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Dicembre 2010 Dicembre 2010 Numero tre Numero tre

RosaOnLine n° 3

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Il secondo numero di RosaOnLine

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Dicembre 2010Dicembre 2010

Numero treNumero tre

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ROSALAND

● ‘Occupazione, perché sì e perché no’ di Silvio Vaccari e Kevin Debiagi

● ‘Progetto Mozambico’di Martina Barbieri

● ‘Gemellaggio Mozambico-Italia’di Giulia Barbuti

● ‘Malgrado tutto’ di Riccardo Amenduni

● ‘Viaggio a Mauthausen’ di Virginia Loffredo e Assia Kacimi ● ‘Il corpo delle donne: S...oggetto sociale ’ di Sara Cimino

SPINE E PETALI

● ‘Valigie di storie, storie di valigie’ 21

● ‘Malgrado tutto’ 26

NONSOLOROSA

● ‘Anche i buoni vincono’ di Francesco Pio D'Apollo

● ‘Da “zarro” ad astro nascente del rap’ di Luca Fiorini 16

● ‘Giustizia privata’di Valentina Sapori

● ‘Ho 12 anni faccio la cubista’ di Sara Abousaid

● ‘Il quaderno azzurro’ di Eleonora Minelli 20

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I CONSIGLI DI ZIA ROSA

● ‘Il CIC’di Licia Taglioli e Nouhaila Amir 31

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Il giornalino “Rosaonline” nasce da un’idea

progettuale dell’ITCS Rosa Luxemburg

elaborata dalla prof.ssa Graziella Giorgi in

collaborazione con la filmaker Silvia Storelli

e realizzata con la consulenza

della redazione di CrossingTV.

"Rosaonline" intende creare uno “spazio”

nella/della scuola per dare voce agli

studenti, per far “dialogare” studenti,

docenti della scuola e di altre scuole,

famiglie e altri interlocutori del contesto

sociale e istituzionale del nostro territorio.

Vogliamo condividere esperienze, progetti…

emozioni!

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OCCUPAZIONE

Da lunedì 22 a mercoledì 24 novembre l’ITC Rosa Luxemburg, come molte scuole di Bologna, è stato

occupato dagli studenti. Sull’opportunità e sui rischi di questa forma di protesta si è aperto un acceso

dibattito tra tutti i ragazzi (e non solo).

Ecco due delle voci più rappresentative delle due posizioni contrapposte: Kevin Debiagi e Silvio Vaccari,

entrambi rappresentanti degli studenti in Consiglio d’Istituto.

Se vuoi puoi esprimere anche tu la tua opinione in merito sulla pagina Facebook di Rosa Online

PERCHÉ SÌ

Io ero e sono sempre stato d’accordo con

l’occupazione, ho sempre avallato questa idea,

per vari motivi: l’occupazione della scuola è un

atto illegale, è la forma più forte e decisa di

protesta, e il fatto che i ragazzi siano disposti a

occupare una scuola, nonostante il rischio che

questa azione può comportare, dimostra il totale

disaccordo nei confronti delle decisioni prese dal

governo. Occupare significa prendere possesso

temporaneamente di una cosa non tua, e questo

atto viene messo maggiormente in evidenza

rispetto ad esempio ad un’autogestione,

PERCHÉ NO

Per quanto mi riguarda, mi sono sin da subito

espresso contro questa forma di protesta e,

coerentemente con quanto detto, non vi ho preso

parte nei due giorni in cui è stata svolta. Ciò

nonostante ci tengo a ricordare come, malgrado

la mia dissociazione dal movimento che ha dato

vita all’occupazione, io non abbia nulla di

personale nei confronti di chi l'ha svolta.

Alla luce di ciò, vado ad esporvi una serie di

motivazioni in base alle quali non ho ritenuto

opportuno collaborare allo svolgimento della

protesta: in primo luogo l’occupazione è un' azio-

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che è una forma molto più timida e tranquilla di

rivolta. Fermare e bloccare lo svolgimento del

pubblico servizio scolastico è un evento che

richiama l’attenzione anche dei giornali,delle

televisioni,e delle radio,e ciò può permettere di

far sentire la protesta anche al governo. Restare

all’interno della scuola giorno e notte in maniera

organizzata può permettere a noi studenti di

creare maggiori attività,di raccogliere maggiori

informazioni, e di confrontarci meglio rispetto ad

un’autogestione. Occupando una scuola abbiamo

la possibilità di sfruttare tutte gli spazi che

abbiamo a disposizione, e che durante il normale

svolgimento delle lezioni non utilizziamo quasi

mai,e questo ci permette di costruire più gruppi

di dibattito. Durante un’autogestione sono

presenti tutti gli studenti e questo a volte può

portare disordine e diminuire la possibilità di

organizzarsi al meglio, mentre ad un’occupazione

partecipano soltanto le persone che veramente

credono nella protesta. Trovo molto più illegale il

modo in cui vengono approvate riforme nei nostri

confronti che un’occupazione, e non vedo il

motivo per il quale noi ragazzi siamo tenuti a

farci scrupoli ed accontentarci di autogestire

quando una vera protesta si può realizzare

soltanto occupando l’istituto, bloccando la scuola

e dimostrando la rabbia che proviamo.

Scendendo più nello specifico del nostro istituto,

ritengo che una mediazione con il dirigente sia

totalmente inutile, perché noi studenti abbiamo

il dovere di avvalerci dei nostri diritti senza

chiedere il permesso a nessuno, e se questa

possibilità ci viene tolta non possiamo scendere a

compromessi con la presidenza ma dobbiamo a

tutti costi intervenire, e ciò è realizzabile con

un’occupazione.

ne illegale e, nonostante vada apprezzato il

coraggio di coloro che l'hanno svolta, non la

ritengo la forma più efficace ed idonea per

esprimere la propria opinione. Occupare un

istituto come il nostro comporta un elevato

rischio per la sicurezza dello stesso e di tutti

coloro che ci si trovano all'interno. Onestamente

sono rimasto sorpreso dall'ottimo lavoro svolto

dai ragazzi nell'impedire l'ingresso di esterni

nell'edificio, ma non è detto che una sicurezza

così ligia possa sempre bastare come deterrente

per i malintenzionati. Collegandomi con il punto

precedente, il rischio che esterni, e non solo,

potessero provocare danni all'istituto e alle sue

numerose strumentazioni (basti pensare al

numero di computer presenti al suo interno) mi

ha sin da subito destato molte preoccupazioni in

merito al verificarsi di un occupazione. Per

quanto riguarda la reale efficacia di questo tipo

di protesta, ritengo che le possibilità di successo

siano insufficienti a giustificare i rischi e le

conseguenze che essa comporta. La principale

motivazione per la quale diversi studenti non

hanno aderito all'occupazione è la minaccia di

annullamento delle gite scolastiche per

recuperare i giorni di lezione persi.

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L’occupazione dimostra la maturità dei ragazzi

che vi partecipano; gli studenti che la attuano

sono consapevoli dei rischi che corrono, ma

mettono da parte la paura dal momento che si

trovano di fronte a una società ipocrita ed a

politici disposti a tagliare miliardi alla nostra

scuola e al nostro futuro.

