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Mediterraneo:una storia incompleta
Elvira Lussana Dipartimento di Economia, Finanza e Statistica
Università degli Studi di Perugia 06123 Perugia, Italia
Abstract
It is common opinion that Mediterranean history will always be incomplete,
even though many reflexions and discussions have been made concerning
what is called this “liquid womb”.
In the past few years the traditional-rational interpretations that we may
consider obvious has been replaced in an alternative, utilitarian, intuitive
post-modern logic that has challenged consolidates approaches (Geograpfhic,
historical, philosophical, political) obliging us to questions our certaintes in
order to find alternatives-interpretative categories able to read the complexity,
the diversità, the risks.
In any case, the question of ”what the Mediterranean is” remains without any
reply. It may be that what is thought of as Mediterranean might not reallty
exist or has been thought of as a pluriuniverse
Towards which the simbolic, the imaginary have prevailed over what is real,
as if Mediterranean thought might be the thought of what is inexistent. At
present Geopolitica see this region a san area of mediation of conflicts.
However even with all that we have done,we have not succeeded in making
the Mediterraneum a polare of a universal and collective love and peace
keywords: Geopolitics, Post-modernity thought Mediterranean
Un uomo si propone il compito di
disegnare il Mondo… Trascorrono
gli anni… popola uno spazio…
Poco prima di morire scopre che
quel labirinto di linee, traccia
l’immagine del suo volto.
(Borges, L’ Artefice)
Delle cose e dei fatti posso solo
dirNE e non dirLI.
(Wittgensten, Quaderni 1914-1916)
Qu’est ce que la vie?je ne sais pas.
Ou habite-t-elle? En enventant le
lieu, les vivants repondent a cette
question (Serres, Atlas)
Discorsi Mediterranei
Esistono molti discorsi sul Mediterraneo forse perché questo
"ventre liquido" dall’immagine non rassicurante non esiste solo
come spazio geografico ma anche come un qualcosa su cui molto
si è detto e soprattutto come un qualcosa che molto ha da dirCi
non solo per quanto attiene i suoi connotati culturali, storici e
politici ma anche per quelli mitici, poetici e simbolici. Non è
facile intraprendere un attraversamento riflessivo su questo
”sistema in cui tutto si fonde e si ricompone in una unità
originale…..”. Le scelte degli impianti interpretativi/argomentativi
non può prescindere alle finalità,dagli obbiettivi “del dove si
vuole/può? arrivare dando per scontato che ogni decisione si è
fondata su un poter dire (del Mediterraneo) a prescindere dal
nostro poterNe dire pur avendo a disposizione non solo le
tradizionali-razionali categorie conoscitive (impianto
gnoseologico) ma anche quelle fondate sull’esperienza-ascrivibile
al post-Moderno (momento ontologico).Anche se al Mediterraneo
si deve guardare soprattutto come uno Stato di cose che
difficilmente si riesce a far diventare progetto, non dobbiamo
trascurare/sottovalutare anche la possibilità di pervenire /realizzare
un approccio cognitivo, ”alternativo” a quello tradizionale fondato
prevalentemente sull’ovvietà.Percorso che potremmo dire
“utilitaristico” che si è affrontato utilizzando tutte quelle forme di
sapere”Altro” che sole ci consentono di evidenziare anche le
valenze a-razionali di quegli oggetti intorno ai quali si é ritenuto
utile tentare una attribuzione/riconoscimento di significato. Ogni
progetto(di ricerca soprattutto), asseriva Schlegel nel suo Lucinde
(1992 trad), significa” costruire il luogo della differenza perché ciò
che è solo possibile diventi reale….Il progetto è il germe
soggettivo di un oggetto in divenire….I progetti sono infatti
frammenti dell’avvenire. Rispetto ad essi essenziale è la capacità
di idealizzare immediatamente degli oggetti e,insieme,di
realizzarLi, di integrarli e parzialmente eseguirli in sé”.
Non è facile, come anche tiene a sottolineare Cassano (2003),
arrivare a rendere visibile il senso di letture la cui attendibilità
poggia sulla possibilità di consentirCi di riguardare (tornare a
vederli ed ad aver rispetto per loro) luoghi, cose, forme di vita che
si pensavano obsolete o invisibili e di cui ci era sfuggita
l’importanza. Dell’acqua ,dell’acqua Mediterranea,si è purtroppo
dimenticato il ruolo che ha avuto nel connotare le varie civiltà in
particolare quella ellenica e mesopotamica, nel definire l’abitare
umano, nel forgiare gli spiriti, nel garantire lo sviluppo dei popoli
costieri e soprattutto nel processo di svelamento dell’Essere.
