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Copertina interna Sale della terra /2 1

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Copertina interna Sale della terra /2

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Realizzatodalla commissione dei 17-19enni – CPG

EditingCpg

Pro Manoscritto

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PRESENTAZIONE: Lo annunciamo a voi!Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta. (Gv 1,1-4)

Eccoti il Prologo della Prima Lettera di Giovanni, un testo della seconda parte del I sec. cristiano. In essa la prima generazione di cristiani narra la propria fede in Cristo alla generazione successiva. Pensaci bene: essere animatori dei ragazzi non è forse la stessa cosa?

Un ragazzo e una ragazza che a 17-18 anni oggi frequentano ancora i nostri ambienti parrocchiali…iniziano ad essere delle mosche bianche! Nessuno più a questa età viene ai gruppi se non per un motivo valido!

La nostra diocesi da anni ha fatto la scelta di dedicare per questa fascia d’età un’attenzione particolare alla dimensione della fede. L’approccio più antropologico della catechesi nell’età della adolescenza lascia il passo a una ricerca più matura del credere. Certo, non priva di dubbi e di incertezze e di tutte le attenzioni necessarie ai ragazzi di questa età.

Questo approccio di fede chiama in questione direttamente la fede degli animatori, che per la profondità degli interrogativi dei ragazzi, si trovano ad essere sollecitati non poco: non basta più parlare dell’amicizia o della fede “secondo me”. E’ importante cioè che si proponga un cammino sapido, gustoso, affascinante, …a partire dalla fede degli animatori!

Sale della terra fa il bis!Facendo seguito al sussidio per la lettura personale del Vangelo secondo Marco che abbiamo proposto due anni fa, ne proponiamo ora uno che ripercorre il medesimo itinerario alla ricerca di Gesù e del significato dell’essere suoi discepoli, non da soli, ma con un gruppo di ragazzi.

Trenta sono i brani scelti per accompagnare l’itinerario lungo il Vangelo. Ogni scheda prevede che prima di tutto siano gli animatori a fare un itinerario di fede condiviso sul Vangelo. Come? Attraverso un incontro di preparazione tra loro distribuito in due momenti:

1. Una ” Lectio divina” (cosa è ‘sta cosa? Vedi nell’introduzione del Sale della terra) condivisa sul brano di Vangelo previsto;

2. La programmazione dell’incontro con i ragazzi: partendo dalla messa a fuoco del tema (“dal Vangelo alla vita”) attraverso alcuni suggerimenti pratici proposti (che possono benissimo essere cambiati con altri ritenuti più validi: vedi sotto!).

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Suggeriamo poi di strutturare in tre parti l’incontro da proporre ai ragazzi:

1. “sono cose della vita”: una prima parte di taglio esistenziale attraverso una provocazione, una canzone o un gioco, in tema con il sottofondo esistenziale del brano evangelico in questione;

2. “Jesus”: una seconda parte nella quale si legge il Vangelo, cercando di coglierne il “lieto annuncio” rispetto alla propria situazione di vita, anche con l’aiuto di alcune domande (…e noi?)

3. “tra il dire e il fare”: si conclude con una attualizzazione concreta.

Ne vale la pena!Questa proposta, rispetto ad altri itinerari, ci sembra possa avere dei grossi vantaggi perché:

- Va al nocciolo di tanti temi centrali della vita cristiana;- fa fare un cammino di fede agli animatori, coinvolgendoli in prima persona nell’annunciare

la fede che approfondiscono (senza che ci sia bisogno per forza del prete quando c’è da parlare di fede!)

- aiuta il processo di animazione ad essere autentico, in quanto chiede agli animatori di esporsi essi stessi per primi;

- aiuta i ragazzi a cogliere in maniera vicina alla propria vita il lieto annuncio del Vangelo; - affronta un tema esistenziale ogni volta diverso, offrendo così grande varietà e evitando

…brodi lunghi!

Non resta che……augurare un buon lavoro agli animatori che decideranno di utilizzarlo: il lavoro sarà buono…nella misura in cui toccherà la vostra vita! Allora diventerà spontaneo che “voi lo annunciate a loro!”

Don Alberto GiustiDirettore Centro Diocesano di Pastorale Giovanile

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SCHEDE1. La Voce del Padre

Da "Sale della terra", scheda 1

Dal Vangelo alla vitaIn questo primo brano del Vangelo di Marco emerge il rapporto di fiducia che lega Gesù con il Padre. Egli si sente dire: "Ho fiducia in te". il nostro essere figli di Dio nel battesimo ci pone nella condizione di poter sperimentare il medesimo rapporto di fiducia, una relazione personale viva, che si concretizza soprattutto nella preghiera, dentro la quale Dio continua a dire a ciascuno "Ho fiducia in te".

Sono cose della vitaLavoro di gruppo: brainstormingL'animatore su un cartellone scrive la parola "Dio" sul lato destro e "papà" sul sinistro. Con la tecnica del dialogo muto i partecipanti scrivono tutto quello che viene loro in mente dell’uno o dell’altro termine. Potrebbe essere utile creare anche collegamenti tra le diverse affermazioni.Dopo una decina di minuti, l'animatore guida un confronto su quanto emerge dal cartellone.

JesusDal Vangelo secondo Marco (1,1-11)

1 1 Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. 2 Come è scritto nel profeta Isaia: Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparerà la strada. 3 Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri, 4 si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5 Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6 Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico 7 e predicava: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. 8 Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo». 9 In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. 10

E, uscendo dall'acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. 11

E si sentì una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto».

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Il primo versetto del Vangelo è il titolo di tutta la sua opera. All’inizio c’è l’essenziale in due parole: Cristo e Figlio di Dio. È presto per conoscerne il significato e hai a disposizione tutto il Vangelo per scoprirlo (8,27-30 e 15,39).Le prime parole che trovi sono prese da un profeta: Isaia. Si parla di un messaggero: è Giovanni il Battista. Egli è l’inviato da Dio Padre a preparare nel deserto la strada per ogni uomo che desideri prepararsi all’incontro con il Messia. Il fiume Giordano completa il disegno di questo luogo deserto, perché l’acqua qui è un simbolo, un richiamo all’esperienza del Battesimo di chi si immerge nell’acqua come aveva fatto il popolo quando aveva attraversato il Mar Rosso. Dio Padre dice che il messaggero è mandato «davanti a te». A chi si sta rivolgendo? A suo figlio, Gesù Cristo! Queste parole sono importanti: sono le parole di un Padre rivolte al proprio figlio. Il Vangelo si apre con un dialogo tra il Padre e il Figlio, le parole le sentiamo provenire nuovamente dal cielo al v. 11. Questo papà desidera dire una cosa importante a suo figlio, proprio all’inizio della sua avventura per le strade di Galilea: «sei mio figlio prediletto» (in greco c’è la parola agapetòs, che significa «amato»), «in te mi sono compiaciuto» che potremmo tradurre in «sono fiero di te». Non ha altro da dirgli, non è un padre che raccomanda al figlio di fare il bravo ragazzo, non ha nemmeno particolari programmi di vita da offrirgli: il padre conferma il suo amore. Confronta queste parole con la voce che si sente durante la trasfigurazione in Mc 9,7 e con le ultime parole di Gesù in Mc 15,34 e medita…

... e noi?Il dialogo tra Gesù e il Padre risulta essere significativo. Raccontiamoci come "funziona" il nostro dialogo con Dio Padre? È qualcosa di lontano dalla nostra vita?Capita a molti di far fatica a vivere questo dialogo. È importante almeno desiderarlo. Quanto desideriamo di poter dialogare con Dio Padre? Di poter pregare?Gesù si presenta a Giovanni il Battista e si fa battezzare: il suo primo gesto ufficiale sembra, allora, quello di mettersi in fila con i peccatori: cosa significa per noi questo gesto?

Tra il dire e il fare dedichiamo qualche tempo, un po' più del solito, alla fine dell'incontro o in un altro

momento, per vivere insieme un'esperienza di preghiera, ispirata a questo brano, provando a dare voce a ciò che ci sentiamo rivolto come pensiero di Dio.

si può proporre di impegnarsi in un certo tempo, ad esempio una settimana, a darci come gruppo un orario per una piccola preghiera: ogni giorno all'ora stabilita, ognuno dove si trova, preghiamo contemporaneamente. è un modo per aiutarci a percepire la vicinanza delle persone (e di Dio) nonostante la distanza.

possiamo provare a raccogliere le nostre preghiere spontanee, scritte su fogli di carta. I fogli possono essere ridistribuiti tra i partecipanti, oppure essere un po' adattati e diventare le preghiere dei fedeli della liturgia domenicale.

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2. Il deserto e il giardinoDa "Sale della terra", scheda 2

Dal Vangelo alla vitaGesù affronta il deserto, luogo inabitabile per eccellenza, simbolo della fatica e del peso del vivere. è il luogo della tentazione, dove l'uomo è messo alla prova. Il deserto nella nostra vita assume i contorni della fatica nelle relazioni, dell'insoddisfazione, della delusione e della solitudine.

Sono cose della vitaProponiamo l'ascolto di un brano musicale e il dialogo sul testo.

TALKColdplayX&Y (2005)

Per spiegare un tema delicato ed universale al contempo come l’amicizia è interessante analizzare il testo di una delle band che dal 2000, con l’album Parachutes, ha conquistato dapprima l’ambìto primo posto delle classifiche britanniche, e poi quelle mondiali: i Coldplay.Questo album, chiamato X&Y perché “è il simbolo matematico che usiamo nelle equazioni per le domande che non hanno ancora una risposta, ma rappresenta anche il maschile e il femminile, lo ying e lo yang, in sostanza la dualità del pensiero umano che ci impedisce di vedere l’unità del tutto” (Chris Martin, leader della band), porterà questi giovani musicisti britannici alla consacrazione mondiale, dovuta anche al fatto che i testi cantati toccano temi, appunto come l’amicizia, comuni a tutti, ma che al contempo scavano nelle profondità dell’animo umano.Il tema verte sulla solitudine del soggetto principale del testo, confuso e fuori dal contesto, che cerca un amico con cui poter parlare “la stessa lingua”.Capita, a volte, che ci sentiamo soli in un pensiero o in un sentimento; è naturale nell’essere umano la ricerca della condivisione, ma non è scontato trovare la persona giusta che possa capire il nostro linguaggio, perché ognuno di noi ha un distacco dai sentimenti del prossimo con non è sempre colmabile.Amicizia vuol dire anche condividere un vuoto, quindi riempire l’esistenza, attraverso cose semplici, come può essere una chiacchierata. Alcuni discorsi, anche tenuti la bar, o in piazza, o in riva ad un fiume, in una serata qualunque, possono aprirci la mente, possono sollevare, se pronunciati da chi ci sa ascoltare. E questa è l’amicizia, farsi carico delle risate e dei pianti di qualcun altro che decidiamo di rendere importante nella nostra vita.Let’s talk.

TALKColdplay

TALKColdplay

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X&Y (2005)

Oh amico io non riesco, non riesco ad andare avanti ho provato così duramente a raggiungerti perché non so cosa fare oh amico io non riesco a credere che sia vero, sono così spaventato per il futuro e voglio parlare con te oh voglio parlare con te

Puoi fare una foto di qualcosa che vedi nel futuro dove mi troverò? puoi salire su una scala che arriva fino al sole? o scrivere una canzone che nessuno ha cantato o composto?

ti senti perso o incompleto? ti senti come un puzzle dove non riesci a trovare il pezzo mancante? dimmi, come ti senti? beh io mi sento come se gli altri stessero parlando una lingua che non parlo e stanno parlando a me

Quindi, fa' una foto di qualcosa che vedi nel futuro dove mi troverò? puoi salire su una scala che arriva fino al sole? o scrivere una canzone che nessuno ha cantato o composto? qualcosa che non è mai stata fatta qualcosa che non è mai stata fatta

Quindi non sai dove stai andando e vuoi parlare e ti senti come se stessi andando dove non sei mai andato prima lo dici a chiunque ascolterà ma ti senti ignorato

Parliamo, parliamo, parliamo

X&Y (2005)

Oh brother, I can't, I can't get through I've been trying hard to reach you Cause I don't know what to do Oh brother, I can't believe it's true I'm so scared about the future and I want to talk to you Oh I want to talk to you

You can take a picture of something you see In the future where will I be? You could climb a ladder up to the sun Or write a song nobody had sung Or do something that's never been done

Are you lost or incomplete? Do you feel like a puzzle, you can't find your missing piece? Tell me how you feel Well I feel like they're talking in a language I don't speak And they're talking it to me

So you take a picture of something you see

In the future, where will I be? You could climb a ladder up to the sun Or write a song nobody had sung Or do something that's never been done Or do something that's never been done

So you don’t know where you're going but you wanna talk? But you feel like you're going where you've been before You'll tell anyone who'll listen that you feel ignored? Nothing's really making any sense no more

Let's talk Let's talk Let's talk Let's talk

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JesusDal Vangelo secondo Marco (1,12-13)12 Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto 13 e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano.

Il testo oggi è breve… ora prova con la fantasia ad immaginare la scena. Una voce meravigliosa dal cielo (1,11) e poi nel deserto in compagnia degli angeli e delle «fiere», cioè degli animali selvatici del deserto. Pensa che l’espressione «lo Spirito lo sospinse» può essere tradotta con «lo Spirito lo gettò/lo scaraventò». Sottolinea questa parola assieme alla parola deserto: spesso la vita ti scaraventa nel deserto, in una condizione di prova, di solitudine proprio come è successo a Gesù.Cosa ci fa Gesù nel deserto? Il deserto è il luogo della prova e delle tentazioni: è il luogo dove Israele ha camminato per quaranta anni, dopo essere stato liberato dalla schiavitù d’Egitto. Così capisci il numero dei quaranta giorni: anche Gesù ripete la stessa esperienza di Israele, attraversa le acque del fiume Giordano e poi vive l’esperienza del deserto. Israele nel deserto si era comportato male. Ha fuso un vitello d’oro e ha chiamato quell’oggetto senza respiro con queste parole: «il Signore che ci ha fatto uscire dal paese d’Egitto». Nel deserto Israele è sottoposto ad una prova per sapere se è fedele o no al suo Dio, per sapere la verità: Israele si è scoperto infedele, ma perdonato e amato. Le prove della nostra vita ci aiutano a comprendere chi siamo, perché entriamo nella verità, quando cioè sei provato, sei costretto ad uscire allo scoperto. Israele ha fatto verità: ha scoperto che non era così fedele a Dio, Israele aveva fallito e Dio lo ha perdonato. Siamo scaraventati nel deserto e nella solitudine per conoscere chi siamo: infedeli! … e per conoscere chi è Dio: colui che ci perdona e ci accompagna.Gesù nel deserto ha vinto, è rimasto fedele. Ma come ha fatto? Marco è sobrio, non ci descrive un eroe, ci parla di «bestie» e di «angeli», che convivono in pace come quando Adamo ed Eva stavano con gli animali e vivevano in pace, senza uccidere, senza bisogno di versare sangue. Allora Mc ci sta dicendo una cosa meravigliosa: Gesù fa del deserto (luogo di morte) un luogo di pace e di vita, in breve: un paradiso terrestre, un giardino. Angeli e bestie possono richiamare due dimensioni che ci appartengono: vorremo essere angelici ma scopriamo una bestia in noi difficile da dominare. Gesù ci indica una via d’uscita. I sentimenti angelici sono a nostro servizio per stare con i sentimenti bestiali: non temere ciò che senti, anche se ti sembra brutto. Sappi che Gesù è in grado di fare del tuo deserto un giardino.Gesù si ritirerà ancora nel deserto, prova a leggere: Mc 1,35-38.

... e noi?Quali sono le situazioni della nostra vita che chiameremmo «deserto»?Nel deserto ci sono le «bestie» e gli «angeli». Come viviamo i nostri sentimenti «angelici» e i sentimenti «bestiali»? Che volto e che nome hanno? Li temiamo e ci fanno paura? Come conviviamo con queste parti difficili dentro di noi?

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Tra il dire e il fare Se in parrocchia conosciamo una persona, meglio se scegliamo un giovane, che sappiamo

attraversare un periodo di fatica (un lutto, un incidente, ...), gli facciamo presente la nostra solidarietà, nel modo che decidiamo insieme.

Si può proporre una sorta di gemellaggio: ciascuno dei componenti del gruppo diventa "padrino" di un altro (e sarà quindi contemporaneamente aiutato da un altro componente del gruppo), con lo scopo di aiutarlo ad affrontare le fatiche della vita e a tenere lontane "le bestie" ... una telefonata, un SMS, un momento insieme ... non per farci gli affari degli altri, ma per darci una mano a vicenda.

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3. La scommessa di seguire GesùDa "Sale della terra", scheda 3

Dal Vangelo alla vitaGesù chiama i primi discepoli. Sconcerta nel racconto del vangelo la immediatezza della loro risposta: davvero è una bella scommessa andare dietro a questo sconosciuto. Dio ci passa accanto anche oggi e non cessa di chiamarci. Di fronte alle scelte grandi della vita, come a quelle di ogni giorno, forse siamo freddi calcolatori, lontani dall'immediatezza dei primi discepoli.

Sono cose della vitaProponiamo l'ascolto di un brano musicale e il dialogo sul testo.

FATHER AND SONCAT STEVENSTea for the Tillerman (1970)

Padre:Non è tempo di cambiareRilassati, prendila con calmasei ancora giovane, questa è la tua colpaHai ancora molte cose da conosceretrovare una ragazza, sistemarti, se vuoi puoi sposartiGuarda me, sono vecchio,ma sono felice

una volta ero come sei tu ora,e so che non è facileRimanere calmi quando hai trovatoqualcosa che vama prendi il tuo tempo, pensa a lungoPerché, pensa a tutto quello che hai avuto.Per te sarà ancora qui il domani,ma forse non i tuoi sogni.

Figlio:Come posso provare a spiegare,quando lo faccio, si volge altrove di nuovoÈ sempre la stessa vecchia storiaDal momento in cui potevo parlare,

FATHER AND SONCAT STEVENSTea for the Tillerman (1970)

Father:It's not time to make a changeJust relax, take it easyYou're still young, that's your faultThere's so much you have to knowFind a girl, settle downIf you want, you can marryLook at me, I am oldBut I'm happy

I was once like you are nowAnd I know that it's not easyTo be calm when you've foundSomething going onBut take your time, think a lotI think of everything you've gotFor you will still be here tomorrowBut your dreams may not

Son:How can I try to explainWhen I do he turns away againAnd it's always been the sameSame old storyFrom the moment I could talk

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mi fu ordinato di ascoltareOra c'è una strada e soche devo andarmeneSo che devo andare

Padre:non è tempo di cambiareSiediti, prendila con calmasei ancora giovane, questa è la tua colpaCi sono ancora molte cose da affrontaretrovare una ragazza, sistemarti,Se vuoi puoi sposartiGuarda me sono vecchio,ma sono felice

Figlio:tutte le volte che piansi,tenendo tutto dentro di meÈ dura, ma è anche duraignorare tuttoSe avevano ragione, ero d'accordo,ma sono loro che tu conosci, non meOra c'è una strada e io soche devo andarmeneSo che devo andare

I was ordered to listenNow there's a way and I knowThat I have to go awayI know I have to go

Father:It's not time to make a changeJust sit down and take it slowlyYou're still young that's your faultThere's so much you have to go throughFind a girl, settle downIf you want, you can marryLook at me, I am oldBut I'm happy

Son:All the times that I've criedKeeping all the things I knew insideAnd it's hard, but it's harderTo ignore itIf they were right I'd agreeBut it's them they know, not meNow there's a way and I knowThat i have to go awayI know I have to go

E’ duplice la motivazione per la quale abbineremo questo testo a questo tema:

1. il testo stesso che ruota intorno al dialogo tra un padre che cerca di istruire il figlio sul suo futuro e il figlio che invece vuole avere la libertà di scegliersi la sua strada

2. l’autore, Cat Stevens, che ancora giovane, prima di diventare famoso, conobbe una crisi mistica che lo porterà nel 1977 ad abbracciare l’islam.

Partiamo dal primo punto.

Tea for the Tillerman è il quarto album di Cat Stevens, ed è uno dei migliori, sia per quanto riguarda l’aspetto musicale sia perché le canzoni abbracciano tutti i temi fondamentali della sua produzione (ricerca spirituale, amore, morte e realtà sociale). Quasi a voler prendere le distanze dall’etichetta di pop star (su cui ironizza anche nel brano Pop star contenuto in Mona Bone Jakon) questo ventitreenne dallo sguardo magnetico e dalla voce educata ci regala undici brani dalla forte carica emozionale, quasi una finestra sul suo lato più intimo e riflessivo.Father and son è forse il brano più famoso di Cat Stevens, ed ha un testo capace di essere attuale dopo decenni. Il tema è quello dello scontro generazionale, un confronto tra la mentalità di un padre e quella di suo figlio che si articola in un immaginario dialogo botta e risposta, così frequenti nella vita reale. Il padre è l’incarnazione della “serenità a tutti i costi”, il figlio è il classico esempio di “tanto loro non mi capiscono”. Una divergenza di idee che si accompagna ad una differenziazione musicale: le parole del padre sono sottolineate da un semplice giro di chitarra, le battute del figlio hanno una musicalità più complessa, quasi a voler aggiungere drammaticità al conflitto interiore di un ragazzo che si scontra con ciò che gli è sempre stato insegnato.

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Passiamo al secondo punto.

All'inizio della sua carriera musicale, Georgiou adotta il nome Cat Stevens dopo che un amico gli fa notare che i suoi sembrano gli occhi di un gatto. Siamo in pieno periodo "Swingin' London", e Stevens incarna in pieno lo stereotipo del cantante pop commerciale dell'epoca, un'immagine dalla quale egli si distanzierà notevolmente negli anni a seguire.

Dopo i primi due album Matthew and Son e New Masters, che ottengono un tiepido successo soprattutto grazie a qualche singolo, Cat Stevens si ammala gravemente di tubercolosi e passa un certo periodo in un sanatorio di Midhurst, nella campagna inglese. È qui che il cantautore britannico comincia a riflettere sul proprio futuro, sulla propria carriera (cambia casa discografica), sul proprio stile di vita, decidendo di operare un drastico cambiamento anche a partire dall'immagine: capelli più lunghi, barba. Dalla metà degli anni '70 Stevens si trasferisce in Brasile per motivi di tasse, ed è proprio in questo periodo che il cantautore britannico comincia ad avvicinarsi a tematiche prettamente religiose, in particolar modo buddiste.

Stevens si converte all'Islam nel 1977 dopo aver rischiato di morire annegato a Malibu, secondo un aneddoto dallo stesso Stevens citato più volte. Adotta il nome Yusuf Islam, si ritira completamente dalle scene e diventa un membro eminente della comunità musulmana di Londra, aprendo anche una scuola nel nord della capitale britannica.

JesusDal Vangelo secondo Marco (1,14-20)14 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: 15 «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo». 16

Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17 Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini». 18 E subito, lasciate le reti, lo seguirono. 19 Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. 20 Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.

La Galilea: una regione dove Gesù inizia la sua attività pubblica, inizia ad annunciare il «Regno di Dio». È un Gesù ormai cresciuto presso la ferialità di Nazaret. Ma Nazaret deve essere lasciata. Lasciare Nazaret significa diventare grandi: per Gesù è arrivato questo momento e comincia sulle rive di un lago, che al suo tempo chiamavano Mare di Galilea. È un Gesù carico della parola d’amore ricevuta presso il Giordano. È un Gesù che inizia con entusiasmo la sua attività e quindi raccoglie attorno a se i primi amici, li chiama a condividere il suo Regno d’amore. Per capire il regno che ha in mente Gesù è necessaria una «conversione». «Convertirsi»: in greco metànoia, cioè «cambiare mentalità», modificare se stessi in profondità, i propri atteggiamenti, i propri comportamenti, scegliere Gesù come punto di riferimento nel cammino della vita. Cambiare non solo qualcosa di sé: cambiare tutto il proprio orizzonte. Non è facile, ma è bello. Forse si rimane caratterialmente quelli di prima, ma si è si diventa diversi perché si imposta la vita in un modo completamente nuovo. I primi discepoli infatti lasciano le reti: sono chiamati sul posto di lavoro, nella ferialità, proprio come Gesù ha maturato nella ferialità di Nazaret. E lasciano il proprio spazio di vita così piccolo e

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ridotto: diventano grandi, perché lasciano alle spalle le sicurezze della famiglia di origine e si affidano ad una vita tutta nuova. Si fidano di quella parola: «seguitemi». Per il Regno di cui parla Gesù vale la pena lasciare e seguirlo (4,26-34, a p. 51). La sua è una Parola nuova che non ti tradirà mai, che non vuole comprarti, che non vuole fare effetto su di te: ti interpella perché tocca la parte più intima e preziosa di te. Alla parola «seguitemi», quei poveri pescatori hanno sentito che Gesù li prende sul serio, che li ama, che scommette su di loro così come sono. Gesù coinvolge se stesso e i primi amici nell’entusiasmo del regno che avanza, della novità che sta portando in Galilea: i discepoli gli hanno dato fiducia.

... e noi?Cosa c’è di bello in questa chiamata? Perché i discepoli sono disposti a lasciare tutto?Le parole «lasciare e seguire» come ci interpellano? Cosa ci dicono?è possibile prendere davvero sul serio la sua parola?

Tra il dire e il farePotremmo mettere in calendario la visita ad uno dei 4 monasteri di clausura di Verona.

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4. «Conoscere non è aderire»Da "Sale della terra", scheda 4

Dal Vangelo alla vitaIn questo brano emerge lo stupore della gente per l’insegnamento di Gesù, dato con autorevolezza. Vien da chiedersi quale autorevolezza ha per noi la Parola del Signore. La riflessione su questo brano può aiutarci a confrontarci sul rapporto tra tra etica (scelte personali), morale (insegnamenti dottrinali) e fede (il messaggio di Gesù).

Sono cose della vitaTratto da www.incontraregesu.it

Mi chiamo Carlo Mirabelli, da Petilia Policastro (Cz). Da piccolo ero un ragazzino sveglio ed ero il migliore della classe, andavo bene. Ma all'età di 17 anni, ho lasciato gli studi e ho intrapreso la via dell'andrangheta. E, come ero bravo a scuola, come ero bravo nella famiglia, da piccolo, ero bravo anche nell'andrangheta. Ero un ragazzo che promettevo, e via via arrivai ad essere all'apice dell'andrangheta a Petilia. Cioè, io guardavo ormai dall'alto: dirigevo, comandavo. Tutti li erano sotto il mio volere.Andai in galera diverse volte, però ultimamente fui arrestato perché mi incolpavano di un omicidio che non avevo commesso. […] Ma mi hanno condannato a 22 anni di carcere, nella Corte d'Assise di Crotone, ed allora incominciai a premeditare vendetta decidendo: ''Questa volta ucciderò davvero e lo farò appena fuori dal carcere!''. Programmai tante di quelle cose che solo Dio sa. Io non so come Lui mi abbia perdonato. Ma lui perdona tutti. "Anche se i tuoi peccati sono come la rena del mare, io te li perdonerò, dice Gesù", ed ha perdonato quelli miei. […] Allora, quando sono uscito ho premeditato e programmato quello che avevo in mente e ho detto a mia moglie: "Noi staremo assieme 40 giorni ed al quarantunesimo giorno sentirai suonare le campane, perché devo ammazzare qualcuno e mi devo fare giustizia". Cosi comprai delle armi, insieme ad altre cose. Al trentanovesimo giorno ho detto a mia moglie: ''Andiamo a Crotone perché devo salutare mio fratello Sebastiano''. Lui era già un credente, grazie a Dio. Era quello che quando veniva a salutarmi nel carcere, durante il colloquio, mi diceva con lacrime:''Gesù ti ama!'' E io dicevo:''Ma come può amarmi questo Gesù se io sono quello che sono?''.  Gli altri invece, mi raccontavano tutti i fatti che succedevano fuori. Quel giorno mio fratello mi ha invitato ad andare con lui nella chiesa che lui frequentava. Ma arrivato alla porta della chiesa non sono riuscito ad entrare, perché avevo un'arma addosso. E ho detto per la prima volta in vita mia: ''Ma io non posso entrare in questo locale con un'arma addosso!''. Allora sono ritornato in macchina per lasciarla. Era la prima volta che toglievo la pistola dalla cintola, non l'avevo mai lasciata da quando avevo nove anni. E quella sera la lasciai li, sotto il sedile, vicino i pedali della macchina ed entrai in quella chiesa. Appena entrato sentii cantare: ''I miei anni più belli voglio spendere per te; per te mio Signore che moristi per me!''. E io dicevo: ''Ecco, i soliti pazzi, i loro anni più belli, li vogliono spendere per questo Signore che loro non vedono e non conoscono!''. Ma ero io che non conoscevo il Signore, non erano loro. Ho detto: ''Ma! vediamo!''. Mi sono seduto, e piano,

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piano, sentii la presenza di un personaggio, in mezzo a loro. Io non lo vedevo ma Lui c'era, era li. E quelle preghiere, quelle ansietà rivolte a Lui, trovavano quella comunicabilità, quella comunione, che anch'io avvertivo. E dicevo: ''Ma è possibile? Non hanno statue, non hanno un santuario, non hanno una figura, eppure stanno dialogando con qualcuno che è vivo!'' E allora incominciavo a chiedermi, e incominciavo a vedermi quanto ero indegno davanti a quel personaggio che era li. E' iniziata una crisi nella mia coscienza, ho chiuso le mani, ho stretto i pugni, ed ho detto: ''Dio, se tu esisti, stasera ti devi fare vedere da me!''. Ad un certo punto, dal tetto della chiesa ho visto venire fuori una nuvola e non so se era veramente una nuvola, non so se era luce, io non so dirvi che cosa era di preciso, ma vedevo quella cosa, era una forma rotondeggiante; ma non riuscivo a guardare nell'interno di essa, era impenetrabile, non si poteva guardare, eppure io dovevo guardarla perché avevo capito che era un segno da parte di Dio, che era la presenza di Dio. Però il mio io, il Carlo Mirabelli, il boss non poteva cedere davanti a una nuvola; avevo gli uomini che mi aspettavano fuori, erano armati fino ai denti; ero il loro simbolo e non potevo abbandonare un partito cosi grosso; ero io che disponevo tutto. Era una battaglia con me stesso e dicevo: ''Si, io credo che Tu ti sei fatto vedere, in un certo senso, ma non posso diventare un evangelico io, io sono Carlo Mirabelli!''. Per un attimo ho chiuso gli occhi, ed ho sentito pressarmi sulle spalle come un peso enorme. Allora sentii come due pollici sulle mie spalle, come due mani che mi pressavano, ma io resistevo, ero orgoglioso. Io non volevo, ma era il Signore che pressava su di me. Fino ad un certo punto ho resistito, ma poi ho dovuto cedere. Mi si sono piegate le ginocchia, e quel Carlo Mirabelli, quel duro, quel sanguinario, cadde in ginocchio. Ed ho detto: ''Signore, sei più forte di me!''.  Era la prima volta che dicevo ad un altro che era più forte di me, ma l'ho detto al Signore, l'ho detto a Colui che stava trasformando la mia vita. E mentre cadevo in ginocchio, sentivo il pastore della Chiesa di Crotone, che faceva un invito a venire al Signore. Quella sera, il Signore si stava usando di quell'uomo, e fece un invito: ''Tu che vuoi accettare Gesù, vieni avanti!''. Io mi alzai di colpo accettando l'invito e sono andato avanti per accettare Gesù. […]Dopo 12 giorni di lotta interiore, Gesù mi fece visita e io gli dissi: “Signore, se uno mi da uno schiaffo, io poi lo vado a restituire e ti tradisco, non posso accettarti!''. E Lui mi ha detto queste testuali parole: ''Ma se io sono con te, chi sarà contro di te?''. Da quel giorno Mirabelli cambiò vita e divenne fervido credente e discepolo di Cristo in terra.

