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Università degli Studi di Perugia Facoltà di Lettere e Filosofia Facoltà di Scienze Politiche Facoltà di Economia Corso di Laurea Magistrale in Comunicazione Istituzionale e d’Impresa Antitrust e tutela dei consumatori: il confronto con le azioni collettive risarcitorie"Antitrust and consumers protection: a comparison with collective redress8 novembre 2011 Laureanda Relatore Silvia Marini Prof. Alberto Giulio Cianci Anno Accademico 2010/2011

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Università degli Studi di Perugia

Facoltà di Lettere e Filosofia

Facoltà di Scienze Politiche

Facoltà di Economia

Corso di Laurea Magistrale in

Comunicazione Istituzionale e d’Impresa

“Antitrust e tutela dei consumatori: il confronto

con le azioni collettive risarcitorie”

"Antitrust and consumers protection: a comparison

with collective redress”

8 novembre 2011

Laureanda Relatore

Silvia Marini Prof. Alberto Giulio Cianci

Anno Accademico 2010/2011

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INDICE

Introduzione pag.3

CAPITOLO I

Dal consumismo al consumerismo

1. Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 pag.8

2. Il consumatore e il professionista pag.9

2.1 Diritti fondamentali dei consumatori pag.17

3. Le associazioni dei consumatori pag.22

CAPITOLO II

La tutela del consumatore

1. Tra normativa interna e comunitaria pag.30

2. Forme di tutela pag.42

2.1 Clausole vessatorie pag.43

2.2 Pratiche commerciali scorrette pag.51

2.2.1 Pratiche commerciali ingannevoli pag.58

2.2.2 Pratiche commerciali aggressive pag.64

3. Strumenti per la tutela dei consumatori pag.70

CAPITOLO III

Antitrust

1. Definizione ed elementi costitutivi pag.77

1.1 AGCM pag.85

2. Illecito antitrust pag.89

2.1 Intese restrittive della concorrenza pag.89

2.2 Abuso posizione dominante pag.91

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2.3 Operazioni di concentrazione restrittive

della libertà di concorrenza pag.94

3. Il “benessere” dei consumatori attraverso

l’Antitrust pag.96

CAPITOLO IV

Azioni collettive risarcitorie

1. Legge finanziaria 2008: L. 24 dicembre 2007 n. 244 pag.110

2. Azione di classe e azione collettiva pag.113

3. Il “benessere” dei consumatori attraverso

le azioni collettive risarcitorie pag.124

4. Caso di studio pag.127

Conclusioni pag.134

Bibliografia

Monografie pag.137

Articoli pag.140

Commentari pag.141

Riferimenti normativi pag.143

Sentenze pag.145

Sitografia pag.145

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INTRODUZIONE

Nell'attuale società, caratterizzata dallo sviluppo sempre più frenetico

del mercato e dal continuo evolversi delle tecnologie, la figura del

consumatore e il problema della tutela giuridica dei suoi interessi, hanno

acquisito nel tempo un ruolo crescente.

Il consumatore, viene continuamente esposto ad una serie di rischi e

danni, e per anni è stato definito “parte contrattualmente debole”.

Cosa si intende per “soggetti deboli”? Ognuno di noi lo è, nonostante

spesso non ci accorgiamo di esserlo, prima che essere studenti universitari,

professori, imprenditori, avvocati, siamo innanzitutto consumatori. Nel

momento in cui leggiamo, prendiamo l’autobus, andiamo in palestra, siamo

consumatori, in quanto tutte queste singole attività presuppongono

l’acquisto e l’utilizzo di un bene o un servizio.

Oggigiorno non siamo abituati a soffermarci a lungo a pensare, a

ragionare, spesso ci limitiamo ad agire come autentici robot che ripetono

inconsapevolmente le stesse identiche azioni nel quotidiano. Tendiamo a

tenere costanti quei comportamenti e/o azioni che vediamo andare a buon

fine, per la maggior parte dei giorni della nostra vita, agendo in base

all’abitudine ed alla consuetudine e senza accorgerci che tutti quei beni

standardizzati che ci circondano in ogni attimo della nostra giornata ci

attribuiscono ineluttabilmente l’appellativo di “consumatore”.

Per questo si parla di parte svantaggiata, ogni giorno mettiamo in atto

pratiche da consumatore e spesso nemmeno ce ne rendiamo conto, o nel

caso contrario ci troviamo in condizioni di buona fede a dover contrattare

termini con una controparte molto più specializzata ed informata di noi, che

ha interesse a portare avanti solo il proprio beneficio, il proprio profitto.

Da questo assunto nasce il bisogno di garantire una maggiore tutela al

soggetto chiamato consumatore, salvaguardarne i diritti diventa uno dei

principali compiti affidati al panorama giuridico contemporaneo. Viene

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adottato così nel 2005 il Codice del Consumo, una raccolta di normative

precedentemente mal coordinate, che segnerà l’inizio di un cammino in

grado di portare ad una maggiore consapevolezza dei propri diritti; partendo

dal presupposto che proprio questa consapevolezza costituisce la chiave di

volta per una tutela migliore.

Il Codice del Consumo contiene una serie di soluzioni e rimedi ai rischi

e danni in cui può incorrere il consumatore e, disciplinando i rapporti tra

quest’ultimo e i professionisti, consente un più corretto funzionamento del

mercato.

Il consumatore diviene oggetto di attenzione nel ventunesimo secolo, un

periodo durante il quale nasce negli USA il Consumerismo1, termine che è

stato coniato per indicare tutti quegli atti indirizzati a tutelare il soggetto

fruitore di beni o servizi ad uso privato. Il consumerismo germoglia proprio

a causa dell’avvento del consumismo: con l’arrivo dei consumi di massa si

comincia ad acquistare in misura crescente grazie ai maggiori redditi a

disposizione, perdendo spesso il senso del nesso esistente tra bisogno reale

e indotto, senza avere obbligatoriamente una reale necessità di ciò che si

acquista. Questo processo viene favorito in primo luogo dalle pubblicità, il

mezzo attraverso il quale “l’offerta” riesce a creare “la domanda”, ciò che si

potrebbe definire un proficuo “bombardamento delle menti”. Acquistiamo

con la convinzione di aver fatto una scelta autonoma, ma in realtà è solo la

risultante di un percorso guidato da menti altrui.

La disciplina volta a tutelare il consumatore nasce dalle situazioni lesive

dei suoi interessi quali pratiche commerciali scorrette, tra pratiche

aggressive e ingannevoli, clausole abusive e clausole vessatorie. Gli

strumenti più utilizzati per tutelare gli utenti sono quelli dell’antitrust e

delle azioni risarcitorie collettive.

1 In Italia la cultura consumerista si sviluppa con oltre cinquant’anni di ritardo, infatti solo nel

1955 viene costituita la prima associazione a tutela dei consumatori, precisamente l’Unione

Nazionale Consumatori.

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L’antitrust agisce andando ad attuare miglioramenti all’interno del

funzionamento del mercato, attraverso l’AGCM, Autorità Garante della

Concorrenza e del Mercato, tutela il bene primario garantendo il gioco della

concorrenza. Evitare situazioni di monopolio e di abuso di posizione

dominante, significa poter così garantire concorrenza nel mercato,

consentendo la distribuzione di beni e servizi a prezzi più economici, di

qualità elevata e al massimo dell’innovazione, perché sono queste ultime

che consentono di raggiungere degli standard quali–quantitativi elevati.

L’antitrust cerca così di raggiungere il benessere del cittadino in piena

autonomia rispetto al potere esecutivo, infatti può anche essere definita

come “autorità indipendente”, dato che non agisce direttamente sul singolo,

ma previene situazioni di mercato poco competitive, tutelando da pratiche

commerciali scorrette.

A differenza della precedente, l’azione risarcitoria collettiva ha portato

ad un ribaltamento dei ruoli e dei soggetti legittimati ad agire. I cittadini ora

possono entrare nel vivo delle proprie azioni, preparare un’azione legale,

esercitando anche pretese risarcitorie dirette verso imprese e multinazionali.

Negli Stati Uniti la class action può essere effettuata anche singolarmente,

differentemente in Italia per prendere parte ad un’azione risarcitoria

collettiva i soggetti devono necessariamente fare parte di un’associazione.

L’azione collettiva è un’azione di classe che parte dal basso, non più dalla

necessità di doversi affidare ad un’autorità superiore come l’antitrust.

L’idea di questa tesi nasce per analizzare le differenze tra antitrust e

azione risarcitoria collettiva nella tutela dei consumatori, mostrandone

anche le rispettive criticità.

La prima può essere definita come autorità, mentre l’altra come azione.

Tale differenza nella denominazione evidenzia un aspetto rilevante

dell’azione risarcitoria collettiva: la legittimazione ad agire2, attraverso

2 Requisito soggettivo indispensabile per esperire un’azione giudiziale.

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un’inversione di rotta che consenta di raggiungere e riappropriarsi dei

propri diritti.

Ho strutturato il mio elaborato in quattro capitoli.

Nel primo capitolo si esaminano i protagonisti dell’atto del consumo: il

consumatore, il professionista, nonché le associazioni dei consumatori.

Queste figure iniziano a rivestire molta importanza, con l’avvenire del

consumerismo, i rapporti economici divengono pane quotidiano, prende

piede così nel 2005 il Codice del Consumo volto a disciplinare gli atti

intercorrenti tra “soggetto debole” e “soggetto forte”, favorendo un

maggiore livello di tutela dei consumatori.

Ma quando realmente si inizia a sentire la necessità di una maggiore

tutela degli utenti? Come indicato nel secondo capitolo questo bisogno è

stato colto verso la metà degli anni ’70 dall’attuale Unione Europea, che

contando circa mezzo miliardo di potenziali consumatori, mostra come

questi ricoprano un ruolo determinante nella società sia dal punto di vista

economico che politico. In Italia la disciplina in materia di consumo arriva

con quasi trent’anni di ritardo con la Legge 30 luglio 1998, n. 281 confluita

poi nel Codice del Consumo, Legge che con i suoi soli 8 articoli mostrava

un cambiamento per quei consumatori che continuano ad imbattersi in

pratiche sfavorevoli, ingannevoli, limitative della loro libertà di scelta,

nonché tutela, come le clausole vessatorie e le pratiche commerciali

scorrette. Con il susseguirsi di questi illeciti iniziano a formarsi

innumerevoli possibilità di tutela, a partire dalla risoluzione extragiudiziale,

senza il ricorso del giudice, fino ad arrivare ad una risoluzione giudiziale di

tipo amministrativo vedi Antitrust, o di fronte al giudice ordinario vedi le

Azioni Risarcitorie Collettive.

Il terzo capitolo è infatti dedicato all’istituto dell’Antitrust, come questo

nasce e con quale scopo, ma soprattutto come questo possa garantire il

benessere del consumatore. Come la più generica tutela del consumatore

anche la disciplina Antitrust arriva con estremo ritardo in terra italica,

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rispetto al suo esordio statunitense nel luglio 1890 con l’approvazione dello

Sherman Act. Tra le cause di questa lentezza si possono individuare la

difficoltà di adattamento della disciplina alle basi del Civil Law, che

contraddistingue il nostro ordinamento. La nostra legislazione antitrust si

differenzia anche per la presenza di un'autorità amministrativa "autonoma e

indipendente”, la cosiddetta Autorità Garante della Concorrenza e del

Mercato, i cui poteri sono orientati principalmente alla salvaguardia del

gioco della concorrenza che potrebbe essere intaccata.

Nel quarto capitolo si delinea la giurisdizione e la tutela che

scaturiscono dalle Azioni Collettive Risarcitorie, entrate in vigore con circa

70 anni di ritardo rispetto alle Class actions, azioni di classe tipicamente

statunitensi ed estremamente differenti, nell’attuazione, dalle azioni

collettive. Le Azioni Collettive Risarcitorie nascono grazie alla Legge

finanziaria per il 2008, ma entrano in vigore solo nel gennaio 2010, sono

quindi delle azioni legali estremamente recenti ed innovative, che

consentono la risoluzione di una problematica comune a più soggetti,

tramite una sola azione . Questo capitolo è corredato da un caso di studio

che intende confrontare i due strumenti di tutela del consumatore, attraverso

un’indagine svolta presso le principali associazioni che si occupano di

salvaguardare i suoi diritti.

Dal latino “faber est suae quemque fortunae”3 (ogni uomo è artefice

della propria fortuna), può trarsi l’insegnamento secondo cui ogni

individuo per poter essere artefice della propria vita, ha bisogno di prendere

coscienza dei propri diritti, individuare i propri obiettivi, solo così potrà in

piena libertà scegliere se lottare per difenderli o meno.

Da piccoli gesti, nascono delle grandi azioni, individualmente siamo

delle risorse, ma agendo collettivamente le forze di ogni singolo non si

sommano, si moltiplicano.

3 Cit. Appio Claudio Cieco

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CAPITOLO I

DAL CONSUMISMO AL CONSUMERISMO

1. DECRETO LEGISLATIVO 6 SETTEMBRE 2005, N.206

Con il Decreto legislativo 6 settembre 2005, n.206 in base all’articolo 7

della legge delega 29 luglio 2003, n. 2294 viene introdotto il Codice del

Consumo, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 235 del 8 ottobre 2005 ed

entrato in vigore il 23 ottobre dello stesso anno.

Questa raccolta unisce 21 precedenti testi normativi5 , sintetizzando il

contenuto di 558 disposizioni in un testo unico ed organico di 170 articoli,

mirate esclusivamente alla tutela dei consumatori. Come può desumersi

dall’art. 1 D.Lgs 206/20056 il codice ha il pregio di aver armonizzato e

4 Art. 7 Legge 29 luglio 2003, n. 229 relativo al riassetto normativo in materia di tutela dei

consumatori: “Il Governo e' delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della

presente legge, uno o più decreti legislativi, per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di

tutela dei consumatori ai sensi e secondo i principi e i criteri direttivi di cui all'articolo 20 della

legge 15 marzo 1997, n. 59, come sostituito dall'articolo 1 della presente legge, e nel rispetto dei

seguenti principi e criteri direttivi: a) adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e

agli accordi internazionali e articolazione della stessa allo scopo di armonizzarla e riordinarla,

nonché di renderla strumento coordinato per il raggiungimento degli obiettivi di tutela del

consumatore previsti in sede internazionale; b) omogeneizzazione delle procedure relative al

diritto di recesso del consumatore nelle diverse tipologie di contratto; c) conclusione, in materia di

contratti a distanza, del regime di vigenza transitoria delle disposizioni più favorevoli per i

consumatori, previste dall'articolo 15 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185, di attuazione

della direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 1997, e

rafforzamento della tutela del consumatore in materia di televendite; d) coordinamento, nelle

procedure di composizione extragiudiziale delle controversie, dell'intervento delle associazioni dei

consumatori, nel rispetto delle raccomandazioni della Commissione delle Comunità europee”.

5 4 Leggi, 2 DPR, 14 D. Lgs. e 1 regolamento di attuazione.

6 D. Lgs. 206/2005, art. 1, relativo alla finalità ed oggetti del Codice del Consumo: “Nel rispetto

della Costituzione ed in conformità ai principi contenuti nei trattati istitutivi delle Comunità

europee, nel trattato dell’Unione europea, nella normativa comunitaria con particolare riguardo

all’articolo 153 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea, nonché nei trattati

internazionali, il presente codice armonizza e riordina le normative concernenti i processi di

acquisto e consumo, al fine di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e degli

utenti”.

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riordinato le normative riguardanti i processi di acquisto e consumo,

garantendo così un livello maggiore di tutela dei consumatori e degli utenti.

Il codice del consumo innanzitutto disciplina e semplifica il rapporto tra

consumatori e professionisti, questione rintracciabile nella struttura del

testo, che andando in ordine tratta di informazioni sui prodotti, pratiche

commerciali e pubblicità, conclusione ed esecuzione del rapporto di

consumo, singole fattispecie di contratti, garanzie relative alla sicurezza e

qualità dei prodotti, associazioni rappresentative dei consumatori e, dulcis

in fundo, accesso alla giustizia. Individuando per ogni situazione l’ambito

di applicazione, eccezioni, divieti e relative sanzioni.

Tutto ciò può incentivare una rapida soluzione extragiudiziale delle

controversie; garantire una migliore qualità dei prodotti e dei servizi offerti,

maggiore correttezza nelle pratiche commerciali, maggior concorrenza,

trasparenza e informazione nel mercato. Ne conseguirà un miglior

funzionamento del mercato, che scaturisce in un beneficio per l’intera

collettività.

2. IL CONSUMATORE E IL PROFESSIONISTA

Il consumo ha scandito i tempi del nostro vivere moderno e diviene

sempre più centrale nell’epoca postmoderna: dove sentiamo parlare di

consumatore troviamo sempre un corrispondente atto di consumo, ma

questo rapporto non è sempre biunivoco, in quanto il consumo non

coinvolge necessariamente l’utilizzo di un consumatore. Il consumo è figlio

della Rivoluzione industriale, che porta con sé, profonde ed irreversibili

trasformazioni, sia nel sistema produttivo che nel sistema economico, fino

ad arrivare all’intero sistema sociale, provocando un allargamento globale

della diffusione dei prodotti manifatturieri. Questo periodo ha scatenato

forti mutamenti nelle abitudini di vita e nei rapporti tra classi sociali.

Appaiono per le prime volte le fabbriche, luogo di nascita della classe

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operaia e del capitalista industriale. Il modo di consumare a questo punto

subisce una forte scossa, non si consuma più solo per soddisfare un

bisogno, il prodotto non è più il semplice binomio tra domanda e offerta o

l’ingenuo collegamento tra reddito, propensione all’acquisto e prezzo. Il

bene acquisisce delle connotazioni irrazionali, irrazionali come sono le

sensazioni di soddisfazione, quel piacere che si prova al momento

dell’acquisto. Genericamente la soddisfazione è temporanea, si arresta

quando altre persone arrivano allo stesso livello di consumi, o quando

l’appagamento per determinati acquisti si arresta e diventa abitudine: in

quel preciso momento occorre spingersi più avanti, innescando un vortice

senza fine.

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Tab. 1 – Spesa media e mediana mensile delle famiglie per ripartizione geografia

Fonte: Istat

Nell’era del consumismo possedere i più disparati beni possibili,

acquistare, spendere anche fino alla soglia dell’indebitamento, è il

comportamento che consente apparentemente di esternare un certo status

sociale. Ostentare ricchezza e potere attraverso i consumi, nella società

dell’apparenza, diviene status symbol7.

Osservando la tavola di dati dell’Istat, Istituto nazionale di statistica,

sopra riportata, e considerando la spesa media e mediana delle famiglie per

7 Status symbol sta ad indicare ogni segno esteriore che denota la condizioni sociale, economica e

culturale di un soggetto.

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ripartizione geografica, possiamo notare come la spesa per alimenti e

bevande sia di lunga inferiore al 20%, infatti 16,5% nel Nord e 18,6% nel

Centro, non rappresentando nemmeno un quarto della spesa totale di una

famiglia media. La spesa media non alimentare, composta ad esempio da

tabacchi, abbigliamento, trasporti, tempo libero, invece arriva a toccare ben

l’80% della spesa totale, vedendo aumentare la spesa riguardante

l’abitazione e del tempo libero e della cultura.

I protagonisti del consumare contemporaneo sono il consumatore ed il

professionista, attorno ai quali gira l’intero rapporto economico, analizzato

dal Codice del Consumo8. Essendo definizioni fondamentali, per una

corretta interpretazione della disciplina riguardante la tutela dei

consumatori, diviene necessario passarle in rassegna.

L’art. 3 D. Lgs. 206/2005 esordisce identificando i soggetti che

beneficiano delle tutele delineate nel Codice, i cosiddetti consumatori9.

Questi ultimi, ove non diversamente previsto, vengono identificati come le

persone fisiche che agiscono per scopi estranei all’attività economica10

.

Pertanto, consumatore è colui che agisce nel mercato, acquistando beni

e servizi non per la propria attività professionale; è colui che fa del bene,

del servizio o della merce acquistata un uso esclusivamente personale, per

8 In genere abbiamo un’applicazione differenziata per quanto riguarda i rapporti tra professionista

e professionista, infatti questi ultimi vengono tutelati nel Codice del Consumo, ma solo nei

rispettivi rapporti con i consumatori. Ciò si può intendere nel D. Lgs. 206/2005, art. 3; in sostanza

non vengono tutelati nel Codice del Consumo i rapporti tra soggetti che operano entrambi per

scopi relativi alla propria attività imprenditoriale o professionale. Il professionista, a differenza del

consumatore, nel momento dell’acquisto è spinto da motivazioni razionali, a differenza del

consumatore che agisce molto spesso d’istinto, determinato da fattori emotivi.

9 D. Lgs. 206/2005, art. 3 comma 1 lettera a): “consumatore o utente: la persona fisica che agisce

per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale

eventualmente svolta.

10 “Imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale” vedi D.Lgs. 206/2005 art 3..

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soddisfare le limitate esigenze della sua vita individuale e familiare, al di

fuori della sua vita lavorativa11

.

Si parla di “persona fisica” in quanto è chiaro comprendere come ad

esempio le società, ossia la “persona giuridica” non possa godere delle

disposizioni e facilitazioni spettanti al consumatore; lo stesso trattamento è

valido anche per i soggetti che acquistano un bene per uso promiscuo, che

val a dire, sia per la propria attività imprenditoriale o professionale che per

uso personale. Il consumatore viene comunemente considerato come la

parte contrattualmente debole, meno informata, come protagonisti del

mercato che operano in condizioni non paritetiche.

Sono i soggetti maggiormente vulnerabili, per questo all’interno del

Codice del Consumo si è alla continua ricerca di una maggiore tutela,

situazione che si può constatare nel momento di risoluzione della

controversia, nel caso in cui il giudice si trovi in una situazione di

incertezza, quest’ultimo, si desume, dovrebbe tendere sempre a favorire il

consumatore, anziché il professionista.

Molto spesso si tende a fare del consumatore una vittima indifesa, ma a

volte così non è, risulta utile infatti distinguere tra consumatori più o meno

fragili ed influenzabili degli altri.

11

Tribunale di Genova, sentenza n. 4208 del 23 febbraio 2007, in I diritti del consumatore.

Commento al Codice del Consumo, 2009, 15.

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Fig. 1 – Elasticità del prezzo in funzione dei redditi

Fonte: CHEVALIER e MAZZALOVO, Pro logo: le marche come fattori di progresso,

Franco Angeli, 2003, pag 280.

Il reddito, in questo quadro, svolge un ruolo di primaria importanza, in

quanto come si mostra nella Figura 1, i consumatori più ricchi mostrano

un’elevata indifferenza ai prezzi del mercato, a differenza del consumatore

dal reddito medio, che con estrema oculatezza deciderà quale prodotto

acquistare dopo un’attenta analisi qualità - prezzo.

Suscita stupore constatare come anche gli utenti dal basso reddito siano

insensibili ed indifferenti al criterio del prezzo, al pari livello dei

consumatori ricchi, forse perché in una soglia di debito permanente, i prezzi

diventano marginali e cessano di avere senso12

.

Passiamo ora ad analizzare quello che spesso potrebbe essere definito

come l’antagonista del consumatore: il professionista13

. Il professionista è

12

CHEVALIER e MAZZALOVO, Pro logo: le marche come fattori di progresso, Franco Angeli,

2003, pag 281.

13 D. Lgs. 206/2005 art. 3 comma 1 lettera c): “professionista: la persona fisica o giuridica che

agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o

professionale, ovvero un suo intermediario”.

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un altro soggetto protagonista del rapporto di consumo, è quella persona

fisica o giuridica, quindi sia pubblica che privata, che vende beni e servizi

per la propria attività professionale o imprenditoriale. Tra i professionisti

possiamo trovare anche i produttori14

, ovvero coloro che fabbricano o

forniscono i beni o i servizi, o li importano all’interno del territorio dello

Stato, sono anche coloro che imprimono su questi beni il proprio nome,

marchio o segno distintivo. I produttori producono qualsiasi bene destinato

al consumatore, anche nel quadro di una prestazione di servizi, fornito o

reso disponibile a titolo oneroso o gratuito nell’ambito di un’attività

commerciale.

Ai professionisti viene rivolta una minore tutela al paragone con i

consumatori, vengono indicati nel Codice del Consumo i loro diritti e

doveri, per non porre i contraenti “deboli” in situazioni insidiose o di netto

svantaggio.

I professionisti infatti sono soggetti molto razionali e poco

suggestionabili, il loro scopo è quello di strutturare la loro strategia di

propensione al consumo in base all’utilità15

che il bene o il servizio

acquistato può garantire all’impresa. Sarebbe più corretto parlare di

economicità, anziché di utilità, cioè massimo rendimento con il minor

sforzo possibile, perché molto spesso lo scopo di alcuni imprenditori e

professionisti non è assolutamente la felicità dei propri consumatori, ma

cercare di raggiungere il minor sfruttamento dei consumatori con maggiori

utili per i professionisti, una soglia limite entro la quale i clienti meno

avveduti non si possano nemmeno rendere conto di essere sfruttati.

14

D. Lgs. 206/2005 art. 3 comma 1 lettera d): “produttore: fatto salvo quanto stabili nell’articolo

103, comma 1, lettera d), e nell’articolo 115, comma 2-bis, il fabbricante del bene o il fornitore del

servizio, o un suo intermediario, nonché l’importatore del bene o del servizio nel territorio

dell’Unione Europea o qualsiasi altra persona fisica o giuridica che si presenta come produttore

identificando il bene o il servizio con il proprio nome, marchio o altro segno distintivo”.

15 Si parla di utilità quando si cerca di analizzare se un bene o un servizio è utile a soddisfare la

domanda di questo stesso bene o servizio. Secondo Jeremy Bentham, filosofo e giurista inglese,

fondatore dell’utilitarismo, ogni società dovrebbe tendere sempre ad ottenere “la felicità maggiore

per il maggior numero di individui” in DA RE, Etica e forme di vita, Milano, 2007, 231.

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A differenza dei professionisti, i consumatori intraprendono azioni

dettate molto spesso dalle emozioni, dovute anche al luogo in cui queste si

manifestano. Frequentemente gli utenti vengono presi alla sprovvista (c.d.

“effetto sorpresa”), ed in un turbinio di sensazioni ed emotività scelgono

prodotti, firmano contratti, intraprendono percorsi sfavorevoli, e il disagio

di questa scelta spesso e volentieri sbagliata sopravviene solo in seguito.

Alla cessata suggestione, i consumatori si accorgono dell’acquisto

sbagliato, o del servizio diametralmente opposto a ciò che pensavano o

avevano intuito, magari in seguito ad una impressionante pubblicità16

.

Questo fenomeno ricorre spesso nella tipologia dei contratti a distanza17

e nei contratti negoziati fuori dai locali commerciali18

.

