via posta o via e-mail

alcuni questionari alle imprese che hanno dichiarato di non averlo ricevuto. In definitiva

sono stati raccolti 228 questionari, con una redemption del 9,03%. Tante sono quindi le

imprese che costituiscono il campione di ricerca.

2. Il campione di ricerca

Le 228 imprese costitutive del campione sono abbastanza ben distribuite nel territorio

italiano, rappresentando adeguatamente la distribuzione complessiva delle imprese del

settore. La tabella 2.1 descrive la distribuzione territoriale.

Tabella 2.1 – La distribuzione geografica delle imprese del campione

Aree geografiche Numero Percentuale Nord Ovest (Valle D’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia) 70 30,70% Nord Est (Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia)

52 22,80%

Centro (Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise)

72 31,57%

Sud e Isole (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia)

34 14,91%

Page 11: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

11

In termini dimensionali, la superficie mediana1 aziendale è di 17 ettari, in crescita

rispetto agli anni precedenti (tabella 2.2).

Tabella 2.2 – La superficie mediana aziendale nel triennio 2001-2003

Superficie vitata totale

14,0015,56

17,00

0

5

10

15

20

2001 2002 2003

Anno

Supe

rfic

ie m

edia

na (h

a)

In termini geografici, le aziende del Centro e del Sud e Isole risultano sul campione

mediamente più grandi di quelle del Nord (tabella 2.3).

Tabella 2.3 – La ripartizione geografica del campione in termini di superficie vitata

(2003)

Superficie (ha) Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud e Isole < 5 7,2% 4,6% 2,6% 0,7%

5 - 10 5,2% 4,6% 6,5% 2,0% 11 - 20 7,8% 5,2% 11,8% 1,3% 21 - 50 7,2% 2,6% 9,2% 5,2% 51 - 100 2,0% 1,3% 2,6% 2,0% 101 - 500 0,7% 0,7% 1,3% 2,0%

> 500 0,0% 1,3% 1,3% 1,3%

1 La mediana è la misura di sintesi che segnala il valore che, in una sequenza ordinata di dati, è preceduto e seguito da un uguale numero di osservazioni. In altre parole è il valore entro cui ricade il 50% del campione. Rispetto alla media, la mediana permette di dare meno enfasi al ruolo dei valori estremi. Per quanto riguarda la superficie aziendale, i valori della media nei tre anni sono: 95,6 ha nel 2001, 105,15 ha nel 2002, 114,45 ha nel 2003.

Page 12: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

12

E’ interessante notare come l’incremento di superficie media nel triennio sia dovuto a

una netta riduzione delle dimensioni minori e a un marcato aumento delle dimensioni

medie (nel range dai 50 ai 100 ettari si è verificato l’incremento maggiore) (tabella 2.4).

Tabella 2.4 – Le variazioni dimensionali nel triennio 2001-2003

Superficie vitata totale

3,68%4,29%4,91%

20,86%26,38%21,47%

18,40%

19,38%

3,75%4,38%6,88%

23,13%25,63%

16,88%

3,75%5%8,13%

23,75%26,25%

18,13%15%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

<5 ha 5-10 ha 10-20 ha 20-50 ha 50-100 ha 100-500 ha >500 ha

Superficie

Freq

uenz

e

2001 2002 2003

Il numero di dipendenti medio delle imprese del campione è pari a 15, in crescita nel

triennio (tabella 2.5). Nella funzione marketing in media lavora solo un dipendente. La

tabella 2.6 mostra, inoltre, come le dimensioni medie nel triennio siano aumentate, a

causa di una netta riduzione delle aziende con numero di dipendenti minore a cinque e

un deciso incremento di quelle tra 10 e 20.

Tabella 2.5 – La numerosità dei dipendenti

N° dipendenti

6 6

8

1

7

1

7

1

7

0

2

4

6

8

10

Fissi Stagionali Nella funzione mktg

Dipendenti

N° m

edio

2001 2002 2003

Page 13: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

13

Tabella 2.6 – La variazione della numerosità dei dipendenti nel triennio 2001-2003

N° dipendenti totale

20,09%18,22%20,09%

41,59%39,72%

21,96%19,16%

19,16%

35,85%

17,92%22,17%24,06%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

<5 5-10 10-20 >20

N° dipendenti

Freq

uenz

e

2001 2002 2003

In termini di caratteristiche settoriali, le aziende del campione sono storicamente

aziende agricole, ma non è limitata la presenza di aziende in cui l’imprenditore proviene

da settori diversi (tabella 2.7). Questo può significare, da un lato, che il settore vinicolo

ha rappresentato nel triennio un investimento interessante per aziende provenienti da

altri settori, e, dall’altro, che la provenienza da altri settori può aver contribuito a

introdurre nel settore vinicolo logiche e modalità manageriali diverse da quelle

tradizionali.

Tabella 2.7 – Il settore di provenienza

Settore di provenienza dell'imprenditore

60,18%

8,14%9,05%8,14%14,48%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Agricoltura Industria Commercio Servizi Plurimo

Settore

Freq

uenz

a

Page 14: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

14

Per quanto riguarda gli aspetti produttivi, il campione della ricerca mostra una

produzione mediana di 839 ettolitri, un numero di bottiglie mediano pari 110.750 e un

numero di etichette medio pari a 12.

Per confermare la rappresentatività del campione rispetto all’universo delle aziende

vinicole, per ognuno degli aspetti precedenti la ricerca ha rilevato le variazioni avvenute

nel triennio di interesse.

Per quanto riguarda la produzione mediana si è avuto un incremento del triennio2

(tabella 2.8), dovuto a un notevole incremento nella fascia intermedia, corrisposto da

una riduzione delle fasce produttive minori e da un leggero incremento di quella di

maggiori dimensioni (tabella 2.9).

Tabella 2.8 – La produzione mediana nel triennio 2001-2003

Produzione totale

690 765839

0

250

500

750

1000

2001 2002 2003

Anno

Prod

uzio

ne m

edia

na (h

l)

2 La produzione media aziendale nei tre anni è stata: 3829,01 hl nel 2001, 4226,03 hl nel 2002, 4753,36 hl nel 2003.

Page 15: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

15

Tabella 2.9 – Le variazioni nella produzione nel triennio 2001-2003

Produzione totale (hl)

60,67%

20%

2%8%9,33%

59,59%

19,86%

8,22%1,37%

10,96%

8,90%0,68%

13,01%19,18%

58,22%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

<1000 hl 1000-2000 hl 2000-5000 hl 5000-10000 hl >10000 hl

Produzione

Freq

uenz

a

2001 2002 2003

Relativamente alla numerosità delle bottiglie, il campione della ricerca si concentra

nelle fascia fra le 10.000 e le 500.000 (circa l’80%), ma, corrispondentemente alla

distribuzione dell’universo di riferimento, con una buona presenza di aziende molto

piccole e anche di dimensioni ragguardevoli (tabella 2.10).

Tabella 2.10 – La produzione di bottiglie nel 2003

Produzione bottiglie totale 2003

41,59%

7,48% 3,74% 4,67%6,54%

35,98%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

<10.000 10.000-100.000 100.000-500.000 500.000-1 mil. 1-3 mil. >3 mil.

N° bottiglie

Freq

uenz

a

Page 16: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

16

In termini geografici, il campione vede la presenza di un numero di bottiglie per azienda

mediamente più elevato per le aziende del Nord-Est e del Centro (tabella 2.11).

Tabella 2.11 - La ripartizione geografica del campione in termini di bottiglie prodotte

Bottiglie Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud e Isole < 10.000 3,4% 1,5% 1,5% 0,5%

10.000-100.000 16,0% 8,3% 14,1% 2,9% 100.001-500.000

10,7% 6,8% 12,6% 5,8%

500.001 – 1 ml 0,0% 3,4% 2,4% 1,9% 1 ml – 3 ml 0,5% 1,0% 0,5% 1,5%

> 3 ml 0,0% 2,9% 1,5% 0,5%

In termini di variazione della numerosità di bottiglie prodotte nel triennio, si è preferito

dare evidenza alla scomposizione della numerosità per tipologia di vino (tabella 2.12).

Tabella 2.12 – La variazione della produzione di bottiglie per tipologia nel triennio

2001-2003

Produzione bottiglie

1800 4410

28000 30300

110750

9000

20820

42000

1500 4518

3000022500

83600

40001500

88500

3000025000

10000

25000

41000

10000

30000

50000

0

20000

40000

60000

80000

100000

120000

Vini rossi Vini bianchi Vini rosati Vini liquorosi Vini passiti Spumanti Vini frizzanti TOTALE

Tipologie vino

Med

iana

2001 2002 2003

Il campione è quindi caratterizzato da una maggiore presenza di produzione di vini

rossi, seguita dai frizzanti e dai bianchi, e in successione dagli spumanti. Si evidenzia

anche una discreta produzione di rosati, e una minima di liquorosi e passiti. E’

Page 17: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

17

interessante notare che mentre per i vini rossi, per gli spumanti e per i passiti nel 2002 si

è verificato un leggero decremento della produzione mediana, per tutte le altre categorie

la produzione è stata in crescita costante nel triennio di riferimento.

Da ultimo, relativamente al numero di etichette, non si è verificato un incremento

sostanziale nelle imprese del campione (tabella 2.13): la variazione, comunque, è stata

dovuta a una sostituzione di vini da tavola con IGT (tabella 2.14). In termini di

specifiche categorie di vino, i risultati sono riportati nella tabella 2.15.

Per quanto riguarda la numerosità di etichette di qualità rispetto al totale, il campione,

vista la modalità di costruzione dello stesso, manifesta uno sbilanciamento verso le

produzioni di qualità: è indice in tal senso che l’81% non produce vino da tavola.

Tabella 2.13 – Il numero di etichette medio nel triennio 2001-2003

N° medio di etichette totali

11 1112

0

3

6

9

12

15

1 2 3

Anno

Valo

re m

edio

Tabella 2.14 – Le variazioni del numero di etichette per categoria

N° etichette

1

5

1

2

11

5

2

1 11

5

3

1 1

0

1

2

3

4

5

6

DOCG DOC IGT VINI DATAVOLA

SPUMANTI

Tipologie etichette

Valo

re m

edio

2001 2002 2003

Page 18: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

18

Tabella 2.15 – La variazione del numero di etichette per tipologia di vino

N° etichette

1

32

3

2 22

43

4

2

4 4

2

11

11

3

112

3

12

0

3

6

9

12

15

Rossi

DOCG

Bianch

i DOCG

Rosati

DOCG

Rossi

DOC

Bianch

i DOC

Rosati

DOC

Rossi

IGT

Bianch

i IGT

Rosati

IGT

Rossi

da ta

vola

Bianch

i da t

avola

Rosati

da ta

vola

Spuman

ti

Spuman

ti di q

ualità

Spuman

ti aro

matici

V.S.Q

.P.R

.D.

Passit

i

Aromati

zzati

TOTALE

Tipologie etichette

Valo

ri m

edi

2001 2002 2003

Le imprese del campione manifestano una notevole volontà associativa o una forte

esigenza di associazioni cui aggregarsi, visto che solo pochissime aziende non sono

iscritte a nessuna associazione; la gran parte appartiene mediamente a più di due

associazioni, con punte che arrivano a più di cinque associazioni (tabella 2.16). La

tabella 2.17 segnala la tipologia di associazione di appartenenza.

Tabella 2.16 – L’appartenenza media ad associazioni

N° associazioni di appartenenza

3,51%

15,35%

58,34%

22,80%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

0 Ass. 1 Ass. 2-4 Ass. Più di 5 Ass.N°

Freq

uenz

a

Page 19: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

19

Tabella 2.17 – La tipologia di associazioni di appartenenza

Associazioni

35,53% 29,96%21,59%

68,28%

24,56% 28,51%37,89%

12,33%

45,37%

6,58%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Conso

rzio di

tutel

a

Assoc

iazioni

di ca

tegori

a

Assoc

iazioni

locali

Assoc

iazioni

nazio

nali

Slowfoo

d

Enotec

a reg

ionale

Banca

del V

ino

Assoc

iazione

Strada

del Vino

Assoc

iazione

Don

ne del

Vino

Movim

ento Turi

smo d

el Vino

Associazioni

Freq

uenz

a

In sintesi, quindi, le aziende del campione sembrano rappresentare adeguatamente

l’universo delle imprese vinicole italiane produttrici di vino di qualità, in termini di

ripartizione geografica, di assetti produttivi, di origini aziendali, e di propensione alla

cooperazione . Per quanto riguarda le variazioni strutturali, il triennio di riferimento si

caratterizza per moderate variazioni positive negli assetti produttivi: infatti sia le

superfici vitate sia la produzione in termini di ettolitri e bottiglie sia il numero di

etichette in portafoglio aumentano moderatamente, proseguendo il trend di

miglioramento qualitativo degli anni precedenti. Il campione di ricerca risulta quindi

interessante non solo perché rappresentativo dell’universo, ma anche perché il

consolidamento delle scelte produttive lascia avanzare l’ipotesi che le imprese possano

aver dedicato maggiori energie e investimenti alle relazioni con i mercati di riferimento.

I risultati descritti nei paragrafi successivi intendono dare evidenza a questi aspetti.

Page 20: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

20

3 I risultati

3.1 La gestione del prodotto

Data la rilevanza che la gestione del prodotto, e soprattutto della qualità, ha

tradizionalmente rappresentato per le aziende del settore vinicolo, la ricerca ha voluto

dedicare un’attenzione particolare a quest’ambito. La gestione del prodotto è una delle

tipiche aree decisionali del marketing, ma in un settore con un forte orientamento al

prodotto, come storicamente risulta essere quello vinicolo, le scelte relative ai prodotti

tendono a essere definite in funzione più di obiettivi tecnici e interni all’azienda che di

obiettivi di mercato e di soddisfazione delle aspettative dei consumatori. Per questo

motivo si è deciso di tenere separati i risultati afferenti alla gestione del prodotto

rispetto a quelli relativi alle altre leve del marketing mix.

