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Un Progetto di Marketing Territoriale per il Distretto di Montebelluna Offerta del territorio, contesti competitivi e possibili strategie di rilancio Profili economici 5

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Un Progetto di Marketing Territoriale per il Distretto di Montebelluna

Offerta del territorio, contesti competitivi e possibili

strategie di rilancio

Profili economici 5

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Un Progetto di Marketing Territoriale

per il Distretto di Montebelluna

Offerta del territorio, contesti competitivi e possibili strategie di rilancio

Convegno del 16 dicembre 1998

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E' consentito l'utilizzo, anche parziale, del contenuto degli interventi riportati, purchè venga fatto riferimento alla fonte ed al Convegno.

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MERCOLEDI’ 16 DICEMBRE 1998 Sala Conferenze Camera di Commercio di Treviso

PROGRAMMA DELLA GIORNATA

- Apertura dei lavori da parte del Presidente della Camera di Commercio Giuseppe Zanini - Luca Zaia – Presidente Amministrazione Provinciale di Treviso - Marco Zanetti – Direzione Industria della Regione Veneto - Renato Chahinian – Segretario Generale Camera di Commercio di Trevi-

so - Presentazione del lavoro svolto da Progetto Europa - Roma "Il sistema territoriale e la competizione: un'analisi sul posizionamen-to competitivo del distretto industriale di Montebelluna" - Rapporto conclusivo - Livio Barnabò - Amministratore Delegato di Progetto Europa - Slides - "Quali "azioni" per il distretto …" Loredana Ligabue – Partner di Workfare Carpi (MO) Interventi: - Gianpietro Breda – Unindustria Treviso - Luigi Gallinaro – Confartigianato Provinciale Treviso - Aldo Durante – Direttore del Museo dello Scarpone di Montebelluna

(TV) - Donato Bedin – Direttore dell'azienda speciale Treviso Tecnologia - Gilberto Graziottin – Segretario UST - CISL Treviso - Pierluigi Cacco – Segretario Provinciale CGIL Treviso - Ubaldo Fanton – Assessore alla Formazione Amministrazione Provinciale

di Treviso

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- Antonio Confortin – Segretario Provinciale UIL - Silverio Zaffaina – Sindaco di Montebelluna - Aldo Brullo – Ricercatore Università di Firenze - Ugo Girardi – Vice Segretario Generale Unioncamere Nazionale - Conclusioni: Paolo Gurisatti – Presidente P.O.S.TER. e Direttore Parco Tecnologi-co“Galileo” di Padova

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Introduzione del Presidente della Camera di Commercio Giuseppe Zanini

Buonasera e benvenuti a tutti. Apro volentieri i lavori di questo con-

vegno che credo rivesta particolari attese: esso infatti conclude un cam-mino di analisi particolarmente innovativo e approfondito che, come Camera di Commercio, d'intesa con le associazioni imprenditoriali, in particolare Unindustria Treviso, abbiamo voluto applicare per la prima volta al Distretto delle calzature sportive di Montebelluna, per capire, in dettaglio, l'offerta di un territorio nonché la sua potenziale capacità di attrarre investimenti.

Ci terrei però a fugare da subito una possibilità di confusione: negli ultimi mesi, proprio in concomitanza con la realizzazione dell'analisi, si è assistito ad un infittirsi di incontri sulla crisi del settore calzaturiero a Montebelluna.

Per valorizzare al meglio l'essenza del marketing territoriale, io vi in-viterei a non sovrapporre il piano della contingenza, dell'emergenza - che non neghiamo vi sia - con quello della trasformazione strutturale, del mutamento: che è il vero livello di intervento del marketing territo-riale.

Certamente la crisi è espressione anch'essa della trasformazione in at-to: la testimoniamo con la rassegna stampa che trovate in cartellina e ve-drete che l'affronteremo per i temi di fondo che essa evidenzia in modo ancor più netto.

Ma il marketing territoriale ci spinge a riflettere non tanto sulle solu-zioni-tampone, quanto sulle strategie, sulle visioni di lungo periodo at-torno alle quali convergere: per porre in atto azioni di reale sostegno per le componenti sociali ed economiche a più elevato potenziale del di-stretto.

Non perdiamo di vista, nel corso del convegno e del dibattito, questo quadro di riferimento: perché è in questo quadro, delle strategie, dei per-corsi a lunga distanza che oggi siamo chiamati a discutere.

E non a caso abbiamo invitato oggi un'ampia rappresentanza di sog-getti istituzionali, pubblici e privati: innanzitutto le istituzioni, la Regio-ne, la Provincia, i Comuni del Distretto, a cui credo venga naturale af-fiancare il Museo dello Scarpone diretto dal professore Aldo Durante, cuore del Distretto.

Poi le associazioni degli imprenditori e degli artigiani, ovviamente; i sindacati, coinvolti dal problema degli esuberi; ma a questi soggetti ab-

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biamo affiancato le scuole, gli istituti di credito, alcune cooperative di ser-vizio, perché -vedrete- l'approccio del marketing territoriale mette in gioco tutte queste componenti, chiama a lavorare in squadra. Ma non mi dilungo ulteriormente.

Vorrei invece sentitamente ringraziare il gruppo di lavoro che ha lavorato in questi mesi per arrivare ai risultati che oggi vi esporremo.

Innanzitutto Progetto Europa, società di consulenza strategica di Roma, oggi qui rappresentata da Livio Barnabò e da Domenico Nevoso, che ha co-ordinato l'intera iniziativa, e che - nei diversi incontri preliminari a questo convegno - ci ha messo di fronte ad illuminanti metodologie di analisi del-l'offerta del territorio e della potenziale domanda di investitori.

Quindi ringrazio Loredana Ligabue, consulente di politiche industriali, partner di Workfare, tra i promotori del CITER di Carpi, con esperienza di manager della Regione Emilia-Romagna, alla quale abbiamo affidato il de-licato compito di tracciare un quadro di possibili azioni strategiche e di pos-sibili strumenti, coerenti con l'analisi dell'offerta territoriale condotta da Progetto Europa.

Infine, tra i consulenti, un ringraziamento a Paolo Gurisatti, qui nella du-plice veste di Presidente dell'Istituto di ricerca P.O.S.TER. di Vicenza, assi-duo osservatore della realtà trevigiana oltre che docente all'Università di Commercio Estero, che ha assunto di recente la direzione del Parco Scienti-fico "Galileo" di Padova. A lui abbiamo chiesto in prima istanza l'analisi dei segmenti produttivi presenti nel distretto. Oggi inoltre gli chiediamo an-che di ascoltare attentamente quanto verrà qui discusso, per trarre delle pri-me conclusioni - assieme al Vice Segretario dell'Unioncamere nazionale, dr. Girardi, e per far sì insomma che il convegno lasci importante traccia di sé.

La sintesi dei percorsi di analisi e dei ragionamenti dei tre consulenti li trovate in forma di "slide report" in cartellina.

Ma i miei ringraziamenti vanno anche agli altri componenti del gruppo di lavoro. Vorrei ricordare che i risultati che man mano venivano illustrati da Progetto Europa sono stati discussi in più riprese con Unindustria Treviso, che ripeto è stata la promotrice del progetto di marketing su Montebelluna, sensibile al problema di come attrarre nel territorio attività ad alto valore aggiunto in compensazione alle attività che il mercato sta rendendo margi-nali, con Confartigianato, che nel Distretto ha invece il problema "contingente ma di valenza strutturale" dei terzisti da non perdere per strada ma da aiutare, dove possibile, nella riconversione qualitativa.

Con il prof. Durante del Museo dello Scarpone, che ci ha portato nelle discussioni i "nervi scoperti" del distretto, le sensazioni vissute a diretto contatto con gli imprenditori. Facendoci selezionare quelle strategie che, pur di lungo periodo, potessero avere già da subito un impatto credibile con

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gli operatori. Nell'ambito della vasta gamma degli interventi proposti dai relatori e da

quanti vorranno dare un contributo al dibattito, sarà compito poi della Ca-mera di Commercio e delle istituzioni pubbliche e private competenti, sce-gliere quelli ritenuti prioritari, per una loro realizzazione in grado di incide-re apprezzabilmente sui nodi cruciali che attualmente affliggono il nostro Distretto. Ma certamente dovremo coordinarci e trovare il consenso su po-chi e fondamentali obiettivi in un quadro coordinato di iniziative reciproca-mente collegate e sinergiche. Se riusciremo in questo intento, costituiremo comunque di fatto un patto territoriale denso di effetti concreti, indipenden-temente da ulteriori possibilità di formalizzazione e da eventuali aiuti ester-ni che potranno essere ottenuti.

Grazie della partecipazione, buon lavoro a tutti.

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Luca Zaia – Presidente Amministrazione Provinciale di Treviso.

Buonasera a tutti e un ringraziamento doveroso al Presidente della Ca-mera di Commercio, per il cortese invito e per la cortese ospitalità.

Sono accompagnato dal mio Assessore alle Attività Produttive, Piove-san e dall'Assessore alla Formazione, Ubaldo Fanton. Devo anche porta-re, Presidente Zanini, i saluti e la giustificazione dell'onorevole Dossi, (il quale mi ha chiamato perché è bloccato alla Camera) che già si è inte-ressato di queste problematiche.

Noi come Provincia siamo stati contattati per la prima volta, in assolu-to, nella prima assemblea di Montebelluna. Successivamente ci hanno raggiunto fisicamente per una discussione sul problema, i sindacati di categoria, che anche oggi vedo qui tra il pubblico.

Emerge, sicuramente, la necessità di occuparsi di Montebelluna, del di-stretto dello sport system, (che poi è quello che ci interessa), che, però, è "uno" dei nostri distretti industriali. I sindacati ci dicono, Signor Presi-dente, che "potrebbe" - e usiamo ancora il condizionale - potrebbe essere a rischio un migliaio di posti di lavoro, nel distretto industriale dello sport system. È anche vero che la delocalizzazione delle produzioni ci porterà inevitabilmente, alla recessione e questo è un sistema positivo per affrontare i problemi. Inevitabilmente le produzioni verranno trasfe-rite e sono già, di fatto, eguali anche negli altri distretti industriali.

In occasione dell'incontro con i sindacati, loro stessi ebbero a chiedere un tavolo comune di concertazione. Non una concertazione sul costo del lavoro o su problematiche sindacali, ma per risolvere il problema del di-stretto di Montebelluna. Io penso, come diceva Zanini nell'introduzione, è necessario che ci sia un unico interlocutore. Questo lo dissi anch'io in quell'occasione. E allora parta finalmente questo tavolo comune, dove tutti possono portare esperienze, know-how ma dove si possano, però, allocare anche funzioni, cioè, allocare responsabilità, in modo tale che, poi, queste responsabilità siano messe in rete. A questo proposito ricor-do che la Provincia, oltre alla formazione, dovrà gestire tutto il mercato del lavoro, cosa non indifferente, per risolvere questi problemi.

In quell'occasione ebbi a parlare dell'incontro con i Sindacati , non co-me boutade, ma come atto concreto, di Patti Territoriali. Qualcuno, poi, subito dopo ha reagito dicendo: "Zaia parla di Patti Territoriali ... Man-fredonia: subito si va là". Beh!, va ricordato che c'è una legge specifica, che parla dei Patti Territoriali, una legge che, fra l'altro, vede come in-terlocutore principale la Regione. Patti Territoriali per i Distretti Indu-striali. C'è una delibera del CIPE. pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del

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21 marzo del '97. Ci sono anche, obiettivamente, le condizioni per applicar-la. Leggo una frase sola "Il patto territoriale è finalizzato allo sviluppo del Territorio, che parte da una fase di concertazione locale - e qua ci siamo - e che ha come obiettivo la realizzazione e gestione di un insieme di progetti imprenditoriali ed infrastrutturali, a valenza prettamente locale" Questo è un Distretto Industriale. E il Patto Territoriale prevede una concertazione, quindi, la firma di un accordo di programma. Con chi? Con i Comuni, le Comunità Montane, la Provincia, la Regione, che deve essere capofila, le Associazioni Sindacali, le associazioni di categoria, la Camera di Commer-cio e tutte le realtà. Io dico, quindi: I Patti Territoriali non vogliono essere una risposta a Manfredonia, ma uno dei tanti apporti, spero positivi, per ri-solvere il problema. La Provincia, quindi, Presidente Zanini, è pronta ed è presente. Io spero che qualcuno prenda seriamente questo fatto dei Patti Territoriali, anche perché in Veneto i Patti Territoriali sono già applicati in molte zone: Polesine, il Rovigoto, e potremmo elencare tutte le zone che sono state oggetto di interventi di questo tipo.

Certo è che serve, anche, un progetto di marketing, un progetto comples-sivo. Sono d'accordo con te Presidente Zanini, che, se ci sovrapponiamo nelle iniziative, chi ci rimette, poi, è il calzaturiero. Quindi, piena disponi-bilità da parte nostra. Non a caso, qua, rimarranno i due Assessori per rac-cogliere i risultati del Convegno ... Io spero, anche che parta il tavolo di concertazione , qui, in Camera di Commercio e veda come partner princi-pale un'istituzione come la Provincia, che è l'istituzione che mette veramen-te delle risorse proprie con cura e volontà diretta.

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Marco Zanetti – Direzione Industria della Regione Veneto.

Vi porto, naturalmente, in primo luogo, i saluti dell'Assessore regio-nale all’economia, Floriano Pra, che avendo un impegno non è potuto intervenire. Chiedo anche scusa per aver sconvolto l'ordine degli inter-venti: è che, a mia volta, ho un altro impegno dopo.

Voglio sottolineare innanzitutto che, dalle prime battute degli inter-venti, mi sembra che, effettivamente, siamo sulla buona strada, nel senso che qualsiasi linea di finanziamento, qualsiasi legge è inutile se non tro-va un terreno fertile, quale invece esiste nel nostro caso.

Come Regione ci siamo mossi, a suo tempo, sulla spinta della legge 317 del '91, che ha tutti i limiti, che gli addetti ai lavori sanno, che pre-vede cioè un'individuazione dei distretti industriali abbastanza meccani-ca, con criteri statistici, ma che doveva servire per individuare i Distretti in tutta Italia. Quindi, non prevedeva dei criteri ad hoc per ogni territo-rio, per ogni tipo di specializzazione produttiva. Ma, soprattutto, la legge ed il successivo decreto ministeriale di attuazione non avevano gli stru-menti finanziari e anche normativi di intervento. Ci si augura ora che, con l'aggiornamento della legge Bersani, finalmente siano disponibili anche finanziamenti e concrete possibilità di intervento da parte delle re-gioni in favore dei distretti industriali. Una politica dei distretti indu-striali sarebbe certamente una delle risorse più significative da poter mettere in campo per sostenere lo sviluppo della regione del Veneto.

E’ all'esame del Consiglio Regionale, dal marzo scorso, la proposta della Giunta di individuazione dei territori interessati nel Veneto dalla presenza di Distretti Industriali, ai sensi della legge 317/91. Naturalmen-te, tra questi, vi è quello di Montebelluna, della calzatura. Devo sottoli-neare che questa è, semplicemente, una ricognizione dello stato di fatto e che, nell’elaborazione tecnica della proposta si è cercato di allargare al massimo le “maglie” del decreto ministeriale di attuazione della 317 in modo da comprendere un maggior numero di comuni, di aree.

Nel frattempo, la Regione si sta dando anche altri strumenti di inter-vento che si possono affiancare a quelli della legge 317. È recente l'ado-zione della legge regionale sulla subfornitura che, tra i diversi interventi, prevede anche delle linee di finanziamento per la messa in rete delle po-tenzialità locali. Sicuramente, penso che sia il caso di utilizzarla anche per iniziative nel distretto di Montebelluna. C’è anche un disegno di leg-ge per instaurare una procedura di intervento per i Patti Territoriali, an-che questi strumento utilissimo per intervenire in aree con forte specifi-cità e in proposito va ricordato che già ora circa 180 comuni del Veneto

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sono interessati nei diversi patti già riconosciuti. Il distretto industriale di Montebelluna ha, sicuramente, tutte le caratteristiche di base per essere ter-reno, campo d'azione per un Patto Territoriale. Ritengo dunque che la Re-gione sarà sicuramente attenta a qualsiasi sollecitazione e richiesta in que-sto senso.

Quindi, penso che si debba dare atto alla Camera di Commercio di Trevi-so di aver fatto benissimo a promuovere questa riunione e l'augurio è che si possa andare avanti in questa direzione verso una concreta e fattiva concer-tazione.

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Renato Chahinian – Segretario Generale Camera di Commercio di Tre-viso.

A me spetta il compito di introdurre, brevemente, questo studio sul marketing territoriale.

E’ un'iniziativa che è partita alla fine dello scorso anno su sollecita-zione di Unindustria che, assieme alla Camera di Commercio, ha pensa-to di sperimentare un'azione di marketing territoriale per la valorizzazio-ne del nostro territorio e, quindi, anche per attrarre nuovi investimenti dall'esterno o per meglio proporsi sui mercati internazionali a livello di sistema.

In un primo tempo, avevamo pensato di approfondire l’analisi sull’intero territorio provinciale, ma, poi, abbiamo tralasciato questa ipo-tesi, perché, data l'eterogeneità della nostra provincia, questo avrebbe comportato uno studio molto esteso e, quindi, si sarebbe dovuti arrivare a delle proposte troppo diversificate tra loro. Allora, si è pensato, invece, di focalizzare l'attenzione sui distretti industriali e, tra questi, la scelta è andata al distretto di Montebelluna, ovviamente, per sole ragioni di prio-rità, ma con l'intento anche, successivamente, di analizzare gli altri di-stretti.

Prima di intraprendere una qualsiasi attività di marketing territoriale, è necessario attuare uno studio propedeutico, proprio per capire “cosa bi-sogna fare prima” e “quali sono le cose più importanti da fare”. Ecco che, allora, abbiamo impostato uno studio di fattibilità, che porta ad in-dividuare, più che singole iniziative, dei gruppi di iniziative concrete, che siano in grado di soddisfare almeno tre tipi di scopo.

Il primo tipo è rivolto ad accrescere lo sviluppo dell'area e, quindi ad ottenere un rafforzamento della competitività del distretto attraverso l'e-saltazione dei punti di forza e, ovviamente, la riduzione o l'attenuazione dei punti di debolezza.

Il secondo scopo è quello di accrescere l'immagine del distretto all'e-sterno, sia in Italia che all'estero, per presentare, quindi, non solo un set-tore - il settore calzaturiero o della calzatura sportiva o i settori collega-ti - ma anche un'area, perché un'area dà, crea un punto di identità, di vi-sibilità e di eccellenza, che può costituire in punto di attrazione molto più di un singolo settore sia in termini economici che commerciali.

Infine, il terzo scopo è quello di favorire gli insediamenti dall’esterno; non certo insediamenti concorrenziali ma insediamenti che facciano leva sull'attrattività dell'area e che siano selezionati in relazione al contributo offerto per integrare quelle attività di cui l'area ha bisogno. Di conse-

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guenza si dovrebbe trattare di attività di diversificazione della produzione, attività in produzioni complementari a quelle esistenti e attività di servizio (cioè di integrazione per tutti quei servizi di cui l'area necessita e di cui, o-ra, ancora non dispone, dovendoli spesso ricercare anche in territori lonta-ni).

Le fasi dello studio si sono rivolte dapprima ad un'analisi multifattoriale del territorio, appunto per scoprire i punti di forza e di debolezza; poi hanno riguardato un'analisi sul posizionamento competitivo dell'offerta produttiva, e quindi per esaminare le attuali filiere e vedere come possono essere mi-gliorate; infine si è pervenuti all’individuazione degli interventi di migliora-mento sia del distretto, sia delle filiere, ai fini, appunto, degli scopi di cui abbiamo parlato prima.

Inoltre, prima di stendere le conclusioni, abbiamo preferito tenere alcuni incontri, sia con gli operatori economici che con le organizzazioni sindacali ed economiche, nonché con le istituzioni, per tarare meglio il contenuto de-gli interventi individuati alla luce delle esperienze di chi è addetto ai lavori e, quindi, già dispone di quella pratica necessaria per poter valutare se una certa iniziativa che, teoricamente, può essere proposta, possa poi essere rea-lizzata con benefici effetti concreti.

Naturalmente, quando siamo partiti con lo studio non sapevamo che il di-stretto di Montebelluna, di lì a pochi mesi, avrebbe manifestato evidenti sintomi di crisi. Eravamo, ancora, in un periodo congiunturale in cui, per lo meno in linea generale, la situazione sembrava favorevole. Poi, man mano che il lavoro progrediva, si sono scoperti tutti sintomi della crisi e, quindi, si sono progressivamente raccolte tutte quelle notizie che hanno permesso di proporre iniziative concrete adeguate all’attuale situazione. Ovviamente però si tratta di iniziative che, anche se effettivamente possono assumere u-na incidenza, anche molto rilevante, sul tessuto economico, chiaramente, non possono essere di breve termine, ma manifesteranno i loro effetti favo-revoli nel medio e lungo termine.

Quindi, lo studio diventa ora una base di discussione, per individuare le iniziative migliori che tutti gli “attori” competenti - sia istituzionali che as-sociativi, che le singole imprese - potranno valutare, per poi dar vita ad a-zioni concrete, che, ovviamente, dovranno essere coordinate e concertate tra gli stessi attori.

Il Presidente ha già illustrato lo spirito dello studio ed il bagaglio tecnico e professionale dei relatori. Aggiungo soltanto che gli illustri esperti sono sempre stati assistiti, durante la ricerca da un gruppo di lavoro, formato da funzionari camerali, tra cui, soprattutto, ringrazio il dott. Rossato e il dott. Callegari, da funzionari di Unindustria, di cui ringrazio il dott. Pedron e il dott. Dalla Riva, da funzionari della Confartigianato, di cui ringrazio il sig. Gallinaro.

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Ora diamo la parola agli esperti, perché ci illustrino concretamente lo studio.

Giuseppe Zanini.

Grazie dottor Chahinian. Volevo dare il benvenuto anche a Lino De Stefani, presidente di Confar-

tigianato. E, una cosa, prima di cedere la parola a Barnabò, che mi viene, ad esem-

pio sulla riconversione di Montebelluna. Scusate, non vorrei dire una stupi-daggine, ma proprio il marketing, e l'analisi del marketing in proiezione, porta ad avere riflessioni di questo genere.

Sapevate, ad esempio, che, nel mondo, ci sono circa cento milioni di gio-catori di golf? E che la Foot Joy, da sola, produce dieci milioni di scarpe da golf all'anno? Con le tecnologie che abbiamo a Montebelluna, sarebbe un filone da guardare, quello. E le scarpe da golf si vendono più care di un paio di scarponi, perché il costo medio è trecento mila lire. Non parlo, per-ché sono golfista, ma così ... per aguzzare il Vostro ingegno.

Cedo la parola a Livio Barnabò, che è uno dei consulenti di Progetto Eu-ropa e ci parlerà, appunto, delle strategie. Prego.

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IL SISTEMA TERRITORIALE E LA

COMPETIZIONE:

UN’ANALISI SUL POSIZIONAMENTO COMPETITIVO DEL

DISTRETTO INDUSTRIALE DI MONTEBELLUNA

© Copyright 1998 Progetto Europa S.r.l.

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1. LO SVILUPPO DELL’ANALISI 1.1. Gli obiettivi del lavoro

Nel presente documento vengono illustrati i risultati dell’analisi sul po-sizionamento competitivo del Distretto di Montebelluna rispetto al-la capacità del sistema territoriale di attrarre/trattenere investi-menti produttivi. In particolare il lavoro è stato indirizzato e finalizza-to: * a rilevare ed analizzare le potenzialità competitive del ter-

ritorio rispetto alle esigenze degli investitori che operano nelle filiere produttive presenti nel Distretto;

* ad analizzare le correlazioni esistenti tra l’offerta del terri-

torio e le diverse esigenze che gli investitori hanno rispetto alle diverse attività produttive;

* ad ipotizzare uno scenario evolutivo di riferimento del po-

sizionamento competitivo del Distretto rispetto all’attuale struttura produttiva;

* a tracciare alcune ipotesi di lavoro per indirizzare e soste-

nere le capacità competitive del sistema territoriale.

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1.2. L’impostazione dell’analisi Come è noto, gli effetti dei processi di globalizzazione dell’economia mondiale hanno messo in competizione oltre che i prodotti e la fornitura dei servizi anche i vantaggi che possono creare i luoghi di produzione. Un territorio che vuole sostenere il proprio sviluppo deve essere in gra-do di offrire convenienze competitive agli investitori che sono e inten-dono localizzarsi nelle proprie aree. Le analisi sul posizionamento competitivo dei territori vengono condot-te per rilevare quali sono le convenienze competitive che un territorio può offrire agli investitori in relazione alla tipologia di investimento che questi devono realizzare. Dall’analisi delle relazioni di convergenza/divergenza esistenti tra do-manda d’investimento ed offerta del territorio vengono tracciati i profili competitivi di un sistema territoriale rilevando le sue capacità poten-ziali per trattenere ed attrarre le diverse tipologie di investimenti produt-tivi rispetto ai livelli delle convenienze e delle sostenibilità che il ter-ritorio medesimo è in grado di offrire agli investitori. Nello specifico, per quanto ha riguardato l’analisi svolta sul potenziale competitivo del Distretto di Montebelluna, questa è stata centrata sul-le tipologie di investimento più significative già presenti sul territo-rio con lo scopo evidente di rilevare le attuali convenienze e la soste-nibilità che il sistema territoriale ha per soddisfare le esigenze degli investitori del settore dello sport system. I motivi di tale scelta sono quelli di rilevare e comprendere quali sono oggi i vantaggi competitivi che il sistema territoriale è in grado di forni-re alla propria struttura produttiva di riferimento. Il Distretto di Montebelluna si caratterizza per la sua ampia ed articolata gamma di prodotti che richiedono approcci e modalità di lavoro molto differenziati. Tentare una rappresentazione significativa e fedele dei profili competiti-vi che guidano i diversi contesti produttivi del Distretto di Montebelluna

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è un’operazione articolata e complessa che richiede specifiche modalità d’approccio. Il rischio maggiore che si può correre è quello di produrre un quadro d’insieme troppo disperso, frammentato e poco utile per rilevare e comprendere i profili competitivi dell’offerta del territorio. Per evitare questi rischi è stato predisposto ed utilizzato un approccio mira-to ad analizzare in modo selettivo:

∗ la struttura delle filiere produttive più significative che potessero nell’insieme coprire tutte le problema-tiche più importanti presenti nel Distretto;

∗ le tipologie delle aziende che operano nei segmenti

che formano le principali filiere produttive. Lo scopo di incrociare queste due linee d’analisi è stato quello di voler for-nire un quadro diagnostico d’insieme più chiaro sia sulle specificità delle singole filiere esaminate e sia sul quadro generale di tendenza che le diver-se tipologie d’azienda hanno rispetto alla loro possibilità di permanenza nel Distretto. L’operazione dell’individuazione delle filiere più significative è stata rea-lizzata orientando i criteri di selezione e valutazione principalmente su tre fattori d’impatto:

A. l’innovazione presente e la tecnologia utilizzata; B. i volumi dimensionali di produzione; C. i processi di delocalizzazione in atto.

