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Rilettura Critica Della Storia Delle BR e Del Rapimento Di Aldo Moro

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Rilettura Critica Della Storia Delle BR e Del Rapimento Di Aldo Moro

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    Brief summary for non italian readers

    Rilettura critica della storia delle BR e delrapimento di Aldo Moro

    Robertobartali.it - Rilettura critica della storia delle BR e del rapimento... http://www.robertobartali.it/cap09.htm

    1 di 27 08/10/2013 18:45

  • Nel rileggere 18 anni di lotta armata in Italia ci si accorge che ogni tanto, qua e l, rimangono dei buchineri nel terrorismo rosso, buchi coperti anche di segreti, spesso inconfessabili, di chi contro quellastagione di utopie rivoluzionarie e sanguinarie ha esercitato l'arma della repressione in nome dello Stato,ma anche di chi a Sinistra ha assistito alla gestazione ed alla nascita del fenomeno BR. A parzialeconferma di ci e nella stessa direzione del mio pensiero - per quanto sarebbe comprensibile se aqualcuno sembrasse inopportuno fare della mera dietrologia con quanto affermato da un ex terrorista -vanno le parole di Patrizio Peci, primo "pentito" delle Brigate rosse: "Lo stato allora [agli inizi dell'attivitbrigatista] - poi non pi - ti lasciava gli spazi per poter sperare nella vittoria [...] lo stato poteva avereinteresse a lasciare spazio alla lotta armata. Interessi velati, e magari contrapposti, ma certamente tesi acreare confusione. Altrimenti la lotta al terrorismo sarebbe stata pi immediata e aspra. Ci avrebberostroncato subito, come hanno fatto quando gli parso il momento". Il fatto che non ritengo ammissibileparlare di dietrologia quando in ballo ci sono anche dei morti ammazzati, ma soprattutto quando perfino adistanza di 25-30 anni dagli accadimenti continuano ad amergere nuovi frammenti di verit fino ad oranascoste. Analizzando la storia della folle epopea brigatista, ci si accorge che sono presenti con una certacostanza degli accadimenti "particolari", delle coincidenze strane, cos prodigiosamente tempestive, da farsupporre - pur nella scarsit di prove certe - degli interventi esterni ben mirati in una determinatadirezione.Non possiamo per esimerci dall'aprire una finestra su una certa parte della Sinistra italiana, ed in modoparticolare su quell'area "dura" che dal 25 Aprile 1945 (ma forse sarebbe meglio far risalire il tutto allac.d. "Svolta di Salerno") non ha mai smesso di sognare la rivoluzione. Un grigio alone di mistero e di'indicibilit' avvolge ancora certi aspetti degli anni immediatamente successivi alla fine della Secondaguerra mondiale ed in particolare gli avvenimenti che riguardano l'evoluzione di quella che fu Resistenzauna volta finita la guerra. Basti pensare alle violente polemiche che il volume scritto da Pansa (Il sanguedei vinti) ha provocato. Questo ha probabilmente due ordini di ragioni: il primo concerne il fatto che laResistenza, in quanto elemento decisivo e fondante della Repubblica, ha assunto e continua ad avere -percerti aspetti giustamente- un alone di mito. Il partigiano che combatte per la libert dal nazi-fascismo faparte della storia, del costume e del sentire comune della maggior parte degli Italiani. Il mito delpartigiano dunque un elemento fondamentale dell'Italia post-fascista anche perch aiuta -se cos si pudire- a "ripulire" gli italiani dalla macchia costituita dal diffuso sostegno al regime di Mussolini e -perchno- da quel brusco cambio di alleanze (che per taluni fu un vero tradimento o, come la chiama Elena AgaRossi, una "morte della Patria") che fu l'8 Settembre. Il secondo aspetto che non consente una tranquillatrattazione dell'argomento "Resistenza dopo la fine della Resistenza" invece decisamente meno nobile, eriguarda direttamente la storia del PCI, un partito che - bene ricordarlo- ebbe poi un ruolo fondamentalenella sconfitta del terrorismo nostrano, ma che dall'immediato dopo-guerra ha mantenuto un realedualismo al proprio interno: un lato ufficiale fieramente democratico, l'altro nascosto e con delle maidome velleit insurrezionali. Detto per inciso, per 50 anni hanno convissuto all'interno del PCI due animefrontalmente contrapposte, e se vero che l'ala dura che faceva riferimento a Pietro Secchia venne pestomessa in minoranza, anche vero che soldi provenienti da Mosca sono continuati ad arrivare in Via delleBotteghe oscure fino a tempi relativamente recenti (vedere pubblicazioni di Victor Zaslavsky), e che unaparte del PCI ha continuato ad avere con il blocco sovietico un atteggiamento di "vicinanza" nonostante ivari allontanamenti e strappi che via via il partito ufficialmente faceva dal PCUS. Non possiamo, inqualit di ricercatori, esimerci dal sottolineare come almeno 2000 uomini dalla fine della guerra sonopassati dai campi di addestramento in Cecoslovacchia, e di questi una buona parte era costituita da ex

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    2 di 27 08/10/2013 18:45

  • partigiani che si erano macchiati di crimini nel dopoguerra e che per sfuggire alla giustizia italiana eranostati fatti scappare in quel paese con l'aiuto del PCI. Non possiamo non notare come gi nel '52 il Sifaravesse scoperto che questi uomini frequentavano corsi di addestramento al sabotaggio, psicologiaindividuale e di massa, preparazione di scioperi e disordini di piazza, l'uso delle armi; come trasmissioniin lingua italiana provenissero da Praga (Radio Italia Oggi) con il preciso scopo di fornire unacontroinformazione comunista e che gli stessi uomini che gestivano le trasmissioni avevano teorizzatouna insurrezione rivoluzionaria per il 1951 (abortita per una fuga di notizie che allarm, e non poco, inostri servizi segreti); come l'addestramento di giovani comunisti italiani sia proseguito fino a tutti glianni '70, quindi ben dopo il seppur pesante strappo operato dal PCI dopo la fine della 'Primavera diPraga'. La domanda che ci si deve porre, in relazione all'argomento di questa pubblicazione, riguardadunque i rapporti che le Brigate Rosse possono aver avuto con l'area dei Secchiani e con l'Stb (serviziosegreto cecoslovacco) nei loro 15 anni di storia, se quel passaggio simbolico di armi dalle mani dei vecchipartigiani alle nascenti BR di cui parla Franceschini non nasconda in realt anche un passaggio di contattied aiuti con i paesi di oltrecortina e con la Cecoslovacchia in primis, se con la morte di "Osvaldo"Feltrinelli nelle BR siano confluiti solo i membri dei suoi GAP o anche tutta la rete di contattiinternazionali che l'editore-guerrigliero aveva. La storia la si scrive leggendo gli avvenimenti a 360,senza paraocchi politici o ideologici, cos se corretto considerare l'influenza che gli USA, la CIA, certiambienti filo-atlantici e l'area neo-fascista hanno avuto nella storia repubblicana, anche correttoconsiderare la fazione che ad essi era contrapposta, comprese le eventuali 'macchie'; non per infangare maper studiare a fondo, per capire.Tutto il percorso evolutivo delle Br caratterizzato, a cominciare dai suoi albori, dalla presenza diinfiltrati di varia natura; ci, se non fosse abbondantemente provato da riscontri e testimonianze,risulterebbe inoltre perfino facile da ipotizzare alla luce del fatto che forze di varia natura erano riuscite adinsinuarsi con successo gi negli ambienti pi "caldi" del periodo storico che della lotta armata fu un po'la culla: il '68. E' da considerare che gi nell'estate 1967 la CIA aveva promosso la "Chaos Operation" percontrastare il movimento non violento e pacifista americano che si batteva per i diritti civili e contro laguerra del Vietnam. Quindi aveva deciso di estenderla su scala internazionale, in particolare in Europa,per contrastare anche il movimento studentesco-giovanile del vecchio continente, inquinandone gliassunti anti-autoritari e non violenti. L'operazione consisteva anche nell'infiltrazione, a scopo diprovocazione, nei gruppi di estrema sinistra extraparlamentare (anarchici, trotzkisti, marxisti-leninisti,operaisti, maoisti, castristi) in Italia, Francia, Germania Occidentale con l'obbiettivo di accrescerne lapericolosit inducendo ad esasperare le tensioni politico-sociali con azioni aggressive, cos da determinareun rifiuto dell'ideologia comunista e favorire spostamenti "a destra" (secondo la logica di "destabilizzareper stabilizzare"). In tale direzione - dunque una conferma di quanto detto - va anche un rapporto dedicatoalla contestazione studentesca datato Febbraio 1971 e redatto in forma riservata proprio nell'ambito della"Operazione Chaos" dall'Ufficio Affari riservati del Viminale: "almeno all'origine si deve rilevare laspinta di qualche servizio segreto americano [alludendo alla CIA] che ha finanziato elementi estremisti incampo studentesco". Un ulteriore dato interessante lo ritroviamo nella lettura del resoconto sulla riunionedel coordinamento delle forze di polizia che si tenne a Colonia il 19 Gennaio 1973 e dedicata al problemadell'infiltrazione nei gruppi terroristici Br e RAF e nei gruppi della sinistra extraparlamentare. Risultainfatti evidente che l'intendimento dei vari servizi segreti non era quello di predisporre semplici confidentio informatori ma anche veri e propri terroristi, in grado di arrivare al vertice del gruppo da infiltrare. Eche dire delle strane "premonizioni" avute dall'allora capo del SID, Miceli, nel 1974? Egli, interrogatoinnanzi al giudice tamburino nel settembre di quell'anno dichiar con una inquietante lungimiranza: "Oranon sentirete pi parlare di terrorismo nero, ora sentirete parlare soltanto di quegli altri".Alla luce di ci, non appare sconvolgente scoprire che le infiltrazioni all'interno delle Br cominciaronopiuttosto presto. La prima talpa di cui si hanno notizie certe fu Marco Pisetta; gi compagno di RenatoCurcio e di Mara Cagol alla libera universit di Trento, grazie alla sua testimonianza (il suo memoriale,che sosterr essergli stato ispirato direttamente da uomini dei servizi segreti, fornir una prima eimportante fonte, anche cronologica, di dati sulla nascita della Br) il 2 Maggio 1972 venne individuata laprincipale base milanese delle Br, in Via Boiardo, ed arrestato un primissimo nucleo di brigatisti. Ma

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    3 di 27 08/10/2013 18:45

