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irifa11fia adolescenza Rassegne VoL 9, n. 2. 2010 La depressione perinatale paterna. Una rassegna della ricerca clinica ed empirica Paternal Permata! Depression. A review of the clinica! and empiric research FRANCO RALDONI, LUISA CECCARELLI Dipartimento di Psicologia, TTniuersità di Bologna RlASSUNTO: Premesse teoriche: Sono state svolte molte ricerche cliniche ed empiriche sulla Depres- sione Perinatale Materna, ma la Depressione Perinatale Paterna (DPP) è stata studiata in modo sistematico solo di recente. Obiettivo: Lo scopo di questa rassegna è analizzare le attuali conoscenze sulla DPP, foca- lizzando l'attenzione sulla prevalenza, i sintomi, i fattori di rischio, la comorbilità e la sua influenza sulla sa- Iute della madre e del bambino. Metodologia: È stata considerata la letteratura pubblicata su questo argo- mento fino al Maggio 2010, consultando le banche dati di Medline, PsychINFO e ProQuest Psychology Jour- nals e altre fonti italiane e straniere. Discussione critica e conclusioni: Nel periodo perinatalc gli stati emo- livi di madri e padri sono correlatì e si influenzano reciprocamente. La frequenza della DPP è relativamen- te elevata (l0,4'Yo), anche se minore di quella materna, ma la sua diagnosi risulta difficoltosa, in quanto spes- so si presenta con una sintomatologia affettiva lieve o atipica associata ad altri disturbi psicologici o del com- portamento. La DPP sembra avere influenze negative sul benessere emotivo de!la madre. sulla qualità del- l'attaccamento familiare e sullo sviluppo psicologico e fisico del neonato. Per la prevenzione e il trattamen- to dei disturbi affettivi perinataE è fondamentale riconoscere l'ìIllportanza del padre sin dall'inizio della gra- vidanza e promuovere il suo coinvolgimento nelle visite ginecologiche, nelle attività di consultorio e nel- l'assistenza successiva al parto. PAROLE CHIAVE: Depressione Perinatale, Padri, Genitorialità. AB5TRACT: Theoretical background: A great amount of empirica! and clinical findings has been accu- mulatecl in the last deeadcs about Maternal Perinatal Depression (DPM) , but Paterna! Perinatal Depression (DPP) has been stuclied only in the rcecnt years, even if clinical cases of psychopathology in the transition to fatherhoocl were already reportecl in the 'thirtics. Aim: Main purpose of this review was to analyse cur- rent knowledge about PPD with a particular attention to the prevalenee, psychosocial risk factors, comor- bility with other psychological or behavioural disorders (anxiety, abnormal iIIncss behaviouI, irritability, anger attacks, acting outs, addict disorders) ancl the int1uence of the fatherhoocl on the wellbeing of mother and ehile!. Methodology: A literature search of all references until May 2010 was carri ed out consulting the Med- Ene, PsychINFO and ProQuest Psychology Journals electronic databases and other Italian and foreign pub- lièations. AlI articles ane! bibliography references were carefully controlled. CriticaI Discussion and con- clusions: Empirical research has evidenced how in the perinatal perioe! the mother's and father's emotion- al states are significantly correlated with each other. The frequeney of Perinatal Depression in fathers is rel- atively high 00.4%), even if lesser than the mother's one, but the diagnosis is difflcult owing to the frequent presence in the male of a minor or unusual affective symptomatology and other psychological or behaviour- al disorders. The symptoms of DPP differ from those of DPM, they are less severe and less definite and the disorders range from neurotic reactions of restlessness and sadness to melancholy, through states of impo- tence, desperation and discomfort. In particular, fathers whose companions have undergone affective post partul11 disorders show greater levels of anxiety, depressive symptoms, irritability, and tendency to somatic complaints ancl wony about their own health and paternal role up to the fifth month of pregnancy. DPP should be further investigated as it seems to have negative int1uences on the mother's emotional weJl-be- 79 ,------------

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irifa11fia adolescenza

Rassegne VoL 9, n. 2. 2010

La depressione perinatale paterna. Una rassegna della ricerca clinica ed empirica

Paternal Permata! Depression. A review of the clinica! and empiric research

FRANCO RALDONI, LUISA CECCARELLI

Dipartimento di Psicologia, TTniuersità di Bologna

RlASSUNTO: Premesse teoriche: Sono state svolte molte ricerche cliniche ed empiriche sulla Depres­sione Perinatale Materna, ma la Depressione Perinatale Paterna (DPP) è stata studiata in modo sistematico solo di recente. Obiettivo: Lo scopo di questa rassegna è analizzare le attuali conoscenze sulla DPP, foca­lizzando l'attenzione sulla prevalenza, i sintomi, i fattori di rischio, la comorbilità e la sua influenza sulla sa­Iute della madre e del bambino. Metodologia: È stata considerata la letteratura pubblicata su questo argo­mento fino al Maggio 2010, consultando le banche dati di Medline, PsychINFO e ProQuest Psychology Jour­nals e altre fonti italiane e straniere. Discussione critica e conclusioni: Nel periodo perinatalc gli stati emo­livi di madri e padri sono correlatì e si influenzano reciprocamente. La frequenza della DPP è relativamen­te elevata (l0,4'Yo), anche se minore di quella materna, ma la sua diagnosi risulta difficoltosa, in quanto spes­so si presenta con una sintomatologia affettiva lieve o atipica associata ad altri disturbi psicologici o del com­portamento. La DPP sembra avere influenze negative sul benessere emotivo de!la madre. sulla qualità del­l'attaccamento familiare e sullo sviluppo psicologico e fisico del neonato. Per la prevenzione e il trattamen­to dei disturbi affettivi perinataE è fondamentale riconoscere l'ìIllportanza del padre sin dall'inizio della gra­vidanza e promuovere il suo coinvolgimento nelle visite ginecologiche, nelle attività di consultorio e nel­l'assistenza successiva al parto.

PAROLE CHIAVE: Depressione Perinatale, Padri, Genitorialità.

AB5TRACT: Theoretical background: A great amount of empirica! and clinical findings has been accu­mulatecl in the last deeadcs about Maternal Perinatal Depression (DPM) , but Paterna! Perinatal Depression (DPP) has been stuclied only in the rcecnt years, even if clinical cases of psychopathology in the transition to fatherhoocl were already reportecl in the 'thirtics. Aim: Main purpose of this review was to analyse cur­rent knowledge about PPD with a particular attention to the prevalenee, psychosocial risk factors, comor­bility with other psychological or behavioural disorders (anxiety, abnormal iIIncss behaviouI, irritability, anger attacks, acting outs, addict disorders) ancl the int1uence of the fatherhoocl on the wellbeing of mother and ehile!. Methodology: A literature search of all references until May 2010 was carried out consulting the Med­Ene, PsychINFO and ProQuest Psychology Journals electronic databases and other Italian and foreign pub­lièations. AlI articles ane! bibliography references were carefully controlled. CriticaI Discussion and con­clusions: Empirical research has evidenced how in the perinatal perioe! the mother's and father's emotion­al states are significantly correlated with each other. The frequeney of Perinatal Depression in fathers is rel­atively high 00.4%), even if lesser than the mother's one, but the diagnosis is difflcult owing to the frequent presence in the male of a minor or unusual affective symptomatology and other psychological or behaviour­al disorders. The symptoms of DPP differ from those of DPM, they are less severe and less definite and the disorders range from neurotic reactions of restlessness and sadness to melancholy, through states of impo­tence, desperation and discomfort. In particular, fathers whose companions have undergone affective post partul11 disorders show greater levels of anxiety, depressive symptoms, irritability, and tendency to somatic complaints ancl wony about their own health and paternal role up to the fifth month of pregnancy. DPP should be further investigated as it seems to have negative int1uences on the mother's emotional weJl-be­

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ing, the quality of family attachment ancl the psychological ancl physical clevelopment of rhe newborn. In order to improve the actual state of the research, the development of valicl gender-orientecl tests is recom­mended. For early screening and treatment of perinatal depressive disorders is crucial to recognize the im­portance of the father from the beginning of the pregnancy and to promote his involvement in pregnancy check-up, in family counselling and assisrance in postpartum periodo

KEY WORDS: Perinatal Depression. Fathers, Parenthood.

