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LUNEDÌ 19 MARZO 2007 Copyright © 2007 The New York Times
Supplemento al numeroodierno de la Repubblica
Sped. abb. postale art. 1legge 46/04 del 27/02/2004 — Roma
di KATIE HAFNER
SALINAS, California — Il Centro nazionaleSteinbeck espone una vasta gamma di oggettiche testimoniano la vita e le opere di John Stein-beck: ricordi della sua famiglia, un passaportodegli anni Sessanta, inquadraturedel film trattodal suo romanzo “Furore”. Al piano inferiore, inun caveau a temperatura controllata, c’è il ma-noscritto originale di “La perla”, la sua novellapubblicatanel1947.GliappassionatidiSteinbeckche desiderano vedere ilmanoscritto devono re-carsipressoquestocentro,previoappuntamentocon unarchivista. Il centro preserva con grandeattenzionelereliquiedelpremioNobelSteinbeck,ma non intende far fare alla collezione un salto,adattandola all’era digitale. Gli oggetti appar-tenuti a Steinbeck non sono le uniche importantireliquiedelpassatochecorronoilrischiodiscom-
parire o di essere ignorate in piena era digitale.Quantopiù imuseiegliarchividiventanodominidigitali, equantopiù le fontielettronichediventa-no il principale strumento al quale si ricorre perraccogliere informazioni, tanto più secondo glistudiosiegliarchivisti tuttociòchenonètrasferi-to inmodalitàdigitale corre il rischiodi scompa-riredallamemoriaculturalecollettiva, lasciandoin teoria il nostropassatopienodi lacune.“Si sta creando una sorta di illusione, sembra
che tutto il sapere del pianeta sia reperibile sulWeb,ma non abbiano nemmeno iniziato a esplo-rareciòcheècustoditonelle librerieenegliarchi-vi locali”, diceEdwardL.Ayers, storicoerettoredelcollegeedellascuolasuperiorediartiescien-ze dell’Università della Virginia. “Tutto il mate-rialechenonèaccessibile informadigitalecorreil rischio di essere ignorato, come non sarebbe
maiaccaduto inpassato.Così facendo, potrebbeandareletteralmenteperdutoperlagrandemag-gioranzadipotenziali utenti”.Gli sforzi per digitalizzare i documenti negli
ultimi dieci anni sono statimolto ambiziosi: permolti centri culturali e istituti mettere online lelororaccolteèunapriorità.Maicapitali, latecno-logia e le complicazioni legate ai diritti d’autoresonoostacolinon indifferentidasuperare.Alla Biblioteca del Congresso, per esempio,
malgrado il continuo e ambizioso impegno atrasferire in forma digitale il materiale, forsesoltanto il 10 per cento dei 132 milioni di oggetticonservati saràeffettivamentedigitalizzatonel-l’immediatofuturo,perchéicostidell’operazionesonoproibitivi.Cosìcomeèverosimilecheall’Ar-chivio Nazionale, dove sono custoditi circa novemiliardi di documenti vari, soltantounaminima
partesaràdigitalizzata.Inmigliaiadialtricentripiùpiccoliesparsisul territoriodegliStatiUniti ilgrossodelmaterialeconservatorestatuttorasuisupportidi ieri,carta,dischiLp,nastrimagneticiepellicola.Allaricercadi finanziamenti, gli archivisti del
Paese stanno cercando aiuto e collaborazionepresso i privati: Google ha donato tre milioni didollari perdare il viaaun’iniziativaguidatadal-la Biblioteca del Congresso permettere online econdividerematerialeintuttoilmondo,ehaforni-to le risorse tecnicheperdigitalizzarematerialecartaceodellaBiblioteca.Google staanchedigi-talizzando i libri della Biblioteca. Altre società efondazioni, tralequaliReuters,I.B.M.el’AndrewW.MellonFoundation, hanno finanziato progetti
Una dura battaglia per salvare la memoria nel mondo online
Il sapere smarrito nell’era digitale
Fa bene alla salute
anche se è una bibitaI produttori di bevande
gassate aggiungono
vitamine ai loro prodotti
per incrementare le
vendite.
ECONOMIA E SOCIETÀ V
Illustrazione di The New York Times; fotografia di Doug Mills/The New York Times
Il facile accesso alle informazioni non necessariamente espande la conoscenza. Molti documenti delle biblioteche non sono online, il che crea lacune nel lavoro degli studiosi che si affidano al web.
segue a pagina IV
Cure per una testa calvaGli uomini
calvi per
scelta
ora
possono
contare
su prodotti
specifici. ARTI E STILI VIII
La Terra maltrattata cova la sua vendetta, al cinemadi MICHAEL CIEPLY
LOS ANGELES — Stanca dei mal-trattamenti inflittigli dall’umanità, la Terra è furibonda. Anzi: il pianeta sta cercando di vendicarsi.Questa è la storia che si troverà da-
vanti il pubblico che assisterà a “The Happening”, il film di M. Night Sh-yamalan che uscirà il prossimo anno. Nel film, recentemente approvato dal-la 20th Century Fox, si immagina un pianeta che inizia a comportarsi come Travis Bickle, il vigilante di “Taxi Dri-ver”. “The Happening” non è l’unico film dove viene sperimentato un nuovo stiledi scelleratezza, incui laveravitti-ma è l’ambiente - e il nemico siamo noi.A partire da questa estate alcuni
film, molto diversi tra loro - come “The Simpsons movie”, “Transformers”, un remake di “Il mostro della laguna nera”, e “Avatar”, di James Cameron - affronteranno temi ambientali.Per gli studios, che non temono di
spaventare gli spettatori se lo scopo è di farli divertire, abbandonare i cat-tivi del passato – signori della droga, estraterrestri, dittatori nordcoreani, sino ai mezzi di comunicazione – a fa-vore di una bestia nera ambientalista comportadei rischimalasciaanche in-travedere la possibilità di lanciare un tipodi intrattenimentopiùsofisticato, e ottenere magari l’effetto esercitato nel 1979da“Lasindromecinese”, conJane Fonda e Michael Douglas.Nonsorprende il fattoche inun’epoca
in cui Al Gore e i suoi amici hanno rice-vuto un Oscar per “Una scomoda veri-tà” - il documentariosul riscaldamento globale - laconsapevolezzaambientale si stia insinuando nei possibili successi dell’industria cinematografica. “Que-sto modo di pensare è talmente diffuso che è ovvio che si manifesti anche nei filmdapopcorn”, diceapropositodella sensibilitàambientalistaRobertoOrci, autore insieme ad Alex Kurtzman del
film d’azione “Transformers”.Tra i nuovi film, “Avatar” è uno dei
piùaudaci. Si trattadiunprogettodella Fox, e promette di diventare il primo lavoro di Cameron per uno studio dai tempi di “Titanic”. Il film, un thriller di fantascienza, racconta di un’epoca in cui, esaurite le risorse, gli uomini sa-rannoobbligatipersopravvivereapre-dare altri pianeti. Gli abitanti di uno di questi mondi, guidati da un umano che si è schieratocongli oppressi, oppongo-noresistenza.L’uscitadel film–chedo-vrebbecostare intornoai 200milionidi dollari - è prevista per l’estate del 2009.Pur ammettendo quanto sia ghiotta
la possibilità di farci sentire respon-sabili del male, Jon Landau - che sta producendo il film insieme a Cameron - descrive questa svolta come “natu-rale’. “La buona fantascienza agisce da metafora per il mondo di oggi”, ha detto. Contemporaneamente Landau fanotarecomeCameronabbiasempre
mantenuto un approccio in cui gli inse-gnamenti sociali restavano in secondo pianorispettoall’intrattenimento. “Chi riuscirà a vedere quel tema, recepirà un messaggio importante”, come una sorta di premio, ha detto.
DreamWorks Pictures e Columbia Pictures
“Transformers” è uno dei film inuscita a carattere ambientalista.
Repubblica NewYork
Direttore responsabile: Ezio Mauro
Vicedirettori: Mauro Bene,
Gregorio Botta, Dario Cresto-Dina
Massimo Giannini, Angelo Rinaldi
Caporedattore centrale: Angelo Aquaro
Caporedattore vicario: Fabio Bogo
Gruppo Editoriale l’Espresso S.p.A.
•
Presidente onorario: Carlo Caracciolo
Presidente: Carlo De Benedetti
Consigliere delegato: Marco Benedetto
Divisione la Repubblica
via Cristoforo Colombo 90 - 00147 Roma
Direttore generale: Carlo Ottino
Responsabile trattamento dati (d. lgs.
30/6/2003 n. 196): Ezio Mauro
Reg. Trib. di Roma n. 16064 del 13/10/1975
Tipografia: Rotocolor, v. C. Colombo 90 RM
Stampa: Rotocolor,v.C.Cavallari 186/192
Roma;Sage, v. N. Sauro 15 - Paderno
Dugnano MI ; Finegil Editoriale c/o Citem
Soc. Coop. arl, v. G.F. Lucchini - Mantova
Pubblicità: A. Manzoni & C.,
via Nervesa 21 - Milano - 02.57494801
•
Supplemento a cura di:Paola Coppola,
Francesco Malgaroli, Raffaella Menichini,
Alix Van Buren
•
Traduzioni: Emilia Benghi, Anna Bissanti,
Antonella Cesarini, Fabio Galimberti,
Guiomar Parada, Marzia Porta
MONDO
II LUNEDÌ 19 MARZO 2007
#-+'&(*'$,&
Manchester
Stockport
AEROPORTODI MANCHESTER
Km. 8
M56
M60
GRANBRETAGNA
FRANCIA
IRLANDA
Mar
Celtico
"$(%'&*+&)
Mare
del Nord
di STEVEN ERLANGER
NABLUS,Cisgiordania—Ilorogenito-
ripreoccupati lichiamanolagenerazione
palestinese perduta, quella più radicale,
che ormai accetta la violenza ed è alla
disperazione. Sono i figli della seconda
intifada, scoppiata nel 2000, cresciuti in
un territorio lacerato dai conflitti inter-
ni, profondamente segnato dalla violen-
za, occupato da Israele, per buona parte
isolatodal restodelmondoe inframmez-
zato da barriere e checkpoint. Ascoltare
questi giovani significa sentir parlare di
un nascente nichilismo e della perdita di
ogni speranza. “È da quando eravamo
piccoli che non facciamo altro che vede-
re armi e carri armati. I bambini piccoli
chiedono armi per combattere contro
Israele”,diceRaedDebie,unostudentedi
24 anni dell’Università di AnNajah qui a
Nablus. IssaKhalil, 25 anni, lo interrom-
peinmodoconcitato:“Nonabbiamomai
visto nulla di positivo nelle nostre vite”.
Issa è stato arrestato per aver lanciato
pietrenellaprima intifada, ilmovimento
didisobbedienzacivilescoppiatoallafine
degli anniOttanta che si concluse congli
accordidiOslodel1993conIsraele.Nella
secondaintifada,unavoltafallita l’intesa
di pace, è stato arrestato un’altra volta.
“Etuttoquestoperchecosa?Hosprecato
14annidellamiavita.Tuttinoi l’abbiamo
sprecata. Sono cinque anni che non esco
daNablus. La pace si allontana e noi fac-
ciamopassi indietro”.
Mentre intere generazioni di giovani
palestinesi sono cresciute senza uno Sta-
to, ribollendo di odio per Israele conside-
rato il colpevole della loro oppressione,
questa generazione più di altre si sente
senza speranze. I checkpoint, le barrie-
re, le recinzioni installate per protegge-
re gli israeliani dagli attentatori suicidi
palestinesidifattohannorimpicciolitogli
orizzontidiquestigiovani,hannolimitato
la loro idea di Palestina, hanno tolto loro
pressoché tutti i tipi di interazione infor-
male con gli estranei, a eccezione dei cit-
tadini israeliani. Le misure di sicurezza
sisonofatteancorapiùrigidedaquandoil
gruppo islamistaHamasunanno faèar-
rivato al potere dopo aver vinto le elezio-
ni. Hamas è promotore di una “resisten-
za”senza limitidi tempoall’occupazione
israeliana, e rifiuta il diritto di Israele a
esistere inquellaregione.
Gli unici israeliani che i palestinesi ve-
dono sono armati, sono soldati o coloni.
Pochi parlano di pace. La maggioranza
parla di una vita intera di “resistenza”.
Molti israeliani concordano sul fatto che
l’attualegenerazionedigiovanipalestine-
si è stata completamente radicalizzata,
maritengono che ciò sia dovuto ai leader
politici e religiosi palestinesi che hanno
avallato eperfinopromosso laviolenzae
il terrorismocontro Israele.
“Siamoesortati costantementeaesse-
re sempre più politicizzati, piùmilitanti,
più religiosi e più estremisti”, dice Sha-
di el-Haj, uno studente ventenne di An
Najah. “Noi vorremmoessere semplice-
mente palestinesi, come la generazione
che ha combattuto la prima intifada. In-
vecelagenteci incalza,cichiedesesiamo
diFatahodiHamas.Eserispondiamoin
un modo o in un altro possiamo correre
rischi.Primanoneramaistatocosì”.
