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7/31/2019 Learning Object & Mobile Computing It
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Learning Object & Mobile Computing -italianoProgetto Leonardo da Vinci "Molecole" n. I/05/B/F/PP-154063
Rapporto su buone prassi nello sviluppo di molecole formative perm-learning. Guida per docenti e formatori.Progetto Leonardo da Vinci "Molecole" n. I/05/B/F/PP-154063Capofila: ITGS Pascal Reggio Emilia Italy
Amedea BaraniMarco Incerti ZambelliEnzo Zecchi
Istituto Blaise Pascal, Reggio Emilia
AbstractSi valuta il possibile impatto dei Learning Object (LO) e del Mobile Computing in ambitoeducazionale. Si affronta il problema secondo due prospettive. La prima consiste nelconsiderare i LO come un prodotto la cui realizzazione affidata ai ragazzi. Si entra cosnel filone dellapprendimento costruzionista e lefficacia dellintegrazione delle tecnologienella didattica garantita dal loro utilizzo nellottica not to learn from but to learn with.Per concretizzare efficacemente questo approccio necessario che i docenti imparino agestire una nuova forma di didattica. Ed questo il focus della prima parte del nostro
lavoro. Nella seconda parte si analizza la prospettiva di utilizzare i LO come oggetti gicostruiti e come risorse per favorire un apprendimento significativo. Per questo, analizzatialcuni dei criteri che i LO devono soddisfare per essere ritenuti tali, si descrivono iprobabili LO del futuro secondo il punto di vista di Fletcher (2006) e cio i LOimplementati a forma di conversazione. Il sistema e lalunno converseranno tramite illinguaggio naturale, sulla base di domande e risposte aperte, e il sistema sar in grado diadattarsi alle richieste e di generarsi di conseguenza. Una conseguenza possibile sarquella di una nuova forma di scuola dove non saranno previste le sequenze programmate, itest espliciti e forse anche le lezioni. Ed il ruolo del docente sar quello fondamentale dirisorsa e guida allinterno del rinnovato ambiente di apprendimento.
Contents 1.1 La soluzione al problema di natura pedagogica.
1.2 Le tecnologie: cavallo di Troia verso la prevalenza del metodo.
2 Learning Object e Mobile Computing: tecnologie particolari
3. Costruire Learning Object per costruire la conoscenza.
3.1 Il vero problema: educare i docenti ad un ambiente CLE.
3.1.1 Impostare e gestire progetti
3.1.2 Formare e gestire gruppi
3.1.3 Per costruire un clima di comunit.
3.1.4 Per costruire gli strumenti per la valutazione.
4. Usare Learning Objects per favorire la crescita della conoscenza.
http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#1(2E)1(C2)(A0)La_soluzione_al_problema_(C3)(A8)_di_natura_pedagogica(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#1(2E)1(C2)(A0)La_soluzione_al_problema_(C3)(A8)_di_natura_pedagogica(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#1(2E)2(C2)(A0)Le_tecnologie(3A)_cavallo_di_Troia_verso_la_prevalenza_del_metodo(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#1(2E)2(C2)(A0)Le_tecnologie(3A)_cavallo_di_Troia_verso_la_prevalenza_del_metodo(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#2(C2)(A0)Learning_Object_e_Mobile_Computing(3A)_tecnologie_particolarihttp://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#2(C2)(A0)Learning_Object_e_Mobile_Computing(3A)_tecnologie_particolarihttp://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)(C2)(A0)Costruire_Learning_Object_per_costruire_la_conoscenza(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)(C2)(A0)Costruire_Learning_Object_per_costruire_la_conoscenza(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(C2)(A0)Il_vero_problema(3A)_educare_i_docenti_ad_un_ambiente_CLE(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(C2)(A0)Il_vero_problema(3A)_educare_i_docenti_ad_un_ambiente_CLE(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)1(C2)(A0)Impostare_e_gestire_progettihttp://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)1(C2)(A0)Impostare_e_gestire_progettihttp://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)2_Formare_e_gestire_gruppihttp://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)2_Formare_e_gestire_gruppihttp://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)3(C2)(A0)(C2)(A0)Per_costruire_un_clima_di_comunit(C3)(A0)(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)3(C2)(A0)(C2)(A0)Per_costruire_un_clima_di_comunit(C3)(A0)(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)4(C2)(A0)Per_costruire_gli_strumenti_per_la_valutazione(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)4(C2)(A0)Per_costruire_gli_strumenti_per_la_valutazione(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#4(2E)(C2)(A0)Usare_Learning_Objects_per_favorire_la_crescita_della_conoscenza(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#4(2E)(C2)(A0)Usare_Learning_Objects_per_favorire_la_crescita_della_conoscenza(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#4(2E)(C2)(A0)Usare_Learning_Objects_per_favorire_la_crescita_della_conoscenza(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)4(C2)(A0)Per_costruire_gli_strumenti_per_la_valutazione(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)3(C2)(A0)(C2)(A0)Per_costruire_un_clima_di_comunit(C3)(A0)(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)2_Formare_e_gestire_gruppihttp://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)1(C2)(A0)Impostare_e_gestire_progettihttp://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(C2)(A0)Il_vero_problema(3A)_educare_i_docenti_ad_un_ambiente_CLE(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)(C2)(A0)Costruire_Learning_Object_per_costruire_la_conoscenza(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#2(C2)(A0)Learning_Object_e_Mobile_Computing(3A)_tecnologie_particolarihttp://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#1(2E)2(C2)(A0)Le_tecnologie(3A)_cavallo_di_Troia_verso_la_prevalenza_del_metodo(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#1(2E)1(C2)(A0)La_soluzione_al_problema_(C3)(A8)_di_natura_pedagogica(2E)7/31/2019 Learning Object & Mobile Computing It
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1. Il problema dell'integrazione delle tecnologie nella didattica.
Sono trascorsi pi o meno 5000 anni dallintroduzione delle prime forme di scrittura e
circa 500 anni dalla scoperta della stampa. Da allora luomo, pur avendo fatto progressi
enormi nellinventare strumenti per estendere le proprie abilit fisiche, quasi
prolungamenti dei propri arti, nulla o quasi ha fatto per potenziare le proprie abilit
mentali. Il libro rimasto lunico vero prolungamento della mente e le biblioteche i luoghi
che hanno permesso il tramandarsi della cultura.
Finalmente, negli ultimi 50 anni, si prodotta quella che crediamo si dimostrer una
rivoluzione epocale: lintroduzione e la successiva crescita esponenziale delle tecnologie
per linformazione e la comunicazione. Queste sono destinate a segnare profondamente il
campo degli strumenti per la mente. Il computer infatti permette lesecuzione velocissima
di calcoli anche complessi e la gestione di enormi quantit di informazioni, interagisce con
luomo e, negli ultimi modelli, ha acquisito doti multimediali tali da renderlo user
friendly Le reti annullano le distanze, e permettono di disporre di informazioni sempre
ed ovunque. Il tutto pare avere le carte in regola per proporsi anche come strumento
fondamentale per insegnare/apprendere. Ebbene, questo non cos scontato. Si pensi alla
lunga teoria di insuccessi riguardante lintroduzione delle tecnologie nella didattica
(Cuban, 1986). A partire da Edison che nel 1913 abbozza una sfortunata previsione che pi
o meno recita cos: I libri diverranno presto obsoleti nelle scuole. Gli studenti
apprenderanno tramite i film. (Edison 1913) . Per finire con le grandi speranze prima e le
delusioni poi per i sistemi autori Plato e Ticcit, che pareva dovessero rivoluzionare il
modo di fare didattica e che invece si sono dimostrati meno efficaci di un insegnante
tradizionale, nonostante gli enormi investimenti fatti. (Cognition and Technology Group
at Vanderbilt, 1996). Potremmo procedere con altri esempi ma crediamo che questi siano
sufficienti a significare un clima.Le tecnologie della comunicazione e dellinformazione sono avanzate parecchio dai
tempi di Plato, tuttavia crediamo che lidea di creare lezioni al computer che in qualche
modo possano sostituire linsegnante nellopera di trasmissione della conoscenza sia
unidea perdente. Linsegnante ha a proprio favore la capacit/possibilit di interagire con
la classe, di cogliere gli umori della scolaresca, di adattarsi alla situazione, di creare
empatia, di vivere la comunit antropologica del gruppo classe e tutto questo lo pone in
una posizione di grande vantaggio rispetto al computer.
