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Mediterraneo:una storia incompleta Elvira Lussana Dipartimento di Economia, Finanza e Statistica Università degli Studi di Perugia 06123 Perugia, Italia [email protected] Abstract It is common opinion that Mediterranean history will always be incomplete, even though many reflexions and discussions have been made concerning what is called this “liquid womb”. In the past few years the traditional-rational interpretations that we may consider obvious has been replaced in an alternative, utilitarian, intuitive post-modern logic that has challenged consolidates approaches (Geograpfhic, historical, philosophical, political) obliging us to questions our certaintes in order to find alternatives-interpretative categories able to read the complexity, the diversità, the risks. In any case, the question of ”what the Mediterranean is” remains without any reply. It may be that what is thought of as Mediterranean might not reallty exist or has been thought of as a pluriuniverse Towards which the simbolic, the imaginary have prevailed over what is real, as if Mediterranean thought might be the thought of what is inexistent. At present Geopolitica see this region a san area of mediation of conflicts. However even with all that we have done,we have not succeeded in making the Mediterraneum a polare of a universal and collective love and peace keywords: Geopolitics, Post-modernity thought Mediterranean

Mediterraneo:una storia incompleta · Non va comunque ignorato , il problema di definire la natura, le caratteristiche, l’ampiezza del doverne dire in presenza di un qualcosa, il

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Mediterraneo:una storia incompleta

Elvira Lussana Dipartimento di Economia, Finanza e Statistica

Università degli Studi di Perugia 06123 Perugia, Italia

[email protected]

Abstract

It is common opinion that Mediterranean history will always be incomplete,

even though many reflexions and discussions have been made concerning

what is called this “liquid womb”.

In the past few years the traditional-rational interpretations that we may

consider obvious has been replaced in an alternative, utilitarian, intuitive

post-modern logic that has challenged consolidates approaches (Geograpfhic,

historical, philosophical, political) obliging us to questions our certaintes in

order to find alternatives-interpretative categories able to read the complexity,

the diversità, the risks.

In any case, the question of ”what the Mediterranean is” remains without any

reply. It may be that what is thought of as Mediterranean might not reallty

exist or has been thought of as a pluriuniverse

Towards which the simbolic, the imaginary have prevailed over what is real,

as if Mediterranean thought might be the thought of what is inexistent. At

present Geopolitica see this region a san area of mediation of conflicts.

However even with all that we have done,we have not succeeded in making

the Mediterraneum a polare of a universal and collective love and peace

keywords: Geopolitics, Post-modernity thought Mediterranean

Un uomo si propone il compito di

disegnare il Mondo… Trascorrono

gli anni… popola uno spazio…

Poco prima di morire scopre che

quel labirinto di linee, traccia

l’immagine del suo volto.

(Borges, L’ Artefice)

Delle cose e dei fatti posso solo

dirNE e non dirLI.

(Wittgensten, Quaderni 1914-1916)

Qu’est ce que la vie?je ne sais pas.

Ou habite-t-elle? En enventant le

lieu, les vivants repondent a cette

question (Serres, Atlas)

Discorsi Mediterranei

Esistono molti discorsi sul Mediterraneo forse perché questo

"ventre liquido" dall’immagine non rassicurante non esiste solo

come spazio geografico ma anche come un qualcosa su cui molto

si è detto e soprattutto come un qualcosa che molto ha da dirCi

non solo per quanto attiene i suoi connotati culturali, storici e

politici ma anche per quelli mitici, poetici e simbolici. Non è

facile intraprendere un attraversamento riflessivo su questo

”sistema in cui tutto si fonde e si ricompone in una unità

originale…..”. Le scelte degli impianti interpretativi/argomentativi

non può prescindere alle finalità,dagli obbiettivi “del dove si

vuole/può? arrivare dando per scontato che ogni decisione si è

fondata su un poter dire (del Mediterraneo) a prescindere dal

nostro poterNe dire pur avendo a disposizione non solo le

tradizionali-razionali categorie conoscitive (impianto

gnoseologico) ma anche quelle fondate sull’esperienza-ascrivibile

al post-Moderno (momento ontologico).Anche se al Mediterraneo

si deve guardare soprattutto come uno Stato di cose che

difficilmente si riesce a far diventare progetto, non dobbiamo

trascurare/sottovalutare anche la possibilità di pervenire /realizzare

un approccio cognitivo, ”alternativo” a quello tradizionale fondato

prevalentemente sull’ovvietà.Percorso che potremmo dire

“utilitaristico” che si è affrontato utilizzando tutte quelle forme di

sapere”Altro” che sole ci consentono di evidenziare anche le

valenze a-razionali di quegli oggetti intorno ai quali si é ritenuto

utile tentare una attribuzione/riconoscimento di significato. Ogni

progetto(di ricerca soprattutto), asseriva Schlegel nel suo Lucinde

(1992 trad), significa” costruire il luogo della differenza perché ciò

che è solo possibile diventi reale….Il progetto è il germe

soggettivo di un oggetto in divenire….I progetti sono infatti

frammenti dell’avvenire. Rispetto ad essi essenziale è la capacità

di idealizzare immediatamente degli oggetti e,insieme,di

realizzarLi, di integrarli e parzialmente eseguirli in sé”.