  • all'interno delle Br l'Ufficio Affari Riservati del Viminale era riuscito ad infiltrare un altro agente, ed anziera stato proprio questo - nome di battaglia "Rocco" - a prelevare materialmente il giudice Sossi insiemead Alfredo Bonavita per portarlo alla cos detta "Prigione del Popolo". Francesco Marra, questo il nome dibattesimo di "Rocco", era un paracadutista addestratosi in Toscana e in Sardegna all'uso delle armi e conuna sorta di specializzazione nella pratica delle "gambizzazioni" (della quale faranno ampio ricorso le Brnel corso degli anni) prima di entrare nelle Brigate Rosse; in seguito, a differenza di Pisetta, la doppiaidentit di Marra non venuta alla luce, ed il suo nome rimasto fuori da tutti i processi, stranamentecoperto anche dal brigatista Alfredo Bonavita dopo il suo pentimento. Per sua stessa ammissione, Marrasi era infiltrato nelle Br per conto del brigadiere Atzori, braccio destro del Generale dei CarabinieriFrancesco Delfino. Tra gli avvenimenti "strani" della vita delle Br impossibile non menzionare anchel'infiltrazione da parte dei Carabinieri di Silvano Girotto, la terza infiltrazione all'interno del gruppo neisuoi primi quattro anni di vita, un'ulteriore defayans della banda di Curcio e compagni che dimostra comea confronto con l'esperienza ed il mestiere del servizio di sicurezza dello stato - o quantomeno di parte diesso - le prime Brigate Rosse possano essere tranquillamente definite come "Tupamaros all'amatriciana".Reso noto dai rotocalchi come "Frate Mitra", Girotto era un ex francescano con dei trascorsi - a dire ilvero poco chiari - di guerrigliero in Bolivia ma che tra le forze extraparlamentari (Lotta Continua inprimis) godeva di una fama di tutto rispetto, e che riusc a far catturare in un sol colpo due capi storicidelle Brigate Rosse del calibro di Alberto Franceschini e Renato Curcio, l'8 Giugno 1974. Come raccontalo stesso Franceschini "Frate mitra appena rientrato in Italia cerc subito di entrare in contatto con le Br[...] si fece precedere da alcune lettere dei dirigenti del Partito Comunista di Cuba in cui si attestava diessere addestrato alla guerriglia e vant rapporti anche con i Tupamaros. La cosa non poteva noninteressarci".Dopo alcuni tentennamenti i brigatisti si fecero convincere ad incontrare Girotto, e durante il terzoincontro, a Pinerolo, la trappola dei Carabinieri scatt inesorabile. I lati oscuri riscontrabili in merito aquesto arresto sono diversi: anzi tutto bisogna fare riferimento ad una telefonata ricevuta dalla mogliedell'avvocato - con note simpatie brigatiste - Arrigo Levati che mise in preallarme l'organizzazione suirischi di quell'ultimo appuntamento. Da pi parti, ivi compresi i diretti interessati, si ipotizza che gli autoridi quella telefonata furono gli agenti del Mossad, il servizio segreto israeliano, da sempre interessato alleattivit delle Br per via dell'instabilit che la loro azione terroristica avrebbe potuto portare ad un governo- quello italiano, appunto - che da tempo stava seguendo una linea in politica estera definibile comefilo-araba. A confermare questa ipotesi ci sono i racconti degli stessi terroristi, (Moretti e Peci) i qualiaffermano che gi nel 1974 il Mossad si era fatto vivo con l'organizzazione offrendo armi e denaro, in pi,per rompere la loro iniziale diffidenza, gli posero - come si suole dire - su di un piatto d'argento l'indirizzodel nascondiglio del "traditore" Pisetta, che era stato portato dalla polizia italiana in Germania. Alla lucedi questi elementi non ritengo impossibile dare credito alla veridicit di questa ipotesi, una congettura che,tra le altre cose, condivisa sia da Giorgio Bocca sia - per solo indirettamente - dal Generale Delfino,ma che non cambia l'interessante realt delle cose: attorno alle Br ruotavano, fin dall'inizio, tutta una seriedi interessi particolari, anche molto differenti tra loro. E' un fatto, comunque, che la telefonata diavvertimento ci fu veramente, e fu lo stesso Moretti ad essere incaricato di darsi da fare per cercare dirintracciare Curcio prima dell'appuntamento con Girotto; una ricerca che per si rivel vana, comealtrettanto vane e poco convincenti sono - a mio modesto parere - le spiegazioni fornite da Moretti pergiustificare il suo fallimento in quella occasione. E poi, come ha scritto Franceschini, pur conoscendo orae luogo dell'appuntamento arriv con un'ora di ritardo, quando eravamo gi stati arrestati". Come affermasempre Franceschini: "Quella era la seconda volta che i servizi di sicurezza avrebbero potuto arrestaretutti i brigatisti e porre fine all'esperienza delle Br [...] noi avevamo concordato con Girotto di dare vita auna scuola di addestramento, da lui diretta, alla cascina Spiotta, dove nel giro di un mese tutti gliappartenenti all'organizzazione, un po' alla volta, avrebbero partecipato ad un breve corso diaddestramento. Se chi lo aveva infiltrato avesse chiesto a Girotto di continuare a stare al gioco dopo unmese sarebbe stato in grado di far arrestare non solo me e Curcio, ma tutti i brigatisti. E il fatto che questonon sia avvenuto la riprova che l'organizzazione delle Br poteva tornare comoda per qualcuno delle altesfere dei servizi di sicurezza e del potere". Si deve fare menzione anche del vertice che i dirigenti delle Br

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    4 di 27 08/10/2013 18:45

  • avevano avuto giorni prima a Parma, una riunione durante la quale era stato deciso di estromettere Morettidal "Comitato Esecutivo" per via dell'intransigenza dimostrata durante la trattativa per la liberazione diSossi. Questa dato va tenuto presente allorch alcuni osservatori - e Sergio Flamigni tra tutti - ritengonoche Mario Moretti non abbia volutamente rintracciato Curcio e Franceschini il giorno del loro arresto.L'ipotesi si accredita maggiormente se si considerano altre due (chiamiamole cos) "stranezze": prima ditutto il fatto che se i Carabinieri avessero aspettato solamente qualche ora in pi sarebbero stati in gradodi annientare tutta la dirigenza delle Brigate Rosse arrestando, appunto, anche Moretti. La seconda cosabizzarra che nonostante durante le proprie esposizioni davanti alla "Commissione Moro" il GeneraleCarlo Alberto dalla Chiesa abbia parlato chiaramente di foto scattate a tutti i brigatisti durante i primiincontri con Frate Mitra (e Moretti era presente al 2 di quegli incontri), le foto segnaletiche su Morettinon comparvero mai al processo di Torino contro il "nucleo storico" delle Br, ed in pi egli non sarcoinvolto in nessuna inchiesta giudiziaria prima del caso Moro. Insomma, le sue foto segnaletiche eranonote alle forze di polizia almeno quanto la sua identit, per - misteriosamente - non fecero la loroapparizione ufficiale se non molto pi tardi. La conclusione cui si vuole arrivare, e che appare tantoperfida per lucidit quanto logica, che per un motivo o per un altro le forze dell'ordine lasciaronovolutamente in libert Mario Moretti, in modo che egli potesse riorganizzare le Br a modo suo, seguendocio una logica di spietata "militarizzazione", base di partenza necessaria per una svolta sanguinaria delgruppo. Proprio come voleva il Mossad. Per correttezza vanno menzionate altre ipotesi plausibili circa ilmancato avvertimento di Curcio da parte di Moretti: la prima va obbligatoriamente in contro a quantoraccontato dallo stesso Moretti, e secondo la quale lui avrebbe profuso il massimo impegno nella ricercadei suoi compagni di avventura, ma solo il caso avrebbe influito negativamente sulla sua caccia. L'altraipotesi che mi viene di fare, in vero trascurata dagli altri osservatori, che Moretti abbia di sua volontevitato di avvertire della trappola il duo Franceschini-Curcio in virt dell'estromissione dal ComitatoEsecutivo impostagli nella riunione di Parma. E' - la mia - un'ipotesi che, volendo considerare anchel'aspetto umano della storia, collegando quindi il tutto al risentimento personale ed all'ambizione diMoretti, si pone a cavallo tra chi sostiene la completa mala fede del futuro leader del gruppo e chi invecesi dice convinto delle sue buone intenzioni. In direzione opposta si va invece considerando un altro fatto.Nella riunione di Parma, infatti, erano state altre le cose interessanti al vaglio delle Br, e di ci parla lostesso Renato Curcio nel suo libro-intervista "A viso aperto". Raccontando la storia della sua primacattura, Curcio dice che Mario Moretti, che doveva avvertirlo del pericolo che correva, "non ritienenecessario agire subito perch sa che io e Franceschini stiamo lavorando a un certo libricino in una casa diParma e che da quel posto non mi sarei mosso fino a sabato notte o domenica mattina". Alla domanda diScialoja " Di che libricino si trattava?", Curcio rispose: " Avevamo compiuto un'incursione negli ufficimilanesi di Edgardo Sogno impadronendoci di centinaia di lettere e elenchi di nomi di politici,diplomatici, militari, magistrati, ufficiali di polizia e dei carabinieri [ insomma tutta la rete delle adesionial cosiddetto "Golpe bianco" preparato dall'ex partigiano liberale con l'appoggio degli americani ].Giudicavamo quel materiale esplosivo e lo volevamo raccogliere in un documento da rendere pubblico.Purtroppo avevamo tutto il malloppo con noi al momento dell'arresto e cos anche quella documentazionepreziosa fin in mano ai carabinieri. Qualche anno dopo, al processo di Torino, chiesi al presidenteBarbaro di rendere noto il contenuto del fascicolo che si trovava nella mia macchina quando miarrestarono e lui rispose imbarazzato: "Non si trova pi" [...] Qualcuno deve averlo trafugato dagli archivigiudiziari ". Sarebbe interessante invece sapere qualcosa di pi su quella sparizione. Anche in questocaso, l'intervento provvidenziale dell'infiltrato Girotto, oltre ad arrestare Franceschini e Curcio, serv arecuperare delle carte "imbarazzanti", dello stesso tipo dei memoriali e dei resoconti dell'interrogatorio diMoro nella Prigione del popolo... A questo punto un'altra supposizione nasce spontanea: l'arresto diPinerolo da parte dei Carabinieri scatt in quanto essi sapevano della enorme pericolosit delle cartecadute in mano delle Br e dunque dovevano recuperarle in ogni modo? In questa ipotesi altri due scenarisi aprono innanzi a noi: col primo si considera che fu dunque merito di quell'arresto "urgentementeanticipato" se Moretti ed il resto delle Br si salvarono dalla cattura. Il secondo considera poi la sicurezzacon la quale i Carabinieri, arrestando Curcio e Franceschini, agirono al fine di trovare - assieme a loro - ifogli in questione. In questo caso chi altro della Direzione Strategica - se non Moretti - era a conoscenza

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    5 di 27 08/10/2013 18:45