Gi ci abbiamo provato parecchie volte, e senza grandi risultati, ad inserire supportimultimediali in classe: quelli che fino a qualche anno fa si chiamavano audiovisivi. Vero
che i nuovi strumenti multimediali hanno caratteristiche molto pi allettanti: una per tutte
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la possibilit di essere interattivi. Per in ultima analisi di sostituire il docente nei suoi
gesti fondamentali si tratta, cio nellatto di insegnare, di spiegare, di interagire con
lalunno e nonostante gli enormi progressi fatti sul fronte tecnologico, la lotta appare
ancora impari.
Diverso in tutte quelle situazioni in cui non possiamo disporre di docenti o comunque
quando il costo di questi troppo elevato: in questo caso le tecnologie diventano
competitive. E emblematico il training aziendale. Anche in questo caso tuttavia,
nonostante i progressi fatti rispetto ai supporti audiovisivi classici, la strada non senza
difficolt. Un cammino in salita insomma.
E per meglio comprendere questo passaggio uno sguardo ai gesti, ai riti che
accompagnano la lezione tipo di un docente: quella lezione cui tutti abbiamo assistito e
che fa parte del nostro DNA. Il docente entra in classe, compila un paio di registri, verifica
lo svolgimento dei compiti, interroga, spiega ed d la consegna per la prossima lezione. Ecos ancora con qualche variazione sul tema. Ma la liturgia ben codificata. Codificata al
punto che linsegnante sostenuto, protetto, facilitato da questo insieme di riti: una rete
contro limprevisto. Anzi di imprevisto non c proprio nulla o quasi. E neppure il tempo,
lo spazio e la necessit di inserire altro. Il tutto scandito, ritmato, programmato in
sequenze di moduli, unit didattiche e lezioni. Al punto da rendere inopportuna qualsiasi
ingerenza. Ed il computer, in questo quadro, appare uninutile ed ingombrante
sovrastruttura: entra in scuola ma non in classe. In scuola per lorganizzazione, per
lamministrazione, per i laboratori disciplinari; non per la didattica.Non la scarsa competenza del docente, dunque, causa della mancata integrazione delle
tecnologie con la didattica ma la strategia impiegata. Il docente apprende una tecnologia
se sa che gli pu servire. E sempre cos. Chi si mette a studiare un software se sa di non
doverlo usare? Le tecnologie, poi, sono sempre pi semplici da usare e le opportunit per
apprenderle ormai si moltiplicano. Il punto vero che anche un docente esperto le utilizza
per scrivere, per tenere in ordine il proprio registro, per archiviare informazioni, per fare
ricerche su internet, per comunicare
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di apprendimento nel suo complesso, allora le tecnologie possono diventare una necessit,
una conditio sine qua nondiventa impossibile esercitare correttamente il mestiere
dellinsegnante. E questo lo si provoca quando alla prospettiva di una didattica
trasmissiva si sostituisce quella di una didattica costruttivista in cui il computer non viene
pi visto come lo strumento da cui apprendere ma lo strumento con cui apprendere. E quando
tutto questo lo si implementa tramite una didattica per problemi e progetti, quando
lobiettivo quello di affrontare casi autentici, complessi, quando il lavoro di gruppo,
quando il linguaggio non pi solo quello scritto sequenziale, quando sha bisogno di
accedere alle informazioni anche in modo random, quando la grammatica diventa quella
degli ipermedia, quando gli schemi cognitivi che soggiacciono sono reticolari, allora il
computer diventa una necessit, allora il docente a richiederlo e il problema della
formazione permane ma passa in secondo piano: in qualche modo si risolve. Non pi un
problema integrare le tecnologie nella didattica e come integrarle. Si integrano perch nonse ne pu fare a meno. Il resto viene da solo.
Molti invece sono i problemi da risolvere di natura pedagogica: per il docente
diventano di natura quasi genetica, ed il sovvertimento dellapproccio porta con s una
miriade di conseguenze che si ergono a barriera. Il crollo di una liturgia ricca, consolidata
e rigidamente deterministica, il passaggio al dominio del probabile in cui lentropia la fa
da padrona e in cui i riti, a moderare lentropia, ancora sono carenti; tutto questo diventa
sconvolgente. E in questo ambiente, auspicato ma temuto, il primo grande ostacolo: il
contenuto, vero signore e padrone dellimpianto pedagogico cognitivista, deve lasciare ilposto al metodo per la costruzione della conoscenza. E lui, il docente, deve abdicare al
ruolo di dominus indiscusso del sapere e accettare quello di risorsa di un ambiente in cui il
centro, il protagonista diventa lo studente.
1.2 Le tecnologie: cavallo di Troia verso la prevalenza del metodo.Ma se i contenuti devono abdicare ai metodi e se il cammino appare arduo e addirittura
impossibile, un aiuto imprevisto ce lo forniscono le tecnologie. E il ragionamento pi o
meno questo: a fronte del loro dilagare in quasi tutti i settori dellagire umano, in nome
di una sorta di globalizzazione delle attivit, in un mondo dove i vasi diventano sempre
pi comunicanti, prima o poi le tecnologie entreranno a pieno titolo nelleducation e
questo processo, pieno di insuccessi ma inarrestabile, avverr imponendo i change
metodologici teoricamente auspicati ma praticamente inattuati. Insomma una sorta di
cavallo di Troia verso la prevalenza del metodo.
E, anche se in ultima analisi saranno soprattutto gli interessi economici a catalizzare il
tutto, crediamo che le tecnologie abbiano in s quelle potenzialit che favoriranno il loro
progressivo inserimento in ambito formativo. Linterattivit, la disponibilit sempre ed
ovunque (anytimeand anywhere) oltre a tutte le possibilit messe a disposizione
dalla multimedialit, sono i principali punti di forza che le caratterizzano e che pi le
differenziano da qualunque altro strumento per la mente in nostro possesso.
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2 Learning Object e Mobile Computing: tecnologie particolariFra le innovazioni tecnologiche che maggiormente andranno ad impattare con le
strategie di apprendimento una particolare attenzione va attribuita ai Learning Object
(LO) e al Mobile Computing. Il Mobile Computing, cio la possibilit di poter disporre
ovunque di un computer (o qualcosa di simile) e di poter essere sempre collegati agli altri
tramite Internet (o qualcosa di simile), grazie allincedere delle tecnologie wireless un
dato di fatto: le prossime azioni saranno di potenziamento e consolidamento. Pi
articolato il discorso va fatto in riferimento ai LO. Anche se molto stato scritto e anche se
molti sono i modi in cui possono essere descritti, che cosa siano effettivamente i LO
difficile dirlo: non esiste una definizione precisa ed univoca. Ci pare in proposito
estremamente efficace quella di Fairweather (2006) quando afferma che quella dei LO una
tecnologia alla ricerca di fondamenti teorici.
In questa definizione, complessivamente efficace, ci pare riduttivo il termine tecnologia.Lopinione che dei LO ci siamo fatti senza dubbio di qualcosa culturalmente pi ampio.
Si pensi solo ai campi dello scibile umano che vengono toccati: lintelligenza artificiale,
linstructional technology, lo studio delle interazioni uomo macchina, larchitettura
dell'informazione, la progettazione e lorganizzazione di database, i sistemi di tutoraggio
intelligenti< per citarne alcuni. Crediamo che ci siano le condizioni per tentare di definire
quello dei LO un grande capitolo della Scienza dell Instructional Design se non una
Scienza in s. E come tale diventa terreno per sperimentare nuove rappresentazioni della
conoscenza, ontologie, logiche e strategie di descrizione, semantiche computazionali emolti altri aspetti dellinformazione. Continuando nellanalisi della definizione di
Fairweather, indubbiamente, la caratteristica che pi rende conto dello stato dellarte della
scienza dei LO quella di essere alla ricerca di fondamenti teorici. Questo testimonia il
tentativo di definire un oggetto, il LO appunto, che ancora non esiste ma che sta cercando
di venire a galla, emergere, costruirsi, definirsi.