L’acqua, il mare da sempre sono stati mobilità, liquidazione di
ogni fondamento, inquietudine, instabilità, misura e superamento
del limite, partenza e ritorno (come sconfitta e pentimento),
abbandono, pervasività, subalternità alla Terra, voglia di cercare,
2
promessa di una infinità di Mondi (Nietzsche, 1981) e addirittura
solitudine e follia, esodo esilio, uscita, fuga (Deleuze –Guattari,
1993).
Vallega(1995) su un piano più teorico vista la rilevanza del
problema dell’acqua richiama la necessità che la ricerca
geografica regionale debba produrre ricerche e metodologie per
analizzarne sia gli aspetti qualitativi sia il rapporto tra disponibilità
ed offerta d’acqua. Ricorda altresì come uno dei capitoli più
importanti dell’Agenda 21,il 18, sia dedicato a questa
problematica e come nell’ambito degli studi per il Piano d’Azione
del Mediterraneo siano state messe a punto pertinenti metodologie
che se pur fanno riferimento alla grande scala(il bacino
Mediterraneo) possono essere valide anche quando si scende alla
scala regionale.
Sembrerebbe essersi elaborato intorno al mare un pensiero lento e
confuso o, come direbbe Bauman (2002), liquido ma non per questo
meno capace di farci pensare diversamente, di farci de-passare le
nostre certezze (il vero é sempre soggettivo e revocabile, Popper,
1973) di mettere in discussione consolidate pratiche conoscitive
(quale quella di ricomporre ad unum il molteplice) e alcuni
concetti ”chiusi e chiari” di obbligarci a prendere atto della
complessità/com-plicazione dei problemi con i quali dobbiamo
confrontarci. Un pensiero capace di rafforzarsi in quel pensiero
meridiano cui spetta di mostrare la continuità tra passato e futuro
senza nessun disprezzo per il presente e l’importanza del rapporto
con l’Altro, di mettere in crisi quella forma di pensiero
“comodità” (Valery,1957) per la quale è ineludibile la necessità del
superamento del limite e dell’affermarsi dell’Io.
Non è facile dover tener conto di tutte queste considerazioni nella
prassi di una narrazione conoscitiva, tanto più che mare ed acqua
avevano come attributo reificante il Mediterraneo: dato geografico
sul quale si sono prodotte infinite Narrazioni ed elaborate una
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serie di riflessioni/concezioni per lo più antinomiche, difficilmente
riconducibili ad una Idea unificatrice. Basti ricordare che nel
tempo il nostro MESOGEIOS è stato pace e guerra, centro e
margine, pensiero e materia, separazione e fissione, stabilità e
instabilità, silenzio e rumore, limite ed infinito, nomadismo e
sedentarietà, sacralità e materialità, volatilità ed istituzione,
descrizione ed azione.
Solo con la Narrazione geografica, se pur ovvia e scontata, si
arriva a percepire la valenza significativa di questo “mare della
vicinanza”(Matvejevitch, 1992), quasi che il Geografo potesse
ascriversi la prerogativa, forse con indiscussa presunzione ed a
volte in maniera anche contraddittoria, di saperci raccontare -
“dirNe” -delle sue caratteristiche. Ma sono altri i Discorsi
(letterario, storico, poetico, politico) che ci mettono in condizione
di valutare l’importanza della sua connotazione di essere stato ed
essere il centro delle storie del Mondo, di aver svolto quella
fortemente criticata funzione di aver favorito la traghettazione
dell’Oriente verso Occidente, di aver consentito a questo di
riconoscere il primato della bellezza, il segreto della natura
umana, rendendola capace di affrancarsi dalla lotta tra il meriggio
e la mezzanotte, di poter elaborare una capacità a saper
resistere/contrastare, felicemente e malgrado tutto, ogni deriva
nichilista.
Il Mediterraneo, ci ricorda Camus ( 1981), è il luogo nel quale è
stato ed è possibile dire nel modo più puro un Sì al Mondo: il Sì
della rivolta della natura umana che si fonda sul recupero di ciò
che unisce gli uomini (nella fraternità e nella colpa) riducendo la
fragilità, la sofferenza,ogni ebbrezza di onnipotenza.
Anche per Braudel (1985) il Mediterraneo é stato un referente denso
di significati.
“Mare di varietà infinita la cui storia non è separabile dal Mondo
terrestre che l’avvolge: una storia dalla lunga durata, densa di
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fluttuazioni che non ne hanno, comunque, compromesso la
continuità”. Un Mappamondo incantato! per la verità oserebbe
dire Serres (1996).
