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vox militiae anno IX 2010 n.2

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forze armate

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  • Spedizione in A. P. - 45% art. 2 comma 20/b L. 662/96 DCO/DC Abruzzo Pescara - ROC 9312

    CAVENDO TUTUS

    ANNO VIII - N 2 Giugno 2009

    VOX MILITIVIZI E VIRTU DEGLI ITALIANINon possibile prevedere i terremoti, ma possibile limitarne i danni

    Raffaele SUFFOLETTA

    Tutti quegli studi appena richiamati a cosa sono serviti? Evidentemente stato puro esercizio dialettico per pochi addetti ai lavori. Passata la festa gabbato il Santo , tutto viene riposto nel cassetto e i risultati di quanto emerso, dopo aver anche dissipato generose risorse economiche, rimangono inapplicati. I vari Amministratori, che avevano il compito di trarre gli ammaestramenti da quelle belle esercitazioni accademiche, cosa hanno fatto? Quanti controlli hanno fatto per verifi care lapplicazione della normativa? Hanno mai preteso un esame geologico del terreno? Quando hanno elaborato il piano Regolatore del Comune hanno tenuto conto della categoria dei suoli, della posizione topografi ca del sito, delle caratteristiche stratigrafi che del terreno o le scelte sono state guidate da altri criteri? Forse non avevano le risorse economiche suffi cienti per applicare quanto emerso nei dibattiti? Quando, poi, si verifi ca la catastrofe escono allo scoperto gli sciacalli politici e morali. Ognuno grida allo scandalo e gli Amministratori locali, consci del loro dovere di tutori del territorio (non controllato prima della catastrofe), organizzano nuovi dibattiti e, questa volta, anche proteste che guidano con la loro bella Fascia, e minacciano dimissioni di massa per reclamare denaro

    pubblico e potere. Non sarebbe stato meglio attivarsi per prevenire?Ma c un altro aspetto importante che emerge nelle crisi, questo,

    per, a carico dei singoli cittadini e cio: gli italiani pur di risparmiare, anzich investire in Sicurezza, preferiscono spendere i loro soldi per abbellimenti superfl ui di pura vanit, mettendo a rischio la loro vita e quella degli altri. Mal consigliati, dallultimo manovale sapientone, non rispettano la normativa perch ritenuta eccessiva, restrittiva e, a volte, inutile. Se qualche ispettore si reca a verifi care lapplicazione delle norme, le inadempienze rilevate vengono giustifi cate con argomentazioni del tipovogliamoci bene che niente ci costa.

    Infi ne, e questa volta in positivo, in ogni tragedia emerge chiaramente la generosit degli italiani con sottoscrizioni, donazioni, offerte ed aiuti di ogni genere e la funzionalit delle Strutture Operative Nazionali: Vigili del Fuoco, Forze e Corpi Armati dello Stato, Servizio Volontario della Protezione Civile. Quando impareremo a far tesoro degli errori del passato?

    Per studiare il comportamento e la normativa da adottare per limitare i danni in caso di catastrofi naturali vengono svolte ricerche universitarie, si organizzano convegni, congressi, conferenze, dibattiti e chi pi ne ha pi ne metta. Da un po di tempo abbiamo anche imparato a fare esercitazioni. Purtroppo, ogni volta che si verifi ca un terremoto (ma la considerazione vale per qualsiasi altra catastrofe quali incendi boschivi e sicurezza sul lavoro) scopriamo che la normativa vigente in materia disattesa.

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    IL TERREMOTO(Terr Motus)

    IL TERREMOTO A LAQUILAI dati uffi ciali del terremoto che ha colpito LAquila e la sua provincia alle ore 03,32 del 6 aprile u.s. parlano di una scossa sismica pari a 5,8 ML (Magnitudo Locale misurata dai sensori vicini) e 6,3 MW (Momento Sismico misurata da strumenti lontani, pi attendibile) della scala Richter. Durata 30 secondi, profondit stimata circa 9 km. La scossa stata devastante perch si propagata con moti ondulatorio e sussultorio, che combinati, hanno determinato anche movimenti rotatori, amplifi candosi od attenuandosi in funzione della categoria dei suoli, della posizione topografi ca del sito, delle caratteristiche stratigrafi che. La citt ne ha risentito cos tanto perch sorge proprio sopra la faglia principale. Lo sciame sismico sicuramente lungo e rientra nella normalit, ma, per quanto la scienza conosce con riferimento ai dati statistici, non sono da escludere comportamenti del tutto imprevedibili.I danni del terremoto, accertati in un raggio di 30 km, sono stati particolarmente

    devastanti in prossi-mit dellepicentro, il piccolo centro abitato di Onna a 5 km dal capoluogo abruzzese, dove si contano nume-rosi morti e feriti. Complessivamente si registrano 307 morti e oltre 1.500 feriti.

    La maggior parte dei terremoti causata da fenomeni di natura tettonica interessanti vaste zone della crosta terrestre chiamate zolle o placche (ne sono state individuate 20) che si muovono in conseguenza di squilibri Termici interni alla Terra. LItalia si trova al confi ne tra la placca euroasiatica e quella africana. Nei punti di incontro di due placche, le forze che in esse agiscono determinano una rottura nella roccia lungo delle linee meno resistenti, chiamate faglie, sprigionando in tal modo tutta lenergia accumulata durante il movimento di contrasto, dando luogo alla scossa sismica. Lenergia, si disperde nel terreno in tutte le direzioni in forma di onde sismiche scuotendo la terra. Il punto preciso da cui si origina il terremoto in profondit detto ipocentro, mentre lo stesso punto portato in verticale sulla superfi cie terrestre si chiama epicentro.Alla vibrazione della superfi cie terrestre sembra sia da ascrivere il rombo sismico, un rumore sordo che proviene dal centro della terra che pu precedere le scosse o seguirle, a volte accompagnato dal lampo sismico, un bagliore che sempre contemporaneo alle scosse.Il movimento delle scosse pu essere sussultorio, movimento del terreno in senso verticale, o ondulatorio, movimento del terreno in senso orizzontale. Molto spesso

    si combinano dando al terreno un movimento rotatorio. La misurazione dei terremoti, cio lenergia sprigionata, si effettua con la scala Richter, che indica la magnitudo, cio lenergia sprigionata nel punto in cui si generato il terremoto. Alla scossa principale seguono una serie di

    scosse di assestamento che in genere hanno magnitudo decrescente e, in qualche caso possono raggiungere la principale.Allo stato attuale non conosciuta alcuna legge fi sica sulla frequenza e sulla distribuzione dei terremoti n esistono conoscenze tali da poterne prevedere lo sviluppo.

