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story of the best trip ever

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basically a photo album, mostly a magazine about a 8-days travel around NYC

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Page 2: story of the best trip ever
Page 3: story of the best trip ever

N A T A L E D U E M I L A U N D I C I

Un piccolo regalo per ricordare un

grande viaggio ad una grandissima

SDM, con affett(ato) ed insaccato,

Merri crismas

SDM #2

Page 4: story of the best trip ever

WHAT S IN ?TAK E A C L O S E R L O O K . . .

Page 5: story of the best trip ever

D A Y : F I R S T

D A Y : S E C O N D

D A Y : T H I R D

D A Y : F O U R T H

D A Y : F I F T H

D A Y : S I X T H

D A Y : S E V E N T H

D A Y : E I G H T H

28/07/2011

29/07/2011

30/07/2011

31/07/2011

1/08/2011

2/08/2011

3/08/2011

4/08/2011

Page 6: story of the best trip ever

COLOR: blue (sky, we saw it most of the day) WORDS: God, the plane! BODY-CONDITION: close to death

DAY: FIRSTA. K . A . " T H E A N S I A ! "

_Ho le unghie così mangiate e doloranti (e le

spalle pure) che non riesco neanche a scrivere

_Tratto autostradale Santhià-Novara chiuso per

lavori: OH CAZZO!!

Il papà di Elena spinge sull’acceleratore, noi su-

diamo e incrociamo le dita, e alle 6.15 arriviamo

a Linate. La tipa del check-in ci insulta perchè

stanno per chiudere il gate e Elena non si tro-

va perchè è andata a far imballare lo zaino. Alla

fine viene recuperata e possiamo metterci in coda,

anzi possiamo scavalcarla. Alla fine, ecco l’aereo!

Dopo un breve scalo a Madrid in cui Elena e Ire

si sono liquefatte in bagno e Ire è stata broccolata

da un NIGGAH (che le ha detto che è bellissi-

ma), possiamo ripartire per il viaggio aereo IN-

TERMINABILE!

Scopro con piacere di non aver caricato nessuna

canzone sull’iPod, quindi non mi resta che dormi-

re e mangiare le sbobbe (...) che periodicamente ci

vengono somministrate dalle racchie iberiche an-

che dette hostess. Alla fine riusciamo a scorgere

uno skyline piuttosto noto, e l’eccitazione prende

il sopravvento!

Passiamo tutti i controlli, soccombendo alla bella

e rude presenza del signor Imperiale che ci dà il

suo caloroso e simpatico statunitense benvenuto.

28/07/11_Thursday

Page 7: story of the best trip ever

STUFF TO REMEMBER: do ALWAYS leave a tip, exspecially to big, fat, black and noisy taxi-drivers MILES: 4018.49 mi/6468.73 km

Saltiamo sul nostro primo CAB giallo (stupendo-

ci molto del fatto che gli yankees siano ordinati

e rigorosi persino nella fila per il taxi), un altro

niggah che non fa che scraciare e non è per niente

di compagnia. Per fortuna non fa storie quando

NON gli lasciamo la mancia che si aspetta.

Finalmente giungiamo in hotel, ad accoglier-

ci c’è una donna piuttosto esaltata. L’albergo è

piccolo, ma molto carino anche se ci imbattia-

mo subito in un piccolo problema: manca il let-

to! La signorina ci rassicura dicendoci: «I send

you another bed, right away!» E così fa, oddio.

Per cena ci dirigiamo in un locale vicino all’hotel,

in cui ci serve un amabile e attraente fanciullo che

si premura delle nostre condizioni psicofisiche e ci

nutre con dei pezzi di pollo che ci brasano la gola.

Elena torna a dormire presto, mentre io e Ire, an-

che se quasi non ci reggiamo in piedi, decidiamo

di essere impavide e facciamo ancora in giro in

Times Square che è proprio qua vicino. Rima-

niamo accecate dalle luci e dai colori, nessuna

foto può rendere l’idea della maestosità di questo

posto. I negozi sono quasi tutti aperti, e ne indi-

viduiamo già alcuni possibili luoghi di ahopping.

Ire si fa abbordare da un altro niggah che rimane

sconcertato dal suo splendore ci dà il cinque, così

possiamo andare a dormire felici.

Page 8: story of the best trip ever

First and dark view of the great Rockefeller center

-I L R O C K F E L L E R C E N T E R , C O M E D A N O I C O N O S C I U T O , S I C H I A M A I N R E A L T A R O C K E F E L L E R C E N T E R , E L A " E " S I D E V E D I R E .

Page 9: story of the best trip ever

White limo in Times Square _ Our first meeting with the american cuisine (buffalo wings, very very hot!)

-TAN T O Q U A N T O L A " H " I N M A N H A T T A N .

Page 10: story of the best trip ever

La mattinata si apre all’insegna dell’ansia (di nuo-

vo!): non si trova più la chiave della camera, e que-

sto ci fa essere in ritardo con la tabella di marcia.

Alla fine ci dirigiamo in un curioso locale per la

colazione, in cui le commesse non sembrano capi-

re nulla e tutto il cibo è pronto per essere afferra-

to e non pagato. Riescono a rifilarci il classico bi-

bitone, seppur non richiesto, infatti non abbiamo

nemmeno il coraggio di assaggiarlo.