Il primo risultato interessante mostra che nel triennio di riferimento della ricerca le

aziende hanno ampliato la numerosità dei vitigni coltivati. Questa evidenza può essere

spiegata, in termini di strategia commerciale, come aumento della rilevanza data

all’ampiezza della gamma nel tentativo di garantirsi maggiore copertura e visibilità di

mercato, e come maggiore attenzione attribuita ai vitigni autoctoni, quale leva di

potenziale differenziazione competitiva. La tabella 3.1.1 infatti mostra che la

percentuale di produzione ottenuta dal vitigno più importante (in termini di superficie

dedicata) è diminuita dal 30% circa del 2001 al 24% circa del 2003. Inoltre, la

percentuale ottenuta dai primi cinque vitigni è diminuita dal 79% circa del 2001 al 70%

circa del 2003.

Page 21: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

21

Tabella 3.1.1 – La concentrazione della produzione per i singoli vitigni coltivati

Concentrazione dei vitigni 2001

62,85%

84,45%

100,00%

100,00%

99,23%96,69%93,46%

89,60%

78,56%71,71%

53,24%

30,36%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

C.1 C.2 C.3 C.4 C.5 C.6 C.7 C.8 C.9 C.10 C.11 C.12N° vitigni

Freq

uenz

e cu

mul

ate

Concentrazione vitigni 2002

26,15%

65,42%

100,00%

99,27%96,88%93,37%

89,74%84,93%

79,99%73,67%

56,92%

47,87%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

C.1 C.2 C.3 C.4 C.5 C.6 C.7 C.8 C.9 C.10 C.11 C.12

N° vitigni

Freq

uenz

e cu

mul

ate

Concentrazione vitigni 2003

100,00%

99,35%

97,21%92,94%

88,59%82,99%

76,74%

23,79%

43,28%54,01%

62,01%69,49%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

C.1 C.2 C.3 C.4 C.5 C.6 C.7 C.8 C.9 C.10 C.11 C.12

N° vitigni

Freq

uenz

e cu

mul

ate

Page 22: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

22

Per quanto riguarda invece le scelte relative alle categorie di vino, nel triennio in

questione non appaiono grandi variazioni (tabella 3.1.2), se non per un leggero

incremento medio della produzione di IGT. Questo risultato può essere interpretato

come una conferma delle scelte effettuate negli anni precedenti relativamente all’elevata

qualità delle aziende del campione, che, si ricorda, hanno una produzione decisamente

sbilanciata a favore dei vini di qualità.

Tabella 3.1.2 – La variazione delle etichette per tipologia di vino nel triennio 2001-2003

Percentuale etichette DOCG sul totale

3,17%0,45%3,62%8,14%

14%

71%

3,24%0,46%4,17%8,33%12,96%

70,83%

1,79%1,79%4,04%7,62%

13,45%

71,30%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

0% 1-25% 25-50% 50-75% 75-99% 100%

Incide nza

Fre

que

nza

2001 2002 2003

Percentuale etichette DOC sul totale

13,64%8,64%

20,00%24,55%25,00%

8,18%

12,09%10,23%18,60%

26,98%

7,44%

24,65%

12,16%9,91%17,58%

26,58%

8,56%

25,23%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

0% 1-25% 25-50% 50-75% 75-99% 100%

Incidenza

Freq

uenz

a

2001 2002 2003

Page 23: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

23

Percentuale etichette IGT sul totale

5,41%0,90%5,86%

21,17%15,32%

51,35%

5,07%1,38%5,53%

23,04%14,29%

50,69%

5,80%0,89%

6,70%

19,64%17,86%

49,11%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

0% 1-25% 25-50% 50-75% 75-99% 100%

Incidenza

Freq

uenz

a

2001 2002 2003

Percentuale etichette VINI DA TAVOLA sul totale

0,00%0,00%0,45%4,02%14,29%

81,25%

0,47%0,00%0,00%3,26%

14,42%

81,86%

0,00%0,00%0,45%4,05%

14,41%

81,08%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

0% 1-25% 25-50% 50-75% 75-99% 100%

Incidenza

Freq

uenz

a

2001 2002 2003

Relativamente alle scelte di cantina, a fronte di una sostanziale tenuta dell’acciaio quale

materiale per l’affinamento (utilizzato da quasi il 50% delle aziende del campione), si

nota un incremento dell’importanza del legno, in misura più marcata per quel che

riguarda le botti di piccole dimensioni, e, in misura meno evidente, per quelle di

dimensioni maggiori (tabella 3.1.3).

Page 24: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

24

Tabella 3.1.3 – Le scelte relative ai materiali di affinamento

Materiali utilizzati per l'affinamento

22,79%13,84%

7,51%

47,30%

21,95%13,50%

7,65%

46,42%

24,94%14,53%

6,31%

47,43%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

acciaio cemento botti legno grandi botti legno piccole

Materiali

Perc

entu

ale

di u

tiliz

zo

2001 2002 2003

Relativamente alla tipologia di package, rarissimi sono i casi di utilizzo di materiale

diverso dal vetro, con un preferenza assolutamente predominante per la bordolese e in

misura minore per le altre tipologie (tabella 3.1.4). Inoltre le scelte relative alla bottiglia

non hanno subito variazioni rilevanti nel triennio.

Tabella 3.1.4 – Le scelte relative all’imbottigliamento

Tipologie di package utilizzate

0,93%2,31%7,15%

95%

8,38% 0,90%2,31%7,03%8,19%

92,50%95%

8,21% 6,55%2,31% 0,88%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Bordolese Borgognona Champagnotta Albeisa Alsaziana

Tipologie

Perc

entu

ale

di u

tiliz

zo

2001 2002 2003

Page 25: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

25

Da ultimo, per quanto riguarda la tipologia di tappo, emerge una netta preferenza per il

sughero monopezzo, e una stabilità delle scelte nel triennio, con l’eccezione di un

notevole incremento relativo (a fronte comunque di un contenuta importanza in termini

assoluti) del tappo in cork (tabella 3.1.5).

Tabella 3.1.5 – Le scelte relative ai tappi

Tipologie di tappi utilizzati

5,89%3,94%0,61%2,63%

16,12%

68,32%

5,95%4,86%0,57%

2,78%15,15%

65,97%

5,99%5,47%0,50%2,11%

15,59%

68,03%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Sugheromonopezzo

Sugherobirondellato

Sugheroagglomerato

A vite In cork A fungo sughero

Tipologie

Per

cent

uale

di u

tiliz

zo

2001 2002 2003

In sintesi, quindi, per quanto riguarda la gestione del prodotto, i risultati mostrano come

gli sforzi delle aziende del campione siano stati votati a un consolidamento delle scelte

tecniche effettuate negli anni precedenti, e a un tentativo di tradurre tali scelte in

strategie commerciali segnate da un ampliamento della copertura del mercato e

dall’orientamento verso l’innovazione del prodotto.

3.2 La concorrenza Le decisioni di marketing, relative alle relazioni con i propri mercati di riferimento,

dipendono dalle rappresentazioni di quei mercati detenute dalle imprese. La percezione

che il mercato sia omogeneo o frammentato, a elevata o a ridotta intensità

concorrenziale, con tendenza alla cooperazione o piuttosto alla competizione, porta le

imprese ad adeguare le proprie scelte e quindi a decidere di percorrere specifici sentieri

di sviluppo.

Per questo motivo la ricerca ha voluto indagare le rappresentazioni delle imprese del

campione relativamente alla concorrenza diretta. In particolare si è richiesto a ogni

azienda di segnalare le prime cinque imprese ritenute dirette concorrenti, sia sul mercato

nazionale sia internazionale. L’analisi dei dati è stata poi effettuata riclassificando le

Page 26: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

26

imprese segnalate come concorrenti dirette sulla base di un criterio geografico:

regionali, nazionali e internazionali.

Le tabelle 3.2.1 e 3.2.2 riportano i dati relativi al mercato nazionale e internazionale.

Tabella 3.2.1 – I concorrenti diretti sul mercato nazionale

Concorrenti diretti a livello nazionale

17,24%

1,72% 2,30% 4,60%

74,14%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

regionali nazionali internaz ionali no concorrenti non so

Tipologia concorre nti

Fre

qu

enza

Tabella 3.2.2 – I concorrenti diretti sul mercato internazionale

Concorrenti diretti a livello internazionale

16,30%22,96%

38,00%

11,11%5,19% 7,41%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

non opera alivello

internazionale

regionali nazionali internazionali no concorrenti non so

Tipologia concorrenti

Freq

uenz

a

Page 27: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

27

In termini generali appare una rappresentazione del mercato molto sbilanciata sul

confronto “merceologico”, nel senso che i concorrenti ritenuti diretti sia sul mercato

italiano – in modo nettamente prevalente – sia su quello internazionale, sono

prevalentemente aziende della stessa regione, quindi presumibilmente produttrici di vini

simili. In questo senso, quindi, appare molto limitata la capacità di interpretare il

mercato ponendosi dal punto di vista del consumatore, il quale non necessariamente

pone in concorrenza diretta vini dello stesso vitigno, ma può utilizzare sistemi di

categorizzazione differenti.

Le imprese che operano a livello internazionale mostrano una capacità di

rappresentazione maggiormente sofisticata, segnalando una certa attenzione anche verso

le imprese internazionali. In questo senso il nesso merceologico appare meno diretto, e

la rappresentazione concorrenziale è più spostata verso altre tipologie di fattori

competitivi, quali presumibilmente l’ampiezza della gamma, il presidio dei canali, la

notorietà della marca.

L’attenzione elevata posta dalla maggioranza delle imprese del campione ai concorrenti

più vicini geograficamente anche relativamente ai mercati internazionali viene

confermata dal fatto che (come si vedrà più avanti nel par. 3.3.1, tabella 3.3.3) per la

valutazione dell’attrattività dei mercati internazionali il 53% circa delle imprese dichiara

di imitare le scelte dei concorrenti.

Un dato oltremodo interessante è costituito dalla percentuale non ridotta di imprese che

non hanno un’idea della concorrenza: il 7% circa relativamente al mercato nazionale, il

13% relativamente all’internazionale (si è ritenuto opportuno sommare alle risposte di

coloro che “non sanno” anche quelle di coloro che dichiarano di “non avere

concorrenti”, per il semplice fatto che l’assenza di concorrenza maschera evidentemente

un’assenza di conoscenza dei processi di scelta dei consumatori).

In sintesi quello che emerge dal campione è una rappresentazione dei fenomeni

concorrenziali poco sofisticata, con una forte centratura sul prodotto e con una limitata

capacità di porsi dal punto di vista dei consumatori. La presenza sui mercati

internazionali, però, sembra permettere alle imprese un ampliamento dello sguardo

interpretativo e una maggiore considerazione di imprese, non vicine

merceologicamente, ma simili per sistema di offerta.

Page 28: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

28

3.3 Le analisi e le decisioni di marketing

Utilizzando la tradizionale concettualizzazione del marketing che prevede che una fase

di analisi del mercato preceda la definizione della strategia di mercato e del sistema di

offerta, la ricerca ha voluto rilevare in primo luogo l’utilizzo di alcune metodologie di

analisi del mercato, e poi le scelte attuate dalle aziende relativamente alle tipiche leve

costitutive del sistema di offerta.

3.3.1 L’analisi del mercato

Per quanto riguarda il mercato italiano, le attività di monitoraggio del mercato poste in

essere dalle imprese del campione sono riportate nella tabella 3.3.1.

Tabella 3.3.1 – Le attività di monitoraggio del mercato italiano

Attività di monitoraggio del mercato

73,64%

12,73%

21,08%20,36%22,62%

14,03%

40,81%

34,09%

21,36%

43,05%

50,23%

33,03%32,58%39,01%

53,18%

5%

35,87%29,41%

44,34%

53,39%

20,18%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Panel gustativi Ricerchequantitative

Ricerche sulposizionamento

Ricerchesull'evoluzione

del mkt

Consulenzeesterne

Intuito delproduttore

Rilevazioneattività

concorrenza

Tipologie attività

Freq

uenz

a

Regolarmente Talvolta Mai

A un primo sguardo colpisce che la grande maggioranza delle imprese si affida al

proprio intuito – che spesso, nel caso di imprese di piccole dimensioni, coincide con

l’intuito dell’imprenditore – nel monitorare il mercato. Per quanto l’intuito sia una delle

caratteristiche dell’attività imprenditoriale, e spesso dietro la parola “intuito” si

nasconda la capacità di sintesi di informazioni provenienti da fonti e ambiti diversi,

riteniamo che in questo caso l’intuito, come principale azione di monitoraggio del

mercato, non esprima un segnale confortante. In un mercato molto dinamico, infatti, in

Page 29: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

29

cui l’affollamento competitivo inizia a essere evidente, in cui il sistematico lancio di

nuovi prodotti e nuove etichette sposta la precedente struttura di quote di mercato, in cui

alcune aziende straniere cominciano a diventare concorrenti temibili, la

rappresentazione del mercato che un’impresa può costruirsi solamente col proprio

intuito non può che essere carente e limitata. La segnalazione dell’intuito come metodo

di analisi implica, a nostro avviso, un’insufficiente comprensione dell’importanza del

monitoraggio del mercato, e una sorta di indulgenza nelle proprie capacità

imprenditoriali che, seppur di successo sul versante produttivo, non necessariamente

risultano trasferibili su quello commerciale.

Di fianco a questo risultato, emerge però anche un numero non limitato d’imprese che

investono in attività più strutturate di monitoraggio del mercato. L’attività utilizzata

con maggiore regolarità – a conferma ulteriore di una notevole attenzione posta sul

prodotto – è data dai panel gustativi: se si sommano le imprese che dichiarano di

realizzarli regolarmente e meno sistematicamente si raggiunge l’80% circa del

campione. Questo è un risultato comunque positivo e confortante in quanto segnala che,

almeno sul prodotto, un’apertura verso il mercato esiste, e la valutazione della qualità

non viene – anche questa – affidata all’esclusivo intuito del produttore.

Continuando a tenere in considerazione congiunta le imprese che dichiarano di

utilizzare – con regolarità o meno – le attività di monitoraggio, appare che un quota

oscillante fra il 45% e il 70% del campione utilizza modalità più strutturate di

monitoraggio, tipicamente ricerche di marketing di vario genere effettuate sia

direttamente che dai consorzi o associazioni di categoria o da società specializzate.

