VINCENZO FRANCESCO SCARAMUZZA “EL VIRTUOSO DEL PIAN”

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VINCENZO FRANCESCO SCARAMUZZA“EL VIRTUOSO DEL PIAN”

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  • VINCENZO FRANCESCO SCARAMUZZAEL VIRTUOSO DEL PIAN

    I primi studi musicaliCalabrese di nascita, con la sua attivit artistica ha saputo ben onorarela sua terra.Era conosciuto come El Virtuoso del Pian .La sua figura merita attenzione, specialmente per loriginale contributonel campo della tecnica pianistica.Quasi ignorato in Italia, in Argentina il suo nome invece entrato nellaleggenda, quasi venerato.Il Maestro Vincenzo Scaramuzza, appartiene a quella schiera di grandi

    concertisti e didatti calabresi formatisi in seno alla Scuola Pianistica Napoletana, una delle pi importantidEuropa.La Ionica Crotone (KR), gli diede i Natali. Il 09 giugno del 1885, nacque Vincenzo Francesco Scaramuzza,in Strada SantAngelo, oggi Via della Pescheria.Era il terzo nato in un nucleo composto da tre fratelli e quattro sorelle. Un figlio darte: la madre, CarolinaMacr, ebbe un fratello sacerdote, Don Giosu Macr, che svolse attivit musicale presso il Seminario delladiocesi di Tropea. Il padre di Francesco, insegnante di Pianoforte e di vari strumenti, educ alla musicatutti i figli, ottenendo ottimi risultati dalla figlia Antonietta e dal piccolo Vincenzo.Vincenzino rivel subito una eccezionale sensibilit musicale, un enfant prodige.

    Nel 1892, il padre gli fece tenere una serie di concerti pianistici aCrotone ed in altri centri della Calabria, suscitando entusiasmo econsensi da parte del pubblico.Il giornale locale Il Popolo dell08 Maggio 1892, cos commentava un fenomeno tanto straordinario che si stenta a credere a ci che sivede e si sente, () esegue con la pi grande precisione i pezzi pidifficili .

    Al Conservatorio di NapoliIl talento musicale rivelato non doveva essere disatteso: gli straordinari progressi del figlio, costituivanovalidissimi motivi per determinare il Professor Scaramuzza a far completare gli studi musicali a chi ben siannunciava come una vera promessa presso il Conservatorio di San Pietro a Maiella di Napoli. Era ilConservatorio per antonomasia, quello su quale si erano modellati, fin nel nome gran parte degli altriIstituti similari in Italia ed in molti paesi stranieri. Non solo gli insegnamenti musicali erano ben curati, madal 1849 era stato dato grande impulso alle materie di cultura obbligatoria.Annesso al Conservatorio era il convitto, governato da un governatore ecclesiastico, aperto agli allieviesterni solo nel 1826.1987 Vincenzino super brillantemente lesame di ammissione per il Conservatorio e nel 1901 ottiene laborsa di studio con posto gratuito nel Convitto del Conservatorio.

    VINCENZO SCARAMUZZA

    Crotone - Strada Sant'Angelo, odiernaVia della Pescheria

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  • Gli anni 1895 1907, della sua formazione musicale coincisero col periodo culminante della ScuolaPianistica Napoletana.Tra i suoi docenti: Nicola DArienzo, per la composizione e Florestano Rossomandi, di Pianoforte.Questultimo, autore di una famosa Antologia Pianistica, studioso e ricercatore, aperto a nuoviorientamenti tecnici ed espressivi del pianoforte, scorse in Vincenzo Scaramuzza le sue capacit e il suozelo, invitandolo spesso nella sua casa, donandogli spartiti musicali che lallievo ben gradiva. Scaramuzzafu anche apprezzato e stimato da Alessandro Longo, legato alla tradizione intransigente della Scuola diBeniamino Cesi e Vincenzo Romaniello, allievo di Ernesto Coop, insegnanti di Pianoforte Principale delConservatorio.Il Longo stesso pi volte ebbe a interessarsi dello stesso Scaramuzza sulla sua rivista LArte Pianistica .La personalit di Scaramuzza si form, inoltre, a contatto con due musicisti, concertisti ed insegnanti, lacui importanza fondamentale per il nascere del pianismo in Italia: Beniamino Cesi e Giuseppe Martucci,questultimo colpito dalle straordinarie doti tecniche ed interpretative del giovane crotonese, di lui scriveva..Appena siede al pianoforte rivela meraviglie destando le sensazioni di chi lascolta. Ha un giocogenialissimo, che dellistrumento unorchestra di voci lamentose o giubilanti . La vocazione musicaledello Scaramuzza, ben guidata da Maestri valentissimi, venne altres facilitato da un ambiente quale eraquello di allora, di una Napoli fervida musicalmente, capitale della musica in Italia, ricca di Teatri.Il San Carlo, il Sannazzaro, il Fiorentini, il Bellini, il Nuovo, il Fondo, il Mercadante,offrivano Stagioni Liriche e Spettacoli di qualit, a prezzi accessibili a tutti.La musica strumentale si diffondeva dai pi ricchi salotti della citt al Politeama Giocosa, alla SalaMaddaloni, Sala degli Artisti, al Palazzo Nobile, Sala Romaniello, Conservatorio, Teatri, Associazioni,Circoli Bonamici, Cesi, Palumbo, Romaniello, Societ del Quartetto, Filarmonica, Societ dei Concerti,Circolo Musicale Napoletano, Societ Orchestrale di Napoli. Fu costituita unOrchestra Sinfonica, sotto laguida del Martucci, che presto divenne la migliore dItalia. Mai avremmo scoperto, il prezioso tesoromusicale dellarte di Scaramuzza, se egli non si fosse imposto quello stesso severo e quasi ossessivoimpegno, che, in seguito, nel suo lavoro di didatta, avrebbe richiesto ai propri allievi. Protagonista dellasua formazione, fu egli stesso: si applic ed ademp con amore, meticolosit, diligenza, premura, ai doveriscolastici. E la volont era spronata e sostenuta dalla gioia della scoperta dell oro dei suoni. Questagioia controbilanciava anche la pur viva solitudine e nostalgia per la lontananza dalla famiglia,specialmente dalla madre adoratissima.

