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Maxi009_UN CASTELLO PER DUE

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Un castello per due M. Lyons - C. Mortimer - F. Hood-Stewart - S. Weston Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano © 2001 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prime edizioni settembre 2001; marzo 2005; maggio 2006; novembre 2006 Seconda edizione Harmony Maxi ottobre 2010 Questo volume è stato impresso nel settembre 2010 presso la Rotolito Lombarda - Milano Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

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M. Lyons - C. Mortimer - F. Hood-Stewart - S. Weston

Un castello per due

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Titoli originali delle edizioni in lingua inglese:

Their Convenient Marriage To Marry McAllister

At the French Baron's Bidding The Cinderella Factor

Harlequin Mills & Boon Modern Romance Harlequin Mills & Boon Modern Romance Harlequin Mills & Boon Modern Romance Harlequin Mills & Boon Tender Romance

© 2000 Mary Lyons © 2002 Carole Mortimer

© 2005 Fiona Hood-Stewart © 2006 Sophie Weston

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto

di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con

Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2001 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prime edizioni settembre 2001; marzo 2005;

maggio 2006; novembre 2006 Seconda edizione Harmony Maxi ottobre 2010

Questo volume è stato impresso nel settembre 2010

presso la Rotolito Lombarda - Milano

HARMONY MAXI ISSN 2036 - 3230

Periodico trimestrale n. 9 del 14/10/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 121 del 16/3/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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L’amico di famiglia

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Quando viene sera

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Scacco al barone

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Il castello dei desideri

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L’amico di famiglia

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Prologo

Sempre lo stesso sogno... La piazza di Siviglia era avvolta dalle grida entu-siaste e dai fischi assordanti degli spettatori. Ma lei si sentiva quasi oppressa dal suono ritmico dei tamburi e delle trombe delle bande musicali che, vestite con il tradizionale costume spagnolo, si facevano lentamente largo tra la folla in delirio. Spaventata, cercava di mantenere il controllo del cavallo innervosito che stava cavalcando e, per lo sforzo, il sudore le imperlava la fronte, le guance le si infuocavano e le mani - strette intorno alle redini nel vano tentativo di impedire all'animale di sollevare la testa e di impennarsi - sembravano quasi non avere più forza. I volti degli altri cavalieri la guardavano con indignazione soffocando imprecazioni di rabbia nei suoi confronti. Il viso infuocato per la vergogna e l'umiliazione, sentiva che ormai era questione di se-condi. Poi sarebbe successo un disastro! E invece... eccolo! La sua figura alta e slanciata, coperta dal costume da matador, correva verso di lei, facendosi largo tra la gente, afferrava le redini con mano ferma e le rivolgeva uno smagliante sorriso. In-

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tanto lei scivolava dalla sella tra le sue braccia, pian-gendo e stringendosi al suo corpo forte e sicuro. Di colpo la scena cambiava e si ritrovavano a balla-re vorticosamente al suono incalzante delle chitarre. Mentre lui la faceva piroettare intorno a sé, avvertiva unicamente il battere ipnotico e ritmato delle mani e il rapido clic clac dei tacchi sul pavimento di marmo bianco. Completamente in balia del calore dei suoi occhi sorridenti, si lasciava trascinare fuori dalla pista da ballo, le mani strette tra quelle di lui, e correvano ri-dendo fino a una carrozza. E allora, nell'oscurità del veicolo, dove solo la luce bianca della luna riusciva a illuminargli gli zigomi decisi e i capelli scuri, lui l'atti-rava lentamente a sé e lei, ardente di desiderio, solle-vava il viso verso il suo. Tremante, dischiudeva le labbra per accogliere il suo bacio sempre più intenso, rabbrividendo al tocco sensuale delle sue mani sulle dolci curve del proprio corpo. L'emozione incontrollabile prendeva il soprav-vento sulla ragione e si sentiva sussurrare: «Ti amo, Antonio. Ti amo con tutto il cuore». E, un secondo dopo... si ritrovava improvvisamente respinta all'altro capo del sedile. «Alla tua età? Che cosa vuoi sapere dell'amore?» sibilava lui con voce dura e tesa. Un attimo più tardi la carrozza si arrestava. Con un'imprecazione in spa-gnolo, lui la spingeva in malo modo fuori dall'abitaco-lo. «Tornatene in Inghilterra! Vattene a casa! Cresci! E dimentichiamo entrambi l'incidente di questa sera!» le urlava con tono rabbioso, entrando in casa e sparendo dalla sua vista.

