21
1 DEVIL'S LAIR SCHOOL STRESS, DON'T DO IT! Cos'è lo stress? Lo stress rappresenta la "pressione" di eventi che causano, nell'organismo, una reazione generale di adattamento agli stessi. Lo stress è una sindrome di adattamento a degli stressor (sollecitazioni). Ogni stressor che perturba l'omeostasi dell'organismo richiama immediatamente delle reazioni regolative neuropsichiche, emotive, locomotorie, ormonali e immunologiche. L'adattamento è un'attività complessa che si articola nella messa in atto di azioni finalistiche destinate alla gestione o soluzione dei problemi, alla luce della risposta soggettiva suscitata da tali eventi. Per inquadrare la capacità di adattamento, occorre anche un asse temporale, composto da più varianti: l'età del soggetto, il suo tempo di reazione e il tempo richiesto dall'evento per ottenere un adattamento efficace. La prevedibilità, la conoscenza e la gravità degli eventi giocano un ruolo fondamentale nella possibilità di instaurare delle strategie adattative atte a gestirli. Il maggiore o minore successo dei processi adattativi è dato dal bilancio tra le caratteristiche qualitative e quantitative degli eventi che li suscitano e le risorse personali del

Stress, don't do it

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Lo stress nel cane, un nuovo punto di vista

Citation preview

Page 1: Stress, don't do it

  1  

DEVIL'S LAIR SCHOOL STRESS, DON'T DO IT! Cos'è lo stress? Lo stress rappresenta la "pressione" di eventi che causano, nell'organismo, una reazione generale di adattamento agli stessi. Lo stress è una sindrome di adattamento a degli stressor (sollecitazioni). Ogni stressor che perturba l'omeostasi dell'organismo richiama immediatamente delle reazioni regolative neuropsichiche, emotive, locomotorie, ormonali e immunologiche. L'adattamento è un'attività complessa che si articola nella messa in atto di azioni finalistiche destinate alla gestione o soluzione dei problemi, alla luce della risposta soggettiva suscitata da tali eventi. Per inquadrare la capacità di adattamento, occorre anche un asse temporale, composto da più varianti: l'età del soggetto, il suo tempo di reazione e il tempo richiesto dall'evento per ottenere un adattamento efficace. La prevedibilità, la conoscenza e la gravità degli eventi giocano un ruolo fondamentale nella possibilità di instaurare delle strategie adattative atte a gestirli. Il maggiore o minore successo dei processi adattativi è dato dal bilancio tra le caratteristiche qualitative e quantitative degli eventi che li suscitano e le risorse personali del

Page 2: Stress, don't do it

  2  

soggetto coinvolto. Un soggetto può essere capace di affrontare determinati eventi, ma non essere in grado di fronteggiare e gestire in modo adattativo con gli stessi esiti eventi differenti. Le esperienze di stress come pure le strategie di superamento sono soggettive. Negli anni '50 Hans Selye, uno dei padri della fisiologia dello stress, formalizzò il concetto in due idee: - Il corpo produce una serie di risposte sorprendentemente simili a una vasta schiera di stressor. - Se gli stressor si protraggono troppo a lungo possono farci ammalare. Egli definì come "Sindrome Generale di Adattamento" (oggi la definiamo risposta allo stress) quella risposta che l'organismo mette in atto quando è soggetto agli effetti prolungati di svariati tipi di stressor, quali stimoli fisici, mentali , sociali o ambientali. Alla Sindrome Generale di Adattamento l'organismo risponde fondamentalmente in due modi con: - Adattamenti psichici, emotivi e comportamentali - Attivazione dei principali sistemi di controllo dell'organismo: Ormonale, Vegetativo, Immunologico e Muscolare. L'evoluzione della sindrome avviene in tre fasi: - Allarme, l'organismo risponde agli stressor mettendo in atto meccanismi di fronteggiamento (coping) sia fisici che mentali. Esempi sono costituiti dall'aumento del battito cardiaco, pressione sanguigna, tono muscolare ed arousal (attivazione psicofisiologica).

