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Notiziario San Cataldo 2012

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Notiziario San Cataldo 2012

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Via Privito 3, Supino (FR)Tel. 0775 226141 - 338 7310127

www.giorgicenter.it - e-mail [email protected]

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4 Direttivo 2010/2012 - Soci Onorari - Collaboratori - Soci Fondatori5 La Confraternita degli Incollatori6 Soci Ordinari 201110 Soci Junior 2011

11 Il saluto del Rettore15 Il Saluto del Presidente19 Cronache della Festa, di Gloria Rossi23 Giornata del Ringraziamento - festa del Socio 2011, redazionale27 In viaggio... tra sacro, storia e tradizioni, di Anna Petrucci29 Il restauro della Porta della Speranza. Iconografie del portale, valenza del restauro,

cenni biografici dello scultore Saverio Ungheri, di Consuelo Di Tomassi33 Un compleanno particolare. La parrocchia di S.Pio X ha festeggiato 50 anni,

di Geltrude Borgetti37 La Pro-Loco di Supino e il suo Presidente43 Brevi, redazionale47 La festa di San Cataldo a Toronto, redazionale49 Anagrafe del Comune di Supino, redazionale51 Digressioni e... impressioni, tra chiese e castelli in aria, di Dante Cerilli57 Dai regali ai Colonna alle caratteristiche produttive di Supino seicentesca,

di Gioacchino Giammaria63 Dal faceto al serio, fatti quotidiani e spiritualità nei canti ciociari: “Stornellata... supinese”.

Il paese della rava “tè ‘n gran Sando an Paradiso”, di Mario Cerilli (1926-1980) 67 Offerenti 201171 La statua di San Cataldo, di Enrico Zuccaro73 San Cataldo dall’Irlanda a Supino, di Luigi Crescenzi75 Passeggiando per Supino, di Elio Torriero77 Diario Liturgico e utili informazioni

Sommario del “Notiziario Annuale del Santuario di San Cataldo”, XLVII – 2012

AVVISOLa redazione e il Comitato Festeggiamenti in Onore di San Cataldo, pur condividendo in linea di massima lo spirito morale e l’intento socio-culturale che animano gli articoli ed i relativi autori, e poiché non hanno costituito attorno al “Notiziario” un comitato scientifico con apposito responsabile,

DECLINANOogni responsabilità per eventuali omessi diritti di terzi, di citazione e di copyright nonché di riproduzione scorretta di notizie e informazioni che possano ritenersi, volontariamente o involontariamente, non ascrivibili ad errore o refuso di stampa ma a negligenza, tendenziose o false non corrispondenti al vero, inoltre

DICHIARANOche l’impostazione ideologica degli articoli in talune fattispecie non rispecchia necessariamente l’opinione e l’indirizzo degli organi del Santuario. Il lettore in sé avveduto tragga le necessarie deduzioni e tenga presente il senso costruttivo del presente avviso; ciò in ottemperanza alle leggi sulla stampa.

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Amministratore parrocchiale Rettore del Santuario:Don Antonino Boni

Presidente:Stefano Bompiani

Vice presidente vicario:Paolo Bonome

Vice presidente:Filippo Corsi

Segretaria:Chiara Foglietta

Cassiere:Francesca Caprara

Responsabile questua:Pasquale Colapietro

Addetto alla logistica:Umberto Cerilli

Responsabile spettacoli ed attività ricreative:Giorgio Pacifici

Responsabile coordinamento:Antonio Boni

Responsabile relazioni con le istituzioni:Amerigo Grossi

Responsabile della sicurezza:Gianfranco Bonanni

Responsabile relazioni con le comunità devote a San Cataldo:Luigi Cerilli

Sacrista, collaboratore del Santuario:Gino De Santis

Collaboratori EsterniDaniele Bianchi FasaniLudovica BonanniDelfino Boni Carlo Marchesini (resp.le raccolta pubblicità) Domenico SantiaGiovanni TerenziManuel TerenziDomenico Tomei

Soci FondatoriAntonio Agostini Luigi Bianchi Fasani Antonio BoniGuglielmo CasaliAndrea CorbelliEuclide FogliettaCleto ManciniLoreto NIchilòGiovanni SchietromaOscar Zuccaro

Direttivo 2010-2012

agostini antonio

alessandrini alceste

alessandrini massimo

barletta giulio

boni daniele

boni dott. marco

boni antonio giacinto

bonome camillo

caprara carmine

ceccarelli luigina

corbelli angelo

foglietta on.alessandro

fracassa francesco

mancini pacifici giampiero

montini fabrizio

nardecchia dott. gianfranco

peruzzi giuseppe

schietroma on. avv. gianfranco

schietroma uff. giuseppe

signorelli sen. prof. ferdinando

tomei antonio

torriero dott. antonio

volponi on.dott. alberto

zuccaro cav. oscar

Soci Onorari 2011

19841998198520041980200219991992

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agostini giancarloagostini daniloalessandrini lorenzoantonetti mattiaarduini giambattistabasile luigibernardi andreabernardi fabriziobernola angelobernola giuliobondatti albinoboni alessandroboni stefanocacciotti paolocalifano alfredocaprara aureliocarta luigicastronovo martinacellini davidecerilli adelfiocerilli andreacerilli angelo cerilli angelinocerilli antoniocerilli cataldocerilli fabriziocerilli giannicerilli giuseppe

cerilli simonecolaiaquo sebastianocoletta mariocorsi emanuelecorsi filippocorsi vittoriod’alessandris luigide santis danilode santis ginode santis mattiadi mario vittoriofoggia giorgiogismondi luigigismondi federicoiacobucci elisabettaiori erminioliburdi felicettoluongo salettemaliziola thomasmansueti lorismartini mariomastrofrancesco umbertomorgia lucaonori orestepacitto federicopacifici chiarapalitti augustopalitti giuseppe

paparella martinapecorilli marcoperefetti davideperfetti lucaquafisi ramonaromiri alessandroromiri michelerossi filipporossini gianfrancosoprano stellasoprano valeriaspelta antonyspelta emanuelespelta roccostefanacci angelotagliaboschi paolatipusi federicotennenini pietrotomei antoniotomei cataldotomei marcotomei mariatomei sergiotoselli giuseppetucci giuseppevalletta vittorio

La Confraternita degli IncollatoriAnno 2011 - Responsabili della Confraternita: Antonio Giacinto Boni e Marco Boni

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Soci Ordinari 2011A.&C.Adragna Giacomo,Via Privito Agostini Antonio, Via SelvottaAgostini Erminio, Via Selce Agostini Francesco, Via Iv NovembreAgostini Giovanni, Via S. AnnaAgostini Roberto, Via SelceAgostini Santino, Via SelceAlessandrini Chiara, V.le Regina MargheritaAlessandrini Pietro,Via La QuerciaAlessandrini Stefania, Via Iv NovembreArduini Domenico, Via OrtelleArduini Giuseppe, Via CalvoneArduini Luca, Via CalvoneAurenci Vittorio, Via Selvotta Bachis Ferdinando, RomaBailonni Massimo, Via La MolaBarletta Gianfranco, Via Dei NotariBarletta Giuseppe, V.le Regina MargheritaBarletta Maria, Piazza Umberto I°Battisti Emilio Junior, MoroloBenedetti Roberto, V.le Regina MargheritaBernardi Fabrizio, Via La Mola Bernardi Renata, Via Dei NotariBernardi Renato, Via Iv NovembreBernardi Vittorio, Via La QuerciaBernola Angelo, Via Fagiona AltaBernola Giancarlo, Via La QuerciaBernola Mario, Via FarnetoBianchi Fasani Daniele, Via Iv NovembreBianchi Fasani Rita, Via Piagge Bizzarri Bottacin Loredana, V.le Regina MargheritaBompiani Luigi, Piazza Umberto IBompiani Stefano, Piazza Umberto IBonanni Angela, Via CalvoneBonanni Gianfranco, Via S. AnnaBonanni Giovanni, Via Sotto PrivitoBonanni Leopoldo, Via Sottoprivito Bonanni Lorena, SienaBonanni Ludovica, Via S. AnnaBonanni Maria, Via La MolaBonanni Rocco, Via La QuerciaBoni Clemente, New Haven (U.S.A.)Boni Erminio, Via RomaBoni Guerrino, Via Capitano BalduinoBoni Guerrino, Via Selvotta Boni Antonio Giacinto, Via CasenuoveBoni Daniele, TorontoBoni Delfino, Via Madonna Di Loreto Boni Don Antonino, Piazza San NicolaBoni Franco, Via SelceBoni Mario, Toronto CanadaBonome Giovanni, V.le Regina MargheritaBonome Paolo, Via La MolaBorgetti Clementina, Via Farneto Borgetti Gertrude, Via Sottoprivito Bronzini Gianluca, Via Ortelle Bufalini Laura, V.le Regina MargheritaBufalini Lucilla, V.le Regina MargheritaBufalini Raul, Piazza Umberto IBuonpane Maria, Via La Mola

Cacciotti Aldo, V.le Regina MargheritaCalifano Alfredo, Via Ortelle Campoli Carlo, AlatriCaprara Alfredo, Via La MolaCaprara Aurelio, Via La QuerciaCaprara Cataldo, Via Cona Del PopoloCaprara Emilia, Viale Regina MargheritaCaprara Francesca, Via OrtelleCaprara Olfango, Via Calvone Caprara Oliva, Via Iv NovembreCaprara Oscar, Via CollerosaCaprara Rosa, Via OrtelleCaratelli Teresa, Via Guglielmo MarconiCarnale Carla, Burlington CanadaCarnale Egidio, Via PiaggeCasali Ida, Via Madonna Di LoretoCastronovo Martina, Via PolvinoCeccarelli Chiara, Via La MolaCeccarelli Luigina, Via ColliCellini Antonella, V.le Regina MargheritaCerilli Anna, Via D’italiaCerilli Angelo, Via S. AnnaCerilli Bruno, V.le Regina MargheritaCerilli Carla, Via S. AnnaCerilli Cataldo, Via MorolenseCerilli Cataldo, Via Sant’annaCerilli Dante, RomaCerilli Elisa, Via D’italiaCerilli Emanuele, Via MorolenseCerilli Erasmo, Via OrtelleCerilli Fabrizio, Via MiserangeloCerilli Luigi, Piazza Umberto ICerilli Marco, FrosinoneCerilli Massimo, Via S. AnnaCerilli Pierpaolo, Via D’italiaCerilli Simone, Via S. AnnaCerilli Umberto, Via FarnetoCesaretti Massimo, Via La MolaCiampini Angela, Via La MolaCibba Alberto, Via La QuerciaCofani Ezio, Via VillettaCol. Vespaziani Antonello, FrosinoneColapietro Alessandra, Via OrtelleColapietro Pasquale, Via OrtelleColetta Giuseppina, Via SelvaColetta Silvano, Via La MolaColetta Tonino, Via La MolaColetta Vittorio, Via Farneto Corsi Anna, Via S. AnnaCorsi Alfredo, Via MorolenseCorsi Angelo e Di Camillo Filomena, Vancouver CanadaCorsi Antonio, Via SelceCorsi Emilia, Via Dei NotariCorsi Filippo, Via S. AnnaCorsi Francesco, Via CollerosaCorsi Marialuisa, Via S. AnnaCorsi Orlando , Via S. AnnaCorsi Ubaldo, V.le Regina MargheritaCrescenzi Luigi, Via La Mola Curti Mario, Via Guglielmo MarconiD’alessandris Tarcisio, V.le Regina MargheritaDe Castro Nicola, Via Capitano BalduinoDe Meis Domenico, Via La Mola

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De Santis Daniele, Via Piagge De Santis Dario, Via FarnetoDe Santis Filomena, Maria E Angelo, CanadaDe Santis Giuseppe, Via Piagge Del Brocco Vincenzo, Via Farneto Di Folca Valeria, Via MorolenseDi Pani Augusto, Via MorolenseFamiglia Bernabei, Carpineto RomanoFarmacia Rama, Piazza Umberto IFascetti Antonio, Via La Mola Ferrante Armando, Via Farneto Ferrarelli Lina, Via Selvotta Fiaschetti Luigi, Viale Regina MargheritaFiaschetti Maria, Viale Regina MargheritaFiaschetti Viaggi, MoroloFoggia Silvestro, Via Ortelle Foglietta Chiara, Piazza San PietroFoglietta Euclide, Piazza San PietroFoglietta Francesco, Piazza San PietroFracassa Antonio, V.le Regina MargheritaFratangeli Daniele, Via Sterpare Giacchetta Libera, Toronto CanadaGianfelice Lucio, Via Calvone Giorgi Angelo, Via SottoprivitoGiorgi Anna, Va Colle RosaGiorgi Cataldo , Via FarnetoGismondi Sabina, Via CasenuoveGrossi Amerigo, Via CalvoneGrossi Serafino, Via CalvoneIacobucci AnnaV.le Regina MargheritaIacobucci Beniamino, Via Calvone Iacobucci Emilio, RomaIori Lorenzo, Via VillettaIppoliti Cataldo, Via CollerosaLa Bella Andrea, Via Selvotta La Bella Bruno e Rita, Via Selvotta Laudanna Enrico, Via Madonna Di LoretoLespi Stelio e Marsilia, New York (U.S.A.)Liburdi Felicetto, Via Madonna Di LoretoLovallo Leonardo, Via Sterpare Maione Francesco, Via Selvotta Mancini Franco, Via Dei NotariMarchioni Alessandra, Piazza San PietroMarchioni Franco e Corsi Marisa, Vancouver CanadaMarchioni Giovanni, Via Delle PalmeMarocco Costante, Via Selvotta Marocco Elisabett, Via FarnetoMarocco Gianfranco, Via PiaggeMarocco Massimo, Via Dei NotariMarocco Vincenzo, Via Condotto VecchioMartini Alberto, Via Colli Martini Elisabetta, Via Farneto Martini Mario, Via Ponte La StanzaMartini Roberto, Via Casenuove Martini Sergio, Via La MolaMastrofrancesco Gina, Via Sotto PrivitoMastrofrancesco Giuseppe, Via SelceMastrofrancesco Vincenzo, Via PiaggeMenta Egidio, Montreal CanadaMenta Ezio, Via RimalleMobili Ferrante, Via Ponte La StanzaMontini Fabrizio, Via RomaNalli Ulisse, Via Madonna Di LoretoNardecchia Giuseppe