    I primi riconoscimentiScaramuzza, comincer presto ad esibirsi al pubblico napoletano, riscuotendo larghi consensi. Il quotidianoDon Marzio del 19 giugno 1905, a proposito di un suo concerto alla Sala Maddaloni scriveva: ..unplauso sincero allottimo pianista Vincenzo Scaramuzza, perfetto esecutore delle difficili Variazioni e fugasu tema di Haendel di J.Brahms: la sua fortissima e le rare qualit pianistiche gli assicurano unasplendida carriera.Si diplom nel 1905 a pieni voti. Tenne concerti in tutta Italia: Palermo, Catania, Roma, Firenze, Bologna,

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  • Parma, Venezia, Milano, Genova, riscuotendo successi da parte del pubblico e della critica.Il suo repertorio comprendeva Bach, Beethoven, Schubert, Chopin, Liszt, Schumann, Brahms, Martucci,Sgambati, di cui Scaramuzza ne era perfetto esecutore ed originale interprete.Il periodico La Sicilia Musicale nel 1906, cos lo presentava: Leccezionale e prodigioso artista epianista autentico, il distinto giovanissimo Maestro Vincenzo Scaramuzza .Il quotidiano LOra di Palermo , il 06 marzo 1906 annota: Scaramuzza. il nome dun giovane pianistache domani sar celebre. Egli esce dal Conservatorio di Napoli, dove lo ha glorificato un grande artistacome MartucciEntusiasmo ed ovazioni da parte del pubblico, dopo aver suonato presso il Conservatorio di Palermo,davanti al Direttore Guglielmo Zuelli, tre pezzi tra i pi difficili del repertorio pianistico: BrahmsVariazioni e fuga su tema di Haendel, uno dei brani, che tra i pi difficili che esistano, e BeethovenSonata op. 11 e op. 53.Lo stesso quotidiano del 28 marzo 1906 dir: Scaramuzza. Il concerto di questo giovane pianista, venutoqui da Napoli a rivelare il suo eccezionale valore, stato uno dei pi alti successi di questi tempi.Unammirazione senza pari corse negli eletti ascoltatori del Circolo Artistico alludire una esecuzionepianistica cos forte e cos bella . La Marcia funebre di Chopin, gi troppo suonata da molti pianisti,ebbe pel tocco singolare dello Scaramuzza un rilievo nuovissimo, delle sfumature cos delicate, checonquistavano completamente il pubblico. Il finale, sorprendente per la sua rapidit, complet unaesecuzione sotto tutti i punti ammirevole.Fecondo fu il suo soggiorno a Roma, dove venne a contatto con diversi artisti: Ettore Pinelli, GiovanniSgambati, Alfonso Rendano. Nella capitale suon presso la Sala di Umberto I, nel Salotto di NadinaHelbig, dove si erano esibiti R.Wagner, F.Liszt, i due Rubinstein, Teresina Tua e tanto altri musicisti di altovalore e al Palazzo Piombino, seconda sede, insieme al Quirinale, del Quintetto della Regina Margherita.Il quotidiano Il Popolo Romano del 18 dicembre 1906 del concerto tenuto alla Sala Umberto I scriveva:"Il pianista Vincenzo Scaramuzza ha dato il suo primo concerto a Roma nella Sala Umberto. Ilprogramma da lui eseguito fu interpretato alla perfezione e con limpidezza di esecuzione, rarissima anchefra pianisti sommi; furono, altres, eseguite composizioni di stile difficilissimo e diverso, di F. LisztSonata in Si min., di L. van Beethoven Sonata op. 57 e op. 109. Lo Scaramuzza un genio, possiede unatecnica squisita, molta intelligenza di interpretare ed una ritentiva meravigliosa. Infatti come tutti ivirtuosi anche egli suon a memoria. Il giovane pianista mostr molto ardimento. Alla profondaintelligenza musicale egli accoppia una forza straordinaria d'idealit e di sentimento artistico. E congrande abilit ed agilit tecnica, non in lui meno grande la grazia, la infinita e delicata finezza e il gustoelettissimo nell'esprimere. Il concerto fu numeroso di pubblico italiano e straniero che ha acclamato ilgiovane artista calabrese ad ogni pezzo, e pi d'una volta ripetutamente. Sul concerto tenuto nel salottodella Helbig, il quotidiano "La Tribuna" del 30 dicembre 1906: "Il concerto dell'esimio giovane diCrotone, Vincenzo Scaramuzza riusc veramente degno delle straordinarie ammirazioni con cui in tuttaItalia altre simili sue prove erano state coronate. All'apparire di questo pianista uno scoppio di applausi losalutava, e quindi aveva principio l'intrattenimento, secondo l'ordine indicato nel programma: Schumann -Fantasia op. 17, Studi sinfonici op. 13 e Carnaval op. 9; Chopn - Polacca in sol diesis minore; Beethoven- Sonata op. 53 (Aurora). L'entusiasmo fu generale e alla fine della serata, l'Associazione Bach di Romavolle, in attestato di grande ammirazione, offrire al concertista una ricca corona d'alloro...".Il soggiorno romano era stato progettato anche, e forse soprattutto, per prepararsi al Concorso per unaCattedra di Pianoforte. Scaramuzza aveva ereditato da Rossomandi la passione per la didattica. Ma in queitempi era un'impresa accedere all'insegnamento nei Conservatori, sia per le enormi difficolt dei Concorsi