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Lei rimaneva a fissarlo sbigottita, gli occhi offusca-ti dalle lacrime e il cuore spezzato. E capiva che non lo avrebbe mai più rivisto. Mai più. Era sempre lo stesso sogno. Lo stesso incubo.

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«Davvero non riesco a capire perché tu sia così testar-do, Antonio. Ti è chiaro che questa sarebbe la solu-zione perfetta a tutti i nostri problemi, vero?» «Assolutamente no!» Fissando la figura minuta dell'uomo anziano seduto sulla sua sedia a rotelle all'altro capo della stanza, An-tonio Ramirez fece del suo meglio per controllare la propria crescente irritazione. Non solo voleva molto bene a suo zio Emilio, ma si era reso conto che doveva veramente aver pazienza con il vecchio che, da quando aveva avuto l'ultimo at-tacco di cuore, era stato costretto a passargli le redini dell'azienda di famiglia. «Concordo sul fatto di dover affrontare una situa-zione difficile» ammise, passandosi una mano tra i folti capelli neri. «Soprattutto per quanto riguarda il bisogno immediato di ammodernare il nostro sistema di vinificazione. E poi... sì» aggiunse stringendosi nel-le spalle, «sono d'accordo anche sul fatto che non sarà certo facile trovare i fondi per finanziare tutto questo. Anche se forse ho già trovato il modo per risolvere il problema. In ogni caso, io trovo la tua proposta com-pletamente inaccettabile!»

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Emilio trasse un profondo sospiro sconsolato. Non riusciva proprio a capirli, i giovani! Nessuno di loro aveva fretta di sposarsi e suo nipote Antonio, uomo affascinante e ricco, che aveva lasciato a Madrid un numero sterminato di donne affrante per la sua par-tenza, non faceva certamente eccezione. Ma aveva ormai trentaquattro anni e quindi era giunto il momen-to che si sistemasse. «Il matrimonio tra me e tua zia è stato concordato dai nostri genitori. E sebbene sia stato un matrimonio di interesse, perché univa due famiglie importanti del settore vinicolo, si è rivelato molto felice. Anche se, sfortunatamente, non abbiamo avuto figli.» «Lo so, zio. E sono anche consapevole che per me desideri solo il meglio.» «Be', spero solo che sarai abbastanza assennato da non fidanzarti con Carlotta» mormorò l'uomo. «Quella tua cugina sarà carina, però è una miniera di guai!» aggiunse poi con foga per subito pentirsene nello scorgere l'espressione impassibile del nipote. «Grazie dell'avvertimento» biascicò Antonio, geli-do. «Tuttavia, per strano che possa sembrare, ti assi-curo che sono perfettamente in grado di gestire la mia vita sentimentale senza il tuo aiuto.» «Oh, be', forse ho esagerato...» si scusò. Antonio soffocò una risata. «Puoi dirlo forte! Spe-cialmente se si considera che l'idea di trovarmi una moglie ricca non rientra affatto tra le mete che mi so-no prefisso di raggiungere in questo momento.» «Nondimeno, io...» «Francamente, mi interessa molto di più ottenere nuovi contratti di vendita» lo interruppe Antonio con fermezza, chiudendo il discorso. «In particolare, per la