Non è facile, come anche tiene a sottolineare Cassano (2003),

arrivare a rendere visibile il senso di letture la cui attendibilità

poggia sulla possibilità di consentirCi di riguardare (tornare a

vederli ed ad aver rispetto per loro) luoghi, cose, forme di vita che

si pensavano obsolete o invisibili e di cui ci era sfuggita

l’importanza. Dell’acqua ,dell’acqua Mediterranea,si è purtroppo

dimenticato il ruolo che ha avuto nel connotare le varie civiltà in

particolare quella ellenica e mesopotamica, nel definire l’abitare

umano, nel forgiare gli spiriti, nel garantire lo sviluppo dei popoli

costieri e soprattutto nel processo di svelamento dell’Essere.

L’acqua, il mare da sempre sono stati mobilità, liquidazione di

ogni fondamento, inquietudine, instabilità, misura e superamento

del limite, partenza e ritorno (come sconfitta e pentimento),

abbandono, pervasività, subalternità alla Terra, voglia di cercare,

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promessa di una infinità di Mondi (Nietzsche, 1981) e addirittura

solitudine e follia, esodo esilio, uscita, fuga (Deleuze –Guattari,

1993).

Vallega(1995) su un piano più teorico vista la rilevanza del

problema dell’acqua richiama la necessità che la ricerca

geografica regionale debba produrre ricerche e metodologie per

analizzarne sia gli aspetti qualitativi sia il rapporto tra disponibilità

ed offerta d’acqua. Ricorda altresì come uno dei capitoli più

importanti dell’Agenda 21,il 18, sia dedicato a questa

problematica e come nell’ambito degli studi per il Piano d’Azione

del Mediterraneo siano state messe a punto pertinenti metodologie

che se pur fanno riferimento alla grande scala(il bacino

Mediterraneo) possono essere valide anche quando si scende alla

scala regionale.

Sembrerebbe essersi elaborato intorno al mare un pensiero lento e

confuso o, come direbbe Bauman (2002), liquido ma non per questo

meno capace di farci pensare diversamente, di farci de-passare le

nostre certezze (il vero é sempre soggettivo e revocabile, Popper,

1973) di mettere in discussione consolidate pratiche conoscitive

(quale quella di ricomporre ad unum il molteplice) e alcuni

concetti ”chiusi e chiari” di obbligarci a prendere atto della

complessità/com-plicazione dei problemi con i quali dobbiamo

confrontarci. Un pensiero capace di rafforzarsi in quel pensiero

meridiano cui spetta di mostrare la continuità tra passato e futuro

senza nessun disprezzo per il presente e l’importanza del rapporto

con l’Altro, di mettere in crisi quella forma di pensiero

“comodità” (Valery,1957) per la quale è ineludibile la necessità del

superamento del limite e dell’affermarsi dell’Io.

Non è facile dover tener conto di tutte queste considerazioni nella

prassi di una narrazione conoscitiva, tanto più che mare ed acqua

avevano come attributo reificante il Mediterraneo: dato geografico

sul quale si sono prodotte infinite Narrazioni ed elaborate una

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serie di riflessioni/concezioni per lo più antinomiche, difficilmente

riconducibili ad una Idea unificatrice. Basti ricordare che nel

tempo il nostro MESOGEIOS è stato pace e guerra, centro e

margine, pensiero e materia, separazione e fissione, stabilità e

instabilità, silenzio e rumore, limite ed infinito, nomadismo e

sedentarietà, sacralità e materialità, volatilità ed istituzione,

descrizione ed azione.

Solo con la Narrazione geografica, se pur ovvia e scontata, si

arriva a percepire la valenza significativa di questo “mare della

vicinanza”(Matvejevitch, 1992), quasi che il Geografo potesse

ascriversi la prerogativa, forse con indiscussa presunzione ed a

volte in maniera anche contraddittoria, di saperci raccontare -

“dirNe” -delle sue caratteristiche. Ma sono altri i Discorsi

(letterario, storico, poetico, politico) che ci mettono in condizione

di valutare l’importanza della sua connotazione di essere stato ed

essere il centro delle storie del Mondo, di aver svolto quella

fortemente criticata funzione di aver favorito la traghettazione

dell’Oriente verso Occidente, di aver consentito a questo di

riconoscere il primato della bellezza, il segreto della natura

umana, rendendola capace di affrancarsi dalla lotta tra il meriggio

e la mezzanotte, di poter elaborare una capacità a saper

resistere/contrastare, felicemente e malgrado tutto, ogni deriva

nichilista.