Anche nelle riflessioni/ considerazioni di Valery (1957) è presente
questo richiamo alla eterogeneità delle sue componenti: “in
nessuna regione del Globo si è incentrata una tale varietà di
condizioni ed elementi, una tale ricchezza creata e più volte
rinnovata”
Il definirsi/contrapporsi ma anche attrarsi degli svariati universi
mentali non può essere sottovalutato quando bisogna esaminare
alcune caratteristiche “geografiche” del bacino Mediterraneo “ di
un insieme composto da molti sottoinsiemi che sfidano o rifiutano
le idee unificatrici(Campione,2004). Non va comunque ignorato , il
problema di definire la natura, le caratteristiche, l’ampiezza del
doverne dire in presenza di un qualcosa, il Mediterraneo, che si
presenta come ”uno stato di cose che non è mai arrivato a
diventare progetto” (id, 2004). Si tratta di depassare l’idea
consolidata, ma oggi per lo più considerata obsoleta e non
referenziale, per la quale la mediterraneità significa
periferizzazione, marginalizzazione, lontananza, dai centri del
dinamismo finanziario ed economico (Muscarà, 1993) e
considerarla, sempre ricordando che non ne esiste una definizione
univoca, come una ri-significazione di una realtà non rassicurante,
che continuamente torna a riproporsi come sfida conoscitiva.
Che lo scenario Mediterraneo sia complesso lo dimostra il fatto
che, nonostante i frequenti richiami alle sue dinamiche
differenziatrici e soprattutto delle sue “esagerazioni
regionalistiche”, indubbiamente dovute ai condizionamenti dei
fattori storico politici sui fragili equilibri spaziali -frutto di lunghe
contrattazioni-, al Mediterraneo ci si avvicina sempre come ad un
rassicurante centro; un centro, comunque, in “contro-movimento”
dilatato da una dinamica storica intensissima e veloce, un centro
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della “riconferma” dalla quale si può sempre ripartire (Minca,
2004). Nonostante sia stato per le sue dialogiche organizzatrici un
interessante ed indiscusso “oggetto” di riflessioni, a volte audaci
ed a volte banali ma sicuramente sempre “incompiute”, si è
diffusa la consapevolezza che sia azzardato, oggi, parlare di
regione mediterranea (per alcuni, ancorati alla visione tradizionale
di ”regione geografica”, questa regione non esisterebbe!!). In
proposito il Le Lannou (1976) era dell’idea che, per fare del
Mediterraneo un luogo concreto sul quale ragionare e non solo
riflettere, si sarebbe dovuta esercitare una violenza sulla gran parte
delle immagini (comunque contraddittorie) che il Mediterraneo
nella storia ha evocato. Sembra quindi scontato che ogni approccio
conoscitivo sul Mediterraneo abbia avuto nel connotato della
“diversità” il punto “forte” intorno al quale si poteva fondare una
riflessione “condivisa”. Scientifica forse?
Mediterraneo: un pluriuniverso narrativo
La domanda su che cosa si debba intendere per Mediterraneo se la
sono posta in molti,fra cui anche uno dei più noti studiosi di
questa realtà geografica il Braudel (1985) per il quale questa distesa
“è mille cose insieme.
Non un paesaggio ma innumerevoli paesaggi.
Non un mare ma un inseguirsi di mari.
Non una Civiltà ma una serie di civiltà accatastate le une sulle
altre.
Nel paesaggio fisico come in quello umano é il Mediterraneo
crocevia il Mediterraneo eteroclito che si presenta al nostro
ricordo come un’immagine coerente,come un sistema in cui tutto
si fonde e si ricompone in una unità originale”
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Da sempre, comunque, il Mediterraneo è stato una nozione vaga, i
suoi confini sono stati incerti, a geometria variabile, suscettibili di
slittamenti, rotture, metamorfosi. Tanto è vero che è stato
osservato come, paradossalmente, la sua Storia non può essere
definita dalle sue instabili frontiere geografiche nè la sua
Geografia per mezzo di frontiere storiche stabili e chiuse.
In un recente Rapporto a cura della Società Geografica Italiana del
2005 viene sottolineata la difficoltà di trovare una risposta alla
domanda di quanti Mediterranei possano esistere tra le coste
dell’Europa, dell’Africa e dell’Asia in quanto ”in rapporto alle
prospettive adottate ed ai punti di vista da cui ci si
muove,cambiano i criteri di delimitazione per cui cambia anche
l’estensione della regione mediterranea”. Sempre nel suddetto
Rapporto si richiamano i due modi fondamentali con cui si può
considerare l’estensione del Mediterraneo: quello che sta dietro la
concezione di “Mediterraneo esteso “, che comprende i bacini che
si sviluppano a oriente del Bosforo e dei Dardanelli sino al mar
d’Azov, e quello che sottende il ”Mediterraneo limitato”, che è una
parte del Mediterraneo esteso,più quella parte che dallo stretto di
Gibilterra si stende fino ai Dardanelli. Tutto questo sta a
significare come il Mediterraneo non sia una nozione ”repliée”
nel suo ambiente ma che il Mediterraneo, come altre nozioni
importanti, si possa definire non attraverso le sue frontiere ma
attraverso tutto ciò che organizza e produce la sua originalità:la
diversità ? La mancanza di unità? O forse la circostanza d’essere
stato sempre il prodotto di un vortice fatto di interazioni in cui le
idee si negano continuamente e reciprocamente, di dialogiche che
hanno unito e nello stesso tempo opposto religione/ragione,
vecchio/nuovo, tradizione/evoluzione, immanenza/trascendenza,
pensiero mitico/pensiero critico, nichilismo/prometeizzazione?