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fornitura del nostro nuovo sherry ai supermercati francesi, italiani e inglesi. Spero inoltre di riuscire a immetterlo anche sul mercato del Nordamerica» ag-giunse, gettando un'occhiata all'orologio. «Ragione per cui, è meglio che torni al lavoro. Parto domani per un veloce giro d'affari in Europa» disse alzandosi e avviandosi verso la porta. «Purtroppo, non posso permettermi di allontanarmi dal mio ufficio per un'intera settimana. Ma se vanno in porto un paio di cose, potremo almeno respirare meglio e saremo in grado di pensare a investimenti futuri.» «E cosa mi dici dei supermercati in Gran Breta-gna?» Antonio si arrestò, voltandosi, scuro in viso. «Non pensavo di andare a Londra, però, sembra che dovrò cambiare i miei piani. Un'enorme partita dei nostri vi-ni migliori, che più di un mese fa è stata spedita alla Brandon di Pall Mall, in Inghilterra, sembra essersi dissolta nel nulla. La cosa mi preoccupa. Ho passato gli ultimi due giorni al telefono nel tentativo di rin-tracciarla, ma senza successo.» «Ma... una consegna di simili dimensioni non può essere svanita così!» «È esattamente quello che ho detto anch'io a quegli inglesi!» Antonio scoppiò in una risata sarcastica. «So che Sir Robert Brandon è un tuo vecchio amico, ma il suo modo di concludere affari è ancora ottocentesco!» «Puoi pure considerare me e Sir Robert due vecchi dinosauri» replicò suo zio, seccato, «però, visto che vai in Inghilterra, non sarebbe una cattiva idea parlar-gli dei tuoi problemi. Resta comunque uno degli uo-mini d'affari più importanti del settore vinicolo.»

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«Ci penserò» promise Antonio, per niente impres-sionato dal consiglio dello zio. «Tu, intanto, riguarda-ti. Io sarò di ritorno lunedì» aggiunse poi con un sorri-so, prima di lasciare la stanza. Percorrendo i corridoi verso l'ingresso della casa, non poté che provare pena per quell'uomo inchiodato alla sedia a rotelle. Tuttavia, non si poteva negare che, se solo suo zio fosse receduto dalla carica di presidente della compa-gnia non appena si era accorto delle cattive condizioni di salute in cui versava, la ditta non si sarebbe trovata in quella situazione. Sfortunatamente, il vecchio si era rifiutato di dare ascolto ai medici finché non aveva dovuto improvvisamente arrendersi all'amara eviden-za. Cosa che aveva mandato all'aria tutti i piani di An-tonio, costringendolo ad abbandonare la sua carriera di avvocato a Madrid dal giorno alla notte per salvare la famiglia. E al suo ritorno a Jerez, aveva dovuto af-frontare problemi non da poco. Il più grave dei quali era stata la necessità assoluta di modernizzare l'organizzazione della compagnia. I vigneti della famiglia Ramirez producevano sì uno degli sherry spagnoli più apprezzati al mondo, ma suo zio non aveva mai sentito parlare di computer o di In-ternet, anzi non aveva mai ritenuto necessario neppure raccogliere i dati sul profitto anno per anno. Per un attimo, Antonio tamburellò le dita sul volan-te della sua macchina, prima di avviare il motore. Con un po' di fortuna, l'incontro con la banca fissato per quel pomeriggio avrebbe potuto risolvere parte dei lo-ro problemi economici e concedere loro un po' di re-spiro. E sarebbe stato un bene perché, quanto prima

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poteva cominciare a esaminare con attenzione la si-tuazione della compagnia, tanto meglio. Girando la sedia a rotelle e osservando la Porsche blu scura del nipote sparire lungo il viale alberato in una nuvola di polvere, Emilio rimase per qualche tempo immerso nei suoi pensieri. Sapeva bene quanto doveva essere costato ad Anto nio abbandonare tutto, carriera, colleghi, amici e un lussuoso appartamento a Madrid dal giorno alla notte, solo perché era l'unico membro della famiglia in gra-do di occuparsi degli affari. E di certo non era in condizione di alleviare il far-dello che era caduto sulle spalle del nipote. Però... Forse un modo c'era... C'era una cosa che poteva fare riguardo alla situazione finanziaria... Anche se era inchiodato a quella maledetta sedia a rotelle, non era certo privo di risorse. Si girò per affer-rare il telefono sulla sua scrivania. «Sì...» disse, sentendo rispondere all'altro capo del filo. «Señor Don Roberto, por favor.» Quasi contemporaneamente, a molte miglia di di-stanza, Georgina Brandon, stava imprecando, dopo aver sbattuto giù il telefono. Non era mai andata d'ac-cordo con il dirigente della compagnia della sede di Pall Mall a Londra, ed era comunque tipico di quel viscido individuo incolpare lei e lo staff degli sbagli commessi. Inoltre, lei non riusciva proprio a capire perché, come invece sosteneva quella serpe, una partita tanto considerevole di sherry sarebbe dovuta arrivare nella minuscola filiale di Ipswich, nel Suffolk. Non era