JesusDal Vangelo secondo Marco (1,21-28)21 Andarono a Cafarnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare. 22 Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi. 23 Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare: 24 «Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio». 25 E Gesù lo sgridò: «Taci! Esci da quell'uomo». 26 E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27 Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!». 28 La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea.

Il villaggio di Cafarnao è una meta importante per Gesù. Possiamo pensare che qui Gesù si sia stabilito per un certo tempo, conoscendo Simon Pietro e il suo clan. Qui Gesù da buon ebreo entra nella sinagoga e insegna. Non sappiamo che cosa ha detto, sappiamo però

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l’effetto delle sue parole: lo stupore del villaggio per l’autorità del suo parlare; il grido di un demone che non vuole assolutamente avere a che fare con Gesù. La situazione è interessante: la gente si stupisce e si pone delle domande su di Lui; il demone conosce qualcosa che la gente non sa e perciò vuole distanziarsi da Gesù. Il demone conosce: «Io so chi tu sei» (1,34; 3,11), ma conoscere non è aderire. Puoi sapere molte cose su Gesù, ma non aderire a Lui, anzi puoi percepirlo come un nemico. La gente che non lo conosce invece si stupisce e si pone della domande. Questo è un passaggio molto importante: sei chiamato ad abbandonare le cose che pensi di sapere su Gesù e cominciare, così, a stupirti, a farti delle domande e quindi ad approfondire. Come si comporta Gesù con il demone? Non lo uccide, ma gli ordina di tacere (4,35-39) e lo scaccia: questo modo di fare è degno di attenzione. Da una parte troverai un Gesù che ha il potere sul male, dall’altra un Gesù che non si mostrerà mai violento con lui; difatti non lo elimina, non lo uccide. Gesù affronterà direttamente il male quando esso cercherà di impossessarsi di Lui e di ucciderlo: anche in questo caso Gesù eserciterà il suo potere sul male, senza usare la violenza, ma consegnandosi. Gesù accoglie e ama anche chi lo vuole morto.

... e noi?Conoscere qualcosa di Gesù non significa amarlo, affidarsi a lui, in poche parole aderire: qual è la differenza tra la fede e il conoscere? Quanto la parola del Vangelo è in grado di stupirci? Nel caso ci sentissimo ancora insensibili alla sua parola, cosa potrebbe aprirci gli occhi della meraviglia e dello stupore?

Tra il dire e il fareProviamo per una settimana a porre attenzione alle cose che facciamo, segnandoci le scelte che compiamo a motivo della nostra fede… e magari anche quelle che facciamo ben sapendo che lo spirito cristiano ci porterebbe da un’altra parte, così da fare un bilancino settimanale e prendere spunto per una riflessione…

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5. Organizer alla manoDa "Sale della terra", scheda 6

Dal Vangelo alla vitaDi fronte alle molte richieste che gli vengono presentate, Gesù “se ne va altrove”, sapendo che la motivazione della sua missione non è dare risposte immediate, ma far conoscere al mondo il volto del Padre. A volte noi non siamo così capaci di dire di no. Siamo chiamati a mettere luce nella gestione del tempo, tra il piacere di un'agenda piena e la frustrazione di fare davvero bene solo poche cose. Il tempo libero come spazio per il tutto possibile, e il tempo del lavoro come occasione di realizzazione di sé.

Sono cose della vitaProponiamo l'ascolto di un brano musicale e il dialogo sul testo.

NON HO TEMPOPier Cortese

Non ho tempo per vivere al soleNon ho tempo per guardare l'aquiloneNon ho tempo per respirareNon ho tempo neanche per pisciare...Non c'é tempo per te, per me,Non c'é tempo per l'amore e nemmeno per un tePer cercarsi e per scegliereNon c'é tempo per volare e nemmeno per crescereSiamo lancette senza pubblicitàSeguiamo il ritmo di questo mondo quaE come é difficile dirsiTi amo, andiamo via, lasciamo questo mondoE sorvoliamo per stare beneNon hai tempo per chiedere come éNon hai tempo per cercare le paroleNon hai tempo per scivolareSulle ansie, le ossessioni e le paureNon c'é tempo per me, per te,Non c'é tempo per un fiore e non chiedermi perchéPer guardarsi per credereNon c'é tempo per sognare e nemmeno per crescereSiamo lancette ad alta velocitàTeniamo il ritmo ma senza libertà e come è difficile dirtiTi amo, andiamo via, lasciamo questo mondoIncontriamoci restiamo insieme

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Che il tempo é denaro e il denaro é il nostro tempoChe il tempo non cambia finché non cambia il tempoE tutto ciò che vorrei veramente sei tuChe il tempo é la storia, la storia di un momentoE per questo ti chiedo di ascoltarmi almeno adessoIo tutto ciò che vorrei veramente sei tuNon ho tempo per vivere al soleNon ho tempo per guardare l'aquiloneNon c'é tempo per costruireNon c'é tempo neanche per restare... Il tema del tempo che scorre e della sua gestione è affascinante quanto complesso.Sarà un giovane italiano, classe ’77, a cercare di spiegarci in semplicità cosa vuol dire frenesia, ricerca della felicità e consumo inutile del tempo.Pier Cortese è un giovane cantautore italiano, salito alla ribalta per il successo del suo singolo datato 2005 intitolato Souvenir. In realtà i suoi brani, per quanto all’apparenza possano sembrare di pop leggero, provengono da lunga esperienza musicale e cantautorale, che Pier Cortese ha maturato negli anni, frequentando gli ambienti del nuovo cantautorato romano, quindi aprendo i concerti dei plauditi Max Gazzè, Niccolò Fabi e portando nella sua voce la malinconia dei Tiromancino. Questo singolo Non ho tempo verrà presentato da Pier Cortese al Festival di Sanremo 2007, sezione giovani, vedendo però subito l’esclusione.Non manca però di valore il testo di questa canzone.La frenesia quotidiana, gli impegni che aumentano vertiginosamente di giorno in giorno, distolgono l’essere umano dalla semplicità del vivere quotidiano. Guardare un aquilone, cogliere un fiore o, entrando nei bisogni primari, “respirare e pisciare” diventano tutte attività da porre in secondo piano, ci sono cose più urgenti da svolgere, che però lentamente privano le giornate di colore, di vita, di sensazioni. Diventa difficile costruire anche un rapporto sentimentale, a volte cresciuto tra un impegno di lavoro ed un’ora di fitness in palestra.La soluzione proposta dal cantautore per cercare di cogliere l’essenza dell’esistenza e cercare di ritrovarsi per crescere insieme è semplice: fuggire.In realtà è molto più pratico ritagliarsi del tempo, quotidianamente. L’importante è ricordarsi che la semplicità di certi gesti, la loro quotidianità, determinano la qualità della nostra vita.A noi scegliere di fermarci e osservare il cielo mentre camminiamo, a noi telefonare a chi ci manca, a noi sorridere a chi ci ha venduto un frutto, a noi migliorare il passaggio terreno con la semplicità dei gesti.

JesusDal Vangelo secondo Marco (1,35-39)35 Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. 36 Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce 37 e, trovatolo, gli dissero: «Tutti ti cercano!». 38 Egli disse loro: «Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». 39 E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

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Confronta il versetto 35 con Mc 16,1. Il mattino di Gesù porta con sé qualcosa di speciale. Nel mondo antico le giornate iniziavano la sera e si concludevano con il giorno, in altre parole pensavano alla vita come ad un passaggio dalle tenebre alla luce. In questo buio mattutino, in questo luogo deserto (in greco eremos, da cui i nostri «eremi» di preghiera), in questa solitudine, scopriamo un segreto della vita di Gesù: sapeva ritirarsi per pregare. In questo deserto, in questa solitudine c’è qualcosa di speciale: il rapporto tra Gesù e il Padre (1,2 e 1,11), un dialogo creativo che sostiene Gesù in ogni suo gesto e in ogni sua parola. Lungi dall’essere un super eroe, Gesù era un uomo capace di pregare, capace di interiorità, di solitudine vissuta come dono e non come isolamento. Ecco la luce del mattino che viene dalle tenebre: il dialogo tra Gesù e il Padre. Ma questa solitudine cercata è sempre sottoposta al rischio di essere sequestrata dai bisogni degli altri: «la gente sta male e ha bisogno di te Gesù. Ti cercano, Gesù! Fa’ qualcosa». Gesù non cede all’inganno, non è una ambulanza, è libero pure dai tuoi bisogni. Nemmeno teme i tuoi bisogni perché quando può aiuta, guarisce, si dà da fare. Tu lo cerchi, ma non è detto che si lasci trovare: ha un progetto più grande di te, dei tuoi bisogni! Forse non capirai mai il senso di questa libertà o forse non conosciamo ancora bene come funziona la logica dell’amore: Gesù è libero, è il dialogo con il Padre che lo sostiene, non ha bisogno di guarirti per sapere di essere amato: è il Padre che lo ama e questo basta! Gesù nemmeno si lega a Cafarnao dove ha appena riscontrato un certo successo. Gesù sa di non essere proprietà personale di Cafarnao, ma sa andare oltre i nostri stretti confini.

... e noi?Qual è il nostro rapporto con la solitudine? Se ti cercano cosa fai? Ti svendi alle richieste o fuggi perché hai paura di implicarti?Che tipo di libertà è quella di Gesù che prega e supera i confini di Cafarnao?

Tra il dire e il fare ognuno si prenda del tempo per quelle cose che sarebbe bello fare e che non troviamo mai

il coraggio di attuare: la visita ad una persona, un servizio, un momento di preghiera, la lettura di un libro…

cercare di stilare un elenco delle 10 o più cose che vorremmo fare e non riusciamo a fare nell’arco di una settimana.

riuscire a prendere un appuntamento settimanale con se stessi, magari scrivendolo proprio nell’agenda, in cui dedicare un po’ di tempo a noi e magari alla preghiera personale.

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6. L’uomo di fronte allo specchioDa "Sale della terra", scheda 7

Dal Vangelo alla vitaLa fede del lebbroso che incontra Gesù esprime lo sfinimento della sua malattia; è l’occasione per guardaci dentro, per dare un nome alle nostre fatiche e alle nostre malattie. L'imperfezione fa parte della natura umana; ma riconoscersi imperfetti non è facile. Ma noi, vogliamo guarire?

Sono cose della vitaProponiamo l'ascolto di un brano musicale e il dialogo sul testo.

IL MOSTROSamuele BersaniC’hanno preso tutto (1992)

Ecco spuntare da un mondo lontano l'ultimo mostro peloso e gigante l'unico esempio rimasto di mostro a sei zampe Quanto mi piace vederlo passare, cosa farei per poterlo toccare io cosa farei... Dicono che sia capace di uccidere un uomo non per difendersi, solo perché non è buono Dicono loro che sono scienziati affermati classe di uomini scelti e di gente sicura Ma l'unica cosa evidente è che il mostro ha paura il mostro ha paura... E' alla ricerca di un posto lontano dal male certo una grotta in un bosco sarebbe ideale ma l'unico posto tranquillo è quel vecchio cortile l'unico spazio che c'è per un grande animale Dicono "Siamo in diretta..." lo scoop è servito "...questa è la tana del mostro, l'abbiamo seguito" Dicono loro che sono cronisti d'assalto classe di uomini scelti di gente sicura Ma l'unica cosa evidente l'unica cosa evidente è che il mostro ha paura il mostro ha paura... Basta passare la voce che il mostro è cattivo poi aspettare un minuto e un esercito arriva bombe e fucili ci siamo, l'attacco è totale gruppi speciali circondano il vecchio cortile Dicono che sono pronti a sparare sul mostro "Lo prenderemo sia vivo che morto sul posto !" Dicono loro che sono soldati d'azione

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classe di uomini scelti e di gente sicura ma l'unica cosa evidente è che il mostro ha paura il mostro ha paura... Vorrebbe farsi un letargo e prova a chiudere gli occhi ma lui sa che il letargo viene solo d'inverno riapre gli occhi sul mondo, questo mondo di mostri che hanno solo due zampe ma sono molto più mostri Gli resta solo una cosa, chiamare il suo mondo lontano lo fa con tutto il suo fiato, ma sempre più piano... Vorrei poterlo salvare, portarlo via con un treno lasciarlo dopo la pioggia, là sotto l'arcobaleno...

Gli esseri umani spesso sono consapevoli del fatto che la perfezione è un’ambizione più che una realtà quotidiana. Siamo stati creati con l’incredibile opportunità del libero arbitrio, che porta con sé l’inevitabile conseguenza di approdare facilmente all’errore. Quindi, molto spesso, cercando una strada o una verità per noi, incappiamo in sbagli, consapevoli o meno.Detto questo, una particolarità del genere umano è la cecità nell’ammettere la presa visione dei propri sbagli, o più in generale la propria imperfezione.Samuele Bersani, classe 1970, radici riminesi, ci invita a riflettere su questo tema con la sua nota capacità poetica, che in questa canzone “Il mostro” assume i contorni di una sorta di fiaba moderna. Da un lontano pianeta, un giorno arriva in città un mostro, gigante, peloso, che crea scompiglio nella perfetta quotidianità della città. Questo “alieno”, viene subito additato come “mostro” già dalla sua prima apparizione. Infatti, per gli esseri umani chi non si comporta come loro e non si presenta fisicamente come umano, viene subito degradato a “mostro”, quindi: da Wikipedia:” Un mostro è - in senso molto ampio - un essere vivente a cui sono attribuite una o più caratteristiche straordinarie, per le quali si discosta enormemente rispetto ad altri considerati nella norma, "ordinari". Il termine mostro ha in genere una connotazione negativa.”In città comincia quindi l’agitazione mediatica, tv e mezzi di comunicazione si sguinzagliano alla ricerca di notizie su questo “essere”, nessuno si preoccupa di conoscere la vera natura del mostro, o di incontrarlo, parlagli, per capire la sua provenienza, i suoi stati d’animo, o il perché fosse capitato proprio lì. Nessuno, solo l’autore lo vede passare e vorrebbe poterlo toccare, proteggere.Il mostro cerca un rifugio, una grotta sarebbe l’ideale, ma solo un grande cortile riesce a contenerlo. Visibile e quindi assediato, il mostro diventa la principale attrazione – preoccupazione dei cittadini, che inviano la migliore “classe di uomini scelti e di gente sicura” per cercare di ucciderlo, eliminarlo. Ma Bersani, con occhio distaccato dal resto dell’umanità precisa e impunita, vede che il mostro ha solo paura.Bombe fucili, tutto è servito per fare sparire il mostro dalla città, e ritornare tutti alla propria vita, meticolosa, precisa, perfetta. Ma veramente sarà perfetta? Così perfetta da non comprendere l’innocenza di un altro essere vivente? Così perfetta da eliminare tutto ciò che va oltre la quotidianità, la riflessione sul prossimo, sull’umanità verso qualcuno?Il mostro proverà a chiamare casa, il suo pianeta lontano,con fiato sempre più flebile, solo l’autore vorrebbe salvarlo, e nasconderlo sotto un arcobaleno. Il mostro viene eliminato, e questa è l’espressione, nella canzone, della mancata accettazione dell’imperfezione umana, che spesso scarica sul più debole i propri difetti, in una sorta di gioco secondo il quale “non sono io a sbagliare, ma è lui, tutti additano lui, per cui sarà lui il fautore del male, non io”.Samuele nasce grazie a questa canzone, che presenta al pubblico per la prima volta nel 1991 all’interno del tour di Lucio Dalla. La poesia e la dolce melodia di questo brano vengono apprezzati da pubblico e critica, e grazie ai primi buoni consensi Samuele decide di comporre il primo album, che uscirà nei negozi di dischi nel 1992 intitolato “C’hanno preso tutto”. “Il

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mostro” sarà la traccia numero due, che gli varrà anche una targa al noto premio Tenco, riconoscimento nazionale per la canzone d’autore. In realtà, quindi, sarà il mostro di Bersani a salvarlo, a traghettarlo sotto l’arcobaleno e a regalargli, grazie alla sua capacità di riconoscersi imperfetto, la notorietà dei grandi artisti.

JesusDal Vangelo secondo Marco (1,40-45)40 Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi guarirmi!». 41 Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!». 42 Subito la lebbra scomparve ed egli guarì. 43 E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: 44 «Guarda di non dir niente a nessuno, ma va', presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro». 45 Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte.

Per conoscere la solitudine di un lebbroso è bene rifarsi ad un testo del libro del Levitico: 13,44-46, dove si dice che il lebbroso sarà escluso dall’accampamento e se ne starà isolato, escluso, solo! Non è la solitudine di Gesù, che si ritira nei luoghi deserti, ma è la solitudine di chi viene isolato dagli altri: un’esperienza amara, un’esperienza di morte! Gesù vuole guarirlo, ascolta la sua supplica e arriva anche a toccare l’intoccabile! Chi tocca il lebbroso rimane impuro, ma Gesù supera queste regole e mette al centro la persona. Anche qui puoi sottolineare i gesti delicati e teneri di Gesù del v. 41: si parla addirittura della sua compassione, con una parola greca che richiama le «viscere»: la compassione è «amore viscerale». Si tratta di un «patire con», quell’empatia divina da non confondersi con la commiserazione. L’amore viscerale, che parte da dentro, è un amore cardiaco, fatto di carne e nello stesso tempo intriso di spirito celeste, un amore divino. Gesù ordina il silenzio sul miracolo, non vuole una falsa pubblicità del suo operare, non offre effetti speciali o giochi pirotecnici. Il lebbroso è disobbediente! La guarigione per lui è una esperienza incredibile e incontenibile: non può evitare di farsi evangelizzatore, di annunciare la sua esperienza di salvezza. Prima temeva gli altri, ora li cerca perché ha una storia da raccontare; prima non poteva toccare nessuno, ora può abbracciare e amare. Chi è guarito da Gesù non può rimanere fermo, ma dà inizio ad un passaparola di benedizione, non teme gli altri ma li serve (1,31). E Gesù? Ormai conosci la sua strategia: Gesù è capace di ritirarsi, non si lascia comprare dal successo delle sue opere. Gesù questo cerca: non tanto la gratificazione per la sua bravura, ma il legame con Suo Padre. In questo rapporto si ricrea come persona, nel dialogo con il Padre egli ritrova se stesso.

... e noi?Com’è fatta la lebbra della vita di oggi? L’amarezza dell’esclusione?Gesù non teme questa tua lebbra, Gesù si compromette e tocca l’impuro: cosa significa lasciarsi toccare dalla parola di Gesù proprio là dove ci si sente sporchi e spiacevoli?Hai una storia di salvezza da raccontare? Oppure ne hai sentita qualcuna?

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Tra il dire e il fare… questa è una buona occasione per mettere in calendario una confessione e per vivere il sacramento della riconciliazione: l’esperienza del lebbroso continua a ripetersi!

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7. Con gli occhi apertiDa "Sale della terra", scheda 8

Dal Vangelo alla vitaSolidarietà/1. Alcune persone portano un paralitico e lo calano dal tetto; dimostrano di voler andare avanti superando le difficoltà per portare a Gesù una persone loro cara. Noi, invece, fatichiamo ad accorgerci delle necessità di chi ci vive accanto e farcene carico, lasciando loro eventualmente un po’ del nostro tempo libero.

Sono cose della vitaProponiamo l'ascolto di un brano musicale e il dialogo sul testo.

UNA POESIA ANCHE PER TEElisaSoundtrack '96-'06 (2006)

Forse non sai quel che darei perché tu sia felice Piangi lacrime di aria, lacrime invisibili Che solamente gli angeli san portar via

Ma cambierà stagione ci saranno nuove rose

E ci sarà dentro te e al di là dell’orizzonte una piccola poesia

Ci sarà forse esiste già al di là dell’orizzonte una poesia anche per te

Vorrei rinascere per te e ricominciare insieme come se non sentissi più dolore ma tu hai tessuto sogni di cristallo troppo coraggiosi e fragili per morire adesso, solo per un rimpianto

Ci sarà dentro e te e al di là dell’orizzonte una piccola poesia

Ci sarà dentro e te e al di là dell’orizzonte una poesia anche per te

Perdona e dimenticherai per quanto possa fare male in fondo sai che sei ancora qui e dare tutto e dare tanto quanto il tempo in cui il tuo segno rimarrà questo nodo lo sciolga il sole come sa fare con la neve

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Ci sarà dentro e te e al di là dell’orizzonte una piccola poesia

Ci sarà forse esiste già al di là dell’orizzonte una poesia anche per te anche per te, per te (x3 volte)

Forse non sai quel che dareiPerché tu sia feliceStrofa di apertura di una delle canzoni maggiormente intrise di poesia della nostra voce femminile più importante degli ultimi anni, Elisa. Si parla spesso del volontariato, dell’aiutare il prossimo con mezzi e forze.Ma spesso si tralascia il potere della parola scritta o dell’evocatività delle canzoni.Con questo brano, dedicato alla sorella, Elisa si affianca ai sentimenti di una persona amata, e con estrema delicatezza se ne prende cura.

Il brano trasuda sofferenza della persona alla quale è dedicata, ma Elisa, con l’espressività di una poesia, regala sollievo attraverso la strofaMa cambierà stagioneCi saranno nuove roseche indica speranza, l’arrivo della primavera dopo l’inverno e quindi la rinascita dopo il freddo della morte.

Chi vede una persona amata soffrire vorrebbe farsi carico dell’altrui dolore, e questo è manifestato nella seguente strofa:Vorrei rinascere per te e ricominciare insieme come se non sentissi più dolore ma tu hai tessuto sogni di cristallo troppo coraggiosi e fragili per morire adesso, solo per un rimpianto

Aiutare il prossimo con le parole e una canzone vuol anche dire regalare agli ascoltatori un verso come:Questo nodo lo sciolga il soleCome sa fare con la neveSarà quindi il tempo e la forza di volontà ad aiutare, complice una spalla amica, chi soffre.

JesusDal Vangelo secondo Marco (2,1-12)2 1 Ed entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa 2 e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola. 3 Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone. 4

Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov'egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. 5 Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati». 6 Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: 7 «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?». 8 Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che

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così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate così nei vostri cuori? 9 Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? 10 Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, 11 ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua». 12

Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

Quattro «barellieri» cercano di portare il paralitico da Gesù, ma incontrano una difficoltà: la folla. La gente può rappresentare un muro. Sono in quattro, ma di fronte alla folla sono frenati; le case di Cafarnao, infatti, erano molto piccole e poche persone ostruivano facilmente un’entrata. Gli altri sono fratelli fino a quando non diventano un problema. I quattro non si danno per vinti e inventano una soluzione, non cedono. È proprio vero! In una battaglia si perde quando si smette di combattere. Dal tetto si scopre una via d’accesso… si deve alzare il paralitico, si deve sudare, si deve rischiare: eppure ne vale la pena, al di là del muro di gente c’è il Maestro. Il Maestro vede tutto, si accorge della fede di queste quattro persone. La loro fede è sufficiente per guarire il paralitico: lui non parla, non sappiamo nemmeno se ha chiesto di guarire. Guarire a volte è scomodo: diventi responsabile del dono ricevuto, sei chiamato a camminare, prima potevi elemosinare affetto e pietà. Il Maestro guarisce il paralitico, anche se prima di tutto non è un medico del corpo bensì del cuore: guarisce dai peccati (2,17 e 3,28). Questa guarigione la può operare solo Dio, Gesù dunque fa un regalo incredibile al paralitico: gli guarisce il cuore! A che serve un corpo sanato con cuore pieno di peccati? Nessuno se l’aspettava, il fenomeno dell’anno, l’attrazione del momento: il miracolo sul corpo del paralitico. Gesù, invece, guarisce prima il cuore. Ma questo diventa un problema: il miracolo non è un problema, la guarigione dei peccati è un problema. Solo Dio può perdonare. E chi è Gesù per fare una cosa che compete solo a Dio? Così inizia la prima di cinque dispute tra Gesù e alcune autorità ebraiche. In fondo il testo ci insegna anche questo: tu puoi fare tutto il bene che puoi, anche se non è detto che tutti siano d’accordo e che tu venga capito (3,6).

... e noi?Come ci comportiamo di fronte alle prime difficoltà: aspettiamo fuori tra la folla (cedere, abbattersi), o siamo pronti a sudare e faticare per scoperchiare il tetto (superarle)?Quante energie è giusto spendere per far star meglio le persone che ci circondano (conoscenti e non)?Spesso desidero un corpo diverso, guarito. So accettare un Gesù che desidera guarirmi il cuore? Quali sono le paralisi e i lettucci dove mi rifugio? Quando faccio la vittima? Quando guarire è scomodo?Penso che donare il mio tempo a chi ne ha bisogno sia frutto di una spinta che viene da Dio?

Tra il dire e il fareIl suggerimento è di assumere qualche impegno, anche importante, nel settore del servizio e del volontariato o di provare a vivere il servizio che già sto svolgendo con lo spirito di coloro che accompagnano il paralitico.

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8. «Chiamati per nome»Da "Sale della terra", scheda 11

Dal Vangelo alla vitaGesù sceglie alcune persone: ne diventeranno discepole e apostoli. Come i Dodici anche noi siamo chiamati per nome: chiamati alla vita (non siamo qui per caso) per giocarci le nostre carte per realizzare noi stessi e per il bene di tutti.

Sono cose della vitaProponiamo l'ascolto di un brano musicale e il dialogo sul testo. Discutiamo soprattutto sulle parti evidenziate.

LOSE YOURSELFEminemdall’album ispirato al film “8mile” (2002)

Allora, se tu avessi una possibilità, un’opportunità di avere tutto quello che hai sempre voluto, un momento lo cattureresti al volo o lo lasceresti scivolare via?

I suoi palmi son sudati, ginocchia molli, braccia pesanti ormai c’è del vomito sul suo maglione, saranno gli spaghetti di mamma è nervoso, ma da fuori sembra calmo e pronto per lanciar bombe, ma continua a dimenticare cosa scrisse, l'intera folla fa così tanto rumore apre la sua bocca, ma le parole non riescono ad uscire, soffoca, come fanno a scherzare tutti, adesso?! l’orologio corre, il tempo è scaduto catapultati nella realtà, ecco la gravità Oh, ecco Rabbit, soffocato, è proprio matto,

ma non si arrenderà vero? No non l’avrà, conosce tutti i trucchi della sua vecchia città, non importa, è stupido, lo sa, ma è al verde

LOSE YOURSELFEminemdall’album ispirato al film “8mile” (2002)

Look, if you had one shot, or one opportunityTo seize everything you ever wanted-One momentWould you capture it or just let it slip?