(Silvio Vaccari)

Nei confronti di un provvedimento così duro

non posso certo trovarmi d'accordo, ma

essendo conscio in anticipo del rischio della

sua applicazione, avrei preferito optare per

un' autogestione. Quest'ultima è sicuramente

considerata meno efficace dai più, ma se non

altro risulta il compromesso migliore per

"protestare" senza gravi conseguenze. Queste

poche ragioni, brevemente esposte per motivi

di spazio, non hanno come scopo quello di

attaccare l'azione compiuta da chi ha

eseguito l'occupazione, né tanto meno quella

di sminuire l'efficacia di quest'ultima. Con

questo scritto intendo semplicemente

esprimere in maniera del tutto pacata la mia

opinione, così da poter contribuire al

verificarsi di interessanti e costruttivi

dibattiti.

(Kevin Debiagi)

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PROGETTO MOZAMBICO

I giorni 19 e 20 ottobre 2010 si sono tenuti due incontri con una

delegazione del Mozambico, a cui hanno partecipato alcuni

alunni delle classi IV BL, IV CL e IV DL. In queste giornate si

sono svolti laboratori teatrali in collaborazione con il Teatro

dell’Oppresso, che a ha saputo creare, grazie a giochi e attività

creative, un’atmosfera accogliente sia per i nuovi arrivati

e che per noi, che all’inizio magari eravamo un po’

impacciati.

In particolare queste giornate sono state fondamentali

per conoscerci attraverso il “teatro immagine”, cioè usando

solo il linguaggio del corpo. Inizialmente non è stato facile

perché, come ci spiegavano Giulia e Silvia, la nostra società è

basata sull’uso della parola e quindi è difficile esprimersi

diversamente. Invece grazie a questa attività, abbiamo

imparato che la parola è solo uno dei tanti modi per

comunicare i nostri pensieri o le nostre idee, e che

si può fare, ad esempio, attraverso l’uso dei gesti, dell’ ar-

te o della pittura. Infatti, dopo esserci ambientati un po’

di più, ci è stato chiesto di scrivere su un foglio, rimasto

anonimo, tre aggettivi per descrivere noi stessi e, dopo

averli affissi tutti al muro in modo che si potessero

leggere, ognuno ha scelto quello che preferiva, e che

non fosse il suo ovviamente, per rappresentarlo in

un’immagine; un’immagine che doveva raffigurare

qualsiasi cosa ci fosse passato per la mente leggendo quelle

parole, senza dare importanza all’uso di tecniche particolari di

disegno, ma dando semplicemente sfogo alla fantasia. Per

realizzare i nostri “capolavori incompresi” avevamo a

disposizione una decina di materiali diversi fra loro, dalla carta

crespa ai gomitoli di lana, dai colori a tempera ai fogli di

giornale, tutte cose che al momento ci hanno un po’ spiazzato,

ma che dopo si sono rivelate molto utili. Il risultato di questo

momento artistico è stato assai curioso: sono emersi molti

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simboli e colori comuni in alcuni disegni, come i cuori e il

colore rosso, piuttosto che la figura di due mani che si

congiungono e il sole; in altri casi invece si sono create

immagini più astratte e forse più coerenti con la consegna:

dare spazio alla fantasia. Sì, proprio alla fantasia, che come

abbiamo capito da questa attività, è molto difficile da

esprimere liberamente, poiché siamo tutti condizionati dai

simboli e dalle ideologie fisse della nostra società. In un

secondo tempo, accantonata la nostra vena artistica, abbiamo

fatto un “omaggio a Magritte”, cioè ci siamo ispirati a un suo

famoso quadro “Ceci n’est pas une pipe” per aprire la nostra

mente: usando oggetti che fanno parte della nostra

quotidianità abbiamo fatto finta che essi non fossero quello che

in realtà sono per noi ogni giorno, e ne è risultato che un

cestino può diventare un cappello e una ciabatta uno strumento

musicale, basta immaginarlo. Poi in seguito, sempre senza

usare la parola, abbiamo inscenato ciò che per noi è l’idea di

viaggio, rappresentando eventi musicali o confrontando realtà

diverse per esempio nel modo di mangiare. Queste due giornate

si sono concluse con un convegno al liceo Copernico dove sono

stati esposti tutti i nostri disegni e dove Samantha, Giulia e

Silvia hanno illustrato attraverso le fotografie quello che è

stato il nostro breve ma intenso percorso. Inoltre abbiamo

avuto il piacere di vedere quello che potrà essere anche il

nostro epilogo di questo percorso: il viaggio in Mozambico. In

questo caso ci è stato mostrato il viaggio che è stato fatto due

anni fa da un gruppo di alunni del liceo Copernico e con un loro

professore che ha ripreso il tutto, e che è stato colui che ci ha

“Ci è stato mostrato il viaggio che è stato fatto

(in Mozambico n.d.r) due anni fa da un gruppo di

alunni del liceo Copernico

seguiti nel progetto immortalando i momenti più significativi.

Penso di parlare a nome di tutti quelli che hanno partecipato a questo

progetto dicendo che è stata un’ esperienza indimenticabile e

soprattutto abbiamo imparato che non importa il colore della pelle o

la lingua di origine per stare bene insieme e condividere emozioni, e

speriamo che un giorno potremmo ringraziarli di persona andando

tutti insieme in Mozambico.

(Martina Barbieri)

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IL GEMELLAGGIO MOZAMBICO-ITALIA

L'istituto Rosa Luxemburg quest'anno ha deciso di partecipare al progetto di  gemellaggio tra scuole italiane

e mozambicane, assieme al Liceo Artistico (ISART) ed al Liceo Copernico, che avevano già fatto parte del

progetto. L'organizzatrice è Samanta Musarò, che con l'aiuto delle associazioni YODA e KRILA, ha promosso

e reso possibile l’attività, finanziata dal "Progetto Giovani del Comune di Bologna".

L'associazione YODA (Youths for Development Alchemy) si occupa dell'accoglienza della delegazione

straniera e propone, organizza e sostiene, eventi ed incontri che possano valorizzare e far

condividere l'esperienza del gemellaggio, con anche l'intenzione di far riflettere sulle differenze delle

condizioni economiche e sociali con i "paesi in via di sviluppo". Il suo obbiettivo, in questo caso, è far

incontrare e confrontare i ragazzi italiani e mozambicani, che partecipano al progetto.

Mentre l'associazione KRILA svolge diverse attività, tra cui laboratori di Teatro dell’Oppresso rivolti a

minori all’interno della scuola e per comunità educative extrascolastiche, e, rispetto all'associazione

YODA, ha obbiettivi più specifici, come:

●lavorare con un gruppo di persone che non si conoscono e con culture diverse, dando loro la

possibilità di integrarsi, conoscersi sulle diversità culturali che li contraddistingono;

●confrontarsi sull'idea di viaggio, e lavorare con il linguaggio del corpo, attraverso giochi, esercizi e

tecniche del teatro immagine, impegnandosi e mettendosi in gioco, senza l'uso delle parole. 