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molto più verosimile, invece, che si trovasse nel ma-gazzino di Bristol? O ancora più probabile che fosse stata dimenticata nelle enormi cantine polverose di Pall Mall? Era comunque l'ultima delle sue preoccupazioni, almeno in quel momento. Perché, quello che la scon-volgeva, era l'aver appreso chi fosse stato nominato presidente e capo dirigente della Ramirez. «Antonio? Antonio Ramirez?» aveva chiesto respi-rando a fatica. «Certo. Di sicuro la notizia era arrivata anche lì, no?» «No... non ne ero al corrente...» aveva balbettato lei, cercando di mantenere la mente lucida di fronte a una notizia così allarmante. «Bene, bene! La nostra efficientissima Georgina Brandon non è aggiornata sulle novità del commercio vinicolo! Immagino sia quello che succede quando si vive relegati nel Suffolk!» aveva soggiunto il manager di Londra trattenendo a stento una risata. Lei era rimasta in silenzio, ripromettendosi di far-gliela pagare non appena ne avesse avuta l'occasione. Suo nonno non doveva essere affatto entusiasta del cambiamento ai vertici della Ramirez. «Con Antonio Ramirez sul sentiero di guerra, Sir Robert dice che quella partita deve essere rintracciata al più presto. A quanto sembra, il ragazzo è anche av-vocato, e con gente del genere è sempre meglio non averci a che fare. Quindi, mia cara, mettiti a spulciare con cura le consegne, altrimenti ti prenderai una bella lavata di capo!» aggiunse gongolante prima di riag-ganciare. Ancora stordita dalla notizia, Georgina trasse un

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profondo respiro. Doveva reagire al più presto, non aveva senso restare lì, come se avesse ricevuto un di-retto sul plesso solare. Si passò una mano tra i lunghi e morbidi capelli castani. Doveva riuscire a prendere in mano la situazione. E, in fondo, erano otto anni che non aveva la ben-ché minima notizia dell'uomo di cui si era disperata-mente innamorata da ragazzina. Ma, per l'amor del cielo, allora aveva solo diciotto anni e le ragazze gio-vani hanno sempre un sesto senso per cadere ai piedi degli uomini meno adatti a loro! Succedeva conti-nuamente. E da allora lei aveva avuto molti altri ra-gazzi, anche se non aveva ancora trovato quello giu-sto. Ma non c'era di che preoccuparsi: di tempo ne a-veva ancora. In qualità di manager, era abituata a lavorare quoti-dianamente con le etichette della Bodega Ramirez. Per ché, allora, farsi prendere dal panico al solo sentire menzionare dopo tanti anni il nome di Antonio? In fondo aveva sempre saputo che un giorno sareb-be succeduto a suo zio. Proprio come a lei forse sa-rebbe toccato gestire gli affari di suo nonno. Fondata nel 1791 dal Capitano James Brandon, un suo antenato ritiratosi dalla Marina che aveva sposato una ricca vedova spagnola e aveva iniziato a importa-re sherry di alta qualità, la Brandon di Pall Mall era una delle industrie vinicole più antiche e prestigiose del paese. Inoltre, il valore degli immobili della ditta, situati in un'area di Londra molto richiesta, era enor-me. La gestione della ditta era passata per generazioni di padre in figlio, fino a quando la catena era stata in-terrotta dal tragico incidente d'auto in cui avevano

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perso la vita i genitori di Gina. Dal momento che suo padre non aveva fratelli, lei, ancora bambina, era stata allevata dai nonni paterni, consapevoli che la piccola era l'unica erede del patrimonio di famiglia. Sfortunatamente, nonostante lei si augurasse con tutto il cuore che il nonno restasse al comando della compagnia per molti anni, le prospettive non erano delle migliori. L'uomo non si era mai completamente ripreso dalla perdita della moglie, avvenuta cinque anni prima, e sembrava diventare, giorno dopo giorno, se non psicologicamente, di certo fisicamente più de-bole. E Gina era terrorizzata al pensiero del peso che sarebbe ricaduto sulle sue spalle. D'altra parte, era anche vero che suo nonno aveva fatto del suo meglio per prepararla a una tale eventua-lità. Era stato orgoglioso di lei quando aveva dimo-strato un ottimo palato e aveva conseguito il diploma in arte della vinificazione a pieni voti. E ora che le era stata conferita la carica di amministratrice del negozio e del magazzino di Ipswich, era in procinto di conso-lidare e aumentare le sue esperienze professionali. Ma niente poteva cambiare il fatto che aveva sola-mente ventisei anni. E che c'era una grande differenza tra l'amministrazione di una piccola filiale e quella di una compagnia internazionale. Comunque, tutto ciò apparteneva al futuro. Nel frattempo doveva fare del suo meglio per cercare di dimenticare la sua fulminea relazione con Antonio Ramirez e cominciare invece a darsi da fare per ritro-vargli la sua partita di sherry. Ma era più facile a dirsi che a farsi! Quattro giorni dopo, nonostante le minuziose ricer-che nei magazzini e nelle cantine, Gina non ne aveva