Nella prima intifada i giovani erano
stati un simbolo della lotta per ottenere
uno Stato palestinese, erano stati i lea-
derdella sollevazionepopolare.Manegli
scontri feroci della seconda intifada, nel-
la quale sono subentrate lemilizie,molti
di lorosonocontrollatida leader fuoridai
territori.“Oggiigiovanisonoirrilevanti”,
diceNaderSaid,politologodell’Uniersità
Birzeit di Ramallah. Questa generazio-
ne ha perso ogni fiducia nelle soluzioni
politiche. “Non hanno mai vissuto in un
periodo di speranza concreta di avere
uno Stato”, dice Said. “Con queste lotte e
battaglie intestine dilaga la sensazione
chenoinonsiamomeritevolidiunoStato,
chene siamo indegni.Equesto abbatte il
moraledeigiovani”.
Zakariya Zubeidi è cresciuto indottri-
nato da quello che considera l’eroismo
della prima intifada, che si basa sulla
convinzione che i sacrifici avrebbero al-
la fine portato a uno Stato e a un futuro
migliore.OggièalcomandodelleBrigate
deiMartiri diAlAksanellaviolentacittà
di Jenin, ed è ricercato per aver perpe-
trato attentati contro Israele. “Abbiamo
sempre scelto liberamente di essere noi
il carburante di questa lotta. Ma oggi la
macchina brucia e consuma i giovani,
senza però faremai passi avanti. Il vero
problemaènelmotore,nellatesta.Questi
ragazzisonodispostiasacrificarsi,mala
vita dimolti di loro è stata sprecata”. Zu-
beidi è statouneroedellaprima intifada.
“Quandoeropiùgiovanepensavo:‘Bene,
se muoio è del tutto naturale, serve alla
causa’.Maoggi lapensoinmododifferen-
te.Morire?Perchecosa?Perquestagen-
techenonriesceamettersid’accordo?È
questociòchequestagenerazionetemedi
più.Èunagenerazioneperdutaeisuoisa-
crifici sonosenzasignificato. Il sognodei
palestinesi è quello di morire? In queste
circostanze larispostaèsì”.
Secondo il PalestinianHumanRights
Monitoring Group, il 19 per cento circa
dellepersoneammazzatedal 2000aoggi
avevadiciottoannioanchemeno.Mirvat
Massoudaveva18anni:era laprimadel-
lasuafamigliaafrequentarel’università,
quandonel novembre scorsohadecisodi
farsisaltare inaria.L’esercito israeliano
aveva assunto il controllo di Beit Hanun,
nel norddella strisciadiGaza, e stava in-
terrogandone gli abitanti, alla ricerca di
armiedimilitanti. Ispiratadaunattenta-
tosuicidacommessoinIsraelenel2004da
suocuginoNabilappartenentealleBriga-
tedeiMartiridiAlAksa,Mirvatsièoffer-
ta di diventare attentatrice suicida. Era
molto legata a Nabil. Le Brigate hanno
respinto la sua offerta, dicendole che un
“martire” infamigliaerasufficiente.Poi
le Brigate ne hanno parlato a suo padre,
Amin Massud, membro da lungo tempo
di Fatah. Egli dice di esserne rimasto
sconvolto. “Chiaramente le ho parlato”
confidaMassoud, nervoso, mentre agita
lemani inaria. “Lehodetto: ‘Se studi fai
la Jihad. Se perfezioni la tua istruzione
fai la Jihad. Se diventi un medico fai la
Jihad. Non so proprio cosa possa averla
indottaafarlo, forseeratropporeligiosa,
non so”. Mirvat aveva provato una pro-
fonda rabbia per la notizia di un pulmino
discolaricolpitodagranateaBeitHanun
edèscappatadicasa. Inseguito si è fatta
nuovamenteavanti,questavoltaconsuc-
cesso, decisa a sacrificarsi per la Jihad
islamica: è morta ferendo leggermente
due israeliani.
Seuntempoigiovanipalestinesisogna-
vanodi rimanerepercostruireunoStato
nuovo, oggi molti rinunciano, e prevedo-
no di andarsene. Moayyed Haj Hussein
ha 22 anni, ha studiato e parla in modo
forbito.Hacercatoperseimesiun lavoro
senza risultato e alla fine sua madre ha
convinto il cognatoa farlo lavorare inun
bar vicino al checkpoint di Hawara. Per
Husseinquel localeèdiventatounasorta
di prigione dorata, che gli permette sì di
guadagnare qualcosa, ma senza offrir-
gli alcuna prospettiva concreta di un fu-
turo. È un patriota palestinese e ci tiene
a sottolinearlo, ma dice anche: “Qui non
c’è più speranza. E’ inutile sperare che
potrà mai migliorare. Anzi, non fa altro
che peggiorare”.
di SARAH LYALL
WYTHENSHAWE, Inghilterra — In
giro per le strade di questo sterminato
complesso di edilizia popolare dopo il
tramonto, i cinque adolescenti dicono
che lapiegachehapreso la lorovita fino-
ra non il preoccupa. Non gli importa dei
padri assenti, delle madri che campano
di sussidi sociali, delladroga,degli arre-
sti, del carcere, della logorante inelutta-
bilità di tutto questo.
“Se abiti a Wythenshawe, non ti aspet-
ti niente di più”, dice David Williams, un
diciassettenneche, racconta,ha lasciato
la scuola a 14 anni, è ‘fatto’ per la mag-
gior parte del tempo, ruba quando può
e non conta più le volte che è stato arre-
stato. Non è una posa, la sua. Si limita ai
fatti nudi e crudi.
Le case popolari diWythenshawe rap-
presentanounasaccaestremadidisagio
e emarginazione sociale. Ma i problemi
locali (famiglie dissestate, assenza di ri-
spetto per l’autorità, tossicodipendenza,
alcolismo, inadempienzadell’obbligosco-
lastico, vandalismo emicrocriminalità)
sonocomunia tutta laGranBretagna.
Eseèveroche il premierTonyBlair si
è posto come priorità la lotta alla pover-
tà e al cosiddetto comportamento anti-
sociale, secondo i critici , dopo 10 anni al
potere e un turbine di nuovi programmi,
i risultati sono ben pochi.
L’anno scorso un rapporto pubblicato
dall’ Institute for Public Policy Resear-
ch, gruppo di studio progressista, ha
concluso che , nei comportamenti, i gio-
vanibritannici sono ipeggiorid’Europa,
quelli che trascorrono meno tempo con i
genitori, bevono e fanno a botte più degli
altri, hanno le esperienze di droga e ses-
so più precoci rispetto ai loro coetanei di
tutto il continente.
Il motivo per cui la gioventù britan-
nica è così problematica è oggetto di un
infinito dibattito tra sociologi, politici e
difensori dei diritti dei minori.
Una delle cause è l’alcol: il consumo
di alcolici tra i giovani che bevono è in
crescita costante da 20 anni. I giovani
britannici sono al terzo posto per abuso
di alcol in Europa, dietro i danesi e gli
irlandesi. Da un’ indagine dello scorso
anno risulta che il 25 per cento dei quin-
dicenni britannici dichiara di essersi
ubriacato più di 20 volte nei 12 mesi pre-
cedenti.
Il rapporto dell’Institute for Public
Policy Research rivela inoltre che la
tendenza dei giovani britannici a tra-
scorrere tempo con i coetanei piuttosto
che con gli adulti li priva anche delle più
fondamentali capacità di relazione. In
GranBretagna il 45percentodeimaschi
quindicenni trascorre gran parte delle
serate con gli amici, contro un dato del
17 per cento in Francia.
Un terzo fattore è rappresentato dal
crescente divario tra ricchi e poveri. Se-
condo l’associazione di tutela dei minori
Save the Children, benché la Gran Bre-
tagna sia la quarta economia mondiale,
registraunodeipeggiori tassidipovertà
infantilenelmondo industrializzato, con
3,4 milioni di minori, più di uno su quat-
tro, che vivono in povertà.
IlgovernoBlairhaintrodottounagran
quantitàdidirettivemirateabloccare le
attività che turbano la vita di quartiere
come vandalismo, furtarelli, molestie,
anche la musica ad alto volume, senza
essere necessariamente penalmente
perseguibili.
Ma una parte dei residenti di Wythen-
shawe a quanto pare non è toccata dal-
l’intervento del governo. “I giovani
non hanno niente da fare”, dice David
Williams, il ragazzo di qui. “Tutti com-
mettonoreati.Nessunohasoldi.Abitano
nelle casecomunali eprendono i sussidi,
le madri non hanno soldi da dare ai figli
e allora vanno a rubare. Tutto quello che
c’è di valore te lo pappi”.
Costruito subitodopo lasecondaguer-
ra mondiale per alloggiare i poveri il
complessodi ediliziapopolare, estesosu
vari quartieri, copre oggi 28 chilometri
quadrati e ospita più di 66.000 persone.
Nei quattro quartieri più disagiati circa
il 30 per cento dei residenti in età lavo-
rativa è considerato “economicamente
inattivo” , non ha un’occupazione né la
cerca. Circa la metà dei residenti ha la-
sciato la scuola superiore senza supera-
regli esamiper ildiploma.Circa lametà
della popolazione cittadina rientra nel 5
per cento più povero delle comunità in-
glesi.
Il razzismo non è un problema: i resi-
denti sono al 95 per cento circa bianchi.
Quantoallearmi,quisi tendepiùallebot-
tiglie rotteeaicoltelli cheallepistole.
David Williams e i suoi amici, che
spesso escono la sera tardi, passano
gran parte del tempo in giro per strada.
Diconochenonvedonomolto i loro fami-
liari.
Lacena ingenere lacompranoal loca-
le fish-and-chip. “Per la metà del tempo
non sai neanche dov’è tua madre”, dice
Jeremy Taylor, 17 anni. Sua madre pre-
ferisceche lui stia fuori casa,dicecheha
bisogno di pace e tranquillità.
I ragazzi palestinesigenerazione perdutain una guerra infinita
Nei ghetti inglesi giovani, poveri e senza sogni
Oded Balilty/Associated Press
ATTRATTI DALLA VIOLENZA
I genitori palestinesi temono che
l’atmosfera di disperazione abbia
reso i loro figli più inclini alla
violenza. Un giovane palestinese
lancia pietre contro soldati
israeliani a Ramallah, Cisgiordania.
Rina Castelnuovo per The New York Times
UN SOGNO IN CRISI
Zakariya Zubeidi ha combattuto la prima intifada e
ora guida le Brigate dei Martiri di Al Aksa a Jenin.
Shawn Baldwin per The New York Times
UNA SORELLA CHE NON TORNERA’
Naima Massoud, 17 anni, mostra un ritratto di sua
sorella Mirvat, attentatrice suicida.
Chris Loufte per The New York Times
Bande di adolescenti passano notti intere bevendo, facendo a botte e
commettendo piccoli crimini in sobborghi come Wythenshawe.
The New York Times
Repubblica NewYork
MONDO
LUNEDÌ 19 MARZO 2007 III
di MICHAEL SLACKMAN
TRIPOLI, Libia — Jamal Dawob ris-pecchia ciò che è stata la Libia negli ul-timi 37 anni, un luogo definito in modo singolaredaungovernanteeccentrico, il Colonnello Muammar el-Gheddafi.“Lui è la nostra guida spirituale, il
nostro padrino”, dice Dawob con un sor-riso smagliante, mentre spiega cosa lo ha spinto a dedicarsi a dipingere ritratti del colonnello Gheddafi: “Lo faccio per amore”.Poi c’è Dawoud al-Houty, che è l’im-
magine di una Libia che sta emergendo da questo lungo periodo: un paese che lotta per accettare se stesso. Il figlio del signor Houty è uno degli oltre 400 bam-bini infettatidall’Aids incircostanzeche hanno attirato l’attenzione internazio-nale, dopo che le autorità libiche hanno condannatoamorteunasquadradi ope-ratori sanitari accusati di aver infettato i bambini intenzionalmente.Il signor Houty è l’autore di una com-
media umoristica, “Hospital”, che pren-de di mira la scadente qualità dell’assi-
stenza sanitaria del suo Paese.La Libia sta vivendo una presa di co-
scienza. Questa non riguarda i giornali, chesono tuttoradediti all’adulazionedel leader, né la televisione libica, anch’essa impegnata a promuovere la figura del Colonnello Gheddafi. Questo risveglio sta invece riguardando la nascente co-munità teatrale del Paese.La Libia è ancora governata con il
pugno di ferro perciò le opere teatrali, prima di potere essere messe in scena, hanno bisogno dell’approvazione pre-ventiva dei censori di Stato. La gente di teatro spiega che è proibito tutto ciò che affronta temi politici o che tocca la persona del “grande uomo”. Così, coloro che vogliono esprimere la loro opinione, tendonoaconcentrarsi suargomentipiù concreti.“Ci sono alcune verità di cui la gente
ora parla senza timore, soprattutto del-la disoccupazione e dei posti di lavoro”, diceFatimaGhandour, professoressadi recitazione a Tripoli. “Hospital ha rice-vuto parecchie critiche, più di quanto si
possa immaginare. Questo non era mai successo prima”.Ildiscorsocheemergedalteatroèqua-
si sempre presentato con il tono bonario della commedia. “Pensiamo che il com-pito di un artista è quello di diffondere un’idea”, dice Farag Abdel Kareem, un attoreche in“Hospital” interpretamolti ruoli. In quella commedia, dice, “voglio catturare l’attenzione del pubblico, far capire loro le cose senza turbarli”.Il tema centrale di una commedia
scritta qualche tempo fa da Nassered-din Ali, un commediografo di Tripoli, è la scarsità di alloggi e la mancanza di posti di lavoro adeguati, cosa che spesso spinge la gente a sposarsi più tardi.“Lagentevuoleunappartamento,una
casa, ma tuo padre vuole un castello!”, esclama Mustafa Sheik, mentre prova il suo personaggio. “La gente vuole un’au-to, ma tuo padre vuole un aereo. Il pro-blema è che io...io...non ho niente”.Wafaa Nabil interpreta il ruolo della
sposa. “Benissimo. Allora scordati di me”, risponde.