Il Mediterraneo, ci ricorda Camus ( 1981), è il luogo nel quale è

stato ed è possibile dire nel modo più puro un Sì al Mondo: il Sì

della rivolta della natura umana che si fonda sul recupero di ciò

che unisce gli uomini (nella fraternità e nella colpa) riducendo la

fragilità, la sofferenza,ogni ebbrezza di onnipotenza.

Anche per Braudel (1985) il Mediterraneo é stato un referente denso

di significati.

“Mare di varietà infinita la cui storia non è separabile dal Mondo

terrestre che l’avvolge: una storia dalla lunga durata, densa di

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fluttuazioni che non ne hanno, comunque, compromesso la

continuità”. Un Mappamondo incantato! per la verità oserebbe

dire Serres (1996).

Anche nelle riflessioni/ considerazioni di Valery (1957) è presente

questo richiamo alla eterogeneità delle sue componenti: “in

nessuna regione del Globo si è incentrata una tale varietà di

condizioni ed elementi, una tale ricchezza creata e più volte

rinnovata”

Il definirsi/contrapporsi ma anche attrarsi degli svariati universi

mentali non può essere sottovalutato quando bisogna esaminare

alcune caratteristiche “geografiche” del bacino Mediterraneo “ di

un insieme composto da molti sottoinsiemi che sfidano o rifiutano

le idee unificatrici(Campione,2004). Non va comunque ignorato , il

problema di definire la natura, le caratteristiche, l’ampiezza del

doverne dire in presenza di un qualcosa, il Mediterraneo, che si

presenta come ”uno stato di cose che non è mai arrivato a

diventare progetto” (id, 2004). Si tratta di depassare l’idea

consolidata, ma oggi per lo più considerata obsoleta e non

referenziale, per la quale la mediterraneità significa

periferizzazione, marginalizzazione, lontananza, dai centri del

dinamismo finanziario ed economico (Muscarà, 1993) e

considerarla, sempre ricordando che non ne esiste una definizione

univoca, come una ri-significazione di una realtà non rassicurante,

che continuamente torna a riproporsi come sfida conoscitiva.

Che lo scenario Mediterraneo sia complesso lo dimostra il fatto

che, nonostante i frequenti richiami alle sue dinamiche

differenziatrici e soprattutto delle sue “esagerazioni

regionalistiche”, indubbiamente dovute ai condizionamenti dei

fattori storico politici sui fragili equilibri spaziali -frutto di lunghe

contrattazioni-, al Mediterraneo ci si avvicina sempre come ad un

rassicurante centro; un centro, comunque, in “contro-movimento”

dilatato da una dinamica storica intensissima e veloce, un centro

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della “riconferma” dalla quale si può sempre ripartire (Minca,

2004). Nonostante sia stato per le sue dialogiche organizzatrici un

interessante ed indiscusso “oggetto” di riflessioni, a volte audaci

ed a volte banali ma sicuramente sempre “incompiute”, si è

diffusa la consapevolezza che sia azzardato, oggi, parlare di

regione mediterranea (per alcuni, ancorati alla visione tradizionale

di ”regione geografica”, questa regione non esisterebbe!!). In

proposito il Le Lannou (1976) era dell’idea che, per fare del

Mediterraneo un luogo concreto sul quale ragionare e non solo

riflettere, si sarebbe dovuta esercitare una violenza sulla gran parte

delle immagini (comunque contraddittorie) che il Mediterraneo

nella storia ha evocato. Sembra quindi scontato che ogni approccio

conoscitivo sul Mediterraneo abbia avuto nel connotato della

“diversità” il punto “forte” intorno al quale si poteva fondare una

riflessione “condivisa”. Scientifica forse?

Mediterraneo: un pluriuniverso narrativo

La domanda su che cosa si debba intendere per Mediterraneo se la

sono posta in molti,fra cui anche uno dei più noti studiosi di

questa realtà geografica il Braudel (1985) per il quale questa distesa

“è mille cose insieme.

Non un paesaggio ma innumerevoli paesaggi.

Non un mare ma un inseguirsi di mari.

Non una Civiltà ma una serie di civiltà accatastate le une sulle

altre.

Nel paesaggio fisico come in quello umano é il Mediterraneo

crocevia il Mediterraneo eteroclito che si presenta al nostro

ricordo come un’immagine coerente,come un sistema in cui tutto

si fonde e si ricompone in una unità originale”

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Da sempre, comunque, il Mediterraneo è stato una nozione vaga, i

suoi confini sono stati incerti, a geometria variabile, suscettibili di

slittamenti, rotture, metamorfosi. Tanto è vero che è stato

osservato come, paradossalmente, la sua Storia non può essere

definita dalle sue instabili frontiere geografiche nè la sua

Geografia per mezzo di frontiere storiche stabili e chiuse.