Page 3: Stress, don't do it

  3  

- Resistenza, il corpo tenta di combattere e contrastare gli effetti negativi dell'affaticamento prolungato, producendo risposte ormonali specifiche da varie ghiandole, ad es. le ghiandole surrenali. - Esaurimento, se gli stressor continuano ad agire, il soggetto può venire sopraffatto e possono prodursi effetti sfavorevoli permanenti a carico della struttura psichica e/o somatica. Nel senso più neutro del termine lo stress indica l'adeguamento dell'organismo a qualunque richiesta, cioè l'adattamento del rendimento. Nonostante comunemente lo stress venga inteso nella sua accezione negativa in realtà ha degli effetti benefici sia dal punto di vista evolutivo sia dal punto di vista del singolo individuo in quanto permette di ottenere l'adattamento più idoneo ai mutamenti dell'ambiente. La sindrome di adattamento ci fa comprendere che lo stress è un fenomeno ambivalente, tanto che Seyle ha introdotto la distinzione tra stress positivo (eustress) e stress negativo (distress). Come già detto un concetto che si deve considerare quando si parla di stress è quello dell'omeostasi. L'equilibrio omeostatico è lo stato in cui ogni genere di misura fisiologica è al suo livello ottimale. E' stato osservato che il cervello si è evoluto per ricercare l'omeostasi. Uno stressor è qualsiasi elemento del mondo esterno che fa perdere l'equilibrio omeostatico, e la risposta allo stress è il modo in cui reagisce il corpo per ristabilire l'omeostasi. E' opportuno allargare alla definizione di stressor anche all'anticipazione di un evento stressante (ovviamente un

Page 4: Stress, don't do it

  4  

evento già conosciuto – RRA), pertanto è possibile attivare la risposta allo stress non solo come reazione a offese fisiche o psicologiche ma anche in previsione di queste. Il sistema fisiologico si attiva non solo in presenza di uno stressor ma anche dal solo pensare ad esso. Studi recenti hanno modificato il concetto di omeostasi la cui concezione originale si fondava su due idee. La prima è che nel corpo esiste un unico livello, numero o quantità ottimale per una determinata misura e la seconda è che questo livello ottimale viene raggiunto mediante un determinato meccanismo di regolazione locale. Il concetto di omeostasi si è evoluto nel concetto di allostasi che sostiene che ciò che è ideale in condizioni di base non lo è in caso di stress (concetto centrale del pensiero allostatico) e che il livello ideale può essere regolato in un miliardo di modi diversi, ognuno con le proprie conseguenze. L'allostasi può essere definita come la “costanza attraverso il cambiamento”. Il concetto di allostasi può essere spiegato così: può non essere vero che il corpo ha un unico livello, numero o quantità ottimale per una determinata misura perché quando uno dorme avrà una pressione sanguigna ideale tendenzialmente diversa rispetto a quando fa dell'attività fisica. Oppure supponiamo che il corpo sia in carenza d'acqua: la soluzione omeostatica dice che sono i reni ad accorgersene e di conseguenza produrranno meno urina per consumarne meno; mentre la soluzione allostatica afferma che se ne accorge il cervello che segnala ai reni di continuare a fare il loro lavoro ma intanto invia segnali perché venga ritirata acqua dalle parti del corpo da cui evapora facilmente e ci fa venire sete. Nell'allostasi è il

Page 5: Stress, don't do it

  5  

cervello che coordina i cambiamenti corporei i quali spesso includono anche modifiche comportamentali mentre l'omeostasi “implica un armeggiare con questa valvola o con quell'aggeggio”. Il pensiero allostatico afferma inoltre che il corpo non porta a termine tutto questo complesso procedimento di regolazione solo per correggere un certo livello sballato: può anche compiere cambiamenti allostatici in anticipazione a un livello che probabilmente verrà sballato. LA FISIOLOGIA DELLO STRESS Uno dei segni distintivi della risposta allo stress è la rapida mobilitazione di energia da siti di immagazinamento e l'inibizione di ulteriore immagazinamenti. Durante un'emergenza è sensato che il corpo interrompa i progetti di costruzione dispendiosi a lungo termine. Anche l'immunità è inibita e, in caso di stress sufficientemente prolungato la nostra percezione del dolore risulta smorzata. Infine durante lo stress avvengono mutamenti nelle capacità cognitive e sensoriali. D'un tratto migliorano alcuni aspetti della memoria e i sensi si fanno più acuti. La condizione di equilibrio dell'organismo è garantita da raffinati meccanismi di feeback negativo. Il feedback negativo è un meccanismo per cui quando il livello di un ormone nel sangue raggiunge una certa soglia, è l'ormone stesso che provvede a bloccare i fattori che ne stimolano la produzione così che la sua concentrazione ematica rimanga costante. Le struttre fondamentali di tale regolazione sono nell'ipotalamo che si trova alla base del cervello e che realizza la connessione strutturale e funzionale tra sistema