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ancora scovato la benché minima traccia. Della spedi-zione neanche l'ombra. Se non altro, di una cosa era assolutamente certa: la merce non era nel Suffolk! Ma le novità apprese su Antonio Ramirez avevano stimolato il ricorrere sempre più frequente di quell'or-ribile sogno, di quell'incubo che le aveva rovinato la vita per così tanto tempo. Negli ultimi giorni si era svegliata di soprassalto, sudata e agitata, ancora tre-mante per l'umiliazione e la vergogna. Tuttavia aveva fatto del suo meglio per dimenticare quello che una ragazza troppo giovane e innocente non era stata preparata ad affrontare. Tutti i suoi sforzi erano stati però inutili, a quanto sembrava. La figura imponente e pericolosa di Antonio era rimasta nel-l'ombra, nascosta negli ultimi otto anni da qualche parte, nel suo subconscio, così che era bastato che so-lo il nome ne venisse pronunciato perché riaffiorasse-ro i ricordi vivissimi di quel periodo tanto infelice del-la sua vita. Sciocchezze... Si era liberata di lui già anni prima, ed era una stupida a reagire a quel modo. E anche il sogno, con il passare del tempo, non sarebbe più ri-comparso e la sua vita sarebbe ritornata normale. Quel giovedì mattina, Gina cercava di convincersi che le cose si sarebbero risolte in modo ragionevole, quando lo squillo del telefono sulla sua scrivania la fece sobbalzare. «Ciao, nonno... Sì, sì, va tutto bene» si affrettò a rassicurarlo. «No, mi rincresce, qui non c'è traccia di quella partita. Ho esaminato ogni docu-mento qui in ufficio e non ho trovato niente.» «Temo sia irrilevante. Un rappresentante della casa spagnola insiste per controllare di persona il magazzi-no» la informò Sir Robert Brandon con voce fioca.

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«È una vera perdita di tempo» replicò lei sbuffan-do. «Io so con certezza che non ce l'abbiamo qui. Vo-glio dire, sarebbe impossibile non accorgersene, viste le dimensioni, no?» «Sì, però, qui a Londra ho Antonio Ramirez seduto di fronte a me...» «Che cosa?» «... e credo che arriverà da te nel tardo pomeriggio, oppure stasera.» «Ma... ma l'ufficio sarà già chiuso a quell'ora!» pro-testò senza fiato. «Che motivo c'è di fargli fare tutta quella strada, se poi non potrà cercare il suo maledetto sherry?» «Oh, cielo, Gina... che cosa ti succede? Voglio spe-rare di poter contare su di te perché Don Antonio sia trattato con ogni riguardo.» «Oh, certo... naturalmente. Scusami» mormorò sconfortata, avvertendo un leggero giramento alla te-sta. «Oh, io non ci avevo pensato. Visto che arriva co-sì tardi, sarà meglio che io gli prenoti una stanza in un albergo. Che cosa ne dici di Hintlesham Hall? La cu-cina è veramente eccellente e...» «Mia cara ragazza, che cosa ti succede?» esordì Sir Robert. «Facciamo affari con questa azienda da gene-razioni. Suo zio è un mio vecchio amico. E per queste ragioni ho già detto a Don Antonio di non sognarsi nemmeno di prendere una stanza in un albergo. Sarà nostro ospite.» «Nostro ospite?» ripeté lei, incredula. «E sono perfettamente sicuro che non gli mancherà nulla, vero?» asserì il nonno prima di terminare la conversazione. «Oh, mio Dio! E adesso cosa diavolo devo fare?»