L’effetto sorpresa consiste nel cogliere impreparato il consumatore, per

strada o meno, in un momento in cui quest’ultimo sta andando di fretta e

convincerlo ad acquistare un prodotto o più generalmente ad accettare le

clausole di un generico contratto, senza ulteriori informazioni e senza

tempo per riflettere. Veniamo colti alla sprovvista anche nel momento in

cui ci troviamo ad acquistare un oggetto mai visto prima, magari on-line,

ossia non visionato di persona a differenza di come si farebbe in un negozio

fisico e rendersi conto che il bene o servizio in questione possiede delle

caratteristiche differenti e non desiderate.

16

D. Lgs. 145/2007 art. 2 lettera a), in merito alla nozione giuridica di pubblicità: “qualsiasi forma

di messaggio che é diffuso, in qualsiasi modo, nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale,

artigianale o professionale allo scopo di promuovere il trasferimento di beni mobili o immobili, la

prestazione di opere o di servizi oppure la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di

essi”.

17 D. Lgs. 206/2005 art. 50 ss. relativi ai contratti a distanza.

18 D.Lgs 206/2005 art. 45 ss. relativi ai contratti negoziati fuori dai locali commerciali.

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17

2.1 Diritti fondamentali dei consumatori

Perseguendo lo scopo di prevenire situazioni lesive degli interessi dei

consumatori, il Codice del Consumo si pone l’obiettivo primario di

affermarne i diritti fondamentali, dando loro un’adeguata tutela.

Fondamentali vengono chiamati quei diritti di rilevanza costituzionale,

ossia quei diritti che la Costituzione formalmente riconosce loro.

L’art. 2 della Costituzione della Repubblica italiana infatti afferma di

riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo

individuo che come formazione sociale, attraverso i quali si svolge la loro

personalità19

; a fronte di ciò, i diritti dei consumatori non vengono

espressamente riconosciuti dalla nostra Costituzione, perché riconosciuti da

leggi ordinarie e non da leggi costituzionali.

Fig. 2 - Gerarchia delle fonti del diritto

Fonte: http://studiare-studere-discere.blogspot.com/

19

Art. 2 Costituzione della Repubblica Italiana: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti

inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua

personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e

sociale”.

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18

Osservando il livello di gerarchia delle fonti, in questo schema

meramente esemplificativo, possiamo notare infatti che le norme sono

disposte secondo una scala gerarchica. Partendo dall’alto, al primo livello

possiamo trovare la Costituzione e le leggi costituzionali: queste sono le

fonti superprimarie, che possono essere modificate, sostituite od eliminate

solo ed esclusivamente da una legge di pari livello gerarchico, come ad

esempio dalle leggi di revisione costituzionale. La Costituzione è infatti il

corpus fondante dell’ordinamento giuridico italiano.

Scendendo al secondo livello, troviamo le cosiddette fonti primarie,

formate da leggi ordinarie, decreti leggi e decreti legislativi, regolamenti

comunitari e direttive, e le leggi regionali; successivamente andando a

scendere troviamo le fonti secondarie ossia i regolamenti governativi e

infine gli usi o consuetudini.

Ciò che viene stabilito al vertice della “piramide” non potrà mai essere

violato o disposto diversamente dai gradi successivi e viceversa una fonte di

grado inferiore non potrà mai contrastare o cancellare una fonte di grado

superiore. Seguendo questa prospettiva, i diritti dei consumatori inseriti

all’interno del Codice del Consumo quindi non potranno mai essere

equiparati ai diritti inviolabili dell’uomo inseriti all’interno delle leggi

costituzionali italiane, e non riceveranno mai la stessa tutela.

Situazione diametralmente opposta a quella dello Stato Italiano è quella

che è possibile riscontrare in Portogallo. Nell’ambito della Constituição da

República Portuguesa, l’art. 60 afferma:

“Direitos dos consumidores

1. Os consumidores têm direito à qualidade dos bens e serviços

consumidos, à formação e à informação, à protecção da saúde, da segurança

e dos seus interesses económicos, bem como à reparação de danos.

2. A publicidade é disciplinada por lei, sendo proibidas todas as formas

de publicidade oculta, indirecta ou dolosa.

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19

3. As associações de consumidores e as cooperativas de consumo têm

direito, nos termos da lei, ao apoio do Estado e a ser ouvidas sobre as

questões que digam respeito à defesa dos consumidores, sendo-lhes

reconhecida legitimidade processual para defesa dos seus associados ou de

interesses colectivos ou difusos.”

Fig.3 – Revolução dos Cravos, Lisbona 25.04.1974

Fonte: Archivio Prof. Alberto Giulio Cianci

In sostanza l’articolo 60 della Costituzione della Repubblica Portoghese

asserisce che i consumatori hanno il diritto alla qualità dei beni e servizi

utilizzati, alla formazione e informazione e ad aver garantiti la tutela alla

salute, alla sicurezza ed alla tutela degli interessi economici, nonché al

risarcimento dei danni. Inoltre la pubblicità è regolata dalla legge, che

proibisce tutte le forme di pubblicità occulta, indiretta o intenzionale.

Le associazioni dei consumatori e le cooperative di consumo hanno

diritto per legge, al sostegno statale, hanno altresì diritto ad essere ascoltati

sulle questioni riguardanti la protezione dei consumatori, riconoscendo loro

una posizione legale per difendere gli associati e gli interessi collettivi.

Grazie alla nascita del Codice del Consumo è possibile in buona parte

colmare il gap relativo ai diritti dei consumatori, che non sono presenti

nella Carta Costituzionale.

L’art. 2 D. Lgs. 206/2005 riconosce ai consumatori ed identifica come

fondamentali i diritti:

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20

“a) alla tutela della salute;

b) alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi;

c) ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità;

c-bis) all’esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di

buona fede, correttezza e lealtà;

d) all'educazione al consumo;

e) alla correttezza, alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;

f) alla promozione e allo sviluppo dell'associazionismo libero,

volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti;

g) all'erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di

efficienza”.

Lo scopo del Codice del Consumo è quindi quello di assicurare

un’efficace salvaguardia dei consumatori, così da rimediare a quella

asimmetria informativa presente nei rapporti tra consumatore e

professionista, meglio detti contraenti “deboli” e contraenti “forti”.

Esaminando l’elenco di cui all’art. 2 D. Lgs. 206/2005, troviamo la

tutela della salute. Ogni azienda deve imporsi questo obiettivo e lavorare

nella direzione della cura della sicurezza e della salute dei propri clienti.

Come indica anche la stessa Costituzione all’articolo 4120

, l’iniziativa

economica privata deve svolgersi senza recare danno alla salute e alla

sicurezza delle persone. In ambito alimentare il tutto è ancora più chiaro,

infatti al momento di rifornirsi di materie prime bisogna attentamente

ponderare la qualità, la sicurezza e la provenienza, viste anche le passate ed

attuali crisi del settore alimentare, bisogna evitare di minare ulteriormente

la fiducia dei consumatori.

Proseguendo alla lettura dello stesso articolo notiamo che vengono

espressamente vietate pratiche commerciali contrarie ai principi di buona 20 Cost. art 41: “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità

sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge

determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa

essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.

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21

fede, correttezza e lealtà. Queste ultime costituiscono un obbligo attraverso

il quale le parti del rapporto di consumo devono agire con lealtà,

astenendosi da false affermazioni, salvaguardando l’utilità reciproca. Si

tratta indubbiamente di una previsione che si rivolge al professionista, che

non deve utilizzare la sua maggiore conoscenza e avvedutezza a discapito

del consumatore, consentendo a quest’ultimo di operare in piena libertà e

consapevolezza nel mercato.

Per quanto riguarda invece l’educazione al consumo, per una migliore

analisi possiamo fare riferimento all’art. 4 D. Lgs. 206/200521

che tratta di

educazione al consumatore. Per educazione si intendono quelle attività

formative dirette al consumatore e necessarie per istruirlo ad approcciarsi

nel modo più appropriato nel mercato, in grado di consentirgli scelte di

consumo consapevole, che riducano al minimo rischi e possibili danni al

mercato e a sé stesso.

Le varie voci dell’art. 2 D. Lgs. 206/2005 garantiscono in egual modo

sicurezza e salute, rispetto della garanzia, responsabilità per eventuali danni

e corretta informazione; ciò configura un obbligazione di fornire prodotti di

un buon livello qualitativo, conformi alle finalità per i quali sono stati

prodotti od erogati e che corrispondano a come vengono descritti ed

illustrati in pubblicità.

Tutto ciò oltre a garantire la salvaguardia dei diritti del consumatore,

potrebbe consentire anche all’impresa che agisce con lealtà, senza inganni e

frodi, di acquisire nuovi clienti/consumatori.

Grazie al Codice del Consumo, la parte contrattualmente forte non potrà

fare affidamento stabile su alcuna forma di maggior potere rispetto al

21

D. Lgs. 206/2005 art. 4 “1. L’educazione dei consumatori e degli utenti e’ orientata a favorire la

consapevolezza dei loro diritti e interessi, lo sviluppo dei rapporti associativi, la partecipazione ai

procedimenti amministrativi, nonché la rappresentanza negli organismi esponenziali. 2. Le attività

destinate all’educazione dei consumatori, svolte da soggetti pubblici o privati, non hanno finalità

promozionale, sono dirette ad esplicitare le caratteristiche di beni e servizi e a rendere chiaramente

percepibili benefici e costi conseguenti alla loro scelta; prendono, inoltre, in particolare

considerazione le categorie di consumatori maggiormente vulnerabili”.

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22

consumatore. A partire dalla tutela alla salute, informazione e trasparenza,

correttezza, fino ad arrivare all’educazione ed equità, si è in presenza di

numerosi elementi che agiranno da forza perequativa, al fine

dell’affermazione di un nuovo sistema concorrenziale.

3. LE ASSOCIAZIONI DEI CONSUMATORI

Le associazioni dei consumatori22

sono un altro tassello fondamentale

nel rapporto di consumo, infatti le possiamo trovare citate anche all’interno

dei diritti dei consumatori art. 3 D. Lgs. 206/2005 alla cui lettera f) si

afferma che al consumatore è riconosciuto come fondamentale il diritto

“alla promozione e alla espansione dell'associazionismo libero, volontario e

democratico tra i consumatori e gli utenti”.

Queste organizzazioni agiscono per la salvaguardia e la tutela di diritti

ed interessi dei consumatori, consentono quindi una ulteriore garanzia e

controllo a favore degli utenti.

Qui il consumatore non viene più esaminato solo nel ristretto ambito

della sua individualità, ma viene inserito nella vasta sfera delle associazioni

dei consumatori

Nel 1955 il tema dell’associazionismo inizia ad acquisire importanza;

nasce grazie a Vincenzo Dona23

la prima associazione a tutela dei

consumatori: l’UNC, Unione Nazionale Consumatori, costituita in seguito

ad un periodo in cui dilagavano frodi, specialmente nel settore alimentare; i

22

D. Lgs. 206/2005 art. 3 comma 1 lettera b): “associazioni dei consumatori e degli utenti: le

formazioni sociali che abbiano per scopo statutario esclusivo la tutela dei diritti e degli interessi

dei consumatori o degli utenti”.

23 Vincenzo Dona, nato in provincia di Messina il 24 gennaio del 1930 e deceduto a Roma il 27

agosto 2006, all’età di 76 anni. Riconosciuto come il padre del Consumerismo italiano. Segretario

generale e fondatore dell’Unione Nazionale Consumatori, rappresentante dei consumatori in

numerose occasioni, anche internazionali, tra cui il Codex Alimentarius e il Comitato nazionale

per la Biosicurezza e le biotecnologie. È ricordato per aver arricchito intere generazioni della

consapevolezza dei propri diritti di consumatori. Vedi DONA, Pubblicità, pratiche commerciali e

contratti nel Codice del Consumo, 2008, 7.

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23

prezzi sottoposti ai consumatori non avevano alcuna relazione con i costi;

esistevano situazioni di monopolio in cui non si aveva il minimo riguardo

per gli utenti.

Da questo momento molto è cambiato, innanzitutto perché

l’organizzazione dei consumatori è ciò che si oppone alle forze politiche

consentendo, in seguito a pressioni e stimoli, proposte e provvedimenti

molto validi. Associarsi significa mettere insieme risorse e menti, per

perseguire degli obiettivi comuni. Vuol dire non rimanere a guardare, ma

contribuire attivamente a creare un mondo diverso, impegnarsi per cercare

di migliorare situazioni che non ci soddisfano, né ci rispecchiano. Come dal

latino cogito ergo sum, l’uomo come soggetto pensante deve svolgere

opere, azioni e attività che gli consentano di esprimere al meglio il proprio

essere. Lasciar correre comportamenti anticoncorrenziali, pratiche

commerciali scorrette, situazioni monopolistiche, significa limitare la

propria libertà, oltre che di scelta, anche di espressione. Le associazioni

sono nate con lo scopo di combattere situazioni lesive degli interessi dei più

deboli, e spesso degli sprovveduti. Essere in associazione indica un

perseguimento di scopi comuni che individualmente non si sarebbero potuti

raggiungere, evidenzia soggetti molto simili, non perché accomunati dagli

stessi tratti fisici o culturali, ma perché alla ricerca di fini comuni, alla

ricerca di un benessere comune.

Secondo l’art. 139 D. Lgs. 206/200524

, solo le associazioni inserite

nell’elenco di cui all’art. 137 D.Lgs 206/2005 sono legittimate ad agire ai

sensi dell’art 140 D. Lgs. 206/2005. Infatti in base all’articolo 137 D. Lgs.

206/2005, in tema di elenco delle associazioni dei consumatori e degli

utenti rappresentative a livello nazionale, presso il Ministero delle attività

produttive è possibile visionare, anche on-line, l’elenco, continuamente

24

D. Lgs. 206/2005 art. 139: “Le associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell'elenco di

cui all'art. 137 sono legittimate ad agire, ai sensi dell'art. 140, a tutela degli interessi collettivi dei

consumatori e degli utenti”.

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24

aggiornato, di tutte le associazioni rappresentative dei consumatori a livello

nazionale. È possibile iscriversi all’elenco delle associazioni, solo se si è in

possesso dei seguenti requisiti, con conseguente attestata documentazione:

“a) avvenuta costituzione, per atto pubblico o per scrittura privata

autenticata, da almeno tre anni e possesso di uno statuto che sancisca un

ordinamento a base democratica e preveda come scopo esclusivo la tutela

dei consumatori e degli utenti, senza fine di lucro;

b) tenuta di un elenco degli iscritti, aggiornato annualmente con

l'indicazione delle quote versate direttamente all'associazione per gli scopi

statutari;

c) numero di iscritti non inferiore allo 0,5 per mille della popolazione

nazionale e presenza sul territorio di almeno cinque regioni o province

autonome, con un numero di iscritti non inferiore allo 0,2 per mille degli

abitanti di ciascuna di esse;

e) svolgimento di un'attività continuativa nei tre anni precedenti;

f) non avere i suoi rappresentanti legali subito alcuna condanna” 25

.

Inoltre a ciascuna associazione è vietata ogni attività di pubblicità o

promozione, riguardante beni o servizi prodotti da imprese con scopo di

lucro.

Una volta costituite e legittimate ad agire a tutela degli interessi

collettivi dei consumatori, le associazioni dei consumatori hanno il potere di

“inibire atti e comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori; adottare

misure idonee a correggere od eliminare effetti dannosi e conseguentemente

ordinare la pubblicazione del provvedimento su più quotidiani a diffusione

sia nazionale che locale, in modo tale da contribuire ad eliminare e

correggere le violazioni accertate”26

. Possono inoltre secondo il D. Lgs.

25

D. Lgs. 206/2005 art. 137 , in materia di elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti,

rappresentative a livello nazionale.

26 D. Lgs. 206/2005 art. 140, riguardante la procedura di accesso alla giustizia.

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25

206/2005 art. 140 comma 2, attivare precedentemente del ricorso al giudice,

la procedura di conciliazione avanti alle varie camere di commercio. Il

procedimento è definibile entro 60 giorni.

A questo punto non resta che scegliere, decidere di quale associazione

entrare a far parte, se lo si desidera, puntare su un’organizzazione che non

sia orientata a fare affari, o a fare battaglie per partito preso contro

determinate cariche politiche, ma indirizzarsi verso un’associazione al cui

centro ci siano solo gli interessi dei consumatori, ed iniziare da questi per

far partire il loro operato.

Le associazioni riconosciute dal Ministero delle attività produttive, sono

qui di seguito indicate27

.

Adoc - Associazione Nazionale per la Difesa e l'Orientamento

dei Consumatori e degli utenti: formatasi nel 1988 conta circa

sessantacinquemila iscritti. Il suo scopo principale è quello di lavorare

al perfezionamento delle norme per la sicurezza alimentare, di

assicurare tutela della privacy, e di vigilare sui gestori di acqua, luce,

gas28

.

Adusbef - Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari,

Finanziari, Postali, Assicurativi: costituita nel maggio 1987, con circa

110 sedi in Italia. È specializzata in particolar modo nel settore

bancario, finanziario e assicurativo. La sua forza maggiore risiede nella

sua indipendenza sia dai poteri economici, che dalla politica e dai

padroni29

.

Acu - Associazioni Consumatori Utenti, onlus: viene

costituita nel 1984 con la denominazione di Agrisalus. Pone la sua

27

Vedi http://www.sviluppoeconomico.gov.it

28 Vedi http://www.adoc.org

29 Vedi http://www.adsusbef.it

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26

attività per tutelare in particolar modo il consumatore nel settore agro –

alimentare e nei servizi di pubblica utilità30

.

Adiconsum - Associazione difesa consumatori e ambiente:

nasce nel 1987, quest’oggi conta circa centoventiduemila associati.

Lavora in piena autonomia dai poteri di imprese, governi e partiti e va a

lavorare principalmente sul fronte dell’usura e dell’accesso al credito,

assicurazioni, sicurezza stradale, energia, turismo31

.

Altroconsumo: nasce nel 1973 sotto il nome di Comitato

Difesa Consumatori, con oltre trecentomila associati, prende

successivamente la denominazione di Altroconsumo che era

inizialmente solo una rivista mensile a tutela dei consumatori. Si

propone come obiettivo primario, quello di tutelare i diritti dei

consumatori, D.Lgs. 206/2005 art. 2 sopra citato32

.

Assoconsum: costituita nel 2002 con l’obiettivo di tutelare i

cittadini nel campo dei consumi consapevoli, energia e territorio con lo

scopo di poter creare un eco-ambiente. Attualmente conta quarantamila

iscritti33

.

Assoutenti: costituita nel 1982, promuove gli interessi e i

diritti dei consumatori nelle valutazioni delle amministrazioni

pubbliche. I servizi pubblici a misura e a servizio dell’uomo sono la

base per una tutela migliore dell’utente34

.

Ctcu - Centro Tutela Consumatori e Utenti Alto Adige: i suoi

servizi si rivolgono ai consumatori privati, con lo scopo di incoraggiare

30

Vedi http://www.acu.it

31 Vedi http://www.adiconsum.it

32 Vedi http://www.altroconsumo.it

33 Vedi http://www.asso-consum.it

34 Vedi http://www.assoutenti.it

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27

uno sviluppo sostenibile, di garantire una situazione paritaria tra

consumatore e professionista e infine consentire un innalzamento degli

standard di qualità dei prodotti35

.

Casa Del Consumatore: nasce nel 2002 con l’intento di

tutelare i consumatori aumentando la tempestività e la qualità della

fornitura dei servizi privati e pubblici, per passare poi dalle

assicurazioni, alla sanità, e finire con le etichettature dei prodotti36

.

Cittadinanzattiva: nasce nel 1978, conta oggi novantamila

aderenti circa. Si occupa principalmente di sanità, giustizia, scuola e

problemi di cittadinanza e permessi di soggiorno37

.

Codacons: nasce nel 1986, quando il principale problema era

quello di combattere il monopolio della SIP38

; è una delle associazioni

maggiormente riconosciute sul piano nazionale. Si occupa di tutelare i

consumatori riguardo argomenti di giustizia, scuola, trasporti, media e

molti altri39

.

Codici - Centro per i Diritti del Cittadino: costituita nel 1987

con oltre trentamila iscritti, promuove e tutela i diritti dei consumatori e

utenti, senza nessuna distinzione di razza, sesso, cultura, con particolare

riguardo ai più indifesi40

.

Confconsumatori: nasce nel 1976 quando oltre quattrocento

donne si unirono per protestare contro la speculazione sul prezzo del

35

Vedi http://www.centroconsumatori.it

36 Vedi http://www.casadelconsumatore.it

37 Vedi http://www.cittadinanzattiva.it

38 SIP da Società Italiana per l’esercizio telefonico, sorge nel 1899 con Società Idroelettrica

Piemontese, nel 1963 dopo la statalizzazione dell’industria elettrica, la SIP si sviluppa nel settore

delle telecomunicazioni. Nel 1994 cambia nome in Telecom Italia.

39 Vedi http://www.codacons.it

40 Vedi http://www.codici.org

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28

parmigiano. È stata creata appunto per superare quella barriera che

intercorre tra consumatori e imprese, per cercare di aprire la strada al

dialogo. Oggi conta circa trentamila associati41

.

Federconsumatori: costituita nel 1988, con l’aiuto della Cgil,

con più di 700 sedi sparse nel territorio italiano e oltre centoventimila

iscritti. Opera su tutto il territorio italiano alla difesa del consumatore e

dei suoi interessi42

.

Lega Consumatori: costituita nel 1971, conta di circa

cinquantamila iscritti in 81 province italiane. Associazione

dall’ispirazione cristiana, si differenzia dalle altre organizzazioni per

l’attenzione che verte non solo su argomenti riguardanti la difesa del

cittadino e dei suoi diritti, ma anche sul consumatore membro di una

famiglia e di una società43

.

Movimento Consumatori: nasce nel 1985, svolge attività di

tutela dell’utente in ambito sanitario, assicurativo e bancario, turistico, e

nei servizi di pubblica utilità, sollecitando continuamente il

consumatore a prendere maggiore coscienza dei propri diritti e doveri44

.

Movimento Difesa Del Cittadino: nasce nel 1987, collabora

con Legambiente da anni. Indipendente da forze politiche e sindacati,

svolge il suo lavoro a tutela dei consumatori dotando quest’ultimi di

notevoli strumenti di autodifesa45

.

Unione Nazionale Consumatori: viene costituita nel 1955

grazie a Vincenzo Dona, la più antica associazione a tutela dei

41

Vedi http://www.confconsumatori.com

42 Vedi http://www.federconsumatori.it

43 Vedi http://www.legaconsumatori.it

44 Vedi http://www.movimentoconsumatori.it

45 Vedi http://www.mdc.it

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29

consumatori, nata con lo scopo di proteggere questi ultimi dalle frodi

alimentari di quegli anni. Oggi conta più di centomila associati e

continua a promuovere attivamente la qualità e la sicurezza dei prodotti

ed il rispetto per l’ambiente e le risorse naturali46

.

Indipendentemente dal nome, tutte queste associazioni, hanno uno

stesso obiettivo da raggiungere: una maggiore tutela dei consumatori,

raggiunta fornendo assistenza e informazioni, difendendo i diritti

fondamentali degli utenti.

46

Vedi http://www.consumatori.it

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30

CAPITOLO II

LA TUTELA DEL CONSUMATORE

1. TRA NORMATIVA INTERNA E COMUNITARIA

Il consumatore si trova sovente vittima di abusi ad opera delle

controparti, i professionisti. Nettamente più qualificati dei consumatori, o

semplicemente dal nome altisonante e rassicurante, dalla campagna

pubblicitaria e siti Internet promettenti e patinati, i professionisti

approfittano spesso della situazione di “superiorità” facendo emergere una

grande problematica: la necessità di una maggiore tutela delle “parti

contrattualmente deboli”.

Questo bisogno è stato colto verso la metà degli anni ’70, quando la

Comunità Economica Europea, oggi Unione Europea, ha iniziato ad

armonizzare le norme nazionali in modo tale da poter garantire a tutti i

consumatori del mercato comunitario lo stesso livello di protezione,

univoco e indistinto.

L’UE comprende oggi 27 paesi membri, circa mezzo miliardo di

potenziali consumatori che ricoprono un ruolo determinante nella società

sia dal punto di vista economico che politico, in quanto portatori di

un’opinione pubblica che risulta sempre più influente dal punto di vista

delle politiche industriali e di orientamento dei mercati.

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31

Tab. 2 - popolazione totale dell’Unione Europea

Paese 2009

UE (27 paesi) 499.695.154

Belgio 10.750.000

Bulgaria 7.606.551

Repubblica ceca 10.467.542

Danimarca 5.505.504

Germania 82.002.356

Estonia 1.340.415

Irlanda 4.450.030

Grecia 11.260.402

Spagna 45.828.172

Francia 64.366.962

Italia 60.045.068

Cipro 796.875

Lettonia 2.261.294

Lituania 3.349.872

Lussemburgo 493.500

Ungheria 10.030.975

Malta 413.609

Paesi Bassi 16.485.787

Austria 8.355.260

Polonia 38.135.876

Portogallo 10.627.250

Romania 21.498.616

Slovenia 2.032.362

Slovacchia 5.412.254

Finlandia 5.326.314

Svezia 9.256.347

Regno Unito 61.595.961

Fonte: il portale ufficiale dell’Ue http://europa.eu/

Nel 1972 durante un vertice tra capi di Stato e di Governo si è

affrontato per la prima volta a Parigi la questione delle politiche

comunitarie in materia di consumo. Pochi anni dopo, nel 1975, vennero

identificate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. C92 del 24 aprile 1975

le cinque tipologie di dritti essenziali in materia di tutela dei consumatori, il

primo programma d’azione relativo alla tutela dei consumatori in cui il

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32

Consiglio delle Comunità europee ha affermato come “il diritto alla

protezione della salute e della sicurezza, il diritto alla protezione degli

interessi economici, il diritto all’informazione e all’educazione, il diritto

alla rappresentanza, il diritto al giusto risarcimento dei danni mediante

procedure rapide, efficaci e poco dispendiose"47

fossero principi basilari e

fondanti la legislazione comunitaria.

Gli anni ’90 sono stati anni caratterizzati da un susseguirsi di

provvedimenti importanti, a partire dalla sicurezza in materia di giocattoli,

dalle vendite a distanza, alla sicurezza più in senso lato dei prodotti, alle

clausole abusive dei contratti, e così via. Questo processo di sviluppo ha

permesso la creazione del “diritto comunitario della protezione dei

consumatori”48

.