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E’ indiscusso che sul Mediterraneo nel tempo si siano elaborate
diverse forme di pensiero/considerazioni, per lo più antinomiche
insistenti sulle categorie contrapposte: guerra/pace, centro/margine, stabilità/instabilità, fusione/fissione,
assenza/presenza, silenzio/rumore, limite/infinito, nomadismo/sedentarietà,
sacralità/materialità, volatilità/istruzione, descrizione/azione, pensiero/materia Basti pensare alle concezioni romantico sentimentali di Braudel
(1987), per il quale il Mediterraneo non è solo mille cose assieme
ma anche “contatto” e “berceau”, e a quelle geopolitiche di Morin
(1994), che vede nel Mediterraneo una nuova “ligne de front”, e di
Hegel (1987 trad) che insiste sulla sua funzione di hearthland della
Storia umana, di ciò che l’Umanità sembra aver smarrito. lo spazio
del vero pensiero:
“…Mediterraneo punto centrale, asse della storia del
Mondo,ombelico della Terra e poiché la sua dimensione non è
quella dell’Oceano -che conduce verso l’incerto- verso ciò con cui
l’Uomo non ha che un rapporto negativo invita l’Uomo ad
accettare la sua inquietudine verso il Limes non più inteso come
separazione ma come qualcosa che unisce –in quanto separa-…”
In una successione volutamente casuale meritano di essere
ricordate la visione intimistica di Matvejevitch (1992), quella
metaforica di Magris (1999), quella articolata di Minca (2004) volta
a sottolineare l’instabilità dei significati ed il pluralismo dei
linguaggi, nonché quella di Gottman ( 1966), orientata a ricordare la
complessità delle sue manifestazioni iconografiche:
“..al Mediterraneo si è anche pensato come uno spazio labirinto:
non quello classico,quello di Crosso, né a quello manieristico, ma
a quello che non ha né interno né esterno ed è estensibile
all’infinito.Labirinto come “sinonimo di complessità artefatta,di
varia oscurità,di sistema tortuoso,di giungla impenetrabile”
Il labirinto non è un modello dell’essenza della ragione è il
modello del pensiero debole per eccellenza un pensiero della
ragionevolezza illuministica non della razionalità
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trionfante;pensiero che diventa forte e vince perché si accontenta
di essere ragionevole (Vattimo e Rovatti, 1997).
Particolarmente interessante si è rivelata ai nostri fini la riflessione
di Balta (1992 ) che trova nella redazione di una carta della
comunità dei popoli del Mediterraneo la sua concretizzazione.
Finalità di questa carta era quella di:
*far si che i cittadini del Mediterraneo potessero prendere in mano
il loro Destino;
*arrivare a riconoscere il bacino come “entità geografica ed
insieme Geopolitica;
*incitare le organizzazioni politiche regionali a realizzare un
progetto volto a favorire la costituzione di un asse baltico-
mediterraneo con un auspicabile prolungamento in Africa e Medio
Oriente;
*favorire il definirsi di una situazione di co-sviluppo, co-
prosperità tra le sue rive Nord e Sud.