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mormorò Gina, balzando in piedi al pensiero che la situazione fosse ancora peggiore di quanto avesse po-tuto immaginare solo due minuti prima. Aveva infatti dimenticato che quello era il fine set-timana di libertà della cuoca e dell'altro personale di servizio. Un'occhiata all'orologio le confermò che era ormai troppo tardi per cercare di modificare gli accor-di presi. In casa non c'era più un'anima. Calma!, si ammonì, sforzandosi di ritrovare un po' di sangue freddo. Abitava in una casa enorme, con molte camere per gli ospiti e quindi era perfettamente in grado di affron-tare Antonio anche da sola. Non era più un'ingenua ragazzina e sapeva benissimo trattare con gli ospiti. Inoltre erano anni che non lo vedeva. Poteva benissi-mo essere sposato e avere dei bambini, per quel che ne sapeva lei. Il nonno, poi, non le aveva detto che non sarebbe arrivato che a pomeriggio inoltrato? Dunque... Se prenotava un tavolo in un ottimo ri-storante e manteneva la conversazione su un piano e-sclusivamente professionale, non avrebbe avuto grossi problemi. In seguito, quando Antonio avesse final-mente capito che la sua partita di sherry non si trovava lì da lei, sarebbe certamente tornato da dove era venu-to, al più tardi a mezzogiorno del giorno successivo. Non c'era comunque motivo di restare ancora in uf-ficio con lo stomaco stretto in una morsa. Non avreb-be potuto combinare granché, anzi, quanto prima arri-vava a casa e controllava che la stanza degli ospiti fosse in ordine, tanto meglio. Tesa come una corda di violino, Gina avvertì la ten-sione alleviarsi lievemente solo quando a bordo della sua Mazda sportiva imboccò il viale fiancheggiato

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dalle querce che conduceva a Bradgate Manor. Aveva sempre amato la vecchia magione in stile Tudor che era stata la casa di campagna di famiglia fin dai tempi della regina Vittoria, quando era stata acquistata da un suo antenato per la sua giovane mo-glie che era nata e cresciuta nel Suffolk. Era stata chiaramente una delle ragioni per cui Gina non aveva esitato ad accettare la carica presso l'ufficio di Ips-wich. Dopo aver controllato che tutto fosse in ordine per-fetto, e deciso che Antonio avrebbe occupato la suite per gli ospiti più lontana dalla sua camera da letto, Gina si ritrovò a vagabondare per la casa, più che mai irrequieta. E non le serviva ripetersi che ad Antonio non sarebbe di certo interessato rivangare un episodio passato da tanto tempo. La verità era che non riusciva a togliersi dalla mente quella sua figura alta e forte, pericolosamente eccitante. Quei capelli nero castani scuro e quella luce sardonica che gli illuminava quei grandi occhi scuri, incorniciati dalle folte ciglia vellu-tate... Era bello e affascinante da mozzare il fiato! Nessuna meraviglia che una ragazzina si fosse in-namorata alla follia dell'uomo più bello che avesse mai visto. E che era per giunta il fratello della sua mi-gliore amica, a casa della quale aveva passato le va-canze di Pasqua di molti anni prima. Ma non era stata la sola a cadere vittima del suo fa-scino latino, dell'aura maschile che emanava sicurezza e un irresistibile sex appeal. All'interno della grande famiglia spagnola non c'era essere di sesso femminile, di età tra i nove e i novant'anni, che non vedesse An-tonio esattamente sotto la stessa luce. «Ma guardale!» era scoppiata a ridere Roxana.