Sheik urla, si agita, fa le smorfie: un’interpretazione esagerata per far ridere il pubblico. Ma pur facendo il pagliaccio sul palcoscenico, si lamenta degli stipendi bassi, delle pensioni ina-deguate, del cattivo stato in cui versano le strade.
La commedia tocca anche il delicato tema della parità dei sessi. Ma il nume-ro di gruppi teatrali che affronta questo tipo di sfida, in uno Stato in cui adulare il
leaderconvieneancora, èrelativamente basso. Molta gente di teatro sostiene che i pittori ricevono un maggiore sostegno statale perché il figlio del Colonnello Gheddafi, Seif al-Islam el-Gheddafi, dipinge.Un attore spiega che gli piacerebbe
che il figlio del Colonnello recitasse, co-sì anche il teatro sarebbe incentivato, un’altra realtà invariata della vita nella Libia del colonnello Gheddafi.
di CHOE SANG-HUN
SEUL,CoreadelSud—Neisuoiultimigiorni di vita ilVenerabileBogwang, unpescatore diventato poi monaco buddi-sta, era molto combattuto. Le scrittureda luivenerate loesortavanoa lasciarsidietro lecomplicazionidelmondomate-riale, ma lui non riusciva a sottrarsi aiterribili ricordi dei momenti trascorsinellastanzadegli interrogatoridelfami-geratoComandodi sicurezza dell’Eser-cito della Corea del Sud, dove diceva diesserestato rinchiusoe torturatoper43giorninel 1983.“Mi legarono nudo a una sedia d’ac-
ciaio e collegarono cavi elettrici aimieiorgani genitali”, ha detto nella sua ulti-ma intervista. “Quando accesero l’in-terruttore, l’elettricità percorse la miaspina dorsale facendomi scoppiare ilcervello. Il mio corpo praticamente sisollevòunmetroda terra”.Allafinel’uomofirmòunaconfessione
in cui dichiarava di essere una spia co-munista,e trascorse15anni inprigione.Intanto sua moglie – anch’essa vittimaditorture–ottenneildivorzio,edaalloranon ha più rivisto i suoi figli. Liberato il1988, si fecemonacodueannipiù tardi.Molti sudcoreani si stanno adoperan-
doperribaltareleaccusedisovversioneavanzatenei loroconfrontidalledittatu-remilitari che tragli anni 60e80si sonosusseguitenelpaese.Ora lacommissio-ne Verità e Riconciliazione - creata dalgovernodelpresidenteRohMoo-hyunafine2005 - sta indagando inproposito.Ma lo scorso 25 febbraio, all’età di 57
anni, il Venerabile Bogwang è morto -per cause apparentemente naturali. Lasua scomparsa testimonia i ritmi dolo-rosamente lenti con cui il governo Rohscavanel tumultuosopassatodelpaese.Nell’intervista, rilasciata nove gior-
ni prima della sua morte, il monaco haraccontato con passione gli sforzi fattiper ristabilire la verità sul suo passato.“Altri monaci, con maggiore esperien-za,midiconochedovreiperdonaretuttoe dimenticare. Dicono che l’odio portaodio”, ha detto. “Ma dicono anche chedevo cercare la verità. La miamente èin pieno conflitto. Una cosa certa: nonriuscirò a cancellare la falsa accusa diesserestatounaspiacomunista”.Il 26 settembre 1971 Lee Sang-chul
– che in seguito sarebbe diventato il Ve-nerabile Bogwang – si trovava imbar-cato su un pescherccio che durante unatempestafinìalladerivanelleacquedel-laCoreadelNord, dovevennecatturatodallaguardiacostiera.Soloundicimesidopoai21uominidel-
l’equipaggio fu consentito di tornare acasa. E una volta rientrati nel Sud ven-neroprocessatiecondannatiadunanno(la pena fu sospesa) per essersi avven-turatinelleacquecomuniste.Il giovane Lee pensò che i suoi guai
finissero lì. Ma il 15 novembre 1983 al-cuni agenti del Comando di Sicurezzadell’Esercito - un potente corpo di spio-naggio legatoaldittatoremilitareChunDoo-hwan – si presentarono al cantierenavaledove lavoravae lo spinseroa for-
za in un’automobile nera. “Mi chieserodi disegnare una mappa del cantierenavale”, ha ricordato il Venerabile Bo-gwang.“Equandoebbiobbedito,midis-sero che avevo ottenuto le informazioniascopodispionaggio”.Vennelegatoconunafunecome“unmaialedaarrostire”,hadetto.A novembre, la commissione Verità
e Riconciliazione ha iniziato a renderepubblici i risultati delle indagini, esor-
tando i tribunali a riprocessare diversicasi di spionaggio che erano risultatibasati su tortureeprove false.Durante l’intervista, il Venerabile
Bogwang ha ricordato il giorno in cuigli inquisitori gli portarono la figlia e ilfiglio, di 6 e 4 anni, per fiaccare la sua volontà. “Mia figlia disse: papà, per fa-vore torna a casa, e mi diede un bacio. Sono passati 24 anni, e da allora non li ho più visti”.
di ROBIN TONER
WASHINGTON — Nelle prossime set-timane, lanuovamaggioranzademocra-tica al Congresso cercherà di tradurre ilmalcontentodell’opinionepubblicaperlaguerra in Iraq in una linea politica, conunaseriedivotazionisulritirodeisoldati,laprovapiù importanteaffrontatafinoradalnuovopartitodimaggioranza.Magliostacolidasuperare,politicie istituziona-li, sonoenormi,equesto,diconoiveteranidell’attivitàparlamentare,spiegaperchéil Congresso si avventuri con tanta rilut-tanzasul terrenominatodellaguerra.Alla Camera dei rappresentanti, la
maggioranza democratica va da una se-riediesponenticentristi, irrequietiecon-servatori,riluttantiainvaderecampichesonoprerogativadelcomandanteincapo,auncontingentedideputati contrariallaguerra, chevogliono costringere il presi-dente a dare il via a un immediato ritirodelle truppe. Gli strateghi democraticiritengono di aver trovato una formulalegislativa per votare il rifinanziamentodellamissione in Iraqcheriescaa tenereinsiemequestaeterogeneamaggioranza,fissandounatabelladimarciaperilri-tirodelle truppeamericanenel 2008.Ma è una soluzione trovata per il
rottodellacuffia.“Perme, si tratta di un vero voto di
coscienza”,dice ladeputatademocra-tica Lynn Woolsey, della California,che nel 2002 votò contro la guerra inIraq e da allora ha regolarmente vo-tato contro tutti i provvedimenti dirifinanziamento, e sembra decisa afarloanchequestavolta.Se irepubbli-canivoterannocompatticontro il rifi-nanziamento, i democratici potrannopermettersi di perdere per strada almassimo una dozzina dei 233 voti sucuipossonocontare.La frustrazione di alcuni dei leader
del partito, impegnati nello sforzo dicostruire unamaggioranza, è venutaallo scoperto recentemente, quandoDavid Obey, deputato democraticodelWisconsinepresidentedellaCom-missione bilancio della Camera, haaffrontato infuriatounamilitantepa-cifista irriducibile, che è anche lamadredi un soldato che è già stato spedito duevolte inIraqepotrebbedoverpartireunaterzavolta.Inunaconversazionevideoregistratae
subitodiffusasu internet,Obeydichiara-vache“nonabbiamoivotiperrifiutare ilfinanziamentodellaguerra,einognicasonon è questa la strada da percorrere!” edefiniva i sostenitori del taglio dei finan-ziamenti “idioti di sinistra”. Obey ha dif-fuso una dichiarazione in cui si scusavaperquelleaffermazioni.AlSenato,aidemocraticinonbastereb-
be neppure riuscire a tenere insieme laloro maggioranza; il regolamento dellacamera alta richiede una maggioranzaqualificatadi60votipercostringere l’au-la a votare sulla loro proposta per l’Iraq,una risoluzione vincolante che fissi un“traguardo” per il disimpegno nel 2008 eridefinisca lamissione americana. Que-stosignificacheiDemocraticidovrebbe-ro riuscire a tirare dalla loro parte una
decinadi repubblicani.Eancheseriuscisseroa farapprovare
daentrambelecamereunaleggecheim-poneilritirodelletruppe,ilpresidenteBu-shhaindicatocheintendeopporre ilveto,e idemocraticinonsiavvicinanoneanchelontanamente alla maggioranza dei dueterzi necessaria per vanificare il vetopresidenziale.Quello chestasuccedendooraalCongresso,quindi,èuntentativodiincrementare la pressione politica – suirepubblicani moderati, in particolare alSenato, e sul presidente – per un cambia-mentodi rotta in Iraq.Gli storicidiconochequestaè lastrada
che solitamente segue il Congresso sullequestionicheriguardanolaguerra:apic-colipassi, inmododiscontinuo,coltempo.“Civuoleunmucchiodifatica,diorganiz-zazione e di disciplina per convincere ilCongresso a reagire a una guerra con-testata”, dice Julian Zelizer, ricercatoreche studia leproblematicheparlamenta-riall’UniversitàdiBoston.Le restrizioni legislative imposte dal
CongressoallaguerrainVietnamfuronocostruite gradualmente, aggiunge Zeli-
zer. “La gente ama imessaggi chiari, unsì o un no”, dice . “Ma il Congresso riuscìa esercitare una pressione fortissima:dapprimaprivatamente, con il presiden-te Johnson, poi attraverso audizioni par-lamentari, minacce di tagliare i fondi etagli effettividei fondi”.Icandidatidemocraticihannopromes-
so a più riprese, durante la campagnaper le elezioni dello scorso anno, che nonavrebbero tagliato i fondialle truppe.Anchesenzauntagliodei fondi, i re-
pubblicani siaffrettanoadaccusare idemocraticidinonsostenere i soldati,un’accusache fa levasulla tradizionalepuntodeboledelpartitodemocratico, lasicurezzanazionale.Moltiparlamentaridiconochegli strumentiadisposizionedelCongressosonoarmispuntate.Il senatore Carl Levin, presidente del-
la Commissione forze armate, mentre il Senato si appresta a tornare a discutere dell’Iraq dice che: “Avremo vinto anche se non raggiungeremo i 60 voti”. Passo dopo passo, voto dopo voto, dicono i democratici, la pressione cresce.
Shawn Baldwin per The New York Times
DIARIO DA TRIPOLI
Ospedali e lavoro: la società va in scena in Libia
Un monacoperseguitatodalla memoriadelle torture
Ha collaborato Carl Hulse.
Doug Mills/The New York Times
Il senatore Charles Schumer, a sinistra, e il deputato Rahm Emanuel sono tra i democratici che si battono contro la guerra in Iraq.
Fotografie di Seokyong Lee per The International Herald Tribune
ANALISI
La forza dei democraticialla prova della guerra
Nonostante la censuradi Stato, i teatri libicihanno cominciatoa produrre satirasociale. A Tripoli dueattori provano unacommedia dello scrittoreNassereddin Ali sulproblema della casa.
Il monaco Venerabile Bogwang è stato una delle persone incarcerate dai leader militari sudcoreani. L’uomo, che venne poi abbandonato dalla sua famiglia, è morto il mese scorso.
Repubblica NewYork
MONDO
IV LUNEDÌ 19 MARZO 2007
9 miliardi 27 milioni 10 milioni 8 milioni 1,5 milioni 400.000
500.000
80.000
9 miliardi
46,1 milioni
1.800
576
200.000 7.000
Dalla Costituzione ai registri dei veterani, l’Archivio nazionale di Washington ha digitalizzato piccoli pezzi della sua collezione per mostre e richieste del pubblico, meno dell’1 per cento dei suoi oltre nove milioni di documenti. Ma i responsabili dell”Archivio dicono che gli alti costi e la gran quantità di materiale non renderanno possibile la completa digitalizzazione dell’archivio. Per essere al passo con l’era digitale, l’Archivio sta lavorando con partner privati, tra cui Footnote.com e Google Video, per cominciare a digitalizzare e immagazzinare alcune parti dell’enorme collezione.