Un rimando al passato è necessario per ricordare alcune di quelle
narrazioni per lo più trascurate o ritenute oggi superate ma che, se
opportunamente contestualizzate, sembrerebbero riconfermare i
contenuti di quelle più attuali.Va premesso che quando si parla di
civiltà mediterranea è scontato rifarsi a quella che ha connotato la
regione estesa.In realtà a questa ci si può riferire solo a partire dal
VII sec A.C quando inizierà l’ellenizzazione del
Mediterraneo.Prima (dal quarto millennio,epoca dalla quale si
ritiene si possa datare la nascita di questa civiltà), era considerata
mediterranea solo l’area che si estendeva a oriente, a margine
della distesa marina ,rimasta a lungo inutilizzata, che insisteva
stranamente non nelle pianure ma in quella mezzaluna fertile
comprendente le Valli e versanti occidentali dello Zagros, la parte
montuosa della Mesopotamia turca e la parte meridionale
dell’altopiano Anatolico. Quì, in alcune “città primitive”, si
organizzava quella circolazione ad ”alto raggio” che alimentava i
9
traffici del Tigri,dell’Eufrate e del Nilo ,circolazione che avrebbe
contribuito a far vivere il “Mediterraneo”.Sarà solo a metà del
terzo millennio che una vera flotta -composta in prevalenza da
imbarcazioni egee leggere stabili e resistenti al vento(antenate
delle navi fenicee) -ne percorrerà le acque trasformandolo nello
spazio dei viaggi dello scambio dei doni,delle corrispondenze
diplomatiche, di una fiorente economia e soprattutto di una
cultura cosmopolita –
++++Non è in questo contesto che possiamo raccontare le vicende
storiche successive all’ellenizzazione mediterranea. Come ci
ricorda anche Vallega (1983), il cammino della storia del bacino
Mediterraneo si inscrive in un processo di affermazione
progressiva dei Paesi che lo compongono;per effetto di questa
affermazione, i paesi avranno nel concerto mondiale una
partecipazione meno subita e più attiva che li condurrà a
coagularsi verso interessi comuni:”uno scenario ispirato più alla
categoria politica del voler essere che a quella logica del poter
essere”
Merita qui ricordare l’idea che all’inizio del novecento il
Geopolitico ammiraglio Mahn (Lorot, 1997) aveva del
Mediterraneo da Lui visto come “teatro d’un conflitto permanente
se una potenza dominante non fosse arrivata ad esercitare su
questo strategico mare interno un ruolo egemonico” (ruolo che
per Mahn non avrebbe mai dovuto esercitare la “santa” Russia).
Non meno vanno trascurate le lettura di alcuni filosofi della
politica volte ad evidenziarne quel carattere persistente e sempre
connotante di “area di mediazione dei conflittii”. Daguzanet al.
(1995) la considerava “un naturale lago di pace”, Zorgbibe (1997)
come il ”sito privilegiato”, nel passato, del confronto Est-Ovest e
negli anni più recenti tra Nord e Sud.
Particolarmente attuale è il pensiero di Dahrendorf (2005) che
considera la regione mediterranea come il “luogo dell’accoglienza
10
della grande idea guida di Società aperta” e quindi
dell’attuazione di avanzate riforme democratiche o “di spazio dove
quell’utopistica quadratura del cerchio tra benessere economico,
coesione sociale e libertà politica si sarebbe potuta
concretizzare”.
Comunque, in ogni epoca, il Mediterraneo è stato un’idea nuova in
politica. Basti pensare che alla fine degli anni novanta, prima a
Rabat e successivamente all’Università del Cairo, Jacque Chirac
richiamava, o meglio reclamava, la necessità di attuare una nuova
politica Mediterranea volta a garantire la sicurezza mediterranea
ed il mantenimento della Pace e che avrebbe dovuto trovare in un
“patto” la sua legittimizzazione. Al Mediterraneo si guarda anche
come alla realtà che sembrerebbe smentire quell’idea
provocatoria di Fukuyama (2003) di ”fine della Storia” maturata
qualche anno dopo la caduta del muro di Berlino: evento, questo, a
cui molti politici ed intellettuali attribuivano la possibilità di
realizzare una Società stabile capace di prestare attenzione alle
istanze delle sue componenti e di garantire a queste un futuro più
libero e democratico. Solo col tempo si è visto come il ri-
orientamento dei Poteri del Mondo, non avrebbe impedito la
nascita di una nuova angoscia in Occidente, quella determinata
dalla incapacità dell’attore politico non solo di gestire i nuovi
conflitti ma anche di individuarne le “vere”cause (Ramonet,1998).
Pur movendosi ogni riflessione intorno alla paura che questa
regione potesse diventare, come purtroppo è diventata, il luogo di
fratture e di conflitti laceranti.
Nonostante tutto questo DIRNE (soprattutto sul suo essere
considerata oggi un fibrillante centro di tensioni, di dispotismi, di
feroce territorializzazione) non si è arrivati a FARNE il luogo
dell’amore collettivo ed universale e della pace La paura,le
tensioni, l’antagonismo,l’accentuarsi dei regionalismi, degli
identitarismi, la chiusura degli spiriti permangono, come ci ricorda
11
anche Gottman (1966), le principali caratteristiche di questo mare.
Un mare che sembra sempre più obbligato ad avvitarsi su se
stesso, in una specie di malessere senza fine riconfermando nel
suo andamento a volte le regole del modello della causazione
circolare cumulativa formulato da Myrdal (1959) negli anni
cinquanta (nel tentativo di trovare una logica al circolo vizioso
della povertà) a volte quelle della Teoria del Sistema Generale
studiato da Von Bertalanffy (1968), nel segmento che fa riferimento
alla crescita irreversibile dell’entropia che porta ad una paralisi del
Sistema stesso (che da aperto diventa chiuso) quando non ad una
morfogenesi del medesimo, cioè ad un altro sistema (Le Moigne,
1977 ).