Anche questo è un segnale di apertura verso un bagaglio di competenze non tradizionale

per le imprese del settore vinicolo, ma ben radicate nelle imprese produttrici di beni di

consumo, cui, di fatto, le imprese vinicole iniziano a guardare con attenzione.

E’ interessante verificare se esiste una differenza fra aziende di aree geografiche diverse

nell’utilizzo delle attività di monitoraggio del mercato. La tabella 3.3.2 riporta le

frequenze di utilizzo ripartite per le quattro macro-aree in cui il campione è stato

distinto.

Page 30: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

30

Tabella 3.3.2 – L’utilizzo delle attività di monitoraggio del mercato in funzione della

localizzazione geografica delle imprese

Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud e isole MediaREGOLARMENTE 13,8% 7,8% 11,8% 32,1% 14,2%Talvolta 23,1% 27,5% 38,2% 35,7% 30,7%Mai 63,1% 64,7% 50,0% 32,1% 55,2%REGOLARMENTE 17,2% 11,8% 24,6% 42,9% 21,7%Talvolta 29,7% 27,5% 36,2% 35,7% 32,1%Mai 53,1% 60,8% 39,1% 21,4% 46,2%REGOLARMENTE 6,2% 12,0% 11,6% 22,2% 11,4%Talvolta 32,3% 26,0% 30,4% 59,3% 33,6%Mai 61,5% 62,0% 58,0% 18,5% 55,0%

Ricerche quantitative sui potenziali di mercato

ZONA GEOGRAFICA

Ricerche sul posizionamento dei prodotti e delle marcheRilevazione sistematica dei

dati delle attività della concorrenza

Dai dati emerge una maggiore attenzione delle aziende del Centro e soprattutto del Sud

e delle Isole verso tale tipologia di attività. E’ molto particolare il risultato relativo alla

totale assenza di utilizzo delle attività di monitoraggio del mercato da parte delle

imprese del Nord, sia Ovest che Est, a segnalare una notevole chiusura verso tipologie

strutturate e formalizzate di analisi del mercato.

* * *

Per quanto riguarda i mercati internazionali, la tabella 3.3.3 riporta i risultati relativi alle

modalità di valutazione dell’attrattività, quindi un’attività più focalizzata rispetto al più

generico monitoraggio, ma sicuramente rilevante per lo specifico problema

dell’internazionalizzazione.

Page 31: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

31

Tabella 3.3.3 – Le modalità di valutazione dell’attrattività dei mercati internazionali

Valutazione dell'attrattività dei mercati stranieri

5,43%

41,67%

33,51%

13,37%8,56%

11,76%9,68%

29,89%

43,75%40,96%

49,20%

21,93%

34,76%

43,01%

64,67%

14,58%

25,53%

37,43%

69,52%

53,48%47,31%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Imitazioneconcorrenti

Ricerche dimercato

Imprese diconsulenza

Consorzi dipromozione

Tradingcompany

Fiere Scout

Tipologie attività

Freq

uenz

a

Regolarmente Talvolta Mai

Sono due i risultati interessanti relativamente ai mercati internazionali. Il primo è la

preferenza assoluta per modalità non strutturate e spesso finalizzate al raggiungimento

anche di altri obiettivi; la seconda è la delega a soggetti terzi.

L’enfasi posta sulle fiere mostra, infatti, come si tenda a sfruttare eventi con scopi

tipicamente comunicativo-commerciali, anche a fini di valutazione di potenzialità di

mercato. Per quanto sia indiscutibile che i contatti ottenuti in fiera possano fornire

segnali di potenzialità, è anche vero che questa modalità soffre di un notevole bias di

rappresentatività. Infatti la presenza di alcuni soggetti in fiera non necessariamente è

un’evidenza del fatto che tutti i soggetti che esprimono le stesse caratteristiche mostrino

lo stesso interesse, e, soprattutto, che la non presenza in fiera non necessariamente è un

segnale di disinteresse: per questo motivo assumere che i contatti ottenuti nelle fiere

siano indicativi di attrattività può risultare fuorviante e pericoloso.

Allo stesso modo può essere inteso l’utilizzo dell’imitazione dei concorrenti. Anche

questo approccio si basa sulla forte assunzione che le preferenze del mercato siano

determinate dalla merceologia, motivo per cui se il concorrente che produce un vino

merceologicamente simile ha avuto successo, risultano dimostrate le potenzialità di quel

mercato. Questo modo di procedere nasconde una non completa comprensione del fatto

Page 32: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

32

che il successo abbia determinanti di vario genere. Quindi, piuttosto che la sola

similarità merceologica, l’imitazione dei concorrenti, dovrebbe essere preceduta anche

da un’analisi delle risorse, delle competenze, e dei processi produttivi e, soprattutto,

commerciali, posti in essere dai concorrenti le cui orme si vuole seguire. In assenza di

queste considerazioni, anche in questo caso l’assunzione di condizioni ceteris paribus

può essere rischiosa e fuorviante.

E’ interessante inoltre, l’evidenza del ruolo giocato da soggetti terzi nella valutazione

dell’attrattività: consorzi, trading companies, scout (anche se questi in misura molto

minore). Inserire soggetti così diversi nella stessa categoria è un’evidente forzatura, ma

l’intenzione è segnalare che il ricorso a competenze/risorse esterne alla singola impresa

è un indicatore sicuramente di apertura da un lato, e dall’altro di ragionevole

valutazione dell’indisponibilità di risorse e competenze interne, che renderebbe

altrimenti impossibile procedere nella valutazione. Tra consorzi e trading companies e

scout esiste una notevole differenza, visto che, ancora una volta, il consorzio tende ad

avere una visione “merceologica” del mercato – essendo indirizzato alla tutela della

produzione di un particolare vino – e quindi permette la valutazione dell’attrattività dei

mercati a un livello più ampio, dell’intera categoria di prodotto; la trading company

invece, tendenzialmente è più in grado di valutare anche le specificità della singola

impresa, permettendo quindi una valutazione di attrattività più specifica, e, forse, più

calibrata su questo profilo aziendale.

Da ultimo è comunque interessante segnalare la presenza di una percentuale non

minima di imprese che inizia ad avvicinarsi a strumenti più formalizzati di valutazione

dell’attrattività, quali le ricerche di marketing. Per quanto sia dichiarato soprattutto un

utilizzo sporadico, comunque questo può essere assunto come indicatore di apertura

verso uno strumento che rappresenta tipicamente un segnale di cultura e orientamento al

mercato.

3.3.2 Le decisioni di marketing: le scelte di distribuzione

Uno dei temi più sentiti dalle aziende vinicole negli anni più recenti è sicuramente

quello della distribuzione e delle relazioni con i vari partner commerciali.

La ricerca ha verificato innanzitutto se nell’ultimo triennio si è verificata una variazione

della percentuale di fatturato “intermediata” sul mercato nazionale dai vari canali

distributivi: diretto (tramite vendita diretta al pubblico, vendita per corrispondenza e

Internet) e indiretto (tramite grossisti, dettaglio tradizionale, dettaglio moderno, e

Page 33: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

33

ho.re.ca). La tabella 3.3.4 riporta i dati sull’evoluzione nel triennio sul mercato

domestico.

Tabella 3.3.4 – La ripartizione del fatturato sui vari canali nel triennio 2001-2003 nel

mercato italiano

Ripartizione del fatturato per canali distributivi in Italia

0,32%

37,56%37,39%

20,64%

1,53% 0,17%

10,85% 8,79% 10,05%4,05%

19,97%

1,45% 0,23%

10,95% 8,57% 9,78%4,65%

36,43%

5,55%10,17%8,99%10,50%1,50%

19,00%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Vendita diretta Vendita percorrispondenza

Internet Grossistinazionali

Grossistiregionali

Piccolidettaglianti

Grandedistribuzione

Ho.Re.Ca.

Canali distributivi

Valo

ri m

edi

2001 2002 2003

Le aziende del campione mostrano una sostanziale stabilità delle loro scelte di canale

nel triennio preso in considerazione. Infatti i due canali che raccolgono la gran parte del

fatturato delle aziende (il 57% circa) risultano essere l’ Ho.Re.Ca. (circa il 37%) e la

vendita diretta in cantina (intorno al 20%), in coerenza – in termini generali - con una

forte attenzione alla valorizzazione della qualità del prodotto, resa sicuramente possibile

da un canale “professionale” quale l’Ho.Re.Ca. e da un contatto non mediato con i

consumatori. In termini di variazioni percentuali, la grande distribuzione vede un

aumento di circa il 50%, pur mantenendosi su quote limitate (il 5,5%), e Internet un

aumento del 100% circa, pur coprendo una quota ancora assolutamente minimale (lo

0,32%).

Oltre alle scelte di struttura del canale la ricerca ha voluto indagare le scelte di copertura

del mercato, ovvero le strategie distributive attraverso cui le imprese del campione

affrontano il mercato nazionale. In tabella 3.3.5 sono riportati i dati relativi alla

frequenza di utilizzo delle diverse strategie: le due dimensioni di analisi utilizzate sono

state il grado di copertura (estensiva o selettiva) e i confini geografici del mercato di

riferimento (regionale, pluriregionale, nazionale).

Page 34: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

34

Tabella 3.3.5 – Le strategie di copertura del mercato domestico

Scelta dei distributori a livello nazionale

1,64%

23,50%

36,07%

4,37%

19,13%

5,46%7,10%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Estensivanazionale

Estensivapluriregionale

Estensivaregionale

Selettivanazionale

Selettivapluriregionale

Selettivaregionale

Nonpianif icata

Metodo

Freq

uenz

a

Coerentemente con le dimensioni delle aziende del campione e con le strutture di canale

maggiormente impiegate, la strategia di copertura del mercato maggiormente diffusa

risulta essere la strategia selettiva. Le aziende quindi preferiscono in maggioranza una

strategia di focalizzazione in termini di canale, qualunque sia il confine del mercato di

riferimento: sia regionale che pluriregionale che nazionale. L’ambito di riferimento per

la maggioranza delle imprese risulta essere quello pluriregionale, seguito da quello

nazionale: sono la minoranza invece le imprese che dichiarano un ambito di riferimento

spiccatamente regionale.

Un dato non trascurabile e di un certo interesse ai fini della ricerca è la numerosità di

aziende che non ha alcuna strategia di copertura del mercato (circa il 20%). Queste

aziende sostanzialmente non pianificano la propria strategia distributiva e adottano

quindi una modalità di approccio al mercato fondata sulla soddisfazione delle richieste

solo quando queste si presentano e da qualunque soggetto provengano. Evidentemente

questa situazione suona molto pericolosa perché evidenzia una delega completa sul

proprio posizionamento di mercato che, soprattutto per aziende attente alla qualità,

dovrebbe essere evitato il più possibile.

La ricerca ha anche indagato le scelte distributive sui mercati esteri, distinguendo

l’analisi delle variazioni in termini di struttura di canale (tabella 3.3.6) e le strategie di

copertura (tabella 3.3.7).

Page 35: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

35

Tabella 3.3.6 - La ripartizione del fatturato sui vari canali nel triennio 2001-2003 nel mercato internazionale

Ripartizione del fatturato sui canali distributivi esteri

13,13%

64,06%

14,31%

64,25%

13,14%

66,31%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Agenti Importatori

Canali

Rip

artiz

ione

2001 2002 2003

Tabella 3.3.7 – Le strategie di copertura del mercato internazionale

Scelta dei distributori a livello internazionale

17,55%24,13%

48,69%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Distribuzione capillare Distribuzione selettiva Non pianificata

Metodo

Freq

uenz

a

Sui mercati esteri sono gli importatori a giocare un ruolo fondamentale raccogliendo

circa il 70% del fatturato delle aziende del campione. Al contrario del mercato italiano,

in termini di strategie di copertura, prevale la strategia estensiva. Questo dato va però

letto a confronto con quello relativo alla stragrande maggioranza delle imprese che non

ha alcuna strategia pianificata: questo significa che sui mercati esteri poche aziende

pianificano e tentano di essere presenti nei Paesi scelti in modo ampio, mentre la

maggioranza si affida a importatori che decidono la strategia di copertura in base ai

propri obiettivi aziendali.

* * *

Page 36: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

36

Lateralmente alle variazioni di struttura di canale la ricerca ha voluto indagare le

eventuali modifiche intervenute nella struttura commerciale utilizzata dalle imprese del

campione per servire gli intermediari selezionati. Le tabelle 3.3.8 e 3.3.9 riportano i dati

relativi alla numerosità e alla tipologia delle strutture di vendita.

Tabella 3.3.8 – La dimensione della rete di vendita

N° totale componeti rete di vendita in Italia

2,78%11,81%13,89%13,19%

58,33%

4,86%13,19%18,06%11,11%

52,78%

5,59%13,99%

23,78%

6,99%

49,65%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

<10 10-20 20-50 50-100 >100

N° componenti

Freq

uenz

e

2001 2002 2003

Tabella 3.3.9 – La struttura della rete di vendita

Struttura della rete di vendita in Italia

3 3

16 16

19

3333

0

5

10

15

20

Rete diretta Agenti e rappresentantimonomandatari

Agenti e rappresentantiplurimandatari

Tipologia

Valo

ri m

edi

2001 2002 2003

Due dati emergono evidenti dalle tabelle: nell’ultimo triennio le dimensioni medie delle

reti di vendita delle aziende del campione stanno aumentando, con una diminuzione

marcata delle reti fino a 20 persone, e un aumento considerevole delle dimensioni

intermedie (fra 20 e 50) e un aumento consistente ma relativamente inferiore per quelle

Page 37: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

37

di classi dimensionali molto elevate (più di 50); in secondo luogo, l’aumento delle

dimensioni appare dovuto soprattutto ad agenti e rappresentanti plurimandatari.