Le filiere selezionate sono state quelle dello sci, del trekking e dell’outdoor in quanto:

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A. rispetto all’innovazione presente e alla tecnologia utilizzata:

∗ la filiera dello sci presenta un alto contenuto tecnolo-gico con un processo produttivo sofisticato e con la-vorazioni complesse,

∗ le filiere dell’outdoor e del trekking si caratterizzano per l’utilizzo di tecnologie più semplici e con proces-si produttivi di tipo tradizionale (labour intensive).

Le tre filiere in questo contesto consentono di coprire la gamma dei livelli degli assets tecnologici e la distribuzione delle principali competenze criti-che presenti nel Distretto.

B. rispetto ai volumi dimensionali di produzione:

∗ la filiera dello sci si caratterizza per i volumi di pro-

duzione limitati, per le caratteristiche prodotto che viene venduto come “attrezzo sportivo” e per un mercato altamente stagionale;

∗ la filiera del trekking si caratterizza per volumi di

produzione medi, per un prodotto che viene venduto principalmente come un attrezzo sportivo di tipo ele-mentare destinato ad un mercato di consumatori ab-bastanza ampio;

∗ la filiera dell’outdoor si caratterizza per grandi volu-

mi di produzione, per un prodotto che viene venduto principalmente come capo sportivo per il tempo libe-ro e per un mercato di riferimento molto ampio.

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Le tre filiere propongono un’ampia distribuzione delle problematiche più tipiche presenti nel Distretto relative sia agli impatti organizzativi ed eco-nomici prodotti dalle diverse casistiche derivanti dai diversi volumi di pro-duzioni (bassi nel caso della filiera dello sci, medi per il trekking, alti per l’outdoor) e sia per i periodi di vendita dei prodotti (concentrato in pochi mesi per lo sci, per un periodo più ampio per il trekking e per tutto l’anno per l’outdoor). C. rispetto ai processi di delocalizzazione in atto:

∗ la filiera dello sci si caratterizza per il fatto che è quella che fino ad oggi ha meno subito fenomeni di delocalizzazione produttiva;

∗ la filiera del trekking si caratterizza per un processo avanzato di delocalizzazione;

∗ la filiera dell’outdoor si caratterizza per quella che ha avuto negli anni il maggiore processo di deloca-lizzazione.

Le dinamiche legate alla delocalizzazione analizzata in tre diverse stadi di sviluppo aiutano a comprendere e spiegare i processi in atto nel Distretto sia sul possibile sviluppo economico futuro, sia sugli effetti che si potranno avere a livello di ricadute sull’organizzazione della produzione, nel sociale e nei livelli occupazionali. L’individuazione delle tipologie d’aziende caratteristiche in grado di evi-denziare la gamma delle competenze e dei fabbisogni presenti nel Distretto è stata invece realizzata procedendo ad una macro-segmentazione per fasi produttive delle tre filiere selezionate. La macro-segmentazione realizzata sulle tre filiere ha portato ad evidenzia-

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re 5 macro-raggruppamenti di attività produttive di riferimento:

∗ ideazione dei prodotti; ∗ progettazione dei prodotti; ∗ stampi e stampaggi (per la filiera outdoor questa fase

non esiste); ∗ produzione e montaggio; ∗ logistica e distribuzione.

1.3. Gli strumenti metodologici L’analisi relativa al posizionamento competitivo del Distretto di Montebel-luna è stata realizzata utilizzando il secondo modulo della metodologia Eu-roratinG© elaborata da Progetto Europa per fornire assistenza consulenzia-le alle iniziative per la promozione e lo sviluppo economico dei sistemi ter-ritoriali. Al fine di migliorare la lettura dei risultati dell’analisi condotta, nel presen-te paragrafo vengono illustrati, in forma semplificata, gli aspetti salienti del modello d’analisi del posizionamento competitivo del sistema territoriale applicato al Distretto di Montebelluna. La caratteristica principale del modello è quella di fornire un sistema inter-pretativo del posizionamento di un territorio rispetto alla propria capacità di attrarre/trattenere investimenti localizzativi e sostenere lo sviluppo econo-mico che questi generano correlando:

∗ le dinamiche della domanda di investimento; ∗ con le caratteristiche dell’offerta dei sistemi territo-

riali. A. L’analisi della domanda di investimento

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L’analisi della domanda degli investitori è stata impostata fondendo alcuni paradigmi interpretativi del modello porteriano sulla competitività delle im-prese nel modello elaborato da Progetto Europa sulle scelte di localizzazio-ne produttiva. I paradigmi di riferimento che sono alla base della formazione della doman-da di investimento sono sintetizzabili in tre punti:

∗ ogni investimento viene deciso con l’obiettivo di rea-lizzare dei vantaggi competitivi differenziali rispetto ai propri competitor attuali e potenziali;

∗ i vantaggi competitivi differenziali si sostanziano nel

conseguimento costante di produttività incrementale tramite:

- il miglioramento delle economie sui costi;

- lo sviluppo della differenziazione del prodot-to;

Questi due fattori acquistano maggiore o minore rilevanza relativa in relazione alle specificità del business in cui si opera;

∗ per conseguire sempre maggiore produttività incre-

mentale le scelte di localizzazione produttiva sono sempre più importanti e la domanda di localizzazio-ne è sempre più esigente, specifica ed attenta a valu-tare i territori in termini di vantaggi che possono of-frire rispetto alle proprie necessità.

La costruzione all’analisi della domanda di investimento viene invece rea-lizzata rilevando i fabbisogni che gli investitori hanno nell’ambito dei sin-goli segmenti produttivi. In relazione all’importanza relativa per ciascuna tipologia di investitore, i fabbisogni vengono classificati in:

* fattori marginali, quelli che hanno un' importanza

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limitata; * fattori contributivi, quelli che vengono considerati

non rilevanti ma di sostegno alle attività da svolgere; * fattori di sostegno, quelli che hanno una rilevanza di-

scriminante; * fattori driver, quelli che hanno una rilevanza essenzia-

le ed irrinunciabile. Questi fattori vengono a loro volta valutati in relazione:

* al livello di qualità media che l’investitore richiede specificatamente rispetto al tipo di investimento che deve realizzare;

* al livello di costo medio che l’investitore può soste-

nere per il tipo di investimento che deve realizzare. Dal mix di valutazione di questi due elementi viene formalizzato un giudi-zio su una scala di 5 livelli di qualità: molto-alto, alto, medio-alto, medio, medio-basso, basso, molto basso. B. L’analisi dell’offerta del territorio

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La costruzione dell’offerta del territorio viene realizzata sulla base dei ri-sultati avuti dall’analisi del potenziale del territorio (il rating) effettuata col primo modulo della metodologia EuroratinG. I risultati del potenziale del territorio vengono rielaborati in modo che pos-sano essere correlati con la domanda di investimento delle diverse tipologie di investimento. C. La correlazione tra domanda d’investimento ed offerta del territo-rio Questa fase di lavoro viene realizzata per verificare il livello di convergen-za dei fattori tra fabbisogni degli investitori ed offerta del territorio. L’attività consiste nel confrontare fattore per fattore le attese degli investi-tori e le risposte che è in grado di dare il territorio. I risultati del confronto consentono di classificare i fattori del territorio in:

* fattori sovradimensionati, nel caso in cui il territo-rio abbia da offrire più di quanto richiesto o atteso da-gli investitori;

* fattori convergenti, qualora domanda di investimen-

to e offerta del territorio siano perfettamente allineati, per cui il territorio risulta competitivo e in grado di attrarre investimenti;

* fattori carenti, se il territorio presenta alcune caren-

ze rispetto alle attese degli investitori su cui però è

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possibile intervenire; * fattori critici, se il territorio non è in grado di soddi-

sfare le attese degli investitori; * fattori altamente critici, nel caso di un completo di-

sallineamento tra domanda e offerta, per cui il territo-rio è assolutamente inadeguato a dare risposta alle e-sigenze degli investitori.

Gli output dei risultati forniti sono di due tipi:

∗ il primo output, è una tabella che riporta in modo a-nalitico i risultati del confronto tra domanda d’investimento ed offerta del territorio per evidenzia-re in modo puntuale il grado di soddisfazione che il territorio è in grado di dare rispetto ai fabbisogni de-gli investitori;

∗ il secondo output, è una matrice che rappresenta in

forma grafica i risultati analitici. La matrice, che viene riportata di seguito in fac-simile, riporta sulle ascisse i valori della domanda di investimento (espressa con la classificazione dei fattori marginali, contributivi, di sostegno o driver) e sulle ordinate i valori dell’offerta del territorio (espressa con un giudizio qualitativo che va da molto alto a molto basso).

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Off

erta

del

terr

itori

oO

ffer

ta d

el te

rrito

rio

Domanda d’investimentoDomanda d’investimento

Posizionamento dei fattori di O/T e D/I

A

D

CB

E

molto alto

alto

medio alto

medio

medio basso

basso

molto basso

marg contrib sostegno driver

La matrice identifica 5 aree di analisi:

1. Area A: le coordinate fra domanda di investimento e offerta del territorio che rientrano nell’area A della ma-trice identificano i fattori convergenti, cioè fattori per i quali vi è assoluta compatibilità tra le caratteristiche del territorio e le esigenze degli investitori; 2. Area B: le coordinate fra domanda di investimento e offerta del territorio che rientrano nell’area B della ma-trice identificano i fattori carenti, cioè fattori per i qua-li l’offerta del territorio non è adeguata rispetto alle esi-genze degli investitori ma può tuttavia essere migliora-ta; 3. Area C: le coordinate fra domanda di investimento e

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offerta del territorio che rientrano nell’area C della ma-trice identificano i fattori critici: il territorio presenta in questo caso alcuni elementi di debolezza su cui occorre intervenire in modo mirato; 4. Area D: le coordinate fra domanda di investimento e offerta del territorio che rientrano nell’area D della ma-trice identificano i fattori altamente critici: l’offerta del territorio è profondamente inadeguata rispetto alle attese degli investitori e il territorio presenta aspetti strutturali di debolezza che rendono difficile soddisfare la domanda di investimento; 5. Area E: le coordinate fra domanda di investimento e offerta del territorio che rientrano nell’area A della ma-trice identificano i fattori sovradimensionati: il territo-rio in questo caso risulta sovradimensionato rispetto alle attese degli investitori e presenta uno standard di qualità superiore rispetto alle necessità della domanda di inve-stimento.

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2. I RISULTATI DEL POSIZIONAMENTO COMPETITIVO DEL DI-

STRETTO 2.1. Il punto di partenza: il sistema competitivo del Distretto di Montebelluna Le modifiche strutturali della domanda dei beni di consumo ed i feno-meni di delocalizzazione produttiva sempre più consistenti stanno modi-ficando profondamente l’articolazione del sistema produttivo del Di-stretto di Montebelluna. I cambiamenti in atto evidenziano la necessità di rifocalizzare l’attenzione sulle leve competitive che possono essere utilizzate per so-stenere lo sviluppo del Distretto. Per intervenire in modo efficace occorre conoscere bene come si articola la domanda di investimento e come si posiziona l’offerta del territorio rispetto agli attuali fabbisogni degli investitori. Il risultato dell’analisi condotta ha evidenziato con chiarezza la fase di delicato passaggio che si trova ad attraversare il sistema produttivo del Distretto. Passaggio che cerca nuovi equilibri:

∗ espellendo nella sostanza quelle attività produttive il cui valore aggiunto prodotto non è adeguato a sostenere i costi di produzione che esprime il si-stema (costo del lavoro, incentivazione, ecc.) e trova altri territori che per quelle specifiche produ-zioni offrono maggiori vantaggi competitivi;

∗ tentando di rafforzarsi in quei segmenti produt-

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tivi dove le peculiarità, le abilità presenti nel siste-ma territoriale offrono e rinnovano dei vantaggi competitivi in termini di creazione di valore ag-giunto e godono ancora di una relativa posizione di vantaggio dovuta alla minore disponibilità di offerte alternative da altri territori.

Per dare un quadro d’insieme della situazione è stata realizzata una SWOT analysis (analisi sui fattori di forza, di debolezza, di opportunità e di ri-schio) sui 5 macro-contesti produttivi evidenziando la situazione che viene riportata nello schema seguente:

PosizionamentoPosizionamento competitivocompetitivodeidei segmentisegmenti produttiviproduttivi

Forza

Ris

chio

Debolezza

Progettazione

Produzione

Logistica

Stampisti

Opp

ortu

nitàIdeazione

Il quadro d’insieme evidenzia con chiarezza i problemi e le opportunità at-tualmente presenti nel Distretto che viene confermato dall’analisi di corre-lazione tra il profilo di qualità delle risorse richiesto e del costo del la-voro sostenibile per operare nei 5 macro-comparti produttivi.

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AnalisiAnalisi relazionerelazione qualità/costiqualità/costi risorserisorse umaneumane

Basso

Bassa Alta

Alto

Cos

to d

el L

avor

o

Qualità delleRisorse

Progettazione

OFFERTA DELOFFERTA DELTERRITORIOTERRITORIO

Produzione

Logistica eDistribuzione

Stampisti

Ideazione

Le opportunità di sviluppo più evidenti dal punto di vista dell’offerta del territorio sono nella direzione dei comparti produttivi dell’ideazione e della progettazione mentre appare in evidente declino (con probabili eccezioni in particolari nicchie funzionali alla progettazione) il compar-to della produzione. Per quanto riguarda lo sviluppo dei comparti della logistica e distribu-zione nel territorio le risposte appaiono più articolate. I due aspetti che pesano negativamente sono le note carenze infrastrutturali ed il fatto che, con la delocalizzazione delle produzioni, i problemi tradizionali della logistica perdono di centralità. Il comparto potrebbe recuperare ruolo solo ridefinendo le proprie funzioni di servizio puntando nella ge-stione e coordinamento della distribuzione dei materiali, semilavorati e prodotti finiti.

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Un discorso a parte invece merita il comparto degli stampisti, il proble-ma centrale è che il rapporto tra valore prodotto (livello di sofisticazione dei tipi di stampi richiesto dal mercato delle filiere dello sport system) e costi è in fase critica (peggiorata dalla riduzione dei volumi delle com-messe che appesantiscono l’incidenza dei costi di struttura delle azien-de). Il comparto degli stampisti si trova in una situazione delicata in bilico tra rischi di regressione ed opportunità di rilancio che non potrà durare ancora per molto se non si interverrà opportunamente.

2.2. Il posizionamento competitivo del Distretto rispetto ai fabbiso-

gni degli investitori: l’analisi dei fattori

Di seguito viene riportato uno schema generale che evidenzia i livelli di convergenza/divergenza tra offerta e domanda al fine di dare il quadro d’insieme del profilo competitivo del Distretto rispetto alle tipologie di investimento esaminate. Dallo schema appare evidente come, per tutte e tre le filiere (con leggere differenze), il confronto tra offerta del territorio e domanda d’investimento conferma:

∗ per i segmenti produttivi legati all’ideazione e

progettazione dei prodotti una salda convergenza; ∗ per il segmento degli stampi e stampaggi un ri-

dotto livello di convergenza; ∗ per i segmenti della produzione e logistica e di-

stribuzione delle carenze importanti.

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sovradimen-sionati

conver-genti

carenti critici altamente critici

FILIERA DEL-LO SCI

Ideazione 9 13 2 1 0 Progettazione 9 12 4 0 0 Stampi-stampaggi

4 14 6 1 0

Produzione 7 11 3 2 2 Logistica 8 8 5 2 2 FILIERA DEL TREKKING

Ideazione 10 14 1 0 0 Progettazione 10 15 0 0 0 Stampi-stampaggi

7 11 5 2 0

Produzione 12 6 2 2 3 Logistica 10 8 2 3 2

FILIERA DEL-L'OUTDOOR

Ideazione 9 16 0 0 0 Progettazione 10 15 0 0 0 Stampi-stampaggi

- - - - -

Produzione 11 8 1 2 3 Logistica 10 7 3 2 3

SEGMENTI PRODUTTIVI

Ideazione 9 15 1 0 0 Progettazione 10 15 0 0 0 Stampi-stampaggi

5 13 5 2 0

Produzione 11 7 2 2 3 Logistica 8 8 4 3 2

FATTORI

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In particolare si evince la seguente situazione: A. ideazione e progettazione dei prodotti La sostanziale convergenza tra offerta del territorio e domanda di inve-stimento nei segmenti dell’ideazione e della progettazione dei prodotti conferma la situazione di fatto che vede la presenza dei maggiori inve-stitori del settore dello sport system nel Distretto di Montebelluna. Le differenze rilevate nella domanda d’investimento nelle tre filiere, ol-tre che ad evidenziare esigenze diverse, potrebbero anche essere lette in modo più generale come un punto di attenzione su alcuni fattori chiave che già si esprimono ad alto livello ma su cui si deve investire ulterior-mente (es. le infrastrutture di ricerca e sviluppo) per mantenere il van-taggio competitivo. B. stampi e stampaggi I risultati evidenziano una serie di carenze di sistema che riducono la ca-pacità competitiva del sistema territoriale. La situazione si presenta ab-bastanza articolata e diversificata per una serie di motivi tra i quali van-no ricordate le seguenti situazioni: * l’esistenza di una domanda di servizi da parte del comparto

dello sport system non in grado di fornire un adeguato fat-turato per gli stampisti del distretto;

* l’avvio di processi di delocalizzazione anche per la filiera

dello scarpone da sci che inizialmente sembrava per motivi specifici (limitati volumi di produzione, specifica compe-tenza su un attrezzo tecnico, concentrazione della produ-

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zione all’interno del distretto, ecc.) che non avrebbe seguito le vie degli altri prodotti dello sport system;

* la necessità di elevare i contenuti tecnici di complessità realiz-

zativa per riuscire a coprire i costi di produzione e poter diver-sificare (come stanno già operando le aziende più evolute) in altre filiere che richiedono prodotti più sofisticati.

C. produzione e montaggio Come anticipato, la produzione e montaggio costituiscono il segmento in assoluto più critico. Alcuni fattori (in particolare il costo del lavoro) non so-no più compatibili con le esigenze del mercato ed il processo di delocaliz-zazione non potrà non continuare fino alla quasi scomparsa di questi seg-menti (probabilmente solo lo scarpone da sci potrà resistere per un periodo più lungo) all’interno del Distretto. Il disallineamento tra offerta del territorio e domanda d’investimento com-porta le conseguenze che sono già all’evidenza di tutti: la crisi dei terzisti che operano nel Distretto. Questa situazione sta portando/porterà un cambiamento profondo all’interno del sistema produttivo distrettuale (amplificato dalla riduzione strutturale della domanda di consumo) con evidenti problemi economico-sociali. Il sistema produttivo si trova paradossalmente ad espellere una lar-ga parte dei terzisti che sono stati una delle componenti storiche più impor-tanti che hanno fatto la fortuna fino ad oggi del Distretto stesso. Il problema centrale che si pone non è la ricerca della difendibilità di questo segmento all’interno del Distretto quanto invece riuscire a realizzare la ri-conduzione all’interno del sistema produttivo delle risorse che vengono e-spulse sia dai processi di delocalizzazione che per effetto la contrazione del

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comparto produttivo dello sport system. D. logistica e distribuzione Gli aspetti che si sovrappongono in questo segmento produttivo sono prin-cipalmente due: * il primo, che le carenze storiche presenti (le infrastrutture) non

rendono competitiva l’offerta del territorio;

* il secondo, con i problemi presenti nel segmento della produ-zione e montaggio tutto il discorso della logistica e distribu-zione deve essere rivisto globalmente per non rischiare di in-vestire in iniziative che in qualche modo potrebbero essere su-perate dal contesto che si va delineando.

3. ALCUNE IPOTESI DI INTERVENTO 3.1. Gli ambiti di un riposizionamento competitivo possibile L’analisi di segmentazione delle filiere e del loro posizionamento competi-tivo rispetto all’offerta del territorio ha evidenziato sia situazioni di conver-genza che di criticità che possono diventare degli utili elementi di base per iniziare a ragionare sulle iniziative più idonee da avviare per migliorare sempre più le potenzialità competitive del sistema distrettuale. A questa prima parte dell’analisi devono essere ancora aggiunti alcuni a-spetti di tipo dimensionale (es. n. risorse coinvolte nei diversi segmenti pro-duttivi, ecc.) che devono aiutare a completare il quadro d’insieme per poter rilevare gli effetti economico-quantitativi che i cambiamenti prospettati a-vranno sul sistema produttivo del Distretto.

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Dall’insieme di tutti questi elementi conoscitivi si potrà iniziare a predi-sporre sulla base delle priorità un piano operativo di intervento che realizzi attività in modo mirato, coerente ed organizzato.

* * * Ritornando ai contenuti specifici dell’analisi di posizionamento competitivo le risultanze in termini di fabbisogni che tengano conto anche degli effetti derivanti dalla contrazione in atto del settore dello sport system possono es-sere riassunte nei punti seguenti: A. Probabilmente una delle trasformazioni più profonde che si potranno re-alizzare sarà quella che il Distretto di Montebelluna diventerà sempre meno distretto produttivo e sempre più distretto di servizi. Questo cam-biamento come è facilmente intuibile modificherà tutta una serie di para-digmi culturali e organizzativi con un impatto diretto sui fabbisogni di nuo-ve professionalità (e di conseguenza di riprogettazione dei sistemi formati-vi) e sull’avvio di nuovi tipi di attività. B. L’offerta del territorio sui segmenti di ideazione e progettazione dei prodotti può migliorare solo se viene favorita la crescita delle core compe-tence presenti nel sistema produttivo su due linee di sviluppo:

* continuare ad investire in eccellenza sulle filiere tradizionali

(logica dello sviluppo in autonomia);

* entrare nella catena del valore di altre filiere produttive in una logica di fornitore di competenza specifica che rielabora e/o sviluppa conoscenze presenti nel territorio per applicazioni in altri contesti (logica dello sviluppo di service; es. progettazio-

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ne di componenti di plastica che devono essere esposti in am-bienti con condizioni a forte variabilità climatica, ecc.).

C. Nel segmento degli stampi e stampaggi la sfida si gioca sull’incremento del know-how per riuscire a svolgere lavori a sempre mag-giore valore aggiunto in grado di giustificare al mercato i costi di produzio-ne del Distretto. Il supporto del territorio può essere soprattutto di due tipi: * incentivando investimenti in acquisizione di know-how (es.

appropriarsi delle conoscenze per realizzare stampi speciali);

* favorendo la formazione di joint con altri operatori esterni al territorio che dispongono di conoscenze specifiche e correlabi-li con quelle presenti nel Distretto.

D. Nel segmento della produzione e montaggio il problema principale è il recupero della risorsa dei terzisti. La delocalizzazione produttiva per l’area è un fenomeno irreversibile ed il vero problema è come realizzare la ricon-versione di una tipologia di risorsa cresciuta con il valore dell’iperspecializzazione e che oggi potrebbe non avere gli strumenti cultu-rali necessari per avviare il cambiamento che gli richiede il mercato. E. Il segmento della logistica e distribuzione si trova in qualche modo a subire gli effetti del processo di delocalizzazione della produzione e mon-taggio. Appare evidente che l’analisi dello sviluppo del segmento debba es-sere ripreso in considerazione e riesaminato approfonditamente. In collegamento alle ipotesi di lavoro proposte di riposizionamento del pro-filo di una parte dei terzisti verso una professionalità rivolta a gestire i pro-cessi produttivi potrebbe divenire un ulteriore plus competitivo riuscire a gestire in modo integrato anche la distribuzione dei semilavorati e dei pro-dotti.