1. la depressione perinataLe paterna tendono a manifestare alterazioni affettive più lievi e una minor quantità di disturbi rispetto alla DPM (Bal­

La transizione alla genitorialità è caratterizzata da un lard, Davies, Cullen, Mohan e Dean, 1994; Goodman, sensibile aumento della vulnerabilità psicologica. Nel 2004). I sintomi tendono a essere poco definiti e van­periodo perinatale, in particolare, i tassi di incidenza no da reazioni nevrotiche di irrequietezza e di tristez­dei disturbi affettivi, sia nelle madri che nei padri, au­ za fino alla malinconia, passando per stati di impoten­mentano di due o tre volte rispetto alla media della za, di disperazione, di sconforto e di crollo narcisisti­popolazione generale. La letteratura sui disturbi affet­ co (Luca e Bydlowski, 2001). I disturbi descritti più fre­tivi femminili legati al periodo perinatale è molto va­ quentemente sono l'umore depresso, la costante sta, tanto che la produzione scientifica degli ultimi preoccupazione, la perdita di interessi, il calo della li­trent'anni vanta oltre duemila studi riguardanti i mol­ bido e l'insonnia. È stato osservato che, ad eccezione teplici aspetti psicopa tologici ed epidemiologici dell'umore depresso, queste manifestazioni sono rife­(Brockington, 2004). A confronto, i tentativi di studia­ ribili a disfunzioni psicologiche che rientrano nella re la condizione psicologica dell'uomo nella transizio­ normale condizione di paternità (Ballard et aL, 1994). ne alla paternità si presentano rari e lacunosi. Fra i Spesso la sintomatologia della DPP si manifesta attra­motivi che possono spiegare la differente quantità e verso manifestazioni sintomatiche atipiche anche gra­qualità degli studi sono da considerare: la scarsa di­ vi quali: ansia elevata, alterazioni del comportamento sponibilità dei padri a partecipare alle ricerche, la mi­ di malattia (ipocondria, sintomi funzionali o di soma­nore incidenza del disturbo depressivo nella popola­ tizzazione), crisi di rabbia e acting out comportamen­zione maschile e la scarsa disponibilità di metodi di in­ tali (fughe, comportamenti violenti, attività fisica o dagine validi e attendibili che tengano conto delle dif­ sessuale compulsiva, relazioni extraconiugali, disturbi ferenze di genere. del comportamento alimentare, alcolismo e altri distur­

La Depressione Perinatale Paterna (Dépression Pé­ bi di dipendenza). rinatale Paternelle - DPP) è un neologismo recente­ Occorre tener conto, infine, che nella maggior par­mente coniato in ambito psicoanalitico francese (Luca te delle ricerche le valutazioni delle alterazioni affetti­e Bydlowski, 2001) e le ricerche che trattano questo ve sono svolte mediante l'utilizzo di questionari se!F disturbo lo hanno studiato prevalentemente nei padri rep0l1 come il CES-D, il BDI o l'EPDS, che nell'uomo primipari e in relazione alla Depressione Perinatale possono presentare problemi di validità e attendibilità Materna (DPM). A volte i disturbi affettivi paterni del evidenziando una sofferenza minore rispetto alla don­periodo perinatale sono indicati in modo più generi­ na (Wilehm e Parker, 1994; Matthey, Barnett, Howie e co con il nome di Paternal Blues (o Baby Blues), fa­ Kavanagh, 2003ì. Ad esempio, uno studio di validazio­cendo riferimento alle alterazioni affettive lievi e tran- ne dell'EPDS per la valutazione dei disturbi depressi­

_ sitorie che frequentemente colpiscono la madre nei vi ed ansiosi nel maschio ha individuato dei punteggi primi giorni dopo il parto denominate Maternity Blues di cut-()ffinferiori rispetto a quelli femminili (rispetti­o Disforia Post Partum. La DPP va poi distinta dalla vamente 5/6 e 7/8) (Matthey, Barnett, Kavanagh, e Sindrome della Couvade, cioè la manifestazione nel Howie, 2001). Gli uomini, infatti, per motivi cultura~:

padre di sintomi somatici (nausea, gonfiore o dolore o legati a ragioni di ruolo e di immagine sociale, si d:­addominale) e di comportamenti femminili tipici del­ mostrano meno propensi a rivelare le proprie diff­la gravidanza che non assumono, solitamente, un ve­ coltà emotive. Ciò pone il problema della validità écC ro valore psicopatologico. dati riportati nelle ricerche sui disturbi affettivi masc:·_·

I sintomi della DPP sono differenti da quelli della li basate su strumenti che non considerino la differcC:' DPM, anche se la durata può essere la stessa. I padri za di genere.

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F. Baldoni, L. Ceccarelli: La depressione peril/atale paterna

111 2. I dati di ricerca sulla depressione perinatale paterna

Nel tracciare una storia della produzione scientifica sulla DPP si possono distinguere due periodi: un pri­mo (relativo agli anni 1931-1980), caratterizzato da re­soconti di osservazioni condotte su casi clinici Ci rari contributi ammontano a sette articoli), e una fase più recente <relativa agli anni 1981-2010'), in cui sono sta­ti prodotti alcune decine di studi empirici volti a mi­surare la sintomatologia, la prevalenza e l'eziopatoge­nesi della DPP e a valutare la correlazione tra questa, la DPM e lo sviluppo psicologico, comportamentale e somatico del figlio. A tali dati si aggiungono quelli di alcuni studi su casi clinici condotti nell'ambito della psichiatria perinatale francese di orientamento psicoa­nalitico e presentati per lo più in occasione di conve­gni sulla paternità. La maggior parte delle ricerche di natura epidemiologica ed empirica sulla DPP sono state condotte negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Australia. La rassegna esposta in questo articolo è sta­ta condotta sulla letteratura sulla DPP pubblicata fino al 31 maggio 2010, consultando le banche dati di Med­line, PsychINFO e ProQuest Psychology Journals ed altre fonti italiane e straniere per un totale di circa 70 studi. Ogni articolo è stato valutato attentamente e le citazioni bibliografiche controllate.