Da turiste giapponesi quali siamo, decidiamo che

la nostra prima tappa sarà la Statua della Libertà,

un bel giro in traghetto con partenza da Battery

Park (più precisamente la biglietteria è situata a

Castle Clinton). Per giungere a destinazione pren-

diamo per la prima volta la Subway: proprio come

in The Warriors, è tutta di mattoni, inferriate e

caldo torrido (per poi passare ai -200 °C dei va-

goni).

Dopo una coda piuttosto interminabile sotto il

sole cocente, arriviamo finalmente sul ferryboat,

che ci porta lungo la foce dell’Hudson fino a Li-

berty Island. La giornata è caratterizzata da una

cappa di calore impenetrabile che ci ostacola la

visione nitida dello skyline di Manhattan, che

DAY: SECONDA. K . A . " T H E S T A T U E ! "

29/07/11_Friday (come il locale)

COLOR: grey (as Meredith and the sky) WORDS: bibitone BODY-CONDITION: happy but rainy

Page 11: story of the best trip ever

STUFF TO REMEMBER: NYC subway is just like in the movies: dirty, hot, creepy and full of rats MILES: 5,8 mi/9,3 km

però si erge comunque così imponente da far ve-

nire mal di testa. Finalmente ci avviciniamo alla

statua, un po’ emozionate al vederla dal vivo, e ci

lanciamo contro il parapetto del battello per fare

più foto possibile. Scendiamo sull’isola per sentirci

ancora un po’ “liberty”, e godiamo da lontano del

panorama dei grattacieli, a cui mancano ovvia-

mente le twin towers (che però sono presenti in

tutte le segnalazioni, che cosa orrida!).

Ci rimettiamo in coda (infinita) per risalire sul

ferryboat che ci porta a Ellis Island, dove faccia-

mo un lungo giro nel museo dell’immigrazione.

Alla fine proviamo anche noi con la classica ricer-

ca dell’antenato emigrato, ma con scarso successo.

Ripreso il battello, scendiamo al Batterty Park: ci

sono un sacco di bambini che si divertono a gioca-

re nelle fontane a spruzzi e un gruppo di ragazzi

che ci offrono uno spettacolino di break dance.

Ci dirigiamo verso Ground Zero, superando la

Trinity Church. Arriviamo sul posto, che però è

completamente occultato dalle barriere dei lavori

in corso. Cerchiamo invano un ingresso, ma tutto

ciò che vediamo è la base di una delle torri rima-

sta in piedi e il nuovo edificio in costruzione.

Comincia a diluviare, quindi optiamo per tornare

in hotel (un piacevole incontro con una pantega-

na nella subway!). Dopo lunghe peripezie per la

scelta del locale per la cena, optiamo per Friday’s,

a Broadway. Ovviamente ci viene rifilato del pol-

lo, questa volta non barbecue ma inzuppato nel

Jack Daniel’s. Dopo cena Elena torna in hotel, io

e Ire continuiamo il giro per Broadway, ma i ne-

gozi sono quasi tutti chiusi (a parte quelli orridi

di souvenirs), per cui verso l’una torniamo anche

noi a dormire.

Page 12: story of the best trip ever

Three chicks and their friend Lib

-V I S I T A R E U N A T T R A Z I O N E N E G L I U S A E C O M E F A R E O G N I V O L T A U N I T E R A E R O P O R T U A L E P E R I V A R I M E T A L D E T E C T O R

Page 13: story of the best trip ever

Naughty seagull _ Manhattan skyline, damned mist!

-OG N I B I B I T O N E E B E L L O A M A M M A S U A

Page 14: story of the best trip ever

Manhattan skyline and statue cruise ferryboat

-LA S U BW A Y , C O N I S U O I S E S S A N T A C I N Q U E G R A D I C E N T I G R A D I , L E S U E P A N T E G A N E E L A S U A I N T R O V A B I L I T A . . .

Page 15: story of the best trip ever

. . . E L A C O S A P E G G I O R E D I T U T T A N EW Y O R K C I T Y .

Page 16: story of the best trip ever

Finalmente riusciamo a svegliarci presto, quindi

alle 8,30 siamo già a fare colazione, oggi da “Au

bon pain”, che è una specie di panetteria carat-

terizzata da insegne enormi e gialle. Ci sono un

sacco di cose buone da mangiare (ad eccezione di

un cupcake, che seppur molto invitante si rivela

un abominio al cioccolato).

Ci mettiamo in marcia verso ciò che non abbia-

mo visto ieri, ossia Wall Street e il Woolworth

building. Per qualche misteriosa ragione invece ci

perdiamo il famoso “toro”.

Wall Street è una via piccolina e scura, quindi ci

dirigiamo verso il ponte di Brooklyn. Con sommo

disappunto notiamo che in parte è impacchettato

e quindi molto poco visibile. Proseguiamo per lo

stesso quartiere e ci ritroviamo al Seaport, una

zona molto caratteristica con dei velieri attrac-

cati e molte bancarelle (ci fermiamo a comprare

dell’anguria per dissetarci un po’). Decidiamo di

entrare da Abercrombie per godere della piace-

vole nudità dei modelli, ma per nostro dispiacere

la nostra brama non viene appagata, i commessi

sono tutti pudici e vestiti.

Torniamo al City Hall e ci sediamo un po’ nel par-

co, dove Elena socializza con i barboni e ingozza

gli scoiattoli, La tappa successiva è Chinatown e

DAY: THIRDA. K . A . " T H E I T A L I A N O ! "

30/07/11_Saturday

COLOR: violet (as New York University) WORDS: bibitone BODY-CONDITION: leg hurt, but we’re excited

Page 17: story of the best trip ever

STUFF TO REMEMBER: save the planet, save the cheerleader! MILES: 3,9 mi/6,2 km

la sua commercialissima via Mott Street. Sembra

di entrare in un altro mondo, fatto di insegne co-

lorate e ideogrammi di vario genere. Qui tutto è

cinese e ci sentiamo ancora più straniere.