Alcune possibili giustificazioni per questi fenomeni sono le seguenti. In un periodo di

sviluppo del mercato del vino le aziende hanno cercato di migliorare la propria capacità

di copertura del mercato acquisendo una maggiore capillarità nella distribuzione dei

propri prodotti. Probabilmente la velocità dello sviluppo, insieme con l’incertezza sulla

possibilità che questo permanga nel tempo, ha spinto le imprese a non dotarsi di una

rete interna, bensì ad affidarsi a operatori specializzati ma con un portafoglio di marche

più ampio. Ancora una volta il trade off fra controllo del posizionamento e garanzia di

ampiezza delle copertura è stato risolto a favore di quest’ultima, con il rischio che i

propri elementi distintivi vengano affidati ai calcoli di convenienza e alle strategie di

mercato di operatori che selezionano le marche da inserire in portafoglio non

necessariamente secondo criteri di aderenza alle esigenze del mercato.

* * * Un ultimo aspetto relativo alla strategia distributiva a cui la ricerca è interessata è quello

degli strumenti di valutazione della performance distributiva. L’utilizzo di strumenti

formali di valutazione della performance è, infatti, sintomo della volontà e della

capacità di controllo dei canali distributivi utilizzati e delle relazioni con gli

intermediari. In tabella 3.3.10 sono riportati i risultati relativi ai vari strumenti.

Tabella 3.3.10 – Gli strumenti di valutazione della performance distributiva

Valutazione dei clienti intermedi

34,67% 36,55%

9,19%12,04%9,57%

48,74%

21,24%

31,47%

20,54%

32,98%

26,60%

23,12%29,53%

20,10%

27,64%

44,72%48,70%

63,30%54,45%

31,47%

69,73%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

CE per cliente Analisiconcorrenti

Fatturatoazienda/ fatt.

cliente

Prodotto inpromozione/

prodottovenduto

N° eventi/fatturato cliente

Contributimerchandising/fatturato cliente

Opportunità dicrescita

Metodo utilizzato

Freq

uenz

a

Regolarmente Talvolta Mai

Page 38: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

38

Anche in questo caso appare che la toolbox delle aziende del campione risulta molto

limitata. Infatti la maggioranza dichiara di non utilizzare mai la gran parte degli

indicatori, con l’eccezione del grado di penetrazione sul cliente, per il quale viene

segnalato un utilizzo regolare o sporadico. Gli altri due strumenti/indicatori impiegati

con regolarità sono il conto economico per cliente e l’analisi delle opportunità di

sviluppo, quindi uno strumento di valutazione della redditività e uno di tipo più

strategico.

In termini generali, quindi, appare una situazione abbastanza polarizzata, con la

maggioranza delle aziende che, pur affidandosi con grande enfasi a intermediari esterni,

poi non ha la volontà o la capacità di misurare l’efficienza e l’efficacia delle proprie

scelte. Al contrario, emerge un nucleo di aziende più “avanzate” che controlla con una

certa regolarità e con una varietà di strumenti se le proprie scelte distributive sono

redditizie e orientate allo sviluppo futuro.

In termini generali emerge quindi un controllo notevole da parte degli intermediari sui

mercati che le aziende del campione intendono servire.

3.3.3 Le decisioni di marketing: le scelte di prezzo

Il prezzo dei prodotti gioca un ruolo fondamentale nelle strategie di marketing delle

imprese, sia in termini economici – in quanto garantisce il margine di copertura dei costi

e la redditività unitaria – sia in termini competitivi – perché segnala il posizionamento

del prodotto ai clienti.

La ricerca ha voluto indagare soprattutto l’elemento di differenziazione competitiva

connessa al prezzo, in primo luogo rilevando se nel triennio oggetto di analisi le imprese

avessero modificato il livello dei prezzi dei propri prodotti, e, in secondo luogo, se

emerge l’utilizzo di una strategia di discriminazione dei prezzi e su quali basi.

Come mostrato dalla tabella 3.3.11, con rarissime eccezioni, il triennio trascorso è stato

caratterizzato da un aumento medio dei prezzi per la maggioranza delle imprese del

campione, con un prevalenza del range fra il 5% e il 10% ma con una considerevole

presenza anche nel range dal 10% in su.

Page 39: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

39

Tabella 3.3.11 – Le variazioni dei prezzi nel triennio 2001-2003

Variazione del prezzo medio

3,11% 0,89% 0%0,44% 0,89%

11,56%

31,11%25,33%26,67%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Riduzione< 5%

Riduzioneda 5 a10%

Riduzioneda 10 a

30%

Riduzione> 30%

Stabile Aumento< 5%

Aumentoda 5 a10%

Aumentoda 10 a

30%

Aumento> 30%

Variazione

Freq

uenz

a

In termini generali, è possibile fare due considerazioni. La prima è che probabilmente le

imprese hanno iniziato a utilizzare la leva prezzo come indicatore di qualità, e quindi,

in coincidenza di un miglioramento generale della qualità dei prodotti e di una maggiore

attenzione alla valorizzazione degli stessi, si è usciti dalla logica del prezzo quale

semplice vettore di economicità e si è passati a una sua considerazione anche dal punto

di vista comunicativo, e quindi di posizionamento. La seconda considerazione va un po’

più sulle intenzioni, e quindi ha meno basi su cui fondarsi: l’ipotesi che si avanza è

relativa a un certo opportunismo delle imprese, che, a fronte di un mercato in sviluppo,

forse hanno pensato di “monetizzare” il buon momento, aumentando i prezzi medi a

prescindere da un’equivalente miglioramento del sistema di offerta. Se questa ipotesi

avesse una solida base, ciò purtroppo segnalerebbe un rischio molto forte per le aziende

che hanno praticato tale percorso, poiché, in un momento di raffreddamento del

mercato, i consumatori tornerebbero a dare maggiore valore alla correttezza del rapporto

prezzo/qualità, e queste aziende sarebbero le prime a essere penalizzate.

E’ interessante verificare l’esistenza di differenze geografiche nel campione analizzato,

in termini di variazione dei prezzi medi. Come si può notare dalla tabella 3.3.12, sono

soprattutto le imprese del Nord, sia Ovest sia, soprattutto, Est, ad avere aumentato

maggiormente il prezzo medio dei propri prodotti, a fronte delle aziende del Centro e

del Sud e delle Isole i cui prezzi sono rimasti stabili o sono aumentati in linea con la

media del campione. Va comunque segnalato che la percentuale maggiore delle imprese

che dichiara un aumento considerevole dei prezzi medi è costituita da imprese del Sud e

delle Isole.

Page 40: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

40

Tabella 3.3.12 – Le differenze geografiche nella variazione dei prezzi medi

Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud e Isole Mediarimasto stabile 22,4% 17,3% 35,7% 33,3% 26,9%aumentato meno del 5% 34,3% 21,2% 21,4% 18,5% 25,0%aumentato dal 5% al 10% 32,8% 44,2% 20,0% 33,3% 31,5%aumentato dal 10% al 30% 7,5% 17,3% 11,4% 7,4% 11,1%aumentato più del 30% 1,5% 0,0% 0,0% 3,7% 0,9%

ZONA GEOGRAFICA

Il secondo ambito di analisi ha riguardato la discriminazione dei prezzi, ovvero la

definizione di prezzi diversi per lo stesso prodotto in territori competitivi differenti,

nello specifico in aree geografiche (sia in Italia che all’estero) o in canali distributivi

diversi. La tabella 3.3.13 evidenzia che la maggioranza delle imprese del campione

adotta una strategia di prezzi differenziata per canale distributivo, segnalando quindi

una capacità di riconoscimento del diverso contributo di servizio che i vari canali

possono apportare e del diverso contributo all’immagine e al posizionamento del

prodotto. Allo stesso tempo, è interessante notare che circa un 30% del campione non

effettua alcuna discriminazione: questo risultato può essere giustificato in due modi: il

primo, è che alcune aziende non hanno la volontà o la capacità di negoziare un

contributo differenziale da parte dei diversi canali, oppure di riconoscere il differente

posizionamento nelle diverse aree geografiche e, quindi, sono disposte a vendere a tutti

allo stesso prezzo; il secondo, invece, è che alcune aziende distribuiscono su canali o su

territori abbastanza omogenei e quindi percepiscono la necessità di controllare il proprio

posizionamento, evitando che gli intermediari possano in qualche modo, variando i

prezzi, influenzarlo.

Per quanto riguarda invece il criterio geografico, prevale l’assenza di discriminazione

per area geografica, segnalando in questo modo la volontà di controllare il prezzo e il

posizionamento all’interno dei diversi mercati, in modo da evitar eventuali

comportamenti opportunistici o rivendicativi da parte degli intermediari della stessa

area.

Page 41: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

41

Tabella 3.3.13 – La discriminazione dei prezzi

Politica di prezzo

24,12%

62,72%

13,16%29,39%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Differenziazione percanale

Diff. per zonagerografica Italia

Diff. per zonageografica estero

No differenziazione

Politica

Freq

uenz

a

L’analisi dei dati a livello di macro-aree regionali in Italia ha mostrato che non esistono

significative differenze fra le aziende delle varie macro-regioni, se non per la

discriminazione per aree geografiche all’estero, dove le imprese del Centro e del Sud e

delle Isole sono in media più propense alla discriminazione rispetto a quelle del Nord,

che, invece, in maggioranza, non discriminano. Ovviamente questo dato potrebbe avere

due giustificazioni opposte: la prima è che le aziende del Centro e del Sud e Isole,

riconoscendo le diversità competitive e di domanda dei vari mercati esteri, giocano la

leva prezzo come leva di posizionamento adattandola alle specificità dei vari mercati

nazionali; la seconda è che le imprese del Nord, volendo mantenere un forte controllo

sul posizionamento, non variano i prezzi nei diversi mercati. Volendo incrociare questi

risultati con quelli precedenti sull’utilizzo delle attività di monitoraggio del mercato,

appare più ragionevole la prima ipotesi.

3.3.4 Le decisioni di marketing: le scelte di comunicazione

La comunicazione è una leva fondamentale ai fini della creazione di un vantaggio

competitivo in quanto svolge un ruolo essenziale per la differenziazione del sistema di

offerta. La combinazione dei vari strumenti in un’ottica di comunicazione integrata e la

definizione di piani media adeguati rispetto ai target che si intende servire costituiscono

dunque due decisioni critiche ai fini di un corretto posizionamento e di un’efficace

costruzione dell’immagine nel mercato. Per questo motivo la ricerca ha voluto indagare

le scelte effettuate dalle imprese del campione, nel triennio in esame (tabella 3.3.14).

Page 42: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

42

Tabella 3.3.14 – Gli investimenti in comunicazione nel triennio 2001-2003

Investimenti in comunicazione

1,76%1,14%

11,01%

2,09%7,20%

2,56%1,95%1,30%

28,90%

1,18% 1,81% 2,80%7,78%

2,23% 1,28%10,61%

27,70%

1,38% 2% 2,71%7,64%

2,76%

11,39%

26,00%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Pubblicitàinternazionale

Pubblicitànazionale

Pubblicitàlocale

Guidenazionali

Guideinternazionali

Fiere nazionali Fiereinternazionali

Merchandising

Tipologia investimento

Inve

stim

enti

in p

erce

ntua

le

2001 2002 2003

Investimenti in comunicazione (segue)

3,15% 3,80% 2,67% 2,99%1,19%3,65%4,39%6,31%2,91% 4,14%

2,55% 3,21%1,44%4,24%3,86%7,02%

2,79%3,86% 2,67% 3,69%1,89%4,21%4,64%7,86%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Comun

icazio

ne ne

l pdv

Promoz

ione ne

l pdv

Spons

orizz

azioni

Eventi

Sito in

ternet

Conco

rsi na

ziona

li

Conco

rsi in

terna

ziona

li

Relazio

ni co

i med

ia

Tipologia investimento

Inve

stim

enti

in p

erce

ntua

le

2001 2002 2003

Dai dati risulta una concentrazione degli investimenti su tre strumenti: le fiere, le guide

e gli eventi. In termini generali è evidente una certa coerenza fra il posizionamento di

aziende di qualità e la scelta di strumenti e mezzi di comunicazione altamente selettivi

in termini di target e notevolmente capaci di contribuire al rafforzamento del

posizionamento sulla qualità del prodotto. Infatti, per loro natura, sia le fiere, che le

guide, che gli eventi permettono di selezionare il target di comunicazione e non

Page 43: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

43

disperdere gli investimenti, anche in funzione della dimensione media non eccessiva

delle aziende del campione.

In termini diacronici appare che le fiere internazionali stanno assumendo una valenza

maggiore rispetto a quelle nazionali, a significare un maggiore interesse delle imprese

verso i mercati internazionali. Parallelamente, le guide – sia nazionali che

internazionali – e gli eventi manifestano una costante crescita di attenzione, e quindi di

investimenti. E’ utile ricordare che, per quanto riguarda le guide, non si parla qui di

semplice presenza nelle guide stesse ma di investimenti pubblicitari (quindi di acquisto

di spazi pubblicitari), a rimarcare una scelta di comunicazione chiara piuttosto che una

presenza dovuta a un riconoscimento della qualità di prodotto raggiunta. Gli altri

strumenti – sia classici, come la pubblicità, sia selettivi, come la comunicazione sul

punto di vendita, i concorsi, e le altre attività di pubbliche relazioni – mostrano una

lieve crescita, ma, in termini assoluti, sono ben distanti dagli altri.

Dal punto di vista manageriale è interessante comprendere in che modo vengono

effettuate le scelte di investimento sugli strumenti e i mezzi di comunicazione. La

tabella 3.3.15, che presenta i risultati al riguardo, mostra che diversi metodi sono

impiegati dalle imprese del campione, spesso in modo combinato fra loro. Alcuni fra i

metodi più utilizzati, per quanto dotati di una chiara razionalità, mostrano una certa

“semplicità” nell’approccio. Decidere, infatti, in funzione delle risorse disponibili

oppure in seguito a sollecitazioni esterne (ovvero a stimoli provenienti in genere dai

proprietari degli spazi pubblicitari), oppure ancora in percentuale del venduto, mostra

un approccio alla comunicazione ancora limitativo: la comunicazione appare come una

leva considerata utile, solo quando altri investimenti (immaginiamo sul prodotto) siano

stati coperti. In questo senso quindi è da venire un utilizzo più strategico della

comunicazione stessa.