2.1. Studi su casi clinici e ipotesi psicoanalitiche

Nonostante Freud avesse già descritto le fantasie di gravidanza maschili nel caso del Piccolo Hans (909) e successivamente nell'Uomo dei Lupi (918), il primo articolo sulla DPP è stato pubblicato all'inizio degli an­ni trenta da Zilboorg 093]) con il titolo "Depressì1.'e reactions related to parentbood". In questo lavoro l'au­tore evidenziò tre aspetti:

a) la manifestazione di regressioni infantili paterne conseguenti a una rivalità nei confronti del figlio:

b) la presenza di fantasie incestuose inconsce legate a un conflitto con la madre (rappresentata simbolica­mente dalla propria compagna);

c) la depressione come difesa contro l'angoscia susci­tata dalla frustrazione causata dalla nascita del fi­glio, dalla riattivazione del conflitto edipico e dalla riattivazione di bisogni infantili di dipendenza.

In seguito, altri autori individuarono nella gravi­danza un fattore di vulnerabilità per i futuri padri (Freeman, 1951; Jarvis, 1962), Nei casi riportati, i pa­

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zienti presentavano disturbi significativi di carattere nevrotico o psicotico. Sulla stessa linea, Wainwright (1966) descrisse dieci casi clinici di padri che nell'im­mediato postpaltum avevano manifestato scompensi psichiatrici di entità tale da rendere necessario il rico­vero. Sul piano eziopatogenetico, furono ipotizzati un'eccessiva identificazione con il padre, l'elevata di­pendenza dalla partner o il manifestarsi di un conflit­to legato a una latente omosessualità. Nello stesso ar­ticolo, descrivendo un caso clinico di nevrosi di carat­tere narcisistico legata alla paternità, l'autore sottolinea come "il bambino promuova nel genitore l'empatia c. .. ) permettendo l'integrazione di ricordi infantili, in particolare di quelle esperienze che appartengono al periodo dell'amnesia infantile". Altri autori hanno evi­denziato come l'empatia con il figlio, rappresentando una sorta di "introspezione vicaria", potrebbe pro­muovere nel padre l'accesso a tracce mnestiche fino a quel momento bloccate da meccanismi difensivi in­consci (Hurn, 1969). Più recentemente è stato eviden­ziato il ruolo della rivalità fra fratelli quale significati­vo fattore eziologico delle reazioni depressive paterne (Cavenar e Butts, 1977).

Nel loro studio basato su casi clinici, le psicoanali ­ste francesi Luca e Bydlowski (200lì hanno descritto alcune specificità della DPP rispetto alla DPM:

lì la DPP sembra essere maggiormente legata a con­flitti di natura edipica, mentre quella materna ri­manda più a problematiche narcisistiche;

2) la reazione depressiva paterna tende a manifestar­si sotto forma di due aspetti: quello masochistico e quello narcisistico. Sul versante masochistico si as­siste alla riattivazione di fantasmi persecutori e al ruolo tirannico svolto dal Super-Io. Altri elementi peculiari che emergono in questi casi e riferibili al­la relazione edipica sono i sentimenti di colpa, la rabbia, l'ambivalenza, gli autorimproveri e il senso di perdita e di lutto nei confronti del Sé. Sul versan­te narcisistico la perdita dell'oggetto è vissuta come "emorragia narcisistica". In questi casi l'angoscia di perdita dell'oggetto e la reazione depressiva assu­merebbero una funzione di difesa nei confronti di un crollo malinconico dell'Io;

3) in merito alla relazione del padre con il bambino, le caratteristiche della DPP differiscono da quelle della DPM in conseguenza dell'assenza nei padri dello specifico legame corporeo e narcisistico (lega­to alla gravidanza, al parto e all'allattamento) che caratterizza la precoce interazione diadica madre­bambino.

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Infanzia e adolescenza, 9, 2. 2010

Seguendo una prospettiva psicodinamica, le due autrici francesi propongono tre possibili interpretazio­ni della reazione depressiva paterna:

a) può assumere il significato di una difesa contro il crollo psichico conseguente alla dimensione trau­matizzante della paternità, in quanto la nascita di un figlio può riattivare fantasie inconsce relative a si­tuazioni angosciose sperimentate nell'infanzia. n padre che assiste al parto sarebbe maggiormente esposto alla riattivazione del trauma, in quanto la fase espulsiva potrebbe suscitare in lui la rappre­sentazione di una madre onnipotente munita di fal­lo e far riemergere antichi conflitti edipici;

b) può essere legata a una relazione ambivalente e conflittuale con il proprio padre, anche se l'ambiva­lenza nei confronti della propria madre non deve essere trascurata;

c) la sintomatologia depressiva potrebbe essere scate­nata da un "fantasma" intrapsichico, inteso come "ghost in the nurseJY" (Fraiberg, Adelson e Shapiro, 1975) o un "visitatore dell'Io" (De Mijolla, 1981), an­cora vivo nell'inconscio del padre. In questo caso, il neonato potrebbe essere investito della trasmis­sione psichica inconscia di un'assenza psichica o fi­sica e rappresentare simbolicamente, per il padre, un parente scomparso o un evento luttuoso. La de­pressione eserciterebbe pertanto una funzione di­fensiva nei confì-onti di questo "altro da sé" alienan­te e mortifero.

Dai resoconti clinici sul vissuto dei padri depressi emergono anche altri aspetti importanti da un punto di vista psicodinamico. La nascita del figlio può porre di fronte al problema dell'invecchiamento e della mor­te. Possono manifestarsi anche reazioni invidiose in­consce nei confronti delle capacità generative della compagna (con atteggiamenti competitivi e svalutati­vi), vissuti di gelosia verso il figlio (percepito come un rivale nel rapporto con la compagna), sentimenti am­bivalenti nei confronti del proprio padre (in quanto si sta per assumere il suo molo) e conflitti irrisolti riguar­do la propria identità sessuale. Sono frequenti, inoltre, la perdita di desiderio e di autostima, con vissuti di im­potenza (psicologica e sessuale) e di svalutazione, e le sensazioni di perdita, di abbandono e di incapacità di vivere senza l'amore esclusivo della propria compagna (Pazzagli e Benvenuti, 1996; Bertozzi e Hamon, 2005). L'impossibilità del padre depresso di trovare un pro­prio spazio nella diade madre-bambino, cioè di occu­pare il posto di padre nella relazione triadica emergen­te, si manifesterebbe, sul piano edipico, riferendosi a

una "costellazione paterna" costituita da tre figure: nonno paterno-padre-figlio. Secondo questa prospe~­tiva, la psicogenesi della DPP rimanderebbe, quindi. s conflitti edipici non risolti che determinerebbero la dif­ficoltà, per il giovane padre, di integrare il neonate nella propria storia ed esperienza di figlio (Luca e Bydlowski, 2001).

Secondo Pazzagli e Benvenuti (996) i diversi livel­li di conflittualità del padre possono condizionare le manifestazioni psicopatologiche perinatali. Le diffi­coltà a livello pre-edipico (riconducibili all'incapacità di stabilire una relazione con il figlio a causa di una mancato superamento del legame simbiotico con la propria madre) favorirebbero lo sviluppo delle forme di DPP più gravi o di psicosi. Le conflittualità edipiche sarebbero alla base dei disturbi depressivi minori, de­gli acting out e della sindrome della couvade.