Sono 4 i delegati mozambicani, 2 studenti e 2 professori, che dal 18 al 25 ottobre, sono arrivati in Italia

e hanno partecipato al progetto "Tutti i colori del bianco e nero" con 10 studenti del nostro istituto,

insieme a Giulia Allegrini, Silvia Demozzi e Samanta Musarò, mandate dal gruppo KRILA per lavorare con

noi.

I delegati, nei giorni di permanenza, hanno visitato le scuole di Bologna che partecipavano al progetto, e

hanno lavorato con loro sul tema del viaggio. Con il Liceo Artistico hanno lavorato sulla grafica e scultura,

con il Liceo Copernico hanno colorato magliette e con l'Istituto Rosa Luxemburg hanno

partecipato al laboratorio teatrale. Poi le varie attività sono state presentate il 22 ottobre 2010 durante il

convegno "La scuola si apre al mondo", presso il Liceo Copernico di Bologna. Il 25 ottobre abbiamo salutato

i ragazzi e i professori mozambicani, con la speranza di rivederli, questa volta a Maputo, dove saremo noi

gli ospiti!

(Giulia Barbuti)

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MALGRADO TUTTO

Performance per la memoria al museo di Ustica.

Quello che pubblichiamo nella sezione “Spine e petali” di questo numero di Rosa Online è il testo che

alcuni studenti, tre dei quali della nostra scuola (Melissa Alberto, Dimitri Testi e il sottoscritto) hanno

elaborato dopo quasi un anno di lavoro sulla strage di Ustica, poche parole che riassumono sostanzialmente

una delle tragedie più importanti della seconda metà del 1900. Un gruppo di studenti provenienti da vari

Licei di Bologna (Aldrovandi-Rubbiani, Galvani, Luxemburg, Minghetti, Sabin) hanno scelto di "RICOMPORRE

LA MEMORIA" della sospetta esplosione in volo dell'aereo DC9 (avvenuta presso l'isola di Ustica) che il 27

Giugno 1980 era diretto a Palermo, e che causò la morte di tutti i suoi 81 passeggeri. L'ipotesi più

accreditata è quella di un missile. La verità è stata fortemente ostacolata. La giustizia negata.

L’aereo è ora custodito nel ex deposito ATC a Bologna (perlomeno ciò che è rimasto), nel museo della

memoria di Ustica creato dall’artista contemporaneo Christian Boltanski.

La performance, capitanata dal regista Bruno Stori, ha avuto molto successo e si è

svolta il 6 e il 7 novembre presso il museo. Grazie a internet, (si contano più di

diecimila pagine di internet sull’argomento), e la pubblicità generale, lo spettacolo

ha vantato un numero abbastanza elevato di spettatori. Un grazie particolare a Daria

Bonfietti, presidente dell'associazione “Parenti delle Vittime della Strage di Ustica”

per l'incoraggiamento dato al gruppo, ed a Veronica Ceruti e Silvia Spadoni del

Servizio educativo del MamBo, per aver contribuito alla riuscita della performance.

(Riccardo Amenduni)

Per saperne di più:

Sito web museo Ustica/Pagina Iperbole sul museo di Ustica/

Pagina Wikipedia

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VIAGGIO A MAUTHAUSEN

L’ANED è l’associazione che da tempo continua a rendersi disponibile per accompagnare gruppi di

studenti nei luoghi dell’”orrore” che non ci sarà mai concesso dimenticare. Questa volta eravamo circa

40 tra ragazzi e ragazze dei vari istituti e licei di Bologna ed eravamo diretti al campo di

concentramento di Mauthausen (Austria). Raggiungiamo il campo di Mauthausen con il pullman. La

struttura si trova sulla collina che sovrasta il paese. I deportati arrivavano con il treno in paese e poi

percorrevano a piedi la strada rimasta per arrivare al campo. Iniziamo la nostra visita dall’ Appelplatz,

un cortile enorme dove veniva fatto l’appello che poteva durare anche 3 o 4 ore. L’Appelplatz è

circondato a destra e sinistra da baracche. Qui incontriamo il sindaco e l’assessore al turismo di

Mauthausen che ci danno il benvenuto e tutti insieme ci troviamo a fare una riflessione intorno al

monumento commemorativo delle nazioni.

Continuiamo il nostro percorso ed entriamo nella Gaskammer. Una sensazione orribile ed indescrivibile,

pensare che in quelle camere sono morte centinaia di migliaia di persone fa accapponare la pelle.

Entriamo poi nella Sezierraum,una camera di dissezione con al centro un enorme tavolo di marmo, qui i

dottori nazisti toglievano anche quel poco di dignità che era rimasta ai prigionieri.

Infine il Krematorium,qui il rabbino che

ci accompagna recita una preghiera in

ebraico per ricordare tutte le vittime di

questo sterminio. Torniamo all’aria

aperta e ci imbattiamo nei monumenti

in memoria dei deportati,c’è quello

francese, c’è quello italiano,ecc.

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Per tornare al pullman percorriamo la “Scala della Morte”. Una scala ripidissima che collegava il campo

alla cava “Wiener Graben”. Adesso si è ripida e forse abbiamo fatto un po’ di fatica,ma durante

l’attività del lager i gradini erano diseguali e alti anche mezzo metro ed i prigionieri dovevano salirli con

un masso sulle spalle,velocemente. A volte, per divertirsi, le SS di guardia in cima alla scala spingevano

uno dei deportati che cadeva all’indietro trascinando con sé tutta la fila di persone. Questo viaggio ha

lasciato il segno dentro di noi e crediamo che tutti dovrebbero vivere questa esperienza. Di seguito

trascriviamo un pensiero in ricordo dei deportati che ci ha colpito molto:

“La crudeltà degli uomini non deve essere dimenticata,per impedire che simili errori si ripetano anche

in futuro. Il nostro compito è quello di fare da tramite tra coloro che hanno vissuto sulla propria pelle

questa drammatica esperienza e le generazioni che verranno,che,come noi,non conoscono direttamente

queste vicende.

NON ESISTE FUTURO SENZA PASSATO

(Virginia Loffredo e Assia Kacimi)

Qui il video sul viaggio a Mauthausen prodotto dalla Provincia di Bologna

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IL CORPO DELLE DONNE: S...OGGETTO SOCIALE

Il 21 Ottobre scorso, presso la Sala Borsa di Bologna, nell’Auditorium M.Biagi, si

è tenuto un pubblico dibattito dal titolo “Il corpo delle donne: s…oggetto

sociale”. Argomento cardine della mattinata è stato la mercificazione del corpo

femminile nella pubblicità, nell’informazione e nella società. L’incontro si è

aperto con il saluto di Ivana Sandoni, del Coordinamento Donne Spi Cgil Bologna,

che ha ringraziato tutti i presenti e in particolare i professori impegnati

attivamente a diffondere il progetto nelle scuole. Dopo questo primo intervento

si sono succeduti i portavoce degli Istituti Minghetti, Righi, Aldrovandi-Rubbiani

e Rosa Luxemburg, che hanno esposto le loro riflessioni in merito alle differenze

di genere e alla “donna oggetto”. Il più interessante tra gli interventi è risultato

quello del Minghetti; gli studenti, coordinati dalle donne Spi, hanno presentato

un video contenente una serie di interviste, raccolte prima all’interno della

scuola poi ai civili, relative alle questioni di genere. Nello stesso video gli alunni

hanno riprodotto scene significative di film riguardo le differenze di genere tra

uomo, donna, transessuali e omosessuali. Finite le presentazioni degli studenti

il professor Monti, dell’Istituto Rosa Luxemburg, ha illustrato il progetto “Il

Muro” effettuato attraverso la collaborazione degli studenti. Al termine della

mattinata uno spettacolo di danza e recitazione, proposto da un gruppo di

alunne di diversi Istituti, ha catturato l’attenzione di tutti i presenti. In

conclusione, questo incontro è stato importante per risvegliare le coscienze di

giovani e non e per evitare che la cancellazione dell’identità della donna passi

inosservata.

