23
2 Newsletter pediatrica La sorveglianza della letteratura per il pediatra Newsletter pediatrica 2014;11(4):64-85 Indice argomenti Letteratura primaria L’introduzione di glutine tra 4 e 6 mesi non modificare l’incidenza di sviluppare malattia celiaca in bambini ad alto rischio pag. 64 Il periodo d’introduzione del glutine non modifica il rischio di sviluppare la malattia celiaca pag. 66 Fattibilità ed efficacia di una campagna a basso costo sulla prescrizione di antibiotici in Emilia-Romagna pag. 68 Guardare più televisione fa dormire meno i bambini? pag. 72 Coliche infantili e Lactobacillus Reuteri: non c’è efficacia. Un RCT australiano pag. 75 Ritardare il taglio del cordone ombelicale non influenza lo stato marziale né lo sviluppo neurocomportamentale dei bambini a 12 mesi pag. 78 Cochrane Database of Systematic Review (CDSR) (settembre 2014 – novembre 2014) pag. 80

Newsletter pediatrica 2014;11(4) - acp.it · associati alla celiachia (antigliadina e anticorpi TG2A). Tempo Reclutamento da maggio 2007 al 2010. Follow up fino a settembre 2013

Embed Size (px)

Citation preview

2

Newsletter pediatrica La sorveglianza della letteratura per il pediatra

Newsletter pediatrica 2014;11(4):64-85

Indice argomenti

Letteratura primaria

L’introduzione di glutine tra 4 e 6 mesi non modificare l’incidenza di sviluppare malattia celiaca in bambini ad alto rischio

pag. 64

Il periodo d’introduzione del glutine non modifica il rischio di sviluppare la malattia celiaca

pag. 66

Fattibilità ed efficacia di una campagna a basso costo sulla prescrizione di antibiotici in Emilia-Romagna

pag. 68

Guardare più televisione fa dormire meno i bambini? pag. 72

Coliche infantili e Lactobacillus Reuteri: non c’è efficacia. Un RCT australiano

pag. 75

Ritardare il taglio del cordone ombelicale non influenza lo stato marziale né lo sviluppo neurocomportamentale dei bambini a 12 mesi

pag. 78

Cochrane Database of Systematic Review (CDSR) (settembre 2014 – novembre 2014)

pag. 80

L’introduzione di glutine tra 4 e 6 mesi non modificare l’incidenza di sviluppare malattia celiaca in bambini ad alto rischio Vriezinga SL, Auricchio R, Bravi E, Castillejo G, Chmielewska A, Crespo Escobar P, Kolaček S, Koletzko S, Korponay-Szabo IR, Mummert E, Polanco I, Putter H, Ribes-Koninckx C, Shamir R, Szajewska H, Werkstetter K, Greco L, Gyimesi J, Hartman C, Hogen Esch C , Hopman E, Ivarsson A, Koltai T, Koning F, Martinez-Ojinaga E, te Marvelde C, Pavic A, Romanos J, Stoopman E, Villanacci V, Wijmenga C, Troncone R, Mearin ML. Randomized Feeding Intervention in Infants at High Risk for Celiac Disease. N Engl J Med 2014;371:1304-15.

Obiettivo (con tipo studio) Valutare, attraverso uno studio prospettico, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, se l'introduzione di glutine tra 4 e 6 mesi di età in bambini ad alto rischio può ridurre il rischio di malattia celiaca.

Popolazione 944 bambini di età compresa tra 0 e 3 mesi sono stati reclutati consecutivamente attraverso i centri di riferimento della malattia celiaca in Croazia, Germania, Ungheria, Israele, Italia, Paesi Bassi, Polonia e Spagna. Criteri di inclusione: neonati con eterodimero HLA-DQ2, HLA-DQ8, o HLA-DQB1*02 e almeno un famigliare di primo grado con la malattia celiaca, confermata mediante biopsia del piccolo intestino. Criteri di esclusione: nati prematuri o con trisomia 21 o sindrome di Turner.

Intervento Assunzione quotidiana di 200 mg di glutine vitale di frumento mescolati con 1,8 g di lattosio (equivalenti a 100 mg di glutine immunologicamente attivo) per 8 settimane a partire dalla 16° settimane di età.

Controllo Assunzione quotidiana di 2 g di lattosio, come placebo, per 8 settimane a partire dalla 16° settimana di età.

Outcomes/Esiti Primario: frequenza di malattia celiaca a 3 anni di età in bambini ad alto rischio per celiachia. Secondario: insorgenza dei sintomi e risposta immunitaria al glutine indicato dall' aumento degli anticorpi associati alla celiachia (antigliadina e anticorpi TG2A).

Tempo Reclutamento da maggio 2007 al 2010. Follow up fino a settembre 2013.

Risultati principali 101 biopsie del piccolo intestino sono state eseguite in 94 bambini e la malattia celiaca è stata confermata in 77 bambini. 3 bambini, i cui genitori avevano rifiutato la biopsie per i loro figli, ma che rispondevano ai criteri diagnostici ESPGHAN 2012, sono stati aggiunti in quanto considerati celiaci a tutti gli effetti. L'età media degli 80 bambini, al momento della diagnosi era di 2.8 anni (range 1.1-5.6), e tutti i bambini avevano un elevato livello di TG2A; 59% erano femmine. L'incidenza cumulativa di celiachia a 3, 4, e 5 anni di età è stata rispettivamente del 5.2% (IC95% 3.6-6.8), 8.8% (IC95% 6.6-11.0), e il 12.1% (IC95% 9.2-15.0). A 3 anni di età, il gruppo con l'introduzione di glutine rispetto al placebo, non ha presentato sviluppo della malattia celiaca in termini significativi, con incidenza cumulativa del 5.9% (IC95% 3.7-8.1) e 4,5% (IC95% 2.5-6.5), rispettivamente nei 2 gruppi (P = 0.47; OR 1.23; IC95% 0.79-1.91) E' stata significativamente più frequente nelle bambine: a 3 anni di età, l'incidenza cumulativa tra femmine e maschi era rispettivamente 7,2% e 3,4%; a 4 anni di età, 11,8% e 6,1%; e a 5 anni di età, 14,5% e del 9,9% (P=0.04). La malattia si è sviluppata più frequentemente e più precocemente nel gruppo di bambini che erano omozigoti per HLA-DQ2 (DR3-DQ2 / DR3-DQ2 o DR3-DQ2 / Dr7-DQ2) che negli altri gruppi a rischio HLA, con incidenze cumulative a 3, 4, e 5 anni di età rispettivamente del 14,9%, 23,9%, e 26,9% (p<0,001). L'allattamento al seno non ha influenzato lo sviluppo della malattia celiaca: p=0.70 se allattamento al seno esclusivo, p=0.83 se allattamento non esclusivo. Il paese di origine, il numero e il tipo di famiglia non sono stati collegati allo sviluppo della malattia, come non sono stati collegati la vaccinazione antirotavirus, l'infezione gastrointestinale o del tratto respiratorio, e l'assunzione giornaliera di glutine. L’incidenza cumulativa di malattia celiaca è risultata significativamente più elevata nelle bambine assegnate al gruppo con introduzione precoce di glutine rispetto al gruppo placebo: a tre anni incidenza del 8.9% e 5.5% rispettivamente (p=0.02); questa differenza non è stata osservata nei maschi (p=0.17).

Conclusioni

Nello studio né l’ introduzione di glutine a partire da 4 mesi, né l’allattamento al seno hanno modificato il rischio di celiachia nei bambini ad alto rischio. In questo gruppo il ritardo ne ll’introduzione di glutine era associato solo ad una ritardata comparsa di celiachia. Un genotipo HLA ad alto rischio era un importante predittore di celiachia.

Altri studi sull’argomento

Uno studio trasversale in due fasi su due coorti di bambini svedesi1 pubblicato ne 2013, già recensito nella Newsletter di

Quaderni ACP2, indica che la somministrazione di glutine in grandi quantità favorirebbe lo sviluppo di MC confrontato con

la somministrazione di piccole-medie quantita; la popolazione che aveva seguito l’indicazione di introdurre il glutine gradualmente tra il 4°e il 6°m, preferibilmente durante l’allattamento materno, aveva una prevalenza di celiachia

significativamente piu’ bassa rispetto all’altra, dove il glutine era stato consumato in quantità elevata dall’introduzione.

Gli autori concludono che l’introduzione del glutine tra il 4°-6° mese in concomitanza all’allattamento al seno potrebbe

indurre una tolleranza orale.

Uno studio di coorte norvegese3 indaga l’effetto dell’età di introduzione del glutine sul rischio di sviluppare la celiachia

aggiustato per l’allattamento al seno. Tale studio trova un rischio maggiore nei bambini che introducono il glutine dopo

i 6 mesi, rischio che aumenta ulteriormente in quelli che sono allattati al seno per più di 12 mesi. Si conclude che in

base a tali dati ed a quelli di alti studi il glutine non dovrebbe essere introdotto prima dei 4 mesi e dopo i 7 mesi di età,

ma che non è chiaro se si tratti di una vera prevenzione e che attedono i risultati dello studio in esame, a quel momento

in corso. Una revisione sistematica del 20134 suggerisce che il rischio di sviluppare la malattia celiaca può essere ridotto dall’allattamento al seno o dalla concomitanza tra allattamento al seno e momento dell ’introduzione del glutine nella dieta. Nella stessa revisione si commenta però che non è chiaro se tale strategia riduca veramente il rischio di malattia celiaca oppure ne ritardi semplicemente la comparsa; gli stessi autori segnalano lo svolgimento in corso del trial oggetto di questa scheda che potrebbe dirimere tali dubbi. Uno studio italiano (SIGENP) pubblicato contemporaneamente a quello di Vriezinga e coll.5 conclude che nei bambini a rischio di malattia celiaca né l’allattamento materno né l’introduzione tardiva del glutine dopo il 12° mese modificano il rischio di sviluppare la malattia, malgrado l ’introduzione tardiva del glutine determini un’insorgenza più tardiva della malattia.

Referenze

1- Ivarsson A et al. Prevalence of Childhood Celiac Disease and Changes in Infant Feeding. Pediatrics 2013; 131(3):

e687-94

2- Newsletter pediatrica 2013; 10 (3): 16-301

3- Størdal K et al. Early feeding and risk of celiac disease in a prospective birth cohort. Pediatrics

2013;132(5):e1202-9.

4- Chmielewska A et al. Celiac disease prevention strategies through early infant nutrition. World Rev Nutr Diet.