Nel 1 gennaio 1993, le frontiere vengono finalmente aperte e così viene

a realizzarsi il mercato unico49

, ottenuto grazie all’istituzione dell’Atto

Unico europeo, accolto a Lussemburgo il 17 febbraio 1986 e

conseguentemente entrato in vigore nel luglio 1987.

L’importanza della categoria dei consumatori è andata crescendo a

partire dal Trattato di Maastricht50

, detto anche Trattato dell’Unione

Europea sottoscritto nel 1993, che affermava esplicitamente l’obiettivo di

garantire un ingente livello di difesa dei consumatori nell’art. 129 A “La

Comunità contribuisce al conseguimento di un livello elevato di protezione

dei consumatori mediante[…]azioni specifiche di sostegno e di integrazione

47

GUCE n. 92 del 25/04/1975 il primo programma d’azione presentato dalla Commissione

europea riguardante la protezione dei consumatori.

48 CAFARO, Tutela dei consumatori. Disciplina comunitaria e normativa interna, Napoli, 2002,

pag 14.

49 Il mercato unico ha l’obiettivo di facilitare la circolazione di capitale, lavoro, beni e servizi dei

paesi membri, eliminando le barriere doganali, fisiche ed amministrative. Mercato unico è

sinonimo sia di libertà, in quanto aumenta la possibilità di scelta del consumatore; che di

concorrenza, in quanto questo agevola gli scambi economici.

50 GUCE n. 191 del 29 luglio1992.

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33

della politica svolta dagli Stati membri al fine di tutelare la salute, la

sicurezza e gli interessi economici dei consumatori e di garantire loro

un'informazione adeguata[…]”.

L’articolo 129 A del Trattato di Maastricht è stato poi modificato e

riscritto dall’art. 15351

del Trattato di Amsterdam, nel quale grande

importanza assunse la protezione dei Consumatori che afferma in materia di

protezione dei consumatori “Al fine di promuovere gli interessi dei

consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori,

la Comunità contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi

economici dei consumatori nonché a promuovere il loro diritto

all'informazione, all'educazione e all'organizzazione per la salvaguardia dei

propri interessi[…]contribuendo mediante misure di sostegno, di

integrazione e di controllo della politica svolta dagli Stati membri.”.

Negli stessi anni iniziano a prendere le mosse le pubblicazioni di

numerosi “Libri Verdi”, questi sono spesso il punto di partenza degli

sviluppi legislativi comunitari. Sono documenti pubblicati dalla

Commissione Europea per mezzo dei quali si vuole concentrare la

riflessione su un tema di particolare rilievo: sulla base delle proposte

presentate le parti interessate avviano un processo di consultazione e di

dibattito, sia di carattere politico che economico giuridico.

Quattro sono gli obiettivi contenuti all’interno dei cosiddetti “Libri

Verdi” con lo scopo di consentire un dibattito nelle materie di interesse.

Innanzitutto il primo obiettivo è quello di esaminare se la legislazione

risponde ai bisogni ed alle aspettative dei consumatori e relativi

professionisti; secondariamente bisogna verificare in quale modo la

seguente legislazione consente di tutelare gli interessi dei consumatori;

dopo aver raggruppato tutta questa serie di informazioni il terzo obiettivo è

51

A seguito delle modifiche introdotte con il Trattato di Amsterdam entrato in vigore nel 1999 e

pubblicato nella GUCE n. 340 del 10.11.1997 , che sanciva come gli interessi dei consumatori

debbono essere tenuti in debita considerazione

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34

quello di avviare un dibattito pubblico nella materia sopra indicata; per

ultimo, ma non meno importante, si consente ove necessario alla

Commissione di avanzare adeguate misure a tutela dei consumatori,

consentendo il progresso della legislazione comunitaria.

I “Libri Verdi” propongono importanti spunti di riflessione, utili sia per

rendere più limpida la normativa per i consumatori, che per

responsabilizzare produttori e fornitori.

Il 16 novembre 1993, la Commissione pubblicò un Libro Verde sulle

materie riguardanti l’accesso dei consumatori alla giustizia e la risoluzione

delle controversie dei consumatori nel mercato unico52

, con l’obiettivo di

permettere a tutti i consumatori dell’allora Comunità Europea, di avere

accesso alla giustizia e di poter affrontare anche le controversie

transfrontaliere.

Tab. 3 – Libri verdi dall’origine ad oggi

2011

Libro verde - Giustizia penale nel settore della detenzione, COM(2011) 327

Libro verde - Il quadro dell'UE in materia di governo societario, COM(2011) 164

Libro verde - Gioco d'azzardo on-line nel mercato interno, COM(2011) 128

Libro verde - Finanziamento della ricerca e dell'innovazione , COM(2011) 48

Libro verde - Appalti pubblici, COM(2011) 15

2010

Libro verde - Meno adempimenti amministrativi per i cittadini, COM(2010) 747

Libro verde -Sistema dell’IVA più semplice, solido ed efficiente, COM(2010) 695

Libro verde - Crescita inclusiva e dello sviluppo sostenibile, COM(2010) 629

Libro verde - Estensione dell’uso degli appalti elettronici nell’UE, COM(2010) 571

Libro verde - La politica in materia di revisione contabile, COM(2010) 561

Libro verde - Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri, COM(2010) 365

Libro verde - Diritto europeo dei contratti per consumatori ed imprese, COM(2010) 348

Libro verde - Il governo societario negli istituti finanziari,COM(2010) 284

Libro verde - Le industrie culturali e creative, un potenziale da sfruttare, COM(2010) 183

Libro verde - La protezione e l’informazione sulle foreste nell’UE, COM(2010) 66

52

COM (93) 576 def. Bruxelles, 16 novembre 1993.

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35

2009

Libro verde - Diritto d'iniziativa dei cittadini europei, COM(2009) 622

Libro verde - Promuovere la mobilità dei giovani per l'apprendimento, COM(2009) 329

Libro verde - Revisione del regolamento (CE) n. 44/2001, COM(2009) 175

Libro verde - Riforma della politica comune della pesca, COM(2009) 163

Libro verde - Integrazione della rete transeuropea di trasporto, COM(2009) 44

2008

Libro verde - Personale sanitario europeo, COM(2008) 725

Libro verde - Gestione dei rifiuti organici biodegradabili, COM(2008) 811

Libro verde - Mezzi di ricorso collettivo dei consumatori, COM(2008) 794

Libro verde - Qualità dei prodotti agricoli, COM(2008) 641

Libro verde - Coesione territoriale, COM(2008) 616

Libro verde - Copyright nell’economia della conoscenza, COM(2008) 466

Libro verde - Migrazione e mobilità, COM(2008) 423

Libro verde - Trasparenza del patrimonio del debitore, COM(2008) 128

2007

Libro verde - Verso una nuova cultura della mobilità urbana, COM(2007) 551

Libro verde - Preparazione contro gli attacchi biologici, COM (2007) 0399

Libro verde - L'adattamento ai cambiamenti climatici in Europa, COM(2007) 354

Libro verde - Futuro regime comune europeo in materia di asilo, COM(2007) 301

Libro verde - Per una migliore demolizione delle navi, COM (2007) 269

Libro verde - Servizi finanziari al dettaglio, COM(2007) 226

Libro verde - Accesso del pubblico ai documenti detenuti dall'UE,COM(2007) 185

Libro verde - Nuove prospettive per lo Spazio europeo della ricerca, COM(2007) 161

Libro verde - Strumenti utilizzati a fini di politica ambientale, COM(2007) 140

Libro verde - Revisione dell'acquis relativo ai consumatori, COM(2006) 744

Libro verde - Verso un'Europa senza fumo, COM(2007) 27

2006

Libro verde - Applicazioni di navigazione satellitare, COM(2006) 769

Libro verde - Difesa del commerciale in un'economia globale, COM(2006) 763

Libro verde - Modernizzare il diritto del lavoro, COM(2006) 708

Libro verde - Protezione diplomatica e consolare dei cittadini dell'UE, COM(2006) 712

Libro verde - Il sequestro conservativo di depositi bancari, COM(2006) 618

Libro verde - Tecnologie nel lavoro delle autorità di sicurezza, COM (2006) 474

Libro verde - Conflitto di leggi in materia di regime patrimoniale, COM(2006) 400

Libro verde - Società civile nella politica in materia di droga nell’UE, COM(2006) 316

Libro verde - Verso la futura politica marittima dell’Unione, COM(2006) 275

Libro verde - Iniziativa europea per la trasparenza, COM(2006) 194

Libro verde - Presunzione di non colpevolezza, COM(2006) 174

Libro verde - Strategia europea per l’energia sostenibile, COM(2006) 105

2005

Libro verde - Conflitti di giurisdizione, COM(2005) 696

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Libro verde - Risarcimento danni per violazione delle norme antitrust, COM(2005) 672

Libro verde - Promuovere le diete sane e l’attività fisica, COM(2005) 637

Libro verde - Futuro della rete europea sulle migrazioni, COM(2005) 606

Libro verde – Protezione delle infrastrutture critiche, COM(2005) 576

Libro verde - Migliorare la salute mentale della popolazione, COM(2005) 484

Libro verde - Il credito ipotecario nell'UE, COM(2005) 327

Libro verde - Rafforzamento del quadro normativo fondi d'investimento, COM(2005) 314

Libro verde - Efficienza energetica, COM(2005) 265

Libro verde - Politica in materia di servizi finanziari (2005-2010), COM(2005) 177

Libro verde - Cambiamenti demografici, COM(2005) 94

Libro verde - Giurisdizione in materia di divorzio, COM(2005) 82

Libro verde - Successioni e testamenti, COM(2005) 65

Libro verde - Gestione della migrazione economica, COM(2004) 811

2004

Libro verde - Gli appalti pubblici della difesa, COM(2004) 608

Libro verde - Riconoscimento delle misure cautelari non detentive, COM(2004) 562

Libro verde - Uguaglianza e non discriminazione nell’UE, COM(2004) 379

Libro verde - Obbligazioni alimentari, COM(2004) 254

Libro verde - Partenariati pubblico-privati, COM(2004) 327

Libro verde - Riconoscimento ed esecuzione delle sanzioni penali, COM(2004) 334

2003

Libro verde - Norme di origine nei regimi commerciali preferenziali, COM(2003) 787

Libro verde - Servizi di interesse generale, COM(2003) 270

Libro verde - Garanzie procedurali a favore di indagati e imputati, COM(2003) 75

Libro verde - Trasformazione della convenzione di Roma 1980, COM(2002) 654

Libro verde - L'imprenditorialità in Europa, COM(2003) 27

Libro verde - Politica spaziale europea, COM(2003) 17

2002

Libro verde - Procedura europea per l'ingiunzione di pagamento, COM(2002) 746

Libro verde - Risoluzioni controversie in materia civile e commerciale, COM(2002) 196

Libro verde - Rimpatrio delle persone che soggiornano illegalmente, COM(2002) 175

2001

Libro verde - Revisione del regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio, COM(2001) 745

Libro verde - Tutela penale degli interessi finanziari comunitari, COM(2001) 715

Libro verde - Tutela dei consumatori nell'Unione europea, COM(2001) 531

Libro verde - Risarcimento alle vittime di reati, COM(2001) 536

Libro verde - Quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese, COM(2001) 366

Libro verde- Diritto contrattuale europeo, COM(2001) 398

Libro verde - Futuro della politica comune della pesca, COM(2001) 135

Libro verde - Politica integrata relativa ai prodotti, COM(2001) 68

2000

Libro verde -Sicurezza dell'approvvigionamento energetico, COM(2000) 769

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Libro verde - Problematiche ambientali del PVC, COM(2000) 469

Libro verde - Scambio dei diritti di emissione di gas ad effetto serra, COM(2000) 87

Libro verde - Assistenza giudiziaria in materia civile, COM(2000) 51

1999

Libro verde - La responsabilità civile per danno da prodotti difettosi, COM(1999) 396

1998

Libro verde - Politica di spettro radio nel contesto delle politiche della UE, COM(98) 596

Libro verde - Informazione del settore pubblico, COM(98) 585

Libro verde - Lotta alla contraffazione ed alla pirateria nel mercato interno, COM(98) 569

1997

Libro verde - Porti e infrastrutture marittime, COM(97) 678

Libro verde - Convergenza tra i settori delle telecomunicazioni, COM(97) 623

Libro verde - Brevetto comunitario e sul sistema dei brevetti in Europa, COM(97) 314

Libro verde - Regimi pensionistici integrativi nel mercato unico, COM(97) 283

Libro verde - Legislazione in materia alimentare, COM(97) 176

Libro verde - Partenariato per una nuova organizzazione del lavoro, COM(97) 128

1996

Libro verde - Restrizioni verticali nella politica di concorrenza comunitaria, COM(96) 721

Libro verde - Servizi di telecomunicazione, COM(96) 590

Libro verde - Gli appalti pubblici nell'Unione europea, COM(96) 583

Libro verde - Fonti energetiche rinnovabili, COM(96) 576

Libro verde - Relazioni tra l'UE e i paesi ACP all'alba del XXI secolo, COM(96) 570

Libro Verde - Politiche future in materia di inquinamento acustico, COM(96) 540

Libro verde - Commercio, COM(96) 530

Libro verde - Tutela dei minori e della dignità umana, COM(96) 483

Libro verde - Istruzione, formazione, ricerca, COM(96) 462

Libro verde - Vivere e lavorare nella società dell'informazione, COM(96) 389

Libro verde - Il ruolo e responsabilità del revisore legale dei conti, COM(96) 338

Libro verde - Servizi finanziari, COM(96) 209

Libro verde - La comunicazione commerciale nel mercato interno, COM(96) 192

Libro verde - La protezione giuridica dei servizi criptati nel mercato interno, COM(96) 76

Libro verde - Controllo comunitario delle operazioni di concentrazione, COM(96) 19

1995

Libro verde - Internalizzazione dei costi esterni dei trasporti, COM(95) 691

Libro verde - Innovazione, COM(95) 688

Libro verde -Realizzare le potenzialità del trasporto pubblico, COM(95) 601

Libro verde - Il diritti d'autore e i diritti connessi, COM(95) 382

Libro verde - I modelli di utilità nel mercato interno, COM(95) 370

Libro verde - Misure pratiche per l'introduzione della moneta unica, COM(95) 333

Libro verde - Il ruolo dell'Unione in materia di turismo, COM(95) 97

1994

Libro verde - Liberalizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione II, COM(94) 682

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Libro verde - Per una politica energetica, COM(94) 659

Libro verde - Liberalizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione I, COM(94) 440

Libro verde - Orientamento settore delle comunicazioni mobili e personali, COM(94) 145

Libro verde - Scelte strategiche per potenziare l'industria europea, COM(94) 96

1993

Libro verde - Accesso consumatori alla giustizia e risoluzione controversie, COM(93) 576

Libro verde - La politica sociale europea, COM(93) 551

Libro verde - Garanzie dei beni di consumo e dei servizi post-vendita, COM(93) 509

Libro verde - Dimensione europea dell'istruzione, COM(93) 457

Libro verde - Iniziative comunitarie 1994-1999, COM(93) 282

Libro verde - Risarcimento dei danni all'ambiente, COM(93) 47

1992

Libro verde - Pluralismo e concentrazione dei mezzi di com. massa, COM(92) 480

Libro verde - Impatto dei trasporti sull'ambiente, COM(92) 46

1991

Libro verde - Sviluppo del mercato unico dei servizi postali, COM(91) 476

1990

Libro verde - Comunicazioni via satellite nella Comunità europea, COM(90) 490

Libro verde - Integrazione tecnologica in Europa, COM(90) 456

Libro verde - Ambiente urbano, COM(90) 218

1988

Libro verde - Il diritto di autore e le sfide tecnologiche, COM(88) 172

1987

Libro verde - Mercato comune servizi ed apparati di telecomunicazioni, COM(87) 290

1985

Libro verde - Prospettive per la politica agraria comune, COM(85) 333

1984

Libro verde - Mercato comune delle trasmissioni radiotelevisive, COM(84) 300

Fonte: http://europa.eu/documentation/official-docs/green-papers

Tutto il contesto fin qui esaminato, costituito da innumerevoli

evoluzioni normative, porta all’adozione di un Piano di Azione detto Action

Plan che si pone l’obiettivo di intervenire su tre settori principali:

- salvaguardando la salute e la sicurezza dei consumatori;

- difendendo gli interessi economici dei consumatori;

- istruendo e rappresentando i consumatori.

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La salute e la sicurezza vengono salvaguardate attraverso il ricorso a

pareri scientifici di elevato valore, gli interessi economici mediante

l’adozione di una moneta unica, l’euro, e relativi controlli sulla regolare

applicazione della legislazione vigente. Per quanto riguarda l’ultimo punto

riguardante l’istruzione e la rappresentanza dei consumatori, questi vengono

aiutati innanzitutto mediante un maggiore dialogo tra utenti ed imprese, poi

tramite lo sviluppo di campagne e sportelli informativi.

Lo scopo dell’Action Plan è quello di dare una voce più forte ai

consumatori membri dell’Unione Europea, favorendo maggiore efficacia al

sostegno fornito alle loro associazioni, garantendo maggiore dialogo e

cooperazione.

La politica comunitaria in materia di protezione dei Consumatori deve

essere improntata ai principi di sussidiarietà e proporzionalità, come

indicato dall’art. 5 del Trattato istitutivo della prima identificata sotto il

nome di Comunità Europea:

“La Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e

degli obiettivi che le sono assegnati dal presente trattato. Nei settori che non

sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il

principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi

dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli

Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti

dell'azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario.

L'azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il

raggiungimento degli obiettivi del presente trattato”.

L’articolo in commento completa ed appoggia la tutela degli Stati

membri, così da garantire un elevato livello di protezione ai consumatori. I

provvedimenti comunitari più importanti si vanno ad incastrare con la

normativa vigente specifica di ogni stato membro dell’Unione Europea,

tutelando maggiormente i molteplici e variegati interessi dei consumatori.

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La nuova strategia volta a favorire la tutela dei consumatori a livello

europeo è stata dettata innanzitutto dalla libera circolazione di beni e servizi

e dall’evoluzione del mercato interno, che ha imposto l’adozione di

normative comuni tra gli stati membri53

.

Inoltre si ribadisce nuovamente che per consentire ai consumatori delle

scelte consapevoli e non condizionate dall’essere la “parte economicamente

debole”, è necessario fornire informazioni corrette e sufficienti ai seguenti

soggetti. I consumatori devono essere messi in condizioni tali da poter

comprendere oggettivamente e soggettivamente le politiche che li

riguardano e di conseguenza contribuire al loro sviluppo.

Come affermato nella Comunicazione della Commissione al Parlamento

Europeo, al Comitato Economico e Sociale, e al Comitato delle Regioni del

7 maggio 2002, la politica dei consumatori deve essere sostanzialmente

basata sulla conoscenza54

, “corroborata da informazioni e da informazioni e

dati pertinenti per adeguare le politiche e definire le priorità nel modo più

opportuno”55

.

A più di vent’anni di distanza dalla nascita della tutela dei consumatori e

del concetto di protezione dei “soggetti deboli”, l’Italia che tutelava gli

interessi dei consumatori solo attraverso la nostra Costituzione,

precisamente attraverso gli articoli 256

, 357

, 3258

e 4159

, recepisce le

53

CAFARO, Tutela dei consumatori. Disciplina comunitaria e normativa interna, cit., pag. 39.

54 “La politica dei consumatori deve essere corroborata da informazioni e dati pertinenti per

adeguare le politiche e definire le priorità nel modo più opportuno. Occorre uno sforzo più ampio,

sistematico e continuativo per sviluppare un'adeguata base di conoscenze, strumento essenziale per

i responsabili politici. Si avverte inoltre la necessità di mettere a disposizione del pubblico

informazioni e dati , soprattutto dopo l'introduzione dell'euro che fa aumentare la trasparenza dei

prezzi nell'area dell'euro. I consumatori chiedono anche dati accurati sulla sicurezza dei beni e dei

servizi, in modo da poter prendere decisioni consapevoli, e molti consumatori desiderano avere

informazioni su altri aspetti dei prodotti, come ad esempio i loro effetti sull'ambiente”.

55 COM(2002) 208 : comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Comitato

Economico e Sociale, e al Comitato delle Regioni del 7 maggio 2002

56 Costituzione art. 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia

come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede

l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

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normative comunitarie con l’entrata in vigore della Legge 30 luglio 1998, n.

28160

, contenente la disciplina dei consumatori, composta da 8 articoli61

ed

emanata in totale conformità con i principi istitutivi della Unione Europea.

La seguente Legge n. 281/98, confluita poi nel Codice del Consumo62

,

costituisce la pietra miliare di tutta la normativa italiana in materia di tutela

dei consumatori, poiché attraverso l’art. 1 Legge 281/9863

“sancisce il

57

Costituzione art. 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge,

senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni

personali e sociali.È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e

sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno

sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione

politica, economica e sociale del Paese”.

58 Costituzione art. 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e

interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a

un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun

caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

59 Costituzione art. 41: “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con

l'utilità; sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge

determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa

essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.

60 G.U. n. 189 del 14 agosto 1998

61 Il primo riguardante Finalità ed oggetto della legge; il secondo Definizioni; il terzo

Legittimazione ad agire; il quarto Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti; il quinto

Elenco delle associazione dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale; il sesto

Agevolazioni e contributi; il settimo Copertura finanziaria e l’ottavo articolo, nonché ultimo,

riguardante la Norma transitoria.

62 D. Lgs. 206/2005

63 Art. 1 L. 281/98 riguardante la finalità ed oggetto della legge: “1. In conformità ai principi

contenuti nei trattati istitutivi delle Comunità europee e nel trattato sull'Unione europea nonché

nella normativa comunitaria derivata, sono riconosciuti e garantiti i diritti e gli interessi individuali

e collettivi dei consumatori e degli utenti, ne e' promossa la tutela in sede nazionale e locale, anche

in forma collettiva e associativa, sono favorite le iniziative rivolte a perseguire tali finalità, anche

attraverso la disciplina dei rapporti tra le associazioni dei consumatori e degli utenti e le pubbliche

amministrazioni.

2. Ai consumatori ed agli utenti sono riconosciuti come fondamentali i diritti:

a) alla tutela della salute;

b) alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi;

c) ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità;

d) all'educazione al consumo;

e) alla correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali concernenti beni e servizi;

f) alla promozione e allo sviluppo dell'associazionismo libero, volontario e democratico tra i

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42

riconoscimento e la salvaguardia dei diritti e degli interessi dei consumatori,

sia a livello nazionale che locale, in forma collettiva o meno”, riconoscendo

a questi ultimi una serie di diritti fondamentali, quelli che possiamo trovare

oggi nell’art. 2 D. Lgs. 206/2005 con la sola differenza dell’aggiunta della

lettera c-bis) riguardante “l’esercizio delle pratiche commerciali secondo

principi di buona fede, correttezza e lealtà”.

Dall’entrata in vigore di questa legge la tutela dei consumatori in Italia

effettua un passo successivo, progredendo in una direzione che non

considera più lesivi dei consumatori soltanto i comportamenti fraudolenti,

tra produttori e imprenditori che potessero poi conseguire in una lesione

degli interessi dell’acquirente, oltrepassando così la visione ottocentesca di

vendita in cui il prodotto poteva ledere il consumatore solo nel caso in cui

fosse privo di qualità basilari o presentasse difetti non visibili.

2. FORME DI TUTELA

Iniziano così ad insediarsi nuovi concetti come la responsabilità delle

aziende e dei venditori per i beni difettosi da loro prodotti o venduti,

garanzie al consumo, sicurezza dei prodotti, buona fede, normale diligenza

del professionista, pubblicità ingannevole e così via.

I consumatori cominciano ad imbattersi in pratiche a loro sfavorevoli,

che ingannano, limitano la loro libertà di scelta, e limitano la loro tutela.

Tra le più importanti e consuete pratiche volte a limitare la tutela dei diritti

e degli interessi dei consumatori possiamo annoverare le clausole vessatorie

e le pratiche commerciali scorrette.

consumatori e gli utenti;

g) all'erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza.”

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43

2.1 Clausole vessatorie

Almeno una volta nella vita chiunque di noi si è imbattuto nei contratti

“trappola”64

, sottoscritti ingenuamente, perché poco chiari o perché indotti

da sorrisi smaglianti e facili promesse. I contratti più rischiosi con cui più

frequentemente ci imbattiamo sono quelli riguardanti i servizi bancari,

assicurativi, di somministrazione di elettricità, gas, acqua, tutti contratti per

l’acquisto di beni e la fornitura di servizi.

Le clausole vessatorie fanno parte dei contratti “trappola”, ossia

contribuiscono ad indurre in inganno il consumatore. Queste clausole sono

inserite nella terza parte del Codice del Consumo65

, che riguarda il rapporto

(di consumo), tra impresa e consumatore. Generalmente è l’impresa a

predisporre le clausole del contratto66

, potendo disporre esclusivamente a

proprio vantaggio dell’autonomia contrattuale.

I consumatori a volte si trovano nelle condizioni di non avere

alternative, “prendere o lasciare”, senza poter negoziare nemmeno una

singola clausola. Una clausola contrattuale non negoziata è abusiva e crea

uno squilibrio significativo tra i diritti e gli obblighi delle due parti del

contratto. Squilibrio che volge a sfavore unicamente del consumatore.

Secondo l’art.33 del D. Lgs. 206/2005 sono vessatorie quelle clausole

contenute all’interno di contratti stipulati tra consumatore e professionista

che “malgrado la buona fede67

, determinano a carico del consumatore un

64

CAFARO, Tutela dei consumatori. Disciplina comunitaria e normativa interna, cit., pag 103

65 La parte III del Codice del Consumo, riguarda “Il rapporto di consumo” e include gli articoli dal

33 al 38, riguardante i contratti dei consumatori in generale.

66 Secondo l’art. 1321 del Codice Civile “Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire,

regolare o estinguere fra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.

67 Nell’art. 1375 del Codice Civile viene indicato come il contratto debba essere eseguito seconda

buona fede, così come nell’art. 1337 c.c.

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44

significativo squilibrio degli obblighi derivanti dal contratto”68

. Elemento

fondamentale è la sproporzione che viene a sussistere tra le due parti del

contratto, squilibrio che non riguarda la differenza del prezzo rispetto al

bene acquistato, ma che rivede le reciproche posizioni giuridiche, ossia che

siano idonei a favorire o a ledere entrambi le parti in egual modo, senza

nessuno squilibrio.

A questo punto il D. Lgs 206/2005 nel comma 2, elenca tutta una serie

di clausole che a prescindere dell’esame del caso concreto, si presumono

essere vessatorie69

, sino a prova contraria. Tuttavia la presunzione non è

sinonimo di certezza, quindi ad ogni impresa è concesso l’onere di provare

che sebbene una clausola rientri nell’elenco, nell’analisi del caso specifico,

questa può dimostrarsi come non essere vessatoria. La vessatorietà o meno

di una clausola non deve limitarsi ad un’interpretazione letterale del testo,

ma approfondire ed analizzare gli effetti nella pratica.