Superata Chinatown ci addentriamo in Little

Italy, più precisamente Mulberry Street. Qui la

situazione è opposta: tutto è tricolore, l’italianità

è considerata esotica, anche se abbiamo la sensa-

zione che nessuno di questi negozianti e ristora-

tori abbia un microgallone di sangue italiano. Alla

ricerca di un posto con qualche cibo commesti-

bile, seguiamo le indicazioni della nostra guida e

arriviamo in un locale che però ci dà un tempo

di attesa di mezz’ora. Desistiamo e torniamo da

Nino’s, un ristorante ovviamente italiano, ma che

di italiano ha ben poco. Io mi butto su una pasta al

ragù abbastanza buona, Ire ed Elena su una pizza

dall’aspetto poco rassicurante.

Dopo pranzo è la volta del giro per negozi a Soho.

Io e Ire ci fiondiamo speranzose su quello della

Volcom, che però si rivela piuttosto deludente.

Dopo un po’ di shopping (concluso però a mani

vuote) entriamo da Prada. Elena vorrebbe svali-

giare il negozio, ma usciamo tutte con disappunto.

Visto che abbiamo ancora un po’ di tempo, de-

cidiamo di non tornare a casa ma di dirigerci al

Greenwich Village. La prima tappa è quella obbli-

gata del restroom, quindi mi addentro in una gri-

glieria tipica e scopro che la commessa non ha la

minima idea di cosa sia l’acqua gasata....[continua]

Page 18: story of the best trip ever

It is quite clear: not standing anytime...close to the USA!

-TU T T I S O N O G E N T I L I E S I I N T E R E S S A N O D I C O M E S T A I . . .

[segue]...Cominciamo a vedere le bandiere viola

della NYU e sostiamo a Washinghton Park, una

piazza caratterizzata da un arco di trionfo e una

fontana rotonda in cui i bambini (e i grandi) gio-

cano e fanno il bagno. Ci uniamo a loro, puccian-

doci per trovare un po’ di refrigerio. Ai bambini

si aggiunge un gruppo di cheerleader bagasce,

mentre dietro di noi si tiene una danza asiatica

di qualche tipo, eseguita da figuranti in costume.

Siccome siamo stanchissime ci dirigiamo in hotel.

La tappa per la cena è l’Hard Rock Cafè di Times

Page 19: story of the best trip ever

. . . M A S O L O P E R O T T E N E R E U N A G R A T U I T Y P I U A L T A .

Square, ma l’attesa per il cibo (segnalata da un

cartellone luminoso con la line-up che sembra non

finire mai e in cui siamo indicate come Brono) è

lunghissima, per cui inganniamo il tempo con lo

shopping al piano superiore. La steak (finalmen-

te) è buona, ma il conto è salato.

Dopo cena shopping a Times Square, con tappe

degne di nota al Disney Store e al M&M’s store

(estremamente godurioso), con transito all’im-

mancabile negozio di souvenir. Dopo aver dila-

pidato definitivamente i nostri averi, andiamo a

dormire per contenere i danni.

Page 20: story of the best trip ever

Chinese dance_Washington square park_Irene taking a shower

-I L M I T O D E L L E A M E R I C A N E G R A S S E E D A V V E R O U N M I T O . . .

Page 21: story of the best trip ever

Yellow cabs at night

. . . P E R C H E L E T I P E A L T E , B I O N D E E M A G R E S O N O M O L T O P I U F R E Q U E N T I .

Page 22: story of the best trip ever

La giornata inizia presto: per la colazione sce-

gliamo un posto a Broadway chiamato “Deli-

catessen”, e poi ci dirigiamo velocemente verso

l’Empire State Building. Il nostro amico City Pass

ci permette di evitare le code, e in poco tempo

stiamo svettando nel cielo di Manhattan. Ire ha

baccagliato l’ennesimo niggah, questa volta l’u-

sciere, un ragazzo piuttosto fico che le ha chiesto

di uscire (giustamente, faceva l’usciere...)

Dall’Empire la vista è stupenda, siamo davvero

in alto e passiamo più di mezz’ora a scattare foto-

grafie. Io litigo un po’ con il 18-200 che si rifiuta

di mettere a fuoco i grattacieli, mentre il buon

grandangolo fa il suo lavoro. Quando scendiamo

non possiamo fare a meno di visitare l’ennesimo

negozio di souvenirs, che però si rivela piuttosto

conveniente.

Ci dirigiamo finalmente verso il MOMA. Io non

aspetto altro! È piuttosto vicino all’hotel e le sue

insegne si fanno immediatamente riconoscere. Il

MOMA ci offre alcuni dei capolavori che eravamo

abituate a vedere solo nei libri, tra cui “La notte

stellata” di Van Gogh (bellissima!), “Les damoisel-

les d’Avignon” di Picasso e “La danza” di Matisse.

Il design store ci permette di comprare alcuni sim-

patici souvenirs, mentre io mi innamoro di una

borsa che però costa la bellezza di 200 dollaroni.