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DOCUMENTICARTACEI
DOCUMENTI CARTACEI
ALTRI DOCUMENTI
Numero di:
DOCUMENTITOTALI
PEZZIDIGITALIZZATI
FOTOAEREE
FOTO CARTINEE DISEGNI
MICROFILM(NON CREATI DALL’ARCHIVIO)
FILMATI NASTRIREGISTRATI
POSTERORIGINALI
5 milioni 900.000 58.000 398 0 22.000† 11.368† 4.684
1 su 1.800
Il brevetto per la sgranatrice di cotone di Eli Whitney, 1794
Diario di bordo della Us Navy, 1942, non
digitalizzato
“Who’s Out There?” video della NASA,1975
Il discorso “I Have a Dream”, 1963
Stampa della Prima Guerra
Mondiale, 1918
Il campo di sterminio di Birkenau, Polonia 1944
Risoluzione Lee per l’Indipendenza delle colonie, 1776
Auto elettrica “Sundancer”, 1973
1 su 30 1 su 172 1 su 20.100 0 1 su 18 1 su 18 1 su 1.5
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Numero di pezzi*
Materialenon digitalizzato
Tasso annuale previstodi digitalizzazione
Anni mancantial completamento
Porzione digitalizzata
Esempi di documenti digitali:
Pezzi digitalizzati e online*
Quest’anno il piccolo laboratorio di digitalizzazione dell’Archivio nazionale sta assumendo nuovo personale e aggiornando le
apparecchiature. Ma il compito appare comunque enorme.
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Fonte: James J. Hastings, director of access programs, the National Archives
*I dati non comprendono archivi regionali o biblioteche presidenziali.
†Solo 182 filmati sono online; non ci sono nastri registrati.
Dalla Costituzione ai registri dei veterani, l’Archivio nazionale di Washington ha digitalizzato piccoli pezzi della sua collezione per mostre e richieste del pubblico, meno dell’1 per cento dei suoi oltre nove milioni di documenti. Ma i responsabili dell”Archivio dicono che gli alti costi e la gran quantità di materiale non renderanno possibile la completa digitalizzazione dell’archivio. Per essere al passo con l’era digitale, l’Archivio sta lavorando con partner privati, tra cui Footnote.com e Google Video, per cominciare a digitalizzare e immagazzinare alcune parti dell’enorme collezione.
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Numero di:
DOCUMENTITOTALI
PEZZIDIGITALIZZATI
Quest’aest’an
didigitalizzazione in tutto ilmondo.Ma secondo gli esperti, intere aree di
storia politica e culturale corrono il ri-schio di essere tralasciate e dimenticatedalle nuove generazioni di ricercatorie studiosi. Si consideri per esempio l’ar-chiviodellaBibliotecadelCongressochecontieneoltrecinquemilionidi immaginitrattedalla rivistaLook, dal 1937al 1971.JeremyE. Adamson, direttore delle col-lezioni e dei servizi della biblioteca, defi-nisce questa raccolta “un affascinanteritratto dell’America tramite storie illu-stratesuargomenti sociali epolitici, per-sonaggi famosi, cucina, moda e sport”.Ma di tutte quelle fotografie soltanto 313sono state digitalizzate. “Non ci sono ab-bastanza fondi”diceAdamson.La decisione di rinviare la digitalizza-
zionediunaraccoltaimportantediradoè
facile,diconogliarchivistidellaBibliote-cadelCongresso.Peresempio, ladecisio-ne di digitalizzare ilNational Intelligen-cer, ungiornalepubblicatoaWashingtonnel XIX secolo e pieno di colonial script(caratteri coloniali, ndt) non facilmentericonoscibilidalleapparecchiaturedidi-gitalizzaizone, alla fine hadovuto essererinviataperglialti costidell’operazione.“Se i ricercatori arriveranno alla con-
clusionechegliunicidocumentidivaloredi cui hanno bisogno sono quelli online,perderanno una grossa parte di storia”,diceJamesJ.Hastings,direttoredeipro-grammidell’accessodegliArchiviNazio-nali. “Incerti casi la ignoreranno tutta”.La Biblioteca del Congresso e altri ar-
chivistannocreandoalcuni indiciconcuiindirizzare alle raccolte vere e proprie,nellasperanzacheservanoaallontanarei ricercatoridai lorocomputer.Resta il fatto che una nuova genera-
zione di ricercatori preferisce cercare
le informazioni di cui ha bisogno online,tendenza diventata fin troppo evidente,secondoHastings, l’annoscorso,dopocheGoogle, inunodeimoltiesperimentiana-loghi chestaconducendo,ha trasferito informadigitale 101 pellicole degli ArchiviNazionali – compresi i cinegiornali dellaSecondaguerramondialeeleripresedel-laNasa – e li hamessi inRete sul propriosito, video.google.com/nara.html. “Pri-ma che ciò accadesse, in un intero annoricevevamo 200 richiestedi consultazio-ne nella nostra sala ricerche”, dice Ha-stings. “Solo nel primo mese in cui sono
state rese accessibili su Google, invece,ci sono stati 200.000 utenti che vi si sonocollegati.Unaumentodimillevolte”.Se i diritti d’autore non costituiscono
motivodipreoccupazioneper idocumen-ti trasferiti in formadigitale che risalgo-noacentinaiadianni fa -comeilprogettodell’Ibm di creare una versione virtualedellasmisurataCittàProibitadiPechino- le restrizioni legate ai copyright hannoinveceuna lorosignificativa importanzaquando si parla di materiale moderno.Anche se il Centro Steinbeck di Salinasdovesseriuscireareperireifinanziamen-ti necessari a digitalizzare il materiale,peresempio ilmanoscrittode“Laperla”,ilcopyrightnelimiterebbeladistribuzio-ne. “E’piùopportunomettereonlinesologli autori il cui copyright non costituiscepiù un vincolo”, dice Susan Shillinglaw,unastudiosadelCentroSteinbeck.Quando si tratta di registrazioni sono-
re, le normative sul diritto d’autore pos-
sono complicare le cose. Da uno studiopubblicato nel 2005 dalla Biblioteca delCongresso e dal Council on Library andInformation Resources risulta che l’84per cento delle registrazioni sonore delpassato, dal jazz al blues, dal gospel alcountry e alla musica classica, effettua-te negli Stati Uniti dal 1890 al 1964, sonoinaccessibili proprioper i copyright.Altro fattore importante è la difficoltà
dell’operazione. I libri in genere possonoessere manipolati con facilità. Googleconcentraisuoisforzisoprattuttosui libriematerialestampato.David Eun, vice-presidente di Google
per lepartnershipdeicontenuti, diceche invece di concentrarsi su ciò che viene escluso dalla digitalizzazione, egli pre-ferisce un punto di vista più ottimistico: “Stiamo parlando di un universo gigan-tesco di contenuti. Se si guarda al bic-chiere con la mentalità del mezzo vuoto l’impresa è sicuramente scoraggiante”.
Questo articolo è un adattamento del libro di Randall Stross, un collaborato-re del New York Times, “The Wizard of Menlo Park: How Thomas Alva Edison Invented the Modern World”. Il libro, pubblicato dalla Crown Publishers, che si può comprare nelle librerie online, analizza realtà e miti che circondano la storia di Edison.
di RANDALL STROSS
ThomasAlvaEdisonè il santopatrono della luce elettrica, dell’energia elettri-ca e della musica on demand, il nonno del mondo in rete, il bisnonno del popolo dell’iPod.Èstato l’uomochehapremuto l’interruttore. Prima di Edison, l’oscu-rità.DopoEdison, lamodernità iperme-diatizzata.Non è esattamente così. L’arte della
biografia degli eroi ha i suoi limiti, a co-minciaredall’omissionedialtri invento-ri conunruolodecisivo.Laparticolarità dellebiografie tradizionalidiEdisonnon èche l’inventoresiadipintocomeuneroe ma la sproporzione fra la sua immagine e l’uomo reale.Edison viene associato agli albori del
cinema, il luogo dov’è nato il business moderno della celebrità, ma merita che gli sia riconosciuta un’altra scoperta legata alla celebrità che fece nei primi anni della sua vita pubblica, per caso: l’applicazionedellacelebritàalmondo dell’impresa.Può sembrare che la fama sia
una ricompensa ben meritata per l’uomochehainventato l’illumina-zione elettrica, nel 1879, ma per lui la fama venne prima della luce: due anni prima, quando inventò il fonografo.
Edison aveva mantenuto i diritti di brevetto sul fonografo e una partecipa-zione agli utili, e così, quando l’attività cominciòasvilupparsi, perpotergestire gli ordiniapprovò,accantoalsuo labora-torio, lacostruzionedi impiantipiùgran-di.Nel1907potevavantarsidipossedere “lapiùgrandefabbricadimacchinepar-lanti del mondo”.L’inventoreamericanononavevamai
mostratoun talento strategico, enonde-dicò all’argomento studi approfonditi. Ma trovava il tempo per prendere deci-sioni in materia musicale, approvando – epiùspessodisapprovando–personal-mente i suggerimentidei suoi subalterni su quali artisti incidere. Erano molti i musicisti e i generi che
non gli andavano a genio. La musica po-polare – “queste miserabili raccolte di balli e ragtime” – non aveva la minima chance di ottenere il suo beneplacito. Il jazz era una cosa da “dementi”: un con-certo di jazz gli ricordava “il lamento agonizzante di animali morti”. Ma non era un elitario. Rispedì indietro anche i membri della Metropolitan Opera Hou-se perché non avevano armonia. Ser-
gei Rachmaninoff per lui era solo “uno strimpellatore”.Il suo disprezzo nei confronti della
musica popolare non lo aiutava a com-prendere i suoi clienti, che acquistava-no le registrazioni di certi musicisti che avevano sentito nominare, ma evitava-no come la peste gli artisti sconosciuti. Decennidopo,gli economisti chestudia-vano imeccanismidell’industriadell’in-trattenimento avrebbero individuato il fenomenodel “chivincesiprende tutto”, che andava a beneficio di pochi artisti. Chi è famoso diventa più famoso, e più ricco. Tutti gli altri fanno la fame.IdirigentidellaVictorTalkingMachi-
ne Company erano arrivati a compren-dere questi principi del mercato prima di Edison. Poco dopo la nascita della società, nel 1901, la Victor fece firmare a Enrico Caruso un contratto in esclu-
siva, versandogli una royalty che secondo le voci corrispondeva al 25 per cento del prezzo di vendita (2dollari)diunsuodisco.Nel1912,
Caruso guadagnava dalle royalties, se-
condo i calcoli, 90.000 dollari l’anno, quando il cantante più popolare dopo di lui arrivava appena a 25.000.Mentre laVictor staccavaassegniper
i più grandi talenti dell’epoca, Edison metteva raramente mano al portafogli. Il grande inventore odiava trattare con le star delle musica. Si lamentava che nonostante tutto il loroparlarediquanto amassero l’arte, “contava il denaro, e il denaro soltanto”.Col tempo arrivò ad aggiungere alla
sua scuderia Anna Case, Sergei Rach-maninoff (“lo strimpellatore”) e pochi altri. Ma lasciò che i concorrenti si ac-caparrassero artisti come Louis Arm-strong, Bessie Smith e Al Jolson.Era così determinato a spogliare gli
artisti della loro vanità e delle richieste irragionevoli che rifiutava di stampare il nome del musicista sull’etichetta del disco. Quando il distributore a Topeka, nel Kansas, gli chiese di tornare sui suoi passi, Edison si sfogò: “Ho ragionato con la massima attenzione non solo sul-l’aspetto tecnicodell’impresa,maanche
sull’aspetto commerciale, e voglio dirle che ho le migliori ragioni per non voler stampare il nome dell’artista sul disco. La sua attività probabilmente non l’ha condotta ad avere contatti ravvicinati con i musicisti, ma la mia sì. Nella pro-fessione musicale, la ‘falsificazione’ e le operazioni pubblicitarie svolgono un ruolo preponderante, e ritengo, quan-tomeno nel momento attuale, che pre-ferirei abbandonare il settore piuttosto che contribuire a gonfiare reputazioni immeritate”.Assumendo questa posizione, Edison
rivelava una natura incapace di accor-gersi dell’incoerenza: le sue società sfruttavano la fama del suo nome per commercializzare le sue invenzioni, dando il massimo risalto al nome di Edison e ricacciando indietro chiunque minacciasse di violare il copyright. Ma non poteva tollerare che altri – nel caso specifico, gli artisti che incidevano per lui –usassero la loro fama,anchesemol-to più modesta della sua, per i propri in-teressi commerciali.
La battaglia per salvare la memoria: non sempre basta un clic per sapere tutto
Edison, l’inventore di famache odiava la celebrità
Fotografie del U.S. Department of the Interior, National Park Service, Edison National Historic Site
segue dalla prima pagina
Una parte di storia rischia di sparire per i ricercatori che lavorano solo online.
Thomas Edison nel suo laboratorio nel 1888 con il fonografo che gli diede la celebrità. Edison era esasperato dalla musica popolare e dal sistema pubblicitario che andava a beneficio di pochi artisti.
Repubblica NewYork
ECONOM I A E SOC I E TÀ
LUNEDÌ 19 MARZO 2007 V
READ ALLABOUT IT.
Le monde, el mundo, die welt,
il mondo. Whatever you call it,
the world is a complicated place.
Understand it better by reading
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or call 800 780 040.
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Il governo cinese sta cercando
di gestire al meglio gli oltre
mille miliardi di dollari in riserva
di valuta estera.