Nella Piroli e Annalisa Pietrandrea, U.S.A.Nichilo’ Arcangelo, Via Condotto VecchioNichilo’ Giovanni, Via Farneto Nichilo’ Loreto, Via Farneto Nichilo’ Valeria, V.le Regina MargheritaNirchi Santino, V.le Regina MargheritaOrgioni Luca, Via La QuerciaPaglia Piacentino, Via SelvottaPalazzi Danilo, Via La MolaPalazzi Egidio, Via Sottoprivito Palazzi Lina Veglielmo, Via SelvottaPalazzi Teresa, FerentinoPalitti Gianfranco, Via Calvone Palitti Giuseppe,Via RivoltaPaluzzi Enrico, Via Capitano BalduinoPaluzzi Joseph e Mimi, Boston (U.S.A.)Panici Sandro, Via La QuerciaPatri Famiglia, Via RomaPerifi Giuseppe, Via Dei NotariPerifi Vittorio, Via OrtellePeruzzi Dante, Via S. AnnaPeruzzi Giuseppe , Via S. AnnaPeruzzi Francesco, Via S. AnnaPeruzzi Massimo, Toronto CanadaPeruzzi Renzo, Via Morolense Peruzzi Sabrina, Toronto CanadaPeruzzi Silvano, Toronto CanadaPervi Pietro, Via La MolaPetrucci Luca, LatinaPetrucci Tonino, Via CollerosaPiccolo Gianluca, LatinaPietrandrea Amedeo, Via FarnetoPietrandrea Argia GiuseppinaPietrandrea Roberto, V.le Regina MargheritaPiroli Gianni, V.le Regina MargheritaPiroli Pierino, Via Calvone Piroli Riccardo, V.le Regina MargheritaPizziconi Carlo Alberto, Via SelvottaPizziconi Luigi, Via Selvotta Querqui Cataldo, Via La QuerciaRamiccia Pietro, PatricaRicci Livio, Via SelceRicci Rosalba, Via SelceRomiri Alberto, Via La MolaRomiri Michele, Via La MolaRossi Giovanni, Via S. AnnaRossi Gloria, Via La QuerciaRuzza Ivo, Via La MolaSagone Francesco, Via Privito Said Don Giuseppe, Via La MolaSantia Domenico, Via PiaggeSarandrea Giovanni, Via Cona Del PopoloSavelloni Domenico, Via La MolaScalisi Salvatore , Via S. AnnaScarchilli Ettore, Via RomaSchietroma Fabio, Via G. MarconiSchietroma Francesco, Via Madonna Di LoretoSchietroma Giuseppe, PatricaSchietroma Mariarosaria, Via S. AnnaSchietroma Tonino, Via La MolaScilinguo Pietro, Via G. MarconiScotti Tommaso, Via Sterpare Sellari Lina, Via SelvottaSemplici Francesco, Via La Quercia

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Sm3, Via Morolense Spaziani Angelo, Via La MolaSpelta Angelo, Via SelceSpelta Dario, Via FarnetoStracqualursi Alfio, Via CasaleTarconi Carlo, Via La MolaTarconi Enzo, Via S. AnnaTerenzi Giovanni, Via SelvaTerenzi Manuel, Via SelvaTipusi Federico, Via Farneto Tipusi Manuel, Via FarnetoTomei Armando, PatricaTomei Cataldo, Via Farneto Tomei Cataldo, Via CalvoneTomei Domenico, Via PolvinoTomei Enrico, Via La QuerciaTomei Fabio, Viale Regina MargheritaTomei Luigi, Via San Pio X°Tornincasa Nando, Via Selvotta Toselli Sergio, Via SelceTucci Dino, Via D’italiaTucci Giuseppe, Via Sterpare Tucci Lello, FrosinoneUrbano Massimo, Piedimonte San GermanoValletta Vittorio, Via SterpareVenditti Pasquale , Via SelceVespaziani Emilio, Via Selvotta

Vespaziani Maria Angelina, Via S. AnnaVespaziani Maria Pia Vespaziani Renzo, Via La MolaVespaziani Rosamaria, Via GrotticellaVitesi Vittorio , Via CollerosaZuccaro Anna , V.le Regina MargheritaZuccaro Cataldo, Via S. AnnaZuccaro Ennio, Via FarnetoZuccaro Enrico, Via PiaggeZuccaro Giovanni, Via MorolenseZuccaro Sabatino , Via S. Anna

Soci JuniorAgostini Melissa, Via SelceBoni Riccardo, Via CasenuoveBoni Giorgia, Viale Regina MargheritaBoni Italo, Via CasenuoveBoni Luca, Viale Regina MargheritaCaprara Giorgia, FerentinoCerilli Alessandro, Viale Regina MargheritaDi Pani Andrea, Via La MolaDi Pani Samuele, Via La MolaEsposito Alfonso, Casa Al Nuovo (NA)Valente Asia Maria, Via Polvino

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Il Saluto del RettoreRivolgo un saluto cordiale a tutti i Supinesi vicini e lontani.

La fede dei nostri antenati ci ha consegnato un tesoro inestimabile nella Persona di S. Cataldo il Taumaturgo.

Ma possiamo dire che è stata una scelta libera del Santo, per noi felicissima perché ha voluto abbracciarci tutti, facen-do di noi una grande famiglia, quella dei Suoi devoti che vivono nella terra di Ciociaria e oltre, fino a toccare il mare…

Ed è proprio attraverso il mare che il Santo è arrivato fino a noi, prima partendo dall’Irlanda per raggiungere i luoghi santi di Gesù nostro Signore, e poi per approdare fino a Ta-ranto. Ma ha “approdato” anche a Supino che è diventato così “fortunato”.

I nostri Padri gli hanno voluto dedicare un posto di tutto ri-guardo nella Chiesa Arcipretale di S. Pietro Apostolo, creando per Lui una Cappella quanto mai preziosa per permettergli

di abitare sul trono che lo vede benedicente, con il volto austero si, ma quanto mai dolce, perché chi vede i suoi occhi vede solo amore.Parlando del Santuario, mi permetto di dire che è necessario tenerlo in altissima considerazione per renderlo sempre più prezioso.

È vero pure che tante opere provvidenzialmente sono state fatte, soprattutto grazie all’intervento dell’On. Alessandro Foglietta; si pensi solo al consolidamento del tetto della Chiesa e dell’intervento nella sala del Pellegrino come luogo accogliente per i tanti devoti del Santo, e magari per i tanti intrattenimenti che potrebbero riguardare anche concerti e conferenze di alto livello.

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Non possiamo però mai considerarci soddisfatti; costante deve essere l’impegno anche a costo di autentici sacrifici. Fervore ci vuole e buona volontà da parte di tutti, e dall’Ammi-nistrazione Comunale ed anche perché no, dalla Provincia e dalla Regione.

Comunque anche ora qualcosa si sta facendo seppure in maniera silenziosa e discreta. Parliamo del restauro dell’Oratorio e dell’intervento intelligente e competente del restau-ratore Mario Fiaschetti sulla porta centrale, opera dell’illustre Maestro Ungheri, ed anche del restauro dei preziosi candelabri dell’Altare del Santo, grazie soprattutto all’impegno paziente del sig. Boni Delfino, il quale, usando il tasto giusto, è riuscito a convincere un bel numero di donatori.

Ma ora torniamo alla Festa che si svolgerà senza trascurare nulla per rendere il dovuto omaggio a S. Cataldo, e così fare contenti tutti. Tutto è pronto e programmato e il Cantiere è già partito. C’è entusiasmo e volontà di fare, anche se l’impresa non è facile…

A questo punto voglio aprire una parentesi che riguarda la festa di S. Cataldo a Toron-to, nel decennale del suo arrivo in quella meravigliosa città. Ritengo e mi pare doveroso ricordare che 10 anni fa una Statua di S. Cataldo tutta nuova, bella e simile alla nostra, be-nedetta il 5 Maggio 2002 dal Vescovo mons. Salvatore Boccaccio nella Chiesa di S. Pio X, è volata alla volta di Toronto dopo essere stata salutata da tutti i paesani anche nelle Chiese di S. Rocco a S. Sebastiano, S. Maria, S. Nicola e S. Pietro.Quest’anno i cari amici di Toronto ricorderanno quell’avvenimento storico in maniera degna e noi da queste pagine facciamo gli auguri più cordiali a tutti gli amici di Toronto e dintorni che tanto amano S. Cataldo.

Tornando a noi, sento il dovere di ringraziare il Sindaco e in lui la Giunta e tutta l’Am-ministrazione Comunale, le Forze dell’Ordine, Vigili Urbani e Carabinieri, la Pro loco e la Protezione Civile.

Ringrazio altresì tutti i cittadini che vorranno accogliere con vera cortesia tutti i pellegri-ni. Un grazie particolare e di tutto cuore ai validi e forzuti incollatori che sotto la guida di Boni Marco hanno il privilegio di portare in spalla la statua del Santo per le vie del paese.

Infine il grazie cordiale e riconoscente, mio personale e di tutta la cittadinanza, va al Presidente del Comitato Bompiani Stefano e a tutto il suo staff per l’entusiasmo e lo spirito di sacrificio con i quali affrontano e rendono possibile la Festa.

Grazie a tutti e per tutti un saluto affettuosissimo.

Don Antonino Boni

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Cari lettori e devoti di San Cataldo un altro anno è trascorso e lascia il passo ad un nuovo inizio che vorrei presentare con un’ ampia introspezione e attenta analisi della nostra interiorità e della nostra anima religiosa, che è quella che ci guida in que-sto cammino, e un invito ad un lungo raccoglimento del pen-siero e del cuore sulla figura del Nostro Grande Taumaturgo San Cataldo Vescovo.

Anche quest’anno portiamo a compimento un lavoro che fonda le sue radici sull’impegno minuzioso e sempre attivo del nostro direttivo, con il prezioso sostegno del Rettore Don Anto-nino Boni, a cui esprimo tutta la mia stima e gratitudine.

Le nostre attività sono sempre volte alla promozione dell’aspetto religioso della festa, in un crescendo di eventi culturali e spirituali, con lo scopo di congiungere le varie ge-nerazioni in un cammino di fede e cultura. Un lavoro che non si spegne con il termine delle festività bensì si anima e prosegue per tutto l’anno con l’organizzazione e messa in opera di progetti e attività di varia natura.

A tal proposito voglio ringraziare tutti voi, cari amici e devoti, perché siete sempre presenti e numerosi e grazie a voi siamo sempre più desiderosi di fare meglio, altresì desidero ringra-ziare tutte le nostre autorità che tanto fanno per noi e la nostra comunità, un caro saluto va anche ai nostri amici di oltreoceano che, come noi, venerano e amano San Cataldo, che tutti consideriamo come una radice del nostro passato, presente e futuro.

Mi auguro che anche quest’anno possiate piacevolmente vivere le festività cataldine, sempre illuminati dalla luce celeste del nostro amato Santo, una luce, che come uno spirito guida, ci ricongiunge a Dio.

Concludo citando una frase dell’indimenticabile Madre Teresa di Calcutta “La pace co-mincia con un sorriso” ed è così che voglio salutarvi con un sorriso!

Il Presidente

Stefano Bompiani

Il Saluto del Presidente

A fianco il Direttivo sotto la Statua di San Cataldo

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San Catallo protettoroFammo stu favoroFa la grazia a tutto gli munnoSenza che arrivimo a funno. (Bambina di V Elementare)

Il 5 Marzo, nell’auditorium intitolato a Mons. Fausto Schietroma, si è svolto un Concerto di Fisarmonica, eseguito dal Maestro Sergio Romani.

“La ragione non può svuotare il mistero di amore che la Croce rappresenta, mentre la Croce può dare alla ragione la risposta ultima che essa cerca”.(Papa Giovanni Paolo II)

Il 30 Aprile, come ogni anno hanno avuto inizio i Festeggiamenti Cataldini, attraverso la Celebrazione Eucaristica.

Con Bernardetta, noi ti preghiamo, o Maria,con la semplicità dei bambini.Metti nel nostro animo lo spirito delle Beatitudini.Allora potremo, fin da quaggiù, conoscere la gioia del Regnoe cantare con te: Magnificat! (Preghiera a Nostra Signora di Lourdes)

Il Primo Maggio, nella Chiesa di S. Pietro è stata celebrata una solenne Messa, alla fine della quale tutti i presenti hanno potuto salutare la statua della Madonna di Lourdes, situata nella zona retrostante la Chiesa.

“Non si è mai soli davanti al mistero della sofferenza: si è col Cristo che dà senso a tutta la vita. Con Lui tutto ha un senso, compresi il dolore e la morte”. (Papa Giovanni Paolo II)

Il 5 Maggio, gli abitanti supinesi si sono recati nel Cimitero comunale per cele-brare insieme al parroco Don Antonino Boni una Messa, in ricordo di tutti i defunti. Successivamente si è tenuta un’altra celebrazione nella Chiesa di S. Pietro, per ren-dere parteci tutti coloro che non erano potuti essere presenti nel cimitero.

San Cataldo mio,aiutaci, proteggici dal male che ci circonda.Aiuta belli, brutti neri e bianchi. Insomma aiuta tutti .(Bambina di V elementare, Supino Capoluogo)

Cronache della Festa di Gloria Rossi

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Il 7 Maggio, nella mattinata, il Comitato Festeggiamenti di S. Cataldo, ha pre-miato tutti gli alunni meritevoli, partecipanti alla seconda edizione del “Premio Letterario S. Cataldo Vescovo”. Il concorso che viene indetto ormai da due anni, prevede la stesura di poesie o temi che hanno come tema centrale la figura del Santo Protettore.

A seguire è stato posto ai piedi della statua di Papa Giovanni Paolo II un omag-gio floreale.

“Queste montagne suscitano nel cuore il senso dell’infinito, con il desiderio di

sollevare la mente verso ciò che è sublime “. (Papa Giovanni Paolo II)

L’8 Maggio, tutti gli emigranti tornati ai piedi dei Monti Lepini, hanno reso omaggio alla Statua dei caduti, situata in Piazza Umberto I. Successivamente, come ogni anno, sono stati accolti e salutati durante la Messa, tenutasi nella Chiesa di S. Pietro.

Nella serata, l’artista supinese Giò Valeriani, si è esibito nello spettacolo musica-le “Primo spettatore”.

“San Cataldo protettore fa le grazie a tutte le ore,per la gente di Supino, di Patrica e Ferentino. San Cataldo di buon cuore tutti aiuta,buoni e cattivi…” (Bambina di V Elementare)

Il 9 Maggio, durante la notte ha avuto inizio il consueto “Pellegrinaggio”, che ha visto nascere cortei di paesani in ogni luogo di Supino, per raggiungere insieme la

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Chiesa di S. Pietro e attendere la “Caccia-ta” del Santo. La piazza antistante bruli-cante di gente ha ospitato gli ansanti, per poi accoglierli nella Casa di Cataldo. Alle ore quattro, gli spari che riecheg-giavano fino a valle annunciavano la deposizione del Santo sull’altare, per il saluto dei fedeli.

A seguire è stata celebrata la S.Messa con Comunione generale.

Nel pomeriggio, come tradizione la reliquia del Santo Braccio è stata trasportata dalla Chiesa di S.Maria al Santuario. Il percorso è stato ac-compagnato dalla magistrale Banda “Gesualdo Coggi”, diretta dal Maestro Davide Rossini.