2.2. Studi epidemiologici

L'analisi dei dati riportati dalle ricerche sulla preva­lenza della DPP nella popolazione generale (cfr. Tab. 1) permettono le seguenti considerazioni critiche:

a) le misurazioni sono state effettuate in periodi diffe­renti, che vanno dal 30 mese di gestazione al 120

mese postpartum; b) gli stmmenti maggiormente utilizzati per stabilire la

diagnosi di depressione sono: il Beck Depression 1n­velltory (BDI), il Cellter for Epidemiologic Studies Depression Scale (CES-D), il GeneraI Health Que­stionnaire, l'Hospital Anxiety and Depressi(JIl Scale (HADS) e l'Edinburgh Postnatal Depression Scale (EPDS). Si tratta di questionari self-report che, co­me si è detto, manifestano dei limiti di validità nel maschio in quanto non considerano le differenze di genere;

c) la DPP risulta meno frequente della DPM, ma la sua incidenza precisa non è stata ancora chiarita. In una recente meta-analisi della letteratura sulla DPP e sulla sua associazione con la DPM (Paulson e Ba­zemore, 2010), basata sull'analisi di 43 studi (dal 1980 al 2009), per un totale di 28.004 soggetti, la frequenza media della DPP è risultata del 10,4% (in­tervallo di confidenza 95%, 8,5-12,7%), La DPP è stata riscontrata più comunemente negli Stati Uniti 04,1%), mentre nel resto del mondo la frequenza media è notevolmente minore (8,2%). L'incidenza è risultata particolarmente bassa in Scandinavia (2­5%), mentre in altri paesi, come la Polonia e

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F Baldoni, L. Ceccarelli: La depressione perinatale paterna

Taiwan, si è registrata una frequenza molto superio­re (fino al 31%) (cfr. Tab. 1). L'eterogeneità dei me­todi, degli strumenti utilizzati, dei periodi di valuta­zione e della numerosità dei campioni esaminati ha prodotto, comunque, un range eccessivo di preva­lenza che rende problematico qualsiasi calcolo del­la media;

d) due studi concordano nel rilevare un esordio tardi­vo della DPP nel corso del primo anno del postpar­tum. Tuttavia questo dato è di scarso significato se si tiene conto che si tratta di disegni di ricerca mol­to differenti. Il primo studio (Areias, Kumar, Barros e Figueiredo, 1996a) è basato su due assessment, uno nel periodo prenatale (6°mese di gestazione) e uno aln° mese postpartum. Il secondo studio (Matthey, Barnett, Ungerer e Waters, 2000) trascu­ra il periodo gestazionale e valuta il primo anno postpartum mediante tre misurazioni: a 6 settima­ne, 6 mesi e 12 mesi dal parto. Inoltre, per rileva­re la sintomatologia depressiva, vengono utilizzati strumenti diagnostici differenti (EPDS e BDI) e campioni notevolmente diversi per quanto concer­ne la numerosità (46 soggetti contro 154). I risulta­ti di due studi longitudinali che correlano il di­stress psicologico alla transizione alla genitorialità (Buist, Morse e Durkin, 2002; Condon, Boyce e Corkindale, 2004), al contrario, hanno evidenzia­to, in entrambi i genitori, come la gravidanza rap­presenti il periodo più sensibile per l'insorgenza di una sintomatologia depressiva. I disegni di ricerca utilizzati da questi studi risultano più omogenei sia per le caratteristiche del campione, che per quan­to concerne gli strumenti diagnostici (EPDS) e i pe­riodi delle misurazioni (pre e post p artum) . La me­ta-analisi della letteratura svolta da Paulson e Baze­more (2010) ha evidenziato, rispetto al periodo pe­rinatale, un'incidenza media di DPP molto variabi­le: la frequenza maggiore è a 3-6 mesi dopo il par­to (25,6%), mentre nel primo e secondo trimestre di gravidanza è risultata dell'll%, nel terzo trime­stre di gravidanza del 12%, nei primi 3 mesi post partum del 7,7% e nel secondo semestre dopo il parto del 10% (Tabella 1).

2.3. Studi sulla comorbilità tra disturbi depressivi, ansiosi e di somatizzazione

Le disfunzioni correlate alla transizione alla pater­nità possono esprimersi mediante sintomi differenti da quelli depressivi, pertanto nel processo diagnostico è

necessario tener conto anche dei sintomi ansiosi, del­le alterazioni del comportamento di malattia (in parti­colare i disturbi di somatizzazione) e di quelli da di­pendenza da sostanze (Raskin, Richman e Gaines, 1990; Skari, Skreden, Malt, Dalholt, Ostensen, Ege­land e Emblem, 2002).

Una ricerca australiana sui disturbi perinatali dell'u­more volta a misurare i sintomi depressivi e l'ansietà (Matthey et al., 2003) ha dimostrato che la percentua­le dei disturbi d'ansia, nei padri, è 3-6 volte maggiore rispetto a quella della depressione. In un campione di 196 padri valutato tramite i criteri del DSM-IV è stata posta diagnosi di disturbo d'ansia nel 9,7% dei casi, di sola depressione (maggiore o lieve) nell'l% dei casi e di disturbo d'ansia associato a depressione in un ul­teriore 1% dei casi. La presenza di un'alterazione de­pressiva e/o ansiosa ha raggiunto globalmente un tas­so dell'1l,7%. Per questa ragione gli autori propongo­no di utilizzare il termine Disturbo dell'Umore Perina­tale (Pennatal Mood Disorder - PMD) per descrivere la complessa sintomatologia depressiva e ansiosa mani­festata dai genitori nella transizione alla genitorialità. Evidenziano inoltre la necessità di sviluppare stru­menti specifici per la misurazione della condizione psicologica paterna, che valutino anche i disturbi an­siosi, inclusi gli attacchi di panico, il disturbo d'ansia generalizzato, il disturbo acuto da stress, le fobie, i di­sturbi ossessivo-compulsivi e il disturbo post-trauma­tico da stress.

La presenza di elevati livelli di ansia e di disturbi di somatizzazione nei compagni di donne affette da di­sturbi affettivi durante il periodo perinatale è stata ri­levata in diversi studi (Skari et al., 2002; Baldoni, Bal­daro e Benassi, 2009). La necessità di indagare le ul­teriori possibili espressioni sintomatologiche della DPP, quali l'irritabilità, gli attacchi di rabbia (anger at­tacks) e gli acting out comportamentali è stata ricono­sciuta anche da altri autori (Winkler, Pjrek e Kasper, 2005).

2.4. Studi sulla correlazione fra depressione perinatale materna e paterna

La correlazione fra DPM e DPP è stata oggetto di studio fin dai primi lavori e i dati raccolti dalla ricerca empirica hanno confermato questo legame (Harvey e McGrath, 1988; Raskin et al., 1990; Lovestone e Kumar, 1993; Ballard et al., 1994; Ballard, Davies, 1996; Areias, Kumar, Barros e Figueiredo, 1996b; Zelkowitz e Milet, 1997; Deater-Deckard, Pickering, Dunn e Golding,

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Infanzia e adolescenza, 9, 2, 2010