DAY: FOURTHA. K . A . " T H E D O L O R E ! "

31/07/11_Sunday

COLOR: red (as the back of our feet) WORDS: do it niggah BODY-CONDITION: tear apart

Page 23: story of the best trip ever

STUFF TO REMEMBER: the only stores of electronics are creepy bunkers managed by strange indians MILES: 5,5 mi/8,8 km

apprezzando il lusso di queste abitazioni. Una

volta ritornate sulla 5th rientriamo in un nego-

zietto di elettronica, in cui i due commessi ci in-

trattengono: uno baccaglia Ire (tanto per cambia-

re), l’altro è felice del fatto che io faccia grafica

come suo figlio Colin Jr. e gli telefona per darmi

l’indirizzo del suo blog. [continua...]

Elena ha una grande, grandissima voglia di fare

la cacca, e il pranzo al MOMA a base di salmone

e farro non ha placato la sua brama. Quindi opta

per tornare in albergoe farcirne il cesso, mentre io

e Ire, da brave viaggiatrici, continuiamo la nostra

esplorazione.

Ci incamminiamo lungo la 5th Street e facciamo

tappa all’ennesimo negozietto (bastaaaaa) e giun-

giamo fino alla Public Library, piuttosto impo-

nente direi. Qui facciamo un giro nei bugigattoli

che vendono prodotti di elettronica alla ricerca di

qualche vantaggiosa offerta, ma purtroppo non

la troviamo. Veniamo fermate da una coppia di

burini che mi chiedono info sull’acquisto di una

Nikon. Continuiamo il nostro cammino, ed ecco il

Chrysler building, piuttosto amazing oserei dire.

Entriamo poi alla Grand Central Station, convin-

te di poter ricevere info sul viaggio a Washing-

ton o Philadelphia, ma un simpatico viaggiatore

ci consiglia di recarci alla Penn Station. Pur non

avendo avuto le informazioni desiderate, rima-

niamo compiaciute per aver potuto vedere con

i nostri occhi questa stazione, che è un edificio

bellissimo con la volta a botte stellata (come ci fa

notare il signore, “it’s a nice station, but not the

right one!”

Risaliamo la città attraversando Park Avenue e

Page 24: story of the best trip ever

Manhattan from above the sky is quite astonishing!

-I N E R I S O N O I N C O M P R E N S I B I L I , M A I O V O G L I O S P O S A R E U N N I G G A H C O P . . .

Page 25: story of the best trip ever

. . . A N C H E S E I R E S E L I B R O C C O L A T U T T I Q U I N D I N O N H O N E S S U N A P O S S I B I L I T A .

Page 26: story of the best trip ever

Yellow is everywhere!

-NON E S I S T O N O N E G O Z I D I E L E T T R O N I C A , M A S O L O O S C U R I C O V I D I R I C E T T A T O R I

Page 27: story of the best trip ever

Just like the star spangled banner

-A N EW Y O R K P E R D E R S I E I M P O S S I B I L E

Finalmente possiamo dare tregua alle nostre po-

vere estremità e rientriamo in hotel, in cui ce-

niamo con schifezze raccattate al supermercato

per far respirare il povero portafoglio almeno per

una sera.

Dopo cena siamo distrutte, ma ci armiamo di

buona volontà e decidiamo comunque di salire

sul Top of The Rock come programmato. Pur-

troppo ci viene comunicato che l’attesa sarà di

più di un’ora, quindi torniamo in albergo per ri-

svaccarci. Giunta l’ora scendiamo e prendiamo

l’ascensore-razzo che ci porta in cima, dopo es-

sere state derise da una guardia burlona perchè

non capivamo di doverci mettere in fila per due.

La vista è mozzafiato: la città è tutta luccicante,

tutti gli edifici che spesso di giorno possono ap-

parire austeri di notte sono quasi magici. Starei

lì ore appoggiata sul parapetto a fare foto, ma la

guardia ci caccia giù perchè deve chiudere.

Non ci resta che tornare in hotel, con i piedi un

po’ più consumati, ma gli occhi molto più brillanti.

Page 28: story of the best trip ever

Grand central station

-TU T T I S O N O G E N T I L I E S I F E R M A N O P E R S T R A D A A D A I U T A R T I Q U A N D O S E I I N D I F F I C O L T A

Page 29: story of the best trip ever

-TU T T O E G R A N D E E S I S V I L U P P A I N A L T E Z Z A

Page 30: story of the best trip ever

Sunset at Times Square

-NE G L I U S A I L P I A T T O T I P I C O N O N S O N O I C A N I C A L D I , M A I V O L A T I L I F R I T T I

Page 31: story of the best trip ever

Signals _ From the Rockefeller center

-L O S N A P P L E I S M A D E O F T H E B E S T I S T U F F O N E A R T H

Page 32: story of the best trip ever

DAY: FIFTHA. K . A . " T H E G R E A T H O T ! "

01/08/11_Monday

COLOR: orange (like the juice we drank all day!) WORDS: sweat BODY-CONDITION: sweaty

Colazione in un posto molto carino proprio accan-

to a quello dell’altro giorno, ci serve un camerie-

re brasiliano piuttosto prestante, e ci abbuffiamo

con pane, briosches e marmellata.

Prendiamo la metro fino ad Herald Square e at-

traversiamo un variopinto mercatino di frutta e

verdure. Esploriamo il quartiere e ci troviamo

davanti al Flatiron Building, che ha davvero la

forma di un ferro da stiro ed è molto imponente.

Dimenticavo, prima ci eravamo fermate per una

breve sosta alla casa natale di Roosevelt e al Gra-

mercy Park, in cui Ire ed Elena hanno socializzato

con dei quadrupedi. Accanto al Flatiron Building

c’è Madison Square Park, e una volta oltrepas-

sato entriamo in un piccolo centro commerciale,

in cui Ire non manca di indagare sui prezzi degli

iPhone, che da brava figlia del consumismo ha de-

ciso di comprare.