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«Sono tutte impazzite per mio fratello... Estupidas, no?» E lei era stata la più stupida di tutte! Di nuovo si adirò con se stessa per essere in un si-mile stato per un fatto imbarazzante accaduto molto tempo prima. Era semplicemente ridicolo continuare ad andare su e giù per la stanza nell'attesa che lui si facesse vivo. Il nervosismo le aumentava a ogni pas-so. Forse aveva bisogno di un po' d'aria fresca, di mo-vimento. Antonio strinse le labbra per il fastidio, pigiando il pedale del freno per la centesima volta almeno. Dover guidare una macchina noleggiata, per giunta sul lato sbagliato della strada, era già più che abbastanza. E invece ci si metteva anche il traffico congestionato su quell'arteria che portava fuori Londra, a mettere anco-ra alla prova la sua pazienza. Non era davvero stata una buona idea inserire tra le tappe del suo viaggio anche la Gran Bretagna. Anzi, la decisione sembrava assumere i contorni di un errore madornale. «Mi dispiace, ragazzo mio» aveva esordito Sir Ro-bert quella mattina. «Però... sembra che la vostra spe-dizione sia arrivata per errore alla nostra filiale di Ips-wich, nel Suffolk. La farò rintracciare immediatamen-te dal nostro staff.» Purtroppo, immediatamente, per Sir Robert signifi-cava che ci sarebbero volute almeno due settimane. «Due settimane!» aveva esclamato Antonio con or-rore. «Ma non avevo in mente di restare in Inghilterra che due, massimo tre giorni!» Alla fine, tuttavia, aveva dovuto ammettere, sia pu-re riluttante, che il solo modo possibile di risolvere la

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cosa in breve tempo era che lui facesse una visita alla filiale di Ipswich. «Non è un viaggio lungo» lo aveva rassicurato Sir Robert. «Quindi, perché prima non mi permetti di mo-strarti le nostre cantine? Abbiamo delle casse di vino di vecchia data che sono sicuro potrebbero interessar-ti.» Sarebbe stato scortese rifiutare la proposta, visto e considerato che le loro famiglie erano in affari da cir-ca centocinquant'anni. Ma anche quello si era rivelato un altro sbaglio perché, dopo il giro delle cantine, non aveva potuto rifiutare di pranzare con Sir Robert. «Oh, no! Non posso lasciarti andare via senza che tu abbia mangiato qualcosa» aveva insistito il vecchio. «E poi vorrei avere notizie del mio caro amico Emilio. Mi è molto dispiaciuto per la sua malattia.» Messo cortesemente alle strette, Antonio non aveva avuto scelta, e mentre osservava la servitù di Sir Ro-bert muoversi con la lentezza delle lumache nell'im-menso salone da pranzo, gli fu chiaro che non sarebbe mai arrivato a Ipswich prima dell'orario di chiusura. Se fosse stato furbo, avrebbe lasciato ordini scritti affinché la preziosa partita di sherry fosse rispedita in Spagna al più presto. E, in effetti, era stato quasi sul punto di risolvere la faccenda in quel modo, quando Sir Robert aveva accennato casualmente al fatto che la direttrice della filiale di Ipswich era sua nipote. «Gina, una ragazza intelligente» aveva continuato il vecchio. «La mia unica parente ancora in vita. Sono certo che avrà l'esperienza necessaria a condurre gli affari al posto mio, quando io non ci sarò più.» La notizia era stata la prima conferma alla sua sen-sazione che il viaggio in Inghilterra poteva rivelarsi

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un totale disastro. Non sapeva come si sarebbe sentito a essere improvvisamente costretto a trattare con una ragazza che non vedeva da otto anni. E il tema se-guente della conversazione, ovvero le fragili condi-zioni di salute in cui versava Sir Robert, non aveva certo contribuito a migliorare l'atmosfera. Imprecando sottovoce, Antonio tamburellò le dita sul volante, cercando di concentrarsi su come poteva trarsi d'impaccio. Naturalmente non aveva alcun pro-blema nel ricordarsi di Gina Brandon e quanto era successo tra loro quel fine settimana di tanti anni pri-ma, quando era andato, con gli ospiti e la sua famiglia, alla festa di primavera di Siviglia. Non aveva dimenticato come erano riusciti a sfug-gire al resto della famiglia, decisi a restare soli. E nemmeno il disperato terrore della ragazza quando aveva perso il controllo dell'animale che cavalcava, senza averne le forze né l'esperienza. Così come non ne aveva dimenticato l'incantevole sorriso intimidito e i capelli castani che ondeggiavano seducenti a incor-niciare il suo corpo snello e delicato, mentre ballavano un'appassionata Sevillana, la danza tradizionale anda-lusa. Poi, con chiarezza sorprendente, gli tornò alla men-te come, nelle prime ore del mattino seguente, aveva-no percorso in carrozza le strade deserte della città che risuonavano al battere ritmico degli zoccoli dei cavalli sui ciottoli, mentre la luce bianca della luna, pene-trando dal finestrino, aveva conferito al viso della ra-gazza delle sfumature misteriose, facendola sembrare più adulta di quanto non fosse. L'unica scusa che in seguito era riuscita a trovare al proprio comportamen-to, quando aveva ripensato a quanto era accaduto.