Risultano quindi vessatorie quelle clausole che, fino a prova contraria,

abbiano l’effetto di:

“a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di

morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da

un'omissione del professionista;

b) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti

del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o

parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;

c) escludere o limitare l'opportunità da parte del consumatore della

compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito

vantato nei confronti di quest'ultimo;

68

D. Lgs. 206/2005 art. 33 comma 1

69 Vessatorie, ossia che provochino in significativo squilibrio tra le Parti.

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45

d) prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l'esecuzione

della prestazione del professionista e' subordinata ad una condizione il cui

adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;

e) consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata

dal consumatore se quest'ultimo non conclude il contratto o recede da esso,

senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il

doppio della somma corrisposta se e' quest'ultimo a non concludere il

contratto oppure a recedere;

f) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo

nell'adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di

risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d'importo

manifestamente eccessivo;

g) riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la

facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di

trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di

corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il

professionista a recedere dal contratto;

h) consentire al professionista di recedere da contratti a tempo

indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta

causa;

i) stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza

del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o

rinnovazione;

l) prevedere l'estensione dell'adesione del consumatore a clausole che

non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del

contratto;

m) consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole

del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire,

senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso;

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n) stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al

momento della consegna o della prestazione;

o) consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o del

servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale e'

eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto;

p) riservare al professionista il potere di accertare la conformità del bene

venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il

diritto esclusivo d'interpretare una clausola qualsiasi del contratto;

q) limitare la responsabilità del professionista rispetto alle obbligazioni

derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare

l'adempimento delle suddette obbligazioni al rispetto di particolari

formalità;

r) limitare o escludere l'opponibilità dell'eccezione d'inadempimento da

parte del consumatore;

s) consentire al professionista di sostituire a sé un terzo nei rapporti

derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del

consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest'ultimo;

t) sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà

di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria,

limitazioni all'adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell'onere

della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi;

u) stabilire come sede del foro competente sulle controversie località

diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore;

v) prevedere l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo come

subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del

professionista a fronte di un'obbligazione immediatamente efficace del

consumatore. E' fatto salvo il disposto dell'articolo 1355 del codice

civile70

”.

70

Art. 1355 Codice Civile “E’ nulla l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo

subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell’alienante

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47

Rispetto all’articolo 33 del Codice del consumo, contenente tutte quelle

ipotesi che possano far presupporre la vessatorietà delle clausole del

contratto l’art.34 D.Lgs 206/200571

, in modo diametralmente opposto al

precedente, indica tutte quelle circostanze che escludono la vessatorietà di

una clausola, seppur inclusa tra i parametri dell’articolo 33.

Non bisogna in sostanza limitarsi a verificare l’esatta corrispondenza tra

le singole clausole del contratto e le fattispecie vessatorie indicate

all’interno dell’art 33 D.Lgs 206/2005, ma considerare le circostanze del

momento e la natura del bene/servizio. Non sono vessatorie nemmeno

quelle clausole che siano state oggetto di trattativa individuale, cioè quelle

condizioni che il consumatore ha avuto la possibilità di trattare prima di

concludere il contratto.

Nel caso in cui il carattere vessatorio di una o più clausole contrattuali

appaia ancora di dubbia interpretazione, si propende per quella più

favorevole al consumatore72

, in quanto fra i più importanti diritti del

consumatore, troviamo quello di poter sceglier autonomamente se

o, rispettivamente, da quella del debitore”. Rimanda alla lettera d) del D.Lgs 206/2005 art. 33

comma 2.

71 D.Lgs 206/2005 art. 34 in tema accertamento della vessatorietà: “1. La vessatorietà di una

clausola e’ valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e

facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre

clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende. 2. La valutazione del

carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto, ne’

all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purche’ tali elementi siano individuati in

modo chiaro e comprensibile. 3. Non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di

legge ovvero che siano riproduttive di disposizioni o attuative di principi contenuti in convenzioni

internazionali delle quali siano parti contraenti tutti gli Stati membri dell’Unione europea o

l’Unione europea. 4. Non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano stati

oggetto di trattativa individuale. 5. Nel contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o

formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali,

incombe sul professionista l’onere di provare che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado

siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il

consumatore”.

72 Favor consumatoris. D.Lgs 206/2005 art. 35 comma 2 “In caso di dubbio sul senso di una

clausola, prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore” fatta eccezione per le Azioni

inibitorie. D.Lgs 206/2005 art. 37. Le azioni inibitorie sono dei provvedimenti giudiziari volti a

fare cessare dei comportamenti lesivi dei diritti ed dei consumatori , quindi illeciti, portati avanti al

giudice ordinario dalle associazioni di categoria.

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concludere o meno un determinato contratto: una possibilità che nel caso di

clausole redatte in modo poco chiaro e comprensibile, le rende vessatorie

dato che rischiano di pregiudicare irrimediabilmente e drasticamente la

scelta del consumatore.

L’art. 36 del D. Lgs. 206/2005 afferma inoltre che fatta eccezione per i

requisiti essenziali del contratto, individuati dal Codice civile nell’art.

132573

, la vessatorietà rimane circoscritta, annullando le singole clausole

indicate come vessatorie negli articoli 33 e 35 del Codice del consumo,

facendo rimanere il resto del contratto valido a tutti gli effetti.

Concludendo questa breve disamina sulle clausole vessatorie, vale la

pena ricordare gli “sforzi” compiuti da alcuni addetti ai lavori che hanno

permesso sia a livello comunitario, che a livello locale, la realizzazione di

una banca dati CLAB, contenente un ampio quadro sulle tipologie di

clausole vessatorie. Questa banca dati che è stata realizzata ricercando ed

analizzando riviste specializzate, pubblicazioni giuridiche, e contratti,

immettendo all’interno anche le decisioni dei giudici74

73

L’art 1325 c.c. detta i requisiti essenziali del contratto, che sono l’accorto delle parti, l’oggetto,

la causa e la forma se prevista dalla legge. Nel caso in cui all’interno del contratto risultino

vessatori uno di questi elementi, assolutamente fondamentali per la validità del contratto, la nullità

non rimarrebbe circoscritta al singolo elemento/clausola, ma si estenderebbe a tutto il contratto,

invalidandolo.

74 Vedi http://europa.eu.int/clab

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Fonte: http://eur-lex.europa.eu

Fig. 4 e Fig.5 – Statistiche estratte dalla banca dati CLAB. Tipi di clausole abusive e

clausole abusive per settore economico

Tab. 3 – Libri verdi dall’origine ad oggi

Tab. 3 – Libri verdi dall’origine ad oggi

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Come si può vedere dalla Figura 4, circa il 28% delle clausole abusive si

riferiscono agli obblighi imposti dal professionista a carico del

consumatore, come l’esclusione o la limitazione dei diritti, clausole penali

contrattuali o costi straordinari75

. Il 16% approssimativamente, riguarda la

limitazione della responsabilità del professionista in caso di non conformità

o danni dei beni e servizi forniti. Il 13% fa riferimento a quelle clausole del

contratto poco chiare e comprensibili o volutamente escluse. Il 9% indica

rispettivamente il termine del contratto e il suo prezzo. Così a scendere tra

le più sporadiche clausole abusive possibili, troviamo la modalità di

esecuzione e di conclusione del contratto, l’accesso alla giustizia e infine la

palese elusione della legge.

Procedendo con l’analisi, nella Figura 5 viene mostrato l’impatto delle

clausole abusive in riferimento ai singoli settori economici. Il settore

immobiliare, con a seguire il settore finanziario, risulta essere il più ricco di

casi riguardanti la giurisprudenza in merito di clausole abusive.

Probabilmente la motivazione scaturisce dal fatto che quando ci sono in

ballo cifre cospicue e l’accettazione di innumerevoli clausole di contratto, è

molto più facile illudere e far allentare la guardia al consumatore, anche

solo per un attimo.

Tutto questo mostra come il problema dell’abusività delle clausole,

generi problemi di vario tipo, provocando la necessità di trovare sempre

continui deterrenti all’attività illecita dei professionisti.

75

Vedi anche:

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2000:0248:FIN:IT:PDF

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2.2 Pratiche commerciali scorrette

La disciplina concernente le pratiche commerciale scorrette viene a

formarsi con i Decreti Legislativi del 2 agosto 2007 n. 145 e 146.

Con il D. Lgs. 146/2007 il legislatore italiano ha novellato il Codice del

consumo introducendo, nella Parte Seconda che cambia il suo titolo in

“Educazione, informazione, pratiche commerciali, pubblicità”, gli articoli

dal 18 al 27 quater76

che rimodellano lo scenario della tutela spettante al

consumatore nel campo della pubblicità. Le modifiche introdotte dal D.

Lgs. 146/2007 rendono evidente come il legislatore intenda realizzare una

tutela effettiva del soggetto debole imponendo al professionista determinati

doveri di comportamento. Mentre con il D. Lgs 145/2007, si assiste alla

rimozione dal Codice del Consumo delle norme riguardanti le pratiche

commerciali scorrette tra i professionisti, rappresentando un corpo

normativo separato contenente le disposizioni sulla pubblicità ingannevole

e comparativa pregiudizievole solo per i professionisti.

L’art. 18 del Codice del consumo, in seguito alle modifiche apportate

dal decreto legislativo n. 146/2007, fornisce le definizioni di “pratica

commerciale” (lett. d), “consumatore” (lett. a), “professionista” (lett. b) e

“prodotto” (lett. c). La lettera d) dell’art. 18 del Codice del consumo dà una

nozione molto estesa di “pratica commerciale”, con tale espressione il

codice intende infatti “qualsiasi azione, omissione, condotta o

dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la

commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in

relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai

consumatori”.

76

DONA, L’elenco delle pratiche considerate in ogni caso sleali nell’allegato I della direttiva

2005/29/CE in MINERVINI e ROSSI CARLEO a cura di “Le pratiche commerciali sleali,

direttiva comunitaria ed ordinamento italiano” Milano, 2007, pag. 10.

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52

In dottrina77

viene fatto notare che il legislatore interno, a differenza di

quello comunitario, fa ricorso all’espressione “in relazione” al posto

dell’espressione “direttamente connessa”. La stessa dottrina ritiene che

questa differenza terminologica non possa legittimare un’interpretazione

che la estenda a pratiche commerciali rivolte ad altri professionisti. Deve

sussistere una relazione tra la pratica di vendita, promozione e conseguente

fornitura ai consumatori78

.

Degli indici idonei ad orientare l’interprete nella ricerca del significato

da attribuire alla pratica commerciale si possono desumere dalle nozioni di

pratica commerciale ingannevole ed aggressiva79

contenuti nel Codice del

consumo atti a descrivere condotte, attive o omissive, dirette ai consumatori

e capaci di condizionarne la capacità di decisione e di scelta. Dall’insieme

di questi dati si afferma che la “pratica commerciale” comprende

comportamenti di professionisti capaci di incidere o di condizionare la

capacità di autodeterminazione dei consumatori riguardo ad una operazione

commerciale relativa ad un prodotto.80

Quanto ai caratteri oggettivi della pratica, i comportamenti sono vietati

ai sensi dell’art. 20 Codice del consumo se, oltre a contrastare con i canoni

77

DE CRISTOFARO, L’attuazione della direttiva 2005/29/CE nell’ordinamento italiano:

prospettive, in AA. VV., Le pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori. , a cura di DE

CRISTOFARO, Torino 2007, pag. 97

78 Vedi http://www.ambientediritto.it/Giurisprudenza/consumatori.htm.

79 Per pratica commerciale ingannevole, art. 21 Codice del consumo, si intende quella che

“contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppur di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche

nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio”.

Per pratica aggressiva, art. 24 Codice del consumo, si considera quella che “mediante molestie o

coercizioni limiti considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore

medio in relazione al prodotto e lo induca ad assumere una decisione di natura commerciale che

altrimenti non avrebbe preso”.

80 La valutazione circa l’idoneità condizionante della pratica non deve essere fatta tenendo presenti

le circostanze che accompagnano la condizione di forza e di debolezza dell’individuo raggiunto o

raggiungibile dalla pratica: il punto di riferimento è individuato nel consumatore medio o nel

membro medio di un gruppo di consumatori.

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della diligenza professionale, siano idonei a falsare il comportamento

economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio.

La qualificazione di “pratica commerciale” non può essere attribuita a

quelle attività di diffusione di informazioni rivolte a orientare la scelta dei

consumatori, che tuttavia non sono in relazione con la commercializzazione

di un prodotto ma rientrano nella generale libertà di manifestazione del

pensiero.81

Nella sfera di operatività dell’art.18, lett. d) Codice del consumo82

,

ricadono invece tutte le forme di promozione e di commercializzazione di

prodotti anche diverse dalle comunicazioni commerciali e dalla pubblicità,

che portano ad un primo contatto tra le parti fino ad arrivare al

perfezionamento dell’accordo e, infine, le pratiche commerciali che

incidono sui comportamenti economici successivi ad una operazione

commerciale.

Una pratica commerciale è “scorretta”, a norma della nozione generale

di cui al comma 2, dell’art. 20 e del Codice del consumo, se risulta

“contraria alla diligenza professionale” e “falsa o è idonea a falsare in

misura apprezzabile” il comportamento economico dei consumatori in

relazione al bene o al servizio a cui si riferisce.

Dopo aver formulato, al comma 1 dell’art. 20 del Codice del consumo, il

generale divieto di pratiche “scorrette”, il legislatore provvede a fissare in

modo puntuale i criteri ed i parametri in applicazione dei quali può stabilirsi

se ed in quale misura questo divieto possa considerarsi violato. A tale fine,

viene dettata una definizione generale di pratica commerciale scorretta, alla

81

Ad esempio le opinioni espresse nei siti internet su determinati prodotti.

82 D.Lgs 206/2005 art. 18 lettera d): “sono pratiche commerciali, qualsiasi azione, omissione,

condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la

commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla

promozione vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori”.

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quale si aggiunge l’elencazione di due sottocategorie “speciali” di pratiche

scorrette: le pratiche ingannevoli e quelle aggressive.

Alla delimitazione dei caratteri di queste due categorie il legislatore

provvede affiancando ad un insieme di previsioni di carattere generale83

due

black list, contenenti un elenco di singole e concrete tipologie di pratiche

considerate in ogni caso ingannevoli, art. 23 del Codice e aggressive art. 26,

la cui natura scorretta è riconosciuta dal legislatore con una valutazione

definitiva che non lascia all’interprete alcun margine di discrezionalità84

.

Secondo parte della dottrina85

, il procedimento che l’interprete dovrà

seguire per determinare se una pratica commerciale abbia o meno natura

scorretta è formato da varie fasi. Inizialmente, l’interprete dovrà stabilire se

la pratica possa o meno essere ricondotta ad una delle previsioni accurate ed

analitiche contenute negli articoli 23 e 26 del Codice del consumo, le sopra

citate black list. Qualora questa verifica risulti positiva, la pratica dovrà

senz’altro considerarsi scorretta, non essendovi alcuna possibilità di una

valutazione diversa o contraria. Qualora la verifica dovesse condurre ad un

esito negativo, l’interprete potrà controllare se siano in essa ravvisabili gli

estremi di una azione o di una omissione ingannevoli, facendo riferimento

rispettivamente alle fattispecie indicate negli artt. 21 e 22, Codice del

consumo, ovvero di una pratica aggressiva come da art. 24 del Codice del

consumo. Laddove anche questa verifica non raggiungesse un esito

positivo, l’interprete potrà ricorrere alla “norma generale”, contenuta

83

Per le pratiche ingannevoli le disposizioni contenute negli artt. 21 e 22 Codice del consumo. Per

le pratiche aggressive le disposizioni contenute negli artt. 24 e 25 Codice del consumo.

84 Sono considerate scorrette senza alcuna possibilità di valutazione discrezionale per l’interprete,

le pratiche commerciali contemplate dalle previsioni inserite nei commi 3 e 4 dell’art. 21 Codice

del consumo. Ma secondo parte della dottrina questa collocazione sarebbe impropria: più logico

sarebbe stato inserirle nella disposizione recante la definizione generale di pratica commerciale

sleale. Vedi, DE CRISTOFARO, Le pratiche commerciali scorrette nei rapporti fra professionisti

e consumatori: il d. legisl. n. 146 del 2 agosto 2007, attuativo della Direttiva 2005/29/CE in

Studium Iuris, 2007, pag. 1187.

85 DE CRISTOFARO, op. cit., pag. 1188.

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nell’art. 20 comma 2 del Codice del consumo, la quale, almeno in questa

prima fase di attuazione del decreto legislativo n. 146/2007, è destinata a

svolgere un ruolo marginale dal momento che l’attenzione degli operatori è

rivolta alle indicazioni contenute nelle black list e nelle “categorie” speciali

individuate e delineate negli art. 21, 22 e 24 del Codice del consumo.

Come si è accennato la valutazione della scorrettezza deve pertanto

accertare la sussistenza di entrambi gli elementi costitutivi della definizione

generale sopra riportata86

:

- Contrarietà alla diligenza professionale;

- Idoneità a falsare in misura apprezzabile il comportamento

economico del “consumatore medio”.

Per “consumatore medio” il Considerando n. 18 della Direttiva

29/2005/CE87

intende colui “che è normalmente informato e

ragionevolmente attento e avveduto, tenendo conto di fattori sociali,

culturali e linguistici, secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia”.

Il parametro di riferimento viene dunque individuato non nel modello

del consumatore sprovvisto delle conoscenze e delle informazioni

indispensabili per agire con piena consapevolezza della convenienza delle

proprie decisioni, nonché privo di razionalità e del senso critico per porre in

essere delle scelte ponderate, ma nel modello del consumatore “critico e

consapevole” in quanto normalmente informato e avveduto. La nozione di

consumatore medio non è comunque da considerarsi statica88

, ma si

86

Vedi D.Lgs. 206/2005 art.20 comma 2.

87 DE CRISTOFARO, L’attuazione della direttiva 2005/29/CE nell’ordinamento italiano:

prospettive, in AA. VV., Le pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori. , a cura di DE

CRISTOFARO, Torino 2007, pag. 163.

88 DE CRISTOFARO, L’attuazione della direttiva 2005/29/CE nell’ordinamento italiano:

prospettive, in AA. VV., Le pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori. , a cura di DE

CRISTOFARO, Torino 2007, pag. 164,

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configura diversamente a seconda che la pratica commerciale sia diretta

indistintamente a tutti i consumatori o soltanto ad un gruppo determinato di

essi. Occorre fare riferimento al membro medio del gruppo determinato dei

consumatori: è necessario un adattamento del parametro alle particolari

caratteristiche generali dello specifico gruppo di consumatori cui il

professionista rivolge i messaggi pubblicitari e le comunicazioni finalizzate

alla promozione dei beni o dei servizi. È da tenere presente che una stessa

pratica commerciale può ritenersi scorretta se si rivolge ad un determinato

pubblico, mentre può non rientrare nella fattispecie vietata se si rivolge alla

generalità dei consumatori e viceversa. Qualora invece la pratica sia diretta

a tutti i consumatori, il modello di “consumatore medio” si otterrà da una

valutazione cumulativa delle generalità dei consociati.

Il comma 3, dell’art. 20, Codice del consumo, prevede tuttavia che siano

idonee a falsare in misura rilevante la condotta economica solo di un

gruppo di consumatori manifestamente individuabile in un modo tale che il

professionista poteva ragionevolmente prevedere.

Per quanto riguarda la nozione di “diligenza professionale”, essa è

inserita nell’art.18, lettera h), del Codice del consumo, e fa riferimento al

“normale grado della specifica competenza ed attenzione che

ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro

confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede nel

settore di attività del professionista”.

La norma propone il richiamo ai principi generali di buona fede, dando

così a questi il ruolo di parametro per misurare il livello di competenza ed

attenzione che ci si può ragionevolmente aspettare dal professionista89

.

89 Ciò allinea la norma italiana con le altre versioni linguistiche della direttiva: ad esempio con

quella inglese.

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Il richiamo alla diligenza professionale risulta essere un rinvio a regole

di condotta, corrispondenti ad uno standard di conoscenze specialistiche,

che il professionista ha l’onere di osservare quando si rivolge ai

consumatori. Tale standard va individuato di volta in volta, in relazione al

caso concreto, tenendo conto del settore di attività del professionista. La

buona fede che è da considerare in senso oggettivo, costituisce il

fondamentale nesso di congiunzione tra la disciplina delle clausole

vessatorie e la disciplina delle pratiche commerciali scorrette, che

costituiscano i due grandi pilastri del sistema delle regole a cui debbono

attenersi i professionisti nei rapporti contrattuali.

Le pratiche commerciali scorrette, secondo l’art. 20 comma 4, Codice

del consumo, possono essere così classificate:

- ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23 D. Lgs 206/2005

- aggressive di cui agli articoli 24, 25 e 26 D. Lgs 206/2005

Il comma 5, art. 20, Codice del consumo, dispone che: “Gli articoli 23 e

26 riportano l'elenco delle pratiche commerciali, rispettivamente

ingannevoli e aggressive, considerate in ogni caso scorrette”.

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58

2.2.1 Pratiche commerciali ingannevoli

Le pratiche commerciali ingannevoli vengono distinte in:

a. azioni ingannevoli, art. 21, Codice del consumo

b. omissioni ingannevoli, art. 22, Codice del consumo

Iniziando ad analizzare l’elenco presente nel primo comma dell’ art. 21,

in materia di pratiche commerciali ingannevoli si nota come, ai sensi dalla

lett. a), si definisce ingannevole l’informazione falsa quando questa

riguarda “l’esistenza o la natura del prodotto”90

, anche la lett. b) segue la

stessa direzione, in quanto sottolinea l’importanza di una correttezza

informativa circa le caratteristiche principali del prodotto quali: la sua

“disponibilità, i vantaggi, i rischi, l'esecuzione, la composizione, gli

accessori, l'assistenza post-vendita al consumatore e il trattamento dei

reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la

consegna, l'idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l'origine

geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso,

o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati

sul prodotto”91

.

Continuando ad esaminare il 1 comma dell’art.21, all’interno della

lettera c) si individuano elementi tra loro alquanto eterogenei: la pratica

ingannevole riguarda innanzitutto la portata degli impegni assunti dal

professionista e si estende anche ai motivi della pratica commerciale e alla

natura del sistema distributivo.

L’elenco prosegue individuando, nella lettera d), fattispecie ingannevoli

riguardanti ”il prezzo o il modo in cui questo è calcolato o l’esistenza di

uno specifico beneficio relativo al corrispettivo versato dall’acquirente”. La

“ratio” di tale scelta si rinviene nell’intenzione di proteggere il consumatore

90

D.Lgs. 206/2005 art. 21 comma 1, lettera a.

91 D.Lgs. 206/2005 art. 21 comma 1, lettera b.

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da tutte quelle tecniche pubblicitarie che presentano un fasullo prezzo

vantaggioso al fine di attirare clientela.

La fattispecie descritta dalla lettera e), invece, opera in piena coerenza

con quanto stabilito dall’art. 19 del Codice del consumo, per quanto

riguarda il lasso temporale cui deve ritenersi valida la tutela. A tale

proposito, si può citare l’ipotesi dei contratti di garanzia92

che possono

essere proposti in modo da sedurre e attirare il pubblico quando, invece,

non prevedono nient’altro di più di ciò che è già previsto per legge.

L’interesse del consumatore alla corretta informazione, e cioè a godere

dell’esatta rappresentazione di tutte le circostanze capaci di influenzare la

sua volontà, è oggetto della fattispecie prevista nella lettera f), la quale

prende in considerazione le notizie intorno alla “natura, le qualifiche e i

diritti del professionista o del suo agente, quali l'identità, il patrimonio, le

capacità, lo status, il riconoscimento, l'affiliazione o i collegamenti e i diritti

di proprietà industriale, commerciale o intellettuale o i premi e i

riconoscimenti”93

. Nell’ultima lettera g) sono riportarti i diritti del

consumatore quali di sostituzione o di rimborso dei beni acquistati al fine di

tutelare i soggetti durante l’intero processo dell’attività commerciale.

Terminata l’analisi del primo comma, si procede all’esame del secondo

comma dell’art. 21, che descrive altre condotte che possono rivelarsi

ingannevoli: le azioni confusorie e il “mancato rispetto, da parte del

professionista, degli impegni contenuti nei codici di condotta che il

medesimo si era vincolato a rispettare”94

. L’obiettivo che si è prefissato il

legislatore è quello di consentire una protezione nei confronti del

92

I contratti di garanzia sono oggetto specifico dell’art. 133 del Codice del consumo, nel quale si

legge che la garanzia convenzionale vincola chi la offre secondo le modalità indicate nella

dichiarazione di garanzia medesima o nella relativa pubblicità. Vedi DONA, Pubblicità, pratiche

commerciali e contratti nel Codice del Consumo, Torino, 2008, pag. 220.

93 D.Lgs. 206/2005 art. 21 comma 1, lettera f.

94 D.Lgs. 206/2005 art. 21 comma 2, lettera b.

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consumatore ancora più consistente, in particolare da quelle fattispecie che

si possono rintracciare all’interno dell’articolo 2598 c.c. A differenza di

quanto riportato dal codice civile95

, affinché un consumatore possa

appellarsi al contenuto dell’articolo 21 del Codice del consumo è necessario

che si dimostri che tale pratica confusoria è idonea ad indurlo ad assumere

“decisioni che altrimenti non avrebbe preso”.

La seconda parte della lettera a) prende in considerazione la pubblicità

comparativa illecita che, almeno in questa sede, non viene chiarita né

menzionata ulteriormente, seppur sia chiaro, per i non neofiti, il chiaro

rimando alla lettera d) dell’art. 4 del decreto legislativo 145/200796

.

La lett. b del comma 2 dell’articolo 21 descrive “il mancato rispetto da

parte del professionista degli impegni contenuti nei codici di condotta che il

medesimo si e' impegnato a rispettare là dove si tratti di un impegno fermo

e verificabile”.

Il 3 comma dell’art. 21 del Codice del consumo censura quella pratica

commerciale che può provocare l’induzione in errore di un consumatore,

connettendola direttamente all’omissione di notizie importanti che possano

portare gli individui a sottovalutare i pericoli.