Nella serata, Riccardo Fogli è stato l’ospite di punta, che il Comitato Festeggiamenti ha voluto invitare per festeggiare insieme la ricorren-za supinese più sentita.

San Cataldo protettoreÈ venuto a portare onore.Per le strade di SupinoOgni passo c’è un pellegrino.Noi tutti andiamo in chiesaPer fare a S.Cataldo una sorpresaPoi si fa la processioneE tutti pregano per passione ( Bambino di V Elementare)

Il 10 Maggio le porte di S.Pietro si sono aperte ai fedeli di buon mattino, invitando-li ad entrare per le numerose celebrazioni che si sono susseguite. Nel frattempo la Banda “Giuseppe Piantoni”, Città di Con-versano, diretta dal Maestro Cammarano, ha atteso insieme alle Autorità civili l’arrivo del Vescovo, Mons. Ambrogio Spreafico.

Alle ore dodici, i rintocchi e gli spari in alto nel cielo hanno annunciato l’usci-ta del Santo dalla sua Casa, accolto dagli applausi e dagli “evviva San Cataldo” da parte dei numerosi pellegrini presenti. La Processione ha proseguito fino a Piazza Kennedy, dove il Vescovo ha salutato i presenti.

In alto il vescovo Mons. Ambrogio Spreafico con don Antonino Boni, seguiti dalle autorità.Sopra gli incollatori impegnati nel trasporto della pesante sta-tua del Santo.

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Nel pomeriggio il Santo Braccio è stato riaccompagnato dal Santuario alla Chiesa di S.Maria Maggiore.In serata la Banda Città di Conversano si è esibita in un allietante spettacolo musicale.Infine la lotteria del dieci maggio, quest’anno ha visto in palio una DR1.

Il Venticinque Giugno la Statua di S. Cataldo è stata nuovamente deposta nella sua nicchia. All’evento è seguito un Concerto quintetto di fiati, con protagonisti i Maestri: Angelo Agostini, Raffaele Ramunto, Paolo di Cioccio, Bruno Lombardi e Francesco Belli.

Piccoli incollatori crescono: a sx Andrea Cerilli ;a dx Proietti Nicolò

Foto ricordo a San Sebastiano con i vari sindaci e politici ospiti

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In un clima di festa e di gioia, che preannuncia la solennità del Santo Natale, domenica 18 dicembre 2011 si è svolta l’annuale e consolidata Festa del Socio-Giornata del Ringraziamento.

Alle ore 11.30, il rettore don Antonino Boni, presso la Chiesa di San Pietro Apo-stolo, ha officiato la Santa Messa di Ringraziamento al Santo. A conclusione della Celebrazione Eucaristica, il Direttivo del Comitato ha consegnato, come felice con-suetudine, una targa di benemerenza e gratitudine per la loro ultraquaranten-nale permanenza quale Socio del Comitato ai Signori: Nichilò Loreto (socio dal 1965), Caprara Aurelio (socio dal 1967) e Petrucci Tonino (socio dal 1971).

Una targa alla memoria, invece, è stata consegnata alla famiglia del Socio Carlo Alberto Pizziconi, venuto a mancare nel 2004. Carlo Alberto è sempre presente nell’albo dei Soci del Comitato di San Cataldo in quanto la sua famiglia, ogni anno, rinnova la tessera sociale a suo nome.

La giornata del Ringraziamento-Festa del Socio è proseguita brillantemente pres-so il Ristorante “Ali Cocco” di Ferentino dove i numerosissimi soci con le loro famiglie e con tanti amici si sono ritrovati per il tradizionale Pranzo del Socio.

Giornata del RingraziamentoFesta del Socio 2011

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A pag.21, nella pagina precedente ed in alto momenti della Giornata del Ringraziamento Festa del Socio 2011Sotto una immagine del comitato della festa di San Cataldo dell’anno 1965

www.ciociariainminiatura.com

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E’con molto piacere che vi racconto del viaggio che abbiamo fatto agli inizi di Ottobre 2011, nei luoghi del sacro, della storia e delle tradizioni, che ci ha permesso di riscoprire l’es-senza interiore che alimenta le nostre anime, dove religiosità, cultura e natura si fondono. La nostra guida spirituale è stata don Antonino Boni il quale in più occasioni ha celebrato funzioni religiose.

Immerso in uno splendido paesaggio montano c’è il Santuario di Montevergine, ad ovest di Avellino a 1270 mt. sul mare. Fondatore dell’Abbazia e del Santuario tra il 1114 ed il 1126 fu Guglielmo da Vercelli, i cui resti mortali furono portati a Montevergine nel 1807 e riposano nella Cripta della nuova Chiesa. Nella Basilica Antica che risale al XVII secolo, si accede attraverso il chiostro esterno cinquecentesco e la scala trilaterale, mentre la Nuova Basilica che venne realizzata nella metà del XX secolo in pietra di Fontanarosa si mostra in tutto il suo splendore assieme al campanile alto 47 metri appena si arriva al grande piazzale.

Luogo ricco di spiritualità dei tempi passati è il Duomo di S. Nicola a Bari, Basilica iniziata nel 1087, quando le reliquie del santo arrivarono in città e venne completata nel 1197. Ar-chitettonicamente il Duomo segue la struttura cassinese del grande transetto che abbraccia tutte le navate e le tre absidi. La navata coperta a tetto è scandita da due coppie di colonne intervallate da un pilastro. Di notevole bellezza la facciata, nella quale si ripropongono i temi ornamentali del transetto.

Tradizione ormai consolidata da anni, è la visita alla Basilica Cattedrale di S.Cataldo a Taranto, costruita ad opera dei Bizantini nella seconda metà del X secolo. Alla fine dell’XI secolo si costruì l’attuale Cattedrale a pianta basilicale, modificando l’impianto Bizantino. La facciata in stile barocco risale a 1713. All’interno di grande impatto visivo troviamo il Cappellone di S. Cataldo, formato da due ambienti un vestibolo quadran-golare e la cappella di forma ellittica. Il vestibolo è ricco di marmi policromi e corrisponde all’antica cappella costru-ita nel 1151 per porvi le reliquie di S. Cataldo. La tomba del santo è posta all’interno dell’altare di marmo visibile attraverso grate marmoree poste late-ralmente. Sopra l’altare vi è la nicchia dove è custodita la statua argentea del santo Patrono.

Ed infine la visita in un luogo senza tempo, tra cielo e terra, la scenografica Matera, situata su di un altopiano nelle ultime propaggini delle Murge. La città è divisa in due parti: la più antica, arroc-cata su uno sperone di roccia che so-vrasta una profonda gravina e conser-

In viaggio… tra sacro, storia e tradizionidi Anna Petrucci

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va alcuni monumenti importanti; qui è situato il quartiere dei Sassi, formato da case scavate nel tufo, ancora in parte abitate.La città nuova si sviluppa invece sulla piana sovrastante.

Il recupero architettonico ambientale e la conservazione delle antiche costruzioni, ha permesso ai Sassi di Matera il riconoscimento da parte dell’Unesco di Patrimonio dell’Uma-nità.

Questo itinerario ci ha fatto attraversare territori nei quali la spiritualità ha accompagna-to le splendide architetture di monumenti, e la mia impressione è che tutti coloro che hanno partecipato, siano ritornati molto più ricchi e soddisfatti spiritualmente e pronti a ripetere presto una nuova esperienza.

BIBLIOGRAFIA

Storia e Arte: il Santuario di Montevergine, Valsele Tipografica (Av).

Angiola Maria Romanini: L’Arte Medievale in Italia, Sansoni Editori,Mi 2007.

Patrizia De Luca : La Cattedrale di San Cataldo, Ed. Scorpione, Taranto 1997.

M.A.Siepe, Antonello di Gennaro: I Sassi di Matera, Edizioni Giannatelli, Matera 2010. naro: I Sassi di Matera, Edizioni Giannatelli, Matera 2010.

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Pregevole opera dello scultore calabrese Saverio Ungheri, eseguita nel 1978 su commissione dall’allora Arciprete Rettore del Santuario di San Cataldo Mons. Fausto Schietroma.Scolpita a bassorilievo in bronzo, si presenta suddivisa in sette asimmetrici pannelli, quattro posizionati sull’anta sinistra e tre sull’anta destra che trattano temi dottri-nali e teologici.

Secondo una lettura iconografica partendo da sinistra, dal basso verso l’alto sono raffigurati: il mandato apostolico conferito da Cristo a San Pietro, metafori-camente indicante la chiesa universale; la rappresentazione della vita eremitica con accanto l’aquila simbolo dell’evangelista Giovanni; a seguire, il viaggio degli emigranti con accanto il toro simbolo dell’evangelista Luca; la raffigurazione della Santissima Trinità e la Vergine (ponte tra cielo e terra) con al centro l’angelo che mostra il Vangelo di San Matteo e all’estrema destra l’incontro che avver-rà in cielo tra i Santi e coloro che nella vita hanno visitato il Santuario di San Cataldo ed hanno esercitato il loro mi-nistero a Supino: San Gaspare del Bu-falo, San Paolo della Croce, Beato Leo-poldo da Gaiche, Antonino Baldinucci, la Beata Maria de Matthias e la Beata Caterina Troiani.

A destra, invece, dal basso verso l’alto: un miracolo di San Cataldo che guarisce un storpio; la processione del 10 maggio in onore di San Cataldo, simbolicamente indicante la chiesa locale; a seguire, il leone alato emble-ma dell’evangelista Marco ed infine la rappresentazione del Paradiso (chiesa trionfante).

I simboli dei quattro evangelisti sono posti in modo da ricordare (anche se asimmetrica) una croce - simbolo di speranza e salvezza - in cui, proprio in corrispondenza del costato del Cristo, è raffigurata la Sua ferita da cui fuoriesce sangue che darà origine alla Chiesa, sia

Il restauro della “Porta della Speranza”Iconografia del portale , valenza del restauro, cenni biografici dello scultore Saverio Ungheri

di Consuelo Di Tomassi

La Porta della Speranza.

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universale che locale fondate sulla dottrina evangelica.

La lettura dei pannelli – dal basso verso l’alto – condensa in ogni singolo pannello un proprio contenuto indipendente dai re-stanti pannelli. In basso a sinistra è inciso in lettere capi-tali l’anno in cui è stata realizzata l’opera e il nome dell’esecutore; a destra, invece, il nome del committente.

L’opera è denominata Porta della Spe-ranza per l’itinerario simbolico che racchiu-de: dalla fondazione della chiesa ex corde scisso del Cristo al viaggio dell’esistenza, doloroso come quello dei tanti emigranti supinesi, tutti temi tratti nei pannelli su ci-tati.

Valenza del restauro

Onde evitare quelle condizioni che avrebbero potuto favorirne il degrado, si è provveduto ad apportare nel 2011 in-terventi in materia di restauro, concetto inteso nel suo reale significato di attività principalmente conservativa atta a mi-gliorarne lo stato effettivo e a rimettere in efficienza il prodotto dell’attività umana, puntando - come affermava lo storico e critico d’arte Cesare Brandi nella Teoria sul Restauro - sul “momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte nella sua duplice polarità estetica e storica”.

Il restauro della Porta della Speranza - fortemente voluto dal Rettore del Santua-rio don Antonino Boni, dal presidente del Comitato Stefano Bompiani unitamente al Direttivo, e, commissionato all’artista Mario Fiaschetti - possiede una valenza preponde-rante in quanto giungendo ad un intervento di conservazione, dimostra quanto sia es-senziale il recupero di un’opera d’arte nella sua integrità e, puntando anche sulla salva-guardia della tecnica esecutiva, permette di mantenere il messaggio espresso in virtù del fatto che “l’opera vale il messaggio”; mira, inoltre, al ristabilimento dell’unità dell’opera, senza alterarla dal punto di vista Sopra due particolari della Porta della Speranza

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storico ed estetico e senza cancellare ogni traccia del passaggio dell’opera stessa nel tempo.

Saverio Ungheri

Artista poliedrico di origini calabresi ma romano d’adozione. Dopo aver fre-quentato il Liceo Artistico e l’Accademia delle Belli Arti, partecipa nel 1953 alla Mostra dell’arte nella vita del Mezzogiorno d’Italia dedicandosi successivamente a committenze di ambito religioso, quali l’abside della Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo in Taurianova e due pale d’altare per l’Istituto Pio XII a Roma.

Nel 1959 fonda il Movimento Astralista (basato sulla scultura in movimento) e successivamente tiene una personale a Palazzo delle Esposizioni a Roma.Nel corso degli anni sessanta si dedica alle sculture pulsanti, realizzando vari esem-pi per committenti aulici quali l’Abbazia di Montecassino, la Galleria Civica d’Arte Moderna di Bologna, la Pinacoteca e Galleria d’Arte Moderna di Ancona.Nel 1978 riceve la commissione per l’esecuzione della Porta della Speranza nel Santuario di San Cataldo a Supino.

Nominato presidente della Federazione Nazionale Arte e Antiquariato nel 1981, l’anno seguente espone al Palazzo dei Diamanti a Ferrara. Nel corso degli anni novanta gli vengono dedicate diverse mostre insieme agli altri astralisti, fino alla grande personale Il bello della differenza nel 2000, a Villa San Carlo Borromeo.

Dal 2005 in poi partecipa alle collettive: Il ritratto. Le radici artistiche e culturali dell’Europa (2005), La scuola di Roma (2005), Donne (2006), Il bello, l’arte, la scrit-tura. L’Europa, la Russia, la Cina, il Giappone (2007), L’incarnazione del colore e la scrittura della luce (2007); e Tesori dell’Italia presso la Chongqing Planning Exhibi-tion Gallery, a Chongqing, in Cina (2007).

Porta della Speranza, particolare della firma e del committente.

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1961-2011: la parrocchia di San Pio X, in Supino, ha indossato quest’anno l’abito della festa per ricordare i cinquant’anni della sua fondazione.

Tanti ne sono passati dal giorno in cui, con una Bolla Episcopale, emanata dalla Curia Vescovile di Ferentino, veniva istituita nella zona rurale di Capoleprata la nuova chiesa di S. Pio X.

Si era appena agli inizi degli anni ‘60 e le industrie cominciavano ad espandersi lungo la valle del Sacco, mentre parte della popolazione cominciava a lasciare il paese prediligendo la campagna per avere un’abitazione più ampia e comoda, più adatta alle esigenze che andavano aumentando sempre più.

Diventò difficile per molti Supinesi raggiungere la chiesa, ubicata al centro del paese, per le funzioni domenicali e la frequenza del catechismo in preparazione dei Sacramenti.

Fù così che, su richiesta dei Parroci di Supino Don Egidio Schietroma e Don Angelo D’Ascani e del Sindaco Prof. Pierino Schietroma, dalla Curia Vescovile di Ferentino, fu emanata la Bolla che istituiva la nuova parrocchia.