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3.2. Il riposizionamento competitivo dei terzisti Il problema più rilevante che si pone probabilmente in questo momento sia per le dimensione del fenomeno e sia per l’urgenza di trovare delle soluzio-ni è quello della gestione dei terzisti che sono e/o stanno per uscire dai cir-cuiti della produzione. Tralasciando per il momento eventuali soluzioni tattiche che possono servi-re a gestire la situazione ed a predisporre le condizioni per realizzare il cambiamento che porti al recupero produttivo di queste risorse (che, non va mai dimenticato, sono di altissimo pregio) si propone in questa sede un ipo-tesi di lavoro che se accolta potrebbe essere sviluppata nell’ultima fase del progetto. L’idea base è che il focus di attenzione del sistema distrettuale dovrebbe mirare a non perdere la leadership di controllo sulle filiere. Questo può es-sere realizzato a nostro parere solo se il Distretto riesce a mantenere la ge-stione operativa dei cicli produttivi. A questo proposito i fattori positivi che potrebbero aiutare a raggiungere questi obiettivi sono principalmente due: * gli effetti derivanti dal processo di globalizzazione in atto che

distribuisce le fasi di produzione tra paesi spesso molto distan-ti tra loro e l’atteggiamento delle aziende (soprattutto multina-zionali) che tendono sempre più a presidiare le sole funzioni commerciali e di marketing e dare in outsorcing produzione e servizi fanno si che si manifesta sempre più l’esigenza di tro-vare dei soggetti in grado di operare come integratori di pro-cessi che abbiano il compito specifico di ricomporre con effi-cienza i cicli di produzione fino alla gestione della distribuzio-ne in una logica di lean production;

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* la perfetta conoscenza dei contenuti dei cicli produttivi delle

risorse che operano nel Distretto ed il fatto che nel Distretto stesso si stanno rendendo disponibili sempre più un maggiore numero di queste risorse, potrebbe far si che quest’area po-trebbe divenire un luogo di riferimento per la ricerca di perso-nale in grado di sostenere il ruolo di gestori dei processi pro-duttivi.

Naturalmente questi passaggi non sono immediati e queste considerazioni esemplificano i contenuti del problema. Si può già immaginare ad esempio che il numero dei terzisti che potrebbero sostenere il ruolo di integratore di processo quasi sicuramente sarà un numero limitato rispetto al totale (anche se poi si dovrebbe prendere in considerazione il fatto che mantenere il con-trollo operativo delle attività produttive potrebbe aiutare a lasciare spazio per inserimenti nella catena del valore ad operatori del Distretto che offrono altri servizi iperspecialistici). Di sicuro, con i dovuti approfondimenti, quest’impostazione potrebbe avere il merito di aiutare a ribaltare i termini del problema dando una prospettiva sia economica che di sviluppo nell’ambito di un’ulteriore metamorfosi dei contenuti del sistema produttivo che il Distretto potrebbe realizzare. Nell’ambito di questo quadro di riferimento si potrebbe tentare di trovare dei sistemi per: * guidare e gestire la delocalizzazione sia produttiva che delle

competenze in essa contenute,

* acquisire e sviluppare nuovi tipi di competenza che possano inte-grare/sostituire il know-how che viene ceduto ai nuovi soggetti che lavoreranno nel segmento della produzione e montaggio.

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Livio Barnabò -Amministratore Delegato di Progetto Europa - Roma

Permettetemi di fare due brevi considerazioni sul momento che viviamo, prima di iniziare l’esposizione dei risultati del nostro la-voro.

In Italia, da un decennio a questa parte, sono state prese pochis-sime iniziative di riposizionamento competitivo dell'economia na-zionale. Questi dieci anni sono stati segnati da due eventi: la crisi della politica, con Tangentopoli, e le politiche per l'Euro. Questi due fatti hanno neutralizzato, per un lunghissimo periodo, tutte le iniziative di carattere politico o politico-istituzionale orientate al-le procedure e ai processi di riposizionamento e di investimento.

Entrambe le cose - la prima, possiamo dire che ci è capitata ad-dosso, l'altra, ovviamente, è stata un obbligo - hanno accentuato tanto la forchetta dello sviluppo tra il Nord e il Sud quanto la for-chetta dello sviluppo fra l'Italia e gli altri Paesi nostri diretti com-petitori. Vale a dire: il ritardo competitivo dell'Italia, nell'ambito europeo e nell'ambito mondiale, si è accentuato.

Col primo di gennaio del 1999 usciamo da questo tunnel: da

quel momento non avremo più l’alibi delle politiche restrittive per l'Euro e dovremo, finalmente, occuparci di sviluppo. Lo fare-mo, lo diciamo subito, con una inquietante povertà di strumenti. Non povertà di risorse economiche, ma povertà di strumenti. Per-sonalmente, non prevedo che avremo una immediata accelerazio-ne del processo di sviluppo, in Italia. Questo è il primo dato con il quale dobbiamo misurarci.

Veniamo alla seconda considerazione: si parla molto di marke-

ting territoriale, motivando questo slogan con il fatto che il Paese ha bisogno di investimenti aggiuntivi, che provengano dal merca-to internazionale dei capitali. Questo è sicuramente vero per aree come il Centro-Sud, soprattutto, e anche per alcune aree del Cen-tro e del Nord-Ovest del Paese, dove c'è scarsità di iniziativa im-prenditoriale, rispetto ai fabbisogni di sviluppo di quelle aree.

Parlare di marketing territoriale per il Nord-Est rischia di esse-re, in realtà, un po' fuorviante. Abbiamo usato questa terminolo-gia solo perché è ricorrente nella pubblicistica economica. Invece siamo convinti che l'obiettivo vero del Nord-Est (del Veneto e an-che di Montebelluna), non debba essere solo quello di attrarre in-

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vestimenti aggiuntivi a quelli esistenti. L’obiettivo principale di quest’area è quello di immaginare, e poi concretizzare, un complesso di attività di riposizionamento competitivo, non tanto e non solo del-le singole imprese o dei Distretti, ma del Territorio nel suo comples-so.

Quest'area, come è ormai acclarato dalle analisi fatte da molti ana-listi, è un “Territorio-Impresa”; l’attività economica, l’attività di im-presa è talmente legata col Territorio, al punto che diventa difficile vedere dove sia il confine fra l’uno e l’altra. Per questo motivo, par-lare di riposizionamento competitivo dell'economia veneta, significa parlare del riposizionamento competitivo del Veneto nel suo com-plesso.

Dobbiamo pensare che oggi gli amministratori pubblici - il Presi-dente della Provincia, il Presidente della Regione, il Presidente della Camera di Commercio - non sono solo i rappresentanti di strutture politico-amministrative: sono gli imprenditori collettivi di questo Territorio e debbono lavorare insieme agli imprenditori singoli, con-dividendone i problemi e gli orientamenti.

Vediamo ora di applicare il nostro ragionamento al Distretto di

Montebelluna, scelto perché fra i Distretti di questa Provincia era quello più “disegnato”, più identificabile, più chiaro nei suoi confini.

Cosa fanno i consulenti, quando entrano in un'impresa? Non fanno lunghi e ponderosi studi, non fanno analisi teoriche, che servono so-lo per discutere nei dibattiti. Lavorano accanto al manager del Terri-torio - in questo caso insieme a Unindustria, alla Camera di Com-mercio, ed alle organizzazioni di rappresentanza - per focalizzare i problemi e disegnare percorsi operativi di soluzione. Ed è quello che abbiamo cercato di fare, anche in questo caso. Abbiamo puntato la nostra attenzione sul sistema competitivo del distretto di Montebel-luna, cercando di mettere in evidenza le sue leve competitive e ab-biamo selezionato i punti sui quali intervenire, per non disperdere le energie e, quindi, massimizzare le possibilità di successo.

Abbiamo poi misurato il potenziale competitivo del Territorio col-

locandolo all'interno di una matrice di “competizione sugli investi-menti”, per vedere qual è il suo valore. Abbiamo ipotizzato una dire-zione di sviluppo e abbiamo, infine, cercato di identificare dei punti precisi di attacco di questo percorso.

Partiamo dal potenziale del Territorio. Come si valuta il potenziale di un Territorio-Impresa? Il nostro metodo, Eurorating©, si basa su una lunga e articolata serie di indicatori quantitativi e qualitativi, che sintetizziamo poi

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in sei fattori-chiave (1° slide):

1) il sistema produttivo; 2) il sistema di supporto al sistema produttivo (incentivazioni, facilitazioni, provvidenze che l’attore pubblico mette a disposizione del sistema produttivo, per consentirgli di operare meglio); 3) le infrastrutture e i servizi; 4) le risorse umane; 5) il potenziale innovativo delle imprese - ma anche del Territorio - 6) il sistema socio-politico e politico-amministrativo.

La scala di misura che abbiamo adottato è tarata a livello europeo e com-

prende anche l'Europa dell'Est (quindi i territori a più basso tasso di svilup-po dell'Europa). Montebelluna si colloca nell’area che noi chiamiamo a “medio-alta potenzialità competitiva” che è caratteristica, in Europa, dei territori a sviluppo maturo.

Questo è un risultato “medio”. Come tutti i risultati medi va scomposto e capito. Prendiamo i sei punti che abbiamo visto prima (le sei componenti dello sviluppo) e vediamo come collaborano a creare questo dato medio.

Partiamo dal sistema produttivo, descritto dal punteggio del fattore 1. Il sistema produttivo di Montebelluna sta dentro la fascia che noi consi-

deriamo ad “alta potenzialità competitiva”; è sicuramente un sistema che produce in maniera eccellente. Se però prendiamo i due dati sintetizzati nel fattore 3 (infrastrutture e servizi) e nel fattore 5 (il potenziale innovativo del Territorio), troviamo che la capacità di produrre è come “zavorrata” da que-sti due fattori, che marcano punteggi più bassi.

La capacità locale di innovazione è più bassa della capacità locale di pro-durre in maniera competitiva. Questo ci fa ritenere che la permanenza del sistema produttivo nella fascia ad alta potenzialità competitiva non possa essere data per scontata.

Prendiamo in considerazione altri due fattori, il 4 e il 6: qualità e costo delle risorse umane e sistema socio-politico e amministrativo. La qualità complessiva delle risorse professionali, misurata in senso comparativo ri-spetto a territori ad alto potenziale competitivo (alcuni territori della Fran-cia, per esempio, o della Germania), rimane al confine fra i valori che noi chiamiamo "medio-bassa” e “medio alta” potenzialità competitiva. Sono, comunque, valori molto più bassi degli altri Paesi diretti concorrenti.

Abbiamo, dunque, un problema di inadeguatezza delle risorse professio-

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nali nel supportare la permanenza del sistema nelle fasce ad alta potenziali-tà competitiva. E il sistema politico-amministrativo sta ancora più in basso: la capacità di programmazione e di pianificazione che il sistema politico-amministrativo esprime oggi, è insufficiente rispetto al fabbisogno reale de-terminato dalla capacità produttiva. Dobbiamo anche dire che questo dato è comune a tutto il Paese. Abbiamo territori italiani che sono molto, molto più indietro di questo. Veniamo da un decennio nel quale le strutture pub-bliche - Regioni, Provincie, grandi Comuni - hanno perso quasi totalmente la capacità di orientare e pianificare lo sviluppo. Dobbiamo anche dire che le policy di decentramento in corso oggi, in Italia, per quanto rappresentino una scelta assolutamente necessaria, vanno a impattare su strutture ammini-strative che fanno e faranno molta fatica a sfruttare le opportunità di auto-nomia che gli vengono offerte.

Non preoccupa, invece, il dato - molto basso - del fattore 2, cioè il siste-ma di supporto al sistema produttivo. Le leggi di incentivazione, che pesa-no molto nel determinare il punteggio di questo fattore, sono dedicate so-prattutto ai territori a basso potenziale competitivo per supportare lo svilup-po delle imprese locali. A Montebelluna registriamo un dato basso perché siamo in un Territorio che ha una sua consistente forza economica ed un grado elevato di benessere diffuso.

Sta di fatto che siamo di fronte ad una situazione di rischio. I segnali che sono arrivati dall’analisi (e di cui è ben consapevole la Camera di Commer-cio) non sono altro che lo specchio di questa situazione: il sistema produtti-vo è sicuramente ancora posizionato in una fascia di capacità competitiva molto alta, ma si presentano alcuni elementi di rischio che si possono misu-rare con precisione.

Passiamo ora a ragionare sul posizionamento competitivo del Distretto. Nel Distretto di Montebelluna sono presenti tre filiere produttive principali: sono quelle dello scarpone da sci, della scarpa da trekking e delle scarpe da outdoor. Per capire bene cosa contengono i dati e cosa ci dicono, dobbiamo scomporre le filiere stesse nelle diverse fasi produttive: l'ideazione dei pro-dotti, la progettazione, stampi e stampaggi, la logistica e, infine, la produ-zione. Ragionando sui problemi specifici delle fasi produttive possiamo i-dentificare con chiarezza le zone di rischio.

Nel Territorio non sono presenti grandi kombinat produttivi. C’è un reti-colo fitto di medie e piccole imprese, fortemente integrate nella gestione del processo, ma sostanzialmente indipendenti dal punto di vista della ge-stione imprenditoriale. Questo denota grande elasticità e grande flessibilità che, come vedremo, ci semplificheranno la gestione del riposizionamento competitivo, così come hanno permesso e permettono di ricombinare il pro-dotto con maggiore velocità rispetto ai concorrenti.

Vediamo ora come sono posizionati i vari segmenti delle filiere, misu-

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randoli lungo gli assi del rapporto forza/debolezza e rischio/opportunità (2° slide).

Due segmenti della filiera produttiva - la fase di ideazione e quella di progettazione - sono, sicuramente, in posizione di grande forza e, quindi, hanno ampie opportunità di crescita. Li possiamo considerare assolutamen-te fuori dal rischio di crisi.

Nell'area degli stampisti, ci troviamo però in una situazione meno tran-quilla. Siamo in quel punto che, nel linguaggio analitico, si dice "l'origine degli assi": a metà fra forza e debolezza, fra rischio e opportunità.

Sicuramente in una situazione non positiva stanno la logistica e le attività più tipicamente produttive, anche se per motivi assolutamente diversi. La logistica è in crisi perché, cambiando il modello produttivo attraverso pro-cessi di delocalizzazione, si è trasformato radicalmente il concept stesso della logistica. E qui abbiamo invece una logistica molto tarata sul vecchio modo di produrre. Manca un approccio adatto a gestire quelle che vengono chiamate le "reti lunghe" o "reti ampie”, fortemente estese a livello interna-zionale.

La produzione ha invece problemi legati, essenzialmente, a fattori di co-sto. Facciamo ora una zoomata dentro la matrice generale e vediamo in det-taglio la relazione tra qualità e costo, tra qualità della produzione e costi delle risorse umane. Nella matrice il primo asse misura la qualità della ri-sorsa umana, della risorsa professionale , bassa o alta; il secondo ne misura il costo, basso o alto (3° slide).

Nelle fasi di ideazione e di progettazione dei prodotti abbiamo bisogno di risorse di qualità eccellente e, ovviamente, il loro costo sarà elevato; sono risorse rare, difficili da formare e difficili da reperire. Normalmente, gli im-prenditori più lungimiranti le catturano puntando al meglio del mercato in-ternazionale.

Gli stampisti stanno nell’area intermedia, dove abbiamo qualità delle ri-sorse media o medio-alta e un costo che, sostanzialmente, sta a metà tra il basso e il medio-alto. Invece, le aree della logistica e della produzio-ne hanno bisogno di qualità più diversificate.

Per essere fortemente competitivi dovremmo poter pagare (relativamente) poco e avere persone eccellenti nella logistica e poter paga-re pochissimo persone con skill buoni, ma elementari, nella fase produttiva. Se incrociamo questa situazione con la situazione reale dell'area di Monte-belluna, ci rendiamo conto che le due situazioni sono disallineate. Vale a dire: la capacità del Territorio di offrire al sistema produttivo risorse eccel-lenti, anche da pagare care, è limitata. Questo Territorio non offre ai seg-menti di filiera di qualità più pregiata sufficienti garanzie di offerta di pro-fessionalità adeguate.

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D'altra parte, offre risorse che, rispetto agli altri segmenti della filiera produttiva, sono persino troppo specializzate e, quindi, troppo costose. Il disallineamento fra la capacità di offerta di risorse adeguate a costi adeguati e la tipologia della domanda è molto rilevante.

Da qui, uno dei principali elementi di crisi. Per fortuna, questo è un Ter-ritorio animato da imprenditori intelligenti e veloci. Il fatto che il Presiden-te Zanini, prima di darmi la parola, sia intervenuto sul tema del “come si re-agisce”, vuol dire che qui il passaggio dall’identificazione del problema al pensare alla soluzione è un fatto istintivo, sta nella cultura locale del fare impresa.

Dove va il Distretto? Prendiamo ancora una volta in analisi i singoli pez-zi della filiera produttiva, iniziando dalla fase di ideazione e progettazione dei prodotti. Nella fase di ideazione c’è anche tutta la attività di marketing strategico e lo sviluppo di nuovi prodotti. Prendiamo l'esempio della scarpa da golf (ma ce ne potrebbero essere mille altri). Per realizzare al meglio questo prodotto, di cosa abbiamo bisogno? Di alcune competenze specifi-che, quelle che ci possono portare rapidamente ai livelli di eccellenza. Ab-biamo bisogno di investire nell'eccellenza della funzione e di trovare sul mercato internazionale personalità di livello eccellente.

Uno dei rischi maggiori è che le funzioni eccellenti vengano concentrate a livello di holding: infatti le funzioni di holding rischiano di uscire da que-sto Territorio, man mano che le imprese di riferimento entrano nell'ambito di sistemi produttivi più vasti (attraverso processi di M&A o di ampliamen-to del panorama degli investitori). Il Territorio rischia di non riuscire a mantenere qui queste funzioni, o perderne alcune particolarmente pregiate. Ed è un rischio che non si deve correre.

Passiamo ora al secondo step della filiera: stampi e stampaggi. Questa parte della filiera sta in una specie di “terra di nessuno”. Non si trova nel quadrante in basso a sinistra, dove stanno i segmenti di produzione, eviden-temente disassati rispetto al Territorio, ma non sta neanche nel quadrante in alto a destra. L'opzione che noi facciamo è quella di fare il possibile per mantenere nell’area questo segmento della filiera, incrementandone il valo-re. Per ottenere questo risultato sarà però necessario migliorare il know-how e implementare il valore aggiunto di questo segmento produttivo. Qui biso-gna fare un'operazione dedicata, con investimenti innovativi e incentivi alle joint-venture, fra le aziende locali e con aziende esterne.

Diverso è il ragionamento per la logistica. Il sistema produttivo, dopo es-sere stato (fino a non molto tempo fa) fortemente concentrato nell'area, og-gi è un sistema distribuito, nel quale alcune funzioni di produzione non stanno necessariamente a Treviso, non stanno nemmeno in Italia; siamo passati a quella che si chiama "rete lunga" o "rete larga". La logistica di cui abbiamo bisogno, è la logistica del governo della rete. Non può più essere

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una logistica tutta interna al Territorio, dal momento che dovrà gestire tran-sazioni che per il Territorio non passano neppure. Ci vuole molta “intelligenza logistica”, più software e meno gestione dei camion. Avendo attraversato un processo di delocalizzazione produttiva (che, per fortuna, ancora governiamo), dobbiamo governare la trasformazione della logistica in misura adeguata a questo processo. Quindi, crisi della logistica significa che abbiamo strumenti non adeguati al Distretto come vogliamo che diven-ti: un Distretto esteso al di fuori del Territorio di Montebelluna e di Trevi-so. Dobbiamo disegnare una nuova strategia, per fare questo passaggio, cer-cando ed adottando tecnologie specifiche, più avanzate rispetto a quelle og-gi in uso.

Problema più grave, francamente, è quello delle fasi di produzione e di montaggio. In questo caso, dobbiamo pensare che questo Territorio può mantenere il governo della filiera se accetta e gestisce, in maniera organiz-zata, i processi di delocalizzazione, se li governa. Non molti anni fa si "minacciava" il Governo di Roma, dicendo: "Se non ci aiutate, noi ci delo-calizziamo". La verità è che non c’è alternativa alla delocalizzazione, per molti segmenti della produzione. L'alternativa è impoverire l'offerta di la-voro di questo Territorio: impoverirla dal punto di vista della qualità pro-fessionale, ma anche dei costi.

E’ più semplice delocalizzare produzioni dove i costi sono già adeguati e bisogna farlo con molta attenzione, perché non c’è una sola scelta di delo-calizzazione. Ce ne sono tante. Per scegliere fra un Territorio del Sud Italia (come può essere l'esempio di Manfredonia) o un Territorio della Romania (Timisoara o dintorni) o altri ancora, è necessario dominare la segmentazio-ne del processo, perché ci sono condizioni di qualità-costo diversificate, a seconda dei territori che andiamo a scegliere. Questo processo, finora, è stato guidato con molta intelligenza tattica da parte degli imprenditori di quest'area. Va probabilmente guidato con più strategia e visione di insieme. Sicuramente il tema deve essere affrontato con alcuni strumenti di suppor-to, che sono esattamente l'opposto di quello che, nel nostro Paese, viene chiamato marketing territoriale, che serve ad attrarre investimenti.

Il sistema locale ha bisogno di supporti alla delocalizzazione, perché, se non delocalizziamo in maniera accorta, corriamo il rischio di perdere il controllo della fase di produzione. Invece abbiamo bisogno di delocalizzare controllando, mantenendo la proprietà, mantenendo il valore aggiunto che ne deriva, mantenendo anche la capacità di investimento che questo valore aggiunto genera, e la capacità di governo dell’intera filiera. Quindi, non bi-sogna demonizzare la delocalizzazione ma, al contrario, aiutarla perché possa avvenire in maniera ottimale.

Lavorando in questa direzione, si verificheranno alcuni contraccolpi. Da una parte, ci sarà sicuramente un problema di terzisti in esubero, di piccole-

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medie unità produttive o di singole persone che lavorano nella catena pro-duttiva in logica di terzismo, che rischiano di rimanere fuori dalla filiera.

Dall'altra parte, siccome l‘obiettivo è quello di riposizionare il Distretto, bisognerà lavorare sulla riqualificazione delle fasi alte e recuperare, a mon-te del processo, a monte della filiera, nicchie di competenza tecnica eccel-lente che vadano a sostituire, almeno in parte, quella quota di produzione che si perde - dal punto di vista territoriale - attraverso i processi di deloca-lizzazione.

Questo comporta la necessità di ricombinare la filiera produttiva. Il fatto che qui agisca una filiera produttiva organizzata per piccole e medie unità produttive, fra loro collegate da rapporti di “coproduzione” ma sostanzial-mente indipendenti e flessibili, facilita enormemente il processo. Il proble-ma, a breve, è quello del recupero dei terzisti in esubero. In questo caso ab-biamo bisogno di operare in logiche di riconversione produttiva, attraverso strumenti di formazione e altri strumenti di tipo culturale. Vale a dire che, all'interno della logica di riposizionamento competitivo delle filiere produt-tive, bisognerà identificare nicchie di attività specifiche verso le quali re-indirizzare, in maniera assolutamente precisa, gli esuberi. Bisogna identifi-care obiettivi veri, attraverso strumenti che siano, naturalmente, gestiti dal Territorio. Le Provincie hanno la competenza verso la formazione. Bene. Usiamola anche in questa direzione.

Il problema dei terzisti è il problema a breve, quello più sentito, quello che genererà più ansia ed incertezza nelle persone. Ma abbiamo un obietti-vo di medio termine. Il presidente Zanini diceva: "Attenzione a separare lo-gicamente le crisi congiunturali dai fattori di tipo strutturale, perché, se si mettono insieme, non si capisce più niente”. Ora, la crisi del terzismo è un fatto di tipo congiunturale. Il secondo elemento che voglio prendere in con-siderazione, invece, è più tipicamente strategico: mantenere la gestione o-perativa integrata dei cicli produttivi. Questo è quello che garantisce, nel futuro, di essere ancora leader sui mercati mondiali.

Gurisatti, nella sua analisi, dice cose assolutamente sagge sul come si ri-posizionano i Distretti. Non bisogna perdersi dentro il processo di globaliz-zazione; bisogna capirlo, interpretarlo, anticiparlo mantenendo il più possi-bile il governo integrato. Altrimenti, saremo un'isola di gestione di fasi ec-cellenti del processo, ma, perdendo il governo del processo, avremo meno possibilità di mantenerci sul mercato. E‘ chiaro che il Distretto, il Territo-rio-Impresa deve agire come un integratore di processi, un luogo di intelli-genza strategica.

Già il Presidente della Provincia diceva: "Qui c’è bisogno di un tavolo di concertazione". La verità è che abbiamo bisogno di coordinamento, qualco-sa che abbiamo disimparato a fare, avendo perso di vista come si gestisco-no, dal punto di vista collettivo, i processi di sviluppo. Coordinamento de-

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gli attori vuol dire avere un processo definito, avere responsabilità assegna-te e un luogo dove i processi vengono gestiti in maniera integrata.

Si è parlato di Patto Territoriale. Non voglio esprimere un giudizio sui suoi contenuti. Ma, di nuovo, quando si parla di Patto Territoriale, si indica in realtà il bisogno di coordinamento. Noi abbiamo molte parole- slogan: sviluppo, concertazione, eccetera, che indicano la volontà di cercare solu-zioni. Ma di soluzioni vere ed efficaci ne abbiamo pochissime a disposizio-ne. Personalmente ritengo che quest’area, per la sua storia e per la sua intel-ligenza diffusa, sia un'area dove, invece, questo tipo di processo può real-mente accadere.

E’ chiaro che in questo processo di coordinamento bisognerà fare alcune cose molto specifiche. Possiamo, innanzitutto, diventare il luogo dove si e-laborano e si forniscono al sistema le competenze per la gestione dei pro-cessi produttivi e logistici globalizzati (che vuol dire distribuiti su un Terri-torio molto vasto): perché non sono distribuiti solo i nostri pezzi di produ-zione, ma anche i nostri consumatori, ma anche i nostri clienti.