Nello stesso ordine di tutela si colloca il quarto comma dell’art. 21,

volto a proteggere i piccoli consumatori, bambini e adolescenti, che

possono essere raggiunti da talune pratiche commerciali idonee a

minacciare, anche indirettamente, la loro sicurezza97

. Esso non fa più

95

Che definisce l’autore di concorrenza sleale chiunque “usa nomi o segni distintivi idonei a

produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita

servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare

confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente”

96 La lettera d) dell’appena citato articolo 4 del d.lgs. 145/2007, infatti afferma che, affinché si

possa ritenere lecita una pubblicità comparativa, questa stessa “non debba generare confusione sul

mercato fra l’operatore pubblicitario ed un concorrente o tra i marchi, le denominazioni

commerciali, altri segni distintivi, i beni o i servizi dell’operatore pubblicitario e quelli di un

concorrente".

97Così l’articolazione della protezione dei minori nel Codice del consumo riformato risulta

differente rispetto a quella presente nel testo precedente. Il vecchio art. 25 del Codice dichiarava

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riferimento alla fattispecie riguardante la pubblicità che abusi della naturale

credulità o mancanza di esperienza di un pubblico non adulto; come pure a

quella che impegnando bambini o adolescenti, abusi dei naturali sentimenti

degli adulti per i giovani (ex art. 25, Codice del consumo, prima della

modifica D. Lgs. 146/07).

Il comma 4 art. 21, fa riferimento alla pubblicità che “minacci” la

sicurezza, e per la sua applicazione non richiede il verificarsi in concreto di

alcun danno, è sufficiente il configurarsi del pericolo che il danno possa

verificarsi. Il valore della sicurezza, cui si intende garantire tutela,

considerando anche il riferimento ai pregiudizi indiretti, deve essere inteso

come sicurezza fisica ma anche morale e psichica. La minaccia alla

sicurezza fisica si può attuare solo in via indiretta attraverso, ad esempio, la

proposizione di modelli di comportamento pericolosi che i più piccoli, per il

loro naturale spirito di emulazione, potrebbero essere portati a ripetere98

. La

sicurezza morale può essere minacciata da messaggi che propongono

modelli di comportamento violenti o antisociali.

Anche le omissioni sono suscettibili di generare fattispecie di pratiche

commerciali ingannevoli99

. L'articolo 22, del Codice del consumo, infatti,

introduce l'altra faccia della condotta ingannevole, ossia il comportamento

omissivo che il professionista può tenere in relazione ad informazioni

rilevanti, con il risultato di indurre il consumatore a prendere delle decisioni

commerciali che non avrebbe adottato se fosse stato correttamente

informato100

.

l’ingannevolezza delle tecniche di commercializzazione e pubblicità che rivolgendosi ai minori

“abusino della loro naturale credulità o mancanza di esperienza, o che, impiegando i bambini ed

adolescenti in messaggi pubblicitari, abusi dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani”.

98 BORRUSO, La pubblicità ingannevole e la nuova disciplina della pubblicità comparativa, in La

Nuova giurisprudenza civile commentata, 2002, pag 683.

99 PARROTTA, “L’inganno può derivare da omissioni”, in Guida al Diritto, n. 39, 6 ottobre 2007.

100 L’attenzione del legislatore, nel delineare le varie fattispecie omissive, si incentra sulla fase

dedicata all'informazione preliminare: la negoziazione di consumo è di fatto priva della fase delle

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Il mezzo utilizzato per comunicare le pratiche commerciali può imporre

delle restrizioni in termini di spazio o tempo, come nel caso della pubblicità

in TV, su Internet oppure su cartelloni pubblicitari. “Dette restrizioni e

qualunque misura adottata dal professionista per mettere le informazioni a

disposizione dei consumatori con altri mezzi, devono essere tenute in

considerazione per valutare la scorrettezza della pratica”, come da art. 22

C.d.c. comma 3.

Il comma 4 indica una serie di informazioni che devono

necessariamente essere presenti nell'invito all'acquisto, contenente gli

elementi essenziali della proposta contrattuale autosufficiente:

a) “Le caratteristiche principali del bene o servizio, che debbono

essere descritte in maniera adeguata al mezzo di comunicazione

utilizzato e alla natura dell'oggetto.

b) l'indirizzo geografico e l'identità del professionista, come la

sua denominazione sociale e, dove queste informazioni siano

pertinenti, l'indirizzo geografico e l'identità del professionista per

conto del quale egli agisce.

c) il prezzo comprensivo degli oneri fiscali oppure, se la natura

del prodotto rende ragionevolmente impossibile determinarne in

anticipo l'ammontare, le modalità con le quali il prezzo deve essere

calcolato nonché, ove le circostanze lo richiedano, la totalità delle

spese aggiuntive di spedizione, di consegna o postali oppure, qualora

non possano ragionevolmente essere prefissate, l’indicazione che tali

spese potranno essere addebitate al consumatore.

d) Le modalità di pagamento del prezzo, di consegna del bene, di

esecuzione del contratto, nonché il sistema di gestione dei reclami,

qualora si allontanino dalle regole di diligenza professionale.

trattative per via dell’asimmetria che caratterizza il rapporto di consumo. DONA, Pubblicità,

pratiche commerciali e contratti nel Codice del Consumo, 2008, 34.

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e) L'esistenza di un diritto di recesso o scioglimento del contratto

per i prodotti e le operazioni commerciali che comportino tale

diritto”.

Questo elenco costituisce il nucleo di informazioni che devono

obbligatoriamente essere fornite al consumatore dal professionista che

voglia “invitare all’acquisto”, al fine di garantirgli un livello minimo di

tutela a favore di esso.

Ai sensi del comma quinto del D.Lgs 206/2005 art. 22, “sono

considerati rilevanti gli obblighi di informazione previsti dal diritto

comunitario, connessi alle comunicazioni commerciali, compresa la

pubblicità o della commercializzazione del prodotto”. L'informazione,

infatti, può essere di per sé corretta, ma comunque fuorviante a causa di un

cosiddetto sovradosaggio informativo; con questo termine si intende

alludere alla sensazione di disorientamento che può essere avvertita dal

consumatore quando il rigore osservato dal professionista, nella

rappresentazione del vero, rasenti l'eccesso. Un eccesso di informazione

diviene in pratica ingestibile e corre il rischio di indebolire, in un flusso

indistinto di comunicazioni, l'attività critica di ogni individuo, in particolare

il consumatore.101

101

Per chiarire ulteriormente tale concetto si può attingere dalla sociologia della comunicazione: la

ridondanza di informazione, oltre una determinata soglia critica, genera confusione e conduce il

consumatore a porre in essere decisioni commerciali non oculate. Così BIFULCO, in “Sociologia

della comunicazione, un'antologia di studi sui media”, 2004, Napoli, pag. 186.

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2.2.2 Pratiche commerciali aggressive

Come da articolo 24 del D.Lgs 206/2005, una pratica commerciale può

essere considerata aggressiva, quando ”nella fattispecie concreta, tenuto

conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie,

coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito

condizionamento, limita o e' idonea a limitare considerevolmente la libertà

di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al

prodotto e, pertanto, lo induce o e' idonea ad indurlo ad assumere una

decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”.

Ai fini della valutazione della presunta aggressività della pratica

commerciale, la locuzione molestie non è oggetto di alcuna definizione

normativa, nonostante questo può essere identificata come l’effettuazione di

reiterate e poco gradite sollecitazioni commerciali tramite qualsiasi mezzo

di comunicazione a distanza

Per quanto riguarda invece la condotta coercitiva, corrisponde a delle

minacce verbali o fisiche che vengono imposte al consumatore al fine della

stipulazione del contratto. Come indicato all’interno dell’articolo 26 lettera

a) e lettera b) C.d.c. sono da includere nelle attività coercitive, le pratiche

aggressive consistenti nel creare “l’impressione che il consumatore non

possa lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto” e

l’effettuazione di “visite presso l'abitazione del consumatore, ignorando gli

inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi”.

La vittima di violenza psichica è, dunque, posta di fronte ad

un'alternativa: subire il male minacciato, rifiutandosi di prestare il proprio

consenso oppure cedere alle pretese dell'autore della minaccia; il nostro

ordinamento giuridico offre in questo caso l’opportunità a chi ha subito la

violenza, di agire o meno per l’annullamento.

Per quanto riguarda invece la nozione di indebito condizionamento,

contrariamente a quella di “molestia” e di “coercizione”, viene definita

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chiaramente all’interno dell’art. 18, lett. l) del Codice del consumo.

Costituisce in particolare indebito condizionamento “lo sfruttamento di una

posizione di potere rispetto al consumatore per esercitare una pressione,

anche senza il ricorso alla forza fisica o alla minaccia di tale ricorso, in

modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una

decisione consapevole.”

La nozione di indebito condizionamento è molto ampia, la genericità

dell'espressione “sfruttamento di una posizione di potere” può consentire di

far rientrare in tale nozione tutte le fattispecie contemplate dalla disciplina

delle pratiche commerciali aggressive. In particolare, secondo questa

dottrina, l'indebito condizionamento può essere inteso come qualunque

forma di pressione del professionista, capace di manifestarsi anche con

forza fisica, eventualmente basato sulle minacce e costruito sullo

sfruttamento della condizione di soggezione psicologica in cui versa il

consumatore.

Nell'articolo 25 del Codice del consumo, il legislatore ha elencato

cinque chiavi di lettura che l'interprete può utilizzare per stabilire se, nel

caso concreto, la pratica commerciale comporti molestie, coercizione o

indebito condizionamento. Questi criteri, sono i seguenti:

a) “i tempi, il luogo, la natura o la persistenza della pratica posta

in essere dal professionista;

b) il ricorso alla minaccia fisica o verbale;

c) lo sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia

evento tragico o circostanza specifica di gravità tale da alterare la

capacità di valutazione del consumatore, al fine di influenzare la

decisione relativa al prodotto;

d) qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato,

imposto dal professionista qualora un consumatore intende esercitare

diritti contrattuali (compreso il diritto di risolvere un contratto,

quello di cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro professionista);

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e) qualsiasi minaccia di promuovere un'azione legale ove tale

azione non sia giuridicamente ammessa.”

Iniziando ad esaminare i criteri appena elencati si può subito osservare

che ai sensi della lettera a) l'interprete dovrà, innanzitutto, considerare i

tempi durante i quali è stata realizzata la pratica commerciale. Rilevante è

pertanto la durata della condotta incriminata ma anche l'età del consumatore

aggredito dalla pratica commerciale posta in essere dal professionista;

quest’ultimo sfrutta spesso il cosiddetto “effetto sorpresa”. Secondo aspetto

rilevante della valutazione della pratica commerciale è il luogo in cui essa è

posta in essere. Ad esempio un'attività pubblicitaria del professionista che si

è svolta attraverso un’azione di volantinaggio lungo una via commerciale

potrà incidere meno sul consumatore, rispetto alle medesima attività svolta

ad esempio dal professionista davanti all'ingresso di un complesso

residenziale. Prevedendo anche altri criteri quali la natura e la persistenza

della suddetta pratica commerciale. La natura facendo riferimento a quelle

pratiche commerciali del professionista particolarmente petulanti, assillanti,

condizionanti, ed è intesa in relazione alla durata della stessa pratica.

La lettera b) individua il ricorso alla minaccia fisica o verbale, essa tratta

di una mancanza particolarmente grave da parte del professionista nei

confronti del consumatore, riconducibile o ad un atto di coercizione o ad un

atto di indebito condizionamento.

Un altro parametro ancora più specifico è dettato dalla lettera c) “lo

sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia evento tragico o

circostanza specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del

consumatore, al fine di influenzarne la decisione relativa al prodotto”102

, se

tale pratica si verificasse in concreto non avrebbe bisogno di altre

valutazioni e sarebbe quindi considerata in ogni caso aggressiva.

102

Ad esempio le condotte di maghi, ed irreali guaritori.

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67

Un altro parametro di valutazione è quello contenuto nella lettera d)

“qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal

professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali,

compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o

rivolgersi ad un altro professionista”.

L’ultimo criterio, quello contenuto nella lettera e), che indica, infatti,

come possibile pratica commerciale aggressiva la minaccia da parte del

professionista di intraprendere una via legale anche se non procedibile.

Le pratiche commerciali aggressive vengono classificate all’interno

dell’articolo 26 del Codice del consumo in tre sottocategorie:

- pratiche minatorie, lettere a) e g)

- pratiche petulanti, lettere b), c), e) ed f)

- pratiche defatiganti lettera d) e h)

Le pratiche ritenute minatorie si aprono con la previsione contenuta

nella lettera a) art. 26 codice del consumo, “creare l’impressione che il

consumatore non possa lasciare i locali commerciali fino alla conclusione

del contratto” che costituisce, di fatto, una tipologia di pratica coercitiva per

la cui realizzazione è sufficiente che l’acquirente abbia l’impressione di non

poter uscire da un locale commerciale, senza prima aver stipulato un

contratto o comprato della merce.

Sempre nella sottocategoria delle pratiche minatorie troviamo la lettera

g) con la seguente dicitura “informare esplicitamente il consumatore che se

non acquista il prodotto o il servizio sarà in pericolo il lavoro o la

sussistenza del professionista”.

Fanno parte della tipologia delle pratiche petulanti le lettere b, c, e ed f,

dell’articolo 26 del Codice del Consumo.

In essa rientra la pratica proposta nella lettera b) “effettuare visite presso

l’abilitazione del consumatore, ignorando gli inviti del consumatore a

lasciare la sua residenza o a non ritornarvi, fuorché nelle circostanze e nella

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misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini dell’esecuzione

di un’obbligazione contrattuale” e quella descritta dalla lettera c) “effettuare

ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per

posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza”.

Nella stessa classe rientra anche la pratica commerciale descritta dalla

lett. e) relativo all’ “includere in un messaggio pubblicitario un’esortazione

diretta ai bambini affinché acquistino o convincano i genitori o altri adulti

ad acquistare loro i prodotti reclamizzati” che mira a tutelare non solo i

bambini, ma anche i genitori e gli adulti che possono essere facilmente

influenzati dai più piccoli.

Infine rientra tra le pratiche petulanti anche la lettera f) “esigere il

pagamento immediato o differito o la restituzione o la custodia di prodotti

che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto”. Un

classico esempio di questa pratica è la fornitura non richiesta disciplinata

dall’articolo 57103

del Codice del Consumo. Questa pratica ha spesso

successo perché il consumatore non sempre è consapevole che non è tenuto

al pagamento o alla restituzione o alla conservazione di beni o servizi che

non ha richiesto. Le ultime due pratiche, analizzate in questo paragrafo,

sono definite defatiganti.

La lettera d) dell’articolo 26 del Codice del Consumo “imporre al

consumatore che intenda presentare una richiesta di risarcimento del danno

in virtù di una polizza di assicurazione di esibire documenti che non

possono ragionevolmente essere considerati pertinenti per stabilire la

fondatezza della richiesta, o omettere sinteticamente di rispondere alla

103

Articolo 57 “Fornitura non richiesta:

1. È vietata la fornitura di beni o servizi al consumatore in mancanza di una sua previa ordinazione

nel caso in cui la fornitura comporti una richiesta di pagamento.

2. Il consumatore non è tenuto ad alcuna prestazione corrispettiva in caso di fornitura non

richiesta. In ogni caso la mancata risposta non significa consenso”.

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relativa corrispondenza, al fine di dissuadere un consumatore dall’esercizio

dei suoi diritti contrattuali”. L’idoneità a richiedere taluni documenti deve

essere valutata oggettivamente anche ricorrendo al principio di

proporzionalità e alla comune ragionevolezza. In ogni contratto possono

essere stabiliti anteriormente i limiti di quantità, di qualità tipologica e

scopo dei documenti esigibili.

La lettera h) “lasciare intendere, contrariamente al vero, che il

consumatore abbia già vinto, vincerà o potrà vincere compiendo una

determinata azione un premio o una vincita equivalente, mentre in effetti

non esiste alcun premio né vincita equivalente oppure che qualsiasi azione

volta a reclamare il premio o altra vincita equivalente è subordinata al

versamento di denaro o al sostenimento di costi da parte del consumatore”.

Questo illecito assume i tratti dell’aggressività a causa della pressione

psicologica che viene suscita nell’utente che, convinto di poter usufruire di

un vantaggio, si trova di fronte alla realtà che tale vantaggio esiste solo

dietro compenso ed esborso di denaro. In questo caso una corretta e

preventiva informazione sugli oneri da sostenere è l’unico modo, per il

professionista, di non incorrere in illeciti sanzionabili in base alle norme

riportate nel Codice del Consumo.

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3. STRUMENTI PER LA TUTELA DEI CONSUMATORI

Pratiche commerciali scorrette e clausole vessatorie sono il punto focale

in materia di controversie in materia di consumo. Anche se il consumatore

può trovarsi davanti a moltissime altre situazioni, il punto comune di

ognuna di queste controversie è lo squilibrio tra l’entità economica delle

controversie e il costo, nonché la durata della risoluzione giudiziaria104

.

Questo perché molto spesso l’unica via di risoluzione delle controversie è

quella dell’azione giudiziale, che a causa della sua onerosità induce i

consumatori, non di rado, a rinunciare ai propri diritti, ancor più se la

controversie è a livello transfrontaliero.

Un tipo di risoluzione extragiudiziale delle controversie, per così dire di

“risoluzione amichevole”, è quello del Formulario di reclamo per il

consumatore, elaborato dalla Commissione europea, con lo scopo di riuscire

a risolvere le problematiche in materia di consumo, proponendo un

maggiore dialogo tra consumatore e professionista.

104

CAFARO, Tutela dei consumatori. Disciplina comunitaria e normativa interna, Napoli, 2002,

pag 121

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Fig. 6 – Formulario di reclamo del consumatore

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Riferimento (fornito dal professionista):

53 • Accetto interamente il suo reclamo e m’impegno a:

55 • Non riconosco la fondatezza del suo reclamo ma accetto di compiere un gesto commerciale e m’impegno a:

57 • Le propongo di sottoporre la controversia ad un organo sottoindicato, competente per la risoluzione extragiudiziale di

questo tipo di controversia in materia di consumo:

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Fonte: http://ec.europa.eu/consumers/redress/compl/cons_compl/acce_just03_it.pdf

Il formulario si pone l’obiettivo di mettere in luce i problemi riscontrati

dal consumatore, in relazione al bene o servizio prestato dal professionista,

cercando un risoluzione della problematica che consenta la possibilità di

non presentarsi dinnanzi al giudice.

Nel caso in cui la risoluzione extragiudiziale della controversia non sia

sufficiente, possiamo incorrere in due tipi di tutele riservate dal nostro

sistema giuridico e non solo:

- l’Antitrust

- le Azioni collettive risarcitorie

Il primo tipo di tutela è quello che viene riservato dall’Antitrust che,

attraverso il suo complesso di norme giuridiche e servendosi dell’Autorità

garante della concorrenza e del mercato, meglio detta AGCM, va a

giudicare in materia di abuso di posizione dominante, e di intese restrittive

della libertà di concorrenza, vigilando sul corretto andamento del mercato,

consentendo benefici a favore dei consumatori, come la riduzione dei prezzi

o maggiore scelta tra i prodotti, e la tutela da pratiche commerciali scorrette

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o pubblicità ingannevoli. Tutti vantaggi derivabili da un mercato in cui non

sia presente una condizione di monopolio.

Il secondo genere di tutela riscontrabile è quello delle azioni collettive

risarcitorie. Si decide autonomamente se intraprendere un’azione

collettiva105

che, come si può desumere dal nome, mira principalmente al

risarcimento dei danni e torti subiti da aziende, imprese, professionisti.

Nel ambito riguardante la tutela dell’Antitrust, i consumatori sottostanno

alle decisioni ed ai miglioramenti di un’Autorità indipendente, autonoma

rispetto al potere esecutivo, ma ognuno di noi è a conoscenza del fatto che il

potere dell’Autorità è insindacabile, consentendo quindi ai consumatori la

sola possibilità di accettare l’indiscutibile giudizio dell’Autorità stessa.

Nelle azioni collettive risarcitorie, sono i consumatori che “autorevolmente”

e autonomamente decidono se rivendicare i propri dritti, consentendo anche

un notevole snellimento della spesa pubblica e dell’economia processuale.

Nei prossimi capitoli verranno passati in rassegna.

105

Se si intraprende un’azione collettiva risarcitoria, lo si deve fare obbligatoriamente tramite

un’associazione dei consumatori. Se si intraprendere una class action, lo si può fare anche

autonomamente. La class action è esperibile negli Stati Uniti, mentre l’azione risarcitoria

collettiva in Italia.

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77

CAPITOLO III

ANTITRUST

1. DEFINIZIONE ED ELEMENTI COSTITUTIVI

La legislazione Antitrust prende il via nel 1890, negli Stati Uniti, grazie

all’emanazione dello Sherman Act nel luglio del 1890, che ricalca il nome

di chi lo fece pubblicare: il senatore John Sherman. Lo Sherman anti – trust

act intende reprimere qualsivoglia “contratto, combinazione nella forma del

trust o altrimenti, o cospirazione, che limita gli scambi o il commercio tra i

vari stati, o con nazioni straniere”106

, definendo illegali e criminosi tutti

quei comportamenti volti a raggiungere una situazione di monopolio107

, in

qualsiasi attività o commercio.

Il monopolio, viene definito illegale quando un’unica azienda ottiene il

controllo totale del mercato per un determinato prodotto o servizio,

estromettendo dal mercato i possibili concorrenti, prevaricando sui piccoli

complessi industriali; legale quando il monopolio si viene a creare come

naturale conseguenza dei prezzi nettamente vantaggiosi rispetto alla

concorrenza, che produce direttamente al suo seguito una perdita cospicua

di clienti per tutti “gli avversari”.

106

Sherman act, section 1: “Every contract, combination in the form of trust or otherwise, or

conspiracy, in restraint of trade or commerce among the several States, or with foreign nations, is

declared to be illegal. Every person who shall make any contract or engage in any combination or

conspiracy hereby declared to be illegal shall be deemed guilty of a felony, and, on conviction

thereof, shall be punished by fine not exceeding $10,000,000 if a corporation, or, if any other

person, $350,000, or by imprisonment not exceeding three years, or by both said punishments, in

the discretion of the court”.

107 Sherman act, section 2: “Every person who shall monopolize, or attempt to monopolize, or

combine or conspire with any other person or persons, to monopolize any part of the trade or

commerce among the several States, or with foreign nations, shall be deemed guilty of a felony,

and, on conviction thereof, shall be punished by fine not exceeding $10,000,000 if a corporation,

or, if any other person, $350,000, or by imprisonment not exceeding three years, or by both said

punishments, in the discretion of the court”.

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78

Antitrust prende il nome dalla parola trust108

che sta ad indicare quel

fenomeno molto in voga di accordo tra imprese, produttori, per il controllo

del mercato, consentito da un’omogenea impostazione riguardo il livello dei

prezzi, la produzione e conseguente distribuzione. Segue quindi l’idea di

proibire i cosiddetti “cartelli”, sulla scia di quanto sostenuto da Adam

Smith, filosofo ed economista scozzese, nell’“Indagine sulla natura e le

cause della ricchezza delle nazioni”. Per Smith la concorrenza è la linfa

vitale di una sana economia, favorisce la crescita all’interno del sistema

economico ed una efficiente allocazione delle risorse109

.

A differenza di un regime di concorrenza, in cui il singolo operatore

economico dovrà tenersi continuamente aggiornato al livello dei prezzi

esercitati dai concorrenti, cercando di consentire un’offerta vantaggiosa e

sostenibile, in un sistema di monopolio l’imprenditore sarà svincolato dalla

pressione della concorrenza, elaborando prezzi ben poco vantaggiosi per la

maggior parte della collettività. La legislazione antitrust costituisce lo

spazio entro il quale si esprime liberamente lo spirito di iniziativa degli

operatori economici, finalizzata al raggiungimento del benessere collettivo.

La concorrenza diviene così un bene comune per il benessere cittadino e

la salvaguardia dei consumatori, mostrando la necessità di una tutela

giuridica in materia di intese lesive della concorrenza e di abusi di

posizione dominante, che sono il nucleo imprescindibile di tutti gli illeciti

antitrust.

La nozione di concorrenza perfetta, è uno degli obiettivi della dottrina

economica, i cui presupposti sono costituiti da un numero considerevole di

imprese, posseditrici di una piccola quota di mercato del prodotto x;

108

Trust dalla lingua inglese cartello.

109 CATELLI e FLORIDA, Diritto antitrust. Le intese restrittive della concorrenza e gli abusi di

posizione dominante, IPSOA, 2003, pag 9.

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79

nessuna barriera all’entrata quindi libera circolazione di materiali e

potenziali da un settore all’altro; infine dall’omogeneità del prodotto stesso.

Fig. 7 – Curva domanda e offerta mercato concorrenza perfetta

Fonte: PELLIZZARI, Introduzione alla microeconomia, Milano, 1985, 70.

p: prezzo

q: quantità

qo: curva offerta

qd: curva domanda

p: prezzo di equilibrio

q: quantità di equilibrio

La Figura 7 è il diagramma cartesiano esemplificativo di una situazione

perfettamente concorrenziale. Il prezzo del bene, come si può facilmente

intuire non viene deciso dall’impresa, bensì dal mercato, questo la fa

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80

definire price taker in quanto non ha alcuna influenza sulla fissazione del

prezzo del bene.

Price taker e non price maker dato che il mercato perfettamente

concorrenziale si contraddistingue dalla presenza di un congruo numero di

tante piccole imprese, che controllano piccolissime quote, essendo in

presenza di un mercato estremamente frammentato. Ciò non consente ai

singoli imprenditori di possedere un adeguato potere contrattuale da poter

consentire a quest’ultimi di alzare il prezzo del bene, in quanto

rischierebbero irrimediabilmente la perdita di una consistente parte di

clientela.

L’impresa può decidere la quantità da produrre, e questa viene

individuata intersecando la curva dell’offerta con la curva della domanda:

all’aumentare dalla domanda di un determinato bene, aumenterà

proporzionalmente l’offerta, eguagliandosi. Questo viene definito come

punto di equilibrio tra la domanda e l’offerta, quello spazio in cui la

quantità dei beni prodotti rispecchia perfettamente la quantità di beni

richiesti dai consumatori.

Proprio per questo la situazione di mercato perfettamente concorrenziale

è l’obiettivo costante da perseguire secondo la dottrina economica, per

scongiurare il rischio di monopolizzazione del mercato, con la massima

trasparenza, evitando produzioni superflue e sfruttamento economico dei

consumatori.

In Italia la legislazione antitrust ha origini ben più recenti rispetto a

quella statunitense. Nel 1990, a più di cento anno dalla nascita della prima

normativa in materia, viene finalmente approvata la Legge 10 ottobre 1990,

n. 287 in materia di “Norme per la tutela della concorrenza e del

mercato”110

, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il giorno 13 ottobre 1990, n.

240, meglio nota come Legge Antitrust.