  • del fatto che quelle carte erano proprio in viaggio per Pinerolo (e dunque pu aver fatto una "soffiata")?Quella di Moretti dunque una figura centrale nell'analisi del fenomeno Br, in primis perch ha vissutoquasi l'intera avventura del gruppo [girando - tra le altre cose - impunemente per lo stivale durante ilrapimento Moro nonostante fosse il nemico pubblico n1], poi perch a lui legata la gestione delrapimento di Aldo Moro, apoteosi di quelle "coincidenze" particolari di cui adesso parleremo. E' dasottolineare come nel 1970 Nel 1970 un gruppo fuoriuscito dal CPM e composto, oltre che da Moretti, daCorrado Simioni, Prospero Gallinari, Duccio Berio e Vanni Mulinaris, and a creare una struttura "chiusae sicura", superclandestina che potesse entrare in azione, come racconta Curcio, "...quando noi,approssimativi e disorganizzati, secondo le loro previsioni saremmo stati tutti catturati". Dopo pocotempo il gruppo (fatti salvi Moretti e Gallinari) si trasfer a Parigi dove, sotto la copertura della scuolalingue Hyperion, agiva - secondo alcuni - come una vera centrale internazionale del terrorismo di sinistra.I contatti tra Moretti e il Superclan continuarono nel corso degli anni 12, ed singolare sia il fatto che agestire il rapimento Moro fu proprio il duo Moretti-Gallinari, lo stesso che rappresent nel corso deglianni l'ala pi militarista e sanguinaria delle Br, sia che la stessa scuola apr un ufficio di rappresentanza aRoma in via Nicotera 26 [nello stesso edificio dove avevano sede alcune societ di copertura del SISMI]poco prima del rapimento del leader DC per poi chiuderla immediatamente dopo, nell'estate del '78. Sulla"questione Moretti" Franceschini parla chiaro: " Non ho sempre pensato che Moretti fosse una spia ", " Laprima persona che mi ha detto questo stato Renato [Cucio, ndr.]. Era nel 1976 alle Carceri Nuove diTorino e Curcio era stato da poco arrestato per la seconda volta: Il dubbio era nato proprio dalla dinamicadel suo arresto. Dai sospetti di Curcio ebbe origine un'inchiesta interna fatta da Lauro Azzolini e FrancoBonisoli, i quali aprirono un'istruttoria che per non port ad alcun risultato", ma un'altra inchiesta era gistata aperta "da Giorgio Semeria ", che gi dall'esterno aveva avuto il sospetto "che Mario fosse una spiaper una serie di cose avvenute a Milano". Franceschini racconta anche, che dopo il suo arresto (nel 1974)fu interrogato dal giudice Giancarlo Caselli che gli mostr le foto degli incontri con frate Mitra "Le fotoin cui c'ero io - dice Franceschini - e una foto con Moretti indicato con un cerchietto. Mi chiese se loconoscevo e risposi di no. Lui si mise a ridere e mi disse: "Se non lo conosce, almeno si ponga ilproblema del perch l'operazione stata fatta quando c'era lei e non quando c'era quella persona" ".Riporto questa testimonianza perch trovo doveroso completare il quadro, ad ogni modo non difficileipotizzare che usando quelle parole il giudice Caselli avesse avuto in mente, in qual momento, altre mire;resta comunque il fatto che alcune di quelle foto non sono pi state trovate. Da citare infine una frasepronunciata dal Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa di fronte alla Commissione Moro: "...le Brigaterosse sono una cosa, le Brigate rosse pi Moretti un'altra ". Prima di passare oltre mi sembratoquantomeno doveroso citare l'ex capo dell'ufficio "D" del SID Generale Maletti, ed in particolare una suaintervista rilasciata al settimanale Tempo nel giugno 1976 in merito alle Br: "Nell'estate del 1975 [...]avemmo sentore di un tentativo di riorganizzazione e di rilancio [...] sotto forma di un gruppo ancora pisegreto e clandestino, e costituito da persone insospettabili, anche per censo e cultura e con programmipi cruenti [...] questa nuova organizzazione partiva col proposito esplicito di sparare, anche se nonancora di uccidere [...] arruolavano terroristi da tutte le parti, e i mandanti restavano nell'ombra, ma nondirei che si potessero definire "di sinistra" ". Il culmine delle "stranezze" inerenti le Brigate rosse loritroviamo per nel rapimento dell'On. Moro. I 55 drammatici giorni del sequestro dello statista DCfurono segnati fin dall'inizio da una serie incredibile di "coincidenze". Iniziamo col dire che quellamattina del 16 Marzo 1978, giunta in via Fani l'auto di Aldo Moro (una normalissima "auto blu",incredibilmente non blindata se consideriamo il periodo e l'importanza del personaggio) e quella dellascorta vengono bloccate da un commando delle Brigate Rosse che apre il fuoco. In pochi istanti fu lastrage: vengono uccisi gli agenti Iozzino, Ricci e Rivera, Francesco Zizzi, gravemente ferito, morir pocodopo, il maresciallo Leonardi viene freddato mentre girato su di un fianco cerca di far da scudoall'onorevole. Aldo Moro venne prelevato a forza e trascinato in una FIAT 128 blu scuro targata "CorpoDiplomatico" che in breve si dilegu. Il trasbordo del presidente DC - secondo la testimonianza diretta diun'involontaria spettatrice dell'accaduto - avvenne piuttosto lentamente, una calma quasi surreale visto ciche era appena accaduto. Intanto al numero 109 di Via Fani, un altro fortuito spettatore - Gherardo Nucci- scatta dal balcone di casa una dozzina di foto della scena della strage a pochi secondi dalla fuga del

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    6 di 27 08/10/2013 18:45

  • commando; dopo i primi scatti il Nucci sente il rumore delle sirene e vede arrivare sul posto un auto dellapolizia seguita poi da altre. Di quelle foto, consegnate quasi subito alla magistratura inquirente dallamoglie, non si sapr pi nulla; qualche "manina" le ha fatte sparire. A tale proposito da sottolinearecome quelle foto, che evidentemente avevano immortalato qualcosa (o meglio qualcuno) di importante,furono al centro di strani interessamenti da parte di un certo tipo di malavita, la 'drangheta calabrese, dicui avremo modo di parlare in seguito e che ad una prima analisi sembrerebbe un'intrusionecompletamente fuori luogo trattandosi di terrorismo di sinistra, dunque politico. Ecco, ad esempio, unostralcio delle intercettazioni telefoniche effettuate sull'apparecchio di Sereno Freato, "uomo ombra" diMoro, nel caso specifico egli stava parlando con l'On. Benito Cazora, incaricato dalla DC di tenere irapporti con la malavita calabrese per cercare di avere notizie sulla prigione di Moro:Cazora: "Un'altra questione, non so se posso dirtelo".Freato: "Si, si, capiamo"azora: "Mi servono le foto del 16, del 16 Marzo"Freato: "Quelle del posto, l ?"Cazora: "Si, perch loro... [nastro parzialmente cancellato]...perch uno stia proprio l, mi statocomunicato da gi"Freato: "E' che non ci sono... ah, le foto di quelli, dei nove ?"Cazora: "No, no ! dalla Calabria mi hanno telefonato per avvertire che in una foto presa sul posto quellamattina l, si individua un personaggio... noto a loro"Freato: "Capito. E' un p un problema adesso"Cazora: "Per questo ieri sera ti avevo telefonato. Come si pu fare ?"Freato: "Bisogna richiedere un momento, sentire"Cazora: "Dire al ministro"Freato: "Saran tante !"

    Traspare lampante dunque la preoccupazione di certi ambienti malavitosi calabresi, le foto scattate dallaterrazza di casa Nucci avrebbero potuto portare gli inquirenti su di un sentiero piuttosto pericoloso sia perla persona loro "cara", sia per la precisa ricomposizione dello scenario di quella tragica mattina. Ecco poiun altro singolare accadimento: lo stesso giorno dell'eccidio di via Fani alle ore otto di mattina la notiziache stava per essere compiuta un'azione terroristica ai danni di Moro fu diffusa da un'emittenteradiofonica, Radio Citt Futura, da parte del suo animatore Renzo Rossellini. Poich non si pu pensaread una divinazione, n appare credibile che si trattasse della conclusione di un ragionamento politicocollegato agli avvenimenti parlamentari che nella stessa giornata sarebbero avvenuti (l'inizio del dibattitoalla Camera dei deputati sulla fiducia al governo di solidariet nazionale), non resta che concludere che,nonostante la rigida compartimentazione di tipo militare che caratterizzava le Br (il famoso "cubo diacciaio" di cui ha parlato tra gli altri anche Prospero Gallinari) da qualche crepa le notizie sullapreparazione dell'agguato fossero filtrate nell'area magmatica degli ambienti dell'Autonomia Romana(con cui Rossellini era in contatto), che oggi sappiamo fossero stati abbondantemente infiltrati da partedelle forze dell'ordine. Tra l'altro la sede della radio era distante pochi passi da quella del "Collettivo diVia dei Volsci", sede storica dell'Autonomia romana. Lo stesso Rossellini il 4 ottobre '78 dichiar in unaintervista al quotidiano francese Le Matin (ma successivamente apparve anche su "Lotta Continua") che:"spiegavo che le Br avrebbero in tempi molto ravvicinati, poteva anche essere lo stesso giorno, compiutoun'azione spettacolare, e tra le ipotesi annunciavo anche la possibilit di un attentato contro Moro".Successivamente Rossellini sment il contenuto dell'intervista, l'annuncio quel 16 Marzo era per statoascoltato da diversi testimoni, casualmente non dal Centro di ascolto dell'Ucigos (che registrava edascoltava tutte le radio private...) che incredibilmente interruppe la registrazione dalla 8,20 alle 9,33.Un'altra cosa che salta subito agli occhi la particolarit della data scelta dalle Br per portare a terminel'azione, un giorno simbolo per tutti i nemici del c.d. Compromesso Storico. Le testimonianze deibrigatisti dissociati, anche su questa scelta, non fanno alcuna chiarezza: Valerio Morucci - uno deicomponenti del gruppo di fuoco - riferendo sull'accaduto ha affermato in pi di un'occasione che quello inpratica era solo un tentativo, e che nel caso l'auto di Moro quella mattina non fosse giunta, le Br

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    7 di 27 08/10/2013 18:45