Page 6: Stress, don't do it

  6  

nervso e sistema endocrino. Lo stress altera il normale funzionamento dei meccanismi di feedback e l'elemento centrale di tale alterazione è l'adrenalina. Lo stress si risolve nella stimolazione di quella parte del sistema nervoso vegetativo che provoca la liberazione dell'adrenalina. Tutto il processo avviene a livello inconscio e si realizza nell'arco di frazioni di secondo. La liberazione di adrenalina causa nell'organismo numerose modificazioni tra cui: aumento delle pulsazioni cardiache, della forza di concentrazione cardiaca e della pressione sistolica, aumento del fabbisogno di ossigeno, dilatazione dei bronchi e delle pupille, aumento nel sangue della concentrazione di acidi grassi liberi e di glucosio. Inoltre la liberazione di adrenalina agisce sull'ipofisi stimolando la liberazione di ACTH (Corticotropina) che agisce sul cortico-surrene stimolando la produzione di cortisolo (aumenta l'energia a disposizione delle cellule). L'adrenlina è quindi corresponsabile della produzione degli ormoni ipofisari dello stress. In definitiva lo stress determina per l'azione combinata e simultanea dei diversi ormoni l'aumento della pressione sanguigna e dell'attività e della frequenza cardiache e rende disponibile per le cellule più energia in forma di glucosio e acidi grassi liberi. Quindi, almeno inizialmente, lo stress porta ad uno status di rendimento ottimale (eustress). Ma ritorniamo a Selye. Il terzo stadio - “di esaurimento” - della sua teoria della sindrome generale di adattamento si rivela errato. Selye credeva che a questo punto sopraggiungesse la malattia da stress perché le riserve di ormoni secreti durante la risposta allo stress fossero ormai

Page 7: Stress, don't do it

  7  

esaurite. Ma in realtà è rarissimo che vengano esauriti tutti gli ormoni cruciali, persino nello stressor più duraturo. Il punto non è tanto che la risposta allo stress finisca, ma piuttosto che questa risposta possa diventare persino più dannosa dello stressor stesso. E' difficile risolvere un grosso problema nel corpo senza far perdere l'equilibrio a qualcos'altro (l'essenza stessa dell'allostasi che si propaga nei sistemi di tutto il corpo). Grandi quantità di ormoni possono causare problemi in qualche altra parte del processo. L'organismo non può mantenere questa condizione di allarme per molto tempo, in caso di stress prolungato appaiono effetti collaterali negativi. Test su animali hanno dimostrato che a seguito di un forte stress, il meccanismo di feedback che normalmente inibisce la ipeproduzione di cortisolo non funziona più e in un paio di giorni si accumula nel sangue una quantità di cortisolo quattro volte superiore al normale. Talvolta le malattie da stress possono derivare dall'aver disattivato troppo lentamente la risposta allo stress, o dall'aver disattivato le sue varie componenti a velocità diverse. Se si attiva ripetutamente la risposta allo stresso se non si riesce a disattivarla una volta terminato l'evento stressante, alla fine la risposta può diventare dannosa. Un'alta percentuale di ciò a cui ci riferiamo quando parliamo di malattie da stress sono disturbi da risposte eccessive. Gli stressor cronici possono far ammalare o possono aumentare il rischio verso la malattia. Gli stressor, per quanto massicci, ripetitivi o cronici, non portano automaticamente alla malattia.