In un recente Rapporto a cura della Società Geografica Italiana del

2005 viene sottolineata la difficoltà di trovare una risposta alla

domanda di quanti Mediterranei possano esistere tra le coste

dell’Europa, dell’Africa e dell’Asia in quanto ”in rapporto alle

prospettive adottate ed ai punti di vista da cui ci si

muove,cambiano i criteri di delimitazione per cui cambia anche

l’estensione della regione mediterranea”. Sempre nel suddetto

Rapporto si richiamano i due modi fondamentali con cui si può

considerare l’estensione del Mediterraneo: quello che sta dietro la

concezione di “Mediterraneo esteso “, che comprende i bacini che

si sviluppano a oriente del Bosforo e dei Dardanelli sino al mar

d’Azov, e quello che sottende il ”Mediterraneo limitato”, che è una

parte del Mediterraneo esteso,più quella parte che dallo stretto di

Gibilterra si stende fino ai Dardanelli. Tutto questo sta a

significare come il Mediterraneo non sia una nozione ”repliée”

nel suo ambiente ma che il Mediterraneo, come altre nozioni

importanti, si possa definire non attraverso le sue frontiere ma

attraverso tutto ciò che organizza e produce la sua originalità:la

diversità ? La mancanza di unità? O forse la circostanza d’essere

stato sempre il prodotto di un vortice fatto di interazioni in cui le

idee si negano continuamente e reciprocamente, di dialogiche che

hanno unito e nello stesso tempo opposto religione/ragione,

vecchio/nuovo, tradizione/evoluzione, immanenza/trascendenza,

pensiero mitico/pensiero critico, nichilismo/prometeizzazione?

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E’ indiscusso che sul Mediterraneo nel tempo si siano elaborate

diverse forme di pensiero/considerazioni, per lo più antinomiche

insistenti sulle categorie contrapposte: guerra/pace, centro/margine, stabilità/instabilità, fusione/fissione,

assenza/presenza, silenzio/rumore, limite/infinito, nomadismo/sedentarietà,

sacralità/materialità, volatilità/istruzione, descrizione/azione, pensiero/materia Basti pensare alle concezioni romantico sentimentali di Braudel

(1987), per il quale il Mediterraneo non è solo mille cose assieme

ma anche “contatto” e “berceau”, e a quelle geopolitiche di Morin

(1994), che vede nel Mediterraneo una nuova “ligne de front”, e di

Hegel (1987 trad) che insiste sulla sua funzione di hearthland della

Storia umana, di ciò che l’Umanità sembra aver smarrito. lo spazio

del vero pensiero:

“…Mediterraneo punto centrale, asse della storia del

Mondo,ombelico della Terra e poiché la sua dimensione non è

quella dell’Oceano -che conduce verso l’incerto- verso ciò con cui

l’Uomo non ha che un rapporto negativo invita l’Uomo ad

accettare la sua inquietudine verso il Limes non più inteso come

separazione ma come qualcosa che unisce –in quanto separa-…”

In una successione volutamente casuale meritano di essere

ricordate la visione intimistica di Matvejevitch (1992), quella

metaforica di Magris (1999), quella articolata di Minca (2004) volta

a sottolineare l’instabilità dei significati ed il pluralismo dei

linguaggi, nonché quella di Gottman ( 1966), orientata a ricordare la

complessità delle sue manifestazioni iconografiche:

“..al Mediterraneo si è anche pensato come uno spazio labirinto:

non quello classico,quello di Crosso, né a quello manieristico, ma

a quello che non ha né interno né esterno ed è estensibile

all’infinito.Labirinto come “sinonimo di complessità artefatta,di

varia oscurità,di sistema tortuoso,di giungla impenetrabile”

Il labirinto non è un modello dell’essenza della ragione è il

modello del pensiero debole per eccellenza un pensiero della

ragionevolezza illuministica non della razionalità

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trionfante;pensiero che diventa forte e vince perché si accontenta

di essere ragionevole (Vattimo e Rovatti, 1997).

Particolarmente interessante si è rivelata ai nostri fini la riflessione

di Balta (1992 ) che trova nella redazione di una carta della

comunità dei popoli del Mediterraneo la sua concretizzazione.

Finalità di questa carta era quella di:

*far si che i cittadini del Mediterraneo potessero prendere in mano

il loro Destino;

*arrivare a riconoscere il bacino come “entità geografica ed

insieme Geopolitica;

*incitare le organizzazioni politiche regionali a realizzare un

progetto volto a favorire la costituzione di un asse baltico-

mediterraneo con un auspicabile prolungamento in Africa e Medio

Oriente;

*favorire il definirsi di una situazione di co-sviluppo, co-

prosperità tra le sue rive Nord e Sud.