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    Tendopoli di Acquasanta

    La legge 225/92, allarticolo 11, annovera le Organizzazioni del Volontariato tra le Strutture Operative del Servizio Nazionale della Protezione Civile al pari del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, delle Forze Armate, delle Forze di Polizia, del Corpo forestale dello Stato, ecc,. Lobiettivo condiviso con le Associazioni di volontariato di Protezione civile di creare in ogni territorio un servizio di pronta risposta alle esigenze della Protezione Civile, in grado di operare con gli altri livelli di intervento previsti nellorganizzazione del sistema nazionale della Protezione Civile (sussidiariet verticale), valorizzando al massimo le forze della cittadinanza attiva ed organizzata presente in ogni comune dItalia (sussidiariet orizzontale), in piena integrazione con le forze istituzionali presenti sul territorio. Le organizzazioni di volontariato che intendono collaborare nel sistema pubblico di Protezione Civile, si iscrivono in appositi albi o registri, regionali e nazionali. Al momento, nellelenco nazionale del Dipartimento della Protezione civile sono iscritte circa duemila cinquecento organizzazioni (tra le quali i cosiddetti gruppi comunali sorti in alcune regioni italiane), per un totale di oltre un milione e trecentomila volontari disponibili. Di essi, circa sessantamila sono pronti ad intervenire in pochi minuti sul proprio territorio, mentre circa trecentomila sono pronti ad intervenire nellarco di qualche ora. Allinterno delle organizzazioni di volontariato esistono tutte le professionalit della societ moderna, insieme a tutti i mestieri. Sebbene lopera del volontariato sia assolutamente gratuita, il legislatore ha provveduto a tutelare i volontari lavoratori: in caso di impiego nelle attivit di Protezione Civile essi non perdono la giornata, che viene rimborsata dallo Stato al datore di lavoro, pubblico e privato. Il Servizio Nazionale della Protezione Civile si rivelato di fondamentale importanza nella grave emergenza abruzzese. I soccorsi sono stati immediati. Da ogni regione dItalia sono accorse colonne mobili con dotazioni di mezzi, materiali ed attrezzature di ogni genere: dal primo soccorso, allorganizzazione e gestione delle tendopoli ed ogni altro genere di materiali per alleviare le sofferenze dei cittadini. I soldi sono stati spesi bene.

    IL SERVIZIO NAZIONALE DELLA PROTEZIONE CIVILE

    EMERGENZA SISMICA IN ABRUZZOASSISTENZA ALLA POPOLAZIONE

    Dati uffi ciali della Protezione Civile al 18 giugno 2009

    TOTALE POPOLAZIONE ASSISTITA: 53.887di cui:

    PRESSO AREE DI RICOVERO: 23.262.

    Centri Operativi Misti

    Tendopoli allestite

    Tende montate

    Popolazione assistita

    Cucine da campo

    Presidi Medici Avanzati

    8 153 5374 23.262 97 27

    PRESSO ALBERGHI E CASE PRIVATE: 30.952.

    Teramo Pescara Chieti Ascoli Piceno 22.086 5.261 2.684 921

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    CONCORSICONCORSI DELLE FORZE ARMATE DELLE FORZE ARMATECRITERI DI IMPIEGO

    Preparazione del sedime per la sistemazione delle tendopoli

    Immissione di schede tecniche nel database delle agibilit strutturali degli immobili.

    Montaggio di tendopoli Lavori per la canalizzazione di acquanelle tendopoli

    Uffi ciali medici esperti in psicologia e psichiatria con pregresse esperienze maturate in situazioni di emergenza in missioni di oltremare

    Operazioni di rimozione e contenimento di detriti per lariattivazione della circolazione stradale.

    Le Forze Armate, quale Struttura Operativa del Servizio Nazionale della Protezione Civile, nelle situazioni di emergenza nazionale determinate da un sisma assicurano, diniziativa, i concorsi immediati per il salvataggio di vite umane avvalendosi di personale delle unit presenti sul territorio. Nel prosieguo dellemergenza forniscono supporto alla Protezione Civile, con contributi riguardanti livelli di specializzazione sempre pi elevati :- personale e mezzi con le rispettive

    dotazioni;- ripristino della viabilit principale

    e secondaria con specialisti del genio, trasmissioni ;

    - rilevamento aereo-fotogrammetri-

    co di zone di interesse e produzione del relativo supporto cartografi co, nonch scambio di informazioni, elaborati e dati di natura geotopografi ca e geodetica;

    - trasporti con mezzi militari e cessione di materiali (medicinali, viveri, coperte e casermaggio, ecc.).

    lAutorit decisionale risale allo SMD che coordina i concorsi attraverso una nuova struttura operativa denominata ITA JFHQ (Italian Joint Force Headquaters), proiettata sul luogo delle Operazioni, in grado di esercitare il Comando e Controllo su assetti Terrestri, Marittimi ed Aerei, resi disponibili per lassolvimento del compito.

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    CONCORSICONCORSI DELLE FORZE ARMATE DELLE FORZE ARMATEPERSONALE E MEZZI IMPIEGATI IN ABRUZZO

    Rimozione e brillamento di un masso di grandi dimensioni staccatosi da una parete rocciosa e pericoloso per la caduta a valle.

    Concorso a Trenitalia Gruppi tecnici di supporto verifi cano la staticit degli immobili.

    I primi reparti delle Forze Armate intervenute in Abruzzo sono state le squadre ed i mezzi per la ricognizione e il primo soccorso delle Unit dellEsercito, dislocate in forma stanziale in Abruzzo, del 9 Reggimento alpini e del 33 Reggimento di artiglieria terrestre Acqui con sede a LAquila e del 123 Reggimento di Chieti. A questi concorsi si sono aggiunti via via assetti specialistici terrestri ed aerei che hanno consentito la costituzione di tre task forces di Esercito , Marina ed Aeronautica per un totale di circa 1530 uomini dotati di: 96 mezzi speciali (escavatori, ruspe, torri di illuminazio-ne, ecc.); 104 mezzi ruotati; 20 elicotteri; 7 aerei. Tra gli interventi pi signifi cativi fi nora effettuati dal personale delle

    Forze Armate si evidenziano: la rimozione e lo sgombero, specie dalla strade, di varie tonnellate

    di macerie; l'illuminazione di emergenza con complessi mobili campali del

    genio militare nelle aree interessate all'evento; il montaggio di tendopoli in corso presso i centri abitati di Onna,

    Monticchio, Pizzoli e L'Aquila; l'effettuazione di 27 trasporti aerei per sgomberi sanitari ed affl usso

    di elementi specialistici; lo schieramento di shelters cucina per il confezionamento di circa

    5000/pasti/giorno; il concorso a TRENITALIA di personale del Reggimento genio

    ferrovieri per l'operativit della linea ferroviaria Sulmona LAquila Terni, normalmente automatizzata tramite DCO (Dirigenza Centrale Operativa - non pi funzionante), con il presidio di 15 stazioni ferroviarie;

    la realizzazione di un posto di controllo del traffi co aereo e movimentazione velivoli realizzato sull' aerosuperfi cie di Preturo (AQ);

    numerosi interventi per il ripristino della viabilit di emergenza; la ricerca di dispersi attraverso l'impiego di camere termiche; la realizzazione di collegamenti via radio, in ponte radio e

    satellitari. Ai suddetti concorsi si aggiunto limmediato intervento del personale dell Arma dei Carabinieri inquadrato nel Comando Regionale Abruzzo ( circa 2000 uomini tra Uffi ciali, Sottuffi ciali, Appuntati e Carabinieri), che stato via via rinforzato da altri 300 Carabinieri provenienti da Regioni limitrofe nonch dagli assetti specialistici fatti affl uire in zona, comprendenti, tra i pi rilevanti: 7 unit cinofi le per la ricerca di dispersi; 1 nucleo per l'identifi cazione delle vittime di disastri; un'aliquota del Comando Carabinieri per la tutela della salute (controllo della salubrit delle acque, ecc.); 16 stazioni mobili in sostituzione delle caserme particolarmente danneggiate ed ubicate in localit specifi catamente colpite dal sisma; 2 elicotteri impiegati in volo aventi compiti di ricognizione e trasmissione delle immagini; nuclei di collegamento dotati di apparati satellitari.