Page 44: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

44

Tabella 3.3.15 – I metodi di scelta degli investimenti in comunicazione

Pianificazione del budget promo-pubblicitario

23,25%

45,61%41,23%

3,95%

21,49%

3,51%

26,32%

45,61%43,86%

21,49% 28,51%

47,81%46,05%

3,07%

23,68%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Percentuale sulvenduto

Imitazione concorrenti Funz. obiettivi Funz. risorse Funz. sollecitazioniesterne

Risposte percentuali

Mod

alità

dec

isio

nali

2001 2002 2003

3.3.5 Le relazioni con i fornitori specializzati di servizi di marketing

Da ultimo la ricerca ha voluto indagare il grado di apertura delle imprese del campione

verso soggetti dotati di competenze specialistiche relativamente alle analisi e alle scelte

di marketing. L’ipotesi alla base di questa parte dell’analisi era che aziende di

dimensioni non ampie, e quindi non dotate di risorse (anche umane) cospicue,

trovassero maggiormente conveniente una scelta di tipo buy – quindi di acquisizione

esterna – rispetto a una make – ovvero di investimento interno. I dati presentati nella

tabella 3.3.16 mostrano una situazione a due facce. La maggioranza delle aziende del

campione non utilizza in nessuna occasione i servizi offerti da società specializzate: in

presenza di imprese mediamente di dimensioni minori è facile ipotizzare che piuttosto

che l’opzione make, che comunque richiede la disponibilità interna di risorse

specializzate, la situazione prevalente è quella di un più artigianale “fai da te” in cui le

analisi e le decisioni vengono poste in essere secondo “buon senso”.

Emerge comunque una percentuale non minima delle imprese che, invece, segnala di

mantenere relazioni stabili con società specializzate, soprattutto per quanto riguarda la

comunicazione. In questa area, quindi, sembra emergere la percezione maggiormente

diffusa della necessità di un contributo specialistico, che le imprese non ritengono di

detenere al proprio interno.

Page 45: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

45

Tabella 3.3.16 – Le relazioni con i fornitori specializzati

Utilizzo dei servizi di marketing

85,02% 85,29%

67,80%

81,37%

58,65%

5,31% 3,92%8,78% 7,80%

1,47% 1,49%7,21%

9,66% 10,78%17,07%

24,39%17,16%

8,46%

34,13%

90,05%74,15%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Imprese diconsulenza

nazionali

Imprese diconsulenza

locali

Agenzie dicomunicazione

nazionali

Agenzie dicomunicazione

locali

Istituti di ricercanazionali

Istituti di ricercalocali

Società di PR

Tipologia servizio

Freq

uenz

a

Regolarmente Solo su problemi specifici Mai

3.4 I fattori competitivi e le performance

Un ulteriore obiettivo della ricerca è quello di evidenziare se le aziende del campione

percepiscono di detenere fattori competitivi distintivi rispetto ai propri concorrenti, sia

relativamente al mercato nazionale, che a quelli internazionali. A questo scopo il

questionario prevedeva una batteria di domande riguardanti i potenziali fattori distintivi

in termini di gestione del prodotto (qualità, innovazione, confezione ecc.), della

comunicazione (tipologia di strumenti e dei mezzi), dei prezzi, dei canali distributivi e

della rete di vendita (tipologia e gestione), del marketing in generale (azioni e risultati).

I fattori distintivi sul mercato nazionale

La tabella 3.4.1 presenta i valori medi per ognuno dei fattori ritenuti distintivi della

propria posizione competitiva sul mercato nazionale3.

3 I giudizi sono stati rilevati su una scala da 1 a 7, dove 1 sta a indicare “per nulla distintivo” e 7 “molto distintivo”.

Page 46: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

46

Tabella 3.4.1 – I fattori competitivi distintivi sul mercato italiano (valori medi)

Elementi distintivi nazionali

5,16

4,00 4,07 4,11

2,93 2,70 2,80

3,79 4,054,74

3,63

2,653,423,51

4,224,324,244,29

1

2

3

4

5

6

7

Qualità

Innov

ativit

à

Confez

ione

Conve

nienz

a

Prezzo

elev

ato

Reperi

bilità

Canali

spec

ializz

ati

Notorie

Rete di

vend

ita

Comun

icazio

ne ne

lla ca

ntina

Mercha

ndisin

g

Comun

icazio

ne su

l pdv

Pubbli

cità

Spons

orizz

azione

Degus

tazion

e

Relazio

ni co

i med

iaFier

e

Guide s

pecia

lizza

te

Elementi

Valo

ri m

edi

Dalla tabella emerge come i fattori ritenuti maggiormente distintivi, rispetto alla

concorrenza sul mercato nazionale (ovvero che mostrano un punteggio superiore alla

media), si riferiscono soprattutto all’area del prodotto (qualità e innovatività) e della

presenza in canali o mezzi di comunicazione specializzati (le guide). A un livello

leggermente più basso (ma sempre superiore alla media) si posizionano la convenienza

dei prezzi, la possibilità di far degustare il prodotto e la competenza delle rete di

vendita. Ben al di sotto della media si posiziona l’utilizzo di strumenti classici di

comunicazione nei mercati di consumo, quali la pubblicità, le sponsorizzazioni e l’area

della comunicazione sul punto di vendita.

Quello che appare, quindi, è la considerazione che la distintività rispetto ai concorrenti

si conquista sul presidio di un sistema di valore che ruota intorno al prodotto: tale

sistema è alimentato dalle relazioni con soggetti “esperti” (canali e guide specializzati),

a cui viene affidato il compito di trasferire questo valore al pubblico dei consumatori. A

livello generale quindi, appare che le imprese del campione tendono a ritenere che i

fattori critici di successo non risiedono tanto nelle relazioni dirette con i consumatori,

bensì con dei soggetti intermedi. Gli elementi tradizionalmente afferenti alla sfera del

marketing non sono percepiti come perni su cui costruire un sistema di valore.

Questi sono i risultati medi, quindi rappresentativi del quadro generale di riferimento. Si

è ritenuto però interessante capire se alcuni elementi ritenuti distintivi fossero

fortemente correlati tra di loro, a evidenziare un unico insieme di fattori distintivi. In

sostanza la domanda a cui si è tentato di rispondere è la seguente: esistono elementi

Page 47: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

47

distintivi che vengono sistematicamente segnalati congiuntamente? A questo scopo è

stata effettuata un’ulteriore analisi (tramite una tecnica statistica denominata factor

analysis), i cui risultati mostrano l’esistenza di cinque gruppi differenziati di fattori

competitivi ritenuti distintivi sul mercato italiano:

• la comunicazione integrata;

• il presidio del mercato;

• la comunicazione specializzata;

• la gestione del prodotto;

• il prezzo.

Con comunicazione integrata si è nominato una gruppo di fattori afferenti alla sfera

dell’utilizzo di diversi strumenti di comunicazione: pubblicità, comunicazione e

merchandising sul punto vendita, sponsorizzazioni e comunicazione effettuata in

cantina. La combinazione di questi strumenti viene considerata quindi come un unico

fattore distintivo a livello competitivo.

Un ulteriore insieme di fattori distintivi è quello connesso alla capacità di costruire e

mantenere solide relazioni con il mercato, denominato presidio del mercato: le

competenze della rete di vendita, la notorietà della marca, le relazioni con i canali che

generano facile reperibilità, le relazioni con i canali specializzati. In questo caso, quindi,

le imprese segnalano che essere presenti nel mercato (in altri termini noti, reperibili, con

una buona reputazione costruita tramite i canali specializzati, e con una rete in grado di

sostenere queste relazioni) permette di distinguersi dalla concorrenza.

Il terzo gruppo di elementi distintivi è costituito dalla comunicazione specializzata. Per

alcune aziende, cioè, la presenza nelle fiere specialistiche, la presentazione e la

degustazione del prodotto in eventi, la presenza sulle guide specializzate e l’efficace

relazione con i media, è il reale fattore di distintività rispetto ai concorrenti.

La gestione del prodotto costituisce il quarto fattore competitivo. Con questo gruppo

vengono segnalati diversi aspetti afferenti al prodotto: la sua qualità, l’innovatività, la

confezione. Quindi emerge una gestione del prodotto a tutto tondo, in termini di

sperimentazione, di controllo e anche di efficace presentazione.

Da ultimo il prezzo, considerato soprattutto in termini di convenienza e non di

posizionamento elevato.

Page 48: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

48

Di conseguenza, da un’analisi più approfondita dei fattori competitivi distinti, emerge

che, se al livello medio il sistema del valore ruota intorno al prodotto, imprese diverse

cercano di costruire la propria distintività su fattori differenti, tra cui il prodotto è

sicuramente un asse importante, ma a fianco del quale emergono fattori distintivi

maggiormente legati a elementi tipici del marketing, quali il presidio del mercato, la

comunicazione e il prezzo.

A questo punto risulta interessante verificare se i fattori distintivi evidenziati

corrispondono a imprese diverse, ovvero se ai gruppi di fattori descritti prima possono

essere associate tipologie di imprese con caratteristiche differenti. In sostanza si è

voluto rispondere alla domanda: esistono gruppi di imprese che segnalano gli stessi

fattori distintivi? E se sì, che tipo di caratteristiche hanno?

Per effettuare questa verifica si è utilizzata la cluster analysis, una tecnica che permette

di raggruppare le aziende per omogeneità rispetto ai fattori evidenziati e poi di

descrivere l’eventuale presenza di specifiche caratteristiche in grado di distinguere tali

aziende. In particolare le caratteristiche su cui si è posta attenzione sono quelle

strutturali (dimensione, localizzazione geografica, tipologia di processi in cantina) e

quelle relative alle scelte produttive e commerciali effettuate. Dall’analisi sono emersi

quattro gruppi (cluster) di imprese:

1. orientate alla comunicazione;

2. poco orientate, e solo al prezzo;

3. orientate al presidio del mercato;

4. orientate alla valorizzazione del prodotto.

1. Le imprese orientate alla comunicazione sono quelle che descrivono i propri elementi

distintivi sul mercato nazionale in termini di utilizzo integrato di una varietà di

strumenti di comunicazione non specialistici (tipicamente pubblicità, sponsorizzazioni,

comunicazione sul punto di vendita e in cantina).

Rispetto alle altre imprese del campione, queste – che rappresentano il 13,09% - in

termini di struttura sono caratterizzate per una maggiore presenza rispetto alla media di

imprese del Nord-Ovest, con mercato di sbocco prevalentemente nazionale, di piccole

dimensioni (tra 10 e 50 ha, con produzione tra 10.000 e 100.000 bottiglie annue), con

una rete di vendita soprattutto indiretta di dimensioni fra 20 e 50 persone.

Page 49: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

49

In termini di marketing, questo cluster è composto in prevalenza da imprese che non

svolgono mai ricerche di mercato (di nessun genere), con conseguente scarsa apertura

verso competenze specialistiche esterne (agenzie di comunicazione, istituti di ricerca,

consulenti), che utilizzano pochissimi strumenti di valutazione dell’efficacia e

dell’efficienza delle relazioni con gli intermediari commerciali, e che, per le scelte

commerciali relative ai mercati internazionali, imitano soprattutto i concorrenti,

affidandosi in prevalenza a scout ma non ad agenti.

2. Il secondo cluster – che rappresenta il 24,61% del campione – è costituito dalle

imprese poco orientate, e solo al prezzo. Questo gruppo è il più pallidamente definito in

termini di scelte di relazione con il mercato, e il prezzo risulta l’unica variabile che

desta l’attenzione. La presenza di queste imprese nel mercato è talmente “leggera”, sia

in termini di caratteristiche strutturali che di scelte commerciali, che risulta veramente

difficile connotarle in modo chiaro e distinto. Sicuramente sono, nel campione

analizzato, le meno orientate al mercato. In termini strutturali, il cluster è costituito in

prevalenza da imprese del Centro-Nord (soprattutto Ovest), con la minore propensione

all’internazionalizzazione di tutto il campione, con le seguenti caratteristiche: piccole

dimensioni (meno di 20 ha e meno di 100.000 bottiglie annue), con rete di vendita

minore di 10 persone.

Si caratterizzano per la totale assenza di utilizzo di strumenti di analisi del mercato e

delle relazioni con gli intermediari. Quelle poche che operano sui mercati esteri si

affidano in prevalenza ad agenti.

3. Il terzo cluster è composto da imprese orientate al presidio del mercato, e

rappresenta il 29,32% del campione. Si è preferito definire il cluster come orientato al

“presidio del mercato” e non semplicemente “al mercato”, perché queste imprese

mostrano soprattutto volontà e capacità di mantenere una consolidata e stabile presenza

sul mercato, garantendosi facile reperibilità e buone relazioni con gli intermediari

commerciali.

In termini strutturali, sono imprese prevalentemente del Centro Italia, con una buona

presenza di imprese di dimensioni medie (dai 20 ai 50 ha, con produzione tra 100.000 e

500.000 bottiglie) e con la maggiore presenza, nel campione, delle imprese di maggiori

dimensioni (dai 100 ha in su, con più di tre milioni di bottiglie). Anche le dimensioni

Page 50: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

50

strutturali della rete di vendita sono allineate, con la maggiore prevalenza di reti fra 20 e

50 persone, con qualche caso di reti con più di 100 persone.

E’ composto, inoltre, dalle imprese con la più elevata propensione

all’internazionalizzazione, garantita sia dall’utilizzo di agenti (con la maggiore

concentrazione di aziende del campione che fanno tra il 20 e il 50% del fatturato estero

tramite agenti, e con una buona presenza di aziende che fanno dal 50 al 99%), sia dal

ricorso a trading companies (la maggiore rappresentanza nel campione): in particolare

sono molto autonome nelle scelte di internazionalizzazione, segnalandosi come il

gruppo più consistente del campione che indica di non imitare mai ciò che fanno i

concorrenti. Sempre relativamente all’internazionalizzazione, tali aziende si

caratterizzano anche per la sistematica presenza a fiere internazionali.