E proprio perch ancora in embrione molte sono le sue possibilit di materializzarsi,
consolidarsi. Un primo approccio, di immediato successo per favorire in modo
significativo la costruzione della conoscenza, consiste nel considerare il LO non gi come
oggetto costruito, pronto da usare, per favorire l'apprendimento di settori di contenuto,
ma come oggetto da far costruire ai ragazzi. Ovviamente si tratter di semplici Learning
Object, forse anche non dotati dei requisiti minimi per essere considerati tali,
probabilmente difficilmente spendibili nella formazione, comunque finalizzati a
promuovere il processo di costruzione della conoscenza di quanti si cimentano nella loro
realizzazione, implementazione.
Tratteremo i LO secondo questa prospettiva nella prima parte di questo lavoro, mentre,
nella seconda, analizzeremo i LO nellottica di oggetti gi realizzati e pronti a favorire
apprendimenti. In particolare ci riferiremo a quella che dei LO ci pare limplementazione
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pi futuribile ma pi affascinante e cio la loro "materializzazione" sotto forma di
conversazione.
3. Costruire Learning Object per costruire la conoscenza.La base del ragionamento la seguente: gli studenti imparano molto di pi quando
progettano, costruiscono e valutano LO, o qualcosa di simile, rispetto a quando tentano di
apprendere da LO gi realizzati. Almeno allo stato attuale dellarte. Insomma la
costruzione di LO diventa un processo che stimola nei ragazzi la crescita profonda di
abilit di problem solving e non solo. Ed il primo problema da risolvere quello di
modellizzare le informazioni che con i LO debbono rappresentare. Insomma quelle stesse
informazioni che avrebbero dovuto imparare le debbono strutturare in modo tale da
essere apprese facilmente da altri. Ed chiaro che per fare questo si sentono spronati a
livelli di approfondimento inesplorati, sconosciuti, in una didattica trasmissiva.
Detto altrimenti questo equivale ad aderire ad un pensiero di stampocostruttivista/costruzionista (Papert, 1980), ad attualizzarlo tramite una didattica per
problemi e progetti e a realizzarlo concretamente trasformando lo spazio classe in un
adeguato ambiente di apprendimento. E il modello di ambiente di apprendimento da noi
adottato quello a matrice costruttivista (Constructivistic Learning Environment, CLE)
proposto da Jonassen (1999). Il focus del nostro approccio diventano dunque i problemi e i
progetti, collocati in quello che Jonassen, nella sua rappresentazione originale di ambiente
di apprendimento, chiama lo spazio problemi e progetti (Jonassen, Peck, Wilson, 1999). E
sono loro a determinare le attivit che gli studenti dovranno svolgere.Ma quali problemi e progetti, dunque?
I progetti possono essere specifici di ogni ambito disciplinare. C per una categoria di
problemi/progetti su cui vogliamo soffermarci, perch rappresentano uno snodo
importante per una didattica per problemi/progetti. Mi riferisco ai progetti di e-learning,
cio alla auspicata realizzazione di LO. Sono una nostra idea fissa, ma rappresentano la
risposta alla domanda ricorrente
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prodotti sofisticati con lutilizzo di tecnologie di punta: Dreamweaver, Flash, Authorware
per limitarci alla suite dei prodotti di Macromedia. E ci si pu spingere oltre. Ma il punto
non questo.
Non importante il prodotto che verr creato. E importante il processo di creazione.
Del resto, come gi ci siamo espressi, nostra opinione che anche i prodotti migliori di e-
learning difficilmente possono rivelarsi efficaci strumenti di formazione. Almeno allo stato
attuale dellarte. Chi veramente trae beneficio dalla loro realizzazione sono gli stessi
autori. Innumerevoli i benefici: un approfondimento significativo di settori di contenuto,
lacquisizione della cultura del progetto, labitudine al lavoro cooperativo,
lapprendimento di nuovi tools cognitivi e collaborativi, la fluency con lutilizzo di alcune
tecnologie senza spingerci oltre a considerare i pi sottili risvolti del favorire la
costruzione di forme di pensiero reticolari e concorrenti (Spiro, 2006).
I progetti di e-learning sono abbastanza semplici da impostare e gestire anche perlinsegnante, il quale non dovr sentirsi a disagio per la non conoscenza di tecnologie
particolari. La cosa va dichiarata subito e vanno responsabilizzati i ragazzi che decidono di
intraprendere percorsi che prevedono lutilizzo di tali tecnologie: dovranno farsene carico
in toto. Al pi linsegnante cercher di metterli in contatto con qualche esperto o li
stimoler a cercare aiuti tramite forum o chat. Abbiamo verificato che questo funziona. Per
il resto sar cura del docente guidare i ragazzi ad affrontare lo sviluppo utilizzando
strategie consolidate, e prevedere momenti di presentazione collettiva dei risultati
raggiunti anche per condividere con lintero gruppo classe le problematiche emergenti. Sesi instaura il clima giusto, solitamente in classe si creano dei gruppi trasversali di
specialisti di diverse problematiche che poi diventano punti di riferimento per lintera
classe. Grande attenzione va prestata nel momento della formazione dei gruppi di lavoro:
importante che in ogni gruppo sia presente almeno un elemento con predisposizione alle
tecnologie ed agli aspetti applicativi ed uno con maggiore propensione agli aspetti
progettuali e di approfondimento tematico. Un ruolo fondamentale, come vedremo meglio
nel corso di questo lavoro, lo giocano corretti momenti di valutazione autentica. Questi
infatti, tra laltro, forniscono due contributi fondamentali: il primo, un adeguato feedback
allalunno e i dati al docente per valutare, laltro quello di dimostrarsi efficace strumento
per il controllo della classe.
3.1 Il vero problema: educare i docenti ad un ambiente CLE.La chiave di volta per il successo consiste nel dotare gli insegnanti degli strumenti
opportuni per affrontare questo tipo di approccio. E questo lo si pu ottenere solo
facendoglieli costruire. Non si tratta quindi di formarli con un corso: sarebbe una
contraddizione in termini. Formare ad un approccio costruttivista utilizzando metodi
trasmissivi. Per questo vanno ipotizzati anche per gli insegnanti momenti in cui vivono la
stessa realt di ambiente di apprendimento a matrice costruttivista simile a quello in cui si
vuole trasformare la classe. E se per gli allievi i problemi progetti auspicati sono quelli di
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costruire LO o simili, quali sono i problemi e progetti che debbono affrontare gli
insegnanti? La nostra proposta quella di metterli nelle condizioni di costruirsi gli
strumenti, la cassetta degli attrezzi, per la gestione di una didattica costruttivista. In
particolare mi riferisco principalmente agli strumenti per gestire progetti, a quelli per
gestire gruppi di lavoro, per valutare i ragazzi mentre compiono prestazioni autentiche e
finalmente metterli in condizione di utilizzare semplici tecnologie. Vediamoli in dettaglio.
3.1.1 Impostare e gestire progettiAnalisi e riflessioni. Gli insegnanti potranno applicare efficacemente una didattica per
problemi e progetti, costruzione di LO o altro, solo quando saranno in possesso di un
metodo adeguato. Ed questo il primo problema da porsi. Sarebbe paradossale, in una
didattica per problemi-progetti, non farlo.
Eppure, anche se pu sembrare assurdo, questo che accade. Ci siamo sempre chiesto
il perch e non siamo mai riusciti a darci una risposta convincente. Eppure sono in moltiche si preoccupano di gestire le dinamiche di gruppo, si badi bene abbiamo detto si
preoccupano di gestire e non di provare delle tecniche collaudate, molti si preoccupano di
documentare il processo che sottende lo svolgimento di un progetto, molti hanno la giusta
angoscia per la valutazione ma nessuno, o pochi, se non opportunamente stimolati, sono a
chiedersi un metodo per sviluppare i progetti. Anzi c chi, quando glielo proponiamo, si
scandalizza quasi volessimo tarpare le ali della creativit, volessimo imbrigliare con
metodi lestro o la fantasia dei docenti e/o degli studenti. Per decenni si sono sentiti
proporre e imporre una didattica per contenuti e nel momento in cui gli si propone unmetodo, questo diventa uno strano modello vincolante. E come se qualcuno ti dicesse che
siccome il modeling proviene soprattutto dallambito scientifico, allora il ragionamento
solo scientifico e quindi da cassare in ambito psicopedagico.