  • VM GIUGNO 2009 PAG. 6

    LA FIGURA PROFESSIONALE DEL MILITARE ITALIANONON UN RAMBO MA UN PROFESSIONISTA

    Motivato, consapevole del compito affi datogli e in grado di far fronte alle nuove minacce nei vari Teatri Operativi con professionalit ed equilibrio psicofi sico.

    E quanto emerso da un incontro con il col. Andrea MULCIRI, comandante del 9 reggimento alpini, e due caporali dello stesso reggimento al rientro dalla missione ISAF in Afghanistan.

    Col. f. (alp.) t. ISSMI ANDREA MULCIRI

    Colonnello Mulciri, che cosa sta succedendo in realt in Afghanistan? LAfghanistan un Paese sofferente, logorato da anni di confl itti e di lotte interne che hanno segnato sia il paesaggio che la popolazione stessa. La situazione negli ultimi anni ha subito sicuramente un miglioramento, anche grazie al supporto offerto dagli Alpini italiani in missione. Certo, alcune ferite sono ancora aperte e c ancora tanto da lavorare.La popolazione Afghana vi vede come eroi o invasori? Com latteggiamento dei civili nei vostri confronti?Non ci vedono certo come eroi ma neanche come invasori. Il rapporto con la popolazione locale si evolve lentamente, partendo da uniniziale diffi denza che pian piano si trasforma in rispettosa collaborazione. La popolazione afghana, daltronde, ben consapevole di non essere ancora in grado di camminare da sola e che laiuto militare per loro vitale. Vogliono il cambiamento e collaborano con i militari per poter vivere in pace.Riscontrate atteggiamenti diversi della popolazione afghana tra voi e i militari di altre nazionalit? E diffi cile dirlo, ma penso che la popolazione afgana

    abbia tendenzialmente gli stessi atteggiamenti nei confronti dei militari, siano essi italiani, americani o francesi. Di cosa hanno maggiormente bisogno gli afgani allo stato attuale?La gente afgana ha bisogno di tutto, soprattutto di sicurezza. Se intendiamo creare anche in Afghanistan uno stato democratico dobbiamo garantire loro la sicurezza necessaria nella vita quotidiana. Protezione e sicurezza sono le basi per costruire una democrazia. E ci diffi cile perch la societ afgana ha unorganizzazione ancora tribale, non sa cosa sia lo stato, non tutti sanno chi Karzai, lacqua non arriva ancora nei villaggi, lenergia elettrica tutta da scoprire, anche nella stessa Kabul. Quali sono le vostre modalit di approccio alla popolazione afgana?Elemento distintivo delle forze armate italiane la tendenza ad instaurare da subito un rapporto con le autorit politiche e militari afgane. Si cerca di entrare in relazione in primo luogo con il capo della polizia locale o con il vecchio saggio del paese, per poi estendere la rete relazionale al resto della popolazione. Si ritenuto opportuno operare secondo queste linee guida soprattutto tenendo conto della grande infl uenza che hanno, ad esempio, i saggi del paese sulla popolazione afghana. Questo modus operandi si rivelato particolarmente effi cace in un paese come lAfghanistan in cui la popolazione segmentata in innumerevoli gruppi etnici, diversi per cultura, lingua e tradizioni.E con le donne? Avete diffi colt di rapporto?Con le donne il rapporto decisamente pi diffi cile. Il problema culturale anche se si ravvisano dei lievi segnali di miglioramento. Nel campo sanitario ad esempio, a fronte di una chiara diffi colt a portare le cure alle donne afgane, specie se il medico uomo, si riscontrano dei

    concreti cambiamenti negli atteggiamenti delle pi giovani, che si prestano pi facilmente alle cure.Qual era il suo stato danimo quando era in missione in Afghanistan? Qualera il suo primo pensiero mattutino? E lultimo prima di andare a letto? La marea di compiti da assolvere, unita alla responsabilit della vita di tanti uomini, non lascia spazio a pensieri diversi dal lavoro, a paure od

    ad altro. Io personalmente non pensavo a minacce e pericoli; pensavo solo a far bene il mio lavoro, per la grande responsabilit nei confronti dei dipendenti e cosciente del reale bisogno che la popolazione afgana e dellimportanza della nostra missione per la nostra nazione, i pensieri erano indirizzati allo scopo sociale ed umanitario della missione. E nella truppa? Qualera lo stato danimo? Percepiva un sentimento di paura nei militari pi giovani?No, non c paura ma neanche superfi cialit. La vita scorreva tranquilla senza particolari timori, sicuri di poter contare sulla preparazione professionale e sulladdestramento svolto prima della partenza per fronteggiare qualsiasi situazione. Pensare ai familiari a casa motivo di incoraggiamento o di tristezza?Sei mesi lontano da casa sono lunghi e anche se oggi i moderni mezzi della comunicazione ci aiutano a colmare

    le distanze, la nostalgia degli affetti un sentimento molto frequente.I familiari che invece ci aspettano a casa vivono la nostra missione sicuramente con maggiore ansia e tensione, derivate forse dalla rappresentazione che viene offerta dai mass media nazionali.Non facile vivere quotidianamente aspettando la telefonata dallAfghanistan.Se suo Figlio fosse un volontario, lo spingerebbe ad una missione di pace in Afghanistan?Premesso che spingerei mio fi glio a fare ci che pi desidera, se un giorno dovesse manifestarmi il desiderio di andare in missione di pace in Afghanistan, sicuramente appoggerei la sua volont. Decidendo di portare il proprio aiuto ad una popolazione che ne ha realmente bisogno farebbe una nobile scelta di vita e io la appoggerei in pieno.Per concludere, sente mai la nostalgia del periodo trascorso in Afghanistan?Nostalgia vera e propria no, anche perch io ho fatto ben tre missioni in Afghanistan. Certo, penso spesso con piacere al periodo trascorso li, alle missioni che sicuramente mi hanno arricchito e che spero possano aver portato benefi cio anche alla popolazione afgana.

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    Primo Caporal Maggiore LETIZIA CHINNICINata a Palermo il 5 agosto 1982, ha tutta la propria famiglia a Belmonte Mezzagno (PA). Nel corso della carriera ha partecipato a tre missioni in Af-ghanistan: nel 2005 nella zona Ovest di Herat e nel 2006 e 2008 a Kabul.

    LE INTERVISTE SONO STATE CURATE DALLA DR. SSA KATIA ALBANESEE DAL DR. PIERLUIGI DI STEFANO.

    Caporal Maggiore RAFFAELE VITULANONato a Pompei (NA) il 28 gennaio 1986, vive da sempre a Vallecrosia (IM), vicino Ventimiglia. Ha partecipato a due missioni estere con il ) Reggimento Alpini: nel 2007 a Pristina (Kosovo) e nel 2008 a Kabul (Afghanistan).