  • avrebbero aspettato anche il mattino dei giorni seguenti. Di fatto per la sera prima dell'agguato vennerosquarciate le gomme del fioraio che ogni mattina sostava in Via Fani, e ci rende sicuro che l'azione fossestata programmata per il 16 Marzo. Come per le Br potessero essere sicure del passaggio di Moro e dellasua scorta da quella via proprio quella mattina, alla luce del fatto che il percorso veniva cambiato tutte lemattine, resta tutt'oggi un mistero. Compiuta la strage e sequestrato Moro i terroristi riuscirono adileguarsi grazie ad una sorprendente coincidenza: una volante della polizia stazionava come ogni mattinain Via Bitossi nei pressi del giudice Walter Celentano, luogo dove stavano per sopraggiungere le auto deibrigatisti in fuga; proprio qualche istante prima dell'arrivo dei brigatisti, un ordine-allarme del COT(centro operativo telecomunicazioni) fece muovere la pattuglia. In via Bitossi era parcheggiato il furgonecon la cassa di legno sulla quale sarebbe stato fatto salire Moro. Un tempismo perfetto. I brigatistiavevano la certezza che quella volante si sarebbe spostata ? L'unica certezza cui possiamo fare appello perquesta circostanza che tra i reperti sequestrati a Morucci dopo il suo arresto verr trovato un appuntorecante il numero di telefono del commissario capo Antonio Esposito (affiliato alla P2...), in servizioguarda caso proprio la mattina del rapimento. Secondo il racconto degli esecutori, il commando brigatista,una volta effettuato un cambio di auto nella gi citata Via Bitossi, con il sequestrato chiuso in una cassacontenuta in un furgone guidato da Moretti e seguito da una Dyane al cui volante era Morucci, fa perderele proprie tracce. Le Br per portare a termine il sequestro del segretario del maggior partito politicoitaliano e fronteggiare eventuali posti di blocco fecero uso solamente di due auto, veramente strano se siconsidera che per rapire Valeriano Gancia le stesse Br ne avevano usate tre. I dubbi si fanno insistenti sesi pensa che, sempre secondo il racconto fatto dai terroristi, il trasbordo dell'On. Moro sul furgone chedoveva portarlo nel covo-prigione di Via Montalcini avvenne in piazza Madonna del cenacolo, una dellepi trafficate e per giunta piena zeppa di esercizi commerciali a quell'ora gi aperti, mentre il furgone chedoveva ospitare il rapito (e del quale, al contrario delle altre auto usate, non verr mai ritrovata traccia)era stato lasciato privo di custodia, in modo tale che se qualcuno avesse parcheggiato in doppia fila, le Bravrebbero compromesso tutta l'operazione. Adriana Faranda in merito a questo particolare - anche difronte alla Commissione stragi - ha risposto che in caso di contrattempi di questo tipo Moretti avrebbeportato il prigioniero alla prigione del popolo con l'auto che aveva in quel momento, un'affermazione allaquale non mi sento di credere visto l'inutile pericolo che i brigatisti avrebbero corso e considerando che,come hanno pi volte dimostrato dimostrato, non erano affatto degli sprovveduti. Non per difficileipotizzare che i brigatisti vogliano coprire qualche altro compagno che magari non stato ancoraidentificato. Poco dopo la strage un tempestivo black-out interruppe le comunicazioni telefoniche in tuttala zona tra via Fani e via Stresa, impedendo cos le prime fondamentali chiamate di allarme e coprendo difatto la fuga delle Br. Secondo il procuratore della Repubblica Giovanni de Matteo - ma anche per glistessi brigatisti - l'interruzione venne provocata volontariamente, tutto il contrario di quanto sostenutodall'allora SIP, che attribu il blocco delle linee al " sovraccarico nelle comunicazioni ". Su questo punto ibrigatisti hanno affermato che il merito di tale interruzione era da attribuirsi a dei "compagni" chelavoravano all'interno della compagnia telefonica. Per coincidenza volle che il giorno prima (il 15 Marzoalle 16:45) la struttura della SIP che era collegata al servizio segreto militare (SISMI), fosse stata posta instato di allarme, proprio come doveva accadere in situazioni di emergenza quali crisi nazionaliinternazionali, eventi bellici e...atti di terrorismo. Una strana premonizione visto che era giusto il giornoprima del rapimento di Moro. Un mistero inerente al giorno del rapimento riguarda poi la sparizione dialcune delle borse di Moro. Secondo la testimonianza di Eleonora Moro, moglie del defunto presidente, ilmarito usciva abitualmente di casa portando con se cinque borse: una contenente documenti riservati, unadi medicinali ed oggetti personali; nelle altre tre vi erano ritagli di giornale e tesi di laurea dei suoistudenti. Subito dopo l'agguato sull'auto di Moro vennero per rinvenute solamente tre borse. La signoraMoro in proposito ha delle precise convinzioni: " I terroristi dovevano sapere come e dove cercare, perchin macchina c'era una bella costellazione di borse ". Nonostante l'enorme quantit di materiale brigatistasequestrato negli anni successivi all'interno delle numerose basi scoperte, delle due borse di Moro non mai stata rinvenuta traccia, un fatto di rilievo se si considera soprattutto il contenuto dei documenti che ilpresidente portava con se. Corrado Guerzoni, braccio destro dell'onorevole Moro, ha affermato che conogni probabilit quelle borse contenevano anche la prova che il coinvolgimento del presidente DC nello

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    8 di 27 08/10/2013 18:45

  • scandalo Lockheed era stato frutto di una "imboccata" fatta dal segretario di stato americano, Kissinger.Un punto, questo, da tenere molto in considerazione, come suggerito dalle tesi del Partito OperaioEuropeo. Questo delle borse scomparse (e dei documenti da esse contenute...) un punto sul quale l'alonedi mistero tarda a scomparire, tant' che nea relazione del presidente della Commissione stragi del Luglio'99, il senatore Pellegrino continua ad indicarlo come di cruciale importanza. Chi era veramente presentequella mattina in via Fani? Le Commissioni parlamentari hanno ormai confermato, tanto per riportarealcuni nomi alquanto "particolari", che quella mattina alle nove, in via Stresa, a duecento metri da viaFani, c'era un colonnello del SISMI, il colonnello Guglielmi, il quale faceva parte della VII divisione(cio di quella divisione del Sismi che controllava Gladio...).Guglielmi, che dipendeva direttamente dal generale Musumeci - esponente della P2 implicato in vari idepistaggi e condannato nel processo sulla strage di Bologna - ha confermato che quella mattina era in viaStresa, a duecento metri dall'incrocio con via Fani, perch, com'egli stesso ha detto: " dovevo andare apranzo da un amico ". Dunque, bench si possa definire quantomeno "singolare" presentarsi a casa di unamico alle nove di mattina per pranzare, sembra addirittura incredibile che nonostante a duecento metri didistanza dal colonnello ci fosse un finimondo di proiettili degno di un film western, egli non sent nulla dici che era avvenuto ne tanto meno pot intervenire magari solo per guardare cosa stesse accadendo. Mail particolare pi inquietante che il Guglielmi non era un gladiatore qualsiasi, bens colui che nel campodi addestramento sardo di Capo Marragiu si occupava dell'addestramento delle truppe per le azioni dicomando... A dire il vero l'incredibile presenza a pochi metri dal luogo della strage di Guglielmi statarivelata solo molti anni dopo l'accaduto, nel 1991, da un ex agente del SISMI - Pierluigi Ravasio - all'On.Cipriani, al quale lo stesso confid anche che il servizio di sicurezza disponeva in quel periodo di uninfiltrato nelle Br: uno studente di giurisprudenza dell'universit di Roma il cui nome di copertura era"Franco" ed il quale avvert con mezz'ora di anticipo che Moro sarebbe stato rapito. Ad ogni modo resta ildato di fatto, perch ormai appurato, che la mattina del rapimento di Aldo Moro un colonnello dei Servizisegreti si trovava nei pressi di via Fani mentre veniva uccisa la scorta e rapito il presidente della DC e inpi lo stesso ha taciuto questo importante fatto per pi di dieci anni. Per la verit oggi sappiamo anche chealcune precise segnalazioni su di un possibile attentato a Moro erano pervenute ai Servizi segreti, peresempio un detenuto della casa circondariale di Matera aveva segnalato che " possibile il rapimento diMoro"; la soffiata venne riferita alla locale sezione dei Servizi, ma, secondo quanto riferito dal generaleSantovito (P2) essa giunse al SISMI centrale solamente a sequestro gi avvenuto. quantomeno singolareche una segnalazione cos precisa, e che avrebbe dovuto riguardare una personalit cos importante per lavita politica del paese, abbia seguito un iter burocatico cos lento invece di attivare immediatamente delleefficaci procedure di controllo. Evidentemente, e la presenza di Guglielmi in Via Fani lo dimostra,all'interno dei Servizi c' chi aveva dato credito alla soffiata, ma invece di prevenire era andato acontrollare lo svolgimento dei fatti. Del resto il collega di Guglielmi, da cui l'agente segreto si sarebbedovuto recare per pranzo, interrogato, ha confermato che egli si era effettivamente presentato nella suaabitazione ma ha anche dichiarato che non era da lui atteso, perch non era affatto programmato unpranzo. L'ultima clamorosa novit inerente il fatto che qualcuno, negli apparati dello Stato, sapeva che leBrigate Rosse volevano rapire Moro emersa - a dire il vero qualche anno fa - dall'oceano del web, in unsito costruito da un ex agente segreto del Sid, Antonino Arconte. Nome in codice G.71, Arconte facevaparte di una struttura riservatissima, la Gladio delle centurie, che aveva compiti operativi oltre confine:trecento uomini superaddestrati, che si muovevano all'interno delle strategie della Nato. Arconte, sardo diCabras, raccont la sua storia di soldato e di 007 sul suo sito www.geocities.com/Pentagon/4031).Arruolatosi nel 1970 a soli 17 anni, partecip a una selezione per entrare nei corpi speciali dell'Esercito.Pass poi al Sid (Servizio informazioni della Difesa), allora guidato dal generale Vito Miceli. Coscominci la sua avventura in un mondo sotterraneo e silenzioso, muovendosi per tutto il mondo con lacopertura di uomo di mare della marineria mercantile. Intervistato Arconte, l'agente G.71, parl di una suamissione in Medio Oriente, che si intrecci con la tragedia di Aldo Moro. Ecco cosa disse: "Partii dalporto della Spezia il 6 marzo 1978, a bordo del mercantile Jumbo Emme. Sulla carta era una missionemolto semplice: avrei dovuto ricevere da un nostro uomo a Beirut dei passaporti che avrei poi dovutoconsegnare ad Alessandria d'Egitto. Dovevo poi aiutare alcune persone a fuggire dal Libano in fiamme,

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    9 di 27 08/10/2013 18:45

  • nascondendole a bordo della nave. Ma c'era un livello pi delicato e pi segreto in quella missione.Dovevo infatti consegnare un plico a un nostro uomo a Beirut. In quella busta c'era l'ordine di contattare iterroristi islamici per aprire un canale con le Br, con l'obiettivo di favorire la liberazione di Aldo Moro". Equi, ecco il mistero: il documento del 2 marzo '78 e viene consegnato a Beirut il 13. Moro verr rapitodalle Br il 16. Cio, nel mondo sotterraneo degli 007 qualcuno si mosse per liberare il presidente della Dc,prima del rapimento. Quindi, si sapeva che Moro sarebbe stato sequestrato. Recentemente una perizia haconfermato che il documento "a distruzione immediata" che stato fornito da Arconte originale.Insomma, Gladio sapeva, e con buon anticipo, che Moro stava per essere rapito. Ma torniamo alla mattnadella strage. Come ormai accertato anche in sede parlamentare, un tiratore scelto addestratissimo armatodi mitra a canna corta, risolse gli aspetti pi difficili e delicati della difficile operazione: con una primaraffica, sparata a distanza ravvicinata, colp i carabinieri Leonardi e Ricci seduti nei pressi di Moro,lasciando per illeso l'onorevole DC. Fu un attacco militare di estrema precisione: la maggioranza deicolpi (49 su di un totale di 93 proiettili ritrovati dalle forze dell'ordine) sparata da una sola arma, un vero eproprio "Tex Willer" descritto dai testimoni (tra i quali un esperto di armi, il Lalli) come freddo e dialtissima professionalit. Gli esperti hanno sempre concordato sul fatto che non poteva essere unautodidatta delle Br; nessuno dei membri del commando aveva una capacit tecnica di sparare comequello che alcuni testimoni hanno definito appunto "Tex Willer" ed invece, secondo le perizie,praticamente tutti i colpi letali furono sparati da uno solo dei membri del commando. A ci si somma ilfatto che, secondo una perizia depositata in tribunale, in Via Fani non si spar solamente da un lato dellastrada (quello cio dove si trovavano i quattro brigatisti i cui nomi sono ormai noti), mentre talericostruzione sempre stata negata dai diretti interessati. L'azione, definita degli esperti come "un gioiellodi perfezione, attuabile solo da due categorie di persone: militari addestrati in modo perfetto oppure dacivili che si siano sottoposti ad un lungo e meticoloso addestramento in basi militari specializzate inazioni di commando", risulta veramente straordinaria se si pensa che, come ha testimoniato AdrianaFaranda (anch'ella in azione quel giorno): "gli addestramenti all'uso delle armi da parte dei brigatisti eranoestremamente rari perch era considerato pericoloso spostarsi fuori Roma". La stessa Faranda ha perrecentemente aggiunto che: " ...era convinzione delle Brigate rosse che la capacit di usare un'arma nonera tanto un presupposto tecnico ma piuttosto di volont soggettiva, di determinazione, di convinzione chesi metteva nel proprio operato". Insomma, una - poco credibile - apologia del "fai da te" a dispettodell'estrema difficolt dell'azione. Nata quasi venti anni fa dal lavoro di Zupo e Recchia autori del libro"Operazione Moro", la figura di del superkiller stata ripresa, acriticamente in tutte le successiveinchieste. Zupo e Recchia affermano: " Il lavoro da manuale stato compiuto essenzialmente da duepersone una delle quali spara 49 colpi l'altra 22 su un totale di 91 [...] il superkiller quello dei 49 colpi,quasi tutti a segno, quello che ha fatto quasi tutto lui, viene descritto con autentica ammirazione dal testeLalli anche lui esperto di armi". La perizia balistica identifica sul luogo dell'agguato 91 bossoli sparati da4 armi diverse. Ed effettivamente 49 bossoli si riferiscono ad un'arma e 22 ad un'altra. Occorre pernotare che pi volte la perizia mette in evidenza la parzialit delle risultanze data la vastit del campod'azione e la ressa creatasi subito dopo il fatto: " Non da scartarsi nella confusione del momento, checuriosi abbiano raccolto od asportato bossoli, o che essi calpestati o catapultati da colpi di scarpa od altrosiano rotolati in luoghi ove poi non sono stati pi trovati (ad esempio un tombino) ed infine che i bossoliproprio non siano caduti a terra perch trattenuti dentro eventuali borse, ove era trattenuta l'arma chesparava ". Bisogna quindi precisare che 91 non sono i colpi sparati, ma soltanto i bossoli ritrovati sulterreno. Tenendo presente che i colpi sparati potrebbero essere molti di pi dei 91 bossoli ritrovati, il fattoche 49 colpi sono stati sparati da un'unica arma acquista un valore del tutto relativo. Se dai bossoli, poi, sipassa all'analisi dei proiettili, il dato diventa ancor pi aleatorio. La perizia, infatti, afferma: " I proiettilied i frammenti di proiettili repertati sono relativamente molto pochi, un quarto circa dei proiettili che sisarebbero dovuti trovare in relazione al numero dei bossoli. Non tutti i proiettili, e forse la maggior parte,nello stato come sono, abrasi, dilaniati, deformati e scomposti sono utili per definire le caratteristichedella presumibile arma". Quanto poi all'affermazione dei 49 colpi quasi tutti a segno le risultanzebalistiche dicono: " Nei cadaveri in particolare a fronte di almeno 36 ferite da armi fuoco sono statirepertati soltanto 13 proiettili calibro 9 mm 8 di cui sparati da un'arma e 5 da un'altra ". Come si pu