Breve sosta frutta-bagno in un’orrenda bettola,

e ripartiamo alla volta del Post-Office, un edifi-

cio grandissimo in cui le due donzelle comprano

dei francobolli. Entriamo nella Penn Station, e

dopo una lunga coda facciamo i biglietti per Phi-

ladephia. Alla biglietteria c’è una black bagascia

che ci tratta con sufficienza.

Fa un caldo infernale, quindi ne approfittiamo per

entrare da Macy*s, il grande magazzino più gran-

de del mondo. E in effetti è davvero grande! Non

molto lussuoso però, i nove piano sono occupati

perlopiù da vestiario per signora, non molto gio-

vanile. Elena comunque si compra i Levi’s a poco

prezzo, così come aveva fatto Ire a Soho.

È già piuttosto tardi, ma soprattutto la tempe-

ratura ci dà la sensazione di essere in una bolla

Page 33: story of the best trip ever

STUFF TO REMEMBER: at Macy*s, higher flat means lowest escalator quality MILES: 3,2 mi/6,2 km

infernale, quindi ci avviamo dalle nostre parti fa-

cendo un giro al Rockefeller Center. Dopodichè

risaliamo, e ci addentriamo nello store della NBC,

in cui facciamo incetta di caramelle (yummi!).

Ceniamo di nuovo in hotel, con gli avanzi della

sera prima un pochino rimpinguati. Dopo cena

Elena va a dormire, mentre io e Ire andiamo al

cinema: una multisala abnorme vicino a Times

Square, in cui capiamo che qui è davvero tutto

sovradimensionato. Gli americani sono tutti fisca-

li, ci controllano l’identità persino prima di farci

mettere il piede in sala (anche se il tipo di turno

ha molte perplessità con quella di Ire, non capisce

che deve aprirla e continua invano a rigirarsela

fra le mani cercando una foto)! Il film scelto è

“Friends with benefits”, e già il titolo dice tutto:

il protagonista è Giustino Timberlago in versio-

ne super-tartarugato e lecca-passere (cosa che

ha fatto per tutto il film!). La proiezione si rivela

piuttosto esilarante, anche coadiuvata dalla chias-

sosità degli spettatori americani.

La serata si conclude salendo sugli spalti di Times

Square, su cui oltre che venire accecate dai soliti

neon luminosi che illuminano la piazza a giorno,

facciamo ancora qualche foto da una prospettiva

un po’ più sopraelevata.

Page 34: story of the best trip ever

The awesome Flatiron Building!

-I M A R S H M A L L O W A M E R I C A N I F A N N O D A V V E R O S C H I F O . . .

Page 35: story of the best trip ever

Typical stupid girls _ Gallons

-MA L E C A K E P O P S S O N O B U O N E !

Page 36: story of the best trip ever

“La piazza del tempo”

-I L E V I S C O S T A N O P O C O !

Page 37: story of the best trip ever

-LA L I Q U I R I Z I A E R O S S A

Page 38: story of the best trip ever

Per colazione siamo molto monotone: optiamo per

il posto del giorno precedente e soprattutto per

il suo baker’s basket. La giornata si preannuncia

faticosa, una lunga scarpinata per Central Park.

Con la metro ci avviamo al limitare del parco, che

è più che altro un intricatissimo bosco costella-

to di laghetti. Ci troviamo quasi subito davanti a

Strawberry Fields, l’area che Yoko Ono ha dedi-

cato al marito perchè è proprio il punto in cui è

stato ucciso (pare).

Proseguiamo il camino, e incontriamo dei turisti

italiani che fanno apprezzamenti sulla mia gonna!

Fa un caldo tremendo, per fortuna gli alberi fanno

ombra ai sentieri dandoci un po’ di refrigerio. Fa

quasi impressione vedere i grattacieli di Manhat-

tan stagliarsi oltre la fitta boscaglia! Ci sentiamo

tutte un po’ le Giselle alla ricerca del nostro De-

rek, e ne imitiamo le leggiadre movenze.

Incontriamo lo Swedish Cottage, ma non ci fer-

miamo, tiriamo dritto finchè ci troviamo in un

enorme prato verde semisferico, che è un notevo-

le stacco da tutta la verdura circostante.

Saliamo per Belvedere’s Castle, che è davvero

la riproduzione di un castello con ampia vista su

Central Park. Io ho un disperato bisogno di anda-

DAY: SIXTHA. K . A . " T H E C R O W D ! "

02/08/11_Tuesday

COLOR: green (as all C.P. vegetables) WORDS: V.I.P. BODY-CONDITION: sw

Page 39: story of the best trip ever

STUFF TO REMEMBER: it’s very likely to meet a VIP in the green lung MILES: 9,6 mi/15 km

re in bagno, per sentire meno la necessità ci ap-

pollaiamo un po’ su un muretto del castello prima

di riprendere il cammino.

Central Park non è così facile da girare; a dif-

ferenza del resto della città, le strade non sono

perpendicolari fra loro, e quindi orientarsi è un

po’ più complicato. Finalmente arriviamo nella

famosa piazza rotonda del parco, con una grande

fontana al centro e un mimo ad imitarne la statua.

L’acqua è cosparsa di ninfee, e mi fermo un atti-

mo a fotografarle.