    Cosa vi rimasto della missione in Afghanistan?CHINNICI: personalmente ho partecipato a tre missioni in Afghanistan che sicuramente hanno rappresentato un momento importante della mia vita. Io nello specifi co mi trovavo presso una base distaccata che aveva lo scopo di svolgere funzioni di CIMIC (Civil Military Co-operation) e MEDCAP (Medical Civil Action Project), e cio funzioni di raccordo e coordinamento tra la componente militare e le organizzazioni civili presenti nel territorio. Ho svolto quindi le funzioni pi operative, entrando spesso a contatto con la popolazione locale. Sicuramente unesperienza molto impegnativa ma che mi ha arricchito spiritualmente.VITULANO: La missione in Afghanistan stata unesperienza fondamentale della mia vita. Ho potuto calarmi in una realt totalmente diversa da quella che quotidianamente vivo nel mio Paese, tra una popolazione che ha bisogno di tante cose, tra le quali la necessit di un pasto quotidiano. E questo mi gratifi cava dei sacrifi ci di quella vita disagiata.Qual latteggiamento dei civili nei vostri confronti? CHINNICI: il popolo afgano molto diffi dente e la cosa credo sia naturale, visto che per tanti anni ha vissuto in uno stato di guerra. Ho notato comunque alcune differenze nella mia terza missione rispetto alla prima. Ora gli afgani hanno imparato a convivere con noi militari e liniziale diffi denza si trasformata in pacata attenzione. VITULANO: allinizio venivamo visti come invasori e non facile modifi care questa loro visione. Le cose migliorano con il passare dei giorni e a piccoli passi si riesce ad instaurare un rapporto con i civili. Pi facilit si hanno certamente con i bambini, che ci acclamano e si lasciano avvicinare senza timore.Sono queste per noi le gioie pi belle, davvero impagabili.

    Con le donne riuscite ad avere contatti?CHINNICI: se avvicinare un civile afgano per noi impresa ardua, avvicinare una donna quasi impossibile. Per una donna militare come me forse un pochino pi facile, ma comunque gli ostacoli da superare per avvicinarsi ad una donna afgana sono molti.VITULANO: personalmente non sono mai entrato in contatto con una donna afgana. Si nascondono al nostro passaggio ed evitano ogni forma di relazione. Riscontrate atteggiamenti diversi nei confronti della popolazione afghana tra voi e i militari di altre nazionalit?CHINNICI: forse qualche differenza c a nostro vantaggio, anche se penso che tutti i militari che vanno in Afghanistan in missione hanno lunico scopo di offrire il proprio aiuto a una popolazione che ne ha parecchio bisogno.VITULANO: penso che noi italiani siamo trattati leggermente meglio rispetto ai nostri colleghi inglesi, francesi o statunitensi. Sicuramente la popolazione afgana apprezza la nostra umanit. Di cosa hanno maggiormente bisogno gli afgani allo stato attuale?CHINNICI: certamente di sicurezza, noi cerchiamo subito di entrare in contatto con la polizia locale per garantire quella sicurezza che a loro venuta a mancare. Oltre alla sicurezza per hanno bisogno di cure sanitarie, di alimenti e di strutture. La strada da percorrere ancora lunga, ma qualche importante passo stato mosso nella giusta direzione. VITULANO: gli afgani ci chiedono di essere aiutati a ricostruire il loro Paese. Il problema della sicurezza da loro sicuramente sentito anche se oltre ad esso ce ne sono altri di pi immediata necessit. C da ricostruire tutto il sistema idrico, il sistema sanitario pressoch inesistente e le provviste alimentari sono insuffi cienti. Il 95% della popolazione vive in uno stato di estrema povert e ha

    bisogno di tutto.Quale era il vostro stato danimo in Afghanistan? Avevate paura?CHINNICI: un po di paura c, soprattutto allinizio, inevitabile. Tuttavia, dopo il primo periodo, si riesce a non pensarci.VITULANO: la paura c, ma siamo addestrati a governarla. Io personalmente cercavo di svolgere bene il mio dovere cercando di non pensare ad altro. Qual lo stato danimo della pattuglia in giro per i territori afghani?CHINNICI: c un rapporto strettissimo con tutti i membri della pattuglia, e non potrebbe essere altrimenti, lavorando a stretto contatto ventiquattro ore su ventiquattro. Ci sentiamo tutti fratelli e sorelle.VITULANO: si lavora tutti insieme per degli scopi comuni. Si crea una complicit unica. E in queste occasioni che si manifesta lo spirito di corpo alpino.Rifaresti volentieri una missione in Afghanistan?CHINNICI: ho ventisei anni e ne ho gi fatte tre. Se venissi richiamata sicuramente onorerei i miei obblighi. Fa parte del mio lavoro. VITULANO: questo il mio lavoro, ho scelto io di farlo e sono contento, quindi se mi si dovesse richiedere di riandare in Afghanistan lo farei senza indugio.Per concludere, spingerebbe suo fi glio ad una missione di pace in Afghanistan?CHINNICI: mi piacerebbe che mio fi glio realizzasse le sue aspettative; in ogni caso, forse, lo indirizzerei verso altre strade, fermo restando che se decidesse di intraprendere questa, certo non lo ostacolerei.VITULANO: sarei contento se lui fosse contento. Non lo spingerei semplicemente perch deve decidere da solo, come successo per me, che ho deciso di andare in missione in Afghanistan senza nessuna pressione, e sono ben felice di aver fatto questa scelta di vita.

    Intervista al primo Caporal Maggiore Letizia Chinnicie al Caporal Maggiore Raffaele Vitulano

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    EUTANASIAIn memoria di Richard Jemme, uno di noi

    di Massimo Coltrinari ([email protected])

    camera a gas che sembrava una comune doccia. I responsabili del programma di eutanasia si riunirono per vedere se le loro teorie erano giuste e potevano avere un risvolto pratico. In questa riunione erano presenti P. Bouhler, K. Brandt, L. Conti, H.Linden, tutti i medici interessati al programma, i chimici dellIstituto che forniva il veleno, e un certo C. Wirth, della polizia di Stoccarda, che sar uno dei pi brutali preparatori dellOlocausto. La dimostrazione si svolse secondo il programma: prima si uccisero alcuni pazienti con una iniezione letale; poi venne il pezzo forte. Le vittime, nude, furono portate nella falsa doccia con lassicurazione che avrebbero fatto una semplice doccia. Anzich acqua fu pompato monossido di carbonio. Il direttore della struttura fu assai compiaciuto dal successo della sua dimostrazione, come lo furono tutti i presenti. La camera a gas di Brandenburg fu il prototipo di tutte le altre camere a gas fi sse. Rimaneva per il problema dello smaltimento dei cadaveri. Dopo aver profanato i cadaveri che avevano una qualche utilit commerciale (denti doro o altro) venivano posti su una lastra di metallo che veniva infi lata in un forno crematorio per essere ridotti in cenere. Chiunque faceva parte di questo programma era convinto che la massifi cazione era il modo pi rapido e umano per liberare i pazienti dai loro mali e sofferenze. Come tutte le scelleratezze umane, oltre ad un manto di legalit e perbenismo, dovevano queste uccisioni rimanere segrete. Fu istituito un sistema burocratico alla tedesca, estremamente effi ciente che produceva cartelle cliniche false, certifi cati di morte fraudolenti, e false lettere ai parenti delle vittime, tutto con lo scopo di nascondere che cosa si stava facendo. Queste bande di medici assassini erano cos orgogliosi del loro lavoro che al centro di Hadamar, il pi effi ciente, la