2013;108:91-7

5- Lionetti E et al. Introduction of gluten, HLA status and risk of celiac disease in children. N Engl J Med

2014;371:1295-303

Che cosa aggiunge questo studio Ha il pregio di essere un trial clinico randomizzato in doppio cieco offre risultati sicuramente più forti rispetto ai precedenti studi osservazionali e porta chiarezza circa le ipotizzate strategie dietetiche di prevenzione per lo sviluppo della malattia celiaca. Il timing dell’introduzione del glutine ha solo effetto sul tempo di comparsa della malattia. L’allattamento al seno non ne influenza la comparsa. Unico fattore predittivo forte resta il tipo di HLA.

Commento

Validità interna Disegno dello studio: Lo studio è metodologicamente di valore: randomizzato, in doppio cieco, i sono persi descritti (jadad scale 5). Viene condotta sia un’analisi primaria per protocollo che un’analisi per Intention to treat, ed i risultati sono simili. Esiti: rilevanti per la pratica clinica e ben descritti. Conflitto interessi: gli autori negano l'esistenza di conflitti di interesse. Dal 2007 al 2011, lo studio non ha avuto alcun supporto commerciale. Dopo il 2011, Thermo Fisher Scientifica eseguiva valutazioni degli anticorpi, senza costi aggiuntivi e insieme a Eurospital e Fria Brod, Thermo Fisher Scientific, ha in parte finanziato il progetto attraverso un sostegno delle riunioni. I finanziatori non hanno avuto alcun ruolo nella concezione, progettazione, realizzazione, analisi, interpretazione dei dati, o nella stesura del lavoro e nella sua pubblicazione. Trasferibilità Popolazione studiata: sovrapponibile a quella osservata anche nella pratica clinica ambulatoriale in quanto sono stati reclutati bambini a rischio, con caratteristiche comuni e ben identificabili. Tipo di intervento: I risultati dello studio non confermano alcune linee guida che raccomandano l’introduzione tra i 4 e i

7 mesi di cibi contenenti glutine [Agostoni C et al. Complementary feeding: a commentary by the ESPGHAN Committee

on Nutrition. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2008;46(1): 99-110] e ciò può essere tenuto presente quando ci troviamo a

dare delle indicazioni per l’alimentazione complementare.

Il periodo d’introduzione del glutine non modifica il rischio di sviluppare la malattia celiaca Lionetti E, Castellaneta S, Francavilla R, Pulvirenti A, Tonutti E, Amarri S, Barbato M, Barbera C, Barera G, Bellantoni A, Castellano E, Guariso G, Limongelli MG, Pellegrino S, Polloni C, Ughi C, Zuin G, Fasano A, Catassi C; SIGENP (Italian Society of Pediatric Gastroenterology, Hepatology, and Nutrition) Working Group on Weaning and CD Risk. Introduction of gluten, HLA status, and the risk of Celiac disease in children. N Engl J Med. 2014;371(14):1295-303

Obiettivo (con tipo di studio) Studio prospettico multicentrico con l’obiettivo di valutare l’effetto protettivo dell’introduzione del glutine a dodici mesi rispetto a sei mesi di età misurando la prevalenza di malattia celiaca a 5 anni di età in una popolazione di neonati con almeno un parente di primo grado affetto dalla malattia e positivi per HLA-DQ2 o HLA-DQ8.

Metodo

Popolazione 832 neonati reclutati in 20 centri italiani con almeno un famigliare di primo grado affetto da celiachia.

I bambini sono stati allocati in modo randomizzato in due gruppi.

All’età di 15 mesi 707 di questi bambini sono stati sottoposti alla determinazione dell’assetto HLA.

553 bambini sono risultati positivi per HLA-DQ2 o HLA-DQ8 ed hanno completato lo studio. 495 erano a rischio standard (una singola o doppia copia dell’allele DQB1*02 associato con alleli DQA1 diversi da DQA1*05,o un singolo aplotipo DQ2 [DQA1*05-DQB1*02] o DQ8 [DQA1*03-DQB1*0302/0305]) e 58 ad alto rischio (omozigosi per DQA1*05-DQB1*02 o DQA1*05-DQB1* 02-DQA1*0201-DQB1*02).

Intervento Gruppo A (379 bambini) in cui gli alimenti contenenti glutine (pasta, semolini, biscotti) sono stati introdotti a 6 mesi di età. L’apporto di glutine è stato controllato dopo i 12 mesi mediante la compilazione da parte dei genitori di un questionario relativo ad una giornata standard.

Controllo Gruppo B (328 bambini) in cui gli alimenti contenenti glutine sono stati introdotti dopo i 12 mesi di età. L’apporto di glutine è stato controllato dopo i 12 mesi mediante la compilazione da parte dei genitori di un questionario relativo ad una giornata standard.

Outcomes/Esiti Esito primario a cinque anni di età:

1- prevalenza della sierologia positiva per celiachia (transglutaminasi o antiendomisio positivi),

2- prevalenza di malattia celiaca accertata (biopsia positiva con lesione istologica di tipo 2-3 scala di Marsh).

Tempo I neonati sono stati reclutati dal 2003 al 2008 e sono stati seguiti tutti fino al compimento dei 5 anni. Un piccolo numero (n. 89, 16%) è stato seguito sino ai 10 anni.

Risultati principali

All’età di 2 anni i bambini del gruppo A (introduzione glutine ai 6 mesi) presentavano una significativa maggiore prevalenza sia di sierologia positiva (16% contro 7% P=0.002) che di malattia accertata (12% contro 5% P=0.01) rispetto al gruppo B 8introduzione glutine a 12 mesi). All’età di 5 anni sono stati valutati 451 bambini (82%): tra i due gruppi non si riscontrava alcuna differenza significativa sia per le sierologia (21% gruppo A e 20% gruppo B con P=0.59) che per le malattie accertate (16% contro 16% P=0,78). All’età di 10 anni nei 117 bambini valutati il rischio di sierologia positiva era maggiore nei soggetti HLA ad alto rischio rispetto a quelli con rischio standard (38% contro 19%, P=0.001) così come il rischio di malattia accertata (26% contro16% P=0.05). Altre variabili, compreso l’allattamento materno, non sono risultate associate con la sviluppo della malattia celiaca.

Conclusioni Nei bambini a rischio di malattia celiaca né l’allattamento materno né l’introduzione tardiva del glutine modificano il rischio di sviluppare la malattia, malgrado l’introduzione tardiva del glutine determini un’insorgenza più tardiva della malattia. La presenza di un genotipo HLA ad alto rischio è un importante fattore predittivo di malattia.

Altri studi sull’argomento

Uno studio multicentrico di coorte condotto negli U.S.A., Finlandia Germania e Svezia1 riguardante 6403 bambini seguiti dalla nascita, evidenzia che l’aplotipo HLA DR3-DQ2,in particolare nello stato di omozigosi è associato ad alto rischio di sviluppare autoimmunità ed una malattia celiaca conclamata già nella prima infanzia. Il rischio risulta più alto in Svezia e gli autori

ipotizzano che possano essere coinvolti anche altri fattori ambientali. Uno studio di coorte danese2 riguardante 1679 bambini con HLA DQ2/DQ8 studia anch’esso la correlazione tra età di introduzione del glutine nella dieta e sviluppo di autoimmunità e malattia celiaca a 6 anni. Gli autori concludono che l’introduzione del glutine dopo i 6 mesi non aumenta il rischio a 6 anni di età in tale gruppo di bambini ed inoltre un allattamento al seno per più di sei mesi non ne riduce il rischio. Un recente studio di coorte prospettico svedese3 ha osservato un aumento di rischio molto modesto per introduzione precoce (<4m) di glutine e più consistente per la introduzione tardiva (>7m) con un rischio di celiachia più elevato nei bambini allattati al seno oltre i 12 mesi.

Referenze

1- Liu E et al. Risk of pediatric celiac disease according to HLA haplotype and country. N Engl J Med 2014;371(1): 42-9

2- Jansen MA et al. Infant feeding and anti-tissue transglutaminase antibody concentrations in the Generation R Study. Am J Clin Nutr. 2014;100(4):1095-101

3- Størdal K et al. Early Feeding and Risk of Celiac Disease in a Prospective Birth Cohort. Pediatrics 2013; 132(5): e1202-9

Che cosa aggiunge questo studio Questo lavoro, come si afferma nell’editoriale della rivista, aumenta la conoscenza sulla celiachia e contribuisce a chiarire l’aspetto ancora dibattuto sul momento di introdurre il glutine nella dieta di una popolazione ad alto rischio.

Rimane ancora da chiarire se l’introduzione tardiva possa ridurre eventuali effetti negativi esercitati su alcuni organi

(encefalo) in questo delicato periodo di sviluppo o se viceversa la diagnosi più precoce che segue l’introduzione anticipata

del glutine possa proteggere dallo sviluppo delle patologie glutine dipendenti (autoimmuni).

Commento

Validità interna

Disegno dello studio: lo studio appare ben disegnato, le caratteristiche dei due gruppi appaiono simili malgrado lo squilibrio

numerico che si è verificato dopo l’accertamento del sistema HLA, avvenuto successivamente alla randomizzazione.

Malgrado il lungo periodo di follow-up gli esiti sono stati valutati in un significativo numero di pazienti.

Esiti: sono stati ben descritti e corrispondono ai criteri attuali di definizione di malattia.

Conflitto di interessi: Il trial è supportato dalla Fondazione Celiachia della Associazione italiana Celiachia.

Trasferibilità

Popolazione studiata: considerata l’alta prevalenza della celiachia non è infrequente nella pratica clinica trovarsi di fronte a

un lattante con un parente di primo grado affetto da celiachia; la determinazione del sistema HLA può servire a precisare

più chiaramente il rischio di sviluppare la malattia celiaca.

Tipo di intervento: nei lattanti con maggior rischio di sviluppare malattia celiaca l’introduzione del glutine non dovrebbe

avvenire più tardivamente perché questo non modifica il rischio di sviluppare la malattia.

Fattibilità ed efficacia di una campagna a basso costo sulla prescrizione di antibiotici in Emilia-Romagna

Formoso G, Paltrinieri B, Marata AM, Gagliotti C, Pan A, Moro ML, Capelli O, Magrini N; LOCAAL Study Group. Feasibility and effectiveness of a low cost campaign on antibiotic prescribing in Italy: community level, controlled, non-randomised trial. BMJ. 2013 Sep 12;347:f5391

Obiettivo (con tipo di studio) Trial controllato non randomizzato di comunità (vedi glossario) effettuato per valutare la fattibilità e l’efficacia di una campagna pubblica a livello locale sulla prescrizione ambulatoriale di antibiotici.