110

CATELLI e FLORIDA, Diritto antitrust. Le intese restrittive della concorrenza e gli abusi di

posizione dominante, 2003, 3.

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81

Come indicato all’interno della L. n. 287/1990 nell’art. 1 comma 1 “Le

disposizioni della presente legge in attuazione dell'articolo 41 della

Costituzione a tutela e garanzia del diritto di iniziativa economica, si

applicano alle intese, agli abusi di posizione dominante ed alle

concentrazioni di imprese che non ricadono nell'ambito di applicazione

degli articoli 65 e/o 66 del Trattato istitutivo della Comunità europea del

carbone e dell'acciaio, degli articoli 85 e/o 86 del Trattato istitutivo della

Comunità economica europea (CEE), dei regolamenti della CEE o di atti

comunitari con efficacia normativa equiparata”. La legislazione italiana in

materia di antitrust opera fondamentalmente per tutelare i consumatori da

due categorie di illecito: dagli abusi di posizione dominante e dalle intese

restrittive della concorrenza. Come indicato all’interno dell’art. 41 della

Costituzione italiana deve essere tutelato e garantito loro il diritto di

iniziativa economica, essendo quest’ultima libera e necessaria all’interno di

un mercato concorrenziale.

Sussistono molteplici differenze tra la legislazione antitrust a livello

italiano/europeo e quella a livello statunitense. Per esempio negli Stati Uniti

le leggi in materia di antitrust hanno rilevanza penale, in Italia e più in

generale in Europa la L.A. ha valenza a livello amministrativo, punendo

con sanzioni amministrative, spesso molto cospicue, coloro che non

rispettano rigidamente la legge. Un’altra notevole differenza si può

riscontrare all’interno dello stesso nome della disciplina antitrust, il “trust”

infatti è un istituto tipico della Common Law, poco riscontrabile all’interno

del nostro ordinamento dalle basi del Civil Law.

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Fig. 8 – Common Law and Civil Law world map

Fonte: Berkeley Law, University of California

Civil Law è il sistema di leggi emerso in Europa continentale durante il

Medioevo, sotto la notevole influenza del Diritto romano, che si basa su

leggi codificate, ossia suddivise per categorie111

. Il Common Law è invece

emerso in Inghilterra, infatti si parla anche di diritto degli anglosassoni, ed è

un modello di ordinamento giuridico che non si basa sulla legge codificata,

bensì giudica in base alla giurisprudenza, ossia tenendo conto delle

precedenti sentenze.

Questa distinzione risulta necessaria per una più corretta analisi della

legge antitrust, bisogna tenere conto delle imprescindibili caratteristiche di

ogni paese che si osservi, e necessariamente prendere in considerazione

111

Codice civile, Codice penale, Codice del consumo, e così via.

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83

anche la disciplina comunitaria, come indicato nella Legge n. 287/1990

nell’art. 1 comma 4 “L'interpretazione delle norme contenute nel presente

titolo è effettuata in base ai principi dell'ordinamento delle Comunità

europee in materia di disciplina della concorrenza”.

La disciplina del diritto antitrust, in Italia, fa rispettivamente riferimento

sia alla Legge Antitrust, che agli articoli della normativa antitrust

comunitaria112

, in particolar modo gli articoli 101, 102 e 106 del Trattato

sul funzionamento dell’Unione Europea, meglio detto TFUE113

, detto anche

Trattato di Roma del 1957.114

L’art. 101 TFUE disciplina le intese restrittive della concorrenza

vietando “tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di

imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il

commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di

impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del

mercato interno” elencando nel primo comma le possibili fattispecie vietate,

sancendo nel secondo comma come queste intese provochino la loro

immediata nullità, e puntualizzando nel terzo ed ultimo comma

l’eventualità di possibili eccezioni al divieto115

.

112

CATELLI e FLORIDA, Diritto antitrust. Le intese restrittive della concorrenza e gli abusi di

posizione dominante, 2003, 23 ss..

113Gli articoli 101, 102 e 106 TFUE, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona del 2009,

hanno cambiato numerazione, prima erano indicati rispettivamente con l’art. 81, 82 e 86 del TCE,

Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea. Reso ufficiale con la pubblicazione della

GU n. 115 del 9 maggio 2008.

114 Per il codice aggiornato vedi http://eur-lex.europa.eu

115 Art. 101 TFUE, ex articolo 81 TCE: “1. Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti

gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate

che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di

impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno ed in

particolare quelli consistenti nel: a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di

vendita ovvero altre condizioni di transazione; b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi,

lo sviluppo tecnico o gli investimenti; c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento; d)

applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni

equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza; e) subordinare

la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni

supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con

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L’art. 102 TFUE tratta del divieto di abuso di posizione dominante,

affermando come questo sia “incompatibile con il mercato interno e vietato,

nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati

membri”116

elencando tutta una serie di comportamenti prevedibilmente

abusivi. Mentre l’art. 106 TFUE si limita ad affermare l’ovvio principio

secondo cui le norme di ogni singolo Stato membro, non devono

assolutamente essere contrarie ai principi comunitari, indicati all’interno del

Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea117

.

Senza tralasciare ciò da cui queste norme sono corredate, due

regolamenti dalla notevole importanza, per ogni Stato membro dell’Unione

Europea: il Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, pubblicato in GU

l'oggetto dei contratti stessi. 2. Gli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono

nulli di pieno diritto. 3. Tuttavia, le disposizioni del paragrafo 1 possono essere dichiarate

inapplicabili: - a qualsiasi accordo o categoria di accordi fra imprese, - a qualsiasi decisione o

categoria di decisioni di associazioni di imprese, e - a qualsiasi pratica concordata o categoria di

pratiche concordate, che contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o

a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte

dell'utile che ne deriva, ed evitando di a) imporre alle imprese interessate restrizioni che non siano

indispensabili per raggiungere tali obiettivi; b) dare a tali imprese la possibilità di eliminare la

concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi”.

116 Art. 102 TFUE, ex articolo 82 TCE: “È incompatibile con il mercato interno e vietato, nella

misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo

da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte

sostanziale di questo. Tali pratiche abusive possono consistere in particolare: a) nell'imporre

direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non

eque; b) nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori; c)

nell'applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni

equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza; d) nel

subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni

supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con

l'oggetto dei contratti stessi”.

117 Art. 106 TFUE, ex articolo 86 TCE: “1. Gli Stati membri non emanano né mantengono, nei

confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi,

alcuna misura contraria alle norme dei trattati, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 18

e da 101 a 109 inclusi. 2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico

generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in

particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti

all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo

degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell'Unione. 3. La

Commissione vigila sull'applicazione delle disposizioni del presente articolo rivolgendo, ove

occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisioni”.

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85

n. L 024 del 29/01/2004 e il Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio,

pubblicato in GU n. L 001 del 04/01/2003118

.

Il Regolamento (CE) n. 139/2004 entrato in sostituzione del

Regolamento (CEE) n. 4064/89 prevede il controllo preventivo della

formazione di concentrazioni, in particolare di quelle imprese il cui

fatturato superi una determinata soglia. Mentre il Regolamento (CE) n.

1/2003, venuto in sostituzione del precedente Regolamento n. 17/1962,

mette in luce la correlazione tra legislazione antitrust a livello comunitario

e a livello di ogni Stato membro, indicando esplicitamente che nel

presentarsi di una situazione di conflitto tra Stati membri, dovrà

obbligatoriamente essere applicata la normativa comunitaria119

.

Questo discorso vale ovviamente solo per quelle fattispecie che non si

esauriscono all’interno del territorio del singolo Stato, in quanto queste

rientrano unicamente sotto la giurisdizione nazionale e non comunitaria.

1.1 AGCM

Ciò che è elemento distintivo solo della legislazione italiana in materia

di antitrust, è la presenza di un’istituzione indipendente120

dal peculiare

nome di Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, comunemente

nota come AGCM. Questa è stata istituita con l’entrata in vigore della

Legge 287/1990, che ha segnato l’inizio di un lungo percorso di normative

antitrust in territorio italiano.

118

Vedi www.agcm.it

119 CATELLI e FLORIDA, Diritto antitrust. Le intese restrittive della concorrenza e gli abusi di

posizione dominante, 2003, 24.

120 L. 287/1990 art. 10 comma 6: l'Autorità è provvista di piena autonomia organizzativa, e quindi

“delibera autonomamente le norme concernenti la propria organizzazione ed il proprio

funzionamento nonché quelle riguardanti il trattamento giuridico ed economico del personale e

l'ordinamento delle carriere”.

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Fig. 9 – Struttura, attività e procedure AGCM

Fonte: http://www.borsaitaliana.it

L’AGCM è un organo collegiale che “opera in piena autonomia e con

indipendenza di giudizio e di valutazione”121

e lavora indipendentemente

dal potere esecutivo, cioè dal governo. È costituito dal Presidente e da

quattro membri, i quali sono nominati congiuntamente dai relativi

presidenti della Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica,

nominati per sette anni senza possibilità di riconferma. “Il presidente è

scelto tra persone di notoria indipendenza che abbiano ricoperto incarichi

istituzionali di grande responsabilità e rilievo. I quattro membri sono scelti

tra persone di notoria indipendenza da individuarsi tra magistrati del

Consiglio di Stato, della Corte dei conti o della Corte di cassazione,

121

L. 287/1990 art. 10 comma 1

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professori universitari ordinari di materie economiche o giuridiche, e

personalità provenienti da settori economici dotate di alta e riconosciuta

professionalità”122

.

L’attuale organizzazione è visionabile nella figura 10: Antonio

Catricalà svolge il ruolo di Presidente, mentre Rebecchini, Pilati, Barucci e

Rabitti nominati Compomenti. Luigi Fiorentino nominato Segretario

Generale dell’Autorità, per conto del Ministero dello Sviluppo Economico,

sotto proposta del Presidente Catricalà. Il tutto fino a contare un totale di

277 unità al servizio dell’Autorità. Tutti i membri sottostanno

all’accettazione di un codice etico, che sono tenuti a rispettare passo dopo

passo, contenente principi basilari per lo svolgimento delle particolari

funzioni dell’AGCM, quali: riservatezza, imparzialità, correttezza.

L'autorità è composta inoltre da tre Direzioni Generali: la Direzione

Generale per la concorrenza, la Direzione Generale per la tutela del

consumatore e la Direzione Generale per le risorse. Ogni direzione è poi

suddivisa a sua volta in Direzioni Settoriali, ciascuna delle quali svolge per

i propri settori di competenza, attività di indagine e di analisi delle pratiche

restrittive della concorrenza e delle concentrazioni tra imprese.

122

L. 287/1990 art. 10 comma 2

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Fig. 10 – Organizzazione AGCM

Fonte: http://www.agcm.it/istituzione/organizzazione.html

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2. ILLECITO ANTITRUST

I principali e più antichi compiti dell’Autorità sono tre, vigilare sulle

tipiche categorie di illecito Antitrust, quali:

- Intese restrittive della libertà di concorrenza;

- Abuso di posizione dominante;

- Operazioni di concentrazione restrittive della libertà di concorrenza.

I primi due punti, riguardanti il divieto di intese ed il divieto di abuso

costituiscono il nucleo primario della disciplina antitrust, sia nazionale che

comunitaria, entrambi sono comportamenti anticoncorrenziali il primo

riguardante due o più imprese, il secondo indicativo di una singola impresa.

Per lo svolgimento di questi compiti tutelativi, indicati anche all’interno

dell’articolo 27 del Codice del consumo, così come modificato dall’art. 1

del D.Lgs. 146/07, la L.A. conferisce all’AGCM poteri di indagine, come

indicato all’interno della Legge 287/1990 art. 12 ; poteri sanzionatori, come

indicato all’interno della Legge 287/1990 art 15 e la possibilità di avviare

un’Istruttoria in qualsiasi momento l’Autorità ritenga opportuno farlo, come

indicato nella Legge 287/1990 art 14.

2.1 Intese restrittive della concorrenza

Il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza costituisce

sotto il profilo storico il blocco principale e trae origine dal principio per cui

i “cartelli” risultano estremamente nocivi, per la libera espressione della

concorrenza. I “cartelli” sono accordi orizzontali tra imprenditori che si

trovano approssimativamente nello stesso punto della catena produttiva, che

può accadere stabiliscano un prezzo comune del bene prodotto, in modo

tale da spartirsi i mercati ed alterare nella maniera più nociva possibile

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l’equilibrio concorrenziale del mercato.123

Il bene tutelato all’interno di

questo divieto è quello del “gioco della concorrenza” come ben

puntualizzato anche all’interno dell’art. 101 TFUE, ex articolo 81 TCE124

,

oltre che nella Legge 287/1990 art 2.

Gli elementi che costituiscono le intese restrittive del gioco della

concorrenza sono molteplici. Il primo tra tutti, come accennato in

precedenza, è la fissazione di un prezzo d’acquisto o di vendita comune, è

inoltre vietato impedire o limitare l’accesso ai mercati o al progresso

tecnologico, ripartire mercati, applicare prezzi favorevoli o meno a seconda

del contraente e infine includere prestazioni supplementari non richiesti

perché non ai fini dell’uso commerciale, al momento dell’accettazione del

contratto125.

Per ultimo, ma non per importanza, abbiamo come elemento

fondamentale della seguente enunciazione e più in generale della disciplina

dell’Antitrust, la definizione di “impresa”. Questa nozione, costantemente

richiamata ed adottata dall’Antitrust, indicata nell’art. 2082 del Codice

123

CATELLI e FLORIDA, Diritto antitrust. Le intese restrittive della concorrenza e gli abusi di

posizione dominante, 2003, 18.

124 L’art. 101 TFUE coincide quasi totalmente con la L. 287/1990 art. 2. La sola differenza tra le

due normative, comunitaria e nazionale, è che hanno applicazioni in differenti ambiti territoriali e

quindi la normativa nazionale rifletterà decisamente più le peculiarità caratteristiche del proprio

territorio, a differenza della normativa nazionale che necessita di una uguale interpretazione per

tutti gli Stati membri dell’Ue.

125 L. 287/1990 art 2, comma 2 e 3: “2. Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o

per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza

all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti

nel: a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni

contrattuali; b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, gli

investimenti, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico; c) ripartire i mercati o le fonti di

approvvigionamento; d) applicare, nei rapporti commerciali con altri contraenti, condizioni

oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati

svantaggi nella concorrenza; e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte

degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura o secondo gli usi

commerciali, non abbiano alcun rapporto con l'oggetto dei contratti stessi. 3. Le intese vietate sono

nulle ad ogni effetto”.

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Civile sotto il nome di imprenditore e non di impresa126

, definisce questo

soggetto come colui che “esercita professionalmente un'attività economica

organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”.

Queste intese in qual si voglia modo vengono considerate come nulle,

cioè inesistenti, in quanto si consta innanzitutto il concorso alla volontà

degli aderenti, che decidono autonomamente se partecipare o meno alle

seguenti intese, che effettivamente provocano una restrizione e un

pregiudizio della concorrenza che, come postulato in precedenza, dovrebbe

venir considerata come un bene pubblico in grado di consentire il corretto

svolgimento del gioco del mercato.

2.2 Abuso di posizione dominante

Questo secondo divieto di abuso di posizione dominante prende in

considerazione, a differenza del primo divieto, di intese restrittive della

libertà di concorrenza127

, comportamenti unilaterali128

. Unilaterali in quanto

si tratta di una singola impresa, che rivestendo una posizione dominante ha

la possibilità di agire indipendentemente dal comportamento dei concorrenti

e a prescindere dall’andamento del mercato, e senza tenere conto del volere

dei consumatori, causando per via di questa non curanza, una distorsione

del corretto svolgimento della concorrenza.

Questa figura vieta, come si può intuire dal nome stesso, usi illeciti che

possano scaturire dalla posizione dominante che si sostiene all’interno del

mercato, ed è contenuta all’interno della Legge 287/1990 art. 3 per quanto

126

Nel Codice Civile si parla di imprenditore e non di impresa in quanto, l’impresa è l’ovvio frutto

dell’attività dell’imprenditore.

127 Si asserisce di imprese che si coordinano tra loro, volontariamente e coscientemente, per

conquistare una maggiore fetta di mercato.

128 CASTRONOVO e MAZZAMUTO, Manuale di Diritto Privato europeo. Volume III, 2007, 271

ss.

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92

riguarda la legislazione italiana, e nell’articolo 102 TFUE, ex articolo 82

TCE129, in materia di legislazione antitrust comunitaria. Entrambe

estremamente molto simili, costituiscono un’elencazione di tutti quegli atti

e fatti che possono considerarsi ovviamente illeciti, quali:

“a) imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto, di vendita o

altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose;

b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, lo

sviluppo tecnico o il progresso tecnologico, a danno dei consumatori;

c) applicare nei rapporti commerciali con altri contraenti condizioni

oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per

essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza;

d) subordinare la conclusione dei contratti all'accettazione da parte degli

altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura e secondo

gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l'oggetto dei

contratti stessi”.

Caratteristiche paradossalmente analoghe a quelle indicate nella voce

precedente riguardante le intese restrittive, L. 287/1990 art 2130

, infatti

anche qui il bene che si cerca di tutelare è quello del “gioco della

concorrenza”. Una differenza dalla notevole importanza in questo modello

di analisi, è la nomina all’interno della L. 287/1990 art. 3 della nozione di

consumatore, assolutamente assente nell’art. 2 della stessa Legge.

Tale nozione introduce la problematica principale, che ha dato l’input di

partenza per l’elaborazione di questa tesi di laurea: il concetto di tutela dei

consumatori, come viene garantita ed applicata nel nostro ordinamento.

All’interno dell’art. 3 della L.A. viene appunto presa in considerazione

la possibilità, spesso considerata fin troppo “remota”, di una possibile

limitazione della libertà dei consumatori, propriamente detta libertà di

129

Vedi sopra, nota 121.

130 Vedi sopra, nota 129.

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scelta. Spesso questa ci viene limitata, o diametralmente annullata come

potrebbe succedere in una tipica situazione di posizione dominante o di

intesa restrittiva. Questi abusi arrecano al mercato una limitazione del gioco

concorrenziale, arrecando problemi non solo al mercato cui si riferisce, ma

principalmente agli interessi dei consumatori.

La normativa antitrust non implica quindi prodotti o servizi adatti alle

specifiche esigenze dei singoli consumatori, questa circoscrive

semplicemente quei comportamenti che potrebbero essere gravosi per

l’utente e non indispensabili per l’impresa, limitandosi alla mera attuazione

della L. 287/1990, che nonostante le modifiche subite nel corso degli anni,

non è ancor’oggi strutturata a “misura d’uomo”. Lo scopo principale

dell’Antitrust oggi non è la mera ed esclusiva tutela dei consumatori, ma

quello di non disturbare i “padroni” nel senso Marxiano del termine131

, cioè

quelle imprese che ormai da decenni, perseguono un unico grande scopo, il

profitto selvaggio, dimenticando quel concetto basilare che dovrebbe

aleggiare all’interno di ogni cittadino coscienzioso: il concetto di “bene

comune”.

Il bene comune per eccellenza è l’intelligenza collettiva, interessa tutte

le dimensioni della collettività, indirizzandosi verso ogni singolo individuo,

senza tralasciare niente e nessuno. È un concetto che coinvolge intere

società, mettendo da parte desideri individualisti, permettendo al singolo di

sentirsi parte fondamentale della collettività, è “la ricerca costante del bene

altrui come se fosse proprio”132

, perciò dovrebbe essere la ragion d’essere in

particolar modo degli imprenditori, delle autorità politiche e non.

Il concetto di posizione dominante, non rispecchia assolutamente il

senso di appartenenza e valorizzazione della collettività, la seguente

impresa infatti domina il mercato, monopolizzandolo, offrendo beni e

131

MARX, Il capitale, 1867.

132 GRASSELLI, Riflessioni sul collegamento tra etica ed economia, 2005, 145.

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servizi a consumatori e concorrenti, che si limitano a subire condizioni

sfavorevoli133

. L’impresa monopolista, non persegue il benessere collettivo,

bensì quello personale: secondo questa logica maggiore egemonia porta

maggiori profitti.

2.3 Operazioni di concentrazione restrittive della libertà di

concorrenza

Oltre ai precedenti ambiti, la legislazione antitrust vigila anche sul

controllo delle concentrazioni. Queste indicate all’interno della Legge

287/1990 articoli 5, 6 e 7 e negli articoli 16, 17, 18 e 19134

.

Più dettagliatamente l’operazione di concentrazione restrittiva della

libertà di concorrenza può sopravvenire nei momenti in cui “due o più

imprese procedono a fusione; quando uno o più soggetti in posizione di

controllo di almeno un'impresa ovvero una o più imprese acquisiscono

direttamente od indirettamente, sia mediante acquisto di azioni o di

elementi del patrimonio, sia mediante contratto o qualsiasi altro mezzo, il

controllo dell'insieme o di parti di una o più imprese ed infine quando due o

più imprese procedono, attraverso la costituzione di una nuova società, alla

fondazione di un'impresa comune”135

Questa situazione e le precedenti sono accomunate dalla stessa

problematica: la fusione tra due o più imprese o l’acquisizione di imprese

prima autonome ed indipendenti, provocano notevoli problemi nel

meccanismo interno del mercato, riducendo notevolmente la concorrenza ed

aumentando sensibilmente la mole di lavoro e le capacità dell’impresa, che

133

CATELLI e FLORIDA, Diritto antitrust. Le intese restrittive della concorrenza e gli abusi di

posizione dominante, 2003, 301 ss.

134 Nella L. 287/1990 articoli 16, 17, 18 e 19, vengono indicati i poteri dell’autorità in merito al

divieto delle operazioni di concentrazione.

135 L. 287/1990 art. 5 comma 1

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consentiranno a quest’ultima la fissazione autonoma ed indipendente di

prezzi e condizioni a scapito sia dei consumatori che delle controparti.

La Legge Antitrust a tal proposito, con il supporto degli indici Istat

sull’andamento del carovita, fissa annualmente delle soglie limite, oltre la

cui cifra le operazioni di concentrazioni prima di essere realizzate devono

essere notificate all’Autorità. Lo scorso anno l’aggiornamento Istat ha

portato come risultato finale le soglie di 472 milioni di euro di fatturato

massimo realizzato dall’insieme delle imprese in operazione di

concentrazione e 47 milioni di euro136

di fatturato per l’impresa acquisita.

In Linea con le indicazioni provenienti dall’Antitrust e rintracciabili

all’interno del sito www.agcm.it; “per venire incontro all’esigenza delle

imprese”. Uno “slogan” che si potrebbe definire contraddittorio ed in

antitesi con ciò che si può leggere lucidamente, nella prima pagina del sito

ufficiale AGCM, cioè che “l’Autorità garantisce il rispetto delle regole che

vietano le intese anticoncorrenziali tra imprese, gli abusi di posizione

dominante e le concentrazioni in grado di creare o rafforzare posizioni

dominanti dannose per la concorrenza, con l’obiettivo di migliorare il

benessere dei cittadini”. Se vengono elaborate delle operazioni con

l’obiettivo principale di rispettare le esigenze di maggior profitto delle

imprese capitalistiche137

, volte al profitto e all’accumulazione di ricchezza,

a scapito dei lavoratori e dei consumatori, sembra lecito sollevare il dubbio

e la questione su come questa Autorità possa realmente migliorare il

benessere dei cittadini.

Cittadini e imprese sono le due parti opposte della stessa medaglia, e

non possono assolutamente andare di pari passo. Se, come pensa la

sottoscritta, ci si prefigge lo scopo della tutela dei cittadini e dei

consumatori, questo esclude automaticamente l’atto del privilegiare le

136

Vedi http://www.agcm.it/concorrenza-competenza/operazioni-di-concentrazione.html

137 Per un discorso maggiormente approfondito sulla questione si veda: MARX, Il capitale, 1867.

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imprese, soprattutto quelle volte unicamente a soddisfare quell’impulso

egoistico di arricchimento alla base dell’attuale congiuntura economica.

Definitivamente tramontata l’epoca del comunismo come alternativa al

capitalismo, di un mondo che aveva come caratteristica la bifaccialità, oggi

gran parte della società è orientata al pensiero neoliberista, che identifica la

libertà nell’individuo, nella sua accezione borghese moderna, professando

la liberazione dell’economia dallo Stato, la privatizzazione dei servizi

pubblici e la liberalizzazione di molti settori. In un contesto in cui sono gli

stessi Stati a farsi portatori di tale logica non c’è nulla di sorprendente nel

precedente paradosso tra tutela dei consumatori e privilegio alle imprese, in

quanto la libertà è intesa come libertà d’iniziativa economica e non come

libertà individuale, così è l’impresa a farsi portatrice dell’interesse

collettivo e non più la cittadinanza.

3. IL “BENESSERE” DEI CONSUMATORI ATTRAVERSO

L’ANTITRUST

Oggi l'Autorità Garante della Concorrenza del Mercato, a seguito

dell'entrata in vigore del D. Lgs. 146/2007138

, rappresenta l'autorità

amministrativa di riferimento per la tutela dei consumatori. Ora possiamo

vedere più da vicino come la legislazione in materia di antitrust a livello

nazionale tuteli il consumatore. Questo incarico a tutela del soggetto

“debole” viene portato a termine solo attraverso le tradizionali mansioni,

sopraelencate, di vigilanza sul divieto di intese restrittive della concorrenza;

sul divieto di abuso di posizione dominante e sul divieto di operazioni di

concentrazione.

Dal lontano 1992, due anni dopo l’istituzione dell’Antitrust in Italia,

questa veniva chiamata dal legislatore a svolgere attività di repressione in

138

Il D. Lgs. 146/2007 ha recepito la direttiva sulle pratiche sleali.

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materia di pubblicità ingannevole e comparativa, ma solo dopo tredici anni,

nel 2005, venne concesso all’AGCM di somministrare multe. Nel 2007

l’Autorità acquisì poi una nuova competenza, quella di tutelare i

consumatori dalle pratiche commerciali scorrette139

. Questa nuova capacità,

probabilmente la più importante in materia di tutela dei consumatori, viene

utilizzata allo scopo di protegge i contraenti “deboli”, i consumatori, dal

rapporto con i contraenti “forti”, le aziende, in modo tale da salvaguardare

l’autonomia del consumatore nella scelta di consumo140

. Oggi l'Autorità

Garante della Concorrenza del Mercato rappresenta l'autorità

amministrativa di riferimento a la tutela dei consumatori.

L' Autorità ha la competenza di applicare il decreto legislativo n. 145/07

che ha recepito la normativa comunitaria in materia di pubblicità141

ingannevole e comparativa, che all’art. 2, lettera b) afferma: viene

considerata ingannevole “qualsiasi pubblicità che in qualunque modo,

compresa la sua presentazione è idonea ad indurre in errore le persone

fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa

del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento

economico ovvero che, per questo motivo, sia idonea a ledere un

concorrente”.