Vorremmo chiarire, intanto, che anche in ambito scientifico si sono avute le importanti
e necessarie crisi. Il determinismo newtoniano entrato in crisi quando si andati a
studiare i moti delle particelle a dimensione atomica. E da allora, su scala atomica, il
concetto di probabilit ad imperare. Con Heisemberg che ci ha dimostrato che
impossibile conoscere esattamente la posizione di una particella se non a scapito della
conoscenza della sua velocit, infatti tanto pi esattamente siamo in grado di determinare
la posizione tanto pi indeterminata sar la misura della sua velocit e viceversa. E
traumatico, eppure cos. E Einstein a non crederci, a cercare di dimostrare per tutta la
vita che questa era una fandonia, eppure sembra proprio che Heinsemberg avesse ragione.
Dunque un mondo in cui a prevalere la probabililit e non la certezza, the end of
certainty (Prigogine), eppure non abbiamo rinunciato a capirci qualcosa, a creare un
modello che in qualche modo inquadrasse il fenomeno, lo potesse controllare, permettesse
di fare previsioni e cos Schroedeinger ha proposto la sua equazione che sostituisce quella
di Newton nella scala atomica: e non ci d mai certezze ma ci d probabilit. E a noi questo
piace. Ci convince. E ci piace pure che luomo abbia usato la sua intelligenza per
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inquadrare la natura a questi livelli e, dopo quasi un secolo, poter dire che c riuscito.
Perch lequazione di Schroedinger funziona come tutto limpianto quantistico. E ci
facciamo le risonanze magnetiche, le tomografie assiali computerizzate, studiamo il DNA,
esploriamo lo spazio, facciamo fare a dei robot degli interventi chirurgici, dialoghiamo a
migliaia di chilometri con oggetti piccoli, senza fili e tutto a basarsi su Schroedinger e
comunque sui risultati della meccanica quantistica. Non abbiamo rifiutato la probabilit:
abbiamo imparato ad accettarla come idea di base e su questo abbiamo impostato i nostri
ragionamenti, le nostre visioni del mondo, le nostre prospettive. E dunque a non
condannare questa maledetta voglia di capire il mondo, di inquadrarlo in modelli che
permettono di andare oltre, di penetrare nel profondo, di sostenere e superare anche il
proprio pensiero. E dunque ad auspicare, promuovere, stimolare un modello per gestire i
progetti. Non a bandirlo, esorcizzarlo, scongiurarlo come vorrebbe certo pensiero povero
in nome di una evanescente, improbabile ma incolpevole creativit. Piuttosto a ritenerloproficuo, vantaggioso, paradossalmente imprescindibile.
Il passaggio generalmente sottostimato.
Anche in quelle realt scolastiche in cui si d spazio allarea di progetto, lo si fa in
modo empirico concentrandosi sul risultato finale, sul prodotto, piuttosto che sul processo.
Un approccio didattico troppo destrutturato e lontano dai riti della didattica tradizionale
perch gli insegnanti, soli, senza un metodo adeguato, senza una rete protettiva, riescano a
gestire con successo la complessit daula emergente. Molti i contributi a questa
sensazione di ingovernabilit. Uno per tutti laspetto forse pi destrutturante da un puntodi vista metodologico e al contempo pi ricco da un punto di vista educazionale:
introdurre nellesperienza di classe la gestione di eventi vicini al reale quotidiano, non
caratterizzati quindi dal rigido determinismo e dalla univocit della soluzione propri dei
problemi scolastici e che equivale dunque a mettere a sistema quella componente di
incertezza, di scelta a rischio, di valutazione in termini probabilistici che caratterizza ogni
decisione quotidiana.
A fronte di questi elementi antinomici, ricchezza educazionale e sconcerto
metodologico, un percorso da scoprire, una proposta per comporre. E il percorso pi
scontato quello gi esplorato.
In pratica. La cosa per noi pi naturale e saggia: partire dalla teoria delproject
managementcos com applicata con successo nel mondo dellindustria e della ricerca e
vedere se e come, ossia con quali elaborazioni, questa possa essere trasferita in classe.
Evitare dunque di affrontare, anche a scuola, un progetto con la logica del buon senso e/o
del fai da te e appoggiarsi, con le opportune tarature e le necessarie integrazioni, al
collaudato impianto delproject management. Le indicazioni, il modello, che proponiamo
sono il distillato di sperimentazioni condotte in pi classi e per pi anni a partire dal 1995:
anno in cui abbiamo presentato lidea1.
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Auspichiamo che i docenti si impegnino in un progetto che permetta loro di simulare
quello che sar il compito dei loro allievi in classe: diventeranno esperti in quello in cui si
cimenteranno i loro allievi. In unottica di apprendimento costruttivista questo passaggio
fondamentale: solo sviluppando integralmente un progetto che un insegnante potr
prendere coscienza delle difficolt da superare, dei nodi da sciogliere, delle risorse
necessarie, dei tempi, della flessibilit richiesta, della necessit di ricercare soluzioni per
approssimazioni successive e non tramite approcci deterministici, dellutilit di lavorare in
gruppo e ancora dellimportanza di possedere unattrezzatura cognitiva altra rispetto a
quello richiesto in una didattica trasmissiva.
In un lavoro di prossima pubblicazione Progettare a scuola: dalle parole ai fatti (Zecchi)
si declinano, fase per fase, le linee fondamentali della teoria delproject
management mettendo in luce, parallelamente, soprattutto gli adattamenti necessari al loro
naturale trasferimento nel mondo della scuola.Nello svolgimento delle attivit, proprie dei vari momenti del ciclo di vita di un progetto,
si evidenzia chiaramente come non siano vincenti soltanto leformae mentis che
tradizionalmente hanno successo in ambito scolastico e come ci sia ampio spazio anche per
quei tipi di intelligenza che solitamente non vengono debitamente riconosciuti.
Contributo, questo, importante anche come efficace strumento di orientamento.
3.1.2 Formare e gestire gruppiAnalisi e riflessioni. E ormai una moda parlare di apprendimento cooperativo e centinaia
sono gli eventi formativi per i docenti a questo finalizzati. Lo stesso Fortic2
prevede al suointerno una parte importante di apprendimento cooperativo in rete ma non solo. E da
molte parti provengono richieste di corsi sul tema. Eppure, se si esamina la realt scuola,
generalmente ad un tale fermento non corrisponde un adeguato transfer in classe.
Il nostro pensiero che sia sbagliato il punto di partenza. Vogliamo dire che stiamo
confondendo il fine con il mezzo. Lapprendimento cooperativo in s non rappresenta
nulla se non lo si considera allinterno di una proposta didattica complessiva: per noi di
tipo costruttivista. A chi mai pu servire far lavorare i ragazzi in modo cooperativo se lo
schema pedagogico quello di una didattica di tipo trasmissivo? Non sta in piedi. Non c
la necessit e lo spazio per farlo. I riti sono gi codificati per un apprendimento
individuale e il tentativo di sostituirlo con uno di gruppo fallimentare in partenza se non
si cambia lapproccio complessivo. Se la prospettiva quella comportamentista o
cognitivista di prima maniera, a che pro un apprendimento cooperativo? I docenti che
vengono semplicemente formati alle tecniche del cooperative learning imparano degli
interessanti strumenti psicopedagogici ma questi, se non sono situati allinterno di una
realt che di essi necessita, rimangono un interessante pezzo di cultura psicopedagogica.
Si arriva allassurdo, e a me capitato di arrivarci, di assistere ad eventi formativi in cui in
modo trasmissivo vengono fornite nozioni di didattica cooperativa. E questo naturalmente
basandosi su un apprendimento individuale. Al pi qualche docente zelante ti fa praticare
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degli interessanti schemi di relazioni: interviste a due a due, simulazioni di ruoli ed altro
ancora. E a queste tecniche riconosciamo senza dubbio un approccio di rottura rispetto
agli schemi tradizionali; ma quando si torna in classe ci si chiede perch utilizzare tali
metodiche e dopo alcuni primi timidi tentativi il tutto ritorna generalmente come prima e
quello rimane solo un piacevole e strano ricordo.
Il nostro punto di partenza dunque a tenere conto di questo. I docenti che andremo a
formare probabilmente gi hanno ricevuto, forse solo a livello teorico, e se a livello pratico
quasi certamente in modo non contestualizzato, nozioni di cooperative learning. Il nostro
approccio sar quello di fornirgliele allinterno di un contesto in cui appariranno loro
indispensabili. E infatti, gi durante gli incontri formativi, i docenti si dovranno porre il
problema di come suddividersi in gruppi. E questa problematica sar la stessa che ogni
insegnante, successivamente, dovr affrontare in classe con i propri alunni. Ed da qui che
partiamo. Senza dubbio il primo problema da affrontare sar quello della composizionedei gruppi e del numero di alunni per ogni gruppo. Si tratta di una tematica ampiamente
trattata nellambito dei metodi di apprendimento collaborativo (Slavin, 1994).
