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Giacomo Todeschini "Judas mercator pessimus". Ebrei e simoniaci dall'XI al XIII secolo PREMESSA Se si voglia ragionare della riapparizione di Iudas nei testi antisimoniaci dei secoli XI e XII, non bisognerà dimenticare la tradizione lessicale accumulatasi intorno a questa parola- nome a partire dal testo evangelico, di Giovanni soprattutto, e da Agostino (commento al vangelo di Giovanni, in primo luogo, ma anche expositio sul salmo 108) 1 . E' necessario, quindi, considerare 1 Iohannes: 12, 3-9: "Maria ergo accepit libram unguenti nardi pistici pretiosi, et unxit pedes Iesu et extersit pedes eius capillis suis; et domus impleta est ex odore unguenti. Dixit ergo unus ex discipulis eius, Iudas Iscariotes, qui erat eum traditurus: Quare hoc unguentum non veniit trecentis denariis et datum est egenis <epràtse...kài edòtse... >? Dixit autem hoc, non quia de egenis pertinebat ad eum, sed quia fur erat et loculos habens ea quae mittebantur portabat <tò glossòkomon èchon tà ballòmena ebàstazen >. Dixit ergo Iesus: Sinite illam ut in diem sepulturae meae servet illud. Pauperes enim semper habetis vobiscum, me autem non semper habetis."; AUGUSTINUS, In ps. 108 (a. 414-16), in Opere XXVII Roma 1976, p. 904 ss.; p. 904: "...Sicut enim quaedam dicuntur quae ad apostolum Petrum proprie pertinere videantur, nec tamen habent illustrem intellectum nisi cum referuntur ad Ecclesiam, cuius ille agnoscitur in figura gestasse personam, propter primatum quem

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Todeschini Iudas Mercator Pessimus

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Giacomo Todeschini

Giacomo Todeschini

"Judas mercator pessimus". Ebrei e simoniaci dall'XI al XIII secolo

PREMESSA

Se si voglia ragionare della riapparizione di Iudas nei testi antisimoniaci dei secoli XI e XII, non bisogner dimenticare la tradizione lessicale accumulatasi intorno a questa parola-nome a partire dal testo evangelico, di Giovanni soprattutto, e da Agostino (commento al vangelo di Giovanni, in primo luogo, ma anche expositio sul salmo 108). E' necessario, quindi, considerare tutta una serie di attributi obbligati che fanno, sin dall'et patristica, di questo nome una cifra semanticamente determinata (equivalente o rinviante a fur, raptor, avarus, ma anche a dispensator, oeconomus), e in secondo luogo stabilire i nuovi significati che, con l'XI secolo, si vengono a costruire su quelli antichi e consolidati, e che derivano, in sostanza, dall'inserimento di questa parola-nome in contesti politicamente pi determinati che in passato, in polemiche attuali, e nella costruzione di un sistema lessicale-concettuale che, come appunto quello "gregoriano", ha un obiettivo di riorganizzazione economico-politica pi o meno chiaro.

Questo processo di riattivazione semantica del termine Iudas pu essere fatto cominciare con:

a) la testualit episcopale di et carolingia, cio quel sistema testuale conciliare, teologico e legislativo costituito dalla serie dei capitolari che fra VIII e IX secolo muovono verso la affermazione dell'autonomia, o della prevalenza, del corpo episcopale nell'ambito dell'impero; si tratta di testi che sottolineano il significato politico-normativo della lotta contro la avaritia oppure di testi che suggeriscono (sono ancora pochi fra IX e X secolo) che i beni ecclesiastici sono minacciati oltre che da generiche invasiones, dalla commercializzazione che di essi opera il commercio, in particolare quello ebraico;

b) l'affermarsi, nella testualit che si sviluppa intorno alla prima disputa eucaristica, di una nozione di valore incalcolabile (non apprezzabile in termine economici) intrinseco alla prassi sacramentale eucaristica in quanto conversione reale e determinante l'incommensurabilit del potere carismatico gestito da mani consacrate: nell'ambito di tale complesso testuale si afferma un un uso di Iudas /Iudaeus che ne attualizza il significato di pervicacia-incredulitas, di non-intelligentia delle verit cristiane da parte ebraica.

Da questo momento in avanti, ben prima dunque del 1096, data solitamente accettata come spartiacque della trasformazione dell'atteggiamento sociale cristiano nei confronti degli Ebrei presenti in Europa occidentale, tale parola-nome si trasforma lentamente nella sigla di atteggiamenti di complessiva infidelitas specificamente minacciosi nei confronti tanto della autonomia delle chiese quanto dell'integrit dei loro patrimoni.

L'emersione di tale significato minaccioso della presenza ebraica, se pure ancora sporadico nei testi del IX-X secolo, pone dunque il problema della precisazione che a partire da questo periodo viene subendo la definizione cristiana dei comportamenti ebraici, nel quadro pi generale della riorganizzazione concettuale ecclesiastica riguardante il significato politico delle res ecclesiarum: di come dunque l' infidelitas, la carnalitas rituale ed esegetica imputate agli Ebrei a partire dall' Et patristica, vengano ora ricodificate - nel periodo che scorre dalla prima disputa eucaristica e dalle Decretali pseudoisidoriane sino alla seconda disputa eucaristica e alle grandi lotte contro la simonia - nei termini di una avversione economico-politica alla presenza ebraica sui territori cristiani.

1

A partire dagli anni '50 dell'undicesimo secolo, nell'ambito del graduale rivolgimento dei criteri di legittimazione che scuote le relazioni fra poteri sacerdotali e poteri laici, noto impropriamente come "riforma gregoriana", si pu percepire qualcosa di nuovo nel modo con il quale gli intellettuali cristiani che sostengono il programma di riforma parlano della realt ebraica, sia in quanto realt astrattamente teologica sia in quanto realt effettivamente sperimentabile.

Si cercher ora di vedere in che cosa consista questo nuovo atteggiamento dei pi noti sostenitori della riforma ecclesiastica, attivi propagandisti nell'ambito della cosiddetta "lotta per le investiture" di una nozione di potere sacerdotale fondata sull'idea di assoluta straordinariet del carisma gestito dalle mani del sacerdote legittimamente consacrato, ed autori di "una definizione sempre pi consapevole della Chiesa romana come epitome rappresentativa - su di un piano squisitamente giuridico - del mondo cristiano"; se vi sia un nesso fra i loro programmi di riorganizzazione ecclesiologica e la nascita di uno stereotipo ebraico negativo politicamente ed economicamente, contrassegnato lessicalmente dalle parole carnalitas, avaritia, usura, e caratterizzante a partire dal secolo successivo il sistema delle relazioni cristiano-ebraiche.

Gi uno scritto relativamente recente di Gilchrist, che censisce i riferimenti al Giudaismo e agli Ebrei negli scritti dei canonisti fra XI e XII secolo, ha constatato un precisarsi dell'attenzione giuridica cristiana scaturente dalla riforma, nei confronti della presenza ebraica. Una analoga attenzione, meno considerata dagli studiosi, sembra evidente, d'altronde, negli scritti dei teologi e dei polemisti dello stesso periodo. Questa complessiva crescita dell'interesse "gregoriano" per la multiforme presenza ebraica nel mondo cristiano, si traduce, negli scritti dei canonisti e in quelli dei teologi della riforma, in una duplice percezione dell'Ebraismo: inteso sia come fenomeno appartenente alla vicenda salvifica cristiana, che come manifestazione culturale-religiosa di u