(Sara Cimino)

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ANCHE I BUONI VINCONO

La rivincita dei buoni è il secondo album

ufficiale del rapper avellinese Ghemon Scienz,

pubblicato nel 2007 dalla Saifam.

Il disco contiene diciannove tracce realizzate in

collaborazione con vari dj, beat maker e

produttori. Per citarne alcuni: Dj Shocca,

Dj Tsura, Frank Siciliano ecc.

Ascoltando il disco si notano con piacere i cinque

featuring di cui Ghemon si avvale: Gialloman, Al

Castellana, Hyst, Frank Siciliano e Pete Philly.

Nel complesso l’LP appare come un capolavoro,

un continuo intrecciarsi di stili e generi musicali

che rendono l’atmosfera rilassata ma allo stesso

tempo carica di tematiche profonde.

I testi, che basano per la maggior parte sullo

story telling, sono curati nel dettaglio, sempre

in perfetta sintonia con i beat che appaiono

come veri e propri “compagni di viaggio” dei

versi che il sapiente Ghemon ha saputo ricamare

con cura sfruttando al massimo le atmosfere

malinconiche, a tratti quasi surreali date dai

suoni Jazz&Blues che riecheggiano spesso

nell’hi-fi ascoltando l’album.

Le tematiche trattate sono quelle quotidiane:

amore, stress, solitudine e un tocco di nostalgia

che non manca mai, un po’ come se fosse il sale

di queste liriche.

Page 16: RosaOnLine n° 3

“Amore + Stress + Solitudine

= Il sale delle liriche

„Come ogni grande capolavoro anche questo ha il

suo difetto nascosto, i quasi 80 minuti di disco

sono una vera sfida per l’ascoltatore che voglia

assaporare con la dovuta attenzione ogni

traccia.

La rivincita dei buoni è un disco “notturno”, a

tratti ipnotico, una ninna nanna rap che

addormenta i problemi reali della vita

quotidiana, invitando, anche per la sola durata

di una traccia, a riflettere in modo intenso,

allontanando la mente e l’orecchio dagli

standard che la vita veloce e gli stereotipi

propongono quotidianamente.

(Francesco Pio D'Apollo)

DA ZARRO AD ASTRO NASCENTE DEL RAP

Chiunque sia vicino alla cultura Hip-Hop avrà

sicuramente sentito parlare di Emis Killa.

Per tutti gli altri ecco una breve biografia per

introdurvi l'artista di oggi.

Emiliano Giambelli in arte Emis Killa nasce nella

periferia di Milano, a Vimercate, il 14/11/89;

dapprima appassionato della musica elettronica

e della vita da discoteca, nel 2004 inizia ad

appassionarsi alla musica rap e due anni più

tardi inizia a scrivere testi. Lo scrivere canzoni

viene in un primo momento accantonato per

lasciar spazio alla sua passione per il writing.

Page 17: RosaOnLine n° 3

Si deve aspettare il 2007 per vedere la vera

ascesa di Killa: prima la vincita del torneo di

freestyle Tecniche Perfette per la regione

Lombardia e poi arriva in finale al Tecniche

Perfette nazionale e va vincere nonostante la

precoce età di 17 anni. Da li inizia a sfruttare

questa sua grande abilità lirica e fa uscire

parecchie canzoni prima di entrare nel 2008

nella Blocco Recordz, casa discografica

indipendente milanese, e a dicembre del 2009 fa

uscire il suo primo disco: KETAMUSIC.

Il successo è tanto, la collaborazioni fioccano e il

nome di Emis Killa viene accostato a nomi quelli

del Club Dogo, Fabri Fibra, Marracash e alcuni

paragonano la sua abilità nel freestyle pari a

quella di Ensi (3 volte campione italiano di

freestyle al 2TheBeat). Il 2010 è l'anno propizio

entrando nel giro di YouPush.it, sito principale

sulle nuove hit del rap italiano, e non passa

molto tempo che esce il secondo album di Killa:

CHAMPAGNE & SPINE.

Le collaborazioni sono notevoli, le produzioni

eccellenti, vengono persino prodotti un paio di

video ufficiali su alcune canzoni e la qualità del

ragazzo è ormai un dato di fatto.

Emis Killa è stato argomento di discussioni per

parecchio tempo da parte degli esperti del

genere per il fatto che non rappresenti a pieno

l'ideale del rapper. Non veste largo, ha le spille

ai jeans, è strafottente e reppa sopra la musica

house eppure ha delle capacità straordinarie e

fa arrivare i suoi messaggi forte e chiaro.

Il perché nessuno lo ha capito ancora per cui non

vi resta che ascoltarlo e dare una vostra

opinione.

(Luca Fiorini)

“La qualità del ragazzo è ormai

un dato di fatto...„

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GIUSTIZIA PRIVATA

Clyde Shelton (Gerard Butler) è un ingegnere e funzionario della CIA che ha

deciso di abbandonare il suo lavoro per dedicarsi alla famiglia. Una sera

due malviventi lo aggrediscono uccidendo davanti ai suoi occhi la moglie e

la figlia.

Nonostante Clyde li abbia visti, riconosciuti e denunciati, il processo non

avrà mai luogo perché il Pubblico Ministero Nick Rice ( jamie foxx)

patteggia una pena più leggera pur di vincere la causa. Tradito dal sistema

giudiziario nel quale credeva, Clyde decide di vendicarsi di chiunque abbia

partecipato a quell’accordo.Dieci anni dopo, cioè il tempo necessario per

progettare il suo incredibile piano per vendicarsi, Clyde cattura l’assassino

e lo uccide in modo atroce.Lasciando appositamente tutte le prove sul

luogo del delitto, si lascia arrestare, ma tutto questo era previsto nel suo

piano… Messo in galera , uccide anche il suo compagno di cella,così da farsi

spostare in isolamento.Da qui inizia una serie di omicidi, tutti di persone in

qualche modo coinvolte nel processo di dieci anni prima, molte di esse

innocenti, e tutti sospettano che il responsabile sia Clyde, anche se non si

capisce come possa fare a compiere i delitti, dato che è in galera, e per

giunta in isolamento. Solo alla fine si scoprirà la verità…

Il finale mi ha lasciata un po’ incerta e mi ha sorpresa… e

spero sorprenderà anche voi se guarderete questo

fantastico film!

Il mio parere: è un thriller ben costruito che

incuriosisce e disorienta con una varietà di

possibili soluzioni . Si è rivelato un film emozionante

come pochi, che ha catturato la mia attenzione sin dal

primo istante e mi ha fatto riflettere anche sul tema

della giustizia.