Un rimando al passato è necessario per ricordare alcune di quelle

narrazioni per lo più trascurate o ritenute oggi superate ma che, se

opportunamente contestualizzate, sembrerebbero riconfermare i

contenuti di quelle più attuali.Va premesso che quando si parla di

civiltà mediterranea è scontato rifarsi a quella che ha connotato la

regione estesa.In realtà a questa ci si può riferire solo a partire dal

VII sec A.C quando inizierà l’ellenizzazione del

Mediterraneo.Prima (dal quarto millennio,epoca dalla quale si

ritiene si possa datare la nascita di questa civiltà), era considerata

mediterranea solo l’area che si estendeva a oriente, a margine

della distesa marina ,rimasta a lungo inutilizzata, che insisteva

stranamente non nelle pianure ma in quella mezzaluna fertile

comprendente le Valli e versanti occidentali dello Zagros, la parte

montuosa della Mesopotamia turca e la parte meridionale

dell’altopiano Anatolico. Quì, in alcune “città primitive”, si

organizzava quella circolazione ad ”alto raggio” che alimentava i

9

traffici del Tigri,dell’Eufrate e del Nilo ,circolazione che avrebbe

contribuito a far vivere il “Mediterraneo”.Sarà solo a metà del

terzo millennio che una vera flotta -composta in prevalenza da

imbarcazioni egee leggere stabili e resistenti al vento(antenate

delle navi fenicee) -ne percorrerà le acque trasformandolo nello

spazio dei viaggi dello scambio dei doni,delle corrispondenze

diplomatiche, di una fiorente economia e soprattutto di una

cultura cosmopolita –

++++Non è in questo contesto che possiamo raccontare le vicende

storiche successive all’ellenizzazione mediterranea. Come ci

ricorda anche Vallega (1983), il cammino della storia del bacino

Mediterraneo si inscrive in un processo di affermazione

progressiva dei Paesi che lo compongono;per effetto di questa

affermazione, i paesi avranno nel concerto mondiale una

partecipazione meno subita e più attiva che li condurrà a

coagularsi verso interessi comuni:”uno scenario ispirato più alla

categoria politica del voler essere che a quella logica del poter

essere”

Merita qui ricordare l’idea che all’inizio del novecento il

Geopolitico ammiraglio Mahn (Lorot, 1997) aveva del

Mediterraneo da Lui visto come “teatro d’un conflitto permanente

se una potenza dominante non fosse arrivata ad esercitare su

questo strategico mare interno un ruolo egemonico” (ruolo che

per Mahn non avrebbe mai dovuto esercitare la “santa” Russia).

Non meno vanno trascurate le lettura di alcuni filosofi della

politica volte ad evidenziarne quel carattere persistente e sempre

connotante di “area di mediazione dei conflittii”. Daguzanet al.

(1995) la considerava “un naturale lago di pace”, Zorgbibe (1997)

come il ”sito privilegiato”, nel passato, del confronto Est-Ovest e

negli anni più recenti tra Nord e Sud.

Particolarmente attuale è il pensiero di Dahrendorf (2005) che

considera la regione mediterranea come il “luogo dell’accoglienza

10

della grande idea guida di Società aperta” e quindi

dell’attuazione di avanzate riforme democratiche o “di spazio dove

quell’utopistica quadratura del cerchio tra benessere economico,

coesione sociale e libertà politica si sarebbe potuta

concretizzare”.

Comunque, in ogni epoca, il Mediterraneo è stato un’idea nuova in

politica. Basti pensare che alla fine degli anni novanta, prima a

Rabat e successivamente all’Università del Cairo, Jacque Chirac

richiamava, o meglio reclamava, la necessità di attuare una nuova

politica Mediterranea volta a garantire la sicurezza mediterranea

ed il mantenimento della Pace e che avrebbe dovuto trovare in un

“patto” la sua legittimizzazione. Al Mediterraneo si guarda anche

come alla realtà che sembrerebbe smentire quell’idea

provocatoria di Fukuyama (2003) di ”fine della Storia” maturata

qualche anno dopo la caduta del muro di Berlino: evento, questo, a

cui molti politici ed intellettuali attribuivano la possibilità di

realizzare una Società stabile capace di prestare attenzione alle

istanze delle sue componenti e di garantire a queste un futuro più

libero e democratico. Solo col tempo si è visto come il ri-

orientamento dei Poteri del Mondo, non avrebbe impedito la

nascita di una nuova angoscia in Occidente, quella determinata

dalla incapacità dell’attore politico non solo di gestire i nuovi

conflitti ma anche di individuarne le “vere”cause (Ramonet,1998).