E’ questa, osserva Vallega (1990), la tipologia di cambiamento che
ha caratterizzato molte regioni del mondo occidentale durante gli
anni ottanta.
Un Mediterraneo Altro? Quello caro a Balta, che lo considera un
luogo di valori, all’origine dei principi della Democrazia, dei
diritti dell’Uomo, dell’Umanesimo integrale (Maritain, 1962) o
dell’affermarsi della macroetica della solidarietà (Balducci, 1977,
Levinas, 1979).
Appare evidente come sia difficile trovare categorie concettuali o
impianti argomentativi capaci di fornire un sistema logico di
spiegazione di questo pluriuniverso in cui il simbolico,
l’immaginario tendono a prevalere sul reale come se il pensiero
Mediterraneo potesse sembrare il pensiero dell’inesistente.
Non va dimenticato che Calvino (1972) assegna all’immagine visiva
una importanza significativa nel processo cognitivo, in quanto
convinto che “ogni immagine abbia la capacità di darne vita ad
altre……. E’ come se si formasse un campo di analogie,di
simmetrie,di contrapposizioni”. Farinelli (2003) sembra condividere
questa funzione quando asserisce che ”la forza dell’immagine, la
12
fantasia che contiene animano l’intero processo di conoscenza
della Terra”.
A riconferma di questa valenza dell’immaginario, Galimberti (1984)
ci ricorda come le idee nascono all’interno di un orizzonte
comprensivo pre-logico (da lui chiamato simbolico) e continua poi
sottolineando come la nostra cultura non abbia mai dato
importanza alla comprensione di cui è capace il nostro
sentimento: “il sentimento intende, percepisce, comprende, non
in modo generico, primitivo, parziale, ma in modo a tal punto
originale da originare, come da uno sfondo, tutte le figure
mentali”
A tutto questo va aggiunta la nostra incapacità/ rassegnata
impotenza di trasformare l’odio dominante in solidarietà, a
fronteggiare le infinite tragedie mediterranee impegnati più a
redigere un’inutile litania di pronunciamenti che a tentare quelle
mediazioni,ricomposizioni,riconoscimenti che possano arrestare
quell’escalation di violenza che trova la sua legittimazione, la sua
radice “ nell’odio che nasce dalla paura interiore (Doni, 1995 )”.
Odio che trova nella crudele guerra di religione una delle più
drammatiche manifestazioni e nel fondamentalismo la sua
attualizzazione, odio che rende improponibile la possibilità di
pervenire al tanto ”necessario” dialogo interreligioso.
Forse, e vorrei concludere, ha ragione Farinelli (1998) quando,
rifacendosi a quanto detto da Deffontaines (1972), ci dice che
“bisognerebbe usare il nome Mediterraneo sempre al plurale
perché esso si compone di molti potenziali mediterranei”.
Mediterraneo è un connotato (l’essere composto da un complesso
di mari separati, di bacini circoscritti che si susseguono da oriente
ad occidente come ”grani di un rosario”) per cui non avrebbe
avuto torto Braudel(1985) quando, già a suo tempo, sottolineava che
nel continente americano non esiste nulla che possa paragonarsi al
Mediterraneo perché il Mediterraneo è nient’altro che una grande
13
ingolfatura oceanica (di tali golfi ne esistono parecchi),
individuata da un profilo al cui interno la terraferma prevale
decisamente sull’elemento liquido.Prosegue Farinelli(1998)
“Mediterraneo significa Medium cioè mezzo di comunicazione tra
terre. Si tratta perciò di un nome proprio che designa
direttamente un ruolo:quello di immenso spazio-movimento di un
unico sistema di circolazione in cui vie di Terra e vie di Mare si
fondono al punto di risultare indistinguibili”
Se accettiamo di condividere questo punto di vista dovremmo
anche condividere sia l’idea che ogni pensiero sul Mediterraneo
è un pensiero debole, lento, finito, sottratto, nomade, sia quel
pensiero capace di riaffermare l’intuizione di Adorno (1997) per il
quale “l’esigenza di pensare e ciò che ci induce a pensare”, e
che “dopo aver tanto pensato niente è stato risolto e non si è
arrivati a elaborare alcuna lettura rassicurante” (il pensare ”non
richiede alcuna giustificazione, qualora si provasse a farlo, non ci
si riuscirebbe”). Tale condizione per Adorno non è un segno di
debolezza del pensiero né il marchio d’infamia dell’individuo (il
Geografo?) pensante: ”la mera necessità è un privilegio”.