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  • che per l'esiguo numero delle cattedre (le cattedre di pianoforte in tutta Italia erano nemmeno quaranta ed iConservatori in funzione erano nelle citt di Napoli, Venezia, Palermo, Bologna, Milano, Parma, Firenze,Torino, Roma, Pesaro).

    Il soggiorno romano era stato progettato anche, e forse soprattutto, perprepararsi al Concorso per una Cattedra di Pianoforte. Scaramuzzaaveva ereditato da Rossomandi la passione per la didattica. Ma in queitempi era un'impresa accedere all'insegnamento nei Conservatori, siaper le enormi difficolt dei Concorsi che per l'esiguo numero dellecattedre (le cattedre di pianoforte in tutta Italia erano nemmenoquaranta ed i Conservatori in funzione erano nelle citt di Napoli,Venezia, Palermo, Bologna, Milano, Parma, Firenze, Torino, Roma,Pesaro).

    Verso il nuovo mondoForse perch deluso dal solo insegnamento complementare delpianoforte o per il fascino esercitato dal nuovo mondo, che glipermetteva di attuare e sperimentare quei principi didattici per ilperfezionamento della tecnica esecutiva che gi da studente stavaapprofondendo, dall'08 Aprile 1907 Scaramuzza sospese l'attivit inConservatorio e subito part per Buenos Aires, lontano dai giudizi

    taglienti dei maestri italiani e libero dalle norme burocratiche e dai programmi di studio conservatoriali.A Buenos Aires doveva tirare "buona aria" per la musica se venne scelta dal ventiduenne Maestrocalabrese come approdo geografico dei propri progetti. Agli inizi del XX secolo, infatti, Buenos Aires nonsoltanto era la capitale pi popolosa dell'America Latina, ma anche uno dei pi influenti centri culturalidell'emisfero occidentale. Grande vitalit si registrava in campo musicale.Il primo Teatro, aperto nel 1756, fu quello dell' Operas y Comedias . Seguirono poi il Teatro ColiseoProvvisional(1804) pi tardi ribattezzato Teatro Argentino, il Teatro dell'Opera (1872), il TeatroNacional (1882) e il Teatro Colon (1857) che, ristrutturato nel 1908, dotato di un'eccezionale acustica, ancora uno dei pi grandi del mondo (capace di oltre 3500 posti).Nel campo dell'istruzione musicale, gi dal 1700 operavano Maestri Tedeschi, Fiamminghi e Italiani: fraquesti era stato attivo Domenico Zipoli, nato a Prato nel 1688 e morto a Crdoba (Argentina) nel 1726.Societ musicali atte a diffondere la musica strumentale erano nate intorno al 1820: si ricordanol'Accademia de Musica, fondata dall'italiano Virginio Rebaglio nel 1822; la Sociedad Filarmonica (1823),con una propria e grande orchestra. Numerose e particolarmente attive le Associazione musicali createspecialmente ad opera di immigrati tedeschi: "Germania", "Teotonia", "Deutsche Sing-Akademie","Concordia".Era comunque un mondo musicale "importato" (repertori e cantanti rimasero per lungo tempo italiani).Fu per un contratto stipulato, precisamente con la filiale del Conservatorio di S.Cecilia, che VincenzoScaramuzza approd a Buenos Aires. "La venuta di Scaramuzza dice Hector H. Coda nel nostropaese costitu l'anello decisivo che introdusse il progresso raggiunto dalle nuove teorie, in permanenteevoluzione della pedagogia e della didattica".Scaramuzza port invero "aria nuova": la nuova metodologia dello strumento, frutto degli studi e dellericerche realizzate in Europa nelle due ultime decadi dell'Ottocento e nella prima del Novecento, e nuoviorizzonti, definitivi per la moderna esecuzione e interpretazione pianistica. Scaramuzza portava non solo