Pur movendosi ogni riflessione intorno alla paura che questa

regione potesse diventare, come purtroppo è diventata, il luogo di

fratture e di conflitti laceranti.

Nonostante tutto questo DIRNE (soprattutto sul suo essere

considerata oggi un fibrillante centro di tensioni, di dispotismi, di

feroce territorializzazione) non si è arrivati a FARNE il luogo

dell’amore collettivo ed universale e della pace La paura,le

tensioni, l’antagonismo,l’accentuarsi dei regionalismi, degli

identitarismi, la chiusura degli spiriti permangono, come ci ricorda

11

anche Gottman (1966), le principali caratteristiche di questo mare.

Un mare che sembra sempre più obbligato ad avvitarsi su se

stesso, in una specie di malessere senza fine riconfermando nel

suo andamento a volte le regole del modello della causazione

circolare cumulativa formulato da Myrdal (1959) negli anni

cinquanta (nel tentativo di trovare una logica al circolo vizioso

della povertà) a volte quelle della Teoria del Sistema Generale

studiato da Von Bertalanffy (1968), nel segmento che fa riferimento

alla crescita irreversibile dell’entropia che porta ad una paralisi del

Sistema stesso (che da aperto diventa chiuso) quando non ad una

morfogenesi del medesimo, cioè ad un altro sistema (Le Moigne,

1977 ).

E’ questa, osserva Vallega (1990), la tipologia di cambiamento che

ha caratterizzato molte regioni del mondo occidentale durante gli

anni ottanta.

Un Mediterraneo Altro? Quello caro a Balta, che lo considera un

luogo di valori, all’origine dei principi della Democrazia, dei

diritti dell’Uomo, dell’Umanesimo integrale (Maritain, 1962) o

dell’affermarsi della macroetica della solidarietà (Balducci, 1977,

Levinas, 1979).

Appare evidente come sia difficile trovare categorie concettuali o

impianti argomentativi capaci di fornire un sistema logico di

spiegazione di questo pluriuniverso in cui il simbolico,

l’immaginario tendono a prevalere sul reale come se il pensiero

Mediterraneo potesse sembrare il pensiero dell’inesistente.

Non va dimenticato che Calvino (1972) assegna all’immagine visiva

una importanza significativa nel processo cognitivo, in quanto

convinto che “ogni immagine abbia la capacità di darne vita ad

altre……. E’ come se si formasse un campo di analogie,di

simmetrie,di contrapposizioni”. Farinelli (2003) sembra condividere

questa funzione quando asserisce che ”la forza dell’immagine, la

12

fantasia che contiene animano l’intero processo di conoscenza

della Terra”.

A riconferma di questa valenza dell’immaginario, Galimberti (1984)

ci ricorda come le idee nascono all’interno di un orizzonte

comprensivo pre-logico (da lui chiamato simbolico) e continua poi

sottolineando come la nostra cultura non abbia mai dato

importanza alla comprensione di cui è capace il nostro

sentimento: “il sentimento intende, percepisce, comprende, non

in modo generico, primitivo, parziale, ma in modo a tal punto

originale da originare, come da uno sfondo, tutte le figure

mentali”

A tutto questo va aggiunta la nostra incapacità/ rassegnata

impotenza di trasformare l’odio dominante in solidarietà, a

fronteggiare le infinite tragedie mediterranee impegnati più a

redigere un’inutile litania di pronunciamenti che a tentare quelle

mediazioni,ricomposizioni,riconoscimenti che possano arrestare

quell’escalation di violenza che trova la sua legittimazione, la sua

radice “ nell’odio che nasce dalla paura interiore (Doni, 1995 )”.

Odio che trova nella crudele guerra di religione una delle più

drammatiche manifestazioni e nel fondamentalismo la sua

attualizzazione, odio che rende improponibile la possibilità di

pervenire al tanto ”necessario” dialogo interreligioso.

Forse, e vorrei concludere, ha ragione Farinelli (1998) quando,

rifacendosi a quanto detto da Deffontaines (1972), ci dice che

“bisognerebbe usare il nome Mediterraneo sempre al plurale

perché esso si compone di molti potenziali mediterranei”.