“ E’ desiderio della Santa Madre Chiesa provvedere nel migliore dei modi alle necessità spirituali dei fedeli erigendo e costituendo nuove parrocchie e chiese soprattutto quando un elevato numero di persone abita luoghi distanti dai quali risulta molto oneroso e difficile rag-giungere la propria chiesa” Omissis.....” Istituiamo una nuova parrocchia da denominarsi San Pio X nella nuova chiesa da costruirsi sotto il medesimo titolo di S.Pio X sull’area che nel catasto di Supino è individuata nel foglio 9 al n. 158”.

Il progetto di costruzione fu affidato all’architetto Giovanni Iacobucci, anch’egli origi-nario di Supino, il quale aveva già realizzato, nel nostro paese, il monumento ai Caduti e la fontana che sorge nella piazzetta antistante la chiesa di S. Maria Maggiore ed i finanziamenti

per la sua costruzione, su interes-samento dello stesso Don Egidio Schietroma, arrivarono in breve tempo. I lavori, affidati ad una ditta di Anagni, andarono avanti con lentezza, furono sospesi, poi ripresi e finalmente portati a termine.

La nuova parrocchia fu intito-lata, così, a S.Pio X, una grande figura di Santo, il “ buon parroco di campagna” come egli stesso amava definirsi ma che aveva doti non comuni di cultura e di grande sensibilità catechistica, liturgica, ar-tistica e musicale e soprattutto era un uomo di grande spessore mora-le che ha saputo esercitare bene le sue virtù cristiane.

Un compleanno particolareLa parrocchia di San Pio X ha festeggiato 50 annidi Geltrude Borgetti

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“ Instaurare omnia in Christo” ( ricondurre e portare ogni cosa a Cristo) era il suo motto ed egli cercò di seguirlo durante tutta la sua opera pastorale.

Uno dei principali ambiti dei quali si è preso cura per tutta la vita è stato quello della catechesi: il suo Catechismo pubblicato nel 1912 divenne da subito il Catechismo universale usato per molti decenni da tutti i catechisti italiani. Esso, accompagnato e completato dalla vita cristiana vissuta all’interno delle famiglie, ha fatto crescere tante persone preparate e motivate.

Finalmente la nuova chiesa era pronta ad accogliere i suoi fedeli: alle spalle dell’al-tare maggiore furono collocati tre dipinti raffiguranti Gesù Crocifisso, la Madonna e S. Giovanni che provenivano dalla chiesa di S. Andrea in Ferentino e che rimasero a Supino fino agli inizi degli anni ‘80 quando furono richiesti dalla Curia Vescovile per essere riportati nella loro città di origine e cioè a Ferentino. Al loro posto fu collocato il bellissimo Cristo al quale, ancora oggi, i parrocchiani rivolgono le loro preghiere.

Negli anni 1967 e 1968 don Antonino Boni, parroco di S. Nicola, ricevette dal ve-scovo l’incarico di curare la nuova parrocchia sostituito, nel 1968, da Padre Delfino Giusti, dell’Ordine dei Monfortani. Egli ha prestato la sua opera per ben dodici anni con umiltà, semplicità ed amore, sempre disponibile come parroco, come insegnante e come amico. Ancora oggi, a 32 anni dalla sua scomparsa, tanti ricordano la sua bontà e i suoi insegnamenti.

Fu proprio negli anni ‘70 che un gruppo di parrocchiani diede il via alla organizza-zione della festa di S. Pio X che si svolgeva, e si svolge ancora, nell’ultima settimana di agosto. All’inizio soltanto il triduo in onore del Santo, la Messa solenne e qualche serata di intrattenimento musicale poi, nel 1982, con la realizzazione della statua di S. Pio X , donata alla chiesa dal sig. Ignazio Spaziani in memoria della moglie Michelina, prema-turamente scomparsa, ebbe inizio la processione che ogni anno percorre Via La Mola.

Alla morte di Padre Delfino, nel 1980, la parrocchia venne di nuovo affidata a Don Antonino Boni il quale ha ricoperto l’incarico di amministratore parrocchiale con cura ed attenzione fino al 1997 quando, su incarico del Vescovo S.E. Salvatore Boccaccio, essa venne affidata a Padre Dario Martino, dell’Ordine dei Redentoristi, fino al 2002 quando fu di nuovo affidata a Don Antonino Boni.

Nell’ottobre del 2004 è arrivato a Supino, in qualità di parroco, Don Giuseppe Said il quale ha operato e continua da operare perchè la parrocchia cresca fino a diventare una grande famiglia.

Vi si svolge una vita parrocchiale molto intensa: la celebrazione delle Sante Messe, i corsi di catechismo, i corsi di preparazione al Sacramento del matrimonio, ore di adora-zione, centri di ascolto, attività della “ Caritas”. Le energie del parroco e di gran parte dei parrocchiani convergono verso la preparazione delle rappresentazioni che vengono realizzate nel tempo di Natale e di Pasqua per far conoscere meglio il messaggio che Gesù ha voluto trasmettere attraveso il Vangelo e attraverso la sua nascita, morte e resurrezione.

Il mese di agosto è dedicato all’organizzazione della festa di S. Pio X con varie e diverse cerimonie religiose e civili che vengono programmate di anno in anno da un apposito comitato.

Per festeggiare degnamente i cinquant’anni della fondazione della parrocchia è stato indetto l’Anno Giubilare che, iniziato nell’agosto del 2010 è terminato nel dicem-bre 2011. Durante questo cammino di fede gruppi di lavoro, guidati dal parroco Don Giuseppe Said, hanno reso possibile la realizzazione di varie manifestazioni aventi lo scopo della formazione e della crescita della vita spirituale di ognuno attraverso l’ascolto e la meditazione della Parola di Dio.

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Centri d’ascolto, catechesi familiare, la liturgia domenicale, il rosario presso le fami-glie e poi la Veglia di attesa, l’annuncio delle Profezie, i quadri biblici e la celebrazione della Santa Messa per sottolineare il vero significato del Natale cristiano fino ad arrivare a Pasqua, periodo in cui la comunità ogni anno affianca il suo parroco nella realizzazio-ne della Passione Vivente per rivivere le scene dell’Ultima Cena, la preghiera nell’Orto degli Ulivi, la condanna del Sinedrio, il processo di Pilato, le cadute, l’incontro con Maria, con la Veronica, con le donne di Gerusalemme ed, infine, la crocifissione, la morte e la deposizione della croce.

Tra le attività realizzate nel corso dell’anno giubilare non poteva mancare l’appun-tamento per un viaggio-gemellaggio con la città di Riese (Treviso) la città che ha visto nascere e crescere Giuseppe Sarto, futuro papa e futuro Santo.

Il viaggio si è svolto nei giorni 1-2-3 giugno: la celebrazione della Santa Messa nel Santuario delle Cendròle, la visita alla chiesa di S. Matteo dove il papa fu battezzato, dove ricevette la prima comunione e dove celebrò la sua prima messa e infine la visita alla sua casa natale per ripartire dalla cittadine portando nel cuore una gioia profonda e l’esempio di come Cristo sappia innalzare al grado di santità i poveri e gli umili.

Nel mese di agosto la comunità si è preparata a festeggiare il suo Santo Protettore con l’arrivo della nuova statua donata dai sigg. Ignazio, Loredana e Angelo Spaziani in memoria di Michelina Schiavi, moglie e madre dei donatori e l’inaugurazione della strada intitolata a San Pio X.

Un volume per delineare brevemente il percorso della parrocchia nei suoi cinquanta anni di vita è stato realizzato per riconoscere ed apprezzare lìopera compiuta da tante persone che ci hanno preceduto, con il piacere di ritrovare qualcosa di passato e di-menticato, qualcosa che fa parte della nostra storia e, quindi, della nostra stessa vita, del secolo scorso ad oggi.

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Come Presidente della Pro-Loco di Supino,assieme al Direttivo, desidero rivolgere un caloroso saluto a tutta la cittadinanza e a tutti i devoti di San Cataldo residenti all’estero e non.

Credo che l’impegno con cui l’Associazione si adoperi nell’organizzare mani-festazioni volte a far conoscere ed apprezzare le bellezze di questa terra, sia sino-nimo dell’amore che ci lega al nostro paese e dell’entusiasmo che da sempre ci accompagna.

Anche quest’anno, come ogni anno, la Pro-Loco sarà chiamata ad organizzare un evento di notevole rilevanza: la Mostra delle Azalee.

Questa manifestazione, unica nella nostra Provincia, è giunta alla sua 40° edizione e noi del Direttivo desideriamo dedicarla a tutti coloro che quarant’anni fa si sono adoperati affinché Supino fosse conosciuto come “il paese delle azalee”.

Un particolare ringraziamento và al Comitato di San Cataldo e al suo Presidente Dr. Stefano Bompiani per averci dato l’opportunità di salutarvi attraverso le pagine di questo importante Notiziario e per la preziosa collaborazione ricevuta nel corso degli anni.

Un caloroso saluto dal Presidente della Pro-Loco di Supino

Sandro Cerilli

La Pro-Loco di Supino e il suo Presidente

Da Sinistra in piedi:Vice Presidente De Santis Daniele, Consigliere Cerilli Isabella,Cassiera Piroli Simona,Consigliere Fatale Ileana,Segretaria Quafisi Anna,Consigliere Iacobucci Anna,Consigliere Peruzzi Guido.

da sinistra sedutiPresidente Cerilli Sandro,Presidente Onorario Barletta Giulio,Consigliere Tomei Roberto,Consigliere Peruzzi Lucia.

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Brevi

Secondo Concorso Letterario-Artistico “Premio San Cataldo” 2011.

Tra i vari appuntamenti che caratte-rizzano la festa di San Cataldo, molto sentito è l’omaggio rivolto dagli alunni delle scuole di Supino al Santo Vescovo. Quest’anno il commovente incontro si è svolto nella mattinata di sabato 7 maggio 2011. Al termine della bene-dizione solenne impartita da don Anto-nino Boni, si è tenuta la premiazione del Secondo Concorso Letterario-Artisti-co “Premio San Cataldo”. Il Concorso è stato promosso ed istituito dal Diret-tivo del Comitato Festeggiamenti (che ha assegnato come premio un Buono per spese e materiale scolastico) ed ha coinvolto gli alunni della Scuola dell’in-fanzia, gli alunni delle classi V A e V B della Scuola Elementare e le classi II A e II B della Scuola Media . Gli alunni par-tecipanti si sono cimentati nella com-posizione di un tema o di un disegno incentrato sulla figura di San Cataldo Vescovo.

Sono risultati vincitori: Le sezioni C ed D della Scuola dell’infanzia, per le Scuola Elementare gli alunni della classe V A Alessia Marocco, Martina Tomei, Maria Flavia Cerilli (rispettiva-mate primo, secondo e terzo classifica-to) e per la classe V B, invece, gli alunni Marco De Meis, Michela Capobasso e Federico Agostini (rispettivamente primo, secondo e terzo classificato).

Per quanto riguarda la Scuola Media, invece, gli alunni della classe II A hanno partecipato al Concorso dividendosi in gruppi classificandosi in questo modo: Ferragni Lavinia, Martini Fabio, Ago-stini Emiliano, Corsi Lucia, Torrie-ro Angelica (primo premio), Mancini Gabriele, Fabris Nicolò, De Luca Miki, Cerilli Mattia, Nenciu Georgia (se-condo premio), Agostini Verdiana, Straqualursi Sara, Romiri Cecilia, Caprara Erica, Paparella Francesco (terzo premio). Per la classe II B sono

stati premiati: Palombo Silvia (primo premio) ed il gruppo composto dagli alunni D’Alessandris Elena, Migliori Francesca, Giorgi Melissa, Borgetti Federica, Tomei Aurora, Porretta Cla-rissa.

Il Direttivo del Comitato sentitamen-te ringrazia per la fattiva e proficua col-laborazione il Dirigente Scolastico, prof. Michele Incelli, il presidente del Consi-glio d’Istituto, sig.ra Barbara Agostini, l’intero corpo docente e tutti i collabo-ratori scolastici.

Pubblichiamo di seguito gli elabora-ti vincitori del primo premio delle classi VA e VB della Scuola Elementare. Per visionare tutti gli altri componimenti invitiamo i lettori di recarsi presso l’Au-ditorium “Mons. Fausto Schietroma” del Santuario.

San Cataldo al tempo dei miei nonni

Tempo fa nel mio paese si festeggia-va San Cataldo in modo diverso, la festa era più sentita e la gente veniva a visitar-lo già vari giorni prima del 10 maggio. I pellegrini arrivavano da lontano a piedi scalzi cantando, altri giungevano a ca-vallo dell’asino e con la “barozza” per-nottavano al freddo sotto qualche tetto o balcone vicino la chiesa di San Pietro. E’ stato sempre commovente partecipare alla Messa quando si cacciava San Catal-do dalla nicchia per deporlo nella mac-china; anticamente la richiesta di grazia avveniva in modo più sentito rispetto ad oggi. Si dice che qualcuno leccava il pavi-mento dall’ingresso fino all’altare, altri si trascinavano in ginocchio e invocavano con urla la protezione del Santo; durante la funzione qualcuno con le lacrime agli occhi strillava “Grazzia San Catà, grazia San Catà”. I nonni ricordano con commo-zione qualche grazia ricevuta da San Ca-taldo, infatti nel Santuario vi era una sala con le pareti tappezzate di “ex voto” per grazia ricevuta. La processione era lun-ghissima e piena di gente con ceri enor-mi; le strade della provincia animavano la processione di pellegrini che cantavano ed invocavano il santo.

Alessia Marocco, classe VA

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La nonna Santina racconta:

Quando avevo dieci anni, la festa di S. Cataldo era una delle feste più im-portanti ed aspettate dell’intero anno, perché si svolgeva una gran fiera con tante bancarelle a cui partecipava tutto il paese. La festa si svolgeva da piazza San Sebastiano fino al Santuario di San Pietro, dove é custodita la venerata sta-tua di San Cataldo.

Si aspettava con ansia e gioia il gior-no del 10 maggio per essere presente a questa festa solenne. Ero sempre molto emozionata e commossa, soprattutto quando mi avvicinavo alla statua del Santo.

Io partecipavo ai festeggiamenti, in particolar modo, a quelli religiosi. Ricor-do che indossavo il vestito della festa ed insieme alla mia famiglia ci recavamo verso il paese che, in quel giorno, sem-brava investito da un’atmosfera di pace e serenità che non si avvertiva nei giorni comuni.

La festa di San Cataldo era molto at-tesa oltre che per la venerazione che hanno tutti i Supinesi per questo grande santo, anche perché nel paese si svolge-va una bella festa civile con la tradizio-nale fiera. Anche ai miei tempi c’erano molte bancarelle che vendevano ogget-ti di vario tipo e soprattutto articoli per l’agricoltura che rappresentava l’attività economica più fiorente insieme all’al-

levamento. Non avendo i mezzi di tra-sporto per spostarsi, la gente aspettava quel giorno per acquistare le cose di cui aveva bisogno. Io, non sempre ricevevo i giocattoli che desideravo,ma i miei ge-nitori mi facevano qualche sorpresa, così come ai miei fratelli.