    Un bambino non volutoNel 1938 nella famiglia Knauer nacque un bambino gravemente deforme e handicappato. Gli mancava una gamba ed un braccio, sembrava cieco, soffriva di convulsioni e fu diagnosticato idiota dal medico di turno. Dopo aver affi dato il bambino alla clinica pediatrica delluniversit di Lipsia, il padre chiese al dott. Werner Katel, direttore della clinica di ucciderlo. Questi si rifi ut ed il padre si appell direttamente a Hitler. Dopo un breve approfondimento del caso, descritto in nota, il bambino fu ucciso.Senza che centrasse in alcun modo la ideologia nazista che qui succedanea della cultura tedesca in genere, questo episodio mise in moto il programma di eutanasia, autorizzato per iscritto da Hitler nellottobre 1939, ma retrodatato al 1 settembre 1939, data dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Come si vede, attenzione massima per la forma, nulla per la vita di un bambino. Hitler autorizz luccisione di persone (tedesche) non conformi alle norme razziali tedesche.Da notare che il documento fi rmato da Hitler non aveva il carisma di legge, ma nessun medico tedesco coinvolto lo mise mai in discussione o lo contest apertamente. Da qui lassunto che i medici tedeschi, tutti i medici tedeschi, potevano scegliere chi far vivere o morire, a loro arbitrio; quindi accanto al pazzo Hitler dobbiamo mettere questa categoria, i medici tedeschi che svolsero un ruolo di grande rilievo nello sterminio degli ebrei. Il sogno di costoro era di purifi care da ogni imperfezione ( defi nita da loro) il patrimonio genetico tedesco. Non vi lo spazio per descrivere come si ramifi c lorganica della attuazione del programma di eutanasia. Si pu dire qui che la prima fase del programma di eutanasia prevedeva la eliminazione dei bambini, molti dei quali, con gli standard odierni, avrebbero condotto una vita normale: epilettici, ciechi, sordi, alcoolisti cronici ereditari, handicappati gravi, chiunque non rispondesse ai canoni biomedici tedeschi. Dalleutanasia dei bambini si pass a quella degli adulti; alle categorie sopra descritte, si aggiunsero, coloro affetti da sindrome depressivo -maniacale e simili. Ma il passaggio dai bambini agli adulti comport un problema, il procedimento di eliminazione doveva essere adattato, adottandone uno pi effi ciente che la semplice iniezione letale. Il dottor Brand ramment che una volta aveva perso i sensi respirando i fumi di una stufa mal funzionante: proprio da questo ricordo nacque lidea di usare le camere a gas fi sse per il programma di eutanasia per adulti. Furono individuati in Germania e in Austria dei siti idonei per il programma di eutanasia, in massima parte accanto ad ospedali e cliniche. Questi siti si trovavano a Limburg, Bernburg sulla Saale, Grafeneck, nei pressi di Stoccarda, Sonnenstein, vinco a Prina, e Hartheim, vicino a Linz.Interessante conoscere come nacque la prima camera a gas. In un carcere riconvertito ad ospedale a Brandebirg sulla Havel, si costru una

    Direzione organizz una cerimonia speciale per il raggiungimento della decimillesima vittima. Quando il cadavere del n. 10.000 si trov sulla lastra di metallo pronto a essere infi lato nel forno crematorio, circondato dai fi ori, il Direttore e sovrintendete del centro tenne un discorso e premi i suoi collaboratori con birra a volont. Il programma di eutanasia and avanti, anche se Hitler formalmente volle nel 1941 fermarlo. Ma nonostante questo si continu ad uccidere, essendo diventato ormai pratica comune. Si calcola che furono uccise 70.723 persone. Lultima vittima del programma di eutanasia fu un bambino di quattro anni di nome Richard Jemme, ucciso a Kaufbeuren il 29 maggio 1945. Un modello da imitare Secondo le tesi negazioniste, aver ucciso solo 70.723 persone non poi un gran male, nel quadro degli stermini di massa del Novecento. A parte laberrazione di questo assunto, occorre rilevare che il danno fatto dal programma di eutanasia molto pi vasto: serv da modello e scuola per lOlocausto. Il programma fu un terreno di addestramento e un modello da imitare e lo si pu sintetizzare in quattro punti:1. Una ideologia razziale pseudoscientifi ca che giustifi ca luccisione equiparandola ad una cura;2. La camera a gas come metodo di uccisione pi umano;3. Il centro di uccisione del programma di eutanasia come scuole di addestramento per il genocidio;4. Approfondimento della natura dei killer.Con riferimento al primo punto, il programma di eutanasia rappresenta la realizzazione dei pi profondi desideri dello Stato razzista e dei suoi sostenitori. Vi era il desiderio nazista, e dal 1938, fascista (anche se da noi grazie alla cialtroneria congenita dei fascisti, per dirla alla Montanelli, grazie a Dio non progred oltre) di avere un patrimonio genetico puro, immacolato e perfetto. Da qui il ruolo del medico, che tradizionalmente si prende cura del paziente e lo guarisce, ma che per i nazisti invece deve essere ribaltato. I medici e il personale sanitario hanno il dovere di diventare dei soldati biologici e quindi uccidere tutti quegli esseri umani non geneticamente puri, ovvero eliminare quelle vite che, per i nazisti, non erano considerate degne di essere vissute. Con riferimento al secondo punto, il programma di eutanasia diede un contributo straordinario al genocidio con linvenzione delle camere a gas. I centri di Limburg, Bernburg, Grafeneck, Sonnenstein, e Hartheim, furono dei modelli per i campi di sterminio usati per lOlocausto. Nulla fu improvvisato. Inoltre servirono da modelli per lo smaltimento dei cadaveri. Leffi cienza di questi centri convinsero Hitler ed Himmler che le uccisioni di massa erano tecnicamente possibili e potevano essere replicate su scala pi grande ad est, lontani dagli occhi e dalle menti tedesche.

    (continua a pagina 9)

    Come stato possibile lo sterminio di esseri umani nella Germania nazista?

  • PAG. 9 GIUGNO 2009 VM

    Prof. Ilio Di Iorio Lo scorso mese di gennaio ho visto in un programma TV un prete affermare che, durante la II guerra Mondiale, in Germania non cerano forni crematori per eliminare gli Ebrei ma venivano usati solo per motivi igienici. A quel prete che, dal colore dei capelli, mi sembrato men che cinquantenne, e quindi forse ignora la realt aetatis causa, voglio spiegare la dura esperienza da me vissuta come internato non collaboratore (anzi, come lavoratore forzato!). Nella miniera di carbone di Palemberg ( Aachen ) nel 1943 - 1944 cera un forno come quello da lui ricordato e funzionava per i Russi, gli Italiani (Militaer internierte - militari internati ) e per le donne Russe e Polacche ridotte a schiave nel Frauenlager. Anche noi eravamo trattati da schiavi, affamati, pieni di pidocchi e pulci; ne erano pieni i vestiti e le coperte militari da campo che ci portavamo sempre dietro fi n da quando, nel settembre 1943, fummo catturati dai tedeschi nei Balcani per essere deportati nei campi di lavoro in Germania (ho raccontato questa triste esperienza su questo periodico nel luglio 2008). Ovviamente le coperte erano