Finalmente vediamo all’orizzonte una restroom,

e mi ci fiondo. All’uscita sembra proprio giunto

il momento dell’incontro con un VIP, cosa che

desideravamo (Ire soprattutto) da quando siamo

arrivate. Con sommo disappunto notiamo però

che la very important person in questione altri

non è che Elisa Toffoli! Elisa???! Ma noi dobbia-

mo ritrovarci a New York per incontrare un vip

italiano?! Anche la signora francese che mi chiede

informazioni sull’identità della suddetta persona

mi sembra piuttosto delusa.

Elena si rifocilla comprando un cane, e la tappa

successiva è il romantico ponticello degli innamo-

rati sotto il quale transitano imbarcazioni a remi

governate da sospetti e bizzarri personaggi. Final-

mente arriviamo alla famosa statua di Alice e del

Cappellaio Matto: come previsto è invasa da pas-

santi desiderosi di farsi fotografare a cavalcioni

della statua, e da moltissimi bambini (ad essere

precisi un gruppo di un centro estivo, che dopo le

foto si dedica all’arte del gessetto).

Degno di nota il nostro incontro con Peyton

Sawyer e con il suo amabilissimo compagno di

scena direttamente da White Collar, che ha ral-

legrato i nostri cuori e scaldato le nostre bagiane.

Decidiamo di uscire momentaneamente dal parco

per dirigerci verso la via dei musei. Ce ne sono

davvero moltissimi, ma siccome io insisto da gior-

ni ci fermiamo al Guggenheim. [continua...]

Page 40: story of the best trip ever

-MA I P R E N D E R E L A M E T R O N E L L O R A D I P U N T A : P O T R E B B E R I V E L A R S I F A T A L E

Proprio come immaginavo, l’edificio è spettaco-

lare, un’immensa spirale bianca che occupa tutto

l’isolato. Entro per fare ancora qualche foto (ab-

biamo deciso di non fermarci a visitarlo) e litigo

con l’ennesima black guard che non mi lascia en-

trare finchè non gli mostro il contenuto del mio

zaino.

Il caldo ci sta prosciugando ogni residuo vitale,

ma facciamo uno sforzo e tiriamo avanti fino al

Metropolitan (prima però obbligatoria tappa ces-

so, questa volta nel parco giochi per i frustratissi-

mi bambini dell’Upper East Side adiacente al mu-

seo). Il MET è qualcosa di enorme, sicuramente

al di fuori delle nostre aspettative. Una grande

scalinata centrale conduce alle varie gallerie, e

noi ne scegliamo alcune perchè visitare l’intero

museo in poco tempo è davvero impossibile. Ci

addentriamo nella visita, partendo dall’arte egizia

passando per quella medievale e contemporanea

(tra cui il celebre autoritratto di Van Gogh e gli

Iris).

Usciamo dal museo e decidiamo di riprendere la

metro per tornare nella parte bassa di Central

Park per perlustrare la zona che non avevamo vi-

sto al mattino. I piedi sono più doloranti che mai,

ma ce ne freghiamo e zig-zaghiamo ancora un po’

tra le persone sdraiate al sole. Scorgiamo da lon-

tano il super lussuoso hotel Plaza, e dietro di esso

finalmente l’Apple Store (purtroppo impacchet-

tato)! Ire finalmente può decidere se coronare o

meno il suo sogno (e quello di suo padre) di com-

prare una mela nella Grande Mela, ma i prezzi

che ci sparano (649$ a morso!) ci siedono per ter-

ra e ci impongono di levare le tende a mani vuote.

Ed ecco che subentra una malsana idea, forse la

peggiore di tutta la vacanza: riprendere la metro

e andare finalmente a vedere il toro al Bowling

Green che ci eravamo perse i primi giorni. In me-

tropolitana (=forno crematorio) aspettiamo per

più di mezz’ora, ma invano: la metro non sembra

dare segni di vita, e la voce angla ci conferma che

la suddetta non ha nessuna intenzione di venire

a caricarci. Proviamo a cambiare stazione e linea

della metro, sperando di essere un po’ più fortu-

nate: come prima cosa sbagliamo direzione e sia-

mo costrette a uscire, ma il dispositivo di sicurez-

za non ci permette di rientrare prima di un quarto

d’ora. Sconsolate, entriamo da Bloomingsdale, un

grande magazzino super chic, per rinfrescarci e

andare in bagno. Inganniamo l’attesa ascoltando

la conversazione telefonica di una giapponese sui

suoi problemi amorosi. Comunque, anche nella

seconda stazione non sembrano esserci tracce

della linea che serve a noi, Gli altri passeggeri non

ci danno indicazioni utili, dicendoci di andare pri-

ma upstairs, poi downstairs, di qua, di là. Alla fine

optiamo per scendere, ma sotto ci attende il vero

inferno: THE CROWD! Un formicaio di persone

strette su una banchina troppo stretta, con donni-

ne che periodicamente urlano “Rush hour! Come

on, move!”. È troppo, i 60°C ci sovrastano e deci-

diamo di zompare sul primo treno che ci avrebbe

riportate in hotel, lasciando fottere il toro e le sue

palle portafortuna.

Per cena afferriamo un trancio di pizza e due

Cake Pop’s, ceniamo accompagnate da una deli-

ziosa trasmissione sulle morti causate da squali, e

alle 9.30 cadiamo in una catalessi profonda.

Page 41: story of the best trip ever

Italians that take photographs of other italians

-LA T A G L I A " M " A M E R I C A N A E P E R P E R S O N E G R A S S E

Page 42: story of the best trip ever

Central reflections_Where’s Derek?