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600
800
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1.200
miliardi di dollari
’90 ’92 ’94 ’96 ’98 ’00 ’02 ’04 ’06
Le riserve di valuta estera della Cina
Fonte: Banca del Popolo Cinese, CEIC Data
di ANDREW MARTIN
Bibite gassate che fanno bene al-la salute? Potrebbe sembrare unacontraddizione.MaCoca-Cola ePe-psi-Cola la considerano un’opportu-nità per conquistare nuovi settori dimercato.Neiprossimimesi,presen-teranno una nuova bibita gassataarricchita con vitamine e sali mi-nerali: laDiet CokePlus e la nuovapropostadellaPepsi,Tava.Verranno lanciate come “bibite
frizzanti”.Ledueaziendenon ledefiniscono soft drinkper-
ché la gente si sta allontanando dalle tradizionalibevande gassate, cui viene associata la diffusionedell’obesità.SebbenenegliStatiUniti l’industriadellebevan-
de gassate continui a fatturare circa 68 miliardidi dollari, i consumatori sono sempre più orientativerso le acque minerali, i succhi di frutta e le be-vande al tè verde. Ma nel 2005 la vendita di bibitegassate ha subito una flessione. Anche il consumodibevandegassatedieteticheèdiminuito.Durante una recente conferenza, il direttore
generale della Coca-Cola, E. Neville Isdell, visi-bilmente irritato che il nome della sua azienda siastatocoinvoltoneldibattitosull’obesità,haripetutoche i loro prodotti dietetici dovrebbero essere in-seriti nella categoria delle bibitesalutari perché il basso o inesi-stentecontenutocaloricone fa lalogica risposta all’allargamentodelgiro-vita.“I prodotti dietetici sono dav-
vero prodotti sani e attenti albenessere”, ha detto Isdell, spie-gandocheDietCokePlusrappre-sentaunmodoperattirarenuoviconsumatori.TomPirko, presidente di Bev-
mark, una società di consulenzeperle industriealimentari,ritienechecommercia-lizzarecomesalutaridellebibitezuccherateartifi-cialmente, anche se arricchite con vitamine e saliminerali, è“unacosaridicola”.Lericerche,spiegaPirko, dimostrano che i consumatori consideranolebibitedietetiche“l’antitesidellabevandasaluta-re”.Questi consumatori “criticano il fatto di intro-durre nel loro organismo qualcosa di artificiale enon naturale quando bevono una bibita dietetica”,
dice. “Econsiderata l’attenzioneper la salutee ilbenessere,nonèunabuonacosa”.
L’idea di una bevanda gassata che allostesso tempo faccia bene alla salute nonè del tutto nuova. Nel 2004, la CadburySchweppes lanciò la7UpPlus,unabibi-ta frizzante arricchita con vitamine esali minerali. L’anno scorso, la Cadbu-ryhatentatodiestenderel’immaginedibibita salutare anche alla tradizionale7Up, con l’etichetta “naturale al centoper cento”. Ma l’etichetta è stata cam-biata in “aroma naturale al cento percento” dopo le proteste di un’associa-zione di nutrizionisti che ha contestatoche un prodotto contenente sciroppo digranoadaltaconcentrazionedi fruttosiopotesse essereconsideratonaturale e la7Up Plus ha cominciato a non andaretroppobene.Oltre alle bibite gassate arricchite
convitamine, laPepsiColastalancian-doanchelaDietPepsiMax,checontie-ne più caffeina e ginseng, mentre laCoca Cola ha iniziato una nuova cam-
pagna di marketing per Coke Zero, con un gustomoltosimileaquellodellaCocaCola tradizionale.DawnHudson,presidentessaedirettricegenera-
le della Pepsi Cola Nord America, commentandola flessione delle vendite, osserva che negli ultimidiecianni iconsumatorisisonostancatidinonberealtro che bevande contenenti cola, come la Coke elaPepsi, e sonoalla ricercadi qualcosadi diverso.Ma da qualche tempo, aggiunge, bibite dietetichee prive di cola, come Diet Mountain Dew e SierraMistFree, stannoandandomoltobene.Tava, la nuovabibita dellaPepsi, oltre al cromo,
conterrà vitamina B3, B6 e E. “Le bibite a bassocontenuto calorico sono senza dubbio un settoreche tendeallo sviluppo”,dice laHudson.Katie Bayne, vicepresidente per i marchi Coca
Cola del Nord America, avevaprevisto che il lancio di nuoviprodotti e unmarketing accortoavrebberorinvigorito ilmercatodellebibitedietetiche.“Non siamonoi a scegliere co-
savendere, sono i consumatori adeciderecosacomprare”,dice laBayne. Diet Coke Plus (che con-terrà le vitamine PP, B6 e B12,magnesioezinco)“èperfettaperuncertogruppodiconsumatori”,dice. Anche se è troppo presto
per sapere se ai consumatori piacerà l’idea di unabibita dietetica gassata integrata con vitamine, leaziendedibibitestannocercandoaltrimodiperri-collocare come salutari i propri prodotti. Tutte leprincipalicaseproduttricidisoftdrinkstannoten-tando di trovare un dolcificante naturale privo dicalorie.“E’comeilSantoGraal,uncosadifficiledatrovare”, dice la signoraHudson della Pepsi Cola.“Mal’importanteècheabbiaunbuonsapore”.
di KEITH BRADSHER
HONGKONG—Nelmondoisolatodel-la banca centrale cinese sono conosciutecome le Tre Xiao, tre donne dal nomesimile incaricate di sovrintendere al piùgrande patrimonio mai messo insieme:gli oltremillemiliardididollari invalutaesteradetenuticomeriservadalgovernodiPechino.LeTreXiaosonoun’eccezionenelmon-
do tuttomaschile della politica cinese. Edopo il ruzzolone deimercati azionari ci-nesi, chehascosso imercati finanziariditutto il mondo, le Tre Xiao hanno grossesfidedavantiasé.LaBancadel popolo, labancacentrale
cinese, è sottoposta a pressioni semprepiùforti.Sui forumdidiscussionetelema-tici e nelle conversazioni fra i cinesi delleclassi urbane istruite, la banca èaccusa-ta di non saper mettere a profitto le suesmisurate riserve valutarie, ad esempiorischiando di più con investimenti azio-nari, e di non volerle utilizzare per aiuta-reunanazionedove lamaggiorpartedeilavoratori guadagnameno di un decimodello stipendiodiunamericanomedio.Leriservedivalutaesterasonoaumen-
tateinmodospropositatoinmoltiPaesiinviadi sviluppo, in particolare inCina.Laragioneèdaricercarenei forti interventivalutari effettuati da questi Paesi, che sisforzanodimantenere le loroesportazio-nicompetitivesuimercatioccidentali, te-nendoa freno l’apprezzamento della loromonetanazionalesuldollaro.Questi Paesi comprano dollari in gran
quantità dalle loro aziende esportatrici,dando incambiovalutanazionale.Eauncerto punto si sono trovati in difficoltà,senzasapercosa fareconquestidollari.Quasi tutte le banche centrali investo-
no i lorodollari in titoliamericani, inpar-ticolare buoni del Tesoro e obbligazioni,ma anche titoli garantiti da ipoteca. Ne-gli ultimi anni, questi imponenti flussi diacquisto hanno contribuito amantenerebassi itassidi interesseinAmerica,perlagioia degli americani che devonopagareunmutuoedelgoverno federalechedevefinanziare ideficitgemelli.Se le banche centrali cominciassero a
disfarsidiquestititoli,potrebberospinge-
realrialzo i tassiamericani.Mapassarealleazioni,chedisolitogarantisconoren-dimenti migliori sul lungo termine, rap-presenta un rischio, come hanno potutovedere le banche centrali con il recentetonfodeimercatiazionari.Sui forum telematici cinesi, si leggono
commenti insolitamente sferzanti, criti-chealgovernocinese,accusatodiaiutarei contribuenti e i proprietari di immobiliamericani investendo centinaia di mi-liardi di dollari inbuoni delTesoroealtrititoli americani, invece di spendere que-sti soldi inpatria. “LaCinadisponedi co-lossali riserve di valuta estera: perché ilgoverno non le usa per finanziare l’istru-zione?”,dicevaunodiquestimessaggi.Raddoppiare il rendimento degli in-
vestimenti effettuati dal governo cinese
con le sue riserve valutarie, portandoloall’8 per cento contro l’attuale 4 per cen-to, procurerebbe entrate supplementarisufficienti a triplicare i fondi destinatiall’istruzione, dice Tao Dong, del CréditSuisse.“Ricavaremaggioriprofittidalleriservevalutarie”,dice,“èunacosanatu-rale,èquellochesiaspettalapopolazionecinese”.Spendere i dollari americani in istru-
zione e in altri programmi di interessenazionale, però, non è così semplice. Perpoterli spenderenell’istruzione, labancacentraledovrebbevenderepartedellesueriserve in dollari per acquistare yuan, lavalutacinese.Macomprandoyuanincosìgranquantità,spingerebbeinalto ilvalo-redellamonetanazionale, rendendocosìmeno convenienti le esportazioni cinesi:
unoscenariochelaBancadelpopolofino-rasi èsforzatadievitare.Attualmente, laCinasistapreparando
a investire denaro pubblico in azioni, ob-bligazioni private e perfino merci, comeil petrolio emagari alcunimetalli di im-portanzastrategica.“Questi fondidovrannoesseregestiti in
maniera estremamente professionale”,dice Rajat Nag, direttore generale dellaBancaasiaticaper losviluppo,alludendoaimanager incaricati di gestire le riser-ve delle banche centrali in diversi Paesi.“E non credo che possano essere dei bu-rocratia farlo”.La banca centrale cinese deve fare i
conti con problematiche specifiche rela-tive alla gestione delle sue riserve valu-tarie. Fonti vicine all’Amministrazione
statale dei cambi, un organismo control-lato dalla banca centrale e incaricato digestire le riserve, calcolano che la Cinadetiene titoli americani garantiti da ipo-teca per un valore di circa 100 miliardidi dollari. È raro che una banca centraleopti per questo genere di investimento,malasceltaèmotivatadallasperanzadiottenere rendimenti più elevati di quellioffertidaibuonidelTesoro.Gli esperti calcolano che altri 600 mi-
liardi di dollari circa siano investiti inbuoni del Tesoro, spesso dati in prestitopergenerareprofitti, edalmenoaltri 200miliardididollari inobbligazioni ineuro,e laparterestante inobbligazioniespres-se inaltrevalute.L’Amministrazione statale dei cam-
bi è diventato un posto più tranquillo daquandoci sono leTreXiao:WuXiaoling,Hu Xiaolian e Zhang Xiaohui. Il Partitocomunista cinese insiste perché i funzio-nari della banca vengano pagati quantounnormaledipendentepubblico, eanchei dirigenti quindi guadagnano l’equiva-lentedi 500dollarialmese.Ora l’Amministrazione statale dei
cambi ha avuto l’autorizzazione a paga-re stipendi più vicini a quelli di mercato,ma il resto delle istituzioni della bancacentrale incontrano difficoltà quando sitratta di assumere imigliori cervelli delPaese,diceVictorShih,espertodelsiste-ma bancario cinese alla NorthwesternUniversity.“Laquestionedeglistipendi”,dice, “èunproblemaenorme”.
Tre donne per gestire la stanza del tesoro cinese
Più acqua e succhi di frutta in tempidi allarme obesità.
Reuters
Mercato
a rallentatore
per le nuove
bibite salutari
La Cina sta pensando di investire una parte delle sue eccedenze di valuta estera. A gestire questi investimenti sarà un trio di donne, soprannominate le Tre Xiao, un’eccezione nel mondo a dominanza maschile della banca centrale.
Repubblica NewYork
S C I E N Z A E T ECNO LOG I A
VI LUNEDÌ 19 MARZO 2007
di STACEY STOWE
Da giugno Alex Dehgan ha trascorsolamaggior parte del tempo in Afghani-stan, lavorando per proteggere la florae la fauna di quel Paese e a sviluppareil primo sistema ufficiale di aree pro-tette.La premessa di questo progetto trien-
nale diretto da Dehgan, ecologista com-portamentale e biologo della conserva-zione, è che la tutela della flora e della fauna è cruciale per la ripresa e la stabi-lità in un Paese dove l’80 per cento della popolazionevive inareerurali edipende direttamente dalle riserve naturali per sopravvivere. Lo scopo dell’iniziativa, un progetto
congiunto della Società per la conserva-zione della natura e del governo afgano, finanziato da una sovvenzione di 6,9 mi-lioni di dollari della United States Agen-cy for International Development, sono ambiziosi: una revisione legislativa del-le politiche ambientali, un rilevamento della fauna selvatica, l’aiuto alle comu-nità per gestire le risorse naturali e un aiuto per un progetto di conservazione con i Paesi confinanti . Sede della catena dell’Hindu Kush e
del Nodo del Pamir, regione nella quale si incrociano quattro catene montuose, l’ecosistema alpino dell’Afghanistan ospita specie come la pecora di Marco Polo, lapiùgrandealmondo, lostambec-co himalayano e persiano, lo scoiattolo volanteeuccelli comel’avvoltoiogrifone e l’aquila dorata. Dehgan ha 37 anni, è nato in Iran ed
è andato a vivere negli Stati Uniti quan-do aveva due anni. Dopo aver ottenuto il dottorato all’università di Chicago, dal 2003 lavora su questioni di politica di conservazione ambientale in tutto il mondo.All’iniziodiquest’annohatenuto una conferenza presso lo Zoo del Bronx di New York, sede della Società per la protezione della natura e prima che ri-partisse per l’Afghanistan lo abbiamo intervistato.