Tabella 1 - Dati sull'incidenza della Depressione Perinatale Paterna IDPP),

Autori, anno, nazione

Atkinson, Rickel (984), USA

Fawcett, York (985), USA

Raskin et al, (1990), USA

Ballard et al, (1994), UK

Areias et al, 0996a, 1996b), Portogallo

Zellkowitz, Milet (997), Canada

Lane et al, (997), Irlanda

Leathers et al, (1997), USA

Deater-Deckard et al, (998), UK

Soliday et al, (999), USA

Matthey et al, (2000), Australia

Leathers, Kelley (2000), USA

Dudley et al, (2001), Australia

Buist et al, (2002), Australia

Skari et al, (2002), Norvegia

Condon et al, (2003), Australia

Bielawska-Batorowicz,

Kossakowska-Petrycka (2006), Polonia

Paulson et al, (2006), USA

Wang, Chen (20061,Taiwan

Pinheiro et al, (2006), Brasile

Madsen, Juhl (2007), Danimarca

Bronte-Tinkew et al, (2007), USA

Escribè-Agliir et al, (20DS), Spagna

Edhborg (200S), Svezia

Ramchandani et al, (200S), UK

Baldoni et al, (2009), Italia

van den Berg et al, (2009), P. Bassi

Gao et al, (2009), Cina

Paulson, Bazemore (2010), USA

Caratteristiche del campione

78 coppie primipare

23 coppie

s6 coppie primipare

200 coppie

'±2 padri primipari

50 partner di madri depresse 50 padri (gruppo di controllo)

370 coppie

55 coppie primipare

7018 padri (campione ALSPAC)

51 coppie

154 coppie primipare

124 coppie primipare

92 padri

251 padri

122 padri

312 padri

80 coppie

50S9 padri (campione ECLS-B)

83 coppie

3S6 coppie

542 coppie 529 coppie

2137 padri

669 coppie

132 coppie

10975 padri primipari (campione ALSPAC)

50 coppie

30S3 coppie

130 coppie

2S004 soggetti (43 studi)

84

Strumenti e cut-off

BD! ~ lO

BD! ~ lO

CES-D> 16

EPDS ~ 13 la 13 item)

SADS, EPDS

EPDS ~ lO SCL-90-R

EPDS ~ 13

CES-D ~ 16

EPDS ~ 13

CES-D ~ 16

BD! > 9 GHQ> 7

CES-D ~ 16

EPDS ~ 12 BDI ~ lO

EPDS ~ 10

GHQ,IES

EPDS ~ 13

EPDS ~ 12

CES-D> lO (short form)

BD! > 9

BD! > 9

EPDS > 9 GMDS> 12

CIDI-Sf

EPDS > 10

EPDS > lO

EPDS ~ 12

CES-D> 16

BSI> 15

EPDS> 12

Metanalisi

Periodo di ualutazione

8 settimane PP

6 settimane PP

8 settimane PP

6 settimane PP 6 mesi PP

60 mese di g, 3 mesi PP 12 mesi PP

6-9 settimana PP

3 giorni PP 6 settimane PP

6 mesi PP

S settimane PP

1 mese PP

6 settimane PP 4 mesi PP 12 mesi PP

:)/4/5 mesi PP

1-6 mesi PP 1-6 mesi PP

26 settimane di g. 36 settimane di g. 1 mese PP 4 mesi PP

1-4 giorni PP 6 settimane PP 6 mesi PP

23 settimane di g. 3 mesi PP 6 mesi PP 12 mesi PP

4.5 mesi PP

9 mesi PP

1.5 mesi PP

2 mesi PP

15 mesi PP 1.5 mesi PP

12 mesi PP

So mese di g.

1 settimana PP 2 mesi PP

dal 40 mese di g. a 21 mesi PP

5-So mese di g. 1 settimana PP 3 mesi PP

40 mese di g.

15 mesi PP

variabile

I1zcidenza (%)

13%

130'0 22%

9% 5.4%

4,8% 8,30ù 23,S%

8%

3% 1,2%

180/\1

.)5%

25.5%

2.8% 3.2% 4.7%

65%

11.8% 17.4%

12% 8.7% 6% 5.8% 2(h) 2% 1%

5.2% 1.9% 2.1'% 2.3%

27.5%

10%

31.3%

11.9%

5% 3.4%

5.4%

6.5%

3% l.S%

3.4-3.9%

9% 9% 4.5% 11.8%

10.S%

10.4%

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F Baldol7i, L. Ceccarelli: La depre"ione perinatale paterna

1998; Soliday, McCluskey-Fawcett e O'Brien, 1999: :vIatthey et al., 2000; Buist et al., 2002; Tani e Vaccaro, 2002; Condon et al., 2004; Baldoni et al., 2009). Nella meta-analisi clelia letteratura condotta da Paulson e Bazemore (2010), la correlazione è risultata positiva, anche se moderata (r = 0,308; intervallo di confiden­za: 9S%, 0,228-0,384).

Da una ricerca condotta sui partner di 40 donne ri­coverate in una Mother-Baby Unit a causa di un distur­bo affettivo post-partum è risultato che il 42% soffriva di disturbi d'ansia, episodi di depressione maggiore o manifestava un basso funzionamento psicosociale (Harvey e McGrath, 1988). In uno studio volto a con­frontare i risultati relativi a tre gruppi di padri è emer­so che il gruppo di uomini le cui partner soffrivano di DPM accusava una sintomatologia psichiatrica molto più elevata rispetto agli altri gruppi (Lovestone e Ku­mar, 1(93). Altri due studi hanno rilevato che rispetti­vamente il 22% e il SO% dei padri depressi aveva una partner affetta a propria volta da sintomatologia de­pressiva (Raskin et al., 1990; Ballard e Davies, 19(6). Una ricerca canadese (Zelkowitz e Milet, 1(97) ha confrontato SO padri le cui partner erano affette da DPM con un gruppo di controllo di SO padri le cui compagne non avevano sofferto di disturbi affettivi si­gnificativi e ha evidenziato importanti differenze circa la prevalenza di disturbi psicologici: nel primo grup­po è stata formulata una diagnosi psichiatrica (depres­sione, disturbo d'ansia, di somatizzazione e dell'adat­tamento) nel 24% dei casi di rispetto al 10% del grup­po di controllo. In un'ulteriore ricerca, è stato docu­mentato che, nel periodo perinatale, entrambi i part­ner presentavano livelli simili di parenting stress e di ansia (Deater-Deckard, 19(8). Nello studio longitudi­naie di Avon (ALSPAC) condotto su un ampio campio­ne di padri (n=7.017) (Deater-Deckard et al., 1(98), in­fine, la depressione perinatale materna è risultata es­sere il fattore di rischio maggiormente correlato alla depressione del partner.

Un recente studio italiano ha confermato che i compagni delle donne che nel post-partum soffi'ono

-di sintomi depressivi manifestano anch'essi un mag­gior livello di ansia e depressione e che questi distur­bi sono evidenziabili già durante il So mese di gravi­danza fino al 3° mese dopo il parto (Baldoni et al., 2009). Da un'altro studio svolto su coppie che si so­no sottoposte a procedura di fertilizzazione assistita in vitro (IVF-ET) è risultato che quando gli uomini ma­nifestano una sintomatologia ansiosa e depressiva si­gnificativa, oppure un aumento dell'ostilità, le donne, indipendentemente dal successo della procedura, sof­

frono maggiormente di disturbi affettivi, di ansia e di sintomi somatici (Baldoni, Garutti, Baldaro, Gallinelli e Facchinetti, 2010)

Per spiegare il fenomeno della correlazione dei sin­tomi depressivi tra padre e madre può essere formu­lata un'ipotesi plausibile: le condizioni psicosociali ed emotive dei partner, nel lungo periodo, potrebbero esercitare un'influenza reciproca. Secondo le teorie sistemiche qualsiasi fattore che influisce su un compo­nente del nucleo familiare esercita un effetto sugli al­tri membri della famiglia. Inoltre la condivisione di esperienze negative comuni, quali il carente sostegno familiare e sociale e le difficoltà economiche, potreb­bero avere ripercussioni negative sul benessere psico­logico di entrambi i partner. Vivere con un familiare ansioso o depresso potrebbe quindi avere un effetto deprimente a causa dell'influenza reciproca degli sta­ti psicologici.