(Valentina Sapori)

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HO DODICI ANNI FACCIO LA CUBISTA

Marida Lombardo Pijola giornalista, inviata speciale del "Messaggero", grazie all'aiuto di Laura Bogliola,

racconta storie di giovani ragazzi e ragazze, di età compresa tra gli 11 e 14 anni , che narrano le

proprie vicende: in particolare si parla di lolite, bulli, pedofilia e adozioni.

Sono giovani che trescano per fare carriera, trasgrediscono per sembrare adulti agli occhi degli altri,

guadagnandosi soldi facili per permettersi tutto ciò che vogliono, tutto ciò che fa parte di una nuova

mentalità che, con il tempo, si sta propagando tra i ragazzi d'oggi.

Marida Pijola entra nelle vite di questi giovani mostrando la dura realtà che ci circonda. Il suo

linguaggio è giovanile e molte pagine del libro descrivono conversazioni tra giovani che parlano della

propria vita, oppure danno proprie opinioni su ciò che li circonda.

È un libro intenso e realistico, che di sicuro riuscirà ad incuriosire le vostre menti.

(Sara Abousaid)

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IL QUADERNO AZZURRO

Batuk ha 15 anni e due tesori: la sua bellezza e una matita. Venduta dalla famiglia in cambio di poche

rupie, ha cominciato a lavorare nel quartiere a luci rosse di Mumbai alla tenera età di 9 anni. Batuk lavora

molto, nella sua gabbia che lei chiama "nido" fa le torte, una metafora infantile per dire che nel bordello

dove vive è a disposizione dei clienti che la sfruttano. E' considerata molto preziosa insieme al vicino di

"nido" Puneet, perché è l’unico maschio presente nella casa. Tra i due bambini si instaura un profondo

rapporto di amicizia: si raccontano i segreti, giocano ma soprattutto si fanno forza l'un l'altro. Puneet è

più volte presente nelle sue fantasie, sotto le vesti di un principe che la porta via da quel mondo di

volgarità da lei, purtroppo, scoperto troppo presto. Per sfuggire all'orrore quotidiano e alla realtà, Batuk

si improvvisa scrittice, racconta della propria schiavitù e delle condizioni in cui si trovano le sue

"colleghe" annotando tutto su un piccolo quaderno azzurro, ma i suoi racconti , a volte, sono anche

racconti fantastici, storie di principi e principesse e di un mondo che lei purtroppo ha assaporato poco e

di un futuro che può solo sognare. Attraverso la scrittura la piccola bambina trova una via di sfogo,

denunciando tutte le ingiustizie e il dolore atroce che spetta a una prostituta come lei. Questo romanzo

coinvolge sin dalla prima pagina, è un libro che commuove, che porta a riflessioni profonde, ma

soprattutto che insegna ad amare la vita, come la ama la piccola Batuk che ci insegna a non "mollare" mai

e a lottare per i nostri sogni. Ecco un piccolo passo molto significativo tratto dal libro:

"...perché ti piace scrivere, se non sei capace? chiede il padrone bruscamente. Sono davanti a lui...gli

rispondo: lo faccio perché mi piace mettere cose sulla carta. Mi piace vedere i miei pensieri, perché

altrimenti sono invisibili"

(Eleonora Minelli)

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VALIGIE DI STORIE, STORIE DI VALIGIE

Questo è il testo prodotto dalle ragazze del laboratorio teatrale legato al Progetto Intercultura dell'Istituto, nell'anno scolastico 2009 2010.

Ecaterina: Sono rosso Fatima: Sono 2002Irina: Sono DicembreSuad: Sono sciarpaNohaila: Sono violaEcaterina: Sono Aisha!

Irina: E’ inverno. L’aria è molto fresca. Il vento porta tutti i fiocchi di neveSuad: Il vento porta l’aria profumata…….. Fuori dalla finestra ci sono le persone che si muovono.Ecaterina: Fuori dalla finestra si muove tanta gente. Gli alberi sono verdi. Il mio vestito è bianco e nero. I miei ricordi sono i miei amici.Fatima: I miei ricordi sono verde e giallo. Durante il viaggio vedrò di tutto e di più, nuova gente e nuove culture.Nohaila: Durante il viaggio vedrò famiglie unite. Nasconderò i miei ricordi nel mio petto. Saluterò tutte le persone che incontro in silenzio. Non dirò niente a nessuno. Fatima: Saluterò tutte le persone che incontro normalmente come sempre.Ecaterina: Saluterò tutte le persone che incontro con Buongiorno!Suad: Saluterò tutte le persone che incontro con un sorriso!Irina: Saluterò tutte le persone che incontro con un sorriso semplice.Fatima: Secondo l’orientamento usato in questo libro, le

cause delle somiglianze e delle differenze socioculturali vanno ricercate principalmente nella

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cultura stessa, più che nella biologia. Fino al diciannovesimo secolo, quasi tutti gli occidentali colti erano convinti sostenitori delle teorie di razziologia scientifica. Essi ritenevano che gli asiatici, gli africani e i nativi americani potessero realizzare una società industriale solo lentamente e in modo non adeguato. Gli studiosi sostenevano anche di possedere delle prove scientifiche della superiorità intellettuale dei bianchi e affermavano che un invalicabile abisso separava gli europei dal resto dell’umanità.

Suad : Sono un’esploratrice. Ho già viaggiato altre volte, con molte navi; sono sempre stata dietro..Ora mi hanno proposto di essere il comandante; ora devo essere più responsabile. Devo far vedere che sono forte, che sono capace di portare la nave.

Anche se da una parte c’è la paura, ho deciso di prendere coraggio. Ho deciso! Accetto l’incarico!

Quindi, siamo partite! Eravamo in cinque. Siamo andate verso un posto che nessuno conosce; mi hanno detto che qualcuno abita lì. Ci sono stati molti pericoli:il mare in tempesta, giorni senza vento e senza stelle;il viaggio lungo e stancante. Ma finalmente, dopo tanto tempo…..

Ecaterina: Guardatee!!

Tutte in coro: Terra in vistaaaa!!

Suad: E delle persone che vivevano lì. Sembravano strani; sembrava che non avessero mai visto nessuno prima di noi… forse avevano paura di noi… si nascondevano.Guardandoli bene, mi dico: “Ma sono proprio strani! E tanto diversi da noi!”

Per fortuna che hanno incontrato noi!! Li aiuteremo a vestire meglio… a imparare a parlare…Perché io ho provato a parlare con loro, ma loro non capiscono niente! Ripetevano solo le mie parole!Io sono Suad! Il mio nome è Suad!!Hai capito? Tu come ti chiami? Il tuo nome! Qual è?Ma com’è possibile che non capiscano proprio niente di quello che dico??!!Davvero ho provato con tutti i gesti possibili, ho perso un giorno intero…e solo per dire il mio nome..!Mi guardavano e..

Fatima: La spiegazione razziale della supremazia politica europea era un comodo alibi per il colonialismo, lo sfruttamento dei popoli incapaci di difendersi dagli eserciti europei, tecnologicamente più avanzati.