    VINCENZO SCARAMUZZAventicinquenne

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  • gli influssi delle figure pi preminenti della Scuola Italiana di Pianoforte, ma anche, e soprattutto, la suafresca ed originale personalit di pianista. Con un'intensa attivit concertistica sia da solista che conorchestra, non tard a far conoscere in Argentina e in tutta l'America del Sud e del Nord la suapreparazione severa, le sue straordinarie facolt assimilatrici, la sua innata musicalit, la sua prodigiosamemoria, il tocco mirabile, l'impeccabile virtuosismo. La sua carriera di concertista dur fino al 1923. Inquell'anno tenne l'ultima tourne nelle principali sale e teatri delle citt europee, invitato dalle piimportanti societ. Memorabile il concerto tenuto a Berlino alla Staatsoper con un "tutto Beethoven":Sonata op. 31 n. 2, op. 105 e op. 110. L ricevette le felicitazioni di Ferruccio Busoni, presente in sala.Dal 1923 cess definitivamente la sua attivit concertistica. In verit egli avrebbe voluto coniugare e farcoesistere nella sua anima di artista una triplice vocazione: quella di pianista - ed egli lo era in manierasuperlativa , quella di compositore ed egli, come meglio vedremo avanti, ne aveva apprezzate doti e quella di didatta. Purtroppo non fu possibile: intorno ai 37-38 anni i nervi iniziarono a tradirlo,soprattutto durante i concerti. Ci fu motivo per lui di profonda amarezza: concerti, composizione edinsegnamento avrebbero dovuto armonicamente ritmare il suo lavoro; in queste tre attivit vi era tutto ilsuo "s". Amava insegnare, ma non aveva previsto un insegnamento a tempo pieno. La vocazionepedagogica prevalse, suo malgrado, su quella di pianista e di compositore, e all'insegnamento si dedic conla passione di un apostolo, impegnandovi tutte le sue energie.

    Il didattaInsegn per i primi quattro anni nel Conservatorio di S.Cecilia, ma nel 1912 fond un suo Conservatoriotitolandolo col suo stesso nome. Cos, svolse una intensa attivit didattica fino agli ultimi anni della suavita."Certamente ancora il giudizio di Hector H. Coda la sua lunga carriera di pedagogo (pi di sessant'anni)fu intrinsecamente legata con quella di investigatore infaticabile, di estremo rigore. Si pu dire cheScaramuzza possedette tutte le conoscenze dell'epoca, concentr il suo genio in modo da trasmetterlo agliallievi: possedette un'arte pedagogica che domin come pochi nel paese e forse nel mondo". Non fameraviglia, quindi, se la sua Scuola cominci a guadagnare l'interesse e il rispetto di studiosi e diintenditori. L'ammissione e la frequenza alla Scuola erano disciplinate da regole ben rigide. I suoi alunnivenivano selezionati anticipatamente e alcuni, prima di giungere al Maestro, dovevano seguire un corsopreparatorio con Sara Bagnati, moglie del Maestro, ed Antonietta Scaramuzza, la sorella venuta pur ella aBuenos Aires, attratta dalle buone prospettive che il nuovo ambiente le offriva.Qual era il sistema di insegnamento che impartiva il giovane maestro? Eccone una sintesi: Egli non si

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  • limit alle conoscenze acquisite, che nel suo caso erano assai vaste; le esaminava costantemente,attraverso un lavoro quotidiano coi suoi discepoli... Il Maestro severo che era in lui distava moltodall'essere un verificatore dell'applicazione fredda di principi dogmatici. L'applicazione del suo sistema,strutturato su basi razionali, ammetteva il funzionale adattamento alle condizioni naturali e alle possibilitpotenziali di ciascun alunno. In ci era molto sagace per implacabile, poi la sua acuta osservazioneponderava con esattezza quanto l'alunno faceva in classe per raccomandare - se era il caso - la formacorrettiva che esigeva una elaborazione attenta, lenta e responsabile delle risposte sulla tastiera.Sul suo carattere e sul modo di fare lezione, un suo caro discepolo, Bruno Leonardo Gelber, disse: "Hostudiato con Scaramuzza tredici anni e mia madre Aria Tosi, fu sua allieva per sedici. Il Maestro era unuomo molto difficile; il suo carattere era complesso e mutevolissimo, un giorno ti dava un'impostazionealla mano, il giorno dopo te la cambiava completamente. Era autoritario e severo, sempre in cattivecondizioni di salute, ma aveva molta pazienza nell'insegnamento. La sua figura emanava rigore, persinodurezza; non ci salutava e nemmeno ci guardava! Noi allievi dovevamo aspettarlo in piedi: ognuno di noilo osservava attentamente per indovinare dall'espressione del viso di quale umore fosse. Quandos'inquietava poteva accadere di tutto: faceva volare i libri in aria, ti colpiva persino con la lunga asticelladi cui si serviva per indicare da lontano le note sullo spartito... A me ha detto di tutto!... Ma non ho maipianto davanti a lui, l'ho fatto sempre in segreto". Dentro questa umanit cos fragile c'era, per, unapersonalit sensibilissima: Scaramuzza era anche molto umano, con punte di calda emotivit: insegnavada una vita e, nel cantare i temi di alcune opere, le lacrime gli scendevano lungo le guance . Era unMaestro esigente: Ricordo che avevo dieci anni e volle che in venti giorni imparassi a memoria la Sonataop. 2 n. 1 di Beethoven. Un giorno mi tenne a lezione otto ore (cinque la mattina e tre il pomeriggio). Imetodi d'insegnamento di Scaramuzza erano molto attenti al particolare e condotti con la pi convintatenacia nei confronti del risultato da ottenere. Il suo lavoro non prevedeva alcuna concessione e larealizzazione esigeva un controllo tanto minuzioso da toccare livelli maniacali. L'esito raggiunto era,per, di una onest e di una dignit morale assolute. Una lezione poteva vertere su tre sole battute.Quando il maestro ti diceva: " finita", quella pagina tu potevi suonarla dormendo, con la febbre, nellepeggiori condizioni. Raccomandava sempre di studiare lentamente per progettare, realizzare e controllare.Ti spiegava le cento ragioni per cui si doveva studiare il pezzo in una certa maniera".