POST SCRIPTUM
Possiamo trattare un argomento sviluppando con rigore punto per
punto. Ma c’è un altro modo di trattare un argomento e consiste
nel girargli attorno e guardarlo da tutte le angolazioni possibili:
alcuni segmenti sfuggono ma alla fine se ne sarà acquisito una
buona conoscenza generale. Una conoscenza forse migliore (anche
se magari imprecisa) di quella ottenibile facendo ricorso
all’impeccabile sottigliezza analitica del metodo logico; o forse
bisognerebbe sapere andare oltre le cose con una capacità che si
fonda invece sull’amore della cosa, che solo cosi viene strappata
14
dal suo statuto di mero oggetto, di pura condizionatezza e ci
restituisce lo sguardo che abbiamo diretto verso di essa: “ é così che scopriamo che ciò che abbiamo scambiato per un orizzonte
oggettuale chiuso è in realtà la capacità della cosa di contenere in sé i limiti di
tutto ciò che le conferisce verità:ciò che la conferma e ciò che la può anche
contraddire (Rella , 1987)”
La terra è ormai senza lenti,
perché sulla superficie
planetaria il centro è ovunque la
circonferenza in nessun luogo
(Reclus, L’Homme et la Terre)
Certe conquiste dell’anima e della
conoscenza non sono possibili
senza malattia
(Mann, Considerazioni di un
impolitico)
E’Sherazade che si salva la
vita raccontando storie
(Kierkegaard, Diario)
15
REFERES
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− Balducci E, Le ragioni della speranza, Coines ediz, Roma,
1977
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Var- France, 1994
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1985
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− Deffontaines P., El Mediterraneo. La tierra, el mar, los
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16
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− Farinelli F.,Geografia. Un’introduzione ai modelli del
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− Fukuyama F., La fine della storia e l’ultimo uomo, Rizzoli,
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− Galimberti U., La Terra senza il Male, Feltrinelli, Milano,
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− Gottmann J., Géographie Politique, Gallimard, Paris, 1966
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− Gottmann J., Verso un’ intesa globale, in ” Sistema “, n. 1,
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− Hegel G.W.F, Fenomenologia dello spirito,La Nuova Italia,
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− Le Moigne J.L., La Théorie du système Général. Théorie de
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− Levinas E., La traccia dell’Altro, Pironti, Napoli, 1979
− Lorot P., Storia della Geopolitica, Asterios, Trieste, 1997
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− Maritain J., Umanesimo Integrale,Borla,Torino,1962
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− Myrdal G., Teoria economica e Paesi sottosviluppati,
Feltrinelli, Milano, 1959
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− Popper K.R, La società aperta ed i suoi nemici, Vol. I;
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− Prevert J.,Paroles,Folio,Paris,1976
− Ramonet I.; Geopolitica del caos, Asterios, Trieste, 1998
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− Vallega A.,Esistenza, società, ecosistema, Mursia, Milano,
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− Vallega A., La regione,sistema territoriale sostenibile,
Mursia, Milano, 1995
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− Wittgenstin L., Quaderni 1914-1916, Einaudi, Torino 1964
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“Ho parlato per tacere, ma se mi ritiro sarà per scrivere”
( Prévert, Paroles)
19
QUADERNI DEL DIPARTIMENTO DI ECONOMIA, FINANZA E STATISTICA
Università degli Studi di Perugia
1 Gennaio 2005
Giuseppe CALZONI Valentina BACCHETTINI
Il concetto di competitività tra approccio classico e teorie evolutive. Caratteristiche e aspetti della sua determinazione
2 Marzo 2005 Fabrizio LUCIANI Marilena MIRONIUC
Ambiental policies in Romania. Tendencies and perspectives
3 Aprile 2005 Mirella DAMIANI Costi di agenzia e diritti di proprietà: una premessa al problema del governo societario
4 Aprile 2005 Mirella DAMIANI Proprietà, accesso e controllo: nuovi sviluppi nella teoria dell’impresa ed implicazioni di corporate governance
5 Aprile 2005 Marcello SIGNORELLI Employment and policies in Europe: a regional perspective
6 Maggio 2005 Cristiano PERUGINI Paolo POLINORI Marcello SIGNORELLI
An empirical analysis of employment and growth dynamics in the italian and polish regions