Il giorno di San Cataldo, presso le fa-miglie supinesi si usava fare un pranzo più raffinato del solito, perché spesso ve-nivano invitati parenti ed amici per tra-scorrere insieme quel giorno di festa. Si mangiavano i fini-fini, le fettuccine e la carne che invece , non si mangiava tutti i giorni. Oltre alla festa religiosa, nel po-meriggio si svolgevano i giochi popolari rappresentati dalla corsa con gli asini, dal tiro alla fune ed altri semplici giochi che radunavano tutti i giovani del paese.

Questo evento si festeggia per il gran-de culto e la profonda venerazione che i cittadini di Supino hanno sempre avuto per San Cataldo, un Santo conosciuto anche fuori dal nostro piccolo paese , per le sue miracolose opere.

Un canto tradizionale che ricordo é:” Viva,viva sempre viva San Catallo protet-tore...”.

Nel centro storico era usanza dare ac-coglienza ai pellegrini che venivano da lontano per condividere con i Supinesi il profondo affetto verso San Cataldo.

Oggi a questa festa vorrei ridare quel significato religioso che ai miei tempi si-curamente più sentito, perché le perso-

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ne avevano una fede religiosa più inten-sa ed erano particolarmente attaccate a questa figura di Santi che vegliavano sulla loro sorte.da piccoli recitavamo così:

...”Chesta fortuna,Dio ci ha dato,faccela scappà, saria peccato.E tu, Catallo,Araldo Divinodiccelo a chissiche voì sta a Supino”.

Marco De Meis, classe VB

Le elezioni per il rinnovo del Consiglio Comunale

In seguito alle consultazioni elettorali del 15 e 16 maggio 2011, che hanno decretato la vittoria della lista capeggia-ta dal Sindaco uscente, On.le Alessan-dro Foglietta, la nuova assise civica è risultata così composta: Maggioranza Alessandro Foglietta (Sindaco), Fog-gia Silvestro (vice-sindaco), Alessandri-ni Massimo (ass.re), Bailonni Massimo, Boni Antonio Giacinto (ass.re), Coggi Franca (Presidente del Consiglio), Corsi Filippo, Iacobucci Beniamino (ass.re), Liburdi Felicetto; Minoranza: Barletta Gianfranco, Petrucci Antonio, Pomponi Giovanni, Torriero Antonio. Al Sindaco ed all’intera Amministrazione comuna-le giungano i nostri migliori auguri di buon lavoro.

Elezioni Presidente XXI Comunità Montana

Alla guida della XXI Comunità Mon-tana è stato nuovamente confermato un supinese, il dr. Antonio Torriero.

Al Presidente, ed a tutti i suoi collabo-ratori giunga il nostro augurio di buon lavoro.

La visita della delegazione di Corato

Domenica 18 settembre 2011 abbiamo ricevuto la graditissima visita dei fedeli de-voti a San Cataldo provenienti da Corato, città pugliese in provincia di Bari che vene-ra il grande Taumaturgo irlandese come patrono cittadino.

La nutrita delegazione era guidata dal parroco don Cataldo Bevilacqua e dai sigg. Michele Patruno, tesoriere della Deputazione Maggiore “San Cataldo” e Luciano Maggiulli. Dopo la Santa Messa, celebrata all’altare di San Cataldo, si sono tenuti, presso la sala auditorium “Mons. Fausto Schietroma”, i saluti di rito dei due parroci, don Cataldo e don Antonino, del presidente del Comitato San Cataldo di Supino, Stefano Bompiani, del tesoriere della Deputazione, Michele Patruno, e, del Sindaco di Supino, Alessandro Foglietta. Nelle foto la visita dei fedeli di Corato (Ba) al Santuario di San Cataldo

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Nelle foto in questa pagina momenti della festa di San Cataldo a Toronto

Organizzata ogni anno il penultimo week end di maggio e coordinata da Mr. Daniele Boni, rappresenta motivo di orgoglio e vanto per l’intera comunità supinese ivi residente. I nostri concittadini testimoniano, in tal modo, la loro fede incrollabile a San Cataldo ed il legame indissolubile con Supino, l’amato paese natio. A loro il nostro plauso per la dettagliata e meticolosa orga-nizzazione dell’intera manifestazione dedicata al grande Santo ed i nostri affettuosi saluti.

La festa di San Cataldo a Toronto

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Anagrafe del Comune di Supino

CENNAMO CATERINA 02/03/1931 - 17/01/2011 IACOBUCCI RINA 27/11/1922 - 09/05/2011CERILLI RENATA 22/01/1929 - 19/01/2011 IORI IDA 22/12/1919 - 22/05/2011DEL PRETE VINCENZO 09/06/1925 - 22/01/2011 PERUZZI TONINO 24/09/1925 - 23/05/2011TOMEI AGATINA 30/08/1917 - 02/02/2011 CERILLI LINA 07/02/1920 - 15/06/2011CIAMPINI SANDRA 30/12/1964 - 08/02/2011 CIAMPINI ULISSE 26/05/1919 - 22/06/2011MASTROFRANCESCO ANNA 27/06/1928 - 17/02/2011 MARTINI CATALDO 14/12/1948 - 23/06/2011TOMEI ROCCO 02/04/1962 - 26/02/2011 PACIFICI PIETRO 22/08/1921 - 14/07/2011CACCIOTTI MARIO 24/08/1932 - 27/02/2011 GIOVONNI ROMELIA 29/01/1921 - 18/07/2011CATALDI MICHELANGELO 29/03/1984 - 01/03/2011 OBREN DAVIDOVIC 18/12/1919 - 01/08/2011COLICCHIA FERNANDO 29/04/1980 - 01/03/2011 SANTIA GINO 09/02/1923 - 29/09/2011BAILONNI RICCARDO 24/11/1919 - 04/03/2011 PERUZZI EMILIA 10/11/1925 - 29/09/2011DI STEFANO MARGHERITA 06/11/1965 - 08/03/2011 CERILLI GINA 25/03/1933 - 06/10/2011GATTI IDA 02/02/1923 - 15/03/2011 MANDATORI ANNUNZIATA 06/07/1914 - 31/10/2011ROMIRI BENVENUTO 22/03/1926 - 18/03/2011 ROSSI GLORIANA 18/07/1928 - 13/11/2011BONANNI GIUSEPPINA 01/01/1920 - 22/03/2011 RUZZA NICOLA 11/12/1920 - 13/11/2011VALLE ELSA 15/05/1912 - 26/03/2011 CARNALE FILOMENA 20/08/1920 - 22/11/2011CERULLI GIUSEPPINA 15/03/1949 - 29/03/2011 SCASCITELLI BENEDETTO 09/04/1931 - 28/11/2011CARACCIOLO GIANCARLO 02/06/1946 - 15/04/2011 NALLI SARA 30/01/1944 - 06/12/2011BONI INES 21/12/1919 - 21/04/2011 GIORGI ANGELINA 16/01/1924 - 10/12/2011CAPRARA ALBERTO 06/09/1924 - 23/04/2011 NAVARRA GIUSEPPE 28/11/1937 - 13/12/2011DE CASTRO GIOVANNA 01/04/1940 - 25/04/2011 SCARSELLONE VITTORIA 25/04/1917 - 16/12/2011DI FABBIO ANGELA 31/12/1932 - 28/04/2011 SCHIAVI VINCENZO 16/05/1922 - 30/12/2011ROGGIO SALVATORE 18/01/1942 - 29/04/2011

Momenti tristi...Deceduti anno 2011

Nascite anno 2011

RICCI DAVID 01/01/2011, FROSINONE TUDOSE ERICA MARIA 25/07/2011, FROSINONESANTIA ANNALAURA 04/01/2011, FROSINONE CERILLI DAMIANO 02/08/2011, FROSINONE PALIANI SIMONE 08/01/2011, FROSINONE ESPOSITO GIULIA 02/08/2011, FROSINONEBALA ERISA 21/01/2011, ALATRI (FR) LISI HELEN 05/08/2011, FROSINONECOLUCCIA ALESSIO 24/01/2011, FROSINONE COMINI MARIA 07/08/2011, FROSINONEFANNAN NASRO ALLAH 02/02/2011, FROSINONE CIOFFI AMANDA 31/08/2011, FROSINONE MARCHIONI SIMONE 06/02/2011, FROSINONE LAZAR ELENA FRANCESCA 31/08/2011, FROSINONEBONI IDIO SIMONE 15/02/2011, FROSINONE OLOIERI ALESIO 31/08/2011, FROSINONESORRENTINO FRANCESCO 21/02/2011, AVEZZANO(AQ) CORSI LEONARDO 04/09/2011, FROSINONEDE PAOLIS GIADA 06/03/2011, ROMA VIOLA GINEVRA 09/09/2011, FROSINONE FIASCHETTI GABRIELE GIOVANNI 17/03/2011, ALATRI (FR) CUPIDO MASSIMO 14/09/2011, FROSINONETRE RE MATTEO 01/04/2011, FROSINONE RANALDI MARIA 16/09/2011, ROMAFRASCA ALESSANDRO 04/05/2011, FROSINONE PALAZZI DANILO 20/09/2011, FROSINONESOAVE GIULIA 09/05/2011, SORA (FR) CERILLI ANDREA 26/09/2011, FROSINONEBATTISTI PIERFRANCESCO 17/05/2011, SORA (FR) ROMANO NICOLE 29/09/2011, ALATRI (FR) FIORITO ANDREA 19/05/2011, ALATRI (FR) NALLI ALESSIO 08/10/2011, ALATRI (FR) MASTROFRANCESCO NATAN 26/05/2011, ALATRI (FR) TOMEI LUCA 09/10/2011, ROMADUKA FLORI 27/05/2011, ALATRI (FR) ELMIRO TANIA 21/10/2011, FROSINONEMOSCA VITTORIO CARLOS 08/06/2011, FROSINONE PATRIZI AURORA 07/12/2011, ROMAFILICE GIADA 04/07/2011, ROMA DI MITRI BEATRICE 08/12/2011, ROMAGISMONDI MARTINA 04/07/2011, FROSINONE JALYL SABRINA 14/12/2011, FROSINONECORSI EMMA MARIA 23/07/2011, FROSINONE

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Dalla Donazione di Sutri, al Capito-lare di Tours, dal Concordato di Worms del 1122 alla Bolla d’Oro passando per le questioni della politica di Filippo IV il bello di Valois e di papa Bonifacio VIII, e, per l’Italia, rabbreviando fino ai Patti Lateranensi del 1929 e la loro revisione del 1984, si ha la sensazione che il rap-porto tra Stato e Chiesa viva una con-trapposizione ed un’intesa altalenante, per cui è normale che i poteri forti in cui si identificavano le generazioni medie-vali e quelle contemporanee possono essere simboleggiati dall’altare e dalla spada, dal Cupolone e dal Quirinale, dal Castello e dalla Cattedrale, con i re-lativi ruoli e interazioni.

Il discorso è affascinante, ma qui deve modulare su aspetti contingenti, tipo quello che vede il rapporto tra “Ca-stello” e “Chiesa”.

La Storia particolare offre l’occasione per dire che Castello e Chiesa a Supino, nei secoli, hanno dialogato istituzional-mente a loro modo, con sincerità ma

anche con opportunismo, con supremazia e sottomissione, ma, soprattutto sono stati là, idealmente dove si ritrovano, o, a dire il vero, praticamente dove si trovava-no, specie per il Castello.

Su quella “Punta di Creta Rossa”, mi domando, cosa c’è, cosa è rimasto. Avrete capito che con questo scritto non voglio fare la storia della Chiesa, in verità nem-meno quella del Castello, se non una precisazione su quest’ultimo e di conseguen-za una “digressione” sull’altra. E allora, è vero che su quella “Punta” della “Torre” poté esistere un Castello, ma di quale Castello parlano gli studiosi che se ne sono occupati? Quali mappe hanno studiato? Le domande, per non essere scontate non sono né spontanee né casuali, nascono dall’esigenza di riportare il dibattito storico su una linea di maggior equilibrio e di ragionevolezza: non si può conti-nuare a supporre, ipotizzare, ricostruire con la logica della comparazione e della deduzione mutuando paragoni dalla letteratura architettonico-archeologica di epoca coeva (ben documentata, per carità!), senza riconoscere le contaminazioni architettonico-ambientali, storiche e della tradizione (beh esistono anche rilevazio-

Digressioni e… impressioni

Tra Chiese, e Castelli in ariadi Dante Cerilli

Il Monte della “Torre” visto da Santa Maria M. (1959 © FCMC)

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ni fotografiche e misurazioni divulgate, piantine approntate, a volte equivo-camente e con discrepanze di dati, su carta o su internet: e le foto fanno ve-dere, in realtà, più di quanto ci sia dav-vero, chiunque se ne può accorgere, e, probabilmente non c’è supinese che non ci sia stato sulla “Torre”! – almeno della mia generazione).

Sulle Chiese di Supino non si può che riconoscere la loro florida affermazione, trasformazione, il perire ed il risorgere e, sebbene con qualche difficoltà dello sto-rico più avveduto, che è necessaria un’o-perazione di riordino e di verifica delle fonti esistenti (non molte, ma nemmeno trascurabili) per dare alla luce eventuali e sicuri studi futuri. Questa precisazione è significativa per introdurre il tema della successiva riflessione: sul Castello; mi sento di dire, quindi, che i resti su “Punta di Creta Rossa” non possano essere presi in considerazione per attestare che essi siano stati parti strutturali del Castello medesimo, o, tantomeno, che fossero “il” Castello (o il “castelletto” come giustamente qualcuno dice!).

Va tenuto ben presente che nello stesso sito, già tra XVII e XVIII secolo, erano ivi ubicati i resti di una chiesa abaziale, ovvero San Giovanni della Torre, come sug-geriscono i documenti presenti dell’Archivio Storico di Santa Maria Maggiore, con sensibili attestazioni, e che quindi detto castello dovette avere vita molto breve, due o tre secoli.

San Giovanni della Torre che, sebbene già risultante demolita nel 1835, godeva di un beneficio fruttante scudi 42, conservato poi dalla chiesa abaziale (e poi col-legiata) di Santa Maria Maria Maggiore da cui dipendeva, insieme al beneficio di Sant’Antonio Abate (scudi 30) pur esso associato dapprima a San Giovanni della Torre, che di fatto non era titolato nell’abazia di San Nicola ove a governare l’altare e il Santo in origine pensava la Confraternita del Sacramento e solo nel XVIII secolo la confraternita omonima.