Abbiamo spesso in molti settori, anche qui a Montebelluna, scarsissima dotazione di strumenti analitici del mercato. Una delle prime cose che dob-biamo fare è integrare anche la capacità anticipatoria dei trend del mercato. Gurisatti diceva che il mercato interno italiano, per una serie di fatti che non stiamo qui a dire, ha smesso di essere il luogo dove si sperimenta in maniera anticipata l'innovazione nel consumo. Per una impresa è fonda-mentale avere un mercato interno che anticipi i cicli ed i trend, perché si impara molto dai propri mercati interni. Noi non impariamo più dai nostri mercati interni o, meglio: impariamo sempre meno. Dobbiamo imparare dai mercati andando là dove questi si evolvono in maniera innovativa. Non dobbiamo andarci solo perché vendiamo, dobbiamo andarci anche perché lì impariamo. Abbiamo bisogno di intelligenza di sistema. E, qui, di nuovo, il Territorio deve elaborare questa intelligenza, e lo deve fare al suo interno.

Concludendo, voglio ringraziare, innanzitutto, il sistema camerale. Nella Camera di Commercio di Treviso abbiamo trovato un partner attento, con il quale abbiamo potuto ragionare in modo non tradizionale. Il processo di marketing territoriale o di sviluppo territoriale, in questo Paese, deve anco-ra partire. Molti guardano con molta attenzione ai modelli di altri Paesi. Credo che, in questo Paese, ben pochi non abbiano approfittato per fare un salto in Galles. Il Galles, detto tra noi, non è affatto un modello di riferi-mento. Nessuno dovrebbe pensare (né tantomeno dire) che si possa fare marketing territoriale in Italia come si è fatto in Galles o in Francia, presu-mendo di adottarne il modello. Una delle prime cose che si imparano giran-do per il mondo e lavorando con le agenzie che fanno marketing territoria-le, è proprio che non c’è un modello. Ognuno, di fatto, si è creato i propri strumenti a partire dalla propria specificità.

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Anche in Italia non abbiamo bisogno di un solo strumento, di una sola metodologia, di una modalità “obbligata” di fare sviluppo del Territorio e marketing territoriale. Abbiamo bisogno di più modi. Il modo che a noi ne-cessita qui, nel Nord-Est, qui a Treviso e a Montebelluna, è una metodolo-gia che punta al riposizionamento competitivo delle filiere produttive e del-l'offerta integrata dei servizi territoriali che si combinano con le filiere. Si tratta un processo assolutamente originale, per il quale non ci sono prece-denti né modelli, che dobbiamo pensare, progettare e disegnare in modo au-tonomo. D'altronde lo abbiamo anche fatto in altri campi. Credo che ce la faremo anche questa volta.

Vi ringrazio.

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ivo

del

sist

ema

prod

uttiv

o

pres

ente

nel

Dis

tret

to.

64

Page 65: Un Progetto di Marketing Territoriale per il Distretto di ... · trovate in forma di "slide report" in cartellina. Ma i miei ringraziamenti vanno anche agli altri componenti del gruppo

4. Il

val

ore

del p

oten

zial

e de

l ter

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rio

del D

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etto

: il r

atin

g de

ll’of

ferta

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si

stem

a te

rrito

rial

e §

Il si

stem

a te

rrito

riale

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ato

valu

tato

risp

etto

a 6

con

test

i d’a

nalis

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1. il

sist

ema

prod

uttiv

o;

2. il

sist

ema

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llo sv

ilupp

o pr

odut

tivo;

3.

le in

fras

trut

tura

zion

i ed

i ser

vizi

; 4.

la q

ualit

à ed

il c

osto

del

le ri

sors

e um

ane;

5.

il p

oten

zial

e in

nova

tivo;

6.

il si

stem

a so

cio-

polit

ico-

amm

inis

trat

ivo ;

e

l’util

izzo

di 1

60 in

dica

tori

di v

alut

azio

ne.

65

Page 66: Un Progetto di Marketing Territoriale per il Distretto di ... · trovate in forma di "slide report" in cartellina. Ma i miei ringraziamenti vanno anche agli altri componenti del gruppo

4. Il

val

ore

del p

oten

zial

e de

l ter

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rio

del D

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etto

: il r

atin

g de

ll’of

ferta

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si

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rrito

rial

e

classi

fica

territ

ori

il va

lore

del

terr

itori

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l Dis

tret

todi

Mon

tebe

lluna

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030

045

060

075

010

00

468,

6

Dis

tret

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bellu

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pote

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lità

com

petit

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assa

po

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titiv

a

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io-a

lta

pote

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lità

com

petit

iva

alta

po

tenz

ialit

àco

mpe

titiv

a

altis

sim

a po

tenz

ialit

àco

mpe

titiv

a

sott

osvi

lupp

ore

gres

sion

est

allo

svilu

ppo

mat

uro

svilu

ppo

avan

zato

ecce

llenz

a

tenden

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1. 2. 3. 4. 5. 6.

62,0

%

22,9

%

49,3

%

47,0

%

58,0

%

41,7

%

contesti di analisi

© C

opyr

ight

199

8 Pr

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urop

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r.l.

66

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4. Il

val

ore

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zial

e de

l ter

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rio

del D

istr

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: il r

atin

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ll’of

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e

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liv

.1

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0

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62%

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22,1

65,0

%

1.B

stru

ttura

pro

dutti

va

34,0

20,7

61,0

%

1.C

in

tern

azio

naliz

zazi

one

32,0

19,2

60,0

%

2.

SIST

.SU

PPO

RTO

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O S

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DU

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O

13

0

29,7

22,9

%

2.A

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re d

i sup

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o al

lo sv

ilupp

o 40

,0

10

,8

27

,0%

2.B

ince

ntiv

azio

ne e

sost

egno

all'

indu

stri

a 46

,0

10

,1

22

,0%

2.C

qu

alità

disp

onib

ilità

e c

osto

di a

ree

attr

ezza

te

44,0

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,0%

3.

SIST

EMA

INFR

AST

RU

TTU

RA

Z. E

DEI

SER

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0

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7

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%

3.A

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e c

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li au

tost

rada

li di

serv

izio

all'

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44

,0

18

,7

42

,5%

3.B

assi

ferr

ovia

ri e

d in

fras

trut

ture

42

,0

17

,6

42

,0%

3.C

in

terp

orti

di se

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io a

ll'ar

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40,0

18,0

45,0

%

3.D

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42

,0

21

,0

50

,0%

3.E

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i com

mer

cial

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%

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ienz

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lacc

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lità

delle

util

ities

42

,0

18

,1

43

,0%

3.G

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rviz

i am

bien

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(pre

senz

a e

effic

ienz

a)

42,0

17,6

42,0

%

3.H

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ituti

di c

redi

to a

b/m

term

ine

attiv

i nel

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a

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53,0

%

© C

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ight

199

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r.l.

67

Page 68: Un Progetto di Marketing Territoriale per il Distretto di ... · trovate in forma di "slide report" in cartellina. Ma i miei ringraziamenti vanno anche agli altri componenti del gruppo

4. Il

val

ore

del p

oten

zial

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l ter

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del D

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: il r

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g de

ll’of

ferta

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rial

e I

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DEL

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DEL

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O D

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I DEL

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II

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I

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liv

.1

liv.2

liv

.1

liv.2

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ione

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4.B

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truz

ione

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42

,0

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,0%

4.C

distr

ibuz

ione

dei

sape

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elle c

ompe

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e 42

,0

21

,4

51

,0%

4.D

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elle r

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anal

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ei fa

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%

4.

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edio

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rse p

er p

rofil

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ofes

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le 46

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5.

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0

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%

5.A

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astr

ut. d

i rice

rca

di se

rvizi

o al

terr

itorio

pro

vinc

iale

40,0

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%

5.

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ratte

ristic

he d

ella

ricer

ca in

nova

tiva

nel d

istre

tto

40,0

22,4

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%

5.

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di r

icerc

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vilu

ppo

prod

otti/

proc

essi

40,0

29,6

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%

6.

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LITI

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INIS

TRAT

IVO

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0

45,9

41,7

%

6.A

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23,8

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%

6.

B pi

anifi

cazio

ne (i

mpo

stazio

ne ed

util

izzaz

ione

) 36

,0

9,

0

25,0

%

6.

C ef

ficien

za d

ei se

rvizi

am

min

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tivi

38,0

13,1

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%

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1000

,0

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8,6

46,9

%

46,9

%

© C

opyr

ight

199

8 Pr

oget

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urop

a S.

r.l.

68

Page 69: Un Progetto di Marketing Territoriale per il Distretto di ... · trovate in forma di "slide report" in cartellina. Ma i miei ringraziamenti vanno anche agli altri componenti del gruppo

4. Il

val

ore

del p

oten

zial

e de

l ter

rito

rio

del D

istr

etto

: il r

atin

g de

ll’of

ferta

del

si

stem

a te

rrito

rial

e §

I ris

ulta

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l val

ore

d’in

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e:

*

il si

stem

a pr

odut

tivo

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pot

enzi

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inno

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assa

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* il

sist

ema

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sist

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enze

(sop

rattu

tto n

ella

cap

acità

di o

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izza

zion

e de

l ter

rito

-

rio)

.

69

Page 70: Un Progetto di Marketing Territoriale per il Distretto di ... · trovate in forma di "slide report" in cartellina. Ma i miei ringraziamenti vanno anche agli altri componenti del gruppo

5. I

l pos

izio

nam

ento

com

petit

ivo

del D

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ris

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ai f

abbi

sogn

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di s

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ppo

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ità d

el te

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* ip

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* id

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i lav

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i cam

biam

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tto e

sos

tene

re

70

Page 71: Un Progetto di Marketing Territoriale per il Distretto di ... · trovate in forma di "slide report" in cartellina. Ma i miei ringraziamenti vanno anche agli altri componenti del gruppo

5. I

l pos

izio

nam

ento

com

petit

ivo

del D

istr

etto

ris

petto

ai f

abbi

sogn

i deg

li in

ve-

stito

ri: l

e op

port

unità

di s

vilu

ppo

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nere

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test

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ativ

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* la

filie

ra d

ello

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* la

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ra d

elle

scar

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ekki

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* la

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ra d

elle

scar

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or.

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*

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* pr

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prod

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*

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pi e

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i (co

n es

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ione

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* pr

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ione

. *

logi

stic

a.

71

Page 72: Un Progetto di Marketing Territoriale per il Distretto di ... · trovate in forma di "slide report" in cartellina. Ma i miei ringraziamenti vanno anche agli altri componenti del gruppo

5. I

l pos

izio

nam

ento

com

petit

ivo

del D

istr

etto

ris

petto

ai f

abbi

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i deg

li in

ve-

stito

ri: l

e op

port

unità

di s

vilu

ppo

per a

ttrar

re-tr

atte

nere

inve

stim

enti

prod

uttiv

i §

I ris

ulta

ti d’

insi

eme

hann

o ev

iden

ziat

o:

*

per i

segm

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prod

uttiv

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da c

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rgen

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* pe

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gmen

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* pe

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egm

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delle

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tant

i.

72

Page 73: Un Progetto di Marketing Territoriale per il Distretto di ... · trovate in forma di "slide report" in cartellina. Ma i miei ringraziamenti vanno anche agli altri componenti del gruppo

6. Ip

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i di s

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rio:

dov

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il D

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§

I seg

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svilu

ppo

prod

uttiv

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l dis

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:

* sv

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tti,

* op

port

unità

spec

ifich

e an

che

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li al

tri s

egm

enti

prod

uttiv

i pre

sent

i nel

terr

ito-

rio.

73

Page 74: Un Progetto di Marketing Territoriale per il Distretto di ... · trovate in forma di "slide report" in cartellina. Ma i miei ringraziamenti vanno anche agli altri componenti del gruppo

6. Ip

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i di s

cena

rio:

dov

e va

il D

istr

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L’

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el te

rrito

rio su

i seg

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idea

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e e

prog

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zion

e de

i pro

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i può

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liora

re so

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vie

ne

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la c

resc

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elle

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e co

mpe

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e pr

esen

ti ne

l sis

tem

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odut

tivo

su d

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nee

di sv

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o:

* co

ntin

uare

ad

inve

stir

e in

ecc

elle

nza

sulle

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re tr

adiz

iona

li (lo

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lo s

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ppo

in

auto

nom

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* en

trar

e ne

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di a

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re p

rodu

ttive

in u

na lo

gica

di f

orni

tore

di

com

pete

nze

spec

ifich

e.

74

Page 75: Un Progetto di Marketing Territoriale per il Distretto di ... · trovate in forma di "slide report" in cartellina. Ma i miei ringraziamenti vanno anche agli altri componenti del gruppo

6. Ip

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cena

rio:

dov

e va

il D

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etto

§

Nel

seg

men

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egli

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pi e

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l’inc

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e va

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rodu

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del D

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l sup

porto

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terr

itorio

può

ess

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attu

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:

* in

cent

ivan

do i

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timen

ti in

acq

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e di

kno

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ow (

es.

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del

le c

ono-

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ze p

er re

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zare

stam

pi sp

ecia

li);

* fa

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di j

oint

con

altr

i ope

rato

ri e

ster

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l ter

rito

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disp

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no

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onos

cenz

e sp

ecifi

che

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rrel

abili

con

que

lle p

rese

nti n

el D

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etto

.

75

Page 76: Un Progetto di Marketing Territoriale per il Distretto di ... · trovate in forma di "slide report" in cartellina. Ma i miei ringraziamenti vanno anche agli altri componenti del gruppo

6. Ip

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i di s

cena

rio:

dov

e va

il D

istr

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§

Nel

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ento

del

la p

rodu

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che

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§ La

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zion

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robl

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iz-

zare

la ri

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one

di ri

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e cr

esci

ute

con

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lore

del

l’ipe

rspe

cial

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e e

che

oggi

pot

rebb

e no

n a-

vere

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stru

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ltura

li ne

cess

ari p

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vvia

re il

cam

biam

ento

che

gli

richi

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il m

erca

to.

76

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6. Ip

otes

i di s

cena

rio:

dov

e va

il D

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"Quali "azioni" per il distretto …"

Loredana Ligabue – Partner di Workfare Carpi (MO)

Barnabò ha detto: "Per dieci anni l'Italia è stata bloccata da Tangento-poli". Io ritorno su questo. Appuntiamolo con forza. Mentre il nostro Pa-ese era fermo su questo, andavano avanti, al galoppo, i processi di glo-balizzazione, processi di apertura dei mercati, di delocalizzazione delle produzioni. Processi che hanno impattato pesantemente su una realtà co-me quella italiana, come i Distretti, che hanno saputo, in un primo mo-mento, trovare meccanismi di reazione, giocare fortemente sulla loro ca-pacità di fare economia di scala, economia di scopo, di essere flessibili, ma che, oggi, hanno necessità di avere dei supporti, degli strumenti, del-le modalità di intervento, che aiutino a fare un salto di qualità, rispetto a quello che è il contesto generale in cui si collocano, caratterizzato da competizione fortissima, da vantaggi comparati, in cui non basta più, semplicemente, l'intuizione, la capacità immediata di reagire e di rispon-dere, in chiave imprenditoriale.

Occorre fare un passo importante, un passo chiave, per dare comples-sivamente al Paese, ai territori, la capacità di riposizionarsi. Di riposi-zionarsi nel contesto della globalizzazione. Non subendo la globalizza-zione, ma riuscendo, con la piena consapevolezza di dove si è e di chi si è, a trarre vantaggio dalla globalizzazione, a trarre da questo dei nuovi punti di forza, che consentano di essere gestori di processi competitivi più complessi, più avanzati. In questa direzione, per il nostro Paese si a-pre una sfida grande e in questa sfida grande, il rapporto tra Nord e Sud, su cui il Vostro Territorio ha accettato un percorso importante come quello della collaborazione con il contratto d'area di Manfredonia, è u-n'opportunità per ridisegnare il posizionamento competitivo.

Il Territorio, necessariamente, quindi, si apre. Il Territorio, con l'im-patto della globalizzazione, entra in crisi su aspetti-chiave. Entra in crisi la coesione del Territorio, perché si diversificano gli interessi. Si diver-sificano gli interessi anche in funzione della capacità culturale comples-siva dei soggetti del Territorio, di avere consapevolezza del contesto in cui si opera. Dentro a questo, si passa a rapporti aperti, a reti più lunghe. Il Territorio è chiamato a giocare una sfida importante: trasformarsi in un sistema aperto, in grado di competere, facendo leva sulla innovazio-ne. La parola "innovazione", portata a livello di Territorio, significa, ne-cessariamente, sviluppare delle capacità di governance, delle capacità di

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esprimere un'imprenditorialità collettiva, che opera e agisce per creare le opportunità per lo sviluppo, per il cambiamento, per la crescita. Trovare u-na visione comune, un'aggregazione in quelli che sono i nuovi interessi, in un contesto di globalizzazione, è uno degli aspetti-chiave, che dovremo di-scutere e affrontare, pensando e ragionando sul nuovo posizionamento di Montebelluna.

Possibili percorsi per trasformare un Territorio da un Territorio distret-tuale, così come Montebelluna è storicamente definito, ed è stato nei fatti con le sue capacità di "essere" sui mercati internazionali, a un Territorio ca-pace di essere "area-sistema", in grado di alimentare e produrre innovazio-ne. Andare in questa direzione significa molte cose. Qui elenchiamo soltan-to alcuni possibili percorsi, per dare il quadro di come questo cambiamento, questa trasformazione porti con sé delle esigenze, che non possono essere unicamente affrontate dal singolo imprenditore (pur rimanendo "chiave" il ruolo dell'imprenditore) ma che possono essere affrontati attraverso la ca-pacità del singolo imprenditore di mettersi in rapporto con altri soggetti im-prenditoriali, di fare "rete" con altre imprese, di fare "reti lunghe", di trova-re opportunità di ottimizzazione e vantaggi ad essere sui mercati, a gestirli, ad essere integratore di processi intelligente sui mercati internazionali. Ma, dentro a tutto questo, sta la necessità, per l'imprenditore singolo e per l'im-prenditore in rete, di avere un Territorio (in cui si colloca, in cui agisce, in cui ha le sue radici) che sappia fornirgli quelle infrastrutture, di carattere materiale e immateriale, che sono necessarie per alimentare questa capacità competitiva.

Un elemento "chiave", sottolineato da Barnabò, è quello delle risorse u-mane.

Il capitale umano è quello più difficile da costruire. Non a caso è quello che, da sempre, fa elemento distintivo nei Distretti. È quello che richiede tempi medio-lunghi per essere modificato, incrementato, riprodotto. Non a caso, quindi, quando si parla di percorsi strategie-innovazione si mette in primo luogo l'enfasi sul fatto che l'investimento primo va portato sulle per-sone, sulle risorse umane, cercando di valorizzare e riprodurre quelle che sono competenze distintive del Territorio, figure professionali chiave, che nascono dal fatto che il Distretto di Montebelluna è una espressione di ec-cellenza, nel proprio ambito specifico, e che, in questa direzione, la sua ca-pacità di tenere, sino ad oggi, mercati internazionali, ha fatto sì che qui si formasse un'atmosfera complessiva di riproduzione di queste figure, tale da consentire di avere in questo degli elementi di forza, degli elementi di capa-cità di differenziazione, rispetto ad altri Territori.

Ma non basta mantenere ciò che si ha e qualificare ciò che si è. Occorre, anche su questo versante - poiché ci si vuole riposizionare e, quindi, si vuo-le andare in una logica di cambiamento, di evoluzione - rapportare le com-

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petenze e le professionalità a questo nuovo traguardo verso cui si vuole an-dare. Ecco, quindi, l'importanza di agire, per la formazione anche di nuove figure professionali. Figure professionali in grado di essere, davvero, nei fatti, nell'operare, degli integratori di processo. Ma anche l'importanza di agire, in termini di formazione di competenze, sugli aspetti che riguardano elementi di eccellenza del Territorio, come la progettazione, come il design. L'importanza di lavorare per la progettazione congiunta e cooperativa, che è connessa all'uso di nuove tecnologie, alla prototipizzazione rapida, agli aspetti che riguardano la gestione complessiva della qualità. Ambiti su cui singole strutture del Territorio stanno già lavorando; stanno lavorando con buoni risultati, ma l'importanza su questo è che il Territorio abbia, comples-sivamente, consapevolezza dell’esigenza di formare, portare in impresa, connettere con le strategie questo capitale che sta formando e su cui è chia-mato ad investire. Fortunatamente, nella formazione professionale, con un ambito di competenza che è delle Provincie e, quindi, con la possibilità di un rapporto diretto tra imprese ed enti che ha la possibilità di essere molto stretto, molto ravvicinato.

Nell’ambito delle politiche mirate al riposizionamento competitivo è al-tresì importante per favorire dei processi di "clusterizzazione", favorire, quindi, delle politiche di parternariato tra imprese, dare possibilità di fare rete, di lavorare insieme. Lavorare insieme nel senso cooperativo di essere in grado, insieme, di produrre dei risultati maggiori rispetto all'agire indivi-duale. Anche questo è un percorso che non può essere lasciato all'informali-tà, che ha bisogno, per poter fare balzi in avanti in tempi brevi, di essere supportato da politiche, da incentivi, da comportamenti, da atteggiamenti culturali. Fare partnership è difficile! Non è solo un atteggiamento! Questo è il primo elemento. Il primo ostacolo da superare è quello di avere disponi-bilità al rapporto con altri imprenditori, con altri operatori. Ma su questo, poi, bisogna avere delle metodologie, delle tecniche: tutto un armamenta-rio, una cassetta degli attrezzi, che consenta di gestire le politiche, di defini-re le strategie, che sono alla base di un lavorare congiunto tra imprese.

Per fare lavoro insieme, occorre, anche, alimentare dei circuiti di fiducia. Circuiti di fiducia, che sono stati alla base dello sviluppo dei Distretti nel nostro Paese, che oggi, necessariamente, hanno bisogno di muoversi e di essere alimentati da nuovi fattori, perché il livello della sfida è diverso. Non basta più guardarsi, conoscersi, stringersi la mano. Occorre avere - poiché il rischio è sempre più elevato e sempre di più bisogna investire, alle spalle elementi chiari, che consentano di fare impresa assieme. In questa direzio-ne, ad esempio, sistemi di assicurazione qualità, l'operare in una logica di gestione integrata dei processi di impresa in chiave di qualità sono aspetti importanti, perché danno possibilità di rendere le imprese più trasparenti nei rapporti tra sé e i propri clienti, i propri fornitori, il sistema bancario,

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che, sempre di più, in questo percorso di costruzione di un nuovo circuito di fiducia, è chiamato a ragionare in un'ottica di tipo imprenditoriale nuovo, che valuti le possibilità di successo di un progetto imprenditoriale, non so-lamente di quelle che sono le risorse di carattere patrimoniale.

Altro elemento importante, sottolineato da Barnabò riguarda il sistema dei servizi integrati. Troppo spesso, in Italia, si è parlato di "servizi", a pre-scindere dalle strategie che quel territorio, quel settore o quella filiera per-seguivano. È assolutamente necessario che questi due elementi siano insie-me. Se sono staccati, tendono ad essere autoreferenziati e, quindi, le struttu-re di servizi a muoversi con delle logiche che sono autoalimentate al pro-prio interno non hanno un chiaro riferimento, in un soggetto collettivo, che misuri la capacità di produrre risultati. Quindi, riposizionare il Distretto, sviluppare un'offerta di servizi coerente con questo, un'offerta di servizi a partire, il più possibile, dalle strutture date, creando e andando a trovare, dove ci sono, come diceva Barnabò - io sono perfettamente d'accordo - le competenze e le culture necessarie per raggiungere lo scopo che ci si è pre-fissi. In questa direzione, i servizi comuni sono uno strumento importante, nell'ottica del perseguimento di una strategia, per ampliare le opportunità. Per dare, quindi, più elementi agli imprenditori, che operano in modo sin-golo o in modo consorziato, per conseguire risultati competitivi di eccellen-za. Sono, ad es., servizi, che riguardano l'informazione sui mercati: fare a-nalisi di trends, del cambiamento del consumatore, dei suoi rapidi sposta-menti, nell'ambito di un sistema di valori che sta mutando pelle. Fare anali-si di questo tipo richiede risorse ingenti, richiede antenne ampie, che siano in grado, rapidamente, di muoversi su una globalità di mercati, su una di-versità complessa di consumatori, che si muovono a matrice variabile. È questo un percorso che, se deve trovare l'imprenditore come il soggetto che traduce le informazioni di mercato in una strategia di impresa, in un rappor-to prodotto-mercato specifico, alle spalle, però, occorre, sempre di più, ave-re tutto un lavoro preliminare, precompetitivo, fatto da soggetti che non la-vorano per il singolo, ma lavorano, complessivamente, per una collettività, per un distretto, per una filiera.

Analisi sui mercati. Analisi sulle tendenze moda. Disponibilità di infor-mazioni su tutte le possibili forme di incentivazione, di finanziamento. Non mi dilungo su esemplificazioni di servizi commerciali. Avremo modo an-che nella discussione, di ritornare su questi aspetti. Il concetto che voglio sottolineare è proprio questo: servizio comune, come ampliamento delle opportunità. Non come ambito che sostituisce ruoli imprenditoriali o azioni specifiche delle singole imprese.

Ovviamente, se occorre investire sul capitale umano, se è importante fa-vorire la partnership, se è importante favorire un percorso complessivo di qualità, se è importante attivare servizi comuni, non certo ultimo è l'aspetto

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che riguarda la dotazione, infrastrutturale del Territorio. Una dotazione in-frastrutturale che è stata richiamata come aspetto-chiave, innovativo, ad es., per quanto riguarda la logistica. Quindi, vedere tutto nell'ottica "globalizzazione", "reti lunghe", "nuovo posizionamento del Distretto". Ma, certamente, anche, tutta quella nuova rete di infrastrutture, reti di co-municazione che sono quanto mai necessarie per poter consentire alle im-prese di essere "qui", in termini di gestione del processo, ma di essere "ovunque" è necessario essere, per essere - come risultato finale - competi-tive e in grado di posizionare i propri prodotti sul mercato.