    tenute ben strette da noi italiani, perch chi ne era sprovvisto dormiva senza, su castelli di tavole a tre piani in baracche di legno; non potendo uscire di notte per i bisogni corporali, eravamo costretti ad utilizzare un grosso, fetido bugliolo ricavato in un angolo della camerata. Le cimici regnavano sovrane in quelle baracche troppo piccole per contenere ciascuna circa 35 italiani, ossia quelli che avevano rifi utato di arruolarsi e tornare in Italia a costituire la Divisione Monterosa (dissero cos offrendoci - per invogliarci - il rancio della Wehrmacht; ci furono ragazzi italiani, pochi in verit, che accettarono). Per un paio di volte i soldati tedeschi condussero noi italiani del Lager in quel forno annesso al vasto sito della miniera dove eravamo costretti a lavorare. Ivi ci denudammo e ponemmo in ordine (Ordnung) i nostri stracci e le nostre coperte; ne uscimmo nudi per andare al riparo ad un centinaio di metri di distanza. Dopo un certo tempo tornammo nel forno per rivestirci dei nostri stracci, ma di corsa perch nellinterno l aria era veramente irrespirabile. Si: pidocchi e pulci erano state

    segue da pagina 8)Con riferimento al terzo punto, i centri di uccisione del programma di eutanasia servirono da scuole di addestramento per tutti gli operatori del genocidio. La stragrande maggioranza del personale che oper nei predetti centri fu trasferita nei campi di sterminio di Belzec, Sobibor e Treblinka. Qui si pu fare lelenco dei personaggi che furono prima operanti nei centri di eutanasia poi protagonisti nei campi di sterminio; una lista lunga di cui mi fo grazia nella estenderla. Basta citare Cristina Wirth che attu le prime massifi cazioni a Chelmo e poi oper su vasta scala, e il suo collega Franz Stangl, sovrintendente del centro di Hartheim. Le carriere furono assicurate ai partecipanti del programma di eutanasia: due cuochi del programma T4 Gustav Munzberger e Kurt Franz furono i protagonisti a Treblinka con il Franz che fu lultimo comandante.Con riferimento al quarto punto, occorre una volta per tutte sfatare che tutto questo fu commesso in nome gli ordini vanno eseguiti. La natura di questi killer, come dimostra il programma di eutanasia, va ben oltre lasserzione di cui sopra. La esecuzione di ordini uno dei motivi ma non il principale e nella lista posto molto in basso del motivo per cui si uccidevano vittime innocenti, siano essi bambini, adulti, ebrei, rom, omosessuali, politici, ecc. Questi killer le uccisero per una serie di ragioni che possiamo individuare nella ideologia, nel carrierismo, nel profi tto personale, nel piacere del dominio, nella mancanza di valori

    morali, nei valori etici e civili, nel puro sadismo. E nonostante questo elenco ci si accorge che manca un elemento. E questo pu essere colto soltanto entrando nel mondo da incubo di questi assassini di massa. Questi killer sono stati inseriti in un processo di brutalizzazione crescente, rafforzato,

    sanzionato dalla autorit fi nch tutti furono avviluppati in una cultura di brutalit senza fi ne.La strada che si sarebbe intrapresa ad Auschwitz pu essere intuita studiando la quotidianit del programma di eutanasia e la crescente brutalit dei suoi partecipanti in un vero e proprio addestramento per i compiti ancora pi ardui che li aspettavano. In una fabbrica di morti che produce solo cadaveri si fa presto a perdere ogni sensibilit. Da questo assunto si comprende come discende e a che cosa si possono riferire tutte le violenze e le brutalizzazioni soprattutto sul fronte orientale che i tedeschi commisero nel corso della guerra, spesso con criteri che andavano anche contro i

    loro interessi, che rappresenta uno dei macigni che pesa sulla coscienza di ogni tedesco.La domanda che ci siamo posti allinizio, riguardo allOlocausto, perch successo tutto questo, dopo quanto scritto sopra ha una risposta pi semplice. Il regime del genocidio, quale stato

    quello nazista, sostenuto dal regime fascista, tale non per incidenti di percorso, ma per un preciso e voluto portato culturale. Se questo portato persiste ancora oggi nella nostra societ, il problema non documentare il passato, che gi stato documentato, ma come affrontare il presente ed il futuro. Quanto dobbiamo aspettare per avere una cerimonia come quella di Hadanar, con il direttore che festeggia con tutto il personale della clinica, fra fi ori, pasticcini e birra, il decimillesimo cadavere del diverso

    cremato? Sebrenica, e le altre stragi o olocausti contemporanei, stanno a dimostrare che la cultura della morte, del genocidio in essere e che lindustria che ne discende attiva e funzionante, sostenuta da forme di negazionismo sempre pi agguerrite. Una azione di contrasto di questa tendenza si impone, per non correre il rischio di essere come i tedeschi danteguerra che vedevano senza guardare, assistevano senza agire, nella convinzione che il problema non era il loro. Davanti alla cultura della morte, del genocidio ognuno di noi sulla lista: prima o poi il nostro turno sulla lastra dacciaio arriva, come successo a tanti tedeschi di cui Richard Jemme, ucciso il 29 maggio 1945, pu essere considerato il simbolo.

    AH, QUEI FORNI PER LA PULIZIA !LA TESTIMONIANZA DI UN INVOLONTARIO CLIENTE

    eliminate ma il mio tesserino universitario, conservato in una tasca della giubba, era stato completamente accartocciato. Per le cimici erano state graziate, perch continuavano graziosamente a pendere dalla volta lignea della baracca, come legate luna allaltra in fi le lunghe anche mezzo metro. In seguito, da una certa distanza nell immenso sito della miniera assistemmo alla stessa operazione di spidocchiamento a cui noi italiani eravamo stati gi sottoposti. Non si trattava per di prigionieri russi o polacchi, ma di un gruppo di donne, anche loro russe e polacche, che di corsa, in pieno inverno, cercavano un riparo dopo essersi denudate. Ora vorrei dire al suddetto prete, che non crede allesistenza dei forni di incenerimento degli Ebrei (operazione effettuata dai tedeschi costringendo altri Ebrei a fare da inserviente per l infernale operazione), che esiste una bella differenza fra questultimi ed i forni di spidocchiamento utilizzati dagli internati militari e dai prigionieri. Oppure, forse , trattandosi di operazione igienica per lui la stessa cosa (pulizia della persona e pulizia etnica )!

  • VM GIUGNO 2009 PAG. 10

    Ho assistito alla 1 giornata del convegno della Vox Militiae del 18 novembre 2008 sul tema la guerra di Liberazione in Italia: il ruolo dei militari e la Memoria nelle Forze Armate apprezzando gli interventi, in particolare quello del prof. Dante che considero tra i pi approfonditi ed obiettivi.Tra le varie problematiche sono emerse, a mio avviso, perplessita circa :1. la scarsa disponibilit di fonti o la loro

    accessibilit;2. il ritardo nella memoria della tragedia di

    Cefalonia ;3. la scarsa considerazione da parte dei vertici

    militari alleati delle truppe italiane inquadrate nei reparti impiegati nella battaglia di Montelungo.