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    10 di 27 08/10/2013 18:45

  • notare quindi cosa certa, ed emerge dalla perizia, la presenza in Via Fani di un terrorista che esplode unnumero veramente rilevante di colpi. L'altro elemento che servito per creare la figura del superkiller l'ormai famosa testimonianza del benzinaio Lalli che afferma: " Ho notato un giovane che all'incrocio conVia Fani sparava una raffica di circa 15 colpi poi faceva un passo indietro per allargare il tiro e sparava indirezione di un'Alfetta [...] L'uomo che ha sparato con il mitra, dal modo con cui l'ha fatto mi sembratoun conoscitore dell'arma in quanto con la destra la impugnava e con la sinistra sopra la canna faceva inmodo che questa non s'impennasse inoltre ha sparato con freddezza e i suoi colpi sono stati secchi eprecisi". Lalli parla quindi di una persona esperta nel maneggiare le armi, nulla pu chiaramente dire sullaprecisione del killer. Ma veramente indecifrabile questo personaggio che maneggia cos bene le armi?Nella sua dichiarazione, Lalli assegna all'esperto sparatore un posto ben preciso: " egli situatoall'incrocio con Via Stresa ". Secondo le ricostruzioni quella posizione occupata da Valerio Morucci.Perch allora ci sono dubbi sull'identit del brigatista? Evidentemente Morucci potrebbe anche possederele qualit "tecniche" indicate dal Lalli. Per sincerarcene diamo uno sguardo alla sua "carriera": Moruccientra in Potere Operaio all'inizio degli anni settanta, come responsabile del servizio d'ordine ed tra iprimi a sollecitare una militarizzazione del movimento. Nel febbraio del 1974 arrestato dalla poliziasvizzera perch in possesso di un fucile mitragliatore e cartucce di vario calibro. Alla fine del 1976, almomento dell'entrata nelle Br, devolve all'organizzazione diverse pistole, munizioni, e la famosamitraglietta skorpion, gi usata nel ferimento Theodoli, ed in seguito utilizzata per uccidere Moro. Comecomponente della colonna romana delle Br partecipa a quasi tutti gli attentati che insanguinano Roma nel1977. Infine, quando insieme con la Faranda esce dalle Br, pur essendo ormai un isolato senza concreteprospettive militari, decide di riprendersi le proprie armi. Un vero arsenale formato da pistole, mitra emunizioni rinvenuto in casa di Giuliana Conforto al momento del suo arresto, il 29 Maggio 1979. Aconferma del rapporto quasi maniacale che Morucci ha con le armi ci sono moltissime testimonianze dicompagni brigatisti. Carlo Brogi, un militante della colonna romana nel processo Moro afferma: "Morucci aveva con le armi un rapporto incredibile, anche perch, come lui stesso mi ha detto, molte dellearmi che aveva portato via le aveva portate lui nell'organizzazione provenendo dalle F.A.C. e che questearmi erano il risultato d'anni di ricerche per modificarle, per trovare i pezzi di ricambio, insomma eranosue creature. Pertanto per lui separarsene era un insulto a tutto il suo lavoro". Credo che, viste lecaratteristiche di Morucci, affermare che fosse in grado di maneggiare correttamente un fucile sia davveroil minimo. Per Morucci - ed stato confermato pi volte anche in Commissione stragi - ha affermato cheil suo mitra si incepp dopo 2 o 3 colpi. Dunque egli non pu essere il super killer e probabilmente anche sbagliata la ricostruzione fatta circa la posizione dei vari brigatisti in Via Fani; se a ci si aggiungeil fatto che nessuno degli altri membri del commando aveva una preparazione da "commando", ladomanda sorge spontanea: ma allora chi era il "Tex Willer" ? I "misteri" sull'azione militare non sono perfiniti. In via Fani, dei 93 colpi sparati contro la scorta dell'onorevole Moro, furono raccolti trentanovebossoli sui quali il perito Ugolini, nominato dal giudice Santiapichi nel primo processo Moro, dissequanto segue: " Furono rinvenuti colpi ricoperti da una vernice protettiva che veniva impiegata perassicurare una lunga conservazione al materiale. Inoltre questi bossoli non recano l'indicazione della datadi fabbricazione ". In effetti vi era scritto "GFL", Giulio Fiocchi di Lecco, ma il calibro non venivaindicato - come normalmente fanno invece le ditte costruttrici - e nemmeno la data di fabbricazione diquei bossoli. Il perito afferm che " questa procedura di ricopertura di una vernice protettiva veniva usataper garantire la lunga conservazione del materiale. Il fatto che non sia indicata la data di fabbricazione un tipico modo di operare delle ditte che fabbricano questi prodotti per la fornitura a forze statali militarinon convenzionali ". Alla luce di tali rilievi, mi chiedo come sia potuto accadere che in via Fani fosserousati proiettili di questo tipo. In ogni caso, sarebbe interessante sapere come mai questo tipo di proiettilifinirono nelle mani delle Brigate rosse e di quel commando che assassin la scorta di Aldo Moro. Un altroragionamento poi avvalora la tesi del killer estraneo alle Brigate rosse. Per quale ragione i terroristi delgruppo di fuoco indossavano delle divise dell'ALITALIA? Quello fu effettivamente un accorgimentoabbastanza singolare, talmente strano da richiamare l'attenzione dei passanti anzich distoglierla. Laspiegazione che viene da trovare risiede nel fatto che forse non tutti i brigatisti del commando siconoscevano fra loro, cos la divisa serviva appunto al reciproco riconoscimento, in pratica per non

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    11 di 27 08/10/2013 18:45

  • spararsi a vicenda. Una conferma dunque della teoria del Killer "esterno". Ma chi poteva essere questokiller professionista ? Due persone piuttosto ben informate, Renato Curcio e Mino Pecorelli, in merito atale questione hanno parlato di "occasionali alleati" delle Br; gruppi legati alla delinquenza comune cheavrebbero per l'occasione "prestato" alcuni uomini per portare a termine quella strage. E quale luogomigliore delle carceri italiane avrebbe potuto fungere da punto di incontro da due realt tanto diverse ? E'infatti al loro interno che si parl molto del sequestro (o comunque di un attentato) di un'alta personalitpolitica, tanto che il SISMI ne era stato debitamente informato in tempo utile [un detenuto comune,Salvatore Senese, inform il 16 febbraio 1978 appunto il SISMI che le Brigate rosse stavano progettandoun simile sequestro]. Il riferimento che Mino Pecorelli fa sul suo giornale "OP" a Renato Curcio nonappare quindi casuale, perch proprio lui potrebbe aver rappresentato il tramite ideale fra i suoi compagniliberi e gli ambienti malavitosi ai quali chiedere temporaneo soccorso. Certi indizi puntano direttamentein Calabria. Di questo parere sembra essere oggi anche Francesco Biscione che afferma: " probabilmenteallorch Moretti costitu la colonna romana delle Brigate rosse (fine 1975) aveva gi rapporti (viaggi inSicilia e in Calabria) o con settori criminali o con compagni dell'area del partito armato in grado dimetterlo in contatto con segmenti del crimine organizzato ". E ricorda tre episodi che potrebbero costituireun serio indizio in tal senso: " La presenza del Moretti accertata - scrive - a Catania il 12 dicembre 1975(insieme con Giovanna Curr, probabile copertura di Barbara Balzerani) presso l'hotel Costa e il 15dicembre presso il Jolly hotel. Il 6 febbraio 1976 Moretti ricomparve nel Mezzogiorno con la sedicenteCurr, a Reggio Calabria presso l'hotel Excelsior. Oltre al fatto che non sono mai state chiarite le finalitdei viaggi - prosegue Biscione - questa circostanza sembra possedere un altro motivo di curiosit: iviaggi, o almeno il secondo di essi avvennero all'insaputa del resto dell'organizzazione tant' che quandol'informazione venne prodotta in sede processuale suscit lo stupore di altri imputati ". Il terzo statorivelato da Gustavo Selva: dopo la conclusione del sequestro di Aldo Moro " nel luglio 1978 vennearrestato il pregiudicato calabrese, Aurelio Aquino, e trovato in possesso di molte banconote segnate dallapolizia perch parte del riscatto del sequestro Costa operato dalle Br ". E' ovvio che con quei soldi le Brpotrebbero aver pagato alla 'ndrangheta qualche partita di armi, ma anche il "prestito" di un killerprofessionista. Il forte sospetto resta dunque intatto. Da valutare, infine, con la dovuta cautela, l'appuntodi Mino Pecorelli ritrovato dopo la sua morte fra le sue carte: " Come avviene il contatto Mafia-Br-Cia-Kgb-Mafia. I capi Br risiedono in Calabria. Il capo che ha ordito il rapimento, che ha scritto i primiproclami B.R., il prof. Franco Piperno, prof. fis. univ. Cosenza "; anche volendo considerare tutto questouna mera illazione si pu comunque, in questo caso, concordare con Francesco Biscione che consideracome l'appunto si riferisce ad un'ipotesi ricostruttiva che connette gli indizi riguardanti l'esistenza inCalabria di un terminale decisivo, sebbene di incerta definizione, dell'intera operazione del sequestroMoro. In questo modo trova una logica spiegazione la probabile presenza in via Fani di un killer di "altaprofessionalit", un professionista che il pentito calabrese Saverio Morabito ha indicato in Antonio Nirta,detto "due nasi" per la sua capacit di usare la lupara, anche se alcune testimonianze pi recenti puntanoinvece il dito contro Agostino De Vuono, anch'egli calabrese ed esperto tiratore tutt'oggi latitante;l'incorgnita comunque resta. Le teorie e le supposizioni sul nome del Killer lasciano per il tempo chetrovano di fronte ai fatti: quella mattina del 16 Marzo 1978 le Brigate rosse vennero aiutate, e da pi parti,a compiere un'azione troppo pi grande delle loro capacit. Ed anche Alberto Franceschini continua adesternare forti dubbi in merito. Ultima particolarit da annotare riguardo alla tragica giornata del 16Marzo 1978 una deposizione di Nara Lazzarini, segretaria di Licio Gelli, fatta nel 1985 al processoPazienza-Musumeci; la Lazzarini ha ricordato infatti che la mattina della strage di Via Fani il GranMaestro della P2 ricevette la visita di due persone all'Hotel Excelsior di Roma, e durante il colloquio aGelli sfuggirono le seguenti parole: " Il pi fatto ". Pu non voler dire nulla, per una testimonianzaattendibile e come tale la riporto. E' ormai "verit processuale" (il che non vuol dire che sia verit) cheAldo Moro sia stato tenuto prigioniero, per tutti i 55 giorni del sequestro, nell'appartamento all'interno 1di via Montalcini 8, nel quartiere Portuense, a Roma. Un primo accenno ad una prigione di Moro eracomparsa in un fumetto pubblicato all'inizio di giugno del 1979 dal primo numero di "Metropoli",periodico dell'Autonomia operaia. Nel fumetto (disegni di Beppe Madaudo, sceneggiatura di Melville,pseudonimo usato da Rosalinda Socrate) la tavola con l'interrogatorio di Moro era preceduta da una