D.A quali tipi di problemi ambientali va incontro l’Afghanistan? R. Nel 2002 il 52 per cento della superfi-cie delle foreste era andata perduta. C’è
erosione del terreno, eccessivo sfrutta-mento dei pascoli, trasmissione di ma-lattie nel bestiame. Il governo afgano non ha informazioni precise, tutti i suoi dati sono andati persi. Stiamo cercando di ripristinare l’informazione e trasfe-rire in forma digitale i manoscritti. Ab-biamo portato a termine un censimento degli uccelli e dei grandi mammiferi nel Grande Pamir e nel Piccolo Pamir, identificato 22 nuove specie nella valle di Wakhan.
D.Leihadiscussodeiprogrammidicon-servazione insieme a coloro che si occu-pano sul campo di pastorizia e agricol-tura, persone che temono che i militari possanoconfiscareglianimalio imporre loro tassesesivieneasapereconesatez-za quanto bestiame posseggono. Come affronta queste preoccupazioni?R. L’aspetto finanziario della conserva-zione è essenziale per la riuscita del pro-getto.Perquantopossibile,dobbiamoin-staurare un nesso tra ciò che l’ambiente naturale fornisce agli esseri umani e il tipo di servizi che è possibile ottenere da quello specifico ambiente naturale.
D. Questo implica di andare di casa in casa?R. Attraversiamo i fiumi nel pieno del-l’inverno. Andiamo a dorso di yak, a dorsod’asino, omontiamoacavallo.An-diamo direttamente da loro, ci sediamo tra loroenediscutiamo.Partedelnostro lavoro consiste nel capire in che misura dipendono dalle risorse naturali. Il loro benessere, la loro sopravvivenza in una regione così rigida e aspra dipende dal bestiameedalleesiguecoltureperesse-re ingradodisfamare ilbestiame.Mase il bestiame pascola in modo eccessivo si riduce di numero di capi e loro perdono animali, perché non dispongono di ab-bastanza foraggio per nutrirli in pieno inverno e questa perdita influisce sulla sopravvivenza della gente, in modo par-ticolare dei popoli nomadi.
D.Un’intera generazione di afgani mes-sa in fuga dalla guerra è cresciuta in Iran e in Pakistan. Tre milioni di afgani restano rifugiati in Pakistan. Che rap-
porto esiste tra tutela dell’ambiente e identità del popolo afgano?R.Gliafgani sono legati intimamenteal-la terra. Riavvicinarli e riabituarli alla vita della natura, degli animali selvatici in Afghanistan, è un modo per ripristi-narne l’identità. Questo vale in partico-lareperquellepersonecheabitano inca-se nelle quali i simboli della flora e della fauna selvatica sono utilizzati per deco-raregli ambienti.Questagentehaeredi-
tatounpatrimonionaturalestorico.Nel-la loro cultura rientra anche un aspetto così basilare come conoscere bene tutto ciò che è afgano, animali compresi.
D. Quali reazioni hanno avuto gli afga-ni?R.Estremamentepositive.Unadelleco-se che la scienza ci dona è un linguaggio comune, che trascende le varie culture. Il rispetto per la scienza non ha eguali
nel mondo islamico. Si guarda allo stes-so modo al processo biologico, quale che sia la religione alla quale si appartiene. Una delle cose da non fare è promettere ciò che non si è in grado di mantenere: negli ultimi cinque anni agli afgani sono statepromessemoltissimecose,manon molte ne sono state realizzate.
D.Considerate lesfidecheciòcomporta, perchéoccuparsidiconservazione inpo-sti come l’Afghanistan e l’Iraq?R.Perchéreputochequestasiaunastra-dacheconducealla sicurezza: inAfgha-nistan e Iraq la sicurezza non si otterrà con learmi.Questipopolidipendonodal-le loro risorse naturali e si identificano nella loro flora e nella loro fauna. Sono componenti a tutti gli effetti della loro identità nazionale.
di JOHN NOBLE WILFORD
Gli antichi popoli peruvia-ni, come altri popoli dell’anti-chità, hanno compiuto grandisforzi per seguire il sorgere e iltramonto del sole attraverso lestagioni come guida per l’agri-coltura, oggetto di venerazionee dimostrazione mistica dellapotenza di un sovrano.Gli archeologi oggi hanno
scoperto che una sequenza dicomplesse torri di pietra erette2.300anni fadai peruviani suunbasso crinale formava un profi-lo frastagliato con stretti spazivuoti posti ad intervalli regolariallo scopo di disegnare un alli-neamento che abbraccia in mo-do quasi esatto l’arco tracciatodal sole nel corso dell’anno.Si tratta del più antico osservatorio
solareconosciutosulcontinenteameri-cano.Questo sitoprecededimolti seco-li altri monumenti simili costruiti daimaya in America centrale e di quasiduemillenni gli osservatori solari rea-lizzati inPerù dalla civiltà inca.Sull’ultimo numero della rivista
Science, un archeologo peruviano e unarcheoastronomo inglese scrivonochele 13 torri, che variano in altezza da 2a 6 metri e si estendono per 305 metri,sono visibili da un complesso di cerchiconcentrici dimurarelativamenteben
conservate che circondano alcuni edi-fici cerimoniali.Gli studiosi affermanoche la posizione delle torri in rapportoai punti di osservazione all’interno delcomplessocintodamuraè laprovacer-ta che quello era un luogo dedicato allostudio del sole per la preparazione delcalendario e a cerimonie rituali, festee culti del sole.L’osservatorio, conosciuto come le
Tredici torri di Chankillo, si trova nelbacino del fiume Casma-Sechin nellazona costiera desertica del Perù, a 385chilometri aNorddiLima. SindalXIX
secolo, gli archeologi si sonochiesti se il sito fosse un tempio,il luogodovesi svolgevanobatta-glie cerimoniali oppure un forte,la spiegazione più frequente.Ivan Ghezzi, che alla Yale
University studia le anticheguerre peruviane nell’ambito diundottoratodi ricerca, si è reca-to a Chankillo per esaminarne ibastioni. Sembra che parte delcomplesso fosse costituito dafortificazioni.“Fin dalle prime misurazio-
ni”, hadettoGhezzi a telefonodaLima, “ci siamo resi conto dellanatura e dell’importanza delletorri”.Clive Ruggles, archeoastro-
nomo dell’università di Leice-ster, in Inghilterra, si è unito a
Ghezzi, che ricopre anche l’incaricodi direttore dell’Istituto nazionale dicultura in Perù, nelle ricerche. I dueesperti hanno concluso che Chankilloprova l’esistenza “di antiche osserva-zioni dell’orizzonte solare e di sofisti-cati culti del sole” a partire dal quartosecolo a.C.ClarkErickson, esperto di archeolo-
giaandinaall’universitàdellaPennsyl-vania, chenonhaperòpartecipatoallaricerca,diceche lenuovescopertesonoimportanti in quanto rivelano “che co-sa questa gente aveva inmente”.
La natura dell’Afghanistanpatrimonio da proteggere
Perù, tredici antiche torri per osservare il sole
di BENEDICT CAREY
Le scene da unmatrimonio destinatea soffocare lentamente il rapporto nonsono scene nel senso comune del termi-ne, bensì silenzi, presunte attenzionimancate, timori privati inconfessati.Lei gli chiede di rigovernare dopo cenae rabbrividiscequando lui rimanda l’in-combenza, quasi fosse un rifiuto.Oppure si prepara per uscire e poi
lotta contro un timore crescente al pas-sare dei minuti senza un commento daparte di lui su quanto le sta bene quelvestito.“Non dicevomai nulla ma sentivo un
gran bisogno di approvazione, una ter-ribile dipendenza che lui non avevamo-do di capire”, raccontaRonniWeinstein, 61 anni,terapeuta della zona diChicago, riferendosi alsuo ex marito. Dice chedaalloraha imparato cheil suo bisogno di dipen-denza avrebbe potuto es-sere usato per rafforzareil matrimonio invece cheperminarlo.“E’ questo che impara-
no a fare le coppie in sa-lute”, dice, “a dipenderevolontariamente l’unodall’altro e decidere ilruolo che ciascunohanel-la coppia”.Solo negli ultimi anni i
ricercatori hanno iniziatoa rendersi conto che se da una parte ladipendenza può sotto certi aspetti nuo-cere alla salutementale, sotto altri puòessere di valido aiuto.“Esistono persone dipendenti che
cadono facilmente nel panico, che chia-manounamico o il coniugequindici vol-te al giorno,minando il rapporto,mac’èanche chi ha imparato a modulare gliimpulsi”, dice il dottor Robert F. Born-stein, psicologo della Adelphi Universi-ty di Garden City, New York, e autore,assieme alla moglie, Mary A. Langui-rand, diHealthyDependency (Salutare
dipendenza). “Questi soggetti possonoavere bisogni di dipendenza molto for-ti”, prosegue, “ma hanno sviluppatoabilità sociali, hanno imparato a rende-re gradevole agli altri l’incombenza diaiutarli. Tutta la differenza sta lì”.In uno studio recente gli psicologi
hanno valutato 48 studenti di sessoma-schile e femminile del Gettysburg Col-lege in Pennsylvania secondo criteri didipendenzae tenendo conto dei risultatiscolastici. I ricercatori hanno scopertoche gli studenti col più alto livello di di-pendenzaavevanoun rendimento note-volmente superiore, in media, di quellipiù autosufficienti. Unmotivo plausibi-le, secondo gli autori, è che gli studenti
dipendenti ricorrevanocon più facilità all’aiutodei professori per i com-piti.In unaltro studio speri-
mentale, gli psicologi del-l’universitàdiLovanio, inBelgio, hanno misurato icaratteri di dipendenza,la soddisfazione e i livellidi conflitto nel rapportoin 266 adulti impegnati inrelazioni a lungo termine.E’ risultato che i partnerdipendenti registravanolivelli più alti di soddi-sfazione rispetto ai piùautosufficienti, ma soloin caso di conflitti nellacoppia.
Almeno nel breve periodo, dicono gliautori, i caratteri di dipendenza funge-vanoapparentementedacuscinettoperi rapporti in crisi.Nel lungo periodo, dice la Lowyck,
non è affatto chiaro se tali istinti pro-tettivi tengano vivo un rapporto o losoffochino.La risposta dipenderà dalla coppia,
dicono gli esperti, e probabilmente dal-la sostanzadella dipendenzadi unpart-ner: comeviene espressa, se la personaè generosa quanto bisognosa, flessibilequanto ansiosa.
La dipendenza dal partnerpuò far bene alla vita di coppia
Da sinistra, James Estrin/The New York Times; Carlotta Gall/The New York Times
Bill Duke
National Aerial Service, Peru; Ivan Ghezzi, in alto
Secondo gli scienziati un’antica cinta muraria, in alto, poteva servire come osservatorio in un complesso dedicato alle cerimonie, sopra.
Tomas Munita/Associated Press
Alex Dehgan si occupa di questioniambientali come lo sfruttamentodei pascoli da parte degli yak ela deforestazione causata dallapenuria di combustibile domestico.
Repubblica NewYork
I S T R U Z I O N E
LUNEDÌ 19 MARZO 2007 VII
di PAUL BURNHAM FINNEY
Con gli affari che ormai si fanno in ogniangolodelpianeta,dominareanche parzialmente le lingue straniere sta di-ventando, per chi viaggia all’estero per lavoro, tanto importante quanto il com-puter portatile.Per chi visita Mosca, un gentile kak
dela (come stai?) potrebbe essere il giu-sto modo di rompere il ghiaccio con l’in-terlocutorerussoeunobrigado (grazie) quando si conclude l’incontro d’affari a San Paolo, potrebbe rappresentare quel poco di portoghese che però sorprende piacevolmente l’ospite brasiliano.I veterani dei viaggi all’estero dicono
che,nonostante ladiffusionedell’inglese, piccoli gesti linguistici aiutano a creare con gli ospiti una certa familiarità, perché si dimostra di voler fare uno sforzo e tenere al rapporto con loro. “Ho cinque frasi per ogni posto
dove vado”, dice Sally A. Painter, di-rettore esecutivo della Dutko Global Advisors, una società specializzata nella pubblica amministrazione, che viaggia per lavoro due volte al mese in posti come, per esempio, Argenti-na, Cambogia o Lettonia.“‘Buongiorno’; ‘Come sta?’; ‘Mol-
to bene, grazie’; ‘È stato un piacere incontrarla’; ‘La ringrazio molto’: ecco il mio repertorio di base”, dice la Painter. “Vorrei essere più ferrata nelle lingue”.Chi viaggia per lavoro dice che
anche poche frasi possono avere un grande impattosui lorocontatti all’este-ro. Anche se non è facile con una lingua come il mandarino, l’ultima arrivata sulla scena dei corsi di lingua.“Le lezionidimandarinosonocresciu-
teenormemente”, diceThomasUehara, direttore per gli Stati Uniti della Berlitz International,probabilmente ilpiùcono-sciuto fornitore al mondo di corsi di lin-gua — segue l’arabo, ma a distanza.Consapevoli del valore che ha il parla-
re un po’ della lingua madre degli ospiti, i dipendenti che devono andare spesso all’estero stanno tutti frequentando cor-si per migliorare il dominio della lingua nelle conversazioni.“Il nostro corso più popolare dura cin-
que giorni, con sessioni di conversazio-
ne di sette ore al giorno”, dice Uehara. “I nostri studenti dicono che già dopo il secondo giorno cominciano a sognare nella lingua straniera. È allora che si vede che l’apprendimento sta avendo successo”.Perquesto tipodi corsidiuna settimana, si pagano 2.500 dollari più i materiali di studio.Per i corsi di lingua high-tech, c’è la
Fairfield Language Technologies, che commercializza un corso su cd-rom chiamato Stele di Rosetta per studiare la lingua in proprio.Molte società americane stanno con-
siderando quale sia il modo migliore per preparare i loro dipendenti per i viaggi all’estero. “Molte aziende ora scelgono di lasciare i dipendenti frequentare il
corso che sembra più adatto e lo rimbor-sano, invece di obbligarli a partecipare ai corsi aziendali”, dice Uehara. Gli insegnanti usano tutti i mezzi di-
sponibili, dai manuali e i pupazzi del corso Spagnolo per dummis, ai testi su cd che possono essere ascoltati mentre si guida. Ma tutti si guardano bene dal proporre interminabili sessionidiconiu-gazione dei verbi francesi.“I corsi vanno disegnati a misura del
cliente”, diceJuanGutierrez, presidente della Ultimate language store a Richar-dson, Texas. “Alcuni studenti impara-no bene dalla televisione e dai film in lingua. Noi abbiamo centinaia di film in lingua straniera. Che ne diresti de Il signore degli anelli in italiano?”