Page 8: Stress, don't do it

  8  

Il modo principale in cui il cervello dice al resto del corpo cosa fare è inviare messaggi attraverso i nervi che dal cervello stesso si diramano lungo la spina dorsale fino a raggiungere la periferia del corpo. Il sistema nervoso volontario è consapevole (muovere un passo, sedersi...) mentre il sistema nervoso autonomo non lo è, o almeno non del tutto (il biofeedback consiste nell'imparare a modificare consapevolmente questa funzione automatica). Il sistema nervoso autonomo si divide in sistema nervoso simpatico e parasimpatico, nella reazione allo stress uno viene attivato e l'altro disattivato. Il simpatico entra in azione durante le emergenze, contribuisce a raggiungere stati di vigilanza, eccitazione, attivazione, mobilitazione. Le terminazioni nervose di questo sistema rilasciano adrenalina e noradrenalina. La secrezione di adrenalina è dovuta all'azione delle terminazioni nervose simpatiche nella ghiandola surrenale mentre la noradrenalina è prodotta da tutte le altre terminazioni nervose simpatiche sparse per il corpo. Queste due sostanze sono i messaggeri chimici che nel giro di qualche secondo mettono in moto i vari organi. Il sistema nervoso parasimpatico agisce da mediatore per attività calme, vegetative. Il sistema nervoso autonomo lavora in opposizione: dal cervello, le proiezioni del simpatico e del parasimpatico si fanno strada verso un organo particolare, dove – quando attivate – producono risultati opposti. La parte del cervello che attiva uno dei due rami generalmente inibisce l'altro. Il percorso neurale rappresentato dal sistema simpatico è un primo mezzo con cui il cervello può mobilitare ondate di

Page 9: Stress, don't do it

  9  

attività in risposta a uno stressor. Ma può farlo anche in un altro modo: secernendo ormoni. Se un neurone (cellula del sistema nervoso) secerne un messaggio chimico che viaggia per meno di un millesimo di centimetro e fa in modo che la cellula successiva agisca in maniera diversa, quel messaggero viene chiamato neurotrasmettitore. Se invece un neurone (o qualsiasi cellula) secerne un messaggero che entra nel circolo ematico influenzando eventi di vario tipo questo messaggero viene chiamato ormone. Tutti i tipi di ghiandole secernono ormoni; durante lo stress viene attivata la produzione di alcuni di essi e disattivata quella di altri. Il cervello è la vera “ghiandola maestra” può sperimentare o pensare qualcosa di stressante e attivare in maniera ormonale le componenti della risposta allo stress. Un ghiandola periferica rilascia il proprio ormone solo se prima l'ipofisi rilascia un ormone che mette in moto quella ghiandola, ma il funzionamento corretto dell'ipofisi è legato al cervello che, tramite l'ipotalamo, controlla alcuni ormoni ipofisari stimolandone il rilascio e ne controlla altri inibendoli. Durante lo stress alcuni collegamenti ipotalamo/ipofisi/ghiandola periferica vengono attivati, altri inibiti. Come abbiamo visto due ormoni di vitale importanza per la risposta allo stress sono l'adrenalina e la noradrenalina, rilasciati dal sistema nervoso simpatico. Un'altra importante categoria di ormoni è quella dei glicocorticoidi che sono ormoni steroidi secreti dal surrene che spesso agiscono in maniera simile all'adrenalina. Ma se l'azione dell'adrenalina dura alcuni secondi, quella dei