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    12 di 27 08/10/2013 18:45

  • didascalia che diceva: " Mentre a via Fani cominciano le indagini, nella stanza interna di un garage delquartiere Prati comincia l'interrogatorio di Moro ". Interrogato, Madaudo disse di aver ricalcato il disegnoda "Grand Hotel". Certo che in quel fumetto saltavano fuori notizie allora sconosciute, segno evidenteche gli ambienti dell'Autonomia non erano poi cos male informati. Dopo la versione disegnata, il primo aparlare della prigione dello statista DC stato il pentito Patrizio Peci, che ha raccontato per di averappreso che Moro fu tenuto nascosto nel retrobottega di un negozio poco fuori Roma. La versione di Pecivenne in seguito smentita da Antonio Savasta, catturato il 28 gennaio 1982 alla fine del rapimento Dozier.Il Savasta cominci subito a collaborare e disse di aver saputo che Moro venne tenuto prigioniero in unappartamento di propriet di Anna Laura Braghetti. All'inizio l'attenzione degli inquirenti si concentrsull'appartamento che era stato del padre in via Laurentina 501, ma poco dopo le indagini si orientaronosu via Montalcini, una casa acquistata nel giugno 1977 per 50 milioni circa, e dove Anna Laura Braghettisi era trasferita nel dicembre dello stesso anno. Due anni dopo anche Valerio Morucci e Adriana Farandahanno confermato che Moro trascorse tutta la sua prigionia nell'appartamento abitato non solo dallaBraghetti ma anche da Prospero Gallinari, e frequentato da Mario Moretti e da - ma lo si saputo moltodopo - Germano Maccari, il fantomatico "Ingegner Altobelli". Prima cosa bizzarra il fatto che il 5 luglio1980 il giudice Ferdinando Imposimato apprese che l'UCIGOS, nell'estate 1978, aveva svolto indaginisulla Braghetti e via Montalcini. L'appunto sulle indagini gli venne consegnato il 30 Luglio, ma era informa anonima e non conteneva i nomi di chi aveva svolto le indagini. Sempre a tale proposito, nelfebbraio 1982 sul quotidiano "La Repubblica" Luca Villoresi scrisse: " Sono passati pochi giorni dallastrage di via Fani quando alla polizia arriva una prima segnalazione, forse una voce generica, forse unasoffiata precisa [...] ma all'interno 1 di via Montalcini 8 gli agenti non bussano ". Nel 1988 si venne poi asapere che verso la met di luglio 1978, pochi mesi dopo il sequestro, l'avv. Mario Martignetti (chesembra lo avesse saputo da una coppia di suoi parenti) segnal all'On. Remo Gaspari che una Renault 4rossa come quella in cui le Br lasciarono il cadavere di Moro era stata vista in via Montalcini 8 nelperiodo del rapimento ed era scomparsa dopo la morte di Moro. Gaspari inform il ministro Rognoni ilquale attiv le indagini subito affidate all'UCIGOS. In seguito, l'ispettrice dell'UCIGOS incaricata delcaso ha riferito che dalle indagini era emerso che, fino al giugno 1978, con la Braghetti abitava un uomoche si faceva chiamare Ingegner Altobelli. L'ispettrice disse anche che, ritenendo che una perquisizione adue mesi dalla morte di Moro avrebbe dato esito negativo e avrebbe insospettito la Braghetti, prefer farlapedinare per cercare di arrivare ad Altobelli o scoprire se frequentava gruppi eversivi. I pedinamentidurarono fino alla met di Ottobre ma ebbero risultati negativi perch la Braghetti usciva puntualmenteper recarsi al lavoro e al ritorno a casa faceva cose normali. Il 16 ottobre 1978, un appunto dell'UCIGOSinform la magistratura che gli inquilini dell'interno 1 non destavano sospetti. I pedinamenti e le richiestedi informazioni sul suo posto di lavoro (di cui la Braghetti viene a sapere) spinsero per la terrorista adentrare in clandestinit e a lasciare (il 4 ottobre '78) l'appartamento, che nel frattempo aveva venduto aduna signora (moglie del segretario particolare dell'ex ministro Ruffini). Nell'agosto 1978 la Braghetti ebbeun'accesa disputa con l'ex inquilino dell'appartamento, Gianfranco Ottaviani, che aveva mantenuto ladisponibilit della cantina; la Brigatista scardin la porta della cantina e l'ex inquilino chiamimmediatamente la polizia. Per una lite banale la brigatista rischi cos un pericoloso intervento dellapolizia. Ma invece proprio quella lite venne usata dall'UCIGOS per spiegare che la Braghetti e Altobelli,che risultava trasferito in Turchia da qualche mese per motivi di lavoro, non erano sospettabili, perchaltrimenti avrebbero evitato la lite con l'intervento del 113. Solo nel 1993 si arrivati alla vera identit delcos detto "quarto uomo", Germano Maccari, che sembra proprio essere quell'ing. Altobelli a cui eranointestate le utenze di luce e gas, come lui stesso ammette nel 1996. Stranamente l'individuazione diMaccari avvenne proprio lo stesso giorno in cui trapelarono dalla stampa le dichiarazioni di SaverioMorabito secondo il quale Antonio Nirta, killer della mafia calabrese e confidente del generale deicarabinieri Francesco Delfino, era stato " uno degli esecutori materiali del sequestro dell'on. Aldo Moro ". Molto interessante mi parsa una circostanza apparsa nel suo recente libro "Il delitto Moro" daFrancesco Biscione, e riguardante il fatto che nelle immediate vicinanze di via Montalcini, a pochi passidal covo delle Br, abitavano numerosi esponenti della Banda della Magliana. L'elenco molto dettagliato:" In via G. Fuggetta 59 (a 120 passi da via Montalcini) abitavano Danilo Abbruciati, Amelio Fabiani,

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    13 di 27 08/10/2013 18:45

  • Luciano Mancini; in via Luparelli 82 (a 230 passi dalla prigione del popolo) abitavano Danilo Sbarra eFrancesco Picciotto (uomo del Boss Pippo Cal); in via Vigna due Torri 135 (a 150 passi) abitava ErnestoDiotallevi, segretario del finanziere P2ista Carboni); infine in via Montalcini al n1 c'era Villa Bonelli,appartenente a Danilo Sbarra ". In effetti la "Prigione del Popolo" era situata proprio nel quartiere romanodella Magliana, una zona notoriamente controllata in modo capillare da quel particolare tipo di malavitacollegato, come poi si saputo con certezza, a settori dei servizi segreti, alla P2 e all'eversione nera. Sedavvero Aldo Moro stato tenuto nel territorio della Banda della Magliana per tutto il periodo delsequestro, appare altamente improbabile che la malavita della zona non ne fosse venuta a conoscenza. Malo Stato si stava dando da fare per rintracciare la "Prigione del Popolo"? Ad un osservatore inesperto inumeri sembrerebbero dire di si. Dalla relazione della Commissione Moro emerge che dal 16 marzo al 10maggio '78 vennero attuati 72.460 posti di blocco di cui 6.296 nella sola Roma; effettuate 37.702perquisizioni domiciliari di cui 6.933 nelle case dei cittadini della capitale; controllate 6.413.713 persone(cio circa un italiano ogni 10) impegnando ogni giorno 13.000 uomini delle forze dell'ordine con l'ausiliodi 2.600 automezzi. Questa enorme mobilitazione non port apparentemente a nulla, anzi, nel periodo delrapimento Moro le Br commisero 2 omicidi, 6 ferimenti, 5 incendi di auto ed un attentato contro unacaserma dei Carabinieri. Come ha affermato il Procuratore generale di Roma Pascalino: Tante volte sifanno azioni dimostrative per tranquillizzare la popolazione [...] non posso spiegarlo, non sta a mespiegare perch si prfer fare operazioni di parata anzich ricerche. E in quei giorni si fecero operazioni diparata. Per non ho usato il termine "apparentemente" a caso: nonostante tutto le forze di polizia il 3aprile '78 era riuscita a fermare o individuare molti personaggi legati o vicini alle Br. tanto per fare alcuninomi importanti si potrebbero citare Valerio Morucci, Adriana Faranda, Bruno Seghetti. Incredibilmenteper queste operazioni di controllo non ebbero alcun seguito di indagine. Per quanto riguarda la gestionedel rapimento, il campo si ristringe, diminuiscono drasticamente le prove e di contro aumenta il numero diindizi e deduzioni logiche possibili. Due avvenimenti accaduti il 18 aprile segnarono a mio avviso glisviluppi successivi del rapimento proprio in questa direzione: la misteriosa scoperta del covo di viaGradoli ed il quasi contemporaneo ritrovamento del falso comunicato n7. La scoperta di una base delleBr in Via Gradoli avvenne in un modo casuale ma alquanto strano: i pompieri furono chiamati dagliinquilini dei piani inferiori per una perdita d'acqua dall'appartamento dove andava a dormire il leaderdelle Br, Mario Moretti (colui che interrog Aldo Moro). L'ipotesi che ho cercato di avvalorare - comesempre tra mille difficolt e poche prove certe - che quel covo, sia stato "bruciato" da qualcuno [servizisegreti? Un infiltrato? Oppure dei brigatisti contrari all'uccisione di Moro?] grazie al trucchetto delladoccia rivolta verso il muro per permettere a chi di dovere di recuperare le carte di Moro riguardanti laP2, Gladio e tutto ci che era probabilmente contenuto nelle sue borse scomparse nonch le confessionifatte dal presidente alle Br. Un'altra teoria riguarda il fatto che la scoperta del covo di via Gradoli fu inqualche modo pilotata dallo stesso Moretti per indurre un certo stato d?animo nell'organizzazione, perforzare la mano con i propri compagni e farli convincere che non c'era pi tempo. Comunque sia, il tuttovenne fatto in modo assai rumoroso per permettere agli inquilini di essere informati per tempo dalla TV epoter cos continuare a gestire il rapimento. Serviva per un diversivo, qualcosa che distogliessel'attenzione generale dal covo; ecco che lo stesso giorno "qualcuno" fece ritrovare il falso comunicatoN7, quello dove si sosteneva che il cadavere di Aldo Moro si trovava in fondo al Lago della Duchessa.Allo stesso tempo questa doppia operazione ha probabilmente segnato in modo decisivo il rapimento, nelsenso che questo era un chiaro avvertimento rivolto alle stesse Br: "Guardate che possiamo prenderviquando vogliamo, che non vi venga in mente di far concludere il sequestro in un modo differente daquello indicato dal falso comunicato perch potreste pagarlo caro...". Dunque mentre il comunicatoarrivava al Viminale, i vigili del fuoco arrivavano in via Gradoli: le due messinscene che procedettero inperfetta sincronia, due "sollecitazioni" fatte affinch il sequestro si concludesse rapidamente e nellamaniera pi idonea. Nello stesso comunicato - oltre a suggerire ai brigatisti quale fosse l'epilogo piopportuno del rapimento - si trovano infatti dei precisi "segnali" che dovevano indirizzare le Br in taledirezione, come l'accenno alla morte di Moro mediante suicidio, proprio come era accaduto ai capi dellaRAF in Germania nel carcere di Stammheim. Non affatto credibile poi che l'appartamento di ViaGradoli 96 sia stato lasciato da Moretti e Barbara Balzerani nelle condizioni in cui stato descritto nei