Metodo

Risultati principali In entrambi i gruppi si è osservato un trend in diminuzione rispetto allo stesso periodo dell’ anno precedente sia per la prescrizione che per la spesa. Si è osservata una riduzione del 4,3% della dose giornaliera di antibiotico/1000 abitanti (intervallo di confidenza -7,1% a -1,5%) nell'area di intervento rispetto al gruppo di controllo. La riduzione delle prescrizioni riguarda maggiormente gli antibiotici resistenti alla Beta-lattamasi, corrispondentemente alle indicazioni della campagna di informazione. Vi è stata inoltre una riduzione del 3,3% della spesa nell'area di intervento ri spetto al controllo. La riduzione della spesa, se rapportata al resto d’Italia era del 16.7%. La ridotta prescrizione di antibiotici non é correlata a modifiche delle conoscenze e attitudini della popolazione oggetto dello studio

Conclusioni Una campagna locale su piccola scala rivolta alla popolazione e con il coinvolgimento di medici e farmacisti è realizzabile e può avere un impatto sulla prescrizione di antibiotici. La televisione sembra essere uno dei supporti fondamentali ma il suo ruolo potrebbe essere rinforzato dal web e dai social network. L'acquisizione di conoscenze e la modifica delle attitudini nella popolazione potrebbe richiedere un tempo di esposizione maggiore e/o una campagna più capillare.

Altri studi sull’argomento Esistono numerosi articoli sull’ottimizzazione della prescrizione di antibiotici, che riportano indicazioni particolareggiate sulle modalità con cui migliorare le competenze mediche e cercare di modificare le convinzioni della popolazione 1,2,3. Una revisione pubblicata nel 2010 su Lancet Infectious Diseases ha preso in esame 22 campagne effettuate tra il 1990 ed il 2007 a livello regionale o nazionale in zone ad alto livello sanitario concludendo che esse possono contribuire a migliorare l’utilizzo di antibiotici, almeno nelle zone ad elevato consumo3.

Popolazione L’intera popolazione della Regione Emilia-Romagna, divisa in una zona di intervento (1 milione e 150000 residenti nella provincia di Parma e Modena) ed una zona di controllo (3 milioni e 250 000 residenti) nelle altre province della stessa regione.

Intervento campagna informativa rivolta alla popolazione riguardante gli effetti collaterali della terapia antibiotica ed i rischi di resistenza agli antibiotici, condotta con con poster, volantini, pubblicità sui media locali. Coinvolgimento dei MMG, PdF e farmacisti nella preparazione dei messaggi da utilizzare.

Controllo Nessun intervento

Outcomes/Esiti Esito Primario: modificazione del comportamento prescrittivo nei 5 mesi dello studio misurata come dose giornaliera di antibiotici /1000 abitanti.

Esito Secondario: risparmio ottenuto (spesa/1000 abitanti/giorno) e conoscenza delle attitudini/comportamento nella popolazione riguardo i messaggi della campagna

Tempo L’intervento è durato 5 mesi (da Novembre 2011 a Febbraio 2012) preceduti da 1 mese pre-campagna

pubblicitaria e da 1 mese post-campagna necessari alla somministrazione di questionari di verifica .

Referenze

1 Pulcini C et al. How to educate prescribers in antimicrobial stewardship practices. Virulence 2013; 4:192-202 2 McNulty CA et al. Optimizing antibiotic prescribing in primary care settings in the UK: findings of a BSAC multi-

disciplinary workshop 2009 J Antimicrob Chemiother 2010; 65:2278-84 3 McNulty Ca et al. Education of healthcare professional and the public. J Antimicrob Chemiother 2012; 67(Suppl

1):i11-8 4 Huttner B et al. Characteristics and outcomes of public campaigns aimed at improving the use of antibiotics in

outpatients in high-income countries. The Lancet infectious diseases 2010; 10.1: 17-31.

Che cosa aggiunge questo studio Un intervento di social marketing rivolto a medici, farmacisti e all’intera popolazione, già sperimentato con successo in altre aree geografiche (Francia, Belgio, Australia, Gran Bretagna, USA) a basso costo può essere applicato con successo anche in nel contesto italiano utilizzando le risorse esistenti del Servizio Sanitario Nazionale.

Commento Nonostante un naturale trend di riduzione delle prescrizioni e della spesa per antibiotici osservato sia in Emilia Romagna che nelle altre regioni italiane rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, lo studio dimostra che una partecipazione attiva del personale sanitario ed una campagna di informazione rivolta alla popolazione generale può incidere sul comportamento prescrittivi. Il costo della campagna è stato di 88.500 euro.

Validità interna Disegno dello studio: Studio coerente anche se non randomizzato, metodi statistici validi, conclusioni conformi. Esiti: Una campagna di informazione a basso costo locale può essere moderatamente efficace nel ridurre la prescrizione di antibiotici e può essere economicamente sostenibile. Informazioni sugli antibiotici principalmente destinati a cittadini possono influenzare il comportamento di prescrizione dei medici. Non si può valutare l’efficacia della campagna nel tempo in quanto non sono state prese misure di follow up. Conflitto di interesse: gli autori dello studio hanno sottoscritto la dichiarazione di potenziale conflitto di interessi (www.icmje.org/coi_disclosure.pdf) e dichiarano l’assenza di conflitto di interesse. Trasferibilità Popolazione studiata: corrispondente, per la parte pediatrica, a quella che afferisce ai nostri studi Tipo di intervento: possibile sulla nostra popolazione

Glossario I trial di comunità sono studi sperimentali per la maggior parte di tipo preventivo che coinvolgono come unità sperimentale l’intera comunità (come una città o uno stato). Gli interventi sono assegnati a tutti i membri della comunità. I tria di comunità sono da distinguere dai trial di campo (field trials) dove gli interventi sono destinati a individui sani in una comunità, e dai trial clinici (clinical trials) nei quali gli interventi sono assegnati ai pazienti, presi singolarmente, in uno specifico setting clinico. La conduzione di un trial controllato di comunità segue le stesse procedure di un trial clinico controllato, necessitando quindi di una richiesta di consenso informato della comunità che presenta i criteri di eligibilità (consenso dato ad esempio dal sindaco o da un rappresentante del governo), randomizzazione al trattamento o al gruppo di controllo, e follow up con misurazione degli endpoint. A differenza dei trial clinici, la cecità e la doppia cecità non sono generalmente usate nei trial di comunità. Questi trial sono utili per valutare direttamente l’efficacia potenziale di interventi di salute pubblica su larga scala e sono indispensabili per la valutazione di interventi in cui non si può avere una allocazione come unità individuali o sperimentali. Per esempio per lo studio dell’effetto sulla carie dentale attraverso la supplementazione con fluoro dell’acqua potabile Ast e colleghi trovarono impossibile aggiungere fluoro all’acqua da bere per uno specifico gruppo di individui; invece, fu condotto un trial di comunità nel quale l’intera comunità era allocata a ricevere il fluoro nell’acqua. Così come per i trial clinci randomizzati controllati, un trial di comunità randomizzato controllato richiede un sufficiente numero di comunità da coinvolgere nella sperimentazione per effettuare la randomizzaizone con l’obiettivo di ridurre il bias di confondimento. In realtà pochi studi sono in grado di poter presentare una randomizzaizone nei trial di comunità, semplicemente perché le unità di studio in questo tipo di trial devono possedere una numerosità alta rispetto ai trial clinici. Per questa ragione i trial di comunità sono considerati studi quasi-sperimentali piuttosto che sperimentali per cui presentano risultati di valore inferiore rispetto ai trial clinici. Comunque i trial di comunità hanno ancora una validità più elevata rispetto agli studi osservazionali. I trial di comunità possono essere condotti per valutare il beneficio di nuovi programmi di salute pubblica. Un esempio di trial di comunità randomizzato controllato è quello condotto in Indonesia per determinare l’efficacia della supplementazione con vitamina A nel ridurre la mortalità infantile. Le unità sperimentali erano villaggi e l’intervento, la supplementazione con vit A, era data all’intero villaggio. Lo studio è durato un anno durante il quale in 229 villaggi selezionati a random ai bambini di età 12-71 mesi veniva somministrata 200000 UI di vit A due volte al giorno, mentre 221 villaggi selezionati tramite randomizzazione fungevano da controllo. La mortalità nei bambini dei villaggi di controllo fu più elevata del 49% rispetto ai villaggi randomizzati come intervento (RR = 0.0073/0.0049 = 1.49, p < 0.05). Successivamente sono stati portati a termine molti altri studi che hanno confermato i risultati di questo studio di comunità [Sommer A et al. Impact of vitamin A supplementation on childhood mortality. A randomised controlled community trial. Lancet. 1986;1(8491):1169-73]

Da: Boslaugh A e McNutt LA ed. Encyclopedia of Epidemiology SAGE 2008 (modificato)

Box

La campagna “Antibiotici: soluzione o problema?” Da: BMJ. 2013 Sep 12;347:f5391

Il manifesto Una brochure

La campagna “Antibiotici: soluzione o problema” sviluppata dalle AUSL di Modena e Parma in collaborazione con il CeVEAS è costata 46000 euro per acquistare gli spazi sui mass media (giornali, radio TV) e 42.500 euro per sviluppare e stampare il materiale scritto. I principali strumenti dell'intervento: - 6000 Poster in ambulatori e farmacie - 2 tipi di brochure indirizzate alla popolazione - Video di 30 sec trasmessi per 530 volte sulle TV locali - 2 episodi di Talk-TV - 1200 spot su radio locali - 24 spazi informativi su quotidiani locali - Banner su siti web di informazione - 2 newsletter per medici e farmacisti Qui sotto un link dove scaricare le brochure per i pazienti e i medici: http://assr.regione.emilia-romagna.it/it/aree_attivita/valutazione-del-farmaco/ricerca-innovazione/uso-di-

antibiotici/BrochuLungaMed.pdf

Guardare piu’ televisione fa dormire meno i bambini? Marinelli M, Sunyer J, Alvarez-Pedrerol M, Iñiguez C, Torrent M, Vioque J, Turner MC, Julvez J. Hours of Television Viewing and Sleep Duration in Children. A Multicenter Birth Cohort Study JAMA Pediatr. 2014;168(5):458-464.

Obiettivo (con tipo studio) Studio multicentrico prospettico per valutare la potenziale associazione tra ore passate guardando la televisione e durata del sonno nei bambini in eta’ prescolare e scolare.