Seguendo un'altra prospettiva, la correlazione fra DPM e DPP può essere intesa non solo come un'in­fluenza della depressione materna sullo stato emotivo del proprio partner, ma anche in senso contrario, co­me conseguenza al fallimento di una funzione protet­tiva di base sicura svolta dal padre nei confronti della compagna (Baldoni, 200S). La maternità, infatti, espo­ne la donna a una situazione di cambiamento e di po­tenziale pericolo che favorisce lo sviluppo di disturbi affettivi. Una funzione importante del padre, in questi momenti, sembra essere quella di fornire alla propria compagna sicurezza e supporto emotivo proteggendo­la da un eccesso di sofferenza psicologica. Questa funzione protettiva "antidepressiva" può essere inter­pretata, seguendo la teoria dell'attaccamento, come un effetto di "base sicura" (Bowlby, 1(88). cioè come conseguenza della particolare atmosfera di sicurezza e di fiducia che si instaura all'interno di una relazione di attaccamento (come è quella di coppia). I padri preoc­cupati, troppo ansiosi o depressi possono quindi co­stituire uno svantaggio per l'equilibrio emotivo della propria compagna, per il buon andamento del rappor­to tra madre e bambino e per lo sviluppo psicologico e somatico del figlio (Whiffen e Johnson, 1998; Luca e Bydlowsky, 2001; Baldoni, 200S).

2.5. Studi sull'influenza della depressione paterna sullo sviluppo del bambino

A partire dalla metà degli anni Ottanta, un filone di ricerca ha studiato le interazioni precoci madre-bam­bino focalizzandosi sugli effetti che la depressione po­

8S

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Infanzia e adolescenza, 9, 2, 2010

st-partum materna può avere sullo sviluppo psicologi­co del figlio (Murray e Cooper, 1997; Kurstjens e Wolke, 2001; Goodman e Gottlieb, 2002; Tronick, 2005; Monti e Agostini, 2006). Da un primo studio sulla correlazione dei sintomi depressivi nelle coppie di genitori primipari è emerso un dato significativo cir­ca l'impatto dei sintomi depressivi di entrambi i geni­tori sullo sviluppo dei lattanti (Raskin et al., 1990). Te­nendo conto dei risultati, in 51 delle 86 coppie esami­nate almeno uno dei due genitori manifestava sintomi depressivi, il 59,3% dei figli interagiva quindi con un genitore depresso. Nel caso in cui entrambi i genitori fossero depressi, l'influenza negativa sul bambino au­mentava. Le ricerche successive hanno confermato l'influenza della depressione dei genitori sullo stato di salute e sullo sviluppo del bambino. Uno studio di La­Rosa, Glascoe e Macias (2009) ha rivelato che la ma­nifestazione di disturbi depressivi nei primi due anni dopo la nascita, sia nel padre che nella madre, è as­sociata a comportamenti genitoriali più inadeguati, a una percezione meno precisa dello stato di salute e dello sviluppo del bambino e a una minore capacità di performance del figlio. Altri studi hanno dimostra­to come i bambini che sviluppano disturbi depressivi sono, nella maggior parte dei casi, figli di genitori che hanno manifestato per un lungo periodo una depres­sione (Tani e Vaccaro, 2001, 2002).

Ricerche recenti hanno evidenziato l'importanza della relazione precoce con entrambi i genitori per lo sviluppo cognitivo, delle facoltà di mentalizzazione e della conseguente capacità di controllo e regolazione delle emozioni e dei loro correlati somatici (Baldoni 2010). Studi longitudinali svolti su popolazioni molto ampie (Early C!Jild!Jood Longitudinal Study - Birtb Cobort, ECLS-B, oltre 14.000 famiglie) hanno dimostra­to che la depressione materna e paterna sono en­trambe associate a minori attività positive con il bam­bino quali il gioco, la lettura, il cantare canzoni o rac­contare storie (Paulson, Dauber e Leiferman, 2006), ma solo la DPP, e non la DPM, ha un impatto negati­vo sulla ricchezza del vocabolario infantile a 24 mesi

- di vita (Paulson, Keefe e Leiferman, 2009). Gli autori concludono che, mentre la madre, anche se depressa, trascorre comunque lunghi periodi con il figlio, il pa­dre spesso gli dedica così poco tempo, che qualsiasi riduzione dei momenti di dialogo e di lettura può ave­re significativi effetti negativi sul suo sviluppo lingui­stico. In uno studio prospettico condotto su 4.426 bambini (van den Berg, van der Ende, Crijnen, ]addoe, Moll, Mackenbach, Hofman, Hengeveld, Tiemeier e Verhulst, 2009), inoltre, la presenza di una sintomato­

logia depressiva nei padri alla 20" settimana di gravi­danza è risultata significativamente correlata alla ma­nifestazione di eccessi di pianto infantile (Exeessiue 117­fant Crying o Infantile Colie) a due mesi dalla nasci­ta. Anche la rappresentazione di un'insoddisfacente relazione del padre col proprio padre, nella fase peri­natale, costituirebbe un significativo fattore predittivo di rischio psicologico nel figlio (Matthey et al., 2000).

Le ricerche focalizzate sulle interazioni padre-bam­bino hanno riportato che molti partner di madri de­presse sono maggiormente coinvolti in interazioni po­sitive col figlio a 15-18 mesi rispetto a quelli di madri non depresse (Edborgh, Lundh, Seimyr e Widstrom, 2003). In particolare, i padri con stile di attaccamento sicuro potrebbero avere una precoce influenza positi­va sul bambino agendo da filtro contro la depressione della madre e compensando le carenze della interazio­ne madre-bambino. Quando invece il padre è insicu­ro, manifesta scarse capacità mentalizzanti o presenta disturbi psicologici e comportamentali, possono pre­sentarsi difficoltà che si riversano sulla coppia madre­bambino favorendo l'insorgenza di disturbi emotivi nella madre e influenzando negativamente l'attacca­mento e lo sviluppo psicofisico del figlio. Le ricerche hanno confermato che questi padri hanno maggiori probabilità di avere figli con stili di attaccamento insi­curo (van I]zendoorn e De Woltl 1997). L'abuso di al­cool nel padre, ad esempio, favorisce la depressione e l'insensibilità materna ed è predittivo dello sviluppo di una relazione insicura tra madre e bambino (Das-Eiden e Leonard, 1996). In ricerche sulle famiglie con bam­bini nati pretermine (Baldoni, Facondini, Landini e Ro­meo, 2008: Baldoni, Facondini, Minghetti, Romeo, Lan­dini, e Crittenden, 2009) sono stati evidenziati fattori si­gnificativi di rischio nell'interazione tra genitori e bam­bino, valutata tramite la procedura videoregistrata del CARE-Index, che confermano !'importanza del molo paterno. In particolare, i padri che manifestano una scarsa sensibilità diadica nell'interazione con il figlio o difficoltà psicologiche (lutti non risolti, significativi eventi stressanti nell'ultimo anno, livelli elevati di an­sia e depressione), sono risultati correlati significativa­mente alla manifestazione di precursori di attaccamen­to insicuro nel bambino (a tre mesi di età corretta) e a un suo minore sviluppo psicomotorio (valutato con le scale Bayley a sei mesi di età corretta).