His palms are sweaty, knees weak, arms are heavyThere's vomit on his sweater already, mom's spaghettiHe's nervous, but on the surface he looks calm and readyTo drop bombs, but he keeps on forgettinWhat he wrote down, the whole crowd goes so loudHe opens his mouth, but the words won't come out. He's chokin, how everybody's jokin nowThe clock's run out, time's up over, bloah!Snap back to reality, Oh there goes gravityOh, there goes Rabbit, he chokedHe's so mad, but he won't give up thatEasy, noHe won't have it , he knows his whole back's to these ropesIt don't matter, he's dope

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è così differente, che lo sa quando ritorna alla sua casa mobile, ecco quando, di nuovo nel laboratorio tutta questa merda di rap, questa opportunità viene una sola volta nella vita

faresti meglio a liberarti nella musicae quando la possiediè meglio che non la lasci mai andare hai solo una possibilitànon perdere occasione di fare successoquesta opportunità viene una sola volta nella vita

le anime fuggono, per il buco della tua bocca aperta per la sorpresa questo mondo è mio per quello che prendo mi rende re, mentre ci muoviamo verso un nuovo ordine mondiale è nata una vita normale, ma l’essere superstar è simile a consegnare mortai diventa solo più difficile, diventa più dura ci spazza tutti via, queste zappe, è tutto su lui spettacoli sulla costa, è conosciuto come il giramondo strade solitarie, Dio solo sa è cresciuto molto lontano da casa, non ha un padre, va a casa e a malapena riconosce la propria figlia, ma tappati il naso perché arriva l’acqua fredda i suoi capi non lo vogliono piu’ è un prodotto che non serve più hanno continuato verso il successivo stupido che scorre, ha perso valore e non ha venduto niente quindi la soap opera è raccontata e svelata, penso sia la vecchia solfa, ma il battito non si ferma Da da dum da dum da da

Basta giocare io sono una novità che voi chiamate rabbia, staccare il tetto come 2 cani in gabbia, all'inizio giocavo ma l'umore mutò sono stato masticato e sputato e fischiato fuori dal palco ma ho continuato

He knows that, but he's brokeHe's so stagnant that he knowsWhen he goes back to his mobile home, that's when it's back to the lab again yoThis whole rap shitHe better go capture this moment and hope it don't pass him

[Hook:]You better lose yourself in the music, the momentYou own it, you better never let it goYou only get one shot, do not miss your chance to blowThis opportunity comes once in a lifetime yo

The soul's escaping, through this hole that it's gapingThis world is mine for the takingMake me king, as we move toward a, new world orderA normal life is boring, but superstardom's close to post mortemIt only grows harder, only grows hotterHe blows us all over these hoes is all on himCoast to coast shows, he's know as the globetrotterLonely roads, God only knowsHe's grown farther from home, he's no fatherHe goes home and barely knows his own daughterBut hold your nose cuz here goes the cold waterHis hoes don't want him no mo, he's cold productThey moved on to the next schmoe who flowsHe nose dove and sold nadaSo the soap opera is told and unfoldsI suppose it's old partna', but the beat goes onDa da dum da dum da da

[Hook]

No more games, I'm a change what you call rageTear this mothafuckin roof off like 2 dogs cagedI was playin in the beginnin, the mood all changedI been chewed up and spit out and booed off stage, but I kept rhymin and stepwritin the

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a fare rime e pseudoscrivere il successivo codice segreto, meglio che credi che qualcuno stia pagando il pifferaio magico tutto il dolore amplificato dal fatto che non posso andare avanti con i miei orari dalle 9 alle 5 e non posso procurare il giusto tenore di vita alla mia famiglia perché, amico, questi dannati buoni-pasto non comprano pannolini e non è un film, non c’è Mekhi Phifer, questa è la mia vita e sono tempi molto duri, e diventano ancor piu’ duri cercando di nutrire e innaffiare il mio seme, in piu’ vedi il disonore al quale sono arrivato, essendo padre e prima donna, dramma da mamma, continuando a gridare,

è troppo per me pretendere di stare in un posto, un’altra situazione intricata o no mi ha portato al punto, sono come una lumaca devo formulare una trama prima che io finisca in galera o sparato, il successo è la mia sola fottuta opzione, assolutamente non il fallimento mamma ti voglio bene, ma questo sentiero deve andarsene, non posso invecchiare a Salems Lot, e allora vado, è la mia occasione.

piedi non traditemi perché forse è l’unica opportunità che ho

puoi fare qualsiasi cosa ti metti in testa amico

next cypherBest believe somebody's payin the pied piperAll the pain inside amplified by the factThat I can't get by with my 9 to 5And I can't provide the right type of life for my familyCuz man, these goddam food stamps don't buy diapersAnd it's no movie, there's no Mekhi Phifer, this is my lifeAnd these times are so hard and it's getting even harderTryin to feed and water my seed, plusTeeter totter caught up between being a father and a prima donnaBaby mama drama's screamin on andToo much for me to wannaStay in one spot, another day of monotonyHas gotten me to the point, I'm like a snailI've got to formulate a plot fore I end up in jail or shotSuccess is my only mothafuckin option, failure's notMom, I love you, but this trailer's got to goI cannot grow old in Salem's lotSo here I go is my shot.

Feet fail me not cuz maybe the only opportunity that I got

You can do anything you set your mind to, man

A parlare di un tema come il dono del vivere ho pensato di chiamare un personaggio anticonformista prodotto dalla discografia black e r&B degli ultimi dieci anni: Marshall Bruce Mathers III, in arte Eminem . Protagonista di enormi successi planetari quanto di citazioni in tribunale da parte di associazioni di genitori,di associazioni cristiane e via dicendo, passato invischiato in storie di pestaggi, droghe e affini, Eminem ha saputo dimostrare al mondo che la forza di volontà vince su tutto.Se una possibilità al mondo c’è per farcela, per dare un senso all’esistere, allora si farà mille per cercare di ottenere uno. Ma quell’uno varrà la svolta della vita.

Eminem cresce nei quartieri di Ditroit, sull’8 mile, il miglio che separava il quartiere bianco da quello nero (8mile sarà anche il titolo del film dedicato alla sua vita). Il padre abbandona lui e la madre quando aveva sei anni, si trova quindi da subito a dover gestire una madre alcolizzata e una vita ai bordi di una periferia vissuta da straniero, troppo vicina al mondo dei neri e ai confini della vita da bianchi.È proprio nella musica nera che Marshall cerca un riscatto da una vita di strada, come si

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evince dal film biografico non avrà vita facile nell’essere accettato dal mondo black. Nei locali, la notte, era il più grande nella composizione di rime in freestyle, ma il mondo nero ha le sue leggi e regole, e sarà quindi lui stesso vittima di pestaggi, per essere allontanato da un mondo che non era valido per un bianco come lui.Eppure lui credette così fortemente al potere delle sue rime sociali, che pian piano cominciò ad autoprodurre i suoi primi singoli e a venderli per strada, dal baule della sua auto.Fu un brano profondamente ironico e satiro a regalare ad Eminem i primi consensi importanti. Con il brano The real Slim Shady si fece conoscere dal grande pubblico, anche per lo sfottò nei confronti del presidente uscente Bill Clinton e delle sue avventure amorose.Da lì il grande album che gli fece vendere 1.760.000 di dischi solo nella prima settima di uscita, The Marshall Mathers, e quindi l’album The Eminem show e la colonna sonora del film dedicato alla sua vita, appunto: 8mile.Divorziato, con una figlia piccola e una madre che lo ha citato in giudizio, Eminem potrebbe apparire una figura dalla quale non prendere esempio.Ma, nel suo modo di comportarsi, nasconde un volontà di “giocarsi le proprie carte” molto intensa.La svolta nella vita è stata magistralmente opera sua, si può evincere anche dalle seguenti strofe tratte da Lose yourself, dichiarata dalla rivista di musica Rolling Stone come una delle 500 canzoni più importanti della storia della musica:

Allora, se tu avessi una possibilità, un’opportunità di avere tutto quello che hai sempre voluto, un momento lo cattureresti al volo o lo lasceresti scivolare via?

faresti meglio a liberarti nella musicae quando la possiediè meglio che non la lasci mai andare hai solo una possibilitànon perdere occasione di fare successoquesta opportunità viene una sola volta nella vita

piedi non traditemi perché forse è l’unica opportunità che ho

puoi fare qualsiasi cosa ti metti in testa amico

JesusDal Vangelo Secondo Marco (3,13-19)13 Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. 14 Ne costituì Dodici che stessero con lui 15 e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni. 16 Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; 17

poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono; 18 e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo,

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Taddeo, Simone il Cananèo 19 e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì.

La storia dei conflitti non ferma Gesù, il regno si avvicina, Gesù chiama! Dopo aver incontrato tante folle, Gesù raccoglie attorno a sé dodici apostoli, con due scopi principali: «stare con lui» e «inviarli». Il primo passo è stare con il maestro. Per sapere cosa significa stare con il maestro è necessario leggere il vangelo: il maestro cammina, dona una parola autorevole sulla vita, compie dei segni, insegna a superare le paure della strada, le paure di chi vuole amare, insegna a sciogliere tante rigidità interiori, piccole garanzie anche religiose, insegna la libertà del cuore. Poi il Maestro scommette sugli apostoli e li invia: dona fiducia, non teme gli errori che potranno fare, non teme i fallimenti, li conosce e sa che diventeranno motivo per crescere. Li chiama per nome - sono dodici amici importanti - e il loro nome conta di più di quello che faranno, degli insuccessi o successi del loro compito; il loro nome è da custodire nel cuore mentre vanno a portare la parola del maestro nel mondo. La parola del maestro è in grado di scacciare i demoni: significa che nel nome di Gesù potranno esercitare un potere sul male, un potere che nessuno aveva prima. La parola del Vangelo guarisce dai demoni della notte e del giorno, dal male e dal Male. Il tuo nome è importante: è scritto in cielo e quindi non sarà più cancellato! Il tuo nome è la tua storia e il compito che hai nella vita: quello che farai, l’amore che riceverai e darai porterà il tuo nome. Gesù ti chiama a stare con Lui, poi ti invia ad amare come sei stato da Lui amato.

... e noi?Cosa significa sentirsi chiamati per nome da Gesù? Chi di noi guarda al suo futuro come realizzazione del mandato ricevuto da Dio? Riesco a dare significato alla parola VOCAZIONE pensando alla mia vita? In definitiva, che cosa siamo chiamati a fare e ad essere in questo mondo?

Tra il dire e il fareForse da bambini qualche volta i nostri genitori ci hanno spiegato perché hanno scelto per noi proprio quel nome; forse cullavano aspettative e desideri, immaginando già grande il frutto del loro grembo. Varrebbe forse la pena provare a riflettere su queste cose, magari dialogando proprio con chi ha pensato il nostro nome.

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9. La vera famiglia di GesùDa "Sale della terra", scheda 14

Dal Vangelo alla vitaDi fronte alla richiesta di dare spazio alla sua famiglia (“I tuoi sono fuori e ti cercano”), Gesù sembra sottrarsi: la sua risposta, invece, allarga lo spazio della sua famiglia, e ci comprende. Si tratta di capire se ci sentiamo dentro oppure se ci chiamiamo fuori. La Chiesa Cattolica è lo spazio vitale della comunità dei credenti: cosa vuol dire farne parte? È una risorsa o un limite? Vale la pane appartenere a questa famiglia?

Sono cose della vitaNel mondo del calcio, quello degli imbrogli, delle liti tra i tifosi, dei milioni di euro sperperati e a volte anche della tragedia. In un mondo ormai ritenuto diverso da quello sportivo, qualcuno sa amare ancora Gesù …

Tratto da www.raggiodilucenapoli.itKakà, il campione gentile che vince in nome di DioIl suo nome completo è Ricardo Izecson Santos Leite. È la stagione 2003/04 e l'arbitro ha appena fischiato la fine della partita, il Milan è campione d'Italia, Kakà dopo uno stretto abbraccio con i compagni, vola con tutti loro, mano nella mano, verso il podio più alto per ricevere i fragorosi applausi di uno stadio in delirio. Qualcuno ha scritto: "La gioia del Milan ha il sorriso e il candore di Kakà". […]Da buon credente conosce le buone maniere e sa leggere nel cuore, ha buone parole e una grande sensibilità verso tutti i compagni, in particolar modo per Rui Costa, l'uomo che lui stesso ha scavalcato nella squadra del Milan. Kakà, il talento brasiliano sempre sorridente, è nato a Brasilia (BRA) nel 1982, figlio di un ingegnere civile, arriva dal San Paolo, campione del mondo del 2002."Sono felicissimo: non ho neanche parole per esprimere la mia gioia. Vincere lo scudetto alla mia prima stagione è una soddisfazione incredibile, questo scudetto è per Dio, lo dedico a lui. E poi anche alla mia famiglia, agli amici, ai compagni di squadra. È tutto bellissimo, sto vivendo due sogni: "il primo è quello con Gesù, il suo dono meraviglioso, la gioia, la pace, la salvezza, la certezza della vita eterna. Il secondo è vincere al primo anno di Italia e in un campionato così difficile è un bel regalo di Dio. I miei compagni dicono che sono stato io a fare la differenza? No, sono troppo buoni, io sono stato uno del gruppo, e che gruppo: ci sono campioni fantastici nel Milan, io ho imparato da loro. Nel Milan poi ho trovato una casa, mi sembra di stare in famiglia. Di Rio de Janeiro mi mancano molto la mia fidanzata Caroline, gli amici, le spiagge, il sole, la calma. Ma a Milano ho scoperto la bellezza della neve. É bello guardarla e camminarci sopra, mi piace quel leggero scricchiolio che si sente sotto gli scarponi, che ti infonde una grande calma. Io sono sempre così, mi piace la tranquillità, la pace, volare, sognare con la fantasia, accetto solo felicemente il frastuono dello stadio. La Bibbia mi aiuta in questo mio desiderio di serenità. Per dominare i sentimenti e restare freddo in campo, e nella vita, all'età di 21 anni ci vuole una sicurezza e un equilibrio che ti viene da dentro".

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E mentre San Siro festeggiava lo scudetto, il brasiliano che ha cambiato la storia di questo campionato alzava al cielo una preghiera di ringraziamento a Dio, e una maglietta con la scritta: "I belong to Jesus" (Io appartengo a Gesù), cioè una di quelle scritte che la Fifa ha messo al bando ma che nel campionato italiano non sono ancora (meno male) fuorilegge.

JesusDal Vangelo secondo Marco (3,31-35)31 Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare. 32 Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: «Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano». 33 Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». 34

Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! 35 Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre».

Dopo una lettura immediata e veloce di questo testo si rimane delusi: la madre di Gesù sembra non far parte del nuovo giro di relazioni che Gesù si è creato tra i villaggi di Galilea. Ma la questione è più profonda: Gesù non esclude, anzi il problema è che nel «suo giro» vuole includere tutti e in un modo del tutto nuovo. Il criterio di partecipazione non è più la consanguineità. I suoi possono addirittura considerarlo «fuori di sé», provare imbarazzo per questo poco più che trentenne che non ancora sposato si fa passare per Messia… l’imbarazzo è di avere in famiglia un pazzo (3,20-21). Ma proprio i suoi, ancora incapaci di accogliere questa novità di famiglia, sono i veri «fuori»: il testo lo dice due volte. Non è scontato per nessuno entrare in questa nuova rete di relazioni, nemmeno per i parenti: si è fratelli biologicamente, ma lo si diventa veramente quando lo si sceglie; si è padri e madri biologicamente, ma lo si diventa veramente quando lo si sceglie; si è figli biologicamente, ma lo si diventa fino in fondo quando lo si accetta! Le relazioni anche di sangue non sono mai scontate, Gesù offre un criterio di relazione nuovo che supera anche il confine del clan, della consanguineità, dell’appartenenza etnica: «fare la volontà di Dio». Iniziamo a scoprire il tipo di regno che Gesù sta portando avanti, un regno dove l’appartenenza dipende dalla volontà di Dio. Gesù fin dall’inizio compie la volontà di Dio: ascolta il Padre che lo ama e lo manda (1,2-3 e 1,11).

... e noi?Da che parte decidiamo di stare? Insieme a Gesù ad ascoltarlo o «fuori» ad aspettarlo?Quanto ci sentiamo appartenenti alla comunità di Gesù? Alla comunità di coloro che cercano di fare la volontà di Dio? La chiesa ci accoglie e ci dà spazio? Noi diamo accoglienza e spazio alla chiesa?

Tra il dire e il farePossiamo proporre un incontro con una rappresentanza della nostra comunità cristiana (parroco, gruppo di genitori e/o adulti, consiglio pastorale): dialoghiamo sulle reciproche aspettative e sulle modalità di una partecipazione sempre più vera.

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10. Creati in modo meravigliosoDa "Sale della terra", scheda 15 e 16

Dal Vangelo alla vitaLa parabola del seminatore viene letta di solito nella prospettiva del seme e del terreno: il messaggio che emerge ci invita all’impegno per essere il buon terreno dove il seme possa germogliare. Provando a metterci dalla prospettiva del seminatore, viene alla luce una straordinaria generosità: egli getta a braccia piene il suo seme, senza risparmio, con molta fiducia. Riconoscere i propri talenti consente i valorizzarli e di essere riconoscenti a Colui che li ha elargiti.

Sono cose della vitaDoppia proposta.1. l'ascolto di un brano musicale e il dialogo sul testo.

SOMETIMES YOU CAN'T MAKE IT ON YOUR OWNU2How to dismantle an atomic bomb (2004)

Tenace, credi di essere un duro Stai dicendo a me e a tutti Che sei abbastanza forte

Non devi sempre metterti a combattere Non devi sempre avere ragione Lasciami prendere qualche botta Al posto tuo, stanotte

Ascoltami adesso Ho bisogno di farti sapere Che non devi fare tutto da solo

E quando guardo nello specchio ci sei tu E quando alzo il telefono sei tu A volte non puoi farcela per conto tuo

Litighiamo tutto il tempo Tu ed io… va bene Siamo la stessa anima Non ho bisogno… non ho bisogno di sentirti dire

SOMETIMES YOU CAN'T MAKE IT ON YOUR OWNU2How to dismantle an atomic bomb (2004)

Tough, you think you’ve got the stuff You’re telling me and anyone You’re hard enough

You don’t have to put up a fight You don’t have to always be right Let me take some of the punches For you tonight

Listen to me now I need to let you know You don’t have to go it alone

And it’s you when I look in the mirror And it’s you when I don’t pick up the phone Sometimes you can’t make it on your own

We fight all the time You and I… that’s alright We’re the same soul I don’t need… I don’t need to hear you say

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Che se non fossimo così simili Ti piacerei molto di più

Ascoltami adesso Ho bisogno di farti sapere Che non devi fare tutto da solo

E quando guardo nello specchio ci sei tu E quando alzo il telefono sei tu A volte non puoi farcela per conto tuo

So che non parliamo molto Sono stanco di tutto questo Riesci a – sentirmi – quando – Canto, sei l’unica ragione Per la quale canto Sei l’unica ragione per la quale L’opera è in me…

Dove sei adesso? Devo farti sapere che Una struttura non necessariamente è una casa Non la sciarmi qui da solo…

E quando guardo nello specchio ci sei tu E quando alzo il telefono sei tu A volte non puoi farcela per conto tuo A volte non puoi farcela La cosa migliore che puoi fare è Mandare tutto a quel paese A volte non puoi farcela per conto tuo

That if we weren’t so alike You’d like me a whole lot more

Listen to me now I need to let you know You don’t have to go it alone

And it’s you when I look in the mirror And it’s you when I don’t pick up the phone Sometimes you can’t make it on your own

I know that we don’t talk I’m sick of it all Can - you - hear - me – when – I - Sing, you’re the reason I sing You’re the reason why the opera is in me…

Where are we now? I’ve got to let you know A house still doesn’t make a home Don’t leave me here alone...

And it’s you when I look in the mirror And it’s you that makes it hard to let go Sometimes you can’t make it on your own Sometimes you can’t make it The best you can do is to fake it Sometimes you can’t make it on your own

Canzone di elevatissima intensità, una delle migliori del repertorio degli U2.Leggerla è un conto, conoscerla un altro.Per comprendere appieno la valenza delle parole cantate da Bono Vox, leader del gruppo, occorre fare un passo indietro. Bono, all’anagrafe Paul Hewson, classe 1960, perde la madre ancora giovane, aveva da poco compiuto 14 anni.Rimane quindi a vivere in un’Irlanda strozzata del terrore dell’IRA (Irish Republican Army) insieme al fratello e al padre Bob, cantante di lirica e impiegato delle poste, cattolico, conservatore e severo nei confronti del figlio, che già dalla prima adolescenza manifestava aspirazioni artistico - musicali.Paul vedrà sempre nel padre una figura forte ma al contempo distaccata, fece di tutto nella vita per trovare in lui un affetto e una comprensione che il padre invece faticava a esprimere, lo portò dietro le quinte dei concerti, gli diede 4 nipoti (leggenda narra che quando Bono avvisò il padre Bob della gravidanza della compagna Alison, il padre sogghignò, alla richiesta di una spiegazione di questa reazione Bob rispose: “Vendetta”), ma fu solo nel 2001, quando il padre venne a mancare, che Bono comprese che l’affetto celato era di una grandezza inaspettata. Ed è per questo che canta a lui, in questa canzone.E per questo che canta al padre il suo dolore, i suoi contrasti con il suo carattere, le sfide quotidiane.

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Ma soprattutto a lui sente di dovere i suoi talenti.Questo si evince dalla frase “tu sei la ragione per la quale canto, tu sei la ragione per la quale l’opera è in me”.Paul è stato consapevole dei suoi talenti, e li ha sempre sfruttati al massimo.Cantante, padre, produttore, imprenditore e in ultimo portavoce dell’Associazione Internazionale finalizzata alla cancellazione dei debiti dei paesi del terzo mondo.Lui ha visto, si è conosciuto e ha potenziato i suoi talenti naturali.E, in questo testo, ringrazia con nostalgia chi quel potere glielo ha dato.Chi, quindi, gli ha dato la vita: il padre.Padre anche in senso cristiano. Bono è credente cattolico, tra le righe si evince un ringraziamento a Dio per avergli dato non una vita, ma proprio questa vita che ora lui sta vivendo.

2. una dinamicaCreare 4 cartelloni che rappresentano 4 terreni: Asfalto (che significa terreno sterile), Sassi (duro), Rovi (incasinato), Terra buona (generoso). Leggere insieme il Vangelo di Marco 4,14-20 con questa spiegazione: “14 Il seminatore semina la parola. 15 Quelli sulla strada sono coloro nei quali la parola è seminata; quando la odono, subito viene Satana e porta via la parola in essi seminata. 16 Parimenti ci sono quelli che ricevono il seme come su un suolo roccioso; questi, quando odono la parola, subito l’accolgono con gioia; 17 ma siccome non hanno radici in se stessi perché sono instabili, quando sorge una tribolazione o una persecuzione a causa della parola, subito si scandalizzano. 18 Ce ne sono altri che ricevono il seme come fra le spine: sono coloro che hanno ascoltato la parola, 19 ma sopraggiungono le cure del mondo, la seduzione delle ricchezze, le cupidigie di ogni altro genere e soffocano la parola, che diventa infruttuosa. 20 Finalmente ci sono quelli che ricevono il seme come su terra buona: sono coloro che ascoltano la parola, l’accolgono, e portano frutto, chi il trenta, chi il sessanta e chi il cento.Dare ai ragazzi 4 cartoncini adesivi, su cui indicare 4 aggettivi a descrizione di altrettanti atteggiamenti propri. Mettere assieme tutti i fogli. Ogni ragazzo pesca in maniera casuale un foglio e lo mette sul terreno che gli sembra più appropriato, spiegando brevemente. L’animatore interviene e partecipa alla discussione.

JesusDal Vangelo secondo Marco (4,1-25)4 1 Di nuovo si mise a insegnare lungo il mare. E si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli salì su una barca e là restò seduto, stando in mare, mentre la folla era a terra lungo la riva. 2 Insegnava loro molte cose in parabole e diceva loro nel suo insegnamento: 3

«Ascoltate. Ecco, uscì il seminatore a seminare. 4 Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e vennero gli uccelli e la divorarono. 5 Un'altra cadde fra i sassi, dove non c'era molta terra, e subito spuntò perché non c'era un terreno profondo; 6 ma quando si levò il sole, restò bruciata e, non avendo radice, si seccò. 7 Un'altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e non diede frutto. 8 E un'altra cadde sulla terra buona, diede frutto che venne su e crebbe, e rese ora il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno». 9 E diceva: «Chi ha orecchi per intendere intenda!». 10 Quando poi fu solo, i suoi insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli disse loro: 11 «A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole, 12 perché: guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano, perché non si convertano e venga loro perdonato». 13

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Continuò dicendo loro: «Se non comprendete questa parabola, come potrete capire tutte le altre parabole? 14 Il seminatore semina la parola. 15 Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la parola; ma quando l'ascoltano, subito viene satana, e porta via la parola seminata in loro. 16 Similmente quelli che ricevono il seme sulle pietre sono coloro che, quando ascoltano la parola, subito l'accolgono con gioia, 17 ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della parola, subito si abbattono. 18 Altri sono quelli che ricevono il seme tra le spine: sono coloro che hanno ascoltato la parola, 19 ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e l'inganno della ricchezza e tutte le altre bramosie, soffocano la parola e questa rimane senza frutto. 20 Quelli poi che ricevono il seme su un terreno buono, sono coloro che ascoltano la parola, l'accolgono e portano frutto nella misura chi del trenta, chi del sessanta, chi del cento per uno». 21 Diceva loro: «Si porta forse la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il letto? O piuttosto per metterla sul lucerniere? 22 Non c'è nulla infatti di nascosto che non debba essere manifestato e nulla di segreto che non debba essere messo in luce. 23 Se uno ha orecchi per intendere, intenda!». 24 Diceva loro: «Fate attenzione a quello che udite: Con la stessa misura con la quale misurate, sarete misurati anche voi; anzi vi sarà dato di più. 25 Poiché a chi ha, sarà dato e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha».

Gesù insegna dalla barca. La barca dove si trova Gesù è importante, la ritroverai alla fine del capitolo (4,35-38). Ora sposta la tua attenzione sulla parola insegnare: si ripete almeno tre volte in modi diversi. Significa che è rilevante: stai ascoltando Gesù che parla, insegna, dalla barca. Le sue parole sono un piccolo racconto, una parabola: di cosa parla? Della semina: anche qui prova a notare quanto questa parola seminare si ripete. Insegnare e seminare sono un po’ la stessa cosa. Inizialmente ti possono meravigliare i terreni aridi e infecondi, perché un po’ ti identifichi… ma poi prova a concentrarti sul seminatore. Immaginalo con tutta la tua fantasia e scoprirai una meraviglia: il seminatore è sereno, semina dovunque, non bada al successo del seme. Puoi scoprire un sottile progresso mediante i sei stadi della semina: 1. lungo la strada; 2. fra i sassi; 3. tra le spine; 4. la terra dove si produce il trenta; 5. il sessanta; 6. il cento per uno. Il seminatore è instancabile: uno sprecone, uno sprecone di amore; il seme prima o poi cresce… (4,26-33).Puoi preoccuparti di quale terreno sei oggi, ma ti consiglio di puntare l’attenzione su Gesù che semina senza sosta dovunque. Anche tu semina: non preoccuparti del successo della parola, semina il positivo, parole benedicenti, gesti di tenerezza, sguardi di stima.In questo testo vengono inseriti due paragoni: quello della lampada e quello della misura. Entrambi hanno alla base l’ascolto: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti» (4,23). Per tutti Gesù è venuto e ha parlato: ha infatti seminato e sta seminando su tutti i tipi di terreno. L’ascolto è la misura del messaggio ricevuto: più sono disponibile ad ascoltare la Parola di Dio e più questa agisce in me. Gesù invita allora i discepoli a prendere coscienza della loro responsabilità di fronte alla parola: «Con la stessa misura con la quale misurate, sarete misurati anche voi» (4,24). Essere disponibili nei confronti del messaggio di Cristo vuol dire dare disponibilità a cambiare la vita. Solo questo atteggiamento può educare ad un vero ascolto nei confronti delle persone che incontriamo. Ascoltare vuol dire saper mettersi in discussione e domandarsi come poter cambiare. Troppo spesso pretendiamo che siano gli altri a cambiare e acquisiamo uno stile di condanna e giudizio nei confronti degli altri. La novità di questa Parola, che siamo disponibili ad ascoltare, la possiamo testimoniare, esponendoci senza paura. Ci viene affidata una luce che spetta a noi mettere sul lucerniere. Ci è stato dato un grande dono e una grande responsabilità. Spesso è proprio la paura del giudizio degli altri che ci frena: anche se la lampada è tenuta sotto il moggio, ricordiamoci che comunque non è si è spenta. Il messaggio di Cristo può non essere annunciato, ma non può essere spento. Allora non è forse giunto il momento di metterlo sul lucerniere?