Mediterraneo è un connotato (l’essere composto da un complesso

di mari separati, di bacini circoscritti che si susseguono da oriente

ad occidente come ”grani di un rosario”) per cui non avrebbe

avuto torto Braudel(1985) quando, già a suo tempo, sottolineava che

nel continente americano non esiste nulla che possa paragonarsi al

Mediterraneo perché il Mediterraneo è nient’altro che una grande

13

ingolfatura oceanica (di tali golfi ne esistono parecchi),

individuata da un profilo al cui interno la terraferma prevale

decisamente sull’elemento liquido.Prosegue Farinelli(1998)

“Mediterraneo significa Medium cioè mezzo di comunicazione tra

terre. Si tratta perciò di un nome proprio che designa

direttamente un ruolo:quello di immenso spazio-movimento di un

unico sistema di circolazione in cui vie di Terra e vie di Mare si

fondono al punto di risultare indistinguibili”

Se accettiamo di condividere questo punto di vista dovremmo

anche condividere sia l’idea che ogni pensiero sul Mediterraneo

è un pensiero debole, lento, finito, sottratto, nomade, sia quel

pensiero capace di riaffermare l’intuizione di Adorno (1997) per il

quale “l’esigenza di pensare e ciò che ci induce a pensare”, e

che “dopo aver tanto pensato niente è stato risolto e non si è

arrivati a elaborare alcuna lettura rassicurante” (il pensare ”non

richiede alcuna giustificazione, qualora si provasse a farlo, non ci

si riuscirebbe”). Tale condizione per Adorno non è un segno di

debolezza del pensiero né il marchio d’infamia dell’individuo (il

Geografo?) pensante: ”la mera necessità è un privilegio”.

POST SCRIPTUM

Possiamo trattare un argomento sviluppando con rigore punto per

punto. Ma c’è un altro modo di trattare un argomento e consiste

nel girargli attorno e guardarlo da tutte le angolazioni possibili:

alcuni segmenti sfuggono ma alla fine se ne sarà acquisito una

buona conoscenza generale. Una conoscenza forse migliore (anche

se magari imprecisa) di quella ottenibile facendo ricorso

all’impeccabile sottigliezza analitica del metodo logico; o forse

bisognerebbe sapere andare oltre le cose con una capacità che si

fonda invece sull’amore della cosa, che solo cosi viene strappata

14

dal suo statuto di mero oggetto, di pura condizionatezza e ci

restituisce lo sguardo che abbiamo diretto verso di essa: “ é così che scopriamo che ciò che abbiamo scambiato per un orizzonte

oggettuale chiuso è in realtà la capacità della cosa di contenere in sé i limiti di

tutto ciò che le conferisce verità:ciò che la conferma e ciò che la può anche

contraddire (Rella , 1987)”

La terra è ormai senza lenti,

perché sulla superficie

planetaria il centro è ovunque la

circonferenza in nessun luogo

(Reclus, L’Homme et la Terre)

Certe conquiste dell’anima e della

conoscenza non sono possibili

senza malattia

(Mann, Considerazioni di un

impolitico)

E’Sherazade che si salva la

vita raccontando storie

(Kierkegaard, Diario)

15

REFERES

Adorno T, Dialettica negativa, Einaudi,Torino,1997

− Balducci E, Le ragioni della speranza, Coines ediz, Roma,

1977

− Balta P.( a cura), Les Méditarranéennes au quotidien in :La

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− Balta P.( a cura), Projet de Charte de la Communauté des

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“Ho parlato per tacere, ma se mi ritiro sarà per scrivere”

( Prévert, Paroles)

19

QUADERNI DEL DIPARTIMENTO DI ECONOMIA, FINANZA E STATISTICA

Università degli Studi di Perugia

1 Gennaio 2005

Giuseppe CALZONI Valentina BACCHETTINI

Il concetto di competitività tra approccio classico e teorie evolutive. Caratteristiche e aspetti della sua determinazione

2 Marzo 2005 Fabrizio LUCIANI Marilena MIRONIUC

Ambiental policies in Romania. Tendencies and perspectives

3 Aprile 2005 Mirella DAMIANI Costi di agenzia e diritti di proprietà: una premessa al problema del governo societario

4 Aprile 2005 Mirella DAMIANI Proprietà, accesso e controllo: nuovi sviluppi nella teoria dell’impresa ed implicazioni di corporate governance

5 Aprile 2005 Marcello SIGNORELLI Employment and policies in Europe: a regional perspective

6 Maggio 2005 Cristiano PERUGINI Paolo POLINORI Marcello SIGNORELLI

An empirical analysis of employment and growth dynamics in the italian and polish regions

7 Maggio 2005 Cristiano PERUGINI Marcello SIGNORELLI

Employment differences, convergences and similarities in italian provinces

8 Maggio 2005 Marcello SIGNORELLI Growth and employment: comparative performance, convergences and co-movements

9 Maggio 2005 Flavio ANGELINI Stefano HERZEL

Implied volatilities of caps: a gaussian approach

10 Giugno 2005 Slawomir BUKOWSKI EMU – Fiscal challenges: conclusions for the new EU members

11 Giugno 2005 Luca PIERONI Matteo RICCIARELLI

Modelling dynamic storage function in commodity markets: theory and evidence

12 Giugno 2005 Luca PIERONI Fabrizio POMPEI

Innovations and labour market institutions: an empirical analysis of the Italian case in the middle 90’s