In uno studio longitudinale svolto sul campione dell'Avon Longitudinal Study ofParents and C!Jildren (ALSPAC), comprendente 12.884 padri, sono stati mi­surati gli effetti della DPP, valutata nel periodo post partum, sui bambini all'età di tre anni e mezzo (Ram­

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F Baldoni, L. Ceccarelli: La depressione perinatale paterna

chandani, Stein, Evans e O'Connor, 2005) e di sette an­ni (Ramchandani, Stein, O'Connor, Heron, Murray e Evans, 2008), All'età di 21 mesi i punteggi delle scale Rutter dei figli di padri depressi sono risultati più ele­vati nelle tre sottoscale (emozioni, condotta, iperatti­vità). Nella misurazione effettuata all'età di 42 mesi i bambini hanno manifestato un maggiore rischio di sviluppare disturbi del comportamento. A 7 anni la DPP è risultata associata alla manifestazione di distur­bi psichiatrici infantili e di condotte del comporta­mento oppositive-provocatorie. La correlazione fra de­pressione paterna e disturbi del comportamento è ri­sultata più significativa nei figli maschi rispetto alle femmine. Considerando !'influenza dei disturbi affet­tivi sul funzionamento psicologico, relazionale e socia­le, si può quindi supporre che la DPP abbia un effet­to diretto sulle modalità paterne di interagire col bam­bino. I conflitti della coppia genitoriale, risultati an­ch'essi significativamente correlati con i disturbi della condotta dei figli, potrebbero esercitare un influsso in­diretto e rafforzare gli effetti negativi della DPP.

2.6. Studi sui fattori di rischio psicosociale

Gli studi attualmente disponibili sulla DPP hanno individuato diversi fattori di rischio quali: le difficoltà di coppia, la manifestazione di DPM nella madre, il li­vello elevato di stress, alcune caratteristiche di perso­nalità e altri fattori socio-familiari quali la scarsa qua­lità delle relazioni con la famiglia di origine, le diffi­coltà lavorative e il basso sostegno sociale.

1) Df{ficoltà nella relazione di coppia. Un dato co­stante, emerso dagli studi che hanno indagato i distur­bi affettivi nei genitori primipari, è la diminuzione del­la soddisfazione del rappol10 di coppia. Queste diffi­coltà sono emerse non solo negli studi condotti sulla DPM (Whiffen e Johnson, 1998; Righetti-Veltema, Con­ne-Perréaud, Bousquet e Manzano, 2002; Monti e Ago­stini, 2006), ma anche in ricerche sui padri depressi, nei-quali sono stati evidenziati bassi livelli di soddisfa­zione, consenso e coesione coniugale (valutati tramite la Dyadic Adjustment Scale) associati ad elevati livelli di stress perinatale (Morse, Buist e Durkin, 2000; Dud­ley, Roy, Kelk e Bernard, 2001; Buist et aL, 2002), I sin­tomi depressivi materni sono risultati correlati a uno scarso adattamento della coppia ai nuovi ruoli genito­riali e a una divisione dei compiti non equilibrata (scar­so coinvolgimento del padre nella cura del neonato e nella conduzione della casa, riluttanza ad abbandona­

re il ruolo maschile tradizionale) (Whiffen e Johnson, 1998), La transizione alla genitorialità rappresenta un momento di incertezza caratterizzato da ansia e di­stress sia per la madre che per il padre, si può quindi ipotizzare in entrambi un aumento del bisogno di pro­tezione, di conforto e di rassicurazione con una attiva­zione del sistema di attaccamento. Nelle coppie carat­terizzate da un attaccamento insicuro, l'indisponibilità emotiva della figura di attaccamento può favorire una crisi nella relazione. In pal1icolare, le coppie costituite da una madre evitante-spaventata (jearful-avoidant) e un padre evitante-distanziante (dismissing-avoidant) sono risultate le più vulnerabili alla depressione peri­natale (Whiffen e Johnson, 1998), I soggetti evitanti-di­stanziati tendono a sottrarsi fisicamente ed emotiva­mente alle richieste di protezione del partner e reagi­scono con ostilità generando nell'altro un senso di ab­bandono e di perdita. Gli evitanti-spaventati tendono a non cercare protezione anche quando si sentono in difficoltà. Nel periodo perinatale, inoltre, la funzione di figura di attaccamento svolta dalla madre nei confron­ti del compagno si indebolisce e l'indisponibilità di una fonte di sostegno emotivo e materiale può procu­rare nell'uomo un senso di insicurezza e di pericolo. La depressione paterna in tal senso può risultare l'effetto di bisogni di attaccamento non soddisfatti.

II) Manffestazione di ltna sintomatologia depressi­va nella lnadre, Abbiamo visto che le manifestazioni di DPM e di DPP risultano significativamente correla­te (Paulson, 2010), Ricerche longitudinali hanno evi­denziato che le conseguenze a lungo termine della de­pressione perinatale materna, risultano essere di tre ti­pi: 1) effetti sulla salute mentale della donna; 2) effet­ti sulla relazione madre-bambino e sullo sviluppo del figlio; 3) effetti sul partner e sulla relazione di coppia, Da uno studio condotto su partner di madri depresse è emerso che la transizione alla paternità e il disagio psicologico della compagna tendono ad essere perce­piti dall'uomo in termini di perdita della rappresenta­zione della donna precedentemente conosciuta e del­la relazione di coppia condivisa fino a quel momento (Meighan, Davis, Thomas e Droppleman, 1999), Altri elementi comuni sono: il senso di impotenza, l'au­mento di responsabilità, l'elevato distress, l'esaurimen­to, i vissuti di rabbia e di risentimento, la solitudine, la frustrazione e la perdita dell'intimità sessuale (Soliday et aL, 1999).

III) Livello di stress percepito. La manifestazione di disturbi depressivi perinatali è associata, negli uomini e nelle donne, a un'alta percezione di stress, e illivel­

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!J~!èmzia e adolescenza, 9, 2, 2010

lo di questa si mantiene elevato per tutto il primo an­no dal parto e anche oltre. In particolare, la presenza di un neonato particolarmente impegnativo (che chie­de continuamente attenzione, piange, non dorme o si alimenta con difficoltà) è risultata molto più stressan­te per i padri che per le madri (Perren, von Wyl, Bur­gin, Simoni, H e von Klitzing, 2005). Elevati livelli di stress e di difficoltà di adattamento manifestati duran­te la gravidanza, comunque, sono predittivi in entram­bi di una sintomatologia depressiva postnatale (Mor­se et aL, 2000; Buist et aL, 2002; Condon et aL, 2004).