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... e noi?Possiamo chiederci come accogliamo la parola di Gesù? Porta frutto?Che idea ci siamo fatti di Gesù che semina dovunque? Che tipo di amore lo muove?A volte capita di vivere insuccessi e di trovarsi secchi. Cosa provoca questo dentro di noi?Qual è la luce che ci viene affidata ora e che ci è chiesto di mettere sul lucerniere? Quanto il giudizio degli altri ci impedisce di testimoniare questa luce?Fino a questo momento quali sono state le luci che siamo riusciti a portare portato alle persone attorno a noi?

Tra il dire e il fareOgnuno è invitato a porre attenzione nel giro di qualche giorno a tutto ciò che diamo per scontato e per dovuto, pensando invece che si tratta di un dono di Dio …

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11. Il mare, la bonaccia, e l’altra riva.Da "Sale della terra", scheda 18

Dal Vangelo alla vitaViene raccontato un episodio miracoloso: la tempesta sedata. I discepoli imparano che quando Gesù è con loro sulla barca non potranno affondare. Questa potrebbe essere un’immagine simbolica: se la barca è la nostra vita, immersa nel mare incerto delle nostre vicende, quando Gesù è con noi non dobbiamo temere nulla … la nostra fede può darci quella serenità necessaria per fare bene le nostre scelte.

Sono cose della vitaTratto dal sito di Diakonia, centro cristiano di recupero di tossicodipendenti.

Mi chiamo Davide e ho 33 anni Quando mia madre morì aveva solo 26 anni, io ne avevo appena due, ero un piccolo bambino, per questo non mi ricordo di lei, è come se non l’avessi mai conosciuta. Dopo circa un anno mio padre si risposò con un’altra donna, così la mia nonna materna si prese cura di me insieme a mia sorella di quattro anni e al mio piccolo fratellino di 16 mesi.Siamo cresciuti con mia nonna e con alcuni fratelli di mia madre, nonostante le tante attenzioni e l’amore che ci hanno dato, il mio cuore era addolorato e in me c’era un profondo vuoto. Volevo che mia madre stesse vicino a me, stringendomi tra le sue braccia, dandomi la sicurezza e l’affetto di cui avevo tanto bisogno, così mi affezionai alle mie zie.Con noi abitava anche il fratello di mia madre, con il quale ho avuto uno splendido rapporto. Era come un padre per me, ricordo che la mattina presto quando lui andava al lavoro, subito mi coricavo nel suo letto vicino a mia zia per sentire un poco di calore e di affetto che mi mancava tanto. Durante la mia adolescenza uscivo con i miei amici, andavamo a ballare, avevo i miei divertimenti, all’apparenza sembrava che avessi tutto quello di cui un ragazzo ha bisogno. Non era così, ricordo che la sera quando rientravo a casa mi sentivo solo e triste, non ero soddisfatto. Mi mancava tanto mia mamma, ma ero anche consapevole che era impossibile riaverla e che nessuno la poteva sostituire. Con i miei amici cercavo di dimostrarmi sempre allegro, sapevo mascherare molto bene i miei stati d’animo e la mia tristezza dietro ad un falso sorriso.Mia nonna era una donna speciale, era buona con tutti, già da piccolo mi aveva dato degli insegnamenti cristiani, mi voleva molto bene, è stata lei che mi ha cresciuto facendo le veci di mia mamma e dandomi tutto quello di cui avevo bisogno. Ricordo che prima di morire mi disse: affidati a Gesù. Continuai a frequentare la chiesa per un breve periodo perché ero spinto da mio fratello minore, poi mi allontanai. Grazie a Rosa, la ragazza con la quale mi fidanzai, iniziai di nuovo ad andare in chiesa, ricordo con grande commozione che un giorno

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mi trovavo in chiesa seduto su una panca, e con molta tristezza mentre ripensavo a mia madre ed al fatto di non averla conosciuta, sentii leggere la Parola di Dio in Giovanni 14:18 che dice: “Io non vi lascerò orfani; tornerò a voi”. In quell’istante sentii l’abbraccio Paterno di Dio, il Suo amore iniziò ad entrare nel mio cuore così forte che scoppiai in un forte pianto. Insieme alle lacrime versate usciva tutta la mia tristezza, nel mio cuore iniziai a sentire una grande gioia, allora compresi che Dio aveva iniziata un’opera nella mia vita. Lui mi ha donato il Suo amore e mi ha dato quell’affetto che mi mancava, ho sperimentato la vera pace e mi ha reso un uomo Felice. Sono passati circa 11 anni da allora e posso dire che nel mio cuore c’è una grande gioia.Oggi sono felicemente sposato e ho 2 meravigliose bambine ma soprattutto ho nel mio cuore il Signore Gesù l’unico che può cambiare la tristezza in gioia.

JesusDal Vangelo secondo Marco (4,35-41) 35 In quel medesimo giorno, verso sera, disse loro: «Passiamo all'altra riva». 36 E lasciata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. 37 Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena. 38 Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che moriamo?». 39 Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. 40 Poi disse loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?». 41 E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: «Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?».

Questo racconto è vivace e colorito, ambientato nel mare di Galilea, il lago di Tiberiade. Due avvenimenti lo inquadrano: «e avvenne una grande bufera di vento» (4,37), «e vi fu grande bonaccia» (4,39). Durante la bufera Gesù dormiva: come mai? È lo stesso dormire che abbiamo già trovato in 4,27. E’ un verbo che non esprime un atteggiamento di menefreghismo o indifferenza, ma esprime la piena fiducia che Gesù ha nei suoi discepoli, come il seminatore nel seme. Ma i discepoli tradiscono subito questa fiducia e, presi dal panico, dicono al Maestro: «Non ti importa che moriamo?». Questa non è solamente una semplice domanda, ma una vera e propria preghiera; è un grido che si innalza al Signore in un momento di prova. Il mare nella simbologia biblica, rappresenta il male (5,13): i discepoli sono dunque chiamati dal Signore ad attraversare il mare, con i loro problemi, con le loro tentazioni per imparare a starci proprio nel momento della tempesta. Ciò che realmente rischia di far affondare la barca non è certo la forza della tempesta, ma piuttosto la poca fede nel Maestro. «Taci, calmati!»: è l’ordine che Gesù impone al mare. È una tipica espressione di esorcismo (1,15). Gesù non elimina il male, altrimenti sarebbe come lui: uccisore; lo calma, invece; il Maestro riporta il male al suo giusto posto. Ma quello stesso «Taci, calmati!» è rivolto anche al cuore dei discepoli, schiavi della paura e orfani della meta a cui guardare, cioè il loro Signore. La barca con i discepoli e Gesù è simbolo della chiesa: la chiesa del primo secolo attraversava momenti di prova, di persecuzione (4,17) e Dio sembrava dormire di fronte alla morte dei primi cristiani. Con Gesù la barca attraversa un mare in tempesta, la storia; con Gesù la chiesa non muore mai … è Lui che porta a riva, non gli uomini.

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... e noi?«Non ti importa che moriamo?»… può un grido essere preghiera? A qualcuno di noi è mai capitato di gridare qualcosa a Dio?Quali sono le tempeste che affrontiamo nella vita? È più utile fuggire o viverle?Hanno cambiato il nostro rapporto con Dio Padre?Disse loro: “Passiamo all’altra riva”. È forse l’invito di Dio ad affrontare con coraggio il travaglio e le fatiche della vita? (tempesta). …Quindi disse loro: “Perché siete paurosi, non avete ancora fede?”Che cosa ti “salva”? Le tue certezze o forse la fede nel tuo prossimo?

Tra il dire e il fareA livello di gruppo e a livello personale possiamo darci l’impegno di pregare più intensamente; sarebbe utile approfittare dell’occasione per un confronto sul nostro modo di pregare e per trovare strategie per migliorare la nostra preghiera.

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12-13. Tutto al suo giusto posto.Da "Sale della terra", scheda 19

Dal Vangelo alla vita/1Gesù si trova ad attraversare una terra straniera: il suo messaggio trova eco anche in terre ostili. Anche oggi c’è un Vangelo da annunciare: i cristiani di oggi si trovano spesso nella condizione della “terra straniera”. Davvero dobbiamo credere che è da estremisti testimoniare la propria fede nei luoghi convenzionalmente non religiosi?

Dal Vangelo alla vita/1L’incontro di Giairo con Gesù mette alla prova la sua fede: egli è chiamato a fidarsi di Gesù nonostante le apparenze contrarie. Anche a noi Dio chiede di fidarci di lui: siamo chiamati a scoprirlo nei riti della liturgia e negli atteggiamenti della religione, trovando la giusta via tra scaramanzia e superstizione e la ricerca di un linguaggio umano per vivere la fede.

Sono cose della vita /1Dinamica di gruppoLeggere il Vangelo di Marco 5, 1-20.Rileggerlo poi da quest’altra ottica (tratta da una storia di vita nei giorni nostri): 1 I ragazzi decisero di rintracciare il loro amico; 2 egli li vide, ma era ormai sfatto e distrutto dalla droga, 3 da tempo viveva “lontano” da loro e dalla famiglia. 4 In molti, avevano tentato più volte di recuperare i rapporti, ma il giovane sembrava dominato dal demonio e, da tutto e tutti si allontanava. 5 Se ne stava sempre fra gli stabili diroccati della città, negli angoli delle stazioni ferroviarie e in luoghi cupi, carichi di sofferenza. Il buco ormai era una esigenza quotidiana, viveva nel dolore giorno e notte. 6 Visti quei ragazzi, gli andò incontro. 7 Disse loro: “Cosa vi porta qui? che c’è fra me e voi?”. 8 Lo abbracciarono senza esitare, 9 e lui osservò tutti quei volti. 10 A fatica li riconobbe. 11-12-13 Fu il primo di molti altri incontri tra quei ragazzi e l’amico, che pian piano stava uscendo dal giro. 14 La gente mormorava 15 e cominciava a vedere di cattivo occhio questo rapporto trai i ragazzi di buona famiglia e quel giovane. 16 In molti videro quanto accadeva e in diversi modi presero le distanze da quei ragazzi, 17 cercando anche di convincerli a lasciar perdere i drogati. 18 I ragazzi ad un certo punto decisero che per l’amico era il momento di cambiare, nonostante lui avesse paura. 19 Lo portarono in una comunità di recupero, dove il ragazzo iniziò a cambiare vita. 20 La famiglia del ragazzo cantava al mondo la gioia per aver recuperato il figlio, grazie all’intervento dei suoi amici.Discuterne in gruppo.

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Sono cose della vita /2Tratto da www.evangelico.itVoglio testimoniare delle meraviglie che compie il Signore nella vita di quanti Lo accettano come personale salvatore raccontando quanto Egli ha fatto nella mia vita.Fu la sera del 7/8/1999, quindi all'età di 47 anni, quando incontrai Gesù che cambiò in modo stravolgente la mia vita, dando pace ed amore al mio cuore. La pace e l'amore che dà il Signore, non sono assolutamente uguali a quelli che un uomo può trovare nel mondo. […]. Sono cresciuto in una famiglia cattolica non praticante, si andava in chiesa solo nelle grandi occasioni come battesimi o matrimoni, niente di più. […] Il tempo passava ma in me non avveniva nulla, vuoto entravo e vuoto uscivo da quella chiesa. All'età di 22 anni mi sono sposato e Maria, mia moglie, oggi anche lei è una figliuola di Dio, mi ha dato tre belle figlie, oggi tutte e tre salvate, e di cui una, Cinzia è già sposata e mamma di un meraviglioso dono di Dio... Mattia. […].

La prima a conoscere Gesù fu mia figlia Cinzia, fu battezzata alle acque e poi il Signore la battezzò con il suo Santo Spirito. Per mezzo di lei conobbi dei fratelli che cominciai a frequentare insieme alla mia famiglia, scambiandoci anche delle visite. […]. Un giorno proprio Cinzia organizzò insieme ai fratelli, a mia insaputa, una serata di preghiera. Era da poco iniziata la serata quando Cinzia mi venne vicino e mi disse: «Papà vorremmo fare una preghiera tu hai qualcosa in contrario?». Io le risposi «No! Non ho nulla in contrario, pregate pure». E lei: «Vorremmo che anche tu pregassi con noi». Ed io: «Cinzia, non so pregare, non so cosa fare...». Lei mi disse: «Papà, tu non ti devi preoccupare, devi stare vicino a noi e se riesci... loda il Signore». Così fu, si iniziò a pregare, io ero lì insieme a loro ma non riuscivo ad esprimere alcuna lode al Signore, mentre loro lodavano e glorificavano Dio con vera e grande gioia come se il Signore fosse veramente in quella stanza insieme a noi. Non so quanto tempo era già passato, loro continuavano imperterriti e gioiosi, mentre io non vedevo l'ora che tutto terminasse. Ad un certo punto, quando sembrava che la preghiera fosse scesa di tono e vigore, lo Spirito Santo, oggi so che è stata l'opera sua, toccò il cuore di Lorena, la mia figliuola più piccola , che si aprì in un pianto dirotto. Quanto stava succedendo mi toccò profondamente e pensavo, erroneamente, che quello di Lorena fosse un pianto di sofferenza, aprii il cuore al Signore implorandoLo di lasciare stare la piccola e che desse a me quella sofferenza. Stranamente iniziai, contro la mia volontà, a singhiozzare dapprima lentamente e man mano sempre più forte. Provavo vergogna, conoscevo da poco tempo i fratelli, avrei voluto fermare il mio pianto di dolore che usciva dal mio cuore, ma non ci riuscivo. Mi ricordo benissimo tutti i particolari, sì, perché in quei momenti ero due persone, una calma e razionale che provava vergogna e si voleva fermare, l'altra era irrequieta. Non so quanto tempo trascorsi in quelle condizioni, ma il Signore immerse il mio cuore in un mare d'amore. Era come se quell'amore si potesse toccare, una sensazione meravigliosa, venivo invaso da una grande gioia, il Signore entrava nella mia vita donandomi la sua pace, il suo amore e la certezza della vita eterna.

Mentre tutto questo avveniva in me, senza rendermene conto, iniziai a gridare: «Gesù ti amo sei la mia vita!». Mai al mondo mi sarei sognato di poter lodare il Signore e ciò avveniva perché era Lui che mi donava la sua lode. Alla fine della preghiera mi sentii un altro uomo, una nuova creatura e la prima frase che mi uscì dalle labbra, rivolta a mia moglie, fu: «Come mi hai potuto sopportare fino ad oggi?». Prima di allora avevo tante volte letto dei brani della bibbia, ma quei brani non parlavano al mio cuore, ma dopo quell'esperienza, leggendo la bibbia, il Signore sembra che mi parli, e tante volte mi ritrovo a piangere come un bambino perché il Signore tocca il mio cuore. Sono nato a nuova vita, sono una nuova creatura in Cristo Gesù .

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Da quell'esperienza la mia nuova vita è stata e sarà sempre costellata di doni ed esperienze meravigliose, il Signore ci da una vita piena e ricca di esperienze soprannaturali. Una di queste esperienze è il battesimo nello Spirito Santo, un evento meravigliosa, indescrivibile, bisogna che si riceva per capire come veramente il Signore viene ad abitare in modo traboccante nella nostra vita e ci fa gioire della sua presenza.

JesusDal Vangelo secondo Marco (5,1-43)5 1 Intanto giunsero all'altra riva del mare, nella regione dei Gerasèni. 2 Come scese dalla barca, gli venne incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo. 3 Egli aveva la sua dimora nei sepolcri e nessuno più riusciva a tenerlo legato neanche con catene, 4 perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva sempre spezzato le catene e infranto i ceppi, e nessuno più riusciva a domarlo. 5 Continuamente, notte e giorno, tra i sepolcri e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. 6 Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi, 7 e urlando a gran voce disse: «Che hai tu in comune con me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». 8 Gli diceva infatti: «Esci, spirito immondo, da quest'uomo!». 9 E gli domandò: «Come ti chiami?». «Mi chiamo Legione, gli rispose, perché siamo in molti». 10 E prese a scongiurarlo con insistenza perché non lo cacciasse fuori da quella regione. 11 Ora c'era là, sul monte, un numeroso branco di porci al pascolo. 12 E gli spiriti lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». 13

Glielo permise. E gli spiriti immondi uscirono ed entrarono nei porci e il branco si precipitò dal burrone nel mare; erano circa duemila e affogarono uno dopo l'altro nel mare. 14 I mandriani allora fuggirono, portarono la notizia in città e nella campagna e la gente si mosse a vedere che cosa fosse accaduto. 15 Giunti che furono da Gesù, videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. 16 Quelli che avevano visto tutto, spiegarono loro che cosa era accaduto all'indemoniato e il fatto dei porci. 17 Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio. 18 Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo pregava di permettergli di stare con lui. 19 Non glielo permise, ma gli disse: «Va' nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato». 20 Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli ciò che Gesù gli aveva fatto, e tutti ne erano meravigliati.

21 Essendo passato di nuovo Gesù all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare. 22 Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi 23 e lo pregava con insistenza: «La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva». 24 Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. 25 Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia 26 e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, 27 udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti: 28 «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». 29 E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male. 30 Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi mi ha toccato il mantello?». 31 I discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?». 32 Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33 E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34 Gesù rispose: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male». 35 Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga

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vennero a dirgli: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». 36 Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, continua solo ad aver fede!». 37

E non permise a nessuno di seguirlo fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38 Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava. 39 Entrato, disse loro: «Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». 40 Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina. 41

Presa la mano della bambina, le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico, alzati!». 42 Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43 Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare.

Il testo di oggi è molto lungo e articolato: se puoi permetterlo puoi meditarlo in due puntate. Ad una lettura continuativa del testo, evidenziamo solamente alcuni rimandi ad altri testi o elementi peculiari. Gesù va «all’altra riva», lascia le sue sicurezze, il suo nido, per andare in terra straniera: in questo senso è proprio un Gesù «fuori di sé» (3,21). Sono i demoni che riconoscono la signoria di Gesù, ma ormai hai capito che conoscere non è aderire (1,21-28)!Gesù non elimina il male, semmai lo ricolloca nel suo luogo (il mare è nella cultura ebraica il regno del male).Gesù torna tra i suoi e nel racconto principale si intrecciano due storie di donne, guarite e salvate dinnanzi ad un testimone importante, Giàiro. Nascosta tra la folla sta una «impura» (1,40-44), su cui la sorte si è accanita: malata e beffata dai ciarlatani.La sua fede è ancora magica, deve toccare il Santo, ma subito sente dentro di lei, prende coscienza del dono che Gesù le ha fatto. La sua è una guarigione «segreta», intima. Gesù la interroga perché la sua fede maturi, non si senta solo miracolata, ma abbia coscienza di essere stata salvata (2,5).Lo stesso cammino di fede deve percorrere anche Giàiro, deve superare la semplice superstizione e diventare un fedele, uno che si abbandona a Dio, che come il seminatore delle parabole precedenti sa quando è il tempo di lavorare e quando quello di attendere.Dodici anni, come dodici erano gli anni di malattia dell’emorroissa. Anche noi dobbiamo stare attenti a non cadere nelle superstizioni dei numeri, certo però che non può essere una semplice coincidenza. Cosa vorrà dire?

... e noi?Gesù ricolloca il male nel mare. Qual è il nome del male che ci sentiamo dentro? Quanto sappiamo essere testimoni dell’amore di Dio per lo «straniero»?Dio ascolta anche chi lo cerca con la sola fede magica. Preferisco però essere solo guarito o anche salvato? Ti sei mai confrontato con qualcuno per prendere coscienza della tua fede?

Tra il dire e il fareSarebbe bello riuscire ad organizzare un incontro (anche ludico-ricreativo, oppure di dialogo e confronto) con persone straniere presenti sul territorio: la nostra fede diventa accoglienza.

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14. La missione in comunione.Da "Sale della terra", scheda 21

Dal Vangelo alla vitaGesù manda i discepoli avanti a sé, dopo aver insegnato loro lo stile missionario, lo stile di vita di Gesù stesso. Che significato ha per noi giovani di oggi accettare l'invio missionario? Come si traduce? Quali le vie privilegiate? È uno stile da reinventare e da ripensare …

Sono cose della vitaIntervista a giovani veronesi in Moldavia, luglio 2007Perché in missione in Moldavia?«Io cercavo da tempo un’esperienza “Missionaria”, cioè entrare in contatto con una realtà povera, ma mai mi sarei aspettato che ce ne fossero cosi vicine a noi, solo 2000 km. Quando siamo partiti non sapevamo fino in fondo cosa ci dovevamo aspettare, a dir il vero sapevamo molto poco anche sul luogo, il tipo di povertà, com’era la gente: insomma, una serie di punti interrogativi. Quando entri nella loro realtà, tutto risulta più semplice, anche la lingua non è un problema. Io sono convinto che abbiamo fatto poco per le persone che abbiamo incontrato, cioè non abbiamo cambiato la loro situazione, ma abbiamo fatto sentire e capire che c’è qualcuno che si interessa a loro». «Abbiamo portato a casa un sacco di sensazioni e ricordi che io non ancora ben colto del tutto ma che immagino non cambiano la mia vita ma mi aiutino a viverla meglio. Dal canto mio volevo vivere un’esperienza "missionaria", cioè la voglia di confrontarmi con la povertà».Che tipo di situazione vi siete trovati di fronte?«Arrivati là, abbiamo dovuto fare un salto indietro di due generazioni, di circa 70anni, dimenticarci di certe comodità che usiamo quotidianamente, come l’acqua potabile o i bagni in casa, ma eravamo in un gruppo ormai consolidato che ha affrontato le difficoltà con un sorriso e una battuta e questo ha fatto in modo che le scomodità diventassero meno pesanti...»«Entrati in Moldavia le strade difficilmente si possono definire asfaltate, usciti dalla capitale il numero di macchine si riduce drasticamente e viene sostituito da carretti con cavalli. Arrivati in paese la prima cosa che si nota e un popolo che dal benessere e tornato indietro di 70 anni. I campi attorno sono bellissimi e fertili ma manca l'attrezzatura per coltivarli. Lo stipendio medio e di circa 100 euro al mese, quindi chi ha voglia di lavorare è fuggito. Le donne fanno le badanti in Italia e gli uomini a i muratori a Mosca. In paese rimangono solo vecchi nostalgici del passato e i bimbi. Quest’ultimi hanno molti soldi mandati dai genitori, dispiaciuti di averli abbandonati e non avendo il valore del denaro e lo sperperano nei bar e non solo».Cosa vi portate a casa?«La carica per ripartire nelle attività parrocchiali del mio paese».«Ripensando al campo ho una serie di immagini che mi ritornano in mente: il sorriso dei bimbi, i paesaggi stupendi, ma anche il racconto della povertà moldava».«Mi porto a casa la consapevolezza che si può vivere anche con l'essenziale, l'importanza del poco, come dell'acqua, cosa che a noi sembra ovvia e banale, ma indispensabile».«La bellezza del sorridere. Perché farlo se non si ha nulla? Se si vive nella povertà? Sono dei perché che a casa non mi sono mai chiesta».

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JesusDal vangelo secondo Marco (6,6b-12)6b Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando. 7 Allora chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi. 8 E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa; 9

ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche. 10 E diceva loro: «Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo. 11 Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro». 12 E partiti, predicavano che la gente si convertisse, 13 scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano.

Gesù affida ai suoi discepoli la sua stessa missione: annunciare che il Regno dei Cieli è vicino! Prima di mandarli a due a due ha preteso che stessero con Lui (3,14), non solo perché imparassero dei contenuti, ma perché apprendessero uno stile. La novità del Vangelo non sta nelle regole di vita, ma nel nuovo stile di vita che il cristiano «incarna» nella partecipazione alla vita della sua comunità. Gesù, come ha fatto con i suoi discepoli, dà anche a noi fiducia e responsabilità affidandoci la sua stessa missione, prima di tutto, tra i «nostri», e là dove il Vangelo urge di essere annunciato. Per la riuscita della missione, Egli ordina uno stile molto essenziale: non ci si portano via garanzie materiali come il pane, la bisaccia, etc. Prima che nell’organizzazione o nelle strutture, è nell’abbandono a Gesù che una missione avrà vero successo. Non ci manda soli, però. Si va in due, come dire: «si diventa santi insieme»! Non dobbiamo fare di testa nostra, perché siamo prima di tutto mandati e poi ci chiede di confrontarci e supportarci con gli altri della nostra comunità. Nessun eroismo, dunque, e tanta comunione: magari siamo capaci di avvicinare i poveri, ma non le povertà del fratello che vive nella nostra casa, o nemmeno sappiamo ammettere le nostre. Gesù sa molto bene che la missione inizia in casa. Anche noi, come Gesù, sapremo farci vicini ai «fuori» di testa, sapremo portare parole e gesti di salvezza, sapremo fare il primo passo affinché il Regno dei Cieli venga riconosciuto vicino a noi.

... e noi?Proviamo a percepire la vita come una missione …Che definizione daremmo di “parrocchia”?Qual è il nostro rapporto con le cose? Cos’è l’essenzialità per me?

Tra il dire e il fareA partire da quanto emerso nel nostro lavoro di gruppo, proviamo a formulare una concreta iniziativa nella quale ci facciamo testimoni del vangelo nel nostro territorio.

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15. “è dando che si riceve”Da "Sale della terra", scheda 23

Dal Vangelo alla vitaUn episodio di moltiplicazione dei pani mette in luce l’assoluta e generosa disponibilità di Gesù verso gli altri. Molti santi hanno vissuto proprio questo spirito: come non ricordare S.Francesco, "è dando che si riceve". Le esperienze di volontariato e di attenzione al prossimo si esprimono al meglio quando nascono come scelta di fede.

Sono cose della vitaDal racconto di una missionaria in Rwanda

Non è facile ricordare quando e com’è nata l’idea, ritrovare nella memoria il momento, l’istante esatto in cui da un semplice pensiero, si accende nella mente la scintilla e l’idea incomincia a prendere forma.Negli ultimi anni è cresciuto in noi il desiderio di compiere azioni sociali e umanitarie.Dopo avere promosso e organizzato con un piccolo gruppo di amici alcune opere sociali, abbiamo deciso di avventurarci in un progetto più ambizioso e impegnativo. A darci l’ispirazione sono stati dei ragazzi. Ascoltando i loro racconti e le tante storie che hanno vissuto nei loro viaggi alla scoperta del Continente nero si è risvegliato in noi lo spirito dell’avventura ed il desiderio di visitare luoghi e civiltà completamente diverse dalla nostra.Il racconto dei bambini denutriti, della miseria che circonda l’esistenza di quel popolo, il coraggio e l’instancabile lavoro dei missionari impegnati quotidianamente nella lotta per la sopravvivenza e nella diffusione della parola di Dio, ci hanno coinvolto. Abbiamo deciso quindi di seguire l’istinto e dare il nostro contributo per migliorare l’esistenza di quel popolo tanto martoriato da una recente guerra intestina e da una situazione sociale disastrosa, con la speranza, che anche con il nostro aiuto riescano a trovare la via della pace e della speranza.Ci è stata posta diverse volte la domanda: perché in Rwanda? con tutto quello che c’è da fare a casa nostra? A questa domanda provocatoria e, 9 volte su 10, fatta da chi si preoccupa unicamente del proprio “orticello”, sostanzialmente indifferente al mondo che lo circonda rispondiamo: «Non crediamo sia giusto fare una classifica». In Rwanda perché… piuttosto che a casa mia? perché…, crediamo che, più ancora che il frutto di una nostra scelta, spesso è semplicemente destino. Crediamo che quello che conta non sia il “dove”o il “perché”, ma il coraggio di rispondere “presente” ad una chiamata che senti, il coraggio di mettersi in gioco e in discussione e spendere qualcosa di noi stessi per ciò in cui crediamo o in quei valori che sono la spina dorsale della morale di un cristiano.Aprire il nostro cuore al prossimo, bisognoso di tutto, in particolare d’amore.Pensiamo anche, che in Italia, per quanta sofferenza, solitudine, indigenza, emarginazione e violenza ci siano, viviamo in uno Stato di Diritto, ci sono strutture pubbliche che, bene o male, funzionano, ci sono miriadi di associazioni di uomini e donne di buona volontà che operano nel sociale, testimoniando amore e solidarietà. In pratica abbiamo la possibilità di provvedere in diversi modi alle esigenze dei bisognosi, nonostante le numerose difficoltà. Nei paesi del sud del Mondo queste opportunità non ci sono.Regnano la fame, la malattia, l’ignoranza, il sopruso e l’assenza di strutture e lo Stato di

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Diritto. Testimoniare lì l’amore, la gioia, la pace nella convivenza, la solidarietà e la condivisione significa aiutare a crear coscienza ed alimentare la speranza che il domani potrà essere migliore. E quando dà la forza anche a noi per continuare a credere in qualcosa.Molto importante per spingerci in questo nuovo modo di vivere e di pensare è stata la preghiera di San Francesco, che in poche righe espone quello che dovrebbe essere il modo di agire di un Buon Cristiano: O Maestro, fa ch’io non cerchi tanto di essere consolato, quanto di consolare; di essere compreso, quanto di comprendere; di essere amato, quanto di amare. Perché è dando che si riceve; perdonando che si è perdonati; morendo, che si risuscita a vita eterna.