    Qual era il suo metodo?"Il suo metodo prevedeva lo studio tecnico direttamente sull'opera.Amava affrontare un'opera nella sua prospettiva storica e studiarne ilrespiro, la dimensione, la tonalit, le modulazioni. Nel suoinsegnamento, c' il cosiddetto rilassamento, il non suonare rigidi,l'elasticit del polso, il contenimento dei gesti inutili al fine di ottenerei migliori risultati. A lui piaceva anche il tocco brillante evirtuosistico, ma a questo non sacrificava la musicalit di un pezzo. Iopenso che un buon didatta debba fornire i mezzi per permettereall'allievo di sviluppare la propria personalit attraverso la tecnica, ein questo Scaramuzza era un re. Bastava non avvertire unamodulazione o `respirare' nel corso di essa che si veniva letteralmenteaggrediti. Ci insegnava persino a cantare per capire piprofondamente un'idea; bisognava arrivare a prendere coscienza di

    essere se stessi in ogni nota che si eseguiva, prima ancora di sapere come studiare. Bisognava respirareinsieme alla musica. Si preoccupava che chi suonava non fosse solo un esecutore di note ma un interprete

    VINCENZO SCARAMUZZA a BuenosAires

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  • e, perci, tutto il suo lavoro di ricerca didattica consisteva nel trovare il mezzo pi idoneo da utilizzare perottenere una data interpretazione. Pretendeva un tipo di suono diverso per ogni compositore, insegnandociuna vera e autorevole scuola di tocco. Ogni dito aveva una sua particolare esigenza e dava grandeimportanza al polpastrello essendo la parte pi sensibile. Era interessante lo studio mirante a mutare iltipo di suono, con la maggiore o minore intensit nella pressione digitale. Per farci penetrare nellainterpretazione di alcune pagine della letteratura pianistica, significative erano le `sceneggiate' createestemporaneamente durante le lezioni e declamate ad alta voce dal Maestro".

    Un'altra dichiarazione interessante ci viene rilasciata dalla grande Martha Argerich: "Ho studiato con ilMaestro Scaramuzza dai sei ai dieci anni. Fu un rapporto bello, ma nello stesso tempo infelice per ilcarattere difficile e mutevolissimo del Maestro. I cinque anni durante i quali frequentai le sue lezionicostituirono la base della mia carriera. Fu un periodo di grande applicazione tanto che suonai molte voltein pubblico in tutta l'Argentina. Oltre che nei recital da solista, suonai con l'orchestra il Concerto diGrieg, quello di Schumann e il 1 e il 2 di Beethoven. Il primo di Beethoven lo eseguii all'et di otto annial Teatro Astral di Buenos Aires; direttore d'orchestra era lo stesso Scaramuzza. Il Maestro pretendevamolto da tutti gli alunni, era molto severo e ci sottoponeva a delle prove difficilissime, cambiando spessevolte l'impostazione della mano. Ricordo che una volta mi disse: Io paragono gli allievi a delle spade diferro e di acciaio: quelle di ferro, piegandole si spezzano e si buttano via; quelle di acciaio, anche sesottoposte a sforzi e dure prove, resistono. A me interessano gli alunni dacciaio.Irapporti di noi allievi e dei nostri familiari erano regolati da severe regole di comportamento stabilite dalMaestro. Nell'anticamera del suo studio doveva regnare l'assoluto silenzio; al suo passaggio allievi egenitori dovevano tutti mettersi in piedi e salutare. La lezione iniziava con una stretta di mano ben sentitatra l'allievo e il Maestro. La lezione durava molto, ma se andava male era tormentata da continuiimproperi del Maestro. Al termine, quando l'alunno si congedava da lui, gli porgeva la mano che perrestava sospesa nel vuoto, del tutto ignorata dal Maestro. Anche a me successo qualche volta, e a miamadre che voleva giustificarmi data la mia giovane et, il Maestro rispondeva: Martha ha sette anni, maha un animo di cinquanta. Quando io ero allieva del Maestro Scaramuzza egli aveva pi di sessant'anni,un gran numero di suoi allievi erano gi diplomati. Tutti temevano il Maestro a tal punto che alcuni micedevano il turno. I soli bambini che in quel periodo frequentavano le sue lezioni eravamo io, Gelber eBaremboim. La metodologia del Maestro consentiva di avviare al concertismo anche i bambini. Ricordoche ogni nota veniva studiata singolarmente in tutti i suoi particolari per avere il suono che eglipretendeva da ciascuno di noi, secondo la personalit dell'allievo. Le annotazioni erano tantissime,assegnava ad ogni frase musicale una lettera dell'alfabeto, a sua volta ogni lettera era costituita anche dacento numeri, nei quali il Maestro annotava i movimenti anatomici della mano e del braccio, i segretidell'esecuzione e del tocco perfetto, dell'agogica e della dinamica. Io, anche se piccola, avevo un carattereforte a tal punto che non piansi mai davanti a lui. Tutti gli allievi per un breve periodo, prima di arrivare alui, dovevano prendere delle lezioni o dalla moglie Sara, o dalla sorella Antonietta o dalla figlia Cochita.