San Giovanni della Torre, dunque, soggetta alla chiesa di S. Maria Maggiore si trovava “sulla sommità del monte”. A tradurci l’informazione è, in tempi rela-tivamente recenti, l’economo spirituale don Antonio Bernardi nel 1924, e scrive dalla sede di Santa Maria Maggiore, per cui, quel “monte” non può che essere “La Torre”! E poi, a nessuno dei supinesi è venuto mai in mente di riferirsi a quel “monte” come al monte del castello, ma al monte della “Torre”, ovvero alla “Torre di San Giovanni” (difatti il sacerdote Matteo Santia godeva del beneficio di scudi 12 dal 1659, cfr. Giammaria, p. 43, ma anche p. 52) che i nostri nonni e la gente di appena due generazioni, ancora sapevano: Antonio Marocco (1912-1983) su-pinese in Varallo Sesia, difatti, probabilmente per vox populi, operò un tropo, una traslazione della denominazione, appellandolo “Castello medievale” di “San Giova-ni della Torre”. Tuttavia notizie particolari della Chiesa tutt’ora non se ne hanno, e il fatto che non fosse menzionata nelle visite pastorali e ispettive non vuol dire che non esistesse, del resto, opportunamente, lo stesso Giammaria, più volte segnala

La Torre vista da un bambino di 8 anni, 1967 (© FCMC)

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difetti e mancanze (Cfr. Giammaria, p. 36, 52, e passim), nonché compilazioni che oggi si direbbero del “copia e incolla” (l’espressione però è mia!), a causa di “pigri-zia”, che è sempre esistita, e per via del luogo veramente impervio e scomodissimo da raggiungere. Confido, invece, sulla veridicità delle schede compilate dal Ber-nardi poiché rispondono scrupolosamente ai questionari della Sovrintendenza: laddove il canonico fosse incerto nelle risposte preferiva omettere la risposta o segnalare la dubbiosità (è chiaro che diversi studiosi hanno attinto da queste, ma si sono guardati bene, per arrogarsi chissà quale merito, di segnalarlo tra le loro fonti e bibliografie).

Su “La Torre” allora c’è stato un castello è c’è stata un’abazia. Per questo quando si parla dei ruderi di “Punta di Creta Rossa”, ovvero della “Torre”, come ruderi del Castello (e basta), mi deprime la superficialità con cui storici e dilettanti della storia hanno affrontato l’argomento senza andare a rovistare direttamente certe fonti, basandosi, invece, su bibliografie che purtroppo elaborano congetture e suppo-sizioni (puntuali per la teoria, ma fatiscenti per la fattispecie); ipotesi che finiscono per essere ratificate come verità. Per cui meglio porsi il problema, almeno come fa Giammaria e anche se diversamente “dirento”, quando riferisce che c’era una chiesa “eretta al culmine della rocca” e che ad essa, nel 1624 restavano “legati due benefici semplici con una rendita annuale di sc.(udi) 10” (Cfr., p. 34). Allo scopo è utile ricordare quanto ho letto nel “Dizionario di erudizione…” (1844) di Gaetano Moroni al tomo XXVII, ovvero:

«Sulla cima del monte, alla cui pendice giace Supino, esiste un forte di remota costruzione, costituente ora un’abbazia, ed un benefizio sotto il titolo di S. Giovan-ni, ma la chiesa era da ultimo diruta» (p. 280).

A Giammaria è nota questa citazione, come quella di Giuseppe Marocco in “Mo-numenti dello Stato Pontificio…” da lui letta al tomo IX (sic) p. 158, in verità al tomo VI.

La dicotomia e le simbologie iniziali di questa digressione, d’altro canto, inducono a lasciare qualche altro appunto. A prescindere dalla posizione teocratica innocentina del “sole” e della “luna”, e propendendo invece per quella demonarchiana dei due “soli”, non si può fare ameno di notare che nei secoli, ed oggi ancor di più, la Chiesa ha avuto molti e altrettanti denigratori ed oppositori tanto da poterla soffocare e distrug-gere. Eppure l’universalismo che è della Chiesa prevarica il particolarismo del potere temporale, sempre contrapposto ad oltranza a qualcosa, a qualcuno, a se stesso, tra singoli, tra pochi o tra le moltitudini dei “regni”, “de’ principati” e delle “dominazioni”, e sopravvive nei secoli. Fu per questo che Dante probabilmente teorizzò la sua “Monar-chia Universale”. Così il Castello perisce e non risorge, ma le chiese di Supino restano lì a segnare nel tempo la pietà e la virtus cristiane dell’“Università” del paese lepino. Direte voi: non c’è il “castello”, ma c’è il “Comune” di Supino! Sicuramente – risponde-rei io – ma le Chiese c’erano, ci sono e ci saranno finché i supinesi saranno supinesi e si sorprenderanno capaci di amare Maria Assunta in Cielo, San Lorenzo, San Cataldo, San Antonio Abate, San Rocco (e San Pio X), protocristiani, missionari di fratellanza e di pace il cui tramite costituisce la nostra elevazione al Padre.

Il Castello, specie se in aria, ha poca importanza per l’identità di un “feudo” trasforma-to e rinnovato nei secoli e dove si vuole risuscitare per forza ciò che è diruto per sempre.

Il popolo di Supino ha capito e dimostrato questo ampiamente, non curandosi di verità a sé sconosciute, che il valore e la praticità dei fenomeni è in ciò che di fatto si

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sente, in ciò che veramente si prova, specie nel momento in cui deve scegliere a quale identità doversi rapportare: il 28 gennaio 1951 veniva issata la croce di ferro (di cui nessuno mai parla o cita), donata spontaneamente dal popolo di Supino durante le “Sante Missioni”, sul colle “Punta di Creta Rossa”; come ricorda Mario Cerilli nel suo ar-ticolo sull’“Osservatore Romano”: «segno poverissimo e nudo [...] gran segno della speranza».

NotaPer questo articolo sono state consultate e studiate le seguenti fonti e bibliografia:

- Monumenti dello Stato Pontificio e Relazione topografica di ogni paese. Opera di Giuseppe Marocco. Lazio e sue Memorie, tomo VI Roma, Tipografia Boulzaler, 1835.- Bolla papale di Gregorio XVI del 12 agosto 1836, in Archivio Storico di Santa Maria Maggiore Supi-no (ASSMMS).- Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro ai nostri giorni […] del Cavaliere Gaetano Moroni Romano […], vol. XXVII, Venezia, MDCCCXLIV.- Mario CERILLI, Sante Missioni a Supino, in “Osservatore Romano”, nelle pagine settimanali di “L’Osservatore della Domenica”, a. XVIII, 1951, n. 8 (876), 25 febbraio, p. 3.- Schede inventariali dell’economo spirituale don Antonio Bernardi e del regio intendente di Belle Arti Roberto Papini, Supino, 24 marzo 1924 (Sch. 1 f. 3) in ASSMMS.- Antonio MAROCCO, Supino e la sua storia, manoscritto inedito, Supino 18 luglio 1937-XV, in Archi-vio Privato della “Fondazione Culturale Mario Cerilli” [non contiene bibliografia o fonti, ma è nell’in-sieme generalmente attendibile].- Gioacchino GIAMMARIA, Organizzazione ecclesiastica e società a Supino dalla seconda metà del Cinquecento al primo decennio del Settecento, Supino, Associazione Pro Loco, 1979. pp. 72.- Carlo CRISTOFANILLI, Nota archeologica. Il Castello dei “De Supino”, in “Notiziario Annuale del Santuario di San Cataldo”, 1988, XXIV, s. n. (nn contiene fonti e/o Bibliografie).- “Rerum Memorandarum”, di D.C. in “Notiziario Annuale del Santuario di San Cataldo”, 2004, XL, p. 57.- Dante CERILLI, Istanza di erezione di un Capitolo Collegiale in Supino e disciplina dei canonicati fatta a papa Pio VIII, [da manoscritto del 1830 ca, in Archivio Privato di Supino e trascritto per g.c. di L.B.] in “Notiziario Annuale del Santuario di San Cataldo”, 2005, XLI, pp. 36-55.- *Il castello di Supino, Anagni, Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale, 2008, pp. 32.- Passim.

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Il regime di governo di Supino del Seicento è noto: feudo colonnese è retto da una duplice corte: quella baronale, predominante e praticamente composta da un solo membro, il capitano o governatore (che era referente dei Colonna, giudice di prima istanza, capo dei birri e sovrintendente dell’amministrazione locale) e la curia supinese composta da officiali e da organi municipali.

Il governatore/capitano era doppiamente ligio ai Colonna poiché doveva cura-re gli interessi politici della potente famiglia ma anche quelli economici, in buona parte scaturiti da diritti feudali (la “privativa” o monopolio del mulino, il parzia-le monopolio dei forni, la consegna di certuni capi di bestiame, l’uso allodiale di beni già comunitari, e così via). Per questo motivo i capitani erano particolarmente fedeli ai signori feudali e, oltre ad amministrare il feudo, erano anche particolar-mente attenti ad un aspetto di piaggeria, di evidente sottomissione vassallatica, ad una captatio benevolentiae che si esplicita nell’invio di doni in natura. Donare è un atto di generosa disponibilità ma nella fattispecie è un mero ed opportuni-stico gesto che serve al subordinato per ingraziarsi colui che può fare, con un semplice si o no, la sua fortuna o la sua disgrazia. Infatti la nomina dei governatori o il loro declassamento o la promozione dipendevano dal grado di servilità che governatori mostravano verso la famiglia dominante. Rivelatori sono il linguaggio e la pratica di rimettere doni che andremo a raccontare in modo più diffuso. Ci soffermiamo su un gruppo di lettere dei capitani/governatori di Supino del primo Seicento e conservate nel cospicuo archivio colonnese a Subiaco1.

Il 15 agosto 1614 il governatore Domenico Ambrosi invia “dieci paro di polla-stri”, mentre nel 1615 i doni inviati dal nuovo governatore, Lucantonio Cianfoni, sono molti di più: il 14 aprile per Pasqua manda “solo trenta ova, che se bene sono poche ...” ma a cui aggiunge pochi giorni dopo, il 29, “quattro brugnoli”; il 23 giugno 1615 invia “doi Fiaschi d’acqua dei fiori”. Chi si distingue per piaggerìa è Salvatore Digiudici che manderà a “Sua Eccellenza Padrone”, il titolo attribuito dai governatori ai Colonna, ogni ben di Dio. L’otto giugno 1616 scrive: “Questa mattina su le dudici hore m’è capitata questa anguilla viva qual mando … non es-sendovece in questi paesi 2 nessuna cosa a proposito di Vostra Eccellenza ...”.

Il successivo 31 luglio rimette quaranta meloni specificando che: “son andato nell’horti a caparli, credo saranno boni, et piacendoli ne manderò finché ve ne siano … ho giudicato mandarli un po’ crudetti acciò durino un poco più. Ho man-dato apposta alla Montagna per farla et quella poca c’uenuta [che è venuta] se li manda, me perdoni se non sono corrispondenti alla sua persona, et mea intentio-ne ...”.

Come aveva promesso solo qualche giorno dopo, il 7 agosto 1616, invia una soma di meloni “e perché non so se li sono stati a gusto, ho voluto mandare un’al-tra soma di giuste grandezze d’un’altra sorte … et il numero dei meloni sono cin-quanta. Manda a Vostra Eccellenza un’anguilla di questo fiume che m’è capitata

Dai regali ai Colonna alle caratteristiche produttive di Supino seicentescadi Gioacchino Giammaria

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nelle mani, me perdoni del poco ...”, poco che viene integrato il successivo 16 agosto quando, scrive: “Ho fatto la diligenza nel mandare a caccia di beccafichi, et per il cattivo tempo n’ho avuto solo quaranta che mando a Vostra Eccellenza ...”.

Degiudici va via ed il 27 dicembre dello stesso anno, per l’anno nuovo, il go-vernatore Giovanni Giacomo Agnes spedisce “un poco di caccia che a pena ho avuta, per li cattivi tempi, di gallinelle” a cui il 9 gennaio 1617, aggiunge un altro cinghiale, un “poco de starne”, alcune gallinelle, “lodole” [allodole] e tordi. E lo stesso giorno precisa che il cinghiale viene dalla caccia fatta “con questi cacciatori, hebbi fortuna che se ammazzò un cinghiale, quale ho volsuto mandare subito a posta a Vostra Eccellenza”. Salvatore Digiudici torna in primavera e, subito dopo la nomina, il 19 marzo, ha partecipato ad una battuta di caccia ai confini di Supino, Maenza e Carpineto prendendo due caprii che ha mandato “alla Eccellenza assie-me a puochi prugnoli”. D’estate però si scatena ed il 29 luglio 1617 invia cinque pollastri “senza pregiudizio dell’altri i quali ancora non sono boni per essere pic-coli”. Il 7 agosto 1617 scrive al principe: “Sono molti giorni che dovevo mandare li rossignoli a Vostra Eccellenza siccome gli avevo promesso, ma la mia malafortuna ha voluto che delli dodici che io avevo allevati non ci à campato solo che uno”. Cerca di rimediare e il 2 settembre 1617 manda cinque cocomeri, sperando che usciranno buoni e, se così, quanto prima ne invierà una soma.

L’anno dopo, il 6 dicembre 1618, premesso che ha “fatto un po’ di caccia” e non ha “hauto [catturato] altro ch’un capro, lo mando a Vostra Eccellenza”, ma sempre Salvatore Digiudici proprio il 31 dicembre, scrive da Supino: “Auguro buon capo d’anno con mill’altri appresso. E’ arrivato il marchese di Patrica3, ed ogni giorno mand’a caccia, ma io che l’ho saputo, et io non voglio che lui habbia tanto gusto a godersela tutta [la cacciagione], ma se bene che sella godi Vostra Eccellenza come si conviene, cioè quando si farà preda, ma assicuro Vostra Eccellenza che io non la defraudo […] ho hauto doi caprij, uno da Ceccano et l’altro [dal]la signora Principessa, gli dico anchora che si vi fussero cani, Vostra Eccellenza havea molta più caccia”.

I governatori turnavano spesso, ed infatti in quello stesso 1618, il 5 agosto, il nuovo incaricato, Fabio Pofi invia “a Vostra Eccellenza trenta sei mazzi di fragole, frutti di questo paese in questi tempi”. Però il 17 novembre è di nuovo Salvatore Digiudici in campo che così manda a dire al suo padrone: “credevo con la mia ve-nuta per fare in questi confini di Carpineto, Maenza et Supino una buona caccia, per non essersi cacciato da vassalli di Vostra Eccellenza gran tempo fa, et il primo giorno ammazzorno un caprio, il secondo niente, il terzo poi immaginandosi li cacciatori haver fatto una buona caccia ammazzorno tre cani. Li mando detto caprio ...”.