La pubblicità comparativa anch’essa inserita all’interno del D. Lgs.

145/2007142

lettera, d) sovviene nel momento in cui un’azienda identifica il

139

Per rivedere l’ampio concetto di pratiche commerciali scorrette, vedi capitolo II (La tutela del

consumatore), punto 2.2.

140 CATRICALÀ e LALLI, L’antitrust in Italia. Il nuovo ordinamento, Giuffrè, Milano, 2010, 133

ss.

141 Per comprendere meglio la nozione di pubblicità ingannevole è necessario prima di tutto,

analizzare il concetto di pubblicità, inserito nel D. Lgs. 145/2007 all’art 2. lettera a) affermando

che può essere identificata come pubblicità “qualsiasi forma di messaggio che è diffuso, in

qualsiasi modo, nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale

allo scopo di promuovere il trasferimento di beni mobili o immobili, la prestazione di opere o di

servizi oppure la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi”.

142 In seguito alla legge finanziaria del 2007, precedentemente era indicata all’interno del Codice

del consumo.

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proprio prodotto o servizio con quello di un’altra azienda, ledendo in questo

modo l’immagine altrui e appropriandosi di caratteristiche non proprie.

La legittimazione a ricorrere avanti all’ AGCM è riconosciuta dall'art.

27 Codice del consumo143

a ogni soggetto o organizzazione. Il soggetto che

richiede l'intervento dell'Autorità è tenuto a fornire a quest'ultima, oltre alle

proprie generalità, gli elementi idonei a consentire una precisa

identificazione della pratica commerciale in questione e del professionista

che l’ha posta in essere, nonché ogni elemento ritenuto utile ai fini della

valutazione. L’antitrust a tal proposito propone varie strade per ricorrere

alla via della tutela dei diritti del consumatore: attraverso il sito internet

www.agcm.it permette la segnalazione relativamente a messaggi

pubblicitari ingannevoli e pubblicità comparative mediante la segnalazione

online http://www.agcm.it/invia-segnalazione-online.html, o tramite fax,

posta o numero verde, o ancora meglio tramite il modello di segnalazione,

compilabile e stampabile, che possiamo visionare nelle pagine seguenti,

facilmente reperibile nel sito dell’Autorità.

143

Così anche art. 5 del “Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche

commerciali scorrette”.

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99

Fig. 11 – Modello di segnalazione all’AGCM di pubblicità ingannevoli e comparative

Segnalazione in materia di tutela del consumatore e di pubblicità ingannevole e comparativa

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato Piazza Verdi, 6/a

00198 Roma

tel. 06858211 - fax 0685821256

Sezione 1. DATI RELATIVI AL SEGNALANTE (N.B. I dati identificativi del segnalante sono necessari nei casi in cui :

- la pratica scorretta riguardi utenze, contratti di fornitura o altri contratti;

- si voglia ricevere la comunicazione dell’Autorità relativa all’esito della segnalazione.)

(Il recapito telefonico del segnalante è indispensabile per ogni eventuale successivo ricontatto volto ad acquisire chiarimenti o a integrare i fatti segnalati)

Cognome Nome

Ragione sociale

Qualifica/ruolo del segnalante (es. amministratore, legale rappresentante, altro)

Partita IVA /Codice fiscale

Indirizzo n. civico

Città Provincia CAP

Telefono Fax e-mail

Sezione 2. DATI RELATIVI AL SEGNALATO (SOGGETTO O IMPRESA)

(N.B. I dati identificativi del soggetto o dell’impresa sono indispensabili ai fini della procedibilità della

segnalazione)

Denominazione

Partita IVA /Codice fiscale

Indirizzo n. civico

Città Provincia CAP

Telefono Fax e-mail

Segue

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Sezione 3. FATTO CHE SI VUOLE SEGNALARE Breve descrizione del fatto segnalato

(Descrivere l’accaduto evidenziando i contenuti del problema riscontrato e, ove possibile, le date in cui si

sono verificati i fatti)

2

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Sezione 3. FATTO CHE SI VUOLE SEGNALARE (segue)

a) Messaggio pubblicitario/iniziativa promozionale

(N.B. Indicare, ove possibile, l’esatta denominazione dell’offerta o del servizio reclamizzato e della relativa data

di diffusione al fine di consentire un intervento tempestivo e mirato)

Nome promozione Prodotto/servizio reclamizzato

Mezzo di comunicazione

utilizzato: Internet (indicare il

sito)

stampa (nome quotidiano/periodico/altra pubblicazione)

televisione/radio (indicare emittente, canale e programma)

volantino/depliant cartellone catalogo confezione prodotto

posta ordinaria sms e-mail pubblicità telefonica

altro (specificare)

Diffusione:

data (giorno, mese, anno) ora (per messaggi via Tv, radio)

luogo (per depliant/volantini/cartelloni/affissionali)

Il messaggio è ritenuto ingannevole riguardo a:

le caratteristiche dell’offerta

indisponibilità/disponibilità limitata assistenza post vendita

consegna caratteristiche, funzioni e/o risultati prospettati

proprietà salutistiche e terapeutiche proprietà ecologiche

trattamento reclami altro (specificare)

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102

Sezione 3. FATTO CHE SI VUOLE SEGNALARE (segue)

le condizioni economiche

prezzo/sconto modalità calcolo prezzo/sconto

spese accessorie modalità pagamento

false affermazioni di gratuità finanziamento finalizzato al consumo

costi/penali per l’esercizio del diritto di recesso altro (specificare)

le qualifiche dell’impresa

capacità/autorizzazione a svolgere l’attività

titolarità marchi, brevetti o altri riconoscimenti

la sua riconoscibilità (pubblicità occulta)

il pericolo per la salute e la sicurezza dei consumatori

i destinatari (messaggio diretto a bambini o adolescenti) b) Altri comportamenti scorretti

(N.B. Indicare, ove possibile, l’esatta denominazione del prodotto o del servizio al fine di consentire un

intervento tempestivo e mirato)

prodotto/servizio

ha sottoscritto un contratto? sì no

in caso di risposta affermativa:

nome intestatario

n. utenza n. contratto

data sottoscrizione contratto

4

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103

Sezione 3. FATTO CHE SI VUOLE SEGNALARE (segue) luogo di sottoscrizione contratto

presso un punto vendita (indicare denominazione)

fuori dai locali commerciali (es. proprio domicilio/luoghi pubblici/aeroporti/stazioni)

telefonicamente via internet

Quale comportamento dell’impresa segnalata ritiene scorretto?

fornitura non richiesta di un prodotto/servizio

disattivazione non richiesta di una fornitura/servizio

modifica contrattuale (es. aumento potenza Kwh, piano tariffario, tassi di interesse, altro) non preceduta

da informativa

ostacolo al passaggio ad altro operatore

mancata consegna prodotto mancato rispetto tempi di consegna

false vincite di concorsi a premio

sollecitazioni commerciali, ripetute e non richieste, tramite telefono, fax, posta elettronica, sms

visite porta a porta insistenti finalizzate alla vendita di beni o servizi

altro (specificare)

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104

Sezione 3. FATTO CHE SI VUOLE SEGNALARE (segue)

Mancanza di informazioni sui diritti dei consumatori:

condizioni o limitazioni all’esercizio del diritto di recesso

rimborsi al consumatore

garanzia sul prodotto acquistato

altro (specificare)

Ostacoli ai diritti dei consumatori (rifiuto, ritardo, oneri):

esercizio del diritto di recesso

garanzia sul prodotto acquistato

rimborsi al consumatore

altro (specificare) Ha già inoltrato reclami all’impresa? [ ] sì [ ] no

(N.B. La conoscenza del tipo di reclamo, delle modalità seguite e della relativa data consentono di valutare il

comportamento complessivo tenuto dal professionista)

In caso di risposta affermativa Quando ?

Con quali modalità? (tramite posta, e-mail, telefono, servizio clienti)

Ha ricevuto risposta ? sì no quando? (data)

Il problema è stato risolto? sì no quando? (data)

Come?

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Sezione 4. ALLEGATI

a) Documenti a supporto della segnalazione:

copia volantino o altro materiale pubblicitario segnalato

copia delle schermate di cui si compone il messaggio segnalato e diffuso a mezzo internet

copia del messaggio segnalato diffuso a mezzo stampa

rilievi fotografici del messaggio segnalato

copia contratto sottoscritto o inviato dall’impresa

copia reclamo/i inviato/i all’impresa

copia documenti di fatturazione oggetto di contestazione

copia nota d’ordine compilata per acquisti via internet

copia della prova d’acquisto (scontrino, fattura)

altro (specificare)

Sezione 5. Informativa ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 196 del 2003

Il sottoscritto autorizza l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato al trattamento e alla diffusione dei propri dati personali ai fini delle attività amministrative conseguenti alla presente

segnalazione, incluso l’eventuale accesso agli atti.

Data Firma

Data Firma

Fonte:www.agcm.it

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Una volta avvenuta la segnalazione, inizia la fase che può definirsi

pre-istruttoria, durante la quale l'Autorità rivaluta gli elementi in suo

possesso nonché quelli allegati alla richiesta di intervento e, qualora ritenga

che non vi siano i presupposti per un approfondimento istruttorio, archivia

la richiesta di intervento dandone comunicazione al richiedente, in caso

contrario provvede ad avviare l'istruttoria.

La fase pre-istruttoria non è soggetta ad alcuna forma di pubblicità. In

questa fase, il responsabile del procedimento può, chiedere per iscritto al

professionista di rimuovere gli elementi di possibile ingannevolezza o

illiceità, salvo che non si tratti di casi particolarmente gravi. Questo

strumento semplifica molto l'attività del responsabile del procedimento, che

è colui a cui spetta la decisione di avvio del procedimento o di

archiviazione144

. Quando l’AGCM decide di avviare l'istruttoria, ne

informa il professionista ed i soggetti che hanno presentato la richiesta di

intervento, specificando l'oggetto del procedimento, la scadenza per la sua

conclusione, l'ufficio e la persona responsabile, l'ufficio le modalità di

accesso agli atti, la possibilità di presentare memorie scritte o documenti ed

il termine entro cui possono essere presentati.

L’AGCM, dopo aver valutato impegni proposti, ha tre possibilità:

- qualora li ritenga manifestamente legittimi dispone la chiusura del

procedimento senza accertare l'infrazione, rendendolo obbligatorio;

- qualora li ritenga solo parzialmente illegittimi, fissa un termine al

professionista per un eventuale perfezionamento degli impegni

medesimi;

- qualora ritenga la pratica commerciale totalmente illegittima o nei

casi di evidente scorrettezza e/o gravità, delibera il rigetto degli

impegni medesimi.

144

Presenta anche alcuni limiti oggettivi, in quanto, non può essere utilizzato nei casi di particolare

gravità e la discrezionalità della responsabile del procedimento viene ristretta mediante la

previsione di un'informativa al Collegio.

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107

L'accettazione degli impegni e la conseguente chiusura del

procedimento, non ostacolano un'eventuale successiva riapertura d'ufficio

del procedimento quando il professionista, non porta a termine gli impegni

assunti oppure la situazione di fatto muta rispetto ad uno o più elementi su

cui si fonda la decisione, oppure ancora quando la decisione di accettazione

degli impegni si fonda su informazioni incomplete, inesatte o fuorvianti.

Sempre con lo scopo di perseguire il “benessere dei cittadini” l’AGCM

propone anche delle Mini Guide con l’obiettivo di aiutare i consumatori a

non incorrere nelle truffe. Di seguito possiamo trovare un piccolo decalogo

utile composto da dieci regole, che se seguito alla regola dal consumatore,

eviterebbe molteplici situazioni spiacevoli. Noi consumatori siamo “animali

istintivi”, agiamo d’istinto facendoci guidare molto spesso dalle sensazioni,

un comportamento in antitesi con quello del presupposto homo economicus

che secondo la teoria economica classica dovrebbe essere sempre orientato

verso la razionalità nelle sue scelte.

Fig. 12 – Mini Guida per consumatori

Fonte: www.agcm.it

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108

Nonostante i buoni propositi, secondo il mio parere l’Antitrust non

riesce a pieno a garantire la tutela dei consumatori. Partiamo dal

presupposto che promuovere il “benessere” dei consumatori non è la stessa

cosa che “tutelare” i consumatori. Il benessere145

è quella sensazione

psicofisica di armonia e beatitudine con ciò che ci circonda, raggiungibile

anche dopo un acquisto indotto tramite quella che non ci accorgiamo essere

una pratica commerciali scorretta. Un acquisto dovuto ad una pubblicità

ingannevole, è soddisfacente come un acquisto scaturito da una normale146

pratica commerciale, fino al momento in cui non ci aggiorniamo

dell’illegalità che ci ha spinto a questo atto di consumo. Un acquisto

effettuato in seguito a pratiche scorrette e pubblicità ingannevoli o

comparative, potrebbe provocare addirittura un grado maggiore di

soddisfazione, dovuto alle apparenti condizioni “favorevoli” dell’acquisto.

Raggiungere quindi il “benessere” non è assolutamente sinonimo di una

tutela reale per questi soggetti, tutt’altro. Tutelare i consumatori, implica

invece la protezione dei loro diritti ed interessi realmente, non

all’apparenza147

, ma nella pratica.

Esistono quindi notevoli contraddizioni all’interno dell’AGCM , questa

non è studiata a misura d’uomo, non è strutturata sulle specifiche esigenze

del consumatore, ma tenta di raggiungere il giusto compromesso tra

l’insoddisfazione e la soddisfazioni di questi’ultimi. L’Antitrust italiano

inoltre tutela le imprese dalle grandi dimensioni e dai cospicui fatturati,

sanzionando le aziende in fallo, con sanzioni dalle cifre massime che

risultano gravose solo per le piccole imprese, causando così una

145

Seconda una definizione dell’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità il benessere è “lo

stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale di ben-essere che consente alle persone di

raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società”

146 Normale inteso come rientrante nella norma, ossia nella Legge.

147 Per un discorso più approfondito della questione rivedi Capitolo I e Capitolo II.

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109

diminuzione dell’efficacia deterrente della pena e il formarsi di mercati

oligopolistici148

.

L’AGCM oltre a ciò è un sistema definibile sotto il concetto di

“Autorità”, così il cittadino/consumatore sotto la sua tutela non si sentirà

mai veramente libero. Il sistema autarchico è fondato sull’equazione

comando/obbedienza, l’autorità in questo caso si trova in uno status di

potere, in una “posizione gerarchica” superiore149

, che divide questa dai

comuni mortali, che istituzionalizza, e ciò che è istituzione è distante anni

luce dagli individui, dai consumatori e dall’aver acquisito un minimo di

autonomia, che dal greco autòs, se stesso, e nomos, legge, fa ben

comprendere come questa sia acquisibile quando la Legge si fa da se. Del

resto l’AGCM pur essendo un soggetto “autonomo” ed “indipendente”, è

pur sempre un’entità istituzionale, sorge quindi il dubbio se questa possa

essere veramente garante di imparzialità ed indipendenza.

148

Oligopolio è una forma di mercato consistente nella presenza sul mercato di poche imprese, di

grandi dimensioni. Anche un duopolio può essere definito come oligopolio.

149 FROMM, Fuga dalla libertà, 1994.

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110

CAPITOLO IV

AZIONI COLLETTIVE RISARCITORIE

1. LEGGE FINANZIARIA 2008: L. 24 DICEMBRE 2007 N. 244

In seguito a numerose peripezie formative e normative, l’art. 2, commi

445-449, della legge 24 dicembre 2007 n. 244150

, finanziaria 2008, viene

alla luce, grazie ad una svista di un parlamentare al momento del voto151

.

L’obiettivo è quello di elevare il margine di tutela del contraente debole,

con questa proposta viene a formarsi all’interno del nostro ordinamento un

istituto fino ad allora ignoto: l’Azione risarcitoria collettiva.

Come l’Antitrust anche l’azione risarcitoria collettiva, è strumento volto

alla tutela dei consumatori, con l’importante differenza che questa trova il

suo fondamento nella volontà di garantire e riconoscere i diritti e gli

interessi individuali e collettivi dei consumatori, attraverso una forma di

150

L. 24.12.2007, n. 244 art 2, comma 445: “Le disposizioni di cui ai commi da 446 a 449

istituiscono e disciplinano l’azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori, quale nuovo

strumento generale di tutela nel quadro delle misure nazionali volte alla disciplina dei diritti dei

consumatori e degli utenti, conformemente ai princıpi stabiliti dalla normativa comunitaria volti ad

innalzare i livelli di tutela”.

L. 24.12.2007, n. 244 art 2, comma 446: “Dopo l’articolo 140 del codice del consumo, di cui al

decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e` inserito il seguente: Art. 140-bis. – Azione

collettiva risarcitoria” Vedi D. Lgs. 206/2005 art. 140 bis.

L. 24.12.2007, n. 244 art 2, comma 447: “Le disposizioni di cui ai commi da 445 a 449 diventano

efficaci decorsi centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”.

L. 24.12.2007, n. 244 art 2, comma 448: “All’articolo 50-bis, primo comma, del codice di

procedura civile, dopo il numero 7) e` aggiunto il seguente: «7-bis) nelle cause di cui all’articolo

140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206»”.

L. 24.12.2007, n. 244 art 2, comma 449: “Al codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6

settembre 2005, n. 206, la rubrica del titolo II della parte V e` sostituita dalla seguente: «Accesso

alla giustizia»”.

151 Dopo aver subito un’opportuna azione di attenuazione motivata dalle paure riguardanti le class

actions.

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111

tutela in sede nazionale o locale effettuata in forma associativa e collettiva.

Questa azione è inserita all’interno del titolo V del nostro Codice del

Consumo, in materia di “Associazioni dei consumatori ed accesso alla

giustizia”, esattamente nell’art. 140 bis.

I concetti espressi dall’art. 140-bis appaiono chiari e comprensibili dal

momento che non hanno avuto la pretesa di trattare ogni aspetto processuale

delle azioni risarcitorie, si inizia a “sostituire l’azione della collettività a

quella dei singoli, ogni qual volta quest’ultima si ravvisi insufficiente”152

.

Ciò che risulta ancor più chiara è la scelta di base: immaginare che taluni

attori esponenziali diventino l’organo fautore di un giudizio risarcitorio in

cui i crediti relativi ai soggetti lesi, possano calare, garantendo posizioni

giuridiche omogenee per il maggior numero di utenti/risparmiatori,

scatenando così un evento plurioffensivo, acceso dall’unione di quello che

sarebbe stata l’azione di ciascuno dei danneggiati.153

L’introduzione nel nostro ordinamento de “l’azione collettiva

risarcitoria a tutela dei consumatori” costituisce una decisiva svolta per il

sistema processuale italiano. Essendo questo l’esito di un “fenomeno

internazionale di circolazione di modelli processuali” volto a garantire ai

gruppi delle strutture di accesso collettivo per la tutela rimediale -

risarcitoria dei propri diritti, si può intuire il notevole passo in avanti

effettuato rispetto alle singole pretese risarcitorie delle azioni individuali.

Viene considerato come un significativo passo in avanti, in quanto

l’introduzione dell’azione risarcitoria collettiva, permette di soddisfare

quelle importanti esigenze che prima l’azione inibitoria non consentiva.

152

BONAUDI, La tutela degli interessi collettivi, 1911.

153 CHINÈ e MICCOLIS, Class action e tutela collettiva dei consumatori. Art. 2 commi dal 445 al

449, legge 24 dicembre 2007 n. 24, Roma, 2008, 132.

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112

Le azioni collettive condotte da più soggetti, in difesa dei propri diritti

ed interessi comuni, si possono dividere in due tipologie: da una parte

troviamo le azioni inibitorie e dall’altra quelle risarcitorie.

L’azione inibitoria, disciplinata dagli articoli 37154

e 140 del Codice del

Consumo, ha lo scopo di far cessare l’attività del professionista, che sia

riconosciuta dal provvedimento giudiziale come scorretta, inoltre vuole

imporre allo stesso l’obbligo di astenersi in futuro dal compimento di tale

attività. La tutela giurisdizionale che si ottiene attraverso l’azione inibitoria

è orientata a perseguire due tipi di risultati: ripristinare la situazione iniziale

che è stata lesa ed inibire qualsiasi altra reiterazione del comportamento

illecito. Da quanto esposto, si desume che essa rappresenti una forma di

tutela preventiva che è volta non solo a difendere i consumatori, ma anche il

regolare funzionamento del mercato, dato che tende ad attuare l’interesse

generale della lealtà nello svolgimento delle transazioni commerciali.

La tutela che scaturisce dalle azioni inibitorie non è però sufficiente a

soddisfare le esigenze della collettività, in tutti i suoi crismi, a differenza

dell’azione collettiva risarcitoria che oltre a consentire la tutela collettiva

delle vittime di uno stesso evento dannoso, con una sola azione giudiziaria,

permette anche la reintegrazione dei rispettivi patrimoni; una possibilità che

non era mai stata contemplata in nessuna normativa, fino alla sua

introduzione.

L’arrivo a tale riforma è stato segnato dall’indiscutibile influenza offerta

dal modello delle class actions, tipicamente americano, ma l’operato

154

D. Lgs. 206/2005 art 37, in materia di azioni inibitorie:

“1. Le associazioni rappresentative dei consumatori, di cui all'articolo 137, le associazioni

rappresentative dei professionisti e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura,

possono convenire in giudizio il professionista o l'associazione di professionisti che utilizzano, o

che raccomandano l'utilizzo di condizioni generali di contratto e richiedere al giudice competente

che inibisca l'uso delle condizioni di cui sia accertata l'abusività ai sensi del presente titolo.

2. L'inibitoria può essere concessa, quando ricorrono giusti motivi di urgenza, ai sensi degli

articoli 669-bis e seguenti del codice di procedura civile.

3. Il giudice può ordinare che il provvedimento sia pubblicato in uno o più giornali, di cui uno

almeno a diffusione nazionale.

4. Per quanto non previsto dal presente articolo, alle azioni inibitorie esercitate dalle associazioni

dei consumatori di cui al comma 1, si applicano le disposizioni dell'articolo 140”.

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113

italiano non può essere letto come un mero riaggiustamento di questo

schema, in quanto class action e azioni risarcitorie collettive sono

estremamente differenti, anche se nate per soddisfare lo stesso bisogno: la

necessità di una maggiore tutela dei consumatori. Vederle più da vicino è lo

scopo dei prossimi paragrafi.

2. AZIONE DI CLASSE E AZIONE COLLETTIVA

Fig. 13 – Che cosa è la Class Action

Fonte: http://www.borsaitaliana.it

Le azioni di classe, meglio note come Class Actions, prendono origine

dall’americana Rule 23 della Federal Rules of Civil Procedure, nata nel

1938 per adozione dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, maturata in seno

alle corti come manifestazione dei principi dell’equity, in modo del tutto

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114

diverso dai modelli di tutela risarcitoria europei che spesso emergono da

una reale manovra di laboratorio da parte dei legislatori.

Le Azioni di classe si differenziano notevolmente dalle Azioni collettive

che sorgono in Italia in seguito alla legge finanziaria per il 2008,

introducendo all’interno del nostro Codice del Consumo nell’articolo 140

bis l’istituto, fino ad allora poco noto, delle azioni risarcitorie collettive.

Quest’ultimo iniziò ad essere operativo in territorio italiano solo a partire

dal 1 gennaio 2010155

, grazie all’introduzione dell’art. 49 della legge 23

luglio 2009 n. 99 in materia di “Disposizioni per lo sviluppo e

l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”156

. In

Italia il sistema subisce ritardi nella sua introduzione, una delle principali

cause di questo rallentamento è dovuto al fatto che le Class Actions

provengono da un ordinamento giuridico di matrice anglosassone, detto

Common Law, che con molta difficoltà è riuscito ad adattarsi ad un modello

di Civil Law, a cui noi apparteniamo157

.

155 Questo mostra la notevole arretratezza e la lentezza del sistema giuridico italiano rispetto al

sistema giuridico americano, sia in materia di legislazione antitrust che in materia di azioni

collettive risarcitorie.

156 Legge 99/2009 art. 49 “Modifica dell'articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto

legislativo 6 settembre 2005, n. 206”

157 Vedi sopra, Capitolo III, punto 1. La stessa situazione di adattamento problematico al nostro

modello di Civil Law, si può scorgere anche nella disciplina antistrust.

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115

Fig. 14 – Class Action tra modello anglosassone e modello italiano

Fonte: http://www.borsaitaliana.it

Le azioni di classe sono profondamente differenti dalle azioni collettive

in quanto queste ultime possono essere esperite solo dalle associazioni dei

consumatori158

indicate nell’articolo 139 del Codice del Consumo, come

dettato dal comma 1 dell’articolo 140 bis dello stesso Codice: “1. I diritti

individuali omogenei dei consumatori e degli utenti, di cui al comma 2,

sono tutelabili anche attraverso l'azione di classe, secondo le previsioni del

presente articolo. A tal fine ciascun componente della classe, anche

mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa, può agire

158

Vedi sopra, Capitolo I, punto 3.

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per l'accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del

danno e alle restituzioni”. Le associazioni di consumatori in questo caso

agiscono da rappresentanti degli interessi degli utenti, operando come

mediatori. Un ruolo che può essere osservato con accezione critica, in

quanto la mediazione genera rapporti di dipendenza, sopprimendo un’altra

delle poche libertà rimaste in capo ai consumatori.

A differenza di ciò che succede in Italia, in cui le azioni collettive oltre

ad essere un’eccezione, vengono portate avanti da un soggetto differente dal

titolare del diritto, negli Stati Uniti le azioni individuali sono una rarità e le

Class Actions sono la regola, una consuetudine portata avanti dai

consumatori in persona.

Negli Stati Uniti le azioni di classe vengono instaurate da un singolo

individuo159

rappresentante di una pluralità di individui che si trovano nella

stessa situazione bisognosa di tutela160

, questo attore rappresentativo

chiamato nel diritto anglosassone come representative plaintiff, solitamente

risulta essere il consumatore che ha subito i maggiori danni, questo deve

rappresentare in modo adeguato tutti i singoli interessi di ogni membro

della classe di consumatori lesi. Ogni azione di classe per essere ammessa,

certified, deve possedere quattro requisiti essenziali:

- Numerosity, ossia la numerosità della classe per la quale va ad

operare; sarebbe impossibile la presenza fisica di tutti i soggetti lesi

in un unico processo;

- Commonality, cioè la comunanza di uno stesso problema;

159

Ma nulla vieta a questi di agire tramite associazioni rappresentative dei consumatori. Viene

individuato solitamente un Representative Plaintiff in quanto all’interno dei requisiti della Rule 23

è indicata a chiare parole “impossibilità di riunione in un unico processo di tutte le parti”

160 CHINÈ e MICCOLIS, Class action e tutela collettiva dei consumatori. Art. 2 commi dal 445 al

449, legge 24 dicembre 2007 n. 24, Roma, 2008, 139 ss.