    Mi interesso da sempre della Storia della Guerra di Liberazione in quanto mio padre vi partecip (meritando un Encomio Solenne nel Fronte di Cassino) e perci ho letto e raccolto molti libri sul tema. Tra questi due mi hanno colpito particolarmente in quanto risalgono a date che li pongono allavanguardia di quanto si e scritto successivamente. Nel primo, Bandiera Bianca a Cefalonia, edizione Feltrinelli (1963), se i fatti storici ed i nomi dei protagonisti tedeschi sono, come penso, veri allora bisogna riconoscere che se si fosse voluto indagare non avremmo dovuto attendere il famoso armadio della vergogna del tribunale militare di Roma per iniziare a ricordare e studiare quella tragica pagina della nostra recente storia. Fa male dover ammettere che lopinione pubblica si e interessata ai fatti in occasione della uscita del fi lm Il mandolino del Capitano Corelli che, a mio parere, ricalca, in qualche modo e male, proprio la trama del libro. Nel secondo, Roma 1943 di Paolo Monelli, stampato nella libreria del Senato nel febbraio del 1945, lautore descrive i fatti avvenuti a Roma in particolare il 25 luglio e l8 settembre del 1943. Quei fatti lautore li ha vissuti personalmente o ne ha avuto conoscenza diretta e precisa. Quello che mi ha colpito in questo libro, che e una cronaca di avvenimenti con le considerazioni dellautore, lassoluta mancanza di professionalit politica, amministrativa e militare dei vertici del nostro disgraziato paese. Io non biasimo la fuga del re ma il modo in cui fu organizzata e condotta. In ogni epoca storica ed anche nella II^ G.M. le famiglie regnanti hanno, in caso di pericolo imminente, spostato la sede del regno per far sopravvivere la dinastia e la nazione. Quello che invece fa ribollire il sangue nelle vene che a questa fuga si unirono il Capo del Governo ed i vertici dello Stato Maggiore Generale, dellEsercito e chi avrebbe dovuto difendere Roma (Gen.Ambrosio, Gen.Rossi e Gen. Carboni). Il libro racconta anche della visita segreta, nella notte tra il 6 e il 7 settembre, del Generale americano Taylor (che sar il Comandante in Viet Nam ) venuto a coordinare, con il Gen. Carboni (?) limminente sbarco di truppe americane aviotrasportate a Roma per incrementarne la difesa in occasione

    dellarmistizio gi fi rmato e di prossima diffusione. Ebbene il Generale americano fu costretto ad annullare loperazione gi in atto con le truppe imbarcate sugli aerei, perch si trov di fronte delle persone pusillanimi ed incompetenti preoccupate solo della loro incolumit! E questo fu il motivo per cui lannuncio dellarmistizio fu diffuso immediatamente dagli Alleati e colse di sorpresa tutti i vertici civili e militari che si giustifi carono per questo delle sciagure che ne seguirono: ma se fosse stato annunciato quando se lo aspettavano (quattro o cinque giorni dopo) sarebbe cambiato qualche cosa? Forse si, perch ci sarebbero state almeno due o tre Divisioni tedesche in pi in Italia aumentando lalibi della assoluta impossibilit di qualsiasi difesa.E cos l8 settembre 43 con un colpo solo lItalia si attir lodio dei Tedeschi e contemporaneamente la diffi denza dei nuovi Alleati. Va anche ricordato che nei giorni seguenti larmistizio lItalia, e quindi i suoi soldati, non ebbe una posizione defi nita nellambito del confl itto, cosa di cui approfi ttarono subito i tedeschi che non riconobbero come combattenti regolari quei militari che, per il proprio singolo eroismo, resistettero da subito. E questo inizio immediato delle azioni di resistenza alle forze tedesche fu provocato dalla consapevolezza errata che la Nazione fosse ancora unita e soprattutto che le sue istituzioni fossero al loro posto a coordinare e dirigere insieme ai Comandanti intermedi. Io credo che l8 settembre ogni soldato pensasse di avere ancora sopra di se un Comandante di Reggimento, uno di Divisione, una dArmata e cos via fi no allo Stato Maggiore Generale ed il Governo. Quando si accorse, purtroppo dopo breve tempo che, salvo casi isolati, questa catena di comando e le istituzioni non esistevano pi, allora fu il momento delle scelte individuali

    che a volte furono dettate da coincidenze e dalla posizione geografi ca in cui ogni singolo si trovava. Ad esempio mio padre si trovava in Puglia con la Divisione Piceno e per lui non vi fu bisogno di scelte perch il suo Reparto transit gerarchicamente unito nel nuovo Esercito Italiano mantenendo fede al giuramento prestato al Re. Viceversa alcuni suoi amici e colleghi, che si trovavano al Nord, continuarono a combattere contro lo stesso nemico da tre anni e per questo alla fi ne della guerra furono discriminati e poi riabilitati per poi ritrovarsi nuovamente colleghi ed amici nell Esercito repubblicano. A queste voglio aggiungere anche altre due brevi note. La prima, ritengo che chi ha tratto maggior profi tto dalluscita dellItalia dallalleanza con i tedeschi sia stata lUnione Sovietica che ha visto ridursi il numero delle Divisioni Tedesche impiegate contro lArmata Rossa sul fronte orientale e penso che non sia improbabile un accordo segreto con Stalin che avrebbe garantito al Re una sorta di tregua politica la cui ratifi ca fu la svolta di Salerno da parte di Togliatti. E dulcis in fundo vale la pena di ricordare che il Re Vittorio Emanuele III scelse per la sua fuga la stessa via Tiburtina che 83 anni prima suo nonno Vittorio Emanuele II aveva percorso da Pescara a Popoli per recarsi allAssedio di Gaeta. Che sia la Nemesi storica? E quale esempio di dignit offr invece Francesco II di Borbone che si trasfer a Gaeta ma che resistette eroicamente, al di l della storiografi a ironica che lo circonda, e che, comunque, risparmi ai suoi sudditi una campagna militare nel capoluogo del Regno che avrebbe causato lutti e distruzioni ancora peggiori di quelli di Gaeta. E curioso ricordare che ancora ai primi del 900 i Gaetani continuavano a reclamare i danni di guerra che non erano stati ancora risarciti: nulla di nuovo sotto il sole!

    ANCORA SULLANCORA SULL 8 SETTEMBRE 1943 8 SETTEMBRE 1943 LETTERA APERTA DEL NOSTRO SOCIO GIOVANNI PAPI

  • PAG. 11 GIUGNO 2009 VM

    ONORE ALLA LEVA

    Giovanbattista PITONINel 1963, dopo essere stato bocciato (uffi cial-mente per non aver superato lesame, ma, di fatto, per indisciplina) al 33 Corso AUC, Gio-vanbattista Pitoni fu inviato a Torino: appena sceso dal treno alla stazione di Porta Nuova, un maresciallo chiese ad alta voce: chi sa battere a macchina?Il soldato che aveva acquisito un po di confi den-za con una vetusta macchina presso il comune di Avezzano (AQ), alz la mano ed il maresciallo Bertoldo Settimio lo arruol presso il suo uffi -cio!Bertoldo, napoletano di nascita, torinese di ado-zione, fi nita la guerra si era raffermato ed aveva fatto carriera fi no a diventare maresciallo mag-giore: ora impiegato presso lUffi cio Personale e Benessere del 22 Reggimento in corso Bru-nelleschi. Cinema e spaccio reggimentale, sus-sidi ai soldati gi padri di famiglia, note di qua-lifi ca per uffi ciali e sottuffi ciali, trasferimenti e promozioni: era questo il pane quotidiano del quale si nutriva il po-vero Pitoni.La convivenza con Bertoldo e con un altro maresciallo di origine napoletana di cognome Riconosciuto, fu faci-le anche per via della fi losofi a parteno-pea della quale ancora, malgrado tutto, risenti-vano i due anziani sot-tuffi ciali.Un altro oneroso com-pito, per, attendeva il soldato avezzanese: scrivere quasi quotidia-namente a macchina, sotto dettatura, le re-lazioni che il capitano Oreste Bovio redigeva a seguito dincidenti stradali occorsi alle auto-mobili appartenenti a qualsivoglia Forza Armata della piazza torinese: la dipendenza dal giovane uffi ciale fu diffi cile e non priva di amarezze, de-lusioni, risentimenti, scoraggiamento.Il lavoro non era faticoso, ma il cipiglio del gio-vane capitano era poco rassicurante! I commili-toni pi anziani ed i due marescialli con i quali era a contatto di gomito avevano debitamente avvertito il Pitoni: si tratta del nipote di un co-lonnello dei carabinieri e del fi glio di un generale di Corpo dArmata, proveniente dallAccademia Militare di Modena, militare di carriera, caratte-re indomito, battagliero, spigoloso, irriducibile. Di carattere poco malleabile, non era privo dei tipici difetti dei fi gli unici: nato e vissuto in casa ove, ab immemorabili, si ragionava soltanto in termini militari.Un giorno tra il Bovio ed il Pitoni scoppi la guerra per un episodio che vogliamo ora rac-contare.