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    14 di 27 08/10/2013 18:45

  • verbali della polizia: bombe a mano sparse sul pavimento, un cassetto messo in bella mostra sul letto econtenente una pistola mitragliatrice, documenti e volantini disseminati ovunque [proprio come sequalcuno avesse messo sottosopra il covo per cercare qualcosa...]. E pare perfino incredibile che le forzedell'ordine si siano comportate in un modo cos "rumoroso" (volanti giunsero a sirene spiegate eimmediatamente si form una piccola folla di curiosi e giornalisti) subito dopo la scoperta del covo,quando invece dopo il ritrovamento della base di Robbiano di Mediglia avevano atteso con la massimadiscrezione il rientro dei terroristi arrestandoli uno dopo l'altro. A mio avviso, l'occulta regia della duplicemanovra del 18 Aprile pot procedere liberamente all'interno del covo predisponendo una messinscena,allo stesso tempo diffuse un comunicato falso ma "tecnicamente" verosimile, chiaro segnale di unaperfetta conoscenza dei retroscena del sequestro e di come le Br e Moretti lo stessero conducendo. Apparecomunque quantomeno bizzarra anche la scelta (effettuata da Moretti nel 1975) di Via Gradoli comeluogo adatto a stabilirvi un covo delle Br, e non un covo qualsiasi, ma il primo e principale punto diriferimento dei brigatisti a Roma, abitato nell'ordine da Franco Bonisoli, Carla Brioschi, Valerio Morucci,Adriana Faranda, Mario Moretti e Barbara Balzerani ma noto anche ad altri brigatisti. La bizzarria risiedenel fatto che via Gradoli era una strada stretta e circolare, lunga seicento metri e con un solo accesso-uscita sulla via cassia; dopo un breve tratto rettilineo di appena cento metri la strada disegnava un circuitodi mezzo chilometro e ritornava al breve tratto "obbligatorio", dal quale si poteva agevolmente controllaregli spostamenti di tutti gli abitanti della via, l'esatto opposto, dunque, delle normali cautele adottatenormalmente dai brigatisti. Caso vuole poi che al n 89 di via Gradoli, nell'edificio che fronteggiava -dalla parte opposta della strada - il civico 96 con il covo delle Br, abitava il sottufficiale dei CarabinieriArcangelo Montani, agente del SISMI. Ma i servizi segreti non si limitavano solamente a controllare lavia, via avevano addirittura stabilito un proprio ufficio; di questo un ex militante di Potere operaio avevaavvisato le Br, ma esse, una volta localizzato con precisione quell'ufficio, decisero incredibilmente dimantenere ugualmente il covo in quella strada. Tornando ai giorni del rapimento, una delle possibiliimplicazioni logiche che la scoperta "accidentale" del covo comport fu quella di far diventare anche laprigione di via Montalcini piuttosto insicura, dunque possibile - anzi, assai probabile - che Moro siastato portato velocemente in un altro covo-prigione. Le carte di Moro all'interno del covo "bruciato"furono forse ritrovate, ma probabilmente non nella loro totalit, e la cosa dovette suscitare le ire degliinteressati, tant' vero che - ma qui forse le mie ipotesi diventano troppo fantasiose - chi nel corso deglianni ne stato probabilmente in possesso stato in qualche modo eliminato (Pecorelli e Dalla Chiesa,tanto per fare due nomi). Con il duplice messaggio del 18 Aprile, rivolto chiaramente al vertice Br, lagestione del sequestro entr in una nuova fase; non c'era altro tempo, le Brigate rosse non avevano pi lapossibilit di proseguire la "campagna di primavera" da loro progettata ma dovevano piegarsi a dellevolont indiscutibilmente superiori: apparati "deviati" dello stato ed il loro occasionale "braccio destro",la "Banda della Magliana" cui apparteneva Chichiarelli. Come vedremo, molti indizi ci indirizzanoproprio in questo sentiero. Ma esiste un'altra ipotesi da valutare. Come sostenuto dal recente volume 'IlMisterioso intermediario' di Fasanella e Rocca: "A lasciare aperta la doccia potrebbe essere stato lo stessoMoretti. E usando la logica capovolta, che spiega molti episodi di queste trame occulte, se ne pucomprendere anche il perch. Il capo brigatista si era impossessato della gestione del sequestro,esautorando di fatto i compagni. Forse voleva che ai militanti giungesse il messaggio che a Roma nonc'era pi nessun nascondiglio sicuro, visto che era stata scoperta perfino la base del capo; e che diconseguenza, bisognava affrettarsi a portare Moro fuori citt". Ma se il 18 Aprile '78 fu la data dalla qualecambi materialmente la gestione del rapimento, il momento in cui venne presa - e da pi parti - ladecisione di intervenirvi direttamente fu con ogni probabilit immediatamente successiva, e precisamentequando venne resa nota la prima lettera di Moro a Cossiga, in cui sollecitava la trattativa con le Brinvocando la ragion di stato e non motivi umanitari. Quella lettera doveva restare segreta e nelleintenzioni di Moro doveva servire ad aprire un canale diretto per la trattativa. Invece Mario Moretti laalleg al comunicato numero 3 delle Br, in cui si annunciava che il processo a Moro stava continuando "con la piena collaborazione del prigioniero ", e la fece recapitare ai giornali. A quel punto probabilmentesi attivarono molti servizi segreti: quelli occidentali per proteggere gli eventuali segreti rivelati da Moro,quelli orientali per carpirli. I primi promettendo salvacondotti ai brigatisti; i secondi aiuti e appoggi alla

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  • rivoluzione. Una conferma che la base Br di Via Gradoli 96 - "centrale operativa" del sequestro Moro -fosse nota a molti si ebbe pochi giorni dopo il rapimento di Moro, quando cinque agenti delcommissariato "Flaminio Nuovo", guidati dal maresciallo Domenico Merola perquisirono appunto gliappartamenti di via Gradoli 96. Durante il primo processo, Merola racconta che l'ordine era venuto, lasera prima dell'operazione, dal commissario Guido Costa. " Non mi fu dato l'ordine di perquisire le case. -dice il maresciallo ai giudici - era solo un'operazione di controllo durante la quale furono identificatinumerosi inquilini, mentre molti appartamenti furono trovati al momento senza abitanti e quindi, nonavendo l'autorizzazione di forzare le porte, li lasciammo stare, limitandoci a chiedere informazioni aivicini. L'interno 11 fu uno degli appartamenti in cui non trovammo alcuno. Una signora che abitava sullostesso piano ci disse che li' viveva una persona distinta, forse un rappresentante, che usciva la mattina etornava la sera tardi ". " Fui io a disporre i controlli dei mini appartamenti della zona - conferma il vicequestore Guido Costa - in seguito ad un ordine impartito dal questore, che allora era Emanuele DeFrancesco. L'esito dell'operazione fu negativo ". La data della mancata perquisizione del covo il 18marzo 1978, due giorni dopo il rapimento, almeno secondo la relazione informativa scritta da Merola econsegnata da De Francesco ai giudici solo nel 1982, perch fino a quel momento non era stato possibiletrovarla. Nell'estate del 1978, il giornalista Sandro Acciari scrisse sul "Corriere della sera" che tra il 16 eil 17 marzo, alla segreteria del ministero dell'Interno era arrivata una segnalazione anonima dell'esistenzadi un covo delle Br in via Gradoli e che il ministro Cossiga aveva incaricato il capo della polizia Parlatodi disporre perquisizioni nella zona. Parlato, interrogato dal giudice Achille Gallucci aveva smentitoquesto fatto. Nel 1982, al processo, Acciari disse di aver appreso la notizia, a livello di indiscrezione,negli ambienti del palazzo di giustizia, e di avere avuto conferma da Luigi Zanda, all'epoca addettostampa del ministro dell'Interno Cossiga. Acciari ha precisato per di aver saputo in seguito dallo stessoZanda che nella loro conversazione telefonica ci fu un equivoco, perch Zanda credeva che Acciari siriferisse alla vicenda della seduta spiritica in cui emerse il nome "Gradoli". Anche il giornalista MinoPecorelli, ucciso un anno dopo in circostanze ancora oscure, e anche lui presente nelle liste della P2,scrisse sul numero del 25 aprile 1978 del suo settimanale "OP": " Nei primi dieci giorni dopo il sequestrodi Moro, in seguito ad una soffiata preziosa, via Gradoli e in modo speciale lo stabile numero 96 eranostati visitati ben due volte da squadre di polizia. Ma davanti alle porte degli appartamenti trovatidisabitati, i poliziotti avevano desistito. Avevano bussato doverosamente anche alla portedell'appartamentino-covo e non ricevendo l'invito ad entrare se n'erano andati ". Prima di procedere oltremi preme sottolineare quanto affermato da Flamigni sulle fonti di Pecorelli (gi affiliato alla P2 ma aitempi del rapimento 'dissociato'): "la rete informativa e le fonti di Pecorelli durante i 55 giorni delsequestro Moro risulteranno documentate dalle agende del giornalista. Vi erano annotati contatti,telefonate e incontri [...] soprattutto con appartenenti ai servizi segreti: dal P2ista Umberto D'Amato(esperto di intelligence, consigliere del ministro dell'interno e capo della Polizia), a Vito Miceli (ex capodel SID, affiliato alla P2) dal generale Maletti (P2) al capitano Labruna (P2) al capitano d'Ovidio (P2)".Ma c'erano anche incotri con i magistrati Infelisi e DeMatteo, con avvocati, con politici di varie forzepolitiche, con il venerabile maestro Licio Gelli. Le informazioni a sua disposizione erano dunque sempredi primissima mano. Tra le vicende inusuali accadute durante i 55 giorni del rapimento Moro damenzionare - se non altro per il nome dei presenti - anche quella del 2 aprile 1978. Nella casa dicampagna di Alberto Cl a Zappolino, alle porte di Bologna, si riun un gruppo di professori universitaricon tanto di mogli e bambini. Erano presenti l'ex presidente del Consiglio Romano Prodi con la moglieFlavia, Alberto, Adriana, Carlo e Licia Cl, Mario Baldassarri e la moglie Gabriella, Francesco Bernardi,Emilia Fanciulli. Secondo i racconti, per allentare la noia di una giornata di pioggia, a qualcuno deipartecipanti venne la bizzarra idea di tenere una seduta spiritica. I partecipanti avrebbero quindi evocatogli spiriti di don Luigi Sturzo e Giorgio La Pira chiedendo loro dove si trovasse la prigione di Aldo Moro.Gli spiriti - incredibilmente - formarono le parole Bolsena-Viterbo-Gradoli e indicarono anche il numero96. Secondo i racconti dei partecipanti, fu proprio il terzo nome ad incuriosirli, tanto da prendere unatlante per controllare se esistesse una localit chiamata Gradoli. Il 4 aprile, a Roma per un convegno,Prodi parl di questa indicazione a Umberto Cavina, capo ufficio stampa della DC, che la trasmise a LuigiZanda, addetto stampa del ministro dell'Interno, il quale fece un appunto per il capo della polizia,