Metodo

Risultati principali Dall’analisi trasversale risulta una forte associazione tra il tempo passato a guardare la TV e la minor durata del sonno tra i bambini di tutti i gruppi e per i periodi valutati. I bambini con maggior esposizione alla TV alla valutazione basale presentano una minor durata del sonno al follow-up, in tutte le coorti. I bambini che nel tempo aumentano la durata di esposizione alla TV presentano minor durata del sonno, al contrario quelli che diminuiscono l’esposizione mostrano un recupero della durata del sonno, anche se per questo dato non vi è significatività statistica. Risultato simile si ottiene quando la durata delle ore davanti al televisore viene introdotta nell’analisi come variabile continua: per ogni ora di incremento del tempo davanti alla tv si ha una riduzione delle ore di sonno (β = −0.11; 95%CI, –0.18 a −0.05). La stessa associazione si ricava quando si valutano le ore di televisione durante il fine settimana e quando si aggiusta l’analisi per possibili variabili intermedie del bambino (funzioni esecutive o ADHD) o confondenti (attività fisica del bambino, salute mentale dei genitori, QI materno, stato anagrafico della madre).

Popolazione 1713 bambini spagnoli, appartenenti a 3 coorti di bambini nati a Minorca (468) a Sabadell (560) e Valencia (685). Arruolamento al I trimestre di gravidanza all’interno del progetto Ambiente e Infanzia (iniziato in Spagna nel 2001). Le madri rispondevano ad alcuni criteri di inclusione (età =/> 16 anni, intenzione di partorire in città, non essere state sottoposte a fecondazione assistita, non avere problemi di lingua).

Esposizione Numero di ore al giorno di esposizione alla TV, valutato mediante questionario con domande aperte compilato dai genitori a 2 anni e a 4 anni di età per i gruppi di Sabadell e Valencia e a 6 e 9 anni per il gruppo di Minorca. In base alle raccomandazioni attuali le ore di esposizione sono state divise in due gruppi: < 1,5 h/die e =/>di 1,5h/die. La durata di esposizione è stata valutata anche come variabile continua (ore/die). E’ stata inoltre valutata la variazione nel tempo della durata giornaliera di esposizione alla TV, come “incremento” (da <1,5h a =/>1,5h), “diminuzione” (da =/>1,5h a <1,5h) o nessuna variazione. Nell’analisi multivariata condotta sono state inserite le seguenti covariate: sesso, BMI basale e sua variazione al follow-up, scolarità dei genitori. E’ stata condotta anche una analisi di sensitività per le seguenti ulteriori variabili: stato di salute mentale dei genitori, Q.I. materno, stato maritale della madre, attività fisica dei bambini, sintomi di ADHD e capacità funzionali del bambino. Sono stati considerati alcuni fattori ambientali che potevano influenzare la durata del sonno: dormire da solo, tempo dell’uso del materasso, presenza di umidità nella stanza, livello di rumore nella casa.

Per tutti i gruppi è stata valutata l’esposizione alla TV durante la settimana, ma solo per i gruppi di Sabadell e Valencia anche l’esposizione nel fine settimana

Outcomes/Esiti Durata del sonno dei bambini, compresi i sonnellini

Tempo Reclutamento all’età di 2 anni per le coorti di Sabadel e Valencia (nati nel 2004) e a 6 anni per la coorte di Minorca, nati nel 1997) con valutazione rispettivamente, dopo 2 anni e dopo 3 anni.

Lo studio recluta i bambini a: 2 anni (coorti di Sabadel e Valencia, nate nel 2004) e 6 anni (coorte di Minorca, nata nel 1997) e li valuta, rispettivamente, dopo 2 anni e dopo 3 anni.

Conclusioni I bambini che passano molto tempo davanti alla televisione dormono meno; ogni cambiamento di abitudine nel tempo riguardo le ore passate davanti allo schermo televisivo è inversamente proporzionale alla durata del sonno nel bambino. I genitori dovrebbero evitare di lasciare i bambini davanti alla televisione per molte ore al giorno in età prescolare e scolare.

Altri studi sull’argomento La correlazione tra uso della TV e sonno nei bambini è stata analizzata da numerosi studi, che hanno messo in evidenza una

correlazione inversa tra l’uno e l’altro, sia in popolazioni a basso tenore economico sia in popolazioni ad elevato tenore

economico. Ne segnaliamo alcuni: Uno studio indiano1 comprendente anche bambini tra i 3 ed i 5 anni ha evidenziato una

correlazione inversa quando i bambini guardavano la TV per più di 2 ore al giorno, uno studio inglese2 effettuato su più di

1000 bambini di 2 anni ha evidenziato una analoga correlazione anche per esposizione a lla TV di solo 1 ora al giorno. Un

altro studio3, effettuato in America, ha riscontrato questa correlazione già a partire dai 6 mesi di vita. Uno studio di coorte

australiano4 evidenzia una relazione bidirezionale tra durata del sonno ed uso della televisione con effetto anche a distanza.

Inoltre una breve durata del sonno correla con l’obesità alla cui base potrebbe essere lo stare molto davanti al televisore5.

Altro studio di coorte australiano6 trova una correlazione negativa tra uso di strumenti elettronici in età prescolare e

successivo stato di benessere del bambino. Uno studio neozelandese7 evidenzia che il guardare la televisione prima di andare

a letto ritarda l’addormentamento.

Referenze 1. Mukherjee SB et al. Study of Television Viewing Habits in Children. Indian J Pediatr. 2014;81(11):1221-4 2. McDonald L et al. Predictors of shorter sleep in early childhood. Sleep medicine 2014;15(5): 536-540. 3. Cespedes E M., et al. Television viewing, bedroom television, and sleep duration from infancy to mid-childhood.

Pediatrics 2014;133(5):e1163-e1171.

4. Magee CA et al. Bidirectional relationships between sleep duration and screen time in early childhood. JAMA Pediatr.

2014;168(5):465-70.

5. Magee C et al. Lack of sleep could increase obesity in children and too much television could be

partly to blame. Acta Paediatr. 2014 Jan;103(1):e27-31 6. Hinkley T et al. Early childhood electronic media use as a predictor of poorer well-being: a prospective cohort

study. JAMA Pediatr. 2014 May;168(5):485-92 7. Foley LS et al. Presleep activities and time of sleep onset in children. Pediatrics. 2013 Feb;131(2):276-82.

Che cosa aggiunge questo studio: ulteriori informazioni sulla correlazione tra utilizzo del televisore e durata del sonno nel bambino.

Commento: La gran parte dei bambini valutati (tab 1) presenta una esposizione abbastanza contenuta alla Tv: il 75

percentile corrisponde a 2h anche nei bambini più grandi e che sia minima la parte dei bambini con durata del sonno insufficiente (il 25 percentile dorme dalle 11 alle 9 ore a seconda della coorte analizzata). Anche se è presente una fisiologica riduzione della durata del sonno con il crescere dell’età pediatrica, un sonno notturno di nove ore all’età di 9 anni è indicato essere circa al 2° centile delle curve di Ivo Iglowstein et al. [Sleep duration from infancy to adolescence: reference values and generational trends. Pediatrics 2003;111(2):302-307], mentre una recente ricerca australiana indica a 9 anni di età una media di 10 ore di sonno totali e, in particolare, un valore al 25° centile per nove ore di sonno [Price AM et al. Children's sleep patterns from 0 to 9 years: Australian population longitudinal study. Arch Dis Child. 2014;99(2):119-25], confermando un secular trend di calo delle ore di sonno in tutta la popolazione pediatrica [Matricciani L et al. In search of lost sleep: secular trends in the sleep time of school-aged children and adolescents. Sleep Med Rev. 2012;16(3):203-11]. Sarebbe stata interessante una valutazione del “tipo di TV” cui è sottoposto o da cui viene protetto/escluso il bambino (film da adu lti, programmi “violenti”, programmi che inducono fantasie di paura ecc ) e l’informazione circa la presenza di un genitore durante la visione della TV.

Validità interna

Disegno dello studio: Lo studio presenta alcune criticità che potrebbero essere fonte di bias:

- non è stato adeguatamente indagata la possibile relazione tra tipologia del programma televisivo e durata del sonno;

- non si capisce se nel modello di analisi sia stato preso in considerazione come confondimento il fatto che un bambino

dai 6 e i 9 anni ha un fisiologico decremento delle ore di sonno;

- trattandosi di 3 coorti diverse, non risulta omogenea la raccolta delle informazioni;

- la raccolta delle informazioni è avvenuta tramite un questionario non validato: i l dato ore di televisione è riportato

soggettivamente dal genitore e forse sottostimato per evitare un commento, giudizio o stigmatizzazione da parte dei

ricercatori;

- la raccolta delle informazioni è generica sia riguardo il momento del giorno, se prima di andare a letto ecc., sia riguardo

i contenuti dei programmi visti e si riferisce ad età diverse nella terza coorte rispetto alle prime due;

- alcune variabili confondenti non sono state prese in considerazione in tutte le coorti. Non sono state prese in

considerazione le abitudini della famiglia riguardo l’uso del televisore, se per esempio è presente in camera dei bambini;

ecc.

Vi è un numero basso di persi (circa l’8.8%) però non vengono menzionati e non viene detto come sono stati considerati

nell’analisi.

Esiti: Chiaramente descritti e rilevanti.

Conflitto di interessi: dichiarati assenti.

Trasferibilità

Popolazione studiata: popolazione sovrapponibile a quella che afferisce ai nostri ambulatori

Tipo di intervento: i risultati dello studio sembrano apportare ulteriore forza alla raccomandazione attuale di non esporre i

bambini a più di 1,5-2 ore di televisione al giorno, raccomandazione che va ricordata ai genitori già dai primi bilanci di salute

del loro bambino.

Box - Alcuni consigli su come utilizzare il mezzo televisivo in età pediatrica. [da: Primavera G. Il bambino e i mezzi di comunicazione. Quaderni acp 2010; 17(1): 38-39]

Limitare la visione a non più di 1-2 ore al giorno, possibilmente sempre nella stessa fascia oraria. Non la mattina, prima di andare a scuola: può produrre eccitazione e rubare tempo alla colazione, e la sera tardi,

a scapito del sonno.

Scoraggiare la TV per bambini minori di 2 anni. I ritmi troppo veloci dei programmi, i continui cambiamenti

di luci, colori, movimenti e suoni non sono adatti per i piccoli. Meglio un libro di cui può guardare e riguardare a piacimento le figure, assaporandole.

Non mettere la TV nella camera dei bambini; poi non c’è alcun controllo su ciò che il bambino vede e sul tempo passato alla TV.

Non permettere l’uso autonomo del telecomando, ma guidarlo nella visione. Lo “scettro del comando” non

può essere affidato a lui.

Non guardare la TV durante i pasti. Sono gli unici momenti in cui la famiglia si ritrova e può parlare insieme.

Spegnere la TV durante i compiti e quando i bambini sono impegnati in altre attività come il gioco. Anche

solo come “rumore di fondo” disturba le attività di gioco, che hanno un ruolo fondamentale per un buon sviluppo cognitivo e sociale.

Evitare che davanti alla TV il bambino si rimpinzi di merendine, patatine e bevande dolci.