***

Nohaila: Non veniva dal mare

né dai monti coperti di neve,

non aveva nessuna moglie

E neanche un dio sapeva pregare.

Non conosceva nessuna lingua

e per parlare usava un violino

che raccolse ai piedi di un sogno

sotto il cielo di un giorno lontano.

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Irina: Questo non è, questo non è..Qui non c’è, qui nemmeno..Ma dove l’avrò messo??

Ecaterina: Ma che cosa cerchi?

Irina: Ho perso il mio gatto!!!. Mi ha accompagnata fin qui, in Giappone.Fatima : In Giappone??!! Irina: Ho lasciato tutto per lui…Nohaila: Per il gatto??!! Irina: Per il mio VIOLINISTA… la sua musica era

come il vento. Ha parlato al mio cuore, ha portato il mio cuore via, con sé.Quando se ne è andato lontano, io…

Suad: Eh, tu che hai fatto?

Irina: Ho messo tutto in valigia, ma non avevo bisogno di niente…Solo della sua voce

Nohaila leggeE già cadevano le prime stelleda quegli occhi accesi in un giornopoi il silenzio di quella nottelentamente confuse il ricordodi un violino venuto dal nullache con sé portava il saporedi un volo libero per ogni cielo,senza confini e senza paure.

***

§Ninna nanna

Suad legge … così,cantando,vedeva addormentarsi la sua bambina

Ecaterina: Non ti lascio, angelo mio.(Ecaterina porta la candela a Nohaila e le dà la candela) Starai con me (rivolgendosi a

Nohaila)è ora di tornare a casa (torna in

fretta alla valigia)

Nohaila: Torna tranquilla tra le nostre braccia,

la tua famiglia sempre ti accogliee con affetto ti abbraccia.

Ecaterina: Avrai una sorellina, angelo mio, e un papà con cui giocare

Irina: La famiglia È fatta di persone Che si vogliono bene

Ecaterina: Siate forti, angeli miei, (Ecaterina porta la candela

a Fatima e le dà la candela) la vostra mamma

è sempre con voi anche da lontano

Fatima: Ma il cuore soffre Quando la mamma è lontana

Ecaterina: Ma la gioia più grande per una mamma È ritrovarsi Stare insieme Guardarvi Ridere Piangere Abbracciarvi Darvi un bacio Buona notte

Suad legge: e così continuerannoInsiemeGiorno , dopo giorno,dopo giorno…

***

Irina: Udite , udite…notizie dal mondo!! Notizie belle e notizie brutte!!Notizie false e notizie vere!

Irina: Gentili telespettatori, buona sera!Partiamo ora con le notizie vere.

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I bambini giocano alla guerra. E' raroche giochino alla pace perché gli adulti da sempre fanno la guerra. Tu fai "pum" e ridi; il soldato spara e un altro uomo non ride più.

Irina: In Palestina, is not a place to be

Irina: This world goes crazyNohaila: Questo mondo sta impazzendoIrina: It’s an atrocityNohaila: E’ un’atrocitàIrina: In Pakistan , still not

the place to be Nohaila: Nemmeno il Pakistan è un posto

in cui posso vivereIrina: They kill my parentsNohaila: Uccidono la mia genteIrina: It’s a calamityTutte: Go Masai, go MasaiIrina: Be mellowTutte: Go Masai, go MasaiIrina: Bi sharpTutte: Go Masai, go MasaiIrina: Bi mellowTutte: Go Masai, go MasaiIrina: Bi sharpNohaila: Adesso sono quaEcaterina: Ma sei lontana da casa!!Nohaila: Quando sono arrivata qui non

riconoscevo nessun luogoFatima: Come hai fatto con le persone

nuove? Nohaila: Nessuno mi salutava

Io non salutavo nessunoOra racconto la vita di chi è lontano

Suad: Cosa vedi in chi ti ascolta? Nohaila: Spesso mi guardano senza credere

Ma ascoltate, questa è la vita nel mio paesee in tanti paesi.Ci sono persone che ogni giorno sparisconoAnche adessoE’ forse giusto?Voglio scriverlo Perché è giusto sapere Ed è giusto ricordare

Irina: Politiki maniPolitiki ma

Tutte: Politiki mani Ja Politiki maa

Irina: Uba neghe neghe naSuli te le

Tutte: Uba ja ba na Suli te le

Irina: Sa pe pi jieSa pe pi jie

Tutte: sa pe pi jieOh sa pe pi jie

Nohaila:La Palestina non è un posto in cui possovivere

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***Fatima: Stoffe di seta colorata!! Vengono

dall’India !! Mi raccontano mani di donne che cantano sotto il sole, lavorano e faticano sotto il sole, che danzano sotto il sole. Mi parlano di occhi e di cieli celesti e sereni. Guardate che colori!! Avete mai visto dei colori così belli??

Irina: Partiamo, dunque! E andiamo a vedere queste mani, questi colori, queste danze!

Ecaterina: Ma dove scappi??

Fatima: Cibi prelibati!! signore e signori! Saporiti, delicati, dolci, agrodolci, piccanti, affumicati, sott’olio e sott’aceto!! Ce n’è per tutti i gusti e per tutti i palati!! Assaggiate le cucine del mondo: varietà e ricchezza!! Avete mai provato dei piatti tanto appetitosi??

Nohaila: Partiamo, dunque!! E andiamo ad assaggiare queste delizie!!

Ecaterina: Ma dove scappi??

Fatima: Ascoltate… Sono suoni lontani!!! Si racconta che antichi popoli di un paese lontano usassero il suono per parlare con gli spiriti del cielo e della terra!! Questa musica mi ricorda……Avete mai sentito una musica così bella muoversi nell’aria??

Suad: Partiamo, dunque!! E andiamo a scoprire questi suoni!!

Fatima: Si! E’ arrivato il momento! E’ ora di vedere con i miei occhi! Voglio assaggiare, ascoltare, sentire profumi,guardare con gli occhi! Voglio vivere questa vita. Fino ad ora ho immaginato, ho viaggiato solo nella mia mente! Ma adesso…Si parte!!

***LetturaNohaila: A ottanta miglia incontro al vento di maestro, l’uomo raggiunge la città di Eufemia, dove i mercanti di sette nazioni convengono a ogni solstizio ed equinozio. La barca che vi approda con un carico di zenzero e bambagia tornerà a salpare con la stiva colma di pistacchi

Ecaterina: colma di pistacchi e semi di papavero; e la carovana che ha appena scaricato sacchi di noce moscata e di zibibbo già riempie i suoi basti per il ritorno con rotoli di mussola dorata. Ma ciò che spinge a risalire fiumi e attraversare deserti per venire fin qui non è solo lo scambio di mercanzie che ritrovi sempre le stesse

Suad: sempre le stesse in tutti i bazar dentro e fuori l’impero del Gran Khan, sparpagliate ai tuoi piedi sulle stesse stuoie gialle, all’ombra delle stesse tende scacciamosche, offerte con gli stessi ribassi di prezzo menzogneri. Non solo a vendere e a comprare si viene a Eufemia, ma anche perché la notte

Irina: anche perché la notte, accanto ai fuochi tutt’intorno al mercato, seduti sui sacchi o sui barili o sdraiati su mucchi di tappeti, a ogni parola che uno dice – come “lupo”, “sorella”, “tesoro nascosto”, “battaglia”, “scabbia”, “amanti” - gli altri raccontano ognuno la sua storia di lupi, di sorelle, di tesori, di scabbia, di amanti, di battaglie.