di EDWARD WONG
SULAIMANIYA, Iraq — Sarebbe un progetto ambizioso anche in un Paese mediorientale non invischiato in una guerra: costruire un’università ameri-canadove le lezionivengono impartite in inglese,gli insegnantivengonodatutte le partidelmondoe i laureatisicontendono redditizi lavori incampicomel’ammini-strazione aziendale e l’informatica.Ma è esattamente questo che stanno
facendo alcuni dei grandi nomi della classe politica e dell’intellighenzia ira-chena, nonostante l’aggravarsi della si-tuazione nel Paese.Il progetto di un’Università ameri-
cana dell’Iraq prende a modello le fa-mose università private del Cairo e di Beirut. L’ateneo dispone già di: un con-siglio d’amministrazione, un business plan messo a punto poco tempo fa dalla McKinsey & Company, la società di con-sulenza internazionale, tre candidati al posto di rettore e 25 milioni di dollari provenienti in gran parte da donazioni promesse dal governo americano e da finanziatori curdi. Per realizzare questo sogno, però,
servono molti più soldi: tra i 200 e i 250 milioni di dollari in 15 anni, dice Azzam al-Wash, segretario di direzione del con-siglio di amministrazione.Masedovessediventarerealtà, lanuo-
va università non sorgerebbe a Bagdad, che per secoli è stato un faro del sapere nel mondo arabo, ma nella parte meno irachena dell’Iraq. Il sito prescelto è una collina battuta
dal vento nei dintorni di Sulaimaniya, la capitale orientale del Kurdistan irache-no, 240 chilometri a nord di Bagdad, lon-tana dalle autobomba e dagli squadro-ni della morte che affliggono il Paese. Essendo finora rimasto relativamente al riparo dalla violenza, il Kurdistan ha piùpossibilitàdiattirareaiutie fondiper la ricostruzione.Con medici, ingegneri, uomini d’af-
fari, professori e studenti universitari che vanno a rinfoltire le fila di migliaia di persone che abbandonano l’Iraq per rifugiarsi nei Paesi vicini o in Occiden-te, questauniversitàoffre la speranzadi riuscire a tamponare la colossale fuga
di cervelli, facendo fare un passo avanti all’Iraq. “È un progetto assolutamente necessario se si vuole formare l’élite politica del futuro, l’élite intellettuale del futuro”, dice Barham Salih, il cur-do ideatore del progetto, un viceprimo ministro che ha ottenuto un dottorato in Statistica e progettazione informatica all’UniversitàdiLiverpool, inGranBre-tagna, e che ha una figlia che frequenta l’Università di Princeton. “L’obiettivo è anchestimolareunariformadelsistema dell’istruzione in Iraq”.
Alcuni funzionari arabi del ministero dell’Istruzione, a Bagdad, sostengono però che l’università dovrebbe essere costruita nella capitale, non in una zona dell’Iraqnotaper lesueambizioniseces-sionistiche.Intellettuali come Kanan Makiya, l’il-
lustrescrittore tornatodall’esiliodopo la caduta di Saddam e grande sostenitore dell’invasione americana, dice di avere inprogrammadi trasferire i suoiproget-ti di ricerca nell’Università americana. E’ il fondatore dell’Iraq Memory Foun-
dation, un istituto di ricerca nella Zona verde di Bagdad, l’area superprotetta dellacapitale, chesi occupadidocumen-tare le atrocità del regime di Saddam.“ABagdadormaiè impossibile realiz-
zare un progetto così”, dice Makiya, che ha una cattedra di Studi mediorientali all’Università di Brandeis, a Waltham, nel Massachusetts, e fa parte del consi-glio di amministrazione del futuro ate-neo. “Il Nord è molto più stabile, prospe-ro, dinamico”.“È triste essere costretti ad andarce-
ne da Bagdad”, aggiunge.I fautori dell’Università americana
dell’Iraq intendono fare del progetto di documentazione di Makiya il cardine deldipartimentodiStudiumanistici.Al-Wash,professorediScienzedell’ambien-te,diceche intendeusare l’universitàco-me base per il suo progetto di ricerca sul recupero delle aree paludose dell’Iraq meridionale.I lavori inizieranno in primavera e i
primi 15 o 30 studenti potranno comin-ciare un corso intensivo semestrale di lingua inglese, che si terrà in uno spazio preso in affitto a Sulaimaniya, prima di iniziare un master biennale in Ammi-nistrazione aziendale. Il primo corso di laurea partirà nell’autunno del 2008. La retta sarà fra gli 8.500 e i 10.000 dollari all’anno, diceal-Wash.Cifre fuoriporta-ta per una famiglia borghese media in
Iraq.Salihdicecheperòl’ateneoprevede di concedere prestiti e borse di studio.Nei primi cinque anni di vita dell’isti-
tuto, i corsi di laurea si concentreranno sugliargomentiche il consigliodiammi-nistrazione giudica di cruciale impor-tanza per lo sviluppo dell’Iraq: econo-miaecommercio, ingegneriapetrolifera e informatica, per fare degli esempi.“Questo progetto deve avere ricadute
pratiche immediate per l’economia e la politica del Paese”, dice Salih.Dopo cinque anni, l’Università ameri-
canaforseaggiungeràdeicorsidi laurea in materie umanistiche. “Vogliamo che studino le ideediLocke, le ideee leopere di Paine e di Madison”, dice al-Wash, il segretario di direzione. “Vogliamo che capiscano che cos’è la democrazia: non soltanto il governo della maggioranza, ma anche i diritti delle minoranze. Do-vranno conoscerla bene”.
di STEPHANIE ROSENBLOOM
Nell’abbondanza di voluminose pub-blicazioni sulle ammissioni alle uni-versità americane, come The Best 361CollegeseFinancialAid for theUtterlyConfused, c’è una guida che riguardaundiverso di accoglienza.The Advocate College Guide for
LGBT Students individua i 100 “mi-gliori campus” del Paese per lesbiche,gay, bisessuali e transessuali ed esceora che gli studenti omosessuali hannoguadagnato visibilità e voce in capito-lo.“Pare che lametà o lamaggioranza
dei gay e delle lesbiche americane di-chiari la propria omosessualità primadiandarealcollege”,diceBruceSteele,caporedattoredellaguida. “Adifferen-za di quanto avveniva in passato pos-sonorifletteresuquellachesarà la lorovita al campusprimadi iscriversi”.Tra le top 20 della guida compaiono
l’UniversitàdellaPennsylvaniae l’Uni-versità dellaCalifornia del sud.Kevin Jennings, direttore del Gay,
Lesbian and Straight EducationNetwork nonché ex insegnante discuola superiore, dice che laAdvocateGuide è la prima pubblicazione ad af-frontare davvero inmaniera completai problemi degli studenti non eteroses-suali.Con 400 pagine circa, non classifi-
ca le scuole ma stila un inventario deicampusassegnandounpunteggio(da1a20) inbasealle politiche, ai program-mi e alle prassi inerenti la popolazioneomosessuale, bisessuale e transes-suale. Conta ad esempio se una scuoladichiara espressamente di ispirarsi alprincipio della non discriminazione, seoffre agli omosessuali opzioni di allog-gio e temi di studio specifici, se esisteun gruppo di studenti dedicato e unagammadi corsi correlati.Nel profilo è inclusaancheunasezio-
ne “Svagoomo”che offre informazionisui gruppi sportivi, le organizzazionireligiose e spirituali che accettano le-sbiche, gay, bisessuali e transessuali.Per gli studenti gay la guida è un se-
gno dell’evoluzione in senso progressi-sta dimolti campus americani e dimo-strazione che non bisogna necessaria-mente frequentare le università dellegrandi città per sentirsi a proprio agio.Può essere d’aiuto ai genitori nella ri-cercadi unascuola in cui i loro figli nonsolo sarannoal sicuro,mabeneaccetti.E,diceSteele,puòrendere leuniversitàpiùconsapevoli delle rispettiveprassi epromuovere ulteriori cambiamenti.Parecchi studenti però si sono detti
sorpresi nel vedere le loro scuole inse-
rite nellaguida, perché il camminoperarrestare l’omofobia è ancora lungo.Jeremy Marshall, iscritto alla DukeUniversity e attivo nella Duke Allies,un’organizazione studentesca a soste-gno della popolazione lesbica, gay, bi-sessuale e transessuale, si dice sorpre-so che laDuke compaia tra le 20 scuolepiù aperte.“Non credo che laDukemeriti anco-
ra questa posizione”, dice. “Nel 1999 èstata considerata una delle scuole piùomofobiche” dalla Princeton Review,
un’altra guidaai college.Ma Maddie Dewar, 22 anni, di Du-
rham, North Carolina, laureata allaDuke lo scorso anno e presidente dellaAlleanzadegliuniversitariomosessua-li della Duke, sostiene che nonostantesia più arduo essere gay alla Duke chealla New York University, sono statifatti dei passi avanti. “Quattro anni fanon avrei consigliato questa universi-tà”, dice. “Orapensochesiaun’alterna-tiva di prim’ordine, una rara opportu-nità”.Laguida si basaampiamente sulgiudizio degli studenti. Le candidaturesono fruttodiunacernitarealizzata tra680 campus e sono state condotte piùdi 5.500 interviste online per stabilirequali campus risultassero superiori.Un’indagine della Gay, Lesbian and
Straight Education Network pubblica-ta nell’aprile scorso, che ha raccolto letestimonianze di un gruppo di studentitra i 13 e i 20 anni dichiaratisi omoses-suali, bisessuali o transessuali, rivelache circa il 75 per cento ha udito pro-nunciare frequentemente o spessocommentisprezzantiascuola.Piùdiunterzohasubitomolestie fisicheascuolaper il proprio orientamento sessuale.“Quando le persone si sentono accet-
tate possono concentrarsi sull’appren-dimento”, dice Jennings. “Se si sentonoisolate o emarginate non ci riescono.Eil desiderio degli studenti omosessuali,bisessuali e transessuali è quello co-mune a chiunque si iscriva al college:vogliono sentirsi inseriti”.
Un’università che possa convincere gli intellettuali a tornare in Iraq
Viaggi d’affari più proficuicon un breve corso di lingue
Guida ai college
dove i gay
sono benvenuti
Max Becherer/Polaris, per The New York Times
Il progetto dell’università americana dell’Iraq mira a formare l’élite politica del futuro. Azzam al Wash, a destra, segretario di direzione del consiglio d’amministrazione della futura università, incontra i costruttori.
Diversi criteri per misurare la tolleranza,dai corsi allo svago.
Derek Anderson per The New York Times
Clelia Deltour, Catrina Wang e Jeremy Marshall fanno parte di un gruppo della Duke University a sostegno dei gay.
Bagdad è un antico centro di sapere, ma ora il Kurdistan è più sicuro.
John Marshall Mantel per The New York Times
Volker Helms impara il portoghese da Armando Sagasti, della Berlitz.