7 Maggio 2005 Cristiano PERUGINI Marcello SIGNORELLI
Employment differences, convergences and similarities in italian provinces
8 Maggio 2005 Marcello SIGNORELLI Growth and employment: comparative performance, convergences and co-movements
9 Maggio 2005 Flavio ANGELINI Stefano HERZEL
Implied volatilities of caps: a gaussian approach
10 Giugno 2005 Slawomir BUKOWSKI EMU – Fiscal challenges: conclusions for the new EU members
11 Giugno 2005 Luca PIERONI Matteo RICCIARELLI
Modelling dynamic storage function in commodity markets: theory and evidence
12 Giugno 2005 Luca PIERONI Fabrizio POMPEI
Innovations and labour market institutions: an empirical analysis of the Italian case in the middle 90’s
13 Giugno 2005 David ARISTEI Luca PIERONI
Estimating the role of government expenditure in long-run consumption
14 Giugno 2005 Luca PIERONI Fabrizio POMPEI
Investimenti diretti esteri e innovazione in Umbria
15 Giugno 2005 Carlo Andrea BOLLINO Paolo POLINORI
Il valore aggiunto su scala comunale: la Regione Umbria 2001-2003
I
16 Giugno 2005 Carlo Andrea BOLLINO Paolo POLINORI
Gli incentivi agli investimenti: un’analisi dell’efficienza industriale su scala geografica regionale e sub regionale
17 Giugno 2005 Antonella FINIZIA Riccardo MAGNANI Federico PERALI Paolo POLINORI Cristina SALVIONI
Construction and simulation of the general economic equilibrium model Meg-Ismea for the italian economy
18 Agosto 2005 Elżbieta KOMOSA Problems of financing small and medium-sized enterprises. Selected methods of financing innovative ventures
19 Settembre 2005 Barbara MROCZKOWSKA Regional policy of supporting small and medium-sized businesses
20 Ottobre 2005 Luca SCRUCCA Clustering multivariate spatial data based on local measures of spatial autocorrelation
21 Febbraio 2006 Marco BOCCACCIO Crisi del welfare e nuove proposte: il caso dell’unconditional basic income
22 Settembre 2006 Mirko ABBRITTI Andrea BOITANI Mirella DAMIANI
Unemployment, inflation and monetary policy in a dynamic New Keynesian model with hiring costs
23 Settembre 2006 Luca SCRUCCA Subset selection in dimension reduction methods
24 Ottobre 2006 Sławomir I. BUKOWSKI The Maastricht convergence criteria and economic growth in the EMU
25 Ottobre 2006 Jan L. BEDNARCZYK The concept of neutral inflation and its application to the EU economic growth analyses
26 Dicembre 2006 Fabrizio LUCIANI Sinossi dell’approccio teorico alle problematiche ambientali in campo agricolo e naturalistico; il progetto di ricerca nazionale F.I.S.R. – M.I.C.E.N.A.
27 Dicembre 2006 Elvira LUSSANA Mediterraneo: una storia incompleta
II
ISSN 1722-618X
I QUADERNI DEL DIPARTIMENTO DI ECONOMIA Università degli Studi di Perugia
1 Dicembre 2002
Luca PIERONI:
Further evidence of dynamic demand systems in three european countries
2 Dicembre 2002 Luca PIERONI Paolo POLINORI:
Il valore economico del paesaggio: un'indagine microeconomica
3 Dicembre 2002 Luca PIERONI Paolo POLINORI:
A note on internal rate of return
4 Marzo 2004 Sara BIAGINI: A new class of strategies and application to utility maximization for unbounded processes
5 Aprile 2004 Cristiano PERUGINI: La dipendenza dell'agricoltura italiana dal sostegno pubblico: un'analisi a livello regionale
6 Maggio 2004 Mirella DAMIANI: Nuova macroeconomia keynesiana e quasi razionalità
7 Maggio 2004 Mauro VISAGGIO: Dimensione e persistenza degli aggiustamenti fiscali in presenza di debito pubblico elevato
8 Maggio 2004 Mauro VISAGGIO: Does the growth stability pact provide an adequate and consistent fiscal rule?
9 Giugno 2004 Elisabetta CROCI ANGELINI Francesco FARINA:
Redistribution and labour market institutions in OECD countries
10 Giugno 2004 Marco BOCCACCIO: Tra regolamentazione settoriale e antitrust: il caso delle telecomunicazioni
11 Giugno 2004 Cristiano PERUGINI Marcello SIGNORELLI:
Labour market performance in central european countries
12 Luglio 2004 Cristiano PERUGINI Marcello SIGNORELLI:
Labour market structure in the italian provinces: a cluster analysis
13 Luglio 2004 Cristiano PERUGINI Marcello SIGNORELLI:
I flussi in entrata nei mercati del lavoro umbri: un’analisi di cluster
14 Ottobre 2004 Cristiano PERUGINI: Una valutazione a livello microeconomico del sostegno pubblico di breve periodo all’agricoltura. Il caso dell’Umbria attraverso i dati RICA-INEA
15 Novembre 2004 Gaetano MARTINO Cristiano PERUGINI
Economic inequality and rural systems: empirical evidence and interpretative attempts
16 Dicembre 2004 Federico PERALI Paolo POLINORI Cristina SALVIONI Nicola TOMMASI Marcella VERONESI
Bilancio ambientale delle imprese agricole italiane: stima dell’inquinamento effettivo
III