Evitare posizioni scorrette davanti alla TV; controllare che il televisore sia posto ad almeno tre metri di distanza e che il volume non sia troppo elevato.

Cercare di vedere assieme i programmi, commentandone i contenuti come davanti a un libro, perché abbia un atteggiamento attivo di fronte alle immagini e ai messaggi televisivi. Alcuni programmi danno lo spunto

per parlare di scuola, di amici, di violenza, di sessualità, di droga e di altro.

Scegliere programmi adatti alla età. Turba i bambini non solo la violenza dei film e delle fiction, ma anche episodi di cronaca come guerre e disastri naturali, specie se coinvolgono bambini.

Usare il videoregistratore per programmi di qualità.

Offrire valide alternative alla TV dimostrandogli che ci sono molte attività stimolanti e divertenti come la lettura, la musica, il canto, le attività sportive, gli incontri con gli amici; e anche abituarli a pensare che ci si possono concedere momenti di pausa per riflettere sulle proprie esperienze.

Coliche infantili e Lactobacillus Reuteri: non c’è efficacia.

Un RCT australiano. Sung V, Hiscock H, Tang ML, Mensah FK, Nation ML, Satzke C, Heine RG, Stock A, Barr RG, Wake M. Treating infant colic with the probiotic Lactobacillus reuteri: double blind, placebo controlled randomised trial. BMJ. 2014 Apr 1;348:g2107

Obiettivo (con tipo di studio) Studio randomizzato controllato in doppio cieco per valutare l’efficacia del Lactobacillus Reuteri DSM 17938 nel ridurre il pianto o l’irritabilità in bambini affetti da coliche e allattati al seno o con formula, di età inferiore a 3 mesi.

Metodo

Popolazione Sono stati valutati 167 bambini seguiti in centri di primo e secondo livello a Melbourne, Australia.

Criteri di inclusione: bambini sani, nati a termine, di età inferiore a 3 mesi che presentavano i criteri di Wessel per le coliche infantili (pianto o irritabilità per 3 o più ore al giorno per 3 o più giorni alla settimana in bambini di età inferiore a 3 mesi), indipendentemente dal tipo di allattamento.

Criteri di esclusione:

- peso inferiore a 2500 g alla nascita;

- scarsa crescita;

- patologie come: allergia alle proteine del latte vaccino (diagnosticata con risoluzione dei sintomi dopo due settimane di formula ipoallergenica o di dieta materna priva di proteine del latte vaccino);

- assunzione di alimenti solidi;

- assunzione di antibiotici;

- assunzione di L. Reuteri da parte del bimbo e/o della madre al momento dell ’arruolamento;

- difficoltà a comprendere e parlare la lingua inglese per completare il questionario iniziale da parte dei genitori.

Intervento 85 bambini hanno ricevuto L. Reuteri 17938 (0.2x 108 colonie per goccia) 5 gocce (pari a 1 x 108 colonie) in sospensione oleosa somministrata con un cucchiaino 1 volta al giorno, alla stessa ora, per 1 mese.

Controllo 82 bambini hanno ricevuto il placebo (maltodestrina) nello stesso tipo di sospensione oleosa, colore, sapore, nella stessa confezione e pacchetto.

Outcomes/Esiti L'outcome primario è stato la misurazione dei minuti giornalieri con pianto e/o irritabilità dopo 28 giorni di trattamento misurati attraverso un diario giornaliero (Baby's Day Diary) compilato dai genitori e validato per valutare pianto, irritabilità, sonno, alimentazione.

Outcome secondari:

Pianto/irritabilità (minuti/giorno) valutati con il Baby's Day Diary a 0, 7,14,21 giorni, 6 mesi

Episodi giornalieri di pianto e irritabilità valutati con il Baby's Day Diary a 0, 7,14,21, 28 giorni, 6 mesi

Durata del sonno ( minuti al giorno) valutati con il Baby's Day Diary a a 0, 7,14,21, 28 giorni, 6 mesi

Depressione e stato mentale della madre valutato con il questionario di Edimburgo a 0,28 giorni, 6 mesi

Stato di funzionamento (fisico, emotivo, sociale e cognitivo) del lattante valutato con questionario validato a 6 mesi

Stato di funzionamento della famiglia valutato con questionario validato a 0,28 giorni, 6 mesi

Qualità di vita dei genitori valutata con questionario validato a 0,28 giorni, 6 mesi

Parametri fecali (a 0 e 28 giorni): diversità microbiologica delle feci, colonizzazione delle feci da parte di E.Coli, calprotectina fecale

Tempo Da agosto 2011 a agosto 2012

Risultati principali

Il 76% (127/167) dei bambini ha completato le misurazioni per l’outcome primario. Il pianto o l’irritabilità giornaliera è diminuita in modo costante in entrambi i gruppi. A 1 mese, il gruppo trattato con probiotico piangeva o si presentava irritabile 49 minuti in più rispetto al gruppo placebo, incremento collegato prevalentemente all’irritabilità (ma non al pianto) ed evidente soprattutto in quelli alimentati con latte formulato. P ianto o irritabilità (min/giorno) a un mese: probiotico 229’, placebo 191’, differenza corretta per fattori confondenti 49’ (IC95% 8, 90) p=0.02; pianto o irritabilità (min/giorno) a sei mesi: probiotico 122’, placebo 131’, differenza corretta per fattori confondenti -7 (IC95% -47, 34) p=0.75I. I due gruppi (intervento e controllo) erano simili in tutti gli outcome secondari. Non sono stati rilevati effetti avversi. Nei sottogruppi in cui si è analizzata la diversità microbica fecale, la colonizzazione con E. coli e i livelli di calprotectina non si sono tro vate differenze tra i trattati e non trattati. Il 45 % dei lattanti trattati con il L. Reuteri (analisi di un sottogruppo) a un mese dall’intervento presentava il lattobacillo nelle feci. L’analisi per sottogruppi ha evidenziato che la differenza tra trattamento e placebo era bassa negli allattati al seno (differenza corretta per fattori confondenti 19 minuti IC 95% −49 to 87, e più elevata negli allattati artificialmente (78 minuti con IC 95% 25 – 132) (p=0.005). L'aderenza di entrambi i gruppi è stata elevata (82% gruppo intervento, 80% gruppo controllo)

Conclusioni Questo trial randomizzato controllato in doppio cieco non ha provato l’efficacia del L. Reuteri nel ridurre le coliche o l’irritabilità di lattanti allattati al seno o con latte formulato Questi risultati differiscono da precedenti trial effettuati su campioni di lattanti meno numerosi e non supportano una raccomandazione generale per l'uso dei probiotici nel trattamento delle coliche.

Altri studi sull’argomento

Due recenti revisioni sistematiche sull'argomento1,2 hanno rilevato come il L. Reuteri riduca il pianto negli allattati al seno, anche se non ci sono sufficienti prove per raccomandare l'uso del probiotico per prevenire o trattare le coliche in particolare nell’allattato con formula. Gli autori delle revisoni indicano la necessità di ulteriori e più rigorosi studi che prendano in considerazione in maniera più sistematica i diversi fattori che possono essere coinvolti nel determinare un pianto eccessivo (> 3 ore al giorno) nei primi mesi di vita Uno studio randomizzato prospettico multicentrico italiano in doppio cieco3 che indaga sulla efficacia della somministrazione orale di Lactobacillus Reuteri/DSM 17938 durante i primi tre mesi di vita nel ridurre l’insorgenza di coliche, reflusso gastroesofageo e stipsi nei neonati ha dimostrato un miglioramento nelle coliche, nei rigurgiti e nelle evacuazioni a tre mesi di età nel gruppo trattato con il L Reuter, tuttavia l’analisi dei dati è stata effettuata secondo trattamento (Per Protocol Analysis) e non secondo intenzione (Intention To Treat Analysis); e lo studio aveva un dropout del 16.8%.

Refernze

1. Anabrees J, Indrio F, Paes B, AlFaleh K. Probiotics for infantile colic: a systematic review. BMC Pediatr. 2013 Nov 15;13:186

2. Sung V, Collett S, de Gooyer T, Hiscock H, Tang M, Wake M. Probiotics to prevent or treat excessive infant crying: systematic review and meta-analysis. JAMA Pediatr. 2013 Dec;167(12):1150-7

3. Indrio F, Di Mauro A, Riezzo G, et al. Prophylactic use of a probiotic in the prevention of colic, regurgitation, and functional constipation: a randomized clinical trial. JAMA Pediatr. 2014 Mar;168(3):228-33

Che cosa aggiunge questo studio A differenza di precedenti tre RCT che indagavano l’utilizzo del L Reuteri con Outcome sovrapponibili, questo trial non ha confermato l’efficacia di tale probiotico attraverso un RCT dal disegno rigoroso.

Commento

Validità interna

Disegno dello studio: La randomizzazione è stata effettuata in modo informatizzato e stratificata in base al tipo di allatamento

(al seno vs latte di formula) e all'età di arruolamento (età < 6 settimane vs età > 6 settimane, poiché a 6 settimane viene

raggiunto il picco di tempo di pianto). Randomizzazione, mascheramento, assegnazione e cecità sono ben descritti.

Lo studio è stato condotto in doppio cieco in tutte le fasi, inclusa la misurazione degli outcome.

Il probiotico/placebo veniva fornito ai partecipanti allo studio da un farmacista indipendente (non partecipante allo studio)

in base al numero di identificazione di ciascun lattante presente sulla scheda di randomizzazione.

Il numero di persi (non consegnano il diario) al follow up è elevato (27.5%) e non vengono descritti.

Lo studio è di buona qualità con una Jadad scale pari a 4.

Esiti: di rilievo nelle Cure Primarie e chiaramente indicati.

Conflitto di interessi: gli autori dello studio hanno sottoscritto la dichiarazione di potenziale conflitto di interessi

(www.icmje.org/coi_disclosure.pdf); in particolare dichiarano che coniugi o figli non hanno interessi su questa ricerca; M.

Tang è membro di Nestlé Nutrition Institute Medical Advisory Board Oceania e Nutricia Medical Advisory Board Australasia e

riceve compensi da queste compagnie per alcune relazioni a simposi sponsorizzati da Nestlè e Danone e riceve probiotici e

placebo da Nestlè e Dicofarm per ricerche non correlate a questo trial; R Heine è membro di Nestlé Nutrition Institute Medical

Advisory Board Oceania e Nutricia Medical Advisory Board Australasia e riceve compensi da queste compagnie per alcune

relazioni a simposi sponsorizzati da Nestlè e Danone.