JesusDal Vangelo secondo Marco (6,30-44)30 Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato. 31 Ed egli disse loro: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'». Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare. 32 Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte. 33 Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero. 34 Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. 35 Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Questo luogo è solitario ed è ormai tardi; 36 congedali perciò, in modo che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possano comprarsi da mangiare». 37 Ma egli rispose: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». 38 Ma egli replicò loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci». 39 Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, a gruppi, sull'erba verde. 40 E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta. 41 Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti. 42 Tutti mangiarono e si sfamarono, 43 e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci. 44 Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.

Quando si condivide, anche il poco diventa molto! Gesù inizia a condividere il riposo dopo la missione. Si torna, stanchi e soddisfatti della missione, ma il Maestro non ti interroga, il Maestro vuole che tu riposi, vuole stare con te. Nessuna ansia di cambiare il mondo, nessuna paura di perdere tempo. Il riposo è per il maestro importante quanto la missione, il riposo di Cristo è missione! Il carico di responsabilità ricevuto dal Maestro poteva essere percepito come pesante, insostenibile, ma Gesù aiuta i discepoli a coglierne la leggerezza: le missioni di Dio sono leggere, perché non le porti da solo, non è tutto a tuo carico. Sta tranquillo, rilassati, non sei Dio. Gesù mette a riposo e poi nutre: il pane benedetto sfama una folla (8,1-9). Benedire nel mondo ebraico significa moltiplicare: «siate benedetti e moltiplicatevi… » dice Dio ad Adamo ed Eva e agli animali. È la vita che trionfa sempre. Qui il richiamo all’eucaristia è molto evidente: il pane è benedetto ed è spezzato, di conseguenza sfama e mette in comunione la gente. L’amore vissuto e celebrato nelle domeniche nelle comunità cristiane ci riporta a quella sera sulle rive di Tiberiade e ci si meraviglia che dove c’è l’amore eucaristico nessuno muore di fame, nessuno muore privato del senso della vita. Basta così poco: il miracolo non è condividere molto, ma condividere tutto, con il Signore quando il poco è tutto ciò che hai, diventa amore eterno (12,41-44).

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... e noi?Come potremmo tradurre oggi “condividere il pane”?Cos’è per noil’Eucaristia? Un rito o uno stile di condivisione?

Tra il dire e il fareProponiamoci di animare una celebrazione comunitaria della messa, sottolineando la necessità che dal rito celebrato si passi alla condivisione fattiva.Chi di noi svolge servizi di volontariato si chieda se le sue motivazioni più profonde nascono dal desiderio di condividere i doni di Dio. Chi non svolge alcun servizio potrebbe prendere l’occasione al balzo per una scelta concreta.

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16. Fiumi di parole.Da "Sale della terra", scheda 27

Dal Vangelo alla vitaGesù apre gli orecchi e la bocca di un sordomuto. La medesima espressione “Effatà” è entrata nel rito del battesimo, e fa di tutti noi annunciatori del Vangelo. Proviamo ad entrare nei significati del battesimo, non solo negli aspetti del rito, ma soprattutto nelle conseguenze etiche della vita cristiana come vita da battezzati.

Sono cose della vitaIntervista a padre Alex Zanotelli, www.rrrquarrata.it

Partiamo dalle radici…Le mie radici affondano in un ambiente familiare e paesano molto chiuso. Sono infatti nato e cresciuto nella Val di Non, in Trentino,  in una comunità montana e in una famiglia che mi hanno dato molto. L’educazione ricevuta però è stata reprimente, individualista. Anche sul piano politico quella è una terra cattolica, democristiana e assai tradizionalista.I suoi genitori?La mamma è stata la persona più altruista che abbia mai conosciuto: la sua vita erano gli altri. Questo è stato il suo insegnamento. Nel giorno del matrimonio ha chiesto al Signore che il primo figlio maschio fosse consacrato a Dio. Piangeva di gioia il giorno della prima messa. Spesso mi ha ripetuto  che è stato il giorno più bello della sua vita. Insieme con papà, splendida figura di montanaro e di resistente, è stato  un punto fermo della mia vita.Crisi anche nella sua vita?Tante domande, dubbi, tarli interiori. Ma Dio c’è, non c’è? Mi è saltato tutto, non riuscivo più a capire nulla. E’ stato un processo interiore molto doloroso. A tal punto che più volte, nei momenti di sconforto, finivo per maledire il giorno in cui mi ero messo a studiare la Bibbia dal punto di vista della critica letteraria e testuale. E questa crisi interiore avveniva proprio alla vigilia dell’ordinazione sacerdotale, per cui non sapevo cosa fare: se mollare tutto oppure andare avanti.Come ha superato la crisi?Pregando molto. Alla fine sono arrivato ad una conclusione molto importante per me. Se Dio esiste, mi sono detto, non può essere che amore e l’amore non posso scoprirlo che “buttando” la mia vita. E così, come dice il Vangelo, ho deciso di perdere la mia vita per donarla agli altri. Questo in fondo credo che significhi essere prete o essere un buon cristiano.Chi è il Dio che entra negli uomini dopo il battesimo?In missione in Africa, davanti al dolore e alla miseria, ho pensato che forse l’unico modo di pensar Dio è fare riferimento ad una donna. Una donna che può dare alla luce un figlio gravemente  malato ma che poi cercherà di far di tutto per guarirlo e che, se morirà prima di lei, lo terrà tra le sue braccia e lo cullerà. Penso che anche Dio sia distrutto dal dolore. Generando l’uomo libero Dio non può prenderlo per i capelli: rispetta le sue decisioni ma è ferito dalla sua sofferenza. Korogocho, baraccopoli di Nairobi, i dodici anni che vi ha trascorso: che cosa hanno rappresentato nel suo cammino di uomo e di prete?Un’esperienza incredibile, durissima ma anche una grazia di Dio. Quando è venuto a Korogocho l’abate generale dei Cistercensi ad un certo punto mi ha detto: “Tu non ti meriti

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questa grazia, è grazia  gratuitamente data. Devi essere estremamente grato al Signore”. E io lo sono perché per me Korogocho  è stato un vero battesimo. E’ il battesimo dei poveri come quello di Gesù quando entrò nelle acque del Giordano con i poveri della Galilea.Che cosa in concreto questo battesimo ha significato per lei?Il battesimo dei poveri sconquassa l’anima, fa un male boia ma è anche una grazia perché uno è costretto a ripensare a tutto: al suo stile di vita, alla visione del mondo, alla teologia che ha studiato, al sistema economico, finanziario e politico. Korogocho spiritualmente mi ha fatto rinascere e riscoprire  la dimensione vera dell’Eucarestia e del sacerdozio. Qui ho imparato che cosa significa essere cristiano: buttare via la vita, non appartenersi più, ma essere “mangiato dai poveri” per cui l’Eucaristia non consiste più nel celebrare la messa per gli altri ma diventare pane spezzato per i poveri e gli oppressi.

JesusDal Vangelo secondo Marco (7,31-37)31 Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32 E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. 33 E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!». 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano 37 e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Gesù si trova ancora in territorio straniero e ridona l’udito e la parola ad un pagano sordomuto. Potrebbe meravigliarti, ma anche ai nostri giorni ci sono molti sordomuti: sono persone capaci di parlare tanto e a vanvera, quelle che dicono parole vuote e magari sanno pure incantare gli altri… ma non sono capaci di ascoltare, non sanno fare silenzio dentro di sé e non sanno creare spazi adatti per accogliere i fratelli. Eppure il Signore Gesù è capace di guarire l’uomo che cerca di riempire la sua vita con fiumi di parole: lui solo può salvarlo. Effatà dice, cioè «Apriti»: apri la tua bocca perché possa dire parole buone che tocchino il cuore, apri i tuoi orecchi perché possano disporsi ad un ascolto accogliente e premuroso… È in questo modo che Gesù ci consente di essere dei veri evangelizzatori, degli autentici cristiani: non aspetta che abbiamo chissà quale fede! Ma già da ora con il nostro udito sanato e la nostra parola guarita possiamo annunciarlo nella nostra vita, come ha fatto la folla che piena di stupore non riesce a trattenere la gioia e lo loda per i prodigi che Egli compie (7,37).

... e noi?Quali sono gli atteggiamenti concreti che dimostrano la nostra sordità?Proviamo a declinare la parola «apriti»: con quali altri verbi potremmo esprimerla? (es. «ascolta», «coinvolgiti», «apri gli occhi», etc.) L’incontro con Gesù, la lettura costante della sua parola sta modificando in noi qualcosa? In che modo?

Tra il dire e il fareSarebbe bello vivere una piccola celebrazione battesimale, nella quale davanti al fonte dove abbiamo ricevuto il battesimo esprimiamo la nostra fede e ci lasciamo toccare dalla mano di

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Dio che ancora oggi ci dice “Effatà, apriti, annuncia”.

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17. Vederci sempre meglio.Da "Sale della terra", scheda 29

Dal Vangelo alla vitaUn altro episodio miracoloso: ma la guarigione del cieco avviene in due stadi. Sembra quasi che per definizione il cammino della fede si faccia a tappe, chiedendoci la pazienza di crescere. Del resto nella fede si cresce come si cresce nella statura. Da una parte quindi nessuno può davvero dirsi arrivato: occorre pedalare. Dall'altra cerchiamo di capire davvero a che punto siamo (forse la nostra fede ha ancora 10 anni …)

Sono cose della vitaTratto da www.incontraregesu.itGeorge Foreman il due volte campione del mondo vince con Dio.George Foreman, uno dei campioni di pugilato più famosi del mondo, nato il 10 Gennaio del 1949, anche se sul ring con i suoi guantoni rossi mette paura, nella vita privata ama i bambini, il mangiare, gli animali, i libri e la pesca.Nella prima fase della sua vita nel 1968, vinse la medaglia d'oro alle olimpiadi di Città del Messico. Il 22 gennaio del 1973 conquista il titolo mondiale dei pesi massimi, battendo Joe Frazier per K.O. alla seconda ripresa. Nel Novembre del '74 perde il titolo contro Mohammed Ali a Kinsasha (Zaire).Nel '77 perdendo contro Jimmy Young si ritira. Nella seconda fase della sua vita nel 1987 a trentotto anni ritorna sul ring e vince, battendo Steve Zonski per K.O. e nel 1994 all'età di quarantacinque anni diventa campione del mondo per la seconda volta, battendo Michael Moorer alla decima ripresa per K.O.Parlando della propria rinascita spirituale George ha detto: «Dio mi ha dato il talento di essere un buon pugile. Prima di tutto però, sono un testimone del nostro Signore Gesù Cristo - questa è la mia vera professione. Il pugilato è soltanto un lavoro per guadagnare del denaro, per me e per la mia comunità. Ma non è stato sempre così. Mia madre andava sempre in chiesa. Mi diceva sempre «vieni con me», ma non mi piaceva andarci. In quel periodo ero già famoso e ricco, grazie alla medaglia d'oro che avevo vinto ai Giochi Olimpici in Messico, nel 1968. Volevo godermi la vita e mi piaceva divertirmi. Per questo motivo rifiutavo sempre la Bibbia: odiavo quel libro, e non volevo avere niente a che fare con quelle che allora definivo delle stupidaggini. Qualche anno più tardi Gesù comincio a lavorare nel mio cuore. Dopo l'incontro con Mohammed Ali in Zaire, mi misi a leggere la Bibbia per la prima volta. Poi, nel 1977, ci fu l'incontro indimenticabile con Jimmy Young. Quando si vince, i sentimenti di gloria ti assalgono, una persona si sente forte, invincibile, quasi un dio, ma quando dopo un gancio ti ritrovi umiliato al tappeto, per KO, vorresti scomparire sprofondando nel cuore della terra. In quel tempo il mio rabbioso rifiuto di Dio cambiò direzione, ebbi una riflessione che cambiò la mia vita. Il mio fu un avvicinamento a tappe: da lontano ad un amore quasi morboso. Mi vidi morto e poi tornavo in vita; vidi il sangue di Gesù sulle mie mani, in quel momento, anche se non ero mai stato un credente, Gesù per me cominciò a vivere, e presi a leggere la Bibbia regolarmente».Cosa cambiò nella sua vita? «Da quel momento per me cambiò tutto, e iniziai a raccontare a tutti quello che mi era successo. Fui invitato spesso a parlare della mia esperienza con Gesù.

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Iniziai a visitare anche delle prigioni e a tenervi delle predicazioni. La cosa più bella della mia vita è stata aver trovato Gesù a tappe, con pazienza Lui è entrato nella mia vita. Egli promette: «Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me. Chi vince lo farò sedere presso di me sul mio trono, come anch’io ho vinto e mi sono seduto con il Padre mio sul suo trono» (Ap. 3:20-21). Quale più bella vittoria, sedersi sul podio più alto, il trono di Dio. Anche se qui in questo mondo dovessi perdere tutto, nessuno o niente mi potrà mai più togliere la pace e la vittoria che ho con Gesù». George Foreman abita ora a Marshall nel Texas, e ha nove bambini. La sua fede è cresciuta con lui ed ora è un predicatore del Vangelo e conduce un centro di accoglienza per giovani che si chiama "The George Foreman Youth and Community Center".

GiocoCreare un percorso in una stanza buia, accendendo in fasi successive alcuni lumini per dare luce gradatamente… alcuni ragazzi magari rimangono seduti, altri provano il percorso, altri hanno paura di farlo al buio, altri ancora finiscono il percorso. Questo permette di notare le varie fasi della fede dei ragazzi nella vita (chi non crede, chi fa piccoli passi, chi è già avanti…).

JesusDal Vangelo secondo Marco (8,22-26)22 Giunsero a Betsàida, dove gli condussero un cieco pregandolo di toccarlo. 23 Allora preso il cieco per mano, lo condusse fuori del villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». 24 Quegli, alzando gli occhi, disse: «Vedo gli uomini, poiché vedo come degli alberi che camminano». 25 Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente e fu sanato e vedeva a distanza ogni cosa. 26 E lo rimandò a casa dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».

Di primo acchito sembra che a Gesù il miracolo non sia riuscito proprio bene, per cui deve rifarlo. Se guardi in profondità l’episodio, però, puoi notare che vederci bene è possibile, ma spesso è frutto di un cammino, di tappe che devi affrontare. Ci vuole pazienza! È necessario aspettare e rispettare i tempi della crescita della fede. Questa guarigione a due stadi la puoi capire se lo confronti con l’episodio successivo in Mc 8,27-30: la gente vede in Gesù un profeta, come il cieco vede gli uomini che camminano come alberi. La gente intravede in Gesù qualcosa di buono, ma non vede correttamente. Pietro invece riconoscerà in Gesù il Messia, come quando il cieco vede «a distanza ogni cosa». La fede comporta l’apertura degli occhi, ma questo non è un miracolo che avviene una volta per tutte. Ha bisogno dei suoi tempi. Per permettere la vista Gesù fa un gesto strano: impone con le mani la saliva sugli occhi. Un gesto molto forte, molto fisico, indica un particolare coinvolgimento di Gesù. Forse possiamo ricordare quando Dio ha creato Adamo traendolo dal fango: anche qui Dio compie un gesto molto fisico, si sporca le mani di terra. Ecco, Gesù come suo Padre non ha paura di sporcarsi le mani, si coinvolge. Il desiderio di vita e di vista permette il coinvolgimento. La fede nostra cresce perché Dio si è coinvolto e parecchio: ci guarisce sporcandosi le mani. Questa guarigione avviene al di fuori del villaggio, in un contesto privato: Gesù non vuole troppa pubblicità e impone addirittura al cieco guarito di non entrare nel villaggio. Forse sarà stato disobbediente come il lebbroso (1,40-45), ma la preoccupazione di Gesù è quella di non soffermarsi sull’aspetto miracolistico, altrimenti viene interpretato per quello che lui non vuole

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essere.

... e noi?Proviamo ad elencare alcune tappe di crescita del nostro cammino di fede … Quanto siamo disposti a sostenere i tempi di Dio?Vediamo “gli uomini come alberi” o vediamo Gesù? A volte la confusione della fede pesa … come venirne fuori?

Tra il dire e il fareDopo esserci confrontati su come dovrebbe essere il livello di maturazione della nostra età, ognuno cerchi le strade per arrivarci e per migliorare …

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18. “Chi sono io per te?”Da "Sale della terra", scheda 30

Dal Vangelo alla vitaGesù si rivolge ai discepoli interrogandoli sulla loro opinione su di lui. È una domanda aperta e destinata ad ogni credente. Noi oggi dobbiamo dare un nome e un valore a Gesù Cristo. Tanto più è chiara per noi questa risposta tanto più siamo messi in grado di capire meglio noi stessi.

Sono cose della vita“Gesù è l’Affamato da saziare.È l’Assetato da dissetare.È il Nudo da vestire.È il Senza tetto da accogliere.È l’Ammalato da curare.È la Persona sola da amare” .Madre Teresa di Calcutta

Tratto dalla terza predica di P. Raniero Cantalamessa, Avvento 2003 alla Casa Pontificia[…] Sappiamo tutti a quali livelli si è spinto il servizio di Madre Teresa ai più poveri dei poveri. In un incontro, una religiosa le fece osservare che lei viziava i poveri e offendeva la loro dignità, dando loro tutto gratis, senza chiedere ad essi nulla. Rispose: “Ci sono tante congregazioni che viziano i ricchi che non è male se ce n’è una che vizia i poveri”. Il capo dei servizi sociali di Calcutta aveva capito meglio di ogni altro, secondo Madre Teresa, lo spirito del suo servizio ai poveri. Un giorno le disse: “Madre, lei e noi facciamo lo stesso lavoro sociale, ma c’è una differenza: noi lo facciamo per qualcosa, lei lo fa per Qualcuno” .[…] Lei vedeva Gesù nel suo prossimo. C’è stato chi ha visto in ciò un limite, non un pregio, dell’amore cristiano per il prossimo. Amare il prossimo “per Qualcuno”, cioè per Gesù, non strumentalizza il prossimo, non lo riduce a mezzo in vista di un fine diverso, che, al limite, può essere quello egoistico di guadagnare meriti per il paradiso? Questo è vero in ogni altro caso, ma non quando si tratta di Gesù, perché è contrario alla dignità della persona umana essere subordinata a un’altra creatura, ma non essere subordinata al creatore stesso, a Dio. Nel cristianesimo c’è una ragione ancora più forte. Cristo si è identificato con il povero. Il povero e Cristo sono la stessa cosa: “L’avete fatto a me”. Amare il povero per amore di Cristo non significa amarlo “per interposta persona”, ma di persona. Questo è il mistero che si è impresso nella vita di Madre Teresa e che lei ha ricordato profeticamente alla Chiesa. […]Madre Teresa ha saputo dare ai poveri non solo pane, vestiti e medicine, ma quello di cui hanno ancora più bisogno: amore, calore umano, dignità. Ella ricordava con commozione l’episodio dell’uomo trovato mezzo mangiato dai vermi in una discarica che, portato a casa e curato, disse: “Sorella, ho vissuto sulla strada come un animale, ma ora morirò come un angelo, amato e curato” , e morì poco dopo dicendo con un largo sorriso: “Sorella, vado a casa da Dio”. Madre Teresa con un bambino abbandonato in braccio, o china su un moribondo, è, credo, l’icona stessa della tenerezza di Dio. […]

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GiocoSi consegna a ciascun ragazzo un foglioCiascuno scrive il proprio nome sul fondo del foglioSi passa il foglio a destra e il compagno scrive una descrizione (Chi credete che io sia?) di lui (Es. simpatico), poi piega il foglio solo il necessario per coprire la sua descrizione (3-4 cm)Si passa successivamente il foglio al compagno di destra e così via fino a fine giroIl foglio tornerà al diretto interessato che leggerà le definizioni date dagli altri

JesusDal Vangelo secondo Marco (8,27-30)27 Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: «Chi dice la gente che io sia?». 28 Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti». 29 Ma egli replicò: «E voi chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». 30 E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno.

La regione di Cesarea, dove Gesù porta i discepoli, si trova a nord di Israele. Possiamo immaginare i villaggi di cui parla Marco, presso una delle sorgenti del Giordano. È un posto particolare, dal nome che evoca gli imperatori, i «cesari» che hanno tentato a loro modo di avere il mondo in mano. Non dimentichiamo il culto della personalità che comportava l’imperatore romano, una figura spesso divinizzata. Ma chi può dire di avere il mondo in mano? Chi può dire di condurre la storia? Chi è il vero «Messia»? Su questo sfondo, a metà vangelo di Marco, possiamo dire che a metà cammino dei discepoli, Gesù pone un domanda decisiva: chi è Lui per la gente e per discepoli. Le due risposte le conosci e le puoi comprendere sulla guarigione a due stadi del cieco di Betsaida (8,22-26). «Tu sei il Cristo»: la risposta è giusta! È metà risposta, ma non è sbagliata (1,1). È Pietro che prende la parola a nome di tutti: noterai come Pietro ha un ruolo particolare in tutto il Vangelo. Pietro si è recato a Roma e da lì con l’aiuto dell’evangelista Marco ha cercato di ricordare molte cose vissute con Gesù che poi Marco ha messo per iscritto. Pietro fu un una figura di primaria importanza nella prima comunità cristiana. Anche lui ha fatto il suo cammino, ha avuto i suoi cedimenti, come troverai più avanti: Gesù ho scommesso su Pietro, divenuto così il primo Papa della Chiesa.

... e noi?Chi è Gesù per gli amici che conosciamo? Ma soprattutto chi è Gesù per ciascuno di noi?

Tra il dire e il fareSi potrebbe preparare un sondaggio sui temi della fede e della religione, per sottoporlo ai nostri coetanei a scuola, nei bar, nei nostri luoghi di incontro. Sarebbe bello poter invitarli in un secondo tempo a discutere sui risultati emersi, dopo aver elaborato le opinioni raccolte.

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19. Il posto del discepolo (un nuovo inizio).Da "Sale della terra", scheda 31

Dal Vangelo alla vitaNel dialogo con Gesù, Pietro dimostra di non comprendere appieno le esigenze richieste da chi si mette dietro al Maestro. Gesù lo invita a “mettersi dietro”, ad essere disponibile a seguirlo davvero. Imparare da lui implica la capacità di ascolto. Occorre affinare sempre meglio le tecniche per un ascolto efficace.

Sono cose della vitaRiportiamo l'intervista a Padre Bossi, rilasciata a Radio Vaticana dal missionario rapito e poi liberato nelle Filippine.

«Io dico grazie di cuore per la preghiera del Papa e di padre Gianni, il superiore, che tutti i giorni mi spiegherà un pezzettino di tutto quello che è stato fatto per me. Lo devo ringraziare, perchè ogni giorno la mia gioia aumenta sempre di più. Bisogna ringraziare tutta questa gente che ha pregato per me».«Una delle cose della mia esperienza è che nel tempo libero, che era tanto, pensavo a tutta la mia vita, a tutte le persone che ho incontrato, alle facce degli amici, agli amici vivi, agli amici morti e credo che anche questo sia stato molto bello».«È un'esperienza che non desidero faccia nessuno, perché è molto dura. Andrei calmo nel consigliare a qualcuno di avere esperienze come la mia. D'altra parte, sto capendo pian piano che insegna tante cose. Avrò, quindi, tempo, credo, in questi mesi di riflettere su quello che veramente è accaduto».«Grazie al cielo non mi sono mai scoraggiato, grazie all'esperienza di padre Benedetto, rapito e poi rilasciato, e di padre Giuseppe Pierantoni, anche lui rapito e rilasciato. Per cui, anch’io mi ero messo il cuore in pace e mi ero detto: “Anch'io verrò rilasciato un giorno”. Non ho mai perso la tranquillità dentro di me e di questo devo ringraziare veramente il Signore, che ho sempre ascoltato e che mi ha tenuto sereno e tranquillo di fronte a tutto quello che mi stava accadendo.«Tutti i giorni con i miei sequestratori si parlava del più e del meno. Loro pregavano ed io pregavo. Una delle domande che facevo loro, e anche a me stesso, era: “Ma stiamo pregando lo stesso Dio o è un Dio diverso, visto che voi pregate con il fucile a destra ed io rapito a sinistra? E' lo stesso Dio che vuole tutte queste cose o che cosa?” Per cui pian piano certe domande sono ancora dentro di me e devo ancora approfondire tutto il senso di queste cose».«Dopo questa esperienza, vorrei consigliare ai giovani di fare le scelte importanti non per denaro, successo, ricchezza, ma in base ai valori forti, ai grandi ideali, mettendo al primo posto Dio e il prossimo anziché sé stessi».

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JesusDal Vangelo secondo Marco (8,31-33)31 E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare. 32 Gesù faceva questo discorso apertamente. Allora Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo. 33 Ma egli, voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: «Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».

Gesù prende un’iniziativa spiazzante: intravede un futuro di sofferenza e insuccesso. È un nuovo «inizio» (nell’espressione «e cominciò», si sente l’eco di Mc 1,1), questa volta su un percorso nuovo, verso Gerusalemme, verso una situazione che si prevede già gravida di difficoltà. Con chi può parlare Gesù di queste incomprensioni che incontrerà? Con chi può aprire il cuore? Gesù ha fatto questi discorsi «apertamente» con i discepoli e Pietro reagisce. Pietro aveva capito bene, aveva risposto bene (8,29: «Tu sei il Cristo»), ora può permettersi di prendere il Maestro in disparte, come Gesù con il cieco, per aprirgli gli occhi sulle parole strane e pessimistiche del Maestro. Quale soddisfazione per un maestro avere dei discepoli così comprensivi, capaci di spiegare bene come stanno le cose! Ma forse Pietro aveva usato le parole giuste a Cesarea, ma non sapeva il senso che Gesù attribuiva alla parola Cristo: per Pietro Cristo significa vittoria, per Gesù significa, perdita.«Lungi da me»: in greco suona così: «Sta dietro a me»! In effetti la scena che puoi immaginare è molto significativa: il Maestro cammina e i discepoli lo seguono (8,34). Ma qui Pietro ha preso una posizione che non gli compete, si è messo al posto del Maestro, e Gesù lo rimprovera: sta al tuo posto! Sta dietro! Seguimi! Gesù deve voltarsi, infatti, per ristabilire la giuste posizioni. Lo chiama «satana»: in ebraico significa «nemico». Il Diavolo è chiamato Satana perché è il nemico numero uno di Dio. Pietro che un attimo prima aveva in bocca la risposta giusta, ora è un nemico … è il suo modo di pensare che non funziona, è la sua mentalità messianica che è incompatibile con quella di Gesù, con quella di Dio stesso.

... e noi?Chi si sente sicuro di sapere come funziona la vita? Come dovrebbero andare le cose?Cosa significa «stare dietro» a Gesù? Di che posizione si tratta?Che idea di Messia ci siamo fatti?

Tra il dire e il fareSe c’è qualche aspetto della vita cristiana che ci lascia perplessi e sul quale abbiamo delle riserve o contrarietà, può diventare oggetto di riflessione, di approfondimento e di ricerca personale o in gruppo. Padre Bossi ha imparato ad ascoltare e si è posto delle nuove domande dovute all’esperienza che ha vissuto, forse ha capito o cerca di capire il suo ruolo. Ho mai voluto controllare completamente la mia vita, finchè qualcosa non mi ha fatto cogliere il mio vero posto?

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20. Seguire il maestro itinerante (l’importanza del “se”)Da "Sale della terra", scheda 32

Dal Vangelo alla vitaLa richiesta di Gesù, “Chi vuol essere dei miei prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”, è chiara ed impegnativa. Per Gesù, come per ogni cristiano, la croce è più segno di amore che di sofferenza. Portarla ogni giorno non vuol dire accettare passivamente i dolori della vita, ma spendersi per gli altri e per Dio.

Sono cose della vitaTestimonianza di Giuseppe De Cicco 

Voglio raccontare la mia testimonianza e di come ho conosciuto il Signore. Ero un giovane come tanti, amavo molto ascoltare la musica e soprattutto mi piaceva andare in discoteca il sabato sera con gli amici. Mio padre era un commerciante ben avviato. Economicamente stavamo bene e non avevamo problema alcuno. Tutto quello che provocava la musica e lo svago del sabato sera, però,  non riusciva a colmare il vuoto che c’era dentro il mio cuore. Vivevo i miei giorni pensando al futuro con ansia ed insicurezza.Nella mia famiglia iniziarono a sorgere vari problemi: sia per mio padre, che prese il vizio del gioco d'azzardo, con conseguenti forti perdite, sia di salute, perché uno dei miei fratelli si ammalò di cancro maligno al polmone. Inoltre nacque Giovanni, mio fratello, senza pancreas. Proprio in quel periodo molto difficile e buio della mia vita, accettai il Signore con tutto il cuore, iniziai a leggere con bramosia il Vangelo e ad avere un dialogo con Gesù tramite la preghiera. Il Signore mi donò tanta pace e serenità, ma soprattutto fede nel credere che Egli è vivente. Mia madre che non era ancora convertita al Signore, per il forte dolore cercava una via di uscita a quella situazione ricorrendo agli idoli, ai religione tradizionale, ai cartomanti e si recava in diversi santuari per pregare. Mia madre aveva la vista offuscata da tutto quello che aveva attorno e non riusciva a conoscere veramente l’unica via per la salvezza, cioè il nostro Signore Gesù Cristo. Alcune di queste persone in cui mia madre  pose tutta la sua fiducia, le chiesero delle somme di denaro promettendole che tramite i loro sortilegi e le loro preghiere avrebbero scacciato ogni male dalla sua casa. Altri ancora previdero la morte di tutta la famiglia attraverso malattie mortali e sciagure che avrebbero colpito la nostra famiglia. Iniziai a parlare di Gesù e del suo amore e della sua potenza capace di guarire ogni cosa a mia madre e mia sorella. Iniziai con mia madre a pregare con fede al Signore e, grazie sia resa solo a Lui che guarì mio fratello, che oggi gode di un ottima salute.Ringrazio il Signore di avermi salvato tramite queste prove familiari molto difficili, ma anche per aver fatto di me un mezzo potente nel Suo nome per la salvezza di mia madre, di mia sorella e per le guarigioni che ci sono state. In questo momento sto vivendo una vita di vera pace, sono sposato da quattordici anni con mia moglie Amelia che è una sorella in Cristo e ringraziamo il Signore per averci dato tre figli.