Tre anni dopo troviamo sempre Digiudici che il 22 luglio 1621 spedisce “cin-quanta fiche gentile” e si scusa se non ha potuto inviare “un canestro de fraule” [fragole], che però farà trasportare a Roma pochi giorni dopo, il 28 luglio, scri-vendo: “Me so venute le fraole quale mando a Vostra eccellenza assieme con un canestro di fiche gentile”. Il nostro, il giorno prima aveva già rimesso del pescato, che, evidentemente non è lolcale, e così si esprime nella sua lettera: “Sapendo io quanto a Vostra Eccellenza gustano li frutti di mare con l’occasione della promes-sa fatta a Sua Eccellenza [...], ho fatto usar diligenza d’havere qualche frutto, et non è stato possibile da havere altro che questa cerignola de cardi, che non so che

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cosa ce sia dentro, la quale Sua Eccellanza degnerà accettarli”. Il 13 agosto dello stesso anno, Salvatore Degiudici, ringraziando per quello che il principe gli man-dato “per la sua infermità”, gli spedisce a sua volta un piccolo dono di “sei paro de pullastri, con duecento settanta pera, che altro frutto non se trova de qua, che s’è fatta grandissima diligenza per averle, per esser l’anno molto sterile, assemi con sei meloni ...”. In autunno, il 10 ottobre, Salvatore Digiudici manda “quattro frutti del paese così come sono”; evidentemente non sono di grande qualità, ed infatti subito dopo spiega che “ogni cosa in quest’anno ha patito, né se trova frutto alcu-no, accetti il mio bontà d’animo, de questi pochi insiti che li mando, con quattro palombi selvatichi”.

Dopo questa testimonianza ne registriamo solo poche altre pro informazione: il 12 settembre 1626, sempre Salvatore Digiudici al posto dei beccafichi, “che non ho possuto havere”, manda dieci “para de pollastri”. Il 29 aprile 1628 invia un ca-nestrino di prugnoli e segnala che c’è un grande freddo mentre il 2 aprile 1629, lo stesso Degiudici, ancora al servizio dei Colonna, ha potuto avere non più di quat-tro libbra e mezza di prugnoli da diversi luoghi. Il 21 febbraio 1632 il governatore Vincenzo Gargano è più fortunato a mandare 16 palombi; Salvatore Digiudici si rifà il 3 novembre 1634 quando rimette a Santi Apostoli “una soma di appioni 4 assieme ad alcune pera di numero in tutto 360. Le ho notate acciò il portatore non le defraudasse”.

Poche annotazioni finali a mo’ di riflessione storica. Quattro informazioni su fatti che paiono marginali, episodi di servilismo e piaggeria, ci servono per capire che localmente una serie di cose importanti sul piano economico-sociale. Intanto la caccia è una risorsa e produce carne di animali quali il cinghiale, il capro, i palombi, i beccafichi, le starne, le allodole, le gallinelle e i tordi5. Animali vengono dall’alle-vamento: piccioni, galline e pollastri, ma anche uova (forse sono da aggiungere in questa categoria i “roscignoli” poiché allevati, quindi sarebbero animali da cor-tile). Anche le acque territoriali, abbondantissime, davano pesci (in queste note mai menzionati, ma sappiamo che esisteva il commercio di pesci d’ acque dolci) però viene segnalato un pescato particolare: le anguille (segno di un habitat to-talmente diverso da quello odierno). La pesca dei secoli successivi, ma soprattutto l’ingabbiamento dei fiumi e l’inquinamento progressivo hanno eliminato questo animale e i pesci dai fiumi e dai laghi locali. Dall’agricoltura provengono pere, ca-stagne (insiti), meloni, cocomeri e fichi (di una varietà detta Gentile, che doveva essere pregiata), mentre, direttamente dalla terra provengono i funghi (della spe-cie pregiatissima dei prugnoli) e, massicciamente, le fragole. Inoltre si parla di una misteriosa “acqua dei fiori” che, a lume di naso, potrebbe essere acqua profumata prodotta con la macerazione di fiori odorosi (come l’antica acqua di rose fatta im-mergendo nell’acqua petali di rosa).

Annotazioni particolari ci fanno conoscere che si organizzavano battute di cac-cia, non frequenti perché monopolio signorile, soprattutto nelle zone di confine con Maenza e Carpineto (da cui deduciamo che fossero la wilderness lepina) e forse su richiesta della corte (anche per contenere il bracconaggio, testimoniato da più documenti). Annate cattive vengono segnalate due volte: nel 1616 e nel 1621, mentre si ha l’impressione di una diffusa attività agricola e/o pastorale con ancora ampie zone “selvatiche”. Ma quello che mi pare più interessante, è il giudi-zio due volte espresso dal governatore Salvatore Digiudici che non ritiene idonei o

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di poco conto le cose e le risorse che provengono da questi posti perché “nessuna cosa [è] a proposito di Vostra Eccellenza” o perché “non sono corrispondenti alla sua persona”. Insomma non giungono all’altezza del principe Colonna, il quale, agli occhi del suo lacchè, stava sopra una vetta eccelsa e non era raggiungibile dai suoi vassalli.

Note1 Biblioteca statale del monastero di S. Scolastica, Archivio Colonna, Supino III SA, corrispondenza 1578 [1570]-1728.2 Si riferisce sicuramente ai feudi colonnesi di Supino, Morolo, Sgurgola, Giuliano, etc; Patrica non è ancora dei Colonna ma appartiene ai Santacroce che solo nel 1625 la venderanno ai potenti vicini.3 Si tratta del marchese Santacroce signore di Patrica.4 Probabilmente un tipo di mele che hanno simiglianza colle pere.5 I volatili, come molti ricorderanno, fino a qualche anno fa, erano ancora frequentissima preda dei cacciatori mentre i cinghiali sono tornati in questi ultimissimi decenni. A quale animale si rife-risca il termine capro c’è incertezza poiché potrebbe essere sia il capriolo che una capra selvatica,

simile ai mufloni sardi.

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Il popolo ha sempre cantato, perché il canto, come la poesia, è connaturato nella sua anima. La nascita d’un bimbo, la gioia di un amore corrisposto o la rabbia per una profferta respinta, un imeneo celebrato sotto… le stelle per con-trasti di famiglie, la minaccia d’un nemico alle porte, le imprese d’un bandito che prende al ricco per dare al povero, la festa del Santo patrono, insomma, ogni avvenimento capace di movimentare il normale corso della vita di un paese facevano scoccare quella scintilla canora insita nel cuore dell’uomo.

Ecco, allora l’aedo che si fa interprete dell’anima popolare e scioglie il suo canto semplice e nello stesso tempo grande, spontaneo come le pure acque delle sue sorgenti, delicato come i fiori delle sue valli, solenne e libero come le cime dei suoi monti. E la Ciociaria ha la sua ricca e secolare antologia di canti popolari: belli e genuini, vivaci o malinconici, espressione viva e palpitante dell’anima delle genti nostre, che ancora ci potrebbero suggerire quel pizzico di saggezza che renderebbe meno opaca e più serena la nostra giornata, fatta di rumori, di deturpazioni e di angustie d’ogni genere. Canti ciociari che nel secolo scorso hanno potuto destare l’amore e l’ammirazione del Tommaseo e del Mazzini (pur se l’Apostolo dell’Unità d’Italia cercava con essi di incre-mentare le entrate per il costituendo “partito nazionale”) di Benedetto Croce o

Dal faceto al serio, fatti quotidiani e spiritualità nei canti ciociari:“Stornellata... supinese”Il paese della rava “tè ‘n gran Sando an Paradiso”

di Mario Cerilli (1926-1980)

Edouard Brandon (1831-1897), Ciociare alla fontana (Nîmes 1870, olio su tela)

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del Targioni-Tozzetti, uno dei librettisti di “Cavalleria Rusticana”, e di tanti altri personaggi che non disdegnarono attingere dal grande repertorio del canto popolare ispirazione e motivi per le loro opere pittoriche e scultorie, letterarie e musicali, pronte a sfidare, in gigantesco duello, il Tempo.

Anche Supino ha materiale da apportare al nobile edificio dei canti di Cio-ciaria. Abbiamo tra le mani alcuni stornelli, più o meno noti (anche in loco!), i quali ci denotano subito l’amore dell’interprete supinese, per il suo paesello natale; e quel che ci colpisce è la semplicità delle immagini che si avvalgono di espressioni immediate e incisive, come quando lo stornellatore vede le rocce su cui si adagia Supino, “pietre du mormoro [marmo] fino”. Per cui tutto del suo paese è bello, soltanto bello, specie la gioventù, ed egli canta:

«Chi dicia ca Supino non è béglionu veda lu ragazze che ci stanno,la gioventú è fatta cogliú pennéglio».

Le donne di Supino, poi, possono vantarsi di un dono che non si sa bene se sia stato dato a loro, come a tutte le donne del mondo, da madre natura o se lo siano procurato esse stesse per contrastare il predominio del maschio e così in virtù della loro…. linguetta sono pronte “a far la guerra senza l’armi” e si sentono “più forti dullu colonne”!

Al coro delle donne, rispondono i giovani sicuri: «Chi veda du Supino i giuunottile leve veda dugli bursaglieriaccómmo a la mundagna, issi so forti».

Ma in un altro stornello cogliamo la malinconia per il paese che si deve lasciare, il rimpianto di chi è costretto a vivere lontano, portando in fondo al cuore tutta la dolcezza delle persone e delle cose finora conosciute e dilette che le nuove esperienze, tanto più se dolorose e sconfortanti, non potranno cancellare:

«Bóno Supino mejo, bóno Supino,accomm’ a ‘na musica mu sònadendr’agliú còro la parola cara… »

e, nello stesso tempo, il viandante per il mondo ripete a tutti con fierezza:

«… Só dulla Rava, só dulla Rava»!(Facendo suo l’appellativo affibbiato al suo paese natio dagli abitanti limi-

trofi per quella “rava ‘ncatenata” che minaccia di cadere, ma “che pende/ che pende/ e mai vien giù”).

Un’altra dovizia di Supino è messa in evidenza in un altro stornello: è l’acqua del “Pisciarello” che ancora richiama molti visitatori, assetati, che accettano, inconsapevolmente l’invito e l’augurio del cantore:

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«Fióro du menda,Supino d’acqua fina tè ‘na sorgenda,agliù paese mejo ‘n gi manga gnende.I si vói cambà senza malannibeva l’acqua dugliú Pisciaréglioi cambi cend’anni».

Infine, fra le bellezze naturali e umane celebrate, non certo senza campanilismo (ma quando si parla del proprio paese!...) non può non sbocciare, nel cuore del nostro borgo, la bellez-za più alta e più vissuta delle nostre genti: la devozione per S. Cataldo, per cui Supino viene spesso identificato, in provincia e altrove, come il “Paese di S. Cataldo”. Per tale nota, genero-sa e nobile, intoniamo ancora:

«Fióro du vallo,Supino tè ‘n gran Sando an Paradisoi gliù Sando nóstro è San Catallo».

Nota: Da un Manoscritto di Mario Cerilli, Supino, 12-13 aprile 1979; tratto dall’Archivio Privato

della “Fondazione Culturale Mario Cerilli”, destinato al “Centro diffusione Arte Sacra” di Roma, del

prof. Marco Mancini.

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Non c’è supinese che non sappia che la statua del nostro Protettore, San Cataldo, si deve al talento di un cele-bre scultore morolano: Ernesto Biondi. Tradizione vuole che a seguito dell’ in-cendio della prima statua, sia stato un “giovane ma già noto” artista della con-finante Morolo, a plasmare la nuova effigie del Santo. L’anno era il 1870 e di ciò troviamo conferma negli scritti dello indimenticabile Don Fausto Schietro-ma, per decenni rettore del Santuario dei SS. Pietro e Cataldo (cfr. Schietroma Fausto, Supino e San Cataldo, Secoli di Storia e di Fede, Casamari, 1969, pagg. 42 ss). La fonte da cui attingiamo la no-tizia è dunque più che qualificata, e tra le righe lascia intendere anche l’età del Biondi al momento in cui gli venne com-missionato il tutto. Ad ulteriore confer-ma di quanto riferitoci dal rettore, suo-nano due volumi, uno in particolare, che il Comune di Morolo, nel 2005, ha voluto dedicare al suo illustre cittadino ad un anno dal 150° della nascita, ca-duto nel 2004. Anzi, quanto vi abbiamo letto, e che qui di seguito riferiamo, ar-richisce di dettagli inediti quanto già in nostra modesta conoscenza.

Veniamo al dunque. Ernesto Bion-di nel 1870 più che “giovane” era un adolescente, poichè nato a Morolo il 29 gennaio del 1854. Quindi nell’anno della “Presa di Roma” da parte delle truppe del neonato Regno d’Italia Biondi, avendo compiuto appena sedici anni, era poco più di un ragazzo. E allora chi pensò di rivolgersi proprio a lui per un compito così delicato come il rifacimento della statua di San Cataldo? E’ lo stesso Biondi a rac-contarci come andarono le cose e l’ampia citazione che segue è tratta dal racconto che lo scultore fece nel 1900 allo scrittore francesce Onorato Roux (cfr. Comitato Ernesto Biondi - Morolo, Ernesto Biondi, Frosinone 2005, pagg. 23-25): “ La fama della mia abilità nel fare rappresentazioni, come le chiamavano i miei compaesani, uscì fuori del territorio e si sparse in tuttta la regione…Ero io che dovevo dipingere ed intagliare su carta oliata le stampe di S. Rocco a Morolo, S.Antonio alla Sgurgo-la…S. Cataldo a Supino…Supino possedeva un santo di legno: S.Cataldo… La statua

La statua di San Cataldodi Enrico Zuccaro

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era primitiva ma, viceversa poi, faceva miracoli a dozzine…Un giorno, un triste gior-no, per inavvertenza di un chierico la cappella andò in fiamme, e la macchina ed il Santo rimasero bruciati. I tremila supinesi piansero come un solo supinese, e tutta la provincia ne fu addolorata. Una settimana dopo, un comitato, composto delle per-sone più ragguardevoli del paese, aveva raccolto i fondi, per la ricostruzione della nuova cappella, per la nuova macchina, pel nuovo santo…. La cappella doveva essere più ricca e meglio dipinta della prima, la macchina più vistosa… solo il Santo doveva essere perfettamente eguale a quello bruciato”.

Poi Biondi, proseguendo nel suo racconto, ci svela l’effettiva portata del suo ruolo: “Mancavano solamente due mesi alla festa: la cappella era stata ricostruita…la macchina pure era pronta… anche la statua era quasi terminata. Tutto era per-fetto, tutto era somigliante al S.Cataldo bruciato; ma la faccia non gli somigliava punto…Un giorno io ero accoccolato accanto al fuoco ed ascoltavo mia madre… quando si presenta a noi l’arciprete Colonna (di origini supinesi, n.d.r.). Dopo aver salutato la Mamma …l’arciprete si rivolge a me e mi dice: - Senti, ragazzo: dobbiamo fare un contratto tra noi. Sei mai stato a Supino? Si - rispondo io. - Conosci San Cataldo? Si. - Ti ricordi bene la sua fisionomia? Si. - Sapresti rifarmela sopra un foglio di carta? Si.- Ebbene se tu indovini la testa di San Cataldo, in modo che somigli a quella brucia-ta, io ti conduco a Roma con me e…ti faccio vedere le meraviglie di Roma.