Linsegnante pu decidere di formare gruppi a caso o cercando di mettere assieme gli
alunni secondo le affinit o secondo le competenze. Linsegnante pu anche lasciare che
siano gli studenti stessi a scegliere come formare i gruppi. Il passaggio, in ogni caso,
delicato va affrontato con rigore. Le ricerche sullapprendimento collaborativo indicano
che possibile favorire la formazione di gruppi sia omogenei sia disomogenei per
conoscenze/competenze disciplinari, ma sono soprattutto i raggruppamenti disomogeneiche producono i maggiori benefici sul piano pedagogico (Johnson e Johnson, 1996).
Interessanti anche le osservazioni di Hooper e Hannafin (1991) che sostengono che, in un
ambiente disomogeneo, sono soprattutto gli alunni pi deboli a trarre maggiore
vantaggio. Per quanto riguarda il numero dei partecipanti sempre Johnson e Johnson
suggeriscono di favorire i numeri bassi, addirittura arrivano a proporre gruppi di due
persone (diadi) come ideali per molti progetti cooperativi, ipotizzando numeri maggiori al
crescere della complessit dei progetti. Ci troviamo perfettamente daccordo sul vantaggio
di una composizione eterogenea (Kagan & Kagan, 1994), mentre ci pare meriti unulteriore
riflessione il problema del numero ideale dei componenti un gruppo. Riteniamo, infatti,
che la dimensione dei gruppi vada calibrata anche sulla base dellesperienza degli
elementi a lavorare in gruppo: il numero pu aumentare col maturare della loro
esperienza. In altre parole la capacit di lavorare in gruppo e il numero dei componenti
sono grandezze direttamente proporzionali. Infatti, gli alunni abituati a lavorare in gruppo
mettono a punto delle tecniche che permettono loro di suddividere in modo razionale i
compiti. Linterazione che, inizialmente, quando non opportunamente controllata,
rischia di essere un elemento di disturbo (interferenza), se sapientemente governata, si
trasforma in un elemento fortemente sinergico (cooperazione). In alcuni casi,
particolarmente significativi, sono gli stessi componenti che arrivano ad individuare, per
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Lintroduzione di una forma di didattica altra non per pi compatibile con questa
antropologia del gruppo classe, e perch la didattica per problemi e progetti possa
funzionare davvero fondamentale linstaurarsi di un clima di comunit di
apprendimento. Non c una tattica unica per favorire e controllare i lavori di gruppo, c
per la necessit di passare dal clima classico in cui linterazione prevalente tra
linsegnante ed il gruppo classe ad un clima di comunit veroin cui linterazione , a
diversi livelli, tra tutti i soggetti. E in questo clima di comunit, caratterizzato da momenti
di condivisione e momenti di contesa, dalla presa di coscienza di molteplici punti di vista,
la conoscenza diventa pi vera, pi significativa e cresce la propensione ad affrontare
situazioni problematiche destrutturate. Da qui, il passo verso lacquisizione di buone
capacit di transfer: di trasferire cio le conoscenze e le capacit di problem solving anche
ad altri ambiti. In ultima analisi il fatto che allinterno dellambiente di apprendimento si
sviluppi un forte feeling di comunit, diventa una condizione imprescindibile per unapprendimento pi autentico.
3.1.4 Per costruire gli strumenti per la valutazione.Analisi e riflessioni. Uno dei passaggi obbligati, sine qua non, per la riuscita della
sperimentazione consiste nel tranquillizzare linsegnante circa gli strumenti per la
valutazione. Un docente avverte fin dalle prime battute il pericolo di imbarcarsi in una
nuova avventura se non sa di avere sotto controllo il timone. Ed il timone, piaccia o non
piaccia, uno ha limpressione di tenerlo saldamente impugnato se sa di poter valutare gli
allievi in modo efficace e sufficientemente oggettivo. Una didattica in cui saltano glischemi tradizionali, in cui il lavoro di gruppo prevale su quello individuale, in cui le prove
classiche non hanno senso alcuno, necessita di utensili per la valutazione appropriati. In
gergo si dice che in un ambiente di apprendimento autentico bisogna poter disporre di
strumenti di valutazione autentica. Ed da qui che bisogna partire. Bisogna mostrare al
docente che esiste la possibilit di sostituire le metodiche tradizionali con altre che gli
diano la possibilit di valutare lallievo nellatto di erogare prestazioni simili a quelle che
probabilmente dovr fornire nel mondo del lavoro o della ricerca. Bisogna altres mostrare
al docente come tali metodiche, se gestite opportunamente, possano arrivare ad un grado
di oggettivit elevato e comunque ampiamente sufficiente per controllare, guidare e
soddisfare il gruppo classe.
Risulta difficile a volte far decollare una buona attivit di didattica per problemi e
progetti, ma se questa decolla, se si crea il clima corretto, se gli alunni si lasciano
coinvolgere, allora pu nascere unentropia da ansia di costruzione, inusuale per gli ambienti
di apprendimento tradizionali: quelli per intenderci costruiti attorno ad una tipologia di
didattica trasmissiva. In questi infatti la liturgia di riti consolidati serve come antidoto,
generalmente efficace, allinsorgere di qualunque evento caotico. Ed proprio questa
probabile entropia a spaventare maggiormente linsegnante, e di fronte ad essa, senza gli
strumenti di valutazione opportuni, si sente generalmente indifeso. E questo il contesto
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reale di cui dobbiamo prendere atto e linserimento di una didattica per problemi e
progetti sar efficace solo se i docenti saranno in grado di costruirsi un pacchetto di
strumenti di valutazione autentica, solo se avranno anche questo strumento nella loro
cassetta degli attrezzi. E averli realmente non significa aver sentito raccontare cosa sono,
come si costruiscono e come si usano, ma significa averli costruiti ed utilizzati in situazioni
reali.
Nella nostra esperienza, pi di un insegnante si dimostrato convinto dellefficacia di
un approccio costruttivista, ma ai primi tentativi si spaventato per la sensazione di
ingovernabilit. Ovviamente a questo ha fatto eccezione linsegnante carismatico, leader
naturale, per il quale il problema non si posto. Infatti, grazie alla propria personale
capacit di controllo, la situazione non gli sfuggita di mano e il dominio della classe ha
continuato ad esercitarlo senza bisogno di metodi coercitivi. Se il problema dellentropia in
questo caso stato superato, o meglio neppure si presentato in tutta la sua interezza, rimasto tuttavia il problema della valutazione. Infatti, al termine dellesperienza la
valutazione, fatta con le metodiche tradizionali, apparsa discrasica, un fatto arbitrario,
del tutto soggettivo e poco o nulla ha convinto ragazzi e famiglie. Sia lentropia, sia la
inadeguatezza delle metodiche di valutazione tradizionali vengono superate quando il
docente fa proprie le metodiche della valutazione autentica e le utilizza in classe. Ma
come?
In pratica. E per raggiungerlo la strada chiara: nello spazio problemi-progetti
dellambiente di apprendimento dedicato ai docenti, uno dei progetti fondamentali da farsviluppare sar quello della costruzione di un pacchetto completo di rubric, che sono lo
strumento delezione per la valutazione autentica. E il pacchetto che andiamo a proporre
di sviluppare frutto di numerose sperimentazioni condotte e nelle quali lo abbiamo
trovato efficace non solo nel moderare qualsiasi evento entropico ma soprattutto nel
soddisfare le esigenze di valutazione complessive degli alunni impegnati nelle attivit di
progetto. Per una descrizione completa dello strumento rubric si veda Zecchi (2004). Ci
limiteremo in questo saggio a descrivere le tre tipologie di rubric necessarie e sufficienti a
formare il tool per la valutazione.
Una prima tipologia di rubric serve per valutare gli alunni durante le presentazioni dei
risultati raggiunti. Le presentazioni sono momenti in cui i vari gruppi relazionano al resto
della classe lo stato dellarte del loro progetto: il punto dove sono arrivati nella
realizzazione del loro LO. Le presentazioni avvengono per gruppo ma ogni componente
del gruppo tenuto a presentare il proprio contributo. Ed a valutare i singoli alunni
tramite la compilazione di una rubric specifica saranno sia il docente sia i compagni di
classe. Tale rubric sar composta di due parti: una finalizzata a valutare gli aspetti del
lavoro di gruppo nel loro complesso ed una finalizzata a valutare il contributo dei singoli.