Page 10: Stress, don't do it

  10  

glicocorticoidi dura minuti o anche ore. Il rilascio dei glicocorticoidi è sotto il controllo degli ormoni del cervello. Quando accade o si pensa a qualcosa di stressante, l'ipotalamo secerne nel sistema circolatorio ipotalamico-ipofisario una schiera di ormoni di rilascio che mettono in moto il meccanismo. L'ormone principale è chiamato CHR, nel giro di una quindicina di secondi il CHR spinge l'ipofisi a rilasciare l'ormone ACHT (corticotropina) che, dopo essere entrato nel circolo ematico, raggiunge il surrene ed entro pochi minuti rende possibile il rilascio dei glicocorticoidi. I glicocorticoidi e gli ormoni secreti dal sistema nervoso simpatico (adrenalina e noradrenalina) sono responsabili di una buona percentuale di ciò che accade nel corpo durante lo stress. Inoltre, in periodi di stress, il pancreas è stimolato a rilasciare un ormone chiamato glucagone. I glicocorticoidi, il glucagone e il sistema nervoso simpatico fanno aumentare i livelli di glucosio in circolazione. Questi ormoni sono essenziali per mobilitare l'energia durante lo stress. Sia l'ipofisi che il cervello producono anche una classe di sostanze endogene ad azione morfino-simile chiamate endorfine ed encefaline, che tra le altre cose aiutano ad attuare la percezione del dolore. Come alcune ghiandole vengono attivate in risposta allo stress, così diversi sistemi ormonali vengono inibiti. Viene inibita la secrezione di diversi ormoni della riproduzione, della crescita e l'insulina. Esistono degli studi che sostengono che vi siano delle differenze di genere nella risposta allo stress, ovvero che l'unica risposta allo stress non sia: “fight-or-flight”

Page 11: Stress, don't do it

  11  

(aggredisci o scappa), ma che possa anche essere: “tend-and-befriend” (bada e prenditi cura) ma per un approfondimento in questo senso si rimanda alla bibliografia. Non tutti gli stressor producono un'identica reazione. Il sistema nervoso simpatico e i glicocorticoidi svolgono un ruolo in risposta a praticamente tutti gli stressor, ma la loro velocità e ampiezza possono variare a seconda dello stressor, e non tutte le componenti endocrine della risposta vengono attivate per ogni stressor. L'orchestrazione e la disposizione del rilascio ormonale tende a variare almeno un po' da stressor a stressor, per ciascuno dei quali si ha una particolare “firma” ormonale. Bibliografia Robert M. Sapolsky, Perché alle zebre non viene l'ulcera?, 2006, orme editori M. Nagel – C.V. Reinhardt, Lo stress nel cane, 2003, haquiana editore LO STRESS è sempre stato visto fine a se stesso o come un problema quasi fosse un'entità astratta, esso è invece inscindibile dalla vita. Il fatto che sia parte attiva o passiva non dipende dallo stress stesso, ma da come viene vissuto. Entro determinati parametri lo stress non solo non è un problema, ma aiuta o per lo meno ottimizza l'apprendimento. Andiamo per ordine: cosa influenza lo stress? Il cane determina la risposta all’evento stressante. Sono infatti le doti caratteriali e il bagaglio comportamentale del cane che modificano intensità, quantità e qualità dello

Page 12: Stress, don't do it

  12  

stress che vive.

Intensità: è indicata dalla quantità di tempo che il cane impiega per arginare lo stress e riuscire a conviverci. L’entità della reazione del cane, proporzionata al soggetto, ci fornisce l’intensità dell’evento stressante. Facciamo un esempio: un cane in passato è stato messo in autodifesa e alla sola vista del figurante si stressa così tanto da tornare in autodifesa, il tempo che intercorre tra la vista del figurante e la conseguente perdita di lucidità evidenzia l'intensità di stress che il cane è in grado di reggere. Quest'ultima si misura appunto in tempo, oltre alla capacità di restare lucido: la velocità con cui il cane perde lucidità determina il livello d'intensità che riesce a sopportare. Riprendendo l'esempio precedente se alla vista del figurante il cane non andasse immediatamente in autodifesa, ma prima girasse la testa, avremmo un'intensità minore perché è in grado di arginare lo stress con un'azione sostitutiva prima di andare fuori soglia. L'INTENSITÀ È INFLUENZATA DALLA RISORSA O DA UN EVENTO NEGATIVO E DA QUANTO QUESTI CAUSINO ECCITAZIONE. MEDIAMENTE IL TEMPO È INVERSAMENTE PROPORZIONALE ALL'INTENSITÀ: PIU' LO STRESS È INTENSO MENO TEMPO OCCORRE PERCHÈ IL CANE PERDA LUCIDITA'. Quantità: quanto stress il cane riesce a reggere in termini di somministrazione. Anche qui si tratta di tempo,