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117

- Tipicality, stante a significare come quelle domande ed eccezioni che

il representative plaintiff andrà a richiedere debbano essere tipiche e

rappresentative di tutti i membri della classe;

- Adeguacy, come la credibilità che il rappresentative plaintiff deve

ottenere a sostegno degli interessi della classe161

.

Una volta certificata, l’azione di classe viene notificata a tutti i membri

della classe lesa, per poi passare in sentenza, con cui si stabilirà

successivamente l’ammontare del risarcimento. La cifra che corrisponderà

al risarcimento verrà ripartita, in modo tale da restituire le spese iniziali

anticipate dallo Studio Legale prescelto dai membri della classe, più

l’onorario calcolato in proporzione al risultato conseguito. Questo accordo è

noto anche con il nome di “Patto di Quota Lite”, che sta ad indicare quella

situazione in cui il singolo danneggiato, che non potrebbe esperire

un’azione di rivendicazione individuale a causa del cospicuo costo di

questa, si accorda con l’avvocato che anticiperà tutte le spese legali, incluse

le spese per perizie e trasferte dei testimoni, al patto che ad azione conclusa,

solo in caso di vittoria, lo studio legale potrà recuperare le spese effettuate

ed ottenere un risarcimento/onorario in percentuale al risultato conseguito,

solitamente corrispondente alla metà del risarcimento ottenuto. In caso di

esito negativo, lo studio legale non otterrà nessun risarcimento, né

compenso.

Il “Patto di Quota Lite” tipico del sistema anglosassone è ciò di cui ha

usufruito anche Erin Brockovich, impersonata in un noto film dall’attrice

Julia Roberts162

, intraprendendo nel 1992 una Class Action contro la Pacific

Gas and Electric company contro l’inquinamento delle falde acquifere da

161

CHINÈ e MICCOLIS, Class action e tutela collettiva dei consumatori. Art. 2 commi dal 445 al

449, legge 24 dicembre 2007 n. 24, Roma, 2008, 140 ss.

162 Julia Roberts ha interpretato il ruolo di Erin Brockovich nel film “Erin Brockovich – Forte

come la verità” diretto da Soderbergh nel 2000. Per chiarificazioni vedi www.brockovich.com.

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118

cromo esavalente163

ottenendo per i molteplici querelanti, indennizzi per

oltre 300 milioni di dollari.

Tab. 4 – Tutti in classe

Fonte: www.lavoce.info

Nel modello delle Class Actions c’è una ulteriore differenza rispetto al

modello italiano, il primo si basa sul concetto dell’opt-out, opt da option,

ossia l’individuo che fa parte della classe che decide di ricorrere alla class

action, automaticamente diviene parte dell’azione di classe, quindi opt-out

in quanto il seguente soggetto nel caso in cui non voglia usufruire dei

benefici derivabili dall’azione di classe ha la possibilità di “tirarsene

163

Vedi http://www.brockovich.com ed anche http://www.ermesconsumer.it

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119

fuori”164

. Differentemente da quando appena enunciato in materia di class

actions, in ambito italiano si ricorre al criterio diametralmente opposto:

quello dell’opt-in, si entra a far parte dell’azione collettiva risarcitoria solo

nel momento in cui decidiamo di aderirvi, avrà quindi efficacia solo nei

confronti di chi avrà usufruito dell’opting-it, come indicato del resto

all’interno dell’art. 140 bis del Codice del Consumo comma 3 “I

consumatori e utenti che intendono avvalersi della tutela di cui al presente

articolo aderiscono all'azione di classe” e successivo comma 15 per cui “le

rinunce e le transazioni intervenute tra le parti non pregiudicano i diritti

degli aderenti che non vi hanno espressamente consentito”.

Per una rivisitazione moderna del concetto di opting in e opting out si

possono osservare le figure seguenti n. 15 e 16.

164

MAZZINA, Prime considerazioni sugli aspetti costituzionali dell’ “azione collettiva”, in

AGIT, 2008, 8 ss.

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120

Fig. 15 e fig. 16 – Opting In e Opting out nell’accezione moderna

Fonte: www.goodreads.com

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121

Ora concentreremo la nostra analisi sul modello italiano.

Fig. 17 – Le fasi dell’azione collettiva risarcitoria

Fonte: BONA, BUZZELLI e CONSOLO, Obiettivo Class Action: l’azione collettiva

risarcitoria. L.24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008) che introduce l’art. 140-bis

codice del consumo e modifica l’art 50-bis c.p.c., IPSOA Gruppo Wolters Kluwer, 2008,

XXI.

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122

Le azioni collettive risarcitorie, come indicato nell’art. 140 bis comma

2 del Codice del Consumo, sono condotte volte a tutelare:

“a) i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano

nei confronti di una stessa impresa in situazione identica, inclusi i diritti

relativi a contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice

civile165

” ossia quei danni scaturiti dalla stipulazione di contratti;

“b) i diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato

prodotto nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un

diretto rapporto contrattuale” detto anche danno da prodotto166

;

“c) i diritti identici al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi

consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti

anticoncorrenziali” definibile anche come danno da “antitrust” in quanto

rispecchia gli obiettivi ricercati da questo istituto.167

Passando ad esaminare brevemente il procedimento di un’azione

collettiva168

, una volta verificato il danno e individuata la causa scatenante

verrà fatta la richiesta sulla possibilità di esperire un’azione risarcitoria

collettiva “al tribunale ordinario avente sede nel capoluogo della regione in

cui ha sede l'impresa, ma per la Valle d'Aosta è competente il tribunale di

Torino, per il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia è competente il

tribunale di Venezia, per le Marche, l'Umbria, l'Abruzzo e il Molise è

competente il tribunale di Roma e per la Basilicata e la Calabria è

competente il tribunale di Napoli” .

165

I seguenti articoli 1341 e 1342 del Codice Civile trattano delle “Condizioni generali di

contratto” e del “Contratto concluso mediante moduli o formulari”, esprimono in poche parole il

concetto che i contratti devono essere oggetto di negoziato tra le parti.

166 Individuati nel Codice del Consumo negli art. 114 e ss. riguardante la responsabilità per danno

da prodotto difettosi.

167 Vedi sopra capitolo III.

168 Vedi figura 17, le fasi dell’azione collettiva risarcitoria.

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123

In questa fase preliminare il tribunale deve valutare se la domanda è

ammissibile e sospendere il giudizio qualora ci sia un’istruttoria dianzi al

giudice amministrativo169

. Viene data ordinanza di inammissibilità della

domanda nel caso in cui sia “manifestamente infondata, quando sussiste un

conflitto di interessi[…], nonché quando il proponente non appare in grado

di curare adeguatamente l'interesse della classe”170

. Il giudizio di

ammissibilità dell’azione viene svolto dal giudice che, alla prima udienza,

mediante un provvedimento a cognizione sommaria, deve verificare

l’insussistenza delle cause di inammissibilità sopra elencate.

Nel caso di inammissibilità della domanda, il Tribunale si pronuncia

sulle spese e ordina la più opportuna pubblicità a cura e a spese del

soccombente. Se la domanda collettiva è ritenuta ammissibile, il tribunale

stabilisce il termine per la notificazione dell’ordinanza: “il tribunale

determina altresì il corso della procedura”, disponendo, fra gli altri, l’onere

alle parti in merito alla “pubblicità ritenuta necessaria a tutela degli

aderenti”171

.

A questo punto arriva il momento della decisione finale, che si qualifica

come una “sentenza di condanna” con la quale il giudice stabilisce le

somme da risarcire a coloro che hanno partecipato all’azione. Ovviamente

la sentenza fa stato nei confronti di tutti quelli che hanno aderito all’azione

collettiva risarcitoria mentre non avrà alcun effetto nei confronti di chi non

ha aderito, per i quali non saranno più “proponibili ulteriori azioni di classe

per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa dopo la scadenza

169

L’AGCM è un’autorità amministrativa indipendente. Nel qual caso ci sia già un procedimento

in corso con l’AGCM, non si potrà esperire un’azione risarcitoria collettiva.

170 Vedi D. Lgs. 206/2005 art. 140 bis comma 6.

171 Vedi D. Lgs. 206/2005 art. 140 bis comma 11.

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124

del termine per l'adesione assegnato dal giudice ai sensi del comma 9”172

,

anche se rimarrà per loro sempre possibile esperire l’azione individuale.

3. IL “BENESSERE” DEI CONSUMATORI ATTRAVERSO

LE AZIONI COLLETTIVE RISARCITORIE

Ma queste azioni collettive a scopo risarcitorio, spesso chiamate con

svelto americanismo class actions, come tutelano il “benessere” del

consumatore?

In primo luogo consentono di arrivare laddove altri istituti non riescono;

sono strutturate a misura d’uomo con l’unico obiettivo di tutelare il

consumatore e di non permettere loro di rinunciare ai propri diritti

fondamentali. L’azione risarcitoria collettiva consente ai consumatori di

arrivare dove un’azione individuale non riesce, permettendo loro di

intraprendere azioni che singolarmente non avrebbero avviato a causa degli

eccessivi costi giudiziari rapportati spesso all’esiguo danno dalla portata

economicamente modesta.

Tra i vantaggi che presenta uno dei principali è l’abbattimento dei costi,

infatti unendosi collettivamente le spese si abbattono ed il singolo acquista

una maggiore forza nei confronti della fonte dei suoi mali: l’impresa e

perché no anche la pubblica amministrazione. Il singolo così con l’azione

risarcitoria collettiva oltre a fare tutelare dei diritti a costo pressoché nullo

rispetto ad un’azione individuale, unendosi collettivamente con altri

individui, moltiplica esponenzialmente l’influenza e il potere contrattuale,

riuscendo a sovrastare anche grandi colossi come le multinazionali del

tabacco e delle automobili.

172

Vedi D. Lgs. 206/2005 art. 140 bis comma 14.

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125

Fig. 18 – Uniti contro i grandi si può

Fonte: www.reset-italia.net

Come illustrato ironicamente nella fig. 18 l’unione di tanti piccoli

consumatori, nell’immagine identificati come pesciolini, riesce a

contrastare la parte contrattualmente forte costituita dai grandi imprenditori,

e quindi ad acchiappare il cosiddetto pesce grosso.

Anche nel caso di piccole somme in ballo l’azione collettiva risarcitoria

riesce ad agevolare la tutela restitutoria, consentendo un’equa

redistribuzione tra i danneggiati del patrimonio risarcito. Inoltre l’unione di

più ricorsi individuali, associati in una sola azione comune consente un

notevole risparmio della spesa processuale e una cospicua riduzione della

spesa pubblica.

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126

Le azioni collettive consentono di dare libero sfogo alle necessità dei

consumatori senza dover far vagliare la propria problematica ad una

autorità superiore. Un potere quindi diffuso, che dal basso rivendica i diritti

dei propri rappresentati attraverso una costruzione plurale e articolata,

smarcandosi così dai meccanismi di tutela che necessariamente fanno capo

ad un potere proveniente “dall’alto”.

Fig, 19 – Avvocato del diavolo contro azioni collettive

Fonte: www.disinformazione.it

Queste si stanno insinuando in svariati ambiti, a partire dal settore delle

telecomunicazioni, in cui i consumatori mostrano problematiche riguardanti

bollette, pubblicità ingannevoli, servizi a pagamento; nel settore bancario

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127

riguardante azioni collettive finalizzate al recupero crediti173

; nel settore dei

servizi pubblici, rivendicando inefficienze collegate per esempio al servizio

dei trasporti pubblici174

; passando per il settore riguardante energia e

carburanti, concernente erogazioni difettose o a prezzi praticati non

seguendo il gioco concorrenziale; per arrivare infine al settore

dell’editoria175

.

Le Azioni collettive, causa la loro estrema attualità, possono risultare

estremamente efficaci ma di difficile attuazione perché poco frequenti nel

nostro territorio.

4. CASO DI STUDIO

La materia oggetto della mia ricerca è stata introdotta recentemente

nell’ordinamento nazionale, pertanto la trattazione al riguardo risulta spesso

limitata ad un approccio teorico più che applicativo. Le Azioni Risarcitorie

Collettive intraprese fino ad oggi costituiscono un numero esiguo nel totale

delle pratiche adottate per tutelare i consumatori e spesso risultano ancora

in corso. Alla luce di questi fatti ho ritenuto necessario introdurre un caso di

studio, oggetto di una ricerca personale, per approfondire l’analisi fin qui

svolta, concentrando l’attenzione sull’aspetto applicativo di tali strumenti.

L’intenzione è quella di fornire un quadro generale di come il ricorso

all’Antitrust e l’attuazione di Azioni Risarcitorie Collettive contribuiscano

alla tutela del consumatore. Per raggiungere tale scopo mi sono servita di un

questionario fatto di domande sia chiuse che aperte, somministrato

173

Vedi lo scandalo riguardante la Cirio, la Parmalat ed i Bond argentini.

174 Vedi l’azione risarcitoria collettiva instaurata contro Trenitalia.

175 Vedi l’azione risarcitoria collettiva instaurata contro Google da parte di tutti gli scrittori

d’Italia, per problematiche riguardanti violazioni di copyright.

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128

telefonicamente alle principali associazioni dei consumatori riconosciute

dal Ministero dello Sviluppo Economico176

. L’utilizzo del questionario,

nella seguente ricerca, è motivato dalla facilità di ottenere risposte rapide e

concise ed allo stesso tempo dalla possibilità di ottenere maggiori

informazioni nelle risposte a domande aperte. Rispetto ad un’intervista il

questionario è uno strumento di facile somministrazione, che richiede poco

tempo all’intervistato e che riesce ad evidenziare semplicemente differenze

ed affinità nei risultati conseguiti.

Il questionario si articola in 9 domande che, partendo dalle materie

specifiche di cui si occupa l’associazione in questione, si addentrano

nell’aspetto applicativo del ricorso all’Antitrust e alle Azioni Risarcitorie

Collettive. E’ stato somministrato a 10 diverse associazioni riconosciute177

,

che si occupano delle più svariate materie, tra le quali Altroconsumo,

Legaconsumatori, Adiconsum, Centro Tutela Consumatori, Lega

Consumatori, ADOC Piemonte, Assoutenti, Assoconsum, Confconsumatori

e Unione Nazionale Consumatori.

Il fine è quello di mostrare una comparazione, dove possibile, tra i due

strumenti, scoprire come vengono utilizzati dalle associazioni dei

consumatori e per quali casi viene preferito l’uno o l’altro. Inoltre si cerca

di scoprire se, secondo tali associazioni, con l’introduzione delle Azioni

Risarcitorie Collettive sia migliorata la tutela del consumatore ed in quali

ambiti queste possono essere delle pratiche più efficaci rispetto agli

strumenti di tutela tradizionali.

176

http://www.sviluppoeconomico.gov.it

177 Sono state esaminate il 55% delle associazioni dei consumatori, riconosciute dal Ministero

dello sviluppo economico, in quanto il totale di queste ammonta a 18.

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129

Tab. 5 – Questionario Antitrust/Azioni Risarcitorie Collettive

Questionario Antitrust/Azioni Risarcitorie Collettive

1) La vostra associazione si occupa di qualche ambito specifico nella

tutela del consumatore?Siete specializzati in qualcosa?

SI NO

Se si, quali?

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

2) Quali sono i principali motivi per cui una persona o gruppo di

persone si rivolge a voi?

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

3) Quante sono mediamente le persone che si rivolgono a voi nell’arco

di un anno?

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

4) Vi rivolgete all’Antitrust (AGCM) per alcune di queste

problematiche?

SI NO

Se no, per quale motivo?

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

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130

5) I casi nei quali vi rivolgete all’Antitrust sono molti?Saprebbe

indicarmi una percentuale approssimativa rispetto ai casi totali da voi

trattati?

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

6) Nel 2010 sono entrate in vigore le Azioni Risarcitorie collettive,

solitamente chiamate Class Actions, vi è mai capitato di attuarne

alcune? SI NO

Motivare la risposta.

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

7) Quanti sono stati questi casi approssimativamente e cosa

riguardavano?

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

8) Secondo lei, da quando sono entrate in vigore le Azioni Risarcitorie

Collettive è migliorata la capacità di tutelare i consumatori?

SI NO

Se no, perché?Se si, quali sono stati i principali cambiamenti apportati?

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

9) A vostro avviso il consumatore riesce ad essere tutelato in maniera

migliore se si rivolge all’Antitrust o se intraprende un’Azione

Risarcitoria Collettiva?

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

Fonte: Silvia Marini

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Nella loro eterogeneità, le associazioni dei consumatori prese in

considerazione si occupano principalmente della tutela dei consumatori in

vari settori: telefonia, problemi bancari, finanziari ed assicurativi, energia e

gas, commercio, consulenza per problematiche immobiliari e di edilizia,

elettrosmog, consulenza per problematiche di consumo di carattere

transfrontaliero, turismo, condomini, attività commercialistiche e beni di

consumo. Al di là dei settori di specializzazione di ognuna, in questa breve

carrellata possiamo rintracciare le motivazioni per le quali una persona o un

gruppo di persone si rivolgono ad un’associazione dei consumatori. Sono

questi infatti gli ambiti in cui il consumatore è soggetto a rischi; un universo

che risulta alquanto ampio e variegato, che contiene in sé problematiche che

vanno dai disagi nei trasporti alla garanzia negata per beni di consumo, dai

risarcimenti richiesti per automobili acquistate che non risultavano avere le

caratteristiche espresse all’atto della vendita fino ai reclami ed ai

comportamenti scorretti da parte delle aziende fornitrici di servizi. I soggetti

che ricorrono alle associazioni dei consumatori per tutelare i propri diritti

sono centinaia di migliaia in tutto il paese, ma è un dato che tiene conto

solo di chi ricerca una forma di tutela e non di chi, per scarsa conoscenza o

per poca volontà, non fa valere i propri diritti. I numeri danno un’idea

dell’ampiezza del fenomeno, basti considerare che solamente al Centro

Tutela Consumatori si rivolgono circa 49.000 persone all’anno178

. La

maggioranza delle associazioni si rivolge all’Antitrust principalmente per

segnalare presunte pratiche commerciali scorrette da parte di aziende179

e

comportamenti lesivi della concorrenza. I casi in questione però sono solo

una minima parte in relazione ai casi totali trattati, con variazioni

significative di anno in anno e con percentuali che non superano il 7-8% del

178

Dati del 2010.

179 In particolare messaggi e pubblicità che si ritengono ingannevoli.

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totale delle pratiche totali. Il ricorso ad Azioni Risarcitorie Collettive risulta

anch’esso di scarso utilizzo, nonostante la maggioranza delle associazioni

abbiano intrapreso pratiche di questo tipo. Principalmente sono rivolte a

disservizi riscontrati nel settore turistico, nei trasporti, nel settore bancario o

truffe ricevute da parte di grandi aziende180

. Le Azioni Risarcitorie

Collettive sono una possibilità in più fornita alla tutela del consumatore, che

offre una tutela più estesa, specialmente quando lo scarso valore economico

della causa può rappresentare un disincentivo all’introduzione di un

giudizio ordinario. Tuttavia risultano di scarso utilizzo perché la normativa

vigente è inadatta e non facilita le associazioni dei consumatori, i costi sono

spesso eccessivi, l’attuazione è incerta negli esiti ed economicamente

troppo rischiosa. Sono sicuramente pratiche che migliorano ed integrano la

capacità di tutela del consumatore, ma sono concepite in maniera inefficace

e vanno migliorate nel tempo. Molte associazioni sono fiduciose nei loro

confronti ed auspicano un incremento futuro nell’uso di tale strumento,

specialmente nel momento in cui saranno anche più chiari taluni aspetti

applicativi, alla luce dei primi casi risolti dalla giurisprudenza. In ogni caso

Antitrust ed Azioni Risarcitorie collettive costituiscono due tipi di tutela

diversi, il primo tende a tutelare il mercato in via diretta e in maniera

assorbente anche i consumatori, l’AGCM, infatti non può condannare la

società a rischiare il danno, mentre l’azione risarcitoria collettiva è uno

strumento giudiziale volto proprio a tutelare i consumatori che hanno subito

un danno derivante da un comportamento scorretto. L’azione presso

l’Antitrust ha lo scopo di sanzionare comportamenti scorretti da parte delle

aziende ed ha anche una funzione deterrente, volta a prevenire analoghe

condotte da parte di altre imprese e prescinde dall’esistenza di un reale

danno al consumatore. Le Azioni Risarcitorie Collettive, data la disciplina

che ne impedisce un uso efficace e snello, si caratterizzano per il

180

Il recente caso di Aiazzone è emblematico.

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cambiamento che sono riuscite a portare, con la loro introduzione, nella

tutela del consumatore; questo però non risulta tanto nel ricorso a tali

pratiche, quanto piuttosto nel mutamento degli atteggiamenti delle imprese

alla luce del rischio ipotetico che qualcuno le possa condannare al

risarcimento dei danni. A risultare efficace non è tanto l’azione in sé, ma la

minaccia, ipotetica, di tale azione.

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134

CONCLUSIONI

Dalla nascita del consumerismo ad oggi, le tecniche di tutela dell’utente

nell’atto di consumo sono aumentate notevolmente, il consumatore diviene

un soggetto dalla tutela privilegiata, scatenando l’interesse di molti; la

problematica riguardante la necessità di una maggiore difesa degli interessi

e diritti dei consumatori, si pone al centro dell’attenzione dell’odierna

società consumistica.

Vedono quindi la luce nuove modalità di protezione dei “soggetti

deboli”, a partire dalla istituzione dell’autorità amministrativa per

eccellenza, l’Antitrust, fino ad arrivare al nuovo strumento di ricorso al

giudice ordinario appellandosi alle recenti azioni collettive risarcitorie.

Queste due modalità, anche se estremamente differenti, si pongono

l’obiettivo comune di elevare il consumatore da mero “soggetto debole” a

“soggetto consapevole e con potere decisionale”.

L’AGCM, strumento dell’Antitrust italiano, persegue come obiettivi la

salvaguardia del gioco della concorrenza, ed in secondo luogo ed in

secondo piano la vigilanza sul benessere del cittadino. Punto cardine della

legislazione antitrust è mantenere uno status di potere, adattandosi alle

esigenze di mercato e delle grandi imprese, consentendo a queste il

continuo aumentare del fatturato, perseguendo un’idea alquanto vaga di

concorrenza perfetta che può addirittura portare al formarsi di mercati

oligopolistici. Si rincorre la tanto agognata libertà, che nell’accezione

borghese moderna, indica il raggiungimento della libertà d’impresa e non

della libertà del consumatore considerato come individuo. Questa

concezione implica un privilegio verso l’impresa, colei che attraverso la sua

rappresentanza politico-istituzionale inizia a farsi portatrice di un’idea di

interesse collettivo che si allontana dai bisogni reali della cittadinanza,

sempre più spogliata di un minimo potere decisionale.

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135

Il consumatore, cittadino del villaggio globale, in questa accezione si

trova in uno status di sottomissione all’autorità, che vocifera “leggi di vita”

a cui gli utenti sono obbligati a sottostare. L’AGCM viene a fondarsi su un

sistema autoritario incentrato sulla corrispondenza comando/obbedienza

che allontana i consumatori da ogni ipotetica acquisizione di un minimo di

autonomia decisionale.

Il miglior modo per consentire ai consumatori un più alto livello di

tutela consiste nel far acquisire loro una maggiore consapevolezza dei diritti

in loro possesso; questa si può ottenere solo con la conoscenza che è il

primo tassello del composito mosaico della vita. Imparare, conoscere,

genera automaticamente voglia di fare, cambiare, prendere iniziativa, ed è

da qui che prende via il passaggio da consumatore “parte contrattualmente

debole” a consumatore autonomo, intraprendente e con potere decisionale.

Se l’atto di consumo ruota attorno al consumatore, questo detiene del

potere, che può sfruttare a proprio favore, ribellandosi a questo stato di

passività, partecipando attivamente al processo di consumo e decidere

autonomamente la sua sorte.

La figura guida di questa ambizione sociale, risiede proprio nelle Azioni

risarcitorie collettive, che consentono di agire indipendentemente e

autonomamente da qualsiasi autorità o potere. Corrisponde all’intraprendere

azioni composte dall’unione di più individui accomunati da uno stesso

comune problema, consta di azioni intraprese dal “basso”, quel “basso”

della società spesso dimenticato, da imprenditori facoltosi e accusato

sovente di incapacità, che intraprende azioni spesso silenziose, ma che sono

la rimostranza che qualcosa o meglio qualcuno sta cambiando. Solo

prendendo coscienza che siamo noi stessi gli artefici del nostro destino, che

nulla ci sarà mai dovuto o regalato, è possibile il cambiamento, quindi la

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136

rivoluzione. Un cambiamento che, parafrasando Negri, solo il piano di

immanenza che caratterizza l’ardente desiderio può permette181

.

Le Azioni risarcitorie collettive, come evidenziato nel caso di studio,

data la loro recente entrata in vigore, non permettono un cambiamento

sostanziale nell’ambito della tutela dei consumatori. Queste, a differenza

della situazione riscontrabile negli Stati Uniti in cui sono la regola e non

l’eccezione, in terra italiana non sono di uso comune. Corrispondono ad una

immensa e non sfruttata possibilità in più a favore dei consumatori, che

vista la giovane età e l’inadattabilità al modello di Civil Law che ci

contraddistingue, rimane pressoché inutilizzato.

Il sistema attuale di tutela dei consumatori, non consente di poter

usufruire di una completa tutela, questa sarà raggiungibile solo nel

momento in cui ogni singolo consumatore deciderà di essere parte del

cambiamento e sentire la necessità di essere non più un burattino umano,

ma burattinaio della propria sorte. Oltre alla presa di coscienza, che può

generare il cambiamento, il sé individuale deve farsi sé collettivo, la volontà

deve manifestarsi in un ambito di condivisione di intenti, che non guardi in

maniera miope solo al proprio cortile, ai propri interessi individuali, ma che

sia capace di convogliare la necessità, e quindi la richiesta, di far valere i

propri diritti in un’unica direzione. In antitesi all’imprenditore, che mira al

profitto ed esclusivamente al suo interesse individuale, i consumatori

devono farsi parte costituente di un meccanismo di condivisione, e

condivisibile, in grado di spingere verso un’affermazione reale di quei

diritti che troppo spesso rimangono solo sulla carta.

181

NEGRI, L’inverno è finito. Scritti sulla trasformazione negata, Roma, 1996, 129 ss.

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