"L'essere ovunque", è un elemento che può indurre anche timori, preoc-cupazioni, perché questo, certamente, è un percorso che non è per tutti. Il portare l'enfasi sulle intelligenze, sulle intelligenze strategiche, può, indub-biamente, portare gli anelli finali del processo a temere di essere out da questo cambiamento, da questo processo.

Io credo che ci si debba parlare con molta franchezza, nel senso di dire che, indubbiamente, se si va verso un cambiamento, per definizione, le cose cambiano, si trasformano e, quindi, nelle trasformazioni e nel cambiamen-to, c'è chi riesce ad essere sull'onda. C'è chi questa onda non riesce a co-glierla e ad essere, quindi, protagonista di questo tipo di percorso. Ma que-sto non è un fatto passivo. Questo è un risultato di comportamenti attivi. Quindi, quanto più vi è consapevolezza della trasformazione, capacità del Territorio di creare le opportunità per il numero maggiore possibile di sog-getti, per cogliere queste opportunità, tanto più difficile sarà “essere fuori”. Quindi, l'enfasi sulle azioni complessive di governo del Territorio, sono quanto mai un elemento a tutela della possibilità, per tutti, di mettere in pi-sta, tutto ciò che è la propria capacità di essere all'interno di questo proces-so di cambiamento.

Elevare l'efficienza e l'efficacia amministrativa. È vero, abbiamo sottolineato che "marketing Territoriale" non è soltanto

attrarre capitali. È, prima di tutto, creare le condizioni perché, chi è sul Ter-ritorio, possa esserci e possa esserci con tutte le proprie potenzialità. E an-che vero che è un elemento che, sempre di più, distingue i Territori nella competizione, l'uno rispetto all'altro, e che porta gli imprenditori che, per definizione, ricercano le condizioni ottimali del loro vivere, come persone e come soggetti che fanno impresa. L'efficienza amministrativa è un aspetto fondamentale. Quindi, è indubbio che alle istituzioni - intese in senso lato - è richiesto uno sforzo grande, uno sforzo forte, per fare un balzo che con-senta di avere delle certezze per l'imprenditore. Sino ad oggi, l’enfasi sull'a-spetto formale e burocratico, rispetto al risultato, ha creato condizioni di pe-nalizzazione per la realtà delle nostre imprese. In questo lucido sono richia-mate, semplicemente, l'importanza dell'attivazione degli sportelli unici. Molti stanno dicendo che hanno aperto gli sportelli unici. Non è vero: sono

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affermazioni, non fatti! C'è bisogno in questo ambito, di creare davvero, in modo rapido, una diffusione di quelle informazioni di base, che sono essen-ziali all’imprenditore che vuole qualificare la sua impresa e sono quanto mai importanti per fare nuova impresa. Cosa vuol dire essere territorio ma-turo? La parola "maturo" non va vista come era negli anni '70, (che portava con sé il concetto della "sparizione"), ma come necessità di portare al pro-prio interno dei processi di trasformazione, significa sempre di più fare en-fasi sulle filiera di eccellenza, avere anche consapevolezza dell'importanza che, se si innescano dei circuiti di innovazione, si può fare fertilizzazione incrociata, si possono far nascere nuove imprese ad alto contenuto innovati-vo, che possono inserire nuovi business, nuove opportunità per il Territorio e sugli aspetti del manifatturiero e sui servizi alla produzione e anche su nuovi ambiti che hanno più come consumatore di riferimento, il benessere collettivo.

In questa direzione si collocano i parchi scientifici - e su questo, certa-mente, Gurisatti, nelle sue conclusioni, riprenderà anche i ruoli e il signifi-cato che queste strutture si propongono di avere in questo processo di inno-vazione. Non va poi dimenticato che, per la filiera del tessile-abbigliamento-calzaturiero è aperto anche un ragionamento nazionale, che ha portato a sottoscrivere un documento di politiche, che, proprio la setti-mana scorsa, venerdì, ha visto, per la prima volta, riunirsi la Segreteria O-perativa, per iniziare un percorso di individuazione puntuale di strumenti, di opportunità da offrire a questo settore che, globalmente, è un settore-chiave, strategico per l'economia nazionale.

Abbiamo parlato dell'importanza della diversificazione. Non mi dilungo, avendo già richiamato l'importanza di questo concetto e di come il puntare sull'innovazione può creare queste opportunità e può anche valorizzare un percorso nuovo per le risorse umane del Vostro Territorio, risorse umane che, sempre di più, occorre valorizzare, qualificare, scolarizzare. L'aspetto della scolarizzazione, che vede questo Territorio non certo tra i primi in ambito nazionale, è un aspetto importantissimo. Aumentare la scolarizza-zione significa aumentare le potenzialità culturali dei soggetti in un mondo sempre più difficile, sempre più complesso. Qui richiamo, esclusivamente, alcuni ambiti che sono prioritari, per la Comunità Europea, come nuovi gia-cimenti occupazionali in grado di migliorare la qualità di vita del Territorio. Veniamo, rispetto a questo quadro, a ragionamenti puntuali, che fanno rife-rimento a quella che è stata definita la contingenza (per sottolinearne la dif-ferenza di fondo, rispetto agli aspetti di carattere strutturale) e che ha anche connotazioni di emergenza. Nell'ambito delle riflessioni condotte nel grup-po di lavoro e anche nei confronti con i soggetti istituzionali, con gli ambiti associativi, abbiamo sottolineato la proposta di una task force, di un tavolo unico, che non sia soltanto un tavolo di riflessione, ma un tavolo di valenza

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decisionale, che abbia anche i supporti operativi necessari per poter realiz-zare le decisioni. Quindi, un tavolo che, nella chiarezza di ciò che distingue contingenza da cambiamento strutturale, sappia affrontare la problematica specifica che, nel breve, è prioritaria per questo Territorio per innescare un percorso di fiducia.

In questa direzione, ci è sembrato importante sottolineare che questa con-tingenza va, prima di tutto, definita con chiarezza. Capire esattamente di che cosa stiamo parlando: quanti sono, effettivamente, i posti che già sono perdita occupazionale, quali sono quelli a rischio, che figure coinvolgono, con che caratteristiche di competenza, di conoscenza, di possibilità di ri-qualificazione e, quindi, di riconversione di competenze, in funzione del re-ale posizionamento di cui abbiamo parlato. O, invece: quali sono persone, competenze, professionalità non coerenti e non, diciamo, funzionali a que-sto tipo di percorso il Territorio ha la necessità, ha l'obbligo, il dovere di valutare altri terreni, altre strade, altre opportunità e di avere, quindi, su questo, una capacità di governo complessiva. In questa direzione, mi sem-bra importante dire che, rispetto all'elencazione che qui ho espresso, che comprende anche le valutazioni di potenziale imprenditivo, la possibilità di attivare azioni su settori non profit, azioni di interesse collettivo per il Ter-ritorio, può esserci in collaborazione con l'Agenzia Regionale per l'Impiego un ruolo importante di un organismo come "Italia Lavoro", un organismo nazionale che può mettere in campo competenze, strumenti, capacità di in-tervento, estremamente importanti e utili, rispetto alla funzione del tavolo locale.

Dalla contingenza ritorniamo, però, al percorso di carattere più strategico di medio e lungo periodo: fare perno sull'obiettivo dell'innovazione e valo-rizzazione delle competenze distintive. Secondo importante elemento: defi-nire un piano di sviluppo locale. Patto Territoriale o non Patto Territoriale? Cerchiamo di capirci, nei linguaggio, nel significato. Quello che è, a nostro parere, assolutamente fondamentale è che questo Territorio, attraverso i suoi attori, istituzionali e non, sappia mettersi intorno ad un tavolo, ragiona-re, definire degli elementi di strategia comune, definire delle responsabilità, dei compiti, delle priorità. Questo, normalmente, viene definito un piano di sviluppo locale a prescindere dal fatto che esso sia oppure no predisposto ai sensi della delibera CIPE del 3/3/97 che disciplina le forme di programma-zione negoziata.

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Interventi: Gianpietro Breda - Unindustria Treviso

Questo incontro ci offre l’occasione di apprezzare l’opportunità e l’utilità della ricerca sul posizionamento competitivo del distretto di Montebelluna che, grazie al metodo applicato e alle quantità delle infor-mazioni fornite, offre molti suggerimenti e stimoli, anche operativi..

A mio avviso se oggi ci limitassimo a parlare della crisi del calzaturie-ro -questione sulla quale io stesso mi ero preparato in occasione di que-sto incontro- rischieremmo di perdere l’opportunità di imparare ad uti-lizzare uno “strumento” che assume importanza fondamentale per af-frontare tutti insieme proprio la situazione del calzaturiero nella sua complessità.

Basti ricordare, ad esempio, che la ricerca è iniziata un anno fa e che conseguentemente è stata decisa ed ideata ancora alcuni mesi prima, va-le a dire in epoca nella quale non erano ancora presenti tutti i fattori ed i fenomeni che caratterizzano l’attuale situazione congiunturale del Mon-tebellunese.

Penso che la raccolta dei dati sia stata una operazione non facile per le difficoltà che abbiamo avuto tutti nel ricercare fornire proprio “quei da-ti” specifici che a ciascuno di noi sono stati richiesti. Ciononostante il risultato del lavoro ci dà la possibilità di capire, di conoscere veramente cos’è un distretto e le sue logiche intrinseche. Nel nostro caso si tratta di quello di Montebelluna, del calzaturiero, che naturalmente per la sua u-nicità si può considerare un distretto industriale mondiale, prima ancora che italiano, e ne sono stati individuati bene i punti di forza e debolezza.

La validità della ricerca va sottolineata proprio perché può essere ap-plicata in qualsiasi settore e Treviso, insieme ad un tessuto industriale diffuso di piccole imprese, è caratterizzato dalla presenza di alcuni di-stretti industriali che posso definire naturali, cioè non ancora “certificati”: basti pensare a quello dell’occhiale condiviso con Belluno, a quello del legno-arredamento condiviso con Pordenone, a tutta l’area di Conegliano che abbiamo definito a suo tempo Inoxvalley.

Quindi proprio per l’aiuto che questa ricerca può offrire, esprimo a nome di Unindustria Treviso un forte ringraziamento alla Camera di Commercio di Treviso, al Presidente, al Direttore e a tutti i funzionari che vi hanno lavorato per aver fatto propria questa iniziativa che noi a-vevamo a suo tempo proposto e di averla portata fino in fondo.

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Un plauso va anche -e lo ho già anticipato nei richiami alla validità della ricerca- ai coordinatori ed esecutori del progetto: al Dr. Livio Barnabò di ‘Progetto Europa’ sia per la completezza del lavoro sia per la semplicità con la quale hanno reso comprensibile e fruibile dati e valutazioni.

Innanzitutto cosa colpisce di questo settore letto attraverso la citata ri-cerca ? Una analisi puntuale sui fattori di forza e sui fattori di debolezza, che si mescolano in modo davvero incredibile.

Questo è l’elemento che va al di là di ogni altro fattore: numeri, macchi-ne, occupati, mercati, trasformazione del settore, ecc.

Ci sono 6 o 7 punti -basta rivedere la scheda presentata dal Dr. Barnabò- che ci danno la conferma di dove siamo forti -e questo dobbiamo sottoline-arlo con un pizzico di orgoglio quantomeno per non continuare a pensare sempre in negativo- e dove invece siamo deboli.

Proprio da qui devono partire le considerazioni su ciò che si deve fare da subito in questo settore per superare la crisi dove oggi si presenta e per pre-venirla negli altri comparti.

Sarebbe utile commentare tutti gli elementi che l’analisi ci ha fornito ma il tempo non ce lo consente per cui dovremo definire sicuramente altre oc-casioni di incontro e confronto; però alcune riflessioni a caldo non possono mancare.

Tutti sostengono che questo settore ha bisogno di innovazioni ! Ebbene io devo spezzare una lancia proprio a favore di questo comparto perché se finora è riuscito a conquistare importanti traguardi e a superare altre grosse crisi è perché ha saputo realizzare grandi innovazioni.

Alcuni sono stati di tipo duraturo, rivoluzionari; altri magari non hanno trovato continuità e sostegno nel tempo.

Quando si parla di innovazione di prodotti o di prodotti alternativi viene da pensare, come ha ricordato poco fa il Prof. Aldo Durante, a cosa ha rap-presentato, per esempio, il pattino a ruote in linea.

In questo caso ci troviamo di fronte ad un esempio in cui la “innovazione” ha trovato adeguato sostegno da parte di tutti i soggetti che concorrono alla realizzazione del prodotto mentre non c’è altrettanto soste-gno esterno per consentire al prodotto di durare nel tempo.

In altri termini, ricordando una battuta usata alcuni anni fa, le imprese ed il sindacato hanno saputo creare le condizioni per riportare a Montebelluna la produzione del pattino conquistandola ai paesi del basso costo del lavoro; poi però sono mancate adeguate azioni per mantenere nel tempo l’utilizzo di questi prodotti, come ad esempio attività sportive competitive e non, o comunque legate al tempo libero, inserimento tra gli sport scolastici, spazi dedicati, quali ad esempio piste ad utilizzo promiscuo di cicli e pattini, ecc. (in America il pattino è un normale mezzo di locomozione, mentre in Italia lo si può usare solo in strada e con e con limiti di vario tipo).

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Oggi si è parlato anche della ineluttabilità di alcuni processi: se ciò è ve-ro, è altrettanto vero però che con i comportamenti di tutti i soggetti questi processi possono essere governati.

Mi riferisco ad esempio, alla delocalizzazione. Gli addetti ai lavori si mi-surano quotidianamente con l’impossibilità di mantenere in Italia alcune la-vorazioni.

Dobbiamo però chiederci in che misura possiamo contenere questo feno-meno; in che misura possiamo rinviare la dismissione e lo spostamento di intere produzioni, di interi settori.

Penso ad esempio al costo del lavoro; sottolineo costo del lavoro e non retribuzione del dipendente. E’ pacifico che nessuno pensa di avere costi competitivi con quelli della Croazia e della Romania; si deve però riflettere su cosa grava ancora sul costo del lavoro, sull’entità del prelievo da parte dello Stato che mantiene ancora il più grande divario del mondo tra costo per l’impresa e netto per il dipendente.

Penso al livello di tassazione per le imprese, anche in questo caso il più alto del mondo ! E penso, per contro, al freno ed ai costi derivanti dalla ri-gidità ed inadeguatezza di tutto il sistema burocratico e amministrativo pubblico, dalla endemica carenza di infrastrutture e servizi. Mi riferisco cioè a tutti quei fattori che hanno relegato l’Italia al ventiduesimo posto per grado di attrattività degli investimenti.

Non si deve incorrere nell’errore di limitarsi ad elencare tutti i fattori ne-gativi per farne solo un “quaderno” delle lamentazioni imputando tutte le cause agli altri.

Ci sono delle risposte che possiamo, anzi, abbiamo il dovere di trovare subito per mantenere ancora alcune lavorazioni in Montebelluna.

Approfittando della presenza in sala delle Organizzazioni Sindacali vor-rei “provocare” alcune riflessioni: senza toccare la retribuzione del dipen-dente, perché non si trovano gestioni diversificate dell’orario di lavoro che consentano di rispondere all’andamento del mercato ?

Il calzaturiero rappresenta proprio il caso in cui al dipendente non si chiede di lavorare di più ma di lavorare in tempi diversi; senza parlare in questo momento di utilizzo impianti, punte e flessioni della produzione, di commesse eccezionali, ecc., viene da chiedersi, ad esempio, se possiamo continuare a chiudere la produzione per ferie in agosto proprio nel momen-to di massima concentrazione dell’attività e delle produzioni.

Ho ricordato solo un’area in cui si può intervenire. Tutti i soggetti insie-me possono senz’altro individuarne altre.

Oggi tra l’altro la ricerca ha messo in luce un aspetto: l’azienda da sola non ce la può fare ! Anche mettendo insieme tutte le Aziende, da sole non ce la possono fare !

Alla globalizzazione e alle conseguenti strategie di internazionalizzazio-90

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ne devono concorrere tutti i soggetti. Al di là della formula, di quale strumento tecnico giuridico utilizzare, og-

gi abbiamo una opportunità-necessità: quella di operare in un settore in “crisi”, vale a dire in un settore che si sta trasformando ampiamente.

E’ l’occasione per mettere insieme le Organizzazioni Imprenditoriali, il Sindacato, la Camera di Commercio, la Provincia, la Regione, altri soggetti che possono portare contributi utili per trovare metodo di confronto, solu-zioni, mezzi per il calzaturiero ma che al tempo stesso possono essere utili anche per altri settori e produzioni dato che la “crisi” diventerà sempre più una costante con cui confrontarci con necessaria creatività.

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Luigi Gallinaro - Confartigianato Provinciale Treviso

L'analisi che ci è stata proposta sulla situazione del distretto di Monte-belluna è stata puntuale e pertanto ritengo che su questo piano non ci sia molto altro da aggiungere.

Volevo invece dire qualcosa per quanto riguarda le cose da fare. L'ur-genza dei problemi e quindi l'esigenza delle imprese, in particolare delle piccole imprese, è quella di passare al più presto dall'analisi della situa-zione a fare qualcosa in concreto.

Condivido quindi anche il suggerimento dato dai relatori, che a questo punto dovrebbe anche diventare un impegno, sull'opportunità di avviare un coordinamento tra quanti operano nel distretto, tra tutti i soggetti, pubblici e privati, che svolgono un qualche ruolo nell'economia del ter-ritorio.

Un coordinamento però che deve portare a qualcosa di concreto. Se l'analisi è stata condivisa ora bisogna sedersi attorno ad un tavolo per valutare ed approfondire le iniziative possibili, dandoci delle priorità e avviando concretamente alcune iniziative.

Come Associazioni Artigiane abbiamo già iniziato un confronto con le organizzazioni sindacali, a seguito delle difficoltà che sta incontrando in questo momento il comparto della calzatura sportiva, per vedere co-me sia possibile affrontare e risolvere alcuni problemi che coinvolgono imprenditori e lavoratori.

Voglio soffermarmi su alcune questioni che, a mio avviso, sono tra le prioritarie da affrontare, quattro di contenuto e una di metodo:

1. l'innovazione e la ricerca; 2. la formazione; 3. la consulenza per l'internazionalizzazione; 4. gli aiuti per la riconversione; 5. il rapporto con le imprese. Innovazione e ricerca

La calzatura sportiva è un prodotto che si presta, sicuramente ancora, ad essere innovato. Pensiamo appunto all'evoluzione che ha avuto negli ultimi anni, per quanto riguarda l'utilizzo di nuovi materiali. Per prose-guire su questa strada servono però anche strutture di supporto, soprat-tutto per le piccole aziende.

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Sarebbe quindi importante avere in zona un laboratorio per poter effet-tuare prove e test sui materiali e verificare la rispondenza alle normative.

Voglio in proposito ricordare un'altra esperienza che stiamo portando a-vanti su un altro settore. Venerdì prossimo viene inaugurato presso l'ITIS Max Planck di Lancenigo un laboratorio per prove e test su prodotti e com-ponenti elettrici ed elettronici.

Un laboratorio che dovrebbe servire non solo per fare le prove sui pro-dotti previste dalle direttive europee, Bassa Tensione e Compatibilità Elet-tromagnetica, ma anche per aiutare le piccole aziende nello sviluppo dei prodotti.

Le grandi aziende i laboratori se li sono fatti in casa, sono però investi-menti di centinaia di milioni che i piccoli evidentemente non possono per-mettersi.

Per poter avviare una iniziativa simile anche nel calzaturiero ci sono però due ordini di problemi da risolvere: uno sono le conoscenze sedimentate che servono l'altro sono i tempi. Nel caso specifico del Max Planck di Lan-cenigo abbiamo un istituto tecnico che da anni diploma ragazzi nei settori elettrico ed elettronico.

A Montebelluna per quanto riguarda la calzatura siamo sicuramente in una situazione più difficile, solo di recente è partito presso l'IPSIA il corso per calzaturieri ma soprattutto servirebbero conoscenze nel campo della chimica, dei materiali, che sono presenti solo in parte. Il successo della Ge-ox o della Stonefly sono lì a dimostrare che evidentemente queste cono-scenze ci sono ma sono appunto limitate ad alcune aziende.

Su questo punto: ricerca, nuovi materiali, laboratorio, ecc. un ruolo im-portante potrebbe svolgerlo in prospettiva Tecnologia & Design che sta già portando avanti a Montebelluna alcune esperienze interessanti.

L'altro problema è il tempo che serve per avviare iniziative di questo ti-po. Per mettere in piedi il laboratorio presso il Max Planck ci abbiamo messo quasi tre anni e solo per avviarlo ma poi c'è anche il problema dell'esperien-za che deve essere fatta che è una delle risorse principali che deve avere un laboratorio. Questi sono però tempi che sono incompatibili con i problemi che abbiamo nel distretto e con le necessità delle aziende.

Scusatemi se mi ripeto ma penso che Tecnologia & Design possa sul se-rio svolgere un ruolo importante su questo campo. Formazione

Sulla formazione post scolastica nel distretto di Montebelluna ci sono già molti attori che intervengono: le Associazioni Imprenditoriali, il Museo dello Scarpone, Tecnologia & Design.

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Una sintesi delle varie iniziative che sono state avviate nel territorio ed un confronto tra i protagonisti probabilmente sarebbero opportuni proprio per valutare lo stato della domanda e dell'offerta in fatto di formazione.

Un'esigenza che riscontriamo in questo momento tra i piccoli imprendi-tori, più precisamente tra i figli che in questi anni si sono affiancati all'atti-vità dei genitori, e che lavorano in genere come subfornitori, è quella di ap-profondire le conoscenze, le competenze per quanto riguarda lo sviluppo dei prodotti. C'è quasi una necessità di ritornare, in un certo senso, a quelle che erano le competenze dei padri. Non dimentichiamo che i laboratori arti-gianali sono per lo più nati e poi si sono sviluppati sulle competenze di per-sone che prima lavoravano all'interno della grossa azienda, dalla quale sono uscite per avviare una attività in proprio. Lavoratori che avevano competen-ze professionali notevoli e che, poi, una volta usciti dall'industria, hanno continuato a lavorare come fornitori per quanto riguarda la preparazione dei campionari, lo sviluppo di nuovi prodotti, eccetera. Queste competenze so-no spesso rimaste ai padri, che hanno avviato le piccole aziende artigiane. Sarebbe evidentemente opportuno che queste conoscenze, queste capacità, passassero anche ai figli.

Un corso di modellistica rivolto ai piccoli imprenditori lo riteniamo quin-di necessario in collaborazione magari con la Scuola di Strà che da anni funziona da punto di riferimento, per iniziative di questo tipo, anche per il nostro distretto. Consulenza per l'internazionalizzazione

Se condividiamo quanto è già stato detto dai relatori sulla globalizzazio-ne del mercato e sulla ineluttabilità della delocalizzazione, per quanto ri-guarda alcune produzioni, dobbiamo anche riconoscere che il problema a questo punto non riguarda più solo le grandi aziende. La delocalizzazione può essere una opportunità perché può indirettamente tutelare alcuni pro-dotti più tecnici e di qualità che necessariamente devono continuare a esse-re fatti in loco e perché può favorire le sinergie tra il lavoro fatto all'estero e quello fatto in Italia, dobbiamo però mettere anche i piccoli produttori in grado di poter valutare e fare scelte coerenti su questo piano.

Alcuni piccoli imprenditori hanno già cominciato a delocalizzare però è chiaro che le difficoltà incontrate sono notevoli perché quando si allargano gli orizzonti del mercato è evidente che uno più è piccolo e più difficoltà incontra. Avviare un servizio di consulenza qualificato e specializzato sui problemi della internazionalizzazione delle imprese sarebbe quindi opportuno. Aiuti per la riconversione

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La delocalizzazione ha fatto saltare nel 1998 tutti i budget di produzione,

i costi in alcuni Paesi dell'Est erano talmente bassi e il potenziale produttivo talmente alto che tutto il resto è passato in secondo piano. Risultato: magaz-zini pieni e mercato sballato, almeno per un anno, se basta.

Alcune piccole aziende si stanno ponendo il problema della riconversio-ne cioè di spostarsi verso attività che solo in parte possono avere qualche affinità con la calzatura, come per esempio la confezione di abbigliamento sportivo o lo stampaggio di materie plastiche. Però, riconvertire vuol dire quasi sempre dover fare investimenti e, spesso, investimenti consistenti. A-vere in questi casi la possibilità di accedere al credito agevolato diventa quindi fondamentale. La scorsa settimana è stata approvata dalla Regione una legge a sostegno delle piccole aziende che lavorano in qualità di su-bfornitori denominata "Interventi a favore del sistema della subfornitura ve-neta", potrebbe essere uno strumento importante in quanto tra le finalità della legge rientra proprio il sostegno alla diversificazione o riconversione produttiva.

Questa legge però deve diventare operativa al più presto. Non è la prima volta che viene fatta una legge però poi passano anni prima che diventi ope-rativa. Questa legge deve poter essere effettivamente utilizzata dalle impre-se nel giro di qualche mese. Non può essere diversamente. Lo sappiamo, spesso le imprese hanno tempi che fanno un po' a pugni con quelli delle i-stituzioni, credo che, in questo caso, dovremmo impegnarci un po' tutti, per accelerare su questo versante. Rapporto con le imprese

Un'ultima osservazione su una questione di metodo: il rapporto con le imprese. Anche in altre occasioni è stato osservato come le imprese diffidi-no un po' di tutte le iniziative che vengono proposte dal pubblico, dalle isti-tuzioni. E' una diffidenza che cogliamo anche noi, come Associazione, tutti i giorni, muovendoci sul territorio e avendo un rapporto costante con gli imprenditori.