Page 13: Stress, don't do it

  13  

per non creare confusione definiremo TEMPO ESTERNO quello utile per misurare la quantità, poiché viene appunto imposto da fattori esterni alla volontà del cane. Qui il tempo e lo stress sono direttamente proporzionali. Chiameremo invece TEMPO INTERNO quello utile per misurare l’intensità, poiché soggettivo e riferito al singolo cane. In questo caso tempo e stress sono inversamente proporzionali. Ciò che aiuta il cane a reggere più o meno quantità di stress è la tempra o la mancanza di doti spiccate che influenzino l'eccitabilità del soggetto.

Qualità: si differenzia in base all'utilità dello stress (utilità finalizzata all’apprendimento). Oltre alla classica definizione di stress buono o cattivo (eustress-distress), bisogna considerare a quale livello esso sia ottimale e quindi utile, oppure eccessivo e quindi inutile e dannoso per l'apprendimento. Spesso si tende a generalizzare vedendo lo stress come un problema, dimenticando però che esistono molteplici sfaccettature dell'argomento. Il livello su cui riusciamo a mantenere lo stress ne determina l'origine e il tipo. L'intensità, la qualità e la quantità di stress sono influenzate dalle doti caratteriali del cane, dando per scontato che non abbia né conflitti né problemi. Cani con nervi alti andranno fuori soglia più velocemente di cani con nervi bassi, poiché incapaci di reggerlo a lungo. Lo sopportano per meno tempo e quindi meno quantità, ma con un'intensità maggiore rispetto a cani meno nevrili e quindi più inclini a reggere la quantità piuttosto che l’intensità. Prendiamo in considerazione due soggetti: il primo con nevrilità bassa lo

Page 14: Stress, don't do it

  14  

chiamiamo cane 1 e il secondo con nevrilità alta, cane 2. Con entrambe i soggetti facciamo una sessione di addestramento della durata di 5 minuti. Come si può notare dal grafico n.1, il cane 1 al minuto 0 della sessione parte già con una quantità maggiore di eccitazione rispetto al cane 2, questa diversità è legata alle doti caratteriali dei due cani. Con il moltiplicarsi delle ripetute e degli errori il cane 1 subisce un aumento graduale dell’eccitazione riuscendo così a lavorare in soglia per 4,5 minuti, a differenza del cane 2 che dopo 1,5 minuti è già fuori soglia.

N.1 Un altro parametro che influenza lo stress è la risorsa che decidiamo di utilizzare. Maggiore è l'importanza della risorsa più alto è lo stress e di questo devo tenerne conto nel momento in cui pianifico il tempo della seduta. Potremmo dire infatti che, per i comportamenti appresi,

Page 15: Stress, don't do it

  15  

l'innalzamento della risorsa è mediamente inversamente proporzionale al tempo dell'allenamento. Inoltre nella pianificazione del tempo della seduta, oltre alla risorsa, devo sempre considerare se decido di lavorare comportamenti nuovi o già appresi. Ovviamente anche le condizioni climatiche influenzano lo stress, ma noi consideriamo le condizioni ottimali.

N.2 Il grafico n.2 illustra, in condizioni ottimali, come l'innalzamento dello stress e dell'eccitazione procedano paralleli, fino al momento in cui lo stress, passando da positivo a negativo, diventa inversamente proporzionale all'eccitazione. Dunque lo stress fino a un certo punto è nascosto nella curva eccitativa. Ovviamente l'andamento dello stress e dell'eccitazione muta nel momento in cui non