    Consigliato da suo padre comunista ed antimili-tarista, avvertito da amici che gi avevano pre-stato servizio militare, frenato dalla sua indole sostanzialmente timida, Pitoni si trovava al ripa-ro da brutte sorprese!Un giorno, per, accadde limprevedibile: il ca-pitano Oreste Bovio era particolarmente agitato per motivi rimasti ignoti: il clima era teso, laria pian piano si rabbuiava, una tempesta stava per scatenarsi!Dopo aver dettato una relazione, anche il capita-no come giustamente era suo solito fare volle rileggerla e, dimprovviso, gli si aggrottarono le ciglia! Disse, alquanto adirato: qu c una vir-gola di troppo! Pitoni, con le giuste maniere e con il riguardo dovuto al superiore, fece presente di aver scritto esattamente ci che gli era stato dettato; il capitano, ancora pi adirato, replic seccamente: so esattamente cosa giusto e cosa non giusto scrivere! Non ti ho dettato la virgo-la e, quindi, hai sbagliato.

    Questa volta pens il soldato non posso ar-rendermi. La misura colma devo resistere!Signor capitano balbett le faccio presente che mi ha dettato la virgola ed io la virgola ho scritto. Ad ogni buon conto posso sempre cor-reggere!Il capitano Bovio non era abituato a battere il passo di fronte ad un suo subalterno e cos argo-ment: So che la virgola di troppo e, quindi, non posso averla dettata. Dicendomi di averlo fatto come se tu avessi detto ignorante ad un tuo superiore! Posso mandarti a Gaeta!Alle insistenze del subalterno nel difendere il lavoro correttamente svolto, il capitano chiese: che titolo di studio hai? Sono geometra, rispo-se prontamente. Non capisci un c, sentenzi in preda allira!Il docile Pitoni, punto nel vivo, divent quasi una belva, raccolse tutte le sue energie, si arm di coraggio e si scagli contro il capitano quasi puntandogli sul viso il dito indice: ricordati che

    qui dentro sono uno stronzo, ma fuori sono il si-gnor Pitoni e non ti permetto di fare apprezza-menti, hai capito bene?Lo aveva duramente apostrofato dandogli del tu, dimenticando in quel momento di avere di fronte il duro, incorruttibile, coriaceo capitano Oreste Bovio che non esit un solo istante ed ordin con tono che non ammetteva repliche: vai nella tua stanza e battiti a macchina un biglietto di puni-zione! I marescialli, che stavano quasi origliando fuori della porta e che avevano udito qualcosa, ma non percepito esattamente loggetto della disputa, chiesero spiegazioni: mentre il soldato racconta-va laccaduto, sbiancavano in volto e si segnava-no il capo sconvolti!Vai subito dal signor capitano consigliarono chiedi umilmente scusa altrimenti quello ti far passare sicuramente dei guai seri, ti denuncer, ti far condannare e la condanna potrebbe pesa-re in seguito nella vita civile!

    Pitoni and nella sua stanza e scrisse rapi-damente per se un bel biglietto di licenza premio: si era nellim-minenza delle vacanze pasquali e gli avrebbe fatto piacere rivedere i suoi familiari, gli ami-ci, la sua citt! Quando i marescialli lessero il biglietto, lo imploraro-no di non recarsi nella stanza dellUffi ciale e quasi gli impedirono fi sicamente di avanza-re: aveva, per, deci-so di compiere le sue eroiche gesta e nessu-no lo avrebbe potuto ostacolare!

    Buss, entr nella stanza del superiore, salut e porse il biglietto: il capitano Bovio, dopo aver letto, fi rm decisamente dopo aver scritto di pro-prio pugno: trattasi di elemento molto meritevo-le! Conged il soldato dicendogli: vai, vai a casa per Pasqua, riposati, sei un bravo ragazzo, te lo meriti!Pitoni non voleva credere a ci che avevano udi-to le sue orecchie e neanche a ci che avevano letto i suoi occhi: gli sembrava quasi impossi-bile eppure era tutto vero! Quando i marescial-li ascoltarono il racconto e lessero il biglietto di licenza premio, non potettero fare a meno di esclamare: pare impossibile, ancora stentiamo a credere, si tratta di un vero miracolo!Il diavolo, tutto sommato, non era come tutti lo dipingevano ed il soldato Pitoni cap fi nalmente che anche dietro la divisa dellinfl essibile capita-no batteva un cuore e che era necessario medita-re attentamente prima di giudicare il prossimo!

    IL DIAVOLO, TUTTO SOMMATO, NON ERA COME LO DIPINGEVANO- ANCHE I CAPITANI HANNO UN CUORE! -

  • VM GIUGNO 2009 PAG. 12

    VOX MILITI

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    IL PRECARIATO NELLESERCITO

    A LORO, CHI LI DIFENDE?

    DOTTOR GIOVANNI DE FILIPPONostro convinto sostenitore

    Si spento a 94 anni a Pescara con grande dignit.Rimarr sempre nei nostri cuori

    Uffi ciale di complemento del 26 reggimento di fanteria. Mobilitato in territorio dichiarato in stato di guerra nella 2 G.M. (ex Jugoslavia). Rientrato in Italia per motivi di salute ed assegnato al 540 battaglione Costiero in Sicilia. Partecipa ai combattimenti conseguenti allo sbarco degli Alleati nell isola. Prigioniero degli inglesi in Egitto dal 12 luglio 43 al 4 aprile 46.

    1 MARESCIALLO RAFFAELE SERRA- Ricordo di un amico -

    improvvisamente mancato allaffetto dei suoi carivenerd 6 marzo 2009 allet di 54 anni

    Caro Raffaele, chi ti ha conosciuto non dimentica le tue qualit di leale, onesto, generoso professionista. Trasmettevi calma e serenit anche nei momenti di maggiore fervore lavorativo o in situazioni di emergenza allorquando si poteva contare sulla tua incondizionata disponibilit al servizio.Ci manchi Raffaele come ci manca il tuo sorriso, la tua simpatia, la tua discrezione. Rimarrai sempre nei nostri cuori.

    LORENZINO TESSAROLOnel ricordo incancellabile di un grande amico

    Lo avevamo conosciuto nel 1968 allAccademia Militare di Modena, allievo del 150 Corso Montello. Lasciato lIstituto per scelta personale rimane sempre legato allIstituzione Militare ed ai compagni di Corso. Il 18 maggio 2009, ci ha lasciati. Mancher tanto a tutti noi, ma rester sempre vivo nei nostri ricordi.

    CI HANNO LASCIATO