-IN R E A L T A C E N T R A L P A R K E U N A S E L V A I N E S T R I C A B I L E

Page 43: story of the best trip ever

Our VIPs!_Guggenheim

-" I F R U S T R A T I S S I M I B A M B I N I D E L L U P P E R E A S T S I D E C O N L A L O R O F A T A N D B L A C K N A N N Y

Page 44: story of the best trip ever

Il penultimo giorno è anche quello della trasfer-

ta alla volta di Philadelphia. Ci alziamo di buon

mattino, come al solito, e ci dirigiamo verso la be-

neamata Penn Station, in cui aspettiamo il nostro

treno dell’Amtrak. Come sono fiscali gli ameri-

cani! Ci chiedono il biglietto persino per sederci

in sala d’attesa, e la carta d’identità per accedere

al binario. Il treno è già lì che ci aspetta, proprio

come quelli italiani (sì sì...). L’interno somiglia un

po’ ai Frecciarossa è piuttosto figo anche se siamo

nella coach class, e la temperatura è a dir poco

POLARE!

Con il treno abbiamo modo di vedere una parte

d’america al di fuori della Big Apple, ed è proprio

come nei film: casette piccole, aguzze, variopinte

e ovviamente prefabbricate. Ire sostiene che ven-

gano costruite con il portabandiera già montato.

Finalmente ci avviamo nell’amichevole Philly, do

ve un altrettanto amichevole vecchio chiarisce le

nostre perplessità circa l’orientamento. Come da

lui suggerito, prendiamo il free train (o per meglio

dire, F R E E T R A I N, scandendo bene come

faceva lui), che ci conduce nei pressi del centro

storico. Sul treno veniamo gentilmente invitate

a rispettare la quiete del mezzo, e uno strillone

(ipertecnologico) urla in ogni vagona la fermata

successiva. Scendiamo nella coloratissima stazio-

DAY: SEVENTHA. K . A . " T H E F O U N D I N G F A T H E R S ! "

03/08/11_Wednesday

COLOR: red and blue (everywhere!) WORDS: indipendence BODY-CONDITION: wet

Page 45: story of the best trip ever

STUFF TO REMEMBER: in the Usa, every little piece of crap can become a touristic attraction. MILES: 110 mi/177 km

ne di Market Street, ma il tempo fuori non lo è

altrettanto: nubi minacciose si stagliano all’oriz-

zonte. Sbagliamo strada e ci ritroviamo davant

al City Hall, che secondo le guide è l’edificio in

marmo più alto del mondo, con di fronte il tempio

massonico: ha un che di inquietante.

Torniamo indietro verso la “zona dell’indipenden-

za”: in questa città tutto è un inno alla nazione

americana e alla sua lotta per l’indipendenza.

Ovunque sventola la star spangles banner, c’è ad-

dirittura un fabbricante di bandiere! Attorno a un

grande prato verde si stagliano diversi edifici, il

più importante è l’Indipendence Hall, il vecchio

municipio della città, che però è impacchettato.

Questa città è intrisa di storia: ogni edificio è “il

più vecchio della nazione”. Entriamo a vedere la

Liberty Bell, la storica campana simbolo della

rivoluzione americana, con la sua leggendaria e

inspiegabile crepa.

Facciamo molta fatica ad orientarci: la cartina

che ci ha dato il vecchio in stazione non è molto

illuminante, per cui decidiamo di entrare nel visi-

tors center (è più grande delle cose da visitare).

Sosta per mangiare qualche magra porcata, e ci

rimettiamo in cammino, sulle orme di Benjamin

Franklin che è una sorta di simbolo della città.

Alla fine, quasi per caso, ci ritroviamo su Elfreth’s

Alley, una via caratteristica in cui il tempo non

sembra essere passato: tutte le case sono come

all’epoca dei Founding Fathers, e gli abitanti ne

mantengono viva la tradizione. Purtroppo comin-

cia a diluviare, e dobbiamo per forza di cose porre

fine alla nostra visita perchè siamo sprovviste di

ombrello.

Ritorniamo al visitor’s center in cui Elena compra

uno chicchissimo soprabito-sacco dell’immondizia

trasparente, e io e Ire ci arrabattiamo come pos-

siamo per coprirci un po’. Di cornicione in corni-

cione arriviamo in stazione, con un largo antici-

po che ci permette di assaporare la bontà delle

Donkin ‘ Donuts e dar fondo alla nostra scorta di

monetine.

A New York continua a diluviare, quindi optia-

mo per mangiare fuori e tornare in hotel per fare

le valigie. La ricerca del locale si rivela piuttosto

difficoltosa, e dopo quasi un’ora di giri a vuoto

decidiamo di ficcarci da Mc Donald’s per sfug-

gire all’acqua. Degno di nota il fatto che io abbia

deciso di sfamarmi con un Big Mac...penso che

entrerà negli annali!

Page 46: story of the best trip ever

XOXO

-SE E S O M E T H I N G , S A Y S O M E T H I N G !