Fatima: di tesori, di scabbia, di amanti, di battaglie. E tu sai che nel lungo viaggio che ti attende, quando per restare sveglio al dondolio del cammello o della giunca ci si mette a ripensare tutti i propri ricordi a uno a uno, il tuo lupo sarà diventato un altro lupo, tua sorella una sorella diversa, la tua battaglia altre battaglie, al ritorno da Eufemia, la città in cui ci si scambia la memoria a ogni solstizio e a ogni equinozio.”

FINE del VIAGGIO

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MALGRADO TUTTO

Prologo

Bruno Stori, il regista, richiama gli spettatori all’entrata del Museo, mentre gli otto ragazzi sono già seduti all'interno, sulla scala che scende verso il relitto dell’aereo, e legge le parole del pilota del volo Itavia IH 870, come risultano dalla registrazione fatta mezz’ora prima dell’atterraggio:

“Signore e signori, buonasera. Brevi comunicazioni sul volo dalla cabina di pilotaggio. Stiamo procedendo a una quota di 7500 metri circa due minuti fa abbiamo lasciato l’isola di Ponza per volare in linea retta su Palermo, dove stimiamo di atterrare fra circa mezz’ora. Il tempo procedendo verso sud è in miglioramento,per cui su Palermo è previsto tempo buono. Visibilità ottima, temperatura 22 gradi. La nostra rotta: da Bologna, via Firenze, Bolsena, abbiamo lasciato Roma sulla nostra destra, poi Ponza come vedete. La nostra velocità rispetto al suolo è di circa 17mila nodi. Ladies and gentlemen…”

Gli spettatori entrano nel museo e percorrono lentamente il ballatoio, tutt’intorno all’installazione, fino a fermarsi lungo la balaustra nelle posizioni prestabilite. Dopo un minuto di osservazione silenziosa i ragazzi si alzano dalla scala per raggiungere le loro posizioni accanto all’aereo. I narratori hanno davanti a loro, a poca distanza, un settore di pubblico e iniziano il racconto della vicenda.

“Il 27 giugno1980, il velivolo DC9 I-TIGI della compagnia Itavia decolla dall’aeroporto “Guglielmo Marconi” di Bologna.Il DC9 ha a bordo 81 passeggeri, 4 membri dell’equipaggio: uomini, donne, bambini.Il volo è diretto a Palermo e parte alle 20.08, con due ore di ritardo. L’atterraggio è previsto per le 21.13.Il volo si svolge regolarmente fino all’ultimo normale contatto radio avvenuto alle 20.58. Alle 21.04, chiamato per autorizzare l’avvio della fase di atterraggio su Palermo, il DC9 non risponde. Alle 21.15 si avviano le operazioni di ricerca.

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Durante la notte, diversi aerei, elicotteri e navi percorrono invano il tratto di mare sul quale si sono perse le tracce del DC9, soltanto all’alba un elicottero avvista una chiazza oleosa tra Ponza e Ustica, segue il rinvenimento di oggetti e di corpi umani. Di questi ne sono recuperati soltanto 38.”

Al termine del racconto dei vari narratori segue una pausa. Tutti si voltano verso l'aereo. Poi rigirandosi verso il pubblico, i ragazzi indicano le grandi casse nelle quali sono raccolti gli oggetti personali dei passeggeri, tutto ciò che è stato ritrovato. Ogni narratore pronuncia una decina di nomi, ed i relativi oggetti.

Poi, lentamente, i ragazzi si avvicinano all'aereo. Un momento di silenzio osservando il relitto. Poco alla volta, risalgono la scaletta ed escono seguiti dal pubblico.

I narratori si radunano sulla piattaforma in cemento della statua antistante l’entrata del museo. Il pubblico si dispone a semicerchio davanti a loro.

Inizia il discorso a 8 voci, con ritmo incalzante.

B: Questa che vi dobbiamo raccontare è una storia con 81 nomi, 81 facce e 81 storie diverse.T: E' la storia di Pierpaolo il tecnico di 33 anni che era stato mandato ad aggiustare quel metanodotto

di Gela.Me: E' la storia di Giuliana, la bambina di soli 11 anni che aveva voluto andare a trovare il papà con un

giorno di ritardo per fargli vedere la pagella che le avevano dato quella mattina.R: E' la storia di Alberto, di 37 anni, che andava a trovare la moglie e la figlia di 7 anni.D: Questa è la storia di Cinzia, di Sebastiano, di Salvatore, di Elvira, di Berta, di Vincenzo…

è la storia di 81 persone che salirono sul DC9 la sera del 27 giugno 1980.

Mat: Partenza aeroporto “Guglielmo Marconi” di Bologna. I: Arrivo Palermo “Punta Raisi”. Ma: L’aereo è in ritardo quella volta. B: Di due ore.T: Nella sala d’attesa, chi parla,Me: chi legge, chi pensa alle vacanze, R: chi al lavoro che lo aspetta,D: chi non vede l’ora di arrivare…Mat: Alle 20 finalmenteI: l’altoparlante annuncia l’imbarco.Ma: Ultimi saluti. Ultimi abbracci. Poi la partenza.B: Un’ora dopo, 730 chilometri più a sud,T: parenti, amici, colleghi aspettanoMe: aspettano l’arrivo di quell’aereo,R: ansiosi di vedere i visi noti,D: i visi amati.Mat: Ma il tempo passa e l’aereo non arriva.

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I: Che fine ha fatto?Ma: E’ stato dirottato?B: E’ caduto?T: Si dice che è disperso.Me: Soltanto la mattina dopo R: nel mare vicino all’isola di UsticaD: Si nota una chiazza di Kerosene,Mat: E più tardi cominciano ad affiorareI: ciabatte, vestiti, Ma: una bambola dal vestitino rosso,B: poi anche dei corpi.

T: Ma come ha fatto a cadere l’aereo?Me: Si muove la procura di PalermoR: La Procura di RomaD: La Procura di BolognaMat: Il Ministero dei TrasportiI: Anche la MagistraturaMa: Le ipotesi furono B: Un cedimento strutturaleT: Che si rivelò infondatoMe: Ma non era stata una bomba?R: Prima dicono che era stata collocata nel bagnoD: e poi trovano il water intatto Mat: Già, fu solo un depistaggio

I: Potrebbe essere stata una collisione in volo o un missileMa: A risonanza o a perforazione?B: Venti giorni dopoT: sulle montagne della Sila Me: ritrovarono un aereo libicoR: Dissero che il pilota era appena mortoD: In realtà era morto 20 giorni primaMat: Anche i tracciati radar segnalavano la presenza di un altro aereo I: accanto al DC9 Ma: Un episodio di guerra nascosta?B: Forse il missile era indirizzato all’aereo libicoT: che si era nascosto sotto il segnale radar del DC9Me: Ma di chi era il missile?R: Sicuramente c’entrano i FrancesiD: Ma no, sono stati gli AmericaniMat: E perché volevano abbattere un aereo libico?I: Forse pensavano ci fosse GheddafiMa: … allora c’era la Guerra Fredda B: e la Libia era vista come il motore del terrorismo araboT: Ma c'erano grandi interessi economici con l'ItaliaMe: Di tutta questa storia ci sarà qualcuno che ne sa qualcosa?R: I vertici dell’aeronautica militare devono sapere cosa è successoD: Quando furono interpellati cominciarono a venir fuori contraddizioni