Trasferibilità

Popolazione studiata: la popolazione studiata è quella che normalmente afferisce ai nostri ambulatori

Tipo di intervento: l’intervento indagato dal trial è di basso costo, apparentemente sicuro e praticabile in un setting di cure

primarie ma l’assenza di efficacia non induce a consigliare questo intervento come prima scelta nel trattamento delle coliche

del lattante

Box In questo box vi presentiamo la forest plot costruita riferendosi ai trial clinici sull’utilizzo del lactobacillo reuteri per il trattamento delle coliche infantili.questa metanalisi è stata prodotta dalle ricercatrici australiane in occasione della pubblicazione di questo trial.

Da: BMJ. 2014 Apr 1;348:g2107 Figura 1

Nella figura 1 le ricercatrici hanno aggiunto il trial australiano alla metanalisi comprendente i trial comparsi prima di questa ricerca. È presente una eterogeneità abbastanza elevata (I2=81%) e l’esito finale è a favore dell’efficacia del probiotico Ma è presente anche una riduzione dell’efficacia del probiotico con il miglioramento della qualità metodologica degli studi; questo si evince dal continuo spostamento verso destra della significatività nei rispettivi quattro trial.

Figura 2. Particolare della forest plot della figura 1 con evidenziata (quadratino rosso) la differenza media della durata del pianto della colica a 21 giorni dall’inizio del trattamento nei quattro trial. La freccia tratteggiata indica lo spostamento verso dx (verso la non efficacia del probiotico) che segue il miglioramento della qualità metodologica dello studio (lo studio di Savino 2007 non presentava cecità ed era in aperto; lo studio di Savino 2010 non presentava cecità allo statistico; lo studio di Szajewska 2013 presentava un probabile bias di selezione).

Ritardare il taglio del cordone ombelicale non influenza lo stato marziale né lo sviluppo neurocomportamentale dei bambini a 12 mesi

Andersson O, Domellöf M, Andersson D, Hellström-Westas L.

Effect of Delayed vs Early Umbilical Cord Clamping on Iron Status and Neurodevelopment at Age 12 Months: A randomized Clinical Trial.

JAMA Pediatr. 2014;168(6):547-54

Obiettivo (con tipo di studio) Analisi secondaria di un trial clinico randomizzato (RCT) per indagare gli effetti del clampaggio tardivo del cordone ombelicale (C.O.) rispetto a quello precoce, sullo stato marziale e sullo sviluppo neurologico in bambini europei a 12 mesi di vita

Metodo

Risultati principali Sono stati valutati 347 bambini (90,8% degli arruolati). I due gruppi randomizzati DCC e ECC non differiscono per quanto riguarda lo stato marziale (media dei livelli di ferritina, 35,4 vs 33,6 ng / mL, rispettivamente, p = .40) e lo sviluppo neurologico all'età di 12 mesi (media del punteggio totale di ASQ, 229,6 vs 233,1, rispettivamente, p = .42). Tuttavia gli effetti dell'intervento differiscono in base al sesso: il clampaggio ritardato confrontato con quello precoce si associa con uno score dell' ASQ più basso di 12 punti per le femmine (score medio 230 versus 242 punti, rispettivamente) e con uno score di 5 punti più alto per i maschi (score medio 229 versus 224 punti rispettivamente) (P=.04 per il termine interazione). I neonati allattati al seno nella prima ora di vita hanno punteggi più elevati di ASQ.

Conclusioni Il taglio ritardato del cordone ombelicale non ha nessun effetto né sullo stato del ferro nè sullo sviluppo neurocomportamentale dei bambini all’ età di 12 mesi.

Altri studi sull’argomento

Una revisione sistematica della Cochrane del 20131, che ha analizzato 15 trials con il coinvolgimento complessivo dil 3911 bambini a termine, ha evidenziato come vi sia una maggior rischio di avere una carenza di ferro a 3 e 6 mesi nei bambini con clampaggio precoce del cordone rispetto a quelli con clampaggio ritardato (RR 2.65 95% CI 1.04 to 6.73, five trials, 1152 infants, I2 82%). Gli autori della revisione Cochrane suggeriscono che è preferibile il clampaggio tardivo qualora però sia possibile effettuare un eventuale trattamento dell’ittero con fototerapia; inoltre, Il miglioramento nei depositi di ferro con il clampaggio tardivo persistono a 3-6 mesi rispetto ai bambini con clampaggio precoce (RR 2,65 95% CI 1,04-6,73, cinque studi, 1152 bambini, I2 82%).

Anche gli stessi autori dell’articolo a cui si riferisce questa scheda newsletter avevano dimostrato un effetto positivo a quattro mesi dalla nascita sul contenuto di ferritina e una minore prevalenza di deficit di ferro sulla stessa coorte di bambini2. Svariati

Popolazione Vengono considerati eleggibili 400 bambini nati in Svezia nell’ospedale di Halland ad Halmstad, da parto singolo, a termine, dopo gravidanza regolarmente decorsa in madri non fumatrici ed allocati in modo randomizzato in due gruppi. Entrano nello studio 382 bambini.

Intervento Taglio ritardato del C.O. (delayed cord clamping - DCC ) =/> 180 secondi dalla nascita. (193/200)

Controllo Taglio precoce del C.O. (early cord clamping - ECC ) =/< 10 secondi dalla nascita. (189/200)

Questa pratica era il metodo standard applicato nell’ospedale.

Outcomes/Esiti Valutare lo stato marziale (ferritina, saturazione transferrina, concentrazione del recettore solubile della transferrina, MCV) all’età di 12 mesi. Vengono esclusi dall’analisi i bambini con PCR > 10 mg/L al momento del prelievo.

L’outcome secondario era valutare lo sviluppo neurocomportamentale tramite il Ages and Stages Questionnaire (ASQ) score, un questionario validato sullo sviluppo neuropsicologico attraverso la valutazione di 5 campi: comunicazione, motricità fine e grossolana, problem solving e socialità )

Tempo L’arruolamento è stato effettuato tra Aprile del 2008 e Maggio del 2009 ed il follow up di ogni bambino è stato di 12 mesi

altri studi3,4 hanno evidenziato questo effetto a tre, quattro e sei mesi di vita. Non abbiamo ritrovato in letteratura studi con un follow-up maggiore di 6 mesi, ne valutazioni dell’ effetto di questo timing sul neuro sviluppo, tranne l’ennesima pubblicazione degli stessi autori sullo stesso campione di soggetti valutati a 4 mesi, che non evidenziava differenze complessive di sviluppo neurologico5. Inoltre Mercer ha dimostrato che il clampaggio tardivo riduce la disabilità motori a 7 mesi in grandi prematuri6.

Referenze 1. McDonald SJ et al. Effect of timing of umbilical cord clamping of term infants on maternal and neonatal outcomes

Cochrane Database Syst Rev. 2013 Jul 11;7 2. Andersson O et al. Effect of delayed versus early umbilical cord clamping on neonatal outcomes and iron status at

4 months: a randomised controlled trial. BMJ. 2011;343:d7157. 3. Ceriani Cernadas JM et al. The effect of early and delayed umbilical cord clamping on ferritin levels in term

infants at six months of life: a randomized, controlled trial. Arch Argent Pediatr. 2010;108(3):201-8. 4. Chaparro CM et al. Effect of timing of umbilical cord clamping on iron status in Mexican infants: a randomised

controlled trial. Lancet. 2006;367(9527):1997-2004. 5. Andersson O et al. Effects of delayed cord clamping on neurodevelopment and infection at four months of age: a

randomised trial. Acta Paediatr. 2013;102(5):525-31. 6. Mercer JS et al: Seven-month developmental outcomes of very low birth weight infants enrolled in a randomized

controlled trial of delayed versus immediate cord clamping. J Perinatol. 2010;30(1):11-6

Che cosa aggiunge questo studio

Si tratta del primo studio che prolunga il follow-up dei bambini sottoposti a DDC e ECC oltre i 6 mesi, senza tuttavia

evidenziare alcuna differenza di esiti tra le due metodiche all’età di 12 mesi. Ha inoltre evidenziato che il livello di ferritina nel sangue del cordone ombelicale è un forte predittore del livello di ferritina

all'età di 12 mesi.

Commento

Validità interna

Disegno dello studio: Si tratta di una analisi secondaria di un RTC progettato con un diverso obiettivo e questo fatto ha

condizionato gli esiti dello studio. Il numero di bambini arruolati era rivolto alla valutazione di diversi outcome, pertanto la

potenza dello studio (v. glossario) è stata calcolata per il primo studio effettuato con outcome a 4 mesi, ben differente dagli

esiti ricercati a 12 mesi. Il numero di persi al follow up (13%) è inoltre significativo. In base alla Jadad scale lo studio è di

bassa qualità: la randomizzazione non viene descritta e così pure i persi al follow up.

Infine, non abbiamo informazioni sul divezzamento, alimentazione complementare o su altre variabili della dieta che

potrebbero aver influito sullo stato metabolico del ferro.

Esiti: gli esiti considerati, ed in particolare lo sviluppo neurologico del bambino, sono importanti ma il questionario utilizzato

è poco adatto per una popolazione presunta sana come riconosciuto dagli stessi autori.

Conflitto di interessi: dichiarata l’assenza di conflitto di interessi.

Trasferibilità

Popolazione studiata: sovrapponibile a quella che afferisce ai nostri ambulatori

Tipo di intervento: a causa dei limiti metodologici lo studio non è in grado di apportare chiarezza al dibattito sugli esiti a 12

mesi del timing del clampaggio del cordone ombelicale. Sarebbe utile uno studio sul timing del clampaggio del cordone

ombelicale valutando gli esiti all’anno di vita su una popolazione a particolare rischio di anemia.

Glossario

La potenza di un test statistico misura il potere che un test ha di svelare un

effetto esistente. È il completamento a 1 della probabilità di errore di secondo tipo

(potenza = 1 – beta).

L'errore di tipo II (anche denominato un errore beta o di secondo tipo) è un

'falso negativo', in altre parole i risultati dello studio indicano che un trattamento

non funziona, quando in realtà funziona. Questi errori sono più probabili quando gli studi includono un piccolo numero di persone.

Cochrane Database of Systematic Review (CDSR) (settembre 2014 – novembre 2014)

Il CDSR è il database della Cochrane Library che contiene le revisioni sistematiche (RS) originali

prodotte dalla Cochrane Collaboration. L’accesso a questa banca dati è a pagamento per il full

text, gratuito per gli abstracts (con motore di ricerca). L’elenco completo delle nuove RS e di

quelle aggiornate è disponibile su internet. Di seguito è riportato l’elenco delle nuove revisioni

e delle revisioni aggiornate di area pediatrica da settembre 2014 ad novembre 2014. La selezione

è stata realizzata dalla redazione della newsletter pediatrica.

Cliccando sul titolo si viene indirizzati all’abstract completo disponibile in MEDLINE, la banca dati

governativa americana, o presso la Cochrane Library.