Dobbiamo quindi fare attenzione non solo alle proposte, ai contenuti ma anche al metodo, a come ci rapportiamo con le imprese, in quanto le inizia-tive non basta pensarle, proporle e via. Bisogna anche cercare un rapporto diretto con le imprese, direi quasi sul piano personale, per riuscire a coin-volgerle. Ritengo che questo sia un aspetto fondamentale, se vogliamo che quanto riusciremo ad avviare sia effettivamente colto dagli interessati e produca poi dei risultati concreti.

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Aldo Durante – Direttore del Museo dello Scarpone Montebelluna (TV)

Imprenditori lungimiranti l’avevano annunciata. in occasione di con-vegni, nelle tesi di laurea ( più di sessanta in pochi anni) cui hanno col-laborato docenti universitari di chiara fama...una crisi incombente era re-golarmente evocata. Abbiamo prodotto montagne di parole, incapaci di passare dalla diagnosi alla terapia.

A dir il vero negli ultimi tempi qualcosa si è mosso; le iniziative di Tecnologia & Design e del Museo dello Scarpone dimostrano che la vo-lontà di reagire esiste, ma non sempre le proposte vengono accolte con la giusta convinzione dagli imprenditori. Ecco alcune riflessioni . La memoria storica.

Una battuta sentita qualche minuto fa: perché i montebellunesi non fabbricano scarpe da golf? Risposta: a Montebelluna, nel 1939, si produ-cevano scarpe da golf . I montebellunesi l’hanno dimenticato. Le scarpe tipo Mefisto venivano realizzate a Montebelluna sessanta fa. I montebel-lunesi l’hanno dimenticato.

La Dolomite produceva scarpe da calcio nel 1930!, Gli "scarperi" del distretto l’hanno dimenticato, Abbiamo dimenticato troppe cose del pas-sato, tesi ad inseguire l'ultima moda, quasi timorosi di non essere all’avanguardia. Conserviamo al Museo cataloghi antecedenti la seconda guerra mondiale con scarpe che sembrano disegnate oggi! ma un tempo nessuno a Montebelluna si preoccupava di brevettare.

Ecco l’importanza della memoria storica: il Museo non è un luogo do-ve mettere le cose ammuffite, in attesa di rispolverarle come medaglie da appuntare al petto in occasioni da Festa Nazionale. Il Museo è il cu-stode del nostro design, della nostra tecnologia, del nostra cultura calza-turiera.

La moda passa e ripassa e in questo ciclo continuo, dove niente può dirsi definitivamente scaduto, la lungimiranza sta nel riscoprire ciò che è già stato fatto. Le novità sono spesso cose vecchie che abbiamo dimenti-cato.

Seconda riflessione: la formazione. Formazione non significa soltanto organizzare corsi per giovani disoccupati, bensì offrire costantemente la possibilità, a chi già lavora, di riqualificarsi, per restare competitivo sul mercato. Montebelluna può vantare delle risorse preziose: negli ultimi

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anni siamo riusciti a convincere le aziende a “prestarci”, almeno per un po' di tempo, i loro tecnici, i loro manager, i loro operai per fare scuola ai gio-vani. Ne è scaturito un interessante scenario di personaggi, che avevano molte cose. Mi rivolgo agli industriali e agli artigiani: abbiate il coraggio di dedicare più tempo ai giovani; il compito di trasmettere la conoscenza da una generazione all'altra, è ti tutti, non solo della scuola Terza riflessione.

E’ essenziale monitorare costantemente il territorio: conoscere le figure professionali richieste, le esigenze immediate e quelle a medio-lungo termi-ne... Un esempio: solo quest'anno il Museo, su suggerimento delle aziende, ha organizzato un corso di tecnico per la logistica, quando il discorso della logistica, avrebbe forse dovuto essere affrontato già qualche anno fa.

Stiamo attraversando un momento di grande trasformazione: vediamo come riusciamo a reagire, cerchiamo di capire quali strumenti, quali strate-gie adottare, per essere utili anche in futuro. Quarta riflessione: la conoscenza globale.

Dove va il mercato? Su questo campo le nostre conoscenze sono forte-mente limitate. E’ necessario possedere uno strumento che permetta di ca-pire dove vanno i consumi, dove vanno le mode.

Ultima riflessione: la collaborazione.

Immaginate che in questa sala ci siano duecento suonatori: alcuni sono provetti maestri, hanno studiato al conservatorio e suonano musica classica. Poi, c'è l'orchestrina che va a suonare nelle balere. Infine, c'è il solista, che non sa neanche leggere le note, ma è geniale, ha imparato a suonare a orec-chio.

I repertori ovviamente sono molto diversi: chi suona la musica tradizio-nale, chi quella molto innovativa, ma tutti quanti dovrebbero concertare nella stessa sala.

E’ la condizione in cui si lavora nel nostro distretto. Una volta un certo modus vivendi si creava in modo informale: il bravo

suonatore dell'orchestrina andava a suonare nella grande orchestra perché veniva selezionato. Tutto accadeva in modo spontaneo. Ora, il bisogno di formalizzare, sia la cultura che l'organizzazione del lavoro, richiede che ci siano nuovi strumenti e una reale concertazione.

Il nostro distretto è una realtà molto articolata e composita: i problemi della grande azienda non sono gli stessi né della media azienda con mar-

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chio né dei terzisti né degli artigiani. Spesso le esigenze sono tra di loro in conflitto.

Le rappresentazioni del distretto Montebellunese tendono a far percepire all'esterno un'uniformità fittizia, inesistente. Così l'artigiano, l'industriale o il terzista non riconoscono in esse la propria specificità.

Non riuscire a farsi capire è un gravissimo problema: molti e brillanti convegni del passato sono rimasti documentazione per tesi, per giornalisti, per esperti, ma non sono riusciti ad incidere sulla realtà, proprio perché è mancata un’efficace azione di divulgazione.

Bisogna trasformare le dotte e raffinate analisi in soluzioni concrete, che siano attuate in tempi ragionevolmente rapidi.

Certo è sacrosanto prendere in considerazione i tempi medi e medio lun-ghi, però a un malato grave non si può solo offrire, in una bella cornice, la diagnosi della sua malattia, con un vocabolario, perché lui possa esprimere il suo dolore in modo più formalmente corretto. Il malato ha bisogno di un intervento concreto, immediato ed efficace.

Soprattutto le aziende piccole e gli artigiani hanno bisogno di sentire le istituzioni vicine, oggi.

Quindi nel complimentarmi con gli organizzatori per questa iniziativa, con i relatori per i loro interventi, mi preme sottolineare il rischio che que-sta risorsa non venga valorizzata appieno.

La Camera di Commercio si è scoperta: è lì, sul palcoscenico, e non può chiudere il sipario con la battuta: "La commedia è finita".

Lo spettacolo deve continuare. Il distretto di Montebelluna si aspetta che questo discorso si traduca in fatti: una efficace concertazione fra le parti so-ciali e le istituzioni, progetti concreti che offrano risposte ai problemi delle imprese, sia industriali che artigiane.

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Donato Bedin – Direttore dell'azienda speciale Treviso Tecnologia

E’ importante ed è ora necessario guardare ai fatti e soprattutto guar-dare anche gli aspetti positivi che hanno caratterizzato alcune iniziative svolte sul territorio dei distretti.

A Montebelluna è nata, per esempio, una nuova azienda, Tecnologia & Design, derivata da un'organizzazione pubblica, l’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Treviso. Questa è una realtà positiva. È un'azienda in più nel territorio. Facciamo che ne nascano altre sei di que-sto tipo. Ecco allora che l’impatto comincia a diventare significativo. Questo per sottolineare che del piccolo marketing territoriale è già in at-to.

Sempre rimanendo nei fatti concreti, Treviso Tecnologia, con altri quattro partner (ENEA, Studio POSTER, Steinbeis Foundation di Stoc-carda, Cluster Competitiveness e Ascamm di Barcellona, Centimfe di Marinha Grande – Portogallo), è risultata assegnataria da parte della DG XIII di un progetto chiamato Club RP per la promozione della diffusio-ne di tecniche TCE – Time Compression Engineering – in un contesto di co-design e co-engineering.

Tale progetto dovrebbe consentire, nel corso di due anni, di migliorare ed incentivare l’accesso delle PMI del distretto di Montebelluna verso queste nuove tecniche TCE, e al tempo stesso di far emergere i loro pun-ti di forza in un contesto internazionale con visibilità sui mercati euro-pei.

Anche questo è uno sforzo di marketing territoriale, che se imitato da altre dieci iniziative simili diventa un fenomeno di rilievo.

Ciò ci fa capire che per fare marketing territoriale, bisogna sì procede-re in maniera organizzata, ma non bisogna sempre aspettarsi un inter-vento “dall’alto”, ma si può fare ricorso anche alle forze interne al terri-torio ed accedere alle incentivazioni offerte dai progetti comunitari.

La Camera di Commercio ha stanziato per l'anno prossimo una certa quantità di risorse per l'innovazione, la ricerca e lo sviluppo.

E’ pochissimo, è irrilevante di fronte alla massa complessiva dei biso-gni. Se mettiamo però insieme questa risorsa con quella del Parco Scien-tifico Galileo, con quelle delle Associazioni degli imprenditori, con quelle di singoli imprenditori illuminati, si possono reperire energie per un altro paio di iniziative significative. Guardiamo quindi con fiducia e caparbietà al dover promuovere ed attivare iniziative di marketing terri-toriale, sia all’interno che all’esterno dei contesti locali, essendo questa l’unica via per una riqualificazione delle capacità imprenditoriali del ter-

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Gilberto Graziottin - Segretario UST-CISL Treviso

Due battute perché, gli ultimi due interventi hanno riportato nella con-cretezza e nello spirito giusto anche, credo, la riunione di questa sera e credo sia doveroso dar atto alla Camera di Commercio che ha riproposto un tema su cui si è discusso molto anche nel passato. Però, forse per la prima volta, lo ripropone con un taglio diverso, che ci consente di passa-re dalla "convegnistica" alla capacità di governo della situazione.

La difficoltà di governo dello sviluppo è il vero problema, che abbia-mo, all'interno nella nostra provincia. Non è il problema della scarpa sportiva oggi o del Distretto di Montebelluna: è il problema della pro-vincia di Treviso. Noi abbiamo una situazione di grande sviluppo econo-mico, di grande capacità imprenditoriale, però tutto questo sviluppo eco-nomico e questa capacità imprenditoriale vivono da soli. Fanno fatica a mettersi insieme, a mettersi in rete, a fare squadra. E, soprattutto, fanno fatica ad accettare delle forme di governo, cosa che noi abbiamo tentato, in qualche maniera, non per imbrigliare, ma per contribuire ad un orien-tamento. Anche nei primi anni Novanta, con Protocolli di intesa con U-nindustria, con ragionamenti fatti con gli Artigiani, quindi con tutta una serie di iniziative che andavano o tentavano di portare in questa direzio-ne lo sviluppo economico. Non ci siamo riusciti molto bene, perché, molto spesso, abbiamo visto gli attori imprenditoriali, nei momenti di positività della congiuntura, spostarsi dall'attenzione al governo, al pro-getto, all'attenzione alla propria soggettività, al proprio interesse specifi-co e, quindi, un ritornare a chiudersi all'interno delle imprese o ritornare a considerarsi autosufficienti, capaci di far da soli, propositori di un mo-dello che vedeva la separatezza tra le parti e metteva il sindacato da una parte, la Camera di Commercio dall'altra, le Istituzioni da un'altra anco-ra. Ecco, noi, oggi, siamo qua a discutere di questo. Cioè, a lanciare tra di noi una sfida, che è per il futuro e che deve essere la sfida per dire: "Siamo capaci, in provincia di Treviso, di fare tutti un passo indietro, ri-spetto a quella che è la nostra soggettività e anche la nostra autoreferen-zialità e vedere se, mettendo insieme tutte queste grandi energie che ab-biamo, riusciamo a fare ancora di meglio di quanto non siamo riusciti a fare in questi ultimi trent'anni di grande sviluppo della nostra provincia. Perché, poi, se andassimo a vedere, di meriti ne abbiamo un po' tutti. Come sindacato, sicuramente, abbiamo consentito, anche con la parteci-pazione all'interno delle imprese, a far sì che il lavoro non diventasse u-na rigidità nella organizzazione e che il conflitto non fosse la regola, al-

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l'interno dell'azienda. Abbiamo gestito rapporti molto partecipativi, le a-ziende sono molto flessibili, abbiamo molta disponibilità nell'ambito del mondo del lavoro. Gli industriali hanno fatto bene il loro mestiere, la Ca-mera di Commercio vediamo che lo fa. Le istituzioni, anche la stessa Pro-vincia si dichiara disponibile a progetti, a proposte innovative. Adesso dob-biamo entrare nel concreto. Durante diceva prima: "Abbiamo alcuni proble-mi contingenti". Sperimentiamoci su questi. Dobbiamo dare risposte, ad e-sempio, alle persone che vengono espulse dal processo produttivo calzatu-riero e che non possono trovare una ricollocazione con i metodi tradiziona-li, cioè del cercarsi un altro lavoro, dell'inventarsi un altro mestiere. Oppu-re, possono essere aiutate e orientate verso qualcosa di nuovo e magari di più qualificato di prima. Quanto tempo ci vuole per impostare un progetto di questo genere? Se è più di sei mesi, vuol dire che arriveremo in ritardo. Arriveremo quando le persone, già da sole, avranno dato una risposta. Quindi, dobbiamo anche accelerare.

Possiamo ragionare con i tempi dei quattro o dei cinque anni? No. Biso-gna che ragioniamo con tempi molto più stretti e, quindi, oggi dobbiamo lanciarci, reciprocamente, una sfida, che deve essere una sfida per un innal-zamento culturale del nostro agire, ma anche la sfida di cercare una sede dove far convergere e far arrivare a sintesi tutte le proposte che ognuno di noi ha elaborato, ha costruito, ma che convergono tutte in una direzione che mi sembra comune. Perché c'è un filone comune: è la volontà di far cresce-re e dar continuità a questo sviluppo che abbiamo costruito. Quindi, la base di partenza comune c'è.

Poi, è chiaro che, quando interviene Breda e ci spiega che il costo del la-voro è sempre troppo elevato e noi, invece, riteniamo che le retribuzioni siano sempre insufficienti per consentire una dignitosa condizione di vita, è, anche, perché ognuno deve anche svolgere il proprio ruolo e difendere la propria parte. Però, avendo degli obiettivi strategicamente elevati comuni, possiamo, credo, lavorare insieme. Diamoci qualche mese di tempo, cer-chiamo una sede comune e su questo verifichiamo se, partendo da un mo-mento di difficoltà o di trasformazione di un'area territoriale, riusciamo a costruire un modello di intervento, da riproporre agli altri Distretti. Perché il Distretto del mobile ha molte positività, è in sviluppo, però, anche là, se andiamo a fare un'analisi approfondita, vediamo dei punti di debolezza dati da quell'individualismo che ha caratterizzato l'area calzaturiera negli anni passati. Se andiamo nella Inox Valley, i problemi sono ancora più complessi e, quindi, avremo da fare ulteriori convegni come questo, ulteriore cultura da produrre, all'interno della nostra provincia.

Grazie.

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Pierluigi Cacco – Segretario Provinciale CGIL Treviso

Penso che il lavoro della Camera di Commercio di Treviso e il Con-vegno di oggi siano un utile contributo alle questioni che stiamo dibat-tendo. Ringrazio il Presidente e i tecnici che si sono impegnati per l’ottima riuscita.

I lavori di oggi ai quali Unindustria e Associazione Artigianato hanno collaborato attivamente, mi sembra recuperino un lavoro di straordinaria importanza cioè il libro sui Distretti curato da Corò e Rullani: "Percorsi locali di internazionalizzazione", proposto da CGIL CISL UIL e prodot-to dalla Camera di Commercio. Ritengo sia stato un lavoro straordinario, che c’è richiesto da tutta l'Italia. E’ un'analisi approfondita su tutta la partita dei Distretti dell'area provinciale, che non vorrei fosse dimentica-ta soprattutto in questa sede, visto che al convegno di presentazione fatto a Montebelluna si è notato, purtroppo, il disimpegno di autorevoli asso-ciazioni imprenditoriali.

Condivido molto l’intervento del professor Durante, ma permettetemi di aggiungere solo due o tre cose, visti anche i tempi da rispettare.

Si tratta di capirci su cosa si intende per crisi del settore calzaturiero del Montebellunese. Sono assolutamente in disaccordo con chi pensa al-la crisi ripercorrendo i modelli degli anni passati. Il termine "crisi" signi-ficava allora “assistenzialismo “ di un certo tipo cioè licenziamenti e cassa integrazione. Oggi non credo si debba parlare di crisi così intesa, non possiamo più pensare, come nel passato, che il modo di porci di fronte ai nuovi scenari sia quello di ricercare soluzioni di basso profilo. Siamo in un sistema in cui si sta attuando una grande riorganizzazione, che non riguarda solo il settore, e l’area in discussione oggi, ma anche altri settori industriali della Provincia, ovviamente in termini temporali, alcuni sono più esposti. Sono d'accordo con le preoccupazioni esposte per quanto riguarda la “mondializzazione”. Mi sembra assolutamente condivisibile l'analisi e la ricerca, va dato senz’altro merito di tutto il la-voro fatto. Il problema è come affrontare il futuro. E proprio sul come e cosa fare e su quali soluzioni adottare che ho qualche difficoltà di com-prensione negli interventi che ho ascoltato. La Camera di Commercio, il suo Presidente. propongono di cogliere le opportunità, di elaborare ana-lisi complesse, di ricercare soluzioni condivise, di rilanciare lo sviluppo attraversa le tecnologie, la ricerca e la formazione e di chiamare tutti i soggetti a collaborare. Tutto questo è un fatto importante e condivisibile. Discutiamo quale sarà il soggetto che porterà avanti, questo tavolo di in-contro per attivare quanto analizzato e discusso e proposto oggi. In que-

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sta sede sono state presentate diverse idee. La confusione, però, rischia di prendere il sopravvento, quando si parla di "patto territoriale" a Treviso. Mi spiace non sia più qui il Presidente della Provincia il quale sembrava, dai giornali, avesse confuso il “Patto Territoriale” con il "Contratto D'area". Mi diceva, prima, che sono stati i giornalisti…ed io ci credo. Basta capirci: un conto è Manfredonia e altra cosa è Treviso.

Per carità, non facciamoci ridere dietro, già ci deridono per come si pre-senta all’esterno la città non possiamo divenire lo zimbello anche per que-sto. Quindi, sul patto territoriale, che Voi proponete, si devono ben ricono-scere gli obiettivi e i soggetti interessati. Da subito dobbiamo chiarirci per-ché vogliamo iniziare la strada di un patto territoriale. Il patto territoriale –sia chiaro - è stabilito dalle norme di legge e da accordi precisi. Non voglio qui dilungarmi, ma è pensato per le aree cosiddette "deboli". Voglio capire quale sarà il percorso visto che per le aree sviluppate come le nostre ad og-gi, non sono previsti finanziamenti statali, salvo che non ci vogliamo colle-gare ad altri strumenti legislativi. Non mi soffermerei sull'aspetto “nominativo”, perché crea solo confusione. Noi non possiamo utilizzare il patto territoriale riferito ai finanziamenti pubblici. Questo fatto deve essere chiaro per tutti. Ma possiamo con le nostre forze attivare un tavolo per ri-cercare strumenti e risorse per lo sviluppo qualitativo della nostra provin-cia. Spero che ci sia nel prossimi giorni un confronto su questi temi in cui chiariremo i contenuti di questi passaggi Non essendo noi contrari ad un patto territoriale che abbia i presupposti dello sviluppo innovativo, esso va riempito di contenuti per affrontare i problemi che, qui, sono stati sollevati. Dobbiamo confrontarci e chiarirci, in primo luogo, come parti sociali. Nel dibattito è stato citato che abbiamo iniziato a discutere. Sia ben chiaro ini-ziato a discutere e non concluso. Se l'inizio della discussione è quella che diceva nel suo intervento il dottor Breda, credo che tutto finirà nel giro di poche battute. Perché, se il problema è ulteriore flessibilità, ulteriori dispo-nibilità di orario, ulteriore precarietà, riduzione del costo del lavoro a carico dei lavoratori trevigiani, non si discute nemmeno. Il problema va impostato in tutt’altri termini. Dobbiamo qualificare i lavoratori e le nostre lavorazio-ni e non ricercare la concorrenza su manovalanza e prodotti marginali. La questione è: come utilizzare e valorizzare le risorse, che già abbiamo per at-trarne altre. Discutiamo come trasformare le risorse sulla mobilità e sulla cassa integrazione, da “assistenzialismo” in percorsi di investimento, attra-verso la “formazione vera", per ricollocare i lavoratori in un nuovo lavoro, certo e professionalizzato.

Sotto il profilo del mercato del lavoro, non dimentichiamo che a Treviso già un primo lavoro si è fatto con la costituzione “dell’Osservatorio Econo-mico Trevigiano", ripreso e rilanciato in questi giorni, grazie ancora alla Camera di Commercio e alla Provincia, che sta collaborando, agli Artigiani

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e ad altri soggetti. Perché non facciamo un lavoro di analisi straordinaria del Territorio in

cui analizziamo il mercato del lavoro e tutta una serie di dati utili ai ragio-namenti di oggi? Fra l’altro, abbiamo richiesto di poter aderire agli investi-menti della Regione, con un nostro progetto di orientamento al lavoro, lega-to alla scuola, agli istituti professionali e all’impresa. Certo, il nostro è un piccolo osservatorio, ma è una risorsa che va utilizzata e sviluppata

Ho comunque una preoccupazione. Bisogna ricordare che quel accordo, (nato tra CGIL CISL UIL e Unindustria successivamente integrato da Co-mitato della Piccola Impresa) sull'osservatorio, aveva anche previsto delle Commissioni di lavoro tra Sindacati, e Imprenditori. Purtroppo, questo ta-volo di incontro non ha funzionato. Si è anche scritto un documento con U-nindustria, per la qualità dello sviluppo della Provincia di Treviso che non è mai partito per colpa delle associazioni Imprenditoriali che hanno dimostra-to difficoltà nel far spiccare un salto di qualità ai loro aderenti.

Cari signori caro Presidente il “nodo” era ed è attorno a queste questioni. Se le parti sociali sono in grado di mettere su questo tavolo, le loro idee le loro proposte e portarle avanti discutendole e sostenendole. Noi siamo in grado di farlo da subito. Siamo in grado di andare dai lavoratori e dire loro: "Cari lavoratori, per la Vostre prospettive future, per mantenere e sviluppa-re il livello di vita attuale, per una prospettiva più sicura e qualificata, noi Vi chiediamo di mettere a disposizione le risorse, tipo la mobilità, di mette-re a disposizione la Vostra volontà, la Vostra capacità lavorativa, per lo svi-luppo. Lo abbiamo fatto in altre occasioni, CGIL, CISL e UIL hanno preso anche i bulloni, andando dai lavoratori, dicendo loro cose che non piaceva-no, ma noi, eravamo e a ragione convinti della bontà della nostra proposta. Siamo andati nelle assemblee dei lavoratori, negli attivi dei delegati ad in-formare a sostenere le nostre ragioni confrontandoci e discutendo. Ora chie-diamo anche agli imprenditori di fare altrettanto.

Noto una sostanziale differenza tra l’impostazione del lavoro fatto dalla Camera di commercio e i segnali che mandano le associazioni degli im-prenditori. C'è il rischio vero di dare fiato a chi pensa di “arrangiarsi” e vi-vere alla giornata guardando solo all'immediato senza costruire prospettive. Sono anche convinto che non ci sia un problema di informazione, ma di vo-lontà delle associazioni di scendere in campo su temi che non siano i soliti propagandati, che trovano consenso immediato, ma non affrontano la pro-spettiva di collocazione che la “Treviso sviluppata” deve avere nel mercato mondiale. A questi imprenditori “sordi” noi chiediamo: siete in grado di ga-rantirci quello che assieme vogliamo costruire?

Un’ulteriore complicazione è la rappresentanza delle multinazionali pro-prietarie di diverse aziende trevigiane. Dove sono gli imprenditori? Cosa faranno? Cosa vogliono?

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Noi auspichiamo che le associazioni imprenditoriali siano rappresentati-ve che gli imprenditori siano in grado di affrontare i nuovi scenari che siano capaci di progettualità, che abbiano la disponibilità ad investire risorse per lo sviluppo dell’impresa e della società fattori oggi inscindibili per valoriz-zare il lavoratore che deve essere impegnato nelle nuove tecnologie con le incertezze del nuovo mercato del lavoro.

Vogliamo far nostra la conclusione del libro il dottor Rullani e sostenere che, oggi, è necessario lavorare sui Distretti attraverso dei progetti mirati. Gli imprenditori devono essere coinvolti in prima persona disponibili ad in-vestire risorse da aggiungere a quelle pubbliche e in tal senso direttamente responsabilizzati.

Quando si inizierà a parlare seriamente di questi argomenti si dovrà af-frontare anche il welfare locale perché come dicevo per affrontare la mon-dializzazione la nostra forza sta nel sistema sociale. E’ stata la carta vincen-te del passato ma oggi non regge più e va ripensato inserito nelle nuove sfi-de dei mercati

Siamo una realtà privilegiata, di fatto con la occupazione, ma con con-traddizioni palesi, non possiamo dimenticare i 30.000 iscritti al collocamen-to di Treviso, che per la grande maggioranza, sono persone laureate e diplo-mate. C'è una riflessione amara da fare: la “disoccupazione” da noi serpeg-gia soprattutto tra i giovani e donne laureati e diplomati. Quei giovani non trovano un lavoro che risponda alle loro prospettive e alle loro attese. Esiste una rottura forte tra società, scuola, formazione, lavoro. La sfida è seria per tutti mettiamoci pure assieme attorno ad un tavolo, ma sappiate che ognuno di noi ha un prezzo da pagare per raggiungere dei risultati qualitativi fonda-mentali per lo sviluppo futuro dell’intera società trevigiana.