Se ad esempio abbiamo un gruppo classe di 24 allievi, suddiviso in ca 6 sottogruppi di
progetto, la cosa pi o meno funzioner cos. Quando un gruppo relaziona, ogni altro
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gruppo, assieme al docente, valuta compilando una rubric. In questo modo al termine
della presentazione di un gruppo saranno disponibili le 5 rubric compilate dai gruppi e
quella compilata dal docente che permetteranno una valutazione sia del lavoro di gruppo
sia del contributo dei singoli allievi. Il limite di questa valutazione, ed in parte anche uno
dei suoi grandi punti di forza, che tende a mettere in evidenza le capacit di
comunicazione dei singoli ragazzi, mentre non sempre evidenzia a dovere il contributo di
quegli studenti piuttosto timidi e schivi che esprimono il meglio di s nelle attivit di
laboratorio e comunque nel lavoro metodico e sistematico ma che poi non sempre riescono
ad esprimerlo in una presentazione. Pi volte questo problema ci stato segnalato e
finalmente ci pare di aver trovato una soluzione accettabile tramite la costruzione di una
rubric mirata a valutare lapporto dei singoli durante le attivit di laboratorio: rubric che
viene compilata dallinsegnante per i singoli allievi. Questa attivit di compilazione
richiede unattenta osservazione e non sempre possibile quando linsegnante solo e non aiutato da un assistente o da facilitatori. A completare il pacchetto di rubriche: quella
finalizzata alla valutazione del prodotto finale a prescindere dai singoli. Si valuta il
prodotto finale cos com, come si valuterebbe qualunque prodotto multimediale. A
compilare la rubrica saranno a turno tutti i gruppi ed il risultato finale sar unindicazione
indiretta per la valutazione dei singoli che potr essere utilizzata dal docente nel modo da
lui ritenuto pi opportuno.
Disponiamo ovviamente di un pacchetto completo di rubriche pronto e sperimentato.
Tuttavia il progetto che i docenti coinvolti nellambiente di apprendimento dovrannosviluppare consiste proprio nella costruzione delle loro rubriche. Sar un buon esercizio
finale il confronto con il pacchetto di rubriche gi consolidato, anche per un suo eventuale
miglioramento.
4. Usare Learning Objects per favorire la crescita della conoscenza.E la visione altra di come i LO andranno ad impattare con il mondo della formazione.
Non pi artefatti da costruire, veri catalizzatori di processi di apprendimento significativo
ed efficace, ma potenziali risorse da utilizzare per apprendere. Gi ci siamo lungamente
espressi sugli insuccessi, e dunque sulle nostre perplessit, circa lutilizzo delle tecnologie
secondo questa prospettiva. Prese tutte le precauzioni del caso, chiarito che il problema
soprattutto di natura pedagogica, crediamo che i LO abbiano in se tutte le potenzialit per
integrarsi efficacemente nei processi di apprendimento anche come risorsa per veicolare
contenuti eparadossalmente per permettere il recupero di metodi.
I paradossi: un aiuto imprevisto.Viviamo un tempo di paradossi. E sono anche loro a sostenerci in questo improbabile
angolo cognitivo, di tendenza e proiettato nel futuro, fatto di Learning Object e Tecnologie
Mobili. E, dopo essere stati travolti e disorientati dalle lucide analisi sociologiche di
Bauman, sono anche loro, i paradossi, a farci sperare in percorsi di vita un po meno labili,
un po meno liquidi: quasi plastici, come a noi piace definirli.
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Come quel felice paradosso che ci ha spinto a dare credito alla rubric, strumento
deccellenza della valutazioneautentica, allapparenza poco pi di una scheda usata.
Eppure, a bene considerarne larchitettura, questo strumento di valutazione, segnatamente
costruttivista, ha senso e forza perch in fondo si avvale del contributo comportamentista:
esprimere i livelli di prestazione attesi in termini comportamentali, non concetti generici,
ma comportamenti osservabili, quasi misurabili. Ed a partire da qui che la rubric si fa
mezzo di valutazione vera, autentica. (Zecchi, 2004)
E paradossale anche e soprattutto il recupero che le tecnologie ci spingono a fare in
ambito metodologico. Ed proprio questo il paradossale recupero metodologico che i LO
ci permettono: riconsiderare il concetto quasi dimenticato che lapprendimento vero nasce
da conversazioni. Che per migliorare qualit ed efficacia del nostro impianto educazionale
da l che dobbiamo partire. E un nostro grande sogno quello di poter avere qualcuno cui
rivolgerci nel momento del bisogno. E che lui riesca ad adattarsi al nostro livello diconoscenza e che da l parta, che risponda ai nostri dubbi, che ci dia in un determinato
momento proprio quello di cui in quel momento sentiamo il bisogno. Come quando non
sappiamo fare una cosa, quando abbiamo un problema da risolvere, anche non complesso
ma articolato, spesso di natura banalmente procedurale. Come quando dobbiamo
imparare ad usare qualche nuova funzionalit di uno strumento: come programmare
laccensione e lo spegnimento di un forno, come inserire la funzione percussione in un
trapano, come utilizzare i modelli in word, come inserirci in una nuova rete wireless etc.
Ebbene la prima tentazione che ci viene quella di consultare qualcuno che lo sappia gifare. Questo ci evita la lettura di lunghe descrizioni procedurali che spesso non si
sintonizzano con il nostro know-how: o troppo noiose e dettagliate o troppo sintetiche e
che danno per scontato passaggi non conosciuti. E le tecnologie ancora una volta ad
aiutarci. Fino a poco tempo fa, nel momento del bisogno, il libretto di istruzioni non lo si
trovava mai, ora con Internet generalmente possibile scaricarlo dalla rete. Ma se questo
vale per conversazioni finalizzate a soluzioni procedurali, a maggior ragione quando
abbiamo bisogno di individuare problemi allinterno di situazioni problematiche, quando
lindeterminazione prevale, quando la soluzione non certa ma probabile allora poter
conversare, chiedere, dialogare diventa determinante.
Gi Socrate e Platone ci proponevano il dialogo come forma di eccellenza
delleducazione. Sono loro ora, i Learning Object, che ci permettono di ripescare la
strategia didattica della conversazione proprio perch loro, i futuri oggetti per
l'apprendimento, saranno probabilmente progettati a forma di conversazione, di dialogo
(J.D.Fletcher, 2006, Istitute for Defense Analyses, USA). Saranno in grado di adeguersi al
contesto, agli interessi dello studente, al suo livello di conoscenze pregresse e ai suoi stili
cognitivi. Saranno insomma adattivi e saranno specifici per i bisogni e le necessit
dellallievo in quel particolare momento. Si situeranno insomma nella sua zona di
sviluppo prossimale. Ma ancora di pi: faranno uso di tutte le potenzialit della
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multimedialit e individueranno le strategie di apprendimento pi appropriate al livello
dello studente e non si limiteranno a favorire apprendimenti specifici ma si spingeranno
fino a sostenere momenti di problem solving e di project management. Ed proprio lidea
di tecnologie disponibili sempre ed ovunque e capaci di interagire conversando in
linguaggio naturale che rende possibile il recupero della conversazione, come strategia di
apprendimento/formazione. Non certo pensabile la realizzazione di conversazioni con
classi di trenta alunni. E certamente, per farlo con i LO, le tecnologie necessarie sono a
portata di mano. Laddove siamo pi carenti sono le strategie didattiche, le capacit di
problem solving, e per svilupparle pienamente, sempre secondo le previsioni di Fletcher,
ci vorranno almeno altri ventanni. Ed Fletcher stesso a mettere in conto leffetto
Cristoforo Colombo: credeva di arrivare alle Indie ed ha scoperto lAmerica. Quello dei LO
come conversazione non dunque come certezza ma come probabile realizzazione ed in
ogni caso come significativa tendenza.Tecnologie adattiveLa capacit del computer di essere adattivo stato il cavallo di battaglia del CAI
(Computer Assisted Instruction) a partire dagli anno 60, ossia lidea di riuscire a
implementare concretamente, tramite computer, lindividualizzazione dellintervento
formativo. Sono gli anni dei software drill and practice, degli albori del courseware, dei
primi sistemi autoreimplementati anche con linguaggi di alto livello, tipo PILOT e
SuperPILOT. Sono gli anni in cui molti docenti, entusiasti delle possibilit offerte dal
computer, si scoprono sviluppatori di software didattico. Ma veloci arrivano anche glianni in cui i docenti si accorgono delle enormi quantit di tempo richieste per produrre
risultati mediocri. E la figura del docente sviluppatore presto va in soffitta, ma non lidea
del computer come macchina che si pu adattare allo studente, che pu creare percorsi su
misura: questa percezione rimane. Del resto qualche buon esempio di courseware
utilizzato soprattutto per momenti di recupero o per dare fluency alla risoluzione di certi
esercizi lo si era ottenuto.