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Dimentica! Di tempo ne era passato davvero tanto, ed era del tutto probabile che almeno lei avesse com-pletamente scordato quello spiacevole episodio. In ogni caso, era più che intenzionato a che la con-versazione fosse esclusivamente d'affari. E la prima cosa che avrebbe fatto il mattino seguente sarebbe sta-ta ritrovare la spedizione scomparsa e ritornare in Spagna al più presto possibile. Congratulandosi con se stesso per la sua decisione, Antonio si rese improvvisamente conto che non man-cava molto a destinazione. E solo pochi minuti più tardi scorse un imponente cancello in ferro battuto che recava la scritta Bradgate Manor. Percorse il viale alberato e parcheggiò di fronte al-l'ingresso della villa., ammirando l'elegante edificio in stile Tudor. Le grandi vetrate brillavano alla luce del sole del pomeriggio inoltrato che faceva sì che l'om-bra delle querce sul prato antistante cominciasse ad allungarsi e che i colori dei rosai che ricoprivano il porticato assumessero toni più scuri e vellutati. Intor-no regnava una quiete indicibile, rotta solamente dal rumore dei suoi passi e da una brezza leggera che agi-tava in lontananza le cime frondose degli alberi. Sorpreso nel trovare la porta d'ingresso aperta, An-tonio suonò diverse volte il campanello senza ottenere risposta. Dopo aver esitato un istante, entrò e chiamò a voce gli inquilini invisibili. Ma a rispondergli fu so-lo l'eco delle sue parole, poi nella casa ricadde il si-lenzio. Perplesso, percorse il lastricato in pietra grigia fino a una porta, anch'essa spalancata, che dava su un'am-pia terrazza con vista sulla distesa di prati verdi e sul parco.

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Si stava chiedendo se fosse arrivato in paradiso, quando scorse in lontananza un cavallo con cavaliere che galoppava leggiadro verso casa. Portando una mano alla fronte per proteggere gli occhi dal riverbero del sole, si accorse di alcuni particolari inquietanti. Non solo il cavallo era forte e molto grande, ma dava anche l'impressione di essere imbizzarrito. E il cava-liere, indubbiamente una donna a quanto si poteva de-durre dai lunghi capelli castani, sembrava nei guai. Da quanto riusciva a distinguere, sembrava che si tenesse disperatamente aggrappata alla criniera dell'animale. Senza pensarci un secondo, Antonio cominciò a correre verso di lei, saltando agilmente la siepe che costeggiava il parco. Conscio di dover impedire al ca-vallo di saltarla a sua volta, si precipitò verso l'anima-le con le braccia alzate. Una caduta del genere poteva avere conseguenze terribili per il cavaliere. Quanto seguì sembrò accadere al rallentatore. L'a-zione di Antonio sconcertò il cavallo che, obbligato ad arrestarsi, sollevò la testa all'indietro, con la bava alla bocca. Saltando per afferrare le redini, Antonio fece sollevare l'animale sulle zampe posteriori, mentre gli zoccoli anteriori scalciavano nel vuoto. Ma subito do-po riuscì a conquistare il controllo della bestia. E fu solo allora che, mentre gli mormorava parole gentili per calmarlo, poté prestare attenzione a chi lo caval-cava. Ansimante, lei sollevò una mano per scostare dal viso la nuvola di capelli castani che lo nascondeva. E un attimo dopo lui si accorse di come i suoi occhi blu si spalancavano increduli, mentre le guance perdevano di colpo colore. «Hola, Gina!» disse lui, sorridendo alla ragazza che

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sembrava completamente ammutolita e continuava a fissarlo come se avesse visto un fantasma. «A quanto pare, sembra che tu abbia ancora dei problemi con i cavalli... Proprio come quella volta a Siviglia» aggiunse scoppiando a ridere mentre teneva le redini in una mano e le porgeva l'altra per aiutarla a smontare dalla sella. «E che io debba sempre correre in tuo aiuto...»

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