Vi ringrazio.

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Ubaldo Fanton - Assessore alla Formazione dell’Amministrazione pro-vinciale Treviso

Rubo solo due minuti, anche perché mi rendo conto che l'intervento è un po' forzato. Ma era solo per ipotizzare un fatto.

Io mi sono annotato prima, nella relazione della dottoressa Ligabue, "servizio comune come ampliamento delle possibilità". È di oggi sul giornale - scusate se faccio un po' di propaganda in casa - ma è oggi sul giornale la firma, ieri, di un importante atto tra istituzione pubblica - la Provincia - e una serie di imprenditori del settore privato, per fare, per dar vita al progetto ADAPT. Il progetto ADAPT è un progetto comuni-tario europeo, finanziato dalla Comunità Europea per 2.400 milioni, che la Provincia ha acquisito e su cui noi ci siamo inseriti. Abbiamo ottenuto il finanziamento e ieri abbiamo dato corso a questo progetto. Che cosa è? Il giornale, oggi, forse qualcuno non l'ha ancora letto, ma c'è la possi-bilità di farlo. È un progetto che ha come scopo, come strumento, quello di mettere in comunicazione soprattutto le piccole e medie aziende, che - come si diceva prima - hanno difficoltà di inserirsi sul mercato del lavo-ro, soprattutto internazionale, hanno difficoltà di fare ricerca in conto proprio, hanno difficoltà di rapportarsi con l'estero, hanno difficoltà di proporre i loro prodotti e, quindi, hanno bisogno di un supporto logisti-co. Questo supporto logistico viene creato, viene dato all'interno del pro-getto ADAPT, creando un centro di risorse, il quale, come scopo, come finalità, ha quella di dare, al contempo, spazio formativo e contribuire ad una strategia di adattamento al cambiamento. Tutto questo è da realizza-re con la collaborazione soprattutto delle piccole e medie imprese, che sono invitate a partecipare al progetto medesimo. Adesso, noi con queste agenzie, con questi imprenditori privati che sono formatori, che sono e-sperti in know-how, che sono esperti in software, che sono esperti in co-municazione, che sono esperti in rapporti con l'Europa, con tutte queste persone metteremo in piedi il progetto. Però, per poi dare gambe al pro-getto medesimo, c'è la necessità che le aziende ci chiedano di che cosa hanno bisogno. In questo senso, si può costituire questa famosa sinergia, che consente, anche a loro, di proporsi ad un mercato estero cui hanno difficoltà di accedere. Qualcuno prima l'ha detto. La difficoltà è proprio quella. La Provincia ha già fatto questo atto concreto, quindi, è disposta, è disponibile, è pronta. Si tratta solo, adesso, di cominciare a parlarci, perché, questo non è stato detto, non è apparso. Evidentemente, appunto, la comunicazione non è il nostro forte. Non "nostro", nel senso "Provincia", ma in senso generale. A volte, ci si scambia informazioni in

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maniera non corretta e non si colgono quelle occasioni che ci sono sui mer-cati. È una proposta. Noi ci crediamo. Stiamo partendo e, quindi, l'invito è a tutti di partecipare a questo.

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Antonio Confortin – Segretario Provinciale UIL Caro Presidente, volevo darLe un'informazione, dato che Lei ha parlato del golf, nella Sua introduzione. Noi abbiamo avuto, fino a poco tempo fa, un'impor-tante azienda a Camalo', che costruiva e progettava per tutto il mondo scarpe da golf. Io non sono esperto in materia, ma mi dicono che l'atleta italiano che va per la maggiore a livello internazionale, che dovrebbe chiamarsi Rocca, proprio questo Nostro connazionale calza le famose scarpe che si costruivano a Camalo'. Purtroppo è arrivata a Montebellu-na una multinazionale, che ha prelevato il gruppo SALOMON S. GIOR-GIO che come prima operazione ha chiuso l'azienda di Camalo' spostan-do la produzione in altri Stati.

Non volevo intervenire su questo argomento del Golf, essendo la mia una pura informazione.

Sullo studio che è stato presentato questa mattina, va tutto bene ma bisogna trovare il meccanismo per applicarlo. Noi abbiamo un proble-ma: "che bisogna far presto".

Sull'intervento del professor Durante, responsabile del Museo dello Scarpone di Montebelluna, come Sindacato lo abbiamo sollecitato più volte che la prima cosa da fare è il coordinamento fra le aziende per il marketing.

Oggi, dobbiamo constatare purtroppo, che le aziende sono già entrate in crisi, e sono attualmente in una fase di trasformazione abbastanza a-vanzata, comprese le medie e piccole dove i lavoratori, dopo essere stati messi in Cassa integrazione per lunghi periodi, vengono posti in mobili-tà. Per questo motivo noi dobbiamo costruire una trasformazione molto veloce, attraverso i corsi di riqualificazione professionale, e la trasfor-mazione in prodotti che siano ancora appetibili nel mercato.

Questo lo abbiamo indicato precisamente nel convegno che il Sinda-cato ha tenuto a Montebelluna poco tempo fa con le controparti, con le Associazioni imprenditoriali e soprattutto con le istituzioni. E dalle isti-tuzioni ci aspettiamo quel tavolo permanente indispensabile, secondo noi, per fare uscire dalla crisi il settore del Tessile Abbigliamento Calza-turiero. Dobbiamo recuperare i ritardi delle Associazione imprenditoria-li, delle stesse istituzioni attraverso una azione incisiva che deve coin-volgere, questa volta, tutti compresi gli imprenditori.

Le nostre analisi e i dati che ci sono oggi sul tavolo della discussione devono servire a superare tutti quegli ostacoli che abbiamo incontrato, facendo un passo indietro tutti per poter andare alla soluzione del pro-

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blema. Perché questa non è la crisi del 1980/1981 ma è una crisi molto più profonda che ha bisogno di risposte certe ed immediate.

Occorre difendere il distretto di Montebelluna attraverso investimenti tecnologicamente avanzati, attraverso la ricerca anche di nuovi prodotti, ma soprattutto per mettere insieme quella proposta di concertazione che il Sindacato sta caldeggiando da tanto tempo.

Occorre che tutti facciano squadra anche i più scettici, e bisogna dare al-l'allenatore di questa squadra la possibilità di scegliere anche i giocatori.

Ho ascoltato i responsabili della Provincia, della Regione, e delle Istitu-zioni e compreso noi del Sindacato che dobbiamo darci una data certa per far decollare il distretto prima che sia troppo tardi.

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Silverio Zaffaina – Sindaco di Montebelluna Buona sera a tutti. Condivido quanto è stato detto da chi mi ha preceduto, sul fatto che è giusto fare un’analisi sul perché siamo giunti a questa crisi del calzatu-riero. Non sono però altrettanto convinto che si debba discutere delle colpe: così facendo entreremo in un vicolo che non porta certamente a soluzioni.

Io vorrei fare alcune considerazioni, non tanto in veste di primo citta-dino, quanto invece da imprenditore.

Fino a poco tempo fa il 90% degli scarponi da sci erano prodotti nel Montebellunese. Pertanto gli imprenditori non avevano la necessità di produrre all’estero, con manodopera a costo notevolmente inferiore, per controbattere la concorrenza quanto per guadagnare di più. Ormai è di dominio pubblico che fra imposte e non detraibilità, paghiamo il 72% di tasse sugli utili. Attualmente le nostre aziende non hanno più possibilità di guadagno.

Allora io credo che gli imprenditori, quelli che per primi sono partiti e sono andati a produrre all’estero abbiano fatto proprio questa considera-zione. Non tanto per necessità di sopravvivenza quanto invece per un migliore guadagno. A conferma di questa mia considerazione vi porto la testimonianza di una realtà ben diversa dalla nostra. In una recente visita in Finlandia, ad un’azienda leader nello stampaggio delle materie plasti-che (il mio settore per l’appunto), ho avuto modo di constatare che pur con costi di contribuzione superiore ai nostri (75% della paga) e con co-sti di manodopera superiori ai nostri, però con tassazione nettamente in-feriori alla nostra (35%) (faccio notare che si producevano i componenti per i telefonini Nokia ed Ericsson - cosa che può essere prodotta in tutte le parti del Mondo) la proprietà non ha minimamente valutato la possi-bilità di portare altrove detta produzione, anzi, ha continuato a costruire fabbriche sul suolo Finlandese (ora ne ha 7). Ha invece migliorato e ab-bassato i costi automatizzando il più possibile. Questa è la loro filosofia.

Per completare il quadro voglio ricordare che quel 75% di contributi va veramente utilizzato per far vivere bene e meglio i loro dipendenti. C’è un altissimo rispetto della persona, oltre che dell’ambiente. Poiché anch’io stampo plastica e prima si è parlato più volte di golf, voglio te-stimoniare un’ulteriore esperienza. La mia azienda produce suole per scarpe da golf per una ditta Danese (un’azienda molto importante a li-vello europeo). Anche questa fa produrre componentistica parte in Italia e parte in Portogallo, però l’azienda continua a produrre le scarpe in Da-

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nimarca. Da queste considerazioni si può intendere che quanto è accaduto da noi sia un fatto da imputare non tanto agli imprenditori quanto al sistema Italia, in particolare alla legislazione che ha permesso e provocato l’emigrazione delle nostre aziende calzaturiere. Pertanto si sta rischiando di perdere non solo il lavoro ma anche la cultura della calzatura nata, cresciuta e sviluppatasi a Montebelluna negli ultimi 50 anni. Solo in Romania in que-sto momento ci sono simili aziende, frutto di questa scellerata manovra (e stanno aumentando); anche le ultime due grosse aziende rimaste hanno già fatto sapere che il prossimo anno andranno a produrre all’estero. Ed è ovvio non possano fare altrimenti in questo momento per rimanere nel mercato. Altrimenti le loro concorrenti, che se ne sono andate prima, le farebbero morire.

Diventa perciò molto difficile, forse inutile, ricercare soluzioni di qual-che tipo in queste nostre riunioni. Il problema va innanzitutto risolto a mon-te (con nuova legislazione).

A mio avviso il settore calzaturiero a Montebelluna è pressoché finito, purtroppo resta soltanto da pensare al futuro inventando nuove prospettive. Tutto comunque non morirà. Rimarranno in zona le piccole e piccolissime aziende sempreché riescano a sopravvivere nelle piccole nicchie per pro-durre scarpe specializzate, per il cross, per il ciclismo, per il ballo ecc., ecc.... però saranno sempre quantità ridotte. Certamente non saranno più i milioni di paia di scarponi o pattini ecc., ecc.... Sarà un’altra realtà.

Nel suo intervento la dott.ssa Ligabue ha fatto delle proposte interessanti ma soprattutto ha evidenziato la necessità di partire dalle risorse umane (le ha messe al primo punto). Condivido questa necessità, tanto è vero che l’Amministrazione Comunale di Montebelluna si è adoperata in questi ulti-mi anni perché si organizzassero i corsi per la moda e per le calzature alle scuole IPSIA ed inoltre per far partire il biennio dell’ITIS - Istituto Tecnico Industriale con la specializzazione del calzaturiero.

In questo momento ci stiamo adoperando in collaborazione con la Pro-vincia per ottenere a Montebelluna il successivo triennio, magari con l’aggiunta della specializzazione nelle materie plastiche. Potremmo così a-vere in futuro dei tecnici ben preparati in queste due specializzazioni (fondamentali per le calzature sportive dei nostri giorni). Pensate che in Finlandia e precisamente a Joonsu (città con 55.000 abitanti) è funzionante un’università con la specializzazione delle materie plastiche.

Il mio sogno sarebbe quello di riuscire a creare nel nostro territorio e non certo per campanilismo, una scuola azienda magari sponsorizzata dalle a-ziende ad esse collegate. (Come succede in altri paesi - vedi Austria, Ger-mania ecc.). Tutto ciò creerebbe dei tecnici super specializzati. Quindi in-nanzitutto risorse umane e poi: strutture.

Ma come può un’amministrazione come la nostra creare le infrastrutture

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e le strutture senza un minimo di capacità finanziaria? Quest’anno abbiamo faticato un poco per far quadrare il bilancio già nella parte corrente, vale a dire per le spese fisse, figurarsi gli investimenti. I comuni italiani sono sem-pre più messi in crisi per una continua riduzione di trasferimenti dallo Sta-to. Dovete sapere che per un versamento di solo IRPEF da parte dei contri-buenti Montebellunesi (mi riferisco al 1995) di oltre 150 MILIARDI, lo Stato ci restituisce meno di 7 MILIARDI. Inoltre rimane sempre in atto la sperequazione fra Comuni: ci sono comuni italiani (vedi regione Aosta, Al-to Adige, Calabria, Campania, ecc.) che ricevono 5-6 volte tanto rispetto al nostro pur versando molto meno in percentuale pro capite. Ma tornando al tema di questo incontro: che possibili soluzioni si sono per superare questa crisi ormai già in fase avanzata? Come primo passo anch’io ritengo valida una concertazione e posso promettere, per quanto mi è possibile, il mio im-pegno ed il mio contributo. Ma poiché unitamente alla Giunta ci siamo già da tempo accorti che questa crisi era alle porte, già abbiamo avviato tutta la parte progettuale e burocratica al fine di ottenere la nuova area P.I.P. di Montebelluna - area che sarà chiamata Parco Industriale Montebellunese (P.I.M.) - e su quest’area abbiamo intenzione di realizzare un B.I.C.(Business Innovation Center) che come sapete è un incubatore di imprese e che agirà nell’ottica dell’innovazione tecnologica.

Per questo sono già stati fatti incontri con i funzionari responsabili della Regione e della Provincia di Treviso e le prime risposte sono state positive.Credo che se riusciremo a realizzare questa iniziativa che ritengo molto im-portante potremo ben sperare nel futuro del nostro territorio.

A mio avviso però ci dovrà essere un concorso di tutte le forze in campo non ultimo per reperire i fondi di finanziamento e per questo porterò l’argomento nel prossimo tavolo di concertazioni sperando di trovare il massimo dei consensi e la Vostra piena disponibilità.

Grazie.

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Aldo Brullo – Ricercatore Università di Firenze

Sottoscrivo quanto affermato dai relatori. Sottoscrivo e faccio mie e le premesse, le analisi, le relazioni e le prospettive che esse avanzano. Di-co questo da Montebellunese, che vive e opera da tanti anni a Montebel-luna. Lo dico anche come ricercatore del Laboratorio di Ricerca Educa-tiva dell'Università di Firenze che si occupa dei rapporti fra Università e Impresa e più in generale dei rapporti fra mondo della formazione e quello del lavoro, che ha prodotto e reso operativi progetti di ricerca e sviluppo e di formazione sul telelavoro.

Molto rapidamente, Presidente, due riflessioni. Questa sera sono en-trati nel dibattito due importanti elementi che tuttavia sono rimasti, a mio avviso, marginali rispetto all’impegno di rilanciare e ridisegnare il profilo innovativo di un territorio – sistema, che varrebbe la pena, sep-pur brevemente per il tempo a disposizione, approfondire: la questione "formazione" e la questione "informazione".

La prima: la difficoltà che abbiamo è quella di far interagire il sistema formativo con gli altri sistemi territoriali, inserirlo organicamente in un sistema socio-culturale del Territorio e caratterizzarlo come denomina-tore comune. In generale il sistema formativo viaggia su standard rigidi e indipendenti, frutto di una impostazione culturale e di una stagione so-ciale tramontata ormai da tempo, quando era possibile prefigurare stabil-mente le professionalità utili.

Oggi il rapporto fra formazione e lavoro, quando c’è, è quasi sempre di tipo formale, i titoli di studio e le competenze non sono adeguate allo sviluppo produttivo. Questo è un danno insostenibile, perché si sprecano delle risorse enormi. Da tempo si discute come intrecciare formazione e lavoro, proponendo di volta in volta di far entrare la scuola in fabbrica o la fabbrica a scuola. Personalmente sono perché ciascun Soggetto possa mantenere la propria autonomia, senza confusione. Dove il mondo del lavoro e quello della formazione si possono e si devono incontrare, col-laborando pariteticamente, è sul terreno della ricerca. Ciò che manca è un anello che sappia mettere in relazione i due sistemi. Dobbiamo essere in grado di progettare un laboratorio di analisi, un sensore, un osservato-rio Territoriale che sappia coniugare e utilizzare le competenze dell’impresa e della formazione, che sappia produrre linee di sviluppo innovative per le imprese e suggerire indirizzi formativi, che gli Istituti di formazione presenti nel Territorio realizzeranno in progetti.

Se non saremo in grado di muoverci in questa direzione, Scuola e A-zienda procederanno ciascuno per la propria strada, gelosi ciascuno, for-

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se anche a ragione, della propria autonomia ma non all'altezza di creare quel valore aggiunto di cui sono capaci.

Questa è la prima questione. La seconda questione: l'informazione. Credo che siamo tutti consapevoli del fatto che l'informazione - e parlo,

specialmente, dell'informazione in reti telematiche - stia condizionando sempre di più il nostro modo di agire e lo condizionerà in maniera clamoro-sa nel prossimo futuro. La globalizzazione dei mercati e dei sistemi è il frutto dell’irruzione sulla scena mondiale di strumenti di comunicazione che stanno mettendo in discussione concetti fondamentali e consolidati co-me quelli di spazio e tempo. Siamo sulla soglia di una rivoluzione che ci proietterà in un sistema il cui impianto avrà tratti distintivi che non siamo in grado di valutare. Chi avrà la capacità di governare i nuovi sistemi tecno-logici, i nuovi linguaggi interattivi multimediali, il flusso di informazioni in rete telematica, sarà il beneficiario di vantaggi vastissimi nella nuova socie-tà dell’informazione e della conoscenza.

Il Laboratorio di Ricerca Educativa dell'Università di Firenze diretto dal Prof. Paolo Manzelli, ha individuato e affrontato il problema del rapporto fra comunicazione in rete telematica e sviluppo d’Impresa, traendone una precisa indicazione: nel nuovo assetto produttivo le imprese che trarranno i maggiori benefici, saranno quelle capaci di investire in risorse professiona-li, operative e tecnologiche, adeguate sul piano dell’informazione. In questo quadro le Imprese di piccola dimensione e quelle artigianali, rischiano di essere tagliate fuori dall’innovazione che corre all’interno dei canali di co-municazione in rete telematica.

La competizione globale esige che un flusso di informazione possa parti-re dall'impresa verso l'esterno: questo è fondamentale, per farsi conoscere in un mercato che, siamo tutti d'accordo, essere ormai universale, ma pone anche il problema della produzione di informazioni predisposte nel linguag-gio interattivo e multimediale. Problema altrettanto rilevante è come inter-cettare, in una struttura informativa, come la Rete Globale, tanto ricca di re-lazioni, al punto da risultare caotica e ingovernabile, l'informazione utile e farla interagire con il sistema della piccola e media impresa. Ci siamo con-frontati, partendo da questa analisi, abbiamo messo insieme le risorse uma-ne e tecnologiche e abbiamo avviato una sperimentazione di ricerca e svi-luppo, fondata sull’attività di un gruppo di neolaureati in diverse discipline che hanno concorso ad un obiettivo comune: concepire il telelavoro non co-me remotizzazione del lavoro esistente, che cambia solo rispetto al luogo da dove viene svolto, ma integrazione efficace tre Ricerca, Formazione e

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Sviluppo ad elevata qualifica professionale per rendere disponibile alla Pic-cola e Media Impresa le risorse informative in rete telematica, necessarie per il suo sviluppo. Risultato dell’attività di ricerca: - aver creato un rapporto finalizzato e concreto fra Università e Im-presa; - aver creato una nuova figura professionale ad alto profilo culturale, e ad elevata qualificazione operativa, che abbiamo chiamato dell'info-broker, il mediatore dell'informazione nel flusso globale della comuni-cazione. Un mediatore dell'informazione che sappia interpretare i biso-gni informativi dell’Impresa e gestirli utilmente in suo favore.

Si parlava, prima, delle risorse umane da fare interagire. Io sono assolu-tamente d'accordo con quello che diceva il Presidente nel suo intervento. Dobbiamo superare l’episodicità degli interventi se vogliamo afferire ad u-na strategia di sviluppo. Utilizzare e far interagire le risorse locali, che ci sono, e farle diventare squadra.

Abbiamo chiamato il nostro progetto "TASTI" acronimo di Telematic A-gency for Scientific and Techological Information, finanziato dalla Regione Toscana, collegandolo al Territorio. Ad un Territorio, quello di Prato, che ha molte analogie con quello Montebellunese.

Anche loro, per molti versi, sono nelle nostre stesse condizioni. Un Terri-torio dove, forse non vi è un pressante problema occupazionale, ma carat-terizzato da un insediamento produttivo di piccole e piccolissime imprese, che in genere lavorano per conto terzi, con modesto profilo tecnologico, con scarse capacità di muoversi autonomamente sui mercati nazionali e in-ternazionali. Un sistema produttivo fissato prevalentemente sulla imprendi-toria familiare, che, se ha prodotto prosperità, per la sua configurazione sto-rica, rischia una crisi irreversibile se non si pone nella prospettiva di una nuova cognizione della cultura tecnologica.

Un Territorio che si trova sulla soglia di due strade: o imbocca senza ten-tennamenti quella dell'innovazione o imbocca la strada critica del non ritor-no. E non credo sia giusto e utile affidarsi con fatalismo alle leggi di merca-to e far sopravvivere solo le aziende capaci di rinnovarsi autonomamente. Se la crisi che ormai si intravede, da rivolo dovesse trasformarsi in torrente trascinerebbe con se il benessere del nostro Territorio, il lavoro della nostra Gente, ma specialmente un talento imprenditoriale ormai consolidato, che ha solo bisogno di qualche servizio in più e di un orizzonte più vasto verso cui guardare.

Viviamo la delocalizzazione come una spada di Damocle. Molte delle nostre risorse sono attratte più convenientemente da altri territori. Ma per-ché non farla diventare anche una risorsa? Se il mercato globale ci costrin-

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ge a delocalizzare molti dei nostri interessi, perché non creare le condizioni, per cui dallo stesso mercato globale, altre risorse possono afferire nel no-stro Territorio? Per questo dobbiamo fare un salto culturale di grande im-portanza, cominciando per esempio ad operare in modo “GLOCALE” pen-sare cioè in forma globale ed agire in maniera locale. Ma allora, - e qui so-no assolutamente d'accordo col lei, e finisco, Presidente - dobbiamo tutti operare un salto culturale, e porci, nei confronti dell’innovazione, in manie-ra creativa.

Come Laboratorio di Ricerca Educativa dell’Università di Firenze, siamo disponibili a mettere a disposizione della nuova entità Territoriale, che que-sto pomeriggio ha preso forma, il nostro progetto, la nostra esperienza, che presenterò, in maniera definita, in un momento più opportuno.

Vi ringrazio.

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Ugo Girardi – Vice Segretario Generale Unioncamere Nazionale.

L’iniziativa della Camera di commercio di Treviso conferma - come emerge anche dal dibattito - che il sistema camerale può dare un signifi-cativo impulso agli interventi di marketing territoriale, intesi come strumenti di supporto alle decisioni al fine di impostare una policy di sviluppo del tessuto economico produttivo. Poiché grazie ai preceden-ti interventi abbiamo fatto già molti approfondimenti, mi limiterò solo a sviluppare alcune riflessioni, incentrate sul percorso da imboccare per tradurre in azioni operative i risultati dello studio sul distretto di Monte-belluna. Proprio nelle ultime pagine dello studio emergono, del resto, delle significative indicazioni sugli ulteriori sviluppi, sul come andare avanti. Nel successivo intervento, meglio di me il dottor Gurisatti potrà dare puntuali indicazioni su questo terreno.

Mi pare di poter dire, innanzitutto, che è stata un'intuizione felice quella di aver scelto come esperienza “pilota” il distretto di Montebellu-na. Come ha sottolineato all'inizio il dottor Chahinian, quando si è deci-so di fare questo studio non erano ancora emersi quegli elementi di crisi, quelle avvisaglie che hanno determinato l’attuale situazione, a fronte della quale si impongono - negli ultimi interventi lo hanno ribadito con decisione le forze sociali e i rappresentanti delle associazioni - tempi molto stretti, per riuscire a dare delle risposte in grado di produrre anche effetti nel breve termine. L’aver avviato una fase di analisi e di diagnosi prima del manifestarsi della malattia può essere appunto considerata una felice intuizione.

Non va peraltro trascurato il rovescio della medaglia: il fatto che , ri-spetto alla data di avvio dello studio, si sia registrata un’evoluzione ne-gativa della situazione congiunturale, al punto da catapultare al centro dell’attenzione le preoccupazioni sul versante occupazionale e le conse-guenti richieste di interventi a breve, sicuramente rende più complesso il lavoro che la Camera di Commercio aveva intrapreso. Stamattina, du-rante il comune viaggio da Roma, il dottor Barnabò mi ha spiegato che l’ipotesi inizialmente formulata per la prosecuzione del lavoro promosso dalla Camera di Commercio consisteva nell’applicare la metodologia fin qui seguita anche ad altri ambiti territoriali. Ma una richiesta più pres-sante emerge con forza dal dibattito: come riusciamo a passare - forzan-do i tempi - dalla fase della conoscenza, dell'analisi delle caratteristiche dei punti di forza e di debolezza del territorio, alla cultura del fare, alla responsabilità delle decisioni, evitando la sterilità della cultura del la-mento - come diceva qualcuno? E’ in altre parole prioritario trasfondere

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la teoria nella prassi, passando dalla diagnosi alle terapie. E tutto ciò va fat-to, tra l'altro, in tempi brevi.