Page 47: story of the best trip ever

Mormons are t h e r e_ Liberty bell and liberty guard

-LE D O N K I N D O N U T S S O N O C O S A B U N A E G I U S T A

Page 48: story of the best trip ever

New town_One of the many

-LE B A N D I E R E S O N O O V U N Q U E

Page 49: story of the best trip ever

Banner’s house

-SU I T R E N I L E F E R M A T E S O N O A N N U N C I A T E C O N U N U R L O D A P A R T E D E L B I G L I E T T A I O

Page 50: story of the best trip ever

Oggi è un giorno molto triste: è arrivato il mo-

mento di lasciare NY dopo 7 giorni e tornarsene

a casa. Elena un po’ di voglia di tornare ce l’ha,

mentre io e Ire siamo molto afflitte e ci trasferi-

remmo qui

Per la colazione rimaniamo affezionate al nostro

solito posto, dopotutto bisogna salutarlo a dove-

re! Abbiamo deciso di sfruttare tutta la giornata,

e quindi la prima obbligatoria tappa è il toro del

Bowling Green con una fugace toccatina alle sue

palle. Tentiamo poi ancora una volta di tornare a

Ground Zero e cercare il 9/11 Memorial, e que-

DAY: EIGHTHA. K . A . " T H E D E P A R T U R E ! "

04/08/11_Thursday

COLOR: yellow (like Tiffany’s gold!) WORDS: toilet at Tiffany's BODY-CONDITION: sad and tired

sta volta lo troviamo: l’ingresso costa però 15$,

quindi decidiamo di lasciar perdere.

Prendiamo di nuovo la metro, e dopo innume-

revoli fermate arriviamo davanti alla Columbia

University: è un edificio pazzesco! Forma quasi

un quartiere a sè stante, con tutti i suoi mille di-

partimenti. Seguiamo la mandria di curiosi (come

noi) e superiamo il colonnato della biblioteca per

fare un giro anche all’interno e recuperare qual-

che opuscolo: ci sentiamo anche noi delle studen-

tesse che stanno per preparare la domanda di

ammissione (see...magari). Ire ci delizia con i suoi

aneddoti Gossip-girliani, mentre ci incamminia-

mo alla volta di Times Square

Il pomeriggio è dedicato allo shopping, dopo una

sosta in una bettola per brucare qualche vegetale.

Ho l’illusione e speranza che la promettende ve-

trina di un bugigattolo di elettronica dica il vero

Page 51: story of the best trip ever

STUFF TO REMEMBER: in the best jewellery in the world, you can feel comfortable even in “boyscout” suit MILES: 12,3 mi/19,8 km

a proposito di un iPod Nano a 39$, ma come non

tarda a precisare il commesso: “It’s not a fake,

just not Apple!”. Ma baff...In compenso nel nego-

zio della Billabong trovo finalmente la tanto ago-

gnata borsa! Il nostro giro per negozi prosegue,

entriamo nel famoso Forever21, che è enorme e

stranissimo, ma senza comprare nulla. Per andare

verso il Rockefeller Center transitiamo nella via

dei gioiellieri, che è trafficatissima e a quanto pare

anche un po’ malfamata (oltretutto tutti i nego-

zi sono gestiti da ebrei con papalina e barbona).

Ci prendiamo un paio di cake pops (gnam, ma la

scelta è ricaduta su di loro perchè ormai le nostre

finanze ammontavano a circa 2$ ciascuna). Ci

spingiamo fino al fondo della 5th, facendo prima

tappa da H&M e poi, udite udite, da Tiffany’s. Ire

ha l’onore di fare una preziosa pisciata fra cotanta

opulenza, che trasuda diamanti e aristocrazia. Fra

tante signore facoltose ci sentiamo più bimbemin-

kia che mai, ma il personale non sembra curarse-

ne e tutti ci chiamano ma’am.

È ora di tornare a recuperare le nostre valigie in

hotel e partire, che tristezza! Siamo un po’ preoc-

cupate per il peso dei bagagli, soprattutto per la

mia che è enorme e continua a incastrarsi nei tor-

nelli della metro. Dopo un viaggio di mezz’ora tut-

to in piedi arriviamo alla Jamaica station, a pren-

dere l’air train che con solo 5$ ci porta al JFK.

Ed è davvero un air train! Sembra quasi di essere

su una montagna russa che sorvola il quartiere

Queens. Il JFK invece sembra un mondo a parte,

con i suoi 9 terminal è più grande di Chivasso!

_Penso che questo diario non proseguirà oltre,

perchè le partenze (soprattutto questa) mi met-

tono tristezza, e siccome ora dovrei raccontare

del viaggio di ritorno, mi ammutino e concludo

qui :-(

_Da qualche parte in cielo, 05/08/2011 h 20.06

_On air:

Flightless birds, American mouth - Iron&Wine

Page 52: story of the best trip ever

Our breakfast_Lingerie made in U.S.A.

-T I S E M B R A D I E S S E R E R I C C O A P R E N D O I L P O R T A F O G L I O . . .

Page 53: story of the best trip ever

Oh...two balls!_Ground zero

. . . . M A I N R E A L T A H A I S O L O U N A M A Z Z E T T A D I B A N C O N O T E D A U N D O L L A R O

Page 54: story of the best trip ever

To 19th street_The bronx!

-LE A M E R I C A N E N O N S I L A V A N O L A P A T A T A . . .

Page 55: story of the best trip ever

Hopes&dreams_ Tiffany’s jewels

. . . G I U S T A M E N T E , N O N A V E N D O I L B I D E T !

Page 56: story of the best trip ever

-S I C C O M E N O N S O P I U C O S A S C R I V E R E , E Q U E S T E D U E P A G I N E S O N O N E C E S S A R I E . . .

Page 57: story of the best trip ever

. . . R I E M P I R O G L I S P A Z I C O N C O S E A C A S O . T A N T I B A C I .

Page 58: story of the best trip ever

T H E E N D

Page 59: story of the best trip ever
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