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  • Mia madre assisteva alle lezioni e stenografava tutto ci che diceva il Maestro. Si iniziava con degliesercizi da fare sul tavolo. Tutte le difficolt che per un giovane pianista sono veri problemi, alla Scuola diScaramuzza si superavano con naturalezza. Il Maestro conosceva molto bene tutti i segreti del pianoforte.Per un contrasto nato con mia madre, dall'et di undici anni non mi volle dare pi lezioni e continuai conun suo bravo allievo, il Maestro Francesco Amicarelli, con il quale studiai tre anni. Nel 1955 mi trasferiicon tutta la mia famiglia in Europa e studiai per due anni con Friedrich Gulda.La sua lunga esistenza - visse ottantatr anni - fu contrassegnata da una permanente evoluzionepedagogica, dovuta alla natura esigente, disinteressata e incontentabile del suo genio che non potevaabbassarsi con nessuna sorta di imperfezione. Studiare il pianoforte era come accettare le regole di unasevera filosofia e la seriet di una condotta di vita. Frutto di questa continua e sofferta esplorazione, unaoriginale tecnica pianistica che permette di estrarre il massimo di sonorit dallo strumento, coltivandoun'oculata attitudine verso il raggiungimento di un margine dinamico ampio in modo tale da ottenere le pigrandi possibilit di espressione. In questo senso Scaramuzza fu pieno erede del pianismo di Thalberg.L'originalit del suo metodo consiste nel far s che "l'io" partecipi fisicamente all'esecuzione attraverso ilcorpo con cui si deve giungere a dominare lo strumento. Questo, completamente dominato, fa un tuttunocol corpo ed esprime in suoni le vibrazioni emotive avvertite all'interno dell'io. La tecnica pianistica perfetta quando permette di trasmettere fedelmente ci che l'io vive al centro di se stesso. Le lezioni diScaramuzza si trasformavano, spesso, in approfondite e dettagliate analisi di anatomia: per spiegare undeterminato movimento, oltre a mostrarlo e farlo sentire con la mano, illustrava l'azione, la reazione, lafunzione dei muscoli, il ruolo dell'ossatura, il respiro. Usava un linguaggio tutto particolare. Spessoricorreva ad immagini o ad esemplificazioni della vita quotidiana: queste erano cos ricche di saggezza dadiventare "idee-forza" capaci di far sorgere nella mente dell'alunno il concetto illuminante di quantodoveva eseguire.La sua "tecnica" consisteva nell'articolazione indipendente, dito per dito, e in una serie di leve con ilpalmo, il braccio e la spalla in un permanente equilibrio tra tensione e rilassamento muscolare. Taleequilibrio, evitando ogni rigidit nell'esecuzione, dando elasticit al polso ed eliminando ogni gesto inutile,permette di superare passaggi difficili senza limiti di velocit n di durata e di raggiungere un'estremasensibilit di tocco e una purezza sonora affascinante. L'alunno deve pre-sentire il pezzo come un prodottocaldo per le emozioni interiori da esso suscitate. Chi suona un donatore di emozioni, meglio, dona sestesso emotivamente trasformato dalla musica. Perci, lo Scaramuzza teneva ad educare "l'orecchio" adogni pi squisita finezza di percezione e "gli occhi" con l'esercizio quotidiano per la lettura a prima vista,ripetendo la famosa regola di Schumann: "Procura di giungere al punto di capire la musica scritta, al sologuardarla sulla carta". Infatti la lettura a prima vista abitua il pianista ad avere la visione complessivadell'architettura musicale, anticipando il corso alle dita, misurando rapidamente valori e intervalli,intravedendo modulazioni e mutamenti di ritmi, preparando cos la via all'esecuzione medesima, prima chequesta sia eseguita sul pianoforte.Una buona tecnica esecutiva sempre "razionale". Un alunno, di conseguenza, deve essere educatoall'acquisizione di particolare qualit cerebrali: il cervello di un pianista si compone di geometria,valutazione delle distanze, ordine sapiente, controllo preventivo di ogni nota. Il risultato di questaeducazione "cerebrale" una sicura padronanza di s, dello strumento e della musica. Il pianista con laforza della sua tecnica possiede la materia sonora, la rispetta e la plasma secondo la propria immaginazioneinterpretativa. Preziosa a questo punto la testimonianza sulla tecnica di Scaramuzza fornita da un'allieva,Anna Murgolo, pubblicata sulla rivista americana "Fenarete", 1 semestre, 1969, n. 116: "Man mano cheassorbivamo il suo insegnamento, come ci sembrava assurda la nostra 'impeccabile' Scuola precedente!