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JesusDal Vangelo secondo Marco (8,34-9,1)34 Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35 Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà. 36 Che giova infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? 37 E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima? 38 Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi». 9 1 E diceva loro: «In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti, che non morranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza».

Gesù è deciso e ha deciso: Gerusalemme è la sua meta. Adesso Gesù non chiama ma pone delle condizioni: «se». L’espressione fondamentale della posizione del discepolo: «stare dietro» (8,33). Dopo il suo ministero in Galilea, dopo i primi successi e le molteplici incomprensioni, anche da parte dei suoi e dei discepoli stessi, Gesù propone un viaggio e chiarisce bene le condizioni: rinnegare se stessi, prendere la croce, seguirlo. Le sue istruzioni sono brevi ed essenziali. Rinnegare se stessi non va confuso con un atteggiamento di annullamento di sé dove non ci concediamo né personalità, né sentimenti, né desideri. «Se qualcuno vuole…» significa che i tuoi desideri sono importanti! Qui la questione è la posizione che assumo nei confronti della vita: l’amore chiede di decentrarmi, di andare verso il fratello, di rinnegare l’egoismo, l’arrivismo, la presunzione. Se ho qualcosa da difendere, come posso amare? Amerò nella paura di perdere, e vivere per me significherà salvarmi a tutti i costi, salvare le mie cose, salvare la mia immagine, la mia posizione, i privilegi ottenuti con fatica. Seguire il Maestro comporta una liberazione da me stesso, per ritrovarmi più vivo di prima: senza paura di perdere! La croce ormai è un immagine chiara e l’evangelista la fa risuonare nella sua Chiesa a nome del primo che ha portato la croce da innocente, Gesù. Prendere la croce, perché seguire Gesù sulla strada per Gerusalemme comporta questa conseguenza. Il discepolato ora si fa più radicale, più esigente… è in gioco la vita e la sua autenticità.

... e noi?Val la pena chiedersi se vogliamo andare «dietro» a Gesù …Cosa comporta? Cosa significa la parola «croce»?Cosa può impedirci davvero di seguirlo?

Tra il dire e il fareSpendersi per gli altri (e per Dio), anche quando “gli altri” sono rompiscatole … è bene che ognuno arrivi ad una scelta concreta in un ambito della vita in cui si sta risparmiando, per spendersi di più.

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21. Cosmesi dello Spirito. Da "Sale della terra", scheda 33

Dal Vangelo alla vitaL’episodio della trasfigurazione da una parte assicura i discepoli della bontà delle promesse di Gesù, dall’altra apre ai credenti la visione del proprio destino futuro nella dimensione dell’eternità. Saper fare i conti nella vita nella prospettiva eterna è una virtù da coltivare: le cose dell'aldilà qualificano la vita presente. Siamo chiamati a saper fare i conti non solo sulle certezze dell'oggi, ma soprattutto sulla promessa di Dio.

Sono cose della vitaProponiamo l'ascolto di un brano musicale e il dialogo sul testo.

L’ARCOBALENOAdriano CelentanoIo non so parlar d’amore (1999)

Io son partito poi così d'improvvisoche non ho avuto il tempo di salutareistante breve ma ancora più brevese c'è una luce che trafigge il tuo cuore

L'arcobaleno è il mio messaggio d'amorepuò darsi un giorno ti riesca a toccarecon i colori si può cancellareil più avvilente e desolante squallore

Son diventato se il tramonto di serae parlo come le foglie d'aprilee vivrò dentro ad ogni voce sincerae con gli uccelli vivo il canto sottilee il mio discorso più bello e più densoesprime con il silenzio il suo senso

Io quante cose non avevo capitoche sono chiare come stelle cadentie devo dirti che è un piacere infinitoportare queste mie valige pesanti

Mi manchi tanto amico caro davveroe tante cose son rimaste da direascolta sempre e solo musica verae cerca sempre se puoi di capire

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Son diventato se il tramonto di serae parlo come le foglie d'aprilee vivrò dentro ad ogni voce sincerae con gli uccelli vivo il canto sottilee il mio discorso più bello e più densoesprime con il silenzio il suo senso

Mi manchi tanto amico caro davveroe tante cose son rimaste da direascolta sempre e solo musica verae cerca sempre se puoi di capireascolta sempre e solo musica verae cerca sempre se puoi di capire

Cosa ci può aspettare nell’aldilà non ci è dato saperlo. Può accadere, però, che rapporti forti tra esseri umani non conoscano la parola “fine”.Ciò che si è vissuto tra coniugi, tra genitori e figli o tra amici può perdurare oltre alla morte; talvolta ci piace pensare che anche dall’aldilà un caro amico cerchi di farci sentire non solo il suo affetto, ma la nostalgia di noi.Nel nostro repertorio letterario musicale nazionale, è conservato preziosamente il testo di una canzone, circondata da una leggenda che io stessa faticavo ad accettare; finché non ebbi la fortuna di incontrare l’autore di quel brano che, di persona, mi raccontò la sua avventura.

Il paroliere è Mogol, l’amico che cercò di parlargli dall’aldilà il suo compagno di musica Lucio Battisti.Lucio Battisti, baluardo dei grandi interpreti e creatore di melodie immortali, spirò a causa di un male incurabile il 9 settembre 1998, e come raccontano i medici che lo assistettero nelle ultime ore di vita “i suoi occhi ormai non cercavano più nulla”.Battisti aveva condotto l’ultima fase della sua vita volutamente lontano dai riflettori, quasi in totale isolamento, nel paese di Molteno nel Comasco.Il rapporto che nel tempo aveva costruito con Mogol era di complicità e di “indispensabilità”: solo il connubio tra la chitarra di Lucio e la penna di Mogol portava al successo garantito, uno era braccio l’altro testa di un corpo solo.Passarono alla storia nell’immaginario collettivo le loro cavalcate assieme, che divennero anche cover di un cd di Lucio.Un’amicizia, quindi, “buona”, valida, eterea.Dopo la scomparsa di Lucio, Mogol continuò la sua attività di autore di testi, riscuotendo comunque buoni risultati. Certo, l’amico mancava. E si sentiva.Ma la vita è misteriosa perché imprevedibile.

Un giorno la segretaria di Mogol ricevette una telefonata da una medium spagnola, che sosteneva di aver ricevuto in sogno una visita da Lucio Battisti.Il cantante le chiese di cercare un brano tratto da un libro deposto su uno scaffale di una precisa biblioteca.La medium effettuò la ricerca e rintracciò il testo nel quale veniva indicato che “il ponte tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti è l’arcobaleno”.Fatto questo, la medium aveva il compito di contattare Mogol in Italia per informarlo del “contatto” avvenuto. Qualche anno più tardi il famoso compositore si stava recando alla sua scuola per giovani artisti musicali in Umbria quando si trovò, suo malgrado, nel bel mezzo di un violento temporale.Fu costretto, quindi, a fermarsi con l’auto sotto un cavalcavia, per ripararsi dalla forte pioggia.D’improvviso, nel cielo si aprì uno squarcio di luce, e ne uscì un meraviglioso arcobaleno.

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Mogol rimase ad ammirare tale spettacolo della natura.Ad un tratto, però, si accorse che l’arcobaleno terminava esattamente sopra il cofano della sua auto. Come era possibile?Che questa storia sia vera o meno, non si è mai saputo.Lui prese la macchina, tornò a casa e di getto scrisse questa canzone.Estemporanea e avida di vita. Mogol chiamò quindi Adriano Celentano, il quale ricordò poi con vivo stupore di aver letto il testo del paroliere, di aver registrato subito la canzone. Una volta sola. Senza errori. Senza ripetizioni. Chi registra un album sa che ciò è quasi impossibile che avvenga.Ora che vi ho raccontato questa storia, rileggete la canzone.Qualcuno dall’aldilà parlò ad un vivente, per dirgli che la loro amicizia non era morta.Non vi dico di prendere come vera la storia narrata da Mogol, ma vi invito comunque a riflettere sull’eternità del sentire umano:

mi manchi tanto amico caro davveroe tante cose son rimaste da direascolta sempre e solo musica verae cerca sempre se puoi di capire

JesusDal Vangelo secondo Marco (9,2-10)2 Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro 3 e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4 E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù. 5 Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!». 6 Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. 7 Poi si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: «Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!». 8 E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro. 9 Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. 10 Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti.

Proprio come nel suo primo inizio per le strade di Galilea Gesù ha ricevuto una voce dal cielo che lo confermava, così ora il Padre, di fronte alla scelta di andare a Gerusalemme, conferma le intenzioni del Figlio. È di nuovo un Padre che propone come unico progetto per suo Figlio il seguente: tu sei mio Figlio «amato», agapetos (1,11). Le intenzioni del Figlio sono quelle del Padre e viceversa: quale sintonia tra il Padre e il Figlio, che unità di intenti, che libertà d’iniziative.L’amore trasfigura, l’amore coinvolge: Gesù porta con sé i suoi amici più vicini e concede loro una bella esperienza, trasformante. La veste nel mondo antico indica l’identità della persona (spesso oggi serve per sfoggiare una immagine apparente di sé): la veste bianchissima richiama la resurrezione. In questo contesto di luce Gesù prende parte ad un colloquio, in questo dialogo creativo con la Legge, rappresentata da Mosè e la Profezia, rappresentata da Elia. Gesù al centro è l’Amore. Nessuna legge e nessuna profezia hanno senso senza

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l’amore. La legge può addirittura schiavizzare (7,4), la profezia può farti perdere il senso della vita presente (7,6) e improvvisarti un rivoluzionario che profetizza un regno possibile solo se si butta via il passato, cose che Gesù si è ben guardato di essere (12,28-34). L’amore è l’unico vincitore perché l’unico che sa perdere. Su questo «monte alto» cielo e terra si toccano, i discepoli sono coinvolti in qualcosa di più grande di loro, che li coinvolge nella luce e un po’ li fa sognare e straparlare…Gesù è confermato dalla Legge, dalla Profezia, dall’Amore del Padre. La sua voce lo ha sempre accompagnato sulle strade di Galilea, ora lo accompagna sulla strada verso Gerusalemme!Questo amore trasformante, questa cosmesi spirituale, questa luce e questo biancore è bellissimo, però non può durare in eterno, altrimenti si confonderebbe il mondo con il paradiso. Nella storia le cose speciali e particolarmente belle sono effimere, una specie di antipasto che ci orienta il cammino verso il Cielo, ma non durature. Così dal monte si scende.

... e noi?Conosciamo persone trasfigurate dall’amore di Cristo? Come è possibile?Come possiamo considerare le belle esperienze fatte ma che sono durate poco?Cosa significa scendere dal monte?

Tra il dire e il farePotrebbe essere utile fissare “a botta calda” i propri pensieri e le emozioni suscitate appena finita un’esperienza straordinaria (un campo, una giornata speciale, un viaggio, …): rileggerle dopo qualche tempo ci aiuta a non perdere ciò che di prezioso abbiamo conquistato.Quindi rileggere l’entusiasmo del momento dopo un certo periodo fa si che i sentimenti si siano sedimentati.

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22. Desiderio e realtà.Da "Sale della terra", scheda 35

Dal Vangelo alla vitaUn tale vuole seguire Gesù, ma il lasciare tutto per andargli dietro gli costa troppo: non è disposto ad investire così tanto in questa “scommessa”. Ognuno di noi è libero di seguire il Signore. D’altra parte la libertà è l'unica condizione perché funzioni davvero la relazione di amore. E Dio non vuole automi che facciano come dice lui, ma persone che corrispondano con amore al suo amore.

Sono cose della vitaProponiamo l'ascolto di un brano musicale e il dialogo sul testo.

FREEDOM ‘90George MichaelLibertà 90

Non ti abbandoneròNon rinuncerò a teBisogna avere fiducia nel soundÈ l’unica cosa buona che hoNon ti abbandoneròQuindi ti prego non rinunciare a mePerché vorrei davvero continuare a restare da queste parti

Il cielo sa che ero solo un ragazzinoNon sapevo quello che volevo diventareEro la gioia e l’orgoglio di tutte le bramose scolaretteE immagino che per me fosse abbastanzaPer vincere la gara? Un viso più carino!Vestiti nuovi di zecca e una casa grande e grossaSulla tua TV rock'n'rollMa oggi il modo in cui mi comporto non è più lo stessoPer nullaPenso che mi renderò felice

Penso ci sia qualcosa che dovresti saperePenso sia venuto il momento di dirteloC’è qualcosa di profondo in me

FREEDOM ‘90George Michael

I won't let you downI will not give you upGotta have some faith in the soundIt's the one good thing that I've gotI won't let you downSo please don't give me upcause I would really, really love to stick around, oh yeah

Heaven knows I was just a young boyDidn't know what I wanted to beI was every little hungry schoolgirl's pride and joyAnd I guess it was enough for meTo win the race? A prettier face!Brand new clothes and a big fat placeOn your rock and roll TVBut today the way I play the game is not the same No wayThink I'm gonna get myself happy

I think there's something you should knowI think it's time I told you soThere's something deep inside of me

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C’è qualcun altro che devo essereRiprenditi la foto incorniciataRiprenditi il cantare sotto la pioggiaSpero solo che tu capiscaA volte l’abito non fa il monaco

Ora non dobbiamo fare altroChe prendere queste bugie e trasformarle in verità, in qualche modoNon dobbiamo che capireChe io non appartengo a teE che tu non appartieni a meLibertà, Libertà, LibertàDevi dare qualcosa in cambio per quello che ottieniLibertà, Libertà, LibertàDevi dare qualcosa in cambio per quello che ottieni

Lo sa il cielo quanto ci siamo divertiti, tesoroChe piacere, solo un amico e ioAbbiamo avuto ogni compagnia spensierata di pezzi grossi tesoroVivevamo in un sognoAbbiamo vinto la garaCi siamo tirati fuori Sono tornato a casa con una faccia nuova di zeccaPer i ragazzi su MTVMa oggi il modo in cui mi comporto deve cambiare. Oh yeahOra mi renderò felice

Penso ci sia qualcosa che dovresti saperePenso sia giunto il momento di chiudere lo show. C’è qualcosa di profondo in meC’è qualcuno che avevo dimenticato di essere. Riprenditi la foto incorniciataNon pensare che torneròSpero solo che tu capiscaA volte l’abito non fa il monacoOra non dobbiamo fare altroChe prendere queste bugie e trasformarle in verità, in qualche modoNon dobbiamo che capireChe io non appartengo a teE che tu non appartieni a meLibertà, Libertà, LibertàDevi dare qualcosa in cambio per quello che ottieni. Libertà, Libertà, LibertàDevi dare qualcosa in cambio per quello

There's someone else I've got to beTake back your picture in a frameTake back your singing in the rainI just hope you understandSometimes the clothes do not make the man

All we have to do nowIs take these lies and make them true somehowAll we have to seeIs that I don't belong to youAnd you don't belong to me yea yeaFreedom, Freedom, FreedomYou've gotta give for what you takeFreedom, Freedom, FreedomYou've gotta give for what you take

Heaven knows we sure had some fun boyWhat a kick just a buddy and meWe had every big shot good-time band on the run boyWe were living in a fantasyWe won the raceGot out of the placeI went back home got a brand new faceFor the boys on MTVBut today the way I play the game has got to change. Oh yeahNow I'm gonna get myself happy

I think there's something you should knowI think it's time I stopped the showThere's something deep inside of meThere's someone I forgot to beTake back your picture in a frameDon't think that I'll be back againI just hope you understand Sometimes the clothes do not make the manAll we have to do nowIs take these lies and make them true somehowAll we have to seeIs that I don't belong to youAnd you don't belong to me, yea yeaFreedom, Freedom, FreedomYou've gotta give for what you takeFreedom, Freedom,FreedomYou've gotta give for what you take

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che ottieniBeh, quando la vedi sembra la strada per il paradisoMa in realtà è la strada per l’infernoQuando ho saputo da che parte era imburrato il mio paneHo preso anche il coltelloPosando per un’altra fotografiaTutti devono vendersiMa quando muovi il culoSe ne accorgono subitoE alcuni errori sono destinati a durare

Ecco quello che ottieniEcco quello che ottieniEcco quello che ottieniHo detto ecco quello che ottieniEcco quello che ottieni per aver cambiato idea. Ecco quello che ottieni per aver cambiato idea

Ecco quello che ottieniEcco quello che ottieniE dopo tutto questo tempoSpero solo che tu capiscaA volte l’abitoNon fa il monaco

Ora non dobbiamo fare altroChe prendere queste bugie e trasformarle in verità, in qualche modoNon dobbiamo che capireChe io non appartengo a teE che tu non appartieni a meLibertà, Libertà, LibertàDevi dare qualcosa in cambio per quello che ottieni. Libertà, Libertà, LibertàDevi dare qualcosa in cambio per quello che ottieni. Yeah, devi dare qualcosa in cambio per quello, dare per quello che dai

Potrebbe non essere quello che vuoi da meSolo il modo in cui dev’esserePerdi la faccia oraDevo vivere, devo vivere

Well it looks like the road to heavenBut it feels like the road to hellWhen I knew which side my bread was butteredI took the knife as wellPosing for another pictureEverybody's got to sellBut when you shake your assThey notice fastAnd some mistakes were built to last

That's what you get,That's what you get,That's what you get,I say that's what you getThat's what you get for changing your mindThat's what you get for changing your mind

That's what you get,That's what you get,And after all this timeI just hope you understandSometimes the clothesDo not make the man

All we have to do now is take these liesAnd make them true somehowAll we have to see is that i don't belong to youAnd you don't belong to me yea yeaFreedom, Freedom, FreedomYou've got to give for what you takeFreedom, Freedom, FreedomYou've got to give for what you takeYea you've got to give for what you, give for what you give

May not be what you want from meJust the way it's got to beLose the face now I've got to live I've got to live

Ecco un testo che apparentemente non si incontra con il tema proposto.Questo brano è stato interpretato da uno degli artisti vocalmente più dotati ma al contempo più moralmente discutibili della storia del pop britannico, ovvero George Michael.Nato nei primi anni ’80 con gli Whem! e poi cresciuto alla fine dello stesso decennio come solista, rimane celebre nella storia dalla musica per l’interpretazione mozzafiato del brano “Somebody to love”, cantato nel 1992 alla serata di tributo dedicata allo scomparso Freddie

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Mercury: l’unica voce al mondo che poteva cantare quella canzone con quella intensità era proprio quella di George Michael, che negli anni a seguire fu anche l’unico ad essere indicato dai rimanenti Queen come potenziale sostituto di Freddie.Dotato di voce pulita, setata, limpida e chiara, George al contempo non pareva avere tanta nitidezza nella vita privata.Dopo anni di insinuazioni, dichiarò solo negli ani ’90 la sua omosessualità.Questa canzone, in realtà, non invoca una chiarezza sulla sua condizione sessuale, bensì invita il pubblico a guardare l’artista con occhi diversi.Dopo il grande successo ottenuto negli anni ’80, infatti, George faticò a mostrare al pubblico un’immagine di sé differente da quella che si era costruito, molto forte, molto provocante.Voleva in qualche modo ritornare ad essere se stesso, quindi fondamentalmente una persona più semplice, con i suoi sentimenti, meno esplosiva di quella che dava l’impressione di essere.George canta quindi il suo desiderio di libertà, di scardinarsi da vie facili e sicure, dove il successo era garantito, per avviarsi verso la ricerca di se stesso.Libertà che si cerca dopo aver seguito strade sbagliate, dopo aver avuto sesso, denaro, fama, successo, finché il limite con il nulla diventa così chiaro che si decide di fare della propria libertà una corda che ti porta verso l’alto, che ti fa rinascere verso una vita nuova, non un cappio che rischia di strangolarti, col passare del tempo:Penso ci sia qualcosa che dovresti saperePenso sia giunto il momento di chiudere lo showC’è qualcosa di profondo in meC’è qualcuno che avevo dimenticato di essereRiprenditi la foto incorniciataNon pensare che torneròSpero solo che tu capiscaA volte l’abito non fa il monacoOra non dobbiamo fare altroChe prendere queste bugie e trasformarle in verità, in qualche modo

JesusDal Vangelo secondo Marco (10,17-31)17 Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». 18

Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. 19 Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre». 20 Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». 21 Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». 22 Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni. 23 Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!». 24 I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: «Figlioli, com'è difficile entrare nel regno di Dio! 25 É più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». 26 Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: «E chi mai si può salvare?». 27 Ma Gesù, guardandoli, disse:

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«Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio». 28

Pietro allora gli disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». 29 Gesù gli rispose: «In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, 30 che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna. 31 E molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi».

Qualcuno desidera la vita eterna e non si accontenta dei comandamenti! Un tale che riconosce che Gesù come Dio è buono! Un tale che viene attraversato dallo sguardo di Gesù, uno sguardo di amore. Ormai si sono conosciuti, ormai quel tale è rimasto preso nella rete del Maestro, il suo desiderio può trovare il suo compimento. Gesù ama e dona una parola, una proposta radicale: il tuo desiderio è grande, la proposta che ti faccio è totale. Lascia tutto! Ma qualcosa non funziona, si desidera avere la vita eterna, ma la vita eterna non è il premio perché ti sei comportato bene: la logica meritocratica non funziona con Gesù. L’amore di Gesù non si merita, si riceve. La vita eterna allora cos’è? La vita eterna è proprio Gesù, è seguirlo, stare con lui. Questo è ciò che gli manca, questo è ciò che voleva dire con il suo desiderio di vita eterna. Porti dentro il desiderio di vita eterna, e seguire Gesù è la proposta del Maestro. Qualcosa non funziona, c’è ancora molto da camminare, il desiderio di questo tale è bello ma ora viene fuori la verità: il tale è legato a ciò che ha, magari conquistato con fatica, ha qualcosa da difendere. La povertà interiore inizia là dove non ho nulla da difendere! Gesù era stato chiaro all’inizio di questo viaggio verso Gerusalemme: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (8,34). Ma perché tanta paura, si rinuncia o si trova? Dietro i no che ci pesano ci sono dei sì che ci fanno volare. Chi segue Gesù entra in una logica di bene-avere e bene-essere: proprio quando hai donato tutto, anche la vita, allora avrai tutto. Noi possediamo ciò che doniamo e donare la vita per Cristo, donare le energie, il tempo, il corpo, il futuro, tutto, significa entrare a far parte di una nuova famiglia, entrare in uno speciale territorio relazionale: si incontrano madri, padri, fratelli, sorelle, figli, figlie e tutto è tuo, proprio perché non possiedi nulla. I legami di sangue sono superati, il possesso non esiste: esiste solo il dono, esiste solo l’amore che ti porta sempre oltre. Dove c’è un uomo, di qualunque nazionalità è tuo fratello. Forse quel tale un giorno si libererà di ciò che ha, perché dopo lo sguardo d’amore di Gesù non si può rimanere fermi …

... e noi?Come si esprimono i desiderio più profondi della vita? Quali sono i nostri desideri?Ci sono cose e persone a cui siamo troppo attaccati?Lo sguardo dell’amore di Gesù è disarmante: lo abbiamo incrociato?

Tra il dire e il fareUn segno forte, per Gesù: decidiamo di liberarci di quella cosa, di quell’oggetto, al quale abbiamo troppo attaccato il cuore e che ci impedisce di crescere …

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23. Il Dio dei viventi.Da "Sale della terra", scheda 40

Dal Vangelo alla vitaNella controversia di Gesù con i farisei si toccano temi centrali per determinare il senso della vita. Gesù ribadisce il dono della risurrezione aperto a tutti i credenti. Tra le diverse prospettive escatologiche (reincarnazione, memoria dei padri …) la risurrezione è quella migliore.

Sono cose della vitaGioco: dividere il gruppo in due. Ad una far leggere il testo di Laura e all’altra quello di Fabio. Poi, come in un processo, i due gruppi (a prescindere da come la pensano veramente) devono sostenere le due tesi: qual è il senso della vita con Dio e qual è il senso della vita vissuta senza Dio.Dopo il processo, fermarsi a ragionare e vedere in quale dei due gruppi ciascun ragazzo si sarebbe sentito inserito meglio e qual è il senso della vita per ciascuno di loro.

LauraQuando mi hanno chiesto cos’è per me il senso della vita, ho subito pensato a Gesù, lui ha dato la vita per noi, il senso della sua vita è stato sacrificarsi per noi… incredibile!Ripensando alla mia vita di tutti i giorni mi sono resa conto che per me lui è davvero presente in ogni cosa che faccio… la mattina quando mi alzo lo prego affidandogli la mia giornata e poi per tutto il giorno lo sento vicino, gioisce con me dei momenti felici e mi tira su il morale in quelli tristi. Io sento che c’è quando sono a scuola, quando sono con gli amici, nell’amore dei miei genitori e di tutte le persone che mi circondano! Se non ci fosse lui, penso che la mia vita sarebbe un po’ più triste e quindi anche senza senso, grazie a lui sento di essere felice perché mi ha fatto incontrare persone fantastiche e vivere momenti bellissimi. Andare a messa alla domenica per me è un modo per dirgli grazie! Grazie perché non mi abbandona mai!Penso che Dio non sia il senso della vita, ma più che altro un mezzo per dare senso alla vita! Per dirlo in modo simpatico, ma chiaro, anche la pasta senza il sale fa schifo!Il senso della vita per me è sfruttare pienamente le occasioni che Dio ci mette davanti, amare il prossimo come lui ci ha insegnato ed essere felici!

FabioOggi a scuola il profe di religione ha cercato di inculcarci il discorso che la nostra vita senza Dio è inutile… è niente… io è tutto il giorno che ci penso e credo che i miei amici non siano il nulla, la mia famiglia non sia il niente, così come neanche la mia squadra di calcio o i miei compagni di classe. Senza nulla togliere a lui, ma sinceramente io nella mia vita non ce lo vedo, non mi serve Dio per stare con i miei amici, nella mia famiglia, non mi serve durante gli allenamenti e le partite di calcio e non mi serve pensarlo tra i miei compagni di scuola… insomma, non è mica una borsa che ti porti un po’ ovunque!A me sembra che anche senza di lui la mia vita vada avanti lo stesso e anche alla grande! Non mi ritengo un ateo e tantomeno un anticristo, la domenica vado a messa, ma per il resto

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della settimana Dio lo lascio fuori… nel senso che non ci penso, di conseguenza credo che la mia vita possa avere un senso anche senza di lui, non mi è indispensabile! Anzi, penso sia stupido cercarlo solo quando serve, come fanno tanti miei compagni prima delle interrogazioni! Se mi chiedete qual è per me il senso della vita, io dico divertirsi fino in fondo, essere felici, arrivare alla fine senza avere rimorsi perché si è fatto tutto il possibile per vivere pienamente ogni momento!

JesusDal Vangelo secondo Marco (12,1-27)12 1 Gesù si mise a parlare loro in parabole: «Un uomo piantò una vigna, vi pose attorno una siepe, scavò un torchio, costruì una torre, poi la diede in affitto a dei vignaioli e se ne andò lontano. 2 A suo tempo inviò un servo a ritirare da quei vignaioli i frutti della vigna. 3 Ma essi, afferratolo, lo bastonarono e lo rimandarono a mani vuote. 4 Inviò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo coprirono di insulti. 5 Ne inviò ancora un altro, e questo lo uccisero; e di molti altri, che egli ancora mandò, alcuni li bastonarono, altri li uccisero. 6 Aveva ancora uno, il figlio prediletto: lo inviò loro per ultimo, dicendo: Avranno rispetto per mio figlio! 7 Ma quei vignaioli dissero tra di loro: Questi è l'erede; su, uccidiamolo e l'eredità sarà nostra. 8 E afferratolo, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. 9 Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e sterminerà quei vignaioli e darà la vigna ad altri. 10

Non avete forse letto questa Scrittura: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo; 11 dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri»? 12 Allora cercarono di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. E, lasciatolo, se ne andarono.