Page 16: Stress, don't do it

  16  

abbiamo più le condizioni ottimali, poiché il tipo di risorsa e la maniera in cui il cane vive la seduta addestrativa (ricordi, rappresentazioni e aspettative) condizionano le due linee. Infatti se il cane cominciasse la sessione partendo già da una condizione di stress negativo, anche se non eccessivo, avremmo fin da subito un calo dell'eccitazione e dunque una perdita di spinta anche se non particolarmente eclatante. Proprio questa condizione molto spesso è dannosa in termini addestrativi perché facilmente sottovalutabile e porta, con il ripetersi degli allenamenti, a fissare quel tipo spinta o meglio la mancanza della stessa. Inoltre quando lo stress è negativo e continuo durante le sedute addestrative influenza anche la motivazione. Ragionando in questi termini paradossalmente sarebbe più vantaggioso, dal punto di vista addestrativo, fare un solo allenamento con un alto tasso di stress negativo piuttosto che tanti allenamenti con uno stress negativo basso, ma continuo (considerando però quest'ultimo in grado di influenzare il comportamento del cane), perché la ripetitività modificherà in maniera pressoché permanente l'atteggiamento del cane in addestramento. Ragionando sul picco di stress (freeze), questo si presenterà diversamente in addestramento rispetto alla comunicazione. In apprendimento il picco di stress durerà pochissimo perché ciò che sta succedendo è chiaro per il cane e perché la presenza della risorsa crea una maggiore intensità e una minore quantità di stress. Se ci fosse dopo il picco immobilità da iper eccitazione questa durerebbe pochissimo perché prendere la risorsa non comporta alcun rischio per il cane.

Page 17: Stress, don't do it

  17  

In comunicazione, invece, il cane passa velocemente dal freeze all'immobilità perché deve pensare a quale strategia mettere in atto. In questo caso il picco sarà più lungo e di un'entità maggiore perché il cane impiegherà più secondi a recuperare a causa della maggiore quantità e minore intensità di stress. Inoltre l'immobilità successiva sarà protratta più a lungo rispetto all'apprendimento a causa della pericolosità della situazione nella quale il cane si trova (potrebbe rischiare di essere morso da un altro cane). Quando lo stress è positivo? Quando si manifesta a partire dal tempo d'attesa della risorsa sia per la vista della stessa o per ancoraggi mentali (giubbotto d'obbedienza). Se invece lo stress si manifestasse prima di tale momento sarebbe legato ad un conflitto e quindi negativo. Dunque quando il cane vede la risorsa lo stress si innalza e si alza anche l'eccitazione, ma ciò accade in modo positivo poiché nei primi istanti il cane è lucido e in uno stato ottimale. Quando il cane arriva al picco di stress e scarica quest'ultimo in un comportamento, che chiamiamo frustrazione indipendentemente dal fatto che sia attiva, passiva, diretta o indiretta, lo stress è diventato negativo con una conseguente perdita di eccitazione. Nel manifestarsi della frustrazione quindi è presente lo stress negativo che fino all'attimo prima si palesava invece in un aumento dell'eccitazione e quindi stress buono. Ad ogni modo la frustrazione si può canalizzare:

- sia per fissare un comportamento o una posizione usandola come comportamento svantaggioso. In questo caso usiamo l'azione che la frustrazione (meglio frustrazione attiva) causa, ad esempio il movimento,

Page 18: Stress, don't do it

  18  

insegnando al cane che tale comportamento non è vantaggioso e che vantaggiosa è invece la posizione che noi vogliamo o l'avvicinamento a questa. In questo caso non si può pretendere velocità nell'esecuzione del comportamento. - sia per velocizzare un comportamento appreso quando il rinforzo, dato per scontato dal cane, non viene somministrato anche quando il comportamento è corretto. Si tratta di una frustrazione provocata che, sfruttando il modo di ragionare del cane (RICORDI-RAPPRESENTAZIONI-ASPETTATIVE) causa un picco di comportamento con l'intento di dare velocità. Rispetto allo stress è importante tenere conto dei costi, poiché tutto quello che ha un costo per il cane aumenta lo stress. Esistono costi che il cane subisce consciamente provocando stress negativo e altri che il cane vive non essendone conscio e che provocano stress positivo. Ad esempio un cane canalizzato sulla risorsa che salta per averla non è conscio dei costi, come si può vedere dal grafico n.2, l'eccitazione corrisponde ad uno stress positivo. Se invece in una seduta di addestramento il cane vive conflittuale un esercizio è conscio (ricordi, rappresentazioni e aspettative) dei costi che subisce e vive interamente lo stress in questo caso negativo. Anche lo stress negativo può tornare utile alla regia apprenditiva: può essere usato per fissare un comportamento gestendo in maniera ottimale i carichi di lavoro. Ad esempio si può introdurre un allenamento molto stressante chiedendo al cane più comportamenti, dopodiché si rispettano le 24/48 ore di recupero. Nella seduta successiva il cane si aspetterà di vivere più o meno quello