Repubblica NewYork
AR T I E T END ENZ E
VIII LUNEDÌ 19 MARZO 2007
di LARRY ROHTER
SALVADOR,Brasile—GilbertoGil, ministro brasiliano della Cultura, è intervenuto sul tema dei diritti di pro-prietà intellettuale,deimediadigitali e su temidiquestogenerenel corsodella South by Southwest Music and Media Conference tenutasi ad Austin, Texas, il 14 marzo. Due sere dopo l’interprete, cantautore e pop star ha dato avvio ad un tour di concerti di tre settimane in America.E’ raro che il mondo della politica e
quellodell’arteconvergano inmaniera così poco tradizionale come nella per-sona di Gil. A più di 40 anni da quanto per la pri-
ma volta prese in mano una chitarra per cantare in pubblico, Gilberto Pas-sos Gil Moreira rappresenta un’ano-malia. Non si limita a fare musica, ma fa anche politica. E quando l’industria musicale, cine-
matografica ed editoriale lottano per adeguarsi alla sfida rappresentata dalla proliferazione di contenuti su in-ternet, Gil si è rivelato un importante protagonista della ricerca globale di formepiù flessibili didistribuzionedel-le opere artistiche. Il suo doppio ruolo ha talvoltageneratoconflittidi interes-se, che si è sforzato di armonizzare. Come compositore ha interesse a tu-
telare i diritti d’autore, ma in qualità di membro del governo di un Pae-se in via di sviluppo famoso per l’energia creativa della sua gente, Gil vuole anche che i brasiliani abbiano libero accesso alle nuove tecnologie per fare arte e diffon-derla senza dover cedere i diritti allegrandi impresechedominano l’industria della cultura. “Amiogiudiziostiamoandando
rapidamente verso la scomparsa di un unico modello tradizionale, ormaiobsoleto, persostituirlocon altri ibridi”, dice, intervistato qui nella sua città, nel Nord-est del Brasile. “Personalmente reputo che la
cultura digitale porti con sé un nuovo concetto di proprietà intel-lettualeeche lanuovaculturadel-la condivisione possa e debba impron-tare la politica del governo”. Uno dei primi interventi di Gil, dopo
l’assunzione dell’incarico di ministro dellaCulturanel 2003, fu la formazione di un’alleanza tra ilBrasile e il nascen-te movimento Creative Commons.Fondatonel2001,CreativeCommons
puntaadoffrireun’alternativaal siste-ma tradizionale di copyright all’inse-gna del “tutti i diritti riservati”, che a giudizio degli aderenti al movimento (una variegata compagine di ricerca-tori, artisti, avvocati e consumatori), è stato d’ostacolo alla creatività e alla condivisione della conoscenza nell’era di internet. In sostituzione, Creative Commons
ha ideato una struttura più flessibile che consente agli artisti di decidere quale parte dei diritti d’autore man-tenere e quale condividere con il pub-blico. L’organizzazione ha ideato delle li-
cenze che consentono ai creatori e ai consumatori di copiare, remixare o campionare un’opera digitale purché l’autoreoriginalevengaadeguatamen-te citato. In qualità di ministro, Gil ha inoltre
finanziato un’iniziativa chiamata pro-gramma Centri culturali che prevede l’erogazione di piccole sovvenzioni a numerosi centri sociali dei quar-tieri poveri di alcune delle maggiori
città brasiliane per l’installazione di studi audio e video e per insegnare ai residenti ad utilizzarli. Ne è derivata un’abbondanteproduzionevideoemu-sicale, in gran parte costituita da rap o musicaelettronica impegnatasui temi razziali e politici. La protesta contro le ingiustizie dei
diritti d’autore deriva in parte dalla sua esperienza personale. Come molti altri musicisti all’inizio della carriera, Gil firmòcontratti checedevano idirit-ti di pubblicazione dei brani composti. Ha affrontato una battaglia legale
durata sette anni per riacquisirli, con-clusasirecentementeconunasentenza favorevole che potrebbe portare altri artisti brasiliani a fare altrettanto. “Ho lottatoperriassumere ilcontrol-
lo sulla mia produzione, sostenendo la tesi che esiste il diritto unilaterale di rompere il contratto”,dice, “eabbiamo vinto”. Da quando Gil è diventato ministro
(è il primo brasiliano nero a far parte
del governo) la spesa per la cultura è cresciuta di più del 50 per cento, testi-monianza sia del suo prestigio che del-la sua abilità di negoziatore. Da ministro si è dedicato a vendere
all’estero la musica brasiliana, ma si è anche sforzato di attirare l’attenzione su cinema, pittura, scultura e lettera-turadel suoPaesedapartedeimercati stranieri. Negli ultimi quattro anni, Gil ha ri-
dotto notevolmente le esibizioni e ha pressoché smesso di incidere. Perché abbandonare un’attività
gratificante come fare musica per de-dicarsi alle incombenze della pubblica amministrazione? “La vita non è solo piacere ”, dice.
“Laprimafrasedellescritturevediche è che ‘Tutto è sofferenza’. La difficoltà è stimolante, rappresenta una sfida, è parte dell’energia vitale”. Inoltre Gil ha raggiunto una fase
della vita “in cui non ho più desiderio di considerare la mia carriera un me-stiere nel senso classico del termine”, dice.“Non considero più la musica un
campo da sfruttare, ma un ambito al-ternativo di azione, parte di un ampia gamma di possibilità a mia disposizio-ne. La musica è in me qualcosa di vi-scerale, trasuda da me e farò sempre musica, anche se non intenzionalmen-te”.
Gil, una voce brasilianaal servizio della politica
La cura dei capelli per chi non ne ha
Ascesa e caduta di un aspirante mogul del cinemadi SHARON WAXMAN
LOSANGELES—AHollywood,quelladiHenryWinterstern è una storia che ri-calcatemiclassici:l’incredibilerichiamodi questa città, i particolari appetiti chescatena e l’arroganza, che spesso condu-ceadun’uscitadi scena improvvisa.Questa volta però, nel rapido ciclo di
ascesa e caduta è coinvolto anche unpopolare hedge-fund. Winterstern, uninvestitore canadese con il pallino di ri-baltare le sorti di società incrisi, eracomparsodueannifa, desideroso di trasforma-re la First Look Pictures— un piccolo distributore—inunostudio indipendenteall’altezza di altri, come laLionsgate.In poco tempo — come
spesso acade ad Hollywood—egrazie aimilioni versatida un hedge fund newyorke-seedaun’importantebancad’investimentidiWallStreet,Wintersternèriuscitoamet-tere in piedi il suo mini-im-pero.Haassuntodirigenti dispicco e messo in cantiere,o acquistato, una dozzina difilm, come The Dead Girl,con Toni Collette eGiovanniRibisi. Que-st’anno ha poi trasferito l’intero staff di140persone innuovi, elegantiuffici.Maall’iniziodimarzohadato ledimis-
sioni, a causa di un 2006 che si è rivelatodisastroso al botteghino e di una certapropensione per spendere denaro senzadisporre di una liquidità sufficiente perpoterselopermettere.
Né la First Look Studios né il PrenticeCapitalManagement, l’hedgefundche loavevasostenuto,hannospiegatoilmotivodelle suedimissioni.Winterstern ha detto di aver deciso di
andarsenedopoche il consigliodi ammi-nistrazionehabocciato il suo tentativodiacquistare laNuImage/MillenniumFil-ms, una società di produzione. “C’è stataunadivergenza di opinioni”, ha detto. “Iovolevoconsolidare lasocietàedampliar-
la, ma il direttivo non erainteressato a perseguirequegli obiettivi”.Winterstern,cheha49an-
ni, non hamai affermato diavere una grande esperien-za nel cinema, ma convintocheladistribuzionefosseunsettore dove poter far soldi,avevaprogettatodimetterein piedi uno studio sfruttan-do il suo talento per trovaresoldi e le sue capacità stra-tegiche.Nell’iniziativa di Win-
terstern, Prentice Capitalaveva investito 70milioni didollari, che vanno sommatiad una linea di credito di 80milionididollarimessaadi-
sposizione dallaMerrill Lynch. Nel 2005Winterstern aveva fuso la First LookPictures con il suo Capital Entertain-ment Group. Poco dopo, avendo assuntodegli esperti del settore e aveva iniziatoa spendere. Oltre ad ampliare la societàcon diversi settori — tv, rete internazio-nale,homeentertainment—Wintersternha acquistato per 25 milioni di dollari la
DejProductions(ilramoproduzioneedi-stribuzionediBlockbuster)eildistributo-re di videoVenturaDistribution, costatocirca 20milioni di dollari. Hapoi iniziatoaprodurre film.Le sue prime scelte non hanno però in-
contrato il favoredel pubblico.Malgradoalcune buone recensioni The Dead Girl,cheparlavadiuncadaveremisterioso,haportato a casa solo 19.000 dollari eWas-supRockers, che raccontava di un grup-podiskatersedèstatoscrittoedirettodaLarryClark(diKids),hafattoregistraresolo 620.000 dollari. I risultati non sonobastati a scoraggiare la First Look daltrasferirsi in una nuova, splendida sede,conunarredocostato4milionididollari.Michael Zimmerman, direttore gene-
rale di Prentice Capital, ha detto ai di-pendenti di First Look che la società nonchiuderàibattenti,anchesenonèancorachiarochici saràadirigerla.Quello diWinterstern non è stato l’uni-
co casodoveunnuovoarrivato hapotutosperimentare come possa essere facilefare breccia aHollywood,ma quanto siadifficile sopravvivere. La sua avventuraperòèstataparticolarmentebreve.“E’ stato tutto così veloce”, diceCeline
Rattray, una produttrice di Dedication,una commedia acquistata dalla FirstLook. “E’ apparso sulla scena, aggres-sivo, e se ne è andato altrettanto veloce-mente”.MaWinterstern potrebbe ancheritornareallaFirstLook.Achiglichiede-va di commentare una voce secondo cuipotrebbe tentaredi ricomprare lostudio,l’imprenditore destituito ha detto riden-do:“Assolutamenteno”.Mapoiharichia-matoperdire:“E’possibile”.
BW
Per la First Look Henry Winterstern ha speso milioni.
di ANNA JANE GROSSMAN
Perbuonapartedellarecentestoriadellacuradellapersona,sfoggiare una testa completamente calva era una moda soloper uomini duri. Insomma, non eraun lookadatto a John, il ra-gioniere-tipo. Ma alla fine degli anni Ottanta, Michael Jordansi è rasato completamente la testa.Benprestoabbiamopotutoammirare le pelate di BruceWillis, AndreAgassi,Moby, oltrechediungrannumerodi ospiti della tv.Sièsviluppatounmercatodiprodotticoncepitievendutispe-
cificatamente per chi è privo di capelli, che da allora è frutta-to negli Stati Uniti circa 5miliardi di dollari. Sono stati diffusigel e unguenti che aiutano a radersi il cuoio capelluto, rendonobrillante lapelle, riduconol’effettopelle lucida,risolvonolasec-chezzao l’untuosità, bloccano i raggidel sole.“Sono un ex seguace del ‘riporto’”, confessa Howard Brau-
ner, fondatore della società Bald Guyz nata due anni fa a Ma-nalapan, in New Jersey. “Ogni mattina avevo l’abitudine distarmene mezz’ora allo specchio finché non mi pareva che ilriporto avesse un aspetto naturale. Alla fine mi sono accortoche era un espediente ridicolo. Una volta deciso di diventaredefinitivamentecalvo,miamogliehainiziatoaprenderselaconmeperchéutilizzavo i suoi costosi shampoo.Dovevopurusarequalcosaper lavarmi la testa”.OggiBraunerutilizzaunprodottospecificoper la testacalva
che fa parte della linea di prodottimessa a punto dopole lamentele dellamoglie. BaldGuyz produ-ce anche fazzolettini confezionati singo-larmente, da utilizzare fuori casa. E c’èanche un balsamo, da usare due volte asettimana. “La pelle della testa è sem-preseccao irritataooleosa”, dice.Gli uomini si lamentano spesso che
gli oli solari entrano loro negli occhi:esistono quindi anche cremeanti-solari specificheper icalvi, comeil gel BaldGuyz a indice di prote-zione30.Esistonoduetipidiuominisenza
capelli che acquistano prodottidel genere: quelli che lo fan-no perché li ritengono unsemplice antidoto allaperdita dei capelli equelli più intransi-
genti per i quali l’essere calvo è uno stile di vita. Questi ultimiamano denominarsi con la sigla Bbc, che sta per bald by choi-ce, calvi per scelta. I prodotti si rivolgono a gente comune chehadeciso di adottare questo look perché è più facile che crearel’illusionediavere icapelli (sepropriononnesiha)ooccuparsidei propri capelli (se ne si ha). Le confezioni riportano foto emini-biografiedi “uomini calvi reali”.I prodotti Head Blade, invece, sono concepiti per i calvi ir-
riducibili: non potrebbero far ricrescere i capelli anche se vo-lessero. Il fondatore, Todd Greene, ha detto di aver concepitoun rasoio adatto agli uomini calvi alla finedegli anniNovanta,dopoessersistancatodellecontorsionidelbraccioedellamanosulla testa.
“Usare l’HeadBlade è facile come far scorrere sulla pro-pria testa una macchinina, mentre un rasoio tra-
dizionale è una sorta di monociclo. È utile perradersivelocemente,perchémentrecisiradeci si rende subito conto se si salta unapezzo.Ilmercato della cura del cuoio capelluto èenormeed è stato ignorato per anni”, diceGreen.
“Adesso, le grandi società iniziano adire: ‘Abbiamo prodotto articoli per la
cura della pelle femminile, adessodobbiamo educare gli uomini
a fare altrettanto’. In parteciò significa anche rivol-
gersiagliuominichesiradono la testa”.
Tony Cenicola/The New York Times;Lars Klove per The New York Times, sotto
Christophe Karaba/EPA
Gilberto Gil, cantante e ministro brasiliano della Cultura, si batte per la tutela dei diritti d’autore degli artisti.
Gli uomini calvi possono scegliere tra molti prodotti, come il siero per il cuoio
capelluto Duke’s Bald & Bold. Sotto, l’Head Blade, inventato da
un uomo stanco delle contorsioni cui era
costretto per radersi la testa.
Il celebre artista, divenuto
ministro, difende la
creatività del suo Paese.
Repubblica NewYork