Le aziende di questo cluster, inoltre, coerentemente con l’orientamento al presidio del

mercato sono sia buone utilizzatrici di strumenti di analisi di mercato (molte dichiarano

di utilizzarle regolarmente), sia di metodi di valutazione dell’efficienza ed efficacia

delle proprie scelte distributive, sia aperte nei confronti di competenze apportate

dall’esterno. Infatti sono prevalentemente aziende con relazioni consolidate di

partnership con agenzie di comunicazione (soprattutto locali) e la maggiore

rappresentanza del campione di aziende che utilizzano istituti di ricerca di mercati

nazionali; al contrario, non sono tipiche utilizzatrici di servizi di consulenza di

marketing.

Per misurare le performance delle proprie scelte distributive, tali aziende segnalano un

sistematico uso della valutazione delle potenzialità di sviluppo dei propri clienti e,

quindi, delle proprie vendite potenziali, ma un utilizzo meno sistematico di tutti gli altri

strumenti: contributi merchandising su fatturato del cliente, valutazione numero di

eventi per cliente su fatturato del cliente, grado di penetrazione sul cliente (in termini di

percentuale di fatturato del cliente coperto dall’azienda).

Da ultimo, coerentemente con la volontà di distinguersi per solide relazioni distributive,

le aziende di questo cluster tendono a non differenziare i prezzi per canale distributivo.

4. Le imprese orientate alla valorizzazione del prodotto – il 32,98% del campione –

costituiscono il quarto cluster. Si caratterizzano per il presidio di tre fattori distintivi: la

gestione del prodotto, la gestione della comunicazione su mezzi specializzati (guide e

fiere), l’attenzione al prezzo. Si è deciso di denominarle “orientate alla valorizzazione”

proprio perché non mostrano di essere focalizzate solo sulla garanzia della qualità e

Page 51: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

51

dell’innovazione del prodotto, ma pongono una corretta attenzione ai mezzi di

comunicazione che permettono di trasferire un’immagine di qualità coerente, e

un’altrettanto debita attenzione al prezzo.

Sono in prevalenza aziende del Sud e delle Isole e del Nord Est. Sono prevalentemente

imprese di micro o medie dimensioni: infatti rappresentano la più elevata presenza nel

campione di aziende con meno di 10.000 e tra 100.000 e 500.000 bottiglie/anno. In

termini di superficie vitata si concentrano fra i 10 e i 100 ettari (con una polarizzazione

nelle classi da 10 a 20 e da 50 a 100). Le dimensioni della rete di vendita sono coerenti,

con una maggiore presenza nelle classi: minore di 10 persone e tra 50 e 100.

Le aziende di questo cluster mostrano un buon grado di internazionalizzazione (le

seconde dopo il cluster 3), che viene perseguito in termini distributivi sia tramite

l’utilizzo di scout internazionali, che tramite agenti e tramite relazioni dirette.

Relativamente all’utilizzo degli agenti, questo cluster evidenzia una polarizzazione delle

imprese: infatti, c’è una compresenza di imprese con una percentuale di fatturato estero

realizzato tramite agenti compresa fra il 50 e il 99%, contestualmente alla più elevata

percentuale di imprese che fa meno del 20% del fatturato estero tramite agenti. Inoltre,

le imprese di questo gruppo sono le più assidue frequentatrici di fiere internazionali.

In questo cluster sono rappresentate inoltre le imprese che utilizzano più regolarmente

ricerche di marketing (sul posizionamento dei marchi, sui mercati internazionali), più

regolarmente un ampio insieme di strumenti di analisi della performance distributiva

(penetrazione, numero di eventi su fatturato del cliente, contributo merchandising su

fatturato del cliente, analisi delle opportunità di sviluppo del cliente). Sono imprese,

inoltre, che fanno il maggiore ricorso a società di consulenza di marketing, hanno

regolari relazioni con agenzie di comunicazione locali, mentre utilizzano istituti di

ricerca nazionali solo su problemi specifici.

Da ultimo, come nel cluster 3, anche le imprese del cluster 4 non differenziano il prezzo

dei prodotti per i diversi canali.

Page 52: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

52

I fattori distintivi sui mercati internazionali

La tabella 3.4.2 presenta i risultati ottenuti in termini medi di vari elementi su cui è stato

rilevato un giudizio di distintività.

Tabella 3.4.2 – I fattori competitivi distintivi sul mercato internazionale (valori medi)

Elementi distintivi internazionali

3,063,73

2,70 2,683,05 2,75

2,10 2,02 1,85

2,98 2,74

3,643,11

2,27

3,333,253,33

4,37

1

2

3

4

5

6

7

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Innov

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e

Elementi

Valo

ri m

edi

Dai dati si evince che, al contrario dei fattori competitivi ritenuti distintivi sul mercato

nazionale, su quelli internazionali le percezioni sono molto meno nitide. Infatti, a parte

la qualità del prodotto – unico valore superiore al 4 – e la convenienza dei prezzi e la

presenza sulle guide specializzate, tutti gli altri elementi relativi al prodotto, alla

distribuzione e alla comunicazione non vengono segnalati come distintivi. Tutto ciò fa

emergere il sospetto di uno scarso controllo dei fattori critici di successo nei mercati

internazionali, da cui un generico richiamo al rapporto prezzo-qualità come unico

elemento di differenziazione. In termini di percezioni, dunque, i mercati internazionali

sembrano “lontani”, anche per quelle aziende che vi operano con sistematicità. Con

grande probabilità l’approccio all’internazionalizzazione è stato di tipo “causale”,

ovvero stimolato dall’esterno (scout, importatori ecc.) e questa sorta di peccato di

origine si è mantenuto nel tempo, facendo permanere i caratteri di scarsa conoscenza e

scarso radicamento negli stessi.

Come per i fattori competitivi nazionali, anche in questo caso si è proceduto con

un’analisi fattoriale e una cluster analysis per provare a evidenziare una correlazione fra

i fattori distintivi e, eventualmente, la presenza di gruppi omogenei d’imprese

accomunate dalla percezione di distintività costruita sugli stessi fattori.

Page 53: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

53

Per quanto riguarda l’analisi fattoriale, emergono quattro fattori distintivi, denominati:

• comunicazione integrata;

• gestione delle relazioni chiave;

• innovatività;

• presidio del rapporto qualità/prezzo.

Per comunicazione integrata s’intende la gestione degli strumenti di comunicazione

integrata: quindi sia quelli classici (pubblicità, sponsorizzazione) sia quelli più diretti

(comunicazione e merchandising sul punto vendita, comunicazione in cantina).

Per gestione delle relazioni chiave, invece, s’intende il presidio delle relazioni con gli

attori principali del “sistema-vino” – canali specializzati, guide, media, fiere – attraverso

competenze di vendita e distributive e investimenti volti a costruire notorietà della

marca.

L’innovatività riguarda gli aspetti di prodotto ulteriori rispetto alla qualità, tipicamente

l’innovazione di prodotto e la tipologia di confezione.

Da ultimo, il presidio del rapporto qualità/prezzo riguarda proprio la combinazione dei

due elementi costitutivi del rapporto. Questo fattore dà evidenza quindi alla

considerazione dell’offerta di un buon valore per il cliente, ma, allo stesso modo, data la

genericità del concetto di qualità, rischia di nascondere semplicemente un

posizionamento di “buon senso”.

La cluster analysis ha fatto emergere cinque gruppi omogenei di imprese, denominati:

1. orientate all’innovazione;

2. orientate alle relazioni;

3. orientate alla convenienza;

4. orientate alla comunicazione;

5. orientate alla valorizzazione del prodotto.

E’ interessante notare che la localizzazione geografica non è una variabile in grado di

distinguere i vari cluster, ovvero non esiste una concentrazione di imprese localizzate in

alcune aree geografiche all’interno dei vari cluster, confermando che

Page 54: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

54

l’internazionalizzazione è vocazione, e strategia, più della singola azienda che della

zona geografica.

1. Le imprese orientate all’innovazione sui mercati internazionali rappresentano il

gruppo meno numeroso del campione, il 7,46%. E’ costituito da imprese medio-grandi

(da 500.000 bottiglie a tre milioni), ma non emergono caratteristiche strutturali

distintive, se non la presenza, maggiore che nella media del campione, di imprese che

producono vino spumante. Le imprese orientate all’innovazione mostrano una certa

apertura verso gli strumenti di analisi del mercato: infatti effettuano con una certa

regolarità ricerche di mercato, hanno rapporti di partnership sia con agenzie di

comunicazione (eminentemente locali), sia con agenzie di PR e di organizzazione di

eventi, sia con società di consulenza. Gli elementi maggiormente caratterizzanti queste

imprese riguardano gli investimenti in comunicazione: dal 20 al 50% degli investimenti

in comunicazione è effettuato sulle guide nazionali, un ulteriore e simile ammontare

(dal 20 al 50%) è effettuato sulle fiere internazionali, e un’altra non piccola parte (fino

al 20%) è dedicata alle attività di merchandising sul punto di vendita. Di conseguenza

emerge un quadro di aziende attente all’innovazione, e soprattutto attente alla

comunicazione di quest’ultima su mezzi di comunicazione, che possano svolgere un

ruolo di volano per la domanda internazionale: sia le guide nazionali (evidentemente

utilizzate anche da compratori esteri), sia direttamente fiere internazionali sia

comunicazione diretta.

2. Il cluster di aziende orientato alle relazioni rappresenta il gruppo più consistente del

campione: il 37,16%. Tale dato sembra confermare che il processo

d’internazionalizzazione da parte della maggioranza delle imprese del campione è visto

soprattutto come il processo di costruzione di solide relazioni con alcuni attori chiave

del sistema-vino internazionale. Questo cluster è costituito da aziende mediamente più

piccole di quelle del cluster precedente, ma pur sempre di dimensioni medie

(tipicamente da 100.000 a un milione di bottiglie). Le aziende sono moderate

utilizzatrici di competenze specialistiche di marketing: infatti i rapporti con agenzie di

comunicazione, società di PR e di consulenza sono solo su problemi specifici. La vera

specificità è che questo è il gruppo che investe meno in guide nazionali (circa il 44%

non investe nulla del proprio budget di comunicazione su questo mezzo) e più sulle

fiere internazionali (dal 20 al 99% del budget): la fiera diviene quindi il vero momento

Page 55: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

55

di contatto e di sviluppo delle relazione con gli attori chiave e di costruzione e sviluppo

della notorietà di marca dell’azienda.

3. Le aziende orientate alla convenienza rappresentano il terzo cluster in termini

dimensionali: il 31,76% del campione. Sono soprattutto piccole aziende (la gran parte si

concentra nelle classi di produzione inferiori a 100.000 bottiglie) e probabilmente in

questo sta la spiegazione del loro orientamento alla convenienza. La scarsa dimensione

non permette a queste aziende di costruirsi un’immagine e un posizionamento in termini

di innovatività né probabilmente di mantenere una rete di relazioni con attori chiave,

motivo per cui la distintività sui mercati internazionali non può che basarsi sul prezzo,

corrisposto da una garanzia di buona qualità. Questa ipotesi è confermata anche dalla

sostanziale inesistenza di relazioni con società specializzate in attività di marketing

(comunicazione, consulenza, PR). La conferma che l’internazionalizzazione per queste

aziende è un’attività piuttosto saltuaria è data anche dalla limitatissima presenza alle

fiere internazionali (è il cluster con la maggiore concentrazione di imprese che dedica lo

0% del proprio budget a questa forma di comunicazione), al contrario degli investimenti

su guide nazionali che raggiungono quote dal 50 al 99% del budget.

4. Le aziende orientate alla comunicazione costituiscono il quarto cluster e

rappresentano il 9,46% del campione. E’ il cluster maggiormente rappresentativo delle

aziende di media dimensione (da 100.000 a 500.000 bottiglie) e con la più alta

concentrazione di produttori di spumanti. Un dato interessante è che queste aziende

risultano le meno propense all’innovatività all’interno del campione. Mostrano una

notevole attenzione alla diversificazione delle attività di comunicazione, segnalando una

partnership con società di PR e organizzatrici di eventi, una buona concentrazione degli

investimenti sia sulle guide nazionali sia sulle fiere nazionali che su quelle

internazionali (dal 20 al 50% del budget). Anche per le aziende di questo cluster, però,

l’internazionalizzazione più che una strategia sembra una tradizione: essendo poco

propense all’innovazione, l’approccio ai mercati internazionali sembra essere definito in

termini di mera presenza, lasciando ad attori esterni il compito di manifestare interesse e

stimolare la relazione.

Page 56: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

56

5. L’ultimo cluster – il 14,19% del campione – è costituito dalle imprese orientate alla

valorizzazione del prodotto. Si è deciso di denominarle così perché queste imprese si

distinguono per il presidio congiunto sia dell’innovatività, sia del rapporto

qualità/prezzo, sia della comunicazione. Rispetto alle precedenti, quindi, queste aziende

dimostrano un’intenzione di costruzione di un posizionamento nel mercato

internazionale gestendo il prodotto non solo in termini di qualità, ma anche di

innovatività, ponendo una giusta attenzione al prezzo, e comunicando il valore del

prodotto attraverso i diversi strumenti di comunicazione integrata. Risalta la minore

attenzione posta alla gestione delle relazioni chiave che difatti avvicina queste aziende a

quelle del primo cluster, orientato all’innovazione: l’atteggiamento che sembra

emergere è quello di imprese convinte che la cura data al prodotto, adeguatamente

comunicata, sia comunque in grado di attrarre il mercato internazionale. Anche in

questo caso il cluster è costituito da aziende mediamente piccole (fino a 100.000

bottiglie), con una grande attenzione al mercato: infatti emerge una certa regolarità

nell’uso delle ricerche di mercato, la presenza di rapporti di partnership con società di

PR e organizzazione di eventi, con società di consulenza ma non di comunicazione.

Queste imprese rappresentano le più regolari presentatrici alle fiere nazionali, e,

coerentemente con l’obiettivo di valorizzazione, suddividono abbastanza equamente gli

investimenti sulle guide nazionali, le fiere internazionali e il merchandising sul punto

vendita (fino al 20% del budget per ognuna delle attività precedenti).