IV) Caratteristiche di personalità e altri fattori socio familiari. La DPP sembra influenzata da alcune carat­teristiche psicologiche del padre, in particolare dalla presenza di tratti depressivi, di un elevato grado di ne­vroticismo e un basso livello di estroversione. Le com­pagne di questi padri tendono a propria volta a mani­festare più frequentemente alti livelli di depressione e nevroticismo, stili difensivi immaturi, un temperamen­to infantile difficile, un basso livello di istruzione e una storia passata di maltrattamenti e abusi fisici o sessua­li (Matthey et aL, 2000; Dudley et aL, 200n Nel pri­mo periodo postnatale, inoltre, è stata evidenziata una correlazione significativa tra la DPP e la qualità della relazione con i propri genitori durante l'infanzia (va­lutata tramite PEI in termini di protezione e ipercon­trollo) (Matthey et aL, 2000). Nel corso del primo an­no di vita del bambino, comunque, la dinamica della relazione di coppia diventa il fattore più importante. Altri indici di rischio correlati alla sintomatologia de­pressiva paterna sono: lo stato di disoccupazione (Areias et aL, 1996a; Ballard et aL, 1994; Lane, Kevil­le, Morris, Kinsella, Turner e Barry, 1997), lo stress correlato al lavoro (Leathers, Kelley e Richman, 1997), lo scarso sostegno sociale (Leathers et al., 1997; Zelkowitz e Milet, 1997: Bielawska-Batorowicz e Kos­sakowska-Pietrycka, 2006), una gravidanza indesidera­ta (Leather e Kelley, 2000), la discrepanza fra le aspet­tative durante la gravidanza e l'esperienza di genitore dopo il parto, e l'appartenza ad una famiglia ricompo­

- sta (Deater-Deckard et aL, 1998). Sorprendentemente, la storia psichiatrica precedente del padre non è risul­tata significativamente correlata con i disturbi affettivi perinatali (Matthey et aL, 2003).

~! 3. Considerazioni conclusive

La DPP è stata poco studiata rispetto alla depressio­ne perinatale materna, ma negli ultimi anni !'interesse

88

nei confronti di questo argomento è aumentato e le ri­cerche cominciano a produrre dati interessanti. L'ana­lisi della letteratura scientifica oggetto di questa rasse­gna permette di fare alcune considerazioni:

a) la transizione alla paternità rappresenta per l'uomo un periodo di aumentata vulnerabilità psicologica, ma la ricerca per lungo tempo si è focalizzata sulle relazioni madre-bambino, escludendo i padri come soggetti di studio (Solantaus e Salo, 2005). Le ragio­ni sono legate alla difficoltà a reclutare i padri, ma anche a limiti metodologici e a fattori sociocultura­li che portano a trascurare il coinvolgimento del pa­dre nel periodo perinatale;

b) l'incidenza della DPP è relativamente elevata (attor­no al 10%), anche se minore di quella materna, ma la sua diagnosi è difficoltosa, in quanto spesso si presenta con una sintomatologia affettiva lieve o atipica associata ad altri disturbi (ansiosi, di soma­tizzazione, irritabilità, acting aut). La valutazione deve essere effettuata dai primi mesi di gravidanza fino alla fine del primo anno dalla nascita, conside­rando con particolare attenzione il secondo trime­stre dopo il parto, periodo in cui il disturbo si ma­nifesta con maggiore frequenza;

c) durante il periodo perinatale gli stati emotivi di madri e padri sono correlati e si influenzano reci­procamente. In particolare, la manifestazione nel padre di disturbi depressivi, ansiosi e comporta­mentali (alterazioni del comportamento di malattia, atteggiamenti ostili o violenti, alcolismo, dipenden­za da sostanze), o di uno stile di attaccamento in­sicuro, sembra favorire una reazione depressiva nella madre e influenzare negativamente l'attacca­mento e lo sviluppo psicologico e somatico del fi­glio. In questi casi, la mancata assunzione del ruo­lo genitoriale e la relazione con un padre emotiva­mente non disponibile o, al contrario, ansioso e in­trusivo, rappresentano una minaccia per l'intera fa­miglia;

d) gli studi clinici condotti in ambito psicoanalitico hanno evidenziato nella DPP una problematica re­lativa a conflitti pre-edipici (conseguenti alla man­cata risoluzione di legami simbiotici con la propria madre) ed edipici (legati a problemi irrisolti che ri­guardano il ruolo maschile nella famiglia di origine all'interno di una prospettiva trigenerazionale non­no-padre-figlio);

e) le ricerche empiriche hanno identificato alcuni fat­tori di rischio psicosociale che possono favorire la reazione depressiva paterna: conflitti di coppia e in­

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F Baldoni, L. Ceccarelli: La depressione perinatale paterna

soddisfazione coniugale, manifestazione di una sin­tomatologia depressiva nella madre, attaccamento insicuro (particolarmente quello evitante), alto livel­lo di stress percepito, tratti di personalità (nevroti­cisma) , bassa qualità della relazione con i propri genitori durante l'infanzia, disoccupazione e diffi­coltà lavorative, scarso sostegno sociale, una gravi­danza indesiderata, l'appartenenza a una famiglia ri­composta e la delusione delle aspettative legate al­la nascita del figlio;

D mancano studi specifici sul trattamento della DPP e non è stata ancora indagata l'efficacia del counsel­ling, delle psicoterapie e dei trattamenti farmacolo­gici antidepressivi. Alcuni autori si limitano a forni­re informazioni generiche sulle modalità di condu­zione dello screening perinatale e sull'importanza di un sostegno psicologico precoce nei confronti di entrambi i genitori;

g) la maggior parte delle ricerche sono state condotte tramite questionari se?f-report come il CES-D, il BDI, il GHQ o l'EDPS, che risultano meno validi per la valutazione della sintomatologia affettiva maschile. Negli studi futuri è auspicabile l'utilizzo di strumen­ti più specifici, che considerino le differenze di ge­nere e che tengano conto anche di altri aspetti, co­me le manifestazioni ansiose, il comportamento di malattia, !'irritabilità, gli accessi di rabbia (cmger at­tacks) e gli acting aut comportamentali. Per indaga­re la gravità e il decorso della DPP e per determi­nare l'impatto del disturbo sullo sviluppo del bam­bino e la qualità della relazione di coppia, è neces­sario integrare i dati dei questionari con quelli rica­vati da colloqui clinici (Cox, 2005).

Nello studio dei disturbi affettivi perinatali occorre quindi tener conto della condizione mentale di en­trambi i genitori. In particolare, per la prevenzione della depressione materna e per la tutela della relazio­ne madre-bambino, è fondamentale riconoscere !'im­portanza del padre sin dall'inizio della gravidanza e promuovere il suo coinvolgimento nelle visite gineco­logiche, nelle attività di consultorio familiare e nell'as­sistenza per tutto l'anno successivo al parto (Schuma­cher, Zubaran e White, 2008). Per affrontare le situa­zioni maggiormente a rischio, sono stati organizzati programmi di salute mentale che considerano tutti i membri della famiglia (compresi gli eventuali fratelli del neonato) e che prevedono la possibilità di inter­venti di sostegno domiciliare da parte di ostetriche e di altre madri (cioè di figure volontarie non professio­nali) al fine di monitorare e migliorare la relazione tra

89

madre, padre e bambino (Bertozzi e Hamon, 2005: Ciotti, 2007). L'efficacia di questi protocolli deve esse­re ancora indagata. Nei casi in cui il padre presenti una sofferenza affettiva significativa, un aiuto psicote­rapeutico (individuale o di famiglia), ed eventualmen­te farmacologico, può salvaguardare il benessere men­tale e relazionale della coppia, favorire lo sviluppo di legami di attaccamento efficaci e, in una prospettiva transgenerazionale, avere effetti positivi e duraturi sul­lo sviluppo del bambino.

Gli autori ringraziano Stepben lvIattbey, james Paulson e Paul Ramcbandani, per i suggerimenti e il materialefornito.

!fA Bibliografia

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