Troppo importante la potenzialit propria del computer di essere interattivo, e quindi
adattivo, e troppo forte la richiesta di individualizzazione dal mondo delleducation . Gi
Carroll (1970), in un interessante e citato studio, affermava che in una classe K-8,
lequivalente di una nostra terza media, molti erano gli studenti in grado di apprendere in
un giorno quello che ad altri ne occorrevano cinque. Ed in classe quello che spesso accade
che il docente riesce a seguire un certo gruppo di ragazzi e deve trascurarne altri: mentre
un gruppo si sente seguito laltro si annoia e perde tempo. Sono stati realizzati molti studi,
soprattutto in ambienti militari, per quantificare questo tempo perso e quanto quindi si
potrebbe risparmiare in termini di costi con lintroduzione del computer adattivo
(Orlansky & String, 1977; Fletcher, 1977; Kulik, 1994). E in modo molto approssimativo le
stime arrivano ad indicare un 30% di risparmio. E Fletcher (2006) si spinge oltre fornendo
le cifre assolute riferite ad un numero limitato di corsi residenziali del DoD (Department
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of Defense) e i risparmi ipotizzati sono dellordine di diversi miliardi di dollari. Non siamo
certo galvanizzati da queste cifre: certo ci spingono a ritenere che la partita non sia
accantonata e che gli studi in merito non rallenteranno facilmente.
A tutto questo va aggiunto che, con il crescere delle potenzialit delle tecnologie, cresce
anche la probabilit che queste vengano efficacemente utilizzate nellEducation. I passaggi
dalla Computer-Based Instruction, alla Computer-Based Instruction con la Multimedialit
fino ai ITS (Intelligent Tutoring Systems) vanno senza dubbio in questa direzione ma
molto ancora rimane da fare. Ed la strada verso unadattivit di nuova generazione che
si sta cercando di raggiungere con i LO.
Siamo dunque di fronte ad una rivoluzione?Parafrasando Fletcher (2006), la vera grande rivoluzione che la tecnologia sar in grado di
produrre, oltre al fatto di metterci a disposizione sempre ed ovunque le informazioni, cosa
che in qualche modo gi i libri ci permettono, saranno le interazioni tutoriali in linguaggionaturale: insomma un ritorno alleconversazioni socratiche da cui siamo partiti.
E come sar possibile implementarle concretamente? Crediamo che, finalmente, si
presenteranno sotto forma di qualcosa in grado di generarsi in tempo reale e su richiesta.
Ma chiaro che perch questo possa avvenire, al di sotto dovr esserci una base da cui
partire, delle fondamenta su cui poggiare e costruirsi. Che cosa, insomma, permetter
lattualizzazione di questa potenzialit adattiva e generativa. Le informazioni di partenza,
molto presumibilmente, si troveranno in Internet o in qualcosa di analogo; ma come
saranno strutturate, organizzate? E sempre, seguendo la visione di Fletcher, crediamo chequeste conversazioni, in grado di generarsi just in time e on demand, avranno come punto
di partenza qualche oggetto di un certo tipo ed archiviato in un certo luogo. Saranno
insomma object oriented. Le informazioni di partenza saranno insomma organizzate sotto
forma di oggetti intendendo per oggetto qualcosa che ha una certa collocazione spaziale
ben definita, e quindi reperibile, ed inoltre ha la importante caratteristica di essere
riusabile. Vedremo meglio questo concetto in seguito. Per ora ci accontentiamo insomma
di sapere che queste conversazioni molto speciali sono capaci di generarsi, hanno una
base di partenza e che questa base di partenza un oggetto riusabile.
Gli Oggetti per Insegnare ed Apprendere.Questa idea dellapprendimento che si basa su oggetti stata descritta, in modo molto
efficace, come educational object economy da Spohrer, Summer e Shum (1998). E quello
che pi ci avvince in questa educational object economy il focus: insomma il vero
problema non tanto quello di creare degli oggetti che in qualche modo siano il
corrispondente di materiali didattici o comunque di materiali che possono essere utilizzati
a supporto di performance, quanto quello di prendere oggetti gi esistenti ed inserirli
allinterno di interazioni significative, importanti ed efficaci.
Rifacendosi allo studio di Gibbons, Nelson e Richards (2000) possiamo capire ancora
meglio il perch di questa scelta (gli oggetti) . Essi affermano che gli instructional objects,
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cos come loro li chiamano, saranno molto probabilmente la tecnologia vincente in quel
lungo e sofferto processo di integrazione della tecnologia nella didattica e lo saranno
soprattutto per le loro caratteristiche di riusabilit, adattabilit e scalabilit. Ma queste
caratteristiche diventano anche condizioni necessarie e sufficienti per poter essere il punto
di partenza, le fondamenta, delle auspicate interazioni. Detto in termini pi tecnici, questi
instructional objects forniranno le primitive per la creazione in tempo reale e on demand
delle auspicate interazioni.
E anche se molte potranno essere le forme, i media, con cui questi oggetti si potranno
materializzare, sempre rifacendoci a Gibbons et al., tutti dovranno avere come
denominatore comune quello di rispondere ai seguenti criteri: accessibilit, portabilit,
durata e riusabilit. Saranno accessibili nella misura in cui sar facile trovarli. E qui il
grande problema, ma direi ben affrontato e in parte risolto, di attribuire ad ogni oggetto
degli opportuni metadati: essere ben etichettati per essere facilmente individuati. Devonoessere portabili. E questa una caratteristica molto importante, che conoscono bene gli
informatici. E importante che ogni programma, ogni oggetto, possa vivere in diversi
ambienti, su diverse piattaforme, con diversi Sistemi Operativi. E una caratteristica
fondamentale per poter essere diffusi e quindi in un certo senso essere globali. Quella
della durata una garanzia altrettanto importante e che va un po nella stessa direzione.
Vogliamo dire che al mutare delle piattaforme, dei Sistemi operativi, degli ambienti
insomma, loro dovranno continuare a funzionare, altrimenti saranno condannati ad
unobsolescenza precoce a prescindere dal loro valore e spessore didattico. E finalmente lariusabilit. Siamo di fronte ad un concetto ancora molto caro agli sviluppatori di software:
creare qualcosa che possa essere facilmente riutilizzato in contesti diversi senza dover
intervenire con adattamenti pi o meno onerosi. Insomma una volta che abbiamo costruito
un oggetto che assolve un certo compito o che risolve un certo problema, ebbene tutte le
volte che ci troveremo di fronte a quel compito o a quel problema baster riusare
quelloggetto.
Ed da questi oggetti, cos caratterizzati, che si potr partire per arrivare alle
conversazioni per apprendere ipotizzate ed auspicate.
E perch tutto questo possa accadere?E a rendere possibile questo scenario, fatto di learning objects e mobile computing,
saranno soprattutto i progressi lungo quattro grandi direttrici: i futuri sviluppi nel campo
nellelettronica, laumento delle possibilit di accesso al WWW, una migliore definizione
delle condizioni per la ricusabilit e lo sviluppo di Intelligent Tutoring Systems.