Di alcune revisioni vi offriamo la traduzione italiana delle conclusioni degli autori.

Nuove revisioni sistematiche di area pediatrica Settembre (1-11) Ottobre (12-15) Novembre (16-19)

1. Clinical pathways for chronic cough in children

2. Comparison of antiepileptic drugs, no treatment, or placebo for children with benign

epilepsy with centro temporal spikes

3. Effects of sevoflurane versus other general anaesthesia on emergence agitation in

children

4. Interventions for treating simple bone cysts in the long bones of children

5. Intracystic bleomycin for cystic craniopharyngiomas in children

6. Intravenous immunoglobulin for Guillain-Barré syndrome

7. Orthodontic and orthopaedic treatment for anterior open bite in children

8. Symptomatic treatment of the cough in whooping cough

9. Techniques to ascertain correct endotracheal tube placement in neonates

10. Topical corticosteroids for treating phimosis in boys

11. Tricyclic antidepressants for attention deficit hyperactivity disorder (ADHD) in children

and adolescents

12. Intranasal fentanyl for the management of acute pain in children

13. Non-nutritive sucking for gastro-oesophageal reflux disease in preterm and low birth

weight infants

14. Non-pharmaceutical management of respiratory morbidity in children with severe global

developmental delay

15. Strabismus surgery before versus after completion of amblyopia therapy in children

16. H1-antihistamines for chronic spontaneous urticaria

17. Interventions aimed at communities to inform and/or educate about early childhood

vaccination

18. Oral and sublingual immunotherapy for egg allergy

19. Pentoxifylline for the prevention of bronchopulmonary dysplasia in preterm infants

Revisioni sistematiche di area pediatrica aggiornate Settembre (1-5) ottobre (6-7) novembre (8-10)

1. Acellular vaccines for preventing whooping cough in children

2. Nasal intermittent positive pressure ventilation (NIPPV) versus nasal continuous

positive airway pressure (NCPAP) for preterm neonates after extubation

3. Rapid viral diagnosis for acute febrile respiratory illness in children in the Emergency

Department

4. Tonsillectomy for periodic fever, aphthous stomatitis, pharyngit is and cervical adenitis

syndrome (PFAPA)

5. Treatment including anthracyclines versus treatment not including anthracyclines for

childhood cancer

6. Antibiotics for bronchiolitis in children under two years of age

7. Decongestants, antihistamines and nasal irrigation for acute sinusitis in children

8. Amantadine and rimantadine for influenza A in children and the elderly

9. Prophylactic antibiotics for preventing pneumococcal infection in children with sickle cell

disease

10. Tonsillectomy or adenotonsillectomy versus non-surgical treatment for

chronic/recurrent acute tonsillitis

Percorsi clinici per bambini con tosse cronica Clinical pathways for chronic cough in children McCallum GB, Bailey EJ, Morris PS, Chang AB. Clinical pathways for chronic cough in children. Cochrane Database of Systematic Reviews 2014, Issue 9. Art. No.: CD006595.

I percorsi clinici servono come algoritmi che possono essere utilizzati nel trattamento di pazienti

con varie malattie croniche. Rappresentano una guida che può assistere i medici nella diagnosi

di una malattia e nel prendere decisioni efficaci per i pazienti.

La tosse cronica nei bambini (tosse che dura più di 4 settimane) è un problema medic o

significativo che in alcune situazioni necessita di un'indagine approfondita. Questa recensione ha

esaminato se l’utilizzo di un percorso clinico è efficace per la valutazione e la gestione di bambini

con tosse cronica.

La recensione ha incluso un singolo studio multicentrico di 272 bambini in cinque ospedali

australiani dal quale risultava che i bambini seguiti mediante l’utilizzo di un algoritmo mostravano

esiti clinici migliori rispetto agli altri. La qualità delle prove è stata classificata come moderata

dagli autori della revisione, in quanto basata su un solo studio.

Confronto tra trattamento farmacologico, placebo e assenza di

trattamento in bambini con epilessia benigna con punte centro temporali Comparison of antiepileptic drugs, no treatment, or placebo for children with benign

epilepsy with centro temporal spikes Tan HJ, Singh J, Gupta R, de Goede C. Comparison of antiepileptic drugs, no treatment, or placebo for children with benign epilepsy with centro temporal spikes. Cochrane Database of Systematic Reviews 2014, Issue 9. Art. No.: CD006779.

L’epilessia benigna con punte centro temporali (Rolandica) è uno dei disturbi convulsivi infantili

più comuni. La necessità di un trattamento per questo disturbo è controversa, dato che quasi

tutti gli affetti guariscono durante l'adolescenza. Tuttavia, se le crisi sono frequenti e disturbanti,

spesso si effettuano dei trattamenti terapeutici.

La revisione, effettuata sugli studi pubblicati fino ad aprile 2013, si è basata su pochi studi in cui

venivano testati pochi farmaci. Dalla revisione non sono emerse prove sufficienti per definire se

l’utilizzo dei farmaci aumenti a lungo termine il periodo libero da crisi, nè se modifichi le capacità

cognitive dei bambini affetti.

Trattamento ortodontico e ortopedico per openbite anteriore nei

bambini Orthodontic and orthopaedic treatment for anterior open bite in children Lentini-Oliveira DA, Carvalho FR, Rodrigues CG, Ye Q, Hu R, Minami-Sugaya H, Carvalho LBC, Prado LBF, Prado GF. Orthodontic and orthopaedic treatment for anterior open bite in children. Cochrane Database of Systematic Reviews 2014, Issue 9. Art. No.: CD005515.

Questa revisione sistematica aveva l’obiettivo di valutare l’efficacia dei trattamenti ortodontici

ed ortopedici per correggere il morso aperto anteriore nei bambini.

Sono stati ricercati tutti i trial clinici randomizzati o quasi randomizzati , e sono stati inclusi tre

RCT. Le conclusioni dagli autori, data la scarsità e la debolezza metodologica degli studi reperiti,

sono negative o quantomeno dubbie relativamente alla reale efficacia degli interventi analizzati.

Trattamento sintomatico della tosse da pertosse Symptomatic treatment of the cough in whooping cough Wang K, Bettiol S, Thompson MJ, Roberts NW, Perera R, Heneghan CJ, Harnden A. Symptomatic treatment of the cough in whooping cough. Cochrane Database of Systematic Reviews 2014, Issue 9. Art. No.: CD003257.

La revisione aveva l’obiettivo di valutare se e quali trattamenti farmacologici sono efficaci nel

ridurre gli attacchi di tosse o le complicazioni gravi, i ricoveri in ospedale, e la mortalità nei

pazienti con pertosse. Venivano inoltre valutati i possibili effetti collaterali dei farmaci.

Sono stati inclusi 12 studi per un totale di 578 partecipanti. Dieci studi hanno coinvolto 448

bambini e due hanno coinvolto un totale di 130 adolescenti e adulti. Nove studi hanno

confrontato il farmaco con un placebo.

Sei studi, con 196 partecipanti, sono stati descritti con un dettaglio tale da renderne possibile la

valutazione. Sulla base di questi studi, nè gli antistaminici (uno studio, 49 partecipanti), nè le

immunoglobuline antipertosse (uno studio, 24 partecipanti) nè il salbutamolo (due studi, 42

partecipanti) hanno ridotto il numero di accessi di tosse. Né le immunoglobuline (uno studio, 46

partecipanti), né gli steroidi (uno studio, 11 partecipanti) hanno diminuito la durata delle

ospedalizzazioni.

Gli studi che hanno testato antistaminici, salbutamolo e steroidi non hanno segnalato alcun

significativo effetto collaterale. Nessuno di questi sei studi ha riportato differenze nelle

complicazioni gravi, nel numero di ricoveri ospedalieri, nella mortalità.

Gli autori concludono che attualmente non ci sono prove a sostegno dell’ efficacia dei trattamenti

farmacologici analizzati. Complessivamente la qualità degli studi era bassa e molti di essi erano

stati condotti alcuni anni fa. Le stime degli effetti dei diversi trattamenti inoltre risultano

imprecise a causa dei piccoli numeri di partecipanti di cui erano disponibili i risultati .

Antibiotici per la bronchiolite in bambini di età inferiore a 2 anni Antibiotics for bronchiolitis in children under two years of age Farley R, Spurling GKP, Eriksson L, Del Mar CB. Antibiotics for bronchiolitis in children under two years of age. Cochrane Database of Systematic Reviews 2014, Issue 10. Art. No.: CD005189

L’obiettivo di questa metanalisi riaggiornata era valutare l’effficacia dell’ utilizzo degli antibioic i

nella bronchiolite dei bambini di età inferiore a due anni.

La revisione della metanali ha permesso di aggiungere due nuovi studi con 281 partecipanti. In

totale nella metanalisi sono stati inclusi 7 studi, per un totale di 824 partecipanti. I risultati di

questi sette studi erano spesso eterogenei, e quindi non è stato possibile effettuare una

metanalisi ponderata. I due nuovi studi aggiunti, che hanno valutato l’efficacia dell’ azitromic ina

versus placebo, non hanno trovato alcuna differenza significativa nè sulla durata della degenza

ospedaliera, nè sulla necessità di ossigenoterapia, nè sul tasso di riammissione dopo la

dimissione.

Nonostante l’aumento degli studi analizzati anche questa revisione non ha trovato prove

sufficienti a sostenere l’uso di antibiotici in questa patologia.

Fentanyl intranasale per la gestione del dolore acuto nei bambini Intranasal fentanyl for the management of acute pain in children Murphy A, O'Sullivan R, Wakai A, Grant TS, Barrett MJ, Cronin J, McCoy SC, Hom J, Kandamany N. Intranasal fentanyl for the management of acute pain in children. Cochrane Database of Systematic Reviews 2014, Issue 10. Art. No.: CD009942.

La gestione del dolore acuto nei bambini continua a non essere ottimale. Gli autori di questa

metanalisi si sono ripromessi di valutare le prove a sostegno dell’ utilizzo di fentanil intranasale

(INF) nel trattamento di bambini con dolore acuto grave. Sono stati inclusi studi su bambini (età

inferiore ai 18 anni di età) affetti da dolore acuto severo causato da infortunio o patologia, nei

quali l’utilizzo di Fentanil intranasale veniva confrontato con qualsiasi altro intervento

farmacologico (ad esempio la morfina per via endovenosa) o non farmacologico (es

immobilizzazione dell'arto, medicazione).