13 Gli mandarono però alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo nel discorso. 14 E venuti, quelli gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non ti curi di nessuno; infatti non guardi in faccia agli uomini, ma secondo verità insegni la via di Dio. É lecito o no dare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?». 15 Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse: «Perché mi tentate? Portatemi un denaro perché io lo veda». 16 Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Di chi è questa immagine e l'iscrizione?». Gli risposero: «Di Cesare». 17 Gesù disse loro: «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio». E rimasero ammirati di lui. 18 Vennero a lui dei sadducei, i quali dicono che non c'è risurrezione, e lo interrogarono dicendo: 19 «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che se muore il fratello di uno e lascia la moglie senza figli, il fratello ne prenda la moglie per dare discendenti al fratello. 20 C'erano sette fratelli: il primo prese moglie e morì senza lasciare discendenza; 21 allora la prese il secondo, ma morì senza lasciare discendenza; e il terzo egualmente, 22 e nessuno dei sette lasciò discendenza. Infine, dopo tutti, morì anche la donna. 23 Nella risurrezione, quando risorgeranno, a chi di loro apparterrà la donna? Poiché in sette l'hanno avuta come moglie». 24

Rispose loro Gesù: «Non siete voi forse in errore dal momento che non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio? 25 Quando risusciteranno dai morti, infatti, non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. 26 A riguardo poi dei morti che devono risorgere, non avete letto nel libro di Mosè, a proposito del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e di Giacobbe? 27 Non è un Dio dei morti ma dei viventi! Voi siete in grande errore».

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Continua la controversia di Gesù con le persone «autorevoli» del suo tempo. Questa volta Gesù prova a farsi capire con una parabola. La parabola insegna come funziona la storia secondo il piano di Dio. Per Dio proprio ciò che è piccolo e disprezzato può essere più decisivo delle grandi macchinazioni dei poteri imperiali (10,42-44). Dio invia i suoi messaggeri, lascia tracce del suo amore nella storia, interpella così la libertà degli uomini: non è un Dio a forma di «bacchetta magica», che esegue le nostre richieste. È un Dio che si mette in gioco con gli uomini: si mette in gioco fino ad inviare il Figlio. A quanto pare questo Dio non conosce la possibilità che ci siano degli scarti: rovescia le nostre prospettive perché fa cose grandi con ciò che scartiamo.Questa logica, però, non colloca il cristiano al di fuori della storia: la moneta con l’immagine di Cesare è rivelatrice di come i farisei e gli erodiani erano ben inseriti nella logica del mondo, per cui non possono trovare scuse per uscirne, anzi, sono chiamati a confrontarsi e a corrispondere. Nel momento che si mette in tasca una moneta di Cesare, non ci sono scuse: avere quella moneta mi ha già compromesso con Cesare. Essere nel mondo, significa che devo conoscerne la logica, trovare il modo di starci, pur sapendo che appartengo al regno celeste.Poi si pone la questione della risurrezione, proprio qui a Gerusalemme, alcuni giorni prima della morte di Gesù. Conosciamo dalla scrittura che all’interno del giudaismo al tempo di Gesù c’erano diversi partiti e varie posizioni di pensiero teologico e politico. I farisei credevano nella risurrezione, i sadducei no. Gesù nelle dispute si svela sempre preparato e risponde con la Scrittura: conosce molto bene i suoi interlocutori, per cui si mette sul livello delle loro competenze. Gesù dice che saremo come angeli, nel senso che non prenderemo più né moglie né marito: la risposta è molto interessante. In paradiso non smetteremo di avere il nostro corpo sessuato, però non vivremo più di amori esclusivi, come capita nella vita terrena. Non ci sarà qualcuno da amare di più o di meno, qualcuno da preferire ad un altro. Saremo come angeli: cioè completamente immersi nella dimensione dell’amore di Dio.

... e noi?Cosa spinge una persona a rifiutare Dio a priori senza mettersi in gioco?Cosa significa «mettere Dio al primo posto» in ogni dimensione della vita, anche quella sociale, economica e politica?Quale progetto di vita si può costruire mettendo Gesù come «pietra angolare»?Che senso ha la vita vissuta senza Dio al proprio fianco?

Tra il dire e il fareMeriterebbe un approfondimento ragionato sulla visione dell’Aldilà di alcune altre religioni, per mettere in luce le implicanze esistenziali del credere nella risurrezione.Di solito i cimiteri sono considerati come luoghi macabri: nella prospettiva cristiana, invece, la morte non è che una porta che si apre. Proviamo a far visita al cimitero, sia per raccogliere le nostre impressioni, sia per notare come la gente si comporta rispetto alla morte dei propri cari.

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24. Quanta fede ho?Da "Sale della terra", scheda 42

Dal Vangelo alla vitaGiunto ormai a Gerusalemme, Gesù nota nel turbinio della folla una povera vedova che getta nel tesoro del tempo tutto quanto aveva per vivere, due sole monete. I veri valori agli occhi del Signore sono diversi dai parametri umani. Noi a volte siamo troppo legati ai nostri schemi umani e incapaci di cogliere la grandezza di Dio.

Sono cose della vitaTratto da www.pianeta-calcio.it, sito sul calcio dilettantistico veronese. Autunno

2005.LA "VOCAZIONE" DI TISATO Soltanto due settimane or sono Federico Giaretta e Andrea Berti, entrambi del Cologna, lasciavano il calcio per seguire la loro vera vocazione: prendere gli ordini e diventare frati.Anche per Davide Tisato, classe ’84, difensore del Sona Mazza, domenica è stata l’ultima partita e l’addio al mondo del pallone. L’ultimo saluto ai compagni, per fortuna, non è stato causato da un grave infortunio o da problemi familiari o di salute, bensì è stato la logica conseguenza ad un suo nobile progetto di vita: entrare in seminario e seguire il “cammino” per diventare sacerdote. «Questa vocazione – ci rivela – è maturata questa estate in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia. Ho sentito questa chiamata – prosegue radioso – quando c’è stato l’emozionante incontro con il Papa e con il fondatore del cammino di fede del movimento ecumenico di cui faccio parte. Tra alcuni giorni partirò per la volta di Roma, dove entrerò in seminario, e contemporaneamente terminerò la laurea breve in Economia aziendale per poi dedicarmi completamente, dal prossimo anno, al percorso di studi canonico».Quando gli domandiamo quale sia stata l’opinione in merito di parenti e amici, Davide afferma che «la famiglia e lo stesso movimento cattolico mi sono stati molto vicini. Anche tra i miei compagni di squadra ho riscontrato una reazione positiva. Nessuno mi ha detto frasi del tipo “oddio! Cosa stai facendo?”; semplicemente mi hanno incoraggiato a intraprendere la mia strada». Una decisione, quella di Davide, che comporta in ogni modo delle rinunce: «Sono tranquillo e sereno – dichiara serafico – anche se mi rendo conto che è una scelta radicale perché so che dovrò lasciare tutta la famiglia, gli amici e il calcio, cui tenevo particolarmente; però se sono “chiamato” a questo cambiamento lo faccio volentieri. È una serenità che non viene da me ma me la dona Dio. È davvero difficile spiegare con le parole – prosegue emozionato – le sensazioni e le tante immagini che ho nella testa in questo momento». Quando, inoltre, ci parla della festa a sorpresa che gli amici del Sona Mazza gli hanno preparato, con gioia, ricorda: «Sono stati davvero dei fenomeni perché la sera della partita avevo organizzato una festa di “arrivederci” con alcuni amici, mentre i compagni del Sona li avevo salutati al pomeriggio. Verso le dieci e mezza li ho visti arrivare tutti, dal primo all’ultimo, assieme a mogli e fidanzate. Mi hanno regalato una maglia del Sona con il numero tre e la scritta “Tisa”, mi hanno letto una lettera bellissima, profonda, in cui mi comunicavano l’affetto che hanno nei miei confronti e mi ringraziavano per gli anni vissuti insieme. Mi sono quasi commosso! – prosegue sorridendo – è stata una cosa davvero stupenda perché anche

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inaspettata».

JesusDal Vangelo secondo Marco (12,35-44)35 Gesù continuava a parlare, insegnando nel tempio: «Come mai dicono gli scribi che il Messia è figlio di Davide? 36 Davide stesso infatti ha detto, mosso dallo Spirito Santo: Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici come sgabello ai tuoi piedi. 37 Davide stesso lo chiama Signore: come dunque può essere suo figlio?». E la numerosa folla lo ascoltava volentieri. 38 Diceva loro mentre insegnava: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, 39 avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. 40 Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave». 41 E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. 42 Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. 43 Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: «In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44 Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

Se osservi attentamente il testo, scopri che Gesù aveva ancora qualcosa da precisare, soprattutto sulla sua identità di Messia. Nessuno però si azzardava a chiedergli: «Tu chi sei?». Allora è Gesù stesso che suscita questo problema facendo alcune domande e presentandosi ancora una volta come il Maestro che insegna nel tempio.Gesù da quando si aggira nel tempio (11,27) è stato quasi sempre sotto il pressing delle discussioni di chi cercava di coglierlo in errore. Ora invece sembra solo, seduto davanti alla sala del tesoro, cioè davanti alla sua parete esterna che dava nell’atrio delle donne, dove c’erano tre cassette a forma di trombette capovolte, in cui i fedeli depositavano le loro offerte.Gesù osservava. Il testo introduce un «come» che può essere molto significativo. L’attenta descrizione della vedova fa capire che il suo modo di gettare è diverso, non solo perché vi getta di meno, ma perché non lo fa come gli altri. Forse ha vergogna. Non è come i ricchi che possono fare bella mostra di sé, facendosi vedere generosi. Essa ha poco, troppo poco; soltanto due monetine. Eppure è quella che ha dato di più. Probabilmente solo Gesù se ne è accorto, ed eccolo chiamare i suoi discepoli. E’ la quarta volta (8,1.34;10,42) che li chiama per aiutarli a riflettere, per educarli ad una vera sequela anche sul modo di giudicare la gente. Gesù giudica il valore del dono a partire dalla situazione del donatore. A Gesù non interessa il dono in sé, ma chi lo dà; è la persona che dà valore al suo dono. Quella povera vedova quel giorno volle condividere tutto quel che aveva; ha voluto che il suo poco fosse dono per gli altri, per Dio (6,38-43). Si è disfatta di ciò che poteva creare una piccola sicurezza umana, quella del domani. Lo ha fatto per affidarsi totalmente a Dio e per condividere il suo bene con gli altri.

... e noi?In questo brano, quante volte Gesù prende la parola? Prova a vedere a sottolinearle.La vedova dona tutto quello che ha. Nella vita ognuno può dare molto, ma cosa comporterebbe dare tutto? Che logica nasconde questa totalità?Conosciamo persone che vivono la vita come dono senza misure e senza rimpianti?

Tra il dire e il fareSe la risposta a questa domanda è affermativa (non è poi così difficile trovarne … ), invitiamoli

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al gruppo per un confronto sulle loro scelte e sul loro stile di vita.

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25. La strada del “senno di poi”Da "Sale della terra", scheda 43

Dal Vangelo alla vitaL’invito alla vigilanza e alla saggezza si fa pressante da parte di Gesù: i credenti vivono nel mondo il rischio di essere distratti da preoccupazioni e inganni e di perdere di vista l’essenziale. Gesù ci mette in guardia e ci insegna le strategia giuste. Possiamo sfruttare ciò che sappiamo (il passato e il presente) per interpretare al meglio ciò che non conosciamo (il futuro), per scegliere bene e non lasciarsi al "senno di poi".

Sono cose della vitaTestimonianza tratta dal libro "Forza per Vivere"(anno 1991, dello sciatore norvegese Ole Kristian Furuseth)Campione internazionale di sci

Per mia fortuna, i miei genitori erano ambedue credenti in Gesù Cristo e crebbi sentendomi dire che Dio mi amava e che aveva un piano meraviglioso per la mia vita. Però, già negli anni della mia adolescenza, cominciai a capire che la fede dei miei genitori non poteva essere un sostituto per una fede mia propria. Potevo frequentare la loro Chiesa e fare uno sforzo coscienzioso per vivere da credente, ma mi resi conto che ciò non bastava per rendermi un cristiano.Arrivai a comprendere che "credere" in Gesù Cristo doveva essere una scelta personale. Decisi allora di credere in lui e affidargli tutta la mia vita. Fu una decisione non solo emotiva, ma anche intellettuale e coscienziosa. Per me, è di massima importanza sapere con certezza che Gesù Cristo ha perdonato tutti i mie peccati morendo sulla Croce. Man mano che la mia fede nel Signore diventava più salda, Egli mi dava maggiore sicurezza per il futuro, cosa molto importante per me, per via della mia carriera di sportivo.Negli ultimi cinque anni, ho partecipato alle gare dei Campionati Mondiali di sci, conquistando il 2° posto nella graduatoria globale per la stagione '89 - '90. Ovviamente, sono contento per questi successi, ma lo sci non è la cosa più importante nella mia vita: lo è invece il rapporto con Dio.Ora, capiti quel che capiti intorno a me (anche nelle situazioni più difficili), non mi perdo d'animo e non mi pento delle mie scelte di fede. Provo una grande tranquillità e sicurezza sapendo che Gesù mi è sempre accanto e non dovrò mai camminare (e sciare) da solo.

Dopo la pubblicazione di questo libro, Ole ha partecipato ad altre Olimpiadi Invernali (4 in tutto) vincendo la medaglia d'argento nello slalom speciale a Nagano nel 1998. Ha preso parte anche a sei Campionati Mondiali, ottenendo come miglior risultato il 3° posto nello slalom speciale a Saalbach nel 1991. Ritiratosi dalle competizioni, Ole Kristian Furuseth lavora oggi nel settore immobiliare e turistico.

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JesusDal Vangelo secondo Marco (13,1-36)13 1 Mentre usciva dal tempio, un discepolo gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!». 2 Gesù gli rispose: «Vedi queste grandi costruzioni? Non rimarrà qui pietra su pietra, che non sia distrutta». 3 Mentre era seduto sul monte degli Ulivi, di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte: 4 «Dicci, quando accadrà questo, e quale sarà il segno che tutte queste cose staranno per compiersi?». 5 Gesù si mise a dire loro: «Guardate che nessuno v'inganni! 6 Molti verranno in mio nome, dicendo: "Sono io", e inganneranno molti. 7 E quando sentirete parlare di guerre, non allarmatevi; bisogna infatti che ciò avvenga, ma non sarà ancora la fine. 8 Si leverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti sulla terra e vi saranno carestie. Questo sarà il principio dei dolori. 9 Ma voi badate a voi stessi! Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe, comparirete davanti a governatori e re a causa mia, per render testimonianza davanti a loro. 10 Ma prima è necessario che il vangelo sia proclamato a tutte le genti. 11 E quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi di ciò che dovrete dire, ma dite ciò che in quell'ora vi sarà dato: poiché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo. 12 Il fratello consegnerà a morte il fratello, il padre il figlio e i figli insorgeranno contro i genitori e li metteranno a morte. 13 Voi sarete odiati da tutti a causa del mio nome, ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato. 14 Quando vedrete l'abominio della desolazione stare là dove non conviene, chi legge capisca, allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano ai monti; 15 chi si trova sulla terrazza non scenda per entrare a prender qualcosa nella sua casa; 16 chi è nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. 17 Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni! 18 Pregate che ciò non accada d'inverno; 19 perché quei giorni saranno una tribolazione, quale non è mai stata dall'inizio della creazione, fatta da Dio, fino al presente, né mai vi sarà. 20 Se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessun uomo si salverebbe. Ma a motivo degli eletti che si è scelto ha abbreviato quei giorni. 21 Allora, dunque, se qualcuno vi dirà: "Ecco, il Cristo è qui, ecco è là", non ci credete; 22 perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e portenti per ingannare, se fosse possibile, anche gli eletti. 23 Voi però state attenti! Io vi ho predetto tutto. 24 In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà e la luna non darà più il suo splendore 25 e gli astri si metteranno a cadere dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. 26 Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27 Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo. 28 Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina; 29 così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte. 30 In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute. 31 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. 32 Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre. 33 State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso. 34 É come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare. 35 Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, 36 perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati. 37 Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!».

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Uscito dal tempio, Gesù va a porsi di fronte la spianata, sul monte degli Ulivi. Dall’osservazione fatta da un discepolo sulle pietre delle costruzioni del luogo, Gesù trova spunto per fare una confidenza ai primi quattro discepoli. Anche il mondo, che sembra eterno, è destinato a finire, tra tristi segni di desolazioni che però non dovranno turbare il cuore dei veri seguaci di Cristo. Anche i grandi sistemi, prima o poi cadono mentre le piccole cose rimangono (6,14-29; 10,42-45; 12,10-11). Lo scopo del discorso sulla fine del mondo non è tanto quello di rivelare ai cristiani dei segni che mostrino il «quando» e il «come» della venuta di Gesù. Conta soprattutto confidare in questo suo ritorno e attendersi da lui il dono della salvezza. Questo invito si traduce: nel non lasciarsi ingannare dai falsi maestri, che possono fingere di essere dei nuovi messia; nel fidarsi di Dio anche di fronte agli eventi più tragici dell’umanità, come le guerre; nel perseverare nella prova, perché la persecuzione è inevitabile ma non trionferà. Sono una serie di inviti che non riguardano solo i discepoli di allora, ma anche noi oggi, bisognosi di avere un po’ di luce nelle vicende positive e negative della vita. Il tempio di Gerusalemme è stato distrutto nel 70 d.C., a quattro anni dalla conclusione dei lavori iniziati da Erode il Grande. Fu l’imperatore Tito che distrusse e saccheggiò il tempio dei suoi tesori, come testimonia il suo ingresso trionfale a Roma.

... e noi?Proviamo a sottolineare nel brano del Vangelo le espressioni che richiamano la vigilanza.Come ci poniamo di fronte all’annuncio di Gesù circa la fine del mondo? Cosa avverrà alla fine della storia? Siamo vigili della nostra giornata? Teniamo conto del giudizio finale?.Siamo gente di speranza, che guarda al futuro con ottimismo, serenità e fiducia? Oppure ci sono solo segni di sconforto e di pessimismo?Cosa significa stare attento dai falsi messia?

Tra il dire e il fareUn piccolo segno di vigilanza: teniamoci in vista sulla scrivania un testo della Parola di Dio. Potrebbe essere un foglietto scritto, una bibbia aperta, o un SMS inviato dall’animatore …

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26. Non tutto ciò che è perso è perso.Da "Sale della terra", scheda 44

Dal Vangelo alla vitaIn una casa di Betania una donna compie un gesto di benemerenza verso Gesù: rompe un vasetto e lo cosparge di olio profumato. Per alcuni dei presenti è uno spreco, dato il valore economico dell’unguento. Non così per Gesù, che accoglie di buon occhio la generosità gratuita della donna. L’amore è così, gratuito: uno spreco che vale la pena fare. Chi tiene qualcosa per sé nell'amore ( a tutti i livelli) forse non ama davvero.

Sono cose della vitaSorelle clarisse di KamonyiUna testimonianza di fede dal RwandaLa fondazione del monastero di Santa Chiara a Kamonyi, in Rwanda, è avvenuta nel 1981 con alcune sorelle povere che il protomonastero di Assisi ha inviato su invito di mons. André Perraudin, vescovo della diocesi di Kabgayi, il quale desiderava una presenza orante per completare e sostenere l'attività missionaria in questa Chiesa. «All'inizio – raccontano le sorelle – l'inserimento nel contesto rwandese non è stato facile. Spesso hanno tentato di scoraggiarci. Esponenti del clero e degli ordini religiosi ci dicevano che non avremmo avuto vocazioni, la nostra vita sembrava loro troppo austera e credevano che le giovani rwandesi non avrebbero potuto resistere alla vita claustrale. Inoltre la gente ci confondeva con altre istituzioni di vita apostolica e ci scambiavano per un centro alimentare e un dispensario sanitario. Non capivano nulla della nostra vita e si stupivano di questo vivere rinchiuse, sempre nello stesso luogo. Solo la fede ci diceva di saper attendere l'ora di Dio».Infatti, dono del Signore e sorpresa per tutti, fu che le giovani rwandesi si sentirono subito attratte dal carisma clariano. La vita nascosta e di preghiera, vissuta nella semplicità e povertà, rispondeva all'aspirazione più profonda del loro cuore e alla loro indole naturalmente contemplativa.Nell'educazione tradizionale, la giovane era preziosamente custodita in casa, quasi nascosta, i lavori che la obbligavano a uscire (andare alla fonte, scopare il cortile ecc.) li faceva all'alba o al tramonto. Il resto del giorno lo trascorreva in casa o dietro la casa in un piccolo recinto riservato per lei e dove avevano accesso solo la mamma, le zie e le amiche. Per la gente, le clarisse rivivono così l'ideale della giovane rwandese di un tempo. «Il Signore ha continuato a benedirci. Dal 1985, data dell'inaugurazione del monastero, le giovani sono venute sempre numerose. Oggi la nostra opera è stimata e la gente ci affida con fiducia e rispetto le intenzioni più delicate, perché crede nella preghiera e al frutto di una vita completamente donata. Soprattutto dopo gli orrori della guerra, le loro profonde ferite trovano sollievo e guarigione a contatto con la nostra preghiera e l'ascolto misericordioso. Il volto del monastero diventa sempre più rwandese e irradia con gioia il suo carisma di preghiera e povertà in un clima di semplicità e spontaneità. La sua presenza sulla collina di Kamonyi vuol essere un atto di amore gratuito e totale per rispondere alla chiamata e all'amore gratuito di Dio stesso, e costituisce anche un atto di fede alla potenza di Dio e alla sua saggezza che ha scelto la

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croce per salvare il mondo. La croce ci ha accompagnate: essa è la colonna che sostiene tutto l'edificio».

JesusDal Vangelo secondo Marco (14,1-9)14 1 Mancavano intanto due giorni alla Pasqua e agli Azzimi e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di impadronirsi di lui con inganno, per ucciderlo. 2 Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non succeda un tumulto di popolo». 3 Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento sul suo capo. 4 Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: «Perché tutto questo spreco di olio profumato? 5 Si poteva benissimo vendere quest'olio a più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei. 6 Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un'opera buona; 7 i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre. 8 Essa ha fatto ciò ch'era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura. 9 In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto».

Non c’era modo migliore per l’evangelista Marco, che aprire il racconto della Passione di Gesù con l’unzione di Betania, dove questa donna sconosciuta diventa discepola proprio sprecando tutto il suo profumo per il Signore, così tutto il racconto si concluderà con le donne che vanno ad ungere il corpo di Gesù (16,1-8). Questa donna anticipa, allora, il momento della sepoltura di Gesù: in questo gesto simbolico l’accento cade sulla sua piena disponibilità ad offrire tutto come Egli farà sulla croce. Inizia la passione di Gesù ed inizia anche la passione del discepolo che sente forte l’invito a «spezzare» la propria vita come Cristo senza calcoli e riserve. Nel gesto della donna scopriamo la logica dello spreco di Dio come fa il «cieco seminatore» che semina con fiducia anche nei cuori più difficili, sicuro che il suo seme farà germogliare la vita nuova. Infatti tutto il profumo prezioso viene versato, e viene spezzato anche il vaso: il gesto dice che ormai non si torna più indietro, una volta donato, l’amore è donato. Ogni giorno siamo abituati a calcolare qualsiasi spreco e sentiamo la fatica di entrare nella gratuità di Dio che ci ama di un amore sproporzionato. Il nostro tempo, la nostra salute, lo studio, il lavoro, sono splendide occasioni per donarci gratuitamente agli altri con i gesti più semplici di ogni giorno. Ogni gesto che non domanda di essere riconosciuto è un gesto gratuito. Quanto è difficile oggi regalare qualcosa di noi agli altri! A volte anche il bene che facciamo ci serve per dirci che siamo bravi, che siamo a posto, che abbiamo stima di noi, che siamo capaci di far qualcosa, che gli altri riconoscano quanto valiamo. La gioia del servire invece è fare come la donna di Betania che di fronte a Gesù mette via la calcolatrice e butta via un sacco di profumo e spezza pure il vasetto senza dispiacersi; è il profumo della vita, è il gusto, apparentemente inutile, della preghiera, è il sorriso nella prova che anticipano in ogni gesto d’amore il dono totale di noi stessi incamminandoci sulla via della croce e facendoci diventare sempre più discepoli del Signore. Il morire di Gesù sulla croce è la fine del calcolo e compie tutta la sua vita nella sicurezza che tutto ciò che perdiamo resterà per sempre. Ti ricordo che noi possediamo ciò che doniamo…

... e noi?Quali barriere e paure ha dovuto superare la donna di Betania per entrare in casa e sprecare quel profumo e quel vasetto così preziosi? Oggi che profumo potremmo spandere nella vita? Proviamo a fare un discernimento sui nostri gesti di attenzione,che pensiamo di fare per «amore»: sono davvero gratuiti?

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Quando Dio chiede di sprecare tutto, quali sono le nostre reazioni?

Tra il dire e il fareUno spreco di tempo … se è amore non è mai sprecato. Guardiamoci attorno per vedere se ci sono servizi che non fa nessuno e che potremmo assumere come impegno…E poi, decido mai di sprecare con costanza il mio tempo per pregare?

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27. Tradimento:grave errore o grande opportunità?Da "Sale della terra", scheda 45 e 48

Dal Vangelo alla vitaGesù esprime il dono più alto di se stesso (siamo nel contesto del’ultima cena, quindi dell’istituzione dell’eucaristia e della passione) proprio nel momento in cui viene tradito: l’estremo in alto del dono di sé in rapporto all’estremo in basso del tradimento subito. Tradimento e tradimenti (fatti e subiti) fanno parte della vita come le pagine più difficili. Come ne escono Gesù, Giuda e Pietro? E noi come possiamo uscirne?

Sono cose della vitaGioco: IL DILEMMA DEL PRIGIONIEROIl dilemma del prigioniero è un gioco a informazione completa proposto negli anni Cinquanta da Albert Tucker come problema di teoria dei giochi.

Prendere due ragazzi-amici come protagonisti del gioco, che vengono accusati come criminali, con prove indiziarie di aver compiuto una rapina. Gli investigatori li arrestano entrambi per il reato di favoreggiamento e li chiudono in due stanze diverse impedendo loro di comunicare. A ognuno di loro vengono date due scelte: confessare l’accaduto, oppure non confessare. Una volta separati, viene inoltre spiegato loro che:a) se solo uno dei due confessa, chi ha confessato evita la pena; l’altro viene però condannato a 7 anni di carcere. b) se entrambi confessano, vengono entrambi condannati a 6 anni. c) se nessuno dei due confessa, entrambi vengono condannati a 1 anno.I due prigionieri coopereranno per ridurre al minimo la condanna di entrambi o uno dei due tradirà l’altro per minimizzare la propria?Se avverrà il tradimento, come ne uscirà l’amico?

Jesus/1Dal Vangelo secondo Marco (14,10-31)10 Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare loro Gesù. 11 Quelli all'udirlo si rallegrarono e promisero di dargli denaro. Ed egli cercava l'occasione opportuna per consegnarlo. 12 Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13 Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo 14 e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua

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con i miei discepoli? 15 Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta; là preparate per noi». 16 I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua. 17 Venuta la sera, egli giunse con i Dodici. 18 Ora, mentre erano a mensa e mangiavano, Gesù disse: «In verità vi dico, uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». 19 Allora cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo l'altro: «Sono forse io?». 20 Ed egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che intinge con me nel piatto. 21 Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui, ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo è tradito! Bene per quell'uomo se non fosse mai nato!». 22 Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23 Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24 E disse: «Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti. 25 In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio».26 E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. 27 Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, poiché sta scritto: Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse. 28 Ma, dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea». 29 Allora Pietro gli disse: «Anche se tutti saranno scandalizzati, io non lo sarò». 30 Gesù gli disse: «In verità ti dico: proprio tu oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte». 31 Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano anche tutti gli altri.

Nel testo greco in cui sono stati scritti i Vangeli i verbi «tradire» e «consegnare» sono tradotti con lo stesso termine (paradìdomi). Questa coincidenza non è casuale: la stessa cosa si può vedere in due modi diversi. Alla «consegna» che Giuda vuole compiere a vantaggio dei sommi sacerdoti (paradìdomi secondo Giuda), si contrappone la volontà di «consegna» di Gesù che vuole offrire la propria vita per amore (paradìdomi secondo Gesù). Ci sono dunque due modi diversi di intendere il tradimento: se per Giuda tradire significò cadere nel grave errore che lo portò alla disperazione e al gesto definitivo di togliersi la vita, per Gesù il tradimento e l’infedeltà diventano occasione di salvezza nel dono totale della vita. Dio non vede il tradimento come la cosa più vergognosa che l’uomo potrebbe fare, ma proprio a partire dalla nostra debolezza e dalle nostre infedeltà ci ama di un amore infinito. La sua potenza si manifesta proprio nella nostra debolezza perché la nostra fedeltà è possibile solo se la fondiamo sulla Sua. Queste parole ci riempiono di speranza perché nel progetto di salvezza di Dio, anche il peccato e il male che ci allontanano da Lui, diventano occasione per Lui di amarci ancora più intensamente e per noi sono il momento più intenso di grazia dove sentiamo un forte desiderio di ritornare suoi amici. Giuda, Pietro, gli apostoli, tutti noi che ci sediamo a tavola con Gesù possiamo incorrere nel pericolo di svendere il nostro Signore chiudendoci al dono della sua Grazia, rifiutando lo scandalo della croce, nel nome di un Dio che ci rende la vita facile risparmiandoci le fatiche del credere. Riconoscendoci poveri e totalmente inadeguati ad offrire la vita nel dono di noi stessi, seguiamo il nostro Signore sulla via della croce: la prossima tappa sarà il monte degli Ulivi (v. 26) collegato dal luogo dell’ultima cena da una strada romana. Lungo la via, domandiamogli l’umiltà di amarci per quello che siamo proprio a partire dai «tradimenti» di oggi.