E se per le prime tre non ci sono dubbi, la quarta pi delicata e merita ulteriori
approfondimenti. E per prima cosa, per poter fare un confronto significativo, elenchiamo i
grandi obiettivi che la Computer Assisted Instruction si era prefissata di raggiungere gi a
partire dagli anni 60 e vediamo come questi, anche se particolarmente significativi, nulla
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abbiamo a spartire con gli obiettivi che ci proponiamo di raggiungere con gli Intelligent
Tutoring Systems. In particolare il courseware CAI avrebbe dovuto essere in grado di: adeguarsi al ritmo di ogni studente per permettergi di raggiungere gli obiettivi prefissati; adattare sia i contenuti sia le sequenze di apprendimento ai bisogni del singolo studente;
adeguare i livelli di difficolt e di astrazione degli interventi; adattarsi agli stili di apprendimento dei singoli studenti (eventi pi o meno collaborativi,
pi testuali o visuali etc.).
E chiaro che solo alcuni software particolarmente sofisticati sono riusciti nel loro
intento di raggiungere questi obiettivi, mentre la maggior parte del courseware prodotto
era di basso livello. Tuttavia, anche se pochi, i successi hanno dimostrato che col computer
qualcosa di nuovo, soprattutto nellottica dellindividualizzazione dellintervento
formativo, poteva essere fatto.
Vediamo ora come le sfide, che possiamo affrontare oggi, prevedendo allinterno del
courseware ITS un uso massiccio delle tecniche di Intelligenza Artificiale, siano molto pi
ambiziose e vadano nellottica di rendere il computer, o chi per esso, molto pi vicino al
nostro modo di ragionare: potremo insomma instaurare una sorta di dialogo con gli
Intelliget Tutoring Systems. Sar questo il banco di prova su cui si potranno sperimentare i
courseware candidati ad entrare pesantemente ed efficacemente nelleducation e su cui si
potr verificare se veramente, con la loro introduzione, ci troviamo di fronte ad un cambio
di paradigma della stessa portata di quello che seguito allintroduzione del libro. E
questo divario tra le attese CAI e quelle ITS, visto a posteriori, sarebbe stato anche logico
aspettarselo. Troppo lontana dal procedurale, dal computazionale e dalla capacit di
memorizzare la professione del docente. Certo anche queste caratteristiche sono
importanti, ma in questo ambito professionale sono poca cosa. Linterazione non con
oggetti meccanici o altro, non con persone e basata solo su protocolli: con studenti nella
loro completezza di persone ed su questo tipo di interazione che si gioca la potenzialit
di qualsiasi risorsa ad entrare a pieno titolo nellagone formativo. Ed su questo che si
scommetter lefficacia dei prossimi sistemi ed a partire da qui che questi sistemi
probabilmente riusciranno ad integrarsi efficacemente con la didattica.
Fra le varie potenzialit che lintelligenza artificiale ci pu offrire, ce ne sono tre checrediamo andranno a caratterizzare pesantemente i futuri LO e permetteranno la loro
implementazione sotto forma di conversazione. In particolare questi sistemi: Permetteranno allo studente di formulare domande e/o risposte aperte e favoriranno lo
svilupparsi di un dialogo tra lo studente ed i sistemi stessi. Consentiranno la generazione automatica di materiali e interazioni su richiesta. Non sar
quindi pi necessario preparare e memorizzare anticipatamente tutti i materiali e tutte le
interazioni di cui, eventualmente, ci potr essere bisogno in seguito. Renderanno possibile lutilizzo del linguaggio naturale come linguaggio dinterazione. Ed
in questa difficile direzione molti sono gli sforzi ed i progressi fatti e che si continuano afare (Graesser, Gernsbacher, & Goldman, 2003)
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Osserviamo finalmente come la caratteristica, propria di questi sistemi, di essere
generativi implichi il saper mettere in piedi, su richiesta, interazioni con gli studenti, ma
non solo. Infatti non basta saper generare problemi adatti ai bisogni degli studenti ma
bisogna essere in grado di assisterli, sostenerli e guidarli nel processo di generare
soluzioni, di mettere in piedi adeguate ed efficaci strategie didattiche e soprattutto di
fornire quel tipo di interazioni indispensabili per la creazione di un approccio tutoriale
uno a uno. Obiettivi ambiziosi o utopie?
Una visione quasi fantastica della Scuola del futuro.Concludiamo con Fletcher chiedendoci dove sar possibile arrivare con queste
possibilitfantastiche. In qualche modo possiamo prevedere che la didattica del futuro
subir cambiamenti drammatici e, tra quelli previsti, maggiormente ci lasciano sbigottiti
quelli che andranno ad intaccare le fondamenta della didattica cos come noi la
conosciamo. Tre in particolare, secondo Fletcher, saranno i grandi change che verrannoprovocati. In primo luogo assisteremo alla scomparsa quasi totale della programmazione
di sequenze predefinite. In secondo luogo assisteremo al calo dellutilizzo di tecniche e
forme di valutazione esplicite, soprattutto dei test. E da ultimo, anche quei momenti
didattici che fanno parte del nostro DNA e che quotidianamente ci accompagnano, le
lezioni, subiranno un ridimensionamento notevole.
No sequenze predefinite. Queste conversazioni non avranno percorsi predefiniti ma si
dirigeranno sulla base delle esigenze emergenti. Lidea dellInstructional Design come
processo con cui specificare anticipatamente sequenze didattiche sotto forma di lezioni,unit didattiche e moduli tender allobsolescenza.
No test. Molto interessante anche questo punto di vista secondo il quale in futuro, per
determinare il raggiungimento di obiettivi di apprendimento e di capacit di problem
solving, ci si affider molto meno allutilizzo di test espliciti. Questi verranno rimpiazzati
da valutazioni continue, discrete e riservate, mirate a sviluppare un modello dello
studente a partire dalle sue interazioni con il sistema. E queste forme di valutazione
saranno a partire dal vocabolario utilizzato dal discente, dal suo uso di informazioni
tecniche, dalla sua capacit di astrarre e di correlare/raggruppare concetti, dalla sua
capacit di inferire ipotesi e cos via. Pu darsi che ancora si useranno test espliciti per
particolari momenti di valutazione, ma non siamo assolutamente in grado di predire quali.
No lezioni. La visione cognitivista di uno scibile diviso in discipline, a loro volta divise
in moduli e unit didattiche
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come pure la necessit di tenere traccia del percorso verso il loro conseguimento, ma
certamente le modalit varieranno continuamente, proprio come gli obiettivi stessi che
subiranno dinamicamente aggiustamenti e tarature continue. E qui il ruolo del docente
sar determinante. Da protagonista del processo educativo passer a quello di risorsa del
rinnovato ambiente di apprendimento e giocher il ruolo fondamentale di guida nel
percorso di apprendimento dellalunno che altrimenti, anche se efficace nei passi
intermedi, rischierebbe di non essere necessariamente e adeguatamente finalizzato al
raggiungimento degli obiettivi stabiliti.
Conclusioni
Abbiamo presentato, fra le prospettive future dellutilizzo dei Learning Object, quella che
pi ci avvince e pi ci fa credere che cos impostati i LO difficilmente si riveleranno un
ennesimo fallimento al pari dei molteplici pregressi tentativi di introduzione delle
tecnologie nella didattica. Tuttavia, nonostante gli enormi progressi compiuti, siamo nelregno del futuribile e nellimmediato futuro difficilmente ci confronteremo con LO fatti a
forma di conversazione. Incontreremo invece molti LO fatti di contenuti e poco altro, con
efficaci sistemi di archiviazione e di reperimento. Non ci siamo per addentrati in questa
prospettiva perch la crediamo sufficientemente documentata e soprattutto perch
crediamo che nellimmediato futuro avr un modesto impatto educazionale. Cos
concepita stenter ad entrare nel quotidiano della didattica, anche se talora potr rivelarsi
efficace strumento, al pari del libro, laddove non potr essere disponibile un docente. Per
il presente e per limmediato futuro abbiamo presentato, nella prima parte di questolavoro, un possibile ruolo dei LO come strumenti fondamentali per la costruzione della
conoscenza. Sono stati cio prospettati i LO come possibili prodotti finali di un percorso di
costruzione che vede gli alunni impegnati come protagonisti attivi: una sorta di efficace
implementazione di didattica per problemi e progetti in cui i LO rappresentano i prodotti
da costruire. E per rendere operativo ed efficace questo approccio abbiamo individuato,
nella preparazione degli insegnanti, il maggior problema da risolvere. Abbiamo quindi
analizzato e proposto una serie di interventi finalizzati a dotare gli insegnanti di quegli
attrezzi di cui sono totalmente sprovvisti e dai quali non si pu assolutamente
prescindere per la progettazione, implementazione e conduzione di questo approccio
metodologico..
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