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    16 di 27 08/10/2013 18:45

  • Giuseppe Parlato. Parlato ordin di perquisire la zona lungo la statale 74, nel piccolo tratto in provincia diViterbo, in localit Gradoli, casa isolata con cantina. Il rastrellamento della zona viene effettuato il 6aprile, senza risultati. Nel luglio 1982, al processo, Eleonora Moro, moglie di Aldo Moro, ha raccontatoche, quando venne a sapere della seduta spiritica (in quell'occasione, la signora Moro dice per chel'indicazione Gradoli venne fuori " due o tre giorni dopo il rapimento " e questo contrasta con la dataindicata per la seduta spiritica), rifer " la cosa all'on. Cossiga e ad un funzionario che credo fosse il capo,il responsabile delle indagini, ma non ricordo come si chiamasse. Chiesi loro - continua la signora Moro -se erano sicuri che a Roma non esistesse una via Gradoli e perch avessero pensato subito, invece, alpaese Gradoli. Mi risposero che una tale via non c'era sulle pagine gialle della citt. Ma quando se neandarono da casa, io stessa volli controllare l'elenco e trovai l'indicazione della strada. In seguito midissero che erano stati a vedere in quella zona, ma avevano trovato solo alcuni appartamenti chiusi. Sigiustificarono dicendo che non potevano sfondare le porte di ogni casa della strada ". Il giorno dopoGiovanni Moro, figlio di Aldo, conferma che fu Cossiga a sostenere che via Gradoli non esisteva nellostradario di Roma. Cossiga ha per escluso di essere lui la persona che neg l'esistenza di via Gradoli. Nel1995, la relazione sulle stragi e il terrorismo presentata dal presidente della commissione parlamentareGiovanni Pellegrino sostenne che l'indicazione di Gradoli era filtrato negli ambienti dell'Autonomiabolognese e il riferimento alla seduta spiritica non era altro che un trasparente espediente di coperturadella fonte informativa. A parziale conferma di ci sta anche la testimonianza di Giulio Andreotti che,davanti alla Commissione, ha detto: " non credo alla storia di Gradoli a cui si arriv con la sedutaspiritica. Quell'indicazione venne dall'Autonomia operaia di Bologna. Non lo si disse per non doveringuaiare qualcuno ". Pochi giorni dopo, Bettino Craxi intervenne sul caso Moro sostenendo che "nessuno pu credere alla tesi della seduta spiritica dal momento che le notizie su via Gradoli si seppero daambienti legati strettamente all'organizzazione terroristica. Gli stessi che ci diedero notizie anche di viaMontalcini ". " Gradoli - ha confermato in quei giorni l'avv. Giancarlo Ghidoni, difensore di moltiesponenti dell'autonomia bolognese - era una parola che nell'ambiente di Autonomia Operaia sisussurrava. L'organizzazione all'epoca del sequestro Moro premeva perch lo statista non fosse ucciso efosse liberato. L'Autonomia era molto preoccupata, voleva che cessassero certe attivit, convinta che ilfucile stesse sopravanzando la testa, e che certe cose andassero a danno della sinistra rivoluzionaria [...]Una persona, di cui non posso ovviamente rivelare il nome, mi disse: "Hanno detto che Moro a Gradoli.Intendeva proprio il paesino del viterbese dove andarono a cercare Moro, non la via romana con lo stessonome. Evidentemente le informazioni che aveva erano parziali" ". Infine, da una nota della DIGOS del 19agosto 1978, che riprende un appunto precedente dell'UCIGOS, risulta che via Gradoli era sotto controllogi in epoca precedente al sequestro Moro per la segnalazione nella strada della ripetuta presenza di unfurgone Volkswagen di propriet di Giulio De Petra, militante di Potere Operaio, il cui numero telefonicoera nell'agenda di Morucci. Le cose non devono per sorprendere; in effetti Valerio Morucci era ritenutoun valido appoggio "militare" da parte di tutte l'ala dura dell'ormai disciolto Potere Operaio, pochi persanno che egli agiva d'intesa con Piperno e Pace svolgendo il ruolo di cerniera tra le Br e l'Autonomianell'ambito della progettata unificazione di tutte le organizzazioni armate, al fine di rendere praticabile "l'irlandizzazione della capitale ". Nel 1997 l'on. Enzo Fragal, chiedendo l'audizione di Prodi incommissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi e il terrorismo, ha detto: " in via Gradoli vi eranoquattro interni 11, due civici 96 con due scale ciascuna. Vi furono indicazioni diverse fra DIGOS ecommissariato Flaminio Nuovo sulle scale da perquisire; vi sono legami di societ intestatarie di alcuniinterni 11 e altre societ collegate con il ministero dell'Interno e con il Sisde; all'interno del covo Br furitrovato il numero di telefono dell'immobiliare Savellia, societ di copertura del Sisde; perch non si indagato sui mini-appartamenti di via Gradoli 96 e 75 intestati all'ex capo della polizia Parisi e suirapporti tra Domenico Catracchia, gi amministratore del palazzo, e lo stesso Parisi ? ". All'Immobiliare"Savellia" era intestato anche un palazzo in via di Monte Savello (vicino al ghetto ebraico e a viaCaetani), di cui c'erano tracce in un appunto di Moretti. L'8 marzo 1998, l'ex deputato socialista FalcoAccame, criticando la mancata attuazione del "piano Paters", segnal l'appartamento di via Gradoli comericonducibile alla societ immobiliare Savellia, societ di copertura del SISDE. Secondo Accame, comeper Fragal, " i mini appartamenti di via Gradoli, numeri 96 e 75, erano intestati all'ex capo di polizia ".

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    17 di 27 08/10/2013 18:45

  • Attualmente l'Immobiliare Savellia risulta di propriet del Sovrano Ordine di Malta. In Via Gradoli iservizi segreti italiani disponevano per anche di un ufficio; la cosa venne riferita alle Br da un'exmilitante di Potere Operaio, ma nonostante questo, i brigatisti decisero di mantenere ugualmente il lorocovo in quella strada, in barba a qualsiasi legge della logica e della sicurezza (tanto pi che nella stessavia Gradoli c'era anche un covo frequentato da estremisti di destra) 46. Anche questo fatto risulta esserepiuttosto strano. C' per un'altra pista da seguire: c'era qualcuno che all'interno delle Brigate rosseriteneva talmente sbagliata l'operazione in progetto da tentare di farla fallire avvertendo in anticipo leforze istituzionali ? Un'ipotesi da fare che all'interno delle Brigate rosse vi fosse un partito dellatrattativa che mirava alla salvezza della vita di Moro e che questo gruppo, oltre a discutere per tentare difar maggioranza sulla propria opinione, abbia messo addirittura lo Stato sulle tracce, per esempio, delcovo di via Gradoli. Infatti, scoprire quel covo avrebbe significato arrivare subito a Moretti. Ed a viaGradoli fu mandata per ben tre volte la Polizia ed addirittura fu fatta arrivare a Prodi ed a Cll'indicazione "Gradoli", che poi fu mistificata con la famosa seduta spiritica di cui tutti sappiamo. E' veroche vi era questo partito della trattativa (altrimenti detto "ala Movimentista") all'interno delle Brigaterosse il quale, ritenendo politicamente disastrosa l'uccisione di Moro, tent in tutti i modi di far scoprire ilcovo di via Gradoli, alla fine addirittura col telefono della doccia in cima ad un manico di scopa messocontro il muro per far allagare l'appartamento di modo che, visto che non se ne poteva pi di uno Statoche non riusciva a scoprire il covo, fossero almeno i pompieri ad arrivarvi, trovando sul muro steso ildrappo delle Brigate rosse e sul tavolo tutte le armi affinch fosse chiarissima l'indicazione che si trattavaproprio di un covo dei terroristi? E' bene ricordare che la porta del covo non era stata scassinata e inoltreche per motivi di sicurezza, era abitudine dei brigatisti non avere pi di due chiavi di ogni covo, dunquesiccome Via Gradoli 96 era in quel periodo frequentata solo da Moretti e da Barbara Balzerani, logicosupporre che solamente loro avessero le chiavi. Questa spiegazione supportata - ovviamente - dallaFaranda, cio da colei che (assieme a Morucci) potrebbe essere l'artefice di un tale piano essendo il duonotoriamente contro un epilogo tragico del rapimento Moro. Dagli atti del processo "Metropoli" traspare(a mio avviso perfino in modo un p eccessivo) che Morucci e Faranda erano pedine in mano a Piperno,leader dell'Autonomia, e guarda caso proprio dalle file dell'Autonomia che provenivano tutti i"messaggi" a favore degli inquirenti (da quello di Radio citt futura a quello emerso nella seduta spiriticadi Prodi). Dunque Morucci e la Faranda, nel periodo di circa due mesi in cui lo avevano abitato, avevanofatto delle copie della chiave che apriva il covo di Via Gradoli ? Furono loro ad architettare il tutto ? E'una possibilit, in quanto tale la riporto, per oggettivamente non mi sento di dargli troppo peso, anche esoprattutto in considerazione della "coincidenza" temporale con il ritrovamento del falso comunicato n 7,vero punto di svolta del sequestro. A dire il vero c' un'altra possibilit, cio che effettivamente il nomeGradoli sia stato fatto saltar fuori proprio come riferimento al paesino di Gradoli -sito nella zona diBolsena- e poi effettivamente rastrellato da circa 2000 agenti, perch l'operazione di polizia in que