Sono stati identificati tre studi che includevano 313 bambini con grave dolore acuto causato da

fratture ossee, che hanno confrontato INF rispetto a morfina per via intramuscolare o

endovenosa, nonché diverse concentrazioni di INF. La revisione ha concluso che il Fentanil per

via intranasale può essere un analgesico efficace per il trattamento dei bambini con dolore da

moderato a grave e la sua somministrazione non causa disagio per i bambini; Tuttavia, le prove

sono attualmente insufficienti per consentire un giudizio definitivo sull’efficacia di questo

trattamento rispetto all’utilizzo intramuscolare o endovenoso di morfina. Le conclusioni di questa

metanalisi non possono inoltre essere generalizzate, data la sc arsità degli studi pubblicati, a tutti

i tipi di dolore e di età dei bambini.

Immunoterapia sublinguale e orale per l’allergia all’uovo Oral and sublingual immunotherapy for egg allergy Romantsik O, Bruschettini M, Tosca MA, Zappettini S, Della Casa Alberighi O, Calevo MG. Oral and sublingual immunotherapy for egg allergy. Cochrane Database of Systematic Reviews 2014, Issue 11. Art. No.: CD010638.

La metanalisi aveva lo scopo di valutare lo sviluppo di tolleranza alle proteine dell'uovo dopo

immunoterapia orale e sublinguale (ITO) in bambini e adulti con allergia all’uovo IgE-mediata

rispetto ad un trattamento con placebo o ad una strategia di esclusione dell’ uovo.

Sono stati inclusi quattro RCT per un totale di 167 soggetti reclutati, di età compresa tra 4 e 15

anni. Uno studio ha utilizzato come controllo un placebo e tre studi hanno utilizzato una dieta di

esclusione. Ogni studio ha utilizzato un protocollo ITO diverso.

Il 39% dei trattati è stato in grado di tollerare una porzione completa di uova rispetto al 11,9%

dei controlli (RR = 3,39, IC 95% 1,74-6,62). Il 69% dei partecipanti ha presentato effetti avversi

durante il trattamento (RR = 6,06, IC 95% 3,11-11,83). Cinque dei 100 partecipanti sottoposti

a ITO hanno necessitato di somministrazione di adrenalina. Gli studi analizzati erano di piccole

dimensioni e conseguentemente la qualità delle evidenze è bassa. Le evidenze attuali

suggeriscono che l’ ITO può desensibilizzare un gran numero di pazienti allergici alle uova, anche

se resta sconosciuto se questo intervento permetta l’instaurarsi di una tolleranza a lungo

termine. Uno dei problemi principali di tale trattamento è rappresentato dalla frequenza di eventi

avversi, anche se questi sono generalmente lievi e auto-limitanti. Non ci sono inoltre attualmente

protocolli standardizzati per ITO nè linee guida, necessarie per inserire tale trattamento nella

consueta pratica clinica.

Diagnosi rapida per virus in occasione di malattie respiratorie febbrili in bambini che accedono a

strutture di Pronto Soccorso Rapid viral diagnosis for acute febrile respiratory illness in children in the Emergency

Department Doan Q, Enarson P, Kissoon N, Klassen TP, Johnson DW. Rapid viral diagnosis for acute febrile respiratory illness in children in the Emergency Department. Cochrane Database of Systematic Reviews 2014, Issue 9. Art. No.: CD006452.

La maggior parte delle infezioni respiratorie acute sono di origine virale. Tuttavia nei dipartiment i

di emergenza vengono spesso effettuate per tali patologie analisi ematologiche e radiologic he

per escludere infezioni batteriche e gli antibiotici sono spesso utilizzati a causa delle incertezze

diagnostiche. Ciò si traduce in visite prolungate e inappropriato uso di antibiotici. Dato che il

rischio di infezione batterica concomitante è considerato trascurabile nei bambini di più di tre

mesi di età con una infezione virale confermata, l’utilizzo di una test diagnostico rapido per

identificare un eziologia virale potrebbe ridurre la necessità di effettuare altri test e di utilizzare

antibiotici.

L’obiettivo di questa metanalisi era determinare se l'uso di un test diagnostico rapido di

identificazione virale nei bambini con un'infezione respiratoria acuta (ARI) nei dipartimenti di

emergenza può cambiare la gestione del paziente e l'uso delle risorse, rispetto al non utilizzo.

Sono stati inclusi 4 studi (tre RCT e un quasi-RCT), con 759 bambini nel gruppo in cui veniva

eseguito un test virale rapido e 829 nel gruppo di controllo.

L’utilizzo di un test virale rapido ha determinato una riduzione dell’ uso di antibiotici, ma non

statisticamente significativa. E’ stata riscontrata una riduzione dell’ effettuazione di radiograf ie

del torace (RR 0.77, 95% CI 0,65-0,91) nel gruppo che aveva effettuato la il test rapido, ma

non è stato riscontrato nessun effetto sulla durata delle visite, ne sull’ effettuazione di indagini

ematologiche o urinarie.

Gli autori concludono che non ci sono attualmente prove sufficienti per affermare che l’uso

routinario di test rapidi di individuazione virale sia in grado di ridurre l’utilizzo di antibiotici nelle

patologie respiratorie acute dei bambini.

Tonsillectomia o Adenotonsillectomia verso trattamento non chirurgico

per tonsilliti croniche o ricorrenti Tonsillectomy or adenotonsillectomy versus non-surgical treatment for

chronic/recurrent acute tonsillitis Burton MJ, Glasziou PP, Chong LY, Venekamp RP. Tonsillectomy or adenotonsillectomy versus non-surgical treatment for chronic/recurrent acute tonsillitis. Cochrane Database of Systematic Reviews 2014, Issue 11. Art. No.: CD001802.

Si tratta della revisione di una metanalisi pubblicata la prima volta nel 1999 e successivamente

rivista nel 2009 con lo scopo di valutare l’efficacia della tonsillectomia (con o senza

adenoidectomia) nella riduzione del numero e della severità degli episodi di tonsillite o faringite.

Questa revisione ha incluso i dati di 7 nuovi studi, di cui 5 su bambini (987 participanti) Sono

stati valutati i dati dei cinque studi pediatrici, che includevano sia i bambini gravemente ammalat i

(sulla base dei criteri specifici di 'Paradise'), sia quelli meno gravemente colpiti. I bambini

sottoposti ad intervento chirurgico avevano una media di tre episodi di mal di gola (di qualsiasi

gravità) nel primo anno post-operatorio, rispetto a 3,6 episodi nel gruppo di controllo, con una

differenza di 0,6 episodi (IC 95% da -1 a -0,1).

L’analisi dei soli soggetti “gravemente ammalati” ha evidenziato un numero medio di tonsilliti o

faringiti nel primo anno dopo il trattamento di 1,1 nei trattati contro 1,2 nei controlli.

I bambini meno gravi presentavano una media di tonsilliti o faringiti di 1,2 nel primo anno post

operatorio, contro i 0,4 episodi del gruppo di controllo (differenza 0.8, IC 95% 0,7-0,9).

Gli autori concludono che l’intervento chirurgico ha un efficacia modesta o dubbia nei confronti

di questa patologia e che molti dei pazienti non sottoposti a trattamento migliorano

spontaneamente. Il potenziale beneficio di un intervento chirurgico deve inoltre essere valutato

rispetto ai rischi della procedura, rappresentati soprattutto dalla comparsa di emorragie primarie

e secondarie.

Corticosteroidi topici per il trattamento della fimosi Topical corticosteroids for treating phimosis in boys Moreno G, Corbalán J, Peñaloza B, Pantoja T. Topical corticosteroids for treating phimosis in boys. Cochrane Database of Systematic Reviews 2014, Issue 9. Art. No.: CD008973.

Fino a poco tempo, la fimosi veniva sempre trattata chirurgicamente con la circoncisione o la

plastica del prepuzio. Recentemente molti articoli hanno valutato un trattamento non invasivo

con corticosteroidi topici applicati per 4-8 settimane con esito favorevole. L'efficacia e la

sicurezza di tali trattamenti non sono mai stati però oggetto di una revisione sistematica.

Gli autori si sono proposti di 1) confrontare l'efficacia dell'uso di corticosteroidi topici in pomata

applicata alla porzione stenotica distale del prepuzio nella risoluzione di fimosi nei ragazzi rispetto

all'uso di placebo o all’ assenza di trattamento; 2) determinare il tasso di risoluzione parziale

(miglioramento) di fimosi, il tasso di ristenosi dopo la risoluzione iniziale o il miglioramento di

fimosi, e il tasso di eventi avversi di questo trattamento.

Sono stati inclusi 12 studi per un totale di 1.395 ragazzi.

Rispetto al placebo, i corticosteroidi hanno aumentato in modo significativo la risoluzione clinica

completa o parziale di fimosi (12 studi, 1395 partecipanti: RR 2.45, 95% CI 1,84-3,26).

Questa terapia inoltre aumenta significativamente la risoluzione clinica completa di fimosi (8

studi, 858 partecipanti: RR 3.42, 95% CI 2,08-5,62). Non sono stati segnalati effetti avversi.

Gli autori della revisione concludono che, sebbene gli studi analizzati siano stati viziati da alcuni

difetti metodologici, i corticosteroidi sembrano essere una scelta sicura e non invasiva per il

trattamento della fimosi nei ragazzi.

Antidepressivi triciclici per l’ADHD in bambini e adolescenti Tricyclic antidepressants for attention deficit hyperactivity disorder (ADHD) in children and adolescents Otasowie J, Castells X, Ehimare UP, Smith CH. Tricyclic antidepressants for attention deficit hyperactivity disorder (ADHD) in children and adolescents. Cochrane Database of Systematic Reviews 2014, Issue 9. Art. No.: CD006997

Gli antidepressivi triciclic i (TCA) sono talvolta usati come trattamento di seconda scelta nella

riduzione dei sintomi in bambini e adolescenti affetti da ADHD. Questa revisione sistematica si è

proposta l’obiettivo di valutare l’ efficacia di questi trattamenti sull’ iperattività e sull’ attenzione

nei bambini e ragazzi tra 6 e 18 anni.

Sono stati inclusi in questa analisi sei RCT per un totale di 216 partecipanti.

I risultati hanno mostrato che i TCA, particolarmente la desipramina, hanno avuto un effetto

benefico per i bambini e gli adolescenti con ADHD in termini di miglioramento dei sintomi

principali nel breve termine. Tuttavia, i TCA hanno avuto anche effetti cardiaci indesiderati, che

possono limitare il loro uso.

Il numero totale di studi inclusi era piccolo e ognuno utilizzava misure di outcome diverse,

rendendo così difficile combinare i risultati dei singoli studi. Sono necessarie ulteriori ricerche

per verificare se i risultati di questi studi sono applicabili universalmente; questi studi dovrebbero

essere condotti in luoghi diversi, e utilizzare misure di outcome validate per valutare i sintomi

principali di ADHD.