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Mat: CopertureI: False testimonianzeMa: OmissioniB: Manipolazione e occultamento di prove materialiT: come gli archivi radarMe: Senza contare le dodici morti sospette legate a questa faccendaR: 3 suicidiD: Di cui uno definito “innaturale”Mat: 4 incidenti stradaliI: 2 incidenti in voloMa: 2 omicidiB: Un infarto in giovane etàT: Gente che poteva parlareMe: e a cui fu impedito.R: Troppa gente che sa e non parla.D: Non hanno capito che le questioni militari sono meno importanti

di quelle civili …Mat: Ma come ragionano questi militari?I: “Ci fu ordinato di farci gli affari nostri, di stare zitti”Me: dice un aviere in servizio quella notteB: Venti anni di indaginiT: migliaia di cartelle di attiMe: un milione e mezzo di pagineR: e quasi trecento udienze processuali

D: Ma perché?Quanto ci vuole a capire perché mai un aereo non è arrivato a destinazione?

Mat: Le indagini si concludono il 31 agosto 1999con la sentenza che dichiarò“il non doversi procedere in ordine al delitto di strageperché ignoti gli autori del reato”

I: La sentenza riconobbe che non fu un cedimento strutturale dell'aereo ma fu una causa esterna a farlo esplodere

Ma: ma non sono ignoti gli autori del reatoB: o meglio non si vuol dire...T: Si sa bene come sono andate le coseMe: Fu un azione di guerra tra un caccia francese o americano

e un caccia libicoR: con a bordo Gheddafi che volevano eliminareD: un missile centra il DC9...Mat: ma non ci sono né prove, né indizi, giuridicamente validiI: e allora...Ma: ...nessun colpevole. B: Io so. T: Io so i nomi dei responsabili.

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Me: Io so che non è stato un incidente. R: Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.D: Io so perché cerco di seguire tutto ciò che succede e di

immaginare tutto ciò che non si sa e che si tace. Me: Sopra quell’aereo c’erano i padri, le madri, i figli, i fratelli, le sorelle,

i nipoti, i nonni, c’erano gli amici…andavano a PalermoI: e a Palermo c’erano padri, madri, figli, fratelli e sorelle, nonni e

nipoti e amici che aspettavano.Ma: Sopra quell’aereo viaggiavano pensieri, desideri, aspettative, sentimenti, parole B: che sono le nostre stesse parole, i nostri stessi pensieri, desideri, aspettative, sentimenti. T: Quelli di noi tutti.

Allora io dico che sopra quell’aereo c’eravamo anche noi.Me: E che anche noi quel giorno siamo mortiR: proprio noi che quel giorno non eravamo neanche nati.Mat: Alla tragedia umana della morte di 81 personeMe: si è sommata la tragedia civile di uno Stato.Ma: Di uno Stato che non ha potuto, ne saputo, fornire una spiegazione.D: La colpa è dei padri. Ma nessuno è innocente. Mat: Neanche i figli finché queste colpe non le spazzano via.I: “Il nostro è un paese senza memoria e senza verità…

(e senza giustizia) Ma: ed è per questo che io cerco di ricordare.”

E allora?

E allora malgrado tutto, io......continuo a pensare con la mia testa...ballo...continuo a rialzarmi...continuo a fare e a farmi domande...continuo ad immaginare...continuo a suonare...continuo a desiderare

E malgrado tutto e contro tuttoIo continuerò a raccontare questa storia.

Me: Melissa Alberto (Luxemburg) R: Riccardo Amenduni (Luxemburg)B: Benedetta Degli Esposti (Sabin) Mat: Matilde Fabbri (Sabin) T: Tobia Librio (Sabin)I: Irene Resca (Minghetti) D: Dimitri Testi (Luxemburg) Ma: Maria Visconti (Galvani)

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IL CIC DEL LUXEMBURG

Ognuno di noi ha un problema. Nell’ITC Rosa Luxemburg ci pensa il CIC a risolverli.

Il CIC è il centro informazioni e consulenza. Esso dà informazioni sul benessere degli

studenti ed è organizzato a seconda dei fondi disponibili nel bilancio della scuola.

Il CIC è stato organizzato negli anni ‘90 per aiutare i ragazzi, anche stranieri, che

fanno uso di sostanze stupefacenti o anche chi ha altri tipi di problemi.

Il CIC si occupa anche di dar vita a molti progetti:

-Spazio Giovani: si tratta appunto di uno spazio dove puoi parlare dei problemi come

il fumo o i metodi di contraccezione, e ti aiuta a stare meglio fisicamente, portando i

ragazzi a incontri con specialisti come dietologi, dietisti, psicologi, ginecologi o

andrologi. Si organizzano anche visite all’USL.

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-Sportello d’ascolto: di esso si occupano le professoresse Pappalardo, Sciascia e

Santella, che si occupano dei problemi adolescenziali (problemi coi genitori, con gli

amici, problemi scolastici, ecc..). In alcuni casi la Tutor della classe chiede aiuto a

queste professoresse e assieme formano una rete di informazione.

-Sportello d’ascolto della psicologa che svolge incontri con classi e con persone

singole.

Un altro progetto di cui si occupa il CIC è il Sostegno al curricolo, nel quale si

affrontano tematiche scolastiche e si organizzano progetti con altre scuole, si

approfondiscono altre tematiche e si può scegliere di fare volontariato.

Gli orari del CIC sono:

Prof. Santella: il Lunedì alle 11.05

Prof. Pappalardo: (su appuntamento) il Martedì alle 11.05

Prof. Sciascia: il Giovedì alle 12.05

La Psicologa il Martedì e il Venerdì dalle 9.00 alle 13.00 (a parte alcune occasioni in in

cui è presente anche al pomeriggio per genitori e professori).

(Licia Taglioli e Nouhaila Amir)

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direttore responsabile:

prof. Paolo Bernardi

hanno collaborato a questo numero:

Sara Abusaid

Riccardo Amenduni

Nouhaila Amir

Martina Barbieri

Giulia Barbuti

Sara CImino

Francesco Pio D'Apollo

Kevin Debiagi

Luca Fiorini

Assia Kacimi

Virginia Loffredo

Eleonora Minelli

Valentina Sapori

Licia Taglioli

Silvio Vaccari

realizzazione grafica ed impaginazione:

Riccardo Amenduni, Francesco Pio D'Apollo,

Luca Fiorini, Vadim Kitsak,

consulente:

Akio Takemoto, (CrossingTV)

coordinamento ‘Progetto Intercultura’:

prof.ssa Graziella Giorgi

Anche tu vuoi dire la tua o semplicemente partecipare

alla realizzazione di un numero di Rosaonline?

Contattaci scrivendo a [email protected] o mandaci direttamente un articolo.

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