13 Giugno 2005 David ARISTEI Luca PIERONI

Estimating the role of government expenditure in long-run consumption

14 Giugno 2005 Luca PIERONI Fabrizio POMPEI

Investimenti diretti esteri e innovazione in Umbria

15 Giugno 2005 Carlo Andrea BOLLINO Paolo POLINORI

Il valore aggiunto su scala comunale: la Regione Umbria 2001-2003

I

16 Giugno 2005 Carlo Andrea BOLLINO Paolo POLINORI

Gli incentivi agli investimenti: un’analisi dell’efficienza industriale su scala geografica regionale e sub regionale

17 Giugno 2005 Antonella FINIZIA Riccardo MAGNANI Federico PERALI Paolo POLINORI Cristina SALVIONI

Construction and simulation of the general economic equilibrium model Meg-Ismea for the italian economy

18 Agosto 2005 Elżbieta KOMOSA Problems of financing small and medium-sized enterprises. Selected methods of financing innovative ventures

19 Settembre 2005 Barbara MROCZKOWSKA Regional policy of supporting small and medium-sized businesses

20 Ottobre 2005 Luca SCRUCCA Clustering multivariate spatial data based on local measures of spatial autocorrelation

21 Febbraio 2006 Marco BOCCACCIO Crisi del welfare e nuove proposte: il caso dell’unconditional basic income

22 Settembre 2006 Mirko ABBRITTI Andrea BOITANI Mirella DAMIANI

Unemployment, inflation and monetary policy in a dynamic New Keynesian model with hiring costs

23 Settembre 2006 Luca SCRUCCA Subset selection in dimension reduction methods

24 Ottobre 2006 Sławomir I. BUKOWSKI The Maastricht convergence criteria and economic growth in the EMU

25 Ottobre 2006 Jan L. BEDNARCZYK The concept of neutral inflation and its application to the EU economic growth analyses

26 Dicembre 2006 Fabrizio LUCIANI Sinossi dell’approccio teorico alle problematiche ambientali in campo agricolo e naturalistico; il progetto di ricerca nazionale F.I.S.R. – M.I.C.E.N.A.

27 Dicembre 2006 Elvira LUSSANA Mediterraneo: una storia incompleta

II

ISSN 1722-618X

I QUADERNI DEL DIPARTIMENTO DI ECONOMIA Università degli Studi di Perugia

1 Dicembre 2002

Luca PIERONI:

Further evidence of dynamic demand systems in three european countries

2 Dicembre 2002 Luca PIERONI Paolo POLINORI:

Il valore economico del paesaggio: un'indagine microeconomica

3 Dicembre 2002 Luca PIERONI Paolo POLINORI:

A note on internal rate of return

4 Marzo 2004 Sara BIAGINI: A new class of strategies and application to utility maximization for unbounded processes

5 Aprile 2004 Cristiano PERUGINI: La dipendenza dell'agricoltura italiana dal sostegno pubblico: un'analisi a livello regionale

6 Maggio 2004 Mirella DAMIANI: Nuova macroeconomia keynesiana e quasi razionalità

7 Maggio 2004 Mauro VISAGGIO: Dimensione e persistenza degli aggiustamenti fiscali in presenza di debito pubblico elevato

8 Maggio 2004 Mauro VISAGGIO: Does the growth stability pact provide an adequate and consistent fiscal rule?

9 Giugno 2004 Elisabetta CROCI ANGELINI Francesco FARINA:

Redistribution and labour market institutions in OECD countries

10 Giugno 2004 Marco BOCCACCIO: Tra regolamentazione settoriale e antitrust: il caso delle telecomunicazioni

11 Giugno 2004 Cristiano PERUGINI Marcello SIGNORELLI:

Labour market performance in central european countries

12 Luglio 2004 Cristiano PERUGINI Marcello SIGNORELLI:

Labour market structure in the italian provinces: a cluster analysis

13 Luglio 2004 Cristiano PERUGINI Marcello SIGNORELLI:

I flussi in entrata nei mercati del lavoro umbri: un’analisi di cluster

14 Ottobre 2004 Cristiano PERUGINI: Una valutazione a livello microeconomico del sostegno pubblico di breve periodo all’agricoltura. Il caso dell’Umbria attraverso i dati RICA-INEA

15 Novembre 2004 Gaetano MARTINO Cristiano PERUGINI

Economic inequality and rural systems: empirical evidence and interpretative attempts

16 Dicembre 2004 Federico PERALI Paolo POLINORI Cristina SALVIONI Nicola TOMMASI Marcella VERONESI

Bilancio ambientale delle imprese agricole italiane: stima dell’inquinamento effettivo

III