Jesus/2Dal Vangelo secondo Marco (14,54-72)54 Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del sommo sacerdote; e se ne stava

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seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. 55 Intanto i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. 56 Molti infatti attestavano il falso contro di lui e così le loro testimonianze non erano concordi. 57 Ma alcuni si alzarono per testimoniare il falso contro di lui, dicendo: 58 «Noi lo abbiamo udito mentre diceva: Io distruggerò questo tempio fatto da mani d'uomo e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da mani d'uomo». 59 Ma nemmeno su questo punto la loro testimonianza era concorde. 60 Allora il sommo sacerdote, levatosi in mezzo all'assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». 61 Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?». 62 Gesù rispose: «Io lo sono! E vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo». 63 Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? 64 Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. 65 Allora alcuni cominciarono a sputargli addosso, a coprirgli il volto, a schiaffeggiarlo e a dirgli: «Indovina». I servi intanto lo percuotevano. 66 Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una serva del sommo sacerdote 67 e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo fissò e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». 68 Ma egli negò: «Non so e non capisco quello che vuoi dire». Uscì quindi fuori del cortile e il gallo cantò. 69 E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è di quelli». 70 Ma egli negò di nuovo. Dopo un poco i presenti dissero di nuovo a Pietro: «Tu sei certo di quelli, perché sei Galileo». 71 Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell'uomo che voi dite». 72 Per la seconda volta un gallo cantò. Allora Pietro si ricordò di quella parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai per tre volte». E scoppiò in pianto.

Pietro granitico quanto il suo nome, in prima linea nelle interrogazioni, così legato al suo Maestro, si scopre debole e incapace. Un Maestro così prostrato e consegnato non rappresenta altro che fallimento, fine, perdita. Cosa fare? È legato a Lui, gli ha promesso di non lasciarlo per nessun motivo: quanto era sincero Pietro durante l’ultima cena con le sue parole di totale fedeltà al maestro (14,29). Ma «essere sinceri» non comporta necessariamente «l’essere veri»: è necessaria una prova per comprendere la verità di noi stessi. Ora Pietro scopre la verità di sé: pure lui un codardo di fronte ad un Maestro fallito e condannato a morte. Come può il Maestro affermare davanti ad un processo «vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo» e poi essere condannato a morte? Che razza di Messia è?Ma dietro il fallimento progressivo di Gesù si nasconde un disegno di amore quasi impercettibile, dove c’è posto anche per il tradimento di Pietro. È sufficiente il canto del gallo per percepire questo disegno e scoppiare in pianto. Dalla pietra fu scaturita l’acqua, da Pietro scendono lacrime calde. Le umiliazioni non servono altro che insegnarci l’umiltà. Ora il discepolo inizia a comprendere qualcosa di Gesù, perché ha cominciato a comprendere qualcosa di sé e del suo dolore interiore. Pietro tradisce e si conosce.

... e noi?Cosa significa amare i nemici?A volte capita di scoprire che anch’io Lo posso tradire … Operazione «altra possibilità»: salveresti Giuda?Come si comporta Gesù davanti al processo giudaico?Che significato dare ai nostri pianti?

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Tra il dire e il fareRicordiamoci sempre nella nostra preghiera di chiedere perdono per le nostre infedeltà e per i tradimenti …

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28. La gratuità del dono di Gesù.Da "Sale della terra", scheda 46

Dal Vangelo alla vitaNel racconto della passione di Gesù si legge la sua profonda umanità, la sofferenza, la fatica, la delusione. Vien da chiedersi se Gesù sia uomo o Dio? Se è solo uomo non salva nessuno, e vive una sofferenza inutile: il vangelo sarebbe già stato ricco di idee e valori importanti. Se è solo Dio la sua passione è troppo facile, e non ci sentiremmo compresi nelle nostre fatiche. Ma se è Dio e uomo la sua morte assimila a sé tutte le morti e le accompagna verso la vita nuova, la salvezza.

Sono cose della vitaProponiamo l'ascolto di un brano musicale e il dialogo sul testo.

PERCHÈ TI AMOGen Rosso, StreetlightTra milioni di modi per dirmi: “Ti amo”Dio, hai scelto per me quello a te più lontano.Mi hai visto lottare, sperare, soffrire,hai deciso di vivere qui... e morire.

Più lontano per te, ma a me più vicino,uno in tutto con me e col mio destino.Non guardi il tuo cielo, il calore del sole,mi cerchi nel buio e mi chiami per nome.

Mi hai visto nel pianto, hai pianto con me,nei guai fino al collo, tu nei guai come me.Nell’assurdo il tuo grido: “Perché?”Primavera che muore con te. (2v)

In un vicolo cieco, tu cieco sei lì,crolla il cielo di schianto, nello schianto sei lì;la testa che scoppia, il passato che pesa,una vita mal spesa, ti trovo anche lì.

È l’amore che unisce amori lontani:tra due mondi tu muori per dire che mi ami.Da quel seme nel buio la risposta è partita:un milione di modi per dare la vita.

Mi hai visto nel pianto... Primavera che muore con te. Mi hai visto nel pianto...

Primavera che nasce con te, con te.Primavera che nasce.

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Mi hai visto nel pianto... Primavera che nasce con te.

JesusDal Vangelo secondo Marco (14,32-42)32 Giunsero intanto a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». 33 Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. 34 Gesù disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». 35 Poi, andato un po' innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell'ora. 36 E diceva: «Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu». 37 Tornato indietro, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un'ora sola? 38

Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole». 39

Allontanatosi di nuovo, pregava dicendo le medesime parole. 40 Ritornato li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano appesantiti, e non sapevano che cosa rispondergli. 41 Venne la terza volta e disse loro: «Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. 42 Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

In questo orto chiamato Getzemani, puoi contemplare un Gesù molto più uomo e molto meno eroe di quanto spesso si pensi. Questo luogo, questo orto, come tutto il monte degli ulivi, è un luogo caro a Gesù: qui vi si recava spesso, forse non solo perché si trovava sulla strada verso Betania, ma anche perché c’era il giardino con delle grotte, luoghi ideali per riunire i discepoli in privato e stare con loro. Ora Gesù è provato: avverte due voci dentro di sè e non teme di esternarle entrambe. Gesù non teme i suoi sentimenti: paura, angoscia, tristezza. Non si mette di fronte al Padre presentandosi in uno stato di quiete e di distacco rispetto a quello che sta per accadere: nessun eroismo! Gesù non finge: la sua preghiera è sincera. Ma qual è la strada giusta? Cosa desidero veramente? Cosa voglio dentro di me? Questa è la domanda forte, importante di fronte ad ogni discernimento. Gesù desidera in profondità quello che suo Padre vuole (1,11 e 9,7): amare! Amare a tutti i costi! Amare per non essere la fotocopia sbiadita di nessuno, ma per essere pienamente se stessi. Questo desiderio di vita piena, questo progetto di amore del Padre, questo disegno tracciato sulla traiettoria dell’umanità perché si salvi, questo è il suo desiderio profondo e vero. Allora gli altri possono dormire, lui veglia, medita, con il corpo a terra, genuflesso e prostrato. Allora si possono «sentire» voci contrastanti, ma «acconsentire» alla voce del Padre, perché è la sua stessa voce. «Il figlio dell’uomo viene consegnato (paradìdomi) nelle mani dei peccatori»: i peccatori cercano in Gesù un malfattore, ma lui per amore di una umanità violenta e accecata, si fa complice della loro iniziativa. Un amore divino può tutto questo!

... e noi?Come è possibile fare la volontà di Dio ed essere se stessi?Nelle mie sofferenze come mi sono accorto che Lui era lì?Guardando a Gesù uomo, riesco a dare un senso alle mie sofferenze?

Tra il dire e il fare

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Personalmente rileggiamo per intero i capitoli della passione di Gesù, senza fretta, soffermandosi su quei punti che maggiormente attirano la nostra attenzione.Come gruppo potremmo mettere in calendario la visione del film “The passion” di Mel Gibson.

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29. Il silenzio del Padre. Da "Sale della terra", scheda 50

Dal Vangelo alla vitaMentre Gesù muore in croce, risuona l’eco del suo grido: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. L'apparente indifferenza di Dio e il suo silenzio ci lasciano spiazzati: perché Dio consente le brutture dell'umanità e della creazione? Siamo davvero nel migliore dei mondi possibili, oppure Dio si poteva inventare qualcosa di meglio?

Sono cose della vitaDoppia proposta:1. Ascolto di un brano musicale e dialogo sul testo.

WHERE IS THE LOVE?Black eyed peasElephunk (2003) Cosa non va nel mondo, mama Le persone si comportano come se non avessero una madre Credo che non possiamo più fare a meno di eventi drammatici siamo solo attratti da quello che ci può provocare un trauma negli altri paesi si che cerchiamo di fermare il terrorismo mentre nel nostro, gli Stati Uniti, i terroristi ci vivono ancora la grande CIA, i teppisti, le sette occulte e il Klu Klux Klan

Ma se ami solo la tua razza allora lasci spazio solo alla discriminazione e la discriminazione crea solo odio e quando si odia si finisce con l'arrabbiarsi e la follia ne è la conseguenza ed è proprio così che funziona la cosa man, c'è bisogno d'amore solo per iniziare a sistemare tutto, dobbiamo essere padroni della nostra mente, meditare e lasciare tutti che le nostre anime gravitino attorno all'amore

WHERE IS THE LOVE?Black eyed peasElephunk (2003)

What's wrong with the world, mama People livin' like they ain't got no mamas I think the whole world addicted to the drama Only attracted to things that'll bring you trauma

Overseas, yeah, we try to stop terrorism But we still got terrorists here livin' In the USA, the big CIA The Bloods and The Crips and the KKK

But if you only have love for your own race Then you only leave space to discriminate And to discriminate only generates hate And when you hate then you're bound to get irate, yeah Badness is what you demonstrate And that's exactly how a n**** works and operates N**, you gotta have love just to set it straight Take control of your mind and meditate

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(Rit) Gente che uccide gente che muore i bambini che soffrono, li sentiamo piangere

vogliamo mettere in pratica le teorie che predichiamo o preferiamo porgere l'altra guancia? Padre padre padre aiutaci mandaci un segnale dall'alto che ci serva da guida ‘le persone mi fanno, mi fanno riflettere e pensare’ dov'è l'amore...

Non è più la stessa cosa con tutti i cambiamenti, i nuovi giorni sono strani se tutto funzionasse nello stesso modo se l'amore e la pace sono così forti perché i pezzi dell'amore non s'incastrano? i paesi buttano le bombe i gas tossici riempiono i polmoni dei bambini e le sofferenze continuano mentre i giovani sono giovani e allora, poniamoci la domanda, l'amore è davvero scomparso? e allora posso chiedermi veramente che cosa è andato storto in questo nostro mondo continuiamo ad arrenderci e a prendere le decisioni sbagliate guardando solo il nostro profitto personale senza rispettarci negando il proprio fratello C'è una guerra ma i motivi sono nascosti la verità è tenuta nascosta e messa nel dimenticatoio se non si conosce mai la verità non si conoscerà mai l'amore dov'è l'amore, tutti... dai, io non lo so dov'è la verità, tutti... dai, io non lo so dov'è l'amore (rit.)

Sento il peso del mondo sulle spalle mentre invecchio tutta la gente diventa più fredda, la maggior parte pensa solo a fare soldi, l'egoismo ci sta portando a seguire la direzione sbagliata i media ci comunicano le notizie sbagliate dare un'immagine negativa è la prerogativa contaminando le giovani menti più velocemente dei batteri i ragazzi vogliono imitare quello che vedono nei film

Let your soul gravitate to the love, y'all, y'all (rit.)People killin', people dyin' Children hurt and you hear them cryin' Can you practice what you preach And would you turn the other cheek

Father, Father, Father help us Send us some guidance from above 'Cause people got me, got me questionin' Where is the love (Love)

It just ain't the same, always unchanged New days are strange, is the world insane If love and peace is so strong Why are there pieces of love that don't belong Nations droppin' bombs Chemical gasses fillin' lungs of little ones With the ongoin' sufferin' as the youth die young So ask yourself is the lovin' really gone So I could ask myself really what is goin' wrong In this world that we livin' in people keep on givin' in Makin' wrong decisions, only visions of them dividends Not respectin' each other, deny thy brother A war is goin' on but the reason's undercover The truth is kept secret, it's swept under the rug If you never know truth then you never know love Where's the love, y'all, come on (I don't know) Where's the truth, y'all, come on (I don't know) Where's the love, y'all

(rit.)

I feel the weight of the world on my shoulder As I'm gettin' older, y'all, people gets colder Most of us only care about money makin' Selfishness got us followin' our own direction Wrong information always shown by the media

Negative images is the main criteria Infecting the young minds faster than bacteria Kids act like what they see in the cinema Yo', whatever happened to the values of

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dove sono finiti i valori umani dove sono finiti la correttezza, l'uguaglianza invece di spargere amore spargiamo animosità da questa nostra posizione portandoci lontano dall'unità

ed è per questo che a volte mi sento sopraffatto ed è per questo che a volte mi sento giù Non mi meraviglio se a volte mi sento sopraffatto, devo tener vivo il ritmo finché l'amore non si trovi

humanity Whatever happened to the fairness in equality Instead in spreading love we spreading animosity Lack of understanding, leading lives away from unity

That's the reason why sometimes I'm feelin' under That's the reason why sometimes I'm feelin' down There's no wonder why sometimes I'm feelin' under Gotta keep my faith alive to lovers bound

Corre l’anno 2003. Il mondo intero ancora cerca di soffocare le immagini delle torri gemelle che crollano su loro stesse. Sono passati solo due anni dall’11 settembre, eppure qualcosa ha iniziato a muoversi: più consapevolezza, e contemporaneamente più impotenza innanzi al male. Gli intaccabili vengono attaccati dal cielo e con il loro crollo iniziano a venire meno anche le convinzioni dell’occidente di invincibilità.Il mondo comincia a riflettere. Nuove introspezioni conducono a mutamenti nel pensiero comune, e questo si riflette anche nel mondo musicale mondiale.Parlare di problemi sociali, di conflitti di razza attraverso la musica diventerà un nuovo modo per comunicare dolore, insofferenza e per richiamare l’attenzione mondiale a problemi altimetri nascosti.I Black Eyed Peas regalano un successo discografico nel 2003 intitolato Where is the love, dal testo critico e consapevole che il terrore è un male incontrollabile e invisibile, per cui difficilmente catturabile. Il ritornello, seppur scandito da ritmi positivi, chiede a tutti “dov’è l’amore”, in un mondo che nasconde le verità e che protegge i criminali….

2. Visione di un film: “Dead man walking”. Questo film, del ’95, propone il problema della liceità della pena capitale; il duplice strazio dei parenti delle vittime, l'impegno tenace, ma anche la crisi di suor Helen; la personalità spavalda, ma anche fragile, fino al pentimento ed alle lacrime del condannato prima della morte. La pietà di suor Helen fa da valido e disperato contrappeso alla inevitabile impietosità dei particolari operativi. Tratto dal libro di Helen Prejean, e da una personale esperienza di tale religiosa, il film è una "vigilia di morte" che l'omicida e la sua assistente spirituale vivono insieme, tra mille ostacoli (l'approccio insolito; le reazioni altrui per altri orrendamente morti; l'impatto del massacro e del successivo adempimento di giustizia e le regole dettate da leggi e procedure). E' altrettanto doveroso rilevare la prestazione e l'affiatamento dei due interpreti: Susan Sarandon impegnata in un ruolo arduo, con sensibilità e smarrimenti, ma altresì con coraggio e bagliori di speranza; Sean Penn, dapprima terrorizzato, poi passato attraverso il pentimento a quella Verità evangelica che lo farà libero. La lunga scena dell'esecuzione è, tuttavia, nella sua scansione realistica, assai gelida.

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JesusDal Vangelo secondo Marco (15,24-47)24 Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere. 25 Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. 26 E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei Giudei. 27 Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra. 28 . 29 I passanti lo insultavano e, scuotendo il capo, esclamavano: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni, 30 salva te stesso scendendo dalla croce!». 31 Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano: «Ha salvato altri, non può salvare se stesso! 32 Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano. 33 Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. 34 Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? 35 Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: «Ecco, chiama Elia!». 36 Uno corse a inzuppare di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce». 37 Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. 38 Il velo del tempio si squarciò in due, dall'alto in basso. 39 Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: «Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!». 40 C'erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, 41 che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme. 42 Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, 43 Giuseppe d'Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. 44 Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo. 45 Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. 46 Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro. 47 Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto

La morte di Gesù descritta da Marco è la più drammatica: la solitudine di Gesù ti coglie un po’ a sorpresa perché l’unica sicurezza che scompare è proprio il Padre. Le parole di Gesù in croce per Marco sono solo due: un grido di abbandono e un grido finale senza parole. Non c’è altro. Questa drammaticità e solitudine ci aiuta ad immaginare un po’ la sofferenza di Gesù e di Dio. Sentirsi abbandonati è l’esperienza peggiore, soffrire da soli e abbandonati è orribile.Marco scandisce la crocifissione e la morte con degli orari precisi: viene crocifisso alle nove del mattino, e quella croce diventa subito un «trono». Ora è possibile proclamarlo re. La crocifissione è stata fatta presso un luogo di passaggio, prima fuori dalla città, il luogo degli esclusi ma anche deterrente per i passanti. I passanti e i sacerdoti lo insultano: «salva te stesso», ma la sua logica era diversa in 8,35. Anche i ladroni che condividono la stessa pena, lo insultano: la solitudine è grande!Poi verso le dodici si fa buio per tre ore: non viene detto nulla. Solo buio, tenebre di silenzio. Anche il creato partecipa alla morte di Gesù, tornando per un certo tempo nel caos delle tenebre. Anche le tenebre sono attraversate dall’amore del crocifisso.

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Alle ore tre del pomeriggio, immersi nelle tenebre si erge il famoso grido: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Anche in questo grido Gesù non viene capito. Lui prega con le parole del Salmo 22, vive questo abbandono affidandosi ad un Dio che sente lontano. Sotto la croce non si capiscono le sue parole. Un Gesù incompreso addirittura nelle sue ultime parole. La solitudine è grande. Poi un solo un grido e la morte. Gridare è la prima forma di preghiera, gli ebrei gridarono per la dura schiavitù d’Egitto e Dio scese a liberarli. L’ultima parola di Gesù nel vangelo di Marco è un grido, quel grido è una preghiera sincera. È il grido di tutta l’umanità. Sulla croce tutta l’umanità è compresa: uomini abbandonati e falliti, peccatori incalliti, i deboli, i rifiuti sociali, i dimenticati e lasciati morire soli. Dio non ti spiega questa sofferenza innocente, Dio ha scelto di viverla e basta. Di fronte a ciò il centurione, che possiamo immaginare abbia eseguito il protocollo dell’esecuzione, si pronuncia con un atto di fede: «Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!». Si completa il titolo del vangelo, Mc 1,1. Gesù è il Cristo, cioè il Messia. È un pagano romano che afferma che Egli è il Figlio di Dio.

... e noi?Cosa ha visto il centurione per credere in Cristo crocifisso come Figlio di Dio?Facciamo fatica a rivolgerci ad un Dio Padre che talvolta sentiamo troppo lontano?

Tra il dire e il fareForse Dio non parla e non agisce perché non trova mani e voci disponibili ad esserne cassa di risonanza … forse Dio non fa nulla perché noi non gli diamo una mano a fare qualcosa … è questo il tempo di un servizio concreto verso chi sta soffrendo: una visita all’ospedale o alla casa di risposo, o in casa di una persona che conosciamo …

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30. Non è qui, cercatelo altrove, è risorto!Da "Sale della terra", scheda 52

Dal Vangelo alla vitaIl vangelo di Marco si chiude con la segnalazione che quelli che credono e che annunciano il Vangelo saranno accompagnati dai segni della presenza amorevole di Dio. Senza dire una sola parola, sono i segni cha lasciamo attorno a noi e la coerenza della nostra vita che rivelano la nostra fede.

Sono cose della vitaProponiamo l'ascolto di un brano musicale e il dialogo sul testo.

MADE IN HEAVENQUEENMade in heaven (1995)

Sto prendendo parte alla mia corsa col destino

desideroso di fare la mia parte Vivendo con ricordi dolorosi amando con tutto il cuore Deciso in cielo, deciso in cielo tutto doveva andare cosìDeciso in cielo, deciso in cielo Questo è ciò che dicono: non puoi capire Questo è ciò che tutti mi dicono: non puoi capire Oh, lo so, lo so, lo so che è vero Sì, deve davvero andare così dal profondo del mio cuore Sono costretto ad imparare a pagare il prezzo Mi stanno mettendo sottosopra Mentre aspetto delle possibilità di successo non ne vedo troppe in giro Deciso in cielo, deciso in cielo devono capirlo tutti Deciso in cielo, deciso in cielo Ecco cosa tutti dicono tutti mi dicono Doveva andare davvero così, oh non puoi capire Sì tutti, tutti lo dicono

MADE IN HEAVENQUEENMade in heaven (1995)

I'm taking my ride with destiny willing to play my part Living with painful memories loving with all my heart Made in heaven made in heaven it was all meant to be yeah Made in heaven made in heaven That's what they say can't you see That's what everybody says to me can't you see Oh I know I know I know that it's true Yes it's really meant to be deep in my heartI'm having to learn to pay the price They're turning me upside down Waiting for possibilities don't see too many around Made in heaven yes made in heaven it's for all to see Made in heaven made in heaven That's what everybody says everybody says to me It was really meant to be oh can't you see Yeah everybody everybody says yes it was meant to be

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sì doveva andare così. Sì, sì Quando arriva una burrasca è stata decisa in cielo Quando il sereno si fa strada tra le nuvole Vorrei che durasse per sempre, vorrei che durasse per sempre Per sempre...deciso in paradiso Sto giocando il mio ruolo nella storia cercando di raggiungere il mio obiettivo Prendendo parte a tutta questa miseria ma mettendocela tutta Deciso in cielo, deciso in cielo tutto doveva andare così Deciso in cielo, deciso in cielo Ecco cosa dicono tutti: stai a vedere Doveva andare davvero così, così semplice da capire Tutti, tutti, tutti mi dicono così Sì, era semplice da capire sì, era destino che andasse così Era scritto nelle stelle

Yeah yeah When stormy weather comes around it was made in heaven When sunny skies break through behind the clouds I wish it could last forever wish it could last forever For ever...made in heaven I'm playing my role in history looking to find my goal Taking in all this misery but giving it all my soul Made in heaven made in heaven it was all meant to be Made in heaven made in heaven That's what everybody says wait and see It was really meant to be so plain to see Everybody everybody everybody tells me so Yes it was plain to see yes it was meant to be Written in the stars

C’è una statua imponente che guarda da Montreaux (Svizzera) il tranquillo lago di Ginevra.Raffigura un uomo che con la mano destra alza un pugno di vittoria verso il cielo, e con la sinistra bassa tiene in mano un bastone da scena. E’ una statua che trasuda vitalità, è materia morta che si dà vita, è la vittoria di Freddie Mercury sulla morte.

Freddie Mercury saluta il suo passaggio in terra in un grigio 24 novembre 1991, nella casa di Londra, dove si era ritirato allontanatosi da Montreaux, dove invece aveva vissuto gli ultimi anni di malattia. La sua omosessualità e la vita promiscua lo portarono, qualche anno prima, a contrarre il virus dell’HIV. Tutto avrebbe potuto fare la voce più strabiliante della storia del rock, ma non lasciare orfani i suoi fans.E quindi nonostante il male incurabile, decise di comporre alcuni brani di un album che sarebbe uscito postumo, intitolato Made in heaven (deciso in paradiso).Questa canzone, omonima all’album, è il saluto di una persona che ha cercato di rendere il massimo (secondo le sue peculiarità) nel suo passaggio terreno. Con estrema lucidità Freddie prende coscienza degli errori compiuti:Sono costretto ad imparare e a pagare il prezzo

e si rende conto del potere della vita e di ciò che Dio ha stabilito per noi:Quando arriva una burrasca é stato deciso in cieloQuando il sereno si fa strada tra le nuvole...é stato deciso in paradiso

Lui cercò di essere profondamente se stesso, per tutta l’esistenza terrena, nonostante subentri al termine del percorso la consapevolezza che:Era semplice da capire, era destino che andasse cosìEra scritto nelle stelle

Ciò che lui ci ha lasciato ci rivela la persona che era, le sue canzoni, le sue parole, sono valsi molto di più di qualsiasi intervista. Molte persone hanno imparato dalla sua esperienza di vita, i segni che ci ha lasciato sono chiara testimonianza di un uomo che ha afferrato la vita nella sua grandiosità:Sto prendendo parte alla mia corsa col destino

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Desideroso di fare la mia parteVivendo con ricordi dolorosi

Amando con tutto il cuore

JesusDal Vangelo secondo Marco (16,9-20)9 Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva cacciato sette demòni. 10 Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto. 11 Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere. 12 Dopo ciò, apparve a due di loro sotto altro aspetto, mentre erano in cammino verso la campagna. 13 Anch'essi ritornarono ad annunziarlo agli altri; ma neanche a loro vollero credere. 14 Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato. 15 Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. 16 Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. 17

E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, 18 prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno». 19 Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. 20 Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano.

Oggi gli esegeti sono concordi nel ritenere che questi ultimi versetti sono stati aggiungi alla prima versione del vangelo di Marco, che chiudeva con il silenzio delle donne. A p. 132 troverai una spiegazione di questa conclusione così misteriosa del vangelo.Questi ultimi versetti sembrano un riassunto di ciò che gli altri vangeli ci dicono sulle apparizione di Gesù. Questa iniziativa di Gesù dopo la morte è stata importante: Gesù ha aiutato i suoi discepoli a riconoscerlo vivo, presente. I discepoli da soli non sarebbero stati in grado di comprendere che il Messia fallito in croce potesse essere ancora vivo. Gesù vivo li ha accompagnati in questo cammino di fede a riconoscerlo nell’inedita condizione di Risorto, di Figlio di Dio. Gesù pone le basi di un nuovo inizio: invia i discepoli, quelli che lo hanno abbandonato, quelli che non lo avevano compreso. Ora sono pronti per partire, per annunciare, per proclamare che lui è vivo, che l’amore vince sempre. Gesù ora può lasciare questo mondo, la sua presenza continuerà in una forma diversa: attraverso lo Spirito Santo che agirà nelle comunità cristiane, nel mondo. Gesù, dunque, lascia il mondo, ma non ci lascia soli. Per Gesù lasciare non è abbandonare, perchè significa scommettere sui suoi discepoli, quindi inviarli (6,7-12). L’amore che scaturisce dalla croce e trova la sua conferma nella luce della risurrezione, non rimane un ricordo del passato ma per mezzo degli apostoli e dello Spirito Santo è un evento che ci coinvolge ancora oggi, in questo momento. Quel evento, quella storia cambia l’umanità, tocca ogni epoca, tocca il cuore di ogni uomo. È ciò che ti è successo in queste Lectio Divine: sei stato toccato in modo rispettoso e progressivo da Lui. Ormai i credenti in Cristo sono coinvolti in una novità di vita che li sprona ad andare con generosità e libertà verso ogni uomo, ormai fratello.

... e noi?Come cristiani siamo inviati da Gesù risorto a proclamare il suo vangelo. Come?Come è possibile che Gesù possa toccare il nostro cuore e di ogni uomo che incontro?

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Tra il dire e il fare“Effetto zaino GMG”. Ci sono a volte oggetti che ci mettiamo addosso che parlano per noi e che dicono la nostra appartenenza: una T-shirt, un portachiavi, un laccetto colorato. Dopo la GMG di Colonia si vedevano in giro un sacco di zainetti, ed era bello riconoscerli e sapere cosa significavano. Come gruppo proviamo a trovare un oggetto simbolo da portare con noi, pronti a spiegare cosa significa a chiunque ce lo chieda …

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INDICESale della terra /2

Per una pastorale dei 17/19enni

Pag.

Introduzione 03

SCHEDA 1 05 SCHEDA 2 07 SCHEDA 3 11 SCHEDA 4 15 SCHEDA 5 18 SCHEDA 6 21 SCHEDA 7 24 SCHEDA 8 27 SCHEDA 9 32 SCHEDA 10 34 SCHEDA 11 39 SCHEDA 12-13 42 SCHEDA 14 46 SCHED A 15 48 SCHEDA 16 51 SCHEDA 17 53 SCHEDA 18 56 SCHEDA 19 58 SCHEDA 20 60 SCHEDA 21 62 SCHEDA 22 66 SCHEDA 23 71 SCHEDA 24 74 SCHEDA 25 76 SCHEDA 26 79 SCHEDA 27 82 SCHEDA 28 85 SCHEDA 29 87 SCHEDA 30 92

Indice 96

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