Il giorno dopo, la testa di San Cataldo, disegnata da me, faceva il giro di Supino e tutti ringraziarono il Santo che si era degnato di farsi ritrovare da un ragazzo, il figlio di Angelo Biondi di Morolo”.

Quel viaggio segnò per sempre la vita del giovane morolano che nella Capitale seguirà i corsi dell’Accademia di San Luca, per poi intraprendere una folgorante carriera artistica che lo renderà famoso nel mondo. La sua “opera prima” di cui si abbia traccia però, il volto ieratico di San Cataldo (da cui una bottega romana, pur-troppo sconosciuta, eseguirà la statua, come ci dice ancora Don Fausto nella fonte sopra citata) è comparsa nel cuore dei Monti Lepini da dove, dopo aver benedetto il suo giovane autore, continua a benedire il Mondo intero.

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Molti supinesi si sono sempre domandati: “dove si venera San Cataldo oltre a Supino?”, op-pure, “la statua di San Cataldo di Supino è assai bella, ma le altre statue di San Cataldo in Italia, come saranno, altrettanto belle?”.

Dopo anni di studi, di ricerche personali e di viaggi cerco di presentare al popolo supinese e a tutti i devoti di San Cataldo il mio studio-lavoro sui luoghi ove viene venerato e sulle descrizio-ni dei simulacri cataldini. Quest’anno parlerò di Taranto, negli anni a seguire, invece, degli altri luoghi sia in Italia che nel mondo ove viene venerato il nostro amato Santo.

Nel raccontare il tutto, io principio dal “luogo sacro”, l’incunabulum cataldini, Taranto. “In Italia, Ei discende e a Taranto si incammina, predicando la dottrina a quel popolo infedel”, come si evidenzia nel canto dei pellegrini in onore di San Cataldo, Taranto è il primo luogo italiano che è stato “toccato” dal Santo monaco irlandese.

Dopo il viaggio del Santo nei luoghi della vita e della passione di Nostro Signore Gesù Cri-sto, il Signore stesso volle che lui, in ritorno in Irlanda, approdasse a Taranto. Grazie al Vescovo taumaturgo, la città venne “riconvertita” in toto al cristianesimo, anche se era un popolo di dura cervice, dato che aveva ormai affondato le sue radici nella fede pagana. Dalla morte del vesco-vo tarantino non si hanno più notizie circa il Santo; bisogna attendere il 1071/1094 quando i Saraceni distrussero la Cattedrale. Nel tentativo, da parte del popolo tarantino, di una ricostru-zione di una nuova cattedra episcopale, si rinvenne un sarcofago contenente il corpo di un vescovo, nella croce pettorale di questi si recitava “CATHAL” (Cataldo).

Subito dopo l’inventio corporis il sarcofago fu meta di pellegrinaggi e tutti coloro che si re-cavano ricevevano grazie istantaneamente dal Santo vescovo. Il culto cataldino si incominciò a diffondere a dismisura in tutto il territorio pugliese e non solo. Dopo il 1598, il corpo del Santo è stato traslato nel famoso “Cappellone di San Cataldo” (che si trova nella cattedrale di Taranto) dalla cappella di San Giovanni in Galilea, ove ora c’è il Battistero. Il “Cappellone” è nominato così perché invece di essere una semplice ed umile cappella è simile ad una chiesetta in una Chiesa, in questo caso in una Cattedrale; questo monumento è adornato da preziosi marmi e da statue, un coro a canne, al centro dell’edifizio marmoreo è sito l’altare in marmi policromi e sulla cupola del Cappellone vi è affrescata la “Gloria di San Cataldo”.

Sull’altare è visibile un nicchia ove è riposta la statua del Santo: essa raffigura il Santo in piedi con la mano destra in atto benedicente e nella mano sinistra impugna il pastorale – insigna episcopale che designa che il vescovo è il pastore della diocesi. Esteticamente parlando, il si-mulacro è argenteo e nel periodo della festività viene rivestita di insigne episcopali d’oro (croce pettorale, mitria, pastorale e anello episcopale).

Taranto ha avuto sin dal XIII secolo un simulacro di San Cataldo, inizialmente era un mezzo-busto; l’attuale statua, invece, ha pochi anni poiché la precedente è stata rubata nel 1983.

Il 10 maggio, festa liturgica del Santo – si rammenta l’inventio corporis Santi Cataldi – la sta-tua viene portata in processione sul reliquiario contenente le spoglie mortali del Santo monaco.

A Supino il culto cataldino si diffonde secondo alcuni dal XI secolo, secondo altri dal XIII se-colo. Molti sono i motivi perché il culto si sia diffuso: secondo alcune fonti, il culto si è diffuso con l’elezione dell’abate di Montecassino Drogone, originario del tarantino, e la sua elezione risale poco dopo l’invenzione del corpo di San Cataldo; secondo altre, per via di alcuni monaci eremiti (Amatore e Barone) che si trovavano a Supino in località San Paolo.

San Cataldo dall’Irlanda a Supinodi Luigi Crescenzi

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Il centro lepino ha un reliquiario del 1653 che contiene una reliquia del braccio di San Ca-taldo, fino a poco tempo fa nell’arcipretura di San Pietro vi erano altri reliquiari, tra questi si può annoverare un mezzo-busto ligneo del XVIII secolo. La statua del 1870 venne costruita dall’allora quindicenne Ernesto Biondi, dato che la prece-dente andò in fiamme proprio in quello stesso anno (il volto del precedente simulacro venne salvato e le ceneri della restante parte dell’opera vennero conservate e deposte nella nuova macchina processionale). La statua viene ornata di insigne episcopali auree il 9 e 10 maggio; codeste insigne vennero donate dal segretario di Stato del Vaticano di papa Pio IX, il cardinale Giacomo Antonelli, origi-nario di Sonnino (del corredo regalato dal prelato rimane solamente la mitra).

Particolarità della festa supinese è la “cacciata”: il 9 maggio alle ore quattro del mattino la statua del santo viene traslata dalla nicchia alla macchina processionale.

Supino è l’unico luogo al mondo che ha eretto a San Cataldo un santuario, ivi ogni anno il 10 maggio vi accorrono numerosi pellegrini per rendere e chiedere grazie al santo Taumaturgo.

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S U P I N Ovia Ponte la Stanza, 2

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La chiesa di San Pietro CelestinoRiprendo la mia passeggiata da Via

D’Italia e precisamente dall’edificio che da alcuni è stato individuato come la Chiesa di S. Pietro Celestino.

Questa notizia l’ho tratta dalla tesi di laurea (con tanto di fotografia e di rife-rimenti catastali e documentali) della dott.ssa Angela D’Alessandris, la quale ha svolto, a suo tempo, un’approfondita ricerca sulla storia del nostro Paese, aven-do avuto l’opportunità di consultare di-rettamente l’Archivio Colonna, quando ancora questo era in uso privato.Questo immobile era riportato come “Chiesa” nel Catasto Gregoriano. Tale individuazione, peraltro, è supportata dalla “tradizione orale”, la quale, come è noto, costituisce uno dei mezzi con i quali si studia la storia.

In quest’ottica il prof. Gioacchino Giammaria (che mi piace definire lo “storico di Supino”) nel suo “Organizzazione Ecclesiastica e Società di Supino” a pag. 23 evi-denzia: “mia madre ricorda il sito dell’antica Chiesa, perchè riferitole dalla nonna paterna Irene Cerilli: lo localizza presso il Brecciale (“Gliu Curcialo”) lungo Via D’I-talia”.

L’eremo di S.Pietro in salviaSalendo da questo vecchio edificio, passo attraverso “Gl’Aringo” (Arringo ovve-

ro Arengo) - come spiegato in altra occasione, sede delle assemblee e del mercato- e, successivamente, dopo aver attraversato la “Colonia”, e la “ Seconda Colonia”, mi immetto nella via che conduce a “Santa Serena”.Questa, prima che fosse costruita la strada attuale (su iniziativa, è bene ricordarlo, dal Senatore Dante Schietroma), era un modesto sentiero, il quale, per i pastori che dalla valle conducevano le bestie nella pianura pontina, era, però, da consi-derare una vera e propria “autostrada”.Era la via della transumanza ed era (secondo quanto mi hanno riferito alcuni no-stri pastori) era un “percorso religioso”, il quale si dipartiva da Casamari per giun-gere a Sermoneta.

Partiva da Casamari (così come mi ha spiegato il precitato prof. Giammaria), in quanto, probabilmente, tale abbazia possedeva una quantità assai consistente di capi di bestiame. Lungo questa strada erano ubicate alcune costruzioni di caratte-re religioso (ad esempio la nostra “Madonna Lurito”), le quali, invitavano i pastori

Passeggiando per Supinodi Elio Torriero

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alla sosta e alla preghiera.Salendo, all’altezza della “Fontana I Canali”, giungo in un sito denominato “San Pietro

La Salvia” e faccio delle scoperte per me straordinarie.All’altezza della fontana, sotto la strada, vi sono i resti, ben visibili, del muro di una costru-zione. Tale piccolo edificio viene appellato dai pastori “La Casa gliù Monaco” (La Casa del Monaco). Evidentemente era abitata da frati.Sopra la fontana, percorrendo un sentiero che si diparte dalle “Rotte i Canali” (Le Grotte dei Canali) giungo su un piano, sotto una grande roccia.Qui sono ben visibili i resti dei muri perimetrali di un edificio più grande appoggiato sulle rocce: sono i resti dell’eremo di “S. Pietro in Salvia”.In assenza di fonti storiche certe e considerato che il mio “mestiere”, notoriamente, non è quello di “storico”, con ogni dovuta cautela (e, tranquillamente, pronto ad essere smentito) lavoro di fantasia e per deduzioni.

La denominazione di S. Pietro in Salvia deriva dal fatto che esso (“immerso” appunto nelle piante di salvia) fu abitato dai Celestini. Questi furono dei religiosi appartenenti alla congregazione fondata (verso il 1264) da Pietro da Morrone, il futuro Papa Celestino V, come è noto, ricordato da Dante come “Colui che fece per viltade il gran rifiuto” avendo rinunciato al soglio pontificio a favore di Bonifacio VIII Caetani (il Papa “schiaffeggiato” dal “nostro” Rinaldo dei Conti di Supino).

I frati, che vestivano una tonaca bianca con cappuccio nero, formarono, appunto, una congregazione di eremiti, i quali furono chiamati, in seguito, “Celestini”.A Supino, dunque, abbiamo visto che esisteva una Chiesa in Via D’Italia e più su, all’altezza de “Gliu Curcialo” una grande costruzione che la conteneva.

Mi torna alla mente l’Eremo di Sant’Onofrio che sorge sulla Maiella, addossato ad una ripida parete rocciosa del Monte Morrone, nei pressi di Sulmona. Le camerette dei frati asceti erano scavate nella nuda roccia e ad esso si accedeva da una stradina ripida e stretta.

Tale Eremo di Sant’Onofrio, considerati i resti perimetrali e l’ubicazione, mi si appalesa, nell’immaginazione, proprio come l’ “Eremo di S. Pietro in Salvia”, così come doveva essere anticamente.

La grotta dell’orsoContinuando a salire verso Santa Serena, sulla destra, dopo una curva, vi è una piccola

cavità apparentemente insignificante. In realtà tale cavità è l’apertura di una grotta pro-fonda (per quanto mi hanno riferito) oltre quaranta metri! Essa viene chiamata la “Rotta dugl’Urso” (La grotta dell’Orso).

Se si considera il fatto che le “nostre” montagne erano abitate dai lupi, dall’aquila reale, dai cervi (ricordiamo il sito denominato “Cervara”) e dai cinghiali, ho immaginato che la suddetta grotta fosse una tana di orsi. Invece non è così. Un pastore, infatti, mi ha riferito che la denominazione nasce dal fatto (ovviamente tutto da verificare) che all’interno vi è una figura che sembra un orso disteso supino.

Continuando a salire, sempre sulla destra noto la “Rava Nera” (Roccia Nera) che prende la denominazione dal proprio assai scuro colore ed è quella roccia sulla quale si esercitano gli alpinisti.

Noto anche la “Rava Briganti” (La Roccia dei Briganti) così denominata perchè era un rifugio “sicuro”. Da esso, infatti, si controllava l’intera vallata ed, inoltre, era molto difficile da raggiungere. Certo le suggestioni sono tante!

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Foto di copertina e composizione: Riccardo BernardiProgetto Grafico: Riccardo Bernardi - [email protected]

Feste annuali8 marzo Festa del “Dies Natalis”, Processione con il Santo Braccio

9 maggio Ore 04,00 Esposizione della Venerata Statua di San Cataldo

10 maggio San Cataldo Festa del Patroci-nio; Processione solenne; Pellegrinaggi

Ultimo sabato di giugno Reposizione del-la Venerata Statua già esposta solennemente nel trono ostensorio dalle ore 04,00 del 9 mag-gio

Orari Apertura del Santuario: ore 07,00Chiusura: Ave Maria Serotina N.B. Nella cadenza dell’attività liturgica

S. Messa nel mese di maggio: feriale ore 18,30, festivo ore 11,30 e 18,30; nel mese di giugno: triduo feriale per la “Reposizione” ore 18,30, celebrazione festiva ore 11,30, così come per tutte le domeniche e le feste comandate dell’anno liturgico

Un centro di spiritualità in Ciociaria,

Santuario di San Cataldo Piazza S.Pietro - 03019 Supino (FR) Tel. 0775.227431

«Sorge il Santuario [...] circondato da boschi di faggio e di licustri e dalle vecchie case della parte più antica del paese [...] - (mons. F.S.)» e si affaccia sulla valle del Sacco. Disponibile per riti spirituali minimi, incontri di gruppi parrocchiali ed associati. Per informazioni rivolgersi al Rettore del Santuario don Antonio Boni Tel. 0775.226100

Comune di SupinoCentralino Uff. del SindacoUff. del Segretario ComunaleBiblioteca Comunale “Prof. Mario Cerilli”Vigili UrbaniCarabinieri di SupinoProtezione Civile

0775.2260010775.226713 -

3281070775.2265860775.2276680775.3280420775.2260030775.226101

Numeri di EmergenzaEmergenza Sanitaria AmbulanzaCarabinieriPolizia di StatoVigili del FuocoGuardia di FinanzaServizio Antincendio Boschivo Corpo Forestale dello Stato

118112113115117

1515

Numeri Utili su FrosinoneAVISCroce RossaSoccorso Stradale ACIGuardia Medica NotturnaTelefono Azzurro (Linea Gratuita)Vigili UrbaniFerrovie dello StatoVigili del Fuoco FiuggiAmministrazione ProvincialeVigili del FuocoProcura RepubblicaTribunaleINPSQuesturaINAILCarabinieriPrefetturaPolizia StradaleAzienda USLPolizia AutostradaleOspedale (Polizia)Guardia di FinanzaOspedale

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0775.36010775.36110775.21410775.21810775.2161

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