Page 19: Stress, don't do it

  19  

che ha già vissuto nell'allenamento precedente, noi invece gli chiederemo un unico comportamento (da migliorare o poco fissato) e rinforziamo concludendo così la seduta. I vantaggi ottenuti sono due:

1. Il cane fissa il comportamento perché canalizza lo stress derivante dall'aspettativa in parte negativa legata all'allenamento precedente. 2. Il cane recupera un atteggiamento positivo rispetto all'addestramento. Se si intende eseguire questa regia apprenditiva è meglio fare almeno 2/3 allenamenti consecutivi, stressando volutamente il cane, chiaramente su comportamenti al 99% appresi. Analizziamo ora i conflitti che si possono causare, lavorando sui costi, rendendo ad esempio un esercizio più costoso di un altro o un allenamento più lungo di un altro. Prendiamo in considerazione il "fronte" ipotizzando che il cane lo esegua rimanendo lontano dal conduttore. A questo punto possiamo scegliere se correggere il comportamento o attendere che il cane proponga qualcosa o attui un comportamento causato dallo stress (per frustrazione). Se scegliamo questa seconda strada rinforzeremo solo l'avvicinamento, mentre le altre azioni proposte dal cane non verranno rinforzate in modo che capisca che proporre altri comportamenti non è vantaggioso. In questo caso la seduta deve essere breve. Nella seduta successiva lavorerò per creare un punto di rinforzo sul fronte. Avendo lavorato su due parametri (estinzione di comportamenti indesiderati e punto di rinforzo) il cane capirà che la posizione richiesta è vantaggiosa in questo caso, non perché rinforzata, ma

Page 20: Stress, don't do it

  20  

perché la risorsa che ha arginato lo stress la resa vantaggiosa e poco costosa. Con i cani iper eccitabili si presenta invece un altro tipo di problema dovuto alla frustrazione iniziale. Se rinforziamo con un solo boccone il primo comportamento che esegue, questo in realtà alzerà l'eccitazione piuttosto che abbassarla. Infatti se mantengo un tempo di 5 secondi tra i due bocconi noterò un peggioramento nell'attesa del secondo. Quindi finché non avremo una corretta gestione degli stati eccitativi da parte del cane sarà meglio, in principio, saziarlo con una dose alta di cibo. Tale operazione non consiste nell'abbassare l'eccitazione appagando il cane, ciò che facciamo è evitare che il cane vada fuori soglia eccitativa. Lo stress può essere usato facendo leva sulle doti caratteriali nell'immediato, oppure sul bagaglio comportamentale nel susseguirsi degli allenamenti. Nel secondo caso ci può essere utile lavorare sulla frustrazione o sui carichi di lavoro quando si ha un calo del rendimento della prestazione del cane o un calo di spinta. Il suddetto calo si manifesta quando il tasso di rinforzo è fisso (inteso come sempre presente nella seduta) e quindi diventa scontato diventando meno interessante per il cane. Per rinnovare l'aspettativa possiamo:

1. Eseguire una seduta ogni tanto senza rinforzare il cane. Avendo però l'accortezza di lavorare per un tempo breve, ma sufficiente perché sia stressato dall'insuccesso. 2. Eseguire una serie di allenamenti pesanti in cui andremo a lavorare su intensità, durata e mancanza di recupero inducendo un calo della prestazione. Dopodiché

Page 21: Stress, don't do it

  21  

introdurremo una fase di recupero alleggerendo i carichi in modo che il cane trovi piacevole e semplice la seduta successiva, trovando anche i comportamenti maggiormente rinforzanti. 3. Pianificare un lungo periodo di riposo in cui il cane non farà nulla, ma sentirà il bisogno di lavorare dato dalle endorfine cerebrali. Quando poi torneremo ad allenarlo lo stress accumulato dall'inattività sarà scaricato nel lavoro rendendolo rinforzante.