I fattori distintivi e le performance

I fattori competitivi distintivi richiamano le scelte strategiche e operative effettuate dalle

imprese con lo scopo di acquisire un vantaggio sui propri concorrenti e, quindi, delle

performance sia competitive che economiche positive e differenziali.

Per verificare se la scelta di alcuni fattori distintivi sia risultata premiante sui mercati

nazionali e su quelli internazionali, si è misurata la correlazione fra i singoli fattori e gli

indicatori di performance nel triennio 2001-2003: variazione media del fatturato,

variazione media dell’utile, variazione della quota di mercato.

Innanzitutto il primo risultato interessante che emerge è che né per la variazione del

fatturato né per quella della quota esistono delle correlazioni significative sul mercato

sia nazionale che internazionale. Ciò vuol dire che piuttosto che la scelta dell’uno o

dell’altro fattore distintivo, le variazioni positive di fatturato e di quota sono dipese

dalla coerenza dei fattori distintivi scelti con le risorse e le competenze della singola

Page 57: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

57

impresa. Non sembra emergere quindi, nel triennio in questione, una scelta “vincente”

né sui mercati nazionali che internazionali relativamente a uno dei fattori risultanti

dall’analisi fattoriale.

Una significativa differenza emerge invece relativamente all’utile. Sul mercato

nazionale, infatti, l’incremento medio maggiore dell’utile nel triennio è correlato alla

scelta di distinguersi in termini di gestione del prodotto, ovvero in termini di qualità,

innovatività e tipo di confezione. Quindi, essendo il cluster di imprese orientate alla

valorizzazione del prodotto quello che pone maggiore enfasi sulla distintività ottenuta

sulla gestione del prodotto, è possibile affermare che l’orientamento alla valorizzazione

del prodotto sul mercato nazionale è stato, nel triennio 2001-2003, il più premiante in

termini di incremento medio dell’utile.

Leggermente diverso è invece il risultato per quanto riguarda il mercato internazionale.

Infatti in questo caso la correlazione positiva con l’incremento medio dell’utile è della

distintività ottenuta sull’innovatività – quindi innovazione di prodotto e attenzione alla

tipologia di confezione. In questo caso, sono due i cluster di imprese che mostrano una

maggiore enfasi posta sull’innovatività: sia quelle orientate all’innovatività sia quelle

orientate alla valorizzazione del prodotto. Di conseguenza è possibile sostenere che

l’orientamento all’innovatività e quello alla valorizzazione del prodotto sul mercato

internazionale, nel triennio 2001-2003, sono stati i più premianti in termini di

incremento medio dell’utile.

In sintesi, quindi, se i dati mostrano che sia il fatturato che la quota di mercato sono

variate nel triennio oggetto dell’analisi in funzione non tanto della scelta di alcuni

specifici fattori competitivi, ma della coerenza di questi con le risorse e competenze

delle imprese, l’incremento medio dell’utile è associabile soprattutto all’enfasi posta

sulla valorizzazione del prodotto, e in particolare sull’innovatività, sia sul mercato

nazionale che internazionale: dove valorizzazione va intesa come capacità di creazione

di valore per il cliente tramite l’attenzione posta su tutti gli aspetti relativi alla gestione

del prodotto, e anche come capacità di comunicazione di tale valore al mercato,

attraverso una serie di strumenti adeguati.

Page 58: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

58

3.5 Gli scenari futuri

L’ultimo dei temi di ricerca ha riguardato le percezioni sul futuro delle imprese del

campione. L’obiettivo è di comprendere quali fattori strutturali, competitivi, distributivi,

di prodotto, comunicativi e commerciali in genere, siano percepiti come di importanza

crescente nei prossimi anni.

La tabella 3.5.1 presenta i valori medi dei giudizi relativi ai vari fattori.

Tabella 3.5.1 – Gli scenari futuri: gli elementi costitutivi (valori medi)

Gli elementi costitutivi degli scenari ritenuti particolarmente probabili riguardano vari

aspetti. In primo luogo, viene confermata la rilevanza assoluta della qualità dei

prodotti. Questo conferma la tendenza caratterizzante l’intero sistema vinicolo italiano

degli anni più recenti, per cui l’attenzione alla qualità è stata ed è tuttora un catalizzatore

degli investimenti e degli sforzi sia produttivi sia competitivi - come visto nei paragrafi

precedenti - delle imprese. Con un valore elevato, e sempre con riferimento alla sfera

del prodotto, emerge anche la percezione della rilevanza di avere vini provenienti da

vitigni autoctoni. In un ambito in cui la competizione è sempre più intensa, e la

Sce nari

4,04

4,84

3,91

5,074,90

2,97

3,82

5,50

4,59

3,06

4,694,70

4,184,46 4,53

3,56

5,915,65

4,614,18

4,59

4,00

5,565,52

3,54

4,55

4,99

6,23

4,034,084,47

4,95

3,59

5,715,35

5,14

3,76

5,735,79

4,08

5,14

1

2

3

4

5

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Page 59: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

59

differenziazione sulle qualità tende a sfumare quando la qualità media è elevata, la

ricerca di valorizzazione delle varietà clonali autoctone permette di ristabilire un

differenziale competitivo sia nei confronti dei concorrenti italiani sia, soprattutto,

internazionali. In linea con le precedenti, emerge l’importanza – con valori superiori alla

media – associata alla capacità di sviluppo di nuovi prodotti e alla selezione clonale.

La significatività di questi elementi a fini di differenziazione è confermata

dall’emergere forte dell’importanza associata sia all’aumento dell’intensità competitiva

in generale sia, in particolare, alla concorrenza crescente da parte di aziende straniere,

soprattutto sul mercato estero.

E’ interessante notare come, sempre a livello medio del campione, gli elementi ritenuti

d’importanza crescente subito dopo la qualità del prodotto fanno riferimento al

marketing genericamente inteso e alla distribuzione in particolare. Vengono infatti

segnalati come sempre più importanti sia l’immagine e la notorietà di marca, sia il

marketing in generale. Sembra emergere quindi la percezione che, dopo aver garantito

un livello qualitativo dei prodotti elevato, sarà sempre più importante costruire, sulla

base di tale qualità distintiva, una solida relazione con il mercato, utilizzando le

competenze di marketing per affermare una marca e per costruire e mantenere

un’immagine distintiva. In altre parole, dopo il periodo di sviluppo occorso nel

decennio passato e costruito sull’innalzamento della qualità dei prodotti, il settore

sembra aver compreso che il futuro necessita sempre più di attenzione verso il mercato,

quindi di valorizzare il prodotto attraverso relazioni durature e proficue con i

consumatori. A conferma ulteriore della propensione verso un maggiore presidio delle

relazioni col mercato sta anche l’importanza elevata associata alla possibilità di avere

una rete di vendita diretta.

Quando si passano ad analizzare gli strumenti di marketing classici, a livello

distributivo si conferma la rilevanza ritenuta ancora crescente del ruolo dei canali

specializzati, e comunque del canale lungo (grossisti), relativamente alla grande

distribuzione, su cui il giudizio di importanza si attesta su un valore medio. Sembra,

quindi, che venga confermata l’importanza di un sorta di circolo virtuoso della qualità,

che viene creata in vigna e in cantina, ma che poi deve essere trasferita adeguatamente

al mercato con competenze elevate, che sono ancora percepite come presenti nel

dettaglio specializzato, ma non nella grande distribuzione.

Interessante è anche l’insieme di percezioni relative alla comunicazione. Infatti, a fronte

di un’importanza elevata associata alla comunicazione in generale, che va di pari passo

Page 60: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

60

con la rilevanza del presidio del mercato, emerge una certa freddezza sugli strumenti

tradizionali (pubblicità sui vari mezzi e sponsorizzazione). Invece, a fianco di una

conferma del ruolo delle fiere, ma con un giudizio solo leggermente superiore alla

media - quasi a segnalare che le fiere abbiano raggiunto oramai la maturità in termini di

capacità comunicativa – emergono con grande significatività innanzitutto gli strumenti

innovativi di comunicazione, e in seconda battuta, la comunicazione e il merchandising

sul punto di vendita. In sintesi, quindi, ciò che appare è che la comunicazione

tradizionale dei beni di largo consumo manifesta dei limiti di credibilità nel settore, che

ritiene che la complessità del prodotto vada comunicata in modo diverso, ricercando un

contatto diretto coi consumatori, oppure attraverso canali nuovi.

Da ultimo, un accenno al prezzo, solo per segnalare che l’unico elemento ritenuto

importante negli scenari futuri è la convenienza. Riteniamo che questo sia da

interpretare più come elemento di una corretta proposizione di valore al cliente, che

come elemento di differenziazione competitiva: infatti questo dato suona quasi come un

promemoria e un monito, visti gli incrementi medi nei prezzi di vendita segnalati nel

triennio.

Anche nel caso degli elementi costitutivi degli scenari futuri si è deciso di verificare la

presenza di fattori, ovvero di combinazioni di elementi molto correlati fra di loro. I

risultati dell’analisi fattoriale evidenziano la presenza di dieci fattori:

• le attività sul punto di vendita, questo fattore evidenzia la crescente importanza

delle specifiche attività poste in essere sul punto di vendita: merchandising,

comunicazione e promozione;

• la gestione delle relazioni di canale, questo fattore associa l’importanza relativa

alle relazioni di canale, tipicamente con grossisti (di qualunque tipologia

geografica) e con la grande distribuzione;

• la gestione del marketing e della comunicazione, in questo fattore sono associati

gli elementi relativi alla comunicazione in generale, agli eventi e agli strumenti

innovativi di comunicazione, e al marketing;

• l’aumento della concorrenza, questo fattore segnala l’incremento d’importanza

della concorrenza in generale, e quella delle aziende straniere in particolare;

• la gestione della marca, con questo fattore s’intende la percezione di maggiore

importanza della notorietà e dell’immagine di marca;

Page 61: 1 OSSERVATORIO SUL MARKETING DEL VINO AREA

61

• le fiere, con questo s’intende la rilevanza delle fiere sia nazionali che

internazionali;

• la gestione del prodotto, in questo fattore sono correlate le percezioni di

aumentata rilevanza relative alla qualità, alla selezione clonale e ai vitigni

autoctoni;

• l’innovazione di prodotto, in questo fattore sono invece correlate le percezioni di

importanza legate alla capacità di lanciare nuovi prodotti, alla capacità di

ampliare la gamma, e alla tipologia di confezione;

• l’aumento del numero di aziende, questo fattore evidenzia la convinzione che il

numero di aziende nel settore aumenterà;

• il controllo del margine e del posizionamento, questo fattore riguarda invece la

combinazione dell’importanza associata alla disponibilità di una rete di vendita

diretta, corrisposto dalla previsione dell’aumento dei prezzi medi dei prodotti.

Dopo aver identificato i fattori, si è proceduto all’effettuazione di una cluster analysis

per evidenziare l’esistenza di gruppi di imprese omogenee per caratteristiche strutturali

o decisionali, che condividessero le stesse percezioni relative agli scenari futuri.

Si sono identificati quattro cluster, così denominati:

1. orientate al presidio del mercato;

2. orientate all’immagine;

3. orientate al confronto competitivo;

4. lontane dal futuro.

In termini generali è interessante notare che i cluster non differiscono per variabili

strutturali – quali la dimensione produttiva o commerciale, la struttura della rete di

vendita o di canale – ma solo per localizzazione geografica prevalente e per alcune scelte

di marketing e di comunicazione.

1. Le imprese che percepiscono scenari futuri in termini di maggiore orientamento al

presidio del mercato rappresentano il 31,49% del campione. Sono soprattutto aziende del

Sud e delle Isole e utilizzano la leva prezzo come fattore di discriminazione nelle diverse

zone geografiche (in Italia e all’estero). Effettuano regolarmente valutazioni di

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62

potenzialità dei loro clienti, e valutano le relazioni distributive monitorando regolarmente

il rapporto fra prodotto venduto in promozione e il totale del venduto, e anche il numero

di eventi sul cliente in rapporto al fatturato. Invece utilizzano con minore sistematicità

ricerche di mercato realizzate da consorzi o associazioni di categoria. All’estero

prediligono il canale degli importatori e tendono a non partecipare a fiere internazionali,

mentre le scelte su questi mercati vengono assunte prevalentemente imitando i

concorrenti. Questo cluster appare costituito da aziende che finora hanno avuto un

approccio “lieve” al mercato, con una maggiore concentrazione sui canali piuttosto che

sui consumatori finali. Per il futuro prevedono di rafforzare il presidio del mercato,

attraverso un maggiore controllo sia degli strumenti di comunicazione, sia della leva

prezzo, sia della rete di vendita.

2. Le imprese che qualificano il futuro con un maggiore orientamento all’immagine

costituiscono un altro 31,49% del campione. Queste ritengono che il futuro si connoterà

per una maggiore importanza dell’immagine e della notorietà di marca e per il ruolo delle

fiere sia nazionali che estere. Al contrario, non prevedono né l’aumento del numero di

aziende nel settore, né un maggiore controllo del margine e del posizionamento tramite

una propria rete di vendita. Sono prevalentemente aziende del Nord-Est e del Sud e delle

Isole. Anche le aziende di questo cluster usano la leva prezzo per discriminare fra le

diverse aree geografiche sia sul mercato nazionale, che estero e, in più, anche sui diversi

canali distributivi. Mostrano una percentuale di vendita diretta al pubblico che può

arrivare al 20% del fatturato. Utilizzano regolarmente strumenti di valutazione delle

potenzialità di sviluppo dei clienti, mentre utilizzano senza grande regolarità altri

strumenti di valutazione dei propri clienti intermedi. All’estero si affidano quasi

completamente a importatori, mostrano un buon livello di partecipazione a concorsi

internazionali (che possono arrivare a coprire il 20% del budget di comunicazione),

tendono però a seguire le scelte dei concorrenti. Questo cluster appare costituito da

imprese che si affidano - e percepiscono che ciò avverrà anche in futuro - a operatori

specializzati nelle loro relazioni con il mercato e su questi vogliono migliorare il proprio

posizionamento: ecco quindi l’importanza delle fiere e dei concorsi, la predilezione degli

importatori esteri, la tendenza a seguire abbastanza i concorrenti.