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  • Scoprivamo terrorizzati che aggredivamo il pianoforte senza piet, che la nostra eccellente tecnica eradifettosa e ci che prima un certo pubblico ed un determinato critico avevano applaudito come buono, nonlo era assolutamente. Notevoli concertisti scoprivano, all'improvviso, che mancavano di penetrazione, chedovevano imparare a conoscere ogni muscolo delle proprie braccia, ogni tendine delle proprie mani, ogniscatto delle proprie dita e stare all'erta, sapientemente concentrati, per captare le meravigliose sottigliezzeche il maestro scopriva loro ad ogni passo attraverso l'arduo, difficile apprendistato che permetteva lorodi produrre suoni insperati, di ottenere sfumature e colori indefiniti. La sua Scuola ci portava verso il pirigoroso autocontrollo che non ammetteva n perdonava errori; sviluppava le facolt percettive edaumentava la ricettivit. Dalla mano del maestro, il discepolo si addentra nelle opere valorizzando il pipiccolo dettaglio; ogni cosa oggetto di una rigorosa analisi; con la riflessione ci obbliga a studiare conprecisione ogni frase, guardandone tutti gli aspetti, svolgendola con scrupolosa chiarezza, con assolutaesattezza; una frase nitida, senza inutili tensioni, senza movimenti superflui, senza tocchi aggressivi, senzastridori che influiscano negativamente sulla qualit del suono. Abbandonarsi a una cos severa disciplinacomportava una vera vocazione e quindi obbedivamo ciecamente e ci sottoponevamo con gioia a unostudio estenuante, a un sistema inflessibile che per la sua minuziosit a volte risultava essere una duraprova anche per l'alunno pi capace. Con i sistemi comuni, abituali, si termina l dove invece si comincia.Questo lo capimmo quando Scaramuzza per intere settimane fermava la sua attenzione su un puntoinsignificante, che con i sistemi normali di insegnamento non avremmo neanche notato.Con lui si capiva inoltre che qualsiasi cammino difficile esigeva un abbandono totale. Con la sua istruzionesi ottenevano fortissimi imponenti che non ferivano l'orecchio, accordi compatti, pieni di gran sonoritsenza sforzo, e pianissimi incredibili, un affascinante tono velato come quei paesaggi grigi che cigiungono attraverso la nebbia.

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  • Impressioni chiaroscure, infinite sensazioni possono suscitare le maniforgiate da Scaramuzza, mani flessibili, eleganti, Sara Bagnati, mogliedi Scaramuzza riposate, senza rigidezza, senza contrazioni. Sia neipiani che negli intensi la modulazione del suono era perfetta.Educava i polpastrelli fino a renderli dolcissimi nei passaggi lenti; unafrase pu trasformarsi in un mormorio senza perdere nulla della suaforza espressiva; parlano a voce bassa, molto bassa, pur tuttavia nonuna parola del discorso musicale va persa o incomprensibile; ditaquasi immateriali producono suoni vellutati e quelle stesse dita capacidi suoni cos delicati, possono ottenere momenti di gran forza e briocon cascate sonore.L'eccellente scuola di Scaramuzza faceva ottenere questi miracoli allo

    stile di altri pur validi professori di pianoforte. Equilibrio, differenziazione di piani sonori, di suonisimultanei, esecuzione polifonica, indipendenza assoluta di ogni dito, queste erano alcune delle tanteesigenze del maestro calabrese, e queste qualit interpretative si potevano possedere a fondo solamente conuna intensa e difficilissima pratica alla tastiera. Insisteva per un perfetto sincronismo tra i muscoli e ilcervello; questo impartisce simultaneamente diversi ordini alle dita che si muovono sui tasti, imprimendocontemporaneamente su di esse diverse intensit di peso, distribuendo l'energia strettamente necessaria,esercitando senza libert n arbitrariet l'esatta, necessaria pressione".L'effetto del sincronismo tra muscoli e cervello la perfezione del "tocco". Parlando di esso, loScaramuzza dice: Nella musica melodica non basta dare a ciascuna nota il suo giusto peso, ma occorre