Ora, a mio avviso, il passaggio è complesso. Questo impegnativo percor-so di lavoro è costellato da ostacoli. Anche il Presidente Zanini ne ricorda-va all'inizio uno ricorrente: evitare che - come succede molto spesso in Ita-lia - la cultura dell'emergenza determini una perdita di memoria di tutto il percorso conoscitivo che si è fatto. All’insegna dell’emergenza si finisce per dire : "Intanto superiamo la congiuntura negativa, diamo le risposte a breve e poi si vedrà". A ben vedere, la validità e lo spessore dei risultati che oggi abbiamo ascoltato consistono soprattutto nel tentativo di affrontare sia i problemi di breve che di medio termine con una visione strategica, incen-trata su un'analisi che individua i punti di forza e di debolezza di un distret-to. In questa logica, anche le risposte a breve devono inserirsi all'interno di una prospettiva organica, che tiene insieme i diversi ambiti problematici.

Si tratta di un passaggio difficile, perché generalmente la cultura dell'e-mergenza porta a dire: “abbandoniamo la visione di insieme, vediamo cosa si può fare subito; riprenderemo il discorso a medio termine in un secondo tempo, quando si sarà registrata un’evoluzione congiunturale positiva .” Questo approccio determina con elevata probabilità la mancata soluzione dei problemi strutturali. Costituisce pertanto una sfida complessa riuscire ad utilizzare anche a fini congiunturali il lavoro conoscitivo avviato, con fe-lice intuizione, prima che affiorasse l’attuale fase di preoccupazione e di crisi.

Vediamo allora se si riesce a fare una scommessa, provando a mettere in-torno a un tavolo unitario - come diceva la dottoressa Ligabue - i soggetti giusti (sforzandosi anche di selezionarne il numero) per lavorare sulle prio-rità emerse dallo studio: si tratta di proposte che sono certo presentate come ricette a medio e lungo termine, ma possono diventare, con un lavoro di a-dattamento, anche una risposta ai problemi di breve periodo. Va adottata, quindi, una logica di processualità e selezione degli obiettivi per affrontare la sfida insita nel passaggio dalle analisi e dai convegni alla cultura del fare e delle decisioni.

L'occasione di questo incontro è stata, a mio avviso, sfruttata positiva-mente , perché tutti hanno riconosciuto la validità del lavoro svolto, anche grazie all'autorevolezza delle strutture di consulenza e degli esperti coinvol-ti, nonché del metodo di analisi, che, tra l'altro, ha avuto riconoscimenti an-che a livello nazionale: lo ha, ad esempio, usato anche il Comitato Tecnico dell'IPI, per le sue analisi. Si può quindi affermare che siamo in presenza di una buona e solida base di partenza.

Il Presidente Zaia ha offerto la disponibilità della Provincia e mi pare che abbia anche rivolto un invito al Presidente della Camera di Commercio, sollecitandolo a prendere l'iniziativa di convocare il tavolo unitario di lavo-

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ro. Stanno quindi maturando le condizioni per giocare di squadra, per svi-luppare la più volte richiamata cultura del “Territorio-Impresa”. L'iniziativa di convocare il tavolo, a mio avviso, va presa in tempi stretti, proprio per coagulare i consensi e le disponibilità espressi non solo dal Presidente della Provincia, ma anche dal dottor Zanetti per conto della Regione, oltreché dai rappresentanti delle associazioni e delle forze sociali.

Un ulteriore aspetto di complessità dell'operazione risiede nel fatto che stiamo vivendo una fase di accentuata trasformazione delle politiche nazio-nali e locali di intervento. Si parlava, prima, della "cassetta degli attrezzi". Rispetto alla povertà degli strumenti di intervento cui faceva riferimento il dottor Barnabò, oggi registriamo delle evoluzioni positive che potrebbero consentire di sperimentare ulteriori spazi di iniziativa. Il riferimento va sia ai processi in atto di decentramento di compiti e funzioni, sia alla nuova fase di programmazione dello sviluppo territoriale, vale a dire alle esperien-ze avviate di promozione di coalizioni sul territorio attraverso gli stru-menti della programmazione negoziata (intese e accordi di programma, patti territoriali, contratti d’area) che ormai non risultano più confinate nel Mezzogiorno e nelle aree a più lento sviluppo. Non vanno trascurate, nel-la ricostruzione del contesto evolutivo, le conseguenze di grande portata che la ridefinizione delle istituzioni dell’Unione europea e soprattutto la ri-forma delle politiche strutturali determineranno per le politiche di sviluppo delle economie e dei distretti locali.

Si tratta di trasformazioni che investiranno anche il sistema delle impre-se, non solo le istituzioni di governo del territorio. In questi mesi si sta tra-sferendo alle Regioni il Fondo Unico degli Incentivi. Dal 1999, gli stru-menti di incentivazione dovrebbero essere decentrati a livello regionale, con maggiore possibilità di un uso mirato, per far camminare gli interventi di promozione del territorio concertati a livello locale. Interventi normativi recenti consentono, per di più, di potenziare la capacità attrattiva del territo-rio, in particolare unificando le procedure di insediamento delle imprese e rendendo più efficiente la P.A. Il riferimento è, in particolare, allo sportello unico che, oltre a semplificare i procedimenti amministrativi, può supporta-re i nuovi insediamenti, attraverso la raccolta di informazioni concernenti la localizzazione e lo svolgimento delle attività produttive con particolare rife-rimento alle normative applicabili e agli strumenti agevolativi.

Su questo versante, le Camere di commercio potrebbero svolgere il ruolo di integratore di sistema, collaborando con i Comuni per la nascita e la gestione dello sportello sul territorio. Il decreto 112/98 stabilisce, del resto, che tale funzione é esercitata dai Comuni singolarmente o in forma associa-ta con altri enti locali. In alternativa, laddove vengono stipulati patti territo-riali e/o contratti d’area, l’accordo tra gli enti locali coinvolti può prevedere che la gestione sia attribuita al soggetto pubblico responsabile del patto o

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del contratto. Il sistema camerale considera dunque opportuno un metodo di lavoro in base al quale autonomie funzionali ed autonomie locali facciano sistema per dare adeguate risposte alle esigenze delle imprese.

Le Camere di commercio stanno inoltre seguendo con attenzione l’imminente riordino delle attività di promozione territoriale: nell’attuale situazione da sistematizzare, diverse istituzioni, a carattere nazionale e re-gionale, operano con inadeguati raccordi e perseguendo a un tempo sia fi-nalità di sviluppo locale che di attrazione degli investimenti dall’estero. Le proposte del sistema camerale per contribuire al superamento dell’attuale assetto prendono spunto dalle più mature esperienze realizzate nei paesi eu-ropei, attraverso strutture o agenzie capaci di offrire pacchetti integrati nei quali sia definito tutto ciò che risulta necessario a rendere fattibile l’investimento (dall’immediata disponibilità delle aree e delle autorizzazio-ni amministrative all’assistenza tecnica e finanziaria nel corso dell’attuazione del progetto). Da questo punto di vista, le Camere hanno già sviluppato significative esperienze che, partendo da aspetti specifici (ad e-sempio le banche dati sulle aree industriali) hanno finito per realizzare pac-chetti informativi su tutte le potenzialità di investimento offerte da determi-nati contesti territoriali (comprese le agevolazioni e gli incentivi fiscali). Assumendo tali iniziative, le Camere sono riuscite a diventare un interlocu-tore privilegiato degli enti locali ai quali sono affidate responsabilità deci-sionali nelle politiche di sviluppo del territorio.

La Camera di Treviso può pertanto trasfondere nel tavolo di lavoro per il distretto di Montebelluna le esperienze già realizzate in altri contesti e re-centemente discusse in una Conferenza di programma promossa dall’Unioncamere. Va certo sottolineato che rendere operative a livello lo-cale le nuove strumentazioni in una fase di trasformazioni e di passaggio non costituisce un compito facile. Ma il tratto dominante di questa fase di trasformazione è il decentramento, il federalismo amministrativo, che per-mea anche il dibattito sulla programmazione dello sviluppo. Il crescente trasferimento di ruoli e di competenza dal centro alla periferia, chiama di-rettamente in causa i soggetti pubblici e privati presenti sul territorio, chia-mati a progettare, oltre che ad attuare e gestire, i diversi interventi di svilup-po.

Il metodo della concertazione a partire dal più attivo coinvolgimento dei soggetti presenti sul territorio e dalla più ampia diffusione dell’utilizzo de-gli strumenti della programmazione negoziata, costituisce l’indirizzo strate-gico degli interventi in favore dello sviluppo locale. Si tratta di un nuovo modo di fare politica industriale nel nostro paese, che muove dal contesto locale assunto come sistema integrato da valorizzare nelle sue componenti umane, sociali e ambientali, per uno sviluppo economico realizzabile. Si conseguono così le migliori condizioni per definire politiche di intervento

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mirate, a partire da quel rapporto di integrazione stretta tra istituzioni locali, imprese e territorio che ha tradizionalmente costituito il perno dello svilup-po dei distretti. In sintesi, lo sviluppo si deve fare a livello locale, con la concertazione, con i tavoli unitari e con una serie di strumentazioni che ten-dono a promuovere i patti territoriali, i contratti di area, le intese e gli ac-cordi di programma.

Il rappresentante della CGIL ha espresso già alcune opzioni su quali de-gli strumenti di intervento possano essere più utili. A mio avviso in una fa-se di trasformazione come quella attuale sono a disposizione accentuati gra-di di libertà , a livello locale, per decidere insieme quali strumenti possono risultare più efficaci per affrontare le situazioni di crisi. La scelta degli stru-menti è, del resto, una delle prime cose da verificare nel tavolo di concerta-zione. La scelta dipenderà molto dai finanziamenti attivabili, dalle priorità individuate nel breve rispetto a quelle a medio termine. A fronte dell’interconnessione tra strumenti e obiettivi, forse non conviene irrigidirsi subito opzionando uno strumento rispetto agli altri.

Un secondo aspetto problematico risiede nella ricerca del giusto equili-brio tra rappresentanza e operatività nella composizione del tavolo unitario. Sicuramente, se l'obiettivo è quello di incentivare il “ lavoro di squadra”, devono partecipare tutti i soggetti che, a livello sia istituzionale che asso-ciativo, possono promuovere un "patto di concertazione". Nello stesso tem-po, sappiamo - e lo stiamo riscontrando anche nel convegno di oggi - che esprimere tutti delle opzioni rende più difficile una sintesi, allunga i tempi decisionali. Vale la pena, quindi, prestare attenzione alla formula di compo-sizione e alle modalità di organizzazione del tavolo. Garantire un’efficace segreteria operativa, valorizzando l'apporto degli esperti che finora hanno lavorato con risultati positivi, appare altrettanto importante che operare le scelte sulla "cassetta degli strumenti" e sulle priorità da adottare. Non va, a mio avviso, abbandonato un metodo di lavoro nel quale la bussola della co-noscenza - in una fase fluida e complessa di trasformazione delle strumen-tazioni di intervento, dove niente è consolidato - può essere di orientamento a tutti i soggetti. Un'attenta valutazione sulle modalità di composizione del tavolo, al fine di determinare un giusto equilibrio tra rappresentanza e ope-ratività, appare altrettanto importante. Se è vero che è problematico passare dai convegni e dagli studi alla cultura del fare e del risultato, è altrettanto difficile, dopo aver convocato un tavolo di concertazione, renderlo operati-vo e decisionale.

Diceva giustamente il Presidente della Provincia che bisogna mettere in

rete le responsabilità. Mettere in rete le responsabilità vuol dire che il tavo-lo deve produrre sintesi, evitando i rischi di dispersione: non pochi sono i tavoli di concertazione dove, alla fine, non si decide alcunché. La scelta

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della Camera di Commercio come soggetto che prende l’iniziativa per atti-vare il tavolo può ridurre i rischi. Un decisivo punto di forza di un'operazio-ne si sviluppo concertato è l’individuazione degli attori che devono dar corpo alle strategie coalizionali. Un’iniziativa volta a promuovere lo svilup-po delle imprese non può prescindere dalla presenza di un tessuto ricco e territorialmente diffuso di rappresentanza. La capacità di associarsi, di or-ganizzare le diverse domande prospettandone soluzioni di tipo solidaristico, costituisce un valore di cui l’associazionismo degli interessi é tipicamente depositario.

Le Camere sono strutturalmente idonee, nel panorama degli enti pubbli-ci, a sviluppare la collaborazione con le associazioni in sede sia di progetta-zione degli interventi, sia di gestione e verifica degli stessi, nell’ambito dei patti territoriali, degli accordi di programma e dei contratti d’area. Mi pare che il dibattito di oggi dica che nella provincia di Treviso è particolarmente vivace la presenza delle associazioni e delle forze sociali. Non sono attive solo le istituzioni: la Provincia, la Regione, la Camera di Commercio; al lo-ro fianco operano un mondo imprenditoriale associativo e forze sindacali rappresentative e vivaci, come attestano i progetti ai quali si è fatto riferi-mento nel dibattito. Quindi, è possibile mettere in rete le responsabilità, contando sulla vitalità del contesto di riferimento.

Nonostante questi aspetti positivi, è da condividere l’affermazione di chi sottolineava, rivolgendosi al Presidente Zanini: "Lei si è preso una bella re-sponsabilità, nel promuovere questa iniziativa!". Io penso che sia una sfida impegnativa e a un tempo stimolante. Nelle prossime settimane può conve-nire concentrare gli sforzi per passare alla fase due, quella della creazione del consenso sulle priorità che sono emerse dallo studio. Anche se non va trascurato, in prospettiva, il suggerimento del dottor Bedin di non circoscri-vere l'analisi soltanto su questo distretto. Può essere comunque sviluppata, nel periodo immediatamente successivo, un’estensione dell'analisi ad altri distretti. La sfida più interessante, in questo momento, è vedere se, senza appiattirsi in una logica dell'emergenza - che rischierebbe di cancellare tut-to il lavoro sviluppato in un'ottica di medio periodo - si riesce a unire alla visione generale emersa dallo studio alcune priorità valide per il breve e il medio periodo. Per tale via si potrebbe riuscire a dare risposte in pochi me-si, come hanno chiesto i rappresentanti del sindacato - ma a partire dai pun-ti di forza e di debolezza strutturali. I primi passi da compiere consistono nell’attivare la fase di concertazione, nel mettere in rete le responsabilità, nel conferire rappresentanza, ma anche operatività al tavolo unitario, sup-portato da una Segreteria e da un Comitato Tecnico con gli esperti, per ga-rantire un’efficace sintesi delle proposte. Se è difficile decidere al buio - senza l’ausilio di indagini approfondite - è altrettanto difficile che una mera sommatoria di soggetti possa portare a delle decisioni. Quindi, bisogna or-

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ganizzare anche il supporto per la decisionalità. Mi pare che il lavoro presentato oggi ne sia una dimostrazione. Molte in-

dicazioni sono emerse dalle riflessioni fin qui fatte. Nel precedente conve-gno, che vari relatori hanno ricordato, del 19 e del 20 gennaio, l'intervento conclusivo di Rullani costituiva già un discorso sugli strumenti, sulla "cassetta degli attrezzi". Non mancano , quindi, le analisi, le prime ipotesi di intervento, e gli strumenti da utilizzare. Adesso va affrontata la fase più difficile, quella della creazione del consenso, nella quale spesso si rischia di naufragare. Ma la ricchezza del tessuto associativo, degli interventi che ci sono stati, la qualità dell'analisi fatta possano indurre, secondo me, all'otti-mismo.

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Paolo Gurisatti – Presidente P.O.S.TER e Direttore Parco Tecnoligico “Galileo” di Padova

Mi sia consentita una brevissima premessa: non è retorico sottolineare il fatto che siamo arrivati a far bene questo convegno, perché ci siamo impegnati tutti. E siamo arrivati in tempo, almeno al questo primo ap-puntamento con i problemi di Montebelluna, perché siamo partiti in tempo. Bisogna ricordare che questo lavoro sul marketing territoriale, viene alla fine di una serie di interventi che la Camera di Commercio ha programmato con grande tempestività, prima che in altre città del Vene-to, e credo anche di altri Territori italiani. Va dato atto alla Camera di Commercio di Treviso di aver trasformato la Provincia in un laboratorio in cui si stanno sperimentando modalità di ricerca-intervento che posso-no essere trasferite altrove - e, qui, la presenza di Unioncamere risulta particolarmente importante.

Oggi siamo qui per vedere come tradurre le analisi, realizzate da Pro-getto Europa, ma anche da altre istituzioni di ricerca, in azioni, in quelle che l'Unione Europea chiama "azioni", quindi in progetti. Gli obiettivi sono chiari: siamo qui, perché stiamo discutendo come investire su alcu-ne caratteristiche del Territorio - in questo caso di Montebelluna - per-ché quel Territorio resti attrattivo di investimenti. Il nostro ragionamen-to è orientato a capire che tipo di progetti di investimento debbano esse-re realizzati perché Montebelluna continui a rimanere, ad ospitare buoni imprenditori, buoni tecnici del settore calzaturiero e di altri settori, che riescano a conquistarsi sul mercato spazi di ulteriore crescita. Qui, nes-suno vuole rilanciare lo sviluppo di Montebelluna al ribasso. Si ragiona di come garantire al Territorio di Montebelluna la possibilità di ospitare imprese, tecnici che abbiano la forza necessaria a procurarsi un reddito elevato. Questo è l'obiettivo.

Quindi dobbiamo identificare i progetti, prima di tutto, le competenze "distintive", le abilità che possono avere successo sui mercati interna-zionali, che sono presenti in diversi stadi del processo calzaturiero e non solo, in diverse parti della filiera. Bisogna identificare i project manager, cioè gli imprenditori di progetto, che possono tradurre le com-petenze e i progetti in realtà. Ovviamente, questi project manager - lo abbiamo discusso tempo fa, nel dibattito che abbiamo fatto sui Distretti, proprio in questa sede - non solo devono riuscire a raccogliere le com-petenze presenti nel Territorio e trovare le fonti finanziarie necessarie, ma hanno bisogno di un'altra risorsa per procedere: il consenso. Devono

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essere project manager capaci di creare consenso attorno ai progetti. Qui ce n'è per tutti. Quello che dobbiamo immaginare è di riuscire a met-

tere intorno a un tavolo i potenziali manager di progetto, gli attori locali, che siano capaci non solo di definire bene che cosa vogliono fare, per man-tenere Montebelluna fra i Territori attrattivi, ma che siano capaci di conqui-starsi dei sostenitori esterni, degli sponsor, pubblici e privati. Quindi, io im-magino, per proseguire nella seconda fase di questa operazione di marke-ting sul Territorio di Montebelluna, una serie di iniziative attraverso le qua-li si comincino ad identificare i progetti, i potenziali manager di questi pro-getti e gli altri attori pubblici (l'Unioncamere, la Camera di Commercio stessa - anche se ha un ruolo particolare - la Regione, la Provincia) disponi-bili a svolgere un ruolo di sponsor dei progetti. Personalmente ho cercato di costruire una mappa degli incroci che esistono fra le competenze, presenti nel Territorio di Montebelluna, nei diversi stadi della filiera, e i potenziali manager di queste competenze.

Nello stadio della progettazione, della ideazione sono infatti presenti non solo numerose risorse critiche, ma anche potenziali incubatori di professio-nalità e imprese, capaci di entrare su mercati lontani da quelli del calzatu-riero.

Nello stadio della produzione ci sono non pochi tecnici e imprenditori leader nell'organizzazione d'azienda e nella scelta delle tecnologie, non so-lo in campo calzaturiero.

Ci sono, inoltre, cominciano ad esserci buoni imprenditori che vogliono sviluppare specifiche abilità nell’ambito della logistica e di tutto ciò che ri-guarda l'organizzazione dei trasporti, ma anche degli acquisti, delle relazio-ni con i mercati più lontani; un’attività che attiene sempre più all'analisi della domanda internazionale di prodotti e componenti. Queste competenze possono essere animate, nel Territorio locale da potenziali project manager, capaci di raccogliere consenso. Al Museo dello Scarpone, ad esempio, esi-ste la potenzialità di sostenere una serie di iniziative, nel campo delle anali-si di mercato e delle analisi della produzione. L'Osservatorio Osem potreb-be essere trasformato in un osservatorio sui mercati più lontani, in qualcosa che porti, alle piccole e medie imprese del Territorio, informazioni critiche per competere. Ma potrebbe essere identificata, sempre all'interno di questa ipotetica sede di project management, anche una capacità di analizzare il mercato dei servizi di controllo del decentramento, della delocalizzazione.

Ad un secondo livello, sicuramente, in Tecnologia & Design, esistono capi progetto, referenti per progetti che riguardano lo sviluppo della ricerca, nel campo dell'innovazione e della prototipazione e nello sviluppo di con-nessioni telematiche (applicate al caso specifico della progettazione della calzatura e degli stampi) che sostengono l'interscambio fra la realtà di Mon-tebelluna e altre realtà similari europee. Il progetto, a cui faceva riferimento

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l’ing. Bedin (Club RP - che consiste nella messa in rete di aziende che fan-no parte dei principali Distretti della plastica in Europa) comporterà anche una sperimentazione nel campo delle telecomunicazioni.

Ad un terzo livello, ci sono altri soggetti che possono diventare protago-nisti di progetti di formazione. Ce ne sono più d'uno, in tutte le fasi del pro-cesso, sia di ideazione che di progettazione.

Il Museo dello Scarpone, si è reso protagonista di alcuni corsi importanti. Per esempio, l'ultimo, focalizzato sulla creazione di competenze nell'ambito della logistica. Ma anche l'Università, il Diploma di Commercio Estero, che c'è qui a Treviso, in questo momento potrebbe gestire meglio i due livelli di stage che organizza presso le aziende. Il diploma di Commercio Estero po-trebbe scegliere il Distretto di Montebelluna come sede nella quale speri-mentare una modalità di consulenza sui mercati lontani per le aziende se-condo le seguenti modalità: - al secondo anno di stage in azienda, gli studenti e i docenti potrebbero

lavorare per capire quali sono le caratteristiche del prodotto e dei mer-cati che l'azienda vuole raggiungere;

- al terzo anno, assieme all'azienda e con la tutorship dei docenti del di-ploma, gli studenti potrebbero realizzare stage all'estero, finalizzati a reperire informazioni critiche sui consumatori e sui concorrenti.

Queste cose si possono progettare in pochissimo tempo, alcune sono già in atto. Così, dal punto di vista delle infrastrutture, il Super-PIP di Montebel-luna è un'opportunità non solo per sviluppare un potenziale incubatore di nuove imprese, ma anche, eventualmente, per sviluppare quella piattaforma logistica moderna, che non è soltanto un blocco di cemento, molo per i ca-mion in arrivo e in partenza, ma che è soprattutto tecnologia di analisi dei flussi logistici dei mercati, agenzia virtuale di logistica.

In conclusione, se esistono attori locali che possono diventare tutor, pro-ject manager, per iniziative che coinvolgano competenze critiche, per un'at-tività di animazione del Territorio, il problema è di dar loro una spinta. E provo a fare una proposta per vedere se essa sia effettivamente quella che stiamo cercando. Bisogna fare squadra, bisogna concertare, però bisogna farlo in tempi rapidi. Bene: dove collocare un tavolo di concertazione che diventi una risorsa, un motore positivo, per prendere decisioni coordinate rapide?

La sede di un simile tavolo non può che essere la Camera di Commercio. Ne sono stato convinto dalla discussione.

La Camera è la sede nella quale questi soggetti sono già rappresentati e dentro la quale si possono già incontrare. Questo si può fare rapidissima-mente e non c'è bisogno di fare delibere complesse. In altre situazioni ho visto utilizzare lo strumento della Consulta Camerale, all'interno della quale specialisti indicati dalle parti sociali vengono chiamati a svolgere un ruolo

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di animatori di progetti di interesse collettivo. A questo punto, tuttavia, si pone un altro problema: che forma dare al tavolo e chi far sedere al tavolo? A questo proposito è necessario fare delle scelte chiare. Se si vuole un tavo-lo che funzioni e che, in pochi mesi, produca dei risultati, bisogna fare un tavolo "asciutto", composto di pochi soggetti: tre, quattro, al massimo.

Ho apprezzato molto il fatto che ci sia stato un solo intervento da parte delle organizzazioni degli industriali, un intervento da parte delle organiz-zazioni degli artigiani e un intervento da parte delle organizzazioni sindaca-li. Io propongo la scelta di un tavolo, estremamente sottile - tre, quattro per-sone - un tavolo che sia animato da un Presidente autorevole, un coach ca-pace di fare squadra, di tenere i soggetti orientati a progetti concreti. Poi, attorno a questo tavolo di animazione, si dovrà raccogliere il consenso più ampio possibile. La mia ipotesi è che sia necessario selezionare degli spon-sor per ciascun progetto, cercare di coinvolgere le parti sociali che riman-gono fuori dal tavolo operativo, nel gioco del finanziamento, del supporto ai progetti, anche in termini di consenso. Io credo che un tavolo di questo genere si possa costruire - i progetti ci sono, i soggetti ci sono - e fare in modo che questo tavolo possa funzionare a breve. Non so se questa propo-sta soddisfa il palato di tutti, ma ritengo che soddisfi almeno le condizioni che sono emerse dalla discussione. Si vuole un tavolo rapido, si vuole un tavolo efficiente, si vuole un tavolo che riesca a creare consenso. Credo che questa sia la soluzione, al momento, immediatamente gestibile. Patti territo-riali, accordi, tavoli che contengono non meno di dieci soggetti diversi, ci vogliono diversi mesi per farli!

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Impaginato a cura del Centro stampa della Camera di Commercio di Treviso

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