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3. Il cluster delle imprese che vedono il futuro soprattutto connotato da un maggiore

confronto competitivo hanno i caratteri di maggiore conservatività. Infatti i fattori

percepiti come rilevanti nel futuro sono l’aumento della concorrenza e l’importanza della

gestione del prodotto, ma non per gli aspetti di innovazione (quindi capacità di sviluppo

di nuovi prodotti, di ampliamento della gamma, di confezionamento); inoltre, sono le più

lontane dal pensare che nel futuro aumenterà l’importanza del marketing e della

comunicazione. Rappresentano il 20,99% del campione, e sono prevalentemente aziende

del Centro Italia. Si distinguono per non utilizzare mai ricerche di mercato né strumenti

di valutazione dei clienti intermedi. Tendenzialmente non effettuano nessuna

discriminazione di prezzo né per area né per canale distributivo, e mostrano la minore

concentrazione in assoluto di aziende che partecipano a concorsi internazionali. In

termini distributivi, in Italia questo cluster è caratterizzato da una prevalenza di imprese

che realizza una buona percentuale del fatturato (tra il 20 e il 50%) tramite vendita diretta

ai consumatori, mentre all’estero realizza con gli importatori solo dal 20 al 50% del

fatturato. Le aziende di questo cluster sembrano voler affrontare il futuro ponendosi

come i difensori della tradizione di qualità, i rappresentanti della convinzione: “un

prodotto di qualità trova sempre il suo mercato”. Mostrano un atteggiamento un po’

troppo auto-riferito, vista la scarsissima propensione attuale – e anche quella futura

dichiarata – all’utilizzo di strumenti sia di conoscenza del mercato sia di relazione con lo

stesso.

4. L’ultimo cluster è anche il più piccolo: il 16,02% del campione. Le aziende che lo

compongono hanno uno sguardo molto semplice sul futuro che connotano solo per un

aumento del numero di aziende: per questo sono state denominate lontane dal futuro.

Percepiscono che nel futuro non saranno più importanti né la qualità del prodotto, né il

marketing e la comunicazione, né aumenterà la concorrenza: insomma sono le aziende

che fanno più fatica ad avere un’idea di quello che potrà succedere nel futuro. Sono

imprese soprattutto del Nord-Ovest e mostrano il minor grado di internazionalizzazione

del campione. Per la conoscenza del mercato si affidano soprattutto a consorzi e

associazioni, confermando quindi una sorta di delega all’interpretazione dei fenomeni

di mercato, che rende difficoltoso avere una percezione diretta di quello che potrà

cambiare. Nessuna di loro dichiara di discriminare i prezzi per zona geografica

all’estero e la gran parte neanche in Italia, mentre è molto utilizzata la differenziazione

dei prezzi per canale distributivo. L’utilizzo di strumenti di valutazione delle

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performance dei clienti è sostanzialmente assente. Investono una buona parte del

proprio budget di comunicazione nella partecipazione ai concorsi internazionali, e, in

Italia, mostrano una certa presenza di aziende che realizzano dal 20 al 50% del proprio

fatturato vendendo direttamente al pubblico. Le imprese di questo cluster si mostrano

come fortemente orientate alla produzione: sono quindi quelle che continueranno a

necessitare di soggetti esterni, tipicamente associativi, per comprendere l’andamento

del mercato e gestire le relazioni con esso.

4. Conclusioni

A seguito dell’analisi dei risultati della ricerca è possibile effettuare alcune

considerazioni conclusive relativamente al marketing delle aziende vinicole italiane.

Vale la pena, innanzitutto, riassumere le caratteristiche del contesto settoriale che

hanno marcato il periodo di riferimento della ricerca. Il triennio 2001-2003,

relativamente a tutti gli elementi strutturali, sia in termini di dimensioni aziendali che

di scelte produttive e commerciali, può essere definito come un periodo di crescita

ponderata. Infatti tutti gli indicatori strutturali relativi alle aziende del campione –

superficie vitata, produzione, dipendenti – mostrano degli incrementi di dimensione

moderata. Ricordando che il campione della ricerca è costituito da aziende produttrici

di vino di qualità, la crescita ponderata può stare a segnalare una strategia di sviluppo

senza strappi, ovvero di ricerca di un sistematico allineamento all’andamento del

mercato, attraverso un bilanciamento delle scelte produttive e commerciali.

Sui due fronti, produttivo e commerciale, emergono indicazioni differenti. Dal punto di

vista produttivo tutte le scelte di cantina mostrano una certa stabilità del triennio, a

dimostrazione del fatto che gli investimenti sul miglioramento della qualità del

prodotto effettuati negli anni precedenti sono ritenuti efficaci e quindi, nel prossimo

futuro, ci si può aspettare una strategia di consolidamento. Sul fronte commerciale,

invece, emerge l’indicazione di una chiara volontà di ampliamento della presenza nel

mercato. Infatti, a fronte di un ampliamento della gamma dei prodotti offerti, segnalato

dall’aumento del numero di vitigni coltivati, e del numero delle etichette in portafoglio,

emerge anche un ampliamento delle dimensioni medie delle reti di vendita. La

combinazione di questi due risultati può essere intesa come indice di una volontà di

maggiore copertura del mercato e di maggiore visibilità sullo stesso.

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A fronte di questa volontà ci si aspetterebbe un equivalente investimento nelle risorse e

nelle competenze dedicate alle relazioni con il mercato, e quindi nelle attività che

tipicamente ricadono nell’ambito del marketing. Questa aspettativa viene abbastanza

delusa dai risultati della ricerca.

Infatti, in termini di cultura di marketing, a livello generale di intero campione, gli

investimenti in attività di generazione di conoscenza dei mercati appaiono decisamente

scarsi, e le decisioni riguardanti alcune scelte strategiche – la struttura dei canali

distributivi, l’entrata in mercati esteri, la pianificazione delle attività di comunicazione

– sono per lo più affidate all’intuito personale e raramente basate su strumenti formali

di analisi e decisione. Di conseguenza appare come le aziende del campione mostrino

tuttora una cultura assolutamente predominante di orientamento al prodotto e non al

mercato. Questo significa che la cultura tipica delle aziende vinicole italiane è ancora

radicata sulla convinzione che la qualità del prodotto sia in grado di generare mercato,

e quindi performance positive sia in termini economici che competitivi. Questa

convinzione è anche confermata dai dati sulle percezioni di quali siano le imprese

direttamente concorrenti e da quanto conti la concorrenza nell’assunzione di alcune

decisioni: nel primo caso prevale una visione della concorrenza “merceologica”,

definita quindi in termini di similarità di prodotto, nel secondo emerge una sorta di

assunzione di fondo – alla base delle scelte di entrata in alcuni mercati o di selezione di

alcuni canali – che ciò che è stato fatto dai concorrenti sia necessariamente adeguato

anche per se stessi.

La cultura di orientamento al prodotto si traduce in una serie di scelte commerciali

evidentemente coerenti. Un risultato emergente dalla ricerca, infatti, è che le aziende

del campione mostrano di controllare solo minimamente il posizionamento dei loro

prodotti sul mercato. La crescita delle porzioni di reti di vendita costituite da agenti e

rappresentanti plurimandatari, la scarsissima pianificazione delle scelte distributive e

comunicative – che quindi molto spesso costituiscono semplici reazioni a sollecitazioni

esterne – lo scarsissimo utilizzo di strumenti formali di valutazione delle performance

distributive e di mercato in generale, l’affidarsi quasi esclusivo al supporto di

importatori per la presenza sui mercati esteri, sono tutte evidenze del fatto che il settore

vinicolo è tuttora un settore channel driven, ovvero un settore in cui il presidio del

mercato è nelle mani dei distributori e non dei produttori. Appare quindi una sorta di

contraddizione fra la volontà di ampliamento della propria presenza nel mercato e la

delega della gestione del posizionamento ai distributori e agli intermediari

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commerciali. In verità, tale contraddizione appare sanata dall’ambizione, espressa nella

parte della ricerca che ha rilevato gli scenari futuri, dall’importanza assegnata proprio

al marketing, e in particolare alla gestione della marca in termini di notorietà e

immagine. Sembra emergere, quindi, una consapevolezza da parte dei produttori: che il

reale presidio del mercato debba avvenire con un investimento, negli anni futuri,

proprio su quelle attività di relazione col mercato, che permettono di ottenere una

visibilità e un’immagine differenziale rispetto ai concorrenti.

Se quanto detto è vero per il campione preso nel suo complesso, un interessante

risultato della ricerca è proprio l’evidenza che nel campione esistono gruppi di imprese

abbastanza disomogenei in termini di cultura di marketing. A grandi linee quello che

emerge è che gli storici produttori di vino di qualità, focalizzati soprattutto nel Nord

Ovest del Paese, sembrano rappresentare l’ala più conservatrice del settore, ovvero

quella maggiormente orientata alla convinzione che la gestione della qualità del

prodotto sia di per sé una garanzia di successo sul mercato. All’opposto, le imprese del

Sud e delle Isole sembrano rappresentare “il nuovo” in termini di cultura di marketing.

Probabilmente a causa dell’assenza di una consolidata presenza sul mercato, tali

imprese mostrano una maggiore libertà di pensiero e una maggiore capacità di

sfruttamento delle potenzialità offerte dalle attività di conoscenza del mercato e degli

strumenti formalizzati di pianificazione e decisione. Non a caso sono proprio queste

aziende quelle che ricorrono maggiormente sia a società specializzate di servizi di

marketing e ricerca di mercato sia a investimenti in strumenti di comunicazione

innovativi. Sembrerebbe quindi che l’assenza di una storia passata di successo e

sviluppo abbia permesso a queste aziende di essere più libere da schemi di pensiero e di

azione, che inducono a un’eccessiva auto-indulgenza, che spinge verso la

concentrazione sulla gestione del prodotto a scapito della gestione del mercato.

Questa differenziazione dei punti di vista all’interno delle aziende del campione è ben

rappresentata dal risultato sui diversi cluster relativi ai fattori competitivi distintivi.

Mentre in generale viene confermato che il campione è costituito da aziende che

ritengono che la gestione della qualità del prodotto sia il proprio elemento distintivo

rispetto ai concorrenti, a livello di maggiore dettaglio, emergono dei gruppi di aziende

che iniziano a percepire che la distintività competitiva si ottiene affiancando al presidio

della qualità una corretta gestione della valorizzazione della stessa nel mercato,

ottenuta prestando la dovuta attenzione alla gestione della comunicazione e della

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distribuzione. In questo senso le aziende del Sud e delle Isole, insieme con quelle del

Nord Est mostrano la maggiore consapevolezza al riguardo.

Passando dalla cultura di marketing alle scelte in cui questa si traduce, la ricerca

evidenzia che per i produttori di vino italiano di qualità sembra esistere un modello di

business abbastanza consolidato, che conferma la presenza di un forte controllo del

mercato da parte dei canali. Il business model s’impernia su un circolo che si auto-

alimenta, che vede i produttori concentrare sforzi e investimenti sul controllo della

qualità del prodotto per poi delegare ai canali distributivi specializzati (l’ho.re.ca per

tutti) e ai veicoli di comunicazione specializzati (guide e fiere in particolare) il

trasferimento della qualità al mercato. I produttori, quindi, sembrano concentrarsi

soprattutto sulla parte a monte della catena del valore, delegando ai canali distributivi e

comunicativi specializzati il controllo di quella a valle. Ma questa scelta porta a un

certo allontanamento dal mercato finale, con conseguente scarsa conoscenza delle

esigenze e delle preferenze dei consumatori finali, e, nuovamente, scarso controllo del

proprio posizionamento. In presenza di un mercato in cui la competizione va sempre

più intensificandosi e il numero dei concorrenti di qualità aumenta, tale modello di

business rischia di mostrarsi sempre meno capace di creare valore economico per le

imprese. Una classica giustificazione all’esistenza di questo modello è data dalle

limitate dimensioni medie delle aziende in questione, che non hanno a disposizione

risorse tali da investire in attività percepite come costose, e, soprattutto, con ritorni non

immediati. Ovviamente tale motivazione è più che legittima, fino a quando, però, non

diventi un alibi. Se è vero che alcune attività richiedono soglie di investimento troppo

elevate per le minime dimensioni di molti produttori, questo non vuole dire che ciò

debba accadere per tutte le attività, e, d’altro canto, il problema delle dimensioni

minime può essere superato attraverso una strategia di cooperazione con altri

produttori. Il dubbio che ci sentiamo di avanzare è sulle modalità di attuazione di tale

cooperazione. Il modello utilizzato finora è quello della “cooperazione fra eguali”,

dove eguali sta per simili merceologicamente. I consorzi di tutela rappresentano un

evidente esempio di tale forma cooperativa. Il problema è che in presenza di un

obiettivo di differenziazione competitiva, e a fronte di processi di acquisto dei

consumatori che non necessariamente vedono la tipologia del vitigno quale fattore di

scelta primario, la cooperazione fra uguali mostra tutti i suoi limiti. In un contesto di

mercato che cambia è necessario immaginare forme di “cooperazione fra diversi” dove

la diversità può essere valorizzata come punto di forza nei confronti di mercati, canali

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distributivi e clienti che sono stimolati dalla ricerca del nuovo e dalla curiosità della

sperimentazione. Questo passaggio richiede però un salto culturale che il

conservatorismo attuale del settore non sembra assecondare, con tutti i limiti e le

conseguenze che questo comporta.

In conclusione, quindi, la ricerca, coerentemente con gli obiettivi che si era posta, ha

evidenziato che il percorso di avvicinamento alla cultura del marketing delle aziende

vinicole italiane è agli inizi. Attualmente il mercato evidenzia che alcuni gruppi di

aziende si sono avvicinate al marketing comprendendone le potenzialità e iniziando a

sfruttarle senza troppi pregiudizi e con quel minimo di spregiudicatezza che l’attuale

situazione competitiva richiede. Molte aziende hanno segnalato che nel futuro prossimo

la loro attenzione sarà sempre più dedicata ai principi, agli strumenti e alle tecniche di

marketing. I prossimi passi dell’Osservatorio saranno dedicati a valutare quanto questa

ambizione si tradurrà in realtà.