    VINCENZO SCARAMUZZA

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  • che tra nota e nota vi sia il legato perfetto, e che tra una frase e l'altra, a seconda delle indicazioni delfraseggio, vi siano brevi interruzioni di suono: cio quella distinzione da frase a frase che i cantantiottengono con la buona distribuzione del fiato. Nella musica polifonica, in quella di Bach specialmente, lavariet del peso da praticare non soltanto tra le diverse note d'una singola parte, ma anche, e pinotevolmente, tra le diverse parti. Nelle Fughe, ad esempio, se alle riproduzioni del tema si d un certopeso, alle altre parti va dato un peso molto minore. soltanto con tal differenza di pressione e di sonoritche nella musica polifonica va messo in luce e in evidenza ci che pi significativo nel tessuto dellemolteplici parti. La semplice articolazione delle dita non pu dare un peso molto forte. Per ottenere grandisonorit le dita hanno bisogno di energie sussidiarie fornite dal polso, dal braccio, dalla spalla, dal torso,da tutta la persona, insommaEgli non fiss su testi scritti il suo sistema pianistico, che pur aveva affascinato pianisti di talento di tuttele parti del mondo. Sostiene ancora la Murgolo: "Il suo nome, sinonimo di alta scuola, non si proiett conla forza che meritava, (altri con meno meriti di lui raggiunsero livelli di gran fama) perch amava ilsilenzio e il suo lavoro. Non gli piaceva trascendere n accettava alcuna forma di pubblicit. Era come unorafo inclinato perennemente sulla sua opera, senza tempo per nessuna altra cosa che non fossero le suelezioni..." C' di pi, seppe risvegliare disposizioni analoghe alle sue. I suoi insegnamenti vivono inciascuno dei suoi discepoli, alcuni dei quali sono oggi artisti di fama internazionale, eredi di quellalucidit pedagogica del Maestro che richiede un atteggiamento genuinamente creativo di fronte all'arte.Essi sono i testimoni autentici e i fedeli interpreti della validit e verificabilit della sua dottrinapianistica.Abbiamo sopra accennato alle sue apprezzate doti di compositore. Nel 1912 fece conoscere al TeatroOdeon di Buenos Aires due frammenti della sua opera "La bella addormentata nel bosco": l'invocazione elo scherzo corale. Nel 1916 present al pubblico un Minuetto per orchestra e alcune liriche che sono statepubblicate nella raccolta "La migliore musica del mondo". Al Teatro Colon fu rappresentata una scenaAparicin del Espectro dall Amleto di Shakespeare su testo di Arturo Rossato: in quest'opera sievidenzia una ben spiegabile influenza wagneriana.La maggior parte della sua produzione rimane tuttavia inedita. Tra i grandi pianisti della sua generazioneVincenzo Francesco Scaramuzza fu ammirato e stimato da: Claudio Arrau, Walter Geseking, WilhelmBackhaus, Wladimir Horowitz, Moriz Rosenthal, Ricardo Vines, Carlo Zecchi, Rudolf Serkin, TeresaCarreno, Viana Jos de Mota, Glenn Gould, Ignacy Jan Paderewski e Artur Rubinstein, il quale su unafotografia a lui dedicata scrisse: "Al gran Maestro Scaramuzza, con ammirazione ed invidia per il suomagnifico lavoro artistico. Artur Rubinstein". Lo studio del Maestro Scaramuzza nella sua casa di BuenosAires ricco di dediche con fotografie e di tante testimonianze artistiche gelosamente custodite dal figlioRiccardo.Juan Jos Castro scrive: Al maestro Vincenzo Scaramuzza che ci ha dato una vera Scuola Pianistica; cheha consacrato con fede di apostolo la sua vita a questo compito, legando definitivamente il suo nome allastoria della formazione musicale di questo paese. Con riconoscenza di un musicista argentino". L'italianoFrancesco Bajardi, Maestro di Carlo Zecchi, scrive: "All'ottimo Maestro Vincenzo Scaramuzza con la miaammirazione per le sue rare doti di insegnante e d'interprete".Rimasto sempre italiano di mente e di cuore, non rinunzi mai alla cittadinanza italiana. Mor nella suacasa in Rivadavia a Buenos Aires la sera della domenica 24 marzo 1968. Compianto da tutto il mondomusicale argentino nella Basilica del Socorro, le sue spoglie riposano nel cimitero della Chacarita.Con riconoscenza volgiamo grati il nostro sguardo e il nostro pensiero verso chi, all'estero, onor laCalabria e tenne alto il prestigio dell'arte pianistica italiana, creando in Argentina una delle pi

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  • qualificate Scuole Pianistiche del mondo.

    Omaggio al Maestro Vincenzo Scaramuzza,Grande Concertista, Compositore e Didatta.Per lalta personalit, la sua genialit pianista e di tecnica innovativa, limpegno profuso e la suadedizione totale e costante nellinsegnamento, non potevamo non pubblicare il testo in versione nonintegrale, per poter far conoscere anche ai suoi conterranei un uomo di s grande talento.Tratto dalla pubblicazione ISMEZ Editore, a cura del M Antonio Lavoratore(Testimonianze di: Marta Hargerich, Edda e Sara Ascoli, Leonardo Bennardo, Bruno Leonardo Gelber,Eduardo Hubert, Jos Lepore, Attilio Perri, Andrea Serafini, Riccardo Scaramuzza, Alfonso